XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 29 di giovedì 20 luglio 2006

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 9,05.

MARCO BOATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Bafile, Bindi, Boco, Cento, Chiti, Colucci, Duilio, Folena, Galante, Galati, Gentiloni Silveri, Lanzillotta, Letta, Mazzocchi, Migliore, Oliva, Parisi, Pecoraro Scanio, Piscitello, Pisicchio, Prodi, Ranieri, Rutelli, Santagata e Scajola sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono quarantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Stato di attuazione dell'intesa istituzionale di programma tra Governo e Giunta della regione autonoma della Sardegna sottoscritta in data 21 aprile 1999 - n. 2-00072)

PRESIDENTE. Il deputato Palomba ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00072 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, si tratta di un accordo istituzionale firmato nel 1999 dall'allora Presidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, e dall'allora presidente della regione sarda; in particolare, è un intesa istituzionale di programma di straordinaria importanza per le parti contraenti e per tutta la società sarda.
Questo importante documento è rimasto per un certo periodo inattuato. Con il nuovo Governo, che è dello stesso segno politico di quello che ha sottoscritto l'intesa, la comunità sarda si attende che finalmente quell'accordo venga attuato.
L'interpellanza mira a verificare l'intenzione del Governo in ordine a tale aspetto, se cioè intende riaffermare l'attuale validità dell'intesa e in quali modi e in quali tempi intenda darle attuazione.
L'interpellanza è rivolta al Presidente del Consiglio dei ministri proprio perché concerne diverse materie; d'altra parte, era stata firmata dal presidente D'Alema e, pertanto, si tratta di capire, al di là di ciò che viene scritto dagli organi di stampa, attraverso i normali canali istituzionali, quale sia la volontà del Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.

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MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza dell'onorevole Palomba, il Governo informa che il ministro per gli affari regionali e delle autonomie locali ha definito con il presidente della regione Sardegna una serie di intese per dare concreta attuazione ai contenuti dell'intesa istituzionale di programma del 21 aprile 1999.
Pertanto, in linea con quanto gli stessi interpellanti auspicano, vi è l'intenzione di procedere anche alla definizione di linee comuni per quanto concerne la materia delle entrate di natura fiscale. In tale prospettiva, è ragionevole immaginare l'individuazione di possibili soluzioni giuridiche e amministrative al fine di soddisfare le esigenze della regione Sardegna.

PRESIDENTE. Il deputato Palomba ha facoltà di replicare.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, ringrazio la sottosegretaria Marcella Lucidi per le informazioni che ci ha fornito, ma, a dire la verità, non sono troppo doviziose. Avremmo preferito che vi fosse un impegno maggiore e che, comunque, il Governo, la Presidenza del Consiglio dei ministri avesse detto con chiarezza se l'intesa istituzionale di programma è un documento tuttora valido ed impegnativo per le altre parti contraenti e quale livello di impegno l'attuale Governo intende attribuire ad esso. Avremmo anche preferito conoscere la tempistica. Al di là dell'impegno o della volontà di riprendere in esame i contenuti dell'intesa - il che mi fa pensare che il Governo ritenga attuale la validità del documento -, gli interpellanti sono messi in condizione di conoscere poco, in modo particolare con riferimento ai tempi, alla celerità, alle modalità di attuazione dell'intesa medesima.
Comprendo che l'urgenza dell'interpellanza abbia potuto lasciare poco tempo per organizzare la risposta ma, d'altra parte, erano state presentate due interrogazioni sullo stesso argomento già due mesi fa e, quindi, il Governo era pienamente informato dei fatti. Speriamo di avere maggiori informazioni in occasione di una prossima interlocuzione.
Al di là del contenuto della risposta, della quale le sono personalmente grato, desidererei sapere, sottosegretaria Lucidi, se ella ritenga di poter sollecitare la Presidenza del Consiglio dei ministri affinché possiamo ricevere una risposta più articolata, magari per iscritto. Gliene sarei molto grato, sottosegretaria Lucidi.
La ringrazio ancora e spero che, in un prossimo futuro, le comunità sarde possano sapere qualcosa in più rispetto all'effettiva volontà del Governo di attuare l'intesa, fermo restando che l'unica cosa che mi pare di poter evincere con certezza dalla risposta è che il Governo attribuisce tuttora validità al fondamentale documento in parola.

(Celebrazione di un matrimonio all'interno del centro di permanenza temporanea di Bologna - n. 2-00058)

PRESIDENTE. Il deputato Raisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00058 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

ENZO RAISI. Signor Presidente, in data 7 luglio 2006, all'interno del centro di permanenza temporanea di Bologna, si è svolto un matrimonio tra il signor Slah Talbi e la signora F. M.
Il signor Slah Talbi era ospite del centro di permanenza di Bologna in quanto in procinto di essere espulso, avendo, tra l'altro (oltre ad essere immigrato clandestino) diversi precedenti penali. Non si capisce, sinceramente, la logica secondo la quale il ministero abbia autorizzato il suddetto matrimonio, con autorizzazione straordinaria - credo sia la prima volta che una cosa del genere si verifica -, all'interno del centro di permanenza temporanea. Sostanzialmente, è stata garantita a questa persona - che, per carità, poteva sposarsi tranquillamente in Tunisia dopo l'espulsione - la possibilità di evitare l'espulsione.Pag. 3
Ripeto che non stiamo parlando di un semplice immigrato che ha violato le norme della cosiddetta legge Bossi-Fini, ma di un immigrato che ha precedenti penali gravi e che, per questo motivo, ovviamente, era stato avviato sulla via dell'espulsione. L'autorizzazione straordinaria offre a questa persona la possibilità di evitare, in qualche modo, l'esecuzione del provvedimento. Credo che ciò sia irragionevole anche in ragione del carattere eccezionale del provvedimento autorizzativo: si fa eccezione quando si vuole aiutare, supportare chi tiene un comportamento di rispetto nei confronti dello Stato; non si capisce, invece, perché debba essere agevolato chi ha violato le leggi dello Stato italiano, peraltro commettendo gravi reati (come quello di rapina) e non soltanto quello di immigrazione clandestina.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.

MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Sostanzialmente, ponendo un unico quesito, l'onorevole Raisi ha chiesto di sapere quali motivazioni abbiano portato l'amministrazione ad autorizzare, all'interno del centro di permanenza temporanea di Bologna, la celebrazione di un matrimonio tra due persone di cui una di nazionalità italiana.
In risposta a tale quesito vorrei evidenziare all'onorevole Raisi che la celebrazione di un matrimonio civile tra uno straniero di nazionalità tunisina ed una cittadina italiana all'interno del centro di permanenza temporanea di Bologna è stata autorizzata dal prefetto della città per non ledere nei confronti degli interessati il diritto che è costituzionalmente ed internazionalmente garantito alla formazione del nucleo familiare. Si tratta di un principio importante.
Nel caso specifico, inoltre, le pubblicazioni civili e le altre formalità prematrimoniali erano già state regolarmente espletate prima ancora che il prefetto di Lucca decretasse il provvedimento di espulsione che ha reso necessario il trattenimento dello straniero nel CPT. Non essendovi, quindi, validi motivi per impedire il matrimonio, l'autorità amministrativa, valutati i vari profili della questione, ha ritenuto di dover accogliere l'istanza alla celebrazione del rito civile all'interno del centro ed autorizzare, quindi, l'ingresso nella struttura del consigliere comunale delegato alla celebrazione, della nubenda e dei testimoni.

PRESIDENTE. Il deputato Raisi ha facoltà di replicare.

ENZO RAISI. Signor Presidente, ovviamente mi dichiaro non soddisfatto anche perché il sottosegretario Lucidi ha di fatto risposto riportando quanto ho già scritto nel testo dell'interpellanza. Il fatto che il matrimonio concordatario e civile sia un diritto costituzionalmente garantito l'avevo già scritto all'interno dell'interpellanza e non vi era bisogno che il sottosegretario lo ripetesse perché vi sarei arrivato da solo. Tuttavia, avevo anche aggiunto che il matrimonio si sarebbe potuto celebrare tranquillamente in Tunisia, in quanto non vi era alcun motivo di urgenza.
Inoltre, ribadisco che questo tipo di scelte sono arbitrarie. Quindi, l'autorità che l'ha compiuta ha voluto interpretare in modo estensivo un suo potere, quando avrebbe potuto agire secondo criteri restrittivi. Peraltro, stiamo dando un segnale negativo alle decine di migliaia di immigrati presenti nel nostro paese che si comportano bene rispettando le leggi. Noi dobbiamo aiutare questi immigrati aumentando i loro diritti. Invece, dimostriamo loro che chi sbaglia e compie gravi crimini - lei non l'ha ricordato, ma il signore in oggetto ha alle spalle gravi crimini quali la rapina - viene beneficiato tramite alcune scorciatoie e con scelte tolleranti che a mio avviso non sono opportune, che sono più politiche che amministrative e che fanno male ad una seria politica dell'immigrazione e dell'integrazione degli immigrati. Infatti, tale politica non è compresa dal cittadino comune né da quello immigrato, presente in Italia e rispettoso delle leggi. Infatti, ilPag. 4cittadino che rispetta le leggi si accorge che a chi non le rispetta vengono concesse alcune agevolazioni! Si tratta di un aspetto molto negativo che non si comprende.
Pertanto, anche in nome dei cittadini immigrati rispettosi delle leggi, non ci riteniamo soddisfatti dell'atteggiamento assunto dalle autorità di Governo che hanno concesso un'autorizzazione priva di motivi di urgenza, perché il matrimonio si sarebbe potuto celebrare tranquillamente in Tunisia dopo l'espulsione prevista e richiesta dal prefetto di Lucca. Ribadisco la nostra totale insoddisfazione perché siamo davanti, ancora una volta, ad un brutto esempio di come in Italia chi viola le leggi, a tutti i livelli, viene sempre premiato.

(Istituzione di articolazioni operative della polizia penitenziaria preposte alla trattazione di attività informative - n. 2-00055)

PRESIDENTE. La deputata Mascia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00055 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, la presentazione dell'interpellanza scaturisce dal fatto che siamo venuti a conoscenza che in tutti i provveditorati regionali sono state istituite articolazioni operative della polizia penitenziaria. Naturalmente la responsabilità di tale operazione ricade sul capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dell'ufficio ispettivo. La finalità di tali articolazioni, anche sulla base di ordini di servizio istituiti dallo stesso ufficio ispettivo, sarebbe una non meglio definita attività informativa, sulla base della quale è stata richiesta riservatezza relativamente agli atti compiuti. Ora, per quanto mi è dato di sapere, non credo si possa trattare di una struttura predefinita, ossia istituita sulla base di discussioni, di un tavolo istituzionale, secondo le normative vigenti. Inoltre, tali articolazioni - sempre sulla base di ciò che ho potuto verificare - sono sottratte alle responsabilità gerarchiche delineate nei regolamenti di servizio e negli ordinamenti professionali della polizia penitenziaria.
Sembra siano numerose - circa 250 - le persone sottratte all'attività normale della polizia penitenziaria per svolgere tale funzione. Si tratta, dunque, di un problema, ove si considerino anche gli organici sottodimensionati o, comunque, la situazione complessiva (gli organici della polizia penitenziaria sono distribuiti secondo le possibilità; a volte, i criteri vanno al di là delle concrete possibilità: in alcune situazioni si registrano carenze).
In ogni caso, con riferimento all'interpellanza in oggetto, il punto principale è quello di chiarire le finalità di tale iniziativa. Comprendo benissimo che, rispetto a queste specifiche attività, vi possa essere un mandato istituzionale (nel caso di specie, sarebbe stata richiamata la finalità del procuratore dell'antimafia). Tuttavia, mi sembra che, rispetto a tale vicenda, si possa parlare di una attività paragiudiziaria senza alcuna rete di garanzia posta direttamente alle dipendenze del capo dipartimento dell'Ufficio ispettivo.
Non mi sembrano per nulla chiare le finalità di questa iniziativa, la garanzia e il controllo di queste supposte attività informative.
Naturalmente, chiedo al sottosegretario di conoscere soprattutto queste finalità.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Manconi, ha facoltà di rispondere.

LUIGI MANCONI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, l'interpellanza dei deputati Mascia e Migliore fa riferimento alla costituzione, all'interno del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, di una rete di articolazioni operative dell'Ufficio per l'attività ispettiva e del controllo dello stesso DAP; articolazioni operative preposte, secondo i due interpellanti, a «non meglio indicate attività informative» e presenti all'interno di ciascun provveditorato regionale.
In particolare, l'interpellanza rileva che le attività di quelle articolazioni sarebberoPag. 5state regolate unilateralmente dal direttore dell'Ufficio ispettivo del DAP, in quanto non corrisponderebbero ad «una struttura organizzativa predefinita, ovvero istituita secondo normativa vigente, ovvero ascrivibile alle normali attività istituzionali affidate al Corpo di polizia penitenziaria».
Infine, i deputati Mascia e Migliore lamentano che quelle articolazioni sarebbero sottratte alla catena di responsabilità delineate nei regolamenti di servizio e negli ordinamenti professionali della polizia penitenziaria e che in esse sarebbero impegnate almeno 250 persone, sottratte agli organici, già gravemente sottodimensionati, degli istituti penitenziari.
In premessa, occorre ricostruire puntualmente la vicenda per come si è andata sviluppando. Effettivamente, su proposta del direttore dell'Ufficio per l'attività ispettiva e del controllo dell'amministrazione penitenziaria, fatta propria dalla Direzione nazionale antimafia, il capo del dipartimento ha affidato a quello stesso direttore l'incarico di «assumere tutte le iniziative di tipo organizzativo ed operativo» necessarie per la realizzazione di una struttura centralizzata, nell'ambito del DAP, alla quale affidare il compimento di specifiche attività conoscitive da svolgere anche mediante l'utilizzo di mezzi di elaborazione informatica, finalizzate non soltanto a garantire la sicurezza interna ed esterna degli istituti penitenziari, ma anche a consentire agli uffici di procura di disporre tempestivamente di notizie ed informazioni utili per il prosieguo e lo sviluppo di indagini.
A tal fine l'Ufficio per l'attività ispettiva e del controllo è stato incaricato, anche attraverso la collaborazione di articolazioni periferiche, di provvedere: all'acquisizione, all'analisi ed al monitoraggio degli elementi documentali e dei dati informativi di natura fiduciaria riguardanti ciascuna delle persone detenute, sottoposte al regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario; all'esame comparato di tutti gli elementi e dei dati acquisiti; all'acquisizione, all'analisi ed al monitoraggio di tutti i possibili canali di collegamento, intramurario ed extramurario, «di natura personale e reale»; all'approfondimento informativo degli eventuali canali di collegamento, anche extramurario, e, infine, all'eventuale sviluppo di indagini preliminari all'esito dell'approfondimento informativo, qualora questo evidenzi ipotesi di reato.
A seguito di queste disposizioni del capo del dipartimento, il direttore dell'Ufficio dell'attività ispettiva e del controllo individuava nella stessa sezione IV del proprio ufficio, competente all'espletamento degli atti di indagini preliminari delegati dall'autorità giudiziaria, la «struttura centralizzata» di cui si ravvisava la necessità; e, quindi, provvedeva a costituire quella rete di «articolazioni» periferiche, di cui tratta l'interpellanza, disciplinandone le modalità operative.
Si ricorda, in proposito, che l'attività di polizia giudiziaria all'interno degli istituti di pena rientra nelle specifiche attribuzioni della polizia penitenziaria, sulla base dell'articolo 14 della legge n. 395 del 1990, istitutiva del Corpo. Non è in discussione, quindi, tale competenza, quanto la concreta organizzazione, la puntuale articolazione e le precise modalità operative dell'ufficio in questione.
A tale proposito va detto che se, per un verso, non risultano atti formali di costituzione di quelle articolazioni operative (sebbene non manchi di fare riferimento a dei «coordinatori» di essi), la loro attività, sulla base delle motivazioni che ne sono all'origine, dovrebbe essere limitata alla raccolta di informazioni riguardanti la popolazione detenuta sottoposta al regime di cui all'articolo 41-bis, anche se, invero, non sembra siano stati coinvolti tutti gli uffici competenti della medesima amministrazione penitenziaria.
A quanto riferisce il direttore dell'Ufficio dell'attività ispettiva e del controllo, il personale attualmente impegnato in tali articolazioni sull'intero territorio nazionale consta di 71 unità, a disposizione dei «coordinatori» regionali e, quindi, non esentate dagli ordinari incarichi di ufficio spettanti a ciascuno di loro.
Quanto all'attività effettivamente svolta e alle sue modalità, il direttore dell'UfficioPag. 6ha precisato quanto segue. In primo luogo, non sono mai state condotte, dalla sezione IV o dalle sue articolazioni periferiche, attività di polizia giudiziaria di iniziativa propria, né altre attività non riconducibili alle attribuzioni dell'Ufficio. In secondo luogo, l'Ufficio ha condotto attività meramente amministrative di «ricognizione centralizzata, di dati relativi allo status detentivo», già documentalmente e legittimamente in possesso dell'amministrazione penitenziaria e, quindi, dovremmo escludere che vi sia stata qualsiasi altra forma di acquisizione di informazioni. In terzo luogo, gli esiti di tali attività amministrative sono stati comunicati per conoscenza e per quanto di eventuale interesse alle autorità giudiziarie. Infine, in quarto luogo, gli atti relativi all'attività della sezione IV sono custoditi nell'ufficio con le cautele idonee a garantirne la corretta e riservata conservazione.
Ciò detto, vanno rilevate alcune questioni su cui l'autorità politica competente si riserva di condurre ulteriori approfondimenti.
La stessa definizione ed autodefinizione dei compiti istituzionali della rete di articolazioni periferiche che fa capo alla sezione IV dell'Ufficio dell'attività ispettiva e del controllo appaiono così ampie e, nello stesso tempo, così generiche da rischiare di configurare compiti non propri di un ufficio amministrativo e da richiedere, pertanto, una definizione assai più tassativa e vincolante, una definizione innanzitutto capace di assicurare che l'attività sia limitata al trattamento dei dati già in possesso dell'amministrazione.
Più specificamente, va rimarcato che l'attribuzione di compiti relativi all'acquisizione e all'approfondimento di informazioni riferite a realtà «extra-murarie» (canali, collegamenti e quant'altro) è legittima solo in quanto si fermi sulla soglia delle informazioni acquisibili d'ufficio nell'ordinaria attività interna all'istituto (colloqui, corrispondenza, eccetera), giammai se dovesse esplicarsi in attività di indagine e di acquisizione di informazioni al di fuori degli istituti.
Infine, va rilevata la peculiarità di una struttura organizzativa non adeguatamente definita e delimitata, addetta alle attività di polizia giudiziaria e però inserita all'interno di una struttura gerarchica amministrativa. Come è noto, infatti, Costituzione e codice di procedura penale prevedono una stretta ed esclusiva dipendenza della polizia giudiziaria dal pubblico ministero.
Non a caso, la legge istitutiva del Corpo attribuisce alla generalità dagli assistenti, degli agenti, dei sovrintendenti e degli ispettori di polizia penitenziaria la qualifica di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria, perché ciascuno di essi può essere investito di tali funzioni dall'autorità giudiziaria stessa, da cui non possono che essere funzionalmente dipendenti.
Nel quadro che, viceversa, si va delineando nell'amministrazione penitenziaria, prima attraverso l'istituzione di un'apposita sezione centrale e, poi, attraverso le citate articolazioni territoriali, quella dipendenza funzionale sembra venir meno a vantaggio della più rilevante e cogente dipendenza gerarchica, tipica degli uffici amministrativi.
In conclusione, ritengo che su tali delicate questioni si debba tornare ed ulteriormente approfondire, per valutare il se e il come l'iniziativa intrapresa dall'Ufficio dell'attività ispettiva e del controllo dovrà proseguire.

PRESIDENTE. La deputata Mascia ha facoltà di replicare.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario e mi dichiaro soddisfatta per più di una ragione. La prima è l'ultima considerazione in base alla quale si ritiene di dover tornare ad approfondire la problematica. Anch'io ritengo che le notizie fornite richiedano un ulteriore approfondimento da parte nostra. Soprattutto, sono soddisfatta per le tre considerazioni che, alla luce delle notizie fornite e raccolte dal sottosegretario, portano a sottolineare la necessità di definire compiti più tassativi e vincolanti.Pag. 7
Anche nella nostra interpellanza, naturalmente, non si mettevano in dubbio i compiti della polizia penitenziaria, alle dipendenze di un procuratore, nello svolgimento delle attività giudiziarie. La preoccupazione era invece legata alle modalità con cui sarebbe stata istituita questa rete ed alla dipendenza di questa stessa rete dal punto di vista gerarchico. Da ciò conseguiva anche una preoccupazione relativa ai dati che, come confermato stamane, dovevano essere raccolti e trattati attraverso la suddetta rete.
Le considerazioni che il sottosegretario ha svolto, la scelta e la decisione di rendere comunque tassativi e vincolanti questi compiti, di limitarli all'interno degli istituti penitenziari - rispetto alle informazioni fornite, le mie preoccupazioni sono andate oltre e le peculiarità di un'attività di questo tipo, strettamente alle dipendenze del pubblico ministero, mi tranquillizzano rispetto ad un'attenzione e ad un approfondimento che, naturalmente, il ministero e il sottosegretario stesso avranno cura di accertare e di approfondire - mi confortano e mi fanno dire di essere soddisfatta. Ritengo, infatti, che in tutte queste attività così delicate - anche alla luce di un contesto generale in cui attività informative e intercettazioni sono effettuate in nome di una sicurezza che, comunque, a mio avviso, non può uscire dai ruoli e dalle regole e che, soprattutto, non può giustificare la deroga delle garanzie individuali e generali che sono dovute alla collettività - il rigore sia indispensabile e necessario da parte di tutti, soprattutto in un settore così delicato della nostra società, come sono gli istituti penitenziari e quanto connesso.
Quindi, ringrazio il sottosegretario. Credo che anche le organizzazioni sindacali e tutte le figure istituzionali siano interessate a questioni così importanti e delicate per quanto riguarda l'attività propria degli agenti di polizia penitenziaria. Si dice che si tratta di 71 persone e che le stesse non sono sottratte ai compiti propri, ma quello che conta è proprio la nuova istituzione di funzioni; nuova nel senso che, seppure si tratta di compiti propri, sarebbero inquadrati in un'attività organicamente un po' particolare.
Ringrazio nuovamente il sottosegretario ed anch'io, naturalmente, mi preoccuperò di tornare sull'argomento da qui a qualche tempo.

(Somministrazione del farmaco metotrexate presso il reparto di ginecologia dell'ospedale Buzzi di Milano - n. 2-00057)

PRESIDENTE. L'onorevole Ronconi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00057 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4), da lui sottoscritta nella seduta odierna.

MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, si apprende da notizie apparse sulla stampa che presso l'ospedale milanese Buzzi da alcuni mesi viene somministrato presso il reparto di ginecologia il metotrexate. Tale farmaco, antagonista dell'acido folico ed inibitore della crescita cellulare, è registrato da tempo per l'impiego in campo oncologico, nonché per l'artrite reumatoide e psoriasica, ma viene usato, secondo quanto si apprende da Umberto Nicolini, primario di ginecologia dell'ospedale, anche al di fuori dell'indicazione ufficiale per indurre l'interruzione della gravidanza, in caso di gravidanza extrauterina, in alternativa all'intervento chirurgico. Secondo il ginecologo non si tratterebbe di pillola abortiva, ma di un farmaco usato per via intramuscolare in ospedale, né sarebbe necessaria alcuna sperimentazione, in quanto il metotrexate, a differenza della pillola RU-486, è da tempo registrato in Italia e venduto liberamente, lasciando così al medico la libera scelta di utilizzarlo in alternativa al metodo chirurgico.
La direzione generale degli istituti clinici di perfezionamento, di cui fa parte il Buzzi, ha sospeso la procedura e chiesto l'acquisizione della documentazione relativa al caso, precisando, comunque, che non sarebbe in corso alcuna sperimentazionePag. 8di farmaci abortivi e che la somministrazione del metotrexate per l'interruzione della gravidanza sarebbe avvenuta solo sotto la diretta responsabilità dei medici, mediante l'impiego di farmaci regolarmente in commercio in Italia e per patologie ostetriche diverse dall'aborto.
In base a quanto comunicato dalla direzione generale degli istituti clinici di perfezionamento, dal mese di marzo 2006 sarebbero 36 le donne che hanno interrotto la gravidanza con il metotrexate, ossia l'8 per cento delle 415 interruzioni volontarie di gravidanza praticate presso l'ospedale milanese.
L'utilizzo di un farmaco abortivo diverso dalla RU-486 presso l'ospedale Buzzi di Milano sembrerebbe configurare una procedura in violazione della legge n. 194 del 1978, in quanto l'aborto sarebbe praticato al di fuori di una struttura pubblica, senza informazioni nei confronti né della regione, né della direzione dell'ospedale e neppure del Ministero della salute.
Non è possibile l'uso di farmaci per un'indicazione diversa da quella prevista dall'Agenzia italiana del farmaco, senza un preventivo parere del comitato etico dell'ospedale ed una dimostrazione di necessità clinica, che deve essere certificata caso per caso.
L'Agenzia italiana del farmaco ha iniziato ad acquisire presso l'ospedale milanese tutte le informazioni relative alla vicenda, necessarie per verificare se vi siano violazioni della legge.
L'Organizzazione mondiale della sanità, in genere abbastanza indulgente nei confronti dei protocolli per l'interruzione della gravidanza, considera l'utilizzo del metotrexate un metodo inefficace e lo sconsiglia caldamente.
Intendiamo pertanto sapere quali iniziative il ministro della salute intenda intraprendere in merito alla vicenda dell'ospedale Buzzi di Milano e quali provvedimenti intenda adottare per porre fine all'uso improprio del citato farmaco, qualora venissero accertate gravi irregolarità nel comportamento dei sanitari dell'ospedale, anche con riferimento al rispetto delle procedure previste dalla legge n. 194 del 1978.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Antonio Gaglione, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli parlamentari, buongiorno.
In riferimento all'interpellanza urgente n. 2-00057 presentata l'11 luglio dall'onorevole Volontè, dall'onorevole Capitanio Santolini, dall'onorevole Lucchese, e sottoscritta anche dall'onorevole Ronconi, riguardante l'utilizzo del medicinale metotrexate presso il reparto di ginecologia dell'ospedale Buzzi di Milano, vogliamo fornire i seguenti elementi. Il 7 luglio 2006 il ministro della salute aveva già richiesto all'Agenzia italiana del farmaco di condurre una verifica presso il citato ospedale riguardante la documentazione clinico-amministrativa connessa all'uso del metotrexate per l'interruzione volontaria di gravidanza. La verifica è stata condotta l'11 luglio scorso. Dalle informazioni acquisite risulta che l'utilizzo del metotrexate per l'interruzione volontaria di gravidanza è iniziato presso l'ospedale Buzzi di Milano il 1o marzo 2006. Quindi, l'uso del metotrexate è avvenuto per un periodo maggiore sotto la responsabilità del precedente Governo, che non aveva preso alcuna iniziativa al riguardo. La direzione generale dell'ospedale Buzzi, in data 7 luglio 2006, ha interrotto l'impiego del metotrexate finalizzato all'interruzione volontaria di gravidanza.
Il metotrexate è registrato in Italia per le seguenti indicazioni: leucemia acuta, artrite reumatoide e psoriasi. Non è presente nella scheda tecnica del farmaco, e non risulta autorizzata l'indicazione per l'interruzione volontaria di gravidanza e neppure per la gravidanza extrauterina. La legislazione attuale consente l'utilizzo di un medicinale registrato e commercializzato in Italia, ma impiegato per un'indicazione diversa da quella autorizzata, nei seguenti due casi: in quelli previsti dellaPag. 9legge 8 aprile 1998, n. 94, a tutti nota quale «legge Di Bella» e in caso di sperimentazione clinica autorizzata dal comitato etico. Nel caso dell'ospedale Buzzi di Milano, il trattamento con metotrexate è stato attuato secondo quanto previsto dalla legge 8 aprile 1998, n. 94. Tale legge consente l'uso di medicinali autorizzati in Italia, ma impiegati per un'utilizzazione diversa da quella prevista, purché l'uso avvenga in singoli casi sotto la diretta responsabilità del medico, previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, qualora il medico ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere tanto utilmente trattato con i medicinali per i quali sia già stata approvata tale indicazione, purché tale impiego sia noto e conforme a pubblicazioni apparse su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale.
Dalla documentazione clinica e scientifica agli atti presso l'ospedale Buzzi di Milano risulta, per ciascun caso trattato, una specifica procedura per la gestione farmacologica dell'interruzione volontaria di gravidanza nel primo trimestre di gravidanza: un'informazione scritta e dettagliata per ogni singola paziente, il modulo scritto per l'acquisizione del consenso informato, oltre che il facsimile della relazione di dimissione della paziente. L'utilizzo del metotrexate presso l'ospedale Buzzi di Milano è inquadrabile nell'ambito della «legge Di Bella», purché tra l'altro il medico ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con i medicinali per i quali siano state già approvate le indicazioni.
Allo stato attuale, stante che il trattamento è stato sospeso dalla direzione generale dell'ospedale Buzzi, si resta in attesa di conoscere le conclusioni che nel merito saranno assunte dalla direzione generale dell'ospedale, a seguito dei lavori della preannunciata commissione consultiva medico-legale.
In conclusione, si ritiene che, sulla base della normativa vigente e con specifico riferimento al criterio della non occasionalità dei trattamenti effettuati, l'impiego del metotrexate per l'interruzione volontaria di gravidanza, e più in generale l'utilizzazione di un medicinale in commercio, ma impiegato in modo allargato per un'indicazione non autorizzata, debba avvenire nell'ambito di una sperimentazione clinica, approvata dal comitato etico della struttura ed autorizzata dalla direzione generale dell'ospedale, sotto la diretta e completa responsabilità del medico ospedaliero curante e nel rispetto della legge n. 194.

PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di replicare.

LUCA VOLONTÈ. Onorevole sottosegretario, siamo ancora in attesa di una sua risposta alle sei domande che le avevamo posto con una nostra interpellanza 15 giorni fa; evidentemente era proprio vero quando lei il 7 luglio scorso, nel rispondere alla nostra interpellanza, ricordava che di questi argomenti si deve parlare durante gli eventi organizzati dalla comunità scientifica. Immagino quindi che sia per questo che lei si sia dimenticato di darci queste risposte, che come lei sa attendiamo da qualche settimana, a dire la verità dall'apertura dei lavori dell'Assemblea.
L'interpellanza in oggetto, come vede, riguarda un argomento simile, cioè le sperimentazioni selvagge che alcuni medici stanno facendo sulle donne italiane, sperimentazioni che, dalle sue conclusioni, tutti rileviamo come siano state e siano sperimentazioni contro la legge, perché lei ha affermato che questo metodo e questo medicinale è riconosciuto in Italia per altre patologie: dalla legge n. 81, concernente i tumori, che non c'entra assolutamente nulla con l'interruzione volontaria di gravidanza. Lei ha affermato che sono in corso accertamenti da parte della direzione generale dell'ospedale Buzzi per verificare quali siano i reati attribuibili a questi medici. In funzione di questo, la inviterei caldamente ad intervenire, come ministero, nei confronti della regione Lombardia, per far sì che si adottinoPag. 10provvedimenti rapidi ed esemplari nei confronti di una sperimentazione fuori dalla legge, che mette a grave rischio la salute delle donne. Tutte le sperimentazioni debbono essere fatte nel rispetto della legge, e quindi nel rispetto della legge n. 194. Non ho dubbi che lei abbia detto la verità affermando che l'inizio delle sperimentazioni con il metotrexate risale al 1o marzo del 2006.
Se non si è intervenuti allora si è sbagliato, e lo ha fatto il ministro Storace. Immagino che per non incorrere nello stesso errore il ministro Turco, che lei rappresenta in questa sede, deve farsi carico di attuare e stimolare provvedimenti urgenti ed esemplari nei confronti di questa sperimentazione selvaggia, attuata con diversi metodi. Oggi parliamo del metodo della somministrazione del metotrexate dell'ospedale Buzzi; la settimana scorsa abbiamo parlato di un uso sufficientemente superficiale della cosiddetta pillola abortiva, la «kill pill» sulla quale lei sa - e non lo ripeto - che mancano i dati del Ministero, che non li ha ancora forniti.
Vi è nel mondo medico scientifico italiano, purtroppo, una piccola parte che sperimenta ed usa prodotti chimici per verificare chissà quali ipotesi scientifiche nei confronti dei feti, ma anche nei confronti delle donne. A fronte di questo, a volte sono stupito di essere l'unico ad occuparsi di una vicenda come questa che riguarda certamente la legge n. 194 del 1978 e la sua applicazione, ma anche il rispetto che questo Parlamento ed il suo ministro - come tutti i ministri che l'hanno preceduta - devono avere nei confronti delle donne italiane. In questo senso le chiedo di provvedere con urgenza e con determinazione non solo alla verifica che avete avviato e all'interruzione che a questa è seguita del metodo del metotrexate, lo scorso 7 luglio nell'ospedale Buzzi, ma anche di sollecitare le autorità di competenza - anche amministrative e regionali -, per una conclusione rapida, esemplare, dura nei confronti di questi medici che hanno sperimentato tutto, in questo periodo, contro la legge e con grave rischio per la salute della donna.
Quando leggiamo sui quotidiani nazionali - ed immagino questo sentimento accompagni anche lei - lettere di donne che, forse non avendo chiara conoscenza di ciò che dicono (nel senso che non sono stati spiegati loro i pericoli nei quali sono incorse), scrivono di essere state le prime in Italia ad essere oggetto di esperimenti, come fossero cavie da parte di medici ospedalieri italiani; ebbene, ci vengono brividi.
Infatti, è lecita la ricerca scientifica, ma non è lecito farla sui corpi delle donne e farla contro la legge. È dunque auspicabile, onorevole sottosegretario, che con tutta l'autorevolezza e anche l'autorità che risiede nel Ministero della salute, s'intervenga non tra un mese, tra qualche settimana o nel caldo torrido del mese di agosto per il quale io temo - e lo dico con grande chiarezza avendo letto i giornali in quest'ultimo mese - che ci siano altre donne che faranno emergere altri tipi di sperimentazione. Il mese di agosto, infatti, è un mese strano per il nostro paese; accadono e vengono raccontate cose dai giornali che durante il resto dell'anno non succedono.
Allora, un intervento esemplare rapido e determinato, a tutela della legge ma soprattutto della salute della donna, è indispensabile ed improrogabile. Quindi, entro la fine di luglio mi aspetto che i suoi intendimenti e quelli del Ministero della salute portino a questo risultato che non è solo la cessazione di un pericolo, dimostrato con la volontà d'interrompere l'uso della somministrazione del metotrexate anche grazie alla fondatezza della nostra interpellanza, ma nello stesso tempo sia quello d'interrompere la sperimentazione selvaggia che mette a repentaglio non solo - e di per sé - la vita degli embrioni ma, soprattutto, la vita e la salute delle donne.
Un'esemplare e determinata punizione nei confronti di questi medici è un segnale importante a tutto quel mondo medico italiano ristretto, ma presente nel nostro paese - lo abbiamo in qualche modoPag. 11analizzato in settimane di interpellanze - che guarda non tanto alla cura, quanto ad una sperimentazione azzardata che mette in pericolo la salute del paziente.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Raiti n. 2-00026)

PRESIDENTE. Avverto che lo svolgimento dell'interpellanza Raiti n. 2-00026 riguardante la gestione dell'emergenza rifiuti in Sicilia, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, è rinviato ad altra seduta.
In attesa dell'imminente arrivo del ministro Fioroni, sospendo la seduta per cinque minuti.

La seduta, sospesa alle 10, è ripresa alle 10,05.

(Orientamenti del Governo sull'ipotesi di liberalizzazione del sistema scolastico - n. 2-00070)

PRESIDENTE. L'onorevole Baldelli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00070 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, innanzitutto ringrazio il ministro Fioroni della sua presenza in aula.
L'interpellanza in esame prende spunto da un'intervista rilasciata, in data 16 luglio, dal cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia.
I motivi che sottendono la presentazione di interpellanze urgenti possono essere diversi: vi può essere un fine speculativo-politico, un fine polemico, un fine di approfondimento serio e rigoroso per conoscere davvero l'intendimento del Governo su un determinato tema. Ritengo che quest'ultimo sia il fine che caratterizza questa interpellanza in tema di liberalizzazione del sistema scolastico.
La finalità del presente atto di sindacato ispettivo è sostanzialmente quella di chiarire un punto che il cardinale Scola pone in maniera seria e anche laica visto che, al di là del fatto di essere uomo di chiesa, è anche una persona di grande cultura che dà il via ad una riflessione sul nostro sistema scolastico in una prospettiva tutt'altro che clericale, tutt'altro che religiosa, tutt'altro che ideologizzata.
In particolare, il cardinale Scola solleva la questione del superamento del «mito della scuola unica», aggiungendo che in Italia questo elemento culturale non soltanto è presente in maniera evidente, ma che esiste anzi un modello unico di scuola pubblica. Pertanto, ritengo che interrogarsi se questo modello di scuola debba essere superato sia un dato assolutamente naturale e fisiologico in una società che si guarda intorno, che avverte nuove esigenze da affrontare.
Signor ministro, in una prospettiva laica - io, infatti, sono un laico, anche se di formazione cattolica - credo si debba procedere verso il superamento del dualismo tra Stato e Chiesa e del dualismo tra pubblico e privato. Credo si debba iniziare ad immaginare una competizione virtuosa tra il sistema pubblico e quello privato.
In questa fase, nella quale il suo Governo - signor ministro - vara un provvedimento come il decreto Bersani, diretto, almeno in linea teorica, alla liberalizzazione di alcuni settori, non è giunto forse il momento di cominciare ad immaginare una liberalizzazione anche del sistema scolastico? Su questo tema vogliamo confrontarci, ammesso e non concesso che il Governo riesca ad avere una visione unica e coerente.
Liberalizzare il sistema scolastico significa venire incontro a tanti elementi utili e virtuosi che possono essere inseriti nel nostro panorama; significa cominciare ad immaginare le famiglie e gli studenti non solo come fruitori di un servizio pubblico, ma anche come consumatori, come persone che hanno il diritto ad una formazione di qualità.
Dice Monsignor Scola: potrebbero esserci dei vantaggi importanti da questa liberalizzazione, tra cui una maggiore creatività pedagogica, maggiore libertà quanto ai programmi, ai contenuti e aiPag. 12metodi di insegnamento, una sana e controllata emulazione, la capacità di non escludere l'elemento del rigore nel perseguire l'eccellenza. Quanto c'è bisogno di perseguire l'eccellenza del sistema italiano! Lo rileva anche in un bellissimo libro dal titolo: Fardelli d'Italia il direttore de Il Messaggero, Napoletano. E inoltre: maggior duttilità nell'assorbire fenomeni di meticciato e un miglior nesso col mondo del lavoro.
Tutte queste esigenze, certamente, di fronte ad una prospettiva di liberalizzazione del sistema scolastico, vengono incontrate dal sistema scolastico stesso attraverso il meccanismo dell'accreditamento rigoroso e attraverso un altro tema, che può essere discusso con grande serenità e che, di recente, i movimenti giovanili di Forza Italia e della Lega Nord, i giovani padani, hanno posto con grande intelligenza al centro del dibattito culturale, ossia quello dell'abolizione del valore legale del titolo di studio.
Su questi temi, signor ministro, crediamo che si debba essere disposti ad un confronto politico serio e costruttivo, che dia al paese una prospettiva di crescita. E la prospettiva di crescita, anche dal punto di vista della competitività, ha uno dei suoi elementi più forti e principali nella formazione del capitale umano e, quindi, nel sistema dell'istruzione e della formazione.
Certo, per discutere di questi aspetti e confrontarsi, è necessario che si conoscano le rispettive posizioni. Questo è il fine dell'interpellanza urgente che ho appena illustrato. Quindi, ascolteremo con interesse la sua posizione, signor ministro, augurandoci che sia una posizione condivisa dal Governo, ma anche deideologizzata, facendo appello, alla sua sensibilità, signor ministro, alla sua «laicità» nell'affrontare un tema importante come quello della scuola e anche alla competenza che ella saprà dimostrare.
Certo, non ci illudiamo che possa rappresentare una maggioranza coesa, visto che, probabilmente, questo non è nei fatti e nelle cose della politica, e lo si dimostra ogni giorno in quest'aula. Ci attendiamo, però, una risposta seria e volenterosa.

PRESIDENTE. Il ministro dell'istruzione, Giuseppe Fioroni, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro dell'istruzione. Signor Presidente, onorevole Baldelli, anche io, come molti altri, sono rimasto colpito dall'intervista rilasciata dal cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, sui temi della libertà dell'educazione. In queste parole ho letto quell'ansia educativa che è essenziale per la Chiesa, ma ritengo non lo sia meno per chiunque abbia a cuore le sorti della nostra società. Per questo, non ho sottovalutato l'implicita carica di suggestione che essa induce in chi si ponga a considerare il quadro più generale dell'istruzione e che deve meritare, da parte nostra, momenti di pacata e seria riflessione.
Voglio svolgere, comunque, alcune rapidissime considerazioni. Non credo sia appropriato, nel nostro dibattito politico, continuare a parlare di scuola unica o di scuola di Stato. Ciò non risponde alla verità della scuola italiana, nel cui scenario vedo soltanto, in maniera forte e ribadita, la presenza di una unitarietà del diritto all'istruzione, che lo Stato, le regioni e la comunità nazionale devono garantire ai cittadini, ovunque siano nati e prescindendo dai soldi che hanno in tasca.
In questa unitarietà del diritto, in questo unico diritto che deve essere tutelato dallo Stato, prescindendo dalla fortuna di dove si nasce e dalle capacità economiche e finanziarie della famiglia, risiede il significato di funzione pubblica dell'istruzione ed è il motivo per il quale ho voluto ripristinare il nome di «pubblica istruzione» al Ministero.
Spetta allo Stato garantire questo unico diritto all'istruzione in maniera appropriata ed uniforme su tutto il territorio nazionale.
Credo che la classe dirigente di questo paese, sia maggioranza sia opposizione, debba portare sempre più rispetto, ma soprattutto porsi in sintonia con il comune modo di sentire degli italiani.
Gli italiani partecipano ai referendum quando li ritengono opportuni, e questoPag. 13dibattito ha coinvolto sia la maggioranza sia l'opposizione. Lo abbiamo constatato quando hanno scelto di non partecipare al referendum sulla legge n. 40 del 2004, nonché quando hanno scelto di partecipare al referendum sulla devolution, al di là di una scarsa mobilitazione per la sensibilizzazione da parte di tutte le forze politiche. Ciò, proprio perché gli italiani hanno ritenuto che, dopo sessant'anni, la Carta costituzionale resta indubbiamente, nel suo complesso, il valore più amato e ancora oggi rappresenta la freschezza della nostra unità nazionale. Soprattutto, quei due valori garantiti dallo Stato - l'istruzione e la salute pubblica - rappresentano un forte collante cui gli italiani non vogliono rinunciare.
Ricordiamo che, nel nostro paese, questa unitarietà del diritto all'istruzione è garantita attraverso un sistema universale e solidaristico, nel cui ambito ciascuno di noi, in base a ciò che ha, contribuisce a pagare non la propria scuola, bensì quella di tutti. Ciò consente allo Stato di garantire livelli appropriati di diritto e di equità, di accesso, di opportunità ed eccellenza per tutti. Al riguardo, dobbiamo ancora percorrere molta strada e ne parlerò nella parte conclusiva della mia risposta.
L'obiettivo è una scuola pubblica in un sistema universale e solidaristico, dove l'accesso è garantito a tutti e la possibilità dell'eccellenza alla portata di tutti: una scuola di tutti e per tutti. Ritengo che la scuola italiana debba essere considerata sempre più una splendida comunità scolastica, che offre il migliore spaccato della nostra comunità nazionale: una società fatta di famiglie, di studenti, di docenti, di personale non docente, che al proprio interno sa trovare risorse, capacità e spinta propulsiva per garantire l'istruzione, lo sviluppo e la crescita appropriata dei nostri ragazzi.
A me preoccupa l'ipotesi di trasformare questa comunità scolastica in un'azienda. A me preoccupa non la partecipazione attiva della società civile all'istruzione dei nostri giovani, bensì l'apertura della scuola al mercato, in un sistema di unitarietà del diritto di pubblica istruzione e di bilancio dell'istruzione di alcuni centinaia di milioni di euro. Aprire al mercato significa, per quanto mi riguarda, rispondere non alla logica della competizione sull'eccellenza, ma alla logica ferrea dell'azienda, in cui si configura il rapporto tra costi e benefici.
Allora, domando a me stesso: rispetto ad una scuola aperta al mercato, nei 7 mila comuni italiani con meno di 5 mila abitanti, nelle zone montane, sismiche, disagiate, degradate, a chi sarà affidata la responsabilità dell'apertura degli istituti e della comunità scolastica? Molto probabilmente, aprire una scuola privata con una forte spinta all'eccellenza al centro di Roma, a Venezia, a Torino, a Napoli incontra interessi privati. Molto probabilmente, la scuola dei comuni...

SIMONE BALDELLI. Ministro, in questo paese gli interessi privati non sono illegali!

GIUSEPPE FIORONI, Ministro dell'istruzione. Esprimo una mia opinione sull'apertura della scuola al mercato. E mi domando quanti privati apriranno la scuola nei 7 mila comuni che hanno meno di 5 mila abitanti, quanti apriranno scuole per l'infanzia, scuole elementari, scuole medie inferiori o scuole comprensoriali del secondo ciclo nei comuni montani, nelle zone degradate, nelle zone sismiche. Mi domando quanti daranno risposta ai bambini diversamente abili o ai figli dell'immigrazione, quanti riterranno che, nell'ambito di un rapporto costi-benefici, si possa dare risposta ai figli dei Rom e quanti riterranno che la formazione continua dell'adulto sia un elemento da perseguire.
Allora, credo che il rischio reale dello smembramento del sistema universale e solidaristico secondo una logica del mercato e non della società civile esponga la comunità scolastica ad un rischio: affidare allo Stato, cui verranno sottratte in questo sistema universale e solidaristico le risorse maggiori, la possibilità di garantire a tutti equità ed eccellenza. Rischieremmo di ritornare ad una visione in cui lo StatoPag. 14garantisce, con quel poco di cui dispone, il minimo che può ai meno abbienti, ai poveri, agli sfortunati e agli svantaggiati, lasciando l'eccellenza come meccanismo accessibile solo a coloro che possono.
Allora, ritengo che, in questo contesto, una riflessione potremmo farla (non vuole essere una provocazione). Perché ho criticato, anche se soltanto dal punto di vista teorico, il precedente Governo per non avere previsto nuovamente il finanziamento del bonus scuola per il prossimo anno scolastico? Perché ciò risponde ad una certa logica. In particolare, dividere in parti eguali fra soggetti diversi non crea l'equità; garantire a tutti la stessa cifra non consente la libertà di scelta della scuola e realizza la possibilità, per la famiglia italiana, non di scegliere la scuola che vuole, bensì quella che può permettersi. Questo è un rischio che deve essere evitato.
Immaginatevi questo meccanismo all'interno di una logica di mercato - dove si investe per ottenere il profitto - e di un sistema universale e solidaristico che deve garantire non l'unicità della scuola bensì l'unicità della fruizione del diritto di cui lo Stato è garante rispetto ai cittadini.
Vorrei svolgere un'ulteriore considerazione. La nostra scuola vanta una ricchezza sulla quale dobbiamo puntare a fondo: quella dell'autonomia scolastica, che non a caso abbiamo voluto nella Carta costituzionale e che i cittadini hanno riconfermato non accettando modifiche di sorta. Le autonomie scolastiche sono poggiate sull'esistenza delle autonomie locali. Ritengo che nessun cittadino italiano, prima ancora di dirsi italiano ed europeo, si dimentichi mai della propria appartenenza al paese, alla città, al campanile in cui è nato. È proprio questa appartenenza che dobbiamo generare anche nell'autonomia scolastica. Proprio quest'ultima può rappresentare per ciascun cittadino, attraverso la propria scuola, il proprio comune, un'anima profondamente laica.
Sono convinto che non esista una pedagogia di Stato: sono fermamente convinto che occorra invece più governo e meno gestione da parte dello Stato. Ciò significa che l'autonomia scolastica non può essere affidata a discorsi teorici ma, al contrario, deve essere ricondotta a fatti estremamente concreti: mi riferisco, in particolare, all'autonomia scolastica delle risorse.
Ritengo che non si possa andare avanti, come è stato negli anni precedenti, con un'autonomia scolastica che non è finanziata. L'autonomia scolastica va finanziata affidando alle scuole le competenze che sono loro proprie. È ridicolo ritenere che le supplenze brevi debbano essere gestite dalla sede centrale del Ministero e ritengo che sia altrettanto ridicolo ipotizzare che i consumi intermedi siano gestiti dal Ministero tramite l'erogazione alle direzioni regionali.
Penso, insomma, che queste risorse possano afferire, oltre che a risorse autonome, all'autonomia scolastica, un' autonomia didattica che cammina con le gambe di queste risorse, ma anche a una terza parte dell'autonomia, cioè quella dell'innovazione e della ricerca, che non è stata mai applicata perché mai le nostre scuole sono state poste in condizioni di poterla applicare.
Ripeto: la nostra scuola è tutto fuorché una scuola unica. Sarebbe come dire che le autonomie locali italiane sono uniche e, allo stesso tempo, di Stato. C'è una grande pluralità, un grande pluralismo delle nostre istituzioni educative e non credo che la scuola italiana possa essere semplicemente ricondotta ad una laicità di una indifferente neutralità, né credo che nelle nostre scuole si viva oggi un'egemonia. Credo, invece, che nelle nostre scuole vada potenziato, ogni giorno di più, il dialogo fra le culture.
Poc'anzi l'onorevole Baldelli ricordava la quotidianità del meticciato che stiamo vivendo. Il rischio vero del nostro meticciato è che sia tale da non creare comunicazione, interconnessione e integrazione. La scuola che crea e genera, nell'autonomia scolastica, attraverso le diecimila scuole italiane, un dialogo fra culture è non una laicità indifferente e neutra bensì la base per far sì che il meticciato acquisiscaPag. 15una comune anima laica e di appartenenza (che è in comunicazione tra loro).
Ritengo anche che la nostra scuola non abbia mai rischiato - né rischi soprattutto in questi anni - di essere una scuola di classe. Insieme a molti altri colleghi, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra, abbiamo mosso i primi passi nell'impegno politico e sociale grazie alla vicenda della partecipazione delle famiglie degli studenti alla vita degli organi scolastici.
Se, quindi, c'è un appello da lanciare a questo Parlamento questo è che sono maturi i tempi per la revisione degli organi collegiali. Se non rivediamo tali organi collegiali, non vi saranno gli strumenti per garantire all'autonomia scolastica di poter camminare secondo le responsabilità, gli oneri e la partecipazione che le sono necessari.
In questo contesto, credo anche che, per garantire il pluralismo delle istituzioni educative, vada rimesso in discussione il meccanismo del nostro bilancio.
Per quanto riguarda il bilancio della pubblica istruzione, nel corso degli anni non è stato improntato (credo sia l'unico elemento di riforma fondamentale) al modello educativo, agli standard di sapere che vogliamo affidare ai nostri studenti, ma affidato alla spesa storica, con qualche incremento in più realizzato ogni anno. Occorre adeguarsi allo standard di sapere individuale e alle prestazioni appropriate, con l'individuazione della quota pro capite per ogni studente. Un bilancio realizzato in questa maniera consente di dare risposte all'autonomia scolastica, ma di essere anche il requisito per applicare in maniera corretta la legge n. 62 sulla parità; una legge dello Stato che non solo intendo attuare, ma anche completare.
Certo, mi trovo qualche volta in sensibile imbarazzo rispetto ai colleghi che rammentano l'importanza della parità scolastica e vorrei fare loro una promessa. Vorrei evitare, come accaduto troppe volte nel passato, che vi sia un'abissale differenza tra i principi che vengono enunciati ed i fatti che vengono realizzati. Credo debba esistere una corrispondenza, anche nelle difficoltà quotidiane in cui versa la situazione economica del nostro paese, tra i principi che vogliamo enunciare, le parole che esprimiamo e la sostanza che vogliamo perseguire.
Per quanto riguarda la parità scolastica, al di là delle parole, non vi è stato un proporzionale incremento di nessuna risorsa nella legge sulla parità scolastica. L'unico risultato è stato un taglio di 167 milioni di euro, che mi auguro il Governo ed il Parlamento, in questa drammatica situazione economica, riescano a recuperare. Quei 167 milioni di euro garantiscono la sopravvivenza della parte più consistente delle scuole paritarie del nostro paese, le scuole dell'infanzia, che, senza questo finanziamento (è stato tagliato dal precedente Governo), rischiano di non essere più in grado, non di sopravvivere come scuole, ma di contribuire, in maniera piena e sussidiaria, al diritto alla scuola dell'infanzia nel nostro paese, che potrebbe essere messo a repentaglio.
Il primo obiettivo dovrà, pertanto, essere quello di ripristinare i 167 milioni di euro per fornire una risposta.
Certo, è una cosa singolare; avrei preferito iniziare ad assolvere i miei impegni come ministro della pubblica istruzione dando attuazione al principio della parità, senza dover ripristinare ciò che faticosamente era stato consolidato nel 1999 dal Governo di centrosinistra.
Ritengo anche che, sulla strada della parità, si debba approfondire la questione dei diritti degli studenti, anche con riferimento all'accesso, dei problemi dei diversamente abili, ma anche del diritto del personale docente. Ritengo anche che, nell'ambito della pubblica istruzione e con riferimento alle responsabilità di Governo, di pertinenza dello Stato e della regione, la programmazione sia l'elemento fondamentale per cogliere le possibilità di integrazione e di collaborazione, anche in termini di vera e profonda sussidiarietà, con la società civile impegnata nel mondo dell'educazione scolastica.
Ribadisco che, anche in questo campo, si evidenzia una differenza abissale - non perché il business o il profitto non sia legale - tra chi si occupa dell'educazionePag. 16dei nostri figli in modo no profit e chi ritiene che l'istruzione sia un meccanismo legato al profit.
Anche le vicende di questi giorni ci dimostrano l'abissale differenza in questo contesto. Non sfugge a nessuno che si avverte la necessità di rilanciare la nostra scuola e di far acquisire competenze ai nostri ragazzi. Con riferimento a quest'ultimo aspetto, l'istruzione continua degli adulti rappresenta un elemento trainante. Non so quanta parte di privato interessata al profit sia sensibile al tema dell'istruzione dell'adulto che, se ha un tasso di scolarità basso, penalizza profondamente i ragazzi.
Basti pensare che il 40 per cento dei «sufficienti» o degli «insufficienti» della scuola media inferiore viene da famiglie che hanno un basso tasso di scolarizzazione.
Credo che il test PISA, sulla base del quale è valutato il grado di competenza dei nostri ragazzi, debba essere affiancato da un test di valutazione delle nostre scuole che sia funzionale non soltanto ad accreditare le competenze dei nostri ragazzi, ma anche quel quid di fantasia e creatività che abbiamo. Nell'osservare gli andamenti del test PISA, mi preoccupa registrare, in primo luogo, un rapporto direttamente proporzionale tra le competenze ed il disagio giovanile o addirittura il suicidio giovanile.
Forse, ha ragione Dahrendorf quando sostiene che l'istruzione e la formazione non devono essere impostate solo sulle mutevoli e complesse richieste della professione, ma anche su altre esigenze della vita. Devono essere trovati nuovi mezzi e nuove strade per strutturare l'esistenza degli uomini o, piuttosto, per mettere gli uomini nella condizione di dare senso ai loro giorni, ai loro anni, alla loro vita. Si tratta di quella umanizzazione delle nuove generazioni a cui la scuola deve comunque continuare a partecipare con forza e con slancio.
Ripeto che l'intervista del cardinale Scola, ovviamente, mi ha colpito ed aggiungo che, per quel che mi riguarda, non può essere archiviata come una semplice provocazione: continuerò, continueremo ad interrogarci sui contenuti e sulle suggestioni che, evidentemente, essa ha suscitato in noi e che, in questo spirito, potranno trovare un ulteriore confronto.
Ho apprezzato l'interpellanza perché ci ha offerto l'occasione di confrontarci tra noi, ma devo ricordare che sono al lavoro come ministro della pubblica istruzione da poco più di un mese. Se le convinzioni espresse nell'atto di sindacato ispettivo fossero state così forti e così persuasive, forse, si sarebbe potuto mettere zelo nel realizzarle, nei precedenti cinque anni, anziché nell'interpellarmi al riguardo adesso.

PRESIDENTE. La deputata Aprea, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, signor ministro, nell'associarmi ai ringraziamenti dell'onorevole Baldelli per la sua presenza, per l'attenzione manifestata e per la lunga risposta che ha voluto dare, in questa sede, alla nostra interpellanza, le dichiaro la nostra completa insoddisfazione.
Signor ministro, noi le abbiamo posto un solo quesito, che era, poi, quello posto anche da sua eminenza il cardinale Scola: è possibile superare la scuola di Stato per approdare alla scuola della società civile?
Inoltre, avevamo sottolineato un passaggio di natura politica: è possibile favorire una politica delle liberalizzazioni - che questo Governo si vanta di voler favorire in altri settori e promuovere nel paese - anche nel sistema scolastico, anche nel settore dell'educazione dei giovani? Questo era l'argomento! Si può immaginare di passare da una scuola di Stato ad una scuola della società civile? È utile? È possibile?
Dopo averla ascoltata, signor ministro, mi sento rafforzata nelle mie convinzioni. Signor ministro, è più importante garantire, e pagare, una uniformità del sistema che diventa omologazione, che crea - ed ha creato! - dispersione scolastica, disagio giovanile, come ha ammesso anche lei, chePag. 17non è riuscita, in questi cinquanta o sessanta anni, a favorire la mobilità sociale, ovvero è possibile organizzare il sistema educativo in modo diversificato e più libero, con maggiori responsabilità da parte di chi stabilisce i criteri del governo della scuola (quindi, da parte dello Stato e da parte di chi eroga il servizio scolastico educativo)? Questo è il tema oggi!
Non possiamo semplicemente dire che abbiamo una scuola di Stato che garantisce tutto e tutti, che abbiamo il finanziamento pubblico per tutti, che il problema non ci interessa e che respingiamo al mittente tutte le altre ipotesi di organizzazione scolastica. Signor ministro, lei sa meglio di me - ne abbiamo già discusso in Commissione cultura - che la situazione politica e storica e anche le nostre leggi (finanche parte della Costituzione) sono diverse dalla cornice giuridica del secolo scorso. Intanto, potremmo anche dire che una scuola della società civile recupera lo spirito autentico della nostra Costituzione, perché non è vero che la nostra Carta costituzionale parla di scuola statale. Sappiamo come è andata dal punto di vista storico. In realtà l'Italia presenta un ordinamento per certi versi napoleonico e per altri fascista. La nostra organizzazione scolastica rimanda a questi due tipi di concezioni della cosa pubblica e, nel nostro caso, della scuola pubblica.
Tutti gli altri settori pubblici del nostro paese hanno subìto riforme e sono stati modernizzati con gestioni molto più democratiche. Solo il sistema scolastico è rimasto fermamente ancorato a burocrazie statali. Non è lo Stato, bensì la burocrazia che governa la scuola. Sono le corporazioni a governare la scuola. Quindi, burocrazia e corporazioni, signor ministro, ricordi questo! Sono questi i soggetti con cui lei avrà a che fare. Nei loro confronti in questi giorni lei ha già dimostrato debolezza perché ha firmato l'applicazione di un articolo del contratto che ha fatto prevalere le corporazioni rispetto alle leggi della Repubblica, anche se varate da un altro Governo.
Lei ha ragione, perché in qualità di nuovo ministro della pubblica istruzione può sicuramente mettere in discussione quelle scelte e quelle leggi. Lei invece ha accettato che fossero le corporazioni a dire il da farsi, suggerendo la disapplicazione di norme votate dal libero Parlamento della nostra Repubblica. Le pare che sia questa una scuola di Stato da sostenere? Si tratta di una scuola che, di fatto, viene governata dalle burocrazie e dalle corporazioni. Altro che autonomia delle scuole, altro che libertà degli studenti, altro che libertà delle famiglie!
Quindi, non si tratta di mettere in discussione soltanto il principio cardine, ovvero se la governance debba risiedere in mano pubblica o privata. Si tratta di chiedersi se sia possibile immaginare per il nostro paese, così come dite, una scuola davvero dalla parte degli studenti e delle famiglie e non nelle mani delle burocrazie e delle corporazioni. Su questo aspetto abbiamo presentato la nostra interpellanza. Possiamo attenderci dal Governo, ed in particolare da lei, signor ministro, la prosecuzione del processo di sburocratizzazione che noi avevamo favorito?
Esistono due parole magiche: sussidiarietà e autonomia. So che si tratta di parole che esercitano un certo fascino anche su di lei, per la sua storia, per la sua provenienza cattolica, politica e personale. Peccato che il Parlamento e il nostro paese non riescano a dare sostanza né alla sussidiarietà né all'autonomia.
Partendo dal criterio di sussidiarietà, affermo che non abbiamo mai messo in discussione, neppure quando eravamo al Governo, i meriti della scuola pubblica, intesa come scuola statale. Tutti riconosciamo che nel secolo scorso, solo grazie alla scuola statale - ed in questo senso scuola pubblica - è stato possibile superare momenti difficili e dare sostanza all'unità d'Italia con la conoscenza della lingua italiana da parte di tutti i cittadini, con la possibilità di superare fenomeni quali l'analfabetismo. Nell'immediato secondo dopoguerra, la scuola statale ha favorito la ricostruzione del paese - allora sì! - tramite i titoli di studio (geometri, ragionieri, periti).Pag. 18
Ed allora, il valore legale del titolo di studio e l'uniformità che non consente il successo educativo di tutti gli studenti?
Veda ministro, fino agli anni Settanta il problema era quello di favorire il diritto allo studio e l'accesso di tutti all'istruzione. Oggi, invece, il problema è il successo educativo per tutti ed il modo in cui recuperare quel 10, 15, 20 per cento - a volte il 30 per cento - di dispersione scolastica e far sì che ogni ragazzo abbia, ancorché in una cornice nazionale, la possibilità di realizzare le proprie capacità, i propri talenti o superare le proprie difficoltà.
Lei è molto sensibile. Abbiamo avuto modo di verificarlo in più occasioni rispetto ai problemi del disagio giovanile, dell'integrazione dei soggetti portatori di handicap, dei figli dell'immigrazione. Sono tutti problemi reali, ma richiedono una differenziazione della proposta educativa. Abbiamo trascurato, per richiamare un esempio, la valorizzazione dei talenti. Ma lei crede che possiamo tornare ad essere un paese competitivo se, anche di fronte ad un ragazzo, mi consenta il termine, talentuoso, prospettiamo un'offerta formativa omologata per tutti?

PRESIDENTE. La prego...

VALENTINA APREA. Sicuramente, non abbiamo bisogno di omologazione, né di quella che lei ha definito uniformità. Non abbiamo paura della libertà, ministro. Perché lei ha paura della libertà, la libertà anche di organizzare scuole?
Quella che le chiediamo è di allentare i vincoli, le regole, quelle superflue, quelle che impediscono la vera libertà e la vera qualità, non soffocando l'autonomia. Lei ha parlato dell'autonomia didattica. Guardi, poiché, come è noto, ho trascorso gli ultimi cinque anni della mia attività politica al ministero, so bene cosa, in tale sede, si pensa sull'autonomia delle scuole: l'autonomia viene ridotta alla possibilità di ideare progetti all'interno delle scuole o di utilizzare gli insegnanti, fermo restando che i docenti, i finanziamenti e gli orari devono essere tutti stabiliti dal «centro», neanche a livello regionale.

PRESIDENTE. Onorevole, la prego di concludere.

VALENTINA APREA. Sì, signor Presidente.
L'organizzazione della scuola deve essere tutta ancora centralizzata.
Ministro Fioroni, non possiamo dichiararci soddisfatti perché lei, di fatto, ha ribadito che l'unico modello possibile per la scuola italiana è quello statalista e che l'unico gestore deve essere lo Stato (ribadendo con ciò il monopolio statale) e ha parlato di possibilità di finanziamento alle scuole paritarie. Non intendo, però, entrare in tale questione perché, come ha detto bene il cardinale Scola, non si tratta di concedere finanziamenti ad una scuola che deve copiare il modello statale...

PRESIDENTE. Onorevole, mi dispiace, ma ha superato di gran lunga il tempo a sua disposizione.

VALENTINA APREA. La ringrazio, signor Presidente.
Al ministro vorrei rivolgere un invito che già gli ho rivolto in Commissione: si rilegga non solo don Milani ma anche don Sturzo!
La prego, signor Presidente, di farmi concludere con le parole di don Sturzo, il quale non solo diceva che finché la scuola non sarà libera gli italiani non saranno liberi ma, ad un amico che era stato negli Stati Uniti e gli scriveva preoccupato perché non aveva trovato un ministero dell'istruzione, lui, negli anni Cinquanta, rispondeva: «Vedi, caro amico, non ti devi stupire. Il popolo americano è un popolo libero. Siamo noi che non siamo liberi».Pag. 19
Signor ministro, continui a fare ciò che noi abbiamo tentato faticosamente di realizzare: anziché bloccare le libertà, le aumenti, e se farà ciò, saremo dalla sua parte. Diversamente, mi spiace, saremo contro di lei in tutti i modi (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento di interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, convocata per le 12,15.

La seduta, sospesa alle 10,45, è ripresa alle 13,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI

Modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto in ordine alla seguente articolazione dei lavori dal 24 luglio:

Lunedì 24 luglio (ore 9,30 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):
Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 525-bis ed abbinate - Concessione di indulto.
Discussione sulle linee generali del documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1) (non prima delle ore 17).

Martedì 25 luglio (antimeridiana):
Seguito e conclusione della discussione sulle linee generali del documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1).

Martedì 25 luglio (ore 15, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):
Seguito dell'esame della proposta di legge n. 525-bis e abbinate - Concessione di indulto.
Votazione relativa alle dimissioni del deputato Cacciari.
Discussione congiunta sulle linee generali del disegno di legge n. 1042 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2006 e del doc. LXXXVII, n. 1 - Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2005.

Mercoledì 26 e giovedì 27 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):
I lavori della Camera saranno articolati in modo da consentire tempi di lavoro per le Commissioni per l'esame del decreto-legge sulla manovra economica.
Seguito dell'esame documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1) (voto con risoluzione).
Votazione per l'elezione di nove membri effettivi e nove membri supplenti in rappresentanza della Camera all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.
Eventuale seguito dell'esame della proposta di legge n. 525-bis e abbinate - Concessione di indulto.

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Esame delle proposte di legge:
n. 40-B - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare (approvata dalla Camera e modificata dal Senato);
n. 17-B - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse (approvata dalla Camera e modificata dal Senato).

Esame della mozione concernente iniziative per la moratoria universale delle esecuzioni capitali.

Venerdì 28 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):

Esame dei progetti di legge:
disegno di legge S. 741 - Conversione in legge del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 2 settembre 2006);
proposta di legge n. 412 - Disposizioni per il superamento delle situazioni di sovraindebitamento delle famiglie, mediante l'istituzione della procedura di concordato delle persone fisiche insolventi con i creditori (ove concluso dalla Commissione).

Mercoledì 26 luglio, per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata, è previsto l'intervento del Presidente del Consiglio, Romano Prodi.

Venerdì 28 luglio la Conferenza dei presidenti di gruppo si riunirà per definire la prosecuzione dell'iter del disegno di legge S. 741, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale.

Il seguito dell'esame del disegno di legge n. 1042 - Legge comunitaria 2006 e della Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2005 avrà luogo dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge S. 741, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale.

Annunzio della nomina di ministri.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 18 luglio 2006, la seguente lettera:
«Onorevole Presidente, La informo che, a seguito dell'entrata in vigore della legge 17 luglio 2006, n. 233, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, la quale tra l'altro, dispone la modifica delle denominazioni di taluni Dicasteri, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, ha nominato Ministri: delle Politiche agricole alimentari e forestali, l'on. prof. Paolo De Castro; dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'on. avv. Alfonso Pecoraro Scanio; della Pubblica istruzione, l'on. prof. Giuseppe Fioroni.
Firmato: Romano Prodi».

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 24 luglio 2006, alle 9,30:

1. - Discussione della proposta di legge:
BUEMI ed altri: Concessione di indulto (Testo risultante dallo stralcio degliPag. 21articoli 1 e 3 della proposta di legge n. 525, deliberato dall'Assemblea il 18 luglio 2006) (525-bis-A)
e delle abbinate proposte di legge: JANNONE; BOATO; BOATO; FORLANI ed altri; GIORDANO ed altri; CAPOTOSTI ed altri; CRAPOLICCHIO ed altri; BALDUCCI e ZANELLA (372-662/bis-663/bis-665/bis-1122/bis-1266/bis-1323/bis-1333/bis).
- Relatore: Buemi.

2. - Discussione del documento (non prima delle ore 17):
Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1).
- Relatori: Ventura, per la maggioranza; Alberto Giorgetti, di minoranza.

La seduta termina alle 13,45.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 40-B E 17-B E DELLA MOZIONE N. 1-00016

Pdl n. 40-B - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare

Discussione generale: 9 ore.

Relatore 15 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 30 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 6 ore e 20 minuti
L'Ulivo 37 minuti
Forza Italia 34 minuti
Alleanza Nazionale 33 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 32 minuti
UDC-Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro 32 minuti
Lega Nord Padania 31 minuti
Italia dei Valori 31 minuti
La Rosa nel Pugno 30 minuti
Comunisti Italiani 30 minuti
Verdi 30 minuti
Popolari-Udeur 30 minuti
Democrazia Cristiana-Partito Socialista 30 minuti
Misto 30 minuti
(Minoranze linguistiche: 15 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 15 minuti)
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Pdl n. 17-B - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

Discussione generale: 9 ore.

Relatore 15 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 30 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 6 ore e 20 minuti
L'Ulivo 37 minuti
Forza Italia 34 minuti
Alleanza Nazionale 33 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 32 minuti
UDC-Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro 32 minuti
Lega Nord Padania 31 minuti
Italia dei Valori 31 minuti
La Rosa nel Pugno 30 minuti
Comunisti Italiani 30 minuti
Verdi 30 minuti
Popolari-Udeur 30 minuti
Democrazia Cristiana-Partito Socialista 30 minuti
Misto 30 minuti
(Minoranze linguistiche: 15 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 15 minuti)

Mozione n. 1-00016 - Iniziative per la moratoria universale delle esecuzioni capitali

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore.

Governo 25 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 20 minuti
L'Ulivo 55 minuti
Forza Italia 38 minuti
Alleanza Nazionale 25 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 19 minuti
UDC-Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro 18 minuti
Lega Nord Padania 15 minuti
Italia dei Valori 14 minuti
La Rosa nel Pugno 14 minuti
Comunisti Italiani 13 minuti
Verdi 13 minuti
Popolari-Udeur 13 minuti
Democrazia Cristiana-Partito Socialista 11 minuti
Misto 12 minuti
(Minoranze linguistiche: 6 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 6 minuti)

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungano 5 minuti per l'illustrazione della mozione.