XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 86 di mercoledì 13 dicembre 2006

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
[indice alfabetico]
[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

La seduta comincia alle 9,30.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Aprea, Bonelli, Bressa, Brugger, Castagnetti, Colucci, Cordoni, Del Mese, Donadi, Folena, Galante, Lusetti, Maroni, Migliore, Realacci, Sgobio, Stramaccioni, Stucchi, Villetti, Violante, Elio Vito e Zeller sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,38).

MAURIZIO FUGATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, vorrei informare l'Assemblea che questa mattina è accaduto un fatto grave: alle 5,30 in provincia di Trento è avvenuto uno scontro tra due treni merci, in cui hanno perso la vita due macchinisti.
Il luogo dell'incidente è sul confine fra la provincia di Trento e quella di Verona nei pressi di Avio, precisamente a Borghetto di Avio. In questo momento, sono in corso da parte dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e dei nuclei provinciali tutte le attività del caso.
La preoccupazione della gente - a parte la morte dei due macchinisti - è di capire cosa trasportavano questi treni merci. Chiedo, pertanto, che un rappresentante del Governo riferisca in merito a tale questione in Commissione o in Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Fugatti, la ringrazio per la segnalazione. La Presidenza, ovviamente, assumerà le necessarie informazioni e verificherà con il Governo la disponibilità del ministro o del sottosegretario competente a riferire in Commissione o in Assemblea.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Pecorella; Forgione e Daniele Farina; De Zulueta ed altri; Suppa ed altri: Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale in materia di tortura (A.C. 915-1206-1272-1279) (Il deputato Pecorella ha ritirato la propria sottoscrizione dalla proposta di legge n. 915) (ore 9,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Pecorella; Forgione e Daniele Farina; De Zulueta ed altri; Suppa ed altri: Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale in materia di tortura.Pag. 2
Ricordo che nella seduta del 4 dicembre 2006 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 915 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del testo unificato della Commissione e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 915 ed abbinate sezione 3).
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 915 ed abbinate sezioni 1 e 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, vorrei esprimere poche considerazioni su questa proposta di legge, che introduce finalmente e doverosamente nel nostro ordinamento giuridico un'ipotesi delittuosa che non era prevista ed il cui inserimento mette il nostro ordinamento giuridico alla pari con quelli più moderni, rispondendo ad alcune direttive di carattere sovranazionale ed internazionale.
La scelta compiuta dalla Commissione nella formulazione di questo testo è asciutta e riduttiva non in senso negativo, ma nel senso che esso è stato davvero sfrondato di tante considerazioni che lo avrebbero potuto appesantire.
Con riferimento al complesso degli emendamenti presentati vorrei esprimere alcune considerazioni, in particolare sull'entità della pena edittale inflitta nel suo minimo.
La Commissione ha discusso a lungo sulla possibilità di prevedere una pena da un minimo di un anno sino alla pena massima di dodici anni, ma è sembrato che si trattasse di un'escursione troppo rilevante che avrebbe attribuito una discrezionalità eccessiva al giudice, dinanzi alla quale il principio di ragionevolezza avrebbe potuto portare la Corte costituzionale a ritenere questa escursione stessa non congrua.
Si potrebbe quindi arrivare ad una riduzione da quattro a tre anni, ma non ad un anno (su tale aspetto la Commissione è stata abbastanza ferma).
Una seconda considerazione riguarda la condotta materiale: in altri termini, ci si interroga se il delitto di tortura debba essere qualificato come un reato a condotta plurima, oppure possa essere definito anche solo come un delitto a condotta limitata o unica.
La II Commissione ha espresso al riguardo un orientamento abbastanza uniforme, poiché ha ritenuto che alla tortura sia connaturata una pluralità di comportamenti lesivi, i quali consistono in violenze, lesioni o minacce gravi: in tal senso, quindi, considero il testo presentato apprezzabile. Vorrei infatti osservare che, al contrario, parlare di «minaccia grave» potrebbe far pensare che anche un solo atto di minaccia, seppur grave, possa concretizzare il delitto di tortura. Ciò non è concepibile, poiché, come già affermato, alla tortura è connessa la ripetizione e la pluralità di atti.
Questo argomento, signor Presidente, introduce tuttavia una terza considerazione, attinente non ad una proposta emendativa specifica, ma ad un aspetto che, pur non potendo essere preso in considerazione in questa fase, meriterebbe comunque attenzione in un momento successivo.
Infatti, il reato di tortura, così come è stato configurato nel testo all'attenzione dell'Assemblea della Camera dei deputati, si presenta come un delitto «finalistico»; in altri termini, l'obiettivo della tortura deve essere quello di convincere una persona a fare determinate affermazioni o ad astenersi dal commettere determinati comportamenti, oppure quello di punire in maniera vendicativa alcune condotte, ritenute negative, che si sono già verificate.
Ritengo tuttavia che, anche nell'accezione comune, si possa fare riferimento al concetto di tortura in tutti questi casi nei quali la commissione di un reato, nelle modalità concrete in cui si è espressa, vada al di là delle manifestazioni tipiche del comportamento.Pag. 3
Voglio dire, in altri termini, che esistono casi e situazioni nei quali, per commettere un certo reato (come, ad esempio, una violenza sessuale o un omicidio), non è necessario far premettere a tale condotta tipica altri comportamenti che, di per sé, sono rivolti ad infliggere gravi sofferenze alle persone.
Segnalo che su tale aspetto la Commissione giustizia ha ritenuto che non fosse questa la sede opportuna per presentare una proposta emendativa in tal senso, ed io stesso mi sono astenuto dal farlo. Credo, tuttavia, che oggi si debba richiamare l'attenzione sia dell'Assemblea, sia dei componenti della stessa Commissione giustizia della Camera, sull'esigenza di introdurre, successivamente, un'ipotesi delittuosa che preveda l'inflizione di sofferenze inutili e soverchianti rispetto a quelle necessarie per commettere un singolo reato. Si tratta di un'ipotesi che oggi non è prevista, se non con delle attenuazioni di pena.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

PINO PISICCHIO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Cirielli 1.34, a condizione che sia riformulato nel senso di sostituire la parola «uno» con la seguente: «tre».
La Commissione esprime, invece, parere contrario sull'emendamento Pecorella 1.21, mentre formula un invito al ritiro dell'emendamento Pecorella 1.30.
La Commissione, infine, esprime parere contrario sugli identici emendamenti Pecorella 1.31 e Lussana 1.35, nonché sugli emendamenti Pecorella 1.32 e 1.33.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo sull'emendamento Cirielli 1.34 è favorevole se riformulato nei termini esposti dal relatore, nonché presidente della Commissione, ossia sostituendo la parola «uno» con la parola «tre».
Il Governo esprime parere contrario sull'emendamento Pecorella 1.21, mentre sull'emendamento Pecorella 1.30 esprime le stesse perplessità manifestate dal relatore e, per quanto di sua competenza, invita al ritiro dell'emendamento stesso, che stravolgerebbe il reato così come configurato, che presuppone una pluralità di condotte rispetto alla fattispecie già codificata all'articolo 610 del nostro codice penale.
Il Governo esprime infine parere contrario sugli identici emendamenti Pecorella 1.31 e Lussana 1.35, nonché sugli emendamenti Pecorella 1.32 e 1.33.

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,50).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 9,50 è ripresa alle 10,15.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 915 ed abbinate)

PRESIDENTE. Avverto che la Commissione ha testé presentato l'emendamento 1.100, che è in distribuzione e per il quale, secondo quanto risulta alla Presidenza, iPag. 4gruppi parlamentari hanno rinunciato alla fissazione di un termine per la presentazione di eventuali subemendamenti.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cirielli 1.34. Ricordo che su tale emendamento il relatore ed il Governo hanno espresso parere favorevole subordinatamente alla sua riformulazione, nel senso di sostituire la parola «uno» con la parola «tre». Chiedo, dunque, al presentatore se accetti la riformulazione proposta.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, premetto che avevo presentato un emendamento particolare, perché nel momento in cui si configura una nuova tipologia di reato, che peraltro prevede pene estremamente gravi, lasciare una discrezionalità maggiore al magistrato sarebbe anche una forma di garanzia di un'applicazione serena della norma. Tuttavia, nell'ottica della riduzione del danno, accetto la riformulazione proposta dal relatore e dal Governo.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Cirielli.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cirielli 1.34, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 371
Votanti 367
Astenuti 4
Maggioranza 184
Hanno votato
366
Hanno votato
no 1).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Pecorella 1.21.

GAETANO PECORELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, intervengo solo per annunziare il ritiro del mio emendamento 1.21.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Pecorella.
Ricordo che sul successivo emendamento Pecorella 1.30 vi è un invito al ritiro da parte del relatore e del Governo. Chiedo pertanto all'onorevole Pecorella se accetti l'invito al ritiro del suo emendamento 1.30.

GAETANO PECORELLA. Sì, signor Presidente, ritiro anche il mio emendamento 1.30.

PRESIDENTE. Sta bene.
Chiedo ora al Governo di esprimere il parere sull'emendamento 1.100 della Commissione.

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo accetta l'emendamento 1.100 della Commissione.

MARCO BOATO. Il testo dell'emendamento è in distribuzione?

PRESIDENTE. Onorevole Boato, l'emendamento 1.100 della Commissione è in distribuzione.
Ne do comunque lettura: «Al comma 1, capoverso articolo 613-bis, primo comma, dopo le parole: sofferenze fisiche o mentali aggiungere le seguenti: ovvero trattamenti crudeli, disumani e degradanti».
Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 1.100 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo brevemente, perché si tratta diPag. 5una materia molto complessa, come è noto a tutti i colleghi della Commissione giustizia. Da una parte, prendo atto con soddisfazione - e preannunzio su di esso il voto favorevole del gruppo dei Verdi - dell'emendamento concordato al banco del Comitato dei nove da parte dei membri della Commissione; dall'altra, avrei auspicato che accordi di questo genere fossero stati più tempestivi rispetto all'innovazione proposta in aula.
Lei ha fatto bene, signor Presidente, a leggere il testo dell'emendamento 1.100 della Commissione, perché mi pare di capire che, salvo il Comitato dei nove, nessuno in quest'aula lo abbia a disposizione. Poiché la definizione proposta dalla Commissione è quella consacrata nel testo della Convenzione, credo sia opportuna questa scelta. Ribadisco pertanto il voto favorevole del gruppo dei Verdi su questo emendamento.

PINO PISICCHIO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO, Relatore. Signor Presidente, vi è solo una correzione formale da apportare all'emendamento 1.100 della Commissione. Laddove si dice: «ovvero trattamenti crudeli, disumani e degradanti», l'espressione «e degradanti» va corretta nell'espressione «o degradanti». Vi è, dunque, una disgiuntiva.

PRESIDENTE. Il Governo accede alla correzione testé prospettata?

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 della Commissione, accettato dal Governo, nel testo corretto.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 407
Maggioranza 204
Hanno votato
406
Hanno votato
no 1).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Pecorella 1.31 e Lussana 1.35.

CAROLINA LUSSANA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Presidente, intervengo per annunciare il ritiro dell'emendamento a mia firma 1.35, alla luce del parere espresso dalla Commissione. È importante però rilevare lo spirito dell'emendamento in questione - che, per volontà comune della Commissione, risulta essere ultroneo -, laddove si specifica che il fatto non è punibile, e che quindi non si configura il reato di tortura, quando le sofferenze o i patimenti, o, come in questo caso, i trattamenti disumani, degradanti o crudeli, siano la conseguenza di un comportamento derivante dall'applicazione di una sanzione legittima e, quindi, dall'adempimento di un dovere.
Si tratta di una specificazione importante perché nella passata legislatura, quando avevamo affrontato questo tema, qualcuno aveva ipotizzato il reato di tortura per alcuni trattamenti assolutamente legittimi e messi a regime nel nostro ordinamento giuridico, come il carcere duro per i mafiosi, il cosiddetto 41-bis. Con l'emendamento in questione, che viene ritirato ma del quale viene accolto lo spirito per volontà comune della Commissione, ciò viene ad essere escluso.

GAETANO PECORELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 6

GAETANO PECORELLA. Presidente, ritiro l'emendamento a mia firma 1.31.

EDMONDO CIRIELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Presidente, intervengo per spiegare, anche perché rimanga agli atti parlamentari, che la Convenzione di New York, quando ha specificato la parafrasi degli emendamenti in questione, non sapeva né poteva sapere se in tutti gli ordinamenti esistessero le famose «scriminanti», quale l'adempimento del dovere e altro ancora. Nel nostro ordinamento comportamenti giuridicamente leciti possono coprire comportamenti che portano poi anche a certe conseguenze. È evidente che la previsione di cui agli emendamenti testé ritirati sarebbe risultata pleonastica.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Presidente, gli interventi dei colleghi Lussana e Cirielli mi esimono dall'impiegare molte parole. Dunque, parlerò brevemente perché questi nostri concisi ma chiari interventi restino nei lavori preparatori e agli atti parlamentari. Non mi nascondo l'eventualità che vi siano fattispecie applicative per le quali tesi più o meno speciose o tendenziose possano sollevare casi particolari in sede di applicazione magistratuale: è bene che tale interpretazione autentica resti agli atti, anche se gli emendamenti 1.31 e 1.35 sono stati ritirati.
Mi associo dunque a quanto i colleghi Lussana e Cirielli hanno poco fa precisato.

PRESIDENTE. Prendo atto che gli identici emendamenti Pecorella 1.31 e Lussana 1.35 sono dunque ritirati.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pecorella 1.32.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Presidente, l'emendamento in esame prevede che nessuna persona che si sia resa responsabile del delitto di tortura possa ricevere protezione o ospitalità sul nostro territorio.
L'emendamento trae origine, peraltro, dal testo dell'articolo 8 della Convenzione, in cui si dice che «le trasgressioni di cui all'articolo 4 sono a pieno diritto incluse in ogni trattato di estradizione tra gli Stati parte». Ciò vuol dire che dobbiamo prevedere per legge che nessuno, se responsabile di tortura, potrà sperare sia di trovare nel nostro territorio ospitalità o protezione sia di non essere consegnato al paese in cui è stato autore di tale reato. Ad esempio, un ex Capo di Stato, mancato pochi giorni fa, non avrebbe potuto trovare nel nostro territorio protezione, ospitalità e tutela.
Mi pare che questo sia un atto politico di grande importanza e dal significato morale molto alto; dunque, non vedo per quale motivo non lo si possa includere nel provvedimento in oggetto.
Si fa riferimento all'esistenza di una Convenzione internazionale precedente, che riguarderebbe l'immunità; tuttavia, questa Convenzione prevede che non vi siano limiti nell'estradizione per chi si renda responsabile del reato di tortura. Credo quindi che un voto favorevole faccia onore al Parlamento.

PINO PISICCHIO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione non ha espresso un'opinione di merito diversa rispetto al giudizio negativo - mi pare evidente - nei confronti di chi si macchia di reati di tortura fuori dello Stato. Il problema è un altro.
L'immunità diplomatica è disciplinata dalla Convenzione di Vienna del 18 aprilePag. 71961 sulle relazioni diplomatiche, ratificata dal nostro paese con la legge n. 804 del 1967. Peraltro, quella Convenzione rientra tra i principi generali di diritto internazionale, recepiti dall'articolo 10 della Costituzione.
Com'è noto, la Convenzione consente di procedere solo in caso di revoca dell'immunità da parte dello Stato accreditante. Non mi sembra questa la sede per un intervento in deroga alle norme di diritto internazionale, perché l'immunità diplomatica è sottratta alla potestà dei singoli Stati.
Peraltro, la Convenzione dell'ONU contro la tortura è rinviata ai trattati tra Stati in materia di estradizione. Quanto ai tribunali internazionali, si rammenta che sono gli atti stessi che li istituiscono a dettarne le modalità e le procedure.
Al riguardo, è piuttosto da rammentare e da lamentare che l'Italia non abbia ancora adottato le norme di attuazione della Corte penale internazionale, la cui giurisdizione include anche il reato di tortura. Per questa ragione, non dovrebbe sussistere l'esigenza di giudicare fatti commessi all'estero, perché essi dovrebbero essere riconducibili a tale giurisdizione.
Queste sono le motivazioni che hanno indotto la Commissione a non ritenere accoglibile questa impostazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.

DANIELE FARINA. Signor Presidente, intervengo brevemente, poiché la discussione si è già svolta in Commissione e le argomentazioni dell'onorevole Pecorella hanno una certa solidità, in quanto riferite al contenuto dell'articolo 8 della Convenzione, che reca norme sull'estradizione relativamente alla tortura. Risponde al vero anche la coesistenza di convenzioni internazionali che riguardano l'immunità diplomatica.
Ciononostante (quindi, condivido in senso tecnico il parere contrario della Commissione su questo emendamento), non possiamo nasconderci che la cronaca quotidiana di questi giorni, quella passata e temo, purtroppo, quella futura, ci consegnerà casi emblematici ed inaccettabili per la coscienza civile di larga parte di questo paese e credo anche della comunità internazionale.
Per queste ragioni, ossia perché esiste un conflitto tra la tecnica ed il buonsenso, la ragione, il gruppo di Rifondazione Comunista si asterrà su questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, considero giusto, sia pure in un clima generale di non fortissima tensione, che la questione sollevata opportunamente dai colleghi Pecorella e Costa nell'emendamento 1.32 susciti una riflessione, anche a più voci, nell'aula.
Vorrei leggere il testo dell'emendamento Pecorella, perché si capisca di cosa si sta parlando. Esso prevede che non possa essere assicurata l'immunità diplomatica per il delitto di tortura ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati da un'autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale. Poi seguono le ipotesi di comportamento in questo caso.
Credo che abbiano fatto bene i colleghi Pecorella e Costa a sottoporre all'attenzione dell'Assemblea questa problematica. Abbiamo preso atto anche della riflessione, molto rispettosa e di interlocuzione positiva, svolta poc'anzi dal presidente della Commissione giustizia, onorevole Pisicchio, che ha fatto riferimento alle norme di carattere internazionale chiamate in causa da questo tipo di problematica.
Solo per tale motivo, perché nel merito ci sarebbe stata da parte nostra condivisione, noi, del gruppo dei Verdi, ci asterremo sull'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

Pag. 8

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancorché la vicenda dal punto di vista giuridico possa apparire controversa, e proprio al fine di evitare per il futuro che a seconda della maggioranza parlamentare che governi il paese si possano adottare decisioni divergenti su vicende gravi, quali ad esempio quelle di transfughi da paesi dittatoriali, ritengo che l'emendamento in esame, a firma dei colleghi Pecorella e Costa, sia da accogliere favorevolmente. Proprio per tale motivo, a mio avviso, si debbono assumere a volte decisioni politiche che vanno oltre una data posizione giuridica, ancorché valida.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, il gruppo dell'Italia dei Valori condivide pienamente nel merito la proposta emendativa in esame a firma dei colleghi Pecorella e Costa. La tortura è sempre tortura, ovunque venga praticata, e lo Stato italiano, proprio per le sue tradizioni di civiltà giuridica, non si può permettere di albergare, di ospitare o di assicurare immunità nel proprio territorio a persone che si siano macchiate di nefandezze e che per tale motivo siano perseguite nel proprio paese di origine. Tuttavia, le considerazioni svolte dal presidente Pisicchio sono, allo stato attuale della legislazione, assolutamente ovvie e fondate.
Chiedo quindi al Governo, oggi rappresentato dal sottosegretario Li Gotti, l'assunzione di un impegno a verificare se sia possibile operare, nell'ambito della legislazione internazionale o nella revisione dei trattati internazionali, nel senso di andare incontro all'obiettivo che l'emendamento in esame si propone di raggiungere. Noi voteremo contro lo stesso per ragioni ovvie ed oggi insuperabili, ma l'impegno del Governo ci esimerebbe anche dalla necessità di presentare un ordine del giorno in questo senso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, desidero svolgere una considerazione di tipo cronologico riguardo alle varie Convenzioni esistenti in materia. Faccio riferimento, in particolare, alla Convenzione di Vienna del 1961 e a quella di New York del 1984, in esecuzione della quale si dà vita alla nuova norma sulla tortura.
La Convenzione di New York prevede all'articolo 8 che le trasgressioni di cui all'articolo 4 siano a pieno diritto incluse in ogni trattato di estradizione tra gli Stati-parte e che questi ultimi si impegnino ad includere dette trasgressioni in qualsiasi trattato di estradizione concluso tra loro. Ciò significa, pertanto, che deve essere discussa anche l'interpretazione tecnica data alla Convenzione in esame. Non si tratta, pertanto, solo di una questione politica, ma anche tecnica.

PINO PISICCHIO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO, Relatore. Signor Presidente, in verità ritengo che gli interventi svolti dai colleghi abbiano dimostrato che non esiste su questo aspetto una questione politica. Vi è una larghissima ed unanime condivisione sul merito: chi può immaginare di poter costituire condizioni di immunità per chi si macchia del reato di tortura, sia esso italiano o straniero?
Il problema è un altro, è molto semplice e credo che sia nella disponibilità di valutazione di ognuno di noi. Un provvedimento che contenesse normativamente le indicazioni che sono state incluse negli emendamenti degli onorevoli Pecorella e Costa sarebbe rinviato alle Camere dal Capo dello Stato per una violazione degli obblighi internazionali: quindi, non approveremmo più il provvedimento che è sottoposto alla nostra attenzione. Siamo tutti consci del fatto di entrare in un territorio in cui, evidentemente, le norme di diritto internazionale rendono non praticabile il percorso da voi indicato.
Credo invece che l'indicazione inclusa nell'emendamento degli onorevoli PecorellaPag. 9e Costa - penso che questo sia il dato politico che può emergere dal dibattito - possa essere trasfusa in un ordine del giorno, che la Commissione potrebbe fare proprio e, quindi, condividere fino in fondo, proprio per sottolineare la condivisione del merito e la mancanza di dissenso rispetto agli interventi svolti.

FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, lei ha già parlato.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, vorrei solo che l'intervento del presidente Pisicchio si sostanziava in un invito al ritiro dell'emendamento in questione per trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno unitario: vorremmo conoscere l'opinione dei presentatori in proposito.

PRESIDENTE. Ciò era chiaro, onorevole Palomba, ma ovviamente, se il presentatore avesse voluto ritirare l'emendamento, si sarebbe premurato di dirlo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pecorella 1.32, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

(Presenti 451
Votanti 413
Astenuti 38
Maggioranza 207
Hanno votato
213
Hanno votato
no 200).

Prendo atto che i deputati del gruppo La Rosa nel Pugno hanno erroneamente espresso un voto contrario mentre avrebbero voluto astenersi.
Prendo atto altresì che il deputato Cassola ha erroneamente espresso un voto contrario mentre avrebbe voluto astenersi.
Prendo atto infine che i deputati Lovelli e Lumia hanno erroneamente espresso un voto contrario mentre avrebbero voluto votare a favore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pecorella 1.33.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Il senso di questo emendamento è di consentire che l'autorità giudiziaria italiana possa perseguire ovunque, anche in territori stranieri, gli autori di torture. Per fare un esempio, l'autorità spagnola ha aperto un procedimento a carico di Pinochet e ha potuto emettere provvedimenti restrittivi sulla libertà personale di quel dittatore. Mi augurerei che lo si facesse anche rispetto ad altri dittatori che hanno praticato o stanno praticando la tortura in tutto il mondo.
Si prevede soltanto che, come per altri casi meno gravi della tortura, l'autorità giudiziaria italiana possa procedere nei confronti di autori di fatti di tortura commessi all'estero. Non vedo quale sia la ragione per escludere la possibilità di perseguire la tortura ovunque sia praticata: per tali motivi, non comprendo il motivo dell'opinione contraria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche in questo caso mi sembrerebbe del tutto scontato il sostegno ad una tesi così importante. È assurdo che un reato così grave non possa consentire tale comportamento ad uno Stato che si pone alla testa di quei paesi civili che vogliono esportare il diritto, quello dei valori fondamentali, anche altrove. Quindi, credo che lo ius punendi dello Stato debba rimanere assolutamente esplicato da questa norma e per tale motivo voteremo favorevolmente.

Pag. 10

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Suppa. Ne ha facoltà.

ROSA SUPPA. Colgo l'occasione per ribadire che il gruppo dell'Ulivo condivideva appieno nel merito l'emendamento precedente - quindi, anche il merito di questo emendamento - tanto che proprio noi avevamo proposto in sede di Commissione, nel progetto di legge a nostra firma, una previsione analoga a quella precedente e all'emendamento ora in discussione. Ciò avveniva per non andare in contrasto con gli obblighi internazionali.
Infatti, signor Presidente, siamo profondamente convinti dell'importanza di introdurre questo reato, soprattutto evitando che tale introduzione incontri ostacoli successivamente, come ben ricordava il presidente Pisicchio, sulla base, magari, di violazioni costituzionali.
Comunque, visto che questo emendamento è quasi conseguenziale a quello precedente, come gruppo dell'Ulivo oggi ci rimettiamo alle decisioni dell'Assemblea.

SERGIO D'ELIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, vorrei precisare che i deputati del mio gruppo sono incorsi in un errore, che intendiamo correggere, nell'espressione di voto sull'emendamento Pecorella 1.32. Il gruppo della Rosa nel Pugno - ripeto, per un errore - si è espresso contro; invece, siamo d'accordo con la posizione di voto del collega Boato e di Rifondazione Comunista. Provvederemo ora singolarmente a segnalare tale errore ma intendiamo, fin da subito, precisare che sull'emendamento precedente avremmo voluto esprimere un voto di astensione.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole D'Elia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto, a titolo personale, l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Vorrei ribadire il nostro sostegno a questo emendamento, che affronta una questione non tecnica bensì discrezionale e politica. Il codice penale consente, per i reati particolarmente gravi, il principio di universalità e di extraterritorialità. In altre parole, lo Stato italiano può intervenire anche per reati che vengano commessi all'estero laddove ritenga tali reati particolarmente gravi e si renda, quindi, necessario questo tipo di intervento.
Noi riteniamo che il reato di tortura sia una fattispecie rientrante in questa previsione del codice penale e per questo motivo è stato presentato l'emendamento in oggetto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Ritengo che le considerazioni poco fa espresse dal collega Costa siano condivisibili. Non deve stupire nessuno che su tali materie si possano registrare in quest'aula convergenze che attraversano gli schieramenti politici, posto che si tratta di materie che non devono far parte di una contrapposizione fra schieramenti, dovendo essere affrontate con spirito aperto, libero e nella convinzione che vadano introdotte norme aderenti ed adeguate alle finalità di questo provvedimento in materia di reato di tortura.
Pertanto, le considerazioni che ho sentito poco fa esporre a sostegno di questo emendamento sono a mio avviso condivisibili ed aiuteranno il nostro paese, attraverso il suo sistema penale, a giocare un ruolo più attivo sul piano internazionale in questa materia.
Per tale motivo, annuncio il voto favorevole del gruppo dei Verdi sull'emendamento Pecorella 1.33.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

Pag. 11

FEDERICO PALOMBA. A differenza di prima, siamo d'accordo nel merito - così come per il precedente emendamento - ma riteniamo che, in questo caso, non vi siano le preclusioni di carattere internazionale che, al contrario, impedivano l'approvazione del precedente emendamento e che, verosimilmente, creeranno qualche problema nell'iter successivo della legge complessivamente approvata.
Pertanto, poiché riteniamo che la tortura sia tortura sempre e dovunque sia commessa, crediamo che lo Stato italiano possa perseguirla secondo le proprie leggi e al suo interno. Dunque, esprimeremo un voto favorevole sull'emendamento 1.33.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pecorella 1.33, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

(Presenti 454
Votanti 395
Astenuti 59
Maggioranza 198
Hanno votato
296
Hanno votato
no 99).

Prendo atto che il deputato Lovelli ha erroneamente espresso un voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere un voto favorevole e che il deputato Lumia avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto altresì che il deputato Ciro Alfano non è riuscito a votare.
Avverto che, consistendo il testo unificato delle proposte di legge in un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 915 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, in questa sede non posso che riassumere brevemente le considerazioni già svolte nell'ambito della discussione sulle linee generali. Oggi, finalmente, introduciamo nell'ordinamento italiano una nuova fattispecie di reato. Si tratta, in realtà, di una fattispecie di reato antica, che aspettavamo da molti anni, che mancava vistosamente nel nostro ordinamento giuridico e che avrebbe permesso già in passato di dare risposte più adeguate a fatti di sangue molto rilevanti.
Tale fattispecie ha indubbiamente anche un rilievo politico perché ci permette di reagire seriamente e con maggiore efficacia anche davanti a situazioni che inevitabilmente in momenti di grande confluenza di popoli, di genti, di razze e di culture diverse possono generarsi. Lo Stato di diritto è una conquista che appartiene alla nostra civiltà ed è tale, ormai, da più di qualche secolo, almeno in teoria; nella prassi è un fenomeno che va attuato quotidianamente. Introducendo tale fattispecie abbiamo voluto dire, anche a tutti coloro che vengono ospitati nel nostro paese, che condotte non contemplate nella nostra civiltà giuridica e nell'affermazione quotidiana dello Stato di diritto non saranno tollerate, ma saranno punite, anche con spirito di prevenzione, in quanto non armonizzabili con una cultura che segna un punto di eccellenza nell'ambito dell'intera civiltà umana.
Dunque, non mi soffermo particolarmente sulle considerazioni già svolte. Non posso che ribadire la nostra soddisfazione, la nostra adesione convinta ed il voto favorevole del gruppo Popolari-Udeur sul provvedimento in esame. Spero che questa fattispecie di reato possa servire in funzionePag. 12largamente preventiva più che repressiva, per scoraggiare condotte che, forse, nel passato sono sembrate percorribili per un vuoto normativo (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo un lungo lavoro svolto per tutta la scorsa legislatura e per quasi un anno di questa, la Commissione giustizia ha fatto finalmente una cosa importante, che anche dal punto di vista giuridico fa onore alla Commissione stessa: con questa norma adempiamo alla Convenzione di New York. In passato, il legislatore non era intervenuto perché aveva ritenuto i comportamenti rientranti nel concetto di tortura già puniti dall'attuale ordinamento giuridico.
Effettivamente, soprattutto con l'ultima formulazione, si è giunti ad un testo che introduce una reale novità giuridica che ha, quindi, non soltanto un importante valore dottrinale, ma anche una valenza concreta per punire effettivamente abusi gravi.
Certo, è singolare che la Casa delle libertà, negli scorsi cinque anni, non sia riuscita ad introdurre questa norma perché, nella scorsa legislatura, l'attuale maggioranza ragionava con spirito ideologico e pregiudiziale.
Chi, avendo lavorato negli scorsi anni, oggi guarderà l'attuale testo, si accorgerà che di fatto si tratta del medesimo testo approvato nella passata legislatura che fece insorgere l'Ulivo. Oggi, probabilmente anche perché sono cambiati i componenti della Commissione e si ragiona in maniera più serena, siamo riusciti a mettere da parte i pregiudizi ideologici e - anche con la previsione di una pena pesante - siamo riusciti ad intervenire in modo giusto rispetto ad un problema drammatico.
Aggiungo che, probabilmente, dal punto di vista della politica criminale, non ci sarebbe stato bisogno di intervenire, in quanto l'emergenza in Italia non dipende certamente dal fatto che si verificano episodi di tortura, ma dall'esigenza di introdurre pene più severe e strumenti certi di repressione.
Tuttavia, un ordinamento giuridico civile avanzato, come quello italiano, ha il dovere di prevedere che fatti ben qualificati - soprattutto grazie all'emendamento del collega Pecorella - quali episodi degradanti e disumani, che a volte non si riescono a tipizzare con una specifica condotta, ma che hanno nell'evento un comportamento assolutamente inaccettabile, debbano essere puniti in maniera severa.
D'altro canto, con questa formulazione evitiamo che vi possa essere la strumentalità di un reato da usare come clava politica nei confronti, magari, degli appartenenti alle forze dell'ordine o semplicemente nei confronti di qualche cittadino esasperato, che può lasciarsi andare a qualche atto di intemperanza di fronte alla commissione di gravi delitti.
Ritengo che il Parlamento, al di là degli schieramenti, abbia lavorato bene e che questa nuova norma rappresenti un elemento di cui andare fieri, sul quale il gruppo di Alleanza Nazionale esprime convintamente il proprio voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crapolicchio. Ne ha facoltà.

SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, preliminarmente intendo confermare le perplessità in ordine agli ultimi emendamenti approvati, a causa della loro intromissione nel diritto internazionale, che ha una finalità garantista.
Comunque, richiamando quanto già esposto in sede di discussione sulle linee generali, il sottoscritto, intervenendo in rappresentanza del gruppo dei Comunisti Italiani, non può che ribadire come debba considerarsi non solo opportuna, ma addirittura doverosa l'introduzione nel nostro ordinamento della fattispecie del reato di tortura.
Riteniamo infatti del tutto contrario anche ad elementari criteri di civiltà giuridicaPag. 13e sociale che, fino ad oggi, nel nostro ordinamento non fosse prevista una specifica fattispecie volta a colpire puntualmente fenomeni di dirompente disvalore sociale, quali quelli astrattamente riconducibili al concetto di tortura.
Del resto, pur dovendo auspicare che condotte del genere, tali da integrare la fattispecie in questione, non debbano mai verificarsi e, pertanto, non debbano divenire di effettiva attualità, rappresenta un dato di fatto - attestato altresì dalla giurisprudenza internazionale - che fattispecie penali quali le percosse, le lesioni, le minacce o la violenza privata non fossero in grado di cogliere appieno l'esatto disvalore penale e sociale riconducibile al concetto di tortura, di per sé idoneo a ricomprendere non soltanto condotte volte ad infliggere sofferenze fisiche, ma anche condotte implicanti un notevole - a volte predominante - fattore di vessazione psicologica.
Proprio perché si è avvertito chiaramente quanto sopra, deve essere condivisa l'iniziativa legislativa all'odierno esame della Camera dei deputati.
Ciò premesso e preso atto delle ovvie difficoltà di tipizzare con precisione una fattispecie integrata da condotte, per propria natura, disparate, avvertiamo come positiva, a livello sistematico, l'ubicazione della suddetta fattispecie di reato all'interno del codice penale nell'ambito dei diritti contro la libertà morale.
Infatti, se è vero che gli episodi riconducibili al concetto di tortura sono caratterizzati non soltanto da lesioni all'integrità fisica altrui, ma anche e soprattutto da una forte componente di vessazione psicologica, sotto la grave forma della sistematica umiliazione, dello svilimento dell'essere umano e dello sfinimento psicologico, è evidente come la relativa fattispecie penale non possa che essere inclusa nella categoria dei delitti contro la libertà morale, insieme, fra l'altro, ai reati di violenza privata e di minacce.
In tale contesto valutiamo, pertanto, positivamente che la fattispecie in questione punisca con estremo rigore chiunque infligga ad una persona dolore e sofferenze, fisiche e mentali, per ottenere informazioni o confessioni su un atto che la persona oggetto di tortura o una terza persona ha compiuto o è sospettata di aver compiuto ovvero allo scopo di punire una persona per un atto che essa stessa o una terza persona ha compiuto o è sospettata di avere compiuto, ovvero, ancora, per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.
Allo stesso modo, valutiamo positivamente che il progetto di legge in esame configuri il reato in questione come comune, ossia attuabile da chiunque, anche sprovvisto di determinate qualifiche, e non come un reato proprio. In tal modo, estendendo la soggettività attiva del reato si scongiura l'odiosa ed incomprensibile possibilità che gravi episodi di tortura restino al di fuori della sfera di applicazione del reato in oggetto solo perché commessi da cittadini non altrimenti qualificati. È infatti del tutto logico che l'offesa al bene giuridico protetto dalla norma in questione derivi dalla commissione in sé del fatto illecito, a prescindere da chi ne sia l'autore materiale dello stesso.
Anche per tale motivo condividiamo, dunque, che la proposta di legge in questione preveda un'aggravante speciale per il caso che il fatto sia stato posto in essere da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, così come per il caso che dal fatto derivino lesioni gravi o gravissime ovvero la morte del soggetto passivo del reato.
Per le suesposte ragioni, richiamando quanto già evidenziato in sede di discussione generale, sembra davvero che non si possa che condividere appieno l'innovazione legislativa di cui alla presente proposta di legge, vista la cessata necessità di dare conto a livello legislativo di un fenomeno, quale la tortura, dotato di dirompente disvalore, non solo sotto il profilo prettamente giuridico, ma anche sociale e meritevole di un'apposita disciplina normativa.
Pertanto, quale monito per il futuro ed anche in memoria dei fatti di Genova, relativi alla famigerata caserma Bolzaneto, il gruppo parlamentare dei Comunisti italianiPag. 14esprimerà un voto favorevole sulla presente proposta di legge e, nel contempo, chiede nuovamente la costituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare che riferisca sui tristi avvenimenti di Genova (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elia. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo della Rosa nel Pugno sul provvedimento in esame, che ritengo molto importante, anche perché abbiamo accumulato un ritardo di quasi vent'anni nell'adempiere ad un preciso compito, un dovere che il nostro paese si era dato nel momento in cui, nel 1988, ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. In tale Convenzione è prescritto che gli Stati membri parte della Convenzione debbano recepire nel proprio ordinamento la fattispecie di reato di tortura, il che con enorme ritardo stiamo - spero - realizzando nella giornata odierna.
È tanto più importante il provvedimento in esame quanto più consideriamo che si è aperto, a livello internazionale, negli Stati Uniti certamente, ma anche nel nostro paese, un dibattito sull'opportunità di introdurre, nell'ordinamento, una forma di tortura legalizzata.
La domanda se la sono posta fior fiore di intellettuali. Nel nostro paese, Angelo Panebianco a più riprese sul Corriere della Sera si è chiesto se tramite tortura noi possiamo acquisire informazioni utili, che possano impedire attentati terroristici o comunque atti criminali che metterebbero in pericolo la vita di molte vittime innocenti. La risposta di Panebianco è stata positiva: sì, lo possiamo fare, possiamo esercitare una forma di forza fisica, violando la sfera di intangibilità della persona, la sua integrità fisica - aggiungerei anche la sua dignità -, quando in gioco c'è un bene superiore, la sicurezza della nostra società o addirittura della nostra civiltà.
La stessa domanda, con identica risposta, se l'è posta negli Stati Uniti un campione dei diritti umani e dei diritti civili, l'avvocato Alan Dershowitz, il quale ha proposto nella lotta al terrorismo l'introduzione di una forma di tortura legale, proporzionata - lui dice - alla gravità del pericolo, regolamentata e soggetta alla giurisdizione, con un magistrato quindi che decide il limite di questa forma di pressione e di violenza, in quali casi si potrebbe applicare, quali forme di pressione psicologica e sofferenza fisica si potrebbero effettuare. Immagino lui pensi a quante ore di insonnia forzata, a quante scosse elettriche e in quali parti del corpo, a quanti litri di acqua e sale da far ingoiare oppure a quanti secondi immergere nell'acqua fino al limite dell'annegamento. Queste sono evidentemente le forme di tortura che si possono esercitare nei confronti di una persona, per farla confessare, per scongiurare un pericolo.
A me ciò sembra davvero una follia. Credo sia un'illusione, ma anche una tragedia, che si possa pensare di rispondere alle emergenze del nostro tempo, della nostra società - la mafia, il terrorismo o quant'altro - con tutto l'armamentario militaresco delle emergenze: le leggi speciali, i tribunali speciali, le carceri speciali ed oggi magari anche forme di tortura legalizzata. Penso invece che bisogna provare a rispondere in modo diverso, cioè con mezzi che prefigurino il fine che ci proponiamo e non con mezzi o comportamenti, che quel fine rischiano di pregiudicare e di distruggere. Leonardo Sciascia ricordava che la mafia - ma può valere anche per il terrorismo di oggi - si può combattere efficacemente non con la terribilità, ma con il diritto. Perché se il fine è la democrazia, la civiltà, la libertà, la giustizia e il diritto, i mezzi adoperati per conseguire quel fine devono essere coerenti con il fine stesso e quindi democratici, civili, giusti, rispettosi del diritto e dei diritti umani. La libertà dalla paura e dal terrore non si conquista con la paura e con il terrore. La forza e la sicurezza di uno Stato, di una comunità, stanno innanzitutto nel diritto. Ma cos'è il diritto, sePag. 15non il limite, che noi decidiamo di porre - di imporre, direi - a noi stessi, al nostro sacrosanto senso di giustizia, di rivalsa ed anche di legittima difesa. E il limite è stabilito, a parer mio, proprio dalla inviolabilità, dall'intangibilità della sfera personale di una persona detenuta o comunque sottoposta a privazione della libertà.
Dall'introduzione di forme di tortura legale deriverebbero solo costi e nessun beneficio. Quale sarebbe l'immagine del nostro paese, o di un qualsiasi paese democratico, se appunto introducessimo forme di tortura legalizzata? Il danno per la civiltà giuridica di un paese sarebbe incalcolabile e l'effetto pratico poi assolutamente zero. Il terrorismo lo combattiamo con efficacia se lo Stato è forte, e lo Stato è tanto più forte se nel combatterlo non viene meno ai suoi principi fondamentali.
Per queste ragioni riteniamo di dover introdurre finalmente nel nostro paese la fattispecie del reato di tortura. La formulazione che oggi stiamo per approvare non è esattamente identica a quella che avremmo dovuto recepire, sancita dall'articolo relativo alla tortura presente nella Convenzione delle Nazioni Unite. A me sarebbe piaciuta più quella formulazione, perché non ricomprende soltanto i casi di tortura esercitati con forme di violenza o di pressione e minaccia fisica, ma anche quelle dettate dalle pressioni psicologiche e dalle condizioni in cui una persona detenuta è costretta a vivere.
Non si tratta di una discussione teorica: nel nostro paese esistono forme di carcerazione che vanno sotto il nome di «carcere duro»; in realtà, in base ad un articolo diventato legge ordinaria del nostro paese e del nostro ordinamento penitenziario, come il 41-bis, esistono sezioni in cui sono detenute persone che, per il solo fatto di essere, non dico condannate o rinviate a giudizio, ma anche solo indagate per reati di terrorismo o mafia, sono impedite nell'esercizio di diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti penitenziari. Nelle sezioni di cui al 41-bis si esercitano secondo il diritto internazionale, ma non secondo l'articolo sulla tortura che stiamo per approvare, forme di pressione psicologica, dettate dalle condizioni ambientali come la possibilità di avere solo un colloquio al mese, la presenza del vetro divisorio, la limitazione nella corrispondenza. Si tratta di forme per le quali - a parer mio - si esercita una pressione psicologica che rasenta la tortura.
Dal 41-bis si esce soltanto (e in questo caso interviene la letteralità dell'articolo sulla tortura sancito nel diritto internazionale) se si forniscono informazioni, se si collabora con la giustizia, se si decide di mandare in galera altre persone. Si tratta di una forma di tortura anche questa. Non stiamo discutendo di chi ha commesso reati (o magari di reati per cui si è solo indagati e non condannati), ma di che fine fa lo Stato di diritto quando tratta quelle persone come sta facendo.
Nel ringraziare l'Assemblea ribadisco che il gruppo della Rosa nel Pugno voterà a favore di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Saluto gli insegnanti e gli alunni della Scuola media statale Ettore Pais di Olbia, dell'Istituto superiore Luigi Costanzo di Decollatura, Catanzaro, e dell'Istituto tecnico commerciale Nostra Signora del Sacro Cuore di Traversetolo (Parma) (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, parlo ad esclusivo titolo personale in quanto la mia dichiarazione di voto è coerente con il mio pensiero, non con quello del mio gruppo.
Credo che il primo compito del legislatore sia quello di predisporre una legge che produca effetti e che non appesantisca il già ponderoso insieme legislativo che grava su questo paese. Nelle fattispecie delineate da questo provvedimento non mi pare di intravedere qualche novità. Credo che qualsiasi comportamento contenuto o desumibile nel testo di questo provvedimento sia già sanzionato da altre normePag. 16del codice penale. In realtà le vere novità sono contenute negli emendamenti Pecorella 1.32 e 1.33, prima approvati. Forse sarebbe valsa la pena di introdurre un'innovazione legislativa limitata a tali norme.
Affermo questo perché, se pensiamo al caso in cui per ottenere una confessione alcuni imputati sono stati messi in celle insieme a malati di AIDS, giungendo infine al suicidio, si tratta di fatti che certamente possono essere ascritti alla fattispecie di tortura, ma che sono stati anche sanzionati.
Quindi, siamo di fronte sempre alla stessa situazione, vale a dire alla necessità di individuare i custodi dei custodi. Mi pare, infatti, che questa legge si rivolga essenzialmente ai soggetti che compiono le indagini e che, evidentemente, svolgono un lavoro coerente con l'amministrazione della giustizia.
Inoltre, la norma secondaria prevede una sanzione variabile tra uno e quindici anni. Non condivido questo principio perché il legislatore non può demandare ad altri la propria attività, in base alla vecchia teoria sostenuta da Magistratura democratica, la teoria della supplenza. Non possiamo affermare che non siamo in grado di individuare una pena definita, prevedendo che la sanzione possa variare da lieve a gravissima. Mi sembra che la pena di dodici anni sia la sanzione minima prevista in caso di omicidio; invece, chi subisce una condanna a tre anni, beneficiando delle attenuanti generiche, può addirittura ottenere la sospensione condizionale della pena e uscire di prigione.
Questa norma, inoltre, mi sembra incompleta perché si applica anche a chi abbia praticato la tortura per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale. Forse, la tortura è permessa in altri ambiti? Se un tifoso della Juventus intende torturare un tifoso del Torino - e questo caso, pacificamente, si colloca al di fuori della discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale - può farlo tranquillamente? A mio avviso, sarebbe stato opportuno riflettere, soprattutto, in un'ottica sistemica generale. Non possiamo pensare di appesantire il codice penale inserendovi fattispecie per le quali si discuterà fino in Cassazione, solo per stabilire se si tratti di violenza privata o di tortura. Infatti, il reato di tortura è una fattispecie sostanzialmente identica, per come è costruita, a quella della violenza privata, salvo che si tratta di una violenza privata specifica finalizzata alla confessione.
Vorrei poi rivolgere un interrogativo a questa Assemblea, che nasce da una mia profonda perplessità: che cos'è la tortura motivata da discriminazione sessuale? Sono distante, ovviamente, dall'idea di approvare o di ammettere una qualsiasi forma di tortura o anche di violenza. Tuttavia, la coerenza impone che le norme siano approvate non per inviare all'estero segnali rispetto a convenzioni che sono state firmate; per ottemperare alle convenzioni si deve legiferare solo quando è necessario, senza appesantire la situazione generale normativa quando non lo è. Credo sia questo il caso che ci occupa.
Per questo motivo, proprio come segnale che sono molto distante dalla tortura e dalla violenza e da ogni loro manifestazione, mi asterrò dal voto finale su questo provvedimento. Per un verso, infatti, desidero esprimere una reprimenda della tortura e, per altro verso, voglio esprimere la necessità di intervenire legislativamente nella misura minore possibile, per non complicare ulteriormente la situazione giudiziaria italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, innanzitutto intendo evidenziare una profonda soddisfazione per il modo in cui si sono sviluppati i lavori in questa Assemblea, lavori che hanno consentito una significativa modifica del testo licenziato dalla Commissione. Pertanto, preannuncio il voto favorevole del gruppo di Forza Italia.
Inoltre, vorrei svolgere alcune considerazioni. È chiaro che, quando il legislatore si pone l'obiettivo di introdurre un nuovo reato nel codice penale, è necessario preliminarmente svolgere alcune riflessioni.Pag. 17
La prima riflessione fondamentale attiene alla valutazione di quali sono i beni e gli interessi giuridici che si intende tutelare attraverso la nuova figura delittuosa prevista. Chiaramente, in questa situazione, vi sono interessi e beni giuridici fondamentali, come la libertà psichica che si vuole tutelare contro influenze esterne istituzionali e non.
Ricordo che la Convenzione di New York del 1984 ha previsto, nell'ambito di tutti i codici penali dei paesi aderenti, l'inserimento del reato di tortura. Nel 1988, il legislatore italiano decise di non dare esecuzione alla Convenzione sotto questo profilo, ritenendo che vi fossero fattispecie penali, già attualmente esistenti, che coprissero tutte le varie ipotesi che il reato di tortura avrebbe potuto prevedere. Noi, invece, nel corso dell'esame del provvedimento, sia in Commissione sia in Assemblea, abbiamo ritenuto che vi fosse una zona grigia, nel senso che, in alcuni casi, vi fossero comportamenti disumani e degradanti della dignità umana, certamente non riconducibili alla nozione di violenza o di minaccia, elaborata dalla giurisprudenza e, proprio per andare a colmare questa lacuna, è stato previsto l'inserimento, nel codice penale, del reato di tortura.
Analizzando la costruzione della norma, siamo profondamente d'accordo sul fatto che sia stata mantenuta l'indicazione del reato di tortura come reato comune e non come reato proprio, come era stato formulato da alcuni gruppi. L'ipotesi di reato comune consente di andare a punire al di là del soggetto che si rende colpevole del reato; in caso di reato proprio, bisognava andare a punire soltanto i soggetti che fossero caratterizzati da una particolare veste istituzionale. Rispetto al testo iniziale presentato dal gruppo di Forza Italia in Commissione, si è trasformato l'illecito da reato a forma libera in reato a forma vincolata. In sostanza, prima, il reato si poteva concretizzare attraverso qualsiasi tipo di comportamento che sfociasse in un trattamento disumano, ora, invece, il reato si deve esplicitare attraverso le forme della violenza e della minaccia che, successivamente, sfocino in un trattamento disumano o in sofferenze gravi. Avevamo presentato un emendamento in relazione al termine «minacce» che abbiamo ritirato, perché riteniamo che, anche con una semplice minaccia, si possa concretizzare il reato di tortura e non è necessario che le minacce debbano essere reiterate. In molti ricorderanno il dibattito che, a tale proposito, si è svolto nella scorsa legislatura e, proprio su questo tema specifico, si arenò la discussione. Il nostro emendamento è stato ritirato anche perché vi è stata una profonda modifica della fattispecie normativa, che è andata ad enucleare e a specificare, in modo preciso e puntuale, la disumanità e la crudeltà dei comportamenti, al di là della semplice sofferenza grave. Ringrazio veramente la Commissione per aver aderito a questa impostazione da noi portata avanti con una certa forza. Faccio presente che, comunque, vi sono alcune ombre; per esempio, la norma esclude comportamenti omissivi, essendo il reato individuato come un reato a forma vincolata, che esclude tale tipo di comportamento. Sarà quindi molto difficile ipotizzare una tortura attraverso un'omissione.
Vorrei ora svolgere alcune considerazioni sugli emendamenti che sono stati approvati. Sono emendamenti importanti dal punto di vista politico e della civiltà giuridica, al di là delle considerazioni tecniche di diritto internazionale (l'esclusione dell'immunità e l'extraterritorialità del reato di tortura).
Si tratta di due emendamenti che hanno preso le mosse dalla proposta di legge dell'onorevole Pecorella e che sono stati mantenuti e motivati con forza anche attraverso valutazioni articolate.
Ci fa piacere che l'Assemblea si sia convinta del segnale politico che si intende dare non soltanto ai nostri cittadini, ma al mondo intero come nazione civile che accetta di introdurre norme che la responsabilizzano di fronte al panorama mondiale.
Pertanto, esprimo una forte soddisfazione per il risultato normativo, giuridicoPag. 18e politico che si riesce ad ottenere attraverso questa norma di civiltà; una norma che va veramente a colmare delle aree grigie, delle zone di confine tra il lecito e l'illecito, tra le norme esistenti nell'ambito dell'attuale codice penale e quelle aree che costituivano una sorta di lacuna normativa e legislativa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Farina. Ne ha facoltà.

DANIELE FARINA. Signor Presidente, colleghi deputati, sono state già espresse in sede di discussione sulle linee generali del provvedimento le argomentazioni del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sul provvedimento in esame e quindi sarò molto breve.
È ovvio, come ricordato da molti colleghi, che ciò è l'esito naturale - seppure tardivo - della ratifica, operata quasi vent'anni fa dal nostro paese, della Convenzione delle Nazioni Unite, ma è anche, come ricordato sempre nella discussione sulle linee generali, un segnale a contrasto di quanti hanno legittimato la tortura in nome di un presunto conflitto di civiltà e della guerra preventiva, quasi che gli errori di Abu Grahib fossero un prezzo necessario o quanto accade nelle celle di Guantanamo fosse il male minore. Ciò si pone anche in opposizione a quanti non hanno ravvisato nei giorni drammatici di Genova, nel 2001, la creazione di una voragine, di un vulnus grave nei diritti fondamentali e nelle libertà costituzionalmente garantite.
Avremmo voluto - il nostro progetto di legge lo prevedeva - che il reato si qualificasse come proprio piuttosto che comune ovvero qualificato in quanto reato commesso in via esclusiva dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio. Avremmo voluto per le ragioni esposte che si fosse equiparato l'autore materiale del reato con colui che lo istiga o vi acconsente tacitamente, perché sono queste le circostanze reali cui spesso abbiamo assistito e non vorremmo assistere in futuro.
Il problema dell'introduzione di questa fattispecie di reato nel codice penale non è legato al singolo caso di tortura, se pur grave, commesso dal cittadino della Repubblica. Il problema sta nella banalità del male, nella sistematicità, nella macchina della tortura, nella normalità della tortura, e ciò accade in particolari contesti (raramente nella vita quotidiana) della storia passata e recente!
Sarebbe stato opportuno - lo avremmo voluto - introdurre anche un fondo, se pur piccolo, per la riabilitazione delle vittime di tortura. Non è stato possibile, perché la Commissione bilancio ha indicato la sua contrarietà tecnica in ordine alla copertura; penso sia un tema che l'anno prossimo riaffronteremo.
Ci rendiamo conto, infine, che introdurre nella previsione l'impossibilità per il Governo italiano di assicurare l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro paese, come abbiamo fatto accettando, pur astenendoci, l'emendamento presentato dall'onorevole Pecorella, è un elemento che produrrà un iter più tortuoso di questo provvedimento. Ciò che dalla Commissione e dal relatore, svolgendo un ottimo lavoro, è stato segnalato adducendo dei motivi tecnici è verissimo e certo, e ci troveremo forse nella necessità di apportare modifiche al provvedimento. Ma che segnale avremmo lanciato al paese se almeno da questa Camera, all'inizio dell'iter di un importante provvedimento legislativo, non avessimo rimarcato la prevalenza dei contenuti di carattere politico, etico e sociale che tentiamo di affrontare e di disciplinare?
Credo, in tal senso, che aver «piegato» un po' la tecnica verso «altro» ed aver corso il rischio di seguire un percorso più tortuoso sia qualcosa che non faccia male né al Parlamento, né al paese in una fase in cui basta aprire le pagine dei giornali per riscontrare un imbarbarimento costante della convivenza civile (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!

Pag. 19

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, desidero intervenire brevemente per annunciare il voto favorevole del gruppo Lega Nord Padania al provvedimento in esame, il quale, dopo vent'anni di ritardo, introduce finalmente all'interno del nostro codice penale il reato di tortura.
Vorrei richiamare anch'io, come peraltro è stato già fatto da altri colleghi, l'ampia discussione che si è tenuta, nel corso dell'attuale legislatura, in sede di Commissione giustizia. Desidero ringraziare, pertanto, tutti i componenti della stessa, poiché mi sembra che abbiamo lavorato senza pregiudizi, perseguendo l'obiettivo di consegnare comunque al paese un provvedimento «buono» anche sotto il profilo normativo. Si tratta, tra l'altro, dello stesso impegno che, su tale argomento, è stato profuso anche nella passata legislatura.
Ritengo che, dopo avere discusso molto ed in modo sereno, siamo riusciti ad addivenire ad un testo equilibrato, il quale punisce severamente la fattispecie della tortura, peraltro connotandola in maniera puntuale. Infatti, sono stati espressamente richiamati sia la condotta, sia quello che può essere il reato di evento.
Si è trattato di un risultato importante conseguito dalla II Commissione, come risulta anche dal testo dell'emendamento che il Comitato dei nove ha presentato questa mattina. Pertanto, abbiamo raggiunto una connotazione specifica e maggiormente puntuale della fattispecie criminosa, garantendo, al contempo, un equilibrio delle diverse esigenze che devono essere contemperate.
Vorrei osservare che, introducendo il reato di tortura, aggiungiamo al nostro codice penale alcuni elementi innovativi rispetto ad altre fattispecie già conosciute; quindi, ritengo che ciò testimoni l'importanza del risultato che siamo riusciti a conseguire.
Ribadisco, dunque, che si tratta di un testo equilibrato. Tale considerazione è dettata anche dalla circostanza per cui, in questo caso, non mi trovo assolutamente d'accordo con le motivazioni testé addotte dall'onorevole Daniele Farina circa il fatto che questo non è più un delitto «proprio», poiché è diventato un reato comune. Onorevole Daniele Farina, vorrei dirle che noi della Lega non la pensiamo come lei, poiché riteniamo che il torturatore non abbia una sola faccia e che non sia solamente il poliziotto, vale a dire colui che svolge le indagini, a poter torturare! Infatti sappiamo, purtroppo, che il torturatore tante volte è il brigatista rosso, il quale magari ha torturato barbaramente Moro, tanto per riaprire una pagina dolorosa della nostra storia! Il torturatore può essere il mafioso che scioglie il bambino nell'acido, dopo averlo sottoposto a grandi patimenti! La tortura, allora, deve essere universalmente colpita, a prescindere da chi possa averla commessa!
Esprimo, quindi, la mia soddisfazione per il testo normativo risultante dai lavori dell'Assemblea, il quale non si presta neanche a strumentalizzazioni di tipo politico. Noi, infatti, non vogliamo criminalizzare nessuno, come ad esempio gli atteggiamenti delle forze dell'ordine. La violenza, infatti, è bandita non solo da questa norma penale e da altre disposizioni contenute nel nostro codice penale, ma anche dalla nostra Costituzione. Si tratta, pertanto, di un principio giuridico e di civiltà ampiamente acquisito, che noi dobbiamo continuare a salvaguardare.
Mi consenta, signor Presidente, di fare un'ultima battuta sull'intervento pronunciato dall'onorevole D'Elia. Ebbene, vorrei dire che sono ancora più convinta che sia stato doveroso specificare, lasciandone traccia negli atti preparatori relativi al progetto di legge in esame, quanto da noi affermato. A nostro avviso, infatti, non si può parlare di una «sofferenza» nella quale si possa ravvisare una tortura quando tale sofferenza derivi dall'applicazione di una sanzione legittima!
Constato che l'onorevole D'Elia ha fatto ancora riferimento all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. Tale articolo, relativo al cosiddetto carcere duro - ePag. 20ricordo che il Governo della Casa delle libertà ha stabilito che fosse «a regime», superando il suo precedente carattere transitorio -, è una misura necessaria per combattere un fenomeno pericoloso, dannoso e gravissimo, che presenta seri rischi per la sicurezza della nostra collettività e dei cittadini, come la mafia. In quel caso, allora, il regime del carcere duro è pienamente giustificato, e ritengo vergognoso che si possa pensare ad ipotesi di tortura!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, colleghi, preannuncio con convinzione il voto favorevole dei Verdi sul provvedimento in esame. Quest'ultimo, come tutti i progetti di legge, è perfettibile e, con riferimento ad esso, sono stati sollevati anche rilievi critici da parte di attenti osservatori sotto il profilo della dottrina.
Tuttavia, consideriamo comunque un evento storico (permettetemi di usare questa espressione) il fatto che, finalmente, questo ramo del Parlamento (mi auguro che anche il Senato lo faccia tempestivamente) giunga ad approvare l'introduzione del delitto di tortura all'interno del nostro codice penale.
Credo che, opportunamente, sia stato richiamato il modo in cui la Commissione ha lavorato, anche insieme alla nostra collega Paola Balducci, elaborando il testo, che poi è stato perfezionato e migliorato in Assemblea attraverso alcune votazioni «trasversali», che credo non debbano scandalizzare nessuno. Infatti, è giusto che, rispetto a queste materie, vi sia la più ampia convergenza parlamentare.
Vorrei ringraziare, in modo particolare, il presidente e relatore della Commissione, onorevole Pino Pisicchio, non solo per aver condotto con grande rigore ed equilibrio i lavori preparatori in sede referente e in Assemblea, ma anche per aver voluto improntare la discussione sulle linee generali - che si è svolta lo scorso 4 dicembre - ad una dimensione di carattere storico, politico e culturale, sotto il profilo interno e internazionale.
Personalmente, non posso fare altrettanto, perché ho pochi minuti a disposizione per svolgere la mia dichiarazione di voto. Ma vorrei ricordare in quest'aula, come ha fatto il collega presidente Pisicchio, i nomi di Cesare Beccaria, autore di Dei delitti e delle pene del 1764, e di Pietro Verri, autore di Osservazioni sulla tortura, del 1804. Non è un vezzo di carattere dottrinale, ma un modo per far comprendere in quale solco si inserisca l'iniziativa legislativa di oggi.
È una prospettiva storica che riguarda anche la dimensione internazionale in cui si colloca il nostro paese. La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, alla quale l'Italia aderì, all'articolo 5 prevede specificatamente il reato di tortura. La stessa previsione è contenuta nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950 e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966.
Purtroppo, nonostante i richiami a Pietro Verri e a Cesare Beccarla, oggi, stiamo tardivamente, ma giustamente, adempiendo a un obbligo che abbiamo assunto sottoscrivendo la Convenzione contro la tortura e le altre pene o trattamenti inumani o degradanti, firmata a New York il 10 dicembre del 1984, che venne ratificata dall'Italia con la legge 3 novembre 1988, n. 498. Purtroppo, a quella ratifica non era seguito nulla.
Con eleganza il presidente e relatore Pisicchio, nella discussione sulle linee generali, ha affermato che il legislatore del 1988 non ritenne necessaria l'introduzione nel nostro ordinamento di una specifica fattispecie penale. Dico «con eleganza», perché io sarei stato anche più «brutale» nella critica e nella autocritica nei confronti del Parlamento della Repubblica italiana.
Vorrei leggere anche un passo ulteriore. Giustamente, si aggiunge da parte del relatore che, a distanza di circa diciotto anni (in realtà, sono passati 22 anni dalla firma e 18 dalla ratifica), si è avvertita l'esigenza di rivedere quella scelta, considerato che la legislazione vigente non sembra punire in maniera adeguata tutte le condotte riconducibili alla nozione diPag. 21tortura, così come intesa non soltanto dalla Convenzione di New York, ma anche dal comune sentire.
Giustamente è stata utilizzata dal collega Pisicchio l'espressione «zona grigia» per individuare quell'area che rimaneva scoperta tra le ipotesi di reato già contenute nel nostro codice penale che, se non ricordo male, nel dibattito il collega Daniele Farina ha indicato anche puntualmente - ossia quelle previste e punite dagli articoli 606, 608, 609, 581, 582 ed altri del codice penale - e la nozione di tortura contenuta nella Convenzione di New York, rispetto alla quale il testo che stiamo per votare in quest'aula è anche più ampio e di portata più generale. Pertanto, è opportuno che noi, anche se tardivamente, siamo giunti a fare questa scelta. Non so se sia stato opportuno il riferimento fatto dal collega Cirielli, in polemica con il centrosinistra, rispetto a ciò che è avvenuto nella scorsa legislatura. Nella scorsa legislatura è avvenuto qualcosa di gravissimo da parte, purtroppo, del centrodestra di allora - do atto che il comportamento oggi è diverso -, se si arrivò ad approvare in aula un testo assolutamente inaccettabile, in contrasto con la Convenzione di New York e starei per dire di carattere criminogeno! Per tale motivo il ricordato provvedimento legislativo, nella scorsa legislatura, si è bloccato. Devo dare atto che in questa legislatura il lavoro svolto, prima dalla Commissione giustizia, ed ora in aula, ha riscontrato un'amplissima convergenza. Ho ascoltato preannunziare solo un voto di astensione, da parte del collega Brigandì della Lega Nord Padania, a titolo personale. Mi auguro che si registri, salvo tale astensione, l'unanimità dell'Assemblea rispetto ad un testo che, ripeto, anche con gli emendamenti che sono stati approvati questa mattina, è largamente condivisibile, anche se, ovviamente, come tutti i testi legislativi, è ulteriormente perfezionabile. Credo, tuttavia, che su tale aspetto possa e debba prevalere l'esigenza di una rapida approvazione anche da parte dell'altro ramo del Parlamento.
Nel confermare, quindi, il voto favorevole del gruppo dei Verdi, mi associo anch'io all'auspicio che è stato fatto nella discussione sulle linee generali dalla collega Suppa del gruppo L'Ulivo, quando la medesima ha auspicato che quanto prima possa essere ratificato dall'Italia anche il Protocollo addizionale aggiuntivo sulla tortura che l'Italia stessa ha firmato ad agosto del 2003. Questo è un invito che rivolgo ai rappresentanti del Governo presenti in quest'aula. Si tratta, infatti, di un'iniziativa che è opportuno assuma tempestivamente il Governo, per presentare un disegno di legge di ratifica al Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli studenti del Liceo Scientifico Brunelleschi di Afragola, in provincia di Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, l'Italia dei Valori preannunzia il proprio voto favorevole su questo provvedimento, che qualifica in termini di maggiore civiltà il nostro ordinamento giuridico con la punizione del delitto di tortura. L'anticultura della tortura come strumento di affermazione e di perpetuazione del potere, comunque ottenuto e consolidato, circola tuttora, partendo dagli angoli più bui del mondo. Professionisti torturatori vagano ovunque, inviati da Stati spesso antidemocratici ed autoritari e, purtroppo, non solo autoritari, ed i teatri di guerra non agevolano certamente la legalità ed il rispetto dei diritti umani. L'Italia è un paese democratico, di solida cultura giuridica, che sa non confondere, e noi con esso, la tortura con la giusta difesa dell'ordinamento democratico, che si esprime con forme doverose di tutela, compreso l'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. Noi speriamo che nel nostro paese non si debba mai perseguire alcuno per simili delitti commessi in Italia e, soprattutto, da esponenti istituzionali.Pag. 22Vorrebbe dire che il nostro livello di civiltà avrebbe raggiunto altissimi valori anche di autocontrollo nell'applicazione della legge. Comunque, anche in quest'auspicato caso, l'inserimento di questo delitto nel nostro ordinamento giuridico avrà raggiunto il suo scopo, ossia quello di qualificare l'ordinamento giuridico italiano per l'elevato livello di civiltà della nostra società.
Italia dei Valori, che della legalità e della civiltà fa la propria bandiera, esprime grande soddisfazione per l'approvazione di quella che sarà legge dello Stato; nello stesso tempo conferma che la cultura della legalità non significa affatto lassismo o abbassare la guardia nei confronti delle aggressioni alle nostre regole. Legalità significa non solo rispettare le leggi, comprese quelle che contrastino e deprimano la criminalità; significa anche civiltà e garanzia del giudizio, insieme alla certezza della pena. Legalità significa che l'esecuzione della pena e la coercizione in genere non debbono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e debbono tendere alla rieducazione del condannato. Nessuno è però autorizzato a dire che il nostro ordinamento giuridico pratica o consente forme di tortura.
L'esplicita previsione del delitto di tortura consolida dunque il principio di legalità nel nostro paese, proprio perché generalmente le nostre istituzioni ad essa si ispirano. Bisogna lasciare che la magistratura svolga ordinariamente il proprio ruolo, senza superfetazioni e senza spargere allusioni o ingenerose accuse.
In questo spirito voteremo a favore del provvedimento in esame, augurandoci che tutta l'Assemblea lo approvi, pur nella trepidazione per possibili obiezioni all'introduzione nel codice penale di norme che modificano l'ordinamento internazionale, introdotte con l'emendamento Pecorella 1.32, e che comunque dovranno passare al vaglio del Senato.
Nel concludere, Presidente, desidero esprimere a nome dell'Italia dei Valori apprezzamento e gratitudine per l'essenziale ruolo svolto dal presidente Pisicchio nel portare a compimento l'iter di questo importante provvedimento, con la collaborazione di tutta la Commissione e del Comitato dei nove, anche in aula; evento tanto più importante, se si pensa che nell'intera precedente legislatura il centrodestra non riuscì a condurlo in porto, nonostante disponesse di una solida maggioranza: ciò rende ancora più apprezzabile tale risultato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FORLANI. Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo dell'UDC sul provvedimento in esame, in coerenza con posizioni già da me sostenute in questa legislatura presso la Commissione esteri, interpellata per il parere di competenza. Come sottolineai in quella circostanza, e come è stato rilevato da altri colleghi, esistono già nel nostro ordinamento varie fattispecie comportamentali, previste come reati e in quanto tali sanzionate, che si esplicano in comportamenti che potrebbero essere ricondotti alla tipologia delittuosa oggi all'esame.
Sicuramente le minacce, le violenze, le lesioni vengono a vario titolo sanzionate, ma ho sempre ritenuto - ed è stato anche oggetto di ampio dibattito nella scorsa legislatura, quando vennero presentate proposte di legge in materia - che una fattispecie di reato autonoma dovesse essere inserita nel nostro ordinamento giuridico e nel nostro codice penale, per consolidare nella coscienza sociale del nostro paese, come deve esserlo nel modo intero, la consapevolezza della gravità di tali comportamenti e l'esigenza di prevenirli, combatterli e sanzionarli in forme adeguate.
La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, la Convenzione europea sui diritti umani, la Convenzione delle Nazioni Unite del 1984 contro la tortura e altri atti di carattere internazionale statuiscono l'illiceità di comportamenti inumani, degradanti o violenti. Sembrano concetti ormaiPag. 23acquisiti, soprattutto nella cultura dei paesi democratici, di quei paesi che evidenzino una cultura ormai consolidata delle libertà individuali. In molti paesi del mondo, invece, questi comportamenti inumani, violenti e crudeli sono praticati legalmente ed illegalmente, secondo gli ordinamenti dei paesi stessi.
Amnesty International, nei suoi rapporti annuali, denuncia casi che si avvicinano a questa fattispecie comportamentale e che si sarebbero verificati anche in paesi democratici. La stessa lotta al terrorismo di questi anni, in alcuni momenti, sembrava evidenziare, nelle sue metodologie e nella sua prassi, comportamenti che si avvicinavano a questa fattispecie o, comunque, nella concezione della lotta al terrorismo sembrava quasi che emergesse un atteggiamento che, alla luce della gravità della minaccia terroristica, tendeva a minimizzare o a trascurare la gravità di questi atti e, quindi, ad adoperarsi per evitarli in qualunque circostanza.
Si tratta, invece, di comportamenti gravi, inammissibili, inaccettabili, qualunque sia lo scopo che si intenda raggiungere, qualunque sia il fine di giustizia, qualunque sia il pericolo che si intenda scongiurare. Si tratta di comportamenti gravi se messi in atto da parte di gruppi criminali o che operino nell'illegalità, forse ancora più gravi, come sottolinea lo stesso breve articolato di questo provvedimento, se vengono posti in essere da rappresentanti dell'ordinamento, da agenti delle forze dell'ordine, da funzionari dello Stato o degli Stati o, comunque, se sono espressione della pubblica autorità.
Occorre stabilire una preclusione assoluta rispetto a questo tipo di comportamenti, che una scelta democratica e moderna deve considerare inammissibili.
In questo spirito, annuncio il voto favorevole del mio gruppo (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gambescia. Ne ha facoltà.

PAOLO GAMBESCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la normativa che ci accingiamo a votare è importante per una serie di motivi. Qualcuno l'ha definita un passaggio storico, non solo perché da 22 anni aspettavamo che questo Parlamento ne discutesse in aula e l'approvasse, ma anche perché tale norma può essere presa ad esempio (questa è la convinzione di tutta la Commissione) anche da altri paesi.
Infatti (questo è il punto sul quale credo che l'aula debba riflettere) non ci siamo limitati ad accogliere le indicazioni della Convenzione, non ci siamo limitati a formulare un articolato che, in qualche modo, desse una risposta alle preoccupazioni espresse nella Convenzione di New York e, più volte, all'ONU. Siamo andati oltre e lo abbiamo fatto - mi piace sottolinearlo - con l'accordo di tutti i gruppi.
Ognuno era portatore di una sua visione, di sue preoccupazioni, ma, alla fine, abbiamo trovato una sintesi; e mi fa piacere rilevare che l'indirizzo che abbiamo dato alla norma è anche il risultato di una proposta di legge nata all'interno dell'Ulivo, che rifiutando l'impostazione iniziale, che attribuiva il reato di tortura, come possibile, solo a chi fosse incaricato di pubblico servizio o pubblico ufficiale, ha, invece, identificato un reato comune che prevede aggravanti, ovviamente quando a commetterlo è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio.
Ma questo è un reato, così come previsto dal provvedimento che ci accingiamo a votare, che può essere, purtroppo, commesso da tutti. Da tutti che cosa significa? Significa che noi, dal punto di vista legislativo, abbiamo tradotto punizioni che si riferiscono a comportamenti purtroppo usuali. Non si tratta, quindi, della sola zona grigia di cui ha parlato il relatore, onorevole Pisicchio, che ringrazio per il lavoro svolto in Commissione. Zona grigia non è, ad esempio, il comportamento degli schiavisti che portano sulle nostre strade decine di migliaia di donne e di bambini costretti con le violenze a prostituirsi o a chiedere l'elemosina.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 11,23)

PAOLO GAMBESCIA. Si dirà: ma quelli erano comportamenti. Non sono d'accordo, onorevole Brigandì, con la sua tesi. Si dirà: ma ciò era già previsto nel nostro codice penale con reati specifici. Ma proprio questa è la novità delle disposizioni che ci accingiamo a votare: non ci siamo accontentati di potere utilizzare le norme già contenute nel nostro codice penale, ma abbiamo pensato che, a comportamenti che ripugnano alla coscienza, occorresse dare delle risposte forti. La pena che va da tre a dodici anni, aumentata se il reato è commesso da un pubblico ufficiale, ci dice quanto forte sia stata l'esigenza che ci ha condotto ad elaborare questo testo legislativo. Noi volevamo dare - almeno questa è stata in Commissione la spinta che ci ha mosso - una risposta forte a fenomeni che, lo ripeto, ripugnano alla coscienza e alla civiltà di questo paese. A questo fine, abbiamo, pertanto, fatto riferimento non solo ai comportamenti.
Ritengo, quindi, che abbia ragione chi sostiene che quella in esame sarà una norma che con riguardo ai pubblici ufficiali non troverà applicazione. Io me lo auguro, anzi sarei felicissimo, come tutti noi, che non si applicasse mai nei riguardi di comportamenti tenuti da chi è incaricato di svolgere un pubblico servizio e, come tale, rappresenta lo Stato.
Se approvata, tale norma rappresenterà sicuramente un'arma, uno strumento in più per colpire coloro i quali usano metodi infami per fare violenza nei confronti di altri cittadini o non cittadini italiani che vivono nel nostro territorio, comunque indifesi. Questo è, secondo me, il passaggio che si potrà definire storico nel momento in cui approveremo il provvedimento in esame.
Ci siamo guardati con occhi limpidi e non abbiamo subito il velo delle ideologie ma, tutti insieme, abbiamo ritenuto che bisognasse dare risposte a comportamenti che purtroppo sono diffusi e che si diffondono sempre di più. I magistrati e le Forze di polizia avranno, quindi, uno strumento in più, che da una parte identifica nuovi comportamenti e nuove possibilità delittuose, dall'altra assicura che questo paese è ben attento a che la legalità non sia violata e che fenomeni di degenerazione del tessuto sociale siano individuati e colpiti con uno strumento nuovo che risponde ad una filosofia «diversa», ad una potenzialità criminale diversa.
È una legge che ha nel suo animo una preoccupazione: dotare lo Stato degli strumenti più efficaci per evitare che, non solo chi detiene l'autorità, ma anche chi ha il potere criminale faccia soggiacere alle proprie volontà chi è indifeso e non ha tutela.
Se approveremo, come mi auguro, questo provvedimento - sul quale annuncio il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo -, avremo fatto un passo che non è semplicemente l'adeguamento ad una fattispecie che, purtroppo, è presente sul nostro territorio; infatti, avremo anche dato l'indicazione di dove vuole andare, in termini di difesa della legalità e di civiltà giuridica, questo paese.
Speriamo che questa normativa diventi comune ad altri paesi europei, perché sarebbe certamente limitativo, rispetto all'obiettivo che vogliamo raggiungere, se rimanesse una nostra, sola ed esclusiva visione del problema della tortura. Se l'Europa accetterà la nostra impostazione e andrà oltre la Convenzione di New York del 1984, credo che l'Europa tutta, la civiltà europea avrà fatto un passo in avanti sicuramente nella direzione giusta (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, a titolo personale, voglio esprimere soddisfazione e dichiaro che voterò favorevolmente con assoluta convinzione, su un provvedimento che ritengo giusto, contro ogni tortura. Tuttavia, per quanto mi riguarda, il significato della mia posizione non si ferma qui. Il mio voto favorevole esprime anche una chiara e precisa condannaPag. 25di quanto successo nei mesi scorsi - e Dio non voglia che succeda ancora - a Guantanamo. Si dirà che questo è un ambito particolare, la cui normativa è di tipo diverso e militare. Penso che anche a Guantanamo fossero in gioco i valori dell'uomo, il rispetto della persona e la dignità umana, valori che, purtroppo, sono stati brutalmente calpestati. Il mio voto favorevole ad una norma certamente di civiltà è dunque anche una condanna precisa e forte a quei fatti perché Guantanamo sia l'ultima volta (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PINO PISICCHIO. Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, nella vita parlamentare ci sono dei momenti in cui la solennità dei gesti che compiamo assume un significato più forte e più avvertito. Se questo fosse vero, nel momento in cui ci apprestiamo ad approvare tale provvedimento - per le dichiarazioni che quest'aula ha potuto ascoltare quest'oggi ma, permettetemi, per quello che è stato compiuto in Commissione -, dovrei ringraziare tutti i miei colleghi. Devo ringraziare quelli di maggioranza, che con grande disponibilità hanno rinunciato al significato della forza dei numeri per accettare quello che è giusto debba accadere in una dimensione parlamentare, cioè la dialettica parlamentare. Devo altresì ringraziare gli amici dell'opposizione che, con animo sgombro da ogni pregiudizio ideologico o di posizione politica, hanno percorso con sincero desiderio di realizzazione questo itinerario non facile, ma che compiamo nel giro di pochi mesi. Si può dire che questo non sia il primo, ma uno dei primissimi gesti che la Commissione compie su impulso di un'iniziativa squisitamente parlamentare: questo è importante.
Non devo tornare sul merito: è stato detto tutto e tutto è condiviso. Ringrazio ancora coloro che sono intervenuti per le loro importanti affermazioni. Oggi andiamo a colmare un vuoto di civiltà, realizzando due obiettivi importanti. Un primo obiettivo è quello dell'ingresso, finalmente, all'interno del nostro ordinamento, di un reato per il quale ci eravamo obbligati, avendo sottoscritto una Convenzione. Abbiamo fatto ciò, peraltro, offrendo una prospettiva - in questo ha ragione l'onorevole Gambescia -, una modellistica che può essere utilizzata anche dall'Europa per il significato alto ed ampio che questa nostra scelta va a realizzare.
Il secondo momento importante concerne l'esaltazione del rapporto che si è sviluppato oggi in quest'aula. Oggi abbiamo assistito ad un esempio splendido, alto, importante di dialettica parlamentare che giunge a costruire una norma. Ritengo che questo - lo ricordava prima il collega Gambescia - possa rappresentare la falsariga rispetto alla quale la Commissione ha inteso muovere i suoi passi.
Infine, permettetemi di formulare un auspicio prima di concludere il mio intervento. Non avremmo avuto neanche quel momento dialettico, che pure si è svolto questa mattina, in ordine ad alcuni emendamenti, se l'Italia non avesse ancora mancato di introdurre le norme di attuazione del Tribunale penale internazionale, nella cui giurisdizione ricade il reato di tortura.
Ciò non è avvenuto nella passata legislatura, non è avvenuto nel tempo che ci ha preceduto: faremo in modo che avvenga oggi. Questo è l'impegno che assumiamo: faremo in modo che la Commissione e l'Assemblea tutta arrivino a sviluppare un percorso che giunga a questo obiettivo. Il risultato di vedere su quei tabelloni un'ondata di consenso per questa legge è un fatto così importante e bello che vogliamo celebrarlo con il nostro totale ringraziamento a tutta l'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Vorrei annunciare anche il nostro voto favorevole nell'ondata diPag. 26consenso che ci accomuna oggi. Permettetemi, però, una riflessione a voce alta. Mi riferisco ai colleghi che hanno considerato la giornata di oggi come storica. Quella di oggi è una giornata importante: poteva essere storica, se solo avessimo avuto un po' più di coraggio, perché gli interventi di D'Elia e dello stesso Brigandì, che era proprio qui, sotto di me, con i suoi conterranei - o conterronei, come ama citare lui - hanno evidenziato considerazioni importanti che ci dovrebbero fare riflettere.
Lo stesso onorevole Gambescia non ricordava nel suo intervento la legge di una socialista, la legge Merlin del 1958, che gli vorrei rileggere nell'articolo 3, dove si afferma che è punito con la reclusione da due a sei anni chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione. La pena è raddoppiata se il fatto è commesso ai danni di persone minori di anni 21 (età ora portata a 18). Aveva, in questo caso, ragione l'onorevole Brigandì, perché la fattispecie esisteva già.
Potevamo avere più coraggio perché non dobbiamo dimenticare che con l'introduzione dell'articolo 613-bis non eliminiamo dalla nostra nazione tutti i reati di tortura. Non dimentichiamo che con il carcere preventivo indiscriminato si stanno continuando a perpetrare momenti di tortura importante. Non dimentichiamo che, meno di un decennio fa, alcuni magistrati hanno portato al suicidio diversi cittadini - risultati, col senno del poi, innocenti - e magari adesso fanno i ministri. Non dimentichiamolo, perché altrimenti non abbiamo ben presente cosa sia il reato di tortura.
Ovviamente, ringraziamo la Commissione per il lavoro svolto, ma riteniamo che il provvedimento sia solo sufficiente: perché la giornata fosse storica avremmo voluto dare un «10», ma non abbiamo potuto farlo. L'onorevole Brigandì ci ha letto le fattispecie di discriminazione razziale, politica, religiosa e sessuale. Onorevoli colleghi, poi verrà fuori che la pacca sulle natiche - per non usare altri termini - data in qualsiasi situazione è un reato di tortura. Non abbiamo avuto il coraggio di esplicitare il concetto e di assumerci la responsabilità di dire ai magistrati cosa intendevamo. In un certo senso, ci siamo un po' complicati la vita: avremmo potuto fare di più e meglio.
La giornata odierna è importantissima, ma noi socialisti non la definiamo storica: avrebbe potuto esserlo, se avessimo accolto quanto ci hanno detto gli onorevoli Brigandì, D'Elia ed altri. In ogni caso, è una giornata importante a cui noi contribuiremo con il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi Democrazia Cristiana-Partito Socialista e Misto-Movimento per l'Autonomia e del deputato Brigandì).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, credo che la legge italiana faccia bene non solo ad evidenziare la condanna morale, ma anche la condanna penale per chiunque, e da qualunque parte, compia violenza sull'uomo. L'indirizzo che ci stiamo dando è più severo e necessario. Però, quando si approvano le leggi queste devono anche essere applicabili, altrimenti si creano situazioni incredibili.
Dunque, dal punto di vista morale, politico, etico ritengo che chiunque, direttamente o indirettamente, procuri costrizione con violenza e con tortura non debba ricevere pietà da parte di nessuna comunità nazionale od internazionale. Però, signor Presidente, con l'introduzione dell'articolo 613-bis, nel testo modificato dagli emendamenti approvati, si creeranno situazioni incredibili. Tale articolo recita che: «È punito con la pena della reclusione da quattro a dodici anni chiunque, con violenza o minacce gravi, infligge ad una persona forti sofferenze fisiche o mentali, allo scopo di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni su un atto che essa stessa o una terza persona ha compiuto o è sospettata di avere compiuto ovvero allo scopo di punire una persona per un atto che essa stessa o una terza persona ha compiuto oPag. 27è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale».
Presidente, ne sarei anche felice, ma quando si approva una legge occorre pensare innanzitutto alla sua applicabilità.
Non vi è dubbio che in Cina (abbiamo votato una risoluzione sottoscritta da colleghi del mio gruppo) vi è un sistema carcerario di costrizione, nel quale - come evidenziato anche in alcune conferenze - vi sono ancora detenuti sui quali vengono perpetrate violenze. La stessa cosa vale per Cuba: comunque la si voglia pensare su Fidel Castro (io ne penso male, lei, Presidente, magari ne pensa bene), nelle carceri non viene ancora garantito il rispetto della persona. Pensiamo inoltre alle carceri degli Stati Uniti, a quelle nelle quali sono reclusi soggetti di religione islamica, dove si sono registrate diverse violenze.
In base al presente provvedimento, qualsiasi capo di Stato o di Governo o qualsiasi persona che abbia una responsabilità in uno di questi Stati, venendo in Italia, può essere arrestata. Quindi, Condoleezza Rice, provenendo da un paese nel quale è stato provato che detenuti di religione islamica sono stati sottoposti a tortura, se verrà in Italia potrà essere arrestata.
Se domani dovesse venire in Italia un leader religioso - anche per incontrare il Sommo Pontefice - che nel suo paese limita la pratica di altre religioni, secondo quanto stabilito nel presente provvedimento, potrebbe essere arrestato.
Ci rendiamo conto di cosa ciò può provocare e in quale situazione ridicola può finire lo Stato italiano? Io sono per la pena severa, per il rispetto della persona, ma il mondo è fatto anche di altre comunità, pertanto occorre fare in modo che in tutte le comunità vi sia sempre e comunque il rispetto della persona.
Gli altri paesi, soprattutto quelli nei quali non vi è molto rispetto della persona, non comprendono la differenza esistente tra il potere politico e quello giudiziario. In tali paesi si pensa che chi può limitare la libertà della persona sia il detentore del potere politico; in Italia, fortunatamente, sussiste una netta separazione tra il potere giudiziario e il potere legislativo. Pertanto, ogni volta che un magistrato dovesse intervenire in applicazione della norma in esame, si creerebbe un contenzioso a livello internazionale, dal quale non si saprebbe come uscire.
La norma in esame, che è di sano principio, ha bisogno di un'articolazione legislativa, di altri articoli che definiscano bene, ed in maniera più puntuale possibile, quando e come si possa intervenire.
Esistono situazioni particolari. Pensiamo a quanto sta avvenendo, anche in queste ore, in Somalia. Se il Governo somalo volesse aprire una trattativa con il Governo italiano per rafforzare la libertà in quel paese, qualunque appartenente di quel Governo che venisse in Italia potrebbe essere arrestato, perché in Somalia vi sono persino soldati minorenni che indossano la divisa e combattono.
Considerare di punire una persona per un atto che essa stessa o una terza persona abbia compiuto o sia sospettata di aver compiuto, significa considerare corresponsabile qualunque persona sia a capo del Governo o dello Stato, se in quello Stato si compie tortura e questi non interviene a smantellare i centri di tortura. Il sospettare diventa anche un giudizio soggettivo politico. Io sospetto che a Cuba si compiano torture per documenti che ritengo di avere, mentre per un altro collega ciò potrebbe non essere vero. I sospetti potrebbero dipendere da quale alleanza politica regga le sorti del nostro paese.
Invito anche il Comitato dei nove ad una riflessione. Fermo restando il principio e l'obiettivo, non possiamo emanare una legge generica, per cui, in qualunque paese si compiano violenze o restrizioni carcerarie, anche se effettuate da terza persona, si possa essere arrestati e condannati in Italia.
Invito la Camera a riflettere. Si tratta di principi che tutti sentiamo profondamente e si potrebbe rischiare di «strafare»,Pag. 28realizzando una norma inapplicabile o che, se applicata, creerebbe contenziosi internazionali non di poco conto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guadagno Luxuria. Ne ha facoltà.

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Signor Presidente, quanto stiamo per realizzare è un grande atto di civiltà. Prevedere il reato di tortura punibile con la pena della reclusione da quattro a dodici anni ed inserire, tra le modalità di tortura, le sofferenze fisiche o mentali, quindi considerando anche le situazioni psicologiche, e, oltre alla discriminazione razziale, politica e religiosa, anche quella sessuale, è un grande passo avanti per un Parlamento inclusivo e rappresentativo di tutti. Sarò ben felice di votare a favore del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 915 ed abbinate)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 915 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 915 ed abbinate, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi).

(Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale in materia di tortura) (A.C. 915 ed abbinate):

(Presenti 475
Votanti 467
Astenuti 8
Maggioranza 234
Hanno votato
466
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Amendola ha erroneamente espresso un voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Prendo atto altresì che il deputato Dato non è riuscita a votare.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,18).

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare al seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale in tema di modifica dell'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica (A.C. 648 ed abbinate).
Ricordo che nella seduta di ieri il presidente Violante ha preannunciato la necessità, largamente condivisa, di svolgere ulteriori approfondimenti sul testo e pertanto di rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame del provvedimento. Se non vi sono obiezioni, rimarrà così stabilito. Naturalmente se vi è il consenso unanime dei gruppi, rappresenterò al Presidente della Camera l'esigenza di iscrivere l'argomento nel prossimo calendario; altrimenti l'argomento sarà iscritto all'ordine del giorno della prossima seduta.Pag. 29
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Avverto che la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata per le ore 13 presso la sala dei ministri; in quella sede potrà essere confermata tale decisione.

Seguito della discussione della mozione Realacci ed altri n. 1-00006 sull'istituzione della giornata internazionale del volontariato europeo nel giorno dell'anniversario dell'alluvione di Firenze (ore 12,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Realacci ed altri n. 1-00006 sull'istituzione della giornata internazionale del volontariato europeo nel giorno dell'anniversario dell'alluvione di Firenze (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Ricordo che nella seduta dell'11 dicembre 2006 si è svolta la discussione sulle linee generali ed è intervenuto il rappresentante del Governo.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulla mozione all'ordine del giorno.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Realacci ed altri n. 1-00006.

(Votazione)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Realacci ed altri n. 1-00006, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 453
Votanti 428
Astenuti 25
Maggioranza 215
Hanno votato
426
Hanno votato
no 2).

Sull'ordine dei lavori (ore 12,23).

FABIO GARAGNANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, colgo l'occasione della chiusura antimeridiana dei nostri lavori, per sottoporre all'Assemblea un fatto a mio modo di vedere particolarmente grave, che è accaduto a Bologna in riferimento alla manifestazione del Motor Show e delle contestazioni al Presidente Prodi. Si tratta di contestazioni del tutto pacifiche e naturali in democrazia, sulle quali la Digos però, stando a quanto riportato da quotidiani locali, sta procedendo ad indagini accurate nei confronti di giovani e di famiglie presenti, che manifestavano spontaneamente il loro dissenso verso il Presidente Prodi.
Credo che il Presidente Prodi dovrebbe essere il primo a farsi carico dell'esigenza di pluralismo diffusa ovunque, cercando di comprendere i reali motivi della disaffezione nei suoi confronti di parte dell'opinione pubblica. A mio avviso in questa sede devono essere denunciate indagini - che nel precedente quinquennio non hanno mai avuto luogo - svolte nei confronti di semplici contestazioni, a seguito delle quali sono stati individuati pacifici giovani che di fatto manifestavano in modo civile il loro dissenso. Infatti, ilPag. 30maggiore quotidiano locale, Il Resto del Carlino, fa riferimento ad un input preciso, proveniente dallo stesso Presidente del Consiglio, Prodi, che invece dovrebbe essere più tollerante e comprensivo delle ragioni della democrazia.
Quindi, in questa sede intendo protestare contro l'atteggiamento delle forze dell'ordine - che ovviamente hanno obbedito ad ingiunzioni loro pervenute - che di fatto limita il diritto di manifestazione da parte di chi non condivide una determinata impostazione politica. Faccio riferimento anche al divieto del prefetto di Bologna che ha vietato manifestazioni di ogni tipo per i prossimi quindici giorni nonché al trattamento che la polizia ha tenuto venti giorni fa a Crevalcore nei confronti di giovani di Forza Italia che pacificamente contestavano il Presidente del Consiglio.
In questa sede intendo ribadire che, fatto salvo ovviamente il ricorso alla violenza e alla contestazione sistematica, le forme civili di dissenso sono garantite dalla Costituzione. Il primo a saperlo dovrebbe essere proprio il Presidente del Consiglio. Ho voluto denunciare tale situazione perché lo svolgimento di indagini approfondite su fatti legittimi è gravemente lesivo di questi diritti. In proposito annuncio che presenterò un'interpellanza al Governo. Comunque, ho voluto denunciare questi fatti anche in questa sede perché, a mio avviso, quanto sta succedendo è molto grave e lesivo del diritto di libertà e di critica garantito a tutti i cittadini della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. La Presidenza prende atto della sua sollecitazione.
Essendo convocata, come ho preannunciato, la Conferenza dei presidenti di gruppo per le ore 13, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il ministro della giustizia, il ministro per il commercio internazionale, il ministro delle politiche per la famiglia e il ministro dello sviluppo economico.

(Iniziative volte ad includere la città di Latina tra le sedi delle scuole superiori della magistratura - n. 3-00474)

PRESIDENTE. L'onorevole Pedrizzi ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00474 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1), di cui è cofirmatario, per un minuto.

RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, desidero ringraziare il signor ministro per essersi reso disponibile a rispondere a questa interrogazione nel breve volgere di 48 ore. In data 23 settembre 2005, in occasione di una riunione del Consiglio dei ministri, il Governo sostenuto dal centrodestra aveva approvato uno schema di decreto legislativo per la realizzazione di alcune scuole superiori della magistratura. Il 27 aprile 2006, il ministro della giustizia, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, aveva individuato le sedi presso le quali ubicare queste scuole. Tali sedi sarebbero dovute essere quelle di Latina, Bergamo e Catanzaro. La scelta di Latina era risultata la più opportuna, per il distretto del centro Italia, perché particolarmente vantaggiosa, essendo la città ubicata a pochi chilometri da Roma ed essendo stata definita, nel corso dell'istruttoria, logisticamente strategica. L'amministrazione comunale di Latina aveva messo immediatamente a disposizione alcuni immobili e stipulato alcuni contratti. Inoltre, si è svolta unaPag. 31conferenza stampa, alla quale ha partecipato anche il dottor Nicola Cerrato, capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria dei beni e dei servizi del Ministero della giustizia. Il decreto di ieri del ministro Mastella revoca la scelta della sede di Latina.

PRESIDENTE. Onorevole Pedrizzi, deve concludere.

RICCARDO PEDRIZZI. Concludo, signor Presidente, chiedendo al ministro Mastella le ragioni di questa decisione e il motivo per il quale ha disatteso anche le istruttorie dei suoi funzionari.

PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, in risposta all'interrogazione presentata dall'onorevole La Russa, devo premettere che, effettivamente, con decreto del 30 novembre scorso, adottato di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, ho provveduto a modificare il precedente decreto interministeriale del 27 aprile 2006 che individuava in Bergamo, Latina e Catanzaro le province presso cui ubicare le tre sedi della scuola superiore della magistratura. Tale scelta è stata compiuta, come indicato nel citato decreto, in primo luogo perché le filiali dell'agenzia del demanio, appositamente interpellate dall'amministrazione - quindi, precedentemente - hanno segnalato che in nessuna delle suindicate province esistono immobili demaniali idonei allo scopo previsto. In secondo luogo, si è tenuto conto della circostanza, anch'essa menzionata nel decreto del 30 novembre 2006, che le sedi di Latina e Catanzaro risultano decentrate. Il fatto che tali sedi non siano attualmente raggiungibili comporta, inevitabilmente, maggiori costi a carico dell'erario per viaggi e permanenza. Infine, si sono considerate le esigenze complessive della distribuzione di occasioni e risorse materiali e culturali, nell'ambito di un disegno di più ampio respiro riguardante l'intero territorio nazionale. Mi riferisco, tra l'altro, anche alle scelte riguardanti l'ubicazione delle strutture penitenziarie di nuova costruzione o delle quali è progettato l'ampliamento. In definitiva, ho ritenuto che occorresse procedere, quanto meno, alla sostituzione delle sedi di Latina e Catanzaro, optando, rispettivamente, per le città di Firenze e Benevento. Ciò, naturalmente, senza nulla sottrarre al capoluogo pontino, sul quale, in particolare, si soffermano gli interroganti e che, mi auguro, sarà oggetto - mi adopererò in questa direzione, anche d'intesa, eventualmente, con gli interroganti - di sicura attenzione, in occasione delle prossime scelte di sedi per attività rilevanti per l'amministrazione della giustizia.

PRESIDENTE. L'onorevole Pedrizzi ha facoltà di replicare, per due minuti.

RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, il signor ministro giustifica la sua decisione con la mancanza di infrastrutture e di collegamenti viari e aeroportuali. Per quanto riguarda le infrastrutture, le ricordo che il comune di Latina aveva messo già a disposizione immobili e, le ripeto, aveva già sottoscritto i contratti. Già alcune società si erano dichiarate disposte a costruire l'edificio o ad affittare immobili. Le ricordo, inoltre, che è in costruzione la cittadella giudiziaria, per la quale sono stati stanziati, dal suo Ministero, 2 milioni di euro, su mia richiesta, e tale opera è già in fase avanzata di realizzazione. Le ricordo altresì che, per quanto riguarda le infrastrutture viarie, il suo sodale di maggioranza, il governatore Marrazzo, ritiene tali infrastrutture adeguate al punto di avere soppresso del tutto i finanziamenti a favore del cosiddetto corridoio tirrenico. Ci faccia capire, signor ministro: Benevento è collegata meglio di Latina, per quanto riguarda aeroporti, treni ad alta velocità ed autostrade? Ceppaloni, forse, ha un collegamento diretto con il capoluogo sannita, con il suo capoluogo di provincia.
Non mi risulta che, dalla Sicilia e dalla Calabria, si arrivi prima a Benevento,Pag. 32piuttosto che a Catanzaro. La verità è che lei, signor ministro, e il suo Governo hanno voluto penalizzare una roccaforte del centrodestra, oltre che fare una operazione clientelare, anche per rispondere alle lamentele del sindaco di Firenze. A Firenze non si aggiunge niente quanto a notorietà e a prestigio, mentre a Latina lei toglie tutto e tanto e, soprattutto, evita di darci una possibilità di sviluppo. Ma quale fiducia possono avere i cittadini nella giustizia, in questo Governo e nello Stato, quando assistiamo a provvedimenti come questo? Signor ministro, si tratta di provvedimenti con i quali si mettono alla berlina i funzionari del suo stesso Ministero, si vanifica il lavoro di indagine e di istruttoria di anni, si fanno scelte clientelari, indipendentemente da qualsiasi ragionevolezza. Ma ora, signor ministro, ci deve dire chi paga per i contratti già sottoscritti, chi paga per gli investimenti già effettuati, chi paga per la caduta di immagine determinata dal suo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

(Iniziative per contrastare l'aumento della criminalità - n. 3-00475)

PRESIDENTE. L'onorevole Lussana ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00475 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2), di cui è cofirmataria.

CAROLINA LUSSANA. Signor ministro, certamente, soprattutto dopo le sue dichiarazioni di ieri, si sentirà sollevato dall'aver appreso che l'autore del massacro di Erba non è il marocchino, marito della donna e padre del bimbo di soli due anni così barbaramente trucidati, uscito, qualche mese fa, per effetto dell'indulto. Ma, vede, per noi della Lega Nord, l'indulto resta e continua ad essere un provvedimento irresponsabile, sciagurato - voluto dal suo Governo e da tante forze politiche che siedono in questo Parlamento, certo non dalla Lega Nord - che, certamente, ha svuotato le carceri, ma facendo pagare un prezzo troppo alto ai cittadini onesti e alle vittime dei reati. Non ci sarà un caso Erba, ma vogliamo ricordare il caso dell'edicolante del Vomero, ucciso da un pregiudicato uscito con l'indulto, oppure, il caso della ragazza americana stuprata anche lei da un pregiudicato uscito con l'indulto, o ancora, il ragazzo di Napoli ucciso da un ladro uscito con l'indulto? Allora, ministro, ancora una volta, cosa intende fare lei e il suo Governo per tutelare la sicurezza dei cittadini?

PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. In risposta all'interrogazione dell'onorevole Maroni, illustrata dall'onorevole Lussana, rilevo, innanzitutto, che le ultime informazioni pongono in serio dubbio, se non addirittura escludono, che l'autore degli omicidi, avvenuti recentemente ad Erba, sia l'ex detenuto beneficiato dall'indulto, come appare anche evidente dalla rassegna stampa di oggi, che è l'esatto contrario di quella di ieri, dove tutti gli occhielli indicavano che tutto era avvenuto per colpa dell'indulto. A tale proposito, - essendo giornalista e, quindi, collega, mi rendo anche conto di come i tratti mediatici rappresentino ormai la sostanza nel nostro paese - devo dare atto al Corriere della Sera (che, ieri, assieme ad altri telegiornalisti, con molta faziosità, ha ritenuto che il «mostro» fosse l'indulto) che stamane, in un corsivo che ritengo sia a firma del direttore, ha pubblicato il seguente testo: la reiterata attitudine a caricare il provvedimento dell'indulto di valenze negative, che vanno ben al di là della sua reale portata, come se l'indulto fosse la causa di una criminalità vecchia e nuova che sconvolge l'Italia, da ben prima dell'applicazione di quel provvedimento. È sbagliato creare mostri sempre, ma anche fare di una legge un mostro. È sbagliato e troppo facile.
Voglio ricordare, onorevole Lussana, dato che sono state richiamate anche lePag. 33mie origini - preciso che sono fiero di essere nato in un paesino del sud come Ceppaloni -, che anche il mio amico Berlusconi di Arcore lo ha votato. Finite di ritenere, ogni volta, che il provvedimento relativo all'indulto sia espressione della maggioranza del Governo, perché questo «mostro», che «mostro» peraltro non è, è stato votato dai due terzi del Parlamento, da Forza Italia, dall'UDC, da qualcuno di Alleanza Nazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, La Rosa nel Pugno e Popolari-Udeur). Questa è la verità. Certamente, non è stato votato dalla Lega. Però, perché ve la prendete con il Governo? Non c'è stato un disegno di legge del Governo, il Governo ha concorso, dando il proprio contributo sul piano tecnico, dopo di che ha preso in mano la gestione dell'uscita, per quanto riguardava coloro i quali erano detenuti, ma non c'è un atto parlamentare da questo punto di vista.
Onorevole Lussana, io mio assumo le mie responsabilità: ho votato coscientemente. In quest'aula, a differenza di altri che si dicono più cattolici di me e forse lo sono, ho registrato con una forma di commozione le parole di Giovanni Paolo II. A quelle parole, al loro significato da cristiano ho fatto riferimento nell'espressione del mio voto; vorrei ricordare a coloro che fanno riferimento alle radici cristiane che l'idea cristiana è certificata dalla croce, ma vicino alla croce vi erano altre due persone di cui uno - per uno come me che ha fede e convinzione - è salito finanche in paradiso, il buon ladrone, per essere chiari. Lo dico anche a coloro che disputano sulla questione delle radici cristiane, addebitando agli altri motivazioni che non ci sono.
Devo dire la verità: prendo atto della situazione, da ieri i telegiornali massacrano l'opinione pubblica, dicendo che tutto risale all'indulto, come se tutti gli episodi che accadevano precedentemente (gli stupri, le violenze)...

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere ministro!

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. ... fossero cose diverse, mentre tutto ciò che accade oggi viene addebitato all'indulto. Onorevole Lussana, centomila persone entrano ed escono ogni anno dalle carceri, prima e dopo l'indulto. Non è colpa mia se c'è qualche matto, delinquente. C'è sempre stato e ci sarà sempre perché ciò è proprio dell'uomo in quanto tale! Per questo, come cristiano, ritengo che si tratti della fallibilità della persona umana!

PRESIDENTE. L'onorevole Lussana ha facoltà di replicare.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, signor ministro, io l'ammiro; anzi, non so se ammirarla o commiserarla, perché ormai a difendere questo provvedimento sciagurato di indulto (a mio avviso l'indulto continua ad essere un provvedimento mostruoso, visto che lei ha citato la parola «mostro»), siete rimasti solo lei, signor ministro (mi rendo conto che le è stato attribuito un dicastero scomodo) ed il Presidente del Consiglio, Romano Prodi. Abbiamo visto il mea culpa del ministro Amato, il ministro dell'interno, non un ministro qualunque! È molto preoccupato per gli effetti dell'indulto sulla criminalità! Si è parlato di un effetto indulto anche per i fatti di Napoli! Si è parlato dei rischi per la sicurezza dei cittadini! Abbiamo assistito alle lacrime di coccodrillo di Fassino e D'Alema, ma lei e Prodi continuate a difendere l'indulto. Visto l'indice di gradimento del Presidente del Consiglio, signor ministro, ci pensi bene! Non vorrei mai che anche lei venisse fischiato, magari quando si recherà a visitare il Motor Show di Bologna, piuttosto che dagli operai di Mirafiori, cosa veramente più grave!
Noi non pensiamo che tutti i mali della giustizia dipendano dall'indulto, ma vogliamo denunciare un fatto: siete al Governo ed uno dei primi atti che avete compiuto è l'approvazione di questo provvedimento di indulto...

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Con i tre quarti del Parlamento!

Pag. 34

CAROLINA LUSSANA. Scaricate la responsabilità del sovraffollamento delle carceri sui cittadini onesti, e l'avete fatto con leggerezza! Avete detto che sarebbero usciti solo i poveretti, chi si trovava in carcere per spaccio di sostanze stupefacenti, qualche ladruncolo; invece, sono usciti dei pericolosi assassini che sono tornati tante volte a commettere dei reati! Ne hanno beneficiato addirittura dei pedofili! Pensiamo che ne beneficerà addirittura Luigi Chiatti, il mostro di Foligno. Non faccia così ministro, perché, purtroppo, i rischi ci sono (Commenti del deputato Fabris) e lo sappiamo! Allora, ministro, è inutile continuare a difendere questo provvedimento!
Ci stanno ascoltando alcune mamme in Veneto che hanno visto le loro figlie uccise dai conviventi o dai fidanzati, e che hanno anche chiesto a lei di porre rimedio a questo provvedimento di indulto! Invece, lei si ostina a difenderlo, a non mettere in atto dei provvedimenti...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CAROLINA LUSSANA. ...per tutelare la sicurezza dei cittadini!
Se ne assuma la responsabilità, ministro e bene se la tenga. Sicuramente, in questo non ci vedrà complici!

(Iniziative volte a far sì che i progetti di cooperazione commerciale tra Italia e Cina siano legati a garanzie di tutela dei diritti umani - n. 3-00476)

PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00476 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

MARCO BOATO. Signor Presidente, vorrei esprimere, in primo luogo, la mia e la nostra solidarietà al ministro Mastella!

ANDREA GIBELLI. Questo non è un circo!

PIETRO SQUEGLIA. Stai zitto!

MARCO BOATO. Ministro Bonino, la Camera ieri ha affrontato con grande ampiezza...

ANDREA GIBELLI. Questo non è il circo di Boato!

MARCO BOATO. ... la questione dei diritti umani in Cina, approvando importanti documenti...

ANDREA GIBELLI. Bisogna rispettare gli argomenti!

MARCO BOATO. ...di indirizzo al Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Gibelli, per cortesia, questo attiene alla mia competenza...!

ANDREA GIBELLI. La invito a rispettare l'ordine del question time!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, vada avanti!

MARCO BOATO. Presidente, forse però lei dovrebbe nuovamente ricomputare il tempo che mi sta togliendo questo esponente della Lega che strilla. Se lei fa ripartire nuovamente il tempo, riprendo l'intervento.

PRESIDENTE. Vada avanti, onorevole.

MARCO BOATO. Grazie. La Camera ieri ha affrontato con grande ampiezza, ministro Bonino che saluto, la questione dei diritti umani in Cina, approvando importanti documenti di indirizzo al Governo.
I Verdi hanno contribuito all'arricchimento della mozione della maggioranza, soprattutto per quanto riguarda, nel quadro più generale della tutela dei diritti umani, gli aspetti concernenti i diritti dei lavoratori, la questione del dumping sociale, l'osservanza dei principi del Global Compact dell'ONU ed il rispetto non solo dei già ricordati diritti umani, ma anche delle regole ambientali.Pag. 35
Nel quadro dell'auspicato rafforzamento delle relazioni tra Italia e Cina, noi Verdi chiediamo al Governo quali impegni e indirizzi intenda seguire affinché la cooperazione commerciale sia legata a garanzie di promozione e tutela dei diritti umani, sociali ed ambientali.

PRESIDENTE. Il ministro del commercio internazionale e per le politiche europee, Emma Bonino, ha facoltà di rispondere.

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Signor Presidente, colleghi, come il deputato Boato ha ricordato, sui profili generali di questo tema avete svolto ieri un dibattito più complessivo, approvando alcuni documenti di indirizzo.
Quindi, per quanto riguarda il rapporto con la Cina (e non solo), mi soffermerò sui diritti sociali ed ambientali, operando tre distinzioni: da una parte, infatti, vi è il WTO, dall'altra vi è l'Unione europea e da un'altra ancora vi sono le competenze e le iniziative del Governo nazionale.
Per quanto riguarda il WTO, potremmo rievocare la lunga storia dei tentativi di far inserire la «clausola sociale ed ambientale» nel corso delle varie conferenze che si sono tenute. Si tratta di sforzi tutti falliti, come ricorderanno taluni colleghi, a causa non solo delle manifestazioni di scarsa solidarietà mostrate da alcuni Stati sviluppati, ma anche per la reazione dei paesi in via di sviluppo.
Infatti, questi ultimi da una parte, in buona fede, temono anche risvolti «protezionisti», ma, dall'altra, evidentemente sostengono - è «tra le righe», ma comunque risulta chiaro - che il loro sviluppo debba, in buona sostanza, utilizzare quei «vantaggi», in termini di costi sociali ed ambientali, che, come loro affermano, sono stati sfruttati da noi, paesi industrializzati, in anni precedenti. Quindi, chi ha seguito tali conferenze conosce bene il clima che si è ingenerato e che ha visto contrapposte queste diverse tendenze.
Pertanto, a livello WTO, a parte lo stallo odierno dei negoziati, ricordo che vi è sempre la speranza che, invece, si trovi una «finestra di opportunità» verso febbraio o marzo. Mi pare, tuttavia, che non vi sia una grande volontà di muoversi, ad esempio, da parte degli Stati Uniti, anche dopo lo svolgimento delle recenti elezioni. Diciamo quindi che, in ambito WTO, vi è ancora «disco rosso» su tale materia.
Noi, al contrario, abbiamo cercato di essere più «incisivi» in sede di Unione europea. Per portare un esempio, devo ricordare che, con il forte sostegno dell'Italia, l'Unione europea ha adottato, nel 2005, il regolamento sullo schema di preferenze tariffarie generalizzate, il quale prevede agevolazioni daziarie nei confronti dei soli paesi in via di sviluppo (quindi, in questo caso, potrebbe rientrare anche una vecchia definizione), nonché specifici incentivi per quegli Stati la cui legislazione nazionale incorpori la sostanza delle convenzioni fondamentali dell'ILO.
Tra gli altri aspetti, vorrei citare il lavoro minorile (anche se, evidentemente, non è l'unico), poiché il tema si è allargato sempre più verso un diritto nuovo o di nuova interpretazione, che vede i diritti sociali ed ambientali quali elementi cardine del negoziato.
Ciò è, tuttavia...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Ho terminato, signor Presidente. Come stavo dicendo, ciò riguarda un po' l'Unione europea.
Per quanto concerne l'ultimo aspetto, desidero segnalare semplicemente che l'Italia ha appoggiato molto anche la nuova Comunicazione elaborata dalla Commissione europea, al fine di cercare di garantire ai lavoratori almeno gli standard riconosciuti dalle convenzioni internazionali in materia.
Inoltre, sono...

PRESIDENTE. Signor ministro, dovrebbe concludere, per cortesia!

Pag. 36

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Ho finito, Presidente. Segnalo, in conclusione, che sono regolamentati ancora di meno i diritti ambientali cui i colleghi hanno fatto riferimento.

PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio il ministro Bonino, a cui rinnovo anche gli auguri di buon lavoro, per l'importante e puntuale (sia pure nei pochi minuti che tutti noi abbiamo a disposizione) risposta su tali questioni.
Considero importante quanto affermato sotto il profilo del lavoro in sede di WTO e delle iniziative che si potranno assumere in futuro; tuttavia, lei, ministro, ha fatto bene a denunciare il fatto che, finora, sono falliti tutti i tentativi di inserire la «clausola sociale ed ambientale» sia per colpa della contrarietà dei paesi cosiddetti avanzati, sia, purtroppo, a causa delle resistenze - magari «storicamente» comprensibili, ma non accettabili nel merito - dei paesi in via di sviluppo.
Mi auguro che questa «finestra di opportunità» (come lei l'ha definita) dei prossimi mesi di febbraio o marzo consenta di muovere dei passi avanti al riguardo. Ciò sebbene lei stessa abbia rilevato le difficoltà provenienti anche da parte degli Stati Uniti d'America, le cui recenti vicende elettorali, da una parte, e l'iniziativa che Al Gore sta conducendo sul piano internazionale sulle tematiche ambientali, dall'altra, dovrebbero, forse, indurre quel paese a cambiare atteggiamento.
Sono anche d'accordo in merito ai suoi riferimenti al ruolo importante e positivo dell'Italia sul piano europeo. Da parte nostra, come lei avrà percepito perfettamente, non vi è stato un atteggiamento di chiusura, bensì un atteggiamento di apertura nel quadro di un'azione volta al rispetto dei diritti umani, dei diritti sociali, delle regole ambientali.
Concludo ricordando l'ultimo degli impegni che è stato assunto ieri in quest'aula, anche con il nostro contributo. Mi riferisco all'impegno a sostenere in sede europea iniziative volte a promuovere nelle sedi sovranazionali competenti un nuovo sistema di regole internazionali per il rispetto dei diritti umani, sindacali e ambientali, nonché l'applicazione di regole in materia di responsabilità sociale delle imprese.
È un work in progress, è un lavoro difficile, sono conquiste passo dopo passo. Però, riteniamo giusto sottolineare l'importanza di questo impegno parlamentare e anche il sostegno all'iniziativa che lei vorrà svolgere come membro del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

(Misure per contrastare la contraffazione delle merci e per difendere il made in Italy - n. 3-00477)

PRESIDENTE. L'onorevole Gianfranco Conte ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-00477 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), di cui è cofirmatario.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, signor ministro, mi permetta di associarmi agli auguri che le sono stati rivolti dall'onorevole Boato. Infatti, obiettivamente, sul piano della lotta alla contraffazione, siamo veramente all'anno zero.
Avevamo nutrito speranze sul fatto che il percorso iniziato in relazione alle azioni per la costituzione del fondo per il made in Italy e per la revisione dell'impianto dell'ICE fossero argomenti sufficienti.
Nella scorsa legislatura, lo stesso Governo, nella persona del ministro dell'economia e delle finanze, era intervenuto con una supervisione sugli scarichi doganali effettuati nel porto di Napoli. Dopodiché, non ci sembra vi sia stata notizia di ulteriori azioni di contrasto reale all'utilizzo di marchi contraffatti.
Per carità: debbo dare atto al Governo che, in una fase successiva, ha presentatoPag. 37al Senato alcune norme che ci permettono di considerare positivo un approccio che si concretizzerà nei prossimi giorni.
Mi riservo di proseguire il mio intervento in sede di replica, dopo avere ascoltato la risposta del ministro.

PRESIDENTE. Il ministro del commercio internazionale e per le politiche europee, Emma Bonino, ha facoltà di rispondere.

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Signor Presidente, colleghi, in effetti la lotta alla contraffazione è una delle questioni più difficili e credo che chi è stato al Governo nei cinque anni passati abbia potuto constatarlo. Infatti, nonostante il grande impegno, i risultati, per la verità, non sono stati molto brillanti. Ma credo che ciò sia dovuto al fatto che, davvero, si tratta di una questione molto complessa.
Ci auguriamo che il nuovo commissario per la lotta alla contraffazione, che ha un curriculum molto adeguato a tale scopo, possa anche avere competenze maggiori per riuscire a far fronte, in parte, ad un problema che presenta diversi aspetti. Non è solo una questione di dogana e di marchi, ma anche di beni contraffatti in arrivo e prodotti in altri paesi.
Al riguardo, in applicazione di decisioni assunte nella scorsa legislatura, sono lieta di informarla che i desk anticontraffazione saranno istituiti entro la fine di dicembre. Le prove concorsuali sono terminate, il personale è stato reclutato e svolgerà un periodo di training presso il Ministero; sarà impiegato in loco, soprattutto in Cina, dove la questione è più sensibile, entro la fine dell'anno.
L'altro elemento che ci aiuterebbe molto in tale azione di contrasto è il regolamento sul made in Italy. Di nuovo, credo che voi abbiate speso molte energie in tale ambito e noi continueremo a farlo con molta testardaggine. Ma le difficoltà di oggi sono quelle che voi stessi avevate di fronte allora, ossia l'opposizione di grandi paesi europei in cui prevale l'attività del commercio, anziché quella manifatturiera. In realtà, il dossier è diventato tutto politico, perché dal punto di vista tecnico tutte le obiezioni sono state risolte.
È un problema di rapporto di forze e di rapporti di interesse. Credo sia importante - lei lo ha già ricordato, onorevole Gianfranco Conte - l'intervento che il rappresentante del Governo ha svolto al Senato, ma vi è un altro elemento che voglio aggiungere ed è l'iniziativa sul piano multilaterale e sul piano del WTO. Credo, infatti, che da tale punto di vista sia molto importante che nella ripresa dei negoziati e, soprattutto, nel settore non agricolo - ma di quest'ultimo settore tratterò successivamente, perché vi è un problema molto importante, ossia quello dell'indicazione di origine, che è un altro grande settore - abbiamo tutto l'interesse di riprendere i negoziati WTO, non foss'altro per il problema della contraffazione.
Inoltre, per quanto riguarda la contraffazione credo sia utile anzitutto la missione del vicepresidente della Commissione europea Verheugen in Cina, proprio su tale tema, nonché l'ultimo viaggio - a parte il nostro, evidentemente - del sottosegretario americano. Ciò vuol dire che tutto il mondo occidentale sta dando lo stesso messaggio. In più, credo vi sia un altro dato positivo...

PRESIDENTE. Ministro Bonino...

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Ho terminato. Dicevo che l'altro dato positivo è che le stesse autorità cinesi si rendono oggi conto che sta diventando loro interesse proteggere la proprietà intellettuale perché stanno iniziando a diventare anche loro un paese non copiatore, ma inventore, manifatturiero e produttore.
Infine, cari colleghi...

PRESIDENTE. No, ministro, dovrebbe concludere, per cortesia...

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Sto concludendo. Onorevoli colleghi, infine,Pag. 38la contraffazione avviene spesso sul nostro territorio e credo che questo sia il problema in termini quantitativi...

PRESIDENTE. Grazie, ministro.
L'onorevole Gianfranco Conte ha facoltà di replicare.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, naturalmente sono d'accordo con il ministro, quando afferma che vi sono difficoltà nell'applicazione delle norme e, soprattutto, nei rapporti tra Stati in questo settore, e quando riconosce che era stata iniziata dal Governo precedente un'azione positiva. Naturalmente, vi è anche il fatto di aver riportato, per l'anno prossimo, in un altro emendamento che sarà predisposto (e spero che saranno confermati nel maxiemendamento che sarà presentato al Senato gli emendamenti di cui stiamo parlando che, al momento, sono solo presentati e non ancora acquisiti nel maxiemendamento) anche i fondi per lo stanziamento delle sedi dell'ICE fuori dall'Italia.
Vi è da dire che francamente noi ci aspettavamo qualche risultato in più dalla missione del Governo in Cina e siamo - lo dico incidentalmente, perché è un argomento che sarà affrontato al Senato, nel dibattito sul disegno di legge finanziaria - francamente preoccupati anche dell'aspetto che riguarda la SACE. Aver cancellato 3 miliardi e mezzo di capitale sociale della stessa SACE in un altro emendamento - che la prego di andare a verificare, ministro Bonino -, presentato dal Governo al Senato, credo comporti problemi seri per la riassicurazione e per l'esportazione dei nostri prodotti verso l'estero. Che tali fondi siano utilizzati solo per coprire eventuali necessità rappresentate dalla maggioranza e, quindi, che si creino, pur positivamente, risorse da spendere, francamente ci sembra assolutamente contrario a quelli che dovrebbero essere i principi regolatori della materia. Tra l'altro, signor ministro, lei sa bene - e lo sappiamo tutti - che 20 o 26 milioni per la promozione dell'immagine del made in Italy all'estero sono francamente pochi. Generalmente, in ogni società privata si destina l'1-1,5 per cento alla promozione...

PRESIDENTE. Onorevole Gianfranco Conte...

GIANFRANCO CONTE. Ci aspettavamo un supporto ancora maggiore da un Governo che si dice proiettato verso i rapporti internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Osservazioni pubblicate da L'Osservatore Romano e dall'agenzia Sir sull'annunciato disegno di legge del Governo in tema di unioni di fatto - n. 3-00478)

PRESIDENTE. L'onorevole Poretti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00478 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).

DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, signor ministro, con la presente interrogazione chiedo di sapere lo stato dei fatti e dei rapporti tra il nostro Governo e lo Stato Vaticano, in particolare con riferimento alla vicenda del preannunciato disegno di legge sulle unioni di fatto, preannuncio che è bastato per scatenare le ire d'Oltretevere: «carattere ipocrita di queste iniziative» e «menzogne» sono state le parole usate da L'Osservatore Romano; «capriccio», quelle del cardinale Alfonso Lopez Trujillo, Presidente del Consiglio vaticano per la famiglia; «preoccupazioni per cose che non sono priorità del paese» quelle dell'agenzia stampa Sir, promossa dalla Conferenza episcopale italiana.
A fronte di ciò, molte sono state le rassicurazioni fatte pervenire, anche tramite la stampa, al Vaticano. Vorrei chiedere se esistono passi diplomatici fatti dal Vaticano nei confronti del Governo e se non si ravvede il tentativo di intromissione e di condizionamento, ancor più pericoloso perché condotto da uno Stato estero non democratico e teocratico, nelle decisioni di uno Stato democratico e non confessionale qual è il nostro.

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PRESIDENTE. Il ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Presidente, ferme restando le attribuzioni del ministro degli affari esteri in ordine ai rapporti fra gli Stati sovrani, e in questo caso fra il nostro paese e la Santa sede, credo di poter affermare che le posizioni alle quali si fa riferimento nell'interrogazione in esame sono state espresse da organi di stampa e come tali non riconducibili alla materia dei rapporti internazionali, bensì riconducibili a quelli che potremmo definire la libera manifestazione del pensiero e che chiamano in causa il rapporto tra lo Stato italiano, le sue istituzioni e la cultura cattolica.
In tal senso, credo di poter affermare che il Governo italiano si ispira al principio supremo della laicità dello Stato nell'interpretazione che costantemente viene data dalla Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 203 del 1989, la quale fra l'altro afferma che la laicità dello Stato implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato stesso per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale. In questa prospettiva, il dialogo con la cultura cattolica da parte delle istituzioni e del Governo, di quella cultura che sicuramente è costitutiva della nostra Carta costituzionale, come uscita dall'Assemblea costituente ed è un patrimonio forte e vivo della vita del nostro paese, non è soltanto proficuo e opportuno, ma risponde alle esigenze più intime dello Stato laico nell'accezione costituzionale appena ricordata. È un dialogo che, anche alla luce del Concilio Vaticano II, va ricordato come quello tra due istituzioni che hanno reciproca sovranità, una missione propria, religiosa, quella della Chiesa, e civile, quella dello Stato e della comunità politica, ma che tra di loro devono dialogare e collaborare nella ricerca del bene comune e nel servizio alla dignità della persona umana.
Vorrei rassicurare qui l'interrogante che il Governo attuerà il proprio programma, quello con il quale ha vinto le elezioni, nella consapevolezza che ciò rappresenti un sereno punto di incontro del pluralismo culturale ed etico del nostro paese, nonché l'attuazione della nostra Carta costituzionale, quella sì - non soltanto l'agenzia di stampa Sir - che riconosce un plusvalore alla famiglia fondata sul matrimonio fino a parlare esplicitamente di diritti della famiglia, ma al tempo stesso riconosce e tutela i diritti delle persone, come singoli e nelle formazioni sociali, e quindi come tali facenti parte anche di unioni civili o di convivenze di fatto, ai quali legano i loro rapporti affettivi.

PRESIDENTE. L'onorevole Poretti ha facoltà di replicare.

DONATELLA PORETTI. La ringrazio della risposta e mi dichiaro soddisfatta in merito alla rassicurazione che il Governo non intende farsi dettare la linea politica dal Vaticano. La ringrazio anche per le parole circa il necessario dialogo con alcune religioni, non credo, infatti che solo quella cattolica sia da prendere in considerazione, ma sicuramente anche le altre fedi e religioni che vengono professate in Italia.
Colgo anche l'occasione per ricordare che, comunque, noi continueremo a vigilare e a seguire con attenzione queste vicende, auspicando che tale atteggiamento di indipendenza e di netta separazione, tra il proprio credo e le leggi dello Stato, valga anche per altre materie e per altre leggi che dovremo accingerci ad affrontare in materia di bioetica, in particolare riguardo al testamento biologico, all'eutanasia, all'accanimento terapeutico, all'aborto, alla ricerca scientifica e alle parole di ieri del Capo della Chiesa cattolica romana, Benedetto XVI.
Nelle sue parole, intravedeva addirittura un attentato alla pace, in una serie di comportamenti che sono normati dalle nostre leggi o che potrebbero esserlo in futuro: aborto, ricerca sugli embrioni, eutanasia.Pag. 40
Vigileremo su questo, anche perché è proprio di oggi la notizia di una protesta ufficiale del Vaticano contro il nostro Governo, in merito al lancio dei volantini durante il passaggio di Papa Benedetto XVI per le strade di Roma, volantini lanciati dalle finestre della redazione del quotidiano il manifesto; essi recitavano: Papa, lasciarci in pacs.
Crediamo che la libertà di parola valga per tutti, anche per chi, lanciando i volantini, ha sentito il bisogno di ricordare che siamo in uno Stato non confessionale, democratico, e non in uno Stato teocratico e non democratico.

(Ordine di priorità tra il tema delle coppie di fatto ed i problemi delle famiglie italiane - n. 3-00479)

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volontè n. 3-00479 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmataria.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, non c'è bisogno di ricordare al ministro Bindi che la famiglia è il nucleo fondamentale della società. Non lo diciamo solo noi, ma la nostra Costituzione e, soprattutto, dichiarazioni internazionali, dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo alla Dichiarazione fondamentale dei diritti dell'uomo, in cui si dice che la famiglia è ambiente naturale e nucleo fondamentale, richiamando quella naturalità della famiglia che qualcuno vuole negare e legandola semplicemente ad un fatto culturale. Sappiamo che non è così, perché è ben altro.
In questo contesto, si parla delle coppie di fatto. Sappiamo, anche da indagini che non sono state smentite, che le coppie di fatto, in gran parte, sono «di fatto» perché è conveniente, altrimenti perderebbero alcuni benefici dello Stato e perché sono in attesa di matrimonio, quindi, il matrimonio non è negato (sono coppie di fatto per modo di dire) e sono un quantità irrisoria rispetto ai 22 milioni di famiglie italiane. Hanno già moltissime tutele, non ultima quella di avere la precedenza, quando si scrivono i figli all'asilo e quando si devono avere assegnazioni...

PRESIDENTE. Onorevole Capitanio Santolini, deve concludere...

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Allora, chiediamo al Governo cosa si intenda per estensione dei diritti eventuali e se non sia il caso di pensare prima alle famiglie che sono numerose e che non sono state aiutate neanche da questa legge finanziaria.

PRESIDENTE. Il ministro per le politiche della famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Signor Presidente, vorrei rassicurare l'onorevole Capitanio Santolini ed il suo gruppo politico che questo Governo ha a cuore i 22 milioni di famiglie italiane ed i 58 milioni di italiani.
È la prima volta che è stato nominato un ministro per la famiglia, ma vorrei anche richiamare le importanti scelte che sono state compiute in questo disegno di legge finanziaria a favore della famiglia, non solo perché è previsto, per la prima volta, esplicitamente, un fondo, non solo perché il fondo per le politiche sociali è stato riportato ad un miliardo di euro, non solo perché è stato istituito un fondo per la non autosufficienza, ma anche perché, in questo disegno di legge finanziaria, ben tre miliardi sono favore delle famiglie con reddito medio-basso, delle famiglie con figli, consistenti in detrazioni fiscali ed assegni familiari.
In questo disegno di legge finanziaria, per la prima volta, c'è un piano per la costruzione di asili nido che darà risposte vere agli obiettivi di Lisbona. Sono previsti: il rilancio dei consultori, provvedimenti in favore delle famiglie numerose e protezione della maternità per le lavoratrici precarie. Insomma, è una finanziaria che vuole dare attuazione all'articolo 29 della Costituzione che parla esplicitamente di diritti della famiglia, prevedendo, daPag. 41questo punto di vista, una serie di misure che potremo anche definire volte a realizzare una solidarietà tra le generazioni che, proprio nella famiglia, trovano il loro punto d'incontro.
Detto questo, è altrettanto chiaro ed evidente che la nostra Carta costituzionale, così come riconosce un plusvalore alla famiglia fondata sul matrimonio, naturalmente ci spinge e vuole che non vengano discriminate le persone che compiano altre scelte di vita...
Sono scelte di vita che noi non intendiamo equiparare alla famiglia fondata sul matrimonio, ma allo stesso tempo non vogliamo siano fonte di discriminazioni per le stesse persone in relazione al riconoscimento dei loro diritti individuali. Infatti, il primato della nostra Carta costituzionale è la persona, l'individuo che cresce e sviluppa la sua personalità nelle formazioni sociali, delle quali la famiglia non è la sola a far parte.
Del resto, l'interrogazione dell'onorevole Santolini fa esplicito riferimento ad alcuni diritti che sarebbero già riconosciuti ad alcuni convinventi more uxorio. Vorrei far presente che molti di questi diritti sono riconosciuti dalla giurisprudenza, ma non dalla legislazione. Mi sento autorizzata dalla vostra interrogazione a trasferire dalla giurisprudenza consolidata alla legislazione quegli stessi diritti. Si veda, ad esempio, la possibilità di assistenza in ospedale o di subentrare nel contratto di affitto. Inoltre, credo che si debba superare quella discriminazione che ancora esiste tra i figli nati nel matrimonio e quelli nati fuori dal matrimonio.
Il Governo lavorerà con questo spirito: non equiparazione con la famiglia fondata sul matrimonio e non discriminazione delle persone.

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di replicare.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevole ministro, la fantasia mi sembra sia al centro di questa risposta. Purtroppo non è fantasioso quanto abbiamo ascoltato prima di questa interrogazione, cioè il tentativo, da parte di una forza politica della sua maggioranza, di usare parole e di dimostrare come sia sotto scacco il diritto di opinione del Santo Padre e del Vaticano. Invece di ascoltare parole di dispiacere per quanto accaduto con i volantini de il manifesto, stiamo cercando di discutere circa le opinioni di un cardinale dello Stato Vaticano (Commenti della deputata Poretti). Lei sa, onorevole ministro, che qualche minuto fa è stato reso noto il maxiemendamento e da quest'ultimo sono stati tolti 60 milioni di euro per il fondo famiglia, tanto per renderci conto di come vengono trattati i 22 milioni di italiani che hanno una famiglia nel nostro paese.
Lei sa che nelle interrogazioni che seguiranno molti esponenti dei partiti d'ispirazione comunista chiederanno che ci siano riconoscimenti pubblici per i Pacs degli omosessuali, alla Zapatero, come se lo Stato dovesse verificare cosa accade nella stanza da letto privata delle persone. Noi difendiamo la famiglia, la legittimità di cittadinanza dei valori cristiani, la nostra Costituzione, come in quest'aula Nilde Jotti e Togliatti la difesero nel dibattito dell'Assemblea costituente.
Non esistono obblighi europei, lei lo ha detto bene ed io lo voglio ripetere: non ci sono direttive che obbligano i paesi membri dell'Unione europea a legiferare a favore delle unioni omosessuali o dei Pacs. Tutti sappiamo - lo abbiamo ascoltato e lo ascolteremo dopo la nostra interrogazione - che la vera intenzione coincide con quella del modello Zapatero.
Dunque, onorevole ministro Bindi, c'è bisogno di un auspicio: che anche su questo provvedimento si formi lo stesso schieramento di laici e di cattolici che si trovò in questo Parlamento con riferimento alla legislazione sulla fecondazione, poi ribadita anche dal popolo italiano. Difendiamo la famiglia e non inventiamoci diritti individuali che sono già riconosciuti e riconoscibili attraverso il codice oggi vigente nella nostra nazione (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

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(Iniziative normative volte ad equiparare il convivente more uxorio al coniuge superstite beneficiario della Croce d'onore alla memoria del congiunto caduto - n. 3-00480)

PRESIDENTE. L'onorevole Bellillo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00480 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).

KATIA BELLILLO. Ministro, noi Comunisti, come parlamentari, riteniamo doveroso riconoscere il beneficio della Croce d'onore nei confronti di Adele Parrillo, la compagna di Stefano Rolla ucciso a Nassiriya nel 2003 in un attentato.
Adele e Stefano erano una famiglia perchè vivevano e lavoravano insieme e si amavano. Adele era la compagna di Stefano. Se il loro amore è stato ucciso, lo Stato non ha nessun di diritto di negarlo, come purtroppo sta avvenendo. La sofferenza e le umiliazioni subite e denunciate da Adele ci ripropongono un tema che è quello del diritto della coppia di fatto ad essere riconosciuta come famiglia e che mi auguro il Governo possa affermare quanto prima.
In attesa di questo atto, che accompagnerebbe l'Italia nel difficile percorso di trasformarsi finalmente in una vera Repubblica laica e democratica, le chiedo se non ritiene di intervenire per modificare la legge sul conferimento della Croce d'onore alle vittime di atti di terrorismo, prevedendo tra i beneficiari anche il convivente, come già accade per tante categorie di cittadini, compresi noi parlamentari.

PRESIDENTE. Il ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Credo che, di fronte al caso concreto che veniva ricordato dall'onorevole Bellillo e alla dolorosa storia che riguarda in maniera particolare una donna e i suoi legami affettivi (la perdita del suo compagno di vita), si debbano sempre avere sentimenti di grande rispetto e comprensione. Inoltre, occorre ricordare soprattutto alle istituzioni che in situazioni particolarmente dolorose - come quella della perdita di una persona cara, dello svolgimento delle esequie, del conferimento di onorificenze - debba sempre essere prestata una particolare attenzione a chi è legato da rapporti affettivi, a prescindere dal riconoscimento giuridico degli stessi, volti anche a superare eventuali conflitti che tra gli stessi affetti si siano verificati durante le vicende. Questa donna è un po' il simbolo anche di situazioni che questo Governo intende prendere in considerazione; anzi, farà la sua parte perché, poi, sia il Parlamento ad operare, a lavorare, a dare piena attuazione al dettato del nostro programma, che parla di esplicito riconoscimento dei diritti delle persone che fanno parte di unioni civili, fermo restando il plusvalore della famiglia fondata sul matrimonio.
Naturalmente, l'invito a lavorare è rivolto a tutto il Parlamento, anche a quel gruppo politico che fino ad un attimo fa invocava il dialogo fra laici e cattolici, che noi ci auguriamo si verifichi davvero in questo Parlamento, senza steccati da parte di nessuno, ma alla ricerca della comprensione profonda del comune volere del nostro paese e di quella sintesi etica che guida la vita di tutti i giorni in questo nostro paese. Per quanto riguarda l'intervento normativo al quale fa esplicito riferimento l'onorevole Bellillo, credo che dalla normativa di carattere generale potremmo trarre indicazioni che potranno illuminare, in qualche modo, anche le singole parti dell'ordinamento, compreso quello militare, e, perché no, anche mettere mano al riordino di questa materia - ricordo, tra l'altro, che il Governo precedente non esercitò questa delega, che prevedeva appunto il tentativo di uniformare il comportamento nei confronti di quanti sono legati da rapporti giuridici o affettivi alle vittime di guerra e di terrorismo in patria o all'estero -, ritenendo che questaPag. 43normativa sia parziale, incompleta e spesso al suo interno presenti delle contraddizioni che, forse, vanno sanate.
Credo che all'interno di questo lavoro - da una parte, la normativa sulle unioni civili e, dall'altra, il riordino della materia - sarà possibile dare anche la risposta concreta al caso che è stato posto, fermo restando che le leggi hanno sempre carattere generale, mentre le fattispecie umane, i casi concreti sono molto ma molto più numerosi e sono sicuramente sempre nuovi rispetto a quanto la normativa possa fare ed adeguarsi ad essi.

PRESIDENTE. L'onorevole Bellillo ha facoltà di replicare, per 2 minuti.

KATIA BELLILLO. Grazie, signora ministro. Conosco la sua sensibilità e la risposta alla mia interrogazione è in sintonia con la sua personalità. Possiamo confermarle che insieme ad Adele Parrillo e a tante persone che, come lei, si trovano nella sua condizione, noi Comunisti le saremo a fianco in questo Parlamento perché siamo impegnati in una battaglia che consideriamo di civiltà, per far sì che in Italia si cancelli la discriminazione verso le famiglie che, per le più diverse motivazioni, non vogliono accedere all'istituto del matrimonio civile. A noi rappresentanti del popolo spetta il dovere di garantire, attraverso la legge, il rispetto della libertà e delle scelte individuali di vita dei cittadini, la responsabilità di non caratterizzare in modo ideologico il nostro impegno legislativo, affinché i comportamenti morali o religiosi di una parte non si trasformino in reati per tutti.
Vede, signora ministro, sono d'accordo con lei, la forza della laicità, il suo valore, che noi Comunisti difendiamo con forza, sta nel fatto che essa è il limite alle libertà di ciascuno.
Dovere di uno Stato, laico e democratico, è quello di vigilare, di intervenire perché nessuno possa imporre i propri precetti religiosi, il proprio impianto etico e ideologico.
Un paese laico e democratico ha il dovere di sostenere la famiglia, al di là dei comportamenti etici dei singoli e dei nuclei, ma riconosce in ogni caso il lavoro di cura che le famiglie svolgono; la famiglia di Adele Parrillo e di Stefano Rolla aveva in sé, soprattutto, lo sforzo della cura, dell'amore e del rispetto reciproco.

(Iniziative volte a garantire un riconoscimento di carattere pubblicistico delle coppie di fatto - n. 3-00481)

PRESIDENTE. L'onorevole De Simone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00481 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).

TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, ministro, il Governo si è impegnato - mi auguro mantenga questo impegno - a presentare entro gennaio un progetto di legge sulle unioni civili che tenga conto delle ultime sentenze della Corte costituzionale in materia di riconoscimento di diritti alle coppie conviventi, come nel caso di Adele Parrillo che abbiamo appena seguito.
Stiamo parlando di 2 milioni di persone e l'Italia è l'unico paese europeo a non avere una legge che riconosca giuridicamente le coppie di fatto omosessuali ed eterosessuali, sancendo pari dignità e diritti a tutti coloro che scelgono di costruirsi una vita insieme, al di fuori del vincolo del matrimonio.
Parliamo di diritti patrimoniali, reversibilità della pensione, diritti fiscali, assistenza sanitaria: non si toglie niente a nessuno, ma si aggiungono diritti a chi non ne ha. Su questo punto il programma dell'Unione contiene un impegno a legiferare e vi è un dibattito che ci preoccupa perché prevalgono ideologismi, come abbiamo sentito anche oggi pomeriggio in quest'aula.
Apprendiamo dai giornali che vi è un'idea di progetto di legge già pronta, quindi vogliamo sapere - lo chiediamo a lei che ha la delega assieme al ministroPag. 44Pollastrini - come il Governo intenda regolamentare il riconoscimento di carattere pubblicistico delle coppie di fatto omosessuali ed eterosessuali.

PRESIDENTE. Il Ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Signor Presidente, vorrei far sapere a chi ci ascolta da casa che, al contrario di ciò che ha detto l'onorevole Volontè, non vi è stata nessuna decurtazione sul fondo per la famiglia. Francamente usare questo momento, che dovrebbe servire a spiegare, per fare confusione è abbastanza grave (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori e Comunisti Italiani).
Detto questo, accolgo volentieri quest'ulteriore interrogazione che ci consente di approfondire meglio l'argomento.
Vorrei ribadire che il Governo si è impegnato con un ordine del giorno che, al di là del regolamento del Senato, vede l'impegno politico da parte dello stesso Presidente del Consiglio. In ogni caso, vorrei anche ribadire che il Governo intende presentare un disegno di legge che attuerà il punto del programma con il quale si è presentato agli elettori.
L'Unione proporrà il riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto. Al fine di definire natura e qualità di un'unione di fatto non è dirimente il genere dei conviventi né il loro orientamento sessuale. Va considerato, piuttosto, quale criterio qualificante, il sistema di relazioni sentimentali, assistenziali, di solidarietà, la loro stabilità e volontarietà.
Checché se ne dica questo punto del programma è molto chiaro e questo mi consente di dire con molta franchezza all'onorevole De Simone, la quale mi ha fatto una domanda precisa sul riconoscimento delle unioni di fatto, che il nostro programma non parla di riconoscimento delle unioni civili e delle coppie di fatto, ma del riconoscimento dei diritti delle persone che fanno parte delle unioni civili.
Questa è una situazione di fatto, che non potremo non accertare, dalla quale il disegno di legge del Governo farà discendere diritti e prerogative perché vi è, chiaramente, l'intenzione profonda di rispettare la nostra Carta costituzionale che fa esplicito riferimento alla famiglia fondata sul matrimonio, ma non prevede equiparazione esplicita ad altre forme. Diverso è l'impegno a superare il fatto di far parte di una convivenza di fatto, qualunque forma di discriminazione rispetto all'accesso anche ai servizi.
Detto questo, è presto per dire quale sarà il contenuto del nostro sforzo come Governo. È noto a tutti che siamo una compagine governativa molto pluralista, dentro la quale vi sono tutte le sensibilità presenti non solo nella maggioranza ma credo, dopo quello che abbiamo ascoltato, anche da parte di alcuni esponenti dell'opposizione in questo Parlamento. Il Governo farà un primo tentativo di sintesi che intende offrire al Parlamento perché sia il Parlamento, nella sua sovranità e nella capacità di incontro e di dialogo con tutti i gruppi parlamentari, a realizzare per il paese una legge rispettosa del pluralismo culturale del paese stesso.

PRESIDENTE. L'onorevole De Simone, alla quale ricordo che ha due minuti a disposizione, ha facoltà di replicare.

TITTI DE SIMONE. Ministro, noi apprezziamo il lavoro che lei ed il Governo state facendo perché il Parlamento è indietro rispetto al paese, ma anche in modo ipocrita, considerato che oggi il 25 per cento dei deputati usufruisce dell'estensione di benefit al partner eterosessuale more uxorio. Questo Parlamento, purtroppo, non parlerà di proposte di matrimonio gay né di PACS, ma non si può nemmeno andare al di sotto della soglia della decenza. Non si può fare una legge qualsiasi, magari risolvendola con contratti privati. Non sarebbe né serio, né rispettoso.
Noi pensiamo ci si debba far carico di un principio essenziale: il rispetto degli articoli 2 e 3 della Costituzione che sanciscono l'uguaglianza dei cittadini ed ilPag. 45riconoscimento delle diverse formazioni sociali. Queste oggi sono le numerose unioni e famiglie che si affiancano a quella tradizionale senza togliere niente a nessuno. Quindi, il Governo deve occuparsi dell'equiparazione dei diritti e del riconoscimento pubblico delle unioni omosessuali, perché solo questo carattere pubblicistico sancisce il riconoscimento sociale ed un principio di non discriminazione per coloro che non possono sposarsi. Infatti, nei diritti delle persone c'è innanzitutto quello di essere considerati cittadini a tutti gli effetti: stessi diritti, stessi doveri.
Al fondo di questa discussione, se mi è consentito, c'è qualcosa di insopportabile, ancorché velato, ovvero la presunzione di inferiorità, di indegnità verso l'unione di due persone dello stesso sesso, fatto largamente accettato nella società, ma che molti qui dentro vorrebbero relegato ancora alla clandestinità ed a un diritto di serie inferiore, anche con una dose di doppia morale. Se qualcuno ha questa idea, anche dentro l'Unione - e mi riferisco ad alcune dichiarazioni in salsa «teodem» - noi le consideriamo apertamente da contrastare. Va bene il dialogo, ma senza cedere sul principio della laicità, dell'uguaglianza e del rispetto della vita delle persone.
Vogliamo un confronto ampio, aperto, che coinvolga innanzitutto i movimenti, chi è portatore di quest'istanza di civiltà che crediamo debba mobilitarsi. Crediamo che questo Governo debba ricucire la separatezza tra il paese reale e la politica, costruire una sintonia. Se l'Unione non ascoltasse e voltasse la testa dall'altra parte farebbe un errore che non potremmo condividere per il bene di un paese che vogliamo più civile per tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani e di deputati del gruppo L'Ulivo).

(Contenuti di un'intervista del Cardinale Trujillo, presidente del Consiglio vaticano per la famiglia - n. 3-00482)

PRESIDENTE. L'onorevole Del Bue ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00482 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9).

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, il ministro Bindi ha in parte già risposto quest'oggi sulle colonne del Corriere della Sera al quesito che le ho rivolto alla luce della lettura dell'intervista del cardinal Trujillo allo stesso giornale pubblicata l'11 dicembre. In tale intervista si parlava di un attivo scambio di opinioni tra lei e lo stesso cardinale, di un incontro che si è svolto nella Città del Vaticano e di un altro incontro che si sarebbe dovuto svolgere al suo Ministero per discutere le questioni più calde sul tappeto, in particolare le vicende della famiglia e, probabilmente, la legge sulle coppie cosiddette di fatto. A questa intervista è seguito - l'avrà sicuramente letto - sul quotidiano Libero un fondo di un giornalista di estrazione cattolica, Antonio Socci, che definiva l'intervista del Cardinal Trujillo come un'indebita ingerenza della Chiesa nelle questioni dello Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Del Bue...

MAURO DEL BUE. Lei, giustamente, riprende oggi il tema definendola soltanto una consultazione. Le chiedo se intenda consultare, però, anche altre religioni, quelle minori, e se per caso intenda consultare anche i gruppi parlamentari che, al di là delle collocazioni di maggioranza ed opposizione, su tali questioni...

PRESIDENTE. Onorevole Del Bue, dovrebbe concludere...

MAURO DEL BUE. ...hanno sensibilità ed atteggiamenti non conformi agli schieramenti tradizionali.

PRESIDENTE. Il ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Il mio confronto con il Parlamento è avvenuto quando ho presentato il mio programma nelle CommissioniPag. 46competenti. Sono disponibile a partecipare ai lavori di qualunque Commissione per esporre il programma che, peraltro, su questo punto era già molto chiaro e sul quale si registrò una certa convergenza anche di alcuni esponenti dell'opposizione, oltre che di tutta la maggioranza.
Detto questo, vorrei rassicurare non solo lei ma anche l'editorialista Socci, in quanto ho semplicemente pensato - essendo ministro di giovane istituzione, anche se non più di giovane età - che fosse mio dovere conoscere le esperienze di tutti i paesi; quindi, sto incontrando i ministri della famiglia di tutti i paesi europei. Poi mi recherò anche in Giappone, che ha la nostra stessa struttura demografica nonché i nostri stessi problemi di natalità e di invecchiamento della popolazione.
In tale contesto, ho ritenuto doveroso e corretto - e l'ho fatto alla luce del sole, tant'è vero che vi è stato un comunicato stampa - incontrare anche quello che potremmo definire il ministro della famiglia della Città del Vaticano - mi riferisco al cardinal Trujillo, presidente del Consiglio Vaticano per la famiglia - per illustrargli i nostri punti sul programma per la famiglia e per approfondire - come ho fatto con altri ministri - anche con il cardinal Trujillo alcuni aspetti sui quali la Santa Sede è al lavoro in organismi internazionali, quali il Consiglio d'Europa, le Nazioni Unite e tutte le agenzie internazionali.
Tutto ciò in quel rapporto di sana laicità che il nostro Presidente della Repubblica ha ben ricordato in quest'aula quando ha giurato sulla Costituzione e in occasione della recente visita che ha svolto in Vaticano.
Infatti, quando le istituzioni si connotano per avere quale fine la dignità della persona umana e il rispetto dei suoi diritti, ritengo sia assolutamente doveroso, pur nella reciproca autonomia, una sana e forte collaborazione. La laicità non è separatezza, non è ignoranza reciproca, non è indifferenza, ma collaborazione tra le istituzioni. E, per quanto mi riguarda, anche con altre religioni, fermo restando che ci troviamo di fronte a religioni che sono strutturate ed organizzate in Stati, con i quali abbiamo stipulato un Concordato, l'ultimo firmato dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi. Pertanto, in questo paese, vi è una tradizione di rapporto di laicità che intendiamo confermare serenamente e senza anatemi reciproci.
Detto ciò - visto che questa è la quinta interrogazione sull'argomento -, vorrei invitare il Parlamento e la nostra maggioranza, che sostiene il Governo, ad affrontare il tema con la consapevolezza che normare i diritti delle persone che fanno parte delle coppie di fatto non vuol dire togliere niente alla famiglia e che, al tempo stesso, ci troviamo di fronte alla necessità di tutelare un diritto di minoranze verso le quali il Governo ha l'obbligo di non lacerarsi, in quanto occorre risolvere questioni economico-sociali di grandissima importanza per il bene ed il futuro del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. L'onorevole Del Bue ha facoltà di replicare.

MAURO DEL BUE. Prendo atto con piacere delle precisazioni rese dal ministro Bindi; non sono d'accordo tuttavia con l'ultima affermazione del ministro, vale a dire l'appello alla sua maggioranza.
Vede, signor ministro, vi è stato un momento nella storia di questo paese e di questo Parlamento nel quale la Democrazia cristiana e il Partito socialista governavano il paese e, pur trattandosi di un Governo costituito da partiti di diversa ispirazione - uno socialista-liberale e l'altro cattolica -, furono adottate decisioni importanti e trasversali, che hanno fatto crescere la coscienza civile e democratica di questo paese, come la legge sul divorzio e quella sull'aborto.
Quindi, basta con il discorso maggioranza e minoranza, cerchiamo di approvare leggi laiche! E, per quanto ci riguarda, noi - anche se siamo in pochi - metteremo a disposizione la nostra esperienza, la nostra cultura e i nostri votiPag. 47(Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

(Iniziative normative sull'utilizzo degli impianti per il rifornimento domestico di metano per autotrazione nonché in materia di stazioni di rifornimento per il gas naturale - n. 3-00483)

PRESIDENTE. L'onorevole Brugger ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00483 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10).

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, signor ministro, credo che il tema dell'utilizzo di autoveicoli alimentati a gas metano sia di grande attualità, proprio al fine di ridurre l'inquinamento atmosferico derivante dall'eccessivo traffico nei centri urbani.
Giustamente la Commissione europea ritiene il metano l'unico carburante alternativo nel campo dell'autotrazione, con un potenziale di penetrazione di mercato superiore al 5 per cento. Utilizzando, infatti, il metano si riducono le emissioni inquinanti fino all'90 per cento, quelle di CO2 del 20 per cento e (effetto non secondario) il metano costa al consumatore dal 50 al 70 per cento in meno dei carburanti tradizionali.
Chiedo, pertanto, quale obiettivo il Governo persegue riguardo alla normativa sull'utilizzo di impianti per rifornimento domestico di metano e se non intenda rivedere e portare agli standard europei le normative in materia di stazioni di rifornimento per i gas, ivi compresa l'autorizzazione per i self service e per le colonnine multidispenser.

PRESIDENTE. Il ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, si tratta effettivamente di un tema di grandissima attualità. In premessa sottolineo che nel decreto-legge di ottobre, già convertito, abbiamo introdotto norme per incentivare e promuovere l'utilizzo del gas metano per autotrazione e del GPL. In particolare, in queste norme vi sono una riduzione dell'accisa, l'incentivo per la trasformazione delle auto, la possibilità per le regioni di esentare dalla tassa automobilistica regionale i veicoli nuovi o trasformati a doppia alimentazione. Nel disegno di legge finanziaria, inoltre, abbiamo inserito ulteriori misure di riduzione dell'accisa a favore del gas metano per autotrazione.
Per quel che riguarda le tecnologie per il rifornimento domestico, vi sono prospettive molto interessanti, che vanno, tuttavia, approfondite sotto il profilo della sicurezza e, prioritariamente, debbono trovare una verifica ed una regolamentazione attraverso adempimenti di competenza del Ministero dell'interno. Ciò vale anche per le modalità di self service, che devono essere vagliate sotto lo stesso profilo. Siamo molto interessati a che le istruttorie tecniche, in sede di Ministero dell'interno, siano realizzate con efficacia e rapidità.
Per quanto attiene alla rete distributiva dei carburanti, il nostro piano di ammodernamento della rete, approvato nel 2001, prevede che le tipologie di riferimento per i nuovi impianti di distribuzione dei carburanti siano multiprodotto, cioè in grado di garantire la fornitura di tutti i carburanti, compresi il GPL ed il metano. Naturalmente, è un piano di linee guida, in cui vi sono competenze regionali e le regioni, in alcuni casi, hanno recepito tali linee guida con adattamenti forse non sempre adeguati all'obiettivo.

PRESIDENTE. L'onorevole Brugger ha facoltà di replicare.

SIEGFRIED BRUGGER. Ringrazio il ministro per la sua risposta che considero pienamente soddisfacente. Ritengo che lei abbia detto, in tre minuti, molto di più di quanto non si è sentito per molti anni. Ricordo che l'Italia vanta un'importante tradizione nel settore del metano per autotrazione. Già a partire dagli anni Trenta, l'industria italiana ha sviluppato un notevolePag. 48know how in materia e, oggi, potremmo essere all'avanguardia, anche se, purtroppo, non lo siamo. Le normative sono vecchie e, dagli anni Settanta, non si è più avuto un progresso nel settore.
Come lei ha ricordato, oggi, non vi sono molte stazioni di rifornimento, ma l'importante è metterle in condizione, attraverso i multidispenser, di divenire - diciamo così - un incentivo per il consumatore ad acquistare automobili che utilizzano questa tecnologia, essendovi poi il distributore dove rifornirsi.
In Germania hanno iniziato soltanto alla fine degli anni Novanta con la sperimentazione del metano per autotrazione e, oggi, vi sono più di settecento stazioni di rifornimento. È un dato importante e, peraltro, si tratta di quasi tutti self service con colonnine di carburante diesel e benzina. Da questo punto di vista il ministro ha fornito notevoli riassicurazioni.
In provincia di Bolzano cerchiamo, in modo forte, di invertire la rotta e, per quanto di nostra competenza, di agevolare al massimo l'utilizzo del gas metano per autotrazione.
Sarà interessante proseguire per questa strada, ovviamente garantendo gli standard di sicurezza, la cui conformità con i più alti standard è oggi garantita e certificata dai più rigorosi e rinomati istituti internazionali. Pertanto credo che occorra andare avanti su questa strada.

(Vigilanza sulle società cooperative - n. 3-00484)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Ulizia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00484 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

LUCIANO D'ULIZIA. Presidente, onorevole ministro, le imprese cooperative hanno molti meriti: creano occupazione, sviluppo economico, danno la casa a chi non se la può permettere e sviluppano nel loro complesso la solidarietà. Esse hanno anche una capacità di autogestione e di autoregolamentazione. Pur tuttavia, la legge, a differenza che per le altre tipologie di imprese, dispone attraverso controlli una revisione permanente: alcune imprese sono sottoposte a revisione annuale, altre ad una revisione biennale, e per quelle che non rispettano la legge vi è l'istituto della liquidazione coatta o del commissariamento. Vi è quindi una differenza sostanziale tra il trattamento che subiscono le imprese cooperative e quello che subiscono invece le imprese ordinarie.
La nuova legislazione prevede...

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole D'Ulizia.

LUCIANO D'ULIZIA. ...che vi siano dei controlli. Noi abbiamo quindi presentato questa interrogazione per capire come vengono svolti tali controlli.

PRESIDENTE. Il ministro dello sviluppo economico Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. In virtù del decreto legislativo n. 220 del 2 agosto 2002 c'è la possibilità per il ministero di avvalersi, a proposito di questi controlli, sulla base di apposite convenzioni, di revisori delle associazioni nazionali, per l'attività di revisione nei confronti delle cooperative non aderenti ad alcuna associazione nazionale. Questa facoltà non è stata mai esercitata, in quanto dopo il trasferimento delle competenze in materia di cooperazione dal Ministero del lavoro a quello dello sviluppo economico sono state stipulate le convenzioni fra i due ministeri, in virtù delle quali sono gli uffici periferici del Ministero del lavoro a continuare ad effettuare, per conto del Ministero dello sviluppo economico, l'attività di revisione.
Nelle ultime due convenzioni del 2006 sono stati aggiornati i termini degli accordi fra i ministeri ed è stata rilanciata l'attività di vigilanza di questi uffici periferici. Noi contiamo che possa esserci un miglioramento dell'efficienza delle revisione sulle società cooperative che non aderiscono ad associazioni nazionali (sono la metà delle quasi 70 mila complessive),Pag. 49anche attraverso un monitoraggio del numero delle revisioni cooperative effettuate ed una verifica dell'efficienza delle revisioni effettuate dalle associazioni nazionali.
Con riferimento alla possibilità che una cooperativa, pur non aderendo ad alcuna associazione nazionale, possa essere revisionata da una di queste associazioni, attraverso il versamento del contributo di vigilanza, la questione è stata esaminata dagli uffici - salto i passaggi tecnici molto complessi - e la conclusione in termini giuridici è la seguente.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 16,18)

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Lo scopo del decreto legislativo a cui facevo riferimento è quello di assicurare la vigilanza su tutti gli enti cooperativi associati revisionati dalle associazioni e non revisionati dallo Stato. Ciò che avvalora la volontà di una cooperativa di assoggettarsi alla revisione di un'associazione non è tanto il versamento del contributo, bensì la scelta di adesione decisa dall'organo competente di aderire all'associazione medesima.
Solo da questa scelta scaturisce l'obbligo per la cooperativa al versamento dei contributi biennali da parte dell'associazione di revisione. Su questa interpretazione tecnica a fine novembre ha concordato all'unanimità, esprimendo un parere peraltro non vincolante, anche la commissione centrale per le cooperative, che è un organo consultivo del ministero.

PRESIDENTE. Mi sembrava di averla già sentita qualche ora fa, signor ministro (Commenti del ministro Bersani)...!
L'onorevole D'Ulizia ha facoltà di replicare.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor ministro, mi ritengo soddisfatto solo in piccola parte e cercherò comunque di spiegare i motivi, anche se il tempo a disposizione è insufficiente. In effetti, mentre le imprese cooperative associate alle centrali vengono quasi tutte revisionate, con una percentuale vicina al 90 per cento, quelle non aderenti, che dovrebbero essere revisionate dallo Stato tramite la convenzione da lei citata, raramente sono soggette a tale procedura. Sono così emersi casi di cooperazione spuria che registriamo abbastanza frequentemente. Quindi, la convenzione da lei citata tra il Ministero dello sviluppo economico e quello del lavoro non funziona. Allora perché il Governo e il ministero non accedono alla convenzione con le centrali che hanno dimostrato un grado maggiore di efficienza e controllo delle imprese cooperative?
Lei ha detto che si cerca di migliorare. Tuttavia, esiste un dato precedente. Le cooperative non aderenti sono revisionate, a seconda del biennio, in una percentuale che oscilla tra il 5 e il 10 per cento. Le cooperative aderenti alle centrali sono revisionate in una percentuale vicina al 90 per cento. Il Governo avrebbe dovuto tener conto di questi dati. Come si dice solitamente, il vino cattivo caccia quello buono. La cooperazione cattiva scaccia quella buona.
Quindi, chiediamo al Governo un'iniziativa urgente, perché tutti i giorni assistiamo a fatti del genere. Credo che vi sia da dire qualcosa in più. Oggi il controllo delle imprese è importante perché ne certifica la qualità e l'efficienza. Quindi, in conclusione, mi dichiaro soddisfatto solo in piccola parte e sollecito il Governo ad assumere quei provvedimenti meglio spiegati nel testo dell'interrogazione da noi presentata.

(Iniziative volte a garantire il miglioramento della qualità e la riduzione dei costi dei servizi pubblici nonché l'accesso agli stessi delle categorie più disagiate - n. 3-00485)

PRESIDENTE. L'onorevole Testa ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00485 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).

FEDERICO TESTA. Signor Presidente, signor ministro, i servizi pubblici locali -Pag. 50quindi l'erogazione di gas, energia elettrica, la gestione degli acquedotti e dei depuratori, il ciclo dei rifiuti, il trasporto locale - rivestono un ruolo importante nell'economia italiana ai fini dello sviluppo economico del paese ed incidono fortemente sulla qualità della vita quotidiana, dei cittadini innanzitutto ma anche delle imprese, in relazione sia ai costi che sostengono per i servizi stessi sia alla qualità che viene loro erogata.
In tale contesto l'Esecutivo ha già avviato un percorso di riforma del settore finalizzato a promuovere la concorrenza per garantire migliori servizi. In questo quadro, le chiediamo di specificare quali siano gli indirizzi che il Governo intende assumere per favorire adeguate politiche industriali che, nel rispetto delle peculiari caratteristiche dei bisogni soddisfatti, sviluppino i processi di liberalizzazione del mercato al fine di garantire l'accesso ai servizi e alle categorie più disagiate, la riduzione dei costi per cittadini ed imprese, il miglioramento della qualità.

PRESIDENTE. Il ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Il processo di riforma dei servizi pubblici locali fu avviato alla fine negli anni Novanta ed interrotto sostanzialmente dal Testo unico sull'ordinamento degli enti locali, approvato nel corso della scorsa legislatura, che ha cristallizzato la situazione esistente. Con il disegno di legge delega, inviato al Parlamento ed approvato lo scorso luglio insieme alle misure di liberalizzazione, vogliamo promuovere un riordino della disciplina dei servizi pubblici locali in modo da risolvere fondamentalmente due questioni.
Intanto, vogliamo introdurre un meccanismo competitivo per la scelta del gestore del servizio, con l'obiettivo di assicurare gli investimenti necessari, l'accessibilità al servizio e la sua qualità. Non ci interessa la natura del soggetto - privato o partecipato dal comune - che però deve essere scelto mediante gara, sulla base del miglior progetto industriale e con le maggiori garanzie per gli utenti. L'architrave di questa disciplina è costituita dal generale ricorso a procedure competitive; il ricorso a forme diverse di affidamento resta consentito solo eccezionalmente e per periodi limitati.
Vengono anche limitati i casi di gestione del servizio pubblico locale in regime di esclusiva, prevedendosi, quindi, una fascia di liberalizzazione dell'attività economica.
La seconda questione riguarda il rafforzamento degli strumenti di controllo del rispetto degli obblighi di servizio e di tutela degli utenti. In questo caso, bisogna valorizzare le funzioni di indirizzo politico del comune. Infatti, dobbiamo assicurare i livelli minimi garantiti per ciascun servizio e le modalità di ristoro dell'utenza in caso di inottemperanza, prevedendo che la permanenza dell'affidamento sia condizionata ad un riscontro positivo da parte degli utenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Merloni, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

MARIA PAOLA MERLONI. Signor Presidente, innanzitutto desidero ringraziare il signor ministro per la sua risposta. Il capitolo dei servizi pubblici è di particolare interesse per tutti i cittadini e per le imprese, per cui ogni provvedimento che sarà adottato risponderà ad esigenze vere e sentite. D'altra parte, già nello scorso mese di luglio era stato accolto con favore, perché ritenuto un primo passo verso la modernizzazione del paese, il decreto-legge sulle riforme e le liberalizzazioni presentato dal Governo, al quale lei, signor ministro, ha lavorato con coraggio, determinazione, coerenza ed efficienza. La qualità dei servizi e i minori costi che ci auguriamo deriveranno dalla liberalizzazione dei servizi pubblici locali dovranno tradursi in maggiori e oggettivi vantaggi per il cittadino-utente ed aiutare le imprese nel percorso di recupero della competitività. Non dimentichiamo che i temiPag. 51delle liberalizzazioni e delle riforme costituiscono alcune tra le più significative caratteristiche del programma di questo Governo. Dunque, è necessario procedere con determinazione, senza incertezze, compiendo anche scelte innovative, sapendo ascoltare tutti i soggetti interessati e portando avanti la concertazione necessaria per il buon esito del provvedimento.

(Misure in materia di privatizzazione delle società partecipate dallo Stato - n. 3-00486)

PRESIDENTE. L'onorevole Capotosti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00486 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signor ministro, è pacifico e indiscusso che l'attuale Governo abbia ereditato una situazione di cassa, a dir poco, drammatica, dal passato. È indubbio, parimenti, che i processi di spinta liberalizzazione in ordine ai grandi monopoli di fatto ancora esistenti nel nostro paese - mi riferisco, in particolare, alle infrastrutture, cioè ai trasporti, alle ferrovie e ai trasporti aerei, benché questo ragionamento possa essere esteso a tutto il settore delle telecomunicazioni - segnano o, almeno, potrebbero segnare il punto di svolta in tema di aumento della produttività e, quindi, di reperimento di risorse da destinare al progresso, cioè alla redistribuzione a vantaggio delle fasce deboli dei cittadini-fruitori. A tal proposito, preme sottolineare che soltanto i Governi di centrosinistra, sia nel corso di questa legislatura, sia nel corso di legislature precedenti, sono stati artefici di autentici processi di liberalizzazione.
Tanto premesso, sono a chiedere all'onorevole ministro quali iniziative il Governo intenda intraprendere a questo proposito.

PRESIDENTE. Mi permetto di comunicare che sta assistendo alla seduta una classe della scuola media statale «Tito Minniti» di Napoli, alla quale sia la Presidenza sia, credo, l'intera Assemblea rivolgono il loro saluto (Applausi).
Il ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, nell'interrogazione si parla di liberalizzazione e di privatizzazione - sono due concetti, naturalmente, molto diversi - a proposito dei trasporti, in particolare, e delle infrastrutture. Ne approfitto per affermare che, per quel che riguarda i trasporti ferroviari, oggi ci troviamo in una situazione normativa tale per cui qualunque operatore economico titolare di licenza può accedere al mercato, a condizioni non discriminatorie, per svolgere traffico a lunga e media percorrenza, in concorrenza con la società Trenitalia. Ciò è possibile in virtù di una norma che io stesso introdussi nella legge finanziaria del 2001, che è valsa a produrre i primi interventi in concorrenza nel campo del trasporto delle merci ma ancora non vi è stato alcun impegno da parte di altri soggetti nel settore del trasporto delle persone.
Approfitto dell'occasione per augurarmi che, in presenza di un potenziamento in atto dell'infrastruttura ferroviaria, possano esserci investitori, in grado di corrispondere alle esigenze del paese, attraverso l'utilizzazione di quella norma.
Per quanto riguarda l'ANAS, ricordo che il disegno di legge finanziaria, in approvazione in queste ore, prevede la realizzazione della piena separazione organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile delle attività più tipicamente regolatorie di ANAS rispetto a quelle industriali.
In relazione ad Alitalia, è ben noto che stiamo procedendo alla cessione del 30,1 per cento della società. Faccio presente che questa stessa società, l'Alitalia, non opera in regime di monopolio, ma, attualmente, unico caso in Europa, ha una quota di mercato intorno al 50 per cento,Pag. 52a differenza di società come Lufthansa e Air France, che hanno quote di mercato rispettivamente del 72 e del 78 per cento.
A proposito delle Poste, cui l'interrogazione fa riferimento, sulla base della normativa vigente comunitaria, è prevista la piena liberalizzazione del mercato, a partire dal primo gennaio 2009. La commissione, eventualmente, potrà stabilire ulteriori tappe intermedie e garantire le forme per la sostenibilità degli obblighi di servizio universale.
Concludo dicendo che, in tutto questo comparto, credo che sarebbe ora di ragionare sull'allestimento di un'Authority, che possa governare meglio i sistemi regolatori attorno alla questione generale dei trasporti.

PRESIDENTE. L'onorevole Capotosti ha facoltà di replicare.

GINO CAPOTOSTI. Ringrazio il ministro per l'autorevole ed illustre esposizione. Nella mia premessa, ho già sottolineato che, non solo questo Governo di centrosinistra, ma anche il precedente Governo di centrosinistra, contrariamente a quello di centrodestra, sono stati capaci di attuare provvedimenti di riforma, come quello di cui oggi discutiamo. Mi permetto di dire, a nome del mio partito, Popolari-Udeur, che guardiamo al ministro come ad un autentico campione dei processi di liberalizzazione e privatizzazione e che ci aspettiamo molto dal Governo sotto questo fronte, perché siamo convinti che sia il punto dal quale possano scaturire notevoli ricchezze. Esortiamo, quindi, il ministro ad andare avanti sotto questo profilo e a non tralasciare alcuna azione. Da parte nostra, saremo convinti sostenitori di qualsiasi iniziativa in materia.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16,30, è ripresa alle 16,55.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Cordoni, Donadi, Galante, Landolfi, Pisicchio, Realacci, Reina, Sgobio e Villetti sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. A seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto che il seguito dell'esame del disegno di legge n. 1955 - Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali, già previsto per la giornata di domani, giovedì 14 dicembre, abbia luogo martedì 19 dicembre (ore 11 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), prima del seguito dell'esame del disegno di legge n. 1961 - Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università.
Nella giornata di domani avrà luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti.

TESTO AGGIORNATO AL 14 DICEMBRE 2006

Annunzio di petizioni.

Testo sostituito con l'errata corrige del 14 DICEMBRE 2006 PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni giunte alla Presidenza e che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni. PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza e che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

Testo sostituito con l'errata corrige del 14 DICEMBRE 2006 SILVANA MURA, Segretario, legge:
PIERGIORGIO WELBY, da Roma, e numerosi altri cittadini, chiedono la sollecita discussione delle proposte di legge A.C. 843, 1190, 1701, 1702 e 1739 inmateria di eutanasia (138) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
LUIGI CARLUTTI, da Chiaravalle Centrale (Catanzaro), chiede l'impiego di tecnologie elettroniche per l'esercizio del diritto di voto e, in particolare, l'adozione di nuovi tipi di schede elettorali (139) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
GAETANO VICARI, da Enna, chiede un provvedimento legislativo per il riconoscimento e la tutela del lavoro casalingo (140) - alla XI Commissione (Lavoro);
PASQUALE CHIODI, da Gallo Matese (Caserta), chiede nuove disposizioni per il rilancio delle Scuole di specializzazione per le professioni legali (141) - alla II Commissione (Giustizia);
ANGELO CASELLA, da Verona, chiede norme per l'indennizzo dei beni perduti dai cittadini italiani in stati esteri a causa di eventi bellici (142) - alla V Commissione (Bilancio);
DIEGO MASSARI, da Arcisate (Varese), e numerosi altri cittadini, chiedono la modifica dell'articolo 64 della legge 17 maggio 1999, n. 144, in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali, con particolare riferimento alla data di decorrenza del trattamento di quiescenza nonché la sua estensione anche al personale ex dipendente degli enti indicati nella tabella allegata alla legge 20 marzo 1975 n. 70 (143) - alla XI Commissione (Lavoro);
EDOARDO MACRÌ, da Milazzo (Messina), chiede una riforma del sistema giudiziario che ammetta la possibilità, per il cittadino, di autodifendersi in giudizio (144) - alla II Commissione (Giustizia);
EMO PICCHI, da Castagneto Carducci (Livorno), chiede modifiche alle norme sulla successione ereditaria dei figli in caso di nuovo matrimonio dei genitori (145) - alla II Commissione (Giustizia);
MICHELA BORTOLUSSI, da Pordenone, e numerosi altri cittadini, chiedono l'incremento delle immissioni in ruolo del personale ATA oltre il numero di ventimila unità già stabilito dal disegno di legge finanziaria 2007 (146) - alla XI Commissione (Lavoro);
IOANNIS LIOUMIS, da Modena, e numerosi altri cittadini, chiedono:
l'abolizione delle graduatorie scolastiche permanenti a partire dal 2010 e le assunzioni per i posti liberi e vacanti a partire dall'anno in corso (147) - alla XI Commissione (Lavoro);
misure contro l'aumento del rapporto alunni/classi dello 0,4% (148) - alla VII Commissione (Cultura).
SILVANA MURA, Segretario, legge:
PIERGIORGIO WELBY, da Roma, chiede un'indagine parlamentare conoscitiva sulla pratica dell'eutanasia clandestina in Italia (138) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali); contestualmente numerosi cittadini, anche a nome dell'Associazione Luca Coscioni, si sono uniti a tale richiesta, richiedendo altresì la sollecita discussione delle proposte di legge A.C. 843, 1190, 1701, 1702 e 1739 in materia di eutanasia (139) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
LUIGI CARLUTTI, da Chiaravalle Centrale (Catanzaro), chiede l'impiego di tecnologie elettroniche per l'esercizio del diritto di voto e, in particolare, l'adozione di nuovi tipi di schede elettorali (140) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
GAETANO VICARI, da Enna, chiede un provvedimento legislativo per il riconoscimento e la tutela del lavoro casalingo (141) - alla XI Commissione (Lavoro);
PASQUALE CHIODI, da Gallo Matese (Caserta), chiede nuove disposizioni per il rilancio delle Scuole di specializzazione per le professioni legali (142) - alla II Commissione (Giustizia);
ANGELO CASELLA, da Verona, chiede norme per l'indennizzo dei beni perduti dai cittadini italiani in stati esteri a causa di eventi bellici (143) - alla V Commissione (Bilancio);
DIEGO MASSARI, da Arcisate (Varese), e numerosi altri cittadini, chiedono la modifica dell'articolo 64 della legge 17 maggio 1999, n. 144, in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali, con particolare riferimento alla data di decorrenza del trattamento di quiescenza nonché la sua estensione anche al personale ex dipendente degli enti indicati nella tabella allegata alla legge 20 marzo 1975 n. 70 (144) - alla XI Commissione (Lavoro);
EDOARDO MACRÌ, da Milazzo (Messina), chiede una riforma del sistema giudiziario che ammetta la possibilità, per il cittadino, di autodifendersi in giudizio (145) - alla II Commissione (Giustizia);
EMO PICCHI, da Castagneto Carducci (Livorno), chiede modifiche alle norme sulla successione ereditaria dei figli in caso di nuovo matrimonio dei genitori (146) - alla II Commissione (Giustizia);
MICHELA BORTOLUSSI, da Pordenone, e numerosi altri cittadini, chiedono l'incremento delle immissioni in ruolo del personale ATA oltre il numero di ventimila unità già stabilito dal disegno di legge finanziaria 2007 (147) - alla XI Commissione (Lavoro);
IOANNIS LIOUMIS, da Modena, e numerosi altri cittadini, chiedono:
l'abolizione delle graduatorie scolastiche permanenti a partire dal 2010 e le assunzioni per i posti liberi e vacanti a partire dall'anno in corso (148) - alla XI Commissione (Lavoro);
misure contro l'aumento del rapporto alunni/classi dello 0,4 per cento (149) - alla VII Commissione (Cultura).

PRESIDENTE. La Presidenza e l'Assemblea rivolgono un saluto agli studenti dell'istituto di istruzione superiore «Pietro Aldi» di Grosseto e dell'Istituto comprensivo di Castiglione Messer Marino, in provincia di Chieti, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Discussione del disegno di legge: Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali (A.C. 1955) (ore 17,04).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiestoPag. 54l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Fasciani, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame reca interventi necessari ed urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, il quale rischia di produrre effetti sociali di particolare gravità a seguito della scadenza, avvenuta lo scorso 3 agosto, del termine di proroga fissato dall'ultimo provvedimento in materia.
Rispetto ai precedenti interventi, che si limitavano alla mera sospensione delle esecuzioni forzate, il disegno di legge rappresenta un segnale di discontinuità, in quanto, per dare attuazione ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 155 del 2004, si prevedono misure per alleviare il sacrificio del locatore ed operare una piena comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, oltre ad interventi concreti finalizzati a ridurre il disagio abitativo, nell'ambito di un quadro complessivo di riforma delle politiche di edilizia residenziale e pubblica.
Richiamo, in proposito, l'esigenza che il provvedimento in esame rappresenti il primo passo per un rilancio delle politiche abitative e di riqualificazione urbana, le quali devono rivestire una priorità strategica. Per tali ragioni, ritengo che, alla fine dell'esame del presente provvedimento, l'Assemblea potrà fornire importanti indirizzi al Governo in tal senso, considerato, peraltro, che occorre operare in modo strutturale per risolvere i problemi del disagio abitativo, al fine di evitare il ripetersi delle emergenze in futuro.
Per le ragioni precedentemente esposte, pertanto, raccomando l'approvazione del provvedimento all'Assemblea in termini rapidi. Faccio presente che l'VIII Commissione, seppure in tempi ristretti, ha svolto un lavoro approfondito, approvando talune modificazioni al testo presentato dal Governo, le quali, senza stravolgerne l'impianto, sono volte a migliorarne il contenuto, anche ai fini di una corretta applicazione.
Passando, quindi, all'illustrazione dei contenuti del provvedimento in esame, ricordo che esso riprende, nelle linee generali, il contenuto del decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito dall'altro ramo del Parlamento a seguito dell'approvazione di una questione pregiudiziale di costituzionalità nella seduta del 25 ottobre scorso.
Rispetto a quel testo, oltre a talune disposizioni riguardo alle quali erano stati rilevati problemi di copertura finanziaria, è stata espunta anche la previsione del rinnovo, per nove anni, del contratto scaduto in caso di unità immobiliari oggetto di operazioni di cartolarizzazione, sulla quale si concentravano le censure di legittimità costituzionale.
Vorrei segnalare che l'articolo 1, al primo comma, dispone la sospensione, per un periodo di otto mesi, delle esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazioni per particolari categorie socialmente deboli, residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni confinanti con oltre 10 mila abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa.
In base al comma 3, il termine di sospensione è di 18 mesi nel caso di immobili concessi in locazione ad uso abitativo da parte di alcuni enti previdenziali pubblici e di altri soggetti specificatamente indicati.
Come rilevato inizialmente, il provvedimento non si limita a disporre la proroga a beneficio del conduttore, ma reca anche misure finalizzate ad alleviare il sacrificio del proprietario locatore.
In particolare, l'articolo 1, comma 4, prevede per l'intero periodo di sospensione dell'esecuzione l'applicabilità della maggiorazione del canone del 20 per cento, di cui all'articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.Pag. 55
L'articolo 1, comma 5, ricollega al mancato pagamento del canone la decadenza del conduttore dal beneficio della sospensione.
L'articolo 1, comma 6, esclude l'operatività della sospensione nei confronti del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima, oppure nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione.
L'articolo 2 contempla agevolazioni fiscali per i proprietari di immobili locati ai soggetti in situazione di disagio abitativo, prevedendo, per un verso, che per la durata del periodo di sospensione delle procedure, il reddito dei fabbricati relativo agli immobili locati ai soggetti suddetti non concorre alla formazione del reddito imponibile, e per altro verso, la facoltà per i comuni di disporre, nei confronti dei medesimi proprietari, riduzioni o esenzioni dell'ICI.
Il testo in esame reca, inoltre, norme sostanziali, volte a dare soluzione al problema abitativo per le categorie interessate. Ciò vale per l'articolo 3, che demanda ai comuni, d'intesa con la regione, la predisposizione di un piano straordinario pluriennale per l'edilizia sovvenzionata e agevolata, e prevede la possibilità di istituire nei medesimi comuni apposite commissioni, con durata di 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per l'eventuale graduazione delle azioni di rilascio.
L'articolo 4, invece, disciplina il programma nazionale di edilizia residenziale pubblica predisposto da parte del Ministero delle infrastrutture di concerto con gli altri Ministeri elencati e di intesa con la Conferenza unificata sulla base delle indicazioni emerse dal tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative, che sarà trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Il programma è destinato a contenere gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, nonché proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
Per quanto riguarda, infine, i pareri espressi dalle Commissioni competenti in sede consultiva, avverto che la I Commissione ha espresso parere favorevole con condizione. La II Commissione ha espresso parere favorevole con condizione ed osservazioni, mentre le Commissioni V, VI e XII hanno espresso parere favorevole.
Faccio presente, inoltre, che la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha espresso parere favorevole con osservazione.
Segnalo che la Commissione ha recepito la condizione contenuta nel parere della I Commissione all'articolo 1, comma 5, sopprimendo il secondo periodo della predetta disposizione, che prevedeva l'automatica decadenza dal beneficio della sospensione dell'esecuzione in caso di mancata redazione del piano straordinario pluriennale da parte del comune di residenza.
Considerata la problematicità della condizione, la Commissione ha svolto, comunque, un articolato dibattito, al fine di prospettare una soluzione, anche in accordo con il Governo, nel prosieguo dell'esame in Assemblea.
Per quanto riguarda il parere espresso dalla II Commissione, la Commissione ha invece deciso di non recepirlo, riservandosi di svolgere gli opportuni approfondimenti in Assemblea.
In conclusione, nel raccomandare all'Assemblea l'approvazione del provvedimento in tempi brevi, avverto che mi riservo, in sede di Comitato dei nove, di procedere ad un approfondimento di alcune questioni emerse nel corso dell'esame in sede referente, al fine di proporre eventuali modificazioni al presente atto.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede replica.

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PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritto a parlare l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, mi corre l'obbligo innanzi tutto di ringraziare il collega Dussin che mi ha lasciato il posto nell'ordine degli interventi, e ringrazio anche la relatrice, per la collaborazione che ci ha prestato in Commissione, laddove questo provvedimento è stato modificato, su impulso dei gruppi di opposizione, in alcune parti significative: mi riferisco alle modifiche che, insieme al collega Dussin e al collega Stradella, ho rappresentato in quella sede, cercando di portare elementi di chiarezza in un testo licenziato dal Governo che presentava, e che, in alcune parti, presenta ancora, alcuni aspetti veramente grotteschi.
Penso però che in questa sede si debba fare un discorso di natura politica: dopo 11 anni che mi trovo in quest'aula, devo constatare che la politica ha fallito in materia di riordino del sistema degli sfratti. Insomma, noi dovevamo uscire da una situazione di emergenza, dovevamo pensare ad eliminare il disagio abitativo 11 anni fa; si è fatta una legge di sistema, la n. 431, che io ritengo buona, ma, alla fine, siamo ancora alla vecchia ricetta.
Come tutti i provvedimenti, questo non è d'urgenza non soltanto perché il Senato ne ha bocciato i requisiti di costituzionalità ed urgenza, rispetto al decreto-legge a suo tempo emanato, ma anche perché questo disegno di legge non è altro che un pannicello caldo!
Vorrei ricordare che, a fronte di un insieme di piani che vengono qui delineati soltanto per superare una censura da parte della Corte costituzionale, non vi è una lira per costruire un solo immobile!
Ho ascoltato, ieri sera, il dibattito, a cui hanno preso parte il presidente pro tempore della Camera ed il ministro Bersani. Il ministro Bersani ha osservato che noi avevamo azzerato il fondo sociale sull'affitto nell'ultima finanziaria. A parte il fatto che ciò non è vero, vorrei anche ricordare che il decreto ministeriale 16 marzo 2006 ha liberato risorse pubbliche pari a 100 milioni di euro, e che dovevano essere recuperate inoltre risorse private pari ad altri 100 milioni di euro per la costruzione di immobili nelle aree in cui effettivamente vi è un problema per quanto riguarda la locazione di immobili ad un prezzo, diciamo, conveniente per l'affittuario. Ciò che più sorprende, sinceramente, è che non si riesce ad uscire da questa logica dell'emergenza. Tra l'altro, il provvedimento, lo diceva prima la relatrice, non ha copertura dal 3 agosto. In uno Stato di diritto non si è mai visto che un Ministero dell'interno, per il tramite del suo responsabile, emani una circolare dove si invitano i prefetti a disattendere la legge, cioè a trovare un alibi per non concedere la forza pubblica per l'esecuzione del rilascio degli immobili!
Si tratta di una vergogna tutta italiana, che io penso crei una condizione di sostanziale ingiustizia nei confronti di coloro i quali, locando un immobile, credevano in uno Stato che quanto meno non fosse patrigno.
Aggiungerò di più. Mi pare che nel caso di specie ci si dimentichi anche di altre questioni, di una soprattutto. Nella recente campagna elettorale, l'Ulivo si era impegnato ad introdurre da subito una norma fiscale di vantaggio per i proprietari che locassero gli immobili ad uso abitativo. Era la famosa cedolare secca del 20 per cento, che, comparsa alla Camera, era finita al Senato, dove è stato presentato l'emendamento Morando, poi ritirato, dando luogo ad una situazione pazzesca, che lascia in uno stato di generale incertezza coloro i quali dovrebbero invece avere delle certezze. Chi loca un immobile deve avere due tipi di certezze: che il soggetto a cui l'immobile viene affittato sia solvibile e che l'immobile sia rilasciato nei tempi pattuiti. Di fatto lo Stato altera la seconda condizione e non fa nulla per andare incontro a coloro i quali, senza chiedere particolari garanzie, locano l'immobile medesimo. Vorrei aggiungere, sotto questo profilo, che l'articolo 4 è un capolavoro di ritorno al futuro. Dico questo perché, signor rappresentante del Governo, ci voleva un Governo di centrosinistra,Pag. 57dopo la riforma del titolo V della Costituzione, così come voi l'avete disegnato, a sollevare formalmente l'incompetenza delle regioni in materia di edilizia residenziale pubblica, dopo che la riforma del titolo V ha assegnato alle regioni la competenza esclusiva sulla materia. Penso che un articolo così mal concepito a nulla serva, se non a sollevare questioni di legittimità costituzionale da parte delle regioni stesse.
Nella relazione la collega Fasciani ha ricordato che in Commissione non si era riusciti a risolvere tutte le questioni sul tappeto; penso che questa sia una delle questioni che dovrebbero essere riconsiderate con quel buon senso che è mancato al Governo nel momento in cui ha licenziato questo disegno di legge.
Un altro aspetto che vorrei sottolineare è contenuto nell'articolo 1, comma 2, relativo all'autocertificazione. Non si vede perché un affittuario possa rilasciare un'autocertificazione, senza rispettare le procedure previste dalla legge. Se l'autocertificazione comporta, in caso di dichiarazione mendace, delle conseguenze, ciò serve a spingere colui che la effettua a dichiarare il vero; ma se l'autocertificazione è soltanto una finzione, senza alcuna possibilità da parte di chi la rilascia di essere sottoposto a qualsiasi tipo di giudizio, allora non serve a nulla.
Aggiungo una seconda considerazione. Questo disegno di legge, nonostante le modifiche apportate, reintroduce in modo surrettizio le commissioni per la graduazione delle esecuzioni immobiliari. Siamo cioè tornati indietro di dieci anni anche su questo tema. Sotto questo profilo, vorrei ricordare che l'autorità giudiziaria già di per sé valuta i singoli casi. Se non vogliamo che il mercato dell'affitto diventi ancora più rigido, dobbiamo eliminare tutti quei mezzucci che vengono introdotti per evitare che, scaduto il termine di locazione, il legittimo proprietario possa altrettanto legittimamente rientrare nella proprietà piena ed esclusiva dell'immobile.
A mio avviso, sono questi i temi sul tavolo e devo aggiungere - avviandomi alla conclusione - che credo vi sia un retropensiero in ciò che il Governo ha scritto.
Infatti, è talmente chiara la volontà di creare delle disparità di trattamento che, a fronte della possibilità del locatore di ricorrere avanti al giudice nel caso si realizzino certe condizioni per poter chiedere il rilascio immediato dell'immobile, si aggiunge un ultimo periodo nel quale si dispone che questo rilascio non debba avvenire prima della scadenza del termine delle esecuzioni. Non è che chiaro il motivo per cui un proprietario che abbia tutte le carte in regola per far ottenere immediatamente il rilascio dell'immobile dovrebbe ricorrere al giudice, se già in partenza quel termine per legge non può essere comunque inferiore a quello stabilito - in termini di proroga - da parte dello Stato.
In conclusione, penso che questo disegno di legge sia uno dei tanti che sulla materia non costituiranno altro che una cattiva legislazione. Mi auguro che quei piani che oggi vengono presentati in modo splendido, nel senso che sembra quasi che fra due mesi tutti i comuni avranno presentato i loro piani e il giorno dopo vi saranno nuove abitazioni, permetteranno di non trovarci alla scadenza dei termini prorogati nella stessa situazione di oggi, identica a quella degli ultimi dieci anni.
Muovo soltanto un invito al rappresentante del Governo: visto che il passato Governo ha lasciato ai comuni 100 milioni di euro e 100 milioni per l'attivazione della costruzione di case da parte dei privati, evitate di disperdere queste risorse nei rivoli di mancata produttività, così come state facendo in questi mesi con l'attuale legge finanziaria (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Perugia. Ne ha facoltà.

MARIA CRISTINA PERUGIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge in discussione prende in esame il disagio abitativo e intende dare a questo una risposta che non si limiti a fronteggiarePag. 58l'emergenza, ma avvii un percorso di rilancio programmatico sulle politiche abitative in grado di aumentare sensibilmente l'offerta di alloggi in locazione, a canoni accessibili e per tutte le categorie sociali.
In questo campo, infatti, è improprio parlare di emergenza: se ci soffermiamo ad analizzarne i dati quantitativi e la loro evoluzione nell'ultimo decennio, tali dati infatti ci parlano di un'emergenza sociale che va stabilizzandosi e rischia di assumere carattere strutturale. I canoni di affitto, ad esempio, sono aumentati tra il 1998 e il 2004 in media del 50 per cento, con punte nelle aree metropolitane del 90 per cento e oltre, mentre il valore degli immobili nelle città capoluogo di provincia cresce del 40 per cento. Diversi, a mio avviso sono i fattori che hanno contribuito a determinare la situazione attuale. Alla fine degli anni Novanta abbiamo assistito contemporaneamente ad una drastica riduzione nella costruzione di immobili di edilizia popolare e all'entrata in vigore della legge n. 431 che ha liberalizzato il mercato degli affitti ponendo fine all'equo canone. Quest'ultimo aveva contribuito a calmierare il mercato immobiliare, pur con tutti i limiti che ciò aveva rappresentato.
Da quel momento si registrava una progressiva vulnerabilità delle famiglie esposte ai canoni di affitto che ammontavano, secondo i dati Istat del 2001, a quasi 3 milioni e 300 mila. Si faceva così strada l'idea indotta per necessità dell'acquisto dell'alloggio, attraverso la stipula di mutui che prontamente le banche favorivano producendo un aumento della domanda e la rivitalizzazione del mercato immobiliare. Negli stessi anni si modificava il rapporto tra imprese e proprietà immobiliare con l'esternalizzazione del patrimonio affidato a società con sole finalità immobiliari, finanziate dalle banche e chiamate ad incrementare la redditività degli immobili. Quest'ultima dunque veniva garantita dai canoni di affitto e dai valori immobiliari che, quindi, devono entrambi crescere o comunque mantenersi sui valori alti.
Le case non rappresentano più, in questo modo, il diritto all'abitare; sono invece immesse sul mercato finanziario per produrre reddito e sostenere il sistema economico delle banche, la ristrutturazione delle imprese e soprattutto per alimentare la rendita finanziaria. Se a questo aggiungiamo i processi di cartolarizzazione e di vendita del patrimonio immobiliare pubblico, abbiamo un panorama sufficientemente chiaro di una situazione che, peraltro, vede l'indebitamento delle famiglie nei confronti delle banche per i mutui relativi all'acquisto della casa ammontare a 180 miliardi di euro.
Il quadro fin qui descritto - che rappresenta, tra l'altro, un'anomalia del nostro paese rispetto al resto d'Europa e degli altri paesi sviluppati - chiede un'inversione di rotta e deve rappresentare per questo Governo e per questo Parlamento una priorità assoluta.
Il disagio abitativo, di cui lo sfratto è come la punta di un iceberg, entra a pieno titolo - anzi, ne è forse la rappresentazione più drammatica - in quella insicurezza sociale divenuta cifra distintiva della nostra epoca, si accompagna alla precarizzazione nell'organizzazione del lavoro, alla selettività della formazione, alla guerra, e testimonia in modo concretissimo dell'innalzamento della soglia di povertà di questo paese.
I movimenti sociali, nati soprattutto nelle grandi aree urbane intorno al tema della casa, sono infatti costituiti da donne e uomini che lavorano e che mai prima d'ora avrebbero immaginato di trovarsi in mezzo ad una strada senza sapere dove andare a vivere. Ancora, il problema della casa si ripercuote sull'assetto della società e sull'impossibilità per le giovani generazioni di costruirsi una famiglia ed una vita autonoma, e per gli anziani di mantenere la residenza dove hanno costruito relazioni sociali, di protezione e di identità.
Prima di entrare nello specifico del testo in discussione, vorrei ribadire l'importanza che noi attribuiamo proprio agli elementi di congiunzione presenti nella proposta di proroga degli sfratti e di capacità di pianificazione degli enti locali.Pag. 59Non solo, infatti, questo legame è nelle cose, ma è l'unica possibilità di immettere un elemento di prospettiva per non rispondere all'emergenza con una legislazione emergenziale, che la condannerebbe a rimanere tale entrando in un circolo vizioso. So bene che alcune obiezioni a questa proposta - le abbiamo sentite dall'intervento che mi ha preceduto - riguardano un possibile conflitto di competenza fra Stato e regioni, particolarmente quando parliamo di programmazione. A questo riguardo, vorrei fare alcune osservazioni.
L'articolo 117 della Costituzione stabilisce al comma 2 le materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato, prevedendo alla lettera l) la «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», in cui certamente rientrano, così come confermato anche dal parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali, la disciplina delle locazioni e la normativa processuale in materia di rilascio di immobili.
Per chiarire ulteriormente il quadro in cui si inserisce il provvedimento, la questione va letta contestualmente alla materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato indicate anche alla successiva lettera m) dell'articolo 117, che prevede la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». Ancora, il comma 3 dello stesso articolo recita:« Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato».
D'altra parte, la Corte costituzionale si è più volte espressa in merito alla materia degli sfratti, sottolineando come il meccanismo della proroga degli sfratti e della sospensione non possa diventare strumento di ordinaria soluzione del problema degli alloggi. Non solo, nella sentenza n. 419 del 1991 la Corte ha sottolineato la rilevanza costituzionale del diritto all'abitazione, che ha portata generale - ho citato testualmente -, e ribadito con enunciazioni di dottrina che il legislatore regionale trova comunque un limite alla propria azione nel rispetto del principio costituzionale della riserva di legge statale e nel rispetto dei principi generali con essa stabiliti.
Passando ai punti qualificanti di questo disegno di legge, che norma la sospensione delle procedure esecutive di rilascio degli immobili per finita locazione, questi intanto risiedono nell'individuazione della platea e delle categorie beneficiarie del provvedimento. Vi è un'individuazione chiara e limitata ai luoghi della densità urbana, dove il problema realmente esiste, ed è rivolto alle categorie sociali maggiormente vulnerabili dal punto di vista del reddito annuo, innanzitutto - stimato, come tetto massimo, in 27 mila euro di imponibile -, della malattia, dell'età e della composizione familiare.
Ritengo anche interessante la differenza che emerge rispetto alla considerazione dei locatari; il piccolo locatario, infatti, è equiparato al conduttore, ove presentasse gli stessi requisiti, con l'annullamento del provvedimento; beneficia di agevolazioni fiscali durante il periodo della sospensione e questa stessa ha tempi più ridotti di quanto non sia nel caso di locatari enti o grandi proprietà.
Infine, l'opinione espressa dalla relatrice per la I Commissione rimette un po' in discussione il coinvolgimento dei comuni; in ogni caso, debbo dire che la responsabilità collettiva è portata in causa come elemento vincolante sia per i tempi della sospensione sia per evitarne la decadenza, con l'obbligo di produrre un piano particolare. In proposito, voglio sottolineare che quando si parla del piano dei comuni si parla di un piano che riguarda il fabbisogno, da una parte, e le disponibilità abitative del comune stesso, dall'altra, ove queste possano consentire il passaggio da casa a casa.
Infine, ma come detto non ultimo per importanza, mi richiamo al tavolo della concertazione generale al quale partecipino i Ministeri interessati, le regioni, l'ANCI, la Federcasa, i sindacati dei lavoratori e degli inquilini, le associazioni dellaPag. 60proprietà edilizia, dei costruttori e delle cooperative, per definire - voglio citare testualmente il disegno di legge - «gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale concordato e alla riqualificazione di quartieri degradati».
In conclusione, per le ragioni fin qui dette, mi pare importante l'approvazione in tempi rapidi di questo disegno di legge, perché questo può segnare una nuova partenza che dia slancio ed equità alle politiche dell'abitare nel nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, i cittadini italiani hanno una spiccata predisposizione ad avere la casa di proprietà. Le percentuali delle famiglie proprietarie di casa, infatti, sono tra le più alte dei paesi industrializzati.
Questi cittadini e i loro sacrifici vanno portati ad esempio, vanno apprezzati; essi sono come formiche e sono anche, a mio avviso, una parte importante del motore, dell'economia del paese. Tuttavia, non tutte le famiglie che non possiedono un'abitazione possono essere considerate delle cicale. Tra queste famiglie ve ne sono alcune che, oggettivamente, non riescono per ragioni oggettive familiari, ma anche di contesto, ad avere effettivamente la proprietà di una casa.
Quindi, questi cittadini sono costretti a stipulare affitti. I più fortunati sono conduttori di case di proprietà di enti statali o di altri enti che comunque sono proprietari di molti immobili, mentre molti altri sono conduttori di case i cui proprietari sono altre famiglie.
Il disegno di legge al nostro esame reca interventi per la riduzione del disagio abitativo e, quindi, non si pone come obiettivo l'eliminazione del disagio (che è oggettivamente difficile ottenere). Tuttavia, il provvedimento tenta, a mio avviso, di introdurre elementi innovativi rispetto alle norme che hanno da sempre regolato la sospensione degli sfratti. Anche a prescindere dalle sentenze che la Corte costituzionale ha pronunciato in materia, c'è sicuramente, nel paese, una maggiore sensibilità rispetto agli anni passati. Insomma, si è pensato ad un disegno di legge che non soltanto affrontasse il problema della sospensione temporanea di alcuni tipi di procedimenti di rilascio ma, contemporaneamente, avesse l'obiettivo di impostare, nel tempo, una soluzione del problema del disagio abitativo. Ecco la ragione per la quale si prevede che i comuni si dotino, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un piano straordinario pluriennale, da inviare al Ministero delle infrastrutture e della solidarietà sociale ed al Ministero delle politiche per la famiglia, a vantaggio dei cittadini disagiati. Questa è un'innovazione importante che, insieme ad altri elementi importanti del disegno di legge, può rappresentare una discontinuità rispetto al passato.
La discontinuità è dovuta a diversi elementi. Intanto, si dispone la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione. Il collega Foti lo indicava come un fatto negativo. Io ritengo, invece, che si tratti di un fatto positivo. Peraltro, la disposizione riguarda particolari categorie disagiate, non tutti i soggetti nei confronti dei quali sono in corso procedure di sfratto.
Oltre alla novità del piano straordinario pluriennale dei comuni, si prevede la convocazione di un tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative che, però, non avrà tra i suoi compiti quello di definire il contenuto di un eventuale progetto di legge. Da questo punto di vista, credo che il collega Foti non abbia ragione quando attacca il disegno di legge sostenendo che c'è la concentrazione in capo allo Stato di un'attività che, nel modificato Titolo V della Costituzione, è attribuita alle regioni o agli enti locali.Pag. 61
Non è così, in quanto, a parte la spiegazione fornita precedentemente dal collega, vi è il problema che il Ministero delle infrastrutture convoca un tavolo di concertazione per addivenire ad indirizzi che enunciano obiettivi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione ed il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale e alla riqualificazione di quartieri degradati.
Si tratta di indirizzi e di obiettivi che il Ministero delle infrastrutture ha sempre fornito, anche dopo l'approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione, in quanto rientrano pienamente nelle prerogative di tale Ministero. Oltre a ciò, il tavolo deve proporre normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare, che rientrano nelle prerogative dello Stato. Pertanto, ritengo che l'osservazione del collega Foti non sia pertinente, almeno per quanto concerne il testo in esame.
Inoltre, è prevista la piena comparazione della condizione del locatore e di quella del conduttore. I sacrifici del locatore sono tuttavia attenuati da benefici fiscali che lo Stato e i comuni dovrebbero garantire.
Rispetto al disegno di legge governativo appare rilevante che, nel testo sottoposto all'esame dell'Assemblea, sia stato recepito il parere dalla I Commissione, volto ad escludere che la mancata redazione del piano straordinario pluriennale da parte del comune di residenza comporti l'automatica decadenza dal beneficio della sospensione dell'esecuzione.
Un'altra norma importante è quella secondo la quale, durante la sospensione, il conduttore deve corrispondere al locatore anche la maggiorazione prevista dall'articolo 6, comma 6, della legge n. 431 del 1998. L'intervento si propone anche un altro obiettivo importante, cioè di avviare a soluzione i rapporti con l'Unione europea. Vi era stato un impegno da parte del Governo italiano per favorire l'accesso ad un'abitazione di livello sufficiente, per prevenire il fenomeno dei senzatetto, riducendolo fino ad annullarlo, e per rendere accessibile ai meno abbienti il costo delle abitazioni. Ciò è quanto ci rimprovera l'Unione europea e noi, con il provvedimento in esame, avviamo un processo che dovrebbe condurci ad ottenere i tre obiettivi indicati.
Nel provvedimento vi è una valutazione non negativa dell'impatto amministrativo, non significativamente pesante, per cui la situazione non si complica molto, anzi qualcosa si snellisce.
Pertanto, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, ritengo che il testo del disegno di legge in esame sia una buona base per approvare finalmente una seria legge sugli sfratti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stradella. Ne ha facoltà.

FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, ad essere presente in quest'aula da dieci anni si corre il rischio di cadere in contraddizione, come avviene a me in questo momento, in quanto ho già chiesto, durante la discussione dell'argomento in esame, che fosse l'ultima volta che si parli di proroga degli sfratti per finita locazione.
Non è giusto, come apparirebbe dalla discussione, presentare una divisione tra coloro che sostengono il diritto alla casa e la protezione di categorie deboli, rispetto a chi non li sostiene. Il quesito che ci poniamo è chi debba rispondere a questa domanda.
In tutti questi anni, anche durante il Governo di centrodestra, con cui mi trovavo in maggiore sintonia, a questa domanda non si è fornita risposta e non si sono create le condizioni perché lo Stato, la collettività, la fiscalità nel suo insieme fornisse risposta alle categorie disagiate, rispetto al privato che, disponendo di alloggi da mettere in locazione, si trova a non poterli utilizzare per fine locazione.
La questione non è tanto stabilire se esista un diritto. Certo, esiste un diritto ed esso è garantito anche dalla Costituzione, ma non possiamo ignorare che, finora, la Costituzione garantisce anche la proprietàPag. 62e non la ritiene affatto una condizione negativa. Non è vero che tutto il mondo delle locazioni è nelle mani delle grandi società, perché più del 50 per cento del patrimonio locato appartiene a famiglie che hanno, con risparmi e sacrifici, raggiunto una condizione di implementazione del proprio reddito, mettendo in locazione un alloggio. A queste famiglie deve essere garantita una condizione essenziale, cioè di poter entrare in possesso del proprio alloggio nel momento in cui il contratto di locazione finisca. Come ha già detto il collega Foti, vi sono due aspetti da tenere in considerazione, cioè che venga pagata la pigione e che sia tutelato il diritto di entrare in possesso dell'alloggio nel momento in cui la locazione sia finita.
Se il Governo attribuisse al Parlamento maggiori facoltà, dimostrando maggiore riguardo, molti provvedimenti sarebbero migliorati.
In questo caso, devo ringraziare sia la relatrice Fasciani sia il presidente Realacci per l'azione di miglioramento del testo, che è stata compiuta in Commissione, attraverso una riscrittura parziale, che ha sostanzialmente reso il provvedimento più attinente alla realtà, più confacente allo scopo e più adeguato alla situazione di impasse, che si era determinata con la dichiarazione di incostituzionalità votata al Senato.
Questo provvedimento è nato in modo più articolato e complesso, rispetto ad una mera proroga degli sfratti, per il semplice motivo che non deve incorrere nelle censure della sentenza della Consulta. Tuttavia si è fatto un po' di pasticcio. Si sono incollati argomenti che non sono del tutto omogenei. Si è cercato di aggiungere alla proroga degli sfratti qualcosa che va sotto il nome del rilancio dell'edilizia economica popolare, che nei fatti non è materia del Parlamento, bensì è materia esclusiva delle regioni. Con l'articolo 4 si crea confusione e addirittura anche conflitto tra lo Stato e le regioni. Abbiamo chiesto - mi pare che la relatrice stia lavorando su questo aspetto - che l'articolo 4 venga riveduto e corretto, nella direzione di creare condizioni per la realizzazione di un piano futuro di edilizia economica popolare, rivolto alle categorie più deboli, che peraltro con queste proroghe degli sfratti si trovano in una situazione in qualche modo umiliante, perché viene loro riconosciuto un diritto per la semplice ragione di avere una situazione familiare particolarmente pesante. Ciò dovrebbe invece essere riconosciuto all'origine e non dovrebbe far parte di una negoziazione che tutte le volte che parliamo di proroga degli sfratti deve emergere, anche perché questo comporta una turbativa del mercato. Immaginate il proprietario di un unico alloggio da affittare, nel momento in cui la richiesta di affitto gli viene fatta da una ultrasessantatreenne o da un capofamiglia che ha nel suo nucleo un handicappato grave: ebbene, egli si vede nella condizione psicologica di negare l'affitto e di non mettere a disposizione l'appartamento. È un fatto, da un certo punto di vista, di turbativa del mercato, dall'altro, di umiliazione ulteriore nei confronti di chi si trova in una condizione già disagiata e quindi meritevole di maggiore considerazione.
Un'altra esigenza, che noi continuiamo ad ignorare, ma che dovrebbe invece essere tenuta in considerazione, è quella di verificare nel patrimonio delle aziende territoriali per la casa (gli ex IACP) quanti degli occupanti conservino il diritto ad occupare questi alloggi. Ci sono artigiani, commercianti, che erano stati assegnatari, a suo tempo, di alloggi, solo perché avevano un lavoro dipendente ed erano all'epoca al di sotto del reddito stabilito; oggi non lo sono più e quindi dovrebbero essere messi fuori da queste strutture, dovrebbero lasciare questi alloggi disponibili per le necessità che affrontiamo con questo provvedimento.
Credo che non si possa incolpare l'opposizione - e nessuno l'ha fatto, per la verità - di non essere sensibile a questo tipo di problemi. Anche noi quando eravamo maggioranza abbiamo disposto delle proroghe. Allora avevo detto per ben due volte che sarebbe stata l'ultima, ma poi, rendendoci conto delle necessità delle categorie più bisognose, abbiamo aderito alla necessità di prorogare gli sfratti. L'articolo 4Pag. 63del provvedimento in esame, pur non essendo congruo rispetto al contenuto di questo provvedimento, è comunque un segnale, che il Governo dovrebbe cogliere, per fare un'offerta al Parlamento a livello di discussione e di verifica, magari anche di legislazione, che vada nella direzione che prima sottolineavo, cioè quella del mettere a carico della collettività e dello Stato un problema che è certamente importante e che non può essere addossato alla responsabilità e al portafoglio dei privati.
Io su questo provvedimento ho un giudizio parzialmente positivo e parzialmente negativo: positivo perché ha consentito una discussione ampia e una sistemazione degli articoli che è stata anche attenta ai suggerimenti dell'opposizione; negativo perché, ancora una volta, il Governo presenta un provvedimento pasticciato che non si capisce bene quali obiettivi abbia se non quello di aggirare la sentenza della Consulta.
A tal proposito, annuncio fin d'ora che il gruppo di Forza Italia si asterrà per evitare che il problema non venga affrontato e risolto, ma non possiamo vederci associati ad un provvedimento che ha parti che non condividiamo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, che come me a quest'ora resistete eroicamente in quest'aula, noi deputati Popolari-Udeur salutiamo con particolare favore la calendarizzazione di questo disegno di legge di cui abbiamo votato l'adozione della dichiarazione d'urgenza e la cui utilità è ora, sottolineo ora, riconosciuta anche da esponenti dell'opposizione. In realtà, noi Popolari-Udeur, per lo spirito che anima il nostro partito avremmo avuto il piacere di veder compiuta anche la conversione del decreto legge n. 261 del 22 settembre 2006, arenatosi tristemente su una questione pregiudiziale di costituzionalità posta dall'opposizione e da Forza Italia in particolare. L'entusiasmo con il quale il centrodestra ha accolto questa misera vittoria, che può essere considerata una semplice e banale ripicca politica, è apparso a tutti, tranne che a loro, inopportuno. Una vittoria che ha penalizzato i cittadini meno abbienti su un punto vitale come la casa, rappresenta purtroppo l'immagine peggiore che questa opposizione poteva dare di sé, dimostrando ampiamente il cinismo e l'egoismo sociale che la anima. Voglio sperare che il problema della casa per l'ex Casa delle libertà sia oggi una questione alla quale prestare la massima attenzione; di questo siamo convinti perché vediamo con quanto impegno e con quanta fatica anche l'ex padrone dell'ex Casa delle libertà è occupato a bloccare questo sfratto anomalo che, nel particolare caso di specie, gli viene preannunciato da un importante inquilino come l'UDC.
Oggi siamo qui a discutere ancora di un provvedimento mirato ad alleviare le difficoltà delle fasce di popolazione più deboli e svantaggiate come in realtà lo era anche l'altro. Per lo spirito costruttivo che caratterizza l'attuale maggioranza, sottolineo come il testo attuale recepisce le obiezioni che erano state poste al decreto-legge dagli emendamenti già approvati ai rilievi della Conferenza Unificata. Questo disegno di legge ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, una situazione che rischia di produrre effetti sociali incontrollabili a seguito della scadenza, avvenuta lo scorso 3 agosto, del termine di proroga fissato dall'ultimo provvedimento in materia.
In particolare questo disegno di legge si rivolge a quei conduttori che si trovano nei comuni capoluogo di provincia; nei comuni limitrofi con oltre 10 mila abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa; a coloro che abbiano un reddito annuo familiare complessivo inferiore a 27 mila euro; a coloro che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento. Tutti questi problemi non sono mai stati risolti con gli interventi legislativi fin qui adottati;Pag. 64infatti, la mancanza di interventi convincenti in materia abitativa ha comportato un peggioramento della situazione, soprattutto ma non solo, nelle aree metropolitane dove si registra un'elevata concentrazione di famiglie a basso reddito. Il problema delle famiglie che vivono il disagio abitativo, stimate in circa 2 milioni 180 mila, non può essere considerato un problema marginale.
Allo stesso modo, non marginale deve essere considerato il fatto che circa tre milioni di anziani vivono soli e la condizione di solitudine costituisce, di per sé, un fattore di disagio abitativo. Inoltre, volendo continuare ad enucleare cifre, seppure approssimative, ricordo che il 17,3 per cento delle famiglie con capofamiglia anziano vive in affitto e, di esse, il 66,2 per cento paga il canone ad un singolo proprietario privato. Quindi, nella maggior parte dei casi, si tratta di un canone di mercato. Non stupisce, dunque, che il 35,4 per cento degli anziani sia gravato da un canone che assorbe almeno il 40 per cento del reddito familiare. È facile comprendere, pertanto, come circa 2 milioni 400 mila anziani si dichiarino poco o per nulla soddisfatti della propria abitazione. Questo solo per voler parlare degli anziani. Tuttavia, a tale categoria si aggiungono anche quelle dei disabili e di tutti coloro che versano in condizioni difficili e che - ve lo garantisco - non sono pochi.
Proprio nei confronti di questi soggetti questo disegno di legge deve cercare di dare risposte concrete. In particolare, con questo provvedimento si dispone la sospensione, per un periodo dagli otto ai diciotto mesi, dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazione per particolari categorie socialmente deboli, esclusi, quindi, gli sfratti per morosità. Inoltre, non ci si limita a disporre la proroga ad esclusivo beneficio del conduttore ma si prevedono anche, da un lato, misure finalizzate ad alleviare il sacrificio del proprietario-locatore e, dall'altro, norme sostanziali volte a dare soluzione al problema abitativo per le categorie interessate. Il disegno di legge del Governo, infatti, oltre a prevedere una proroga dei termini per la sospensione delle procedure esecutive di rilascio degli immobili, delinea anche la ripresa di un percorso di pianificazione delle politiche della casa, prevedendo, altresì, misure di natura fiscale e interventi diretti ad introdurre la parità di trattamento tra conduttori e locatori. I comuni avranno 45 giorni di tempo pere presentare ai Ministeri delle infrastrutture, della solidarietà sociale e delle politiche per la famiglia un piano straordinario pluriennale di edilizia residenziale pubblica che tenga conto delle esigenze delle categorie disagiate già presenti nelle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi. Inoltre, è previsto un tavolo di concertazione sulle politiche abitative, con l'incarico di predisporre un programma nazionale per la programmazione regionale di interventi di edilizia residenziale pubblica. Gli scopi da perseguire sono la realizzazione di alloggi a canone sociale, la riqualificazione dei quartieri degradati, la proposta di norme di natura fiscale e la normalizzazione del mercato immobiliare.
Concludo, signor Presidente, ribadendo che noi, Popolari-Udeur abbiamo posto i problemi della casa e delle categorie disagiate - i portatori di handicap, in particolare - al centro del nostro programma e riteniamo, quindi, che il principale elemento di interesse del disegno di legge del quale ci stiamo occupando sia rappresentato dalla capacità di affrontare congiuntamente i due differenti aspetti di un unico problema. L'emergenza in atto, infatti, rischia di diventare strutturale, per cui è assolutamente necessario, oltre che intervenire con la sospensione delle procedure di rilascio, anche programmare gli interventi di carattere più generale, garantendo una uscita dall'emergenza mediante la chiara pianificazione degli interventi futuri. Tutte le considerazioni che ho svolto sin qui portano noi Popolari-Udeur a dare il massimo e convinto sostegno affinché il provvedimento in esame sia definitivamente approvato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dussin. Ne ha facoltà.

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GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, vorrei chiedere fin d'ora che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
Di conseguenza, mi impegno, a svolgere un intervento molto breve, finalizzato a completare e rafforzare le istanze già presentate in questa Assemblea da parte dei colleghi della maggioranza, che sostengono la opportunità di questo provvedimento il quale, tuttavia, sottende un elemento di politica sul quale, già da parecchi anni, non siamo affatto d'accordo.
Sappiamo che questo sistema ha fallito da parecchi anni nel suo intento e non ci si è mai adoperati invece per una vera politica della riforma della casa; lo dico alla relatrice in modo tale che ci possa essere una condivisione futura e la nostra Commissione possa dare una risposta, che passa attraverso una concezione diversa delle abitazioni, che servono a tutte quante le famiglie, disagiate e non. Bisogna pensare anche al recupero urbano, alla qualità della vita, e non che ci sono dei patrimoni che bisogna spremere fiscalmente. La casa è un bene importante, primario e necessario, che va sostenuto attraverso sgravi fiscali, che diano vantaggio ai proprietari attuali, che possano mettere nelle condizioni di eliminare anche le rendite. Prima ho sentito parlare di rendite; si dia la possibilità di costruire su terreni messi a disposizione o che provengono direttamente dal mercato, senza trasformazione urbanistica; in questo modo si può eliminare la rendita e chiedere una quota di edilizia sovvenzionata o di edilizia convenzionata. È un'operazione facile, l'importante è impegnarsi.
La cosa che mi preme sottolineare è il fatto che, comunque, l'edilizia residenziale pubblica è una materia di competenza delle regioni; questo è un fatto acquisito, non possiamo pensare oggi, nel proporre questa proroga degli sfratti, di presentare - articolo 4 - una programmazione che accentra di nuovo i poteri su questo argomento. Accentrare a livello statale un tema come quello della casa sarebbe il più grande dei fallimenti a cui noi potremmo andare incontro in quest'aula. Credo che quel punto vada risolto; noi abbiamo chiesto addirittura uno stralcio, ma spero che si possa pensare a ben altro.
L'obiettivo di tutti quanti noi è comune: dare una casa a tutti, una casa ben qualificata. Nella X Commissione si sta parlando di risparmio energetico e penso che vada inserita la normativa ad esempio introdotta nella provincia di Bolzano; ma non voglio andare fuori tema.
Si vuole ingessare il mercato per trasferire tutto in mano pubblica; sarebbe un assurdo, un altro assurdo; guai ad ingessare il mercato con la proposta di realizzare edifici pubblici attraverso la mano pubblica! Il mercato è mercato, sia quello della compravendita immobiliare sia quello dell'affitto. Invece si dia una mano alle giovani coppie, ad esempio con uno sgravio sul saggio di interesse, che oggi è aumentato per mano della Banca europea; gli si dia un incentivo! Ricordo che nel 2003 vi è stato un boom perché avevamo un saggio di interesse che era molto basso - era quasi prossimo al 3 per cento e addirittura, in certi casi, arrivava al 2,8, 2,9 per cento -, e le giovani coppie, con gli stessi soldi con cui pagavano l'affitto, si compravano la casa. Mi riferisco a quei comuni che sono vicini ai diecimila abitanti.
Noi siamo contrari a questo provvedimento, a che sia estesa questa norma a tutti i comuni, comuni capoluogo, comuni limitrofi, fino ai diecimila abitanti (mentre prima avevamo i tre grandi capoluoghi e quindi l'emergenza abitativa veniva considerata in queste realtà). Il resto lo avevamo previsto anche noi (il discorso sui disabili, sugli ultrasessantacinquenni e sulla situazione familiare). Credo che si possa dare una risposta più ampia e più completa al sistema residenziale.
Penso che non ci si debba porre contro le banche in questo sistema. Le banche fanno il loro lavoro, sia nel settore delle abitazioni, sia in altri. Il problema non è dei costruttori, che bisogna mettere nelle condizioni di operare.
Nei comuni con circa diecimila abitanti, cui fa riferimento questa norma, ilPag. 66prezzo dell'edilizia convenzionata che realizza l'ente pubblico (i vari ATER) è pari a quello di mercato. Non mi pare che se ne discosti molto e che avvenga chissà quale calmierizzazione.
Addirittura, si è voluta richiamare la lettera m), secondo comma, dell'articolo 117 della Costituzione per affermare che lo Stato deve riaffermarsi in questo settore. Penso che non dovremmo percorrere questa strada, anzi, dobbiamo fare tutt'altro tipo di percorso, che è quello che ho sottolineato negli esempi precedenti. In tal modo, sicuramente avremo la possibilità di perseguire una politica della casa che vada a favore sia dell'emergenza degli affittuari, sia a favore di un mercato che dà lustro al nostro paese e che rende possibile anche una rivitalizzazione dell'economia.

PRESIDENTE. Onorevole Dussin, la Presidenza consente la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del suo intervento, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
La Presidenza e l'Assemblea rivolgono un saluto agli studenti dell'Istituto tecnico Manetti di Grosseto, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Bocci. Ne ha facoltà.

GIANPIERO BOCCI. Signor Presidente, il collega Foti, sempre garbato e puntuale nell'analisi politica, nel suo intervento ricordava come il disegno di legge oggetto dell'esame odierno sia stato in qualche modo al centro di un confronto costruttivo all'interno della Commissione. Lo hanno ricordato anche il collega Stradella e chi mi ha preceduto.
Il collega Foti, però, dimentica un aspetto, affermando che ci troviamo ad affrontare una situazione che ancora definiamo di emergenza. Egli dimentica che, negli anni di Governo del centrodestra, sul versante delle politiche abitative e della casa, nulla è stato fatto, se non - è bene ricordarlo - 5 decreti-legge e 5 proroghe, che non hanno risolto nessuna delle principali questioni che oggi sono state al centro del dibattito.
Il ministro Ferrero, con molta onestà, in Commissione ha precisato che il provvedimento all'esame è da considerare solo il primo tassello di una politica della casa molto più ambiziosa, che il Governo intende realizzare in questa legislatura.
Del resto, nel programma del centrosinistra, presentato agli elettori, le politiche abitative vengono considerate una priorità nazionale, capace di favorire l'accesso alla proprietà della casa da parte delle famiglie, soprattutto di quelle a basso reddito, attraverso scelte mirate, capaci di dare risposte positive ai nuovi fabbisogni che riguardano le famiglie monoreddito, gli anziani, i lavoratori, gli studenti e gli immigrati.
Per questo, mi sento di condividere quanto riferito dal ministro Ferrero sulla necessità di rilanciare la politica della casa, non soltanto con una riforma seria - e ce ne è bisogno -, non soltanto con il potenziamento delle iniziative di edilizia residenziale pubblica, ma soprattutto attraverso un grande e condiviso patto nazionale.
Si dovrà trattare di un patto finalmente concertato, dopo le esperienze non positive del Governo precedente. Dovrà essere, inoltre, un patto in grado di riunire tutti i soggetti del settore e di mettere insieme progetti seri ed innovativi, individuando altresì le risorse necessarie.
Ha fatto bene il Governo, quindi, a presentare il disegno di legge in esame, poiché rappresenta, innanzitutto, una risposta onesta all'emergenza sociale in atto. Si tratta, infatti, di un provvedimento che ha lo scopo di contenere, come ha ricordato il relatore, il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane.
Siamo in presenza, inoltre, di un disegno di legge che, finalmente, riesce a dare una risposta chiara anche alle obiezioni sollevate dalla Corte costituzionale e dalla stessa Corte europea dei diritti dell'uomo, questione precedentemente sottovalutata.
Vorrei rilevare, quindi, che, con il provvedimento in esame, si riesce finalmente a coniugare la tutela delle fasce sociali particolarmente disagiate con scelte e procedurePag. 67molto rigorose rispetto a quelle adottate nella precedente legislatura, nel corso della quale abbiamo assistito a numerose proroghe, che hanno cambiato di volta in volta la platea dei beneficiari ed i tipi di contratto cui applicare le proroghe stesse.
In questo caso, invece, come ho precedentemente ricordato, vi è l'ambizione di mettere in campo una vera concertazione, per lo sviluppo delle politiche della casa, tra i diversi livelli istituzionali. Si dovrà trattare di una concertazione che consenta di superare veramente la politica delle proroghe. Tutto ciò, tuttavia, dovrà avvenire avendo un forte senso di responsabilità, fornendo oggi risposte immediate e concrete a tutti coloro che si trovano in una situazione di emergenza.
Partendo proprio da tale consapevolezza, rilevo che, finalmente, si avvia un percorso capace di creare i presupposti per intraprendere scelte coraggiose, per recuperare un ruolo pubblico di indirizzo, per realizzare importanti programmi di edilizia sociale a favore del recupero delle città esistenti, nonché per effettuare interventi di edilizia pubblica finalizzati ad una locazione agevolata e selettiva, realizzabili anche grazie al ricorso a strumenti ed istituti che favoriscano l'intervento dei privati.
L'obiettivo, come del resto è scritto nel programma dell'Unione (ciò è stato più volte ricordato dai rappresentanti del Governo), è di essere sostanzialmente in linea con la media europea. Per questo motivo, sussiste la necessità di compiere un notevole sforzo convergente del Governo centrale, delle regioni e degli enti locali, attivando risorse finanziarie sia pubbliche, sia private.
A fronte di tale scenario, è chiaro che il presente provvedimento riesce a lanciare un segnale di discontinuità rispetto al passato. Il disegno di legge in esame, come dicevo, avvia seriamente il problema verso soluzioni positive.
Prima di terminare il mio intervento, signor Presidente, vorrei svolgere due brevissime riflessioni. In primo luogo, vorrei dire che concordo con alcune considerazioni formulate dal collega Foti. Egli, infatti, ha ricordato che, in materia di politiche abitative, le competenze sono attribuite alle regioni. È da evitare, quindi, ogni tentazione di riproposizione di un modello «centralista», mentre deve essere assolutamente confermato il ruolo programmatorio delle regioni.
Ritengo opportuno, a tale proposito, apportare alcuni miglioramenti al contenuto dell'articolo 3 del provvedimento in esame, il quale stabilisce che i comuni ad alta tensione abitativa (che vorrei ricordare essere, in Italia, più di 700) predispongano entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, d'intesa con le regioni, piani straordinari da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e della solidarietà sociale ed al ministro delle politiche per la famiglia.
Credo che, riguardo a tale aspetto, si possa fare di più e meglio, per non correre il rischio di raccogliere qua e là documenti, forse anche disomogenei, che magari denunceranno un elevato fabbisogno di edilizia residenziale pubblica ma che, una volta reperite le risorse, potrebbero condurre al finanziamento dei comuni direttamente da parte del Ministero competente in assenza di una forte ed autorevole logica di programmazione.
Sarebbe meglio, a mio parere, consentire alle regioni di predisporre, di intesa con i comuni, venti programmi regionali straordinari, e non circa settecento programmi comunali, al fine di costruire un quadro del fabbisogno nazionale più omogeneo e comparabile.
Anche la seconda riflessione è brevissima. Mi dispiace che non sia presente un rappresentante del Ministero delle infrastrutture. Credo che, su un tema complesso come questo, che vede concorrere insieme le competenze dei Ministeri della solidarietà sociale e delle infrastrutture, sia indispensabile che quest'ultimo svolga un forte ruolo di riferimento rispetto ai provvedimenti che vengono adottati. Del resto, la storia dell'edilizia residenziale e dei tavoli di concertazione tra le regioni e il Governo è stata sempre caratterizzata da una forte e autorevole presenza del Ministero delle infrastrutture.Pag. 68
Da questo punto di vista, bisogna far sì che, intorno a queste tematiche complesse e delicate, vi possa essere fino in fondo e seriamente il concorso di competenze diverse e che ciascuna porti il meglio di sé per concorrere a costruire traguardi importanti su un versante come quello delle politiche abitative, rispetto alle quali si misura non solo la qualità della vita di un paese, ma anche il livello e il profilo di uno Stato sociale.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Lupi, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, credo che non si debba perdere di vista la filosofia di questo disegno di legge, che a me sembra quella di superare l'emergenza, ma con un programma strutturale.
È ovvio che l'emergenza è nata dal voto che è stato espresso in Senato - non dobbiamo mai dimenticarlo! - in cui le opposizioni, a scapito dei ceti meno abbienti, hanno preferito non votare a favore del decreto-legge che disciplinava la materia.
Forse, dal male sorge un bene: un disegno di legge che, nel soccorrere l'emergenza, disegna un percorso strutturale.
Signor sottosegretario, non posso non ricordare che se oggi, in Italia, circa il 78 per cento delle famiglie è proprietario della propria abitazione ciò è dovuto, per oltre il 50 per cento, al sistema cooperativo. Questo è un dato Istat, ossia un dato ufficiale: oltre il 50 per cento degli italiani che possiede una casa di proprietà lo deve al sistema cooperativo.
Pertanto, occorre svolgere una riflessione sia sulla filosofia del disegno di legge in discussione sia sulla capacità del sistema cooperativo di dare queste risposte. Infatti, nel provvedimento in esame vi è la previsione di un programma nazionale di edilizia abitativa pubblica.
Mi rivolgo anche al relatore: presenterò degli emendamenti funzionali alla filosofia del disegno di legge e alla funzione del movimento cooperativo.
Spesse volte, Presidente Tremonti, vedo che la cooperazione non viene presa nella dovuta considerazione; eppure potrei dimostrare che la cooperazione ha salvato il nostro paese dalla recessione.
Oggi vi è un'onda, non ben delineata (questa è una considerazione squisitamente politica e personale), che cerca di relegare la funzione cooperativa ai margini, dopo che essa ha dato molto a questo paese e, come dicevo, nella fattispecie ha dato la casa alla maggioranza degli italiani: lo sanno bene gli italiani che abitano in stabili di cooperative edilizie, talvolta a proprietà divisa ma - attenzione! - (e qui veniamo all'aspetto più specifico del disegno di legge), talvolta a proprietà indivisa. Chi non può farsi una casa di proprietà, cioè, può usufruire del metodo cooperativo, che offre un sistema per fruire dell'abitazione senza averne la proprietà.
E qui che cosa ci dice il disegno di legge? Esso si rivolge, se non ho capito male, ai cittadini in determinate condizioni, ovviamente di sfratto, che hanno un reddito lordo familiare di 27 mila euro. Chiunque capisce che con un reddito di questo tipo non si può realizzare il sogno di sempre degli italiani, cioè quello di avere una casa in proprietà. Un reddito del genere (parliamo di reddito complessivo familiare) è incompatibile con un mutuo.
Ecco allora che la cooperazione dà una soluzione a questo problema con la proprietà indivisa, ovvero, il fruitore dell'alloggio non ne è proprietario, ma ne usufruisce, e gode quindi di una garanzia di continuità. Quindi, il disegno di legge, per il quale presenterò una proposta emendativa, ha una sua filosofia, una sua progettualità. Sta a noi realizzare le condizioni perché i cittadini meno fortunati, gli sfrattati, quelli che nel disegno di legge vengono anche annoverati tra le persone che hanno disabilità, che hanno problemi, vengano veramente aiutati e trovino una soluzione. E allora, l'emendamento che presenterò dirà che le centrali cooperative devono avere in quel comitato previsto, sePag. 69non vado errato, all'articolo 4, un rappresentante. Ora, su questo punto, signor Presidente, signor sottosegretario, noi dobbiamo conoscere la legislazione italiana, noi siamo i legislatori e dobbiamo conoscerla. Secondo la legislazione italiana, signor sottosegretario, non esiste la cooperazione.
La legge dice che le associazioni cooperative vanno riconosciute dallo Stato, che lo Stato, quando le riconosce, quando cioè riconosce ad una associazione rappresentanza, assistenza, tutela del movimento cooperativo, le conferisce la personalità giuridica.
Quindi, non basta scrivere nel disegno di legge «associazioni delle cooperative»: bisogna prevedere un rappresentante per ciascuna delle associazioni cooperative riconosciute giuridicamente, così come previsto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947. Ciò perché lo Stato non può fare atti che non siano coerenti con la propria legislazione. Ecco perché io presenterò questo emendamento, affinchè in quel disegno organico, cioè il programma nazionale, il movimento cooperativo sia organicamente privilegiato, e questo non perché lo dice l'articolo 45 della Costituzione, ma per i risultati che esso ha dato, cioè perché ha dato la casa al 50 per cento degli italiani; perché ha dimostrato di dare una casa ad un prezzo competitivo, e cioè accessibile alle famiglie di fascia medio bassa; perché ha gli strumenti adatti a dare la casa a chi ha un reddito di 27 mila euro lordi, e non perché esso debba essere privilegiato.
Vorrei, signor sottosegretario, che questo discorso si capisse: non dobbiamo scegliere la cooperazione solo perché lo dice l'articolo 45 della Costituzione o perché il centrosinistra è più portato verso le forme di solidarietà e di mutualità: no! Dobbiamo scegliere la cooperazione perché è più funzionale al raggiungimento dell'obiettivo che ci siamo dati attraverso la filosofia che appartiene al disegno di legge in esame.
Non si tratta di svolgere una difesa ad oltranza di qualcosa in cui credo: si tratta di scegliere lo strumento più adatto per dare risposte alle persone interessate. Se noi quella scelta l'avessimo fatta prima, signor Presidente Tremonti, se l'avessimo fatta prima, oggi avremmo già le risposte e non ci troveremmo in una situazione di emergenza! Dunque, lo strumento cooperativo è risolutivo, perché in passato ha dimostrato di dare le risposte...

PRESIDENTE. Onorevole D'Ulizia, essendo il secondo riferimento, la prego di considerare...

LUCIANO D'ULIZIA. Concludo...

PRESIDENTE. No, lei ha ancora otto minuti a disposizione. La prego solo di considerare, per cortesia, la non correttezza del riferimento, dato che presiedo, ad attività politiche. Io presiedo e la prego di non fare riferimenti...

LUCIANO D'ULIZIA. No, io non facevo riferimento a lei per il passato...

PRESIDENTE. Le sarei grato, comunque...

LUCIANO D'ULIZIA. Chiedo scusa, non facevo riferimento a lei...

PRESIDENTE. Io sono «neutrale». Può proseguire, grazie.

LUCIANO D'ULIZIA. Comunque, voglio precisare, Presidente, che non facevo riferimento a lei per il passato, ma lo facevo per il presente, cioè attirando...

PRESIDENTE. Onorevole, né per il passato né per il presente né per il futuro: la mia funzione in questa sede è assolutamente neutrale...

LUCIANO D'ULIZIA. Ma io mi rivolgo al Presidente! Mi devo rivolgere al Presidente!

PRESIDENTE. La prego di credere che non è la «cifra» su cui sia opportuno proseguire!

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LUCIANO D'ULIZIA. Se non è gradito, è un altro discorso! So che però di solito i deputati si rivolgono al Presidente, quindi io mi rivolgevo a lei non tanto per quello che lei ha rappresentato...

PRESIDENTE. Per questioni procedurali, non per il merito di questioni politiche! La ringrazio davvero per l'attenzione, ma credo sia il caso di proseguire!

LUCIANO D'ULIZIA. Voglio superare questa situazione, ma - lo ripeto - mi rivolgevo a lei come garante di un procedimento e le chiedo scusa qualora le abbia dato una sensazione diversa.
Il problema sta proprio nel fatto che dobbiamo andare verso soluzioni strutturali. Ormai è da tanti anni che vi sono le proroghe negli sfratti: al presente disegno di legge - lo ripeto - appartiene la filosofia per cui occorre arrivare ad una soluzione strutturale. Chi darebbe una casa ad un soggetto che, come è scritto nel testo in esame, non ha neppure i soldi per pagarla? Quale imprenditore del settore edilizio affitterebbe una casa dignitosa a chi avesse un reddito tale da rischiare di non pagare neanche l'affitto? La soluzione da me indicata, e da inserire nel disegno di legge in esame o nella legge che andremo a votare la prossima settimana, cioè l'inclusione organica del movimento cooperativo riconosciuto dallo Stato, è funzionale alla complessità del problema. A tale proposito, mi è stato detto che in Commissione, dove lo avevo presentato, l'emendamento che andava in tal senso è stato bocciato, probabilmente perché non è stato illustrato da nessuno.
Dunque, signor sottosegretario - spero di potermi rivolgere a lei, direttamente - la prego veramente di interloquire con il Governo per riferire che non si tratta di una questione in cui si mette in evidenza il sistema cooperativo perché - diciamolo pure - il centrosinistra è più sensibile al problema, al metodo e alle imprese cooperative; il motivo è in realtà che esso è più funzionale.
È chiaro poi - lo ribadisco e sottolineo questo aspetto - che abbiamo nel nostro paese una legislazione vigente sulla cooperazione, della quale, quando andiamo a tirare in ballo le rappresentanze cooperative, non possiamo non tenere conto. Per tale motivo dobbiamo rifarci al riconoscimento che lo Stato dà alle centrali o imprese cooperative che hanno - ma perché lo dice lo Stato e non perché lo dicono le centrali cooperative - la capacità di rappresentare il movimento cooperativo.
La mia richiesta, che formerà oggetto di uno o più emendamenti, è quella di accogliere fin dal nascere del programma questa proposta e di includere il sistema cooperativo come struttura organica rispetto a quel programma. Evidentemente occorrerà dare rappresentanza, nell'ambito del comitato, in base all'articolo 4 (che prevede un programma nazionale di edilizia pubblica abitativa) alle società cooperative giuridicamente riconosciute. Credo che il movimento cooperativo farà il suo dovere e darà risposte efficaci, economiche, sociali e quindi solidali.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Fasciani.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Grazie, Presidente. Vorrei ribadire alcune questioni contenute nella relazione. Ritengo positivo il lavoro fatto in Commissione, perché siamo riusciti, senza stravolgere l'impianto della proposta del provvedimento, a modificare delle parti che ne rafforzano alcuni aspetti. Rispetto invece alle questioni che rimangono in sospeso, peraltro citate nella stessa relazione e comunque sollevate in questa sede dai colleghi Foti e Dussin, credo che sarà mia cura, all'interno del Comitato dei nove, procedere ad una attenta valutazione di alcuni articoli, in particolare l'articolo 4,Pag. 71oltre alle questioni poste da Bocci circa le competenze delle regioni. Tengo inoltre a precisare il giudizio positivo della relatrice su questo provvedimento, che a mio parere non produce soltanto una «proroga per le proroghe», ma inserisce un meccanismo che consente anche all'Assemblea di cominciare ad intervenire sulla questione delle politiche abitative nel nostro paese.
L'intento del provvedimento non è quello di operare una stesura del piano per la casa, ma di mettere in piedi le condizioni per poterlo fare. Si tratta di una premessa che ritengo di dover fare e che per me è molto importante. Ciò muove nella direzione, nel rispetto di alcuni diritti sanciti dalla nostra Costituzione, che comunque credo siano sostenuti da tutti, del diritto alla casa per chi non ce l'ha, nella necessità del passaggio da casa a casa per chi è oggetto di procedure di rilascio o di sfratto e anche il principio della comparazione, stante le stesse condizioni, tra conduttore e locatore. Credo che in sede di Comitato dei nove potremo fare un lavoro costruttivo, come abbiamo fatto finora e verificheremo questi intendimenti nella seduta di martedì.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Grazie, signor Presidente. Il Governo esprime il proprio apprezzamento per il lavoro svolto dalla VIII Commissione, in particolare per il segnale di discontinuità che viene dato nel collegare il provvedimento in discussione, atto a ridurre in modo selettivo il disagio abitativo per particolari categorie sociali, ad una azione concertativa tra i vari soggetti istituzionali ed associativi, al fine di pervenire ad una soluzione di prospettiva durevole nel tempo. Il Governo condivide quindi quanto esposto dalla relatrice all'inizio della sua esposizione e anche nella replica successiva e si augura che l'approvazione del provvedimento avvenga nei tempi più rapidi possibili.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 960 - Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università (Approvato dal Senato) (A.C. 1961); e delle abbinate proposte di legge Angela Napoli; Aprea ed altri (A.C. 1399-1614) (ore 19.50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Angela Napoli; Aprea ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto della seduta del 12 dicembre 2006.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1961 ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari L'Ulivo e Forza Italia ne hanno chiesto l'ampliamento, senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto che VII Commissione (Cultura) s'intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, deputato Rusconi, ha facoltà di svolgere la relazione.

ANTONIO RUSCONI, Relatore. Signor Presidente, il provvedimento in esame, approvato in prima lettura dal Senato il 15 novembre scorso, è volto a modificarne la disciplina dell'esame di Stato conclusivoPag. 72dei corsi di istruzione secondaria superiore, novellando alcuni articoli della legge n. 425 del 10 dicembre 1997.
Il testo si compone di tre articoli. L'articolo 1 sostituisce le disposizioni contenute negli articoli 2 (ammissione agli esami di Stato), 3 (contenuto ed esito dell'esame) e 4 (composizione della commissione d'esame e sede di svolgimento degli esami) della predetta legge.
In particolare, con riguardo all'ammissione dei candidati, si introduce il vincolo della valutazione positiva in sede di scrutinio finale e dell'avvenuto recupero degli eventuali debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici; si prevedono nuovi requisiti per l'abbreviazione per merito dei cosiddetti «ottisti». A questi ultimi, oltre alla votazione di otto decimi in ciascuna disciplina nello scrutinio del penultimo anno di corso, si richiede infatti una votazione non inferiore a sette decimi in ciascuna disciplina nei due anni antecedenti ed una carriera scolastica priva di ripetenze.
Inoltre, si prevede la prescrizione della residenza nella località dell'istituto scolastico scelto quale sede di esame per i candidati esterni, con la previsione di sanzioni per il mancato rispetto della norma. In ordine alle prove d'esame, vi è invece un'accentuazione della dimensione tecnico-pratica della seconda prova per gli istituti tecnici, professionali ed artistici ed eventuale svolgimento della stessa anche in più di un giorno di lavoro; l'attribuzione della scelta delle prove nazionali al ministro della pubblica istruzione e la predisposizione dei modelli per la terza prova all'Invalsi (l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) con contestuale modifica delle competenze assegnate a quest'ultimo; la modifica della ripartizione dei punteggi fra i tre momenti di valutazione con incremento del «peso» attribuito al credito scolastico - che sale da 20 a 25 punti - e flessione del «peso» attribuito al colloquio orale - da 35 a 30 punti -, rimanendo invece invariato il punteggio attribuito alle prove scritte.
Il provvedimento in esame prevede quindi il ripristino della composizione mista delle commissioni di esame, con commissari interni ed esterni al 50 per cento, oltre al presidente esterno, al quale sono affidate non più di due commissioni-classe.
L'articolo 2 del disegno di legge prevede quindi una delega in materia di percorsi di orientamento, di accesso ai corsi di istruzione postsecondaria, della valorizzazione dei risultati di eccellenza, con la previsione di alcuni obiettivi (comma 1) e principi e criteri direttivi (comma 2). In particolare, si stabilisce di realizzare nell'ultimo anno del corso di studi percorsi di orientamento finalizzati alla scelta, da parte degli studenti, di corsi di laurea universitari e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, percorsi della formazione tecnica superiore, nonché percorsi finalizzati alle professioni e al lavoro (comma 1, lettera a)), prevedendo le modalità di raccordo tra le scuole delle predette istituzioni e i percorsi finalizzati alle professioni e al lavoro, da realizzarsi anche attraverso la partecipazione di docenti universitari e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonchè della formazione tecnica superiore (comma 2, lettera a)).
È previsto inoltre al comma 1, lettera b) il potenziamento del raccordo tra la scuola e le predette istituzioni di formazione post-secondaria, prevedendo apposite modalità per la partecipazione degli istituti di istruzione secondaria superiore alle prove di verifica per l'ammissione ai corsi di laurea e per il soddisfacimento degli eventuali obblighi formativi universitari, secondo il disposto del comma 2, lettera b), nonché, ai sensi del comma 1, lettera c), la valorizzazione della qualità dei risultati scolastici degli studenti ai fini dell'ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso, prevedendo che una quota del punteggio degli esami di ammissione ai corsi universitari ad accesso programmato sia assegnata agli studenti che abbiano conseguito risultati scolastici di particolare valore, nell'ultimo triennio e nell'esame di Stato, anche in riferimento alle discipline piùPag. 73significative del corso di laurea prescelto, e valorizzando le discipline tecnico-scientifiche (comma 2, lettera c)).
Il provvedimento fissa altresì l'obiettivo di incentivare l'eccellenza degli studenti, ottenuta a vario titolo sulla base dei percorsi di istruzione (comma 1, lettera d)), prevedendo incentivi, anche di natura economica, finalizzati alla prosecuzione degli studi, anche nell'ambito dell'istruzione e formazione tecnica superiore e individuando le modalità di certificazione del risultato di eccellenza (comma 2, lettera d)).
L'articolo 3 reca, infine, le disposizioni transitorie, finali, finanziarie e alcune abrogazioni. In questo senso, il comma 1 mantiene in vigore - per i candidati agli esami di Stato negli anni scolastici 2006-2007 e 2007-2008 - le disposizioni previgenti in materia di debiti formativi ed attribuzione del punteggio per il credito scolastico, cioè non saranno in vigore le norme previste da questo provvedimento; i commi 2, 4 e 5 recano invece le disposizioni di carattere finanziario. Con riferimento ai compensi per i membri delle commissioni d'esame, in fase di prima attuazione e nelle more delle norme contrattuali, viene stabilito un limite di spesa pari a 138 milioni di euro, cui si aggiungono 5 milioni di euro per le incentivazioni previste dall'articolo 2; a tali oneri si provvede, oltre che con la disponibilità di cui all'articolo 22, comma 7, della citata legge 28 dicembre 2001, n. 448, con le risorse destinate al piano programmatico per l'attuazione della legge Moratti. In particolare, quanto ad euro 63 milioni 810 mila, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 92, della legge n. 350 del 2003, e, quanto ad euro 38 milioni 950 mila, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 130, della legge, del 30 dicembre 2004 n. 311. Il comma 3 dispone invece l'abrogazione di alcune disposizioni incompatibili con le innovazioni introdotte dal provvedimento. Si tratta in particolare dell'articolo 22, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, in materia di composizione delle commissioni d'esame, ad eccezione dell'ultimo periodo contenente l'autorizzazione di spesa; dell'articolo 13, comma 4, e dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, riguardanti, rispettivamente, l'ammissione e alcune norme in materia di svolgimento dell'esame di Stato; dell'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, concernente le competenze dell'Invalsi in materia di predisposizione e gestione delle prove previste per l'esame di Stato conclusivo dei cicli di istruzione.
Il comma 6 riguarda, infine, l'entrata in vigore della legge. Al provvedimento in esame sono abbinate due proposte di legge di iniziativa parlamentare, l'atto parlamentare C. 1399, presentato dall'onorevole Angela Napoli, recante «Nuova disciplina degli esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore», e l'atto parlamentare C. 1614, presentato dall'onorevole Aprea e altri, recante «Modifiche alla legge 10 dicembre 1997, n. 425, in materia di esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore».
Se ne dà conto di seguito, evidenziando le differenze rispetto al provvedimento approvato al Senato.
Si segnala, in particolare, che la proposta di legge n. 1399 si compone di 14 articoli volti a ridisciplinare l'esame di Stato e le sue finalità nonché i requisiti di ammissione; quest'ultima è disposta dal consiglio di classe, con deliberazione motivata, a maggioranza dei due terzi dei componenti. Sono, quindi, dettate norme riguardo alla sede d'esame, alla valutazione del curriculum scolastico, allo svolgimento delle prove.
L'esame consiste in tre prove scritte e un colloquio vertente su tutte le materie dell'ultimo anno di corso; riguardo alla valutazione delle prove d'esame, è previsto che la commissione si divida in sottocommissioni e che assegni un punteggio fino a 45 punti per le prove scritte e fino a 30 punti per il colloquio.
La commissione d'esame è costituita da un presidente e, per due terzi delle disciplinePag. 74di esame, da commissari esterni (tratti da albi nazionali) per le restanti discipline da commissari interni, scelti a rotazione.
I compensi per la commissione d'esame sono stabiliti con decreto del ministro della Pubblica Istruzione. L'attuazione della disciplina introdotta dalla proposta di legge è demandata ad un regolamento ministeriale.
Si segnala inoltre che all'articolo 11 si prevede che i compensi per la commissione d'esame siano stabiliti con decreto del ministro della pubblica istruzione emanato di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze.
All'articolo 12 si prevede quindi la definizione, per gli alunni portatori di handicap, di prove equipollenti alle prove scritte o grafiche e tempi più lunghi per la loro effettuazione è demandata ad una ordinanza ministeriale.
L' articolo 13 demanda invece l'attuazione della disciplina introdotta dalla proposta di legge ad un regolamento ministeriale.
La proposta di legge n. 1614 si compone invece di quattro articoli che modificano i corrispondenti articoli della legge 10 dicembre 1997, n. 425.
All'articolo 1 - mi rivolgo all'onorevole Aprea, prima firmataria del provvedimento -, si richiamano le finalità dell'esame di Stato. All'articolo 2 si riprendono le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 226 del 2005, relative ai requisiti di ammissione all'esame, con il ripristino dello scrutinio di ammissione da parte del consiglio di classe e la previsione del superamento dei debiti formativi. Sono quindi dettate disposizioni relative ai candidati esterni nonché la disciplina per le abbreviazioni per merito. All'articolo 3 vengono definite le prove d'esame; le due prime prove scritte sono predisposte dalle istituzioni scolastiche coerentemente con il progetto educativo di istituto; la terza prova, a carattere pluridisciplinare e nazionale, viene predisposta dall'Invalsi.
Per il punteggio finale, la commissione dispone di 15 punti per la valutazione di ciascuna prova scritta e di 15 punti per la valutazione del colloquio. Ciascun candidato, secondo questo disegno di legge, può inoltre far valere un credito scolastico massimo di 40 punti.
All'articolo 4 si ripropone la commissione interna con un presidente esterno nominato dal Ministero della pubblica istruzione. Si segnala che all'articolo 11 si prevede che il presidente di ogni commissione d'esame sia nominato dal Ministero della pubblica istruzione.
Si rileva, innanzitutto, in questa sede, rinviando ad una successiva integrazione ulteriori considerazioni, che l'intervento di modifica alle norme di rango primario rende necessario l'adeguamento della normativa secondaria, già prevista dall'articolo 1 della legge n. 425 del 1997 (cui si è data attuazione con regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323).
Occorrerebbe valutare l'opportunità di prevedere una norma esplicita di autorizzazione all'adeguamento del predetto regolamento, anche intervenendo sul comma 2 dell'articolo 1 che reca la predetta autorizzazione. Con riferimento al provvedimento trasmesso dal Senato (A.C. 1961, oggetto di questa discussione) si segnala, in ogni caso già in questa fase, che il comma 1 del nuovo articolo 2 demanda ad un decreto del ministro della pubblica istruzione le modalità con cui gli alunni devono saldare i debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici per essere ammessi all'esame di Stato.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 19)

ANTONIO RUSCONI, Relatore. Il comma 1 del nuovo articolo 4 demanda invece ad un decreto, di natura non regolamentare, del ministro della pubblica istruzione le modalità e i termini per la definizione delle materie d'esame da affidare ai commissari esterni.
Si prevede, inoltre, che la commissione d'esame sia nominata dal dirigente dell'ufficio scolastico regionale sulla base di criteri determinati a livello nazionale.Pag. 75
Il comma 5 del nuovo articolo 4 demanda, poi, ad un decreto del ministro della pubblica istruzione, di natura non regolamentare, l'individuazione dei casi e delle modalità di sostituzione dei commissari e dei presidenti.
Il comma 10 del nuovo articolo 4 rimette, invece, alla contrattazione collettiva del comparto del personale della scuola la definizione della misura dei compensi ovvero, in mancanza di norme contrattuali al riguardo, ad un decreto del ministro della pubblica istruzione, adottato di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze.
Si aggiunge che, nel provvedimento trasmesso dal Senato e nel progetto di legge n. 1614, il coordinamento con la normativa vigente è sostanzialmente assicurato con la tecnica della novella.
Si segnala, peraltro, la necessità di provvedere al coordinamento formale dell'articolo 5 della legge n. 425 del 1997 con le modifiche introdotte dal provvedimento in esame.
Quanto al progetto di legge n. 1399, occorrerebbe valutare l'opportunità di formulare...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO RUSCONI, Relatore. ...le norme come novella alla legge n. 425 ovvero provvedere all'abrogazione del sistema.
Signor Presidente, poiché dovrei fare alcune puntualizzazioni concernenti i pareri, la pregherei...

PRESIDENTE. Dovrebbe farle rapidamente, perché ha esaurito il tempo a sua disposizione.

ANTONIO RUSCONI, Relatore. In tal caso, consegnerò il testo della relazione affinché ne sia autorizzata la pubblicazione in calce al resoconto della seduta.
Comunque, di fatto, c'è maggiore rigore nella prova d'esame, sono state recepite le osservazioni del Comitato per la legislazione e della Commissione affari sociali e si cerca di rispondere alla crescita esagerata del numero dei privatisti che hanno affrontato positivamente gli esame in questi anni. A tale proposito, basterebbe leggere il documento della Federazione italiana delle scuole cattoliche.
Non è secondario, infine - e concludo -, il fatto che, con il provvedimento in esame, il Governo torna a reperire, in un momento di grave difficoltà, risorse nuove ed aggiuntive per il mondo della scuola. Chiedo che la Presidenza voglia autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (Applausi).

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente senz'altro, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritta a parlare la deputata Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, il disegno di legge governativo in esame ha l'obiettivo di modificare le norme che disciplinano gli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, contenute nella legge 10 dicembre 1997, n. 425. Si ricorda che la predetta legge ha riaffermato un modello di scuola caratterizzato dalla valutazione qualitativa e quantitativa delle conoscenze, competenze e capacità acquisite dallo studente al termine del corso di studi e dalla verifica effettuata in sede di esame di Stato.
L'obiettivo del disegno di legge è quello di conferire all'esame di maturità ed al titolo conseguito il giusto valore legale, in modo che la votazione attribuita in sede di esame possa riflettere oggettivamente le competenze acquisite dal neodiplomato durante i cinque corsi di studio di istruzione secondaria superiore.Pag. 76
La trasparenza nella corrispondenza tra la verifica e la valutazione dei crediti formativi rappresenta la migliore chance, per lo studente, di porsi con dignità e serietà di fronte ai due maggiori interlocutori che, dopo il diploma di scuola superiore, contribuiscono alla sua specializzazione ed all'inserimento nel mondo del lavoro: l'università ed il mondo imprenditoriale.
Il ministro della pubblica istruzione aveva posto l'accento sul tasso delle cosiddette promozioni facili, alle quali si è fatto riferimento anche poco fa, che ha subito, negli ultimi quattro anni, una lievitazione significativa: si è passati dal 91,70 del 1999 al 94,30 del 2000, al 95,8 del 2001, e così via. La costituzione di commissioni con soli membri interni avrebbe reso i docenti sempre più autoreferenziali nella valutazione e nel proprio impegno di lavoro, improntato su una didattica statica e priva di ogni forma di confronto, le cui criticità riguarderebbero maggiormente le scuole non statali, nelle quali i docenti sarebbero stati sottratti all'abituale verifica ed al controllo della propria attività.
La formazione tutta interna delle commissioni avrebbe favorito, nelle scuole non statali, il fenomeno dell'abbreviazione per merito. Studenti che non hanno frequentato un regolare corso di studi sono stati ammessi al penultimo anno con otto decimi in ciascuna disciplina, per partecipare da esterni agli esami di Stato.
Il disegno di legge governativo applica ora elementi correttivi, attraverso modifiche, integrazioni o sostituzioni di alcuni articoli. Mi riferisco, in particolare, agli articoli 2, 3 e 4 della legge n. 425 del 1997.
Le modifiche apportate dal disegno di legge governativo riguardano di fatto tre aspetti importanti della disciplina degli esami di Stato: l'ammissione agli esami di Stato, il contenuto ed esito dell'esame, la commissione e la sede d'esame.
Il ministro aveva messo in luce gli elementi ispiratori dell'impianto normativo, vale a dire il valore legale del titolo di studio e la valutazione scolastica. Il valore legale è fondato su due pilastri: l'ordinamento didattico nazionale, che fissa le caratteristiche generali dei corsi di studio e dei titoli rilasciati e l'esame di Stato, che ha la funzione di accertare, nell'interesse pubblico generale, il possesso di determinate conoscenze e competenze.
I titoli di studio - come affermato dalla Lega Nord - sono attestazioni di idoneità che concludono un corso di studi e sono rilasciati a seguito di esami, atti di giudizio e valutazioni. Ai titoli di studio l'ordinamento attribuisce effetti giuridici; si tratta cioè di atti che, emanati dall'autorità scolastica nell'esercizio della funzione statale ed a seguito di appositi procedimenti valutativi prescritti dalla legge, determinano una certezza legale circa il possesso, da parte dei soggetti che siano muniti, di una data preparazione culturale e professionale. Certezza legale, valevole erga omnes, in virtù della quale tali titoli sono produttivi di effetti non solo nell'ambito dell'ordinamento scolastico - in quanto consentono la prosecuzione degli studi -, ma anche sul piano dell'ordinamento generale.
L'orientamento del disegno di legge, che pone l'accento sulla certificazione corretta del valore dei titoli di studio, mette in luce la contrapposizione esistente tra l'esigenza espressa da chi ritiene che la scuola debba avere una varietà di modelli e di esperienze educative e la prevalenza statale, basata sulla forza del valore legale di detti titoli. Si postula, in questo caso, che la scuola, per i suoi fini, è soprattutto al servizio della società, piuttosto che dello Stato. Allo Stato si chiede di rendere possibile la mobilitazione di tutte le forze educative del paese, al fine di accelerare il progresso civile stimolato dall'accelerazione dell'innovazione tecnologica.
In Italia, infatti, esiste un movimento della scuola libera, sostenuto dalla convinzione che occorra riformare l'ordinamento didattico in modo che le libere iniziative scolastiche provenienti dalla società possano esplicarsi liberamente integrando la diretta azione statale.
Su tale prospettiva convergono intellettuali le cui istanze culturali sono improntate ad un forte liberalismo, il movimentoPag. 77della Lega Nord, aree consistenti del mondo imprenditoriale e, di recente, movimenti cattolici impegnati in campo scolastico e formativo.
Nei paesi anglosassoni, a differenza di quanto accade nei paesi del diritto romano, vi è l'assenza di controllo sui curricula, mentre viene privilegiata la competizione di qualità delle istituzioni formative ai diversi livelli, visto che la valutazione del valore dei titoli è affidata al mercato e non allo Stato.
Il titolo di studio ha quindi un valore culturale e l'esame di Stato è importante per la valutazione delle capacità logiche, culturali, professionali e linguistiche acquisite al termine del corso di studi.
Anche il Governo di centrodestra aveva percepito l'esigenza di attuare un meccanismo di controllo rigoroso, interno ed esterno, capace di registrare le eccellenze e le difficoltà di apprendimento dello studente che, nel suo percorso, sarebbe stato aiutato da docenti debitamente formati.
Contare sulla costituzione di una commissione giudicatrice costituita anche da membri esterni, a nostro parere, risulta inefficace ed oneroso per le finanze dello Stato. La valutazione scolastica implica la conoscenza dello studente, anche sotto il profilo psicologico, emotivo, logico-razionale, oltre che culturale e professionale. Di conseguenza, solo un membro interno che si interfaccia con i propri colleghi, può emettere giudizi oggettivi completi. La valutazione sull'impostazione metodologico-didattica può e deve essere fatta durante il quinquennio dai docenti stessi, come previsto dalla normativa vigente.
Quanto alle critiche implicite rivolte ai docenti delle scuole non statali, antichi e nuovi modelli di parificazione scolastica pongono, comunque, il modello della scuola statale come standard di riferimento. La scuola non statale in Italia è libera per quanto riguarda l'istituzione e la gestione, ma non è libera per l'ordinamento, poiché tutte le scuole non statali sono costrette ad ottenere il riconoscimento del valore legale del titolo.
Il sapere è un progetto di una comunità educante, come diceva anche il ministro Berlinguer, capace di assegnare, di sollecitare, di incentivare un'assunzione di responsabilità nelle decisioni e nelle scelte da parte degli insegnanti.
Un'istruzione elevata per tutti, il modello inventato dagli ordini monastici, nei secoli precedenti tramandatoci anche attraverso l'intervento dello Stato, non funziona più, perché non funziona il sapere solo erogato, poiché occorre partecipazione anche per acquisire e produrre sapere. Il ministro considera i docenti interni arroccati nella stima di sé, autoreferenziali.
Vi è, invece, chi insiste sulla necessità di inserire gli insegnanti nell'autorganizzazione delle singole scuole. La qualità della scuola è, difatti, il risultato del consolidamento della sua autonomia. La scuola nella sua essenza di conoscenza e di costruzione del sapere, non può soggiacere ai mutamenti politici contingenti. È necessario sfatare l'immaginario collettivo che, immerso in un archetipo in cui si presenta un insegnante monolite che trasmette il sapere agli alunni che lo ricevono (chi più chi meno, a seconda della diversa capacità di contenerlo), considera la libera progettualità di ogni singola scuola una limitazione piuttosto che un'opportunità.
Si può mettere fine all'istituto del diploma facile, purché le singole istituzioni scolastiche e gli insegnanti siano capaci di abbandonare vecchie e logore abitudini mentali e di disegnare e progettare la scuola.
La Lega Nord Padania ha presentato diversi emendamenti, coerenti con la volontà di superare un modello scolastico ingessato ed impoverito, in quanto incentrato sulla scuola statale e chiuso ad altri apporti formativi, nonché astrattamente egualitario e, quindi, penalizzante per gli studenti più meritevoli.
Le proposte di modifica sono incentrate sul riconoscimento del contributo formativo di una pluralità di soggetti, anche nel momento della valutazione e mirano alla tutela della serietà dell'esame conclusivo, negando l'ammissione allo studente che non abbia sanato i debiti pregressi o chePag. 78abbia accumulato molte assenze. Ripresenteremo in Assemblea le istanze che non sono state recepite.
Ribadiamo la necessità di istituire commissioni interne che abbiano seguito l'intero iter dello studente, lasciando loro il beneficio di scegliere e gestire la terza prova d'esame. È altrettanto importante rinviare al prossimo anno scolastico l'entrata in vigore della riforma.
Il disegno di legge governativo discrimina le scuole paritarie, perché i soggetti destinatari della nomina a commissario esterno all'istituto ed a presidente sono scelti tra coloro che provengono, esclusivamente, dagli istituti di istruzione secondaria superiore statale.
L'articolo 97 della Costituzione recita testualmente: «Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso». Riteniamo peraltro che, negando agli insegnanti interni la possibilità di partecipare alle commissioni d'esame, sia ravvisabile una pregiudiziale di incostituzionalità. Ribadisco con vigore che le scuole paritarie fanno parte, quanto quelle statali, del sistema nazionale, tanto che sono abilitate a rilasciare titoli aventi valore legale.
Per quanto attiene ai docenti, ribadisco ulteriormente che l'attuale sistema di reclutamento dei docenti prevede il doppio canale, vale a dire quello dei cosiddetti concorsuati e quello dei cosiddetti precari storici. D'altra parte, le assunzioni avvengono per il 50 per cento attingendo alle graduatorie di merito, costituite da docenti che hanno partecipato al concorso ordinario, e per il restante 50 per cento attingendo alle graduatorie permanenti, delle quali fanno parte sia i docenti che hanno superato il concorso ordinario, sia quelli che hanno partecipato a corsi abilitanti riservati, nonché attingendo ai cosiddetti sessini. Quindi, fatta eccezione per una piccola quota di docenti che prestano servizio sotto forma di volontariato o con contratti di prestazione d'opera, posseggono anch'essi una posizione giuridica identica a quella detenuta dai docenti delle scuole statali. In caso contrario, i docenti delle scuole paritarie non potrebbero far parte delle commissioni degli esami di Stato, in veste di commissario interno. Dunque, restano forti le riserve di carattere costituzionale su questo disegno di legge, anche alla luce delle normative vigenti in materia di formazione delle graduatorie e di assunzione di personale docente nelle scuole.
Desidero inoltre ribadire che la legge 10 marzo 2000, n. 62, recante norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione, recita che «Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione, dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita». Il disegno di legge governativo in esame, invece, viola il predetto principio di parità, discriminando, attraverso l'esclusione dalla partecipazione agli esami di Stato, i docenti delle scuole paritarie.
Quindi, alla luce di tutte queste considerazioni, in Commissione mi sono astenuta sulla votazione del provvedimento, in attesa di vedere come verranno accolte in quest'aula le nostre proposte emendative. Dopodiché, vedremo come formulare il nostro giudizio su questo provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare è il deputato Volpini. Ne ha facoltà.

DOMENICO VOLPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il relatore ha ben illustrato il disegno di legge in esame in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore. Mi limiterò a mettere in rilievo soltanto alcuni aspetti che mi sembrano qualificanti. Innanzitutto, con questo provvedimento si cambia la filosofia di fondo dell'istruzione in Italia, rispetto a quella introdotta dal ministro Moratti nella scorsa legislatura. Viene riaffermata, indirettamente, l'importanza del valore legale del titolo di studio. In Italia, il valorePag. 79legale del titolo di studio è stato sempre a presidio di uno standard medio dell'istruzione, cha ha unificato gli studenti italiani su tutto il territorio nazionale. Il livello minimo di istruzione per passare l'esame di maturità è stato garantito, a livello di tutto il territorio nazionale, proprio dall'esame di Stato.
A differenza di ciò che accade in altre nazioni, per lo studente italiano che è possessore di un diploma di maturità si sa che, ovunque lo abbia preso, egli ha quel livello d'istruzione sufficiente per poter proseguire nei suoi studi e per poter svolgere in modo soddisfacente, sia dal punto di vista di cultura generale sia dal punto di vista delle conoscenze, la propria vita di cittadino italiano al livello di istruzione che ha raggiunto.
Non è così in altre nazioni; in altri sistemi dove la garanzia della validità dell'istruzione raggiunta dipende semplicemente dalla variabile costituita dall'istituto scolastico; infatti, se uno studente ha frequentato un istituto scolastico di grande prestigio e di grande rilievo, sarà una persona che viene giudicata di alto livello; se invece ha frequentato un istituto diverso, ma sempre dello stesso grado, può essere giudicato semianalfabeta. In Italia questo non è avvenuto e il livello dei nostri studenti è soddisfacente su tutto il territorio nazionale se raggiungono il diploma; però, questa garanzia viene data proprio dall'esame di Stato. La scuola dà l'istruzione, educa, sviluppa e forma culturalmente e l'esame di Stato sostenuto di fronte ad una commissione composta da insegnanti che diventano funzionari dello Stato perché svolgono una funzione specifica di verifica e di controllo del livello raggiunto, assicura una valutazione omogenea di carattere nazionale, non lasciandola ai singoli istituti. Questo ha un'importanza enorme che io ho potuto constatare realmente durante gli anni della mia permanenza all'università di Bologna come coordinatore del progetto Erasmus di antropologia, che poneva in contatto dieci università italiane e straniere; in quell'occasione, infatti, i nostri studenti venivano giudicati - dalle lettere che ricevevamo - aventi una formazione di scuola media superiore omogeneamente superiore a quella di altri Stati. Gli altri avevano al loro interno studenti che raggiungevano picchi molto elevati ed altri che, pur possedendo la maturità erano, non dico semianalfabeti, ma molto scadenti; questo, invece, da noi non è successo. Per questo noi ci teniamo a riaffermare in questo provvedimento il valore del titolo di studio e dell'esame di Stato come strumento per dargli valore e validità.
Nell'esame in Commissione sono state rivolte varie osservazioni a questo provvedimento, ma in questa sede mi limiterò soltanto a rispondere a qualcuna di esse. Il primo luogo, molti si sono domandati perché i commissari esterni devono essere soltanto - come prevede il provvedimento - gli insegnanti delle scuole pubbliche e non anche quelli delle scuole paritarie osservando che, in questo modo, viene violata la parità. A mio avviso, non viene violata la parità per un semplice motivo: l'esame di Stato non è una funzione specifica del singolo istituto, ma è una funzione specifica dello Stato che, a suo giudizio, può scegliere i commissari che ritiene più opportuno possano svolgere questa verifica.
È importante, invece, soffermarsi sulla precisazione dell'articolo 4, comma 10, dove si parla della retribuzione dei commissari. È ovvio che essendo i commissari - tutti e sei più il presidente - nel loro specifico ruolo, non di insegnanti di una singola scuola, ma di funzionari dello Stato, chiamati a svolgere una funzione specifica dallo Stato, debbano essere pagati dallo Stato.
L'articolo 4, comma 10, afferma, in fine, che l'onere per il compenso dei commissari esterni, i quali provengono dalle scuole dello Stato, è a carico dello stesso Stato. Questo significa non che gli altri commissari non debbano essere retribuiti ma che lo Stato si deve far carico di retribuire i commissari esterni, anche se sono già dipendenti pubblici, in quanto sono impiegati in un ruolo e in una funzione diversi da quella specifica delPag. 80loro insegnamento. La ragione è nel fatto che, nella scorsa legislatura, il Ministero non ha stanziato i fondi e non ha retribuito i commissari. Noi riteniamo che anche tali commissari, e non solo quelli privati chiamati a svolgere questo ruolo e questa funzione statale, debbano ricevere un compenso, nonostante siano dipendenti dello Stato.
Mi sembra, inoltre, molto importante tutta la disciplina relativa agli esami di maturità dei cosiddetti privatisti ossia degli studenti esterni. Anche a questo riguardo, si cerca di individuare meccanismi di contenimento del fenomeno specifico che si è verificato negli ultimi due o tre anni. A torto, i «diplomifici» sono diventati scuole paritarie; infatti, la parità avrebbe dovuto essere riconosciuta alla scuola nel suo complesso e non al singolo corso considerato regolare, a fronte della irregolarità di tutto il resto. Questi istituti, che rappresentano, secondo una espressione tecnica, una piramide rovesciata, devono essere esclusi dalla parità, in modo da impedire quanto, invece, è accaduto, cioè lo svolgimento di esami di maturità per cinquemila studenti a fronte della organizzazione di corsi regolari per soli cinquecento studenti. Ciò accadeva perché la commissione, allora, era interna ed aveva la libertà di giudicare e di promuovere gli studenti a proprio piacimento. Con questo provvedimento, si stronca il fenomeno e si colpiscono anche questi «diplomifici» - finché il ministro non adotterà un provvedimento di esclusione in base alla legge n. 62 del 2000 - in quanto la commissione sarà costituita con una maggioranza di commissari esterni che, quindi, giudicheranno in modo adeguato i candidati esterni. Inoltre, il provvedimento prevede che i candidati esterni, nel numero massimo di 35 studenti, debbano essere esaminati nelle scuole statali o paritarie. Mi sembra che lo Stato possa prendersi questa libertà di organizzarsi nel modo migliore per garantire la verifica del livello raggiunto dagli studenti interni o esterni, in quanto si tratta di un esame di Stato.
A mio avviso, ha una rilevanza anche l'articolo 4, comma 12, che prevede sistematiche e costanti verifiche e monitoraggi sul regolare funzionamento degli istituti statali e paritari. Tali istituti, infatti, fanno parte entrambi del sistema nazionale dell'istruzione e svolgono un servizio pubblico. Pertanto, devono essere sottoposti a valutazioni e monitoraggi costanti. Questa esigenza, molto importante, si colloca all'interno del concetto stesso di parità scolastica.
Concludo, signor Presidente, affermando che proprio gli aspetti del disegno di legge al nostro esame ritenuti particolarmente negativi da determinate forze del centrodestra, a mio avviso, sono quelli maggiormente qualificanti ai fini della serietà del sistema e per il bene dell'istruzione nazionale.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel trattare questo provvedimento è indubbio che non si può non fare riferimento ad un quadro più generale relativo a tutto il nostro sistema educativo. E subito si rileva che sarebbe stato più opportuno che questa riforma degli esami di Stato, più comunemente chiamati esami di maturità, fosse integrata in una riforma della scuola superiore secondaria più organica e più completa.
Questa è sicuramente la prima obiezione che mi preme fare al Governo. Ancora una volta si interviene in un settore così delicato come quello dell'istruzione in modo frammentario e senza una visione di insieme. Si parte un po' dal fondo, mentre l'esame dovrebbe essere il momento finale e bisognerebbe arrivarci con una riforma organica ed armonica.
Voglio sottolineare in questa sede il senso di responsabilità con il quale l'opposizione ha affrontato l'esame di questo disegno di legge fin dalla discussione, che si è svolta in Senato, poi in Commissione alla Camera ed infine in Assemblea. È stata una opposizione costruttiva, che èPag. 81ben consapevole di come questo provvedimento interessi milioni di giovani studenti, con le loro relative famiglie, e migliaia di insegnanti.
Non abbiamo voluto ricorrere a forme ostruzionistiche, perché riteniamo che la scuola sia un bene comune, che non debba essere oggetto di una battaglia politica di parte.
Anche nella VII Commissione il dibattito è stato serrato e comunque devo dare atto anche al rappresentante del Governo che è stato un dibattito costruttivo. Questo, però, non mi impedisce di affermare che se venissero accolti gli emendamenti presentati dall'opposizione, il disegno di legge governativo avrebbe un notevole miglioramento. Anche nella discussione che si è svolta al Senato, Alleanza Nazionale in particolare ha presentato alcuni emendamenti molto importanti e qualificanti, che sono stati accolti; uno su tutti è quello sulla valutazione delle basi culturali generali degli studenti. Questa è un'innovazione alla quale Alleanza Nazionale tiene molto. Gli studenti dovranno dimostrare di avere delle basi culturali generali; ciò è importante per garantire una preparazione che consenta loro di affrontare non soltanto i successivi corsi universitari o il mondo del lavoro, ma la vita tout court.
In questa sede, però, giova ricordare come gli aspetti innovativi più rilevanti, quelli che anche a dire della maggioranza sono stati gli impianti innovativi di questo provvedimento, erano già contenuti nella riforma Moratti, riforma sospesa da questa maggioranza e da questo Governo; per esempio, lo scrutinio di ammissione, il potenziamento del rapporto con l'università, previsto nella legge 28 marzo 2003 n. 53, la necessità di recuperare tutti i debiti pregressi, la norma sugli «ottisti», atta a scoraggiare i «diplomifici». Quindi, ancora una volta non comprendiamo l'approccio che la maggioranza e il Governo stanno avendo verso una riforma che era innovativa e si inseriva in un sistema complesso. Si cerca di smantellarla pezzo per pezzo e, anche in questo caso, ne abbiamo avuto la dimostrazione.
La novità sostanziale introdotta dalla maggioranza sembra essere la reintroduzione dei commissari esterni, almeno per quanto riguarda la metà della commissione. Alleanza Nazionale è sicuramente d'accordo con la reintroduzione dei commissari esterni, per la garanzia di una valutazione più seria. Sappiamo che spesso e volentieri lo studente ha bisogno di un approccio e di una prova non soltanto culturale e didattica, ma molte volte anche psicologica ed esistenziale, rappresentata da un ostacolo esterno (in questo caso, il commissario). È un po' poco, però, se l'innovazione si riduce solamente a questo.
Negli emendamenti presentati in Commissione ci siamo rifatti alla proposta dell'onorevole Angela Napoli, chiedendo che la commissione d'esame fosse composta per due terzi da membri esterni, oltre al presidente, e, per un terzo, da membri interni.
Non credo, tuttavia, che questo sia il cuore del problema, anche se le modalità in base alle quali vengono scelti territorialmente i commissari esterni dà luogo, a mio avviso, a disagi, in quanto ci deve essere una garanzia che i commissari esterni non appartengano alla stessa zona territoriale, per evitare di determinare situazioni di disagio o che vi siano interessi che potrebbero penalizzare gli studenti e tutto il sistema selettivo ed educativo della scuola in quel territorio.
Se questa è la novità, è sicuramente riduttiva se si limita solo alla previsione dei commissari esterni senza prevedere norme che garantiscano una valutazione oggettiva della prova. Ecco, a mio avviso, la chiave contraddittoria di questo provvedimento. Noi crediamo che, per garantire l'oggettività, sia necessario istituire una terza prova, organizzata e garantita da un ente esterno, nello specifico l'Invalsi.
Questo, per noi, è sicuramente un passaggio importante. Sulla terza prova è stato presentato un emendamento da tutti i componenti in Commissione della Casa delle libertà, che è già stato respinto. Mi voglio soffermare proprio su questo passaggio, perché ritengo la limitazione relativaPag. 82all'organo dell'Invalsi, in questa sua modalità e dotazione, relativamente alla terza prova esterna, l'occasione mancata di questa riforma dell'esame di Stato.
Mi chiedo che senso abbia prevedere una terza prova gestita solo dalla scuola, internamente. Sarebbe ben diverso, invece, aver concepito una prova omogenea per tutte le scuole su tutto il territorio nazionale. All'interno della scuola ci sono già stati i tempi e i modi per valutare l'alunno. Diverso sarebbe prevedere un altro ente esterno, ossia la terzietà, che garantisca l'oggettività.
Un altro grave vizio di questo provvedimento - ne ha già parlato la collega della Lega Nord precedentemente - è la posizione sulle scuole paritarie. La mancata inclusione degli insegnanti delle scuole paritarie nelle commissioni di esame rappresenta, per Alleanza Nazionale, una grave discriminazione ai loro danni.
Le scuole paritarie statali, per legge, sono sullo stesso piano. Ci troviamo, quindi, dinanzi al paradosso che i docenti delle paritarie possono svolgere il ruolo di membri interni, ma non quello di membri esterni. Su questo aspetto sono stati presentati degli emendamenti. La discussione è importante, anche perché va a toccare un problema che è già stato ampiamente dibattuto, ma che non vorrei fosse gestito soltanto da un punto di vista ideologico.
Quello che dicevo all'inizio di questo intervento, cioè che la scuola è un bene comune, vale anche per le modalità di scelta degli insegnanti e per l'eliminazione di alcuni aspetti discriminatori.
In conclusione, questo provvedimento è insoddisfacente, perché si tratta di una misura provvisoria, in attesa della riforma della scuola secondaria superiore. Che si tratti di provvisorietà si riscontra nelle pieghe di tutta la riforma di questo esame. Auspichiamo, però, che in Assemblea venga compiuto uno sforzo comune per eliminare questi difetti.
Non abbiamo fatto ostruzionismo, né intendiamo farlo durante la discussione che seguirà. È evidente, però, che, se non venissero accolti alcuni dei nostri emendamenti di merito e qualificanti, si perderebbe una grande occasione per migliorare la nostra scuola e per presentare ai giovani un modello di esame di Stato che li introduca nel mondo del lavoro e dell'università con una preparazione adeguata ai modelli europei più avanzati, con l'insostituibile valore aggiunto dato dalla nostra cultura, dalla nostra tradizione e dalla nostra storia (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata De Simone. Ne ha facoltà.

TITTI DE SIMONE. Signora viceministro Bastico, vorrei innanzitutto esprimere la soddisfazione mia personale e del mio gruppo per il fatto che, proprio in queste ore, è stato presentato al Senato il maxiemendamento al disegno di legge finanziaria. Così facendo, siamo riusciti a compiere una scelta importante, poiché detto maxiemendamento prevede, per quanto concerne la situazione dei precari nel mondo della scuola, una correzione che era molto attesa e per la quale noi ci siamo spesi.
Riteniamo importante tale correzione, la quale trasforma le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, poiché garantirà ai precari della scuola, vale a dire a coloro che insegnano e sul cui lavoro si basa gran parte del funzionamento del sistema educativo, di poter avere certezza dei diritti acquisiti ed un futuro stabile.
Mi sembra si tratti di un fatto importante, che deve essere sottolineato e che bisogna inquadrare nell'ambito delle misure importanti che stiamo adottando, perché attengono alla scuola pubblica ed al sistema dell'istruzione.
Ritengo, dunque, che il provvedimento in esame rientri nell'ambito del percorso delineato dal programma dell'Unione. Devo dire, sotto questo punto di vista, che mi dispiace che, in questo paese, continui ad esservi una forte disattenzione, da parte dei mass media, rispetto al tema della scuola. A mio avviso, deve essere svolta una riflessione politica su tale problematica:Pag. 83in questo paese, infatti, la scuola non riesce ad irrompere al centro del dibattito politico. Si tratta, secondo me, di una questione sulla quale dobbiamo interrogarci ed indagare.
Osservo che la scuola irrompe nelle cronache solo nel momento in cui emergono i casi - ovviamente, preoccupanti - di bullismo, oppure se, con l'aiuto di qualche autorevole mezzo di informazione (come si usa fare in questo periodo), qualche economista, da una cattedra «autorevole», usa spiegare al paese che gli insegnanti sono una massa di lavoratori nullafacenti e che, in particolare, bisognerebbe sbarazzarsi in qualche modo dei docenti precari!
Si tratta, naturalmente, di teorie che ci preoccupano e che non condividiamo assolutamente; tuttavia, vogliamo rilevare come sia preoccupante che si parli della scuola spesso, o addirittura soltanto, in questi termini. Ci auguriamo, pertanto, che vi sia interesse nei confronti di un provvedimento che riteniamo importante, anche se registriamo una certa disattenzione.
Affermiamo ciò perché ricordo che, da sempre, insistiamo sul fatto che la scuola ha una stretta relazione con la Costituzione «materiale» del paese, oltre che con quella «formale». Essa rappresenta, dunque, un elemento fondamentale del nostro sistema democratico, e coloro che vi lavorano sono parte di tale Costituzione «materiale».
Pertanto, la nostra posizione sulla centralità del sistema pubblico dell'istruzione è dettata non da un furore ideologico, bensì da un'idea di società, di convivenza civile e di costruzione di un processo democratico inclusivo che fa sì che la scuola rappresenti un elemento trainante di tutto ciò.
Il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea è favorevole al disegno di legge in esame, che considera importante ed urgente. Ciò perché, come è stato sostenuto in altri interventi, esso corregge significativamente alcuni punti della normativa vigente, ed è chiaro che tali correzioni dovevano essere apportate.
Vorrei rilevare che il disegno di legge in esame corregge la previgente legislazione perché, innanzitutto, restituisce valore all'esame di Stato. Dal nostro punto di vista, infatti, esso era stato minato dalla riforma precedentemente varata. Il provvedimento in oggetto, inoltre, rivaluta un elemento per noi fondamentale, come il valore legale del titolo di studio.
Esso, quindi, contrasta attivamente la pratica dei «diplomifici» e quella tendenza europea ad abolire il valore legale del titolo di studio. Non è una tendenza qualunque, e non è nemmeno innocente. Né si può dire che in Italia tale tendenza non trovi anche dei simpatizzanti, per così dire, e non solo tra le file del centrodestra, ma, a volte, anche tra quelle del centrosinistra.
Tuttavia, questa tendenza - che va contrastata - è parte integrante ed una delle conseguenze meno innocenti della pratica neoliberista, che tende a deprimere la forza lavoro ed a rendere più fragili le tutele dei lavoratori, anche di quelli intellettuali (peraltro, la questione del lavoro intellettuale andrebbe affrontata in modo molto più organico e complesso). Essa è volta a deprimere la mobilità sociale che ha caratterizzato l'Italia nell'ultimo scorcio di quello che è stato definito il «secolo breve», quando le masse popolari sono riuscite ad entrare nella scuola e il sistema dell'istruzione ha assunto una diversa portata e un diverso valore.
Tuttavia, rispetto a questo provvedimento - lo vogliamo dire - vi sono alcuni punti che non condividiamo e, pertanto, in Commissione abbiamo presentato alcuni emendamenti che abbiamo riproposto, in forma ridotta, in Assemblea. In questo dibattito è riemersa la questione della legge di parità ed abbiamo presentato al riguardo degli emendamenti correttivi. Vorrei fare solo un accenno al tema: allora, non abbiamo condiviso quella legge - non è mistero ed è chiaro a tutti - e oggi continuiamo a nutrire delle riserve.
Devo dire che tale aspetto non assume un valore specifico solo per noi. E non è nemmeno l'amore per la laicità dello Stato - che pure abbiamo, ed è forte - che ciPag. 84spinge a considerare il primato dell'istruzione pubblica su quella privata. È qualcosa di più complesso e di più significativo dal punto di vista della tenuta di un sistema democratico ed efficiente per tutti, che garantisca a tutti gli stessi diritti e le stesse opportunità.
Noi, dunque, pensiamo che, in nessun caso, si possa dire che la scuola paritaria sia identica alla scuola pubblica. Lo sosteniamo per una serie di ragioni, anche perché, come ben sappiamo, nell'ambito di queste due settori vi è un diverso sistema di reclutamento degli insegnanti. Avremmo certamente preferito che il provvedimento in discussione, ad esempio, su un aspetto che incide sul tentativo di scoraggiare i «diplomifici» e di ridare serietà all'esame conclusivo, avesse previsto la presentazione degli esterni all'esame di maturità esclusivamente nella scuola pubblica. Lo abbiamo sottolineato anche con un emendamento, che abbiamo voluto ripresentare all'attenzione dell'Assemblea.
Naturalmente, siamo consapevoli che questo provvedimento riveste carattere di urgenza e vogliamo garantire che, alla ripresa delle lezioni, le scuole possano avere la certezza di un nuovo sistema su cui organizzare i prossimi esami. Quindi, è importante che questo disegno di legge venga approvato dalla Camera, prima della sospensione prevista per la pausa festiva, nel testo licenziato dal Senato.
Infine, vogliamo dire che, a nostro giudizio, il provvedimento in discussione è positivo, perché interviene anche su alcuni aspetti della riforma Moratti ed è, a nostro avviso, uno degli strumenti con cui questa maggioranza e questo Governo stanno intervenendo nella direzione di modificare e correggere elementi di controriforma introdotti nella precedente legislatura.
Esso interviene sulla riforma Moratti nella sua filosofia profonda, che credo debba costituire in modo particolare oggetto di riflessione. Alla base di questa filosofia vi è l'idea che la conoscenza sia un bene da privatizzare, da destinare alle élites, da mercificare.
Questo era l'elemento di fondo, la cultura, la filosofia di fondo che ha informato tutta la politica del precedente Governo, e che ha informato tutte le parti della riforma Moratti, compreso ciò che era previsto per gli esami di maturità. Questa è la concezione fondamentale che ci divide, che divide oggi questa maggioranza da questa opposizione, perché la conoscenza, per la sua natura profonda, non può essere soggetta ad una logica di mercato, non può essere soggetta ad interessi di parte, non può essere soggetta ad una filosofia classista, e ad una filosofia di élite. La conoscenza ha una funzione di promozione democratica soltanto nella misura in cui diventa un elemento di diffusione e di coesione sociale più forte, non di divisione. Quindi, su questi punti, che noi riteniamo essere degli architravi fondamentali, si costruisce il nostro percorso, si costruisce anche questo provvedimento, e dunque, per questa ragione noi esprimeremo (pur in presenza di elementi di critica e con il contributo che abbiamo voluto presentare), in complesso, un giudizio positivo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, colleghi, personalmente, la valutazione di questo provvedimento tiene conto del fatto che qualche passo avanti è stato fatto (peraltro il percorso era già stato avviato con il Governo Berlusconi e il ministro Moratti, con la sua riforma; ne è buon testimone l'onorevole Aprea, allora sottosegretario). Il Governo precedente ha cercato di inserire degli elementi di novità volti proprio a restituire all'esame di Stato una maggiore serietà e soprattutto a dare dignità ai vari corsi di studio, con il riconoscimento appropriato e adeguato dei meriti conseguiti durante il quinquennio curricolare. In questo senso, credo che questo provvedimento rechi in sé degli elementi da valutare positivamente. Sono timidi elementi che però, ripeto, sono già stati preceduti da scelte qualificanti (non lo dico perché appartengo ad una parte politica), del precedente Governo.
È bene ricordare la qualità degli studi, il basso livello raggiunto dagli studi inPag. 85Italia, per effetto di una politica di buona parte della sinistra, attraverso i suoi insegnanti aderenti alla CGIL scuola, che ha scelto di fare della scuola uno strumento di lotta politica, dequalificando la qualità degli studi, abbassandone conseguentemente il livello, trasformando la scuola italiana non in un luogo dove si fa cultura, si cerca di insegnare la cultura, l'educazione, la formazione dei giovani, ma in un terreno di scontro e di lotta politica.
Occorre fare riferimento a questo, anche se oggi non è politically correct ribadirlo, perché dobbiamo partire da questo per fare una valutazione seria del perché si è giunti a questo tipo di esame, del perché io sento dei deputati, come la collega che mi ha preceduto, che improvvisamente scoprono la serietà degli studi, dopo che tanti amici di partito in questi anni, parlo degli ultimi venti anni, si sono divertiti, come dire, a gratificare i ministri che hanno gestito un settore delicato come la pubblica istruzione, di tutta una serie di accuse, improperi, soltanto perché si ponevano l'obiettivo di fondo di garantire una maggiore preparazione agli studenti, una serietà maggiore degli studi (e quindi si opponevano al voto garantito per tutti, alla sufficienza garantita per tutti, alla contestazione globale, eccetera).
Lo ripeto: sono elementi che la sinistra ci ha regalato negli ultimi vent'anni, costringendo a ripensare se stessa e a meditare sullo sfascio della scuola italiana, con eccezioni significative, ma che di fatto è stato tale negli ultimi anni, con un livello medio di preparazione che lascia alquanto a desiderare.
Le statistiche dell'Unione europea al riguardo sono emblematiche. Credo che il Governo Prodi stia cercando di correre ai ripari con il provvedimento in esame con un evidente ed esplicito atto di mea culpa, proponendo misure con elementi migliorativi, volti al recupero di una maggiore serietà. Non siamo certo qui a misconoscere quegli elementi che contribuiscono a dare all'opinione pubblica italiana, soprattutto alla scuola e agli studenti, uno strumento per acquisire maggiori competenze e, soprattutto, a verificare la loro preparazione in previsione di uno sbocco universitario o comunque lavorativo che dovrà consentire loro di emergere. Ritengo, dunque, che questo vada riconosciuto in parte, partendo da presupposti che, a mio modo di vedere, sono imprescindibili e che servono non per fare polemica, ma per ristabilire la realtà delle cose e per dirle con estrema chiarezza.
Alla luce di ciò - ed è vero, basta fare un brevissimo excursus degli ultimi tre anni - si constata il progressivo decadimento della qualità degli esami di Stato negli ultimi anni, al quale si è posto rimedio con una serie di provvedimenti che ho prima citato.
In questo contesto dobbiamo porci alcuni quesiti e obiettivi di fondo, anche con riferimento alla posizione di Forza Italia per quanto riguarda il mio intervento, mentre la collega Aprea illustrerà meglio di me, dal punto di vista tecnico, gli emendamenti fondanti e le contestazioni già da noi mosse in Commissione. Ci saremmo augurati che la proposta del Governo fosse più aperta e pronta ad una discussione, mentre ci siamo trovati di fronte ad un testo già definito fin nei minimi particolari senza alcuna volontà seria di confronto con la minoranza per migliorarne la qualità e, in alcuni casi, senza avere il coraggio di definire le proprie proposte in nome di precise idee e scelte, magari discutibili, ma palesate con chiarezza.
In Commissione è mancato un confronto serio: la ristretta maggioranza si è chiusa nella propria scelta, consapevole di esaurire tutto il dibattito politico su una materia così delicata come quella in esame. Contestiamo, innanzitutto, il metodo con cui si è arrivati ad affrontare questo provvedimento: tardi, senza dare la possibilità, visti i margini ristretti che ci sono stati assegnati, di sviluppare adeguatamente le nostre proposte e i nostri emendamenti e, soprattutto, di fronte ad un arroccamento della maggioranza e del Governo che ci saremmo augurati non avvenisse.
Da questo derivano alcuni emendamenti significativi da noi proposti semprePag. 86per migliorare la qualità dell'esame di Stato e degli studi, partendo dalla consapevolezza - e mi avvio ad illustrare alcuni degli emendamenti da me presentati - che un esame che definisce o conclude un ciclo di studi debba tener conto della complessità di quel ciclo di studi. Da ciò deriva anche una valutazione che non intende infierire sulla complessità della materia, ma che richiede allo studente, così come previsto da un emendamento a mia prima firma, la conoscenza entro certi limiti di tutte le materie che ha studiato nel corso del ciclo di studi effettuato. È chiaro che le prove d'esame si svolgeranno prevalentemente su materie dell'ultimo anno, ma ritengo che una conoscenza generale e un approfondimento sulle materie oggetto di studio del quinquennio debba considerarsi - a nostro modo di vedere - necessaria. Su questo punto non vi è stata la dovuta attenzione né del Governo né della maggioranza.
In secondo luogo, ritengo debba essere definito, già come detto da alcuni colleghi intervenuti, il rapporto tra scuola statale e scuola parificata.
Vedete, non è soltanto un problema che vede contrapposti il pubblico e il privato o il problema di un commissario in più o in meno. È un problema di fondo, che nasconde in realtà l'ipocrisia di questa maggioranza, che non ha il coraggio di dire chiaramente che è a favore di un sistema statale, unico in Europa, a parte la Grecia, che di fatto configura un blocco, un moloch, che pretende oggi di definire la politica scolastica con un monopolio statale esclusivo e assoluto, che penalizza ogni forma di pluralismo.
Contestiamo radicalmente questa concezione, che dovrebbe però essere esplicitata molto più chiaramente, non dietro le distinzioni che caratterizzano le affermazioni dei DS, della Margherita, oggi confluiti in un unico partito, ma di fatto finalizzate a difendere un monopolio statale nella scuola oggi assolutamente non richiesto dai tempi e assolutamente fuori dalla logica della storia, stante anche l'esperienza europea, che sottopongo all'attenzione dei colleghi, monopolio finalizzato ad alcuni obiettivi politici e clientelari. È un monopolio scolastico statale che non si giustifica più, che penalizza la scuola, le migliori intelligenze, l'applicazione del principio di sussidiarietà, che di fatto dequalifica il livello di studi. Quando non c'è una sana competizione all'interno di un sistema scolastico, che vede una pluralità di modelli formativi, in grado di offrire all'opinione pubblica, allo studente, alla famiglia, la possibilità di optare per ciò che ritiene più confacente ad una propria ispirazione ideale, all'interno ovviamente di un quadro statale di regole comuni, questo sia ben chiaro, in quel momento la scuola decade e muore, non ha un futuro ed è la situazione che in gran parte, anche se non in tutto, caratterizza la scuola italiana.
In questo senso credo, anche perché ci sono lodevoli ed ampie eccezioni, che persista un sistema che di fatto accomuna indistintamente coloro che insegnano interpretando la missione del docente come quella di educatore da coloro che interpretano la missione del docente come il nullafacente o l'agitatore. Sono tutti collocati nello stesso sistema e qui è mancato il controllo dello Stato. In questo contesto all'obiezione del ministro Fioroni al Senato sul fatto che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si acceda tramite concorso, obiezione tesa ad escludere gli insegnanti delle scuole paritarie, credo si possa rispondere tranquillamente con la legge approvata dal Parlamento, la legge n. 62 del 2000 sulla parità scolastica, che è stata violata nello spirito e nella lettera da questo provvedimento. Se il sistema nazionale di istruzione è costituito, leggo testualmente, «dalle scuole statali e dalle scuole paritarie», non può che essere unico e le scuole paritarie, in quanto parte costitutiva di esso, non possono che essere messe nelle medesime condizioni e trattate alla stessa maniera.
In caso contrario, si creerebbero differenze tra le une e le altre, quindi disparità, quindi verrebbe meno la cosiddetta parità. Allora, se l'assunzione per concorso dovesse essere un prerequisito per partecipare, come commissario esterno, ad unaPag. 87commissione di esami di Stato, dovrebbe poter valere anche nel caso dei commissari interni, in quanto commissari legittimi a pieno titolo, perché concorrono a costituire la commissione esaminatrice di Stato di una scuola paritaria, a determinare la valutazione didattica degli alunni e a rilasciare un titolo di studio a seguito di un esame di Stato.
Occorre riflettere che questo richiamo alla necessità di un concorso non era mai stato sollevato nei decenni precedenti, come ha fatto il ministro Fioroni nelle scorse settimane, né per i membri interni delle scuole legalmente riconosciute o paritarie, né per i membri esterni delle commissioni statali provenienti dalle scuole legalmente riconosciute. Ciò significherebbe che sono stati espletati esami illegittimi, che andrebbero riportati a legittimità, forse con una sanatoria? Significa questo? Oppure significa che il problema non è mai stato considerato tale, che il docente dirigente paritario con piena legittimità può far parte di una commissione statale che rilascia titoli di valore legale, sia come membro interno che come membro esterno? Questo è un interrogativo che pongo ai colleghi della maggioranza e del Governo.
È proprio indispensabile che per partecipare legittimamente come membro esterno ad una commissione esaminatrice di esami di Stato, il docente faccia parte di una pubblica amministrazione alla quale ha avuto accesso per concorso? E se questo fosse vero, allora, come si giustificano i membri interni di una commissione di esami di Stato in una scuola paritaria? E come si giustificano le migliaia di supplenti che ogni anno sono nominati dal ministero o dalle direzioni regionali o addirittura dai presidenti di commissione, che non hanno alcun rapporto di lavoro come il Ministero della pubblica istruzione, non hanno partecipato a nessun concorso per poter avere diritto di esserne parte e addirittura, spesso, non hanno né l'abilitazione e l'iscrizione all'albo professionale, né la laurea (infatti, molto spesso sono soltanto iscritti a qualche corso di laurea in qualche università scientifica o tecnologica) ? Pongo questi interrogativi e credo che sarebbe stata opportuna una migliore valutazione da parte del Governo. Il problema - lo ripeto - non è un docente in più o in meno, ma si tratta di una questione di fondo. Colgo in questa norma una volontà discriminatoria del Governo e della maggioranza, la quale si salva in corner con alcune affermazioni generiche che non colgono la prospettiva di fondo da dare alle nostre scuole. Tuttavia, il vero problema al quale personalmente attribuisco importanza fondamentale è la diversità profonda tra l'opposizione - in quanto ci siamo misurati in questi termini in Commissione - e la maggioranza di sinistra-centro, considerato che la sinistra prevale sul centro. Io mi rifiuto di chiamare questo Governo di centrosinistra, dato il chiaro vincolo del Presidente Prodi con la parte estrema della sua coalizione e non certo con quella parte apparentemente più moderata.
A parte queste considerazioni politiche di fondo, credo molto nei due emendamenti che ho presentato, che richiedono una conoscenza, da parte dello studente che si accinge ad affrontare l'esame di Stato, degli elementi fondamentali della nostra storia, cultura ed entità. Vi è stato un rifiuto pregiudiziale del Governo e della maggioranza che la dice lunga del suo atteggiamento rinunciatario, al limite anche destabilizzante e distruttivo di tutte le nostre tradizioni patrie, con riferimento a quella che deve essere una conoscenza significativa e indispensabile per chi si accinge ad entrare nel mondo del lavoro o dell'università. Questo prescinde dal dibattito che sta caratterizzando l'opinione pubblica italiana (e non solo italiana, ma anche europea) in merito al futuro del continente e della nazione e alle prospettive culturali, oltre che ai drammatici problemi posti da un'effettiva integrazione in presenza di una significativa massa di studenti che provengono dai paesi extracomunitari. In questo contesto, il fatto che la scuola rifiuti di trasmettere allo studente i concetti fondamentali della propria appartenenza ad una comunità ed una storia culturale, religiosa e, in ultima analisi,Pag. 88di dare allo studente la consapevolezza della propria identità, per poi confrontarsi - nessuno lo nega - con altre identità (ma partendo dalla orgogliosa consapevolezza della propria), è qualcosa che io definirei veramente una volontà omicida nei confronti delle proprie tradizioni e del proprio paese. È un atto di irresponsabilità politica gravissima da parte del Governo e della maggioranza che non può essere giustificato e anzi va condannato, considerato che può arrecare solo danno al nostro paese. Infatti, non hanno senso le argomentazioni generiche e fittizie prospettate. Anzi, volutamente faccio un processo alle intenzioni nel chiedere se tutta la storia non sia permeata dai valori del cristianesimo, della storia dell'arte, della filosofia. È chiaro che insegnando queste materie si può venire a conoscenza della nostra tradizione.
Tuttavia, si prescinde da un dato di fatto essenziale: in questi anni la scuola italiana è stata caratterizzata in gran parte dalla visione settaria e ideologica di una minoranza di docenti che hanno costantemente destabilizzato e delegittimato i valori della nostra civiltà, della nostra cultura e della nostra tradizione, divertendosi molto spesso a denigrarli, disinsegnando, facendo politica invece che opera di educazione. Di fronte a questo, credo che un'azione volta al recupero di questi valori, che sono stati costantemente disattesi, sia più che mai indispensabile. So benissimo che questo discorso può apparire risibile o ridicolo agli occhi di qualcuno, ma so anche di interpretare una parte notevole dell'opinione pubblica italiana, nella mia misera condizione di peones, di deputato, quando faccio riferimento a questa esigenza, di fronte alle responsabilità storiche di questo Governo e della sinistra, che prescindono totalmente dall'affrontare un problema come questo. Invece, lo ritengo essenziale soprattutto nella scuola, se si vuole formare dei cittadini consapevoli della propria dignità, del rispetto degli altri ma soprattutto delle proprie radici, se non si vuole disancorare, in un'epoca di nichilismo assoluto i cui valori non hanno più senso, il cittadino dalla propria identità e dalla propria storia.
Invece, oggi assistiamo a questo perché sta prevalendo questa cultura - di cui la sinistra e parte determinante del Governo Prodi è fattivamente succube -, che mira a sradicare dalle fondamenta i presupposti culturali ed identitari del nostro paese. L'esame di Stato dovrebbe richiedere allo studente la conoscenza degli elementi fondamentali costitutivi della nostra storia patria e della nostra identità. La maggioranza ha respinto persino un riferimento e dovrebbe richiedere questo sia in sede di punteggio sia in sede di valutazione generale perché uno studente che non è in grado di capire che cosa hanno significato per il nostro paese duemila anni di Cristianesimo - che l'hanno permeato e fondato in senso lato in tutti gli aspetti della vita culturale, sociale, scientifica - è uno studente che si affaccia alla vita senza nessuna consapevolezza di sé. È stato persino rifiutato un accenno al rispetto dei valori della Costituzione e alla sua conoscenza, che molto spesso per molti studenti è qualcosa di estremamente aleatorio, mentre, invece, pur con tante parti ormai superate, per quanto riguarda l'impianto fondamentale del riconoscimento dei diritti della persona, della dignità dell'uomo e della donna, mantiene ancora oggi una validità.
È stato negato questo in nome di quel presupposto ideologico che voi della sinistra-centro imputate a noi, ma che, in realtà, caratterizza voi in tutti gli atti qualificanti di questo Governo, che vede il Presidente Prodi succube di una maggioranza che fa ancora riferimento al comunismo (ci sono due partiti che esplicitamente si riconnettono a questo orientamento). Ritengo che sia veramente grave - proprio alla luce del richiamo che costantemente viene fatto ai valori dell'integrazione, della Costituzione e del rispetto dei diritti individuali - l'aver rifiutato ogni accenno in materia di esami di Stato alla conoscenza da parte degli studenti di questi elementi e di queste realtà, che oggi sono più indispensabili della conoscenzaPag. 89della matematica, della fisica, del latino, del greco o della storia per definire uno studente in rapporto alla vita lavorativa, universitaria, insomma in relazione agli sbocchi futuri dello studente medesimo.
Il rischio è di privilegiare un eccesso di nozionismo - e Dio solo sa se ce n'è bisogno di fronte allo sfascio generale degli ultimi trent'anni -, ma a scapito anche della conoscenza di alcuni elementi essenziali che fanno parte della natura della scuola. Se questi concetti non li trasmettiamo tramite la scuola, attraverso che cosa li tramandiamo? Dobbiamo partire dalla consapevolezza che questi concetti in buona parte non sono stati trasmessi in questi anni nella scuola di Stato perché è stata portata avanti una colossale opera di mistificazione ideologica, che li ha compressi, disattesi o volutamente alterati.
Di fronte a questo bisogna reagire! Per fortuna, nonostante questa risibile maggioranza - tutta da verificare - di 24 mila voti, che avete ottenuto in queste ultime elezioni, in Italia rappresentate la minoranza; il paese, infatti, è acutamente consapevole di questa realtà e che voi ci state portando verso un punto di non ritorno.
Può apparire paradossale la mia insistenza su questi due emendamenti, ma in realtà essa è il termometro dell'insoddisfazione del cittadino - a parte i problemi economici e finanziari - verso la situazione complessiva della scuola, che voi cercate di razionalizzare abbandonando, però, quel minimo di principi ideali ai quali una scuola deve rimanere ancorata, se non vuole trasformarsi in un semplice meccanismo di promozione, totalmente privo di un'intima coerenza, di una visione ideale.
Lo ripeto: l'esame di Stato, accanto ad elementi tecnici, a dati scientifici, a richieste di maggiore serietà per quanto concerne la preparazione dello studente e del docente che deve esaminare, non può prescindere, però, da alcuni contenuti di fondo richiesti sia al docente sia al discente.
Riconosco che si è fatto un passo in avanti, ma manca un impianto globale, a mio modo di vedere, e questa è la ragione per cui esprimo un parere nettamente contrario a questo provvedimento, sia per come è stato portato avanti sia per la mancanza di un'effettiva volontà di dialogo sia perché su questi punti fondamentali è risultata chiara la volontà della maggioranza e del Governo di affrontarli in modo profondamente contrario a quelli che ritengo essere gli interessi della scuola e del paese (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Li Causi. Ne ha facoltà.

VITO LI CAUSI. Signor Presidente, signora sottosegretario, onorevoli colleghi, oggi ci apprestiamo a compiere un primo passo verso una riforma più complessiva del sistema scolastico, che da anni ormai impegna questo Parlamento e che studenti, famiglie e insegnanti si aspettano e che spero riusciremo, con ampia convergenza, ad approvare in tempi brevi.
Creare un buon sistema scolastico non è impresa facile, ma è un impegno che occorre affrontare non dimenticando che la scuola è la più importante istituzione del paese e non appartiene a questo o a quello schieramento politico.
La scuola è un bene comune, come ha già detto l'onorevole Frassinetti, e ogni intervento, ogni cambiamento, deve essere frutto di un confronto serio, sereno ed aperto.
Noi riteniamo che i punti qualificanti si riferiscono alla natura pubblica dell'esame, al contrasto dei cosiddetti «diplomifici», alla serietà delle prove degli esami di Stato, al valore del titolo di studio conseguito, alla responsabilità degli studenti e delle istituzioni scolastiche, anche in ordine alla verifica dei risultati ottenuti.
Vi sono ancora l'orientamento e il raccordo con l'università, gli istituti di formazione tecnica superiore, gli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica, le professioni e il lavoro.
All'esame di Stato verranno ammessi gli alunni delle scuole statali che abbiano frequentato l'ultimo anno di corso, che siano stati comunque valutati positivamentePag. 90in sede di scrutinio finale e che abbiano saldato i debiti formativi relativi agli anni precedenti.
Inoltre, i candidati esterni potranno sostenere l'esame di Stato presso le istituzioni scolastiche statali o paritarie aventi sede nel comune di residenza.
Nel rilevare che le commissioni d'esame sono composte al cinquanta per cento da commissari interni e per il restante cinquanta per cento da commissari interni, nonché da un presidente esterno, ricordo che i ragazzi che hanno dato ottima prova del loro apprendimento e delle loro capacità scolastiche potranno anche conseguire la lode in sede di giudizio finale.
Infine, è opportuno sottolineare con forza l'innovazione introdotta dall'articolo 2, che investe sulla continuità dell'apprendimento non soltanto negli anni decisivi della formazione, ma per tutta la vita, come avviene da tempo nel resto dell'Europa.
Dalla lettura del provvedimento al nostro esame emerge, dunque, la voglia di disegnare, già a partire da questo primo importante passo, una scuola differente, orientata secondo profili di ulteriore serietà e solidità. A tale proposito, colgo l'occasione per rispondere all'onorevole Garagnani. Noi facciamo riferimento ad un'ulteriore serietà perché crediamo in quello che facciamo. All'onorevole Garagnani, il quale è deputato e persona veramente squisita, ma si è abbandonato ad affermazioni non condivisibili, replico che tutto questo lo si poteva fare negli anni passati. Adesso, cortesemente, si facciano lavorare questa Commissione, questo Governo e questa maggioranza di centrosinistra!
Comunque, noi vogliamo creare una scuola che riconosca il merito degli studenti e che ne valorizzi il talento, che non si limiti a registrare il mero apprendimento nozionistico, ma stimoli il ragionamento, il senso critico e la creatività dei nostri ragazzi. Quello che oggi si chiede agli studenti del nostro paese è di non accettare passivamente questo cambiamento, ma di prenderlo come una sfida a fare di più ed a fare meglio, perché l'istruzione, una buona istruzione, è fondamentale per la crescita dell'individuo. Ed è questo che noi vogliamo e dobbiamo valorizzare. L'istituzione scolastica ha rappresentato il fulcro essenziale della crescita del nostro paese, una conquista vitale per intere generazioni di donne e di uomini il cui contributo è stato fondamentale per la crescita e lo sviluppo intellettuale, scientifico e sociale dell'Italia. A questo, onorevoli colleghi, dobbiamo puntare. Le famiglie italiane ce lo chiedono, e noi dobbiamo rispondere.
All'interno delle famiglie si è registrato un sentimento di sfiducia nelle istituzioni scolastiche: sfiducia che si è riversata sui nostri giovani, soprattutto in alcune zone del nostro paese. Occorre, quindi, interrompere questo circolo vizioso che, delegittimando l'istituzione scolastica svilisce il valore del lavoro scolastico degli studenti, i quali devono essere più coinvolti, nonché dei loro insegnanti, i quali devono essere più autorevoli.
Desidero ricordare che ho natali comuni con Giovanni Gentile. Credo che egli si sia rivoltato nella bara o che, comunque, abbia accolto con sorriso e con preoccupazione tutto quanto è avvenuto nell'arco di sessant'anni in materia di esame di Stato. Credo che l'onorevole Garagnani ricordi il suo esame di Stato, così come lo ricordo io. Si trattava, allora, del compendio di un ciclo di studi che finiva: creavano in noi studenti una grande tensione - non c'è dubbio -, ma ci davano anche la possibilità di gioire per il risultato ottenuto.
Insomma, ai nostri studenti diciamo che quel tipo di esame non aveva più senso; così nasce tempestivamente il disegno di legge in esame, egregiamente esposto dal relatore, onorevole Rusconi.
Con i cambiamenti introdotti nel 2001, si è fornita l'idea che per risolvere i mali della scuola occorresse puntare su una soluzione facilitante per gli studenti, mentre io asserisco il contrario. A mio avviso, gli studenti italiani hanno bisogno di essere più preparati e stimolati, hanno bisogno di una preparazione seria e qualificata per ottenere un titolo di studio che conseguentemente possa essere spendibilePag. 91nel mercato del lavoro e della formazione non solo in Italia, ma in tutta l'Unione europea.
Che la normativa in vigore dal 2001 non fosse efficace non è solo un convincimento del centrosinistra ma lo dimostrano le proposte di riforma presentate anche dall'opposizione. Pertanto, vi è la diffusa convinzione della necessità e dell'urgenza di un cambiamento nel sistema scolastico.
Stasera, in quest'aula, viene compiuto un primo ed importante passo della politica scolastica del centrosinistra, che ha saputo trovare un equilibrio tra le aspettative del corpo insegnante e quelle del mondo studentesco. Abbiamo preso coscienza che esistono vaste aree di inefficacia, come rivelano i dati delle agenzie di valutazione internazionale, come l'OCSE, che ha parlato di un grado di istruzione degli italiani decisamente più basso della media europea e di una difficoltà di comprensione in matematica e lettura da parte di una percentuale elevata dei nostri quindicenni. Pertanto, non possiamo restare indifferenti rispetto a tali dati.
Il maggior rigore previsto da questo disegno di legge, rispetto alla normativa attuale, va in questo senso. Si tratta di un rigore che va a vantaggio dei giovani, al fine di sollecitarli a dare il meglio di sé, per prepararli a vivere in una società in continua evoluzione, che avrà sempre di più il suo fondamento nel sapere.
Noi Popolari-Udeur siamo convinti, pertanto, che occorra costruire un universo scolastico che sviluppi meriti e talenti a prescindere dal ceto sociale di provenienza, in aderenza al dettato costituzionale e quale investimento indispensabile per la nostra società.
Con il provvedimento in esame il Parlamento può annunciare al paese la volontà di dare una svolta, improntata a caratteri di serietà ed equilibrio; obiettivo che si potrà raggiungere con una volontà comune, come auspico (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur e L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Benzoni. Ne ha facoltà.

ROSALBA BENZONI. Signor Presidente, colleghi, avrei voluto iniziare il mio intervento registrando un dato positivo che mi è sembrato di cogliere nel dibattito svoltosi in Commissione. Tuttavia, dopo aver ascoltato l'intervento dell'onorevole Garagnani, non sono più così sicura di aver colto un dato vero.
Le valutazioni svolte dal collega debbono essere respinte e confrontate con una realtà che ho vissuto per quarant'anni, lavorando nel mondo della scuola come insegnante e dirigente. Come persona di sinistra, come docente, come professionista della scuola, ritengo di aver fatto dello sviluppo della capacità critica dei miei alunni, dell'educazione alla libertà intellettuale, dell'amore per lo studio e per la conoscenza la stella polare e la linea guida di tutta la mia carriera scolastica.
Voglio ostinatamente tornare al dato che mi sembrava, invece, di aver colto nelle fasi più significative del dibattito. Mi sembrava di aver potuto registrare positivamente un dato comune, un comune sentire tra maggioranza ed opposizione nell'interesse che gli interventi succedutisi avevano espresso a far sì che l'esame di Stato riuscisse ad essere nuovamente la garanzia di un passaggio serio della carriera scolastica dello studente, un momento di responsabilità e d'impegno, cui ci si prepari nella consapevolezza dell'importanza, non solo del risultato in sé, ma in quanto conclusione ed espressione di un percorso di crescita culturale e personale che si è costruito e delineato negli anni di studio che hanno portato all'esame.
Il disegno di legge, così come ci è stato consegnato dalla prima lettura del Senato, alla cui elaborazione hanno contribuito anche apporti significativi dell'opposizione, discusso alla Camera ed in Commissione, con un iter necessariamente rapido, perché la norma sia varata in tempo utile ad essere applicata già dall'anno scolastico in corso (senza che ciò pregiudichi, lo spero, la possibilità che l'esito del dibattito dia ulteriori arricchimenti attraverso ordini del giorno ed interventi di cui tenere conto in sede di stesura delle normePag. 92applicative delegate), risponde più alle esigenze generalmente avvertite di serietà e di rigore. Ciò non nel presupposto di una concezione premoderna della scuola che, per essere rigorosa, deve bocciare molto, ma per la ricaduta che la serietà di questo passaggio è in grado di determinare sia a monte sia a valle; a monte, nell'indurre una crescita di responsabilità e di qualità nei processi formativi, nel monitoraggio e nella valutazione delle attività di insegnamento e di apprendimento, nell'innovazione dell'organizzazione della didattica per prevenire la dispersione e valorizzare le capacità e le eccellenze; a valle, perché garantisce effettività al valore del titolo di studio, che continuiamo a ritenere elemento di garanzia in un sistema scolastico pubblico e democratico, anche se da affiancare - come è stato detto nella discussione - ad ulteriori modalità di certificazione delle competenze.
Si è osservato che la riforma dell'esame di Stato si sarebbe dovuta fare contestualmente a quella della scuola superiore, perché fosse con essa coerente. Ma, sospesa questa riforma, in conformità con il programma di Governo che ha indicato un percorso profondamente diverso rispetto a quello della precedente legislatura, il cambiamento di alcuni articoli della legge n. 425 del 1997 e della legge finanziaria 2002 assumeva carattere di urgenza alla luce degli esiti degli esami di maturità più recenti, con una percentuale di privatisti passata, in pochi anni, dallo 0,4 per cento del 1999 a quasi il 27 per cento, con una delegittimazione dell'istituto stesso che ha mortificato il sistema.
Dunque, è un provvedimento di cui la scuola ha bisogno subito, ma non è, per come si delinea, un provvedimento di emergenza. I suoi effetti possono avere un carattere strutturale e di prospettiva; sono già un tassello delle riforme che verranno, anche se - come è giusto - la legge prevede un'attività di verifica triennale con la presentazione, in Parlamento, di una relazione sull'andamento degli esami di Stato.
La legge riafferma anzitutto il carattere pubblico dell'esame, modificando la composizione delle commissioni, che da interne all'istituto diventano miste, con un 50 per cento di membri interni ed un 50 per cento di esterni, più un presidente esterno. Ciò vale anche per le scuole paritarie, che la legge n. 62 del 2000 include a pieno titolo nel sistema pubblico d'istruzione e a cui possono accedere, per lo svolgimento dell'esame, anche gli alunni privatisti. Questo aspetto è stato oggetto di discussione e di diversità di valutazioni in Commissione, per la preoccupazione derivante da episodi e fenomeni che si sono verificati con la precedente disciplina. Tuttavia, il principio del carattere pubblico degli istituti paritari non può essere in discussione. Nella legge sono previste attività di monitoraggio e verifica del regolare funzionamento degli esami di tutti i tipi di scuola ed è stata espressa dal Governo la volontà di tener conto di questi elementi di preoccupazione espressi dal dibattito e che potranno anche essere oggetto di ordini del giorno. Il collega Volpini accennava prima ad alcuni interventi che potrebbero essere messi in campo relativamente all'attuazione della legge n. 62 del 2000, proprio per prevenire fenomeni di questo tipo o comunque correggerli, qualora si dovessero verificare.
Ascrivibili pure all'ambito della serietà e del rigore sono i contenuti che prevedono l'ammissione all'esame, i requisiti per l'abbreviazione per merito della carriera scolastica, le norme per l'ammissione dei privatisti, tra cui il requisito della territorialità, il saldo dei debiti formativi, i contenuti delle prove, con una valorizzazione dell'autonomia degli istituti nella terza prova scritta, di carattere interdisciplinare, predisposta dalla commissione sulla base di modelli definiti dall'Invalsi. Anche l'attività di valutazione dei livelli di apprendimento sulla base delle prove scritte costituisce un primo tassello da inserire in un più organico sistema di valutazione.
L'articolo 2 del disegno di legge contiene poi scelte di grande novità per il sistema di istruzione italiano, che riguardano il raccordo tra scuola, università, formazione superiore, professioni e lavoro.Pag. 93Tale articolo prevede una delega al Governo per l'adozione di decreti legislativi finalizzati a realizzare percorsi di orientamento, a potenziare il raccordo tra scuola, università e alta formazione, a valorizzare la qualità dei risultati degli studenti ai fini dell'ammissione ai corsi di laurea e ad incentivare l'eccellenza.
I principi e i criteri direttivi fissati dal disegno di legge per l'attuazione della delega si articolano nella previsione di percorsi di orientamento con la partecipazione di docenti universitari, nella partecipazione degli istituti superiori alle prove di verifica della preparazione iniziale degli studenti per il soddisfacimento degli obblighi formativi universitari, la spendibilità dei risultati scolastici di particolare valore per l'ammissione ai corsi, con la valorizzazione in particolare delle discipline tecnico-scientifiche come un elemento estremamente importante per la nostra scuola, e nella destinazione di 5 milioni di euro per incentivi volti a premiare l'eccellenza.
Credo possiamo riconoscere in questa legge un primo tassello importante dell'attuazione del programma di Governo, che ha inteso dare alla formazione e alla conoscenza un ruolo centrale per il futuro del nostro paese. Questo indirizzo non è sempre apparso nitidamente nel dibattito parlamentare di queste ultime settimane. L'attribuzione di valore al sistema scolastico ai fini dello sviluppo sociale ed economico...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROSALBA BENZONI. ...dipende dall'entità delle risorse che vi si destinano, ma ancora di più dalla capacità di produrre norme, che mettano al centro i bisogni formativi dello studente e la qualità dei processi di insegnamento ed apprendimento, le funzioni...

PRESIDENTE. Purtroppo deve concludere, onorevole Benzoni.

ROSALBA BENZONI. Vi ringrazio e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Constato l'assenza del deputato Tranfaglia, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritta a parlare la deputata Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, viceministro Bastico, onorevoli colleghe e colleghi, il ministro Fioroni ha vinto la sua scommessa: gli esami di Stato per l'anno scolastico in corso saranno diversi.
Le norme che stiamo approvando e che verranno approvate prima della pausa natalizia sicuramente consentiranno alle scuole di predisporre le modalità per i nuovi esami di Stato.
Ma perché riformare gli esami di Stato? Ormai è il terzo ministro che si applica in tal senso - Berlinguer, Moratti Fioroni - e che, effettivamente, interviene su questa modalità che ha una storia - ora la ricorderemo - ma che richiederebbe effettivamente modifiche molto più incisive di quelle che pure sono contenute in questa legge, che rimandano ad alcuni aspetti innovativi introdotti nella scorsa legislatura. Proprio perché è cambiato il senso di queste prove nel tempo.
Cosa colpisce l'opinione pubblica? Anche recentemente, pochi mesi fa, abbiamo assistito ad un nuovo dibattito, apparso sulle maggiori testate giornalistiche nazionali, riguardo alla necessità di interventi sostanzialmente su due elementi: sulla composizione della commissione e sull'alta percentuale di promossi e, quindi, l'opinione pubblica chiede che questi esami siano sostanzialmente più seri: come una volta.
La prima considerazione potrebbe essere proprio questa: cosa fare per far sì che questi esami siano seri? Chi vuole che questi esami siano seri? Cosa significa proporre una formula che garantisca serietà all'esame?Pag. 94
Come ho avuto modo di dire già in quest'aula quando abbiamo approvato il primo provvedimento di natura tecnica riguardante l'aumento dei compensi dei commissari per gli esami di Stato e, come ho ribadito nel dibattito in Commissione, in realtà gli unici esami veramente seri che la storia della scuola ricordi ci furono nel 1925. Infatti, in quell'anno, in piena dittatura fascista, che aveva introdotto questo tipo di esame, si registrò il 75 per cento di bocciati alla prima sessione d'esame. Ma anche il Governo di Mussolini, dietro pressione delle famiglie, dovette istituire ben tre sessioni riservate di esame per recuperare i bocciati. Alla fine i ragazzi bocciati risultarono solo il 25 per cento dei candidati. Da quell'anno le cose sono andate migliorando - naturalmente lo diciamo in modo ironico - per quanto riguarda l'esame finale, nel senso che abbiamo avuto una progressione costante di promossi fino al 98 per cento di maturati nell'anno scolastico 2005/2006 con punte anche del 99 per cento registrate negli anni scorsi e, soprattutto, negli anni di applicazione della legge n. 425 del 1997, voluta dal ministro Berlinguer. Con quella legge il ministro pro tempore cercò, almeno nelle intenzioni, di riportare rigore negli esami finali. Infatti aveva ripristinato l'esame su tutte le materie, ma con la legge n. 425 del 1997 è stato introdotto, invece, un meccanismo «perverso» di crediti e di punteggi che, purtroppo, rimane anche in questa revisione di legge che ha consentito - come è emerso dal monitoraggio effettuato dall'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione nel 2000, allora retto dal professor Vertecchi - anche agli studenti che conseguono insufficienze gravi agli scritti di essere promossi grazie ad una supervalutazione della prova orale che prevede - dal 1997 fino ad oggi - un punteggio di ben 35 punti su 100 (valutazione che con questa legge scende solo di cinque punti, comunque 30 su 100). Naturalmente questa sopravvalutazione dell'orale viene usata dalle commissioni per innalzare il voto finale e, in molti casi, per promuovere.
Sicuramente per queste ragioni, sono ormai molti coloro i quali, soprattutto tra intellettuali e opinionisti, chiedono un esame selettivo, severo, esigente, impegnativo, cioè una specie di rito di iniziazione per la maturità e l'età adulta.
In realtà, non riesco ad appassionarmi ad un discorso di selezione al 50 per cento o al 70 per cento, soprattutto dopo 13 anni di scolarità. Sarebbe un fallimento della scuola italiana, se una situazione del genere dovesse verificarsi. Credo che dovremmo guardare a questo esame in modo diverso e prendere atto del fatto che siamo di fronte ad una scolarizzazione di massa che ormai si sta compiendo quasi completamente. Per la verità, viceministro Bastico, in base ai dati Isfol, siamo arrivati alla misura del 76 per cento degli studenti che raggiungono l'ultimo anno e superano l'esame di Stato e questo è un dato rilevante. In una situazione in cui la scolarizzazione di massa si è compiuta - fenomeno iniziatosi a partire dagli anni settanta - non abbiamo più soltanto un problema di selezione fine a se stessa e nemmeno si può ancora agitare, a nostro avviso, la questione del valore legale del titolo di studio. Infatti, anche riconoscendo che i titoli conferiti dagli istituti superiori continuano ad avere valore legale in quanto producono effetti giuridici, consentono la prosecuzione degli studi, la partecipazione a concorsi pubblici o l'inserimento nel mondo del lavoro, il vero problema è la qualità delle conoscenze possedute dagli studenti affinché producano competenze certificabili, riconoscibili e spendibili per una efficace prosecuzione degli studi o per l'inserimento attivo nel mondo del lavoro.
Dunque, l'unico giusto rigore ancora assente nel nostro sistema, accanto al riconoscimento del merito, diviene la certificazione delle competenze conseguite al termine degli studi superiori attraverso modalità oggettive e comparabili e, quindi, attraverso valutazioni esterne, esattamente come avviene in Europa e in tutti i paesi economicamente più avanzati, che vantano i migliori livelli di apprendimento nelle analisi comparative internazionali.Pag. 95
Per queste ragioni, siamo convinti che il disegno di legge del Governo che modifica gli esami di Stato, di fatto, non centra l'obiettivo, che ancora deve essere perseguito, e per certi aspetti riporta addirittura indietro il sistema educativo, abrogando norme introdotte con la riforma Moratti che, pur non essendo stata ancora sperimentate, andavano nella direzione indicata e fortemente auspicata dagli scenari europei e internazionali. Se, poi, le novità contenute nella proposta di legge del Governo consistono nella reintroduzione dello scrutinio di ammissione all'esame, nelle prove laboratoriali per gli istituti tecnici e professionali o nel raccordo tra scuola e università, questo Governo arriva in ritardo, perché tali disposizioni sono già legge, o, quantomeno, si limita a riconoscere l'opportunità di queste norme e a riproporle in questo testo.
Allo stesso modo, il freno alla pratica dei cosiddetti «ottisti», usata in modo scorretto da alcune scuole, e la diminuzione del numero dei candidati esterni ammessi a sostenere l'esame di Stato presso le scuole paritarie sono misure già previste dal medesimo decreto legislativo citato. Se, invece, la novità sta nel fatto che per l'ammissione agli esami dovranno essere saldati i debiti scolastici, allora siamo di fronte a un rigore fasullo e demagogico. Puntare a un maggior rigore nella valutazione scolastica è giusto ed è un obiettivo che è stato perseguito anche con le leggi di riforma approvate nel corso della XIV legislatura. Invece, è profondamente ingiusto, dal punto di vista educativo, pensare di introdurre un esame finale più rigoroso senza modificare i meccanismi di valutazione di tutto il percorso precedente. Come si può chiedere a un giovane di non avere lacune nella preparazione se, per quattro anni, non è stato obbligato a recuperare i debiti formativi?
Nel decreto legislativo sul secondo ciclo della riforma Moratti è stato introdotto, per questo, un sistema di valutazione rigoroso e graduale, interno ed esterno, capace di registrare i livelli di apprendimento dello studente nei bienni che precedono l'ultimo anno, al fine di consentire il recupero graduale degli insuccessi scolastici all'interno del biennio, pena la non ammissione a quello successivo. In più, sempre nel disegno di legge del Governo Prodi, appaiono decisamente superate e inefficaci le scelte che si riferiscono a due variabili dell'esame di Stato: le commissioni e le prove. Quanto al ritorno alla commissione mista, si tratta di uno schema già utilizzato, che non ha mutato né risolto i problemi dell'esame di Stato, rivelandosi, al contrario, inefficace e costoso. Ma, soprattutto, troviamo inaudito che il ministro decida di riconsegnare a se stesso e alla burocrazia ministeriale l'elaborazione e la scelta delle prove di esame, caso unico in Europa. Ne viene fuori un nuovo Giovanni Gentile, la cui ombra politica ideologica resta per il centrosinistra l'unico modello di riferimento. Ma almeno Gentile negli anni venti doveva scegliere solo quattro prove scritte, italiano, latino, greco, matematica, sulle quali era facile, per un uomo della sua cultura, dimostrare pieno controllo e competenza! Oggi, il ministro della pubblica istruzione dovrebbe arrogarsi il compito di confezionare e scegliere una decina di prove per l'esame di italiano e più di 500 per la seconda prova scritta.
Nel decreto legislativo n. 226 del 2005 erano state previste al contrario norme che affidavano al nuovo istituto di valutazione, l'Invalsi, la responsabilità di garantire qualità ed obiettività alle prove. Dunque, noi speriamo che ci possa essere una intesa in questo senso con il Governo per recuperare almeno una fase sperimentale, attraverso la quale verificare se questa può essere una strada per superare i limiti delle vecchie prove e delle vecchie certificazioni, che rimangono tutte in ambito scolastico, e approdare agli scenari europei ed internazionali. Ma questo lo vedremo nel dibattito e nelle valutazioni che vorrà fare il Governo, ovviamente sostenuto dalla maggioranza.
Sul raccordo scuola-università è apprezzabile che il disegno di legge preveda un articolo intero, peraltro molto dettagliato, sul raccordo istituzionale che deve esserci tra scuola, in modo particolare traPag. 96i licei, tutti gli altri istituti secondari e le università, mentre è meno condivisibile la scelta di rinviare a decreti ulteriori, peraltro complessi, perché poi dovranno comportare la concertazione con il Ministero dell'università (quindi, non sappiamo alla fine a che cosa si approderà). Anche in questo caso credo che, non essendo noi all'anno zero, avendo già portato avanti tutta una serie di esperienze, di raccordi, di percorsi di orientamento e investito denaro pubblico - dobbiamo essere onesti su questo: abbiamo già investito tanto, ma non abbiamo potuto misurare l'efficacia di queste interventi orientativi -, Forza Italia avanzerà una proposta al Governo e alla maggioranza di sperimentare forme curricolari più flessibili nell'ultimo anno, che consentano agli studenti soprattutto di assumersi responsabilità nella richiesta di modificare il piano di studio - in parte, naturalmente; si tratterebbe di una forma di flessibilità all'interno del piano di studi obbligatorio (ci mancherebbe!), previsto per la fase conclusiva degli studi -, in relazione al progetto di vita futuro che intendono realizzare, e alle università di valorizzare e valutare positivamente per l'accesso ai propri corsi gli studi più coerenti con i percorsi universitari.
Discuteremo di questo nel dibattito successivo. È chiaro che complessivamente la posizione di Forza Italia è contraria all'impianto del provvedimento per questi due aspetti; naturalmente, siamo fiduciosi sul fatto che invece si possano aprire delle prospettive di interesse comune, che possano avvicinare l'opposizione al Governo e alla maggioranza, soprattutto in vista dell'approvazione definitiva della riforma del secondo ciclo. Questa è solo una parte - lo ha ricordato anche la collega Benzoni - anche se sarebbe stato meglio inserirla dentro una riforma completa.
La viceministro Bastico ha ricordato che era opportuno comunque introdurre modifiche sul piano tecnico in riferimento ad alcune questioni, per cui credo che sarebbe opportuno decidere insieme, assumendoci una reciproca responsabilità, di avviare riflessioni e sperimentazioni, che abbiano un carattere breve (un anno o due, perché la scuola ha visto troppe sperimentazioni: soprattutto nell'esame di Stato sperimentiamo da 35 anni!).
Abbiamo brutte esperienze in questo senso.
Quindi, credo che fare una sperimentazione breve, ma efficace, in vista dell'approvazione definitiva - come ha ricordato bene il viceministro Bastico -, possa consentire a noi di verificare ciò che, mutuato dagli scenari europei e internazionali, era sembrato una possibile soluzione ai vari problemi che ho poc'anzi ricordato, e possa costituire anche una possibilità di intesa sulle grandi questioni del nostro paese che riguardano il successo formativo dei nostri giovani.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sasso. Ne ha facoltà.

ALBA SASSO. Signor Presidente, anche io voglio esprimere la mia soddisfazione per il modo in cui il Governo ha affrontato e risolto la questione del precariato nella scuola. Credo che, con il maxiemendamento che sarà votato nelle prossime ore al Senato, stiamo partendo con il piede giusto. Si tratta di uno dei principali comparti nei quali è stato affrontato il tema della precarietà del lavoro. Sappiamo bene come la precarietà del lavoro, sul terreno della scuola, significhi discontinuità e metta in discussione anche la qualità dell'apprendimento stesso.
Veniamo ora al provvedimento che oggi è in discussione. Credo che il disegno di legge sugli esami di Stato sia un provvedimento saggio e utile. I colleghi che mi hanno preceduto hanno già espresso valutazioni e, quindi, non voglio dilungarmi, ma voglio esprimermi molto semplicemente: è un provvedimento saggio perché affronta un problema - se posso usare questo termine - di «degenerazione», che si è verificato, in questi anni, negli esami di Stato. In alcune situazioni è intervenuta anche la magistratura. Abbiamo assistito alla vicenda dei diplomi venduti e comprati, dei voti venduti e comprati: ciò non ha danneggiato solo la scuola e la sua immagine, ma anche i tanti ragazzi ePag. 97ragazze che, con serietà e impegno, hanno lavorato nel loro percorso scolastico e hanno affrontato la prova degli esami.
Questo provvedimento ripristina la composizione mista delle commissioni d'esame ed opera anche altri cambiamenti, di cui poi dirò.
L'esame di Stato è riportato ad una maggiore serietà e ad un maggiore rigore. Soprattutto, questo disegno di legge tiene conto di una richiesta che, in questi anni, è provenuta dal mondo della scuola, dagli insegnanti e, per certi versi, anche dagli studenti. Infatti, con un provvedimento contenuto nella legge finanziaria del 2002, erano state introdotte le commissioni composte da soli membri interni, modificando così quel percorso di cambiamento che era iniziato con la riforma del 1997, che andava verificato e monitorato, ma che fu immediatamente e bruscamente interrotto con tale disposizione.
Gli stessi ragazzi, rispetto ad esami svolti con commissioni interne (che, molte volte, nonostante la buona volontà di tutti, correvano il rischio di essere una ripetizione degli scrutini), non si sentivano stimolati. Infatti, potrà sembrare strano, ma i ragazzi amano le sfide e avventurarsi verso una prova difficile li fa crescere.
Gli esami di Stato costituiscono un momento del percorso di conoscenza, ma anche del percorso personale e di vita delle ragazze e dei ragazzi. Se essi diventano un rituale ripetitivo, allora rischiano di non stimolare e di non creare abbastanza incentivi all'apprendimento. Credo che esami più difficili, rigorosi e di maggiore spessore produrranno un effetto positivo anche sul percorso precedente, perché è evidente che ci si accingerà a lavorare ed a studiare di più.
Vorrei evidenziare che gli esami di Stato sono una delle occasioni che permettono di parlare della scuola. Infatti, come affermato dalla deputata De Simone, si discute della scuola solo quando accadono vicende particolari, come, ad esempio, casi di bullismo e via dicendo. Tuttavia, sottolineo come si parli molto anche degli esami: ciò a riprova del fatto che, nella vita di ognuno di noi, gli esami di Stato sono stati un momento importante: c'è chi se li sogna ancora la notte!
Osservo inoltre come, ad esempio sulla stampa, si affermi che gli studenti sono tutti promossi. Vorrei ricordare, allora, che la percentuale degli esaminandi promossi è aumentata in questi ultimi tre anni, con le commissioni di esame composte interamente da membri interni. Si tratta, purtroppo per l'onorevole Valentina Aprea, di dati ISTAT!
Il problema, tuttavia, è che un esame finale è serio non se boccia o se seleziona gli studenti. Un esame, infatti, è serio se è in grado di valutare il merito e di certificare le competenze. In tal caso, sono molto d'accordo con quanto precedentemente affermato dall'onorevole Valentina Aprea, a conclusione del suo intervento, proprio sulla certificazione delle competenze.
Quante sciocchezze si dicono - santo cielo! - sul sistema scolastico: a volte, rimango veramente perplessa e stupita! Ad esempio, l'onorevole Garagnani - ormai sono anni che ci conosciamo - parla spesso di una scuola «guerresca», in cui vi sarebbero agit prop e via dicendo! Vorrei dire che una scuola così non l'ho vista forse neanche negli anni Settanta!
La scuola, come sostenuto dalla collega Benzoni, è un luogo dove si studia e si lavora; vi sono anche conflitti e situazioni difficili e complesse. Vorrei osservare che, oggi, l'istituzione scolastica deve confrontarsi anche con la riottosità di tante ragazze e di tanti ragazzi ad accettare le regole non dico del vivere scolastico, ma molte volte del vivere civile!
La scuola, in questo momento, deve affrontare problemi molto difficili e complessi, e quindi servirebbe che la società e le istituzioni le restituissero l'autorevolezza di cui ha bisogno. Non basta che l'autorevolezza se la diano gli insegnanti o i dirigenti scolastici, poiché l'autorevolezza del sistema scolastico è costituita dall'attenzione che la società, le istituzioni, le parti politiche ed il Governo rivolgono ad esso.Pag. 98
Quando parlo di scuola, mi riferisco a quella pubblica, la quale deve garantire uguali opportunità a tutte le studentesse ed a tutti gli studenti. Parlo della scuola del «non uno di meno». Ciò perché essa è improduttiva, e costa, se non riesce a combattere la dispersione. Infatti, le intelligenze dei ragazzi che si disperdono rappresentano il vero spreco di questo paese! Il Parlamento, il Governo e l'istituzione scolastica, pertanto, devono lavorare su tale aspetto.
Occorre combattere la dispersione scolastica attraverso una scuola più rigorosa. Il sistema scolastico, inoltre, deve essere anche uno strumento per favorire la mobilità sociale. Ho parlato in precedenza del merito proprio perché la certificazione del merito protegge gli studenti socialmente meno forti. È questo, infatti, il fattore che permette ai ragazzi meno avvantaggiati di poter andare avanti.
Bisogna contrastare, oltre alla dispersione scolastica, anche quel fenomeno che i sociologi chiamano «dissipazione culturale»: in altri termini, vi sono ragazze e ragazzi che non possiedono le competenze previste dal titolo che hanno conseguito. Si tratta di un problema che affligge la scuola, e quindi bisogna profondere un grande impegno nei confronti di tale istituzione.
Allora, alcune questioni concernenti le prove di esame in questione mi sembrano significative e ne accenno solo alcune. Mi riferisco al ripristino dell'ammissione all'esame, che in questi anni non era prevista, mentre prima si era ammessi all'esame.
Credo che ciò sia importante poiché vi è un peso del consiglio di classe ed un peso specifico dell'esame. Mi sembra che anche il peso della valutazione del percorso scolastico vada nella stessa direzione.
È vero: vi è una specifica abilità dell'esame, ossia la capacità di saper organizzare le conoscenze che si possiedono in un contesto particolare. Questa è l'abilità dell'esame. Però, alcuni ragazzi, che sono abilissimi nel fare ciò, hanno alle spalle dei percorsi un po' più dissestati. Ebbene, la scuola deve valutare sia l'esame finale sia il percorso e la solidità dello stesso.
Vorrei svolgere una considerazione rivolgendomi all'onorevole Garagnani, poiché domani riprenderemo questi argomenti con la sua risoluzione in Commissione. È vero: bisogna chiedere ragione alle ragazze e ai ragazzi, anche attraverso l'esame (ma penso a tutto il percorso scolastico), di quella che è l'identità culturale della storia, delle fondamenta e delle radici della storia del nostro paese e della nostra cultura. Credo che questa sia una richiesta assolutamente giusta, ma a scuola questo già si fa. Si studia il cristianesimo? Nel corso dell'ultimo anno, Manzoni o Leopardi o la storia dell'architettura ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALBA SASSO. Dicevo che è un provvedimento saggio ed utile; soprattutto, si tratta di una legge che prevede una verifica triennale del suo andamento. Questa mi sembra la cosa più importante per quanto riguarda le leggi che si occupano di scuola.
Signor Presidente, credo che debbano essere un po' presbiti, come diceva Pietro Calamandrei: devono guardare lontano, non possono guardare solo al presente e all'immediato.
Allora, ritengo che questo sia un primo tassello di un percorso di cambiamento profondo della scuola secondaria. Mi auguro che la prossima «notte prima degli esami», per le tante ragazze e i tanti ragazzi che si troveranno ad affrontare i nuovi esami di Stato, sia certo piena di tensioni - come è giusto che sia - ma sia anche premessa di grandi soddisfazioni per questi giovani che sono il nostro futuro.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1961 ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Rusconi.Pag. 99
Faccio presente al relatore che i tempi a sua disposizione sono esauriti; pertanto, la sua replica dovrà essere veramente breve.

ANTONIO RUSCONI, Relatore. Signor Presidente, prendo la parola più che altro per rispetto nei confronti dei tanti intervenuti. Mi sembra che vi sia una coerenza nel chiedere una maggiore serietà nella scuola, e tutte le proposte di legge presentate andavano in questa direzione. Mi riferisco sia a quella dell'onorevole Napoli che a quella dell'onorevole Aprea.
Con riferimento ai rapporti con le scuole paritarie, ricordo solo che la legge n. 62 del 2000 fu approvata dal centrosinistra e che le scuole paritarie non c'entrano nulla con i «diplomifici».
Debbo un chiarimento all'onorevole Volpini riguardo agli insegnanti commissari interni. La relazione tecnica prevede il conteggio dei compensi anche per i commissari interni delle scuole paritarie. Quindi, rispetto a ciò, la parità viene rispettata: mi rivolgo anche alla collega Aprea.
L'onorevole Fassinetti ha parlato della riforma della scuola secondaria superiore; al riguardo, prevediamo già nel testo della legge una verifica ogni tre anni.
L'onorevole De Simone ha parlato di esame di Stato nella scuola pubblica: concordo sul punto, perché la legge sulla parità ritiene che abbiano una funzione pubblica le scuole statali e le scuole paritarie.
Non entro in molte affermazioni del collega Garagnani perché non sono attinenti al provvedimento; non condivido però l'idea che la scuola italiana vada così male.
Lo dico non solo per orgoglio personale, ma anche perché ritengo che molti ragazzi diplomati trovino poi posto di lavoro, dimostrando capacità e professionalità.
Vorrei oltretutto ricordare, in relazione al fatto che sempre l'onorevole Garagnani diceva che non c'è stato un sufficiente confronto, che la precedente riforma venne introdotta nella finanziaria 2002, senza alcun riferimento legislativo specifico.
Non banalizzo il problema dell'immigrazione; ritengo però, come diceva prima la collega Sasso, che i riferimenti ai valori della Costituzione riassumano già i valori identitari.
In conclusione, ricordo che questo provvedimento ha ben presente l'idea di una comunità che educa (che dovrebbe essere la scuola), ma che anche valuta e sa certificare competenze, saperi e professionalità. Questo perché non possiamo dimenticare alcune ingiustizie: oggi molte aziende, molti istituti di credito, di fatto selezionano in base al voto conseguito all'esame di Stato. Se questo non è verificato anche da insegnanti esterni, rischiamo di commettere delle ingiustizie. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Presidente, ringrazio il relatore onorevole Rusconi, e gli onorevoli intervenuti. Il dibattito in quest'aula è stato assolutamente approfondito, ricco di spunti di grande interesse, e devo dire che esso rappresenta il seguito di un buon dibattito che c'è stato in Commissione (non condivido su questo punto il giudizio dato dall'onorevole Garagnani), nel corso del quale abbiamo approfondito varie proposte emendative; anche i pareri negativi espressi dal relatore e dal Governo sono stati ampiamente motivati e argomentati, tanto è vero che abbiamo condiviso l'opportunità, proprio per aprire successivi percorsi, di tramutare una parte delle indicazioni, dei contenuti, di questi emendamenti, in ordini del giorno, che costituiranno poi i punti di riferimento per il lavoro successivo di carattere attuativo del Governo, e per il lavoro successivo più generale.
D'altro canto, il testo in discussione nell'aula della Camera è stato approvato al Senato con ampie modifiche e sulla base di ampi approfondimenti, raccogliendo, soprattutto in Commissione, le proposte emendative provenienti sia dalla maggioranzaPag. 100sia dalla minoranza. Esprimo qui, a nome del Governo, la valutazione che il testo approvato dal Senato è davvero più ricco, più articolato, e quindi migliore rispetto a quello presentato inizialmente dal Governo stesso.
Condivido la sintetica valutazione che l'onorevole Sasso ha fatto del testo di disegno di legge oggi in discussione: saggio e utile. Questa è proprio la chiave interpretativa secondo me giusta dei contenuti di questo testo che vuole ridare autorevolezza e credibilità all'esame di Stato, considerato un punto importante nel percorso di istruzione dei ragazzi, un riconoscimento del lavoro che i ragazzi hanno svolto e che gli insegnanti hanno svolto con loro. Esso deve diventare anche il punto di accesso al percorso universitario o al mondo del lavoro.
Credo che in questi anni (penso lo possiamo riconoscere tutti) si sia verificata una progressiva deriva del valore e della autorevolezza di questo esame di Stato. Il fatto di avere accorpato sostanzialmente in una unicità di soggetti valutativi i due momenti, quello della ammissione (che non c'era più giuridicamente, e anche di fatto) e quello della valutazione finale dell'esame di Stato, ha fatto obiettivamente perdere molto del valore della valutazione dell'esame di Stato. Questo perché è ovvio che le stesse persone, in ottima buona fede e con grande serietà, non possono assolutamente dare a 15 giorni, un mese al massimo di distanza, due valutazioni completamente difformi del percorso di un ragazzo.
Noi abbiamo inteso ripristinare la duplicità dei momenti: un conto è la valutazione di ammissione, che costituisce la valutazione finale che il consiglio di classe dà al ragazzo, o la valutazione che comunque il consiglio di classe dà anche ad un candidato esterno (facendo però una valutazione accurata dei suoi livelli di apprendimento); altro conto è la valutazione che la Commissione, in rappresentanza dello Stato, fa di quel percorso di istruzione, dei livelli di competenza, di sapere raggiunti dai ragazzi, e in qualche modo anche una valutazione indiretta sul lavoro della scuola.
Credo che sia giusto diversificare nuovamente questi due momenti, facendoli diventare due momenti separati: in questo condivido molto la valutazione dell'onorevole Volpini volta a sottolineare in modo particolare la funzione della commissione esterna.
Dico anche che si è verificata quella deriva che, di fatto, sta facendo perdere valore sostanziale, ma progressivamente anche legale, al titolo di studio. Su questo punto mi associo a quanti hanno espresso la volontà non solo di mantenere il valore legale e sostanziale del titolo di studio ma anche di valorizzarlo e di rafforzarlo, per l'inserimento nel percorso universitario. Al riguardo sottolineo l'importanza delle disposizioni contenute nell'articolo 2, che prevede la delega al Governo, laddove tra i criteri della delega vi è quello di dare maggiore valore e peso al risultato dell'esame di Stato per l'accesso ai percorsi universitari (sia per le facoltà che hanno il «numero chiuso» sia complessivamente, per accertare il valore, le competenze e le conoscenze che i ragazzi hanno) e per l'accesso al lavoro. Concordo con chi sostiene che si tratta di un elemento di equità, di maggiore pari opportunità, che lo Stato deve offrire ai ragazzi, mettendoli tutti nella condizione di far valere quel riconoscimento e quel titolo.
Le norme del testo in esame sono state già richiamate molto puntualmente nella relazione dell'onorevole Rusconi e quindi non le richiamo. Quello che mi sembra importante sottolineare è che abbiamo fatto una scelta di rigore tutta a vantaggio dei giovani, come veniva sottolineato dall'onorevole Li Causi. Non vi è una severità fine a se stessa, bensì il riconoscimento del valore e del percorso che è stato compiuto e la garanzia che il titolo rilasciato abbia una certezza di riferimenti ed un valore. In questo vedo davvero il fatto che stiamo tutelando i ragazzi, in particolare quelli che hanno lavorato seriamente e che si sono impegnati. Da ciò derivano tutte quelle norme che cercano di togliere lePag. 101possibilità di escamotage e di spazio ai cosiddetti «saltatori», che, in modo assolutamente anomalo, diventano bravissimi dopo avere avuto in passato delle bocciature, così come ai «diplomifici» che, in qualche modo, hanno comunque - e i dati dei privatisti ce lo testimoniano - concesso diplomi con grande facilità.
Sono queste le norme alle quali teniamo e che vogliamo entrino in vigore il più rapidamente possibile, perché, se condividiamo che vi è una deriva in atto, prima la blocchiamo, prima invertiamo tale tendenza, meglio è: credo che anche l'onorevole Aprea abbia riconosciuto la bontà della scelta fatta dal Governo.
Non vi stiamo dicendo che vi sarà un rivolgimento generale dell'esame di maturità, perché questo deve essere collegato con una riforma più generale del secondo ciclo, cioè della scuola superiore; noi diciamo che vengono mantenute le prove così come sono ed è per questo che non abbiamo accolto proposte emendative sulla modalità delle prove stesse. Le manteniamo così come sono nell'attuale ordinamento, in attesa di una modifica più generale riferita alla scuola superiore, introducendo invece tutte quelle norme che recuperano quel rigore e quella serietà di cui abbiamo parlato prima.
Proprio per questo non abbiamo accolto la modifica della terza prova, così come veniva avanzata anche dall'onorevole Frassinetti, mantenendola come prova riconducibile all'autonomia scolastica. Crediamo molto che si tratti di uno snodo importante: abbiamo assegnato all'autonomia scolastica il 20 per cento del monte ore e, più complessivamente, una possibilità di costruire piani autonomi dell'offerta formativa. Ebbene, questo lavoro dobbiamo riconoscerlo anche all'interno dell'esame di Stato.
Accolgo positivamente la sottolineatura, fatta sia dall'onorevole Aprea sia dall'onorevole Frassinetti, per quanto riguarda il ruolo dell'Invalsi, anche se esprimo un giudizio altrettanto positivo sul lavoro che fino ad oggi l'Invalsi stesso ha condotto sulla valutazione delle scuole: è su questo lavoro che, come Ministero della pubblica istruzione, abbiamo voluto imprimere una importante inversione di tendenza.
L'Invalsi, se sarà approvata la legge finanziaria, sarà interessato da una modifica sostanziale nei propri organi di governo e riceverà successivamente indicazioni e direttive per il suo lavoro, anche per ciò che riguarda gli esami di Stato.
Con l'Invalsi abbiamo recuperato, attraverso un emendamento importante che è stato approvato in Senato, un ruolo - lo ricordo qui, onorevole Aprea, perché lei nel suo intervento ha sottolineato in modo particolare il ruolo dell'Invalsi - e affidiamo a questo istituto il compito di elaborare schede e modelli per la terza prova, che verranno scelti nell'ambito dell'autonomia scolastica ma che possono costituire un punto di riferimento importante.
Ciò che però secondo me è più importante è il fatto che l'Invalsi, attraverso schede di riferimento e parametri confrontabili a livello nazionale, potrà effettuare una valutazione ex post sui livelli di apprendimento dei ragazzi, partendo dalla valutazione a campione delle prove e degli elaborati degli esami di Stato prodotti dai ragazzi stessi. Avremo quindi la possibilità di valutare i livelli di conoscenza, di apprendimento di carattere logico-matematico, linguistico e delle altre discipline che riterremo di dover sottoporre a questa valutazione.
Sulle osservazioni dell'onorevole Garagnani è già stato detto. Lo richiamo semplicemente alla lettura dei nostri programmi e alla conoscenza dei programmi che vengono svolti nella nostra scuola. Dire che non c'è l'identità, la cultura e la storia del nostro paese significa affermare una cosa assolutamente fuori dalla realtà; credo pertanto che dobbiamo respingere in modo assoluto le valutazioni che venivano avanzate.
Concludo anch'io richiamando la valutazione che l'onorevole De Simone ci ha proposto. La scuola troppo spesso è trascurata dai mass media e vive in una condizione di ombra, tranne quando emergono fatti negativi che vengono amplificati,Pag. 102diventando elemento di valutazione e di giudizio di tutto il sistema. Su questa modalità, che attiene ad un modo di porsi nei confronti della scuola, sono assolutamente preoccupata e condivido il giudizio che l'onorevole De Simone ha espresso. Devo però dire che non è così per i ragazzi, per i docenti, per coloro che lavorano nella scuola, per i genitori, le famiglie, per tutto l'insieme della nostra società e del nostro mondo che intorno alla scuola ha comunque dei punti di riferimento importanti. Devo dirvi che nei numerosi incontri che sto svolgendo nel nostro paese ricevo continuamente richieste di dare risposte in tempi rapidi sulla modifica dell'esame di Stato: dai ragazzi ma non solo, anche dai docenti, dai genitori e da coloro che hanno a cuore il futuro della scuola. Penso che la discussione che stiamo svolgendo oggi sia dunque importante, e comunque anche se non è seguita dai mass media, lo è dalle famiglie, dai ragazzi e dai docenti.
Abbiamo il compito di fornire risposte in tempi brevi. Per noi, tempi brevi, lo diceva anche l'onorevole Aprea - ne abbiamo discusso in Commissione - significa introdurre già quest'anno le novità contenute nel testo del disegno di legge. Preciso - perché c'è grande ansia su questo - che non tutte le novità entreranno in vigore; in particolare, quella sul recupero dei debiti scolastici non potrà e non dovrà entrare in vigore perché deve svilupparsi nella triennalità e quindi sarà operativa per i ragazzi che attualmente frequentano la terza classe. Così come il maggior peso - so che l'onorevole Aprea ha condiviso con me questa valutazione - del curriculum scolastico si applicherà a partire dai ragazzi che attualmente frequentano il terzo anno: questo per l'ovvia ragione che non si può fare retroattivamente ciò che non si è potuto sviluppare nel tempo. Quindi, sostanzialmente, ci sarà l'entrata in vigore da quest'anno scolastico, ma con una progressività rispetto a queste due norme, che peraltro hanno destato grandissima preoccupazione sia tra gli studenti che tra gli insegnanti.
Concludo con una valutazione di merito. Sono molto interessata ad un ragionamento (e credo che riusciremo a sviluppare) relativo alla certificazione delle competenze. Ho parlato dell'importanza del valore legale del titolo di studio ed è assolutamente importante identificare le competenze e i saperi che sottendono a questo titolo di studio. Quindi, dobbiamo lavorare in questa direzione sulla base dei parametri europei. Questo è un elemento della valutazione e della certificazione che progressivamente dobbiamo introdurre nel sistema.
Ho già detto dell'importanza dell'articolo 2 ed in particolare dei temi dell'orientamento relativamente alla valorizzazione dell'esito dell'esame di maturità.
Concludo, condividendo sostanzialmente il parere di quanti hanno detto che la scuola merita un lavoro condiviso. Credo che il dibattito sviluppatosi intorno al tema degli esami di Stato dia una testimonianza di come sia possibile affrontare i temi della scuola con valutazioni anche diversificate, ma sulla base di una condivisione di fondo sui percorsi da realizzare.
Io credo che la scuola apprezzi questa modalità e che ci chieda equilibrio, risposte e certezze. Per quello che riguarda il Governo, sono qui a testimoniare che farà tutto ciò che gli compete perché questo confronto sul futuro della scuola, partendo dagli esami di Stato e guardando al tema della riforma del secondo ciclo, della scuola superiore e di tutta la scuola, sia realmente di merito e costruttivo.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 14 dicembre 2006, alle 9,30:

Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 21,25.

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TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO GUIDO DUSSIN IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1955

GUIDO DUSSIN. Il Governo ha presentato alle Camere il presente disegno di legge a seguito della bocciatura del decreto-legge n. 261 del 2006, di analogo contenuto, da parte del Senato. Infatti nella seduta dell'Assemblea del Senatò del 25 ottobre scorso è stata approvata una pregiudiziale di costituzionalità presentata dall'opposizione che ha fatto decadere il decreto-legge.
Il disegno di legge in titolo sospende per un periodo di otto mesi le procedure esecutive di sfratto per finita locazione, per i residenti nei comuni capoluoghi di provincia e nei comuni confinanti con più di 10.000 abitanti, nonché nei comuni dichiarati ad alta tensione abitativa, con reddito annuo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro, che hanno nel proprio nucleo familiare ultrasessantacinquenni o handicappati, con invalidità superiore al 66 per cento. Per gli alloggi delle grandi proprietà immobiliari (Casse professionali, assicurazioni oppure privati con più di 100 alloggi) il periodo di sospensione è di 18 mesi dalla data dell'entrata in vigore della legge.
Il presente testo recepisce un emendamento presentato dalla Lega Nord al testo del decreto-legge n. 261 del 2006, durante la discussione del provvedimento nella XIII Commissione del Senato, e introduce il criterio della disponibilità di un'altra abitazione per l'accesso ai benefici del decreto, come previsto anche dai precedenti decreti-legge sugli sfratti adottati dal governo precedente.
I decreti-legge sugli sfratti del Governo Berlusconi hanno cercato di limitare, senza creare conflitti sociali, le continue proroghe degli sfratti ereditate dal Governo del centro-sinistra, incentivando, con sostanziosi contributi economici, la stipula di nuovi contratti. Peraltro, la prima limitazione della proroga degli sfratti alle sole famiglie che hanno nel nucleo familiare ultrasessantacinquenni o handicappati gravi, e che non dispongano di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere all'affitto di una nuova casa, è stata disposta dallo stesso Governo di centro-sinistra, nella finanziaria per l'anno 2001 (in particolare nell'articolo 80, comma 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388), nonostante le nostre critiche che mettevano in evidenza le difficoltà che avrebbero incontrato nel futuro tali categorie disagiate per accedere al libero mercato delle locazioni.
Si ricorda che a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 155 del 28 maggio 2004, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 giugno 2004, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della proroga dei provvedimenti esecutivi di rilascio degli immobili (indirizzo questo che è stato ribadito anche dalla Corte di giustizia europea), il Governo Berlusconi ha adottato il decreto-legge del 13 settembre 2004, n. 240, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2004, n. 269, che in aggiunta a quanto previsto dalla legge n. 431 del 1998, istituiva nuove tipologie di contratti di locazione, a carattere provvisorio, assegnando ai titolari dei requisiti descritti nel decreto, anche contributi diretti (una tantum dai 3.000 ai 5.000 euro per fasce di popolazione residente nei comuni interessati) per il pagamento del canone di locazione. Il decreto stanziava 106.540 migliaia di euro per l'anno 2004, 7.300 migliaia di euro per l'anno 2005, 17.725 migliaia di euro per l'anno 2006 e 10.895 migliaia di euro per l'anno 2007.
I nuovi contratti non hanno riscontrato l'adesione degli inquilini sotto procedure di sfratto e, pertanto, con il decreto-legge del 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 148, sono stati assegnati ulteriori contributi diretti alla stipula di nuovi contratti, nella misura massima di 6.000 euro per ogni anno di durata del contratto, per le categorie disagiate residenti nelle aree metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste, nonché nei comuni ad altaPag. 104tensione abitativa con essi confinanti, fino alla spesa massima di 104.940 migliaia di euro, disponibili alla data del 1o aprile 2005, a valere sui fondi del citato disegno di legge n. 240 del 2004. Per rendere attuative le nuove procedure il decreto prevedeva, inoltre, la proroga degli sfratti per le categorie interessate fino al 30 settembre 2005.
L'ultimo decreto-legge sugli sfratti del Governo della Casa delle Libertà, il decreto-legge n. 23 del 2006, ha limitato ulteriormente i soggetti beneficiari della proroga degli sfratti, prendendo in considerazione esclusivamente le tre più grandi città italiane, Roma, Napoli e Milano (con più di un milione di abitanti), che presentano i maggiori problemi di crisi abitativa.
La Lega ha visto favorevolmente tale continua limitazione dell'applicazione della proroga degli sfratti, che ovviamente non ha avuto lo scopo di «punire» gli inquilini delle città minori, ma, al contrario, ha cercato di limitare, anche con contributi finanziari, un disagio sociale che ha visto caricare sui privati proprietari immobiliari i problemi dell'edilizia sociale. Peraltro le continue proroghe degli sfratti per le sole categorie deboli hanno creato disparità di trattamento tra coloro che affittano i propri immobili stipulando contratti di locazione con soggetti rientranti nelle categorie deboli (ex comma 20 dell'articolo 80 della legge finanziaria 2001), costretti a subire continue proroghe dell'esecuzione dello sfratto, e coloro che stipulano contratti di locazione con la restante pletora di soggetti. Inoltre c'è da tener conto che, alla scadenza del mandato elettorale, il Governo Berlusconi non poteva ignorare i problemi delle realtà territoriali che maggiormente risentono della crisi abitativa, del carovita e del caro-affitti, ossia le realtà territoriali delle grandi città, come appunto Roma, Milano e Napoli.
Peraltro, i decreti-legge del Governo del centro-destra non hanno ignorato i proprietari degli appartamenti che per l'ennesima volta si sono prestati per risolvere i problemi abitativi delle categorie socialmente deboli. Infatti, la sospensione non ha operato in caso di mancato regolare pagamento del canone di locazione e dei relativi oneri accessori, nonché nei casi in cui il locatore abbia dimostrato, con autocertificazione, di trovarsi nelle stesse condizioni previste per il conduttore al quale spetterebbe di ottenere la sospensione medesima. Inoltre, il decreto-legge n. 23 del 2006 ha previsto agevolazioni fiscali in favore dei locatori, siano essi persone fisiche o imprese, esentando dal pagamento delle tasse il reddito proveniente dai canoni di locazione, per tutto il periodo dei sei mesi di sospensione legale degli sfratti. La sussistenza dei requisiti veniva accertata dal conduttore attraverso un'autocertificazione, che il locatore poteva successivamente contestare.
C'è da dire che tutte queste attenzioni nei riguardi dei proprietari sono state riproposte sia dal decreto-legge n. 261 del 2006 del Governo del centro-sinistra, sia dal presente disegno di legge, e pertanto la Lega non può che vederle con favore. Parimenti sono riproposte le norme che prevedono ulteriori agevolazioni da parte dei comuni attraverso esenzioni o riduzioni dell'ICI.
Inoltre, l'ultimo decreto-legge del Governo Berlusconi, il n. 23 del 2006, ha girato i fondi stanziati per i contratti provvisori e non utilizzati alla realizzazione di alloggi sperimentali e progetti speciali per aumentare la disponibilità di alloggi di edilizia sociale. Anche il presente disegno di legge intende incentivare la realizzazione di alloggi di carattere sociale, ma si - limita a questioni programmatorie senza prevedere lo stanziamento di finanziamenti per l'edilizia sociale e/o sgravi fiscali e/o saggio di interesse accessibile.
Entrando nel merito del disegno di legge, si osserva quanto segue: il presente disegno di legge tronca il processo della continua limitazione della sospensione degli sfratti, come programmata dal precedente Governo, rilanciando una nuova serie di sospensioni, estese su tutto il territorio nazionale nei comuni con più di 10.000 abitanti (capoluoghi di provincia e comuni limitrofi), oltre che nei comuni adPag. 105alta tensione abitativa. Peraltro il presente testo e ancora più estensivo rispetto al decreto-legge n. 261, decaduto, perché comprende sia i comuni con più di 10.000 abitanti, sia i comuni ad alta tensione abitativa. Si ritiene che tale estensione sia un passo indietro che alimenterà nuovi conflitti tra proprietari e affittuari. L'estensione contrasta inoltre con la pronuncia della Corte costituzionale n. 155 del 28 maggio 2004, sopra esposta, che ha inteso limitare la proroga degli sfratti, dichiarandone l'illegittimità costituzionale. La nuova proroga degli sfratti creerà nuovi timori sulla mancanza di garanzia per l'immediata restituzione dell'immobile al locatore alla scadenza del contratto, mancanza di garanzia che in passato ha costretto i proprietari a tenere spesso gli immobili sfitti, incidendo sulla paralisi del settore delle locazioni.
Il limite di reddito complessivo familiare di 27.000 euro lordo, corrispondente, secondo la relazione tecnica, a 1.200 euro netti al mese, si presenta così basso che rischia di penalizzare le famiglie con figli a carico e con due genitori lavoratori, che, anche con 1.400 o 1.500 euro al mese non sono in ogni caso in grado di pagare un affitto di libero mercato (che nelle grandi città non è mai meno di 800 euro). Presumibilmente le categorie che potranno usufruire realmente del presente decreto sono i lavoratori in nero e gli extracomunitari e solo pochi casi di famiglie veramente bisognose. Si ritiene preferibile il testo del decreto-legge n. 23 del 2006 che faceva riferimento a «redditi superiori a quelli previsti per l'accesso ai contributi del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione» (comma 1).
La riforma degli enti previdenziali, assicurazioni, casse professionisti è stata tutta basata sul presupposto che tali enti, visto che non sono enti di beneficenza, non devono sostituire lo Stato nei propri obblighi sociali e, pertanto, non devono mantenere un patrimonio edilizio, a canone basso, scarsamente redditizio, che impedisce a loro di investire fruttuosamente i contributi dei loro assicurati. Il presente disegno di legge torna indietro nei tempi in quanto sospende, fino a 18 mesi dopo l'entrata in vigore della legge, l'esecuzione degli sfratti delle categorie protette (ai sensi del comma 1 dell'articolo 1), per tutte le case di enti, casse professionali, assicurazioni, banche.
Il presente testo, fortunatamente, non comprende una disposizione del decreto-legge che prevedeva un rinnovo del contratto per 9 anni per gli immobili cartolarizzati, comprati da soggetti diversi da persone fisiche.
C'è da notare che la norma non risolve le problematiche in merito alle condizioni del rinnovo e alle cifre di canone richieste dai nuovi proprietari, che, ovviamente, sono molto distanti dagli affitti equo canone cui erano abituati gli inquilini delle case degli enti.
Si prevede la decadenza dal beneficio se, entro 45 giorni dalla data dell'entrata in vigore della legge, il comune non procede a predisporre un programma di edilizia sovvenzionata o agevolata, sulla base degli elenchi dei conduttori bisognosi. Si ritiene assurda tale limitazione che non tiene conto dei diritti soggettivi degli inquilini e crea discriminazioni tra i cittadini dei comuni efficienti e quelli dei comuni inetti.
La Lega ha fatto una vera battaglia in passato contro le commissioni prefettizie ed è finalmente riuscita a far tornare alla competenza della magistratura ordinaria la questione degli sfratti. Occorre chiarire che l'istituzione delle commissioni prefettizie aveva carattere temporaneo al fine di smaltire l'eccezionale aumento del numero delle cause di sfratto, generate dal blocco generale del mercato delle locazioni che aveva le sue origini nell'introduzione dell'equo canone. Tra l'altro le ultime proroghe del funzionamento di dette commissioni avevano lo scopo di consentire al Parlamento il tempo necessario per la revisione della disciplina delle locazioni degli immobili urbani, al fine di restituire la questione relativa agli sfratti alla competenza esclusiva della magistratura ordinaria.Pag. 106
Ricordo che le commissioni prefettizie nella loro prima introduzione, avvenuta con il decreto-legge n. 9 del 1982, convertito dalla legge n. 94 del 1982, dovevano, su richiesta del pretore, fornire al medesimo tutti i dati utili sulla situazione abitativa dei comuni che maggiormente risultavano colpiti dalla crisi del mercato delle locazioni, affinché «egli abbia concreti elementi di giudizio in ordine alle procedure di rilascio da lui trattate». Successivamente il decreto-legge n. 708 del 1986, convertito dalla legge n. 899 del 1986, e il decreto-legge n. 551 del 1986, convertito dalla legge n. 61 del 1989, hanno rispettivamente modificato la composizione delle commissioni e aumentato le competenze del prefetto, stabilendo il termine del 31 dicembre 1993 per la cessazione delle funzioni delle commissioni medesime e per la fine dell'impiego della forza pubblica secondo i criteri di graduazione nell'esecuzione degli sfratti stabiliti dal prefetto. Da allora, un susseguirsi di decreti-legge ha ripetutamente fatto slittare il termine per la concessione della forza pubblica, impedendo il ritorno della questione sfratti nelle mani della magistratura ordinaria, fino all'approvazione della legge 9 dicembre 1998, n. 431, che ha definitivamente abolito le commissioni prefettizie. I commi 2 e 3 dell'articolo 3, anche se non affidano direttamente al prefetto le procedure di sfratto, sembrano nostalgici del passato riportando nelle mani del perfetto e delle nuove «commissioni prefettizie» la graduazione delle azioni di rilascio degli alloggi. Occorre sopprimere i commi 2 e 3 dell' articolo 3.
L'articolo 4 interviene sulle competenze in materia di edilizia residenziale pubblica, che sono state assegnate integralmente alle regioni con la riforma Bassanini ed in particolare con il decreto legislativo n 112 del 1998. Ovviamente è sotto gli occhi di tutti la scarsità delle risorse destinate attualmente all'edilizia sovvenzionata e agevolata da parte delle regioni. Tuttavia, a seguito della soppressione del CER e la devoluzione alle regioni di tutte le competenze in materia, l'intervento dello Stato è limitato alla definizione di criteri generali e all'attuazione di soli programmi sperimentali. Non si ritiene fattibile la realizzazione di un programma pluriennale e di edilizia residenziale pubblica da parte dello Stato, facendolo passare per straordinario. Il presente testo ha modificato l'articolo 4 del decreto-legge (nel senso indicato anche dal nostro gruppo al Senato), prevedendo che il programma predisposto dal tavolo di concertazione deve definire solo le linee generali della programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, senza entrare nelle competenze regionali e comunali. In realtà è stato recepito il significato di un nostro emendamento al Senato sul decreto-legge n. 261 del 2006.
Si segnala inoltre che lo Stato potrebbe intervenire assegnando alle regioni nuovi finanziamenti per l'edilizia residenziale pubblica, ma il presente disegno di legge non contiene disposizioni finanziarie in tal senso (nemmeno il decreto-legge decaduto).
La copertura finanziaria per la proroga dei benefici fiscali in favore dei proprietari previsti dall'articolo 2 è individuata a valere sull'autorizzazione di spesa disposta dall'articolo 2, comma 4 del decreto-legge n. 106 del 2005, in ordine ai premi per la concentrazione di imprese. Si ricorda che il decreto-legge n. 261 del 2006, ai fini della copertura finanziaria, aumentava la tassazione sulla casa portando dal 15 per cento al 14 per cento la percentuale di riduzione del canone annuo di locazione ai fini della determinazione del reddito da fabbricati, per tutti i contratti stipulati con libera contrattazione tra le parti. Il Governo ha dovuto modificare la copertura finanziaria. Il nostro gruppo ha evidenziato al Senato che la copertura finanziaria contenuta nel decreto-legge n. 261 del 2006 limitava la libertà delle parti nella scelta del tipo di contratto da applicare (canale libero o vincolato). Inoltre, non si prevedeva l'esclusione da tale aumento della tassazione dei fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, che oggi staPag. 107al 25 per cento, per ovvi motivi legati alle particolari condizioni della città di Venezia.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ANTONIO RUSCONI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1961 ED ABBINATE

ANTONIO RUSCONI, Relatore. Il provvedimento in esame, approvato in prima lettura dal Senato il 15 novembre scorso, è volto a modificare la disciplina dell'esame di Stato conclusivo dei corsi di istruzione secondaria superiore, novellando alcuni articoli della legge 10 dicembre 1997, n. 425.
Il testo si compone di tre articoli.
L'articolo 1 sostituisce le disposizioni contenute negli articoli 2 (ammissione all'esame di Stato), 3 (contenuto ed esito dell'esame) e 4 (composizione della Commissione di esame e sede di svolgimento degli esami) della legge 10 dicembre 1997, n. 425.
In particolare, con riguardo all'ammissione dei candidati si introduce il vincolo della valutazione positiva in sede di scrutinio finale e dell' avvenuto recupero degli eventuali debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici; si prevedono nuovi requisiti per l'abbreviazione per merito dei cosiddetti «ottisti»; a questi ultimi, oltre alla votazione di otto decimi in ciascuna disciplina nello scrutinio del penultimo anno di corso, si richiede infatti una votazione non inferiore a sette decimi in ciascuna disciplina nei due anni antecedenti ed una carriera scolastica priva di ripetenze; si prevede la prescrizione della residenza nella località dell'istituto scolastico scelto quale sede d'esame per i candidati esterni, con previsione di sanzioni per il mancato rispetto della norma.
In ordine alle prove d'esame vi è invece una accentuazione della dimensione tecnico-pratica della seconda prova per gli istituti tecnici, professionali ed artistici ed eventuale svolgimento della stessa anche in più di un giorno di lavoro; l'attribuzione della scelta delle prove nazionali al ministro della pubblica istruzione e la predisposizione dei modelli per la terza prova all'Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione), con contestuale modifica delle competenze assegnate a quest'ultimo; la modifica della ripartizione dei punteggi fra i tre momenti di valutazione con incremento del «peso» attribuito al credito scolastico (da 20 a 25 punti) e flessione del «peso» attribuito al colloquio (da 35 a 30 punti), rimanendo invece invariato il punteggio attribuito alle prove scritte.
Il provvedimento in esame prevede quindi il ripristino della composizione mista delle commissioni di esame, con commissari interni ed esterni al 50 per cento oltre al presidente esterno, al quale sono affidate non più di due commissioni-classe.
L'articolo 2 del disegno di legge prevede quindi una delega in materia di percorsi di orientamento, di accesso ai corsi di istruzione post-secondaria e di valorizzazione di risultati di eccellenza, con la previsione di alcuni obiettivi (comma 1) e principi e criteri direttivi (comma 2).
In particolare si stabilisce di realizzare - nell'ultimo anno del corso di studi - percorsi di orientamento finalizzati alla scelta, da parte degli studenti, di corsi di laurea universitari e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, di percorsi della formazione tecnica superiore, nonché di percorsi finalizzati alle professioni e al lavoro (comma 1, lettera a)), prevedendo le modalità di raccordo tra le scuole e le predette istituzioni nonché i percorsi finalizzati alle professioni e al lavoro, da realizzarsi anche attraverso la partecipazione di docenti universitari e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonché della formazione tecnica superiore (comma 2, lettera a)). È previsto inoltre il potenziamento del raccordo tra la scuola e le predette istituzioni di formazione post-secondaria (comma 1, lettera b)), prevedendo apposite modalità per la partecipazione degli istituti di istruzione secondaria superiore alle prove di verifica per l'ammissione ai corsi di laurea e perPag. 108il soddisfacimento degli eventuali obblighi formativi universitari (comma 2, lettera b)); nonché la valorizzazione della qualità dei risultati scolastici degli studenti ai fini dell'ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso (comma 1, lettera c)), prevedendo che una quota del punteggio degli esami di ammissione ai corsi universitari ad accesso programmato sia assegnata agli studenti che abbiano conseguito risultati scolastici di particolare valore, nell'ultimo triennio e nell'esame di Stato, anche in riferimento alle discipline più significative del corso di laurea prescelto, e valorizzando le discipline tecnico-scientifiche (comma 2, lettera c)). Il provvedimento fissa altresì l'obiettivo di incentivare l'eccellenza degli studenti, ottenuta a vario titolo sulla base dei percorsi di istruzione (comma 1, lettera d)) prevedendo incentivi, anche di natura economica, finalizzati alla prosecuzione degli studi, anche nell'ambito dell'istruzione e formazione tecnica superiore e individuando le modalità di certificazione del risultato di eccellenza (comma 2, lettera d)).
L'articolo 3 reca, infine, le disposizioni transitorie, finali, finanziarie e alcune abrogazioni. In questo senso il comma 1 mantiene in vigore - per i candidati agli esami di Stato negli anni scolastici 2006-2007 e 2007-2008 - le disposizioni previgenti in materia di debiti formativi ed attribuzione del punteggio per il credito scolastico. I commi 2, 4 e 5 recano le disposizioni di carattere finanziario. Con riferimento ai compensi per i membri delle commissioni d'esame, in fase di prima attuazione e nelle more delle norme contrattuali, viene stabilito un limite di spesa pari a 138 milioni di euro, cui si aggiungono 5 milioni di euro per le incentivazioni previste dall'articolo 2; a tali oneri si provvede, oltre che con la disponibilità di cui all'articolo 22, comma 7, della citata legge 28 dicembre 2001, n. 448, con le risorse destinate al piano programmatico per l'attuazione della legge Moratti. In particolare, quanto ad euro 63.810.000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 92, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e, quanto ad euro 38.950.000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 130, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Il comma 3 dispone invece l'abrogazione di alcune disposizioni incompatibili con le innovazioni introdotte dal provvedimento. Si tratta in particolare dell'articolo 22, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, in materia di composizione delle commissioni d'esame, ad eccezione dell'ultimo periodo contenente l'autorizzazione di spesa; dell'articolo 13, comma 4, e l'articolo 14 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, riguardanti, rispettivamente, l'ammissione e alcune norme in materia di svolgimento dell'esame di Stato; dell'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, concernente le competenze dell'Invalsi in materia di predisposizione e gestione delle prove previste per l'esame di Stato conclusivo dei cicli di istruzione.
Il comma 6 riguarda, infine, l'entrata in vigore della legge.
Al provvedimento in esame sono abbinate due proposte di legge di iniziativa parlamentare: AC 1399 ( Angela Napoli), recante Nuova disciplina degli esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, e AC 1614 (Aprea e altri), recante Modifiche alla legge 10 dicembre 1997, n. 425, in materia di esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore; se ne dà conto di seguito evidenziando le differenze rispetto al provvedimento approvato dal Senato.
Si segnala, in particolare, che la proposta di legge 1399 si compone di 14 articoli volti a ridisciplinare l'esame di stato e le sue finalità nonché i requisiti di ammissione; quest'ultima è disposta dal consiglio di classe, con deliberazione motivata, a maggioranza dei due terzi dei componenti.
Sono quindi dettate norme riguardo alla sede d'esame, alla valutazione del curriculum scolastico, allo svolgimento delle prove. L'esame consiste in tre prove scritte e un colloquio vertente su tuttePag. 109le materie dell'ultimo anno di corso. Riguardo alla valutazione delle prove d'esame, è previsto che la commissione si divida in sottocommissioni e che assegni un punteggio fino a 45 punti per le prove scritte e fino a 30 punti per il colloquio.
La commissione di esame è costituita da un presidente e, per due terzi delle discipline di esame, da commissari esterni (tratti da albi nazionali) per le restanti discipline da commissari interni, scelti a rotazione. I compensi per la commissione di esame sono stabiliti con decreto del ministro della pubblica istruzione.
L'attuazione della disciplina introdotta dalla proposta di legge è demandata ad un regolamento ministeriale.
Si segnala inoltre che all'articolo 11 si prevede che i compensi per la commissione di esame siano stabiliti con decreto del ministro della pubblica istruzione emanato di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze. All'articolo 12 si prevede quindi la definizione, per gli alunni portatori di handicap, di prove equipollenti alle prove scritte o grafiche e tempi più lunghi per la loro effettuazione è demandata ad una ordinanza ministeriale. L'articolo 13 demanda invece l'attuazione della disciplina introdotta dalla proposta di legge ad un regolamento ministeriale.
La proposta di legge 1614 si compone invece di quattro articoli che modificano i corrispondenti articoli della legge 10 dicembre 1997, n. 425.
All'articolo 1 si richiamano le finalità dell'esame di Stato. All'articolo 2 si riprendono le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 226 del 2005 relative ai requisiti di ammissione all'esame, con il ripristino dello scrutinio di ammissione da parte del consiglio di classe e la previsione del superamento dei debiti formativi. Sono quindi dettate disposizioni relative ai candidati esterni nonché la disciplina per le abbreviazioni per merito. All'articolo 3 vengono definite le prove d'esame; le due prime prove scritte sono predisposte dalle istituzioni scolastiche coerentemente con il progetto educativo di istituto; la terza prova, a carattere pluridisciplinare e nazionale, viene predisposta dall'Invalsi. Per il punteggio finale la commissione dispone di 15 punti per la valutazione di ciascuna prova scritta e di 15 punti per la valutazione del colloquio. Ciascun candidato può inoltre far valere un credito scolastico massimo di 40 punti. All'articolo 4 si ripropone la commissione interna con un presidente esterno nominato dal Ministero della pubblica istruzione. Si segnala che all'articolo 11 si prevede che il presidente di ogni commissione d'esame sia nominato dal Ministero della pubblica istruzione.
Si segnala innanzitutto in questa sede, rinviando ad una successiva integrazione ulteriori considerazioni, che l'intervento di modifica alle norme di rango primario rende necessario l'adeguamento della normativa secondaria, già prevista dall'articolo 1 della legge n. 425 del 1997 (cui si è data attuazione con regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323). Occorrerebbe valutare l'opportunità di prevedere una norma esplicita di autorizzazione all'adeguamento del predetto regolamento, anche intervenendo sul comma 2 dell'articolo 1 che reca la predetta autorizzazione.
Con riferimento al provvedimento trasmesso dal Senato (AC 1961), si segnala, in ogni caso già in questa fase che il comma 1 del nuovo articolo 2 demanda ad un decreto del ministro della pubblica istruzione le modalità con cui gli alunni devono saldare i debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici per essere ammessi all'esame di Stato. Il comma 1 del nuovo articolo 4 demanda invece ad un decreto, di natura non regolamentare, del ministro della pubblica istruzione le modalità e i termini per la definizione delle materie di esame da affidare ai commissari esterni; si prevede inoltre che la commissione d'esame sia nominata dal dirigente dell'Ufficio scolastico regionale sulla base di criteri determinati a livello nazionale. Il comma 5 del nuovo articolo 4 demanda poi ad un decreto del ministro della pubblica istruzione, di natura non regolamentare, l'individuazione dei casi ePag. 110delle modalità di sostituzione dei commissari e dei presidenti; il comma 10 del nuovo articolo 4 rimette invece alla contrattazione collettiva del comparto del personale della scuola la definizione della misura dei compensi ovvero, in mancanza di norme contrattuali al riguardo, ad un decreto del ministro della Pubblica Istruzione, adottato di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze.
Si aggiunge che nel provvedimento trasmesso dal Senato (AC 1961) e nella proposta di legge n. 1614, il coordinamento con la normativa vigente è sostanzialmente assicurato con la tecnica della novella. Si segnala peraltro la necessità di provvedere al coordinamento formale dell'articolo 5 della legge n. 425 del 1997 con le modifiche introdotte dal provvedimento in esame. Quanto alla proposta di legge n. 1399, occorrerebbe valutare l'opportunità di formulare le norme come novella alla legge n. 425 ovvero provvedere all'abrogazione della medesima.
È da sottolineare inoltre che destinatari dell'intervento normativo in esame sono gli alunni delle scuole statali, paritarie, pareggiate e legalmente riconosciute nonché gli alunni ammessi all'esame di Stato con abbreviazione di un anno del corso di studi. Sono, altresì, destinatari della norma i docenti che costituiscono le commissioni esaminatrici e coloro che possono essere nominati presidenti di commissione (dirigenti scolastici, docenti in servizio in istituti di istruzione secondaria superiore statali e professori universitari di prima e seconda fascia). La disciplina influisce inoltre sull'autonomia scolastica nel senso di modificare le norme relative al recupero dei debiti scolastici.
Si segnala infine la norma che prevede sanzioni per i dirigenti scolastici in caso di inadempienza all'obbligo di provvedere affinché i candidati esterni sostengano le prove d'esame nella sede dell'istituto sito nel luogo di residenza dei candidati.
Riguardo alla osservazione posta dal Comitato per la legislazione e alle successive indicazioni, si rileva che la norma in approvazione determina l'univoca abrogazione della precedente, per successioni di leggi nel tempo. Si trasferisce infatti chiaramente ai consigli di classe la competenza sui candidati esterni prima affidata alla Commissione d'esame: in ogni caso, si ritiene opportuno presentare da parte del relatore un ordine del giorno che impegni il Governo a un chiarimento nei provvedimenti successivi previsti dalla norma.
In secondo luogo, a risposta al parere favorevole della Commissione affari sociali che aggiungeva un'osservazione di richiamo alla legge 104 del 1992 sull'handicap, si precisa che, condividendo lo spirito della stessa osservazione, si è ritenuto di non inserire nel testo del disegno di legge un riferimento sull'argomento, perché è evidente che la normativa generale sull'handicap si estende anche agli esami di stato e un'ulteriore specificazione avrebbe potuto creare problemi interpretativi proprio per le diverse tipologie di handicap presenti nel mondo della scuola.
Inoltre, non è possibile dimenticare che la riforma precedente introdotta dal ministro Moratti comparve improvvisamente durante la discussione della finanziaria 2002, in assenza di una legge specifica, con l'unico dichiarato peraltro legittimo obiettivo di esigenza di risparmio, ma mettendo evidentemente in crisi il concetto stesso di terzietà dell'esame di stato.
In conclusione si evidenziano alcune considerazioni di carattere didattico-educativo: un maggior rigore nella prova d' esame, con il ritorno dello scrutinio per essere ammessi, con l' obbligo di aver saldato i debiti contratti negli anni precedenti, il ritorno delle commissioni d' esame miste, oltre al presidente esterno al quale potranno essere affidate non più di due classi; i premi all' eccellenza degli studenti, con incentivi di natura anche economica, per un importo di 5 milioni di euro finalizzati alla prosecuzione degli studi; i percorsi di orientamento nell'ultimo anno di studi che permetteranno agli studenti di scegliere con più consapevolezza il corso di laurea idoneo, anche con la partecipazione in classe di docenti universitari.Pag. 111
D'altra parte non può essere casuale che in questi anni di verifica solo interna il numero dei privatisti sia cresciuto a dismisura, provenienti da alcuni «diplomifici» specializzati che nulla hanno a che fare con la serietà delle proposte di molte scuole paritarie.
Basterebbe a questo proposito leggere il documento della Federazione italiana delle scuole cattoliche.
In effetti il punto di evidente fragilità del tipo di esame esistente era il rischio di ripetere, con diverse modalità, verifiche svolte in classe poche settimane prima e la verifica non coinvolgeva neanche l'autorevolezza di programmi del docente, visto che lo stesso si identificava con il commissario d' esame e non poteva essere valutato, anche se indirettamente, da una commissione esterna.
Va infine rafforzato il concetto che il confronto con un esaminatore esterno offre il valore di un' occasione di crescita e di una prima prova di presentazione delle proprie capacità in vista di futuri colloqui di lavoro dove in genere molti alunni giungono impreparati.
E non è secondario che con questo provvedimento il Governo torna, in un momento di grave difficoltà del bilancio dello Stato, a trovare risorse nuove aggiuntive sulla scuola, convinti che una diversa dignità e serietà dell' esame di stato sia richiesto dalla maggior parte degli studenti, i protagonisti che devono dimostrare quanto hanno appreso a scuola.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DEL DEPUTATO ROSALBA BENZONI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1961 ED ABBINATE

ROSALBA BENZONI. Questo indirizzo non è sempre apparso nitidamente nel dibattito parlamentare di queste settimane. L'attribuzione di valore al sistema scolastico ai fini dello sviluppo sociale e economico dipende dall'entità di risorse che vi si destinano ma ancora di più dalla capacità di produrre norme che mettano al centro i bisogni formativi dello studente, la qualità dei processi di insegnamento-apprendimento, le condizioni di sistema per ottimizzare le risorse e le competenze. Con la riforma dell'esame di Stato compiamo un passo in questa direzione, con l'attenzione rivolta all'interesse generale della crescita culturale del paese. Un passo a cui dovranno seguirne molti altri perché il successo formativo è il risultato di un percorso lungo, che inizia nei primi anni di vita, e ha bisogno di continua e attenta manutenzione.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 6
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. t.u. 915-A ed abb. - em. 1.34 n.f. 371 367 4 184 366 1 76 Appr.
2 Nom. em. 1.100 407 407 204 406 1 73 Appr.
3 Nom. em. 1.32 451 413 38 207 213 200 72 Appr.
4 Nom. em. 1.33 454 395 59 198 296 99 72 Appr.
5 Nom. t.u. 915-A ed abb. - voto finale 475 467 8 234 466 1 71 Appr.
6 Nom. Moz. Realacci ed altri 1-6 453 428 25 215 426 2 71 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.