XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 23 di martedì 11 luglio 2006

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[allegato A]
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[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

La seduta comincia alle 10,05.

MARIZA BAFILE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 7 luglio 2006.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Amato, Bonelli, Brugger, D'Alema, Damiano, Duilio, Gentiloni Silveri, Migliore, Oliva, Piscitello, Rutelli, Stucchi e Violante sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono trentasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Presunto pedinamento di un giornalista compiuto dai servizi segreti militari - n. 2-00048)

PRESIDENTE. L'onorevole Zaccaria ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00048 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, insieme ad altri cinquantacinque colleghi (due di loro, De Zulueta e Gambescia, sono qui presenti) abbiamo presentato l'interpellanza urgente in esame.
Tale atto di sindacato ispettivo prende le mosse da notizie riportate il 5 luglio dalla stampa quotidiana secondo le quali, nell'ambito dell'inchiesta della procura di Milano sul rapimento dell'imam egiziano Abu Omar, che ha condotto all'arresto di due esponenti del SISMI, Marco Mancini e il generale Gustavo Pignero, due giornalisti del quotidiano la Repubblica, Giuseppe D'Avanzo e Bonini, sarebbero stati oggetto - e ciò è stato riportato con particolare evidenza - di una serie di pedinamenti e di intercettazioni. Tali pedinamenti ed intercettazioni sarebbero tanto più gravi perché compiuti in violazione dei doveri inerenti la qualità di pubblici ufficiali.
Come sempre accade in questi casi, gli approfondimenti giornalistici anziché «spegnere» tali notizie hanno rivelato, anche sulla base di quello che poteva emergere dal procedere delle indagini giudiziarie, profili via via sempre più inquietanti. Noi abbiamo interpellato il Presidente del Consiglio dei ministri e il ministro della difesa, una serie di esponenti del Governo che potessero darci la misura, la dimensione di questo tipo di attività che apparivano fin dall'inizio estremamente preoccupanti. Il fatto che diversi parlamentari-giornalistiPag. 2abbiano sottoscritto questa interpellanza urgente sta ad indicare quanto, insieme ad altri profili, l'ipotesi prospettata metta a rischio la libertà di stampa.
Noi ci siamo resi conto, proprio seguendo il dibattito che su tale vicenda si andava sviluppando sugli organi di stampa, occupando le prime pagine dei quotidiani (salvo che negli ultimi giorni in cui esso, per ovvie ragioni collegate a vicende contingenti più forti, cioè quelle del calcio, è stato relegato nelle pagine più interne), che gli approfondimenti giornalistici stanno ponendo in evidenza, come detto, aspetti della vicenda sempre più inquietanti.
Perché diciamo questo e perché abbiamo interpellato più di un soggetto in seno al Governo? Perché intorno alla libertà di stampa sussistono, a nostro avviso, profili molto diversi tra loro.
Eugenio Scalfari ha scritto su la Repubblica un articolo nel quale ha messo in luce come in questa vicenda vi siano non solo giornalisti vittime di attività illecite o illegali, ma giornalisti in qualche modo coinvolti nelle attività stesse per effetto delle retribuzioni che ricevevano dai Servizi - chiamiamoli così - deviati (non c'è un altro modo per descrivere sinteticamente queste attività) e, poi, una serie di giornalisti più o meno ignari, che si trovavano ad essere vittime o in qualche modo partecipi di un sistema. Tale sistema aveva, l'abbiamo poi appurato successivamente, lo scopo non solo di perseguire il terrorismo, ma anche di deviare le informazioni relative al fenomeno terroristico, in uno strano balletto nel quale diventava o diventa difficile capire, per coloro che non vogliono seguire approfonditamente questo argomento, dove inizi un percorso di liceità e dove si passi poi nella dimensione dell'illecito.
Il fatto che un giornalista che svolge inchieste di un certo tipo sia oggetto di pedinamenti e di intercettazioni, che si formino, come abbiamo appreso, dei dossier su questi soggetti, come può tranquillizzare non solo i giornalisti ma gli stessi cittadini? Come si può pensare che la libertà di stampa non sia attaccata in questo modo? Che fine fanno questi dossier una volta ritenuti illegittimi o illegali? Vengono mantenuti da qualche parte, vengono ripristinati, spolverati o resi più attuali in successivi momenti? Anche l'Autorità garante per la protezione dei dati personali è intervenuta su questo argomento, ma il problema di fondo, signor rappresentante del Governo, è accertare come queste cose possano essere accadute, chi in qualche modo abbia compiuto i fatti - questo cominciamo a vederlo ed è la magistratura, come al solito, che ce lo dice -, chi non abbia vigilato laddove questa attività doveva essere svolta, chi possa darci dei chiarimenti, anche con riferimento ai rapporti che si intrattenevano perché, in questo caso, rischiamo sostanzialmente di capovolgere la realtà. Alcuni di questi giornalisti, che figurano a libro paga dei Servizi segreti deviati, poi ritengono che questa sia un'attività perfettamente lecita. L'ordine dei giornalisti latita o, comunque, non interviene come sarebbe lecito pensare in casi di questo genere e, naturalmente, si rischia ancora di avere una grande «panna montata», nella quale diventa tutto sostanzialmente lecito e, quindi, pericoloso non esprimere dei giudizi.
Naturalmente, il profilo che ho sottolineato in modo particolare riguarda l'intreccio tra attività deviata dei Servizi segreti ed attività giornalistica. Ci sono in ballo altri soggetti che non sono in quest'aula e che non possono dare delle risposte alle mie domande in questo luogo, ma il Governo deve certamente chiarirci fino a che punto questa deviazione si è potuta sviluppare, quali sono le responsabilità non accertate dalla magistratura - ma che, comunque, risultano evidenti in una vicenda di questo tipo - e, soprattutto, ci interessa capire quali siano i rimedi. Infatti, di fronte ad una vicenda di questa portata (lo ribadisco per l'ultima volta: ogni giorno che passa la dimensione dell'icesberg sembra maggiore), non possiamo essere soddisfatti che ci si dica - a prescindere dal fatto che riguardi questa amministrazione o quella precedente ePag. 3soggetti che in qualche modo possono aver agito con relativa autonomia - che i cittadini possono stare tranquilli, che la libertà, in questo caso la libertà che la Costituzione fa oggetto della più energica tutela, può essere esercitata in maniera appropriata.
Poi da questo trarremo le conseguenze anche di ordine legislativo, perché naturalmente, quando si parla di ordine dei giornalisti, si tratta di elaborare delle proposte di legge che tendano a riformare questi organismi, perché se essi non garantiscono in questi casi elementari non so allora in cosa possano garantire: su aspetti che evidentemente finiscono con l'essere puramente corporativi. Questo dunque per quanto riguarda l'illustrazione di questa interpellanza, mentre la replica sarà affidata alla collega De Zulueta, cofirmataria dell'interpellanza medesima, la quale ha anche un'esperienza internazionale in questo campo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Giovanni Lorenzo Forcieri, ha facoltà di rispondere.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Intendo ringraziare l'onorevole Zaccaria e gli altri colleghi che hanno sottoscritto l'interpellanza urgente in oggetto, perché attraverso di essa consentono al Governo questa mattina di fornire alcune informazioni, anche più ampie rispetto al tema specifico trattato, che riguardano questa vicenda che coinvolge i nostri apparati di sicurezza, così come da diversi giorni leggiamo sui quotidiani. L'onorevole Zaccaria e i suoi colleghi mi consentiranno quindi di affrontare il ragionamento da un punto di vista più ampio rispetto alla specifica questione posta, senza naturalmente eluderla, ma rispondendo poi nel merito anche ad essa.
Sono ormai alcuni anni che l'Italia, insieme alle altre democrazie, è chiamata a fronteggiare la nuova minaccia terroristica portata alla sicurezza interna ed internazionale. Si tratta di una minaccia ben diversa da quella che avevamo conosciuto negli anni Settanta e Ottanta e connotata da una gravità ancora maggiore, perché diretta a colpire le fasce più inermi e indifese della popolazione, dagli impiegati delle Twin Towers ai pendolari di Londra e Madrid, dai giovani di Istanbul alla povera gente di Baghdad, e così si potrebbe continuare, con una violenza che travolge e sembra abbattere ogni regola di civile convivenza.
A fronte di questi pericoli, non sono mancate voci che hanno invocato una risposta dello stesso livello, pensando che le normali garanzie dello Stato democratico non possano e non debbano trovare applicazione in questa lotta e che contro il terrorismo non ci siano in definitiva regole che tengano. Per noi non è così. Il nostro Stato di diritto non può abdicare a se stesso e scadere allo stesso livello dei terroristi. La superiorità dello Stato di diritto rispetto ai terroristi sarebbe compromessa ove si scendesse sul loro stesso terreno. Non vi è stata e non vi è altra scelta che quella convinta di combattere il terrorismo con gli strumenti dello Stato di diritto, nella consapevolezza che una scelta di segno diverso implicherebbe di dover abdicare alla stessa essenza della democrazia. Così facendo, i terroristi verrebbero legittimati e trarrebbero un chiaro successo dalla modifica del nostro atteggiamento o del nostro stile di vita, qualora sopprimessimo o limitassimo le nostra libertà.
In questo rimane di esempio la vittoria sul terrorismo interno. La nostra democrazia è stata infatti capace di opporsi con successo all'eversione, tenendo fede al principio di legalità, che sta alla base della nostra convivenza civile e che, come i fatti hanno ampiamente dimostrato, sostanzia la vera forza di uno Stato. Il terrorismo endogeno è stato affrontato, combattuto e vinto attraverso la coesione delle forze democratiche e la saldezza delle istituzioni, mediante l'applicazione delle leggi esistenti e, quando si è reso necessario, attraverso l'adozione di strumenti normativi caratterizzati dall'emergenza in atto, però mai in contrasto con la Costituzione,Pag. 4che hanno resa più incisiva l'attività degli apparati di sicurezza e della stessa magistratura.
È una linea che non può essere modificata neanche quando la minaccia terroristica assume dimensioni globali o di particolare intensità. Quindi, anche di fronte al terrorismo di marca islamista e fondamentalista è necessario percorrere strade di legalità, interna ed internazionale.
È solo nella cornice dei principi generali che informano il nostro ordinamento che è possibile prevedere ogni iniziativa per rafforzare l'efficacia delle politiche antiterrorismo e delle strutture preposte ad operare sul campo. Ribadisco: solo nella cornice dei principi generali che informano il nostro ordinamento.
Infatti, il paese, allorquando ne è stata ravvisata la necessità, non ha rinunciato ad adeguare gli strumenti per combattere tale minaccia, con provvedimenti che si sono sempre mossi nel rispetto dei principi della nostra Costituzione democratica e repubblicana.
Lo scenario che le notizie apparse con grande risalto sui media, negli ultimi giorni, in relazione ai recentissimi sviluppi dell'indagine condotta dalla procura della Repubblica di Milano sul sequestro del cittadino egiziano Nasr Osama Mustafa Hassan, meglio noto come Abu Omar, sembrano configurare prospetterebbe una logica di lotta al terrorismo condotta in violazione alle regole dello Stato di diritto.
Tale logica, in realtà, non è mai stata né accettata né praticata dal Governo del nostro paese, il quale, nel contrasto al terrorismo, non ha mai abdicato al rispetto della legalità posta dallo Stato di diritto e non ha mai ceduto alla tentazione di procedere con metodi cosiddetti «non convenzionali».
Ciò vale anche per il SISMI, che non solo si è dichiarato assolutamente estraneo al sequestro di Abu Omar, ma ha sempre e categoricamente respinto l'accesso a prospettive «non ortodosse», come già riferito dal direttore di quel Servizio sia al Copaco nella precedente legislatura, sia al Parlamento europeo il 6 marzo ultimo scorso.
Nell'intimo convincimento che lo Stato di diritto possa costituire l'unica cornice in grado di consentire al paese ed alla democrazia di prevalere sulla barbarie del terrorismo, intendo qui esprimere la fiducia del Governo nell'operato della magistratura che conduce l'indagine sul caso Abu Omar, nonché assicurare al Parlamento che lo stesso Governo non farà mancare agli organi inquirenti la piena collaborazione per l'accertamento della verità dei fatti oggetto dell'indagine medesima.
Vorrei ricordare, inoltre, che la vicenda di Abu Omar e l'intenso dibattito, anche internazionale, che ne è conseguito, sotto il profilo sia del caso specifico sia della tematica generale, ha del resto richiamato anche in Italia l'attenzione del precedente Parlamento. Analogamente, riteniamo doveroso esprimere la fiducia negli apparati di informazione e sicurezza.
Il precedente Parlamento, infatti, è stato interessato dell'episodio in oggetto con diversi atti di sindacato ispettivo, tutti volti a chiarire se il Governo italiano pro tempore fosse stato informato del fatto, preventivamente o successivamente, ovvero avesse ricevuto informazioni circa altre analoghe situazioni riferite a cittadini islamici presenti sul territorio italiano.
Ricordo che l'Esecutivo precedente ha più volte risposto in termini ufficiali, escludendo categoricamente che alcuna operazione in qualsiasi modo riconducibile al quadro delineato dai media, con particolare riferimento al sequestro avvenuto a Milano il 17 febbraio 2003, fosse mai stata portata a conoscenza del Governo della Repubblica italiana e, per esso, delle istituzioni.
In quelle sedi è stato inoltre ribadito, con incisività, che il Governo e le istituzioni nazionali non avevano mai, in nessun modo, avallato operazioni di sequestro di persona in territorio italiano, escludendo altresì che vi potesse essere stato un coinvolgimento, a qualsiasi titolo, di apparati di intelligence italiani.
Ulteriori smentite - anche a seguito della pubblicazione di un articolo di stampa che riprendeva alcune presuntePag. 5dichiarazioni di un ex agente della CIA, nonché in relazione a molteplici interventi di quotidiani - venivano fornite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per escludere l'avvenuta ricezione di qualsivoglia notizia, relativa al sequestro, preventivamente partecipata dalle autorità statunitensi al Governo italiano, al consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio, al SISMI ed agli apparati di informazione e sicurezza in generale.
In particolare, poi, il SISMI, a suo tempo attivato dal Governo, ha da subito escluso di avere avuto preventiva cognizione dei fatti riportati dai media americani circa le attività statunitensi relative al trasporto di prigionieri islamici, presunti terroristi, in paesi terzi ove è possibile eseguire interrogatori anche sotto tortura.
Dalle risultanze in possesso del SISMI emerge che, pochi giorni dopo la scomparsa del cittadino egiziano, il servizio ha ottenuto notizia di tale evento da un autorevole esponente della comunità musulmana, informandone tempestivamente gli organi investigativi e le autorità competenti e fornendo contestualmente ogni elemento riferito, nonché invitando il medesimo esponente musulmano a far produrre dalla famiglia la necessaria denunzia del fatto alla polizia italiana.
Notizie giornalistiche (articolo del giornale arabo Al Haiat del 26 febbraio 2003) informavano, poi, della denuncia presentata dalla moglie di Abu Omar circa la scomparsa del marito, verificatasi mentre si dirigeva alla moschea milanese di viale Jenner, e della sua successiva deportazione in Egitto perché ritenuto coinvolto in azioni terroristiche.
I richiamati elementi sono quanto in possesso del SISMI, che si è astenuto da ulteriore ed autonoma attività in presenza di accertamenti coperti dal segreto dell'indagine penale da parte della procura della Repubblica Milano.
Ed è proprio in questa prospettiva che il servizio, con riferimento alla scomparsa di Abu Omar, venuto comunque a conoscenza di elementi che nel novero delle ipotesi possibili configuravano anche un sequestro di persona, ha immediatamente proceduto - come ribadito - a riferirli ai competenti organi.
Nell'ambito del procedimento penale successivamente instaurato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Milano, risulta che il SISMI abbia poi corrisposto alle richieste dell'autorità giudiziaria procedente con il consueto rigore e la necessaria trasparenza e tempestività, nello spirito di una costante e piena collaborazione, fornendo tutti gli elementi utili, per quanto disponibili.
A fronte di tali, reiterate rassicurazioni - intese a prospettare condivisibilmente ogni possibile distacco e sentito rifiuto di pratiche inaccessibili -, il Governo non può esimersi dal considerare come, a far data dal 5 luglio ultimo scorso, si siano registrati importanti sviluppi nelle indagini della procura di Milano, che parrebbero in contrasto con le prese di posizione più volte ripetute.
La procura della Repubblica di Milano ha ritenuto infatti di poter ipotizzare diversi reati a carico di alcuni funzionari del servizio.
Gli sviluppi dell'indagine hanno trovato vasta eco nei media, che hanno posto alcuni interrogativi ed esternato preoccupazioni. Interrogativi e preoccupazioni che, comprensibilmente, si ritrovano in parte nell'interpellanza a firma dell'onorevole Zaccaria e di altri deputati cofirmatari, cui oggi il Governo risponde.
Ad alcuni di questi interrogativi è sin da oggi possibile dare una risposta. In questo senso, intendo assicurare che, allo stato delle conoscenze, non si ha alcuna conferma né vi sono indicatori che avvalorino l'ipotesi di intercettazioni illegali e di pedinamenti verso giornalisti da parte dei servizi segreti militari.
Il SISMI, infatti, ha fatto conoscere di non avere eseguito alcuna attività di intercettazione né pedinamenti ai danni di giornalisti, né di avere mai consentito ad alcuna attività di questa natura e tipo.
Ogni attività di intercettazione viene espletata dal servizio secondo le procedure previste dalla legge - e, più nello specifico, dall'articolo 4 del decreto-legge n. 144 delPag. 62005 - ed è opportunamente documentata e motivata, dunque esibibile. Aggiungo che, per lo svolgimento di queste attività di «intercettazione preventiva», il servizio ha adottato un complesso di misure di sicurezza dirette a garantire non solo, come ovvio, le esigenze di riservatezza, ma anche la privacy dei cittadini.
Il SISMI svolge ordinaria attività Osint (Open sources intelligence ovvero ricerca a fonti aperte), espletando le dovute ricerche su tutte le tipologie di fonti aperte, essendo notoriamente gran parte delle informazioni - in particolare, quelle riguardanti il terrorismo internazionale - tramitate per mezzo dei media e, in particolare, di Internet. Per tale ragione, la ricerca Osint, ovvero a fonti aperte, è stata ampiamente potenziata, oltre che nelle strutture interne (similmente ad agenzie di paesi stranieri), facendo ampio riferimento anche al mondo esterno al servizio, dove sono presenti know how specifici, come l'università e la ricerca, think tanks, centri studi, e via dicendo.
Questi ambiti svolgono pura attività Osint e forniscono informazioni che costituiscono solo una parte del patrimonio informativo del SISMI. Esse vengono attentamente sottoposte al vaglio «intelligence» ed integrate, confrontate e verificate con quelle provenienti da altre fonti, proprio al fine di evitare la selezione di notizie prive di credibilità e fondamento.
L'attività dell'ufficio di via Nazionale è da inquadrarsi in tale dinamica funzionale ed il Servizio esclude categoricamente che abbia svolto attività di intercettazione, innanzitutto per la sua stessa natura, nonché per quanto già riportato in precedenza. Esso può aver ricercato informazioni sfruttando i normali contatti di relazione con persone utili, fonti, persone d'ambiente; il rispetto dei confini esistenti tra i diversi ambiti è certo, in quanto garantito, oltre che dalle premesse sopra indicate, dalla natura e dalla qualità delle informazioni: di norma, da fonti aperte o da persone che tali fonti alimentano, ovvero capaci di interagire con queste ultime.
In conclusione, rispetto alla domanda specifica che è stata rivolta nell'interpellanza dall'onorevole Zaccaria e dagli altri cofirmatari, sulla base di quanto riferito dal servizio informazioni militari, si ribadisce l'infondatezza della notizia riportata nell'interpellanza stessa.
Un altro interrogativo che in questi giorni si è frequentemente affacciato sulla vicenda Abu Omar è come sia possibile che il Governo e gli apparati di sicurezza, in particolare il SISMI, potessero non sapere. Su questo punto, ritengo doveroso ricordare come la legalità propria dello Stato di diritto non consenta lo svolgimento di controlli generalizzati suscettibili di invadere la sfera delle libertà individuali, se non allorquando ricorrano precisi presupposti. Ciò vale, innanzitutto, per gli organismi di informazione e sicurezza, i quali sono chiamati ad agire nell'ambito dei limiti delle specifiche competenze.
In questo senso, è forse opportuno richiamare che, in base alla legge n. 801 del 1977, il SISMI svolge compiti informativi e di sicurezza per la difesa, sul piano militare, dell'indipendenza e dell'integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione. Il SISMI svolge, altresì, ai suddetti fini, compiti di controspionaggio. Altre disposizioni, inoltre, chiamano in causa il servizio per l'attività informativa e di sicurezza da ogni pericolo o forma di eversione dei gruppi criminali organizzati transnazionali.
Da questa sintetica esposizione dei compiti istituzionali del SISMI, appare evidente che l'attività di contrasto del Servizio alle azioni poste in essere da agenzie estere in territorio nazionale opera prevalentemente in direzione delle condotte che rappresentano una più diretta e immediata minaccia per la sicurezza nazionale, cioè di quelle condotte che si prefiggono l'acquisizione di informazioni e dati di rilevanza strategica, nonché l'esercizio, quando possibile, ad esempio di influenza occulta nei settori più rilevanti della politica, dell'economia, della difesa e delle tecnologie nazionali.
In questa sede, assunte le necessarie informazioni, il Governo, allo stato, nonPag. 7può che riaffermare l'estraneità del SISMI rispetto alla vicenda riferita al rapimento di Abu Omar.
Da ultimo, si desidera sottolineare come specifici approfondimenti di questa vicenda siano stati svolti anche dal Comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazione e sicurezza, di cui all'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, a seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato con delega al coordinamento dei servizi di intelligence, del segretario generale del CESIS, dei direttori del SISMI e del SISDE.
Il Comitato ha così preso atto, formalizzando tale posizione in un proprio documento approvato nella seduta del 28 settembre 2005, dell'assoluta coincidenza delle dichiarazioni rilasciate in proposito dal Governo e dai rappresentanti degli organi di informazione e di sicurezza nazionali, i quali «hanno fermamente ed inequivocabilmente escluso ogni coinvolgimento, diretto o indiretto, con apparati di intelligence stranieri e alcuna informativa in merito a loro operazioni finalizzate al rapimento di Abu Omar».
Si può, pertanto, affermare che, sul piano delle verifiche ufficiali ed istituzionali fin qui svolte, nessun coinvolgimento e/o complicità nella vicenda in esame emerga da parte dell'Italia e delle sue istituzioni.
Il SISMI, dal canto suo, ora torna a ribadire di non aver avuto neppure indiretta cognizione del fatto prima della sua consumazione e che, anzi, come già accennato, ha immediatamente attivato, in modo formale, appena acquisite le prime notizie circa la possibile scomparsa di Abu Omar, le Forze di polizia italiane e gli organismi di intelligence dei principali paesi stranieri.
Quanto riferito può apparire contraddetto dalle prime risultanze dell'inchiesta condotta dalla procura di Milano.
In questo momento - considerata l'assoluta sensibilità del momento investigativo in pieno sviluppo -, il Governo ritiene doveroso astenersi da valutazioni specifiche, nel convincimento che, da un lato, l'azione della magistratura non mancherà di far luce su eventuali quanto deprecabili responsabilità individuali, dall'altro, che a tal fine occorra offrire ogni assistenza a tale inchiesta, anche e soprattutto attraverso l'azione attenta e responsabile del Governo, che non mancherà di assecondare la collaborazione già da tempo in atto tra l'istituzione interessata e la procura milanese.
In questo momento, peraltro, appare quanto mai tempestiva e preziosa la ricostituzione del Comitato parlamentare di controllo sugli organismi di informazione e sicurezza. Ciò in quanto tale Comitato costituisce la sede propria, in quanto assistita da norme che consentono l'accesso ad informazioni riservate, per approfondire in termini ancora più circostanziati l'intera vicenda, in merito alla quale - allo stato delle conoscenze - questo Governo non ravvede motivi per revocare in dubbio la fiducia accordata e confermata all'istituzione SISMI e a tutti coloro che in essa abbiano correttamente operato.

PRESIDENTE. L'onorevole De Zulueta, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, non me ne voglia il rappresentante del Governo: non solo non mi ritengo soddisfatta per la sua risposta, ma sono anche preoccupata. Vi è un disparità troppo grande tra le notizie riportate non solo da un organo di stampa, ossia la Repubblica, il quotidiano del giornalista che si ritiene vittima di questa vicenda, ma da molti altri autorevoli giornali. Vi è anche una grave difformità della risposta del Governo rispetto ai risultati fin qui acquisiti e conosciuti dalla procura di Milano per quanto riguarda la vicenda del sequestro di Abu Omar.
Su questa vicenda si sono già espressi due organismi internazionali. L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa è stata la prima sede istituzionale che si è mossa a livello trasnazionale per accertare le prove della fondatezza di una pratica deprecabile, ossia quella dei sequestri extragiudiziari e di una collaborazione apPag. 8parente di vari Governi europei in ordine a tale pratica illegale. Il relatore dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa Dick Marty, insieme al segretario generale del Consiglio d'Europa, ha rivolto al precedente Governo italiano alcune domande alle quali il Governo ha risposto tardivamente ed in modo reticente.
Anche alla luce della risoluzione approvata dal Parlamento europeo, non credo che la risposta data oggi dal Governo sia soddisfacente. Sono felice che quest'ultimo almeno riconosca la gravità della questione che abbiamo posto ed abbia tentato nella sua risposta di andare oltre i fatti specifici sui quali lo abbiamo interpellato, per aggiornarci sulle sue convinzioni per quanto riguarda le circostanze e gli eventi nei quali si inserisce l'episodio che ci preoccupa. Mi riferisco alla vicenda che ha coinvolto la professione dei giornalisti e le attività di informazione, e soprattutto - come ha detto il collega Zaccaria - alla possibilità che il diritto ad un'informazione davvero plurale sia tutelato.
Il giornale la Repubblica ha chiesto sia al Parlamento sia al Governo di attivarsi in modo preciso per garantire il diritto del servizio dell'informazione, il diritto del lavoro del giornalista. Il Governo oggi ha risposto dicendo che il problema non esiste in quanto la notizia è infondata. Credo, alla luce del poco che sappiamo dagli organi di stampa, che ci vorrebbe una risposta un po' più documentata.
Il materiale sequestrato a via Nazionale dalla Digos, se non sbaglio, su ordine della procura di Milano, dov'è in questo momento? Sotto sequestro giudiziario e, pertanto, al di là della vostra giurisdizione come Governo? È molto importante perché vi è un'ipotesi, smentita categoricamente dal Governo, che mi preoccupa. L'ipotesi è che in quell'ufficio si svolgesse un lavoro eversivo con riguardo allo Stato di diritto e, soprattutto, alla possibilità di svolgere correttamente il mestiere di giornalista. Il collega Zaccaria ha parlato non solo di giornalisti vittime, ma anche di giornalisti che hanno tradito i principi, almeno uno, che nemmeno nega di aver tradito i principi deontologici di questa professione, ma dice di averlo fatto nell'interesse di suoi valori supremi che trascendono l'esercizio corretto del lavoro di giornalista.
Tale episodio interroga non solo gli organi di tutela - cioè l'Ordine dei giornalisti, che a questo punto è chiamato a giustificare quasi la sua esistenza, perché un ordine che non sa rispondere tempestivamente ad un episodio di questa gravità dovrebbe essere messo sotto esame dai suoi appartenenti -, ma anche il Governo: per questo ritengo che la risposta non sia soddisfacente. Si tratta dell'episodio - di cui il rappresentante del Governo non ha parlato - di un giornalista che è stato pagato dai servizi di informazione, in cui il Governo ha un'assoluta e non incrinabile fiducia, per andare a carpire notizie ed a deviare un'inchiesta in corso. Altro che aiuto al lavoro della magistratura!
In questo caso vi sono due colpe. Innanzitutto, quella del giornalista che ha tradito la sua professione perché è andato lì, sotto mentite spoglie, chiedendo ai magistrati la disponibilità che essi devono garantire nel nome supremo del diritto all'informazione dei cittadini (invece, quello non informava i cittadini, ma qualcuno che lo ha pagato). E poi c'è proprio quel qualcuno che lo ha pagato. Si è detto che si tratta di responsabilità individuali, ma ritengo che un servizio segreto nel quale vi siano comportamenti così deviati debba interrogare se stesso, ed il Governo debba interrogare quel servizio. Non è sufficiente la risposta della responsabilità individuale.
Il rappresentante del Governo dice che l'ufficio di via Nazionale gestiva fonti aperte, cioè navigava su Internet, leggeva i giornali. No, faceva altre cose che sono troppo gravi per essere accantonate come possibili deviazioni individuali. Un servizio segreto che al suo interno abbia consentito comportamenti così difformi o è connivente, o è incapace: di questo non state dando una risposta adeguata al paese ed al Parlamento.
Non me la sento, dopo la sua risposta, di rivolgermi ai giornalisti del la Repubblica,Pag. 9in primo luogo al loro direttore Ezio Mauro, che ha interpellato noi e voi, chiedendo tutela, trasparenza e verità. Non abbiamo ancora la sensazione che a queste domande sia stata data una risposta adeguata.

(Iniziative per garantire il fabbisogno idrico delle isole minori della Sicilia - n. 2-00042)

PRESIDENTE. Il deputato Cicu ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00042 (Vedi l'allegato A - Interpellanza urgenti sezione 2).

SALVATORE CICU. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, questa interpellanza ha per oggetto un bene primario: l'acqua. Parlo della possibilità che un territorio intero, in maniera particolare l'arcipelago delle isole Eolie, possa avere, così come è avvenuto continuamente negli anni, il diritto ad un bene essenziale.
Siamo veramente a disagio, c'è una situazione gravissima di cui questo Governo ancora non vuole prendere atto; o meglio, ne prende atto, ma con risposte fortemente negative, che lasciano perplessi soprattutto in vista della stagione turistica. Queste isole, in quel periodo, hanno il diritto di essere presenti sul mercato turistico e le popolazioni hanno il diritto di non subire restrizioni, disagi, privazioni e soprattutto scelte pregiudizievoli, Presidente. Qui siamo di fronte a un diritto dei cittadini, un diritto costituzionale rispetto ad un bene che non può in alcun modo mancare e subire atti scellerati, prese di posizione ingiuste. Parliamo di 400 mila metri cubi di acqua! Questa è una regione che viene posta in difficoltà: gli amministratori, i sindaci di queste isole, una comunità intera intende ribellarsi, a causa di soluzioni inesistenti a fronte di un'intera economia in ginocchio. Una economia, quella turistica, che è l'unica possibile e che può essere presa in considerazione.
Si risponde che non si riescono a reperire 3 milioni di euro nelle pieghe del bilancio, quando in realtà questa cifra è sempre stata trovata e ha sempre consentito di colmare un vuoto e una assenza del Governo e dello Stato, nel contesto di una situazione che non può essere tollerata. Sono fortemente convinto ed esprimo qui in maniera forte il disagio dei colleghi siciliani, per primo il collega Pippo Fallica che si sta battendo in questi mesi e in questi giorni per il territorio di suo riferimento, che guarda ad una promanazione delle isole minori. Qui parliamo anche di una questione di continuità territoriale che viene calpestata, con continui disagi per i passeggeri e per i cittadini; parliamo di un senso di appartenenza, non di un senso di distacco. Ne approfitto per richiamare la mia isola, la Sardegna, per ribadire una mancanza di attenzione verso le isole, grandi e minori, da parte di questo Governo. È lo stesso argomento ed esiste la stessa valutazione.
Noi siamo fortemente convinti che questo Governo non possa permettersi di evitare di colmare questa lacuna e debba dare risposte concrete, non potendo lasciare allo sbando per mesi intere comunità, che vivono il disagio di una continuità territoriale inesistente.
Infatti, non parliamo solo di acqua, ma di traghetti, di aerei, di navi, vale a dire di una situazione organica che necessita di interventi, come quelli realizzati dal precedente Governo.
Ci troviamo in una situazione di emergenza. Le emergenze devono essere affrontate, non possono essere disattese, in quanto costituiscono un grave pregiudizio che può determinare situazioni di non ritorno.
Infatti, oggi, gli alberghi, i ristoranti, i campeggi, le botteghe artigiane di quell'arcipelago sono aperte, ma manca l'acqua. Pertanto, si registrano continue disdette da parte dei turisti e sempre maggiori disagi per le famiglie che trascorrono in quel contesto bellissimo le proprie vacanze. Riteniamo dunque che sia necessaria una risposta urgente.

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alfiero Grandi, ha facoltà di rispondere.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, la questione del fabbisogno idrico delle isole minori della Sicilia, sollevata con l'interpellanza in discussione, è stata, nel corso degli anni, particolarmente sentita dal Ministero della difesa, nell'ottica di soddisfare le aspettative della popolazione interessata.
La Difesa, infatti, è ben consapevole che il soddisfacimento di tale esigenza costituisce per queste aree non soltanto una garanzia di una migliore qualità di vita, ma anche il presupposto importante per lo sviluppo economico della regione Sicilia, in termini di mantenimento dei livelli occupazionali e per un buon funzionamento del comparto turistico.
Com'è noto, la legge 21 dicembre 1978, n. 861, assegna alla Difesa la competenza in materia di rifornimento idrico delle isole minori. In particolare, l'articolo 4 di tale legge prevede espressamente questa operatività.
Allo stato attuale l'Amministrazione provvede alla fornitura idrica solamente per le isole della Sicilia, in quanto tutte quelle ricadenti nell'ambito della regione Sardegna sono diventate autosufficienti, mediante la realizzazione di condotte sottomarine o l'installazione di dissalatori.
Ciò detto, l'ipotizzata riduzione della fornitura idrica alle isole minori della Sicilia, si inquadra nell'ambito delle riduzioni di stanziamento, previste dalla finanziaria per il 2006, che hanno interessato tutti i Ministeri. Mi dispiace, onorevole Cicu, ma devo ripetere: finanziaria per il 2006!
In particolare, i tagli alla Difesa effettuati nella precedente legislatura e la metodologia usata in tali riduzioni hanno colpito indiscriminatamente anche capitoli di spesa importantissimi per il funzionamento delle Forze Armate e le conseguenti emergenze in corso impediscono tecnicamente di allocare ulteriori risorse oltre i 17 milioni di euro già stanziati con difficoltà per questa esigenza.
Pertanto, il mancato incremento di risorse non è frutto di decisioni a fronte di alternative, ma ineluttabile risultato tecnico-contabile e gestionale, e non rappresenta la volontà a non occuparsi più del problema e a non cercare altre soluzioni.
Fermo restando - e ciò dovrebbe rassicurare lei, onorevole Cicu, e soprattutto le popolazioni interessate - che quanto già stanziato risponde alle esigenze dei mesi estivi e, quindi, non vi sono ragioni di allarme o necessità di frazionamento, il dicastero opererà congiuntamente con il Ministero dell'economia per cercare di porre rimedio agli errori compiuti con la finanziaria per il 2006 dal precedente Governo, individuando un provvedimento ad hoc che copra le necessità dell'ultima parte dell'anno.

PRESIDENTE. Il deputato Cicu ha facoltà di replicare.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, mi reputo assolutamente insoddisfatto della risposta tecnica fornita dal sottosegretario, che non dimostra alcuna sensibilità per il problema.
Certamente, i tagli alla finanziaria non sono stati né individuati né riferiti ad un bene primario ed essenziale come l'acqua. Pertanto, signor sottosegretario, mi stupisce che la sua risposta sia stata resa in questi termini. La riduzione riguarda i tagli alla Difesa nel complesso, ma non può riferirsi ad un bene che riguarda la vita di alcune comunità.
In ordine all'insussistenza dell'emergenza, sottolineo che occorre comprendere in che modo si potrà proseguire dopo i mesi estivi. Peraltro, vi sono alcune note della Federalberghi, dei piccoli e medi commercianti, degli amministratori, i quali rivendicano il diritto di riscontro rispetto all'emergenza segnalata.
Ritengo che questo Governo, se volesse dimostrare sensibilità in merito al problema, potrebbe, in questi mesi, attivare laPag. 11Protezione civile perché ci sono tutte le condizioni per farlo. Attivando la Protezione civile si potrà forse valutare meglio il quadro generale, cosa che però questo Governo non intende fare. Sembra quasi che, nei confronti della regione Sicilia, vi sia un risvolto punitivo, un aspetto preso forse ad obiettivo, in quanto gli elettori siciliani avrebbero dato la loro fiducia ad un altro Governo, esprimendo indirizzi politici differenti. Allora, forse, si vogliono premiare di più degli altri cittadini in altre aree, favorendo altre situazioni. Tuttavia, ciò non può essere in alcun modo tollerato dai cittadini siciliani e dell'arcipelago...
Vorrei essere ascoltato, signor Presidente! Mi sembra che il rappresentante del Governo sia distratto...

PRESIDENTE. Prosegua pure: ha tutta l'attenzione del Governo.

SALVATORE CICU. Riesce a seguire contemporaneamente?

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Assolutamente sì.

SALVATORE CICU. Bene, ha delle facoltà che noi non abbiamo!
Insomma, il tema richiederebbe - cosa che questo Governo non sta dimostrando - una sensibilità diversa, una capacità di guardare soprattutto alle priorità. Mi rendo conto, avendo vissuto un'esperienza importante all'interno del Ministero della difesa che esistono situazioni specifiche riguardanti i compiti di tale Ministero, ma ci sono anche delle priorità, riguardanti la vita e i beni primari ed essenziali dei cittadini - come quella data dall'emergenza idrica - che non possono e non devono essere disattese.
Per questo motivo, con forza chiediamo al Governo, in maniera particolare al ministro della difesa Parisi, che riveda la sua posizione e che arrivi, a seguito di una più approfondita valutazione, analisi e verifica della situazione e dei luoghi (forse, c'è una eccessiva disinformazione e ciò nasce dallo stato di insensibilità complessiva rispetto alla situazione), a distogliere tre milioni di euro - che non mi sembrano una cifra così rilevante - al fine di colmare un vuoto, un'insufficienza e riconoscere un diritto.
Bisogna capire la situazione in cui si trova effettivamente un intero arcipelago. Ci stiamo avviando verso il periodo più importante per quella zona, cioè, quello turistico: vi è l'assoluta necessità che si abbiano le condizioni per affrontare la stagione serenamente!
Bisogna fare qualcosa per valutare meglio la situazione e se ciò non dovesse accadere, noi non ci fermeremo. Intendiamo essere vicini a quei cittadini, a quelle popolazioni, a quei sindaci, portando avanti una proposta che riguarda un diritto primario ed essenziale.
Continueremo, in questi giorni, con i colleghi siciliani e con tutti coloro, nel centrodestra e anche nel centrosinistra, che hanno a cuore questo tipo di situazione, a chiedere un intervento.
Infine, ritengo che sia importante trasmettere il disagio che vivono queste popolazioni. Non è solo il disagio di un rappresentante del Parlamento, bensì di un'intera comunità, che non può essere isolata (così come già avviene, troppo spesso, data la sua condizione territoriale), che non può essere trascurata (così come troppo spesso avviene rispetto a diritti che, nei periodi autunnali e invernali, non sono garantiti verificandosi una situazione di isolamento totale).
Ritengo che in questo momento un segnale debba essere dato: il segnale forte non può che consistere nel rivedere il proprio atteggiamento rispetto ad una situazione che, pur costituendo un grande problema, vede stanziate poche risorse.

(Applicazione della maggiorazione IRAP alla regione Sicilia - n. 2-00040)

PRESIDENTE. Il deputato La Loggia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00040 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

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ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, oggi la Sicilia è all'attenzione di questa Assemblea e mi auguro anche del Governo. Quello che espongo è un altro argomento estremamente rilevante ma si tratta di uno di quei casi - mi si consenta di dire così - in cui si crea un problema che non c'è, per la semplice ragione che la regione siciliana, a seguito di una sentenza della Corte costituzionale - la n. 306 del 2004 - si è vista riconosciuto il diritto ad attribuirsi il gettito delle imposte sull'assicurazione RC auto.
Com'è ovvio, si aprì una lunga trattativa, durata alcuni mesi e conclusasi nel mese di ottobre dell'anno scorso, anche grazie all'intervento del sottoscritto (nell'esercizio delle funzioni istituzionali che mi competevano nella precedente legislatura): in data 8 ottobre 2005, la Presidenza del Consiglio e la regione Sicilia stipularono un protocollo d'intesa nel corpo del quale fu convenuto di attribuire alla regione, in attuazione della suddetta sentenza, un acconto di 953 milioni 475 mila euro, a valere sulle spettanze relative alle imposte applicate ai premi di assicurazione per RC auto (con limiti di impegno quindicennali e con una certa cadenza). Ciò comportava la disponibilità della predetta somma da parte della regione Sicilia.
Attraverso i contatti a suo tempo definiti, il Governo e la regione concordarono che la Ragioneria generale dello Stato individuasse le modalità di liquidazione del debito dello Stato - insisto nell'adoperare il termine «debito» perché esso scolpisce la natura del problema - nei confronti della regione, non della regione nei confronti dello Stato, attraverso l'intervento della Cassa depositi e prestiti. Perché la Cassa depositi e prestiti? Perché quello fu lo strumento indicato dalla Ragioneria generale dello Stato. Ben avrebbe potuto, la regione Sicilia, rivolgersi ad altri istituti per farsi anticipare l'intera somma che lo Stato le avrebbe erogato nel corso del tempo.
Quindi, non si tratta di un debito, non si tratta di un vincolo, non si tratta di somma da destinare soltanto ad investimenti. Infatti, nel corpo del citato protocollo fu espressamente dichiarato che non vi era alcun vincolo nell'utilizzazione della somma; né poteva essere diversamente, anche perché il gettito dell'imposta sulla RC auto (è a tutti noto e, quindi, non credo che occorra spendere al riguardo molte parole) è un'entrata corrente e, di conseguenza, può essere usata per la definizione di rapporti che hanno a che vedere con la spesa corrente, non con la spesa per investimenti.
Mediante un atto legislativo, la regione Sicilia ha utilizzato parte dei 953 milioni di euro per far fronte alla propria esposizione di bilancio riferita alla spesa sanitaria. A tale riguardo, ricordo che il relativo controllo da parte del commissario governativo (non è il caso di specificare come sia ben diverso il controllo di legittimità sulle norme della regione Sicilia) si concludeva con il riconoscimento della piena legittimità dell'atto adottato.
Si arriva, così, ai giorni nostri e alla diffida, indirizzata alla regione Sicilia come ad altre regioni, a provvedere alla copertura del presunto indebitamento (presunto almeno per quanto riguarda la regione Sicilia), in mancanza della quale sarebbero scattate le iniziative sostitutive successive, con la conseguente maggiorazione dell'IRAP.
Aggiungo che tutte le mie affermazioni sono documentalmente dimostrate da una serie di note di corrispondenza (tra regione, Stato, ministero dell'economia e delle finanze e Ragioneria generale dello Stato) e da tutta una serie di documenti che so essere stati inviati dal presidente della regione siciliana tanto al Presidente del Consiglio quanto a tutti ministri interessati, che non vedo in quest'aula (e, in considerazione dell'importanza dell'argomento in trattazione, me ne rammarico molto).
Emergono quindi due elementi, dicevo: il primo consiste nella assoluta illegittimità della iniziativa dello Stato, con riferimento alla regione siciliana.
Emerge poi un altro aspetto ancora più grave: è impropria e illegittima l'applicazione alla regione siciliana della maggiorazione IRAP, in ogni caso, a prescinderePag. 13dal caso specifico, ma anche per il caso specifico. Questo per la semplice ed elementare ragione che la Sicilia è una regione a statuto speciale e questo potere esercitato dal Governo non è applicabile alle regioni a statuto speciale.
E ciò non perché lo dico io, o perché lo dice una parte politica, ma perché lo dice - puramente e semplicemente - la sentenza della Corte costituzionale n. 236 del 2004.
Credo allora che in primo luogo vada fatta una verifica, dal punto di vista strettamente formale e sostanziale, per riscontrare la documentazione inviata e prenderne atto positivamente. Bisogna poi rifare i conti, dai quali si può dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la regione siciliana non è affatto in debito. Essa, anzi, non è in debito neppure rispetto ai parametri a suo tempo stabiliti con l'accordo del marzo 2005, valido per tutte le regioni, contenente però la specifica previsione di un atteggiamento diverso per quanto riguarda il controllo nei confronti delle regioni a statuto speciale. Ricordo benissimo che proprio su questo aspetto ho predisposto a suo tempo una nota ad hoc per la Sicilia, e in specie per la Sicilia! Questo proprio per il particolarissimo regime fiscale che a quella regione compete, sulla base dello statuto, che, credo di non doverlo ricordare, ha rango di legge costituzionale: la legge costituzionale n. 2 del 1948, susseguente alla approvazione dello statuto con decreto luogotenenziale 15 maggio 1946 (comprendo che si tratta di cose che forse si sono dimenticate nel tempo, delle quali però bisognerebbe comunque tener conto sino a quando l'assetto dell'ordinamento costituzionale non dovesse essere diverso). Posso garantire tuttavia che, almeno per quello che riguarda quest'ultimo aspetto, l'impegno di tutti noi è che l'ordinamento non sia diverso, che venga mantenuta questa prerogativa della regione siciliana, così come delle altre regioni a statuto speciale.
Forse giova comunque ricordare che vi è questo regime fiscale diverso.
In ogni caso, il potere sostitutivo dello Stato in una circostanza come questa non può essere utilizzato, ripeto, a seguito di una sentenza, che chiaramente lo precisa, della Corte costituzionale.
E allora qual è la richiesta che nasce dal nostro intervento? Se il Governo non ritenga assolutamente indispensabile ed urgente cancellare la maggiorazione IRAP impropriamente e illegittimamente applicata anche alla regione siciliana, in quanto questa ha già correttamente coperto la maggiore spesa sanitaria e non può essere inoltre oggetto dell'esercizio di poteri sostitutivi da parte dello Stato.
Può darsi che nel corso di questa copiosa documentazione vi sia stato qualche qui pro quo, non posso escluderlo, come forse più facilmente è immaginabile che talvolta gli organi burocratici non siano sempre in sintonia rispetto all'indirizzo politico, tanto del Governo, quanto della regione. Questo talvolta può creare qualche incomprensione. Può succedere, ma laddove eventualmente fosse accaduto non si può, come è ovvio, perpetuare un errore.
La lettura delle carte è di per sé chiarissima, la definizione di questo contenzioso finanziario è stata chiarissima: non si vede ragione per la quale, su un argomento di questa delicatezza, si debba andare verso un contenzioso, del quale francamente nessuno sente l'esigenza.
Basterebbe riguardarsi le carte, convenire su quanto già deciso dalla Corte costituzionale, convenire sull'esattezza del comportamento della regione siciliana, convenire sul controllo di legittimità, che su questo è già stato operato in via definitiva dal commissario dello Stato, che ha poteri in merito e convenire pertanto che si è commesso puramente e semplicemente un errore.
Basterebbe poi, conseguentemente, rimediare nel modo più opportuno, revocando il provvedimento che è stato adottato impropriamente e illegittimamente dal Governo nei confronti della regione siciliana.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alfiero Grandi, ha facoltà di rispondere.

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ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Con l'interpellanza in oggetto vengono sollevati dubbi di legittimità sull'aumento automatico delle aliquote IRAP derivanti dall' articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, così come modificato dall'articolo 1, comma 277, della legge 23 dicembre del 2005, n.266, anche nella regione Sicilia. Gli interpellanti ritengono che per l'anno 2005 la regione Sicilia non presenti alcun deficit sanitario, in quanto si sarebbe già correttamente provveduto a coprire la maggiore spesa sanitaria, utilizzando le risorse ad essa rivenienti dall'attualizzazione dei contributi quindicennali riconosciuti dallo Stato alle regioni, a valere sulle spettanze relative alle imposte sulle assicurazioni RC auto. Viene, inoltre, sostenuta l'inammissibilità dell'applicazione della maggiorazione IRAP alla regione Sicilia, in quanto rappresenterebbe l'esercizio, da parte dello Stato, di un potere sostitutivo non esercitabile nei confronti di una regione a statuto speciale.
Al riguardo, facciamo presente, in via preliminare, che, nell'ambito della conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2006 n. 206, che reca disposizioni urgenti in materia IRAP e dei canoni demaniali marittimi, il Governo ha aiutato, attraverso degli emendamenti, il chiarimento della portata applicativa della disposizione, così come deriva dal predetto articolo 1, che in sostanza è una legge approvata nella precedente legislatura e dal precedente Governo.
Ciò si è reso necessario per far fronte a problematiche e anche a conseguenze abbastanza serie sui contribuenti, perché la legge prevedeva che la Ragioneria generale dello Stato verificasse lo stato dei conti al 31 maggio di quest'anno, salvo poi per i contribuenti delle regioni interessate dover pagare entro il 20 giugno, molte volte non avendo fatto in tempo a capire né se le regioni erano in grado di rientrare né se a loro di conseguenza toccava effettivamente pagare.
Questa è la ragione per cui il decreto è stato ulteriormente modificato, dando alle regioni trenta giorni di tempo e trenta giorni ulteriori, senza penalità, ai contribuenti delle regioni interessate. Faccio osservare, tra l'altro, che i contribuenti delle regioni interessate sono stati trattati dal Governo con assoluta tranquillità, perché dovevano essere messi nelle condizioni di poter pagare senza avere il carico della confusione creata dalle norme in vigore, approvate dalla precedente legislatura e volute dal precedente Governo.
Per quanto riguarda la specifica problematica che è stata posta, la regione Sicilia ha destinato al finanziamento del disavanzo sanitario per il 2005 risorse che provengono dalla predetta attualizzazione, mediante un'operazione di indebitamento con la Cassa depositi e prestiti Spa. Nell'operazione di mutuo attuata dalla regione, il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha accettato le delegazioni di pagamento (articolo 1269 del codice civile). Tale accettazione però non configura un avallo alla finalizzazione dei finanziamenti erogati dalla Cassa a spese correnti, nè tanto meno costituisce un accollo del debito a carico dello Stato (articolo 1273 del codice civile). Infatti, il ricorso all'indebitamento degli enti territoriali deve essere esclusivamente finalizzato a spese di investimento, come espressamente previsto dall'articolo 119, sesto comma, della Costituzione e dall'articolo 3, commi da 16 a 21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che l'onorevole La Loggia sicuramente conosce molto bene.
In sede di tavolo tecnico di verifica delle certificazioni trimestrali, è stata ripetutamente contestata l'idoneità di tale copertura, trattandosi, contrariamente a quanto sostenuto dagli onorevoli interpellanti, di operazioni di indebitamento. Il tavolo ha pertanto verificato la realizzazione, nel caso della regione Sicilia, dei presupposti per l'incremento automatico e nella misura massima delle aliquote dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF, come disposto dal richiamato articolo 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, che naturalmente, ancora una volta, l'onorevole La Loggia conosce benissimo.
Dette disposizioni risultano, peraltro, in armonia con l'articolo 120 della CostituzionePag. 15e in quanto volte a garantire sia l'equilibrio economico-finanziario del nostro paese nel suo complesso sia il rispetto degli obblighi derivanti dalla sua appartenenza all'Unione europea si applicano indistintamente a tutte le regioni.
Inoltre, con specifico riferimento alla materia sanitaria, la regione Sicilia, ai sensi dell'articolo 17 dello Statuto, approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 - da lei, onorevole La Loggia, ricordato poc'anzi -, è titolare della potestà legislativa concorrente e quindi non può derogare alle norme fissate dallo Stato, che concorre significativamente al finanziamento del servizio sanitario regionale della Sicilia.
Da una approfondita lettura della menzionata sentenza della Corte costituzionale n. 236 del 2004, non si evince, in alcun passo della stessa, che sia inapplicabile alle regioni a Statuto speciale il potere sostitutivo dello Stato; infatti la stessa sentenza statuisce - ne risparmio la lettura di una parte per ragioni di brevità e arrivo alla sostanza del problema, saltando la premessa che l'onorevole La Loggia sicuramente conoscerà - che: «(...) È quindi da respingere la tesi secondo la quale i princip|$$|Ax|fi dell'articolo 120 della Costituzione non sarebbero in astratto applicabili alle Regioni speciali. Al contrario deve concludersi che un potere sostitutivo potrà trovare applicazione anche nei loro confronti». E la sentenza prosegue con ulteriori argomentazioni.
Aggiungo a tal uopo, soltanto per dovizia di trattazione, che la locuzione, utilizzata nella sentenza medesima, «funzioni ulteriori attratte dal nuovo titolo V» si riferisce a quelle materie soggette all'esclusiva competenza regionale di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione e non a quelle già inserite nella Statuto siciliano, che fa rientrare la materia dell'igiene e sanità pubblica tra quelle di legislazione concorrente.

PRESIDENTE. Il deputato La Loggia ha facoltà di replicare.

ENRICO LA LOGGIA. Non sono soddisfatto, Presidente, perché la puntuale e lucida risposta del sottosegretario ribalta solo apparentemente le mie affermazioni che, peraltro, sono - lo ripeto - comprovate da una serie di documentazioni che mi sembra di poter dire siano assolutamente inoppugnabili.
In particolare, in data 23 dicembre 2005, tra la Cassa depositi e prestiti e la regione siciliana è stato sottoscritto un contratto (posizione 4484057/00) di finanziamento inerente l'attualizzazione dei flussi di cui al suddetto protocollo d'intesa; e come precisato dalla Cassa depositi e prestiti, con nota n. GRN/9/148/05 del 12 dicembre 2005, testualmente si afferma che: «Le rate di ammortamento sono previste a carico del Ministero dell'economia e delle finanze. Non sono previsti oneri di ammortamento a carico di questa regione». Mi sembra che ciò di per sé stesso dovrebbe chiarire chi sia il debitore e chi il creditore.
Sarebbe come dire che, siccome ho un credito verso qualcuno che non ha immediatamente i soldi per poter fare fronte a tale credito e che intende restituirmeli a rate, e avendo io la necessità di averli tutti e subito, mi rivolgo ad un istituto bancario e gli applico la cessione del credito. Tale cessione del credito in nessun modo, soprattutto nei rapporti tra istituzioni ed organi territoriali, può essere configurato come un debito del creditore: mi sembra una cosa talmente evidente che non credo possano esservi dubbi. Anche perché quale sarebbe il debito della regione siciliana, stante che vanti tale credito nei confronti dello Stato? Non se ne comprende realmente il motivo.
In particolare, con il citato contratto, alla regione siciliana sono stati concessi esattamente 953 milioni e passa di euro, pari al credito vantato, ai sensi dell'articolo 1 del più volte citato protocollo di intesa, dalla regione. Ma c'è di più, con l'attualizzazione di contributi quindicinali autorizzati dall'articolo 5, comma 3-bis del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, si è posta a carico non della regione ma del bilancio dello Stato la rimanente sommaPag. 16di 337 milioni di euro circa pari alla differenza tra le somme riconosciute e versate alla regione e le somme complessivamente a carico dello Stato. Fra l'altro, nessun piano di investimenti è stato richiesto dalla Cassa depositi e prestiti per la formalizzazione dell'operazione di attualizzazione dei crediti vantati dalla regione come normalmente accade quando si configuri un mutuo destinato, quello sì, ad investimenti.
Peraltro, vi sono stati rapporti tra la regione e lo Stato ed è stato già più volte dichiarato come la regione siciliana abbia pienamente assolto all'obbligo di copertura, attraverso quella somma, del maggior fabbisogno della spesa sanitaria relativo all'esercizio 2005. A tale riguardo, si è precisato che le somme riconosciute con il citato protocollo d'intesa derivano da un credito discendente dall'imposta sull'assicurazione RC auto riconosciuto con la sentenza della Corte costituzionale n. 306 del 2004 e, per la natura stessa del cespite, si riferiscono ad entrate classificabili come correnti e quindi destinabili, senza altri limiti, alla copertura del maggior fabbisogno della spesa sanitaria.
Si sottolinea, inoltre, che il meccanismo previsto dall'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, così come integrato dall'articolo 1, comma 277, della legge 23 dicembre 2005, costituisce, ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, esercizio di potere sostitutivo dello Stato inapplicabile alle regioni a statuto speciale, così come dichiarato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 236 del 2004.
In conclusione, al di là di quelle che possono essere le liti in contenzioso - che francamente non servono a risolvere i problemi, semmai a complicare la vita dei cittadini -, se c'è una ragione vera per proseguire questa lite tiriamola fuori, ma trovando spiegazioni non nelle leggi, negli ordinamenti, nei protocolli di intesa, nei rapporti tra Stato e regione, bensì da qualche altra parte. Non vorrei che questa ragione fosse meramente politica; mi auguro fortemente che non lo sia. Ma, al contrario, se tale ragione non c'è e si intende superare il problema, perché allora non si va a rivedere le carte con attenzione per verificare ciò che è verificabilissimo, e cioè che in questo caso lo Stato ha commesso un errore accomunando la regione Sicilia con le altre regioni a statuto ordinario? Lo Stato non avrebbe potuto fare ciò nei confronti della regione in questione.
Ad ogni buon conto, esiste questo deficit sanitario della regione Sicilia o no? Tale quesito è il vero cuore del problema. Se tale deficit non esiste, come conclamato sia dal ragioniere generale della regione siciliana, sia dall'Assemblea regionale siciliana (che nell'esercizio del suo autonomo potere legislativo ha approvato una legge con la quale si stanziano somme esattamente per quello scopo), sia dal commissario dello Stato, che è l'unico titolato a definire la legittimità costituzionale dell'atto legislativo con il quale è stata destinata quella somma alla copertura di quel deficit sanitario, sia, infine, a seguito dell'autorizzazione di quelle somme, allora, mi chiedo di cosa stiamo parlando. Mi domando se sia il caso di creare delle complicazioni nei rapporti tra lo Stato e la regione Sicilia che, a mio avviso, non hanno motivo di esistere.
Proprio perché vi è stato un dubbio interpretativo e opinioni diverse a confronto vediamo se riusciamo a far lavorare insieme i tecnici dello Stato e della regione al fine di trovare una soluzione che, a mio avviso, non può essere che quella del pieno rispetto della legge, della Costituzione italiana e delle prerogative della regione siciliana. I siciliani, lo dico francamente, non riuscirebbero a comprendere per quale motivo dovrebbero pagare un gettito in più quando lo statuto della loro regione li garantisce rispetto a questo eventuale rischio.
Bene farebbe il Governo a «vestirsi» di politica con la «P» maiuscola e a valutare se sia il caso di trascinare nel tempo una causa, che finirebbe certamente col perdere, nei confronti della regione siciliana o non sia meglio, con un provvedimento di autotutela o, nel caso specifico, di alta autotutela dello Stato, rivedere la suaPag. 17posizione e togliersi da questa impasse (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

(Attuazione delle norme del decreto-legge n. 138 del 2002 in materia di interventi finanziari a sostegno delle aziende agricole - n. 2-00045)

PRESIDENTE. Il deputato Marinello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00045 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, occorre subito ricordare che con la legge n. 178 del 2002 viene prevista una serie di interventi di sostegno in favore delle aziende agricole colpite da una grave siccità nel periodo 2000-2002. L'ambito della legge riguardava la questione estremamente grave delle calamità naturali, che in quel biennio avevano interessato vaste aree del territorio nazionale e, quindi, non solo la regione Sicilia ma anche altre regioni d'Italia, non soltanto del Meridione ma anche del resto della nostra penisola (ad esempio le regioni Liguria ed Umbria).
In particolare, il decreto-legge in questione, poi convertito con la legge n. 178 del 2002, prevedeva una serie di agevolazioni integrative del fondo di solidarietà nazionale che intervenivano sia sul credito agrario sia erogando una serie di contributi in favore dei consorzi di bonifica. Tra l'altro, un provvedimento estremamente importante era contenuto al comma 4-octies dell'articolo 13, che prevedeva un impegno di 18 milioni di euro per 15 anni. Questo limite di impegno riusciva a mettere in campo una serie ingente di risorse che, anche in presenza di uno specifico cofinanziamento regionale ampiamente previsto dalla norma, riusciva in un certo qual modo a creare le condizioni affinché una serie di questioni incresciose, anche dal punto di vista della sopravvivenza di decine di migliaia di aziende agricole delle regioni in questione, potesse trovare un adeguato riscontro. Che cosa è successo nel prosieguo? Il Ministero delle politiche agricole, il Ministero dell'economia ed anche le regioni interessate attivarono le opportune procedure - tra l'altro, in quel periodo ha ben operato la Conferenza Stato-regioni e, in particolare, il ministro delle politiche regionali dell'epoca -, si riuscì ad avviare l'iter previsto dalla legge, le somme vennero adeguatamente ripartite tra le regioni interessate e venne addirittura erogata in favore delle stesse la prima annualità del limite di impegno.
Successivamente, la finanziaria del 2004 (la legge n. 350 del 2003) intervenne, seppure in maniera assolutamente indiretta, sulla questione; con l'articolo 3, commi 16 e 20, si ritenne infatti di non doversi procedere all'attuazione delle norme sopra citate in favore delle aziende agricole, di fatto bloccando l'utilizzo dei limiti di impegno. Evidentemente, tutto questo ha creato una serie di difficoltà alle regioni interessate, ma soprattutto alle aziende agricole. Infatti, quei limiti di impegno, attualizzati utilizzando la Cassa depositi e prestiti, servivano a costituire un'ingente risorsa finanziaria necessaria per poter effettuare quella politica di risanamento dei consorzi di bonifica ma, soprattutto, delle aziende agricole, che avrebbero potuto ripianare la loro posizione debitoria e, quindi, creare e ricreare quelle premesse di sopravvivenza e di rilancio del loro sistema economico.
La questione ha impegnato in maniera assolutamente continua l'attività delle Commissioni, ma più in generale l'attività legislativa della XIV legislatura, fino a riuscire ad intervenire nuovamente con la legge n. 71 del 2005, di conversione del decreto-legge n. 22 del 2005. Con tale legge si rilasciò la specifica autorizzazione alla Cassa depositi e prestiti per attualizzare gli stanziamenti previsti dal decreto-legge n. 138 del 2002, prevedendo quindi la possibilità di utilizzare quei limiti di impegno quindicennali.
Pensavamo di aver risolto tale questione, sulla quale sia le Commissioni competenti di Camera e Senato, sia le due Assemblee parlamentari erano intervenute; peraltro, si trattava di provvedimentiPag. 18che avevano trovato, se la memoria non mi inganna, ampia condivisione in Parlamento in quanto, anche se erano stati proposti e fortemente supportati dalla maggioranza dell'epoca, erano stati votati in sede di conversione dei decreti-legge anche dall'opposizione.
Orbene, sembra che l'iter si sia completamente bloccato per una divergenza di vedute fra il Ministero dell'economia e delle finanze, da una parte, e le regioni e il Ministero per le politiche agricole e forestali, dall'altra. Sembra infatti che a fronte del limite di impegno quindicennale di 18 milioni di euro, stabilito dai provvedimenti normativi sopra citati, il Ministero dell'economia e delle finanze intenda invece dare il via libera per un'attualizzazione soltanto decennale dell'impegno.
È chiaro che questa posizione divergente crea non soltanto enormi difficoltà affinché l'intera vicenda si sblocchi, ma crea anche difficoltà per quelle regioni che nei loro bilanci avevano già iscritto i cofinanziamenti; in particolare per la regione Puglia, che aveva già dato il via libera affinché si ristorassero completamente le posizioni delle aziende interessate. Tuttavia crea delle difficoltà per tutte le altre regioni, in particolare per la regione Sicilia, che è fortemente interessata da quei provvedimenti normativi, sia quello del 2002 sia quello del 2005, che peraltro sembrava aver dato un esito positivo all'intera questione.
Questa posizione di divergenza fra il Ministero dell'economia e delle finanze e quello per le politiche agricole e forestali oggi rende di fatto non applicata una norma legislativa che per ben due volte è stata esaminata ed approvata dal Parlamento e che dunque fa parte a pieno titolo del nostro ordinamento giuridico. L'interpellanza in oggetto intende sottolineare l'intera questione e quindi questa divergenza esistente, tra l'altro ben illustrata in una nota, che il sottosegretario conoscerà, del Ministero per le politiche agricole e forestali del febbraio 2006, a firma del capo dipartimento interessato.
Dunque oggi chiediamo al Governo una risposta precisa, proprio per dare certezza intanto al Ministero per le politiche agricole e forestali e alle regioni interessate, ma soprattutto a quelle decine di migliaia di aziende agricole che, a distanza di quattro anni, aspettano ancora quelle risorse che servono per ristorare una situazione economico-finanziaria di grande appesantimento e per creare le premesse per un ripianamento delle posizioni debitorie pregresse. Se attuata, si tratterebbe pertanto di una normativa che consentirebbe di fatto di continuare a fare impresa in vastissime aree d'Italia, in particolare del Mezzogiorno d'Italia e della Sicilia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alfiero Grandi, ha facoltà di rispondere.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. L'interpellanza in oggetto, presentata dall'onorevole Marinello, pone questioni in ordine ai limiti di impegno autorizzati a sostegno delle aziende agricole ricadenti nei territori danneggiati dalla siccità, nonché in ordine alla legittimità dell'ammortamento a carico dello Stato dei relativi mutui assunti da parte delle regioni in data antecedente all'entrata in vigore della legge n. 71 del 2005, che ha previsto in luogo dei suddetti prestiti aperture di credito in favore delle regioni da parte della Cassa depositi e prestiti.
Con riferimento all'effettiva durata dei limiti di impegno, la Ragioneria generale dello Stato ha espresso l'avviso che la stessa dovrebbe essere decennale, in quanto riferita al comma 4-ter dell'articolo 13 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito nella legge 8 agosto 2002, n. 178, per la concessione di finanziamenti decennali a tassi agevolati alle imprese nei limiti degli stanziamenti autorizzati di 18 milioni di euro annui. Tali limiti di impegno, iscritti nel bilancio pluriennale nell'ambito del capitolo di spesa 7411 (Ministero dell'economia e delle finanze), devono riferirsi, pertanto, dall'anno 2002 all'anno 2011.
Per quanto concerne la legittimità dell'ammortamento dei mutui assunti dallePag. 19regioni prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito nella legge 29 aprile 2005, n. 71, recante interventi urgenti nel settore agroalimentare, la Ragioneria generale dello Stato, tenuto conto di quanto previsto dalla circolare n. 13 del 2004, ai fini dell'assunzione degli impegni contabili su limiti di impegno per l'ammortamento medesimo, ritiene che gli oneri relativi a prestiti già contratti dalle regioni, o per i quali sussistano atti propedeutici configuranti obbligazioni giuridicamente perfezionate, debbano essere fronteggiati a valere sui suddetti limiti di impegno, con corrispondente riduzione delle rispettive aperture di credito disponibili concesse dalla Cassa depositi e prestiti alle regioni medesime.
La restante quota delle risorse, riferita all'apertura di credito da erogare, potrà essere ripartita tra le regioni richiedenti secondo quanto previsto, al riguardo, dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, al netto delle somme già utilizzate da ciascun ente territoriale per la copertura dei prestiti già contratti.

PRESIDENTE. Il deputato Marinello ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, non mi dichiaro soddisfatto. Infatti, non mi ha assolutamente convinto la risposta fornita dal sottosegretario di Stato Grandi, anche perché egli non ha fatto altro che ribadire la posizione del Ministero dell'economia e delle finanze e della Ragioneria generale dello Stato.
Rispetto a tale punto di vista, vorrei evidenziare che esistono alcune note (di cui, peraltro, ho qui con me una copia), redatte proprio dal Ministero dell'economia e delle finanze, che, ripercorrendo fin dall'inizio l'intera questione - peraltro piuttosto datata, poiché comincia nel 2002 e nel 2006 non si è ancora conclusa -, dimostrano come, evidentemente, il punto di vista della Ragioneria generale dello Stato non sia assolutamente fondato.
Vorrei rilevare, tra l'altro, che, se dovesse essere adottata la soluzione prospettata dal Ministero dell'economia e delle finanze, i danni per le regioni (ricordo che si tratta di sette o otto regioni, diffuse su tutto il territorio nazionale) e per le decine di migliaia di aziende agricole interessate sarebbero incalcolabili. Infatti, non soltanto si verificherebbe una difficoltà economica oggettiva, ma numerose aziende non si troverebbero assolutamente nelle condizioni idonee per sopravvivere, con prevedibili conseguenze non soltanto sul piano socio-economico, ma anche sui livelli occupazionali di tali imprese.
In ogni caso, la questione potrebbe essere temporaneamente affrontata tenendo conto anche di un suggerimento contenuto in una nota firmata, il 27 giugno 2006, dal presidente della regione Sicilia (di cui ho qui con me una copia) e da questi inviata ai ministeri sia delle politiche agricole, alimentari e forestali, sia dell'economia e delle finanze. In tale nota si ripercorre l'intero iter della questione in oggetto, si citano nuovamente tutte le intese all'epoca sottoscritte presso il comitato permanente per l'agricoltura della Conferenza Stato-regioni e si ribadisce che, per quanto riguarda la nostra regione, si farà valere, in tutte le sedi opportune, ciò che riteniamo un diritto.
In ogni caso, per iniziare ad offrire una risposta alle aziende agricole interessate, questo documento propone innanzitutto al Ministero dell'economia e delle finanze di concedere alla Cassa depositi e prestiti l'autorizzazione alla stipula dei contratti di mutuo anche per dieci anni, periodo sul quale lo stesso ministero e la Ragioneria generale dello Stato sono assolutamente d'accordo. Ciò, in attesa che il prevedibile contenzioso che comunque ne seguirà stabilisca esiti e soluzioni della vicenda; infatti, se il tutto si dovesse risolvere favorevolmente per l'amministrazione regionale, in seguito si potrà procedere ad una successiva erogazione.
Quindi, in sintesi, nel ritenere assolutamente non congrua la risposta data dal sottosegretario, nel contempo sottolineiamo la necessità che si sblocchi comunque la prima parte di finanziamenti in modo da fornire una iniziale risposta,Pag. 20nell'attesa che il contenzioso, peraltro già in fieri, possa comunque arrivare ad una soluzione.

(Collegamenti marittimi con le isole minori siciliane - n. 2-00033)

PRESIDENTE. Il deputato Fallica ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00033 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).

GIUSEPPE FALLICA. Signor Presidente, sono trascorse ben due settimane dal deposito di questa interpellanza urgente che, ahimé, riguarda anch'essa la via crucis delle isole minori siciliane, sulle quali poc'anzi è intervenuto il collega Cicu ponendo la questione relativa al taglio di 400 mila metri cubi di acqua. Ebbene, l'interpellanza a firma mia e di altri numerosi deputati concerne, invece, il taglio ai trasporti marittimi; guarda caso, tali riduzioni intervengono all'apertura della stagione estiva. Il 19 giugno abbiamo appreso, infatti, dagli organi di stampa che il giorno prima il Governo aveva deciso di effettuare tali tagli; è stato peraltro risposto, attraverso le agenzie di stampa, che i tagli dipendono dalla legge finanziaria per il 2006. Chiaramente, per ogni problema posto dall'opposizione, ci si richiama sempre alla responsabilità dei Governi precedenti.
Chiedo, quindi, anche a nome dei miei colleghi, quali intenzioni abbia il Governo nell'affrontare un'emergenza che riguarda l'economia di queste isole e - lo sottolineo - di tutte le isole minori; il problema investe, infatti, anche le isole di Pantelleria e di Lampedusa.
Noi ci siamo sempre battuti; il problema della Tirrenia è ormai atavico, ma siamo sempre riusciti a concordare con il Governo precedente talune soluzioni, soprattutto nei momenti di apertura della stagione turistica. Non abbiamo dimenticato che questi cittadini di serie B, o addirittura di serie C - per usare un'espressione calcistica -, devono affrontare nove mesi della loro esistenza, durante l'autunno e l'inverno, con vari disagi che dipendono anche dalla meteorologia e che talora si traducono nell'impossibilità di toccare la terraferma; si determinano, quindi, per le popolazioni interessate, scompensi per quanto concerne la vivibilità.
Mi dispiace che oggi, Presidente, non vi sia il ministro Bianchi, competente per il settore; mi dispiace anche perché, in sede di replica, volevo aggiungere qualche altra riflessione. Attendo con impazienza la risposta del Governo su come intenda risolvere questo problema. La stagione estiva si chiude il 15 settembre, siamo già all'11 luglio e le famose quattro corse settimanali - tra Napoli, le isole Eolie e Milazzo - sono state soppresse.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Raffaele Gentile, ha facoltà di rispondere.

RAFFAELE GENTILE, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Come è noto, la riduzione relativa ai collegamenti effettuati dalla Siremar tra Napoli e le isole Eolie è stata determinata, com'è stato ricordato poc'anzi dall'interpellante, dalla diminuzione dello stanziamento del relativo capitolo del bilancio dello Stato previsto dalla vigente legge finanziaria, approvata nel dicembre 2005.
Devo ricordare che tali riduzioni sono state operate tenendo presente sia la necessità di assicurare la continuità territoriale con le isole, sia la presenza di operatori alternativi nei singoli settori. Nei casi specificati e richiamati nell'interpellanza, si segnala che il collegamento Pantelleria-Trapani è assicurato tutto l'anno con un traghetto di tipo tradizionale, che effettua un viaggio giornaliero.
La soppressione, quindi, riguarda il solo collegamento veloce estivo con Mazara del Vallo. Peraltro, risulta che la compagnia Ustica Lines abbia attivato un collegamento con aliscafo Mazara-Pantelleria-Hammamet. Il collegamento estivo Napoli-Eolie-Milazzo, sino al 2004, è stato svolto con due traghetti tradizionali per sei corse settimanali, sulle quali è prevista laPag. 21riduzione, e nel 2005 con due traghetti tradizionali ed uno veloce.
Tuttavia, nel corrente anno, com'è stato ricordato, l'attività estiva sulla linea viene svolta con un traghetto tradizionale, che effettua solo due scorse settimanali. Sulla medesima linea, le compagnie Ustica Lines e SNAV effettuano collegamenti giornalieri con aliscafo, mentre la compagnia Medmar ha appena attivato un collegamento settimanale con nave-traghetto.
L'interpellante chiede cosa intenda fare il Governo in proposito. Non ci può essere neppure l'alibi della legge finanziaria dell'anno scorso che, evidentemente, può andare contro le esigenze delle popolazioni interessate. Lasciamo questi discorsi ed altri ambiti.
Il Governo, comunque, ha il dovere di assicurare una risposta. In questo senso, il ministro mi ha autorizzato ad assicurare agli interpellanti che egli, pur nelle attuali difficoltà finanziarie, proprio in queste ore (fra un giorno o due), darà una risposta ufficiale e sta svolgendo, come richiesto dagli amministratori delle popolazioni locali, tutti gli atti amministrativi e finanziari necessari per affrontare in modo adeguato il problema e risolverlo, per tutelare in modo concreto le esigenze dei cittadini e i forti interessi turistici delle isole. Nel merito, si tratta di quattro, cinque o sei corse. In questo momento, non sono autorizzato a specificarlo.
Tuttavia, come ho ricordato poc'anzi, il ministro, nel giro di qualche ora, rispetto a queste assicurazioni che già oggi sono autorizzato a fornire, darà una risposta concreta e puntuale.

PRESIDENTE. Il deputato Fallica ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE FALLICA. Signor Presidente, io non sono soddisfatto, perché ad oggi, dopo ben tre settimane, la risposta non è ancora arrivata, così come si può evincere anche dalla dichiarazione del sottosegretario.
Io insisto perché il ministro venga a rispondere direttamente in quest'aula. Egli, in occasione di una visita alla città di Messina per parlare di problemi di trasporto e di acqua potabile per le isole Eolie, secondo un'agenzia della Apicom del 6 luglio scorso, dichiarò: «Cosa venite a chiedere ancora? Ho già fermato la sospensione del decreto!». Questa affermazione venne rivolta ai sindaci delle isole minori e, rispetto alle insistenze del sindaco di Lipari, Bruno, e degli agenti Siremar, il ministro Bianchi ha chiesto di attendere qualche minuto per controllare se aveva cancellato il decreto di sospensione. «Subito dopo» - continua nel suo racconto il sindaco, secondo l'agenzia Apicom - «il ministro è tornato dicendoci che avevamo ragione e che ci chiedeva scusa per quanto accaduto. Il ministro ci ha, quindi, assicurato che giovedì» (ovviamente, si parla della scorsa settimana) «il Consiglio dei ministri avrebbe posto nuovamente la questione cercando di trovare il rimedio a quanto accaduto».
Il sindaco di Lipari, però, non appare soddisfatto di questo risultato e spiega che quanto avvenuto è sconcertante. Dico di più: in un'agenzia Ansa delle ore 13,23, il ministro Bianchi afferma che i tagli sui collegamenti con le isole minori sono stati determinati dal fatto che il Governo Berlusconi ha distolto circa 35 milioni di euro. Ma si tratta di un altro Governo, di un'altra legislatura! Noi intendiamo sapere cosa faccia questo Governo! Infatti, la responsabilità è di questo Governo.
Il ministro Bianchi, appena insediato, dichiara: «Ho sospeso il provvedimento fatto dal Governo Berlusconi lo scorso marzo sino al 30 settembre: questa è la realtà, il resto sono stupidaggini incredibili». Signor sottosegretario, non ho nulla da recriminare nei suoi confronti, ed è per questo motivo che auspicavo intervenisse in Assemblea personalmente il ministro Bianchi, affinchè si assumesse le proprie responsabilità e mi spiegasse quali sono le «stupidaggini incredibili». Non vorrei che il ministro Bianchi si sia riferito ai colleghi interpellanti e ad altri che oggi non sono presenti in Assemblea.
Signor Presidente, insieme ai miei colleghi, siciliani e non (perché le isole Eolie sono patrimonio ambientale mondiale), ciPag. 22riserviamo di insistere sull'argomento e verificheremo se realmente, così come dichiarato dal sottosegretario, tra due ore il ministro ci darà una risposta (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

(Misure a favore delle imprese agricole della provincia di Bari colpite da eventi atmosferici nel mese di maggio 2006 - n. 2-00049)

PRESIDENTE. La deputata Carlucci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00049 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa interpellanza è stata presentata due mesi fa, perché i fatti cui mi riferisco si sono svolti l'11 maggio 2006, quando una pioggia torrenziale, cui ha fatto seguito una fortissima grandinata, ha colpito l'agro di una serie di comuni in provincia di Bari, tra i quali Sammichele di Bari, Gioia del Colle, Turi, Putignano, Casamassima, Acquaviva delle Fonti, causando gravissimi e ingentissimi danni alle colture agricole. Tra l'altro, la zona della provincia di Bari era stata già colpita da un'alluvione nell'ottobre 2005.
Il decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, recante «Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della legge 7 marzo 2003, n. 38», prevede misure finanziarie volte a sostenere le strutture agricole danneggiate da calamità naturali o eventi eccezionali, così come è accaduto nelle zone agricole dei comuni citati.
Intendo chiedere al ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali quali urgenti iniziative intenda adottare per fronteggiare gli effetti di un evento di tale gravità, che ha causato danni ingentissimi all'economia di questi comuni, prevalentemente basata sui proventi dell'agricoltura. Vorrei chiedere se non ritenga opportuno attivarsi per disporre la sospensione del pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali per le imprese agricole interessate dai suddetti fenomeni atmosferici per il periodo 2006-2007 e, infine, se non ritenga di concedere la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati, per permettere alle aziende agricole dei comuni colpiti di riprendere nel più breve tempo possibile la loro normale attività.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giovanni Mongiello, ha facoltà di rispondere.

GIOVANNI MONGIELLO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, l'interpellanza presentata dall'onorevole Carlucci ed altri fa riferimento alle piogge torrenziali, come è stato detto, che l'11 maggio scorso si sono abbattute sul territorio in provincia di Bari e hanno riguardato alcuni comuni, come ha testé riferito l'onorevole Carlucci.
Al riguardo ricordo che potranno essere attivati gli interventi del Fondo di solidarietà nazionale qualora gli organi tecnici della regione accertino danni sulla produzione lorda vendibile alle aziende agricole delle aree colpite non inferiori al 30 per cento, 20 per cento se trattasi di zone svantaggiate.
Allo stato, però, la regione Puglia territorialmente competente non ha ancora avanzato proposte di intervento in tal senso. Posso assicurare, per quanto riguarda la competenza del Ministero, che non appena perverranno le proposte regionali nei termini e secondo le modalità prescritte di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modifiche, l'amministrazione provvederà tempestivamente all'istruttoria di competenza per l'emissione del decreto di declaratoria.
Voglio ricordare anche che ai sensi dello stesso decreto legislativo, laddove a seguito di verifica da parte degli organi competenti risulti a carico delle aziende agricole un'incidenza del danno non inferiore al 30 per cento, 20 per cento nel caso trattasi di zone svantaggiate, le stesse potrannoPag. 23beneficiare delle seguenti provvidenze: contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno accertato sulla base della produzione lorda vendibile; prestiti ad ammortamento quinquennale per le esigenze di servizio dell'anno in cui si è verificato l'evento e per l'anno successivo; proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nei dodici mesi successivi alla data in cui si è verificato l'evento; agevolazioni previdenziali in scadenza nei dodici mesi successivi alla data in cui si è verificato l'evento consistenti nell'esonero parziale del pagamento dei contributi propri e per i lavoratori dipendenti; contributo in conto capitale fino al 100 per cento dei costi effettivi a titolo di indennizzo in caso di danni causati alle strutture aziendali ed alle scorte.
Infine, si evidenzia che, compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole, potranno essere adottate misure volte al ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola con onere della spesa a totale carico del Fondo di solidarietà nazionale; tra queste ricordo quelle irrigue e di bonifica.

PRESIDENTE. La deputata Carlucci ha facoltà di replicare.

GABRIELLA CARLUCCI. Naturalmente, sarei soddisfatta se tutto quello che ha enunciato alla fine della sua risposta il sottosegretario fosse attuabile nell'immediato. Allo stato, però, l'assessorato regionale e l'assessorato provinciale, tempestivamente contattati dai comuni che avevano questa grave difficoltà, non hanno dato segnali di vita.
Ribadisco che l'economia di tali comuni si basa sostanzialmente sui proventi dell'agricoltura, che in molti casi sono irrimediabilmente perduti: quindi, parliamo di una situazione veramente di grave emergenza. I nostri agricoltori in Puglia non hanno bisogno né di contentini, né di elemosina; hanno bisogno di misure concrete e ne hanno bisogno oggi. Vi sono molti casi in Puglia in cui i finanziamenti che derivano dai provvedimenti che lei ha citato sono stati erogati dopo quattro anni, quindi quando ormai non servivano più: i buoi erano scappati dalla stalla.
Dunque, chiedo, grazie all'intervento del sottosegretario che è stato così gentile da rispondere stamattina, di intervenire presso la regione Puglia e la provincia di Bari, che fino ad oggi sono state latitanti.

(Problemi occupazionali presso lo stabilimento Lastra di Sulmona - n. 2-00041)

PRESIDENTE. La deputata Pelino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00041 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).

PAOLA PELINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, leggo il testo dell'interpellanza firmata da me e dagli altri numerosi colleghi in elenco sulla grave problematica occupazionale relativa alla paventata chiusura dello stabilimento di Sulmona dell'azienda Lastra. L'annuncio di chiudere lo stabilimento di Sulmona, fatto dai vertici della società Lastra, del gruppo belga Agfa, e riportato ampiamente dalla stampa e dalle agenzie di informazione, rende ancora più acuta la crisi industriale che ha colpito la valle Peligna, considerata da molti una delle aree più fragili del sistema economico abruzzese.
Premesso che a Sulmona l'azienda, che produce lastre per sistemi tipografici e materiale fotografico, occupa 120 dipendenti che da luglio dovranno cessare la produzione, premesso che gli operai dell'azienda da giorni presidiano ad oltranza lo stabilimento, nella speranza che la loro problematica lavorativa venga tenuta nella giusta considerazione anche dall'opinione pubblica, premesso che le organizzazioni sindacali, con il coinvolgimento anche della provincia e della regione, hanno dato vita ad una grande mobilitazione per respingere i licenziamenti annunziati, si chiede di sapere se il Governo intenda intervenire per aprire un tavolo di trattative con i vertici dell'Agfa, le rappresentanze sindacali e una rappresentanza degli operai della Lastra, al fine di salvaguardare l'occupazione dei lavoratori e garantirePag. 24loro la giusta e legittima cassa integrazione a partire dal mese di luglio 2006, mese in cui nello stabilimento di Sulmona dovrebbe cessare la produzione. Sinteticamente ho qui letto l'essenza di questa interpellanza, ma, poiché mi è consentito dalla disponibilità di tempo concessami, desidero ampliare l'enunciato al fine di rendere a tutti maggiormente chiara la problematica in corso.
Infatti, nei giorni intercorsi dalla presentazione di questa interpellanza ad oggi, si stanno susseguendo sull'argomento non solo episodi di contestazione, ma anche incontri tra le organizzazioni sindacali, i lavoratori, le amministrazioni locali e le dirigenze ministeriali per tentare di scongiurare che si attui la chiusura dello stabilimento Lastra di Sulmona, ma pure, attraverso la buona riuscita delle trattative, per tentare di evitare che si verifichi un ulteriore indebolimento del sistema produttivo abruzzese.
Intanto, voglio sinteticamente offrire un profilo dell' Agfa per meglio inquadrare l'intera questione in corso. L'azienda è una delle società leader a livello mondiale nel campo dell'imaging; Agfa produce, sviluppa e commercializza sistemi analogici e digitali per l'industria grafica, per il settore medico e per le applicazioni industriali specifiche.
La sede centrale è in Belgio, ma è una società pienamente attiva in 40 nazioni e ha agenti mandatari in cento paesi in tutto il mondo. Il giro di affari complessivamente registrato dal gruppo nel 2005 è stato di ben 3.308 milioni di euro.
Lo stabilimento Lastra di Sulmona produce esclusivamente lastre analogiche per stampe in offset e, secondo i dati dell'Agfa, il risultato del calo della domanda di tale lastre, insieme al rapido passaggio ai sistemi a lastre digitali, ha portato all'intenzione o purtroppo alla decisione, che vogliamo scongiurare, di voler chiudere lo stabilimento sulmonese.
Negli ultimi anni Agfa ha trasformato il proprio business da analogico a digitale, effettuando investimenti e acquisizioni in nuove aree di crescita, come ad esempio la stampa industriale. Nel 2004 l'Agfa decise di utilizzare lo stabilimento abruzzese con un obiettivo espresso ben chiaro, quello di operare attraverso il brevetto della digitalizzazione, cioè con macchinari di ultima generazione, che avrebbero consentito un buon rapporto tra investimenti e profitti. Poi il settore Agfa material set previsto concentrerà l'impegno sulla produzione a basso costo di pellicole per mercati industriali, anche al di fuori del campo della stampa e delle strutture ospedaliere. Ciò comporterà, secondo voci correnti, un previsto giro di affari di 700 milioni di euro annui. Comunque, ad oggi, questo ancora non è stato fatto e molto probabilmente, a mio avviso, la multinazionale, se venisse adeguatamente esortata dal nostro Governo, potrebbe addirittura scegliere tra due opzioni: affrontare per Sulmona tale modernizzazione degli impianti; di conseguenza, a fronte di un investimento ben calcolato, daremmo la certezza a più di cento famiglie di vedere assicurato il lavoro ai loro cari e con esso di allontanare lo spauracchio della disoccupazione locale; oppure scegliere di vendere lo stabilimento, al completo degli impianti esistenti, dando così modo a tutti i dipendenti di non perdere il loro lavoro fin da subito.
Il Governo avrebbe in questo modo due grandi opportunità, senza dover spendere denaro pubblico: in primo luogo agire concretamente al fine di evitare la disoccupazione per tanti lavoratori; in secondo luogo avere l'occasione di essere propositivo per una ulteriore espansione occupazionale sul territorio di Abruzzo.
In attesa, dunque, di un impegno risolutivo, i lavoratori hanno scelto di non rassegnarsi e, quindi, la loro mobilitazione è sfociata nel presidio della fabbrica, in attesa che il Governo assuma l'iniziativa di avocare a sé la responsabilità delle trattative con l'azienda Lastra-Agfa, inducendola a farsi carico delle proprie responsabilità nei confronti non solo dei propri dipendenti ma anche delle amministrazioni locali.
A tale proposito sottolineo, non senza un velo di amarezza, che le aziende che operano sul territorio abruzzese - come del resto accade anche in altre regioni -Pag. 25non possono ritenere di assumere a cuor leggero decisioni così gravi, tralasciando volutamente di consultare quelle istituzioni che, negli anni passati, hanno in concreto abbondantemente finanziato i loro progetti. Desidero ricordare che la Lastra - fiorente azienda sorta a Sulmona nel lontano 1989 -, prima di passare alla società Agfa, godeva di bilanci in attivo e poteva vantarsi di disporre non solo di 125 dipendenti a lavoro fisso, ma anche di 12 lavoratori interinali. Ciò in quanto la politica aziendale era mirata all'ottimizzazione della produzione, attraverso la modernizzazione degli impianti. Circa due anni or sono, la Lastra acquistò dalla Mitsubishi il brevetto per il digitale; poi, ricevette la vantaggiosa offerta di acquisizione da parte della multinazionale Agfa e, di conseguenza, sembrò utile il passaggio.
Purtroppo così non è stato e i risultati si sono visti quasi subito, quando cioè non è stato più possibile assumere lavoratori interinali e quando i bilanci, anziché attestarsi su un trend di assoluto guadagno, sono calati nei profitti. Quindi, astutamente, la multinazionale ha inteso giocare un brutto tiro alla Lastra e, attraverso quest'ultima, all'economia dell'Abruzzo ed a quella nazionale.
Non dimentichiamo che, già in passato, la situazione occupazionale della Valle Peligna ha dovuto sopportare pesanti ripercussioni economiche, in conseguenza della chiusura di altre aziende. Ora, senza suo demerito, ma a causa di una furba politica delle acquisizioni industriali, vede profilarsi nuovamente lo spettro della disoccupazione per altri lavoratori. Pertanto, si produrranno a cascata effetti economici conseguenziali per altri comparti sociali.
Desidero ricordare nuovamente che il numero dei dipendenti della Lastra di Sulmona è di 120 venti unità che, senza alcun preavviso, lo scorso 8 giugno hanno appreso della fine della produzione decisa dai vertici aziendali per il 1o luglio 2006. Tale decisione aziendale non intacca gli altri due stabilimenti dell'Agfa ubicati nell'Italia settentrionale, ma soltanto lo stabilimento di Sulmona; pertanto, è naturale cercare di sapere qualcosa di più in ordine a tale decisione.
Nei due precedenti incontri svoltisi presso il Ministero dello sviluppo economico con i rappresentanti sindacali, regionali, del comune di Sulmona e della provincia dell'Aquila, ero presente anch'io in veste di parlamentare del territorio e membro della Commissione lavoro e ho dovuto purtroppo constatare che non vi è stata alcuna possibilità di trattativa, nonostante le premesse, poiché la comunicazione che i vertici aziendali ci hanno annunciato - attraverso un loro rappresentante legale presente in quella sede - è stata testualmente la seguente: «Vi comunichiamo che, a far data da lunedì 10 luglio 2006, ogni attività produttiva viene temporaneamente sospesa. Conseguentemente, fino a nuova disposizione, vi esoneriamo dal prestare la vostra attività lavorativa, fermo il decorso della normale retribuzione.».
Questa raggelante comunicazione, ovviamente, ha determinato nuovo sconforto, per cui non solo tutta la città di Sulmona, ma l'intero comprensorio della Valle Peligna è ben indeciso a reclamare un concreto impegno da parte del Governo, da attuarsi chiedendo all'Agfa due cose: innanzitutto, che non smobiliti le attrezzature, privando lo stabilimento anche delle materie prime; in secondo luogo, che ci si adoperi con fermezza per ottenere l'interruzione dei previsti licenziamenti, magari attuando le soluzioni cui ho fatto cenno in precedenza.
Naturalmente, anche l'amministrazione della regione Abruzzo è stata coinvolta in tale gravissima problematica di chiusura aziendale e, per quanto di propria competenza, sta tentando di adoperarsi a favore dei lavoratori, anche se sappiamo bene che i tempi si allungano e che i lavoratori possono finire in mobilità.
Dunque, in questa sede, sono portavoce non solo delle ansiose preoccupazioni dei lavoratori della Lastra di Sulmona, ma anche delle istanze che - in qualità diPag. 26membro della Commissione lavoro e del gruppo di Forza Italia - intendo formulare.
L'attuale Governo, che tanto ha denigrato la politica portata avanti dal Governo Berlusconi - che, invece, ha procurato migliaia di posti di lavoro in più in tutte le regioni italiane -, come intende ora in concreto adoperarsi per evitare che 120 lavoratori, dall'oggi al domani, si trovino a dover fronteggiare un'assolutamente iniqua ed imprevedibile disoccupazione?
In periodo preelettorale la parte politica attualmente al Governo ha lasciato chiaramente intendere a tutti gli italiani che avrebbero operato meglio del precedente Governo Berlusconi: dunque, ora attendiamo di vedere in cosa si estrinsecherà questo suo «far meglio»!
Non vorremmo rischiare non solo che non aumenti il numero dei posti di lavoro ma, addirittura, che non siano tutelati o che vengano ridotti quelli esistenti.
Cosa rispondiamo in coscienza a quelle 120 famiglie di Sulmona che sono in bilico fra il vivere un dignitoso menage e la minaccia di un'incipiente povertà (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)?

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Alfonso Gianni, ha facoltà di rispondere.

ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, l'ampia, documentata esposizione dell'onorevole Pelino mi permette di riassumere al minimo alcune informazioni, che del resto l'interpellato ha già anticipato, nonché di esprimere la mia opinione su alcune sue considerazioni finali (anche per rendere questo istituto del sindacato ispettivo il meno burocratico possibile e il più diretto dal punto di vista del confronto politico). Naturalmente, alcuni elementi li devo ricordare; anzitutto che la società Lastra fa capo al gruppo belga - notissimo - Agfa Gevaert, attraverso l'Agfa graphics.
La situazione dello stabilimento di Sulmona, oggetto dell'interpellanza in essere, che produce esclusivamente lastre analogiche positive per stampa offset è oggetto di monitoraggio da parte del Ministero dello sviluppo economico dopo l'annuncio della società di volere procedere alla prossima cessazione delle produzioni e alla messa in mobilità del personale, che ammonta a 123 unità. L'azienda è quindi stata convocata presso il nostro Ministero per approfondire le argomentazioni che sono alla base di quella decisione unilaterale.
L'incontro, che è intervenuto il 26 giugno ultimo scorso, è stato esteso anche ai rappresentanti della regione Abruzzo ed alle organizzazioni sindacali. Nel corso dell'incontro, l'azienda ha ribadito le motivazioni del gruppo Agfa che sono alla base della decisione di chiusura e che sono riferibili, a loro dire, essenzialmente, sia al calo della domanda, sia al passaggio a sistemi a nastri digitali.
In particolare, l'azienda ha fatto presente che, a fronte dell'esigenza di dovere procedere alla riconversione dell'impianto - dalle produzioni analogiche a quelle digitali - il gruppo ha ritenuto, per ragioni di economia di costi, di dovere privilegiare gli altri suoi siti nazionali che si trovano a Manerbio (in quel della provincia di Brescia) e a Vallese (in provincia di Verona).
Stante tale dichiarazione, il Ministero dello sviluppo economico si è impegnato, insieme alla regione Abruzzo, a verificare la possibilità di agevolare la riconversione produttiva del sito di Sulmona, pur nel pieno rispetto delle normative comunitarie che limitano le agevolazioni alle imprese.
Sulla base di tale impegno, l'azienda ha rinviato la decisione di procedere alla chiusura dello stabilimento, già fissato dal gruppo Agfa per il 30 giugno ultimo scorso, e, al fine di consentire all'Agfa di valutare i termini dei proposti interventi pubblici, l'incontro è stato aggiornato al successivo 6 luglio.
In tale secondo incontro, già avvenuto, la società, come ricordava poc'anzi anche l'onorevole interpellante, ha pregiudizialmente ritenuto di dover confermare l'intendimento di procedere comunque alla prossima chiusura dell'impianto, senza volerePag. 27entrare nel merito delle azioni di supporto. Ciò stante, il Ministero per lo sviluppo economico e la regione Abruzzo, nello stigmatizzare esplicitamente la decisione, assunta dal gruppo multinazionale senza evidenti intenti collaborativi nei confronti degli organi di governo nazionali e regionali, si sono impegnati ad avviare ogni opportuna azione che possa consentire il recupero produttivo ed occupazionale del sito di Sulmona. Una prima riunione di verifica con le organizzazioni sindacali circa le azioni intraprese è stata programmata, pertanto, per il prossimo mese di settembre.
L'onorevole interpellante ha aggiunto, nella sua illustrazione, ulteriori dichiarazioni e considerazioni, di cui personalmente la ringrazio: da un lato, esse arricchiscono la nostra conoscenza, e quella di tutti gli onorevoli colleghi, della situazione in quel territorio; dall'altro, confermano quanto io stesso ho affermato relativamente all'andamento degli incontri sin qui svoltisi, al livello ed alle caratteristiche delle responsabilità che sono state assunte.
Mi sia permesso, quindi, di dire all'onorevole interpellante le seguenti cose. La prima è che tutti i consigli sono ben graditi. Il Ministero, che rappresento più o meno degnamente, non manca di fantasia: manchiamo di fondi - anche perché chi ci ha preceduto non ne ha lasciati -, ma certamente siamo disponibili a far funzionare le nostre facoltà mentali allo scopo di trovare nuove soluzioni a questo e, purtroppo, ad altri problemi.
Desidero ricordare, inoltre, che il Ministero per lo sviluppo economico è sede permanente di trattative (anche in questo momento), relative a situazioni peggiori e più disperate di quella sollevata dall'onorevole interpellante. Se fosse vero che il Governo che ci ha preceduto ha ben operato, probabilmente, avremo più tempo libero, ora, per dedicarci al futuro anziché ad un tragico presente.
Un'ultima considerazione (che diventerà più chiara nel tempo): se non dovesse agire, come invece è costretto a fare, nel quadro delle legislazioni vigenti in termini di politiche industriali, il Governo potrebbe avere, probabilmente, più frecce al suo arco per risolvere il caso del sito di Sulmona come quelli di altri siti.
Perciò, ci auguriamo che, quando questo Ministero presenterà - come farà nelle prossime settimane - un ampio ed articolato disegno di legge volto a monitorare e prevenire le crisi industriali, esso possa trovare il favore del Parlamento. Ciò ci permetterebbe di intervenire con maggiore pregnanza e cogenza nel campo delle crisi industriali, anche quando queste sono ingenerate da decisioni unilaterali di multinazionali.

PRESIDENTE. La deputata Pelino ha facoltà di replicare.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, la risposta fornitami in relazione alla gravissima problematica che ho evidenziato e sottolineato con la mia interpellanza non mi trova pienamente soddisfatta in ordine alla soluzione prospettata.
I lavoratori, in procinto di restare disoccupati senza loro demerito, hanno bisogno, unitamente alle loro angosciate famiglie, di una realistica quanto rapida soluzione operativa, ed hanno diritto di conoscere sino a che punto questo Governo intenda spendersi per loro.
Non credo che si possa tergiversare quando sono in causa interessi sociali tanto importanti per il vivere quotidiano di persone così numerose. Nemmeno credo che si possano offrire risposte poco chiare quando la posta in gioco è così alta. Non basta assicurare di intervenire, ma bisogna dare indicazioni precise sul come e sul quando.
Credo che i lavoratori abbiano diritto di sapere da questo Governo (che in periodo elettorale, attraverso il suo premier Prodi, si è vantato di saper offrire addirittura felicità a tutti quanti lo avrebbero appoggiato) non solo che si sta facendo qualcosa in merito e che si provvederà a fare qualcos'altro, ma che in concreto, in Parlamento, il Governo si impegna a farsi carico e a risolvere le problematiche esposte, che non sono certamente marginali, ma assolutamente sostanziali, se non perPag. 28vivere felici, almeno per continuare onestamente un vivere sereno.
Illustrando l'interpellanza credo non solo di avere sottolineato la situazione gravissima, ma di avere anche prospettato le possibilità reali di soluzione. Il Governo dovrebbe svolgere in concreto il ruolo che gli compete, cioè quello di tutelare almeno il lavoro di quanti rischiano, senza loro demerito, di doverlo perdere.
Come membro quindi, della Commissione lavoro della Camera, come parlamentare di un partito come Forza Italia, che stando al Governo ha saputo in ogni modo tutelare e sviluppare l'occupazione e il lavoro nel nostro paese, ed infine come imprenditrice e come cittadina di Sulmona, non posso che essere delusa dalla risposta fornita in quest'aula ad una così grave ed oggettiva problematica nazionale.

(Problemi occupazionali presso il gruppo industriale CF Gomma - n. 2-00050)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Salvo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00050 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).

TITTI DI SALVO. Signor Presidente, i termini della situazione sono stati esposti con maggior dettaglio nell'interpellanza urgente. Ricapitolo quindi i principali argomenti, confidando sulla risposta del Governo, affinché possa aiutare a dissipare i dubbi che esistono sull'evoluzione e la prospettiva di un gruppo in evidente difficoltà. Stiamo parlando di un gruppo, la CF Gomma, che ha in Italia quattro stabilimenti, altri tre all'estero (in Germania, Polonia e Francia). In Italia sono occupate, in 4 stabilimenti, complessivamente circa mille persone. Uno di questi stabilimenti è a Settimo torinese, vicino a Torino, in una zona, come è noto, già interessata da molti problemi, un altro a Sulmona, un terzo a Cinisello Balsamo, un quarto a Brescia.
La CF Gomma si è trovata nel tempo ad accumulare difficoltà, sicuramente legate anche all'andamento dei suoi clienti principali (uno di questi è la FIAT). Essa, soprattutto, si è trovata in una situazione finanziaria di grandissime ed evidente difficoltà nel 2005.
Sulla base della difficoltà, è stato definito un piano industriale e alcune scelte, che hanno portato all'ingresso in campo del gruppo Pugliese, e a un piano straordinario delle banche.
Il gruppo Pugliese avrebbe fornito garanzie, insieme al piano delle banche, per la continuità produttiva e la salvaguardia dei livelli occupazionali.
Ora, la possibilità materiale e concreta che tutto ciò avvenga è legata alla approvazione del piano di continuità che il tribunale di Nantes avrebbe dovuto già aver definito, ma che ha poi posposto nel tempo: la data nella quale è fissata adesso la decisone del Tribunale di Nantes è per domani, 12 luglio.
Ora, le notizie che arrivano dalla Francia, attraverso i rapporti tra sindacati francesi e sindacati italiani (e anche i rapporti, in questo periodo intercorsi, tra il sindacato chimico e l'impresa), lasciano molto dubbiosi, perplessi e preoccupati, esattamente riguardo i due temi principali, e cioè: la continuità produttiva (l'integrità del gruppo quindi), e la salvaguardia dei livelli occupazionali. Dicevo che vi sono un migliaia di lavoratori in Italia, e ancora di più negli stabilimenti tedeschi, polacchi e francesi.
Per quanto riguarda l'interpellanza urgente, è evidente in questo caso l'urgenza legata ai tempi: il 12 luglio è domani; è evidente l'urgenza legata alla preoccupazione.
Io e gli altri parlamentari dell'Unione firmatari della presente interpellanza chiediamo certezza dell'impegno del Governo e anche chiarezza sulle scelte concrete, per garantire i due elementi che ho prima sottolineato, e che riconfermo: salvaguardia dei livelli occupazionali e continuità produttiva. Infatti i territori - tutti - di Settimo Torinese, Cinisello Balsamo, Brescia e Sulmona sono interessati per la verità anche da altri problemi relativi al tessuto produttivo in crisi.

Pag. 29

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Alfonso Gianni, ha facoltà di rispondere.

ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, come si voleva dimostrare, siamo di fronte ad un'altra grave crisi industriale, che coinvolge un numero consistente di occupati e di siti produttivi, con conseguenze rilevanti nei nostri rapporti internazionali. Si tratta quindi di una vicenda estremamente complessa, la cui gravità il nostro ministero non intende nascondere, rispetto alla quale evidentemente gli interpellanti chiedono non soluzioni tese a mettere in atto degli ammortizzatori sociali, di competenza del Ministero del lavoro, ma una soluzione di politica industriale, che ovviamente si pone su un terreno più complicato e che richiede alcuni passaggi.
In buona sostanza, il gruppo CF Gomma, il cui controllo è passato nelle mani del gruppo campano Pugliese, come ricordava l'onorevole Di Salvo, è uno dei leader europei nella fornitura autoveicolistica di sistemi di sospensione, di sistemi di trasferimento fluidi, di articoli tecnici di gomma, guarnizioni e prodotti per l'industria (mescole-giunti di espansione).
Negli ultimi anni, il gruppo ha conosciuto una crescita esponenziale e si è fortemente internazionalizzato. Infatti, è presente in Italia con quattro stabilimenti: a Settimo Torinese, a Cinisello Balsamo (in provincia di Milano), a Sulmona (in provincia dell'Aquila) e a San Nicola di Melfi. È inoltre presente in Francia, Germania, Polonia, Turchia, Stati Uniti, Argentina e Brasile. La forza lavoro complessiva è di circa 5300 occupati.
La CF Gomma ha acquistato l'impresa Barre Thomas, fornitore della Peugeot Citroen, situata a Rennes, nella Bretagna orientale. La Barre Thomas è divenuta pertanto una controllata del CF Gomma ed è attualmente in amministrazione controllata.
Il tribunale di Nantes, come peraltro è noto agli interpellanti, circostanza testè ribadita dall'onorevole Di Salvo, sta valutando il piano industriale della società e, presumibilmente, nell'udienza del prossimo 12 luglio, deciderà se accettare il piano di risanamento presentato dal gruppo Pugliese o scorporare dalla CF Gomma la Barre Thomas. Condivido dubbi e perplessità, ma credo che non possiamo fare altro, in queste ore, che attendere la decisione del tribunale di Nantes.
In ogni caso, il nostro ministero, al fine di garantire gli attuali assetti produttivi e occupazionali del gruppo CF Gomma in Italia, sta monitorando la situazione con la dovuta attenzione ed è in contatto continuo con le parti coinvolte, con le quali saremo in grado di fissare un incontro immediatamente dopo la decisione del tribunale francese, e quindi di avviare l'ennesimo - purtroppo - tavolo di confronto, che speriamo possa portare ad una soluzione soddisfacente per i siti produttivi e per la continuità occupazionale in questo importante settore.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Salvo ha facoltà di replicare.

TITTI DI SALVO. Signor Presidente, sono soddisfatta dell'intenzione manifestata dal Governo di affrontare una situazione che ha le caratteristiche di difficoltà che sono state evidenziate. Sono soprattutto soddisfatta della decisione di fissare immediatamente dopo il 12 luglio l'incontro con le parti sociali. Naturalmente, la soddisfazione vera e piena si avrà di fronte alla soluzione del problema, ma l'intenzione era quella che avremmo voluto ascoltare.

(Disposizioni relative alla regolamentazione del servizio taxi contenute nel recente provvedimento del Governo - n. 2-00052)

PRESIDENTE. L'onorevole Buontempo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00052 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).

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TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, vorrei rilevare come il decreto-legge che ha l'obiettivo della liberalizzazione delle licenze dei taxi sia assolutamente anticostituzionale, e ciò perché tale materia non è riscontrabile né tra le norme previste dall'articolo 117 né tra le materie di competenze dello Stato. Si tratta, quindi, di una materia - a nostro avviso - di competenza esclusiva delle regioni, con una regolamentazione propria e diretta da parte dei comuni. Del resto, lo stesso decreto Bersani rinvia ai comuni l'applicazione caso per caso, città per città.
A copertura di un metodo inaccettabile, che ha visto il Governo intervenire sulle regole di lavoro e sulla vita stessa di migliaia di cittadini, senza alcuna preventiva consultazione o concertazione e senza che il Parlamento venisse informato attraverso un dibattito ed un coinvolgimento delle Commissioni, si parla di interventi in difesa dei cittadini.
In realtà, evocando la figura del consumatore, si è voluta coprire la grave responsabilità di un provvedimento che non riveste assolutamente il carattere dell'urgenza, presupposto per l'adozione di un decreto-legge, e che quindi non rientra tra le prerogative del Governo. Il decreto-legge ignora, dunque, l'articolo 117 della Costituzione e cancella la concertazione, spesso richiesta anche da esponenti dell'attuale maggioranza.
Credo che, se il Governo avesse sollecitato sindaci e regioni ad incontrare i tassisti al fine di assicurare ai cittadini un miglior servizio, le soluzioni sarebbero state trovate, anche nel rispetto delle esigenze locali dell'utenza, che ovviamente variano da città a città e da regione a regione.
Ritengo che quella dell'aumento dei turni, dell'estensione delle attività con la possibilità di autorizzare un sostituto alla guida, sarebbe stata sicuramente una proposta accettata dalla categoria. Oggi il Governo deve ricercare un compromesso, un punto di incontro, ma deve anche contribuire a porre fine alla campagna denigratoria contro i tassisti, definiti una categoria «privilegiata», quando si tratta in realtà di persone che lavorano dieci o dodici ore al giorno, che non avranno una pensione e che non godono di ferie retribuite. Dire che si tratti di categoria privilegiata mi sembra una forzatura che nasconde un altro tipo di obiettivo!
Credo che si debba aiutare l'utente e cittadino velocizzando il traffico della città, creando un maggior numero di corsie preferenziali, parcheggi maggiormente diffusi nella città, realizzando condizioni igienico-sanitarie per gli stessi operatori. Non si può essere contrari al decreto-legge se non rilevando che in esso si maschera un altro obiettivo vero e concreto, quello di trasformare dei lavoratori autonomi in lavoratori dipendenti. Lavoratori dipendenti, magari precari e sottopagati, associati in cooperative, costituite come le cosiddette multiservizi dai comuni, che rispondano alle forze politiche. Così facendo, si finirà per eliminare una categoria che non costa una lira allo Stato, che se la cava da sola, che paga le rate delle proprie autovetture e che si organizza in modo che il lavoro svolto consenta il conseguimento di un utile.
Sottosegretario Alfonso Gianni, sono curioso di conoscere quale sarà la sua risposta alla mia interpellanza urgente, tenuto conto che ella proviene da una tradizione, anche personale, di spiccata sensibilità verso il mondo del lavoro. Mi parrebbe, quindi, alquanto inquietante che lei sposasse questa deregulation, questa liberalizzazione, questo modo di penalizzare una categoria solo perché essa è ancora autonoma.
Sugli organi di stampa sono apparsi degli articoli che ritengo incredibili. Tra questi, uno apparso sul quotidiano la Repubblica che recita, leggo testualmente: «La marcia su Roma dei tassisti è un capitolo illuminante della biografia della nazione, e lo è dal punto di vista etico-politico. Ormai da tre giorni i tassisti italiani sono diventati come i camioneros cileni: scioperi spontanei e blocchi stradali, aggressioni inopinate, slogan violenti e striscioni inqualificabili davanti a Palazzo Chigi. Saremo il vostro Iraq, recita uno striscione, minacciano i duri di tassametroPag. 31selvaggio. Poco senso di responsabilità verso gli italiani che in città ci stanno perdendo tempo e denaro. Nessun senso di solidarietà». Questo articolo, a firma Giannini, evidenza più degli altri la volontà, la decisione di spaccare il paese, di dividerlo, di criminalizzare una categoria, di additare i tassisti come se fossero i delinquenti delle città. Come riportano le cronache degli organi di stampa, le vittime della delinquenza sono spesso i tassisti, lasciati soli in balia di delinquenti, di spacciatori e di drogati. Quando, invece, un utente sale su un taxi italiano, si sente sicuro, sia che si tratti di un uomo sia che si tratti di una donna.
Tale categoria, quella dei tassisti, ha avuto la forza anche di fare pulizia al proprio interno e, quindi, non si hanno notizie di tassisti spacciatori, drogati e ubriachi. Avviene, invece, il contrario, cioè che violentatori e delinquenti salgano sui taxi. Per tale motivo, noi dobbiamo studiare un sistema moderno e adeguato di difesa e di protezione per questo difficile lavoro.
Quando si parla poi di tariffe applicate dai tassisti italiani e si fa riferimento ad altri paesi europei, si dicono, a mio avviso, bugie, perché mi si dica qual è il paese in Europa dove una corsa di taxi costa meno che in Italia. Ciò che costa sono, come avviene nel comune di Roma, le inadempienze dei sindaci. Più precisamente, se per effettuare una corsa di taxi da piazza del Parlamento a Porta Pia, che distano all'incirca 4-5 chilometri, occorre più di mezz'ora di tempo, allora è inevitabile che il cliente paghi più del dovuto. E ciò non perché vi è un guadagno ingiustificato da parte del tassista; il cliente paga proprio perché quella percorrenza è impedita in quanto il tassista affoga all'interno di un traffico proibitivo.
Dal sottosegretario Alfonso Gianni, che ha partecipato a tante manifestazioni di lavoratori, vorrei sapere perché a Roma, che è soffocata ogni giorno da manifestazioni sindacali e politiche (a pagare per esse sono anche i tassisti che rimangono bloccati in mezzo al traffico), tutti alzano la voce quando a manifestare e a scendere in piazza sono i tassisti. Anche al centro di Roma occorrerebbe una regolamentazione, ma finora queste manifestazioni e questi cortei i tassisti li hanno subiti. Non capisco perché, quando sono i metalmeccanici ad occupare la città, le stazioni ferroviarie e a rendere impossibile la vita in città, l'Italia di sinistra applaude e sta zitta, mentre se si tratta dei lavoratori autonomi, questi vengono quasi additati come dei delinquenti.
Allora, ci sono delle soluzioni possibili. Credo che il Governo sbagli a fare un braccio di ferro e che la tesi di Bersani «prima si colpisce e poi si tratta», onorevole sottosegretario, non dovrebbe accettarla nessuno: è una questione di cultura e di sensibilità sociale. Si tratta, e i sindaci avrebbero potuto farlo, come è accaduto a Milano, dove le licenze sono state aumentate. Ovviamente, c'è stato un confronto civile tra il sindaco e i tassisti, ma, senza questo decreto punitivo che mira all'eliminazione di tale categoria, i taxi sono stati aumentati.
Nel caso di cui parliamo credo che una possibile trattativa possa riguardare l'ipotesi di eliminare la licenza multipla, che significa il padrone di turno ed il dipendente che deve guidare il taxi. Sono convinto che, aumentando le ore di possibile permanenza su strada degli attuali taxi e consentendo a coloro che hanno la licenza di far guidare la macchina ad un proprio congiunto o, se si vuole, ad un proprio dipendente, possa aumentare del 50 per cento il numero delle autovetture su strada.
Quindi, con molto senso di equilibrio e di responsabilità, i problemi legati all'utenza si possono affrontare, tranne quello del minor costo, perché si tratta di una vera e propria bugia. Se si vuole un minore costo del taxi, si defiscalizzi ulteriormente il carburante, si diano incentivi concreti per l'acquisto delle autovetture, si dia la possibilità di una copertura assicurativa, visto che si svolge una funzione pubblica. A mio avviso, questo è un modo serio, responsabile, razionale di affrontare il problema; altrimenti, non ci si lamenti che la protesta continua, perché la protestaPag. 32è la forza della democrazia. Io ho difeso le proteste anche quando al Governo c'era il centrodestra; che non si può dire, va bene quando si è fuori dal Governo e che non va bene quando si è al Governo, perché con l'indirizzo che ha preso questo esecutivo credo che nel nostro paese di proteste ce ne saranno tante e sacrosante. Ognuno assolverà alla propria funzione, ma con esponenti del Governo che liberamente dicono «prima si colpisce e poi si tratta», avremmo dovuto vedere CGIL, CISL e UIL - a prescindere dalla categoria che era scesa in piazza - mobilitate per contrastare questo principio di natura culturale assolutamente inaccettabile.
Quindi, potenziare i servizi, sì, ma non, come ha detto il leader della Margherita, con centrali di mobilità e, addirittura, con licenze provvisorie per far fronte ad un evento straordinario. Le licenze provvisorie possono essere a tre, a sei, a otto mesi e, quindi, questo diventa un modo per aumentare il precariato anche in tale settore, nonostante gli impegni del Governo, che dice di volerlo diminuire.
La liberalizzazione dei taxi, così come concepita da questo decreto, metterà su strada, più che nuovi taxi, nuovi tassisti, nuove figure: tassisti dipendenti, con contratti precari; la sostituzione dell'impresa individuale con cooperative politicamente gradite. Anche...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, l'avverto che ha esaurito i 15 minuti per l'illustrazione. Ne ha poi altri dieci, come lei sa, per la replica.

TEODORO BUONTEMPO. Dunque spero che il Governo voglia andare incontro ad un confronto serio per trovare la soluzione. Il braccio di ferro, l'uno contro l'altro armato, non porta da nessuna parte, perché i tassisti sono persone perbene e troveranno anche la solidarietà dei cittadini perbene, perché non si vuole che, partendo da questa categoria, in Italia cominci ad essere vietato anche lo scendere in piazza a coloro che non sono graditi al Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Alfonso Gianni, ha facoltà di rispondere.

ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Onorevole Buontempo, lei si è detto curioso di sapere il mio punto di vista e quindi, visto che ci conosciamo da tanto tempo, glielo dirò con molta franchezza, rispondendo sulla base di appunti che ho preso mentre lei parlava. Mi permetta però di essere un po' preciso e, gioco di parole, tassativo, perché in questa veste non mi posso permettere di fare della filosofia generica, come avrei fatto se fossi stato ancora deputato e sedessi nel Parlamento.
La prima questione è che lei ha sollevato un problema di incostituzionalità del decreto-legge. Naturalmente la penso in modo esattamente opposto. Peraltro, questo problema non riguarda semplicemente la normativa dei tassisti, ma riguarda un provvedimento che affronta i temi, in modo urgente e particolare, riguardanti diverse categorie. Quindi, il giudizio sull'incostituzionalità del provvedimento va espresso nel suo complesso. Poiché il Governo ha emanato questo decreto-legge, evidentemente ritiene che esso sia perfettamente coerente con l'articolo 77, e non solo, della Costituzione; chi lo ha controfirmato pure. Ogni altro argomento è questione di quella funzione di filtro, che le Commissioni affari costituzionali nei due rami del Parlamento debbono operare. Riprenderemo la discussione quando arriveremo al giudizio di costituzionalità delle Commissioni o a eventuali eccezioni sollevate dall'opposizione in Parlamento o da qualunque altro parlamentare lo ritenga opportuno.
Qui, visto il contenuto e le caratteristiche della vostra interpellanza, sto al merito e al metodo di come abbiamo e stiamo affrontando la questione. Lei, onorevole Buontempo, ha fatto riferimento al diritto di protesta: io glielo sottoscrivo e sottolineo anche la mia convinzione che il diritto di sciopero è talmente sacrosanto, da essere tutelato in Costituzione come un diritto individuale. Quindi ciò vuol direPag. 33che esso non sta in capo a nessun sindacato, associazione o categoria. Tuttavia, tra il diritto di sciopero - il diritto di manifestazione e il diritto anche di bloccare una città per far sentire la propria voce - e violenze perpetrate ne passa! Leggendo la vostra interpellanza, sono infatti rimasto colpito - onorevole Buontempo glielo voglio dire con molta franchezza, perché non risulti che qualcuno glielo ha mandato a dire - che lei dica, in un'interpellanza presentata lo scorso 7 luglio: «le disposizioni contenute nel provvedimento del Governo per la regolamentazione del servizio taxi stanno determinando le reazioni dure dei tassisti, reazioni assolutamente prevedibili e legittime». Personalmente, onorevole Buontempo, considero l'aggressione avvenuta qui fuori al ministro Mussi non prevedibile e totalmente illegittima. Vorrei quindi conoscere nella replica il suo esplicito parere su tale questione.
Detto ciò, la categoria dei tassisti - come purtroppo sta facendo quella degli avvocati, e come forse faranno quelle dei farmacisti e dei notai - ha tutto il diritto, salvo che dovrebbe avere il senso della proporzione di ciò che fa, di indire manifestazioni, scioperi ed agitazioni e di chiedere il confronto con il Governo.
Questo confronto - come lei dovrebbe sapere, onorevole Buontempo - è già stato aperto in data 7 luglio, quando abbiamo incontrato, con la presenza del ministro Bersani, gli esponenti sindacali della categoria dei conducenti di auto pubbliche (vale a dire i tassisti).
Tale incontro è avvenuto alla presenza del presidente dell'ANCI, Leonardo Domenici, e del sindaco di Roma, Walter Veltroni. Il motivo è ovvio: l'argomento riguarda la viabilità urbana ed investe, quindi, la responsabilità diretta sia dell'organizzazione dei comuni italiani, sia, naturalmente - poiché l'incontro avveniva a Roma -, del sindaco di questa città. Va ricordato, inoltre, che il decreto-legge in questione è talmente poco dirigista e talmente tanto soft - cioè «dolce» - che esso concede ai comuni la possibilità di incrementare il numero di licenze, ma, ovviamente, non li obbliga in tal senso, né potrebbe farlo.
Il provvedimento citato stabilisce regole cornice: questo sì, caro Buontempo. Mi permetta anche di dirle, con estrema chiarezza - proprio perché non lo ero in passato e non sono diventato ora un fanatico della concertazione -, che il confronto con le organizzazioni sindacali dipende, nel modo in cui si svolge, dal merito della questione. Se ci troviamo di fronte, come in questo caso, a norme «sacrosante», adottate nei confronti di una serie di categorie di lavoratori - o di professionisti, che dir si voglia -, che sono state invocate da sentenze comunitarie e da pareri emessi dall'Antitrust finora negletti, nonché suggerite a gran voce dai cittadini, penso che rientri nella responsabilità di questo Governo assumere una decisione e farlo ricorrendo allo strumento del decreto-legge. Ritengo, altresì, che rientri nella responsabilità dell'opposizione parlamentare - che lei così vivacemente interpreta, onorevole Buontempo - usare tutto il tempo necessario per cercare di modificare o, eventualmente, anche di far decadere il provvedimento in questione.
Al contempo, vorrei rilevare che il Ministero dello sviluppo economico è una «cattedrale di vetro»: ogni ora conduciamo trattative anche con chi sta effettivamente perdendo il suo pezzo di pane, figuriamoci se non siamo disponibili a farlo con i tassisti! È ciò che stiamo facendo: venerdì 7 luglio, infatti, si è tenuta la riunione che ho citato, ed al termine di tale incontro il ministro Bersani (leggo testualmente il comunicato stampa diramato per evitare equivoci) ha affermato - attenzione, onorevole Buontempo! - che «non esistono preclusioni ad individuare altre forme alternative al cumulo delle licenze che garantiscano l'obbiettivo di un reale potenziamento del servizio pubblico dei taxi sia sul versante della flessibilità che sul versante dell'accesso all'attività, anche per aprire nuove prospettive ai giovani attraverso strumenti differenziati da comune a comune».Pag. 34
Le parole di detto comunicato stampa, gli aggettivi e le virgole sono «pesati» e sono responsabili. Se lei, onorevole Buontempo, intende aprire una polemica con un autorevole quotidiano, lo faccia pure, ma noi certamente non ci assumiamo la responsabilità di ciò che scrivono i quotidiani. Noi, infatti, ci assumiamo la responsabilità di ciò che scriviamo nei comunicati stampa ufficialmente emessi dal Ministero dello sviluppo, per rispetto nei confronti dei cittadini e di coloro che abbiamo incontrato e che incontreremo.
Dunque, contrariamente a quanto scritto da qualcuno, il ministro Bersani non ha affatto ritirato la rimozione del divieto al cumulo delle licenze.
Ha semplicemente dichiarato che, fermi restando gli obiettivi - la flessibilità dell'accesso all'attività (e, dunque, nuove prospettive per i giovani) ed il potenziamento del servizio pubblico dei taxi (che riguarda indistintamente, almeno sotto il profilo potenziale, tutti i cittadini) -, se da parte delle categorie interessate, dell'opposizione parlamentare e anche, ovviamente, dei parlamentari della maggioranza, nonché da parte dei singoli cittadini, vengono prospettate soluzioni che permettano di raggiungere i risultati indicati con migliore soddisfazione di tutti, non avremo né paura né preoccupazione alcuna di chiedere noi stessi la modificazione delle norme varate. Ma vi è quel «se» davanti.
Se, invece, si pensa di mantenere la categoria chiusa, di gestirla solo in ambito familiare e di inibire l'ingresso ai giovani, mantenendo l'offerta di auto pubbliche in circolazione allo stato attuale, non ci siamo, onorevole Buontempo.
Lei che è romano assai più di me, ha ricordato la caoticità del traffico in questa nostra amata città; si tratta di un problema vero, sul quale non si può essere evasivi. Non possiamo sostenere che la questione del divieto di cumulo delle licenze può essere risolta attraverso una soluzione - i cui tempi non possono che essere molto lontani, purtroppo! - che agisca sul volume del traffico. D'altro canto, mi permetto di farle osservare che la moltiplicazione dell'offerta del servizio taxi permetterebbe a molti cittadini - anche a quelli meno abbienti, se le tariffe non fossero così «caricate» (e dopo cercherò di spiegare perché lo sono) - di usare più frequentemente il taxi anche per brevi trasporti in modo da non intasare il centro con l'auto privata. Infatti, il problema, come è dimostrato in tutte le grandi città, caro onorevole Buontempo, non risiede tanto e solo nel numero delle vetture circolanti quanto, e soprattutto, nella quantità delle vetture ferme. Ciò che inibisce il traffico - e lei che è romano più di me, lo sa - sono le seconde e le terze file. Le strade vengono bloccate perché il cittadino, dovunque si rechi, anziché con un mezzo pubblico - che potrebbe essere anche un taxi; in ipotesi, un taxi usato in modo plurimo - si sposta con l'auto privata e la parcheggia male adirandosi, peraltro, se qualcuno gliela sposta.
Non mi risulta che ciò succeda né a Parigi né a Londra; ci provi, lei, a lasciare a Londra un'automobile in divieto di sosta: gliela restituiscono pressata, con pacchetto postale, dieci giorni dopo, con il marchio anche dell'antiterrorismo, se del caso. Quindi, non giochiamo sulle parole - peraltro, penso di essere almeno pari a lei quanto a capacità di inventiva dialettica -: dobbiamo essere seri, tutti lo devono essere. Non sarà un articolo de La Repubblica a salvarci, tampoco l'aggressione al ministro di turno. Si tratta di farsi carico di un problema che era maturo da tempo; né vi è imprevedibilità alcuna, e al riguardo vorrei rivolgermi a qualche collega della maggioranza, come l'ottimo Gerardo Bianco...

GERARDO BIANCO. A Londra hanno proposto il risciò...

ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Come vedi, l'inventiva non manca mai; naturalmente, dipende da chi lo guida: questo è il grave problema sociale che abbiamo di fronte!
Voglio aggiungere - e mi rivolgo anche alla maggioranza - che nessuna, nessunaPag. 35delle misure recate dal decreto-legge n. 223 del 2006 attualmente in discussione al Senato è improvvisa o imprevedibile: tutte, dalla prima all'ultima, stavano e stanno nelle famose 281 pagine del programma dell'Unione su cui qualche privo di spirito ha ironizzato. Pagine stampate in un milione di copie, che erano e che sono disponibili via Internet e che ogni cittadino, ogni esponente di associazione di categoria poteva per tempo vedere e valutare. Infatti, sono state valutate, tant'è vero che gli italiani, fosse anche per quei 24 mila 775 voti, che equivalgono a quei pochi centimetri di traversa che danno a questo paese l'onore della vittoria dei mondiali di calcio, hanno espresso il loro favore per quel programma.
Onorevole Buontempo - le sto per lasciare la parola, lei ha tutto il diritto di dirmene di cotte e di crude -, le posso assicurare che io, in tanti anni di esperienza parlamentare - Bianco me ne darà atto -, non ho mai visto un provvedimento governativo più popolare di questo. È chiaro che la singola categoria si lamenta con quell'altra, ma, nel suo complesso, quando diciamo che ci siamo messi dal punto di vista del cittadino tout court (consumatore, utente e lavoratore), abbiamo detto e visto il giusto e la reazione è positiva, generalmente e massimamente.
Detto ciò, ogni miglioramento, specialmente se suggerito da lei, sarà il benvenuto, perché qui siamo tutti disponibili a parlare, siamo in un Parlamento e la piena capacità di sintesi, attraverso gli anni, è stata acquisita come una lezione di vita.

PRESIDENTE. Con questo atteggiamento «dialogico», il deputato Buontempo ha facoltà di replicare.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, mentre per la parte che attiene alla libertà di manifestare apprezzo le parole dette dal sottosegretario Gianni, per tutto il resto non condivido affatto ciò che egli ha affermato.
Intanto, per quanto riguarda il decreto, che egli descrive come popolare, io credo che di popolare esso abbia solo le manifestazioni che sta provocando. C'è più dissenso che assenso, ma lo vedremo nei prossimi giorni.
Volevo anche ricordarle che, a livello europeo, quando è stata approvata la direttiva Bolkestein sulle liberalizzazioni dei servizi, fu escluso proprio il comparto dei tassisti. Quindi, anche il richiamo all'Europa mi sembra forzato.
La lingua italiana è bella perché si può sostenere tutto e il contrario di tutto. Però, onorevole sottosegretario, all'articolo 77 della Costituzione si dice che il Governo può emanare un decreto-legge in casi straordinari di necessità ed urgenza e sotto la sua responsabilità. Quindi, si fa riferimento solo a casi straordinari di necessità e di urgenza. Mi dica lei quale era questa emergenza fulminante tale da affrontare con un decreto-legge la questione dei tassisti.
Inoltre, onorevole sottosegretario, se legge l'articolo 117, riscontrerà che questa materia non è di pertinenza dello Stato. Lo Stato ci arriva con un escamotage, facendo una forzatura, tant'è che nello stesso decreto si stabilisce che saranno i comuni a provvedere. Quindi, sarebbe stato molto più opportuno che in questa materia, come previsto dall'articolo 117 della vostra riforma costituzionale, fossero le regioni e non lo Stato ad intervenire.
Per quanto attiene alla questione generale, signor sottosegretario, gli esponenti del mio partito - tutti, a cominciare dal presidente Fini - hanno condannato l'aggressione e le offese nei confronti dell'onorevole Mussi. È ingeneroso da parte sua dire che non si è condannata questa aggressione sulla base di un testo di una interrogazione. Noi lo abbiamo fatto e lo abbiamo fatto con determinazione, proprio perché crediamo nella libertà di manifestare e, quindi, anche nel rispetto dei diritti di tutti, di coloro che condividono e di coloro che non condividono.
Io, per esempio, non riesco a condividere la criminalizzazione che è stata fatta. Lei dice che io faccio polemica con un giornale. No, io faccio polemica con molti esponenti del Governo e di questa maggioranza.Pag. 36
Anzi, queste dichiarazioni hanno suscitato anche una reazione da parte di alcuni esponenti di sinistra, che hanno reagito a tanta tracotanza. Vi è una maggioranza che vorrebbe decidere chi ha il diritto di scendere in piazza e chi questo diritto non ce l'ha. Lei ha affermato che si sta portando avanti un dialogo, ma se non si cambia mentalità si rischia che questo confronto non porti lontano. Occorre modificare questa mentalità.
Innanzi tutto è inaccettabile che si preveda la possibilità di costituire cooperative o società e che i tassisti debbano diventare dipendenti. Lei e il Governo, toglietevi dalla testa questa ipotesi! Scenderemo in piazza insieme ai tassisti, faremo manifestazioni nel rispetto delle regole, perché questa è una violenza! Non si possono adottare disposizioni che riguardano una categoria, dall'oggi al domani, senza interpellarla, senza che il provvedimento venga discusso prima in Parlamento. In questo modo, si cancella la liquidazione di questi lavoratori, perché la licenza è un valore accumulato negli anni, è un bene acquistato con il risparmio di anni. Dall'oggi al domani, a chi ha organizzato la propria vita in base alle leggi dello Stato, gli si dice: per te cambia tutto e diventi un precario che, per guadagnare la giornata, deve competere con un altro disperato che fa lo stesso lavoro.
Il Governo scarica sui lavoratori i suoi problemi!
Onorevole sottosegretario, migliorate il servizio pubblico a Roma, realizzate più corsie preferenziali, realizzate il sistema «unilinea», eliminate gli autobus doppi che bloccano le strade di questa città, fate in modo che ci sia più sicurezza! In questa città non consiglierei a nessuno di prendere l'autobus a mezzanotte per tornare da soli a Tor Bella Monaca! Fatela finita con le ipocrisie! Oltre una certa ora, per chi abita in periferia e anche per i lavoratori, l'autobus è proibitivo! Non lo si può prendere, perché questa non è una città sicura. Allora, il taxi diventa un'alternativa.
Però, la sfido a dimostrarmi in quale città europea il servizio taxi costa meno che in Italia. Non dite corbellerie perché, anzi, in Italia c'è una sicurezza nel prendere i taxi che non esiste in Francia o in altri paesi europei. A proposito di costi nel nord Europa: faccia un giro in taxi e si renderà conto di quanto costa una corsa in quei paesi.
Signor Presidente, sto concludendo, impiegherò solo qualche altro minuto. Quindi, si può affrontare la situazione con molto senso di equilibrio, senza criminalizzare nessuno. Il punto di sintesi può essere l'aumento delle autovetture. Per abbassare i costi - cosa che non deve andare a discapito di chi lavora - visto che, come lei dice, il taxi ha anche una funzione pubblica, bisogna aiutarlo defiscalizzando, dando incentivi per l'acquisto delle autovetture. Non si può scaricare su chi lavora la necessità di abbassare i costi.
In conclusione, signor Presidente, ritengo che si tratti di una questione molto importante in questi giorni: è l'inizio di un modo di governare che a noi non piace. Questo l'ho detto anche quando governava il centrodestra perché il confronto con i lavoratori è un passaggio essenziale. Non si governa contro nessuno, si governa trovando il giusto equilibrio, specialmente verso una categoria che finora se l'è cavata da sola e non è costata una lira alla pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato.

PRESIDENTE. Comunico che, in data odierna, il Presidente della Camera ha chiamato a far parte del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato il deputato Gianclaudio Bressa, in sostituzione del deputato Andrea Papini, dimissionario.Pag. 37
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 14.

La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 14.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Letta e Mazzocchi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono trentotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,02).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 325 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione (Approvato dal Senato) (A.C. 1222) (ore 14,03).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione.
Ricordo che nella seduta del 6 luglio si è concluso l'esame degli emendamenti nonché degli ordini del giorno.
Passiamo dunque alle dichiarazioni di voto finale.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1222)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Affronti. Ne ha facoltà.

PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dei Popolari-Udeur, come preannunciato in sede di discussione sulle linee generali, intende sostenere con convinzione il processo di conversione in legge del decreto-legge n. 173, per le motivazioni che mi accingo ad esporre.
Innanzitutto diamo atto dell'imminente scadenza dei termini relativi ad atti di natura regolamentare legislativa rispetto a provvedimenti eterogenei, accomunati però dalla necessità di essere rivisitati dall'esecutivo, anche alla luce del programma elettorale posto a base della propria azione governativa.
Riconosciamo che tale provvedimento incide su materie che richiedono una disciplina urgente, essendo alcune scadenze eccessivamente ravvicinate perché si possano esaminare all'interno di un percorso legislativo ordinario, rinviando ad interventi successivi il merito delle singole questioni, su cui peraltro auspichiamo un preventivo confronto con le parti interessate ed una discussione parlamentare in tempi brevi, anche al fine di dimostrare il ruolo centrale che al riguardo il Governo assegna alla propria maggioranza parlamentare.
Riconfermiamo tutte le perplessità da noi espresse nel corso della discussione sulle linee generali in ordine alla necessità di dover cambiare drasticamente rotta nell'utilizzo della decretazione d'urgenza, che deve allinearsi scrupolosamente alla normativa vigente, ed in tale ottica chiediamo che si definiscano linee guida chiare per il Governo sul corretto utilizzo di tale strumento normativo.Pag. 38
In particolare, le nostre perplessità riguardano l'utilizzo della decretazione d'urgenza nei campi più disparati, che spogliano il Parlamento del potere, ad esso spettante, di analizzare e fare proprie le materie oggetto dell'intervento normativo nei tempi tecnici prestabiliti dai normali passaggi parlamentari, che occorrerà necessariamente prevedere in futuro.
In tale quadro generale, vista la particolare urgenza del decreto-legge in esame, varato proprio a cavallo del passaggio di consegne tra il precedente e l'attuale Governo, aspetto quest'ultimo evidentemente da non sottovalutare, che va tenuto nella dovuta considerazione, il gruppo dei Popolari-Udeur esprimerà voto favorevole a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il comportamento tenuto fino ad ora dalle parti politiche su questo argomento, tra le prepotenze attuate dalla maggioranza e le parole grosse della minoranza, nonché il concetto stesso di fiducia e di proroga, alimentano l'incertezza del diritto.
Infatti, la stessa proroga di termini legislativi comunica una mancata organizzazione del sistema legislativo, ritardi attuativi, pressappochismo e aleatorietà del diritto. Cittadini, famiglie, imprese, operatori economici, che attendono date e scadenze per iniziare all'interno di nuove regole, possono toccare con mano - e lo fanno tutti giorni - che ciò non è poi così vero, che può essere differito e mutato dall'umore o, peggio, dalla vendetta di parte. Quindi, siamo all'incertezza e alla sfiducia in un sistema di diritto.
Nel nostro paese la tendenza legislativa ha avuto uno sviluppo abnorme, farcito da disfunzioni che hanno determinato la necessità di migliaia di proroghe, che hanno creato incertezze sia in fase di interpretazione sia in fase di applicazione. Incertezza causata dal rilevantissimo numero di leggi ed atti aventi forza di legge prodotti dal Governo o dal Parlamento. Ciò determina l'impossibilità di tutelare i diritti e l'iperattività normativa si trasforma in sostanza nell'incertezza del diritto inteso in senso lato.
Pertanto, il problema non è soltanto quello dei condizionamenti politici e spesso della difficoltà del nostro Parlamento di assumere decisioni univoche per la collettività, ma soprattutto quello di mettere in evidenza che è del tutto mancante un supporto di monitoraggio dei fenomeni che si intendono regolamentare e, una volta assunta la decisione politica, dei mezzi di controllo per valutare gli effetti della nuova legislazione che si produce in ordine ai fenomeni da regolamentare.
Inoltre, anche l'aspetto della formulazione letterale della legislazione è divenuto nel tempo più sciatto, spesso incoerente, talvolta contraddittorio, anche a causa della miriade di leggi di riferimento storico e del fatto che, in Italia, non sia stata ancora approvata una modalità univoca di forma letterale chiara e semplice come viceversa è avvenuto, pur con soluzioni differenti, in Spagna, in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Olanda e in molti altri paesi dell'Unione europea.
Nella culla del diritto, il sovraccarico della legislazione e della normazione ad essa collegata ha reso impossibile, non solo al cittadino ma allo stesso interprete - sia esso amministratore o giudice -, di realizzare un'effettiva parità dei cittadini di fronte alla legge, proprio a causa dell'interpretazione evolutiva dell'enorme quantità di normazione da applicare nei casi concreti.
Intendo evidenziare come la necessità di una razionalizzazione, attraverso testi unici, della produzione legislativa esistente sia divenuta un'esigenza improcrastinabile. Il nostro Parlamento appare un legislatore che procede con grande lentezza nel processo decisionale, salvo poi accelerare in maniera alquanto inspiegabile - come notiamo tutti i giorni - quando si crea un'opportunità politica per la realizzazione di quel prodotto legislativo.Pag. 39
Emerge la mancanza di coordinamento - sia a livello governativo sia a livello parlamentare - sulla modalità di redazione di testi legislativi, né si registra alcuno sforzo da parte dei singoli proponenti, nel momento di redazione del testo, volto a verificare l'effettiva possibilità di realizzazione degli obiettivi da raggiungere attraverso quella determinata prescrizione legislativa.
Inoltre, la domanda politica è stata spesso veicolata da gruppi di pressione (sindacati, associazioni di categoria, partiti politici), che hanno sollecitato provvedimenti ad elevato tecnicismo, dei quali i parlamentari proponenti e spesso lo stesso Governo erano in grado di valutare solo in parte le conseguenze applicative.
Quindi, la conversione in legge del decreto-legge in esame - già del Governo Berlusconi -, le modifiche strutturali apportate, nonché le cosiddette «mille proroghe» ci trovano fortemente contrari. Abbiamo fornito e stiamo fornendo una triste immagine!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata De Simone. Ne ha facoltà.

TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, Rifondazione Comunista voterà a favore della conversione di questo decreto-legge. In qualità di relatrice del provvedimento in VII Commissione, ho già avuto modo di intervenire nel merito del dibattito e rispondere alle osservazioni dell'opposizione. Ricordo che il provvedimento in questione contiene la necessità della proroga di sei mesi per la gestione transitoria da parte della Banca nazionale del lavoro del nuovo fondo per il sostegno alla cinematografia civile, proroga determinata dalla mancata emanazione, da parte del precedente Governo, del decreto del ministro per i beni e le attività culturali, che deve definire le modalità tecniche di gestione del fondo, di erogazione dei contributi e di monitoraggio dell'impiego dei finanziamenti concessi.
Nel corso dell'esame al Senato è stato, inoltre, introdotto l'articolo 1-sexies che, al fine di garantire la copertura degli insegnamenti mediante affidamento e supplenze, proroga l'applicazione da parte delle università fino al termine dell'anno accademico 2006-2007 di alcune disposizioni della legge 19 novembre 1990, n. 341 sugli ordinamenti didattici universitari. Tale proroga è motivata dalla necessità di garantire l'attuazione alle nuove modalità di affidamento degli insegnamenti contenute in tale legge. Di particolare rilevanza sono le disposizioni, discusse in questa sede, contenute nell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, che consentono la proroga di alcuni termini dei decreti attuativi della legge n. 53 del 2003, la cosiddetta riforma Moratti, riguardanti il diritto-dovere all'istruzione, l'alternanza scuola-lavoro ed il secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, la proroga del regime transitorio per l'accesso anticipato alla scuola dell'infanzia e del termine per la revisione dell'assetto organico delle scuole secondarie di primo grado, nonché il rinvio di un anno dell'attuazione della riforma del secondo ciclo. Tutto ciò allo scopo di dare all'esecutivo il tempo necessario per l'attuazione, su tali temi, del programma di governo.
Noi condividiamo questa impostazione, questa scelta del ministero, perché - come è stato chiarito e ribadito anche dallo stesso ministro Fioroni, nel corso della sua audizione in Commissione - essa è un segnale politico chiaro di cambiamento radicale di direzione, ossia di un'inversione radicale di tendenza ed è giustificata in ragione della necessità di disporre di tempi utili alla definizione delle misure previste dal programma di governo della maggioranza e ciò, tra l'altro, dovrà essere fatto anche attraverso un confronto ampio, aperto e plurale nel mondo della scuola.
Dunque, è inutile che l'opposizione sollevi fumose - e, spesso, contraddittorie - contraddizioni di merito. Gli impegni sono chiari a tutti: la nostra azione è di proposta alternativa alla riforma Moratti, all'impianto fondativo della legge n. 53 del 2003; non lo facciamo, come direbbe Totò,Pag. 40«a prescindere», né animati da uno spirito demolitore. Capiamo che il centrodestra non approvi, ma noi siamo da sempre contrari alla riforma Moratti, anche perché riteniamo che sia insensato ed illogico imporre una riforma che la scuola ha bocciato, a cui si è opposta e che impoverisce il sistema pubblico dell'istruzione, introducendo una nuova selezione di classe.
L'innalzamento dei livelli di conoscenza di ciascuno è il primo obiettivo cui, tra l'altro, ci richiama anche l'Europa e, dunque, noi auspichiamo che il Governo intervenga presto per elevare l'obbligo scolastico a 16 anni, così come previsto dal programma. Ritengo, in particolare, giustificato che il blocco della riforma della scuola secondaria sia previsto da questo provvedimento, in quanto tale rinvio è altresì un atto dovuto nei confronti delle regioni che, in sede di Conferenza Stato-regioni, hanno bocciato la riforma. Noi riteniamo che la linea del confronto con tutte le parti sociali debba essere la bussola dell'azione del Governo e del Parlamento con riguardo all'idea di scuola ed ai processi di cambiamento che dovremo adottare. Restituire serenità, funzionalità e partecipazione democratica alla scuola pubblica è ciò che più ci preme.
Il centrodestra, in nome di una modernizzazione liberista, negli scorsi cinque anni, ha voluto introdurre un processo di controriforma che azzera il principio universalistico alla base del diritto allo studio ed i principi costituzionali che fanno della nostra una scuola pubblica, laica e gratuita.
Siamo sicuri che non avremo nulla da rimpiangere dei cinque anni di attività del ministro Moratti. Faremo soltanto del bene al paese ed al suo sviluppo fermando l'involuzione determinata dalla legge n. 53 del 2003 e cambiando radicalmente direzione: per una scuola che ci porti davvero nei parametri europei e che non lasci indietro nessuno, con uno sguardo alle periferie, ai tanti sud, alle carenze di strutture che ancora esistono ed all'esigenza di multiculturalità che la scuola pubblica oggi richiede.
Il voto di oggi esprimerà anche il nostro impegno a proseguire fermamente in tale direzione, nel solco del nostro programma del governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, giunti all'ultimo atto della conversione in legge del decreto-legge recante proroga di termini, ci corre l'obbligo di ribadire, in questa sede, il giudizio politico di contrarietà del nostro gruppo, già espresso, peraltro, da tutti gli esponenti della Casa delle libertà. Il provvedimento, nato in un certo modo - il suo articolo 1 era di due sole righe! -, si è trasformato, a seguito degli interventi sostitutivi ed integrativi operati dal Senato, in un provvedimento omnibus che contiene di tutto e di più.
Non è la prima volta - per carità - che ciò accade: esistono precedenti forse anche più rilevanti se si ha riguardo ai contenuti delle proroghe inserite in testi licenziati dalle Camere. Da questo punto di vista, però, va fatta un'osservazione attinente non tanto al merito quanto al metodo seguito per giungere alla conversione in legge del decreto-legge in esame. Su di esso il Senato ha espresso un voto di fiducia che condiziona l'attività di questa Camera: ormai, noi deputati ci troviamo a dover ratificare (come succederà quando passeremo all'esame del disegno di legge sullo «spacchettamento» dei ministeri e quando, verso la fine di questo mese, esamineremo il cosiddetto disegno di legge Bersani) le decisioni assunte dall'altro ramo del Parlamento, ed imposte con un voto a maggioranza, il cui contenuto, analizzato a mente fredda presso le Commissioni permanenti competenti, palesa evidenti limiti, talvolta anche di costituzionalità. Se è vero, come qualcuno afferma, che provvedimenti come quello in discussione superano l'esame di costituzionalità in Commissione affari costituzionali, è altrettanto vero che il voto viene espresso a maggioranza, e per sostenere la linea d'azionePag. 41del Governo, senza guardare molto alla reale compatibilità costituzionale delle disposizioni oggetto dell'esame medesimo.
Credo che, da questo punto di vista, occorra cambiare rotta, invertire senso di marcia, per evitare che questa Camera si trasformi in una sede nella quale vengono ratificate decisioni assunte altrove. Il nostro lavoro consiste nel perfezionare i contenuti delle proposte portate alla nostra attenzione. Se rinunciassimo a questa funzione, causeremmo nocumento alle prerogative dei parlamentari ed al nostro stesso compito di rappresentanti del popolo che, in quanto tali, dovrebbero portare avanti azioni concrete e positive in vista del bene comune.
Quindi, davanti a simili provvedimenti, premesso che del merito abbiamo già detto nelle precedenti fasi dell'iter, non possiamo privarci, dal punto di vista del metodo - che non dovrà essere riproposto in seguito -, della possibilità di discutere il contenuto delle norme al nostro esame.
Colleghi, quando vengono in rilievo proroghe di termini, la portata del provvedimento è abbastanza limitata, almeno se si ha riguardo al complesso dei provvedimenti più che al loro contenuto, ma quando passeremo all'esame del disegno di legge sullo «spacchettamento» dei ministeri, con tutte le sue implicazioni (compreso lo stravolgimento di quella riforma Bassanini che fu voluta dal centrosinistra), le cose cambieranno; e a maggior ragione cambieranno quando passeremo all'esame del cosiddetto decreto-legge Bersani.
La mia preoccupazione è che questa mancanza di comunicazione, l'impossibilità di intervenire nel merito possa rendere monca la nostra azione parlamentare. Questa è la realtà e non sappiamo come porvi rimedio. Questa mattina, in Commissione affari costituzionali, ho lanciato un grido d'allarme con cui ho invitato tutti i colleghi a riflettere sulla questione. È interesse non solo dei deputati dell'opposizione, ma, soprattutto, di quelli della maggioranza approvare leggi che vadano nella giusta direzione e che non contengano disposizioni inapplicabili o raffazzonate.
Per questi motivi, per il merito e per il metodo, ribadisco il voto contrario del gruppo della Lega Nord Padania. Ritengo che prossimamente vi saranno altre occasioni per confrontarci, perché noi non verremo mai meno al nostro impegno di difendere i cittadini, la gente del nord che ha votato la Lega Nord Padania, entrando nella dialettica parlamentare per modificare questo tipo di provvedimenti che non apprezziamo. Essi non ci piacciono perché recano nocumento all'economia e alla pubblica amministrazione. Mi riferisco, ad esempio, alla proroga dell'entrata in vigore del codice dei contratti. Non ci piacciono soprattutto perché si tratta di interventi che costano (penso al decreto-legge che riorganizza i ministeri aumentandone il numero) o di interventi di immagine, che non risolvono nulla, come il decreto-legge Bersani (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche se già esaurientemente esposte nel corso della discussione sulle questioni pregiudiziali, nell'esprimere il voto contrario del gruppo dell'UDC non possiamo evitare, prima di entrare nel merito, di fare alcune valutazioni preliminari sulla natura del provvedimento. Un provvedimento di natura eterogenea, non ravvisabile nella versione originaria, che consisteva in un unico articolo. Oggi è difficile rinvenire nel testo elementi unificanti; anzi, ci troviamo di fronte ad un complesso di norme il cui inserimento all'interno di un disegno di legge di conversione non appare, alla luce della consolidata giurisprudenza parlamentare del Comitato per la legislazione, essere corrispondente ad un corretto utilizzo dello specifico strumento normativo rappresentato da tale tipologia di legge.
Nella scorsa legislatura siamo stati più volte duramente attaccati per avere utilizzatoPag. 42i decreti omnibus e per aver calato spesso, come mannaie sulla discussione dei disegni di legge, maxiemendamenti completamente sostitutivi. Oggi vi presentate con uno dei vostri primi provvedimenti, che riunisce entrambi questi strumenti. È questo un bell'esempio di sintesi virtuosa. Sta di fatto che siamo partiti da un decreto-legge del Governo Berlusconi, che mirava semplicemente a prorogare al 31 luglio 2006 i termini per l'emanazione di regolamenti in scadenza entro il 20 maggio, per arrivare ad un testo omnibus, che si caratterizza, più che per il contenuto, per l'uso distorto e strumentale della decretazione d'urgenza e per il modo in cui è giunto a noi dal Senato. Infatti, è altrettanto importante non dimenticare quanto è avvenuto a Palazzo Madama. Un infelice precedente che, purtroppo, credo si ripeterà spesso. Un metodo che non possiamo accettare, che di fatto svuota il ruolo delle Camere, privandole, questa volta sì, del normale dibattito parlamentare.
A nulla è valso il richiamo del Presidente Napolitano circa l'opportunità di non stravolgere quanto fatto nella scorsa legislatura dal Governo di centrodestra. Oggi vi presentate con un testo in cui non troviamo più neanche quelle due righe che rappresentavano l'oggetto del decreto-legge Berlusconi. Mentre discutiamo di questo provvedimento, al Senato è stato depositato un altro disegno di legge, il cosiddetto Bersani-Visco per intenderci, che va a modificare, se non a stravolgere, oltre 40 tipi di norme vigenti. Vediamo, infatti, come sul fronte della scuola si tenti di bloccare il progetto di riforma voluto dalla Moratti, con una moratoria di tre anni riguardo alla quale ci si deve chiedere quale sia il vero obiettivo del Governo: se si tratti di un problema di metodo o di merito.
Vorremmo cioè capire se si vuole solo ed esclusivamente cancellare il segno lasciato da un Governo precedente e con esso il tentativo di mettersi in linea con i parametri internazionali dell'istruzione, oppure sostituirlo con un disegno diverso, ma a questo punto vorremmo che il ministro Fioroni ci dicesse, se non qualcosa «di sinistra», almeno cosa andrebbe fatto subito, senza aspettare tre anni. Il nostro sistema scolastico non può aspettare: i nostri studenti non possono perdere terreno rispetto ai loro coetanei europei. Si tratta di una responsabilità troppo grande e di un rischio altrettanto grande per le future generazioni.
Oltre alla riforma Moratti, il testo contiene proroghe sul trattamento dei dati personali, sulla previdenza agricola, sul fondo per le attività cinematografiche, sul patrimonio abitativo, sulla docenza universitaria, sul collegato agricolo, solo per citare le più importanti. Più che un testo sul cui fine il Comitato per la legislazione ha già espresso il suo parere, più che un provvedimento radicalmente sbagliato, costituzionalmente incompatibile, ciò che abbiamo di fronte è la fotografia di un Governo nato debole e che tale resterà in virtù di una esiguità di numeri e di una variegata composizione di posizioni, legate solo dal collante del potere, che lo spingeranno sempre più ad evitare il confronto parlamentare. Per tale motivo il gruppo dell'UDC esprimerà un voto contrario a tale provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, come gruppo della Rosa nel Pugno, voteremo a favore di questo provvedimento, pur con delle riserve, che sono già state espresse legittimamente durante la fase della discussione generale. Vorrei, però, se mi è consentito, rivolgermi con grande umiltà e con grande serenità all'opposizione, che fino a qualche tempo fa era maggioranza in quest'aula, per ricordare, come sostanzialmente hanno fatto moltissimi nostri colleghi, che questo non è un provvedimento totalmente estraneo rispetto ad una serie di provvedimenti che il Governo ha posto alla nostra attenzione nella scorsa legislatura. Ritengo particolarmente strana la polemica emersa in questi giorni, anche nel corso della discussionePag. 43svoltasi in quest'aula, quando si è voluto sottolineare, con puntualità, ma anche con un pizzico di ipocrisia, ciò che fino a qualche mese fa è stato fatto all'interno di quest'aula. Vorrei inoltre sottolineare ciò che il Governo ci ha riferito la settimana scorsa, «stralciando» dal provvedimento la parte relativa alle deleghe, che secondo il Comitato per la legislazione assumevano un significato fortemente negative all'interno di questo provvedimento. Bisogna apprezzare questo atto politico forte da parte del Governo, teso a costruire, nel prosieguo della nostra attività parlamentare, un percorso certamente diverso da quello realizzato dal Governo Berlusconi; come ho detto precedentemente, si tratta di raccordarsi, di discutere, di rilanciare in senso pieno l'attività del Parlamento, attraverso una discussione che deve svolgersi all'interno dell'aula su provvedimenti importanti, che affrontano problemi che investono la vita dei nostri cittadini.
È anche vero che in questo provvedimento vi sono delle proroghe che sono state ridefinite e che vertono sia su questioni che riguardano programmi ed interventi del vecchio Governo, sia su provvedimenti che questo Governo deve portare avanti, in virtù del suo programma.
Mi riferisco alla questione della scuola, che costituisce un preciso impegno politico che questa maggioranza si è assunta nei confronti degli elettori sottolineando la necessità di una verifica dell'assetto organizzativo del sistema scuola e la possibilità per il Governo di muoversi con grande responsabilità per verificare quali sono i punti da non cambiare e quali invece quelli da riformare organicamente, eliminando la discrasia esistente nel sistema scuola.
Era perciò giusto, secondo il punto di vista della Rosa nel Pugno, che tale questione si ponesse all'interno del decreto-legge al nostro esame, che ha certamente dei limiti (che comunque sono stati superati), ma che presenta anche carattere di urgenza poiché si trova a cavallo tra due legislature. Si deve consentire all'attuale Governo di organizzare il proprio lavoro per porre in essere il programma che, come Unione e come centrosinistra, come maggioranza di governo di questo paese, ci siamo dati.
Sono fortemente convinto che nei prossimi giorni e mesi, proprio in virtù dell'impegno politico forte assunto dal Governo nella scorsa settimana, quello di non utilizzare le deleghe, vi sarà nel prosieguo della nostra attività parlamentare un confronto serio e sereno, che farà risaltare il ruolo rilevante del nostro Parlamento. È un impegno che ci siamo assunti: lo abbiamo detto nella scorsa legislatura quando criticavamo i provvedimenti che voi del centrodestra portavate in aula; l'abbiamo ribadito durante la discussione sviluppata nel centrosinistra; l'abbiamo infine inserito nel nostro programma, poiché riteniamo importante la centralità del Parlamento.
Pur con le riserve che abbiamo espresso, anche durante lo svolgimento della discussione sulle linee generali, siamo convinti che occorra votare con grande fermezza in senso favorevole a questo provvedimento, perché a partire da esso - e concludo - possa iniziare una nuova stagione di confronto e di dibattito, facendo in modo che il Parlamento abbia una posizione di centralità nella discussione politico-amministrativa di questo paese (Applausi dei deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Onorevole Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, il gruppo di Alleanza nazionale ribadisce la propria contrarietà al provvedimento in esame, che giudichiamo pessimo, innanzitutto per come è stato «costruito» sia in sede di adozione da parte del Consiglio dei ministri sia in sede di approvazione al Senato.
Il Governo ha preso una locomotiva, costituita dal vecchio decreto-legge del Governo Berlusconi, che riguardava sì la proroga dei termini, ma che consisteva diPag. 44poche righe, e a quella locomotiva ha attaccato numerosi vagoni, su tante materie, per dare vita ad un provvedimento eterogeneo. Non ha attaccato vagoni simili tra loro: ha preso il vagone di un treno dei pendolari, quello dell'alta velocità, quello di un carro bestiame, quello di un treno merci e ne ha creato, attaccandoli al locomotore, un pessimo treno.
Oggi che siamo arrivati alla tappa finale del percorso parlamentare del provvedimento all'esame, possiamo dire che l'ingresso in stazione di questo treno non è certo un bello spettacolo per il Parlamento italiano. Perché questo? Perché il provvedimento in oggetto desta una preoccupazione politica che va ben oltre il merito.
Noi non siamo tanto preoccupati dalle conseguenze che procurerà nel merito questo disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame perché, alla fine, si tratta pur sempre di proroghe di termini e di deleghe su tutta una serie di questioni che riguardano il contingente e la responsabilità di questo Governo, quanto dalle conseguenze derivanti dal metodo che la maggioranza usa per risolvere i propri problemi interni.
Noi comprendiamo le difficoltà della maggioranza ad ottenere numericamente l'approvazione di un provvedimento al Senato. Questo è un fatto molto importante. Di certo, a legge elettorale vigente, il centrosinistra ha vinto le elezioni di misura, in particolare al Senato, pur ottenendo meno voti del centrodestra, ma per risolvere il problema c'è bisogno sia di un dialogo maggiore con le forze di opposizione, sia soprattutto di un maggior rispetto dei diritti del Parlamento in quanto tale. Il provvedimento in esame, invece, offende il Parlamento perché scarica sulle Assemblee elettive le difficoltà della maggioranza di essere tale numericamente e deprime il ruolo della Camera dei deputati.
Vi sono due elementi nell'iter di questo provvedimento che ci preoccupano in maniera particolare. Il primo è il fatto che siano state inserite dal Governo, con lo strumento del maxiemendamento, delle deleghe non tanto nel decreto-legge quanto nell'articolo unico del disegno di legge di conversione. Questo, a mio avviso, è un fatto molto grave che qui alla Camera, con il vigente regolamento, non si sarebbe potuto verificare ma che, invece, è stato possibile al Senato. Ciò comporta per questo ramo del Parlamento - la Camera dei deputati - il sorgere di un problema: come vedere rispettata la propria autonomia e il proprio ruolo a fronte del ruolo svolto sia dal Governo sia dal Senato.
Il secondo è elemento che il Governo ha ammesso di aver sbagliato, ha ammesso cioè che bisognava apportare alcune modifiche al provvedimento, ma nonostante ciò esso si è «blindato» a tal punto da assumersi l'impegno solenne, di fronte all'Assemblea, a non esercitare quelle deleghe pur di non modificare il provvedimento. Questo, ripeto, è un fatto gravissimo perché mortifica il nostro ruolo. Ovviamente, sono soddisfatto che ciò sia accaduto, e lo sono perché noi forze di opposizione abbiamo incalzato la maggioranza e il Governo sino a costringerli a rinunciare all'esercizio di alcune di quelle deleghe. Tuttavia, una cosa è la soddisfazione tattica relativa a questo singolo punto, altra cosa è invece la preoccupazione in ordine al ruolo spettante al Parlamento.
Noi che cosa siamo diventati? La Camera di ratifica dei provvedimenti approvati dal Senato? Si è creato una sorta di monocameralismo del Senato tale per cui il provvedimento in esame, una volta giunto qui alla Camera dopo essere stato approvato dall'altro ramo del Parlamento non può essere più assolutamente modificato. E se qualcosa in esso non va bene, non è che si possa approvare un emendamento e rimandare nuovamente il provvedimento al Senato, così come prevederebbe la logica del bicameralismo perfetto vigente in Italia, ma, al contrario, si assume dinanzi al Parlamento un impegno, contenuto in un ordine del giorno, affermando in sostanza: abbiamo sbagliato, ma non vi preoccupate perché quelle deleghe non le eserciteremo. Con il provvedimento in esame ci troviamo, quindi, di fronte adPag. 45un caso paradossale, cioè alla modifica sostanziale della norma attraverso un impegno che il Governo si assume pur di evitare, a seguito di una modifica formale dello stesso, il rinvio del disegno di legge al Senato, dove gli evidenti acciacchi dei senatori a vita rischiano di mettere numericamente a repentaglio la maggioranza.
Al di là della soddisfazione di aver costretto il Governo a questa brutta figura, ritengo che il Parlamento, ad iniziare da chi presiede l'Assemblea, cioè dal Presidente Bertinotti - il quale, invece di preoccuparsi del problema che sia io sia l'onorevole Violante ponevamo, cioè quello di un bicameralismo zoppicante emergente in questa prima fase della legislatura, si è preoccupato più dei dieci secondi sforati rispetto ai tempi a disposizione -, dovrebbe occuparsi maggiormente del ruolo svolto dalla Camera dei deputati nel sistema parlamentare italiano.
Oggi la maggioranza cerca con difficoltà di portare a casa un provvedimento pessimo nel merito, ma anche molto grave ed offensivo del Parlamento in ordine al metodo usato.
Quello che voi create è un vulnus grave ed è molto grave che i vertici della Camera dei deputati ancora non abbiano posto al Governo il problema di questo atteggiamento, che valorizza il ruolo del Senato e penalizza quello della Camera dei deputati. Da questo inizio ci par di capire che per cinque anni non avremo il diritto, che ci è costituzionalmente riconosciuto, di modificare le leggi provenienti dal Senato. Nella Costituzione c'è scritto che abbiamo il diritto di modificare i disegni di legge provenienti dal Senato, ma nella sostanza politica che voi avete inaugurato in questa legislatura ciò ci è stato vietato oggi e ci sarà vietato in futuro. Quindi, invitando i vertici di questo ramo del Parlamento ad una riflessione attenta - che non riguarda né la maggioranza né l'opposizione, ma il ruolo della Camera dei deputati nel bicameralismo perfetto, così come previsto dalla Costituzione -, siamo contenti che sia emersa questa difficoltà all'interno del centrosinistra, della maggioranza e del Governo, ma siamo molto preoccupati perché, se questo è l'inizio della vostra legislatura, tutto ci lascia pensare che questa sarà all'insegna del calpestio delle regole (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo brevemente per dichiarare il voto favorevole del gruppo dei Comunisti Italiani a questo provvedimento. Debbo dire in tutta onestà che il tema, proposto non solo dai banchi dell'opposizione ma, talvolta e per certi versi, anche da alcuni colleghi dei banchi della maggioranza, in un certo senso non ci vede disattenti e distratti. In realtà, il fatto che nel primo periodo di attività del Governo si sta ricorrendo con una certa frequenza alla decretazione - che, poi, viene portata alla ratifica del Senato prima che della Camera dei deputati -, è un tema all'ordine del giorno dell'agenda di questo ramo del Parlamento. Questo, talvolta, provoca disagio nell'espletamento della nostra funzione e ci faremo carico di rappresentare le nostre esigenze al Governo, cercando assolutamente ed immediatamente di invertire tale procedimento.
Tuttavia, onorevoli colleghi, questo non può essere un argomento per nascondere la sostanza delle cose: quando la Camera è stata investita della valutazione anche di questo provvedimento, non mi è parso che dai banchi dell'opposizione siano venuti grandissimi contributi (mi riferisco particolarmente all'ultima seduta, nella quale siamo stati impegnati per ore sui vari emendamenti) alla celerità di trattazione. Mi pare di poter dire che, rispetto a questa celerità, si ha maggiore sensibilità quando, come si è tentato con scarsissimo successo già nella scorsa seduta, si mira a far mancare alla maggioranza il numero legale e, quindi, si sostituisce alla forza degli argomenti la forza della matematica, alla quale mi auguro che la maggioranza e i singoli deputati sappiano adeguarsi per respingere questi tentativi.Pag. 46
Per quanto riguarda il merito della proposta, si tratta di un provvedimento necessario. Da parte dell'opposizione si è detto che l'esordio dei primi cento giorni del Governo Prodi sarebbe stato deludente. Si sono richiamati gli organi di stampa, più particolarmente vicini alle forze dell'opposizione, che avrebbero stigmatizzato l'atteggiamento e il percorso del Governo, raffrontandolo a quello dell'onorevole Berlusconi. Mi pare un fatto oggettivo che nei primi cento giorni si sia proceduto all'elezione del Presidente della Repubblica, che ci ha visti impegnati a Camere congiunte, all'espletamento delle elezioni amministrative, che ha impedito l'attività del Parlamento, e del referendum, che certamente non ha chiesto questa parte politica e che ci ha impegnato per oltre una settimana.
Probabilmente, le delusioni derivanti da qualche competizione elettorale hanno acuito il nervosismo sui banchi dell'opposizione. Ma cosa potrebbe e dovrebbe fare il Governo se non cercare di mettere riparo almeno alle situazioni più urgenti ed emergenti? Non dubitino i colleghi dell'opposizione che, non appena la situazione sarà un minimo normalizzata, anche il ruolo dei parlamentari, io ritengo, verrà valorizzato e l'iter legislativo sarà quello che dev'essere nella nostra democrazia parlamentare.
Pertanto, sul merito delle questioni sarebbe troppo lungo in sede di dichiarazione di voto proseguire la disamina, anche perché la semplice sintesi richiederebbe ben più dei dieci minuti che mi sono concessi. Mi limito a dire che il gruppo dei Comunisti italiani esprimerà un voto favorevole su questo provvedimento, perché - lo abbiamo detto in campagna elettorale e lo ribadiamo oggi - abbiamo sottoscritto un programma e poiché il Governo sta andando a spron battuto nella direzione del rispetto del programma sottoscritto, non sarà certamente il sostegno dei Comunisti italiani che verrà a mancare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori intervengo per dichiarazione di voto sulla conversione in legge di questo decreto-legge, che da qualche settimana è alla nostra attenzione. Nessuno di noi ha potuto manifestare entusiasmo per questo provvedimento recante proroga di termini in scadenza. Infatti tutti noi avremmo preferito un diverso passaggio parlamentare, con maggiore tempo a disposizione e con un maggior coinvolgimento delle diverse Commissioni di merito, che avrebbero così potuto mettere l'Assemblea nella condizione di poter esercitare fino in fondo il proprio ruolo.
Tuttavia, mentre ci rendiamo conto che si tratta di una strozzatura del processo legislativo, diciamo anche che si tratta di un provvedimento importante, utile e necessario, che tuttavia non costituisce certo una novità nella storia parlamentare. Voglio ricordare infatti - lo hanno già fatto altri colleghi prima di me, in particolare l'onorevole Ferrari in sede di discussione sulle linee generali - che nel passato quinquennio il Governo Berlusconi ha fatto più volte, almeno una ventina, ricorso ad una decretazione di questa natura. Si tratta soprattutto di andare a vedere, per avere un riferimento non improprio, il primo decreto-legge emanato dal Governo Berlusconi: il n. 411 del 2001. Quello fu un provvedimento esattamente simile a quello che abbiamo oggi in esame: in avvio di legislatura, il Governo è stato costretto ad emanare un decreto-legge che, recuperando termini in scadenza, prorogandoli ed intervenendo su materie su cui da settimane e mesi non si interveniva per via legislativa, ha consentito allo stesso di avviare il proprio lavoro.
Pertanto, si tratta, come ho appunto cercato di dimostrare, di un provvedimento che ha dei precedenti. È una modalità alla quale si ricorre, che certo è discutibile ma che è assolutamente fondata dal punto di vista della legittimità e dell'importanza. Nella passata legislatura sono stati emanati svariati provvedimenti cosiddetti «mille proroghe» su materiePag. 47eterogenee, nei confronti dei quali anche in precedenza il Comitato per la legislazione si era espresso criticamente. Non intendo aggirare tale questione e quindi l'affronterò tra poco. Ribadisco però, in ordine a tale aspetto, con molta fermezza che anche nella passata legislatura, sia quando si trattava di proroghe per l'esercizio di deleghe legislative (su diverse materie) sia quando si discuteva dell'attribuzione di nuove deleghe legislative da parte del Governo, la maggioranza e l'esecutivo sono ricorsi a molti provvedimenti cosiddetti «mille proroghe». Peraltro, il decreto-legge n. 173 del 2006, a differenza di casi analoghi riscontrati nel passato, non contiene nuove deleghe, bensì la proroga di termini di esercizio di deleghe aventi natura correttiva o integrativa di atti normativi già emanati.
Pur in presenza dei limiti evidenziati e delle strozzature del processo legislativo, condividiamo questo atto del Governo. Preannuncio quindi il nostro voto favorevole alla sua conversione in legge.
Si tratta, come già detto, di un provvedimento importante e necessario per l'emanazione di atti di natura regolamentare in numerosi settori fondamentali, come ad esempio scuola, agricoltura ed ambiente, nonché in materia di appalti e di forniture di servizi.
Il decreto-legge in esame, varato in avvio di legislatura, serve soprattutto a coprire i vuoti nella fase di transizione proprio tra una legislatura e l'altra. Rilevato il suo limite e dichiarata, quindi, la condivisione del presente decreto-legge ed il voto favorevole alla sua conversione, ciò che più interessa al nostro gruppo è ribadire, in sede di Assemblea, il clima di pacato confronto che abbiamo registrato nelle Commissioni.
Da questo punto di vista, voglio ricordare che vi è stato anche chi, proprio in sede di Commissione, ha svolto un intervento critico sul provvedimento in esame, ma non lo ha fatto, a nostro avviso, sempre in maniera e con toni adeguati o con argomenti forti. Noi, nel rispetto delle posizioni reciproche, vogliamo ribadire, in questa sede, la nostra convinzione della necessità di costruire, a partire dal presente provvedimento, un clima di confronto.
A tale proposito, desidero citare l'intervento che ha ritenuto opportuno svolgere presso il Senato della Repubblica, in quel clima così difficile e conflittuale, il senatore Zanda. Leggo testualmente: «(...) Credo che il Parlamento debba seriamente occuparsi del motivo per il quale viene chiamato così spesso ad approvare provvedimenti che i media chiamano «mille proroghe», e rispetto ai quali abbiamo interesse a conoscere e a correggere le cause che li determinano, invece di inseguirne sempre gli effetti, con modalità talvolta complicate e non sempre lineari (...)».
Noi siamo questi ed usiamo questo linguaggio sia al Senato della Repubblica, sia alla Camera dei deputati. Constatiamo tutti i limiti di provvedimenti come quello in esame, tuttavia, per le ragioni che ho addotto, sosteniamo l'importanza del decreto-legge in esame ed assicuriamo sullo stesso il voto favorevole...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Evangelisti. Chiedo ai colleghi di osservare un po' di silenzio per rispettare l'oratore! Grazie.
Prego, onorevole Evangelisti, prosegua pure il suo intervento.

FABIO EVANGELISTI. La ringrazio, signor Presidente, ma non vi sono problemi.
Come stavo dicendo, riteniamo comunque che si debba aprire, fin da subito, un confronto parlamentare sia presso il Comitato per la legislazione, sia nella Commissione affari costituzionali sul procedimento e sul processo legislativo; del resto, in quell'ultima sede è stato già manifestato un impegno comune (segnalo che, a tale riguardo, è stato espresso un voto unanime) ad affrontare questi argomenti con le forme che il presidente, successivamente, illustrerà. Voglio ricordare, infatti, che lo stesso presidente Violante, in sede di Commissione affari costituzionali, chiudendo una pacata discussione sul provvedimentoPag. 48in esame, ha proposto apertamente l'utilità, a partire dall'inizio di questa legislatura, di avviare un confronto sul processo legislativo.
Questo è il nostro atteggiamento. Ci rendiamo conto, come già detto, dei limiti esistenti, i quali sono tuttavia costituzionali - e, quindi, sono di natura non politica - e non riguardano l'esecutivo in carica; esso, infatti, si è trovato nella condizione di dover intervenire rapidamente per colmare un vuoto legislativo ed assicurare la proroga di termini per l'adozione di atti assolutamente importanti per l'azione di governo.
Con franchezza e con lealtà nei confronti dell'opposizione, riconosciamo dunque i limiti di un ricorso sistematico a tale modalità di azione e ribadisco che proponiamo l'apertura di un confronto politico, in sede di Commissioni, sul processo legislativo, così come hanno già sostenuto il presidente del Comitato per la legislazione, onorevole Franco Russo, ed il presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Luciano Violante. Confermo, pertanto, il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori alla conversione in legge del decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, colleghi deputati, signor rappresentante del Governo, preannunzio il voto fortemente contrario del gruppo di Forza Italia sul provvedimento in esame per le ragioni già ampiamente addotte, da me e da numerosi altri colleghi, nel corso dell'esame svolto in sede sia di Assemblea, sia, prima ancora, di I Commissione.
Siamo rimasti colpiti dal metodo che avete usato nel confezionare il presente provvedimento. Ha ragione il collega Bocchino quando denuncia un modo arrogante e sbagliato di iniziare a legiferare in questa XV legislatura: voi, infatti, ci avete messo di fronte ad un modo di operare che ci ha stupito e che ci fa temere per le garanzie costituzionali!
Noi siamo rimasti stupiti del fatto che giornalisti e mass media, forse più interessati a «nani e ballerine», non abbiano ripreso le nostre polemiche; esse, infatti, sono fortemente basate su temi di fondo. Noi non possiamo permettervi di proseguire a legiferare in tale modo; peraltro, non è neppure il primo caso. Penso al cosiddetto decreto sullo «spacchettamento» dei ministeri e, altresì, al cosiddetto decreto-legge Bersani: sono tutti provvedimenti confezionati e usati in un certo modo.
Cosa vi è di strano in questo provvedimento? Avete preso un decreto a firma Ciampi-Berlusconi che disponeva un rinvio di tre mesi in materia di atti regolamentari e non ne avete conservato neppure le uniche due righe di cui si componeva l'intero testo avendo, invece, sostituito l'articolo unico del decreto-legge con una norma in materia di dati sulla privacy. Inoltre, avete aggiunto, sia nel testo del disegno di legge di conversione sia in quello del decreto-legge innumerevoli disposizioni delle quali si è ampiamente parlato. Mi riferisco, tra l'altro, alle deleghe totali inserite nel disegno di legge di conversione ed al prolungamento di un termine che era già legislativamente perento e che avete richiamato in vita.
Grazie al buonsenso di tanti di voi, siamo riusciti, con le nostre proteste, ad ottenere l'accoglimento da parte del Governo di ordini del giorno che lo impegnano a non portare avanti le deleghe e a provvedere diversamente anche relativamente a quel termine perento e fatto rivivere.
Purtuttavia, il fatto che voi abbiate compreso quali e quante fossero le nostre buone ragioni ancora non ci tranquillizza sul metodo che avete seguito e su quello che state continuando ad adottare negli altri provvedimenti dei quali ho parlato. Non si può condurre una battaglia referendaria appellandosi, anche attraverso i vostri «grandi vecchi», alle norme costituzionali di questa nostra Carta da conservare in toto, e poi non ricordare quantoPag. 49prescrive la Costituzione stessa in materia di decretazione d'urgenza. Straordinari, necessari, urgenti, questi devono essere i requisiti per determinati provvedimenti; invece, quando si inserisce, in un provvedimento di questo genere, una norma di delega si sa già che essa, per sua essenza, non può essere urgente in quanto delega al Governo l'assunzione di provvedimenti in tempi doverosamente e necessariamente lunghi.
Questo è il tipo di atteggiamento e di spregio che si ha per la Costituzione e per la legge fondamentale n. 400 del 1988. Con riferimento a quest'ultima, o la si rispetta o la si abroga! Se volete continuare su questa linea, decidete allora di riformare la disposizione costituzionale stabilendo che si possa adottare la decretazione d'urgenza soltanto in caso di opinione in tal senso del Governo e abrogate l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988! Ma non continuiamo, in modo farisaico, ad osservare che anche nelle altre legislature la prassi in qualche modo aveva consentito di comportarsi così: non è vero, non è vero!
Ricordo perfettamente che nei pochi casi simili - non eguali - la discussione comunque si era svolta ed aveva portato alla presentazione di un'emendamento di iniziativa governativa che aveva recepito tante proposte emendative di iniziativa parlamentare frutto della discussione medesima. Qui si è discusso per qualche minuto sulla norma originaria, poi si è immediatamente passati all'esame dell'emendamento governativo, sul quale nessuno in questo Parlamento ha potuto interloquire per la fretta.
Noi vi abbiamo chiesto perché siete ricorsi a questo decreto-legge il 12 maggio 2006 e perché non avete adottato uno o più decreti-legge o provvedimenti diversi più avanti nel tempo, in modo da avere la possibilità di discuterli senza che scadessero oggi, martedì 11 luglio, con la conseguenza che non si è potuto discutere del provvedimento in sede parlamentare, né al Senato, né alla Camera.
Lo avete fatto - lo chiediamo in modo non retorico - per presentare al Presidente della Repubblica Napolitano un provvedimento, ossia la legge di conversione, sul quale egli non ha potuto interloquire, perché, se gli aveste presentato un decreto-legge (con tutte quelle deleghe, proroghe e norme sbagliate), non avreste ottenuto la sua firma, mentre avete avuto quella del Presidente Ciampi su un decreto-legge di due righe, che non c'entra niente con tutto ciò che è stato costruito successivamente?
Se questo fosse stato il vostro fine, sarebbe stato gravissimo: un atteggiamento governativo e parlamentare da censurare aspramente. Mi auguro che il Presidente Napolitano, al quale abbiamo già fatto ricorso verbale attraverso i nostri interventi in queste aule, sia attento a questo provvedimento «mille proroghe» e che valuti la possibilità di firmare la legge di conversione o di rinviarla all'esame delle Camere, perché il vostro Governo non può cominciare con questi sistemi.
Noi, come opposizione, abbiamo il dovere di garantire la conformità costituzionale dei provvedimenti. Il supremo garante della Costituzione, il nostro Presidente della Repubblica, deve ascoltarci e verificare, dall'alto della sua sapienza, quanto diciamo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, rappresentanti - numerosi, fortunatamente - del Governo, colleghe e colleghi, annuncio ovviamente il voto favorevole del gruppo dei Verdi alla conversione di questo decreto-legge.
Non mi esimerò, nei pochi minuti che ho a disposizione, dal cercare anche di rispondere pacatamente agli interventi, dai toni quasi ultimativi e drammatici, che ho ascoltato, con rispetto, da parte di qualche collega dell'opposizione. Non mi esimerò dal farlo perché, forse, si chiarirà un po'Pag. 50la situazione e quali sono i precedenti di questa vicenda legislativa.
È evidente che nessuno in un'aula parlamentare esulta, né la maggioranza, né l'opposizione pro tempore - ci siamo trovati a parti rovesciate nella scorsa legislatura -, in presenza di decreti-legge che riguardano la proroga di termini legislativi. Tutti, noi Verdi in modo particolare, auspichiamo per il futuro che si stabiliscano termini nelle leggi che possano essere rispettati da tutti, che abbiano effettiva attuazione ed esecuzione e che diano certezza ai cittadini, ai soggetti sociali e alle imprese di un corretto rapporto tra società e Stato.
I decreti-legge sulla proroga dei termini, purtroppo, sono innumerevoli nella storia del Parlamento, anche recente, collega Boscetto. Tali provvedimenti rappresentano, spesso, un momento di incertezza e quasi di sconfitta della capacità dello Stato - chiunque lo governi pro tempore - di assolvere al proprio compito e di mettere in atto le leggi approvate dal Parlamento.
Dico queste parole con assoluta serenità e sincerità, e non mi nascondo dietro il fatto che oggi io sia, in rappresentanza dei miei colleghi Verdi, un deputato della maggioranza. Non mi nascondo rispetto a valutazioni e riflessioni critiche che mille volte ho svolto in passato, anche come deputato dell'opposizione.
Per venire al merito del decreto-legge che stiamo per convertire in legge, ricordo che il primo articolo riguarda la modifica dell'articolo 181, comma primo, lettera a), del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, che proroga dal 15 maggio 2006 al 31 dicembre 2006 il termine per l'identificazione con atto di natura regolamentare dei dati personali trattati per rilevante interesse pubblico, quando il trattamento stesso sia iniziato prima del 1o gennaio 2004.
L'articolo 1-bis reca disposizioni in materia di previdenza per il settore agricolo, novellando il decreto-legge n. 2 del 2006.
L'articolo 1-ter reca un'ulteriore proroga di sei mesi, fino al 31 dicembre 2006, del termine fissato dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 28 del 2004 per la gestione transitoria da parte della BNL del nuovo fondo per il sostegno alle attività cinematografiche.
L'articolo 1-quater riguarda una nuova proroga del termine di entrata in vigore della disciplina sulla sicurezza degli impianti.
L'articolo 1-quinquies proroga il termine relativo a una serie di adempimenti in materia di riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche.
L'articolo 1-sexies prevede di garantire la copertura degli insegnamenti, mediante affidamento e supplenze, nelle università, che continuano così ad applicare, fino al termine dell'anno accademico 2006-2007, le disposizioni di cui all'articolo 12 della legge n. 341 del 1990.
L'articolo 1-septies proroga dal 12 agosto 2006 al 31 gennaio 2007 l'entrata in vigore della parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, il cosiddetto codice ambientale, che reca disposizioni in materia di valutazione d'impatto ambientale (VIA), di valutazione ambientale strategica (VAS) e di autorizzazione ambientale integrata (AIA), meglio nota con l'acronimo in lingua inglese IPPC (Integrated pollution prevention and control).
L'articolo 1-octies reca alcune modifiche al codice dei contratti pubblici.
Tutti sappiamo che, su questi punti, si è sviluppato un confronto positivo. Devo dare atto che si è istaurato un rapporto corretto fra maggioranza e opposizione sulle questioni di rilevanza istituzionale contenute nell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge. Molti colleghi, da una parte e dall'altra, hanno giustamente ricordato che abbiamo trovato una positiva convergenza con il Governo, il quale ha accettato una serie di ordini del giorno, sia della maggioranza sia dell'opposizione, che lo impegnano a sospendere l'esercizio di una serie di deleghe inserite nell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, in attesa che le stesse vengano invece ricomprese e riassunte in un autonomo disegno di legge ordinario.Pag. 51
Fin qui, credo di aver svolto una leale descrizione dei contenuti del decreto-legge e di aver evidenziato la problematicità di questi provvedimenti e l'accordo positivo raggiunto tra maggioranza e opposizione sull'impegno del Governo a sospendere l'esercizio delle deleghe in attesa di un disegno di legge.
Voglio però concludere il mio intervento, signor Presidente, rivolgendomi sempre con rispetto al collega Boscetto, al collega Bocchino e ad altri colleghi che hanno parlato dall'opposizione. Vorrei ricordare loro ed a tutta l'Assemblea, e lasciare agli atti parlamentari, che nel corso della XIV legislatura - maggioranza di centrodestra, Governo Berlusconi - sono più volte intervenuti decreti-legge miranti a prorogare o differire termini legislativamente previsti.
Collega Boscetto, lei sa che io la ascolto sempre con rispetto, amicizia e stima, anche quando dissento. Vorrei ricordare a lei e ad altri colleghi dell'opposizione che in varie occasioni il Governo Berlusconi ha adottato provvedimenti di portata generale contenenti una pluralità di proroghe afferenti a diversi settori. Ricordo almeno le principali di queste occasioni: si comincia nel 2001, all'inizio della scorsa legislatura, e si finisce nel 2005, alla fine della stessa legislatura. Ricordo, in particolare, il decreto-legge n. 411 del 2001, recante proroghe e differimenti di termini, e il decreto-legge n. 236 del 2002, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi in scadenza. Noi non ci siamo mai rivolti al Presidente Ciampi perché non li firmasse, collega Boscetto, evitiamo di tirare la giacca ai Presidenti della Repubblica, anche quelli pro tempore. Ancora: il decreto-legge n. 147 del 2003, recante proroga di termini e disposizioni urgenti ordinamentali; il decreto-legge n. 355 del 2003, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative; il decreto-legge n. 266 del 2004, recante proroga o differimento di termini previsti da disposizioni legislative; il decreto-legge n. 314 del 2004, recante proroga di termini (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale) ...

PRESIDENTE. Silenzio, colleghi ...

MARCO BOATO. Vede, Presidente, qualche collega si stizzisce nel sentire l'elenco dei decreti-legge del Governo Berlusconi in materia di proroga di termini. Noi non abbiamo fatto appelli al Capo dello Stato, abbiamo fatto la nostra opposizione. Rispetto e capisco anche l'opposizione che i colleghi fanno adesso, però bisogna ridimensionare la portata almeno istituzionale delle loro critiche.
L'ultimo decreto-legge che voglio citare, signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, è il decreto-legge n. 273 del 2005, recante definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti: collega Boscetto, tre-quattro volte ricorre tale parola nei titoli dei decreti-legge del Governo Berlusconi in materia di proroga termini che ho citato.
Ho fatto l'opposizione nella scorsa legislatura, capisco che i colleghi Boscetto, Bocchino, Cota e gli altri la facciano in questa; è del tutto normale nella fisiologia parlamentare, ma, per cortesia, abbandoniamo l'ipocrisia politica, istituzionale e costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo dei Verdi)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. L'intervento appena concluso dell'onorevole Boato mi dispensa dal procedere ad una puntuale memoria di quanto avvenuto nella scorsa legislatura. Questa memoria, però, non è inutile e mi limiterò ad un elemento di sintesi: nella scorsa legislatura i decreti-legge sono stati 200 su 687 atti legislativi, cioè il 30 per cento esatto della produzione normativa del Parlamento si è concretizzato in decretazione d'urgenza. Ciò si evince in un documento presentato nel bilancio della scorsa legislatura; lo dico all'onorevole Boscetto, di cui ho ascoltato con interesse l'intervento laddove ha richiamato i sacri principi costituzionali, che a volte c'entrano, ma a volte c'entrano meno.Pag. 52
Nella scorsa legislatura, la decretazione d'urgenza e la relativa fase di conversione si sono connotati come strumenti versatili di legislazione che hanno totalmente trasceso dai paletti rigidi fissati dall'articolo 77 della Costituzione. È stato il bilancio di una legislatura a dimostrare come sia stato fatto un uso del tutto improprio di questo strumento normativo. Hanno ben ricordato l'onorevole Evangelisti e poi l'onorevole Boato come non sia affatto inusuale che i Governi provvedano con decreti alla proroga di termini, ma c'è un elemento specifico di questa vicenda che vorrei in maniera molto elementare ricordare.
Quando tra un Governo ed un altro, tra una legislatura e un'altra, per le vicende che hanno caratterizzato questo passaggio, trascorrono addirittura diverse settimane tra l'intervento di un Governo e l'intervento di quello successivo, è del tutto naturale che vi siano termini, anche importanti, che richiedono un aggiornamento. Qui non ho sentito sufficientemente ricordare questo elemento di natura istituzionale molto elementare: un Governo che subentra, per assicurare la continuità dell'azione amministrativa, ha bisogno di interventi che nella precedente legislatura sono stati adottati ripetutamente.
Credo che questo sia un elemento importante. Vedete, qui si è parlato di deleghe; ma non è stato sufficientemente notato come in alcuni casi ci siano delle deleghe vere e proprie che vengono inserite nei decreti-legge. Questo, sì, viola in maniera patente i principi della legge n. 400 del 1988; ma quando si spostano dei termini, quando si adottano dei decreti integrativi o correttivi, si svolge un ruolo di supplenza per una carenza di attività che vi è stata nella precedente amministrazione. Almeno questo va riconosciuto, perché altrimenti ho paura che, alzando troppo il tono su un decreto di questo tipo, che rientra nella assoluta normalità della legislazione di questa Camera e della legislazione precedente, paradossalmente poi non si riescono a distinguere casi totalmente diversi.
È stato già ricordato che noi facciamo parte anche del Comitato per la legislazione; il presidente di tale Comitato, l'onorevole Russo, ha riportato in quest'aula l'esito dei lavori e ha presentato un ordine del giorno. Vorrei dire qualcosa di più: l'onorevole Violante, come presidente della I Commissione, ha per primo individuato una serie di problemi che riguardano i rapporti tra la Camera e il Senato, i rispettivi regolamenti, e ha esortato a studiare delle formule di intesa per ovviare a problemi che avevamo denunciato più volte nella scorsa legislatura. Lo ha dimostrato il Governo, nella persona del sottosegretario D'Andrea. Alcuni lo considerano un elemento da criticare, io lo ritengo il segno di un nuovo atteggiamento nei rapporti tra Governo e Parlamento: ci sono esigenze che nascono nella maggioranza e che trovano una risposta e una intesa nell'opposizione, per quanto riguarda i profili di natura istituzionale. Voi potrete darne una interpretazione negativa, io la considero una pagina eccellente del rapporto parlamentare. È un elemento significativo anche il fatto che noi ci troviamo a discutere di questi testi - la volta scorsa e oggi - in presenza di un Governo che dialoga con noi.
Spesso ciò non è accaduto nella scorsa legislatura.
Si tratta di un elemento che lascia un segno, in quanto oggi ci accingiamo a votare il decreto-legge riguardante le proroghe dei termini, ma subito dopo dovremo esaminare un provvedimento di diversa natura. Ritengo dunque che tale metodo debba essere considerato positivo.
Quindi, ringraziando il Governo, il ministro e il sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, intendo sottolineare che questo decreto-legge - che anche durante la discussione in Commissione è stato caratterizzato dal confronto con l'opposizione - segna una pagina parlamentare totalmente diversa rispetto al passato.
Per tali ragioni e richiamando le considerazioni già svolte da alcuni colleghi, a nome del gruppo dell'Ulivo, preannuncio convintamente il voto favorevole sul provvedimento in esame.

Pag. 53

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1222)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1222, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(S. 325 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione) (Approvato dal Senato) (1222):

(Presenti 510
Votanti 509
Astenuti 1
Maggioranza 255
Hanno votato sì 295
Hanno votato no 214).

Prendo atto che i deputati Capitanio Santolini, Zinzi e Lanzillotta non sono riusciti ad esprime il proprio voto.
Prendo atto altresì che il deputato Fundarò non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,25).

CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, approfitto della presenza di numerosi rappresentanti del Governo, per segnalare - ma, sicuramente, non sarà sfuggito - che, questa mattina, su la Repubblica, si è compiuto un ulteriore passo avanti con riferimento al circuito mediatico procure, interrogatori, segretazioni, diffusione di notizie. Tuttavia, questa volta, la questione assume particolare gravità in quanto, in un interrogatorio segretato, sono stati fatti i nomi di persone che operano all'estero che - indipendentemente dal fatto se ciò sia o meno veritiero - sono state indicate quali collaboratori dei nostri Servizi.
Faccio presente - come ho già fatto questa mattina in Commissione al ministro Amato, che si è dichiarato esterrefatto per quanto sta accadendo - che, in tal modo, si mette a repentaglio la vita di coloro che, anche in paesi stranieri, hanno collaborato (pensiamo al caso Sgrena, al caso Quattrocchi, a quello di Simona Torretta e Simona Pari) con i nostri Servizi. Inoltre, si rischia di frantumare la credibilità internazionale dell'Italia. Infatti, credo non vi siano precedenti al mondo nei quali sui giornali appaiano vicende così delicate con nome e cognome dei collaboratori.
Poiché il ministro Amato ha giustamente affermato che il problema trascende le sue competenze, chiediamo che il Governo riferisca su quali iniziative intenda attuare al più presto per evitare che tali situazioni abbiano a ripetersi e prima che accadano fatti irreparabili per la sicurezza delle persone e per la credibilità internazionale del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, senza aprire un dibattito sull'argomento, mi pare che la richiesta sia molto esplicita. Credo peraltro che il Governo sia ampiamentePag. 54rappresentato. Riferirò comunque al Presidente della Camera affinché adotti le iniziative più opportune.

Seguito della discussione della mozione Bondi ed altri n. 1-00005, concernente iniziative volte alla definizione dei requisiti per l'accesso a cariche istituzionali (ore 15,28).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della mozione Bondi ed altri n. 1-00005 (Nuova formulazione), concernente iniziative volte alla definizione dei requisiti per l'accesso a cariche istituzionali (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali della mozione.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la giustizia, che esprimerà altresì il parere sulla mozione all'ordine del giorno.

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, onorevoli deputati...

EMERENZIO BARBIERI. Ma come si chiama il sottosegretario?

IGNAZIO LA RUSSA. Sono troppi, non li conosciamo!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sta parlando il sottosegretario Li Gotti...

IGNAZIO LA RUSSA. I nomi! Il nome di battesimo!
Guardaci! Vogliamo sapere il nome di battesimo!

PRESIDENTE. Prego, signor sottosegretario, prosegua pure.

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Stavo dicendo che nella mozione presentata, riformulata nella giornata di ieri, il Governo viene invitato ad assumere eventuali iniziative al fine di regolamentare il ruolo e le possibilità di esercizio delle prerogative parlamentari dei singoli deputati.
La genericità dell'intervento richiesto al Governo impone, ovviamente, allo stesso di verificare quali tipi di iniziative siano possibili in merito. Intendo riferirmi alla mozione nel suo testo originario che, pur rimanendo in un ambito di genericità, aveva comunque individuato alcune possibili iniziative, facendo espresso riferimento a quelle di tipo normativo ed a quelle di sollecitazione alla maggioranza affinché quest'ultima presentasse un codice di autoregolametazione sulla cui proposta sarebbero potuti confluire i voti dell'opposizione.
La materia della quale ci stiamo occupando trova lo spunto dalle posizioni giudiziarie di due parlamentari e premetto che il Governo fornisce i relativi dati poiché sono essenziali per la discussione e la votazione della mozione.
Per quanto riguarda il deputato D'Elia, risulta che alla fine degli anni Settanta, al medesimo deputato furono contestati e riconosciuti come effettuati alcuni specifici comportamenti delittuosi. Per tali comportamenti delittuosi, sicuramente gravi, la procura generale di Milano provvide a determinare il cumulo della pena in anni diciassette. La pena è stata espiata ed il 29 settembre 2000 il tribunale di sorveglianza di Roma, con ordinanza, ha concesso la riabilitazione al deputato D'Elia per tutti i procedimenti per i quali era intervenuta condanna.
Come voi sicuramente, onorevoli deputati, sapete, l'istituto della riabilitazione estingue totalmente le pene accessorie: dunque, pena principale espiata, pena accessoria estinta con l'ordinanza di riabilitazione, istituto previsto dal nostro codice penale.Pag. 55
Per quanto riguarda la posizione del deputato Daniele Farina, che ha subito condanne cumulate a mesi dieci di reclusione e giorni venti di arresto...

GIACOMO STUCCHI. Bella gente avete! Complimenti...!

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. ...il tribunale di sorveglianza di Milano provvedeva a concedergli il beneficio dell'affidamento in prova, all'esito del quale la pena veniva dichiarata estinta. Questa la situazione giudiziaria dei due parlamentari.
Quanto alle iniziative del Governo, faccio presente che eventuali iniziative normative tendenti a far dotare il Parlamento di un codice di autoregolamentazione sono vietate, per la semplice ragione che la materia dei regolamenti parlamentari è riservata al Parlamento e che la relativa normativa è di rango costituzionale, ai sensi dell'articolo 64 della nostra Costituzione.
Le norme dei regolamenti parlamentari - sul punto non concordo con l'onorevole Zaccaria - sono sottratte anche al sindacato di legittimità costituzionale, avendo la Corte costituzionale reiteratamente ritenuto che esse costituiscano fonti separate (le pronunce della Corte costituzionale che hanno attribuito alle norme regolamentari della Camera natura di disposizioni di rango costituzionale sono la sentenza n. 154 del 1985 e le ordinanze nn. 444 e 445 del 1993). Se questo è il quadro costituzionale di riferimento, il Governo non è titolare di iniziative finalizzate a disciplinare il regime di incompatibilità o ineleggibilità alle cariche istituzionali interne della Camera.
Per quanto riguarda, invece, il secondo profilo, relativo ad una possibile iniziativa del Governo volta a sollecitare la maggioranza ad approvare eventuali modifiche del codice di autoregolamentazione, faccio presente che la materia è stata già esaminata da questa Assemblea. Ricordo al Parlamento che, nella seduta del 5 luglio del corrente anno, ossia una settimana fa, questa Camera ha esaminato la proposta di istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia.
In quella sede, si è discusso dei requisiti dei deputati chiamati a far parte della Commissione. Nel testo unificato era stata evidenziata la possibilità di assegnare al Presidente della Camera il compito di valutare, nella indicazione dei componenti la Commissione, la particolare specificità dei compiti di quest'ultima. Al riguardo, veniva presentato un emendamento dai deputati Boschetto (Commenti)... - Boscetto, chiedo scusa - e Santelli, di Forza Italia.
Per vostra e per mia memoria vi leggo ciò che l'onorevole Boscetto ha dichiarato in questa aula e che il Governo condivide pienamente: «Si sostiene che nella nomina dei componenti la Commissione si deve tenere conto della specificità dei compiti ad essa assegnati. Abbiamo proposto di sopprimere questo periodo, in quanto riteniamo che i parlamentari abbiano il pieno titolo di partecipare ad ogni Commissione, ivi compresa una importante quale l'antimafia, senza alcun limite. Ci sembra che quando si richiede di tenere conto della specificità dei compiti di tale Commissione si ponga un limite. Ciò contrasta, del resto, con le norme costituzionali, secondo cui ai parlamentari eletti in rappresentanza del popolo spetta la pienezza dei poteri, appunto di rappresentanza, e quindi non vi possono essere in alcun modo decisioni che tengano conto della specificità dei compiti di una particolare Commissione (...). Mi permetto pertanto di insistere affinché il mio emendamento 2.25 sia approvato, nell'interesse di tutti i parlamentari e delle loro prerogative costituzionalmente sancite (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)».
Interveniva sul medesimo argomento il deputato Gianpiero D'Alia, del gruppo UDC, che, pur confermando il testo unificato proposto, specificava: «Questo è un tema estremamente delicato perché incide sullo status di parlamentare e, quindi, sulla copertura costituzionale del provvedimento. È evidente, infatti, che chi ha i requisiti per essere eletto parlamentare haPag. 56i requisiti per poter svolgere tutte le funzioni che, all'interno delle varie articolazioni del Parlamento, sono promosse. Questa è la prima ragione per la quale noi abbiamo detto "no" agli emendamenti che prevedevano l'introduzione di requisiti particolari o l'esclusione di parlamentari. Ciò, lo ripeto, perché si porrebbe un problema di natura costituzionale».
Il testo unificato proposto dal deputato Gianpiero D'Alia riceveva, nella seduta del 5 luglio, il voto plebiscitario di questa Assemblea: 500 voti favorevoli e 2 astenuti. Il Governo ritiene di richiamarsi a tale voto e di rispettare i principi della coerenza nella valutazione effettuata da questo Parlamento.
La questione oggi posta, in punto di riferimento a principi costituzionali, è la medesima di quella già affrontata una settimana fa da questa Camera su cui si è registrata la maggioranza che vi ho citato. Vorrei soltanto capire se il principio affermato così sovranamente e in forma così plebiscitaria a distanza di una settimana sia oggetto di ripensamento e di critica da parte di coloro che lo hanno proposto (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi e de La Rosa nel Pugno).
Tutto ciò, ovviamente, prescinde dal ricordo indelebile delle tante vite soppresse, delle tragedie vissute e del dolore incancellabile dei familiari. Il ricordo degli anni di piombo e delle sofferenze è la prima difesa per il nostro paese. I popoli che rimuovono la propria storia non saranno mai nazione. Non si vuole dimenticare, non si dimentica, non si può dimenticare! Questa è la posizione del Governo che, pertanto, esprime parere contrario sulla mozione in esame (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, de L'Italia dei Valori, de La Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani e dei Verdi).

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, colleghe e colleghi, la mozione che abbiamo discusso in quest'aula, presentata dal deputato Bondi ed altri, sulla presunta inopportunità politica di due nostri colleghi, il deputato Sergio D'Elia e il deputato Daniele Farina, ad assumere incarichi nella loro funzione di deputati, di parlamentari - nello specifico, stiamo parlando della carica di segretario di Presidenza e di vicepresidente della Commissione giustizia della Camera - configura, a giudizio del nostro gruppo, una abnorme azione parlamentare. Utilizzo questo termine, non solo perché condivido quanto prima motivato dal sottosegretario, anche se ritengo che sia altra la natura della nostra discussione, ma anche perché esprimere una limitazione della riserva assoluta di legge, adottata da quest'aula nei riguardi delle prerogative dei parlamentari, così come veniva ricordato da altri colleghi, in particolare dal collega Zaccaria, penso che sia una palese ed evidente indicazione di quale sia la volontà del centrodestra e dell'opposizione in quest'aula di tenere in considerazione la nostra Carta costituzionale.
Il Governo, come si sa, non ha alcuna competenza in merito ed una mozione di indirizzo ad esso rivolta appare una forma illegittima e propagandistica di riapertura della discussione su vari aspetti, sui quali pure mi concentrerò. È la sovranità del legislatore che viene minata e quindi gli articoli 3, 48 e 51 della Costituzione devono appartenere non solo ad una riflessione equanime di quest'aula, ma anche al rispetto dovuto alla nostra Carta costituzionale.
Ma l'argomento della richiesta di votazione sulla mozione presentata è ovviamente un altro, è un argomento tutto politico, con l'introduzione surrettizia di un quarto grado di giudizio, che all'interno di quest'aula voi dell'opposizione volete utilizzare in maniera discrezionale nei confronti non tanto di singole persone, per le quali bisognerebbe avere rispetto, per la loro storia personale e politica...

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GIACOMO STUCCHI. Per le vittime occorre rispetto...

GENNARO MIGLIORE. ...oltre al rispetto dovuto alle istituzioni, che hanno valutato l'indicazione e l'accoglimento di percorsi difficili, come quelli della riabilitazione.
L'introduzione di un quarto grado di giudizio è segnatamente legata alla vostra equanime e disponibile definizione di quali siano i principi entro i quali si parla di moralità all'interno di quest'aula. Vede, signor Presidente, colleghe e colleghi, è inaccettabile l'utilizzo della parola «moralità» della decisione, in relazione a questa vicenda.
Si tratta della storia di due persone, che hanno avuto esperienze diverse, ma ciò che volete le accomuni è una cultura che intendete immettere nel nostro ordinamento giudiziario, che per quanto vi riguarda non svolge funzioni democratiche, bensì funzioni autoritarie, discrezionali, senza che vi sia il minimo accordo su quale debba essere la qualità della rieducazione prevista dallo Stato di diritto all'interno del nostro sistema.
Volete immettere una cultura dello «stigma», cioè stigmatizzare, porre un marchio di infamia sulle persone, su intere generazioni. Per voi ci sono le generazioni con questo marchio e ci sono aspetti, che travalicano le generazioni, che invece vivono nell'impunità, rispetto alle responsabilità nei confronti di questo paese.
Noi ci rifiutiamo di associare una vicenda come quella che tutti abbiamo condannato e che ha provocato tanto dolore all'interno del nostro paese (quella della cosiddetta stagione degli anni di piombo), a quella invece delle lotte sociali, che hanno caratterizzato nel corso degli ultimi anni il nostro paese, e non solo.
Vorrei dire ancora che il rigoroso e doveroso rispetto per il dolore delle vittime non può essere utilizzato come fate voi, in maniera strumentale, senza alcun senso di umanità, anche rispetto a quelle vittime, poiché tutti noi abbiamo condannato, solidarizzato e vissuto intimamente il dolore per quelle morti; certamente, abbiamo anche saputo collettivamente, come istituzioni, riconoscere, anche in alcuni atti fatti propri dal deputato e nostro collega D'Elia, come quello della dissociazione, il percorso difficile che ha portato a sconfiggere il fenomeno terroristico.
È questo il motivo per cui vi chiediamo non solo conto della abnormità istituzionale, ma anche dell'incapacità di leggere quali siano le condizioni nelle quali tale discussione si propone. È per questo che - vedete - nel corso di questi anni, quando avete voluto recare, sulla generazione che ha attraversato le strade di Genova, quel marchio di «violenti», dovete sapere che sono stati proprio «quelli e quelle» presenti in quelle piazze che hanno scelto la non violenza, il senso della partecipazione alla politica come impegno personale, di liberazione, e come impegno di una ulteriore partecipazione.
Voi non siete la cattedra dalla quale accetteremo mai giudizi, ma soprattutto noi tutti ci sentiremo sempre più tutelati se, all'interno di quest'aula, le rivendicazioni riguardo alle prerogative ed alle facoltà dei parlamentari che vi siedono saranno valutate secondo lo spirito e la lettera della nostra Costituzione.
In questo le generazioni coinvolte hanno espresso giudizi simili sulle pagine della nostra storia: da un lato, un giudizio di condanna netto e irrevocabile e di solidarietà per le vittime del terrorismo; dall'altro, invece, la rivendicazione di un percorso di partecipazione come quello proprio delle lotte dei movimenti.
A questo richiamiamo il senso del nostro voto contrario, non solo perché avete, in maniera illiberale, proposto un testo che non era neppure minimamente di competenza di quest'Assemblea, ma anche perché vi siete assunti un onere che non è vostro e anche un'idea secondo la quale la giustizia si ripropone a seconda dei soggetti coinvolti.
Noi crediamo nelle istituzioni democratiche: speriamo che anche voi ci crediate allo stesso modo (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e de La Rosa nel Pugno).

Pag. 58

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villetti. Ne ha facoltà.
Le ricordo che lei ha sette minuti di tempo a disposizione per il suo intervento.

ROBERTO VILLETTI. Non ripercorrerò, signor Presidente, quanto è stato detto nel dibattito generale da parte dei deputati Capezzone, De Cristofaro, Zaccaria e quanto adesso ha dichiarato il capogruppo di Rifondazione Comunista, Gennaro Migliore, né quanto è contenuto nella documentazione che il deputato Sergio D'Elia ha inviato a tutti quanti noi, suoi colleghi e sue colleghe.
La mozione presentata dai deputati Bondi, Elio Vito, Volonté, Giovanardi e Leone vorrebbe impegnare il Governo ad intervenire in merito alle prerogative e ai diritti di ciascun deputato; implicitamente, ha posto il problema di allargare le cause di ineleggibilità, poiché al deputato eletto non si possono porre limitazioni nello svolgimento del suo mandato, compreso il suo diritto di essere eletto a far parte di qualsiasi organo parlamentare.
Non mi nascondo però che la mozione Bondi ed altri è stata presentata con un altro scopo che potremmo definire strumentale: promuovere di fronte alla Camera un nuovo processo nei confronti del deputato Sergio D'Elia e del deputato Daniele Farina, ed ottenere una normale sentenza consistente in un vero e proprio rito di degradazione a deputati di serie B. A mio avviso, non spetta alle Camere questo compito. Se ci si avventura su questa strada - mi rivolgo, in particolare, ai colleghi dell'opposizione con cui abbiamo tante volte discusso di questo argomento - sono messi a repentaglio non solo i diritti di due deputati ma, attenzione, potenzialmente di ciascun deputato.
I motivi per sancire che un deputato è di serie B possono essere i più vari; è sufficiente un'accusa infamante, una notizia pubblicata sul giornale, una condanna di primo grado, un'inchiesta per associazione mafiosa. Basta qualsiasi elemento per trasformare un deputato in un deputato di serie A o di serie B. Voi questo dovreste saperlo bene, e sapete anche come io e il mio gruppo ci siamo comportati in ordine alle vicende che hanno riguardato i diritti dell'opposizione.
Io non accetterò mai questo tipo di impostazione. Chi ha ricevuto una condanna ed ha espiato la sua pena e gli sono stati restituiti i suoi pieni diritti civili, rimane pur sempre un cittadino dimezzato? Se eletto può essere solo un deputato di serie B? Il terreno, quindi, sul quale affrontare il problema non può essere quello della legittimità, ma quello dell'opportunità politica che non è materia attinente alle leggi, come voi pretendete di fare con la vostra mozione, e che non può essere affrontato rivolgendosi al Governo, essendo tale questione - il sottosegretario Li Gotti lo ha detto con molta chiarezza - oggetto di riserva costituzionale perché riguarda i diritti fondamentali dei rappresentanti del popolo. Conseguentemente, tutto il Parlamento dovrebbe difendere i diritti fondamentali del popolo non solo quando gli conviene o quando conviene ad una parte politica, ma quando invece conviene a tutto il Parlamento, a tutta l'istituzione parlamentare.
Ho sentito tante cose sia nell'odierno dibattito sia nel corso della discussione sulle linee generali della mozione in esame. La vita degli uomini e delle donne è complessa; talvolta scorre normalmente, talvolta attraversa tragedie, talvolta provoca tragedie, ma da chi ha sbagliato talvolta, però, può nascere un essere umano che può essere persino migliore di chi è stato del tutto indifferente di fronte al dolore, al bisogno e alle ingiustizie. Ricordiamoci una volta tanto il messaggio cristiano che viene sempre interpretato come una sorta di censura rispetto alla libertà e mai quando raccoglie un elemento di amore, di perdono, di afflato rispetto ai grandi problemi sociali. Questo è il tema su cui dobbiamo soffermarci.
Il collega Sergio D'Elia ha passato meno di due anni nell'organizzazione Prima linea, ha scontato dodici anni di carcere, ha dato vita al movimento della dissociazione che ha contribuito ad indebolire il terrorismo rischiando la vita all'internoPag. 59delle carceri dove poteva essere ucciso dagli irriducibili. Si è impegnato nell'arco di più di un decennio contro la pena di morte, ha sofferto il dolore per l'immatura scomparsa della sua giovane moglie che tanto amava. Avrebbe, quindi, potuto trovarsi nella condizione di uccidere facendo parte di un'organizzazione terroristica. Non ha ucciso l'agente di polizia Fausto Dionisi, non ha partecipato al commando che ha promosso l'evasione e non mi convince l'argomentazione della sentenza secondo cui egli abbia concorso ai preparativi - e chissà quali preparativi - di quella tragica operazione terroristica. Così come non mi convincono tante altre sentenze pronunciate dai nostri giudici; come, ad esempio, quella contro Sofri.
Per carità, non mi dite proprio voi, colleghi dell'opposizione, che le sentenze vanno prese come verità assolute, perché voi le contestate un giorno sì e un giorno no, le contestate quando sono rivolte contro di voi e siete d'accordo quando, invece, non sono rivolte contro di voi: bel garantismo (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno, de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Verdi)!
Sbaglia chi pensa che la presenza dei deputati D'Elia o Farina a pieno titolo sia un'offesa alle nostre istituzioni: no, non è così. La battaglia per il terrorismo l'abbiamo vinta, e l'abbiamo vinta grazie ai grandi movimenti di popolo, ai partiti democratici, alle Forze dell'ordine, a coloro che sono caduti vittime e a tutte le sofferenze che ci hanno accompagnato.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Villetti.

ROBERTO VILLETTI. Riconosciamolo chiaramente, questa nostra democrazia ha avuto una grande forza perché è riuscita a ricondurre tutti, anche coloro che si ispiravano ad ideologie totalitarie, ad approdare ai valori della libertà. Quindi, quando tante volte gridiamo viva la libertà, pensiamo che questo è un grande principio che dovrebbe trovare unita tutta la Camera dei deputati (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno, de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capotosti, al quale ricordo che ha dieci minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mozione sulla quale del tutto inopinatamente alcuni componenti di questa Camera oggi ci hanno chiamato a pronunciarci stupisce non poco sotto il profilo giuridico, politico e, addirittura, morale. Sul piano giuridico, mi pare che molti interventi precedenti abbiano marcato questo fatto; è necessario riportare all'attenzione dei colleghi del centrodestra che il nostro ordinamento giuridico consente l'elezione o, meglio, la candidatura per ogni assemblea rappresentativa a ciascun cittadino della Repubblica che ne abbia i requisiti. Questi requisiti sono verificati dai poteri giudiziari e, poi, se del caso, addirittura dalla Giunta per le elezioni. Evidentemente, i colleghi che oggi siedono in quest'aula erano in possesso dei requisiti prima e sono in possesso dei requisiti oggi.
Parlare di distinzioni all'interno dell'aula è un controsenso giuridico che non ha alcuna argomentazione a sostegno. Per completezza, vorrei ricordare a tutti che l'ordinamento giuridico italiano commina sanzioni a chi compie fatti illeciti di rilievo penale, sanzioni che hanno una funzione repressiva, preventiva e, soprattutto, di rieducazione alla socialità. Nel caso di specie, parliamo di persone che hanno sbagliato e che, avuta consapevolezza del loro errore, hanno pagato il loro debito con la società ed hanno iniziato ad adoperarsi affinché altri non commettessero gli stessi errori. Trattiamo, dunque, di una situazione che, in un certo senso, è figlia del nostro ordinamento giuridico, che è una manifestazione precisa e, quindi, pienamente legale.
Di che cosa ci parla, quindi, l'onorevole Bondi? Dobbiamo credere che egli siaPag. 60ignaro dei profili legali che ho appena enunciato o, forse, è il partito dell'onorevole Bondi a verificare i casellari giudiziari dei propri candidati? Mi piace ricordare che noi Popolari-Udeur siamo sempre stati garantisti in questo senso perché i colleghi potessero espletare il loro mandato. Ciò ribadito sul piano morale, duole constatare come alcuni signori del centrodestra non si facciano alcuno scrupolo nel richiamare alla mente le tante vittime, il dolore terribile di una stagione fosca e difficile della nostra storia e, viene da pensare, tanto per puri fini propagandistici. Codesti signori, pur perfettamente consapevoli di quanto sopra enunciato in tema di legalità dell'elezione, non evitano di farne un caso, forse semplicemente alla ricerca di una qualche frivola notorietà. A chi giova questa requisitoria? Non certamente alle vittime e ai loro familiari, che hanno diritto ad un po' di tranquillità, familiari e vittime alle quali, ancora una volta, vorrei esprimere tutta la nostra solidarietà; non ai colpevoli, che, seppur espiata la loro pena, dovranno convivere con un ricordo difficile e risponderne sempre alla loro coscienza e, poi, a Dio; non all'opinione pubblica, che vivrà queste vostre dissertazioni semplicemente come un riaprire una vecchia ferita, una ferita che, nella migliore delle ipotesi, risulta un fatto inutile rispetto al bene collettivo che in questa sede dovremmo, ancora per dettato costituzionale, noi tutti massimamente perseguire.
Infine, mi sia consentita qualche dissertazione anche sotto il profilo politico. C'è già qualcosa di tragico nel simile che è chiamato a giudicare il suo simile. Nel Vangelo è scritto: nolite iudicare. C'è stato un tempo in cui il falso problema dell'alternativa est - ovest, mascheramento della condizione globale della necessità di confronto nord - sud, ha condotto molti a scendere in piazza contro istituzioni democratiche, ossia contro altri uomini ed altre donne perfettamente uguali a loro e parimenti animati da altri ideali. Uomini e donne, nostri fratelli e sorelle, che hanno male interpretato l'ansia di giustizia insita naturalmente in noi, cedendo alle lusinghe di chi indicava tutto il bene da un lato e tutto il male da un altro, di chi indicava l'odio, la distruzione e lo scontro armato come unico riscatto di libertà.
La storia ha fatto luce su questi fatti, fortunatamente. L'enciclica miracolosa Pacem in terris di Papa Roncalli, ancora oggi così attuale, ha salvato il mondo dalla distruzione totale, additandoci il dialogo ed il confronto, nel rispetto reciproco e nel quadro della sicurezza e della sostenibilità reale, unico vero percorso per lo sviluppo del genere umano. Vi è dunque una differenza di legittimità tra coloro, pure in buona fede, che hanno male impiegato il loro desiderio di pace e di giustizia e quanti invece hanno consapevolmente scelto l'«anti-Stato»: penso alla mafia, alla P2 e agli ancora non chiari tentativi di golpe verificatisi nel nostro paese. Una differenza di scelta, ignara o cosciente, che pesa in tema di legittimità.
In conclusione, lasciamo, dopo averli tante volte inutilmente richiamati al lavoro e alla pace, alla loro sorte gli stanchi e rari sostenitori di un mondo che non esiste più, veri e propri sepolcri imbiancati, che perseguono un interesse puramente egoistico, incosciente e in malafede, sui quali noi Popolari-Udeur, poiché democratici di ispirazione cristiana, non vorremmo, in ossequio appunto al Vangelo, esprimere un giudizio. A queste persone diciamo che si può e si deve fare di più ed in ambiti ben più concreti ed utili per la società italiana e per il genero umano.
Troppe sono le questioni aperte, sulle quali dovremmo pronunciarci assumendoci responsabilità grandi dinanzi alle donne e agli uomini di tutta la nazione. L'odio non ci appartiene. Noi vogliamo essere diversi e guardare all'avvenire, sapendo che esso appartiene agli innovatori seri, attenti e senza retorica. Il paese ci chiede di andare avanti e di adoperarci per tutti. Facciamolo insieme, affidando alla storia ciò che fu e che ancora oggi, inutilmente e senza rispetto, viene recriminato: nessuno tocchi Caino, appunto.
Resta fermo che ogni forza politica si assume la responsabilità delle proprie scelte, anche in tema di candidature. AlcuniPag. 61ritengono che il voto popolare sani tutto; altri no. Noi Popolari-Udeur non siamo d'accordo con quanto detto in quest'aula più volte dall'onorevole Berlusconi e dall'onorevole Bossi. Ma non ci piace neanche chi sceglie per dividere.
Detto ciò, il gruppo Popolari-Udeur dichiara il voto contrario sulla mozione in discussione, esprimendo ancora, ed infine, solidarietà alle vittime e ai familiari (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasparri, al quale ricordo che ha quattro minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pochi attimi per dire - interverrà successivamente anche il capogruppo La Russa - che è giusto votare a favore di questa mozione. Noi non stiamo facendo una discussione sui diritti formali di un parlamentare eletto. Stiamo facendo una discussione sostanziale, che ha trovato condivisione, come sicuramente sottolineeranno altri colleghi, in vari ambiti.
Voglio dire proprio al collega D'Elia che sere fa mi è capitato di vedere - cito una fonte insospettabile -, in un dibattito televisivo su Sky riguardante i temi della politica ma anche questo tema, Sergio Segio - un nome che dovrebbe dire qualcosa all'onorevole D'Elia -, un altro promotore di gruppi armati, un protagonista, in negativo ovviamente, di quella stagione, che oggi svolge un altro genere di attività, che definiva inopportuna la designazione dell'onorevole D'Elia nell'Ufficio di Presidenza.
Quindi, evidentemente, non è così bizzarra una tesi che trova l'attenzione e il consenso di tanti esponenti del Parlamento, che trova all'esterno del Parlamento stesso organizzazioni del mondo della sicurezza e delle Forze dell'ordine esprimere sbigottimento rispetto a questa scelta.
Io, francamente, quando si è aperta questa discussione, immaginavo che proprio l'onorevole D'Elia risolvesse il dilemma. Non mi sembra fondamentale, infatti, assumere l'incarico di segretario dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, poiché si tratta di una carica formalmente importante, ma che nulla cambia rispetto alla possibilità di partecipare al dibattito politico; pertanto, avrei immaginato una scelta dignitosa di questo genere.
Dopodiché, riteniamo che la perseveranza di avere eletto a simbolo chi possiede un percorso di questa natura denoti quasi la volontà di sottoscrivere un intero percorso. Peraltro, ritengo che anche alcune affermazioni fatte dall'onorevole D'Elia abbiano motivato molti parlamentari a sostenere la mozione in esame. Infatti, dare una lettura riduttiva delle sentenze che lo riguardano e delle responsabilità del passato, in alcune lettere che ci sono pervenute, non mi sembra abbia indotto chi condivide la mozione Bondi ed altri n. 1-00005 a rivedere la propria posizione.
Si è parlato dell'impegno svolto dall'onorevole D'Elia assieme ad alcune associazioni, come Nessuno tocchi Caino. Io rispetto tutto e tutti, ma mi tocca constatare che chi ha avuto responsabilità in questo ambito, a destra come a sinistra - perché ricordo di aver sollevato queste obiezioni, in epoche non sospettabili, erga omnes -, si ritiene poi un «buon maestro» dopo essere stato non soltanto un «cattivo maestro», ma anche un pessimo operatore nella stagione degli anni di piombo.
Vorrei osservare che forse qualcuno trova virtuoso e positivo avere «esagerato» - ed uso un eufemismo - in passato, promuovendo e partecipando ad azioni nell'epoca del terrorismo, per successivamente ergersi quasi a maestro di buoni costumi e di rispetto della vita altrui. Sarebbe stato meglio, allora, che chi oggi sostiene quei principi con la citata associazione li avesse praticati - e mi riferisco a destra ed a sinistra - quando riguardavano Abele, anziché ricordarsi che non bisognava toccare Caino, vale a dire quando troppa gente è dovuta cadere sotto i colpi dei terrorismi di diversa provenienza!Pag. 62Francamente, quindi, trovo un po' disdicevole ergersi a «buoni maestri», ma ciò consegue al dibattito che si è innescato.
Inoltre, l'elezione ai vertici della Commissione giustizia della Camera di chi è pluricondannato per atti di violenza e prevaricazione, poiché ha inteso conculcare i diritti democratici di tante persone, è la dimostrazione dell'esistenza della volontà di affermare alcune posizioni e di legittimare alcuni percorsi...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

MAURIZIO GASPARRI. ... che è lecito - e concludo, signor Presidente - non condividere.
Credo che l'onorevole D'Elia compierebbe un gesto molto nobile se fosse lui a concludere questo dibattito, rinunciando ad un ruolo che nulla aggiunge a lui, ma che sembra quasi un atto di prepotenza per legittimare percorsi e trascorsi che non solo fuori dal Parlamento, ma anche in questa sede molti ritengono tali da non porre al vertice dell'Assemblea della Camera dei deputati [Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, per dieci minuti, l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo di impiegare meno dei dieci minuti che mi vengono assegnati per la dichiarazione di voto nell'annunziare il voto contrario del gruppo dei Comunisti Italiani sulla mozione Bondi ed altri n. 1-00005.
Leggendo il resoconto della seduta di ieri (alla quale, purtroppo, non ho potuto presenziare), e comunque esaminando il testo della mozione all'ordine del giorno, ho potuto innanzitutto verificare che la stessa conteneva una anomalia evidente. L'anomalia evidente che, a mio avviso, avrebbe dovuto condurre ad una declaratoria di inammissibilità di questo atto di indirizzo è rappresentata dal fatto che, su una materia riservata alla competenza legislativa del Parlamento, ci si rivolgesse al Governo chiedendo a quest'ultimo l'adozione di provvedimenti necessari ad evitare l'accesso ad alcune cariche istituzionali.
Detto ciò, posto che non conosco tutti i firmatari della mozione in oggetto, ma ho avuto modo di conoscere per l'attività che comunemente svolgiamo in sede di Giunta per le autorizzazioni, sia il presidente Giovanardi, sia il collega Leone, e so che non sono distratti sulle materie giuridiche (anzi, sono assolutamente attendibili quanto a prospettazioni tecniche), mi sono interrogato sul perché una mozione venisse presentata in questi termini e fosse rivolta al Governo. La risposta sono in grado di darla oggi, nel momento in cui leggo il contenuto della mozione in questione nella sua nuova formulazione.
Vedete, onorevoli colleghi, ciò che è emerso nel dibattito, e che il contenuto dell'atto di indirizzo in esame evidenzia, è che si è tentato di compiere, attraverso esso, un'operazione assolutamente non condivisibile, poiché si tende ad accomunare vicende e personaggi che, storicamente, sono assolutamente distanti e diversi tra loro, nonché fatti che non hanno attinenza gli uni con gli altri.
Da un lato, onorevoli colleghi, siamo chiamati a valutare la possibilità, per un membro di questa Camera, di essere eletto alla segreteria dell'Ufficio di Presidenza; ritengo che, piuttosto, faremmo bene o avremmo fatto bene, come partiti, a riflettere, dal momento che una legge elettorale - chi l'ha congegnata l'ha peraltro saputa definire con termini molto migliori di quelli che io potrei usare - ha consentito la candidatura e l'elezione, in ordine di lista, di chi i partiti hanno ritenuto di candidare. Posto che non vi sono limiti, perché la legge ordinaria non ne pone, all'eleggibilità di chi abbia espiato pene detentive anche per reati gravi, è di tutta evidenza che, una volta ammessa la possibilità di essere eletti in questo consesso, non si scorgono le ragioni per le quali, sotto il profilo della norma, non dell'opportunità,Pag. 63si debba contestare la possibilità di essere eletti ad uffici di questa istituzione.
Se si sta parlando, invece, dell'opportunità, ebbene, al riguardo potrei ricordare tantissime questioni che animano il dibattito politico e giudiziario. Potrei ricordare l'opportunità - che abbiamo valutato nei giorni scorsi - di essere componenti della Commissione antimafia: i Comunisti italiani hanno presentato una proposta emendativa, respinta da quest'Assemblea, sulla opportunità della presenza in seno alla Commissione antimafia di persone indagate per delitti di associazione mafiosa. Potremmo anche ragionare sull'opportunità di candidati o di personaggi eletti che si siano valsi della prescrizione anziché accettare il giudizio di merito e sottoporsi, quindi, come comuni cittadini, alla giustizia ordinaria. Potremmo ricordare questioni di opportunità per persone già condannate in primo grado, anche per vicende che sono attuali. Ma siccome sono e siamo sinceri garantisti, sulle questioni di opportunità bisogna essere sempre cauti, e bisogna essere altresì cauti quando esprimiamo giudizi sugli effetti talvolta dirompenti che le norme penali o ordinamentali hanno rispetto alle sentenze ed all'esecuzione delle pene.
Ribadisco, però, che la mozione contiene in sé un'anomalia perché i nomi contenuti nel testo sono due; vorrei al riguardo sapere cosa hanno a che vedere le vicende che riguardano l'onorevole Farina - il cui nome leggo appunto nel corpo della mozione - con tutto il dibattito che in questa sede si è svolto: si sta reiterando il tentativo, già fattosi a Genova, di mischiare le manifestazioni di piazza ed i circoli con il terrorismo degli anni Settanta e con i cosiddetti anni di piombo? È questo il senso che si vuole conferire alla mozione? Allora, se questo è il senso, ritengo che noi dobbiamo respingere questa logica, perché sostenere, senza conoscere il merito, che si tratta, nel caso del collega che ho menzionato, di persona condannata per gravi delitti di sangue, significa fare una asserzione non vera. Sostenere che si tratti di gravi delitti contro la persona significa non conoscere la realtà delle aule di tribunale e non distinguere quanto è grave da quanto non lo è.
È evidente che il corpo della mozione è assolutamente inaccettabile per i Comunisti italiani perché contiene questa operazione distorta; ritengo, invece, che il Parlamento potrebbe più serenamente, con il concorso della maggioranza e dell'opposizione, interrogarsi sulle norme, sulle disposizioni, sul loro raccordo costituzionale, che possano determinare quali siano le condizioni soggettive richieste dalla legge per poter essere eletti a far parte di questa Assemblea. Ed allora, se volessimo affrontare questo problema, parleremmo della situazione di chi ha espiato le pene, di quella di chi si avvale della prescrizione per i delitti contro la pubblica amministrazione e di quella di chi è stato condannato in primo e secondo grado. Parleremmo di tutte queste questioni, sia sotto il profilo della legittimità, sia sotto quello della sensibilità.
Quanto al richiamo fatto alla sensibilità dei parenti delle vittime delle azioni di terrorismo, chi vi parla è troppo giovane per poter semplicisticamente associarsi al dolore di quelle persone in una stagione che ha conosciuto soltanto, probabilmente, quando era ragazzino. Posso solo aggiungere, nel nostro esprimere un voto contrario su questa mozione e nel nostro rivendicare, anche come Comunisti, la memoria delle vittime comuniste cadute per mano dei terroristi, che senz'altro si possono prescrivere i reati ma la nostra memoria non si prescrive (Applausi dei deputati dei gruppi dei Comunisti Italiani e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reina, al quale ricordo che ha sei minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, certamente avrei voluto fare a meno di intervenire, però, il modo in cui si è svolto il dibattito e alcuni dei contenutiPag. 64degli interventi che mi hanno preceduto mi hanno spinto a chiedere, da ultimo, la parola.
Il movimento per l'autonomia che rappresento, sicuramente, non sostiene questo Governo e, fino all'ultima votazione, ho dato ampia testimonianza della posizione che qui dentro esprimo a nome dello stesso movimento.
Tuttavia, con estrema franchezza e lealtà, noi non possiamo votare questa mozione. La funzione del Parlamento, a nostro avviso - è stato qui ribadito - non può assolutamente essere emendata dal Governo. Cosa significa ciò che è stato proposto? A mio avviso, si tratta di una cosa perversa, che va contro anche gli interessi e l'impostazione politica che negli ultimi anni il centrodestra è riuscito a tenere in questo paese. Significa, in altri termini, che noi vogliamo che in qualche misura il Governo abbia una funzione di modifica della situazione parlamentare, che nessuna Costituzione e nessuna etica parlamentare e democratica gli possono attribuire.
Credo che la mozione contenga un errore di base, che non può essere assolutamente accolto. Soprattutto, sono convinto che sia pericoloso sostenere che, siccome i parlamentari in questione sono stati assolti, hanno espiato la pena, che è stata loro comminata, e, dunque, sono eleggibili alla carica cui sono stati chiamati, il Parlamento si debba limitare a prendere atto che ogni parlamentare esercita la propria funzione, esattamente come tutti gli altri, senza nessuna limitazione. Ciò perché dentro di noi ammettiamo il principio che, se anche colpevoli, siccome c'è una semplice legge, possono esercitare questa funzione? No, non è per questo. Sarebbe sbagliato ed è sbagliato affermarlo, come hanno fatto altri.
Qui dentro, nessuno può immaginare che noi siamo una turris eburnea, al di sopra e al di fuori delle passioni, dei difetti, anche dei pregi, che sono propri dei comuni cittadini. Noi siamo persone come tante altre e il Parlamento non è che l'espressione di questo paese. Il nostro compito, una volta eletti e occupati questi scranni, è quello di esercitare la nostra funzione nel rispetto e nell'interesse del bene comune. Svolgere dibattiti di tipo etico e politico sulla capacità e la funzione del semplice parlamentare rispetto ai problemi che, individualmente, può avere avuto, mi sembra vuoto e insensato.
Il Parlamento - vado direttamente alla conclusione, signor Presidente, cari colleghi - non può rinunciare alle proprie prerogative e deve esercitarle fino in fondo, per intero, nell'interesse della nazione. Se si dovesse ammettere una cosa diversa, è come se, d'ora in poi, la classe politica potesse essere selezionata dal giudizio della magistratura. Allora sì che dovremmo affrontare un dibattito molto più intenso e molto più vero su come deve essere riformata la giustizia in questo paese!
Concludo con una nota strettamente personale. Durante gli anni di piombo, io ero un giovane democristiano e ho vissuto, come tantissimi altri che condividevano quell'esperienza, una grande crisi personale. Io non so se è stato fatto bene, se hanno avuto ragione coloro che hanno tenuto la linea dura, se il paese ha vinto o, forse, se, più semplicemente, avevano ragione coloro che erano in minoranza, da Bettino Craxi in poi.
Io non so. È troppo presto per esprimere un giudizio da parte nostra o da parte di altri. Una cosa è sicura: questo paese, probabilmente, ha messo alle spalle la storia degli anni di piombo, ma, rispetto a questa storia, ha il dovere di interrogarsi fino in fondo per capire meglio ciò che è accaduto e per comprendere quali sono le strade affinché non accada più, e non solo perché ci sono i mezzi di coercizione o perché la cosiddetta democrazia è più solida e forte oggi.
Per queste ragioni, credo che non sia possibile, al momento, per quanto ci riguarda, approvare questa mozione (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia, della Democrazia Cristiana-Partito Socialista e de La Rosa nel Pugno).

Pag. 65

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei pronunciare soltanto poche parole per spiegare le motivazioni del voto contrario del gruppo dell'Italia dei Valori sulla mozione in esame. Credo che veramente bastino poche parole per spiegare in modo compiuto e articolato le ragioni di tale voto.
Riteniamo che questa mozione sia, innanzitutto, da un punto di vista formale (ma la forma, quando coinvolge principi e valori costituzionali, non è un aspetto secondario), assolutamente impropria e, quindi, strumentale. Come possono i firmatari di questa mozione chiedere che il Governo si vincoli a fare qualcosa che non rientra minimamente nei suoi poteri? Come possiamo pensare di intervenire su diritti assoluti della persona, su principi fondamentali di rango costituzionale, sui principi di elettorato attivo o passivo con strumenti diversi da quelli della legge e, in particolare, da quelli della legge costituzionale?
Onorevoli colleghi, vi è una così palese e marchiana strumentalità in questa mozione che, dal nostro punto di vista, il suo rigetto è, in sé, atto di coerenza e di rispetto proprio di quei valori di legalità dei quali i presentatori di questa mozione si scoprono oggi, dal nostro punto di vista, improvvisi quanto improbabili paladini.
Il voto dell'Italia dei Valori è contrario anche nel merito rispetto a questa mozione e rispetto ad una proposta che ci appare fondamentalmente inammissibile e illogica, laddove mira a creare una limitazione soggettiva alla rappresentanza politica di chi pure, secondo la normativa vigente, legittimamente è stato eletto in questa Assemblea a rappresentare il proprio italiano.
Soprattutto, il nostro voto sarà contrario perché questa mozione costituisce una sublimazione dell'ipocrisia. Infatti, in sostanza, gli estensori di questo atto di indirizzo ci dicono che un Parlamento, dove siedono condannati e pregiudicati, è un buon Parlamento: l'importante è che questi ultimi si tengano un po' in disparte e non vadano ad occupare ruoli o incarichi di evidenza costituzionale. È rispetto a questo principio che noi diciamo «no». Ed è rispetto a questo principio che l'Italia dei Valori, con il proprio voto contrario, esprime la più ferma e forte contrarietà.
In conclusione, visto che nel corso di questo dibattito vi è stato chi, dai banchi dell'opposizione, ha chiamato in causa proprio il gruppo dell'Italia dei Valori, richiamandoci al rispetto di una presunta coerenza con le nostre battaglie in materia di legalità e di moralità, ci sentiamo di dire a questi colleghi del centrodestra che noi siamo e saremo sempre coerenti con il nostro impegno politico. Proprio su questi punti intendiamo verificare nelle prossime settimane la buona fede di quei tanti paladini della legalità che con piacere scopriamo annidati nei banchi dell'opposizione e li invitiamo a sostenere assieme all'Italia dei Valori e - mi auguro - assieme a tutta la maggioranza di Governo un disegno di legge che introduca limiti di eleggibilità per chi si sia macchiato di reati gravi contro l'amministrazione dello Stato e contro la persona, reati tali da non ritenere opportuna la presenza di queste persone nel nostro Parlamento.
Per questi motivi, nel muovere una critica a quello che ci sembra essere soltanto un atteggiamento strumentale e demagogico, riconfermiamo il nostro voto contrario sulla mozione in esame (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, riteniamo che il Governo non sia l'interlocutore del Parlamento su questa materia e, dunque, per questo essenziale motivo procedurale e sostanziale ci asterremo sulla mozione in esame.
È stato detto da molti che i regolamenti della Camera sono materia costituzionalePag. 66e riguardano il funzionamento interno di un organo costituzionale, e il Governo non potrebbe intervenire in tale materia. Per questo motivo, ci asterremo dal voto.
In secondo luogo, riteniamo che se la legge stabilisce condizioni di eleggibilità di un cittadino alla carica di parlamentare, quella legge, che lo autorizza a diventare parlamentare se eletto, lo autorizza ad assumere qualunque funzione istituzionale dentro il Parlamento. Dunque, non vi sono regole che possiamo introdurre che consentano di stabilire che nell'ambito di coloro i quali sono eleggibili vi siano graduatorie delle funzioni istituzionali e politiche che essi possono assumere qualora siano eletti.
Diversa, signor Presidente, è la questione dell'opportunità politica. San Paolo, che lei conosce meglio di me, diceva che tutto è lecito, ma non tutto è edificante. In questo senso la decisione spetta ai gruppi che propongono parlamentari la cui storia è quella che è per incarichi che hanno una sensibilità istituzionale come la Commissione giustizia e la segreteria della Camera. È una questione interna alle decisioni dei gruppi parlamentari da cui promanano tali proposte e tali elezioni ed alle decisioni che assume il Parlamento sulla base di queste proposte. Da questo punto di vista credo che le ragioni che inducono molti dei parlamenti ad avere dubbi sull'opportunità della candidatura dell'onorevole D'Elia alla segreteria della Camera siano questioni che dovrebbero essere valutate seriamente dal Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue, al quale ricordo che ha quattro minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, i deputati del Nuovo PSI non voteranno la mozione presentata dall'onorevole Bondi. Essa pone una questione di opportunità politica, ma le questioni di opportunità politica appartengono, appunto, alla sfera della riflessione e della polemica politica, non possono rimandare alla norma. Si può giudicare opportuna o non opportuna la candidatura e l'elezione a deputato dell'onorevole Sergio D'Elia, e mi stupisce il fatto che al momento della sua candidatura nessuno abbia obiettato alcunché. Si può giudicare opportuna o non opportuna la sua elezione a segretario dell'Ufficio di Presidenza della Camera, ma non si può stabilire un impedimento.
L'onorevole D'Elia fa parte di quella fetta della mia generazione che, a metà degli anni Settanta, ha concepito la lotta armata come lotta politica. Io faccio parte dell'altra fetta di quella generazione: quella che si è battuta contro la suddetta scelta da posizioni riformiste e libertarie. L'onorevole D'Elia ha pagato un prezzo per le sue scelte: dodici anni di carcere che gli hanno consentito di maturare convinzioni profondamente diverse, di ripudiare non solo la lotta armata, ma la violenza in quanto tale e di iscriversi al partito Radicale di Marco Pannella presiedendo l'associazione Nessuno tocchi Caino contro la pena di morte in tutto il mondo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 16,30)

MAURO DEL BUE. Egli ha pagato il prezzo dei suoi errori, è divenuto deputato e non può essere concepito come un deputato di serie B, un deputato cui siano negati diritti consentiti agli altri deputati. Faccio questo ragionamento a prescindere dalle collocazioni politiche e dal passato di ognuno di noi. Farei esattamente lo stesso discorso se anziché provenire da un'organizzazione terroristica di estrema sinistra - so che molti di coloro che stanno all'estrema sinistra questo ragionamento non lo farebbero - la persona in questione fosse appartenuta ad un'organizzazione terroristica e violenta di estrema destra. Non ne faccio una questione di colore, ne faccio una questione di principio. La lotta armata è stata sconfitta definitivamente in questo paese e si deve anche a coloro che si sono ravveduti, a coloro che si sono battuti contro la lotta armata negli anni Ottanta e negli anni Novanta, a coloro chePag. 67hanno abbracciato la fede democratica e libertaria il fatto che finalmente siano stati isolati coloro - e non erano certamente pochi, come ha riconosciuto lo stesso presidente Cossiga - che abbracciarono un ideale di morte e di violenza per cambiare le sorti della nostra società.
D'Elia ha pagato per le sue colpe e le vittime della violenza, a mio giudizio, dovrebbero preoccuparsi di coloro che non hanno mai pagato, non di coloro che hanno pagato. Mi scandalizzo ancora quando leggo - sono stati pubblicati recentemente da diversi quotidiani (Libero, Giornale Nuovo) - alcuni manifesti deliranti firmati da intellettuali cosiddetti di sinistra, che legittimavano politicamente l'uso della violenza negli anni Settanta, facendola loro. Costoro non hanno mai pagato nulla e c'è invece chi ha pagato per loro. Di fronte a costoro che non hanno mai pagato nulla, a costoro che sono stati cattivi maestri, a costoro che hanno armato tante braccia, nascondendo la loro mano nella loro tasca, verso costoro non ho nessuna clemenza, anche perché devono ancora chiederci scusa (Applausi dei deputati dei gruppi della Democrazia Cristiana-Partito Socialista e de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, riteniamo - questo va detto in apertura - che chi ha candidato l'onorevole D'Elia si sia assunto una grave responsabilità politica nei confronti dei cittadini e penso che il semplice buonsenso avrebbe potuto evitare una scelta che si presenta oggettivamente come vergognosa. Noi non condividiamo assolutamente la scelta e non intendiamo in alcun modo legittimarla, intendiamo anzi dare piena solidarietà alla famiglia della vittima, così come intendiamo dare piena solidarietà alle Forze di polizia, che anche oggi manifestano qui fuori dal Parlamento, ma che ogni giorno sono in prima linea nel contrasto alla criminalità sul territorio e - per quanto riguarda gli agenti della polizia penitenziaria - in carcere, in una condizione che oggettivamente è spesso peggiore di quella degli stessi detenuti. Questo vogliamo dirlo con fermezza.
Però, bisogna anche vedere qual è lo strumento appropriato per poter valutare come prioritari gli interessi delle vittime, quando sono in gioco questi ultimi e gli interessi della collettività rispetto ad interessi di carattere particolare. Giustamente, qui occorre fare un bilanciamento. Del resto la Lega ha sempre dimostrato con i fatti e non con le parole di stare dalla parte di Abele e non di Caino. Questo lo abbiamo fatto proponendo e facendo approvare concretamente dei provvedimenti. Ricordo l'azione del ministro Castelli e ricordo l'azione parlamentare della Lega nella scorsa legislatura per l'approvazione di una nuova legge sulla legittima difesa. Allora, colleghi, semmai lo strumento per realizzare questo equo bilanciamento degli interessi va trovato nella garanzia della effettività della pena. Siamo di fronte ad una condanna per un reato di omicidio, ma l'applicazione del principio della effettività della pena avrebbe evitato questa situazione. Ma allora facciamo un dibattito e costruiamo uno strumento legislativo che non lasci margini di incertezza. Diventa pericoloso dare in mano a chiunque, in questo caso in mano al Governo, uno strumento discrezionale, che possa limitare il mandato parlamentare, perché un domani - questo dobbiamo tenerlo ben presente - questo strumento discrezionale potrebbe essere utilizzato per limitare i diritti delle opposizioni, soprattutto a fronte di un possibile uso distorto della magistratura. Abbiamo visto, colleghi, in questi anni, che l'uso distorto della magistratura non è stato certo una novità.
Un uso distorto della magistratura che si è inserito proprio nel delicato rapporto tra la sovranità popolare e un eventuale potere interdittivo esterno.
Colleghi, chi è eletto dal popolo deve rispondere al popolo; si tratta di un principio che per noi è sacro e inviolabile! Non vorremmo che, per non risolvere un problema oggi, se ne creasse un altroPag. 68domani in situazioni diverse che potrebbero comunque presentarsi. Non vorremmo che il potere del popolo fosse sostituito, corretto, integrato, dai salotti, dai magistrati o dai burocrati. Per tale motivo la Lega si asterrà dalla votazione sulla mozione in esame (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonelli. Ne ha facoltà.

ANGELO BONELLI. Signor Presidente, non utilizzerò tutto il tempo che mi spetta, ma intendo far notare che, in quest'aula - a tal proposito intendo richiamare l'attenzione della Presidenza -, si è determinato un precedente che noi Verdi riteniamo grave: in quest'aula, si sta svolgendo un secondo processo.
Chiediamo pertanto alla Presidenza chiarimenti in ordine all'ammissibilità della mozione in esame, con riferimento alla sua compatibilità con le norme costituzionali e con le leggi dello Stato italiano.
Su tale aspetto occorre che la riflessione sia ampia e approfondita, in quanto questo Parlamento non può svolgere un secondo processo nei confronti di chi un processo lo ha già subito, di chi una condanna l'ha già scontata, a differenza di coloro che in quest'aula tutto ciò non hanno fatto.
Quando l'onorevole Giovanardi parla di opportunità politica, chiedo: è opportuno politicamente che in questo paese un presidente di regione, indagato e rinviato a giudizio, continui a svolgere la propria funzione? È opportuno politicamente - e mi rivolgo sempre alla Presidenza - disporre dell'elenco dei parlamentari condannati per reati contro la pubblica amministrazione? Ciò sarebbe molto interessante, in quanto la conseguenza dell'approvazione di questa mozione sarebbe quella di assumere un atteggiamento complessivo nei confronti di coloro che si sono macchiati di reati gravi anche contro la pubblica amministrazione.
Prendere tangenti, mettere il paese in ginocchio da questo punto di vista non è un fatto di poco conto. E usare strumentalmente un periodo che ha rappresentato una grave lacerazione per il paese è un fatto che non fa certamente onore a chi ha scritto questa mozione.
Tra l'altro, l'intervento reso poco fa dal sottosegretario è stato estremamente esaustivo; tutti - in particolare l'opposizione - avremmo dovuto prestare attenzione a quelle parole. Si registra una schizofrenia politica: da un lato, esponenti della Casa delle libertà, con riferimento alla Commissione antimafia, sotto il profilo del garantismo, sono stati molto attenti ad evitare che sussistano requisiti minimi per coloro che dovessero far parte di tale Commissione, per evitare di intaccare lo status di parlamentare per poi, subito dopo, esprimere una posizione antitetica con riferimento all'istituzione della stessa Commissione.
Non accettiamo lezioni di moralità politica da coloro che hanno sottoscritto la mozione in esame. Occorre infatti ricordare alcune leggi approvate durante il Governo Berlusconi, come la legge Cirielli o i processi in itinere, come quello relativo alla fabbrica Siapa, dove vi furono 35 operai uccisi, che sono stati annullati per decorrenza dei termini di prescrizione. Le famiglie di quelle vittime grazie a voi non avranno giustizia!
Questo è un elemento dal quale non possiamo assolutamente prescindere, e per il quale non possiamo non essere estremamente rigorosi. Si parla di opportunità politica. La sede per fare una riflessione sulla questione dell'opportunità politica non è un dibattito in Parlamento su due persone che hanno i diritti di qualsiasi cittadino italiano, che possono candidarsi e che possono ricoprire in un'aula del Parlamento, se il Parlamento stesso lo vuole, una carica istituzionale.
Anche il riferimento al Governo è improprio (mi rivolgo ulteriormente alla Presidenza): il Governo non può, infatti, essere impegnato in questa materia, ma poiché è evidente che lo strumento della mozione non può essere rivolto al Parlamento, altrimenti la mozione stessa non avrebbe avuto motivo di esistere, si èPag. 69escogitato il «marchingegno» di rivolgersi al Governo. Tuttavia, come detto, non possiamo rivolgerci al Governo. Il Governo non può intervenire su questioni proprie dell'autonomia dello stesso Parlamento.
Anche noi Verdi poniamo grande attenzione e sensibilità nei confronti delle vittime del terrorismo e della mafia. Vi è una legge che va in tale direzione e tale legge deve essere supportata. Esistono vittime del terrorismo e della mafia che ancora oggi reclamano diritti che sono stati loro negati, anche in termini di risarcimento economico-finanziario. Tutto ciò è assente ed è stato assente anche nell'azione del precedente Governo.
Concludendo, noi Verdi voteremo contro questa mozione, per la sua palese strumentalità e perché non affronta temi reali, le vere questioni che, invece, dovrebbero essere affrontate, anche iniziando da quella del terrorismo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa, al quale ricordo che ha cinque minuti a disposizione per svolgere il suo intervento. Prego, onorevole La Russa, ha facoltà di parlare.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'onorevole Bonelli e gli onorevoli colleghi della sinistra che mi hanno preceduto si sono affannati a dire che voteranno contro questa mozione, adducendo quale motivazione ragioni del tutto estranee. Taluno ha detto «avete fatto peggio», altri «non accettiamo lezioni», altri ancora «avete impedito che altri venissero puniti». Onorevole Bonelli, nessun presidente non so di quale associazione per cui vi sono stati morti è stato eletto in Parlamento, né posto a ricoprire incarichi prestigiosi. Quindi, le sue sono argomentazioni speciose.
La verità è che questo dibattito, voluto da chi ha sottoscritto la mozione in esame - ed Alleanza Nazionale non è tra i sottoscrittori della medesima -, intende tuttavia, lo riconosco, gettare, per così dire, un sasso nello stagno, intende porre tale problema, sollevare una questione. Si è accantonato il problema del dibattito sugli anni di piombo, si è accantonato il problema dell'esaminare con attenzione le conseguenze di ciò che avvenne a quella generazione in cui una piccola parte - una piccolissima parte, onorevole D'Elia - cedette alle «sirene» del terrorismo, mentre una stragrande parte, per fortuna, credette nella forza delle idee contrapposte e nella mobilitazione della politica con la «p» maiuscola; tale problema, come detto, lo abbiamo messo da parte. Ciascuno fa per sé. Taluno ha detto: cosa sarebbe successo se la destra avesse proposto una persona condannata per gravi reati di segno opposto? Onorevoli colleghi, non sarebbe potuto succedere! Ed è proprio tale considerazione che ci indurrà a votare a favore di questa mozione. Vi è un senso della misura, che è mancato in questa occasione. Vi è un senso del rispetto, non delle istituzioni, ma anche della propria dignità, che induce a fare uno stop, un passo indietro, che non ha nulla a che vedere con il recupero della persona condannata, che non ha nulla a che vedere con la pienezza dei propri diritti, che noi non mettiamo in discussione! È un problema di opportunità politica quello che questa mozione solleva e sono grato ai suoi presentatori, anche se non ho voluto sottoscriverla.
Onorevoli colleghi, fosse solo La Russa a dire queste parole che mi sembrano - una volta tanto mi autoincenso - di saggezza, pazienza, potreste dire di no. Ma sono parole di Pansa ed Ostellino, su L'Espresso e sul Corriere della Sera. Vi rileggo - mi ha già preceduto un collega - cosa scrive sul Corriere della Sera Piero Ostellino: «Non ci sarà pietas nella grazia a Bompressi e a Sofri. Sarà solo la messa cantata con la quale un'intera generazione celebrerà la propria auto-assoluzione. Tanto meno c'è redenzione nella nomina di D'Elia a segretario di Presidenza della Camera. È solo la metafora attraverso la quale quella stessa generazione legittima il proprio potere». Lo scandalo non sta inPag. 70D'Elia, non sta nella grazia: «(...) lo scandalo» - dice non La Russa, ma Ostellino - «sta nella dimostrazione che, in Italia, anche per varcare la zona grigia fra giustizia e umanità, occorra essere protetti da una qualche lobby (...) magari costituita dagli stessi sodali di un tempo (...) Così, a presidio del Parlamento c'è ora un ex terrorista che lo voleva abbattere e a capo del governo c'è chi (...), facendo ballare un tavolino durante una seduta spiritica (...), aveva indicato "in Gradoli" (...) il luogo dove i terroristi tenevano Moro. Da noi, la storia trascolora volentieri dalla tragedia alla farsa». Quelle che ho letto sono parole di Piero Ostellino (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
Colleghi, non La Russa, ma il consiglio regionale toscano e quello comunale di Firenze, a larga maggioranza di sinistra (lì cercate di farvi una verginità...), hanno votato un ordine del giorno in cui invitano D'Elia a dimettersi. Devi riacquistare il senso del pudore, caro D'Elia!
Io propongo di approfittare della mozione - che noi voteremo un po' a malincuore, ma esprimendo un voto favorevole - per aprire un dibattito sulla questione e per riprendere una discussione seria, affinché non si dica: «L'avete fatto voi; lo facciamo anche noi!» (come avete detto finora). Altrimenti, sarebbe giusto, da parte di Ignazio La Russa, ricordare che, in questi stessi banchi dove sono seduto io, era seduto mio padre, che aveva la colpa di essere coerente con la sua storia politica e che, per questo, quando parlava, vedeva voi alzarvi ed uscire dall'aula (Applausi del deputato Armani): noi non commetteremo il vostro errore, ma non accetteremo che non si valuti la questione in profondità (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi, al quale ricordo che dispone di otto minuti. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, ieri, prendendo la parola nel corso della discussione sulle linee generali, ho voluto citare nominativamente, una per una, le 252 persone che sono state assassinate dai terroristi in questo paese: giornalisti, magistrati, esponenti di Forze dell'ordine, operai, casalinghe, studenti, dirigenti d'azienda, uomini politici; ad ognuno di loro è stato negato il diritto all'esistenza e l'esistenza è stata rovinata per sempre alle loro famiglie. Mi è sembrato giusto che i loro nomi fossero ricordati in quest'aula.
Si è trattato di una lunga scia di sangue che ha avuto inizio negli anni Settanta e che è arrivata, purtroppo, fino ai nostri giorni, con l'assassinio dell'agente Petri, nel 2003 (tre anni fa), in un conflitto a fuoco con i brigatisti rossi che avevano già colpito Marco Biagi e Massimo D'Antona (non stiamo parlando degli anni Settanta, ma di avvenimenti, purtroppo, contemporanei).
L'onorevole D'Elia ha scritto a tutti i deputati, relativamente alla sua condanna per concorso in omicidio dell'agente Fausto Dionisi, di essere stato condannato in base ad uno dei postulati della dottrina emergenzialista dell'epoca, secondo il quale il responsabile di un'organizzazione terroristica andava considerato responsabile dei crimini commessi nel territorio in cui essa operava: una logica perversa, dice oggi D'Elia - lo dice oggi! -, e che in futuro non sarebbe stata più applicata. Sostanzialmente, D'Elia si considera una vittima di quelle indagini e di quel processo. Ma non è così! Com'è scritto anche nella mozione approvata il 5 luglio dal consiglio regionale della Toscana, egli è stato membro del comando della struttura fiorentina e rappresentante della stessa presso il vertice nazionale di Prima linea e, in virtù di questo ruolo di comando e coordinamento, è stato riconosciuto colpevole di concorso in terribili delitti.
Spiace che, ancora oggi, D'Elia non ammetta le sue responsabilità e che, nella lettera inviata a tutti noi colleghi parlamentari, non compaia una sola riga di comprensione e di pietà per le vittime del terrorismo e per le loro famiglie, una qualche parola di scusa nei confronti diPag. 71persone che sono costrette a portarsi dietro per tutta la vita - ieri, oggi e nel loro futuro - la memoria degli atti criminali che li hanno colpiti.
Tutti sappiamo che l'articolo 27 della Costituzione prevede che la pena debba tendere alla rieducazione del condannato, che l'onorevole D'Elia ha scontato la pena ed è stato rieducato, come dice la Costituzione.
Questo non sposta di un millimetro la questione, che è politica e anche di opportunità, sollevata da Giampaolo Pansa, da Piero Ostellino, dai familiari delle vittime, dalla collega Cordoni della sinistra democratica in una lettera spedita a tutti i parlamentari, dalla stragrande maggioranza dei cittadini, più del 90 per cento degli interpellati. È accettabile che chi si è macchiato di delitti così gravi contro le persone e contro lo Stato possa essere eletto ad incarichi istituzionali?
Mi riferisco ai delitti di ieri, ma anche ai delitti D'Antona e Biagi. Coloro che hanno commesso questi ultimi delitti, magari fra pochi anni, potrebbero a loro volta aspirare ad essere deputati, parlamentari, segretari di Presidenza. Dobbiamo domandarci cosa può significare tutto ciò agli occhi di chi ha combattuto il terrorismo per salvare la libertà in Italia!
In questi giorni, qualcuno ha citato I promessi sposi ed il pentimento di Lodovico, cioè Frate Cristoforo, dopo l'omicidio di cui era responsabile. Rileggendo quelle indimenticabili pagine del Manzoni, si vede come Lodovico, che nel frattempo era diventato Frate Cristoforo, dopo essersi prostrato ai piedi del fratello della vittima chiedendo il suo perdono, non si ferma a palazzo, anche se pregato, egli dice: queste cose non fanno più per me, perché io accetterò i suoi doni ed il pane del perdono, ma per il resto della mia vita non continuerò a svolgere attività pubblica, magari in concorrenza con la famiglia dell'ucciso.
È con questo tipo di atteggiamento che l'onorevole D'Elia può fornire un grande contributo per lenire la disperazione di tante famiglie, ridando loro fiducia nelle istituzioni con le sue dimissioni da segretario di Presidenza. Anche il Parlamento può fornire il suo contributo. Questa mozione non prospetta una questione giuridica, bensì una grande questione politica e morale. Non si capirebbe, altrimenti, perché il consiglio regionale della Toscana, di cui voi tutti conoscete gli orientamenti di maggioranza, abbia votato il 5 luglio una mozione che esprime la propria netta contrarietà alla nomina e alla permanenza dell'onorevole Sergio D'Elia nella carica di segretario di Presidenza della Camera dei deputati. La stessa cosa ha fatto il consiglio comunale di Firenze il 3 luglio, ritenendo inopportuna la sua nomina alla Camera dei deputati. Si tratta di istituzioni vicine alla gente, che si sono espresse in questa maniera.
Per esprimere ciò che mi ha più colpito della vicenda, sfrutto Antonio Galdo che ha scritto queste parole sul Mattino di Napoli: «Quella nomina non è né illecita né discutibile dal punto di vista istituzionale, è semplicemente una sfida al buon senso, alla ragionevolezza, al pudore che deve sempre accompagnare decisioni in grado di scuotere, se non calpestare, la sensibilità di migliaia di familiari, genericamente etichettati come un branco, e le vittime del terrorismo. Il caso D'Elia non esiste, se non per quella assurda mancanza di pietà che accompagna come una maledizione il rapporto fra carnefici e vittime di una guerra civile e di una sanguinosa catena di delitti. Siamo circondati dai nomi di ex brigatisti, che scrivono memorie, fanno conferenze, talvolta pretendono perfino di riscrivere la storia, tranne la solita omertà di tanti punti oscuri degli anni di piombo. Loro ci sono, si vedono, non sono più ostaggi perpetui della memoria. Invece i caduti, i servitori dello Stato, quelli che hanno difeso la democrazia sono soltanto lapidi ignorate e dimenticate per il grande pubblico».
Queste lapidi sono state dimenticate anche oggi, perché ho sentito tanti colleghi dell'opposizione, ma anche qualcuno della maggioranza, intervenire senza citare i nomi delle vittime del terrorismo nei loro discorsi. Hanno parlato di diritti, di Parlamento,Pag. 72ma non hanno parlato di diritti di chi ha pagato con la vita la difesa della democrazia.
Continuo nella citazione dell'articolo: «Provate a chiedere in giro chi conosce nomi e cognomi degli agenti caduti sotto i colpi del terrorismo. Nessuno. Dimenticati. Allora D'Elia deve dimettersi non perché lo chiede il sindacato di polizia, non perché è stata aperta la solita inchiesta dalla procura di Firenze, deve dimettersi perché il suo diritto individuale a ricostruirsi una vita non può calpestare il dovere collettivo di rispettare il dolore e la morte che il terrorismo ha seminato».
Noi abbiamo raccolto questo grido di dolore, soprattutto quello dei familiari delle vittime. L'abbiamo raccolto orgogliosi di essere in sintonia, in questo caso, con il consiglio comunale di Firenze, con la regione Toscana, con i familiari delle vittime e con il 90 per cento degli italiani. Ci sentiamo in sintonia con questi sentimenti, che questo Parlamento non può calpestare (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bondi. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

SANDRO BONDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, confesso che non ho capito una sola parola dell'intervento del rappresentante del Governo. Il fatto tuttavia che il compito di rappresentare la linea del Governo sia stata affidata ad un esponente dell'Italia dei valori avrà probabilmente un significato, anche se io francamente non lo comprendo.
La prima regola, onorevole Li Gotti, che dovrebbe guidare un esecutivo nel momento di effettuare scelte delicate ed importanti sulle nomine dei propri rappresentanti è quella del buon senso e del rispetto delle istituzioni. I ruoli istituzionali, infatti, non hanno solo una valenza personale e temporanea, ma hanno anche e soprattutto un valore simbolico, che coinvolge tutto il Parlamento e la sensibilità democratica di tutti i cittadini.
Pochi giorni fa abbiamo ricevuto un appello indignato e accorato ad un tempo da parte dei rappresentanti di un'associazione delle vittime del terrorismo, che hanno espresso sconcerto e turbamento per la nomina dell'onorevole Daniele Farina alla carica di vicepresidente della Commissione giustizia della Camera dei deputati e per quella dell'onorevole Sergio D'Elia a segretario di Presidenza di questa Camera. Nomine, cari colleghi dell'opposizione, nomine: di questo discutiamo, non delle prerogative dei parlamentari o dei cavilli di carattere giuridico. Stiamo parlando di nomine, di responsabilità istituzionali.

RAMON MANTOVANI. Di elezioni ...!

SANDRO BONDI. Nomine - è bene sottolinearlo e ricordarlo - che sono apparse a tutti coloro che credono nei valori della legalità e della giustizia, poco rispettose delle istituzioni e della storia del nostro paese. Mi riferisco alle nomine degli onorevoli Farina e D'Elia, che, seguendo semplicemente il metodo del buon senso, avrebbero richiesto scelte di segno diverso.
Non intendo in questa sede confondere o parificare i percorsi umani e politici di D'Elia e di Farina. Siamo perfettamente consapevoli delle differenze esistenti fra questi due esponenti della maggioranza, né sottovaluto la necessità, dai più condivisa, di chiudere definitivamente un'epoca segnata da tragiche ideologie e da contrasti sociali e sfociata da ultimo nel terrorismo e nella lotta armata, sino al tragico epilogo del sequestro e dell'assassinio dell'onorevole Aldo Moro.
Si tratta di ideologie inumane che, non dimentichiamolo, continuano a provocare anche oggi lutti e spargimento di sangue innocente, come dimostrano gli assassini di Massimo D'Antona e di Marco Biagi. Oggi, onorevoli colleghi, abbiamo perduto un'altra occasione preziosa per discutere seriamente di quella cultura politica che ha alimentato e che continua ad alimentarePag. 73la violenza come strumento e come metodo di lotta politica. Probabilmente questo ha una ragione nel fatto che anche oggi la sinistra italiana è dominata, fatto unico in Europa, da una sinistra radicale estremista, che mai ha fatto seriamente i conti con quella cultura del terrorismo e della violenza politica.
Vedo bene che le vicende di D'Elia e di Farina sono differenti. Sergio d'Elia, dopo gli anni di fuoco dell'estremismo extraparlamentare e della sua adesione a Prima linea, che gli è costata fra l'altro una condanna a trent'anni di carcere, che in parte ha espiato, ha saputo rimettersi in discussione, ha seguito un percorso che immagino costellato di difficoltà interiori e forse anche di intime sofferenze e ha saputo indirizzare, come dimostrano anche le sue lettere, indirizzate ai colleghi parlamentari, diversamente il proprio impegno politico e sociale, a partire dalla militanza nel partito radicale fino ad arrivare alla fondazione dell'associazione Nessuno tocchi Caino.
Non posso perciò fare a meno di constatare che D'Elia oggi è probabilmente un uomo per certi aspetti diverso dal passato, non più omogeneo alla sua cultura originaria. Ciò detto, il suo ruolo e l'elezione a segretario della Presidenza della Camera è vissuto, prima di ogni altra considerazione, come un insulto alla memoria di molte vittime innocenti del terrorismo e questo lei, onorevole D'Elia, non può non saperlo e non può non riconoscerlo.
Penso, ad esempio, a Giovanni Berardi, figlio di un maresciallo dei carabinieri ucciso barbaramente dai terroristi, che ha deciso di lasciare il suo partito, Rifondazione comunista, onorevole Migliore, proprio in segno di protesta nei confronti di certe politiche istituzionali che sentiva inaccettabili per il suo senso di giustizia e offensive verso la memoria di suo padre! Perciò, si tratta di un atto inaccettabile sia per le sue implicazioni storiche sia per la sofferenza e l'indignazione che provoca in molti cittadini.
Onorevole D'Elia, onorevole Farina, non potete trascurare l'istanza politicamente e moralmente rilevante che emerge anche dalle mie parole. Vi è un'opportunità politica, colleghi, che in questo particolare caso si coniuga con una necessità di giustizia e, dunque, con una radice etica insopprimibile in qualsiasi civile convivenza.
Il caso di Daniele Farina invece è assai differente. Su Daniele Farina, oggi vicepresidente della Commissione giustizia della Camera, pesano reati e condanne che nessuno, neppure voi, potete ignorare. Non vi è nel suo percorso alcun segno di ravvedimento rispetto a comportamenti gravemente lesivi della dignità delle istituzioni... Mi fa piacere che lei sorrida, onorevole Farina! Continui pure a sorridere (Commenti dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)! ...e della pacifica e costruttiva convivenza sociale.
A ulteriore testimonianza di quanto sto dicendo, abbiamo avuto un esempio recentissimo: sabato 18 giugno di quest'anno, a Milano, l'onorevole Farina, neo vicepresidente della Commissione giustizia della Camera, ha infatti partecipato, legittimandolo quindi moralmente e dal punto di vista istituzionale, ad un corteo di autonomi e di no global guidato dagli esponenti del centro sociale Leoncavallo. Il corteo era stato organizzato per chiedere la liberazione dei teppisti - e mi rendo conto di correre qualche rischio dicendo così - che hanno messo a ferro e a fuoco (Commenti ironici dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)... la città di Milano l'11 marzo 2006, con atti di violenza che hanno terrorizzato i cittadini e causato gravi danni a strutture pubbliche e beni privati.
L'onorevole Farina ha manifestato per chiedere l'impunità nei confronti di persone che si sono macchiate di gravi reati, sottoscrivendo implicitamente le offese che, nel corso del corteo, si sono levati contro il magistrato della procura milanese Salvatore Vitello, e mischiandosi senza imbarazzo a chi, vergognosamente, inneggiava alla strage dei soldati di Nassiriya. Ci chiediamo...

DANIELE FARINA. Vergognati!

Pag. 74

ELISABETTA GARDINI. Vergognatevi voi!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Onorevole Bondi, vada avanti! Per cortesia!

SANDRO BONDI. Ho quasi concluso. Ci chiediamo ancora una volta come questi comportamenti pubblici siano compatibili con la responsabilità che Daniele Farina ricopre come vicepresidente della Commissione giustizia.
In chiusura di questo mio intervento, desidero quindi rivolgere un appello ai diretti interessati affinché rinuncino spontaneamente agli incarichi loro assegnati e diano prova così di quel rispetto verso la coscienza civile del nostro popolo e verso le istituzioni di cui il nostro paese ha assoluta necessità [Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signora Presidente, ieri e oggi il collega Giovanardi ha letto una lista drammaticamente lunga di persone vittime di delitti di sangue conseguenza di una tragica lotta politica, elencando, tra l'altro, anche vittime di scontri con le Forze dell'ordine.
Cari colleghi, proprio perché il dolore di ogni familiare o persona cara di vittime di atti di violenza, non solo è sacro ma è umanamente inconsolabile, non dovrebbe mai, lo ripeto, mai essere utilizzato a fini politici. Nessuno tra noi dovrebbe osare questo. Ma come direbbe Goethe: dottrine confuse per azioni confuse governano il mondo. E questa mozione è un paradigma di un modo di pensare confuso e strumentale, che produce azioni confuse e strumentali.
In primo luogo, impegnare il Governo ad assumere iniziative è una richiesta illogica per errore di destinazione, per errore di destinatario, perché l'ambito di responsabilità a cui ci si riferisce è tipicamente del Parlamento. In secondo luogo, assumere iniziative al fine di evitare che a cariche istituzionali di rilievo possano accedere coloro che siano stati condannati per reati gravi o violenti contro le persone o contro le istituzioni democratiche presenta un chiaro profilo di incostituzionalità per la totale genericità - quali sono le cariche di rilievo? - che sembra far presagire la possibilità di discriminare, tra i parlamentari liberamente eletti dai cittadini, tra meritevoli e non di accedere a tali cariche. In terzo luogo, quello di elettorato passivo è un diritto fondamentale ai sensi dell'articolo 48 della Costituzione ed è soggetto ad una riserva assoluta di legge, che deve in ogni caso stabilire direttamente i casi di indegnità morale a cui limitare rigorosamente il diritto.
Al di là, quindi, dell'intento polemico immediato che la mozione Bondi ed altri n. 1-00005 propone, le implicazioni che essa comporta sono delicatissime e riguardano la nostra Costituzione e il principio garantista che la ispira profondamente. Garantismo che, invece, sembra smarrirsi nelle nebbie della polemica politica. Il garantismo è la costruzione dei muri maestri dello Stato di diritto, che ha per fondamento e per scopo la tutela delle libertà del singolo contro le varie forme di esercizio arbitrario del potere. Ciò significa che la legge non può essere arbitraria, ma deve corrispondere ai canoni di razionalità fatti propri dall'ordinamento; il che, a sua volta, significa che la legge deve disciplinare situazioni eguali in modo eguale e situazioni diverse in modo non arbitrariamente differenziato. Ciò significa, altresì, farla finita con la confusione, troppo spesso strumentale, tra morale e diritto.
Quello di cui stiamo discutendo è la salvaguardia del principio di legalità, il valore della certezza del diritto; valore fondamentale nella difesa del cittadino contro i poteri arbitrari. Altro che sondaggio - collega Giovanardi - per cui il 94 per cento degli italiani è contrario! Ma a che cosa è contrario questo 94 per cento degli italiani? Al principio di legalità? AlloPag. 75Stato di diritto? Ma non scherziamo! A questo, e solo a questo, porta la vostra ossessione populista, a smarrire cioè il senso delle istituzioni, o meglio delle responsabilità istituzionali.
Il Parlamento non è il tribunale delle coscienze, ma il luogo dove si fanno le leggi e dove si incarnano i principi e i valori fondanti la nostra Costituzione. Il luogo dove si ha il dovere di vigilare che le leggi, come la legge n. 206 del 2004, quella a favore delle vittime del terrorismo, siano interamente applicate, cosa che non risulta essere stata fatta nel corso degli ultimi due anni del Governo Berlusconi.
Approvare questa mozione, purtroppo, non può restituire alla vita le vittime della violenza politica. La memoria e il significato del loro sacrificio non si vivifica nel conflitto polemico, ma nel rispetto e nell'attuazione dei valori e dei principi della Costituzione, dello Stato democratico o, meglio, dello Stato del valore umano, come lo definiva Aldo Moro.
Per questi motivi, il nostro sarà un voto contrario alla mozione Bondi (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de La Rosa nel Pugno e dei Verdi).

PRESIDENTE. Prima di passare allo svolgimento degli interventi a titolo personale, vorrei fare una precisazione circa un problema di inammissibilità che è stato posto in alcuni interventi.
In particolare sono state sollevate obiezioni circa il fatto che gli interventi svolti e lo stesso testo delle mozioni presentate vertano sulla persona di alcuni componenti della Camera, nonché sull'accesso di tali persone ad alcune cariche interne alla Camera medesima.
La Presidenza ha valutato con molta attenzione l'ammissibilità della mozione con riferimento ai parametri stabiliti dal regolamento, valutando ammissibile un testo ampiamente riformulato dai presentatori rispetto a quello originale. È tuttavia del tutto evidente che, quali che siano le premesse dalle quali muove la discussione, esplicitate nella parte motiva della mozione, oggetto della medesima non è direttamente il sindacato sulle persone dei singoli deputati ovvero sulla loro elezione a determinate cariche, ma eventualmente l'elaborazione da parte del Governo, nel rispetto delle prerogative del Parlamento, di criteri che possano valere per il futuro per l'accesso alle cariche istituzionali. In questi limiti, la mozione è stata considerata ammissibile e in questi limiti deve svolgersi il relativo dibattito.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cordoni, alla quale ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, non sapevo di avere due minuti di tempo a disposizione. Prima avevo chiesto al Servizio Assemblea quali tempi avevamo e non mi era stata data questa indicazione. Quindi, sono oggettivamente in difficoltà, ma proverò ad esporre quello che posso.
Ho deciso di intervenire a titolo personale per dichiarare il mio voto contrario alla mozione del centrodestra. Perché lo faccio, essendo la mia posizione analoga a quella del gruppo dell'Ulivo, rappresentata poco fa dall'onorevole Bressa? Lo faccio perché ho provato in queste settimane, sul piano politico, ad interloquire con l'onorevole D'Elia; lo faccio perché con quell'azione gli chiedevo un passo indietro, glielo chiedevo sul piano dell'opportunità e non certo con un dispositivo di una mozione e volendo comprimere i diritti costituzionali. Sento perciò la necessità di spiegarlo a quest'aula, per dire ed affermare le ragioni sulla base delle quali ero e sono arrivata a questa conclusione.
Penso altresì che la speculazione politica che il centrodestra ha orchestrato - mettendo insieme, tra l'altro, vicende profondamente diverse - sia da respingere, proprio in nome di quel sentimento profondo della giustizia. Questa speculazione politica ci impedisce anche oggi di fare un approfondimento sereno, però non voglio rinunciarvi; continuo a provarci, pur capendoPag. 76che l'impostazione data a questo problema nel dibattito odierno dell'Assemblea lascia margini stretti per evitare strumentalizzazioni.
Lo affermo e voglio farlo, forte della mia personale esperienza. Nessuno tocchi Caino, l'associazione che D'Elia ha fondato per lavorare contro la pena di morte, ha rappresentato il mio punto di incontro più significativo con le campagne radicali e tuttora la considero una delle iniziative politiche più condivisibili degli ultimi anni ...
Presidente, se devo terminare, consegno il testo scritto.

PRESIDENTE. Purtroppo il suo tempo è scaduto, onorevole Cordoni.

ELENA EMMA CORDONI. Chiedo allora che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto. Chiedo inoltre agli uffici che la prossima volta mi dicano come stanno le cose.

PRESIDENTE.Onorevole Cordoni, per prassi, gli interventi a titolo personale hanno una durata massima di due minuti; quanto alla richiesta di pubblicazione del testo integrale della sua dichiarazione di voto, la Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Poretti, alla quale ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è sintomatico che il Parlamento debba occuparsi di questa mozione, sintomatico della mancanza di rispetto che i proponenti hanno per istituzioni e cittadini. In termini istituzionali, il problema D'Elia non esiste perché nessuna norma è stata violata conferendogli la carica istituzionale che gli viene contestata. La questione finirebbe qui, ma il problema è altro. Oggi D'Elia, domani un altro: ogni occasione è buona per fare confusione, sollevare buriana e cercare di mettere in difficoltà la maggioranza. Argomentazioni? Non importa, tutto fa brodo.
Per farlo, si è umanamente spietati, perché si strumentalizza la memoria e il dolore di chi ha sofferto per i delitti del terrorismo, e si è politicamente spietati, perché, carenti di argomenti, si usano le istituzioni solo per fare confusione. Dietro ad ogni parola in Parlamento e ad ogni manifestazione al di fuori del Parlamento, in cui D'Elia è diventato un problema, c'è solo strumentalizzazione della legalità e delle istituzioni. Qualche «utile idiota» l'avete trovato. La gogna pubblica che avete cercato di lanciare per l'occasione affascina, in generale, esseri umani di diversa sede. Se volevate contare i numeri del partito della gogna, il vostro è un metodo, indecoroso, ma un metodo.
Auguri. Auspico che il Parlamento sia lucido per comprendere che cosa state cercando di fare (Applausi dei deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, Mauro Del Bue ha già espresso la posizione del Nuovo PSI. Ovviamente, noi esprimeremo voto contrario su questa mozione. Tuttavia, intervengo in qualità di deputato eletto in Toscana.
Mi sembra paradossale che la regione Toscana e il comune di Firenze non ne abbiano mai indovinata una e che, invece, proprio oggi siano portati come esempio. Questo «combinato disposto» io continuo a portarlo avanti e, quindi, esprimo voto contrario alle decisioni assunte dal comune di Firenze e dalla regione Toscana. Di fronte alla mozione dell'onorevole Bondi ed altri e alle numerose prese di posizione e commenti che hanno fatto seguito alla vicenda D'Elia e, in parte, a quella riguardante Daniele Farina, mi è fatto obbligo di portare il ragionamento su due strade distinte.Pag. 77
La prima riguarda l'opinione politica che ho della vicenda: furono, in effetti, cattivi maestri per diverse generazioni. La seconda riguarda ciò che penso come uomo delle istituzioni. Appare singolare che in questo Parlamento si faccia uno scontato can can per D'Elia e non si chieda - come ha affermato, ad esempio, l'onorevole La Russa - al Presidente del Consiglio dei ministri quale sia stata la sua parte e quale sia la verità sul caso Moro. Perché per D'Elia e Farina sì e per le sedute spiritiche no? Credo che la mozione dell'onorevole Bondi sul caso D'Elia avrebbe dovuto avere maggiori forza e spessore, data l'autorevolezza politica del primo firmatario e dei cofirmatari.
Ovviamente, penso - e non me ne vogliate - che si sia scelta una strada abbastanza semplicistica, formalistica e, in tal modo, anche incostituzionale, che fa a pugni con altri diritti fondamentali della nostra Repubblica in termini di garantismo e di eguaglianza, laddove siano stati pagati i debiti con lo Stato.
Infine, un'ultima considerazione. Sono d'accordo con l'onorevole Bondi, il quale ha affermato che l'intervento del rappresentante del Governo è stato un po' come la testata di Zidane al nostro Materazzi: da cartellino rosso!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quale presidente dei Riformatori liberali, eletto nelle liste di Forza Italia, annuncio il voto contrario sulla mozione relativa ai requisiti per l'accesso alle cariche istituzionali, in difformità dal gruppo di Forza Italia, di cui mi onoro di far parte.
Non mi stupisce e non mi scandalizza che si sia aperto questo dibattito. Su un piano più generale, però, ritengo che le questioni di opportunità e sensibilità politica in merito alle candidature - per chi ritenga di doverle sollevare, come è stato fatto - debbano rimanere nel campo del dibattito politico e non possano tradursi in strumenti di regolamentazione giuridica. Le questioni e le responsabilità politiche possono avere, in positivo e in negativo, solo una sanzione politica cui, del resto, si è riferito, nel suo intervento rigoroso, l'onorevole Bondi. L'unico giudice, in questa materia, è il corpo elettorale, sia esso rappresentato dalla generalità degli elettori italiani sia esso rappresentato da una assemblea elettiva come quella della Camera.
Sul piano del metodo, ritengo pericoloso, politicamente, affidare al Governo, a qualunque Governo, il compito di regolamentare, cioè di eteroregolamentare, le prerogative del Parlamento e i limiti entro cui queste devono essere esercitate. Sul piano del merito, non ritengo opportuno mettere in discussione, anche con altri strumenti - disegni di legge e proposte di legge - cui si è riferito ieri l'onorevole Zaccaria, le prescrizioni costituzionali sulla possibilità di restituire piena cittadinanza civile a chi abbia scontato la propria pena e sia stato, anche giuridicamente, riabilitato.
Peraltro, con la logica con la quale oggi si chiede di escludere i condannati per reati di terrorismo e per reati contro le Forze dell'ordine, domani qualcuno potrebbe chiedere l'estensione dell'incompatibilità ad altri reati o a tutti i reati; il che farebbe la felicità di qualche demagogo giustizialista, ma non la mia. Il resto, lo ripeto, è polemica politica, che può essere durissima e salutare, ma che non deve mai trasformarsi in una limitazione normativa ad personam, di qualunque persona si tratti.
Comprendo, e concludo, il dolore incancellabile e la rabbia che attanaglia oggi quanti furono direttamente o indirettamente vittime, in questo caso di quella lucida follia ispirata al totalismo...

PRESIDENTE. Onorevole Della Vedova, la invito a concludere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Ma penso che l'ingresso in Parlamento di Sergio D'Elia, un ex terrorista che haPag. 78pagato il suo conto con la giustizia e dimostrato di accettare incondizionatamente la democrazia e lo Stato di diritto che voleva abbattere, segni la vittoria storica non sua e dei suoi compagni, ma di quanti...

PRESIDENTE. Per favore, onorevole, deve concludere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. ... hanno sempre creduto nella libertà della democrazia ed anche di quanti, a diverso titolo, combattendo per essa sono caduti (Applausi di deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de La Rosa nel Pugno e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho chiesto di intervenire a titolo personale non perché non condivida l'intervento dell'onorevole Giovanardi, ma come testimone, in qualità di deputato fiorentino, a sostegno dell'intera città e dell'intera regione Toscana, per il fatto che un responsabile dell'omicidio dell'agente Dionisi sia stato addirittura eletto nell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati. Sono stato testimone di imponenti manifestazioni, alle quali hanno partecipato esponenti delle associazioni combattentistiche e dei partiti di tutti i colori. Devo dire che tutti mi hanno detto, anche la vedova: venga qua, venga a Firenze, venga nella sua Toscana a spiegare come mai non si sente a disagio.
Sono scesi in campo gli azzeccagarbugli a parlare di prerogative dei deputati, dei limiti dell'eleggibilità e dei deputati di serie B. Credo invece che l'onorevole D'Elia dovrebbe essere un deputato di serie A, un deputato che diventa e che è di serie A proprio nel momento in cui si alza per parlare a questa Assemblea e dice: signori, io faccio un gesto e mi dimetto dall'Ufficio di Presidenza della Camera.
Certo, onorevole D'Elia, ho apprezzato anche l'impegno che lei ha assunto come presidente dell'associazione Nessuno tocchi Caino, un percorso che ha segnato la sua vita fino ad arrivare in Parlamento, ma se questo è stato un percorso onesto e serio e non distinguiamo le vittime dai carnefici, credo che un suo gesto si imponga, altrimenti il percorso che lei ha seguito, onorevole D'Elia, è un percorso segnato dall'ambiguità e dal cinismo...

PRESIDENTE. Onorevole Bosi, la invito a concludere.

FRANCESCO BOSI. ...e credo che questo non faccia onore alla sua figura e alla sua storia.
Invito pertanto l'onorevole D'Elia a venire in Toscana dalla vedova, ad incontrarsi con lei e a fare un gesto di umiltà, dimettendosi dall'Ufficio di Presidenza della Camera (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tabacci, al quale ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non mi sento di votare la mozione presentata dall'onorevole Bondi (Applausi di deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e de La Rosa nel Pugno) ed aggiungo che non avrei assunto questa iniziativa, in quanto essa appare strumentale... (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia). Se avete un attimo di pazienza, capirete il perché! Essa appare - dicevo - strumentale e rischia un di più di moralismo istituzionale. Ma la moralità è un'altra cosa, anche la moralità politica.
Non ci possono essere parlamentari con diversi livelli di dignità: una volta eletti, infatti, siamo tutti sullo stesso piano di fronte al paese. Negare ciò significa colpire il principio di democrazia, ma nonPag. 79mi piace neppure il fiume di retorica che ci giunge da qualche banco della maggioranza.
Rammento che, nel 1993, l'uso strumentale della giustizia aveva portato alcuni settori del Parlamento, che cavalcano il giustizialismo - e qui, alla mia destra, c'è qualcuno che se lo ricorda bene (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...

ANTONINO LO PRESTI. Alla tua sinistra!

BRUNO TABACCI. Alla mia sinistra, sì: quella lì che conosci bene!
Come stavo dicendo, l'uso strumentale della giustizia aveva portato alcuni settori a contestare l'opportunità di affidare il mandato di relatori a parlamentari raggiunti da avvisi di garanzia. Questo è ciò che è avvenuto in questo Parlamento nel 1993, non nel secolo scorso!
È capitato anche a me (Commenti), in qualità di relatore sul disegno di legge finanziaria per il 1994. La motivazione era tanto odiosa quanto pericolosa: succede, quando si assumono posizioni che sono culturalmente deboli ed istituzionalmente ambigue. Sono lieto di poter continuare a restare distante sia dalle une che dalle altre (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de La Rosa nel Pugno, dei Verdi e dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nicola Rossi. Ne ha facoltà.
Onorevole Nicola Rossi, le ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione.

NICOLA ROSSI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per quanto le ultime cinque righe della mozione Bondi ed altri n. 1-00005 (nuova formulazione) possano, nella loro vaghezza, apparire ovvie, essa, a mio avviso, non può essere approvata, perché mescola argomenti distinti e diversi, che non dovrebbero stare insieme. Dall'altro lato, la mozione chiama in causa e coinvolge un attore, come il Governo, che con tale materia poco o nulla c'entra.
È chiaro che si tratta di una questione che doveva e dovrebbe rimanere in ambito parlamentare. I diritti e i doveri di tutti noi sono identici, e li condividiamo nel momento in cui diventiamo deputati: finché potrò, mi batterò affinché questa sia l'esperienza quotidiana della vita di questa Assemblea. Tuttavia, credo che ciò non significhi abdicare alla capacità di distinguere, di valutare, di discernere e di giudicare nel chiuso della propria coscienza.
Proprio perché intendo mantenere tale capacità, come penso vogliamo fare tutti noi, preannunzio la mia astensione dalla votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, condanno il valore simbolico che si è voluto attribuire alla elezione a deputato di D'Elia. Condanno fermamente, inoltre, la spregiudicatezza con la quale le forze politiche della sinistra hanno voluto eleggere D'Elia all'Ufficio di Presidenza della Camera.
Credo che un pensiero debba essere rivolto alle vittime delle Forze dell'ordine, per le quali non è stato neppure istituito, nel nostro paese, il giorno del ricordo. Condanno D'Elia per non aver dato alcun contributo per individuare gli assassini di quei giovani di destra, del Movimento sociale italiano (Commenti)...

MARCO BOATO. In aula? Stiamo facendo un processo in aula (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevole Boato, per cortesia, faccia terminare l'onorevole Buontempo (Commenti del deputato Boato - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)! Grazie (Commenti del deputato Boato).

TEODORO BUONTEMPO. L'onorevole Boato ha la coda di paglia...!

Pag. 80

PRESIDENTE. Onorevole Boato, per cortesia!

TEODORO BUONTEMPO. Quando si parla di queste cose, l'onorevole Boato farebbe bene a dire tutto quello che sa, tutto quello che ha fatto, tutte le responsabilità che ha (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro) e della Lega Nord Padania - Proteste dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, dei Verdi, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Comunisti Italiani)!

PIETRO FOLENA. Sei uno squadrista!

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo...

TEODORO BUONTEMPO. La finisca, questo signore, di mettersi sul piedistallo (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania - Commenti)!

PRESIDENTE. Onorevole, vada avanti, per cortesia! Vada avanti!

TEODORO BUONTEMPO. Come stavo dicendo, hanno ucciso ragazzi del Movimento sociale italiano per mettere alla prova i nuovi terroristi prima di farli entrare nella lotta armata!
Non ritengo, tuttavia, che si possa chiedere al Governo di impegnarsi per interferire nelle prerogative e nelle libertà del Parlamento, perché ciò costituirebbe un gravissimo precedente.
Il collega che mi ha preceduto ha lanciato un appello all'onorevole D'Elia ed alle forze politiche che lo sostengono; diamo un segnale forte alle famiglie delle vittime: sia lui a dimettersi dall'Ufficio di Presidenza.
Io non accetto che il Governo - e concludo, Presidente - possa interferire sull'autonomia del Parlamento, né posso accettare, cari colleghi (ed è il motivo della mia astensione dal voto) che si possa confondere terrorismo e lotta politica e sociale. Lottare in piazza per i diritti e per cambiare un Governo è l'essenza stessa della politica; non si può, con un documento parlamentare, pensare di escludere quanti hanno lottato politicamente, hanno subito condanne, hanno pagato il loro debito con la giustizia ed hanno, dunque, ora, gli stessi diritti degli altri: in questa maniera noi stravolgeremmo le regole della democrazia.

PRESIDENTE. Onorevole...

TEODORO BUONTEMPO. Ho concluso, Presidente. Quindi, io invito D'Elia a dimettersi.

MARCO BOATO. È una vergogna!

TEODORO BUONTEMPO. Ma ritengo di non confondere, per l'appunto, il terrorismo con la lotta politica, che ci appartiene e che...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, per cortesia!

TEODORO BUONTEMPO. ...abbiamo svolto con molta onestà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di un voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, colleghi, ho vissuto in questa Assemblea, per oltre due decenni, le tragedie che ogni giorno si consumavano nel nostro paese; ma ritenemmo anche negli anni Novanta che quella stagione andava conclusa e fu un nostro parlamentare, l'onorevole Piccoli, a proporre, per l'appunto in quell'epoca, un'amnistia che chiudesse quella vicenda.
Quindi, se mi permettete, onorevoli colleghi, io sono sensibile sia al tema sollevato dalla mozione a prima firma dell'onorevole Bondi sia alle osservazioni prospettate in questa sede dal punto di vista strettamente giuridico. Anche l'onorevolePag. 81Buontempo ha testé evidenziato un aspetto che dovrebbe persino essere pericoloso, e lo dico rivolgendomi all'opposizione: determinare un'interferenza dell'esecutivo su decisioni che riguardano il Parlamento.
Ho vissuto l'epoca evocata dall'onorevole Tabacci, gli anni 1992, 1993 e 1994, quando eravamo sottoposti ad esami continui, con ministri che si dimettevano ed i nostri deputati che erano aggrediti. Noi rispondemmo in un modo che dovrebbe costituire anche oggi la risposta - lo dico rivolto ai colleghi di quei gruppi ai quali sono iscritti le persone di cui si discute -; rispondemmo pregando e sollecitando i nostri amici a fare un passo indietro, perché le questioni devono essere superate da un punto di vista storico, ma vi sono vicende che non possono essere sanate e dolori che non possono essere spenti...

PRESIDENTE. Onorevole...

GERARDO BIANCO. ...se non vi è un atto che definirei di verità del proprio pentimento, perché qui è il punto: il senso della misura e dell'equilibrio che dovrebbero esserci anziché l'ostentazione di una storia. Ed è questo aspetto che dovrebbe essere, appunto, ricordato da coloro che non vogliono fare un passo indietro.
Mi permetterei di avanzare, signor Presidente, una proposta; le obiezioni sollevate sull'assurdità di chiedere al Governo iniziative per limitare sostanzialmente o per intervenire sull'azione parlamentare sono molto forti.

PRESIDENTE. Onorevole, dovrebbe concludere.

GERARDO BIANCO. Pregherei pertanto i colleghi che hanno presentato la mozione di ritirarla e di mantenere alto il dibattito politico nel quale noi intendiamo intervenire con la coscienza di chi sa che deve realizzare nel paese una grande unità di spirito sulla democrazia per non dimenticare quanto è accaduto (Applausi).

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, mi occorreranno pochi minuti e voglio anche cogliere l'occasione per rispondere al collega Gerardo Bianco ed a molti altri colleghi intervenuti, tra cui, da ultimo, l'onorevole Buontempo.
Credo che il senso della nostra iniziativa, di quella dell'onorevole Bondi, dell'onorevole Giovanardi e di altri colleghi non potesse essere frainteso. Quale era il senso? Quello di portare anche in Parlamento, che sembrava essere l'unico luogo nel quale non si discutesse, un dibattito che, invece, nel paese c'è: c'è tra le Forze di polizia, tra le forze dell'ordine e tra le vittime di reati terroristici e c'è, da ultimo, in altre assemblee istituzionali elettive, che non si sono poste problemi di forma o istituzionali nel deliberare su qualcosa che era accaduto alla Camera.
Naturalmente, noi sapevamo bene che vi era e vi è una questione di ammissibilità degli strumenti attraverso i quali poteva aver luogo un dibattito del genere. Un'interrogazione al Governo? Un'interpellanza urgente? Una risoluzione in Commissione? Una proposta di legge che rivedesse le ipotesi di ineleggibilità dei deputati? Francamente, signor Presidente, colleghi, ci sono apparsi strumenti ancora meno appropriati di una mozione, che, secondo il regolamento della Camera, deve concludersi con un impegno al Governo. Ci è parso, quindi, che la mozione, tutto sommato, fosse lo strumento più appropriato per fare in modo che, nella sede propria - il Parlamento -, fosse riportato un dibattito che è già avviato sulle pagine dei giornali e nell'opinione pubblica.
Da questo punto di vista, ci consideriamo soddisfatti dell'iniziativa assunta nonché del risultato del dibattito, nel corso del quale tutte le forze politiche si sono espresse. Ciò che non accettiamo, però, è che la posizione delle forze politiche possa essere in qualche misura collegata a questo appiglio: come si fa ad impegnare il Governo? Che c'entra il Governo? È una questione procedurale. Amiche e amici - se permettete -, colleghe ePag. 82colleghi, qui non ci si può trincerare dietro una questione procedurale! È stata posta una questione di opportunità politica e di sensibilità personale: sull'opportunità politica si discute e si vota; sulla sensibilità personale non si discute e non si vota: o la si ha, o non la si ha! Cercare di confondere l'uno e l'altro piano, a nostro giudizio, è anche pericoloso, quasi come se qualcuno potesse superare la propria sensibilità personale attraverso il voto di una maggioranza o una maggioranza potesse imporre una sensibilità personale laddove questa non ci fosse. E non c'è.
Francamente, non vogliamo determinare questo e non abbiamo mai pensato di determinarlo, qualunque fosse stato il pronunciamento delle forze politiche. So che ci sono state addirittura delle riunioni di gruppi di maggioranza e che è stato posto il problema politico della tenuta del Governo. Ciò per una questione che, tutto sommato, si richiama alla coscienza personale? È un po' esagerato, ma, forse, anche un po' misero per quei colleghi che l'hanno posta, vissuta e letta in questo senso.
Naturalmente, è stata anche l'occasione per scoprire cose esilaranti, delle quali noi, francamente, avevamo anche paura. Ieri, durante la discussione generale, un caro collega di Rifondazione - credo sia giusto: siamo tutti colleghi, tutti cari, perché no? - ha detto: «Badate bene! Mica stiamo parlando di reati di corruzione o di tangenti!». Questa è la vostra moralità (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Quelli sì che sono reati riprovevoli: corruzione e tangenti, non gli assassini e il terrorismo! Su quelli mica spendete una parola di garantismo, pur essendo stato travolto!
Sono due legislature che chiedo una Commissione d'inchiesta, Gerardo Bianco, su cosa è stata Tangentopoli...! E sono due legislature, sia all'opposizione che alla maggioranza, che non mi viene concessa! Il presidente Violante e altri lo ricorderanno. Ora sono passati vent'anni ed è anche inutile svolgere questa riflessione. Però, sul terrorismo, per carità! Siamo tutti pronti ad essere giustamente garantisti, tolleranti, a rimuovere la memoria ed a svolgere dibattiti di comprensione storica!
Sulle altre cose sono tutti appestati, quelli della prima Repubblica! Anche quelli che ora si sono tolti la «puzza» sedendo tra i banchi della sinistra. Noi la pensiamo diversamente (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania)!
Signor Presidente, ci riteniamo soddisfatti del dibattito che si è sviluppato: confesso la modestia. Ho ascoltato, in proposito, il primo firmatario della mozione, onorevole Bondi, e l'onorevole Giovanardi, che tanto merito ha avuto in questa iniziativa. Non abbiamo alcuna difficoltà a ritirare la mozione; anzi, ciò che volevamo era proprio provocare un dibattito parlamentare al riguardo. Comunque, non era nostro intendimento porre in votazione la mozione, anche se qualcuno si è spaventato (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania).
Noi vogliamo che gli onorevoli D'Elia e Daniele Farina siano soli con la loro coscienza, che non possano trincerarsi dietro un voto di una maggioranza ricattata anche su questo! Non vogliamo che possiate trincerarvi dietro un voto di una maggioranza ricattata anche su questo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista - Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
Solleviamo dal problema i colleghi della maggioranza, che in privato ci dicono di condividere i dubbi e le perplessità, ma poi ci chiedono come potrebbero fare ad esprimere un voto favorevole su una mozione presentata dall'onorevole Bondi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista). Vi solleviamo da questo problema! Vi solleviamo da questo problema!Pag. 83
Però, signor Presidente, non possiamo consentire che alle persone che siedono silenziose in tribuna - mentre altre in tribuna hanno agitato bandiere, hanno occupato, hanno mostrato tutto un altro stile - con il loro dolore e con loro silenzio non venga rivolto nemmeno un saluto. Noi questa sensibilità l'abbiamo e ci auguriamo che possa essere un saluto rivolto a nome di tutta l'Assemblea alle forze dell'ordine e alle vittime dei reati di terrorismo. A quelle persone che hanno il diritto di sapere che il Parlamento è al loro fianco (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista - Applausi e commenti di deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)! Cosa c'è, D'Elia? Ti danno fastidio? Stai buono! Tra l'altro, sei un segretario di Presidenza: non irridere al Parlamento!
Signor Presidente, ritiro la mozione. Lo ripeto: vogliamo togliere d'impaccio la maggioranza e lasciare che ciascuno decida con la propria coscienza se ricoprire o meno determinati incarichi (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)...

PIETRO FOLENA. Non si può fare!

TITTI DE SIMONE. Vergogna!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

ELIO VITO. Ciò, pur sapendo che questa mozione ha urtato la sensibilità di talune persone; sensibilità, invece, che non andrebbe mai urtata da parte delle istituzioni parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Prendo dunque atto che la mozione Bondi ed altri n. 1-00005 (Nuova formulazione) è stata ritirata dai presentatori.

Annunzio della costituzione del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato (ore 17,44).

PRESIDENTE. Comunico che il Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato ha proceduto in data odierna alla propria costituzione. Sono risultati eletti presidente l'onorevole Claudio Scajola, vicepresidente il senatore Massimo Brutti e segretario l'onorevole Emanuele Fiano (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

Sull'ordine dei lavori (ore 17,45).

JOLE SANTELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, l'onorevole Giovanardi ha in precedenza posto una questione delicatissima sul caso degli interrogatori pubblicati dal quotidiano la Repubblica. Non si è svolto un dibattito al riguardo e non ritorno sul punto. Vorrei soltanto leggere, dinanzi a tutta l'Assemblea, in un momento in cui di intercettazioni telefoniche si parla continuamente (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo).... Scusate, sono espressioni del ministro Amato: «Mi viene detto che esistono (...) ...

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, un intervento su tale questione era già stato svolto!

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, questa è un'altra cosa, mi scusi! Scusatemi, sto ripetendo le parole del vostro ministro dell'interno (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!

Pag. 84

GIANCLAUDIO BRESSA. Toglietele la parola !

RAMON MANTOVANI. Basta!

JOLE SANTELLI. «Mi viene detto che esistono contratti e collegamenti consolidati...

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, su questo punto non abbiamo aperto un dibattito!

JOLE SANTELLI. ... tra procure e giornalisti (...)»...

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, per cortesia, non abbiamo aperto un dibattito su questo punto all'ordine del giorno.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, mi scusi (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)...

KATIA ZANOTTI. Chiudi!

PRESIDENTE. Calendarizzeremo un dibattito apposito. Non si può aprire una discussione sull'ordine dei lavori su questo punto!

JOLE SANTELLI. Scusate, per cortesia (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dei Comunisti Italiani e dei Verdi). ..

PRESIDENTE. Silenzio, però, per cortesia, perché non si può lavorare in queste condizioni! Sto tentando di dialogare con l'onorevole Santelli, se me lo consentite (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea). Se facciamo così, è peggio!

JOLE SANTELLI. È un problema anche per voi che il ministro dell'interno dica...

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, per cortesia, passiamo oltre...

JOLE SANTELLI. ...che vengono passati i verbali delle intercettazioni ai giornalisti? È un problema anche per voi?

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, per cortesia (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea). .. Grazie.

ANTONIO LEONE. Presidente, lei deve togliere la parola, non loro!

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori, onorevole Fiano?

ANTONIO LEONE. Faccia decidere a loro quando dare la parola (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)...!

PRESIDENTE. Su quale questione, onorevole Fiano?

EMANUELE FIANO. Rinuncio ad intervenire.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Fiano.

ANTONIO LEONE. Basta! Non si parla!

Discussione del disegno di legge: S. 379 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri (Approvato dal Senato) (A.C. 1287) (ore 17,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-leggePag. 8518 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 1287)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali Maroni n. 1, Elio Vito n. 2 , D'Alia ed altri n. 3 e Bocchino e Migliori n. 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 1287 sezione 1).
A norma dei commi 3 e 4 dell'articolo 40 del regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali, ha luogo un'unica discussione. In tale discussione potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi) per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.

NICOLA BONO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

NICOLA BONO. Per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, già la settimana scorsa ho avuto modo di intervenire per il corretto rispetto dell'articolo 30 del regolamento. Tale articolo, al quinto comma, recita: «Salvo autorizzazione espressa del Presidente della Camera, le Commissioni non possono riunirsi nelle stesse ore nelle quali vi è seduta dell'Assemblea. In relazione alle esigenze dei lavori di questa, il Presidente della Camera può sempre revocare le convocazioni delle Commissioni».
A me risulta che la VII Commissione, di cui faccio parte, ma probabilmente anche altre Commissioni, hanno convocato riunioni al termine delle votazioni pomeridiane dell'Assemblea. Però «al termine delle votazioni pomeridiane» non significa a fine della seduta. Al contrario, la seduta continua, si svolge il dibattito, ci sono gli interventi, c'è il diritto di ogni parlamentare di intervenire o di ascoltare perché non siamo pagati per votare (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)! Allora, io chiedo ancora una volta in maniera educata - e non assicuro che in futuro continuerò su questa linea - che si informino i presidenti delle Commissioni di non continuare in questo atteggiamento di non considerazione delle esigenze di lavoro dei parlamentari in aula. Bisogna procedere immediatamente alla sconvocazione della VII Commissione, anche per evitare che si possa andare in quella sede a contestare personalmente la violazione del regolamento, e dare disposizioni perché siano rispettate le prerogative dei parlamentari.

PRESIDENTE. Onorevole Bono, lei sa che, secondo la prassi, le Commissioni possono essere convocate durante la discussione sulle linee generali e non durante le votazioni. Comunque, verificheremo con la Presidenza l'episodio specifico del quale lei parla e, se così è stato, faremo...

PIETRO FOLENA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA. Signor Presidente, parlo come presidente della VII Commissione. Il deputato Bono solleva una questione destituita di ogni fondamento. La VII Commissione - lui lo sa benissimo, come lo sanno tutti i membri della Commissione stessa - è convocata al termine della seduta pomeridiana...

Pag. 86

NICOLA BONO. No, al termine delle votazioni!

PIETRO FOLENA. La Commissione è convocata al termine della seduta: lo si è deciso all'unanimità in ufficio di presidenza. Quindi, la sua risposta, Presidente, trova già un immediato accertamento in tempo reale.
Altro conto sono gli indirizzi generali, che l'Ufficio di Presidenza e la Presidenza della Camera confermano, secondo cui le Commissioni in concomitanza con sedute dell'Assemblea in cui non sono previste votazioni si possono riunire, mentre in sedute in cui sono previste votazioni non possono farlo. La VII Commissione non si riunisce in concomitanza di sedute dell'Assemblea in cui sono previste votazioni. Quindi, la questione non esiste.

NICOLA BONO. Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Bono, evitiamo di aprire un dibattito sulla vicenda.

VINCENZO NESPOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, io appartengo ad un'altra Commissione, quindi non posso contestare le affermazioni del deputato Folena, perché in queste sede siamo tutti quanti deputati o onorevoli e non siamo presidenti od altro. A me è giunta sul telefonino una convocazione, per la fine della seduta dell'Assemblea, della XIV Commissione, che è stata convocata oggi per ascoltare il ministro Bonino nell'ora che era stata comunicata ai componenti della Commissione.
Al termine di questa audizione, era stato comunicato dal presidente che la seduta sarebbe stata aggiornata a domani. Poi, ci siamo visti recapitare questo messaggio: non so se questo sta nel regolamento, non so se le convocazioni per sms abbiano sostituito altro tipo di convocazione. Credo che queste comunicazioni vadano date in aula, perché altrimenti per il parlamentare diventa difficile capire. Che cosa significa che la Commissione è riunita alla fine dei lavori dell'Assemblea, nel pomeriggio? Non sappiamo fino a quando andremo avanti e non sappiamo se poi, al termine dei lavori dell'aula, troveremo una Commissione disponibile a lavorare.
In passato, queste cose non sono mai state consentite e mi sembra che questa modifica regolamentare - non so da chi voluta - sia dovuta unicamente ad una metodologia arrogante che si sta mettendo in atto in Parlamento da parte di una maggioranza che, non essendo tale nel paese, vuole dimostrare di esserlo nei numeri in quest'aula (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo). Non siete maggioranza nel paese, non vi lamentate!

FRANCA BIMBI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Bimbi, sempre sullo stesso tema?

FRANCA BIMBI. Sì, Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Bimbi, le concederò la parola, però vorrei evitare che si aprisse un dibattito su questa vicenda. Sottoporrò all'attenzione della Presidenza il problema sollevato e svolgeremo le verifiche del caso. Laddove necessario, interverremo sulle presidenze delle Commissioni che dovessero essere convocate contestualmente ai lavori dell'Assemblea, in particolare durante le ore di votazione.
Evitiamo però - lo ripeto - di aprire un dibattito che potrebbe andare avanti per ore. Se ogni Commissione ponesse un proprio specifico problema, non ne usciremmo più.
Prego, onorevole Bimbi, ha facoltà di parlare.

FRANCA BIMBI. Signor Presidente, non ho mai fatto polemiche per il solo gusto di farle. Il collega Nespoli non è stato preciso. Poiché la questione mi riPag. 87guarda personalmente, in qualità di presidente della XIV Commissione sono costretta a rispondere.
In Commissione ho detto molto precisamente che le convocazioni sarebbero state comunicate in relazione ai tempi dell'Assemblea: non ho precisato né stasera, né domani.
Secondariamente, avendo lavorato nella precedente legislatura in questa stessa aula, molto spesso ho ricevuto degli sms con i quali si comunicava che le Commissioni si sarebbero riunite, ovviamente al termine dei lavori dell'Assemblea. Semmai, c'è da riflettere insieme sulla razionalità dell'organizzazione del lavoro delle Commissioni, ma mi sembra che l'arroganza politica della maggioranza non c'entri per niente.

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, non riproporrò la questione sollevata dall'onorevole Santelli, che - come lei correttamente ha dichiarato - non può essere svolta in questo momento. La questione è quella relativa alle intercettazioni, con riferimento alle quali il ministro dell'interno, Amato, si dice esterrefatto dei legami esistenti fra le procure e i cronisti (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Comunisti Italiani). Vi innervosisce?

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. No!

IGNAZIO LA RUSSA. Bene, meno male!
Presidente, le chiedo di confermarmi che questo argomento - da parte dell'onorevole Santelli, se vorrà, e sicuramente da parte mia - potrà essere trattato, così come è prassi costante di questo Parlamento, al termine della seduta (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Comunisti Italiani). A tale proposito, avviso i colleghi «muggenti» che noi, al termine della seduta, affronteremo il suddetto argomento con voi o senza di voi!

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, ovviamente confermo, all'onorevole Santelli ed a chiunque altro voglia svolgere un intervento su tale questione, che potranno farlo a fine seduta, come previsto dal regolamento. Mi scuso per non averlo specificato in precedenza.
L'onorevole Cota ha facoltà di illustrare la pregiudiziale Maroni n. 1, di cui è cofirmatario.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, oggi l'Assemblea esamina il provvedimento riguardante il cosiddetto «spacchettamento» dei ministeri, che tra l'altro prevede una moltiplicazione delle poltrone di ministro e sottosegretario. Ormai, non vi è più spazio per contenere i membri del Governo, che si vedono costretti a «fare i turni» se intendono recarsi in Parlamento.
Su tale provvedimento intendiamo svolgere una forte opposizione, intervenendo in sede di discussione generale e presentando emendamenti che contestano puntualmente, oltre alla forma, anche il merito delle scelte adottate.
In sede di discussione delle questioni pregiudiziali, occorre evidenziare alcuni aspetti che dovrebbero promuovere una deliberazione dell'Assemblea per non procedere all'esame del disegno di legge di conversione.
La prima questione riguarda la violazione dell'articolo 77 della Costituzione. Infatti, appare evidente che si è proceduto all'istituzione di nuovi ministeri e ad una redistribuzione delle competenze degli stessi, al fine di soddisfare gli appetiti e gli equilibri politici attraverso uno strumento improprio, il decreto-legge. Non vedo come si possa sostenere la sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza. La soddisfazione di equilibri politici e di esigenze di poltrona non può coincidere con i «casi straordinari di necessità e d'urgenza» che dovrebbero costituire il presupposto per l'adozione di un decreto-legge.
Lo stesso iter del provvedimento evidenzia aspetti di una certa gravità inPag. 88ordine al rapporto tra il Governo e il Parlamento e con riferimento al rispetto delle prerogative di un'Assemblea elettiva. In particolare, mi riferisco al fatto che i ministri sono stati nominati per ruoli che in realtà ancora non avevano. Infatti, l'attribuzione della denominazione di alcuni ministri e la redistribuzione delle deleghe sono avvenute nel primo Consiglio dei ministri, vale a dire successivamente al giuramento degli stessi ministri.
Avrebbero dovuto nominare semplicemente i ministri e, successivamente, provvedere alla riorganizzazione dei ministeri ed all'attribuzione delle stesse deleghe. Qualcuno potrà dire che si tratta di una questione di forma, ma non si tratta di ciò; in questo caso, siamo di fronte ad un'importante questione di sostanza.
L'altro aspetto che mettiamo in luce è il contrasto con l'articolo 81 della Costituzione, in base al quale ogni legge che comporti nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. Signor Presidente, onorevoli colleghi, alla «favoletta» che la moltiplicazione dei posti da sottosegretario, da viceministro e lo «spacchettamento» dei ministeri non comportino nuovi e maggiori spese non crede nessuno, assolutamente nessuno! I maggiori oneri non possono essere quelli indicati in ordine allo stipendio di sottosegretari e ministri. Infatti, se si legge il provvedimento, l'inganno lo si trova subito, ad esempio quando con riferimento ai viceministri - ho trovato molto singolare tale norma -, si dice che costoro (anche riguardo al loro numero vi è stata una moltiplicazione) avranno la stessa dotazione dei sottosegretari, salvo deroghe concesse dal ministro. Dunque, quando il ministro concede una deroga - se lo farà, ma immagino che saranno concesse deroghe a piene mani - il viceministro potrà assumere il capo della segreteria, l'addetto stampa, il consigliere diplomatico e tutta una lista di persone predeterminata con questo stesso provvedimento. Quindi, vi sarà sicuramente una moltiplicazione della spesa e, proprio per tale motivo, vi è un contrasto con una norma ben precisa, ossia l'articolo 81 della Costituzione.
Indichiamo come terzo motivo di perplessità la violazione dell'articolo 97 della Costituzione, con riferimento al buon andamento della pubblica amministrazione. Questo provvedimento è sciagurato anche dal punto di vista del merito. Infatti, per soddisfare appetiti di poltrone si compromette la funzionalità dell'azione amministrativa. Faccio solo alcuni esempi.
Per quanto riguarda lo «spacchettamento» del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, durante tutta la scorsa legislatura si è sostenuta l'esigenza di accorpare le competenze di tale ministero, per meglio razionalizzarle e per avere una visione organica nell'affrontare tali determinati e delicati aspetti. Oggi, invece, si «spacchettano» le competenze del ministero. Inoltre, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per «gemmazione», si ricavano - in maniera incomprensibile - altri incarichi; penso, ad esempio, al ministro per la solidarietà sociale e, con allarme, rilevo come tale ministro abbia assunto una competenza in materia di flussi migratori. Oltre ad esservi un'anarchia su chi fa cosa, vi è anche un problema politico molto importante, ossia l'immigrazione è vista da questa maggioranza come un problema che attiene alla solidarietà, come qualcosa di ineluttabile, come qualcosa che deve essere considerato solo dal punto di vista dell'assistenza, in una filosofia di immigrazione libera, e non come qualcosa che deve essere valutato in maniera saldamente ancorata ad un posto di lavoro. È questa la filosofia che sta dietro lo «spacchettamento»!
Per non parlare, poi, dell'istituzione del Ministero della famiglia, un ministero senza portafoglio. È tanta l'attenzione di questo Governo alla famiglia che ne ha affidato le competenze ad un ministro che non ha facoltà di spesa!
Vi sono, dunque, motivazioni che riteniamo assolutamente importanti e che preciseremo nell'ulteriore corso del dibattito parlamentare. Faccio un ultimo esempio su questo punto - che, anche se cito per ultimo, ritengo ugualmente importante - richiamando lo «spacchettamento» del Ministero del turismo o, meglio delle deleghePag. 89in tema di turismo, perché il Ministero del turismo è stato abolito con referendum e le relative competenze dovrebbero essere regionali.
Purtroppo, vi sono difficoltà ad esercitare tali competenze a causa del gran guazzabuglio che è stato creato con la riforma del Titolo V della Costituzione.
Oggi, il turismo dovrebbe essere considerato dal punto di vista industriale. Il vero modo per sviluppare le nostre regioni a vocazione turistica è proprio quello di considerare il turismo in un'ottica imprenditoriale ed industriale. Ed è proprio questo che ci chiedono le categorie produttive. Infatti, nell'ultimo decreto sulla competitività, il principio è stato sancito nero su bianco; inoltre, il precedente Governo ha stanziato fondi appositi per procedere ad una riforma dell'ENIT che rendesse la nostra offerta turistica competitiva sotto il profilo industriale ed imprenditoriale.
Ora, invece, si ritorna al vecchio sistema! Le competenze in materia di turismo vengono trasferite dal Ministero delle attività produttive - scelta che era giusta - a quello dei beni culturali ed ambientali: quasi che la gestione di questa attività di promozione debba essere sottratta ad una logica di tipo industriale e imprenditoriale. Questo è un ulteriore schiaffo alle nostre categorie produttive, che speravano, invece, in un atteggiamento di disponibilità da parte del Governo.
Ad ogni modo, noi chiediamo che l'Assemblea voti a favore della questione pregiudiziale Maroni n. 1...

PRESIDENTE. Onorevole Cota...

ROBERTO COTA. ... per i motivi che ho succintamente esposto.

PRESIDENTE. L'onorevole La Loggia ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Elio Vito n. 2, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, ancora una volta ci troviamo di fronte ad una palese violazione dell'articolo 77 della Costituzione. Mi soffermerò su un aspetto che ha suscitato le critiche anche del Comitato per la legislazione, espresse in un articolato parere che, in gran parte, riteniamo condivisibile.
Si tratta dell'utilizzazione di uno strumento come il decreto-legge, che può essere adottato in presenza di precisi presupposti. Premesso che tale provvedimento può essere adottato soltanto in casi di straordinaria necessità ed urgenza, va rilevato che in questo caso, in realtà, vi era una sola urgenza, una sola necessità: quella di formare un Governo mettendo d'accordo dodici partiti, portatori di dodici mucchi di richieste (spesso, tra loro non compatibili)! Se questa viene considerata dal Governo come una situazione che legittima l'adozione di uno strumento come il decreto-legge, l'argomento non può che essere politico, oltre che giuridico-costituzionale.
C'è un aspetto sul quale desidero richiamare l'attenzione dell'Assemblea, la sua, signor Presidente, ed anche quella dei membri del Governo, che, peraltro, vedo distratti (uno parla al telefono e l'altro sta chiacchierando con un collega)... Se ascoltassero, potrebbero avere anche loro, forse, un'idea più precisa degli atti che loro stessi hanno compiuto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)! Viene anche il dubbio... Signor Presidente (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevole La Loggia, vada avanti, per cortesia!

MARCO BOATO. La pregiudiziale riguarda l'Assemblea, non il Governo!

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, l'onorevole Boato non ricorda, forse, che la presenza del Governo alle sedute dell'Assemblea (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevole La Loggia la invito a proseguire. Onorevole Boato, per cortesia, potrà intervenire quando prenderà la parola!

ENRICO LA LOGGIA. Vorrei concentrare l'attenzione su due punti strettamentePag. 90connessi tra loro. Il decreto-legge in questo caso trova una sua giustificazione sotto il profilo della necessità e dell'urgenza solo rispetto alla formazione del Governo e non ad una fattispecie che richiede un immediato intervento e può essere, quindi, giudicata dal punto di vista politico-istituzionale, oltre che giuridico-costituzionale.
Esso, come peraltro avevo avuto modo di indicare e come viene ben precisato nello stesso parere del Comitato per la legislazione, contiene un punto che vorrei valutare distintamente, scindendo in due parti tra loro connesse, ma successive.
Primo punto: ancora una volta, viene prevista una delega legislativa. Sappiamo che non sarebbe possibile fare questo, ma è l'oggetto della delega legislativa che desta una particolare attenzione negativa da parte nostra. Credo che prima o poi ciò non potrà non essere rilevato dalla Corte costituzionale, che, al riguardo, rappresenta una garanzia assoluta.
Il decreto-legge contiene una delega legislativa per il riordino delle funzioni e dell'organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, ponendosi già di per sé - non è la prima volta in questa legislatura - in contrasto con la legge n. 400 del 1988, che vieta espressamente che i decreti-legge e le leggi di conversione contengano deleghe legislative.
Il secondo punto è veramente singolare: il Governo si autoassegna questa delega, non per la riorganizzazione complessiva, come è annunciato, della Presidenza del Consiglio dei ministri e di alcuni altri Ministeri, bensì - perlomeno è questa l'interpretazione che ne diamo - per darsi qualche mese di vita in più. La mia è non una illazione, ma sostanzialmente una constatazione. Quando mai il Governo si è autoassegnato con la delega legislativa un periodo di 24 mesi per attuare decreti legislativi con le procedure consequenziali e connesse? Qual era l'urgenza e la necessità di questo decreto-legge? Quella dell'immediata entrata in vigore per la formazione del Governo e non per l'oggetto contenuto all'interno del decreto-legge per il quale si chiede la conversione in legge! Perché il contenuto del decreto-legge, che viene poi trasfuso in un disegno di legge di conversione ha come oggetto proprio la riorganizzazione della Presidenza del Consiglio e di alcuni Ministeri. Se fosse stato realmente urgente e necessario fare quanto viene prospettato in questo decreto-legge, il periodo per porre in essere l'organizzazione, che viene ritenuta talmente urgente da richiedere l'adozione di un decreto-legge, sarebbe stata stato pressoché immediato e allora il Governo avrebbe chiesto una delega per 2 mesi, 4 mesi, 6 mesi, ma non certo un periodo di 2 anni!
Tutto ciò la dice lunga sull'incoerenza tra l'annunciata iniziativa del Governo, l'esigenza di autoorganizzarsi che lo stesso si autopone ed il periodo di tempo che poi si prevede per dare attuazione a questa sua necessità.
Io credo che questo aspetto vada realmente stigmatizzato. Non è immaginabile che si possano rendere conciliabili cose che tra di loro obiettivamente non lo sono. Ma potrei entrare nel merito di ogni articolo, oserei dire di ogni comma. Abbiamo anche predisposto ad uso dei colleghi una scheda articolata, affinché ciascuno abbia contezza di ciò che viene proposto attraverso il disegno di legge di conversione del decreto-legge del quale sto parlando.
Vi sono talune scelte stupefacenti. Per anni si era parlato, discusso, approfondito, in ordine alla necessità di accorpare ministeri, competenze, direzioni generali, al fine di giungere ad una razionalizzazione del lavoro, ad una semplificazione delle procedure, ad una delegificazione che portasse ad un contatto più diretto tra il Governo e i cittadini amministrati, al fine di avere una comprensione maggiore di ciò che accade e di dove accade.
Qual è l'organo preposto alla soluzione di un problema, a rispondere ad un'esigenza, a riconoscere un diritto? Questa è la via verso la quale si muove quella che vuole essere una democrazia che si avvia ad essere compiuta. Ci fu un ampio dibattito, nel corso della XIII legislatura, che sfociò nella cosiddetta riforma Bassanini.Pag. 91Comprendo che vi possa essere qualunque tipo di ripensamento in ordine all'amministrazione, alla burocrazia e alla legificazione, anche alla semplice scelta delle persone.
Può darsi che, prevedendo di dover smentire radicalmente l'operato dell'allora ministro Bassanini, si sia deciso di farlo uscire fuori dal Parlamento, forse per toglierlo dall'imbarazzo di dover approvare lui stesso un decreto-legge che smentisce se stesso e tutta la sua impostazione, che peraltro era stata condivisa dalla maggioranza che governava questo paese nella XIII legislatura.
Io lo trovo francamente riprovevole. Trovo questo atteggiamento contraddittorio e assolutamente esecrabile, così come trovo assolutamente sbagliato scorporare le competenze del commercio internazionale dal Ministero delle attività produttive...

PRESIDENTE. Onorevole La Loggia, la invito a concludere.

ENRICO LA LOGGIA. Concludo entro trenta secondi. Allo stesso modo trovo sbagliata la suddivisione in due tronconi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, come credo sia assolutamente sbagliato lo «spacchettamento» di quello che doveva essere il Ministero del welfare.
Ci sono mille ragioni, signor Presidente e colleghi, per dire che la questione pregiudiziale è estremamente fondata e per invitare l'aula a votare in maniera tale da interrompere la procedura di approvazione di questo decreto-legge.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n.3.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, perché l'UDC vi chiede di non esaminare questo provvedimento? Ci sono cinque considerazioni che, per ragioni di brevità sintetizzeremo e la prima, la più evidente, consiste nel contrasto di questo provvedimento con l'articolo 77 della Costituzione. Non vi è infatti alcuna ragione di necessità e nemmeno di urgenza per procedere ad una manovra così complessa e così vasta di riordino e di organizzazione dell'apparato dell'amministrazione, dello stato del Governo.
Accade, ed è giusto che sia così, che ciascun Governo in carica, appena nominato, per realizzare gli obiettivi del suo programma, organizzi la macchina amministrativa e statale come meglio ritiene, ma è assolutamente evidente che, per le ragioni che sono state già spiegate dai colleghi che mi hanno preceduto, non si può utilizzare la decretazione d'urgenza per mettere mano alla riorganizzazione del Governo e poi prendersela comoda nella definizione dell'assetto normativo che dovrebbe regolare questa materia.
Una ragione c'è, ed è quella legata alla circostanza che il decreto-legge in oggetto è una sanatoria paracostituzionale. È infatti evidente che il numero dei ministri nominati, funzionali all'esercizio di delega, preposti a rami dell'amministrazione o a dipartimenti della Presidenza del Consiglio inesistenti, sono stati sanati nella loro posizione politica ed istituzionale dall'adozione del decreto-legge medesimo, che ha dato loro la poltrona su cui sedersi: e tutto questo prima ancora che il Governo nominato ottenesse la fiducia da parte delle Camere.
Oggi abbiamo avuto quaranta minuti di tempo in Commissione affari costituzionali per esaminare gli emendamenti presentati al decreto-legge: è la seconda volta che questo accade - già era avvenuto per il decreto-legge cosiddetto «mille proroghe». Altro che premierato assoluto, cari colleghi di maggioranza, qui siamo al premierato esclusivo, cioè al premierato che esclude il Parlamento; qui siamo ad una sorta di «esproprio proletario» delle competenze legislative del Parlamento su materie assolutamente delicate e che afferiscono anche all'esercizio della funzione costituzionale di indirizzo politico!
Vorrei anche aggiungere che la delega che il Governo si dà attraverso il Parlamento, che opera a funzione ridotta, non ha senso nel merito. Mi volete spiegarePag. 92cosa significa definire un principio e un criterio direttivo per l'esercizio della delega così scritto: «puntuale individuazione del testo vigente delle norme»? Ma cosa significa? Significa che neanche voi avete la certezza di quale sia il complesso normativo ed ordinamentale da applicare e che quindi è necessario intervenire per capire come si applicano le norme che regolano il funzionamento delle attività di governo? E cosa significa «coordinamento del testo delle disposizioni vigenti» e «apportando le modifiche necessarie per garantire la razionale applicazione»? Delle due l'una: o si tratta di una delega ampia, che quindi viola l'articolo 77 della Costituzione poiché si riferisce a modifiche necessarie senza indicare quali e in che termini esse debbano essere fatte, oppure, viceversa, vi è anche qui il riconoscimento e la conferma di ciò che dicevo prima rispetto alla lettera a), e cioé l'incapacità di costruire un sistema normativo in grado di regolare l'attività del Governo e dei suoi Ministeri nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
La questione grave non è solo la circostanza che in sede di esame del disegno di legge di conversione sia intervenuta la delega, perché ciò basterebbe già di per sé a far pensare che sarebbe meglio abrogare la legge n. 400 del 1988, ma il fatto che qui, attraverso il richiamo e il rinvio ricettizio che viene fatto al comma 23 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, che è stato modificato in sede di approvazione del maxiemendamento al Senato, si è modificato anche un criterio direttivo della delega, che non è stato oggetto di esame da parte del Parlamento.
Si è detto che poiché è stato modificato l'assetto attraverso cui i singoli Ministeri adottano i regolamenti di organizzazione, disponendo gli assetti del personale, delle risorse e di altro ancora (regolamenti che peraltro non sono sottoposti a termine né a controllo parlamentare), si rinvia per la definizione del principio e del criterio direttivo ad una norma che è stata modificata senza che il Senato, che ha votato la fiducia, né la Camera possano in alcun modo cambiare. Ciò basterebbe, ma vorrei aggiungere ancora un'altra considerazione.
Non è mai accaduto che gli schemi di decreti legislativi venissero sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, a prescindere dal parere espresso dal Consiglio di Stato. Qui è prevista, per la prima volta, la trasmissione contestuale della richiesta di parere al Consiglio di Stato e alle Camere. Così facendo, però, le Commissioni parlamentari competenti per materia si troveranno nella condizione di esaminare ed esprimere un parere su uno schema di decreto legislativo senza conoscere il parere espresso dal Consiglio di Stato. Questa rappresenta un'altra anomalia sotto il profilo costituzionale che ritengo non abbia bisogno di particolari spiegazioni.
È assolutamente evidente che il richiamo che noi facciamo alla violazione dell'articolo 81 della Costituzione nasce non dalla circostanza che non vi sia sotto il profilo formale una copertura finanziaria in linea con l'applicazione di tale articolo, ma dalla clausola della invarianza della spesa la quale è sì in linea, sotto il profilo stilistico, con l'articolo 81, ma tuttavia non è sufficiente a dimostrare che tutto ciò, cioè il movimento di personale da questo a quel dipartimento o dicastero a seguito dell'abrogazione di alcune strutture ministeriali e la costituzione di altre, possa realmente verificarsi nei fatti in linea con quanto sancito da quell'articolo. Credo che ciò dovrebbe farvi riflettere proprio perché voi, sia nel decreto-legge sia nel disegno di legge di conversione dello stesso, avete chiesto che i decreti presidenziali, adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri per l'assegnazione del personale e quant'altro, siano sottoposti all'esame delle competenti Commissioni parlamentari. Ciò avviene perché voi non vi fidate - e fate bene - del fatto che il principio formale della invarianza della spesa possa essere rispettato in una megaoperazione di questo tipo che oggettivamente bloccherà, almeno per sei mesi, l'attività dell'esecutivo nella sua articolazione amministrativa.Pag. 93
Da ultimo, non mi soffermo ad esaminare i singoli «spacchettamenti» previsti dal provvedimento in esame, ma desidero porre in rilievo che l'obiettivo, in base al quale avete proposto la riorganizzazione dei ministeri, non riuscirete a raggiungerlo. Dovrete, infatti, spiegarci quale logica risieda nel fatto che, ad esempio, si scorpori dal Ministero delle attività produttive il dipartimento per il turismo, il quale viene così ad essere assorbito dal Ministero per i beni e le attività culturali, mentre le relative competenze e l'esercizio della funzione sono incardinati presso la Presidenza del Consiglio dei ministri che, a sua volta, deve delegare il ministro. A tale riguardo, proprio oggi in Commissione dicevo che l'onorevole Rutelli rappresenta il primo caso di ministro con «semiportafoglio» perché titolare del Ministero per i beni e le attività culturali e del dipartimento per il turismo. Tale dipartimento, come detto, dal punto di vista dell'articolazione è incardinato in quel dicastero, ma il ministro non può esercitare la relativa funzione se essa non le viene delegata dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Ancora, voi avete soppresso il dipartimento per le politiche antidroga e avete previsto che le relative competenze siano assegnate al Ministero per la solidarietà sociale che, però, deve organizzarsi al suo interno con una propria struttura al fine di esercitare tale funzione. Avete, inoltre, attribuito, sempre al Ministero per la solidarietà sociale, anche le competenze relative alla lotta al disagio giovanile incardinate presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Da ciò ne consegue che il dipartimento per le politiche giovanili finisce per non occuparsi di nulla. Ed ancora, avete ridotto il Ministero per la famiglia a semplice erogatore di alcuni fondi, di cui fra l'altro si chiede l'ampliamento nella cosiddetta manovrina, perché avete assegnato a tale ministero solo ed esclusivamente alcune funzioni che erano proprie del Ministero del welfare.
In conclusione, siccome esiste, come l'onorevole Zaccaria sa, un vizio di incostituzionalità che si definisce eccesso di potere legislativo, che nasce dalla illogicità con cui il legislatore risolve o tenta di risolvere un problema, ritengo che anche per questa ragione noi oggi ci troviamo di fronte ad un provvedimento che, a nostro avviso, non può essere oggettivamente esaminato da questa Camera.

PRESIDENTE. L'onorevole Bocchino ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 4.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, il gruppo di Alleanza Nazionale ha presentato una pregiudiziale di costituzionalità su un provvedimento che, a nostro giudizio, presenta molti problemi. Infatti, non solo è in contrasto con molti articoli della Costituzione, ma è carente in maniera evidente di quei requisiti di necessità ed urgenza che sono la base fondamentale per l'emanazione di un decreto-legge. Innanzitutto, Presidente, poniamo un problema di fondo. Questo decreto-legge è stato approvato dal Governo il giorno stesso in cui giurò al Quirinale, ancor prima di ottenere in Parlamento la fiducia da parte delle due Camere. Allora, la prima questione che noi poniamo è di carattere costituzionale, cioè se un Governo possa emanare un decreto-legge ancor prima di ottenere l'ultimo atto necessario al perfezionamento di questo organo costituzionale. Vedo il collega Zaccaria che annuisce, dice che questo è possibile, ma non so se lo dice in qualità di costituzionalista o di membro della maggioranza.
Anche il centrodestra nel 2001 approvò un decreto-legge ancor prima di ottenere la fiducia alle Camere, ma era un provvedimento completamente diverso. Innanzitutto, era un provvedimento fatto da una coalizione che non aveva voluto la riforma Bassanini, ampliava di soli due ministri la compagine governativa e creava due dicasteri perché riteneva che politicamente e istituzionalmente ci fosse bisogno di occuparsi di due temi delicatissimi: la salute da una parte e le comunicazioni dall'altra. Questo provvedimento, invece, non ha ragioni politiche ma partitiche, se non addirittura correntizie all'interno dei partiti della maggioranza. L'esigenza primaria diPag. 94questo provvedimento è quella di accontentare gli appetiti delle tante componenti della maggioranza, al fine di far nascere un Governo che aveva delle difficoltà oggettive a mettere insieme i «cocci» della maggioranza. Allora, mi chiedo innanzitutto che cosa pensa il Governo del fatto che tre ministri hanno giurato al Quirinale senza essere ancora ministri. Sirchia e Gasparri nel 2001 giurarono il giorno dopo al Quirinale, non andarono a giurare con l'intero Governo come i ministri senza portafoglio: c'è una vera e propria truffa ai danni dell'elettorato, un comportamento di gravissima scorrettezza istituzionale.
Invece, voi avete fatto giurare dei ministri e Prodi li ha annunciati come ministri con portafoglio di ministeri che ancora non esistevano per legge. Quell'atto, quel giuramento al Quirinale è stato un po' come i matrimoni che si fanno a Las Vegas, quelle cose fasulle con un celebrante fasullo e persone che giurano sapendo di giurare dinanzi ad organismi non deputati ad accogliere quel giuramento...
Presidente, mi scusi, l'onorevole Gasparri dà fastidio; per cortesia, lo può richiamare?

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, per cortesia...

ITALO BOCCHINO. Quindi, quel giuramento al Quirinale è stato - dicevo - come i falsi matrimoni di Las Vegas.
Pongo un altro problema costituzionale al Governo ed anche al collega Zaccaria, che da giurista prima annuiva. Può un organo costituzionale modificare se stesso? Possono la Corte costituzionale e il CSM modificare se stessi? Può il Governo con un decreto-legge modificare se stesso? Se il Parlamento decidesse di modificare se stesso, avrebbe una procedura rigidissima da rispettare: dovrebbe approvare un provvedimento nei due rami del Parlamento in doppia lettura, con tre mesi di distanza tra la prima e la seconda lettura, secondo quanto previsto dall'articolo 138 della Costituzione, e rischierebbe, poi, di dover andare al referendum confermativo. Ecco le ragioni per cui abbiamo presentato questa pregiudiziale.
Avete rispettato poco la Costituzione, ma dobbiamo ammettere che, se la necessità di fare questo provvedimento non c'era, l'urgenza da parte vostra c'era tutta perché senza la moltiplicazione delle poltrone non sareste stati in grado neanche di avviare questa avventura (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, il mio intervento sarà svolto in nome di tutta l'Unione. Quindi, colleghi, spenderete meno tempo nell'ascoltare. Dico questo in senso molto ironico, perché i colleghi dell'opposizione hanno illustrato le loro pregiudiziali di costituzionalità alla luce di un elemento prevalente che è di merito ed essenzialmente politico. Ciò è del tutto legittimo per chi svolga un ruolo di opposizione. Credo, però, che dovremmo rimettere al centro della nostra riflessione i profili relativi alla costituzionalità. I colleghi hanno già avuto occasione, nel corso di questo inizio di legislatura, di assistere, come questa sera, alla illustrazione di pregiudiziali di costituzionalità e credo che tale elemento debba aiutarci a riflettere.
Un primo aspetto rilevante consiste nel valutare attentamente una capacità che dovremmo porre in essere, quella di ascoltare. Un secondo elemento è costituito da un dovere politico e di cultura istituzionale che noi dobbiamo osservare e che ci deve indurre ad aprire una riflessione che, salvaguardando il ruolo del Parlamento e dei suoi componenti, al contempo salvaguardi il ruolo del Governo e il suo diritto-dovere di governare. Credo che questi due elementi debbano aiutarci anche in questo momento, un momento di avvio complesso e abbastanza problematico.
Non c'è dubbio che sia già avvenuto nelle precedenti legislature, e in modo molto marcato proprio nella scorsa legislatura, uno spostamento della funzionePag. 95legislativa parlamentare a favore dell'esecutivo. Lo afferma una parlamentare che, cinque anni fa, ha svolto gran parte delle illustrazioni di pregiudiziali di costituzionalità, insieme ad altri colleghi. Si ricordava, in sede di dichiarazioni di voto sul disegno di legge di conversione del cosiddetto decreto-legge mille proroghe, quanti siano stati i decreti d'urgenza emanati dal Governo di centrodestra e quante siano state le norme con le quali abbiamo dovuto fare i conti sotto il profilo della qualità della legislazione. Sono state forzate le norme di rango primario attraverso questioni regolamentari. Tutti questi rilievi emergevano nei pareri del Comitato per la legislazione.
Credo che tutto ciò, oggi, ci debba indurre ad assumere un impegno doveroso proprio riguardo alla qualità della nostra legislazione e del nostro procedimento legislativo. Noi lo abbiamo già fatto con una sensibilità del tutto nuova e lo vorrei ricordare proprio ai colleghi dell'opposizione. Noi siamo stati capaci di ascoltarci anche su un tema così delicato, quello che riguarda la qualità d'insieme del nostro procedimento legislativo. Il procedimento attualmente in vigore evidenzia tutti i suoi elementi di farraginosità. C'è un meccanismo che devia continuamente dai processi parlamentari a quelli propri dell'esecutivo. A volte, gli elementi della decretazione d'urgenza sono assunti per esigenze più di natura politica che di natura legislativa. Ecco, al riguardo, il primo dovere di questa Camera e dei suoi componenti nel guardare a questi aspetti, distinguendoli dagli elementi del dibattito e della polemica politica. Altrimenti, verremmo meno proprio ad uno degli aspetti che riguarda la funzione legislativa propria del Parlamento.
Nell'approvare il decreto cosiddetto mille proroghe, questa nostra sensibilità si è manifestata attraverso quell'ordine del giorno con il quale ci siamo resi disponibili a trovare le sedi, in collaborazione con il Governo, perché questi elementi possano essere collocati, nel corso di questa legislatura, all'interno di una visione, questa sì, di vera e propria riforma del procedimento legislativo.
Sul merito della questione, ho ascoltato attentamente l'illustrazione dei nostri colleghi. Debbo dire che anche per loro questa è stata un'occasione per illustrare gli elementi di opposizione, di qualità politica e di discussione nel merito delle scelte che sono proprie del Governo. Credo sia giusto e anche doveroso che, nel momento in cui nasce, l'esecutivo faccia quello che ha affermato nella premessa al decreto-legge per il quale si invoca la necessità e l'urgenza. In tale premessa si afferma che il riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri è necessario in relazione al nuovo assetto strutturale del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Amici...

SESA AMICI. L'assetto strutturale del Governo corrisponde esattamente alla possibilità e al dovere politico di intervenire sui suoi aspetti programmatici, dotandosi dell'insieme della struttura e della regolamentazione, ed infatti - vorrei ricordarlo soprattutto al collega La Loggia - uno dei criteri direttivi per l'esercizio della delega che è stato inserito, proprio al comma 23 dell'articolo 1 prevede che limitatamente alle amministrazioni interessate al riordino intervengano regolamenti di organizzazione per definire gli assetti organizzativi e il numero massimo delle strutture di primo livello. Vale a dire che proprio nella richiesta del Governo, nell'attivare uno dei suoi criteri direttivi della delega, si invoca un atto parlamentare pari a quello di rango legislativo, laddove nella qualità della legislazione della passata legislatura per troppo tempo abbiamo assistito ad una confusione delle fonti, che ha peggiorato di molto la capacità legislativa di questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dei Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. La collega Amici ha già anticipato che le questioni pregiudizialiPag. 96presentate attengono certamente più al merito che ad elementi di costituzionalità veri e propri. Naturalmente si è fatto riferimento alle relazioni fra Parlamento e Governo, in particolare per quanto attiene alla delega che il Governo chiede per l'adozione di uno o più decreti legislativi per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e di organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri. In Commissione si è lavorato su questo aspetto; al riguardo si è espresso il presidente della Commissione Affari costituzionali e c'è stato addirittura un auspicio del Presidente della Camera relativamente all'uso dei decreti-legge ed al raccordo necessario, affinché questo Parlamento possa svolgere fino in fondo il proprio compito e i decreti-legge diventino finalmente espressione di casi effettivi di necessità ed urgenza, diversamente da quanto avvenuto nella scorsa legislatura.
In questo caso non siamo però di fronte ad una contestazione che abbia una fondatezza dal punto di vista costituzionale. Siamo di fronte ad una contestazione di carattere politico. Naturalmente ognuno può esprimere le proprie valutazioni rispetto all'opportunità di accorpare o scorporare dei ministeri, ma è evidente la legittimità e la libertà di questo Governo di adeguare la propria struttura sulla base delle esigenze programmatiche e sulla base della necessità di rispondere con quella struttura e con quella organizzazione alle finalità che si è dato nel proprio programma, che ci ha illustrato in quest'aula.
In questo senso abbiamo avuto anche l'espressione di consensi da parte delle Commissioni competenti. Penso che non possiamo che ribadire queste valutazioni, che sono comprese e che tendono a soddisfare esigenze di merito relativamente all'attuazione del programma. Per quanto riguarda la contestazione, che è stata sollevata anche in sede di discussione in Commissione, relativamente ai costi che possono essere determinati da una tale ristrutturazione, si tratta anche in questo caso di elementi che possono essere affidati soltanto all'organismo competente, che è il Governo, che ha espresso tutte le valutazioni del caso e non mi pare che in una sede di questo tipo vi possano essere argomenti atti a contestare tali elementi.
Quindi è evidente il carattere tutto politico, legittimo ma tutto politico, delle ragioni che hanno portato esponenti della minoranza a presentare le questioni pregiudiziali. Naturalmente, da parte nostra, da parte di questa maggioranza, non si possono che respingere queste valutazioni e quindi il nostro voto su di esse sarà necessariamente contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo e colleghi - compresi quelli del centrodestra, che sono usciti dall'aula - ...

ILARIO FLORESTA. Tu sei uscito l'altra volta!

MARCO BOATO. ... la collega Amici poco fa e, da ultimo, la collega Mascia hanno spiegato con grande equilibrio, con grande rigore ed anche con grande pacatezza - a differenza di quanto hanno fatto, nell'illustrare le questioni pregiudiziali da loro presentate, i colleghi dell'opposizione - le motivazioni per le quali noi, deputate e deputati appartenenti ai diversi gruppi dell'Unione, voteremo, nell'unica votazione che l'Assemblea sarà chiamata ad effettuare, contro tali strumenti.
Come le colleghe ed i colleghi sanno, la Casa delle libertà non ha presentato un'unica questione pregiudiziale ma, come è del tutto legittimo, quattro diversi strumenti, proposti rispettivamente dal gruppo della Lega Nord Padania, dal gruppo di Forza Italia, da quello dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e, da ultimo, dal gruppo di Alleanza Nazionale.
Le colleghe Mascia ed Amici hanno ricordato, con grande rispetto delle posizioni politiche assunte dall'opposizione, che le motivazioni che abbiamo testè ascoltato in sede di illustrazione dellePag. 97questioni pregiudiziali presentate, nonché quelle che possiamo puntualmente leggere nel fascicolo che le contiene, sono valutazioni di carattere politico, in larghissima parte opinabili, ma del tutto legittime e rispettabili.
Vorrei citare la più estesa di tali questioni pregiudiziali, vale a dire quella presentata dai colleghi Bocchino e Migliori, del gruppo di Alleanza Nazionale. Rilevo che ad un certo punto, a pagina 7 del fascicolo, tale questione pregiudiziale parla di «perplessità»; in un altro paragrafo, si torna a manifestare, ancora una volta, «perplessità»; a pagina 8, invece, si parla di «forti dubbi», mentre a pagina 9 dello stesso fascicolo si ritrova il termine «ambiguità» e si afferma, altresì, che «non è chiaro a quale logica risponda l'impianto dell'intero provvedimento».
Da una parte, devo esprimere il mio rispetto, nonché la mia ammirazione, nei confronti di colleghi (come quelli appartenenti al gruppo di Alleanza Nazionale) che, nell'ambito di una questione pregiudiziale, anziché usare i toni stentorei che abbiamo ascoltato in sede di illustrazione di tali strumenti, evidenziano una notevole problematicità nel motivare il loro atto; tuttavia, non v'è chi non veda - come direbbe qualcuno - che una pregiudiziale di costituzionalità non può basarsi su perplessità, su dubbi, su ambiguità e sulla mancanza di chiarezza.
Si tratta, infatti, di motivazioni che possono ispirare, ad esempio, il Comitato per la legislazione (il quale ha già formulato alcuni rilievi critici), oppure il dibattito politico che svolgeremo tra pochi minuti in questa stessa Assemblea. Desidero tuttavia osservare che, sotto il profilo della costituzionalità del provvedimento in esame, si devono rigorosamente richiamare gli articoli della Costituzione, e non quelli delle leggi ordinarie, che si ritengano violati!
Rilevo, invece, che in tutte e quattro le questioni pregiudiziali presentate vengono ripetutamente richiamati il decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 300, e la legge n. 400 del 1988 sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri. Si tratta di valutazioni che possono essere rispettabilissime, ma riguardano profili critici nei confronti della legislazione ordinaria, non della Costituzione.
Vorrei altresì evidenziare che quando, nell'ambito delle quattro questioni pregiudiziali presentate, si vogliono chiamare in causa articoli della Costituzione, si fa sostanzialmente riferimento all'articolo 77 (riguardante la decretazione d'urgenza), in qualche caso all'articolo 76 (concernente le leggi delega ed i conseguenti decreti legislativi), all'articolo 81 (sulla copertura finanziaria) e all'articolo 97 (relativo al buon andamento della pubblica amministrazione); qualcuno - mi sembra l'onorevole Maroni - si azzarda a richiamare perfino l'articolo 117 della Costituzione, che mi pare non c'entri assolutamente nulla con il provvedimento in esame!
Però, debbo ricordare, come hanno già fatto i colleghi Amici e Mascia, che, al di là del dibattito politico sul merito (tra pochi minuti comincerà e sarà sicuramente ampio e anche fortemente critico)...

PRESIDENTE. Onorevole...

MARCO BOATO. Concludo subito, signor Presidente.
Ebbene, aldilà di ciò, dobbiamo capire che la natura costituzionale e istituzionale di questo decreto-legge è esattamente identica al precedente decreto-legge del Governo Berlusconi adottato all'inizio della scorsa legislatura

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole Boato.

MARCO BOATO. Ho concluso.
Quindi, se il centrodestra ha respinto pregiudiziali presentate all'inizio della scorsa legislatura, non può cambiare opinione a distanza di cinque anni solo perché oggi si trova all'opposizione. Pertanto, invito ad esprimere un voto contrario sulle questioni pregiudiziali presentate (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi e de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessuno altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.Pag. 98
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, la pregherei di disporre la verifica delle tessere di votazione.

PRESIDENTE. Invito i deputati segretari a procedere al controllo delle tessere di votazione (I deputati segretari ottemperano all'invito del Presidente).
Se gli onorevoli Aprea e Bafile hanno terminato i controlli, possiamo procedere...

FRANCESCO GIORDANO. Controlliamo le schede anche di là!

RICCARDO MILANA. Anche le schede di là! Sono tutti vuoti i banchi!

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Maroni n. 1, Elio Vito n. 2, D'Alia ed altri n. 3 e Bocchino n. 4.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico che il numero legale è stato raggiunto (Applausi).
Comunico quindi il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 291
Maggioranza 146
Hanno votato
6
Hanno votato
no 285
Sono in missione 20 deputati).

Prendo atto che il deputato Crosetto non è riuscito ad esprimere il proprio voto; prendo atto altresì che i deputati Sposetti e Balducci non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario.

Sull'ordine dei lavori (ore 19).

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, intervengo brevemente per far presente ai colleghi che questa notte, al termine o, forse, durante una festa di pace e di gioia che ha coinvolto tutto il paese e che in particolare nella città di Roma ha visto per le strade un popolo festante insieme gioire, alcune persone - non voglio approfondire la loro qualifica - hanno pensato bene di festeggiare, ricoprendo molte delle porte dell'antico ghetto ebraico di Roma con svastiche e simboli celtici cari a quel regime che nell'ottobre del 1943 deportò dal ghetto di Roma oltre mille ebrei italiani, dei quali fecero ritorno solo poche unità.
Mi rivolgo ai colleghi, onorevoli deputati e deputate, e mi rivolgo a lei, in rappresentanza della Presidenza della Camera: in queste ore sono giunte a trecentosessanta gradi le parole di solidarietà dell'intero mondo politico italiano nei confronti di un episodio che potrebbe essere considerato in modo molto minore. Ma non lo è considerare il fatto che in una giornata di festa qualcuno in Italia ancora pensi che, per festeggiare, bisogna ricordare i tempi cupi della deportazione degli ebrei da questo paese sotto il regime fascista e l'occupante nazista.
Credo che sarebbe cosa buona non solo che lei, Presidente, facesse pervenire alla comunità ebraica romana il senso della solidarietà, spero unanime, di quest'aula del Parlamento, dove 68 anni fa, all'unanimità, vennero votate le leggi razziali, ma anche che questo Parlamento prendesse a cuore il fatto che in Italia esiste un sistema legislativo, quello della legge Mancino, che non è più sufficiente per punire in modo significativo coloro che, in particolare nelPag. 99tifo calcistico e negli stadi d'Italia, pensano che proferire parole di razzismo, di odio e di antisemitismo sia cosa da niente.
Mi auguro che, oltre alla solidarietà, che già c'è stata, questo Parlamento, nel corso dell'attuale legislatura, prenda a cuore l'idea che, ogni volta che si traccia su un muro una svastica o si scrive una frase di odio verso un ebreo, ossia verso uno come me, che sono orgogliosamente ebreo, non si fa male e non si offendono solamente gli ebrei, ma si offende l'intero popolo italiano e questa Repubblica, nata dall'antifascismo e dalla Resistenza (Applausi).

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, anch'io intervengo per invitarla, a nome di tutti i deputati, non solo quelli dell'UDC, ma - immagino, visti gli applausi - di tutta la Casa delle libertà e di tutti i deputati della Camera, a rappresentare la nostra assoluta solidarietà nei confronti della comunità ebraica in questo frangente, come in altri.
Soprattutto, vorrei che il nostro ramo del Parlamento si impegnasse affinché, anche con le modifiche legislative che potremo approfondire nel corso della legislatura, si adottino misure che rendano più difficile compiere questi atti, che hanno caratterizzzato quest'ultima vicenda.
La solidarietà va non solo alla comunità ebraica, ma a tutti i fedeli della religione ebraica (Applausi).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Volontè.
Ovviamente la Presidenza si unisce alla solidarietà espressa dai colleghi nei confronti della comunità ebraica per gli episodi che sono stati richiamati. Riferirò al Presidente della Camera per le iniziative che egli riterrà più opportuno assumere sulla questione in oggetto.

JOLE SANTELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, prendo la parola per completare l'intervento che prima mi è stato impedito di terminare. Devo dire che, per correttezza nei suoi confronti, ho sospeso il mio intervento, sebbene non mi sembri corretto, da parte dei colleghi della maggioranza, proprio in quanto maggioranza, impedire ai deputati di parlare, alzando la voce.

PRESIDENTE. Su questo concordo...

JOLE SANTELLI. Ritengo che il tema che sto per porre non sia di parte, ma riguardi l'intero Parlamento. Chiedo anche al Governo, che è presente in aula, di ascoltare, perché si tratta di una questione di estrema delicatezza.
Da più anni, uno dei temi in discussione proprio in relazione alla nostra democrazia, è quello dell'utilizzo delle intercettazioni telefoniche.
Negli ultimi mesi questo tema è stato ulteriormente posto in evidenza, tanto che la Commissione giustizia se ne sta occupando. Oggi, il ministro Amato ha pronunciato parole di una gravità inaudita, che credo dovrebbero indurre tutti noi ad una riflessione importante, proprio in quanto formulate dal ministro dell'interno. Rileggo le dichiarazioni del ministro Amato, che si dice esterrefatto. Afferma il ministro Amato: «Mi viene detto che esistono contratti» - usa il termine «contratti»! - «e collegamenti consolidati tra procure e giornalisti, per cui le password per accedere agli atti sono fornite ai giornalisti nel momento stesso in cui le stesse vengono comunicate ad indagati ed avvocati».
Chiunque si è occupato di questa materia comprende la delicatezza e la gravità dell'affermazione anzidetta, soprattutto se formulata dal ministro dell'interno. Stiamo discutendo da anni sul perché sono divulgati sui giornali intercettazioni telefoniche e verbali secretati. Le varie indagini «commissionate», tra virgolette, dalle procure della Repubblica non hanno maiPag. 100portato all'individuazione di un colpevole che non fosse il giornalista di turno. Non si è mai capito chi divulgasse questi atti. Oggi, il ministro dell'interno ci dice che questi atti vengono divulgati dalle procure della Repubblica di questo paese! È una violazione della democrazia, una violazione della Costituzione ed una pesantissima violazione delle leggi del nostro paese. Credo che, su questo punto, sia necessario un dibattito parlamentare, per appurare se il ministro dell'interno in possesso di una notizia così grave l'abbia comunicata all'autorità giudiziaria e anche per avere un chiarimento su quelli che potranno essere in seguito i nostri lavori parlamentari in ordine ad un tema così delicato (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà

MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo brevissimamente sullo stesso argomento. Ovviamente, non so se corrisponda al vero quanto è stato riferito poco fa, ma mi associo alla richiesta dell'onorevole Santelli, tramite la Presidenza della Camera, affinché la questione venga affrontata tempestivamente dal Governo nei confronti del Parlamento.
Ovviamente, resta fermo che la verifica dell'attendibilità di quanto riferito dovrà porsi in capo allo stesso ministro dell'interno.

PRESIDENTE. Riferirò al Presidente della Camera le considerazioni in merito al problema delle intercettazioni telefoniche. Del resto, sono presenti in aula rappresentanti del Governo che hanno ascoltato in prima persona quanto è stato detto.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1287 (ore 19,05).

PRESIDENTE. Riprendiamo ora la discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri.
Ricordo che sono state testé respinte le questioni pregiudiziali presentate.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1287)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Boato.

MARCO BOATO, Relatore. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, non mi soffermo, per brevità, su tutti gli aspetti concernenti i precedenti legislativi in materia di organizzazione del Governo, sia per quanto riguarda la legge Bassanini n. 59 del 1997 e i conseguenti decreti legislativi nn. 300 e 303 del 1999, adottati nel corso della XIII legislatura, sia per quanto riguarda il decreto-legge n. 217 del 2001 e altri provvedimenti successivi adottati nel corso della XIV legislatura.
Riguardo a questa materia rinvio all'ottimo dossier predisposto dal Servizio studi della Camera, che è a disposizione delle colleghe e dei colleghi deputati.
Per quanto riguarda il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, alla nostra attenzione nel testo ampiamente modificato ed integrato nel corso dell'esame al Senato (atto Senato n. 379), questo modifica per più aspetti l'organizzazione del Governo stabilita dal decreto legislativo n. 300 del 1999 e sue successive modificazioni. Innanzitutto, incide sull'articolazione dei Ministeri il cui numero risulta innalzato da quattordici (era stato portato da dodici a quattordici dal decreto-legge n. 217 delPag. 1012001, già citato) a diciotto. Ovviamente, il numero dei ministri va integrato anche con quello dei ministri senza portafoglio le cui strutture, d'altra parte, sono incardinate presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Le modifiche attengono, altresì, al riparto di competenze tra i Ministeri e tra la Presidenza del Consiglio ed i Ministeri stessi con un significativo passaggio di competenze in favore della Presidenza del Consiglio, passaggio pure accompagnato da alcune riattribuzioni di competenze da quest'ultima a singoli Ministeri. La redistribuzione delle competenze in parte è consequenziale alla scelta stessa di creare nuovi Ministeri...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, l'onorevole Boato non riesce a svolgere il suo intervento se continua ad essere interrotto!
Prego, onorevole Boato.

MARCO BOATO, Relatore. La ringrazio, Presidente. La redistribuzione delle competenze, come stavo dicendo, in parte è consequenziale alla scelta stessa di creare nuovi Ministeri, in parte appare innovativa anche per altri profili rispetto al quadro delineato dalla citata riforma del 1999, come modificata già all'inizio della XIV legislatura dal decreto-legge n. 217 del 2001.
In particolare, voglio ricordare in quest'aula alcuni punti. In primo luogo, vengono istituiti il Ministero dello sviluppo economico, che sostituisce il Ministero delle attività produttive, ed il Ministero del commercio internazionale, al quale sono assegnate le funzioni in materia di commercio con l'estero che in precedenza erano attribuite al Ministero delle attività produttive. In secondo luogo, vengono nuovamente distinte le competenze in materia di infrastrutture e di trasporti con la creazione di due distinti Ministeri in sostituzione del precedente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In terzo luogo, al neoistituito Ministero della solidarietà sociale sono attribuite le funzioni intestate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di politiche sociali e di lavoratori extracomunitari, nonché quelle concernenti le politiche antidroga e il servizio civile nazionale, oggi attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Infine, le funzioni in materia di istruzione, università e ricerca sono ripartite tra il Ministero della pubblica istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca.
Ulteriori aspetti della redistribuzione di funzioni tra Ministeri o, anche, tra Ministeri e Presidenza del Consiglio non determinano la creazione di nuovi dicasteri. Ricordo in particolare e schematicamente alcuni punti. Primo: l'attribuzione di nuove competenze al Ministero delle politiche agricole e forestali tra cui quelle sui generi alimentari trasformati industrialmente che erano già in capo al Ministero delle attività produttive. Il Ministero è conseguentemente ridenominato Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Secondo. Il trasferimento al Ministero dello sviluppo economico delle funzioni in materia di politiche di coesione, funzioni originariamente proprie del Ministero dell'economia e delle finanze, attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri o a un ministro da lui delegato dal decreto-legge n. 63 del 2005 alla fine della scorsa legislatura.
Terzo. Il trasferimento al Ministero degli affari esteri delle funzioni in materia di politiche per gli italiani nel mondo, che in precedenza erano attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Quarto (e qui entrerò più nel dettaglio). L'attribuzione alla Presidenza del Consiglio dei ministri di una serie di competenze in varie materie, che elenco: sport; indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili; indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia, nonché interventi per il sostegno alla famiglia; vigilanza sull'agenzia dei segretari comunali e provinciali, che si occupa del relativo albo, nonché sulla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale; iniziativa legislativaPag. 102in materia di allocazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione; promozione e coordinamento relativamente all'attuazione dell'articolo 118, primo e secondo comma della Costituzione, i quali commi definiscono i criteri per l'attribuzione delle competenze amministrative ai diversi livelli territoriali di governo, in particolare in base al principio di sussidiarietà, la cosiddetta sussidiarietà verticale.
Mentre le prime due aree di competenza sono attualmente proprie del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le successive afferiscono ad un ambito di intervento, gli enti locali, prevalentemente riconducibile al Ministero dell'interno.
Con specifico riferimento alla materia del turismo, voglio osservare che le relative funzioni, che nel testo originario del decreto-legge in esame venivano trasferite al Ministero per i beni e le attività culturali dal Ministero delle attività produttive, risultano ora, nel testo modificato dal Senato, che è al nostro esame, attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre si dispone comunque il trasferimento al Ministero per i beni e le attività culturali delle dotazioni finanziarie strumentali e di personale dell'attuale direzione del turismo. Si prefigura, inoltre, contestualmente, l'istituzione presso il Ministero per i beni e le attività culturali di una nuova struttura per il turismo della quale si avvale il Presidente del Consiglio per lo svolgimento delle relative funzioni.
Alla Presidenza del Consiglio dei ministri è altresì trasferita la segreteria del comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), nonché alcune funzioni relative alle pari opportunità in materia di lavoro nell'attività di impresa, attualmente in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. È evidente che la maggior parte di queste competenze sono quelle che a loro volta sono state delegate ai ministri senza portafoglio.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 19,15)

MARCO BOATO. Ulteriori dettagliate disposizioni disciplinano l'adeguamento degli assetti organizzativi del personale alle disposizioni recate dal decreto, mirando in particolare a garantire in tale processo l'invarianza dell'onere finanziario. Appare significativo, a questo proposito, tra gli altri, il comma 25-ter, che prevede la sottoposizione al parere delle Commissioni parlamentari di tutti gli schemi di DPCM, decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, attuativi del riordino previsto dal decreto-legge.
Tra le ulteriori disposizioni recate dal presente decreto-legge, intendo segnalare le seguenti. In primo luogo, quelle riguardanti l'organizzazione e il personale dei ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri, in particolare con riferimento alla revisione della disciplina del personale degli uffici di diretta collaborazione (commi 24-bis e 24-ter). Si prevede, tra l'altro, che tutte le assegnazioni di personale a tali uffici, «compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti anche a termine», cessano automaticamente se non confermate entro trenta giorni dal giuramento del nuovo ministro. Si ridisciplina inoltre l'assegnazione del personale destinato alle segreterie dei viceministri.
In secondo luogo, quelle concernenti i consorzi agrari, che il comma 9-bis riconduce alla disciplina generale delle società cooperative, intervenendo altresì sulle gestioni commissariali in corso. In particolare, si prevede la riduzione del numero (da tre a uno) dei commissari liquidatori per i consorzi in liquidazione coatta amministrativa e la chiusura della procedura entro il termine del 31 dicembre 2007, nonché la cessazione dei commissari in carica e la ricostituzione degli organi statutari per gli altri consorzi in gestione commissariale.
In terzo luogo, quelle inerenti la Commissione per le adozioni internazionali. Il comma 19-quinquies prevede l'emanazionePag. 103di un regolamento di delegificazione, allo scopo di ridefinire senza oneri per il bilancio dello Stato i compiti della Commissione, la sua composizione e la permanenza in carica dei suoi componenti.
In quarto luogo, quelle riguardanti i direttori generali delle aziende sanitarie locali (ASL). Il comma 24-novies esclude che l'espletamento del mandato di deputato, senatore o consigliere regionale, possa essere equiparato agli altri titoli necessari per l'accesso alla carica di direttore generale delle ASL, come era stato purtroppo previsto dall'articolo 2, comma 5, della legge n. 43 del 2006, alla fine della scorsa legislatura.
Da ultimo, intendo ricordare che i commi 2, 3 e 4, inseriti nel corso dell'esame al Senato nell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, recano una delega al Governo, finalizzata all'adozione di uno o più decreti legislativi per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri con le disposizioni del decreto-legge in esame. Il termine per l'esercizio della delega è indicato in 24 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione.
A questo proposito - mi rivolgo al ministro Chiti e al sottosegretario D'Andrea -, voglio ricordare sia quanto già avvenuto nel corso dell'esame del decreto-legge n. 173 del 2006, in materia di proroga termini - approvato definitivamente questa mattina -, a seguito dell'accoglimento di alcuni ordini del giorno - sia della maggioranza sia dell'opposizione - per impegnare il Governo a sospendere l'esercizio di tali deleghe fino ad un loro recepimento in un autonomo disegno di legge, sia il dibattito avvenuto proprio quest'oggi in Commissione affari costituzionali in sede referente.
Sulla scorta del confronto aperto e costruttivo tra maggioranza e opposizione svoltosi nell'ambito della I Commissione, propongo al Governo di valutare l'opportunità di accogliere, anche in relazione all'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto-legge, un eventuale ordine del giorno che impegni il Governo a sospendere anche in questo caso - per coerenza logica ed istituzionale - l'esercizio della delega fino al suo recepimento in un autonomo disegno di legge ordinario a tale scopo finalizzato.
In conclusione, signor Presidente, ringrazio il Governo e i colleghi, sia della maggioranza sia dell'opposizione, per la cortese attenzione su una materia di grande rilevanza istituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi e de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha facolta di parlare il rappresentante del Governo.

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Sta bene, signor sottosegretario.
È iscritto a parlare l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, signor rappresentate del Governo, onorevoli colleghi, credo che, come ricordava poc'anzi il relatore, onorevole Boato, ci troviamo di fronte ad un provvedimento di importanza rilevante sotto il profilo istituzionale, ma che riveste un'analoga importanza anche sotto il profilo politico. È un provvedimento con il quale il Governo regola, organizza le sue funzioni e le architetture organizzative che devono supportare tali funzioni, al fine di attuare il programma votato dagli elettori alla base dell'esperienza di governo di questa legislatura.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 19,25)

ORIANO GIOVANELLI. Il tutto, appunto, è orientato a creare le condizioni politiche ed operative e, contrariamente a quanto abbiamo ascoltato anche durante il dibattito sulle questioni pregiudiziali, ritengo sia del tutto condivisibile che ilPag. 104Governo, attraverso un decreto-legge, abbia ritenuto di dover improntare, fin da subito, il proprio lavoro ad un assetto modificativo di quanto era stato stabilito precedentemente.
Del resto, è stato ricordato in quest'aula che anche il Governo Berlusconi era intervenuto attraverso un decreto-legge per modificare quel che oggi viene riconosciuto quale un momento importante di elaborazione nella riorganizzazione istituzionale delle funzioni di governo, ossia l'esperienza e la proposta che vanno sotto il nome di decreto Bassanini.
Stavo dicendo delle politiche operative. Su tale punto vorrei, se tutti vi riuscissimo, che ci si spogliasse un po' da una certa ipocrisia. Capisco che nel dibattito politico tutte le armi sono lecite, tuttavia è bene rimanere con i piedi per terra, nel concreto della realtà politica in cui viviamo.
Il nostro sistema politico si esprime per partiti, per coalizioni, ed è singolare che prima della competizione elettorale ognuno di noi fosse impegnato, nella costruzione di alleanze larghe e complesse, a riconoscere a tutti i soggetti politici la pari dignità che è necessaria e giusta nel momento in cui si creano le alleanze e, poi, d'incanto - come se tutti ci fossimo scordati appunto gli impegni che si assumono per affrontare una competizione elettorale -, nel momento del Governo, si ritenga che tutto ciò che è stato detto e condiviso possa essere tranquillamente bypassato. Si dice che ciò allontani il sentimento dei cittadini della politica e offra agli stessi cittadini argomenti di critica alla politica, perché tutto viene visto nell'ottica della lottizzazione. Non credo a questa tesi, ma ritengo che i cittadini capiscano benissimo che, nel momento in cui si assume l'impegno del Governo, il primo obiettivo sia quello di mantenere l'unità di una coalizione, la stabilità dell'azione di governo e la sua efficacia; e ciò passa attraverso provvedimenti coerenti sotto il profilo dell'organizzazione e della gestione, appunto, di governo, ma anche attraverso provvedimenti che riconoscano la pari dignità a tutte le forze politiche che concorrono alla formazione del Governo.
Penso che anche l'argomento ripetutamente usato con riferimento alla nuova struttura che il Governo si è dato, quasi irridendo l'esplicita dichiarazione, contenuta nel decreto-legge, relativa all'assenza di oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, abbia, per così dire, le gambe corte. Perché lo dico? Come ha ricordato il senatore Brutti nel corso del dibattito svoltosi al Senato, se andiamo a verificare quanto è stato speso dal Governo precedente nel corso del 2005 per consulenze e per costi di segreteria, ci accorgiamo che la somma complessiva supera il mezzo punto di prodotto interno lordo. Possiamo dire, allora, che il Governo in carica è fortunato, nel senso che non dovrebbe avere difficoltà a razionalizzare la spesa, a trovare le risorse per un'organizzazione diversa che ha comportato un numero maggiore di ministri e sottosegretari, anche riducendo i costi di funzionamento che il nostro paese ha dovuto sopportare, nel 2005, per responsabilità del precedente Governo.
Entrando nel merito del provvedimento, come ha dettagliatamente rilevato nella sua relazione l'onorevole Boato, credo che dobbiamo ricordare con quanto impegno, dal 1997 al 1999, in un clima politico diverso, nell'ambito di un dibattito sulla semplificazione amministrativa, sul trasferimento delle funzioni alle regioni ed agli enti locali, fu posto il problema della distribuzione delle competenze tra i ministeri e della ridefinizione dello stesso ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ebbene, se quel dibattito è stato tradito, ciò è avvenuto nella legislatura che abbiamo alle nostre spalle: ai provvedimenti che sarebbero dovuti entrare in vigore nella legislatura precedente non è stato dato corso e le scelte che erano state fatte nella XIII legislatura sono state contraddette nella XIV.
C'è anche una responsabilità politica: il tono del dibattito intorno alla riorganizzazione delle istituzioni ed alla razionalizzazione amministrativa si è abbassato, il confronto relativo al trasferimento delle funzioni alle regioni ed agli enti locali si è allentato e, soprattutto, è stato commessoPag. 105un errore che si riverbera, oggi, su aspetti discutibili del provvedimento in esame: nel riaccendere i bisogni di visibilità e di rappresentanza, l'approvazione dell'ultima legge elettorale ha indebolito lo spirito di coalizione del maggioritario, che in qualche modo era stato costruito e che rappresentava l'elemento caratteristico nel quale si collocava l'esperienza riformatrice che porta il nome del ministro Bassanini.
Credo che oggi abbiamo cercato di dare un senso alla riorganizzazione dei ministeri agendo con razionalità e concretezza ed interpretando nel modo più efficace possibile gli aspetti politici e quelli dell'efficienza della funzione di governo. Lo abbiamo fatto introducendo anche le significative novità che desidero sottolineare.
Nel dibattito in Commissione, come sempre pacato e sereno, la vicenda che ha interessato le competenze in materia di turismo è stata più volte indicata come una menomazione del Ministero per lo sviluppo economico. Tutti noi sappiamo che il turismo è stato sempre considerato nell'ambito dei settori economici - industria, commercio, agricoltura, turismo - come se esso fosse, appunto, un semplice settore economico all'interno di una politica di sviluppo.
In questi anni abbiamo imparato, anche dagli insuccessi della nostra politica turistica, quanto sia importante la trasversalità delle azioni nei confronti del turismo. Aver collocato presso la Presidenza del Consiglio questa materia le fornisce prestigio e forza, rendendola strategicamente molto più visibile, pur rimanendo sempre nell'ambito dell'equilibrio delle competenze fra Stato e regioni, nel momento in cui è affiancata alla politica di valorizzazione dei beni culturali, delle manifestazioni e delle iniziative per la cultura.
Anche sulla base della mia esperienza personale vorrei rilevare l'importanza della scelta di rivedere alcune competenze del Ministero dell'interno, al fine di conferire una maggiore razionalità ai rapporti con le regioni e con gli enti locali collocando questa materia sotto la responsabilità della Presidenza del Consiglio e affidandola ad un ministro senza portafoglio, il ministro delle regioni e, finalmente, anche degli enti locali, riconoscendo una nuova dignità al sistema delle autonomie che va, appunto, dalle regioni agli enti locali.
Ovviamente, nel corso del dibattito, ascolteremo considerazioni sulle possibili contraddizioni, perché, come avviene in qualsiasi tipo di governo, dal più piccolo comune sino al governo nazionale, vi possono essere sovrapposizioni.
È del tutto evidente che l'impianto che ci viene qui presentato e che noi voteremo convintamene necessiti di una più forte regia. Se vi è una sfida nuova che oggi si pone davanti al Governo, è quella di rafforzare fortemente la capacità di regia della Presidenza del Consiglio e la capacità di evitare che quelle sovrapposizioni, che inevitabilmente si creano nell'azione di governo, diventino motivo di rallentamento, di confusione delle interlocuzioni. Ritengo si tratti di un impegno chiaro che il Governo si assumerà e saprà svolgere nel migliore dei modi.
È ovvio che chi governa organizzi il proprio lavoro in funzione del proprio programma nell'ottica di garantire stabilità, operatività ed efficacia. Soltanto a consuntivo potremo verificare se questo impegno sarà stato mantenuto. Naturalmente, noi ce lo auguriamo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giorgio Conte. Ne ha facoltà.

GIORGIO CONTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il giudizio di Alleanza Nazionale è scontato. Esso è fortemente negativo, in quanto vi erano due precise esigenze che avevano ispirato la cosiddetta riforma Bassanini: l'omogeneità delle funzioni ed il contenimento della spesa. Due principi ampiamente ed evidentemente disattesi da questo decreto, che ci riporta bruscamente indietro.
Il centrodestra aveva condiviso e sostenuto questi principi e nella precedente legislatura aveva proseguito l'attuazione della riforma, ritenendola utile nel processoPag. 106di avvicinamento della pubblica amministrazione ai cittadini, con lo stesso spirito con cui ha affrontato in seguito le riforme costituzionali.
Ricordo ancora, come se fosse ieri, le voci strillate e scomposte che si sollevarono dai banchi delle opposizioni nella precedente legislatura da parte di esponenti che tuttora sono presenti in Parlamento, quando il Governo di allora, pur mantenendo sostanzialmente inalterata la distribuzione dei ministeri come voluto dalla riforma, derogò solo in minima parte.
Ora invece, in maniera diversa, è in atto un vero e proprio stravolgimento di quei principi e gli stessi deputati che all'epoca usavano toni preoccupati per la tenuta democratica delle istituzioni oggi sono i maggiori e strenui difensori di un decreto-legge che non ha neppure i presupposti costituzionali di necessità ed urgenza. Per questo chiedo al relatore, in fase di replica, di illustrare nello specifico i motivi che giustificano la necessità e l'urgenza del provvedimento. A nostro parere, è sicuramente più necessario ed urgente rifarsi proprio ai principi ispiratori della riforma Bassanini, piuttosto che stravolgerla con decreti di questo tipo.
Con il programma elettorale, l'Unione si era presentata agli elettori e all'opinione pubblica come fautrice del risparmio, e campione nell'osservanza delle regole: smentisce subito se stessa, adottando un decreto-legge emanato ancor prima di ottenere la fiducia delle Camere, che aumenta i ministeri da 14 a 18 unità. Nel vostro programma elettorale si prevedeva una riduzione del numero dei ministeri e dei sottosegretari e, viceversa, si batte in questa sede ogni record, facendo lievitare il numero massimo che la storia della Repubblica ricordi.
Direi che piuttosto che campioni di coerenza siete campioni di incoerenza e di confusione politica. Anche alcuni esponenti dell'attuale Governo hanno espresso un giudizio severo e critico sulla ripartizione delle competenze. Lo hanno affermato il ministro Di Pietro e il ministro Rutelli, parlando proprio di incoerenza. Aggiungo che è stato fatto un vertiginoso passo indietro rispetto ad alcune riflessioni maturate dal Governo precedente, che non erano frutto di un ragionamento di parte, ma solo di buonsenso.
Fa sorridere evidentemente la presunta invarianza della spesa tanto decantata all'interno di questo decreto, che sembra veramente una barzelletta. Sono costituiti nuovi ministeri, nuovi dipartimenti, nuovi viceministri, i quali potranno avvalersi di un contingente di personale pari a quello dei sottosegretari e volete farci credere che non ci sono oneri aggiuntivi? Gli oneri aggiuntivi sono innegabili, così come aumentano inevitabilmente i centri di spesa, per non parlare della differenza di retribuzione tra i dipendenti pubblici dei diversi ministeri, che rivendicheranno un inevitabile riallineamento. Per questo si parla di un provvedimento privo di copertura finanziaria.
Passando al piano politico, è questo l'impegno della maggioranza per ridurre i costi della politica? È questo l'impegno della maggioranza per riavvicinare i cittadini alle istituzioni? Non vi siete posti il problema dell'ulteriore pesante discredito che gettate nell'immagine della politica italiana? È chiaro ed evidente che ciò avviene solo per soddisfare mere esigenze di distribuzione di potere e di incarichi tra i partiti della maggioranza, per conservare i già precari equilibri politici, perché, se così non fosse, si tratterebbe veramente di scelte politiche scellerate e folli, in contrasto con gli interessi della gente e con l'interesse collettivo, che è anche quello di risollevare l'immagine della politica. Invece, l'attuale maggioranza sembra aver rinunciato all'annunciata e mai praticata vocazione modernizzatrice, al solo scopo di realizzare un'operazione di potere.
È facile prevedere che in tale confusione e rimescolamento di ruoli e di competenze si creino ed emergano gelosie, conflitti, interferenze tra ministri, di cui abbiamo già avuto un assaggio nelle scorse settimane.
Ma entriamo nel merito dello specifico provvedimento. Siamo preoccupati perché sono sottratte al Ministero dell'interno unaPag. 107serie di competenze rilevanti. In materia di enti locali si incide pesantemente sugli apparati amministrativi. È sottratta la vigilanza sull'albo dei segretari comunali. Che fine fa il ruolo centrale dei prefetti, in particolare nelle norme che regolano, ad esempio, lo scioglimento dei consigli comunali? Riteniamo altrettanto grave il trasferimento delle politiche di contrasto alla droga al Ministero della solidarietà sociale, così come le funzioni di vigilanza dei flussi di entrata dei lavoratori extracomunitari - un atto politico grave, che ci vede culturalmente e politicamente distanti - e la netta separazione che avete operato tra le funzioni del ministro del lavoro e quelle del ministro della solidarietà sociale. Ciò rivela una mentalità arretrata che fonda le ragioni della solidarietà sociale sul puro assistenzialismo con scarso riconoscimento del ruolo centrale del lavoro.
La separazione poi del Ministero dell'istruzione da quello dell'università e della ricerca pregiudica il rapporto tra scuola e università e il ritorno della definizione di pubblica istruzione (mi riferisco evidentemente all'aggettivo «pubblica») costituisce un chiaro segnale politico non condivisibile e discriminante nei confronti delle istituzioni non statali.
Assolutamente inutile risulta il nuovo incarico di ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, al quale sarebbero attribuite funzioni di vigilanza sul CONI e sul credito sportivo; così come costituisce un altrettanto brusco passo indietro anche l'accorpamento del Ministero dell'innovazione tecnologica a quello della funzione pubblica, a significare quasi che l'azione di innovazione riguardi solo la pubblica amministrazione, quando invece il gap tecnologico esistente investe tutti i settori della società civile, economica e sociale.
Il decreto-legge all'esame è quindi, in conclusione, il primo esempio eclatante di una chiara contraddizione politica tra il programma e l'azione di un governo che, entro breve tempo, sarà inevitabilmente costretto a far ricorso ancora all'aumento dell'imposizione fiscale, non per colmare un'inesistente buco di bilancio, frutto della fantasia del Presidente del Consiglio, ma proprio per coprire le nuove spese e i nuovi conti della vostra politica.
Per tutte queste ragioni il gruppo di Alleanza Nazionale giudica negativamente l'intero provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Presidente, la discussione che stiamo conducendo in quest'aula a me pare molto produttiva e interessante, non solo per i toni ma anche per le precise contestazioni che vengono, giustamente dal punto di vista dell'opposizione, avanzate nei confronti di questo disegno di legge di conversione del decreto-legge relativo alla riorganizzazione dei ministeri.
Vorrei con questo stesso spirito svolgere il mio intervento, partendo da due prime considerazioni critiche.
La prima era stata avanzata dal relatore Marco Boato alla fine del suo intervento introduttivo, quando ha voluto ricordare - non per riaprire una querelle che ormai ci portiamo dietro da alcuni giorni - che l'introduzione di deleghe nei commi 2, 3 e 4 dell'articolo 1 del decreto-legge, deleghe inserite nel corso della discussione al Senato, lo vede (nonostante sia relatore del provvedimento) critico, così come lo sono alcuni di noi, sia della maggioranza che dell'opposizione, tanto che il relatore ha preannunciato un ordine del giorno, simile a quello già discusso in relazione al provvedimento cosiddetto «mille proroghe», in modo che il Governo si impegni ad esercitare la delega presentando un disegno di legge ad hoc affinché il Parlamento possa discutere sul disegno di legge medesimo e sui criteri direttivi e sui principi che debbono presiedere ai decreti legislativi.
Al riguardo mi pare vi sia un livello di avanzamento collegiale di questa Camera nell'esercizio delle funzioni legislative.
Il secondo punto critico, che faccio mio e che non nascondo, è relativo non allaPag. 108riorganizzazione dei ministeri, su cui esporrò la mia posizione e quella del gruppo di Rifondazione comunista, quanto al numero dei sottosegretari.
Su questo sento di dover raccogliere l'elemento di critica avanzata dall'opposizione e invitare il Governo a rivedere, se non altro in termini di spesa e di organizzazione, le deleghe conferite ai sottosegretari, in maniera tale che il numero di questi ultimi - effettivamente alto, per fare una battuta, rispetto alle sedie presenti nei banchi del Governo qui alla Camera - non intralci la funzione del Governo. Occorrerà, invece, riorganizzare in maniera razionale le deleghe ed utilizzare al meglio le energie che il Governo ha voluto mettere a sua disposizione nell'espletamento delle funzioni esecutive. Su questo effettivamente il Governo poteva essere più attento e ridurre il numero dei sottosegretari, mentre non raccolgo la notazione critica sui viceministri. Dico ciò perché nell'organizzazione dei ministeri l'utilizzo della figura dei viceministri era già prevista dai cosiddetti decreti Bassanini ed è stata anche utilizzata dal Governo di centrodestra nell'ultima parte della XIV legislatura.
Della validità di questi due elementi critici ritengo sia giusto e doveroso dare atto, perlomeno per quanto mi riguarda, all'opposizione. Non mi sento invece di accettare alcune critiche provenienti dall'opposizione esposte sia in Commissione sia in Assemblea. Tra tali critiche pongo in rilievo quella relativa al Ministero per lo sviluppo economico. Riguardo a tale ministero, come ho già detto in Commissione ed ora ripeto in questa sede, personalmente avrei delle critiche da avanzare sullo stesso concetto di sviluppo, il quale sarebbe, a mio avviso, da porre in discussione. Secondo la critica ecologista noi dovremmo, infatti, parlare di economia sociale e di economia compatibile con le esigenze e le istanze provenienti dalla natura e, conseguentemente, abbandonare l'idea che attraverso lo sviluppo si possano superare una serie di squilibri sia economico-sociali sia quelli relativi alla natura.
Non raccolgo, invece, la critica avanzata dall'opposizione in ordine alle funzioni attribuite al Ministero per lo sviluppo economico in materia di politiche di coesione. L'attuale Governo è consapevole che lo sviluppo guidato dalle imprese e dal mercato genera, come è dimostrato da secoli di esperienze, disuguaglianza economica e squilibri territoriali. Le politiche di coesione attribuite al Ministero per lo sviluppo economico possono, quindi, costituire un correttivo per gli indirizzi che tale ministero si vorrà dare. Da questo punto di vista ritengo che la scelta operata dal Governo, quella cioè di riattribuire al Ministero per lo sviluppo economico le politiche di coesione, risponda, a mio avviso, ad una scelta politica, condivisibile o meno, criticabile o meno, che però fa riferimento ad un disegno molto preciso, che è quello di tenere insieme le istanze provenienti dall'economia, che oggi tendono a divenire sempre più egemoni rispetto alle altre istanze, con quelle di coesione. D'altra parte, anche a livello europeo il tema dello sviluppo è posto insieme a quello della coesione allo scopo di controbilanciare questioni come quelle della competitività e della concorrenza sui mercati mondiali. Insomma, si tende, almeno così interpreto questo accorpamento, a contemperare le esigenze dell'impresa, che chiede flessibilità, abbassamento dei salari e adattamento della forza lavoro alle esigenze della produzione, con quelle della coesione sociale, che rappresentano, a loro volta, un elemento di crescita economica perché consentono un ampliamento in nuovi settori. Si tratta dei settori della salute, della scuola, dell'innovazione e del superamento degli squilibri territoriali, settori questi che chiedono innovazione e invenzioni affinché i temi, ad esempio, dell'ambiente e della coesione sociale possano divenire un volano per l'economia. Per esempio, se facessimo una politica di messa in sicurezza del territorio, non ne trarrebbe giovamento semplicemente l'ambiente, ma anche l'economia sic et simpliciter.Pag. 109
Una seconda questione che è stata oggetto di critiche anche in questa prima fase della discussione è la sottrazione del settore del turismo al Ministero dello sviluppo economico. Ancora una volta debbo rifarmi ad istanze ambientaliste ed ecologiste per dire che non vedo negativamente la sottrazione del settore del turismo al Ministero dello sviluppo e dell'economia. È indubbio che il turismo è una componente fondamentale del prodotto interno lordo, ma bisogna anche notare che tratta una materia abbastanza delicata, che sono appunto i beni culturali, il territorio, la salvaguardia della natura: insomma, quelle che tradizionalmente vengono definite le bellezze, che sono appunto la forza di attrazione del turismo. Tuttavia, in questo campo bisogna stare molto attenti perché, esacerbando le ragioni dell'economia e della competizione utilizzando le bellezze - soprattutto quelle naturali o dei beni storici e ambientali -, si può incorrere in un effetto paradossale: quello di distruggere le bellezze storico-naturali per incentivare il turismo, perdendo le grandi potenzialità che questo settore avrebbe se venisse gestito con intelligenza. In questo campo l'intelligenza è la salvaguardia, significa la preservazione dei beni culturali e naturali, anzi la capacità di intervenire laddove sono state distrutte le bellezze naturali. Il caso degli «ecomostri» basta a richiamare la nostra attenzione per comprendere che affidare, attraverso anche un meccanismo forse un po' farraginoso, alla Presidenza del Consiglio, e da questa al Ministero dei beni culturali, le funzioni relative al turismo sarà un po' artificioso, ma è una scelta sostanzialmente valida.
Così come, Presidente, ritengo che aver affidato all'onorevole Emma Bonino le funzioni relative al commercio con l'estero nel momento in cui la stessa è responsabile delle politiche europee può sembrare artificioso - cioè che si sia stati costretti a metterle insieme semplicemente per distribuire quote di potere -, ma, secondo me, non è così. Ci può essere anche un elemento di redistribuzione di funzioni «pesanti», come si usa dire, ma credo che la logica che ha presieduto a queste scelte del Governo sia dovuta al fatto che in tema di commercio mondiale - io sono molto critico nei confronti delle politiche dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) - agisce con funzioni primarie l'Unione europea come soggetto unitario. In altre parole, l'Unione europea è un soggetto che interviene nelle trattative del WTO, quindi ha una sua capacità propositiva, di intervento e di correzione. Sappiamo anche che l'Unione europea è una potenza commerciale, se non la prima, nel mondo, come flussi sia di entrata che di uscita. Quindi, penso che aver accorpato in un'unica responsabilità le politiche dell'Unione europea e quelle attinenti al commercio internazionale sia stata una scelta quanto mai saggia e produttiva.
Ancora una volta, non sono d'accordo sulle critiche che ho sentito stasera in Assemblea relative al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, a cui sarebbero stata aggiunte impropriamente delle nuove competenze in relazione alla filiera agroalimentare. Per la terza volta non sono d'accordo, proprio in virtù di una lettura ambientalista che si può dare di questa decisione. Sappiamo, infatti, quale importanza l'agricoltura abbia riacquistato e sappiamo che essa non è soltanto un fenomeno squisitamente produttivo ma, come si dice oggi, può svolgere una funzione con più uscite; perciò, si parla di polifunzionalità dell'agricoltura. Soprattutto, oggi siamo consapevoli del fatto che, proprio per sottrarsi al dominio della grande impresa capitalistica, l'agricoltura ha bisogno di ricondurre i processi di trasformazione alle esigenze dei cicli agricoli e dei cicli naturali. Secondo me, questa può essere una grande occasione per sottrarre l'agricoltura al dominio dell'impresa e riportarla verso le esigenze del territorio, le esigenze agricole. Bisogna ricostituire una filiera agroalimentare che vada dall'agricoltura all'industria e non viceversa. Questa, a mio avviso, potrebbe essere una scelta produttiva con esiti altamente positivi.
Anche l'altra obiezione che è stata formulata in relazione alla disconnessione tra le infrastrutture e i trasporti credo chePag. 110possa essere letta ed interpretata non con malizia, ma come una sfida che questo Governo vuole portare. Noi sappiamo che le infrastrutture sono fondamentalmente anche se non esclusivamente legate ai problemi dei trasporti. Mettere insieme infrastrutture e trasporti - lo abbiamo constatato con l'esperienza Lunardi - potrebbe significare una moltiplicazione delle proposte di infrastrutturazione del territorio in funzione di alcune scelte di trasporto, che sono sempre state quelle del trasporto su gomma. Ritengo, invece, opportuno avere due competenze distinte, una per i trasporti e una per le infrastrutture. Se mi si consente, potrebbe risultarne un dialogo tra due istanze differenziate e, quindi, un controllo reciproco tra Ministero dei trasporti e Ministero delle infrastrutture. In questa maniera, le infrastrutture che saranno decise saranno effettivamente quelle necessarie ad una politica dei trasporti che, spero, sempre di più punterà sulle autostrade del mare e sul trasporto su ferro, in modo da togliere dalla strada sia il trasporto di persone sia, soprattutto, il trasporto di merci.
Le esemplificazioni che finora ho delineato non mi pare dimostrino una volontà di spartizione del potere da parte del Governo di centrosinistra. Mi sembra, invece, che rispondano ad un disegno di riorganizzazione dei ministeri in vista di alcuni obiettivi fortemente politici e, soprattutto, ad una immagine, ad una idea di società, nei vari campi, che le opposizioni di centrodestra possono non condividere ma che hanno, a mio avviso, una loro razionalità.
Un'altra questione riguarda la competenza che è gestita da Paolo Ferrero, membro di Rifondazione comunista. Penso che l'accorpamento in un Ministero della solidarietà sociale di diverse competenze, tra cui quelle relative ai migranti e quelle concernenti il problema delle tossicodipendenze, sia in controtendenza. Mettere insieme solidarietà e lavoro - mi rivolgo al deputato che mi ha preceduto - è, invece, qualcosa di antico. Una concezione lavoristica della solidarietà, nel senso che la solidarietà sociale è legata solamente a chi svolge un lavoro, costituisce una vecchia visione. Invece, è stata compiuta un'opzione secondo cui la solidarietà sociale è qualcosa di universalistico che fa i conti con l'insieme delle istanze sociali provenienti dai vari settori della società, anche sganciate dal lavoro. Non vorrei riaprire ciò che per me rappresenta un grande dibattito culturale relativo al welfare state quale è stato pensato in molte parti del mondo negli anni gloriosi dello sviluppo keynesiano, quello legato alle forme di prestazione del lavoro.
L'opzione di un welfare state, cioè di uno Stato sociale universalistico, ci porta appunto a dividere la concezione lavoristica da quella universalistica. Dunque vedo molto bene una struttura che si occupa di solidarietà sociale non come qualcosa di pietistico, come un regalo che facciamo come se fossimo nel cinquecento o nel seicento, ma come un'istanza di risposta a diritti, che le persone hanno, in termini di solidarietà. Ciò in modo da rispondere all'articolo 3 della nostra Costituzione che chiede alle istituzioni dello Stato di promuovere lo sviluppo di ogni singola persona, rimuovendo gli ostacoli che si frappongono al libero sviluppo di ogni individuo, maschio o donna che sia, anziano, giovane o bambino che sia.
Per questo penso che a Paolo Ferrero sia stata affidata una grande sfida culturale, politica e sociale ed è per i motivi che ho elencato che voteremo a favore della conversione in legge di questo decreto-legge relativo all'organizzazione dei ministeri.
Mi consenta, Presidente, un'ultima battuta, che è ancora una volta critica, per dimostrare che non c'è una chiusura pregiudiziale nei confronti delle istanze dell'opposizione. Anch'io penso che aver rimesso insieme innovazione e funzione pubblica possa essere un elemento di debolezza, nel senso che è naturale che l'innovazione tecnologica debba affrontare quel grande apparato che è lo Stato - ma non solo lo Stato, bensì l'insieme delle istituzioni pubbliche -, ma effettivamente non penso che l'innovazione possa limitarsi alla funzione pubblica. Al riguardo,Pag. 111spero nell'azione dell'onorevole Nicolais, nel senso di non limitare le sue istanze di ricerca di soluzioni innovative, anche tecnologiche, nel settore pubblico, bensì di commisurarsi con l'insieme della società. In questo caso peraltro l'innovazione non deve riguardare solo l'impresa, ma anche i nuovi campi in cui sperimentare tale innovazione, soprattutto quello ambientalista e quello energetico. Lì dovremo sperimentare la ricerca innovativa, perché è da quel campo che può venire una forte spinta innovativa per il modello di economia nel quale noi siamo immessi, che purtroppo è ancora l'economia capitalistica.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 20,05)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Ringrazio l'onorevole Boscetto per avermi consentito di anticipare il mio intervento per svolgere queste brevissime considerazioni.
Mi rivolgo in particolare al ministro Chiti, che è il ministro per i rapporti con il Parlamento, visto che sul provvedimento al nostro esame ci sono due argomenti riguardanti competenze e deleghe, che erano state affidate al ministro per i rapporti con il Parlamento della precedente legislatura, che era chi ora vi parla, e che avrei voluto ben volentieri fossero state nuovamente affidate a chi pro tempore svolge questo ruolo di ministro per i rapporti con il Parlamento o in alternativa a qualche altro ministro senza portafoglio presso la Presidenza del Consiglio.
Si tratta infatti di due questioni di fondo. Il dipartimento per le politiche sulle tossicodipendenze, che era presso la Presidenza del Consiglio, è passato totalmente al Ministero della solidarietà sociale, con la decapitazione di tutti i dirigenti di quel dipartimento: sono stati azzerati, anche quelli che da anni lavoravano presso la Presidenza del Consiglio. Non parlo di personale esterno, ma di persone che avevano accumulato negli anni una grande esperienza, nazionale ed internazionale, nell'ambito della complessa rete di rapporti, che proprio un dipartimento presso la Presidenza del Consiglio deve tenere.
Perché in tutta Europa le politiche antidroga sono concentrate presso il Primo ministro o la Presidenza del Consiglio? Perché c'è una dimensione internazionale ed una nazionale, di coordinamento, perché la Presidenza del Consiglio può coordinare competenze del Ministero dell'interno, degli affari esteri e della solidarietà sociale. Può essere punto di incontro e di coordinamento di una politica sulle tossicodipendenze, che deve essere unitaria verso l'interno e verso l'estero.
La decapitazione dei dirigenti, l'azzeramento del citato dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il passaggio delle sue precipue competenze al Ministero della solidarietà sociale ha, dunque, cancellato tutto ciò. Abbiamo già visto come, inevitabilmente, il ministro Ferrero ritenga di essere titolare di tale competenza, ma vorrei altresì ricordare che il ministro della salute, senatrice Turco, ha già ipotizzato di costituire una consulta in tale settore presso il proprio dicastero.
Il coordinamento dei Ministeri dell'interno, degli affari esteri, del welfare e della sanità da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri è quindi sparito, e non si comprende bene come saremo rappresentati, d'ora in poi, a livello internazionale, in che modo la Presidenza del Consiglio potrà avere una visione unitaria del fenomeno e come possano essere superate le conflittualità che, inevitabilmente, sorgeranno tra i diversi dicasteri. Prescindo totalmente dal merito, onorevoli colleghi: sto parlando non delle «camere del buco», o delle estemporanee dichiarazioni del ministro Ferrero sulla politica in materia di tossicodipendenze, ma proprio di un organo che era stato collocato presso la Presidenza del Consiglio (laddove avrebbe dovuto rimanere) e che, per ragioni imperscrutabili, è stato invece trasferito all'interno di altro ministero.Pag. 112
Dico anche che ciò mi dispiace, perché avevo valorizzato tale struttura. Ricordo che, quando mi venne conferita la delega per il servizio civile nazionale (e si tratta dell'altro argomento che vorrei velocemente affrontare) e, come responsabile, vi trovai Guido Bertolaso (nominato a tale incarico dal centrosinistra), apprezzai le sue competenze e mi dispiacque moltissimo quando venne promosso alla direzione della Protezione civile, poiché ero ben contento di continuare a servirmi della sua capacità gestionale quando mi venne assegnato quell'incarico. Per quanto riguarda le tossicodipendenze, ricordo che, essendosi dimesso il responsabile nel momento in cui mi venne conferita la delega in materia, non ho fatto altro che attribuire l'incarico di responsabile al funzionario più anziano ed esperto in quella materia che ho trovato nella burocrazia di Palazzo Chigi, vale a dire il dottor Raffaele Lombardo.
Ebbene, oggi tale funzionario si ritrova, assieme ad altri validissimi dirigenti del dipartimento citato, senza incarico: essendo «sparita» tale struttura, infatti, le loro competenze sono state azzerate e dovranno essere ricollocati - non si sa bene dove - all'interno dell'organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri. Pertanto, viene disperso anche un patrimonio umano e di competenze.
Il secondo argomento che intendo affrontare riguarda il servizio civile nazionale. Ho sempre riconosciuto, onestamente, che il servizio civile nazionale era l'eredità di una legge votata da tutti i gruppi parlamentari prima dello scioglimento del Parlamento che ha successivamente portato al Governo Berlusconi e di cui il centrosinistra, quindi, ha la paternità: mi riferisco alla legge n. 64 del 2001. L'idea contenuta in quel provvedimento mi è sembrata validissima e, nel corso di cinque anni molto difficoltosi (perché vi è stata la soppressione della leva obbligatoria e la convivenza, per un certo periodo, tra gli ultimi obiettori di coscienza ed i ragazzi del servizio civile nazionale), partendo da zero siamo arrivati ad impiegare 46 mila giovani nel servizio civile nazionale.
Il nuovo Governo, a tale riguardo, dovrà affrontare un problema di crescita, poiché gli sviluppi sono andati al di là delle più rosee aspettative, in quanto gli enti, i comuni ed i giovani, con il loro impegno, hanno fatto crescere a dismisura il servizio civile al punto tale che oggi avremo, probabilmente, 80 o 90 mila domande presentate!
Ho visto che è previsto - e lo ritengo un elemento positivo - un ulteriore stanziamento, che raddoppia le risorse finanziarie impegnate dal Governo Berlusconi, proprio per far fronte alla crescita di questa realtà. La Corte costituzionale, tuttavia, ha stabilito che tale realtà è compresa nell'ambito della difesa nazionale. In altri termini, il servizio civile nazionale non rappresenta solo un elemento di sussidiarietà, di solidarietà o di volontariato nell'ambito della soddisfazione di alcune esigenze della nostra società, ma è una struttura ben diversa da tutto ciò. La Corte costituzionale, infatti, ha sentenziato che la patria può essere difesa con le armi (quindi, arruolandosi oggi come volontari nelle Forze armate), oppure nell'ambito del servizio civile nazionale.
Ricordo che ho istituito una apposita commissione, cui hanno partecipato militari e «pacifisti», la quale, oltretutto, ha approfondito anche il concetto di difesa non violenta. Tale organo ha prodotto perfino un documento decisamente interessante riguardo al modo in cui possa esservi collaborazione, e non contrapposizione, tra Forze armate e «pacifisti». Mi riferisco a questi ultimi come a coloro che intendono operare nell'ambito della difesa della patria senza essere armati, ma svolgendo funzioni diverse da quelle assolte dai militari.
Ma non è stato facile ottenere dalla Corte costituzionale il consolidamento del principio che attribuisce questo rango così importante al servizio civile nazionale; servizio che è certamente assistenza agli handicappati, ai tossicodipendenti e agli anziani, ma è anche protezione civile. CiòPag. 113è importantissimo per irrobustire la possibilità di contare ogni anno su 5 o 6 o 7 mila giovani che, addestrati a muoversi nell'ambito della protezione civile, entrino nella riserva - in dieci anni, sono stati 50 mila - e che avvicinino l'Italia a paesi come la Francia e la Germania. Paesi che hanno in ipotesi mezzo milione o 5 milioni di vigili del fuoco volontari mentre noi abbiamo solo 20 mila vigili del fuoco.
Quindi, è importante anche avere frequentato una palestra nei dodici mesi di servizio per imparare a fare protezione civile, per essere in grado di intervenire o svolgere lavori ordinari (per esempio la protezione incendi) ed essere quindi anche inquadrati nelle colonne mobili e sapere come muoversi; vi è inoltre il settore della salvaguardia dei beni culturali ed ambientali.
La mia impressione e la mia paura sono che, con questo rapporto funzionale - poiché del servizio, pur in qualche modo ancora presso la Presidenza del Consiglio, si è però enfatizzata in maniera così forte la natura, sostanzialmente, di solidarietà sociale -, venga snaturato il patrimonio che si è costruito nel tempo. Un patrimonio che è stato anche l'orgoglio di quanti hanno servito nel servizio stesso; non a caso, il 2 giugno, in occasione della festa della Repubblica, sfilano ed hanno sfilato, negli ultimi anni, insieme ai militari, anche le ragazze del servizio civile nazionale. E Ciampi, il Presidente della Repubblica, ha voluto che ciò avvenisse perché ha sempre dato risalto, sin da quando, la prima volta, nel 2002, ha presentato il servizio civile nazionale, a questo modo alto e nobile di servire la patria, che ha pari dignità costituzionale rispetto alla difesa con le armi.
Non vorrei che qualche regione proponesse ricorso sostenendo che il servizio civile nazionale ormai rientrerebbe nell'ambito solo della solidarietà e quindi integrerebbe una di quelle materie che, secondo la Costituzione in vigore, sarebbero di competenza delle regioni. In tal caso, al posto di questo organismo unitario che ha funzionato così bene negli ultimi anni e che ha svolto una funzione così importante, si potrebbe avere una frammentazione che rischierebbe di sciupare questo tipo di esperienza. Capisco che ormai «cosa fatta capo a»; ben difficilmente, infatti, queste due norme si possono cambiare. Però, lascio le mie considerazioni a futura memoria perché il rischio davvero che queste due esperienze vengano vanificate con un danno complessivo per il paese è altissimo.
È un rischio che sinceramente, se fossi stato membro del Governo, non avrei corso, lasciando questi due organismi all'interno della Presidenza del Consiglio, laddove erano stati utilmente collocati [Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, desidero rivolgere un ringraziamento all'onorevole Giovanardi per le parole che ha pronunciato, non solo per quanto ci ha ricordato, ma anche per quanto ci ha fatto rimpiangere.
Noi siamo critici verso questi primi provvedimenti del Governo, per le tante ragioni dette e che ribadirò (sperando peraltro di aggiungere qualcosa); ma soprattutto perché abbiamo la convinzione che il nostro apporto sarebbe stato utile. Non avere impegnato il Parlamento in queste discussioni è qualcosa di estremamente sbagliato. Noi riteniamo tutto ciò addirittura arrogante, frutto di un disegno che si è rivelato e che si rivelerà del tutto errato.
Voi siete partiti con il piede sbagliato; voi che avete anche in campagna elettorale cercato di dare di voi stessi un'immagine mite, appena giunti al potere, prima ancora di aver giurato nelle mani del Presidente della Repubblica, avete posto in essere una serie di errori che non appartenevano, apparentemente, al vostro modo di essere; quasi, con una metafora calcistica, avete compiuto una serie di falli che assomigliano alla testata di Zidane nei confronti di Materazzi. Ma forse ZidanePag. 114ha quel modo di essere e voi quell'arroganza che avete cercato di nascondere con la mitezza della vostra presentazione in campagna elettorale.
Tutto quello che è accaduto è il frutto di un disegno estremamente negativo. Abbiamo visto scrivere sui giornali che l'intenzione del Governo Prodi era quella di prendere tutto, di non lasciare niente all'opposizione, di governare attraverso una legislazione decretale e di far sì che il Parlamento lavorasse, quanto meno, una settimana in meno al mese per riuscire a convogliare meglio le energie, soprattutto al Senato, in modo da porre il più possibile questioni di fiducia e ottenere l'approvazione delle leggi prima al Senato, attraverso la fiducia, e poi alla Camera, dove noi vi abbiamo dato 70 deputati in più come premio di maggioranza.
Pensavamo che fossero le solite illazioni, per non dire di più e di peggio, dei giornalisti. Invece, tutto questo si è verificato in modo militare: non come un servizio civile, come ricordava l'onorevole Giovanardi, ma un servizio militaresco. Siete partiti con testi di legge così avventurosi, ma così avventurosi nella vostra arroganza - perdonate se ripeto il termine -, che siamo rimasti stupefatti.
Ciò spiega perché siamo così contrari, almeno a questi primi provvedimenti, salvo, eventualmente, attendere il vostro ravvedimento, come è successo con gli ordini del giorno che sono stati accolti sul provvedimento cosiddetto «mille proroghe», che, tuttavia, non bastano, ma che, comunque, servono, in qualche modo, a dimostrare che voi stessi avete compreso come siete stati pesanti nei vostri interventi e fallosi nella vostra legislazione.
Qui noi ritroviamo, all'articolo 1 della legge di conversione, una delega talmente autonoma, talmente pesante e talmente fuori legge, che nuovamente dobbiamo ripetere tutte le critiche che abbiamo rivolto nei confronti delle deleghe contenute nel decreto cosiddetto «mille proroghe».
Qui, addirittura, se possibile, abbiamo l'esasperazione negativa della delega. Ci si domanda: chi vi scrive queste cose? Noi conosciamo i bravi giuristi dei diversi organismi istituzionali e sappiamo che non sarebbero propensi, di propria volontà, a fare e a scrivere determinate cose.
Quindi, i casi sono due: o avete dei vostri giuristi che usate in via quasi privata, oppure, se indirizzate i giuristi istituzionali, lo fate spingendoli a mettere in essere determinate logiche sbagliate. Infatti, lo ripetiamo da ore ed ore, quando si legge l'articolo 77 della Costituzione - e dobbiamo continuare a leggerlo -, occorre ricordare che vi è scritto che in casi straordinari di necessità e di urgenza il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge.
Poi non ci si venga a dire, però, che la prassi ha tolto di mezzo la straordinarietà, la necessità e persino l'urgenza.
Quindi, secondo prassi, alla fine, questi tre concetti si trasformano nell'unico concetto di opportunità.
Avete criticato tanto la nostra riforma costituzionale e i poteri del premier. In questo caso, attraverso un'interpretazione esageratamente sbagliata, che ormai si sta diffondendo (anche se è invalsa una prassi in questo senso), viene attribuita in capo al Governo una forza talmente esclusiva, per cui la nostra riforma costituzionale in fondo era all'acqua di rose rispetto all'uso che state facendo del decreto-legge, con l'esclusione del Parlamento.
Non dobbiamo mai dimenticare che la dogmatica pacificamente afferma che i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza si trasmettono anche alla legge di conversione, e che mai una delega può essere arricchita dal requisito dell'urgenza. Se si afferma che il Governo è delegato ad adottare entro 24 mesi dalla data di entrare in vigore della presente legge uno o più decreti legislativi, si dice espressamente che non ci sono ragioni di urgenza, proprio perché si ha di fronte un arco di tempo di 24 mesi. Allora, come vi è venuto in mente di ricorrere a questo strumento?
Vi è di più: siete riusciti a porre in essere il capolavoro di violare anche l'articolo 76 della Costituzione. Lo rileggiamo per l'ennesima volta nella nostra vita ePag. 115qualcuno molto più giovane di noi forse farebbe bene ad ascoltare. Tale norma stabilisce che l'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. Nel disegno di legge di conversione, all'articolo 1, comma 3, si cerca di definire i principi e i criteri direttivi. Al comma 2 si fa riferimento al tempo (24 mesi) e si individuano gli oggetti, che tanto definiti non sono. Infatti, si parla di coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri con le disposizioni di cui alla stessa legge: è un caso rarissimo di disegno di legge di conversione che si richiama, in termini di integrazione, a quanto contenuto nel decreto-legge. È un caso probabilmente ammissibile, ma stranissimo.
Inoltre, nell'attuazione della delega, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi. L'articolo 1, comma 3, lettera a) fa riferimento alla puntuale individuazione del testo vigente delle norme. Ma è un criterio direttivo, questo, signor sottosegretario, signor ministro? Ciò significa leggere le norme e individuarle. Ma questo è il minimo che si possa fare mettendo mano a qualsiasi testo normativo e intervenendo su qualsiasi funzione giuridica di qualsiasi tipo e livello: individuare le norme!
Coordinamento del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la razionale applicazione, nonché la coerenza logica e sistematica della normativa: l'articolo 1, comma 3, lettera b), sembra voler dire tutto, ma non dice niente. Sono parole vuote: si dà un'indicazione che certamente non può essere né un principio né un criterio direttivo.
Può andare bene la lettera c), che tratta di «esplicita e analitica indicazione delle norme abrogate» e può andare bene la lettera d), che tratta di «aggiornamento e semplificazione del linguaggio normativo». Vi è, poi, la lettera e) che tratta di «revisione del numero dei dipartimenti e delle direzioni generali, previste dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sulla base di quanto disposto dal comma 23 dell'articolo 1 del decreto-legge 18 maggio 2006». Dunque, non si indicano principi o criteri, ma si mette in essere solo confusione. In sostanza, questa delega del tutto anomala, del tutto illegittima, del tutto fuori sistema è anche talmente priva di principi e direttive da costituire una delega in bianco. È qualcosa di studiato per eludere tutto quello che era eludibile.
Abbiamo già visto in materia di decreto «mille proroghe» come abbiate cercato di riempire, eliminando persino le due righe esistenti, un decreto-legge a firma Berlusconi-Ciampi. Ci siamo chiesti perché lo avete fatto, dato che adottare un decreto-legge il 12 maggio significava, poi, trovarsi con l'acqua alla gola, dover chiedere la fiducia e dover correre alla Camera senza permettere il dibattito parlamentare. In questo caso avete adottato un decreto-legge a firma Napolitano-Prodi, però egualmente sembra che non abbiate voluto mettere più cura nella vostra produzione normativa. Soprattutto, sembra che abbiate voluto infilare rapidamente tutto quello che era oggetto di patteggiamento politico per riuscire a soddisfare le vostre diverse anime ed i vostri numerosissimi uomini e donne.
Non c'è stata possibilità né volontà di attribuire all'opposizione la Presidenza di una delle due Camere, non c'è mai stata particolare attenzione all'opposizione. Vi siete impadroniti di tutte le cariche possibili ed avete legiferato nel modo che stiamo denunciando: con totale arroganza e sottraendo al Parlamento ogni possibilità di confronto.
Molte critiche sono state evidenziate in queste poche ore, destinate a noi poveri membri dell'opposizione ed ai pochi interventi dei colleghi del Senato, ramo del Parlamento al quale sono onorato di aver appartenuto nella scorsa legislatura, ben felice di essere in questo momento alla Camera. Tali critiche, avendo voi avuto davanti più tempo, avrebbero potuto essere recepite e questo provvedimento sarebbe stato anche più utile a voi che vi sietePag. 116già dovuti difendere dagli attacchi dei mass media. Questo ultimi hanno detto che mai vi era stata una proliferazione così esagerata di uomini al Governo ma sono stati, in fondo, come sempre, teneri nei vostri confronti perché non hanno detto che questi «spacchettamenti» erano quasi tutti cervellotici, dovuti alle vostre esigenze di bottega ed assolutamente non soddisfacenti per gli interessi degli italiani.
Questo si vedrà sempre di più nel tempo e si è visto immediatamente, quando si è cominciato ad attribuire ministeri, viceministeri e sottosegretariati a uomini e donne, quali e quante sono state le diverse interpretazioni del loro medesimo compito. Avete dovuto riunirvi in un castello, non ricordo dove, non per parlare di politica ma per dire a tutta questa pletora di uomini e donne che la pensano in modo diverso: continuate a pensarla così, ma finite di dirlo in giro perché l'opinione pubblica non ci capisce più niente. Anche quei 25 mila soggetti che hanno votato per noi e ci hanno permesso, per ora, di aver avuto l'affermazione della Cassazione e di aver vinto le elezioni già hanno cambiato idea, come hanno cambiato idea i tantissimi che ci hanno votato convinti che portassimo moralità al paese: si tratta di promesse che non abbiamo mantenuto.
Questo è il Governo dell'Unione, dell'Ulivo o come si chiama, non riusciamo ancora bene a comprenderlo; vi giudichiamo dai vostri comportamenti e i vostri comportamenti sono anche i provvedimenti di legge, soprattutto i provvedimenti di legge.
Noi abbiamo l'esigenza - l'ho già detto - di starvi addosso su questo, ma non per antipatia personale. Guai se un modo di legiferare di questo tipo dovesse andare avanti! Ma purtroppo sta andando avanti. Abbiamo parlato di «mille proroghe», stiamo parlando di «spacchettamento», è in arrivo - vedremo quando (è già arrivato al Senato) - il decreto-legge Bersani (anche in questo caso immagino che ci saranno deleghe). Soprattutto non si riesce capire per quale ragione determinate materie abbiano i requisiti di straordinaria necessità e urgenza! Per esperienza comune, per appartenenza al notorio, il problema dei tassisti è un problema che dura da anni! Mi riferisco al tentativo di aumentare il numero delle auto, soprattutto nelle città, senza andare a creare situazioni di sfavore per questi bravi e modesti lavoratori. Il problema degli avvocati è un problema del quale si parla ormai da anni, attraverso attentati a quella nobile professione, che in questo momento si stanno concretizzando addirittura attraverso la legalizzazione del patto di quota lite, che dai tempi dei romani è stato sempre vietato. È stato uno dei comportamenti più negativi che si potesse riscontrare in capo al professionista legale, che veniva deferito davanti al consiglio dell'ordine se metteva in essere un patto di quota lite. Voi avete pensato che fosse una materia così importante, urgente e indifferibile da farne oggetto di un decreto-legge. Per non parlare delle assicurazioni! Tutte queste cose avete voluto metterle in un decreto-legge per farle entrare in vigore subito, per mettere le categorie di fronte al fatto compiuto, disinteressandovi degli scioperi, delle reazioni, di quello che poteva succedere una volta realizzato l'illecito, il misfatto politico. Qualsiasi cosa succeda, poi vedremo in qualche modo come governarla!
Voi avete sempre parlato di concertazione, avete sempre parlato di previ accordi, ma non avete concertato alcunché con queste categorie! Niente era scritto nel vostro programma di tutto quello che avete messo in questo decreto Bersani. Ma è possibile che voi pensiate di negare all'opposizione un senso critico forte nei confronti di questi tre decreti? Tre provvedimenti così forzati, così forti, così arroganti, così sbagliati, privi dei presupposti costituzionali, buttati così in viso al popolo e alla minoranza, a questa minoranza, che si è avvicinata a questo momento parlamentare con tutta l'intenzione di svolgere le proprie ragioni e che si vede addirittura sbattere sul viso le porte, senza possibilità di presentare emendamenti, di illustrare le proprie ragioni per riuscire a farsi approvare qualche buon emendamento.Pag. 117
Nel decreto Bersani avete fatto diventare norma dello Stato articoli di legge che sono di competenza regionale. Ve lo dirà qualcuno dei vostri scrivani questo? O proseguirete finché ve lo dirà la Corte costituzionale? Avrete bisogno di una seria opposizione, che queste cose ve le faccia notare, oppure sbatterete per l'ennesima volta - la terza - le porte sul naso dell'opposizione, mettendo la fiducia al Senato e poi impedendo alla Camera di fare un minimo di attività (tre ore in Commissione e in aula si viene soltanto per strillare)?
Mi dispiace dover strillare! Sono avvocato da quarant'anni e ho sempre convinto i giudici, non li ho mai piegati strillando nelle aule giudiziarie che ho frequentato in tutta Italia. Ma qui, di fronte a certi atteggiamenti, a certi silenzi, a certe frasi corrive pronunciate nei corridoi e poi al muro contro muro in aula, noi dobbiamo strillare!
Mi dispiace sentire l'onorevole Franco Russo svolgere critiche, come qualche altro collega, per poi giungere al momento del voto esprimendo tutti un voto favorevole perché la ragione di Stato lo vuole, perché i termini scadono e non si può fare diversamente. Dovevate dimensionare i tempi in modo che non si esaurissero così rapidamente, non dovevate usare lo strumento del decreto-legge affinché non vi fosse il cappio dei 60 giorni di scadenza. Ciò avrebbe permesso di esaminare uno di questi tre provvedimenti prima alla Camera.
Possibile che la Camera sia divenuto il momento di ratifica di provvedimenti già esaminati dal Senato a seguito della questione di fiducia posta dal Governo, che in tal modo diviene autore di leggi senza alcun controllo parlamentare? Per quale ragione, almeno con riferimento ad uno di questi tre provvedimenti, non siete riusciti a prevederne il previo esame della Camera? Certamente vi sarà qualche contorta ragione che non sono riuscito a comprendere.
Presidente Castagnetti, lei che è un uomo stimato da tutti e che è il tutore delle prerogative della Camera, si può andare avanti così?
Credevamo che il decreto Bersani, con tutti i difetti derivanti dal fatto di essere un decreto-legge, sarebbe stato esaminato prima dalla Camera. L'avremmo trasferito al Senato con qualche aggiustamento. Invece no, se va avanti il modulo Lippi, dopo la fiducia al Senato, arriverà alla Camera e probabilmente riuscirete a vincere il campionato del mondo, ma certamente non avrete mai la nostra soddisfazione [Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cioffi. Ne ha facoltà.

SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, signor ministro, colleghe e colleghi, il provvedimento in esame, per noi Popolari-Udeur, non solo ha grande rilevanza politica, ma soprattutto ha la finalità di razionalizzare, organizzare e valorizzare maggiormente l'azione del Governo, incidendo sull'articolazione dei ministeri, sulle competenze degli stessi e della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Le disposizioni contenute nel provvedimento, a nostro avviso, potranno consentire all'esecutivo un'ottimale funzionalità per raggiungere gli obiettivi prefissati e per ritrovare maggiore efficienza, competitività e concretezza.
Il testo in esame si inserisce pienamente nel continuum legislativo culminato con l'emanazione dei decreti legislativi del 30 luglio 1999, nn. 300 e 303, concernenti rispettivamente la riforma dell'organizzazione del Governo e l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri. A nostro avviso, il presente provvedimento contiene la medesima ratio: la modernizzazione del sistema di governo.
Occorre, infatti, sottolineare che, pur elevando il numero dei ministeri e trasferendo alla Presidenza del Consiglio dei ministri strutture già espletate da apparati ministeriali, dal provvedimento - e ciò è per noi estremamente importante - non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto vengono rispettati i principi a garanzia della nonPag. 118variazione della spesa. In particolare, la revisione della ripartizione degli organici avviene nei limiti delle attuali dotazioni e della spesa corrispondente, mediante una razionale redistribuzione del personale, a seguito dello spostamento delle competenze. Viene prevista la limitazione dei contingenti di personale di diretta collaborazione, nonché la rideterminazione dei trattamenti dei responsabili degli uffici, ossia dei capi di gabinetto, dei capi uffici legislativi, ed altri. Il contenimento delle risorse strumentali utilizzate nell'ambito di quelle attualmente in dotazione nei dicasteri esistenti garantisce, inoltre, il mantenimento del livello di spesa negli attuali parametri; in particolare, le sedi destinate alle nuove strutture dovranno essere quelle già utilizzate nella pregressa organizzazione. Inoltre, viene considerata necessaria la contestualità della presentazione delle proposte attuative, corredate dai preliminari atti di intesa, per la verifica dell'effettività delle compensazioni, nel quadro generale degli interventi.
Per quanto riguarda, inoltre, il riparto delle competenze tra i ministeri, il provvedimento in esame prevede, in particolare, soluzioni che ci trovano pienamente d'accordo. È significativa la distribuzione delle competenze in materia di istruzione, università e ricerca tra il ministro dell'istruzione ed il ministro della ricerca e ciò è estremamente importante per la nostra ricerca, in quanto l'unificazione in un unico grande ministero non è mai realmente avvenuta; è stata sacrificata la ricerca, non è stato dato il peso necessario alla ricerca essenziale per lo sviluppo economico del nostro paese.
L'istituzione del Ministero dello sviluppo economico, con funzioni anche in materia di politiche di coesione, in luogo del Mistero delle attività produttive, dà un approccio certamente più attento alle competenze ed all'unitarietà dell'azione politica del Governo in questa materia.
L'istituzione, inoltre, del Ministero del commercio internazionale, con funzioni in materia di commercio con l'estero, segna l'importanza crescente delle relazioni economiche internazionali, soprattutto relativamente ai nuovi mercati emergenti, quali, ad esempio, la Cina e l'India.
Il trasferimento delle funzioni in materia di turismo al Ministero per i beni e le attività culturali dà un segnale estremamente significativo, in quanto la componente turismo, connessa alla cultura ed alla protezione ambientale, dà il valore che il turismo deve essere considerato non esclusivamente un'industria, tenuto conto che il nostro patrimonio culturale ed ambientale va sviluppato in modo armonico, valorizzando tutte le risorse culturali ed ambientali disponibili nel nostro paese.
L'attribuzione, inoltre, al Ministero della solidarietà sociale delle funzioni in materia di politiche sociali, di lavoratori extracomunitari, di antidroga e di servizio civile nazionale garantisce, per noi, un'azione coordinata in tali materie.
Il trasferimento, infine, al Ministero degli affari esteri delle funzioni in materia di politiche degli italiani nel mondo dà maggiori opportunità per coordinare ogni iniziativa.
Inoltre, alla Presidenza del Consiglio dei ministri sono attribuite diverse funzioni e competenze che ci trovano particolarmente d'accordo. In particolare, in materia di sport, vigilanza sull'albo dei segretari comunali e provinciali, indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili e di politiche per la famiglia, iniziativa legislativa nell'allocazione delle funzioni fondamentali dei comuni, province e città metropolitane, promozione e coordinamento nell'attivazione dell'articolo 118, primo e secondo comma, della Costituzione, segreteria del Comitato interministeriale per la programmazione economica.
Inoltre, altre competenze oggi affidate alla Presidenza del Consiglio sono riattribuite ai singoli ministeri, quali, ad esempio, quelle delle politiche antidroga e del servizio civile nazionale, che sono affidate al neo istituito Ministero per la solidarietà sociale o ancora, come ho già detto, le funzioni in materia di politiche per gli italiani nel mondo, che sono assegnate al Ministero degli affari esteri.Pag. 119
Altra innovazione da accogliere, per noi, con estremo favore è quella relativa al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, al quale sono attribuite le competenze sui generi alimentari trasformati industrialmente.
Per quanto riguarda, infine, i consorzi agricoli, ci trova d'accordo una piccola rivoluzione: essi cessano di essere regolati da norme speciali e diventano società cooperative di diritto civile a tutti gli effetti; inoltre, vengono introdotti termini inderogabili per chiudere la fase di liquidazione coatta e ripristinare gli organi statutari.
In sostanza, il riordino ed il riassetto organizzativo dell'esecutivo nascono non come erroneamente si vuol far credere, per realizzare una diversa spartizione di poltrone, bensì dalla necessità di garantire un'azione di Governo più unitaria, coerente e razionale. Il provvedimento in esame rappresenta, per noi, il punto di partenza nella realizzazione del programma della maggioranza e ne costituisce un grande fattore di successo. Esso è ispirato, come abbiamo già sottolineato, dalla stringente necessità di far recuperare al nostro paese, nel più breve tempo possibile, efficienza e competitività, obiettivi che noi intendiamo raggiungere (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 21,30.

La seduta, sospesa alle 20,50, è ripresa alle 21,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bindi, Boco, Bonelli, Brugger, Chiti, Duilio, Fioroni, Folena, Melandri, Migliore, Piscitello, Pollastrini, Rutelli, Santagata, Sgobio, Stucchi e Violante sono in missione a decorrere dalla ripresa notturna della seduta.
Pertanto gli onorevoli complessivamente in missione sono trentotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1287)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Presidente, colleghi e rappresentanti del Governo, diciamo che parliamo più per i colleghi assenti che per quelli presenti, anche perché sarebbe poco piacevole parlare soltanto ai colleghi presenti, e non ho la pretesa di pensare che domani mattina qualcuno andrà a leggere il mio intervento, per cui cercherò di parlare in modo simbolico a tutta la maggioranza.
Il decreto-legge di cui stiamo parlando di fatto rappresenta una questione politica; è giusto pertanto affrontarla ad ampio raggio.
Avevo preparato alcune battute in dialetto reggiano, vista la presenza del vicepresidente Castagnetti, ma dato il cambio di Presidenza sarà per la prossima volta! Visto che Reggio Emilia, di solito, viene rappresentata soltanto da Prodi, credo sia giusto rappresentarla anche da parte di un parlamentare non di sinistra.
Credo sia importante cominciare innanzitutto a capire di cosa stiamo parlando. Più che di uno «spacchettamento», credo sarebbe più giusto parlare di un «pacchettamento», perché da noi, quando ti rifilano una fregatura, si suole dire «ti hanno fatto un pacco». A mio avviso, quello che ci hanno fatto è proprio un «pacco»! Ho provato ad immaginare quando, chiusi all'interno di uno stanzone, quelli dell'Unione, che più che un'unionePag. 120politica sembra un'Unione sovietica, hanno cercato di distribuire poltrone, pane e pesci per tutti. È un po' come inserire all'interno di un'urna una serie di bussolotti e cominciare ad estrarli uno per volta. È capitato, però, che la stessa pallina la volevano in tre, così a quel punto si è cercato di dividerla in tre parti, oppure Prodi, novello Silvan, con un bel «sim sala bim», le ha moltiplicate per riuscire ad accontentare tutti.
In maniera meno prosaica si è applicato, alla vecchia maniera, il classico manuale Cencelli, riuscendo a far impallidire il record storico detenuto da Andreotti. Siamo oggi addirittura a 105 poltrone di Governo, fra ministri e sottosegretari. Molti in Italia hanno perso il conto e sono convinti che siano ancora 102, ma sono stati nominati altri tre sottosegretari. Hanno un bel raccontarci che 105 poltrone, record assoluto, sia una cosa giusta, dovuta, funzionale e a costi invariati.
Tutte queste poltrone vogliono dire, come minimo, 210 segretari, 210 uomini di scorta, 105 auto blu, 105 uffici, 105 dotazioni; in sostanza, vuol dire moltiplicare all'inverosimile la spesa. Qualcuno s'è preso la briga di fare anche i conti di quanto costerà alla comunità la decisione di far dimettere alcuni membri di Governo per mantenere la risicata maggioranza che avete al Senato: si tratta di 6 o 7 milioni di euro.
È stato bello fare i fenomeni, lo avete fatto per cinque anni andando in piazza. Avevate dalla vostra le associazioni di categoria, i sindacati e, in ultimo, avete avuto anche i magistrati.
Dico questo perché un dubbio serio che abbiate vinto davvero le elezioni ce l'ho. Dopodiché siete lì, governate se riuscite, noi faremo opposizione e cercheremo di impedirvelo, per quanto possibile. Però, ricordiamo una cosa: la corte d'appello non ha voluto fare una verifica seria su 20 regioni. In Emilia-Romagna - guarda caso, l'Emilia-Romagna; non è un caso - siamo riusciti a rompere le scatole, trovando, guarda caso, un magistrato che ha voluto fare un po' di verifiche (l'unica regione d'Italia!). Ci hanno definito sui giornali locali i «giapponesi» che continuavano a combattere sull'isola deserta una guerra pur non sapendo di averla già persa.
Però, abbiamo preso quattro sezioni a caso di Bologna e le abbiamo esaminate, approfondendo quel dubbio che era sempre nella nostra testa. Ammesso che ciò che avviene all'interno di una sezione elettorale sia regolare, i dati che arrivano al Viminale corrispondono ai dati sulla base dei quali poi vengono proclamati i vincitori? Magicamente, non è così. Guarda caso, in una sezione, Forza Italia aveva 500 voti, a Roma ne risultavano 500, mentre la Margherita da 100 ne aveva 120. In un'altra sezione, la Lega Nord aveva 120 voti ma a Roma ne risultavano 100, mentre l'UDEUR era passata da 100 a 120. Siamo andati avanti. I «giapponesi» hanno continuato a fare la verifica. Abbiamo verificato 220 sezioni in Emilia-Romagna.
Si tratta di eventi poco pubblicizzati, soprattutto dai giornali a voi vicini. Abbiamo recuperato 1600 voti su 220 sezioni, certificati dai magistrati della corte d'appello dell'Emilia-Romagna. Se contate che in Emilia-Romagna le sezioni sono 4600 circa, moltiplicate i 1600 voti per 20, abbiamo circa 30 mila voti, ma se considerate che la maggior parte di questi voti sono doppi, perché dal centrosinistra vanno riportati al centrodestra, capite che nella sola Emilia-Romagna il dubbio è che ci siano stati rubati dai 40 ai 60 mila voti.
Personalmente, io, che il giorno stesso delle elezioni, quando Berlusconi disse che ci avevano rubato i voti, dissi in televisione che la gente non ci avrebbe mai creduto, per cui sarebbe stato il caso di lasciar perdere, dopo aver fatto il «giapponese» per sei giorni, onestamente il dubbio ce l'ho, e tale resterà finchè non verrà effettuato un controllo accurato.
Al sesto giorno, dopo aver controllato 220 sezioni, la corte d'appello di Bologna ha mandato via il magistrato che ci stava aiutando, adducendo un ipotetico turn over da effettuare: era il lunedì di Pasquetta, me lo ricordo bene, hanno portato un altro compagno in corte d'appello,Pag. 121hanno chiuso gli scatoloni e li hanno mandati alla Corte di Cassazione. Ci hanno fatto alzare il coperchio e annusare l'odore strano del pentolone, per poi chiudercelo in faccia! Finché non avrò modo di controllare quei numeri, quelle sezioni e la loro regolarità, per quanto mi riguarda Romano Prodi non è Presidente del Consiglio ma lo è al massimo sub iudice, e la stessa cosa vale per questa maggioranza.
Ripeto, forse gli aiuti ci sono stati, qualcosa è stato forzato; governate, se ci riuscite, noi faremo opposizione. Certo, avete cominciato male. Sono tre settimane che state provando a governare questo paese, siete già riusciti a scontentare almeno quattro categorie e avete tradito (e questa è la cosa importante) ciò che avete promesso ai vostri elettori, soprattutto quelli in buona fede - ne conosco tanti - che hanno creduto che voi foste davvero dei fenomeni, che il Governo di centrodestra fosse il male assoluto e che con un colpo di bacchetta magica voi avreste potuto risolvere i problemi del paese.
Allora, andiamo a leggere il vostro programma. Di fronte alle incongruenze, per cui bisogna mettere d'accordo Luxuria con Mastella, Caruso con Rutelli, Bertinotti con D'Alema - cose che sembravano impossibili, da fantascienza -, avete sempre sostenuto di «avere la bibbia». Avete detto che quella bibbia era il vostro programma, che l'avreste seguita passo passo, perché eravate delle persone serie, e che seguendola avreste fatto miracoli e avreste cambiato il paese.
Nel vostro programma avevate scritto che alle donne, stile Zapatero, avreste attribuito un grande ruolo: sei ministeri senza portafoglio, non avete dato loro nemmeno la carta di credito per fare i ministri!
Avevate scritto che avreste ridotto le poltrone, che non eravate come Berlusconi, che avreste guardato agli interessi del risparmio della gente; ne avete create 105 ed è una cosa - io lo capisco - che fa vergognare, credo, anche voi, poiché ogni volta che ve la ricordiamo avete una sorta di sussulto (una morale ce l'avete sicuramente), e fa vergognare soprattutto chi vi ha dato il voto.
Avevate detto che Prodi, avendo fatto le primarie, non sarebbe stato ostaggio della politica, la vecchia politica, i partiti; e invece il manuale Cencelli ci ha fatto vedere che avete accontentato tutti, ma proprio tutti: l'unico a cui non avete dato una poltrona, seppur candidato con voi, è stato forse il partito dei pensionati, ma perché non ha ottenuto neanche un parlamentare. Vedo, però, che al Senato, usando i senatori a vita, siete riusciti a formare anche il partito dei pensionati e a costituire un gruppo anche nell'altro ramo del Parlamento. È la prima volta che i senatori a vita vengono quasi costretti a venire a votare una questione di fiducia; a me, onestamente, ha fatto anche tenerezza la Montalcini: ma perché fare queste operazioni? Perché forzare la mano?
Allora, permettetemi, visto che siamo in pochi e che nessuno domani leggerà questo intervento, di fare un paradosso. A me piacciono i corsi e i ricorsi storici. Mi viene in mente quando Mussolini, pensando che una Camera democratica fosse sbagliata, pensò bene ad un certo punto di formarne una tutta sua, occupando il potere all'origine, vietando ogni sorta di confronto secondo le regole, e anzi cercando di superarle.
Voi siete arrivati e avete preso tutte le poltrone possibili e immaginabili, adottate decreti-legge e leggi delega per ridurre il più possibile la discussione parlamentare: mi chiedo dove si voglia arrivare e se non ci dobbiamo aspettare davvero una sorta di Unione sovietica nel 2006! E qualche dubbio mi è venuto ascoltando un'ora fa il rappresentante di Rifondazione comunista, che ci ha spiegato che il welfare deve essere basato su un'impronta non lavorativa ma universalistica. A quel punto mi sono spaventato e credo sia giusto chiarire alcune cose, visto che costui parla a nome di un partito della maggioranza. La nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, vi è gente che lavora, tutti devono pagare le tasse, essere equi e partecipare per poter dare una mano anche a chi non puòPag. 122lavorare, a chi è meno abbiente, a chi ha bisogno. Questo vuol dire welfare, una sorta di patto, di federalismo; lo dico al ministro Chiti, perché su tale parola si sta facendo una gran confusione e sarebbe ora finalmente di cominciare a chiarirla: un foedus, un patto fra i cittadini, lo Stato è questo!
Non voglio, dunque, sentire che il patto fra i cittadini viene stravolto nel momento in cui è ancora tutto da discutere. Voi fate le cose senza venirle a discutere, ed è questo ciò che mi preoccupa di più! È il senso dello «spacchettamento» o del «pacchettamento». Mi spaventa perché voi avete addirittura evitato di venire a discutere di leggi, stravolgendole nella redistribuzione delle deleghe.
Oggi, in Commissione agricoltura, ho avuto modo di dirlo al presidente della Commissione Lion. La legge n. 410 del 1999, quella sui consorzi, è stata completamente stravolta, semplicemente con le attribuzioni assegnate a quello che dovrà diventare il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Vi è l'inserimento della parola «alimentari», che tra l'altro è anche sbagliata, trattandosi di una incredibile forzatura. Se adotto politiche alimentari, devo partire dallo stato di fatto della politica alimentare di oggi. Nella politica alimentare che rientra nella competenza del Ministero in questione, onestamente, non trovo i punti fondamentali: ricerca, sicurezza alimentare, etichettatura, tracciabilità, tutti settori in cui non si può investire perché non vi è una delega specifica.
Gli viene però addirittura concesso di fare, in quanto Ministero dell'agricoltura, una sorta di screening sul fabbisogno alimentare: non siamo in tempo di guerra, non abbiamo più queste esigenze; forse sarebbe anche ora di rivedere le formulazioni delle deleghe, altrimenti rischiamo di fare «spacchettamenti» con fumose denominazioni che non portano assolutamente a nulla, ma che servono soltanto a farci perdere del tempo.
Non vorrei trovarmi come il famoso asino di Buridano, che, avendo di fianco una ciotola d'acqua e una di cibo, non sapendo se bere o mangiare, morì di fame e di sete.
Vorrei capire cosa dobbiamo fare; vorrei, in particolare, che le leggi non fossero eluse e che i progetti di legge fossero esaminati in Parlamento. Lo so che questo vi comporterebbe rischiare tutti i santi giorni di andare sotto al Senato, ma se voi in quel ramo del Parlamento avete soltanto due voti di maggioranza, ciò non può e non dev'essere una colpa nostra, ma sarà e deve essere una responsabilità tutta vostra. E tale responsabilità voi ve la dovete accollare; dovete cioè essere responsabili. Se no, allora sì, che mi torna in mente quello che definiva questa sede sorda e buia! A quel punto, infatti, significherebbe eludere le regole democratiche del confronto. Ma voi Democratici di sinistra, visto che ce l'avete anche nel nome il prefisso che dovrebbe anticiparci il fatto che non rifuggite dal confronto, non fate leggi delega, non cercate di eludere il dibattito parlamentare, poi siete i primi a non essere più dei fenomeni ma a svegliarvi come semplici burattini che non sono diventati mai uomini. E questa non è una favola. È, purtroppo, ciò che sta accadendo giorno dopo giorno.
Questo è un Governo nel quale vi è stato bisogno, dopo pochissimi giorni, di chiudere tutti in convento perché altrimenti parlavate troppo e, ogni volta che un ministro parlava, si verificava una crisi nazionale e internazionale, come avvenuto, ad esempio, con la cosiddetta «stanza del buco». Poi abbiamo anche letto sugli organi di stampa dei litigi della Melandri, che rivendicava la delega sulla famiglia, con il ministro della solidarietà sociale, Ferrero (che non è, purtroppo, un cioccolatino), che a sua volta rivendicava alcune competenze; questa situazione, alla fine, ha indotto ad intervenire anche la Bindi che, a sua volta, rivendicava la delega in materia di famiglia.
Alla fine, con questo «spacchettamento» avete combinato quello che avevate già combinato con la riforma del Titolo V della Costituzione. Oggi abbiamo una riforma del Titolo V che, per colpa vostra,Pag. 123ci dobbiamo «beccare» per i prossimi cinquant'anni! Un pasticcio disumano che voi avete creato e rispetto al quale non finirete mai di chiedere scusa al paese per averlo creato; una riforma che ci mette nella condizione di ritenere che qualsiasi regione può pensare legittimamente che ogni competenza sia sua. E la stessa cosa può pensarla anche lo Stato sia in ordine alle materie concorrenti, sia, poiché non è quasi specificato nulla, sulle materie esclusive. Conseguentemente, io, regione, posso prendermi l'esclusiva sull'energia, sui lavori pubblici, sulla scuola e sull'istruzione, insomma posso prendermi tutto; ed anche lo Stato può prendersi tutto. Dov'è allora il federalismo? Non esiste; non esiste nessun patto tra gli enti locali e lo Stato centrale.
Ricordo le parole che mi disse chi presiedeva la Camera fino a mezz'ora fa, l'onorevole Castagnetti, il quale sostenne che il vero problema era che, se avesse vinto il sì, la maggioranza attuale sarebbe implosa. Voi avete fatto votare «no» alla gente raccontando anche un sacco di menzogne. Ho sentito persone anziane dirmi convinte che andavano a votare «no» perché il sindacalista gli aveva detto che, altrimenti, noi gli avremmo portato via la pensione o che non avrebbero avuto più diritto alla sanità o che i figli non sarebbero andati più a scuola. Capite che per fare terrorismo non ci vuole D'Elia, ma è sufficiente il becco o il pelo sullo stomaco di una classe politica in difficoltà.
Ritengo, quindi, che sia anche giusto che in questa sede ci diciamo, almeno fra di noi, che voi avete fatto votare «no» solo per tenere in piedi con lo scotch questa maggioranza ma che, sotto sotto, ad una parte riformista dei Democratici di sinistra - io credo che una parte piccolissima di riformisti dei DS esista ancora - non dispiaceva completamente la devolution. Ma tale parte non poteva... volevano ma non potevano perché dovevano seguire la mummificazione delle riforme promosse da Oscar Luigi Scalfaro. Su questo nome non mi dilungo molto, perché basta scandire bene Oscar Luigi Scalfaro per capire quanto di egiziano e di mummificato ci sia all'interno di questa assonanza. Dico ciò anche perché io ho dei precedenti con Scalfaro e sono stato quasi inquisito per averlo attaccato un bel giorno a Reggio Emilia: una medaglietta che porto volentieri sul petto!
Voi avete seguito quella gente lì, il partito dei pensionati dei senatori a vita, mentre il paese, e voi lo sapete bene, aspetta, vuole e pretende le riforme, il cambiamento e vuole che arrivino delle risposte concrete.
Non so se la devolution fosse la migliore delle riforme, forse no. In certi punti era sicuramente migliorabile ma, se fosse passata, noi avremmo dato - questa era la cosa importante - una grande iniezione di fiducia alla nostra gente, dicendo: signori, non perdete la fiducia perché questo paese può cambiare addirittura dall'interno. Certo, ci vuole la faccia tosta di Prodi per dire che, se fosse per lui, avrebbe eliminato 400 parlamentari! Ma quando mai dei matti come siamo stati noi del Governo precedente fanno votare ad un Parlamento una norma che elimina se stesso! L'abbiamo fatto, sembrava fantascienza ma, in questo caso, era scienza ed abbiamo fatto il passaggio opposto a quello che fate voi. Credo che adesso voi abbiate il pallino in mano, abbiate la grande responsabilità di aver perso un treno; da quella stazione nella quale avevamo portato il treno, questo non passerà più e non passerà sicuramente con voi. Provate a parlare di federalismo ai centralisti-stalinisti che compongono la vostra maggioranza e vedrete cosa succede!
Voi siete deboli, miseri, state navigando a vista giorno dopo giorno. Per adesso, avete fatto la prima operazione, avete «spacchettato» o, ripeto, visto che ci avete fatto un «pacco», avete «pacchettato» e ce lo avete rifilato tanto per gestire le poltrone. Se Prodi mi dà tanto, sotto al fondoschiena di tanti amici, un po' di sottogoverno ed altre poltrone le rifilerete! Tuttavia, non credo che quella sia la soluzione del paese, non lo è e non lo può essere. La soluzione di questo paese può essere dare una risposta, per esempio, aPag. 124quella parte che ha votato «sì» e a quella parte che ha votato «sì» anche nelle regioni dove ha perso: non scordiamoci che, se hanno votato «sì», vuol dire che anche loro volevano il cambiamento. Inoltre, c'è tutta la parte del «ni», che alla fine ha votato «no», ma che voleva comunque quel cambiamento. Avete iniziato, nella distribuzione dei ministeri, scordandovi la Lombardia e il Veneto e direi che avete cominciato molto, ma molto male. A quella zona del paese che produce una parte incredibile del PIL dell'intera Italia, che è anche numericamente molto importante, quando verrà a chiedervi - non come hanno fatto i tassisti, un altro problema che vi siete creati, o altre associazioni di categoria - dove andiamo, saremo pronti a rispondere che andiamo in Europa a rivendicare ciò che siamo e ciò che vogliamo?
Io questo me lo chiedo, anche perché ho avuto la sfortuna di leggere talvolta dei giornali inglesi - in Italia, guarda caso, la Repubblica e Il Corriere della sera non l'hanno mai riportato - e gli epiteti che venivano indirizzati all'allora Presidente della Commissione europea Prodi erano qualcosa di vergognoso per quello che gli rinfacciavano e per quello che lui non faceva. Allora, credo che in Europa ci siamo entrati per colpa di Prodi e di Ciampi senza avere i numeri in regola. Certo, ci hanno fatto entrare, ma ve lo ricordate il DPEF di maggio, quando Prodi e Ciampi dicevano che l'Italia non aveva i numeri per entrare in Europa, mentre ad ottobre, magicamente - è la quarta volta che uso la parola «magicamente», evidentemente è il modo di lavorare di Prodi, con la magia -, li aveva? Me lo ricordo bene, poi, come Padania, l'abbiamo anche «rispolverato» parecchie volte. Allora, come fa un paese, a maggio, a non avere i numeri a posto e ad averli magicamente a ottobre? Lo si fa semplicemente con i soliti giochi contabili: anticipo le entrate, posticipo le uscite. È facile, poi però i numeri non sono una materia sintetica, ma una materia abbastanza esatta: ciò che posticipi oggi, comunque, devi pagarlo domani; ciò che anticipi oggi, ce l'hai comunque in negativo appena qualcuno tira una somma. A questo punto, siamo entrati con le mani e i piedi legati: nessuno ha preparato il terreno, le associazioni di categoria andavano coinvolte, andava fatto un patto. Quando i buoi sono scappati dalla stalla, non puoi pensare di andare a recuperarli. È raddoppiato il costo della vita, rimanendo ferme ed invariate le pensioni e gli stipendi. Non possiamo dire che in tutto questo Prodi e Ciampi non abbiano colpe. Si poteva preparare il terreno, si poteva entrare in un'altra materia, si potevano fare degli accordi, entrare in Europa da forti o, piuttosto, aspettare ad entrare: questo si poteva e si doveva fare.
Entrarci da deboli vuol dire avere il comparto agricolo, che è il primo che viene massacrato, tutto quotato. E se anche dimostri, come abbiamo dimostrato (perché abbiamo i numeri alla mano), al Ministero della sanità che le vacche che abbiamo in Italia non possono produrre il latte che ci fa sforare, poi però - guarda caso - ci sono le grandi multinazionali che acquistano il latte all'estero, hanno in mano le quote, fatturano e, a questo punto, il paese «sfora». Sforando il paese, giù le multe a tutti! Badate, colleghi, che non può funzionare un sistema simile.
Adesso abbiamo un problema che riguarda diversi settori: le barbabietole, i fiori, i pomodori, lo zucchero, che ormai forse ci è già scappato di mano. Un paese che abbandona la sua terra e che non tutela in via principale chi la coltiva. Penso all'agricoltura in montagna: c'era una vecchia legge, ma questa non è stata mai applicata. Bisognerebbe finanziare un agricoltore, pagarlo, perché costui lavora il territorio, pulisce i fossi, evita le frane. Guardate, colleghi, che investire sulla propria terra è una cosa fondamentale, ancor prima che investire nella finanza e ancor prima di andare in Cina, come fa Prodi, che dice ai nostri imprenditori di chiudere le fabbriche e di lasciare a spasso tre mila persone a Treviso e di andare ad aprire le fabbriche in Cina!
Non si fa così! Noi dobbiamo difendere ciò che abbiamo costruito. Cosa consegniamo ai nostri figli e ai nostri nipotiPag. 125domani? L'espressione magica di investire sulla ricerca e sullo sviluppo? Bello, certo che va fatto, ma quanto ci mettiamo per investire su ricerca e sviluppo? Venti anni? Fra vent'anni non ci sarà più una fabbrica! A chi li faremo fare, dunque, questa ricerca e questo sviluppo?
Allora, questi matti della Lega, guarda caso, cominciarono a dire che mentre investivamo su ricerca, sviluppo e innovazione, potevamo cominciare ad introdurre anche dei dazi - perché non può entrare merce a casa nostra che non rispetti le regole! -, tutelando in tal modo le nostre aziende. Ci fu detto: siete matti, anacronistici, fuori dal mondo, non si può fare! Ebbene, siamo talmente matti che un piccolo partitino del nord è riuscito a far fare i primi dazi europei al commissario europeo Mandelson!
Sottosegretario Chiti, una bella abitudine sarebbe quella di cominciare ad ascoltare un po' più spesso la Lega e magari ascoltare un po' meno spesso le logiche di Botteghe oscure o dell'Unione! Ascoltatele, perché è nel vostro mestiere, però ascoltate anche questo grillo parlante, spesso fastidioso e spesso anche antipolitico e crudo nel dire le cose, anche voi sapendo bene che se le cose a volte non le dici in maniera cruda non rimbombano, non rimbalzano, non arrivano alle orecchie. E allora serve anche dirle in maniera forte. Dovreste ascoltare più spesso questo grillo parlante, anche perché non è che noi della Lega siamo più furbi e più intelligenti degli altri, ma abbiamo una grande particolarità: ci piace stare non sul pulpito ma sotto il pulpito, stare in mezzo alla gente ed ascoltarla giorno dopo giorno.
Se allora il comparto tessile di Carpi, di Prato, di Vicenza, di Foggia, di Bari e di Barletta è distrutto dalla Cina, io devo dire che c'è un problema. Non possiamo dire che la Cina rappresenta un'opportunità, quando invece ci sta massacrando! Dobbiamo pensare alla gente che lavora, che si alza la mattina alle cinque, che vuole investire, che vuole ancora credere, perché molti lavorano ancora a perdere, ma vogliono credere che è possibile con la fiducia ricostruire questo paese e consegnarlo alle generazioni future sano, onesto, bello e forte, fatto di radicamento alla terra, quella terra di cui parlavo prima, così come ce lo hanno consegnato i nostri padri e i nostri nonni.
Credo che questo sia l'unico vero motivo per cui valga la pena di fare politica. Tutto il resto è alchimia all'interno dei partiti e nelle coalizioni, che magari ci sono oggi ma non domani e per cui sono tutte cose che valgono poco. Quello che serve è il contatto con la gente. I ministri dovrebbero fare come fanno alcuni parlamentari in Svizzera: uscire da quei banchi, dai ministeri, dalle convention o dai conventi di Prodi per andare, magari con una sedia, a un mercato tutte le mattine ad ascoltare le vecchiette, quelle che vi hanno dato il voto in buona fede, o anche per andare ad ascoltare i tassisti, perché magari hanno delle ragioni anche loro, o andare ad ascoltare i lavoratori edili e i lavoratori agricoli. E magari ascoltare meno Montezemolo o la grande finanza!
Lo dico perché chi vi dà il voto in buona fede crede che voi siate il partito dei lavoratori; ricordate, peraltro, che una fetta importante dei lavoratori al nord vota anche la Lega. Lavorare vuol dire aver ben chiaro cosa vogliamo fare e dove vogliamo arrivare, e che devono esserci regole che valgono per tutti.
Il lavoro vuol dire operare all'interno di una società, produrre aiutando i più deboli e creare la società stessa: si tratta di un circolo. Certo è che quando ascolto Amato...

PRESIDENTE. Onorevole Alessandri...

ANGELO ALESSANDRI. ... dire che, dopo cinque anni, bisognerebbe concedere il voto a chi arriva a casa nostra, adducendo una particolare motivazione, rimango un po' allibito. Me lo hanno detto alla radio l'altro giorno: dopo cinque anni...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole!

ANGELO ALESSANDRI. Sto per concludere, signor Presidente.Pag. 126
Come dicevo, dopo cinque anni il ministro vuole concedere il diritto di voto perché sostiene che, a volte, dopo cinque anni gli extracomunitari parlano l'italiano meglio di qualche nostro concittadino. Al che, per radio ho fatto una battuta: non vorrei, ho detto, che come metro avessero preso Di Pietro, perché non ho capito bene come abbia fatto Amato a rendere un'affermazione di questo genere!
Cerchiamo di essere seri! Se esiste un patto tra lo Stato ed il cittadino, questo è la cittadinanza, e non dobbiamo svenderla o regalarla a nessuno. Ricordo che i nostri nonni ed i nostri padri - e finisco il mio intervento, signor Presidente - sono stati immigrati. Io ho numerosi parenti in Germania e in Argentina, e vorrei evidenziare che sono andati in quei paesi per diventare tedeschi ed argentini. Essi hanno rispettato le loro regole, non hanno chiesto niente ed oggi sono orgogliosi di essere parte di quelle società.
Chi viene a casa nostra, allora, deve sapere che abbiamo delle regole, scritte e non scritte. Chi entra deve sapere che le deve rispettare: guai...

PRESIDENTE. Onorevole, la informo che il tempo a sua disposizione è ampiamente scaduto!

ANGELO ALESSANDRI. ... a chi entra nel nostro paese per imporre le proprie!
Lo «spacchettamento» dei ministeri rimane un «pacco», ma credo che dobbiate risponderne più a chi, in buona fede, vi ha votato che non a noi che stiamo facendo opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Onorevole Alessandri, ho evitato di interromperla durante il suo intervento; tuttavia, rispetto ad alcune espressioni che lei ha adoperato nei confronti di senatori della Repubblica, sono costretta a richiamarla all'utilizzo di un linguaggio maggiormente rispettoso degli esponenti dell'altra Camera.
È iscritta a parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, capisco che, dopo aver ascoltato così tanti interventi dei deputati dell'opposizione - i quali, specialmente quando praticano l'ostruzionismo, sono costretti a fare anche un po' di demagogia -, stando «dall'altra» parte si possa pensare che, nonostante essi parlino tanto, forse sia stato comunque fatto qualcosa di buono.
Per fugare qualsiasi dubbio possa avere il Governo a tale riguardo (la maggioranza, ovviamente, questa sera è assente), vorrei cominciare il mio intervento leggendo una splendida dichiarazione, che risulta agli atti: «(...) Avevamo promesso semplificazione e, invece, c'è una gran confusione: moltiplicazione delle poltrone da spartire per accontentare tutti. Troppi ministri, troppi: dovevano essere dodici e sono più del doppio, con una valanga di sottosegretari (...)». Firmato, e restituito al Governo: Francesco Rutelli, leader della Margherita e Vicepresidente del Consiglio.
Onestamente, dopo frasi siglate da colui che, comunque, ha la responsabilità di essere il vicario del Presidente del Consiglio, qualsiasi parola potrà essere aggiunta dall'opposizione, ma difficilmente riuscirà a mantenere lo stesso livello di ascolto. Eppure, la stranissima vicenda del decreto-legge in esame connota in maniera peculiare la nascita tormentata di questo Governo; forse, ciò è frutto anche di una campagna elettorale e, soprattutto, di elezioni abbastanza contestate.
Il Governo in carica parte già con un dubbio enorme: esso, infatti, nasce con un decreto-legge adottato esattamente lo stesso giorno in cui giuravano i suoi ministri. Vorrei rilevare che una serie di ministri, riuniti in sede di Consiglio dei ministri, ha varato il provvedimento in esame, ma non si capisce bene di quali ministri si tratti, poiché ancora non avevano neanche ottenuto la fiducia da parte del Parlamento. Quindi, forse, dovremmo chiedere al presidente Berlusconi se ha fatto anche questo favore all'attuale maggioranza ed ha riunito d'emergenza il suo Governo in scadenza per emanare il decreto in un momento antistante.Pag. 127
Lasciamo stare le polemiche - che potrebbero essere, in questa fase, abbastanza ironiche ma altrettanto istituzionalmente delicate - su una lista di ministri che, titolari di dicasteri, avevano firmato davanti al Presidente della Repubblica su ministeri che non esistevano ai sensi della legge italiana. Sono dati che sicuramente non hanno aiutato il percorso in Parlamento di questo decreto-legge. Ma a non averlo aiutato ulteriormente è stato sicuramente l'iter accelerato che il Governo ha voluto imprimere all'esame del provvedimento: nessun dibattito al Senato; poche ore di discussione qui alla Camera, dove stiamo intervenendo in un'aula deserta su un provvedimento che riorganizza completamente il sistema del Governo. Siccome spesso si dimentica, quando si è maggioranza, ciò che si è asserito quando si era opposizione e viceversa, vorrei ricordare il personaggio politico che forse è il grande fantasma di questo decreto-legge, l'ex senatore e ministro per la funzione pubblica Franco Bassanini. Ebbene, durante la discussione svoltasi al Senato nel 2001 sul decreto-legge del Governo Berlusconi che istituiva due nuovi ministeri - i dicasteri per le comunicazioni e della salute -, Bassanini ebbe a dire: la nostra critica - gravissima perché il Governo Berlusconi aveva l'ardire, appunto, di inserire i dicasteri per le comunicazioni e la salute - è aggravata dal fatto che la maggioranza si è sottratta ad ogni reale confronto in Parlamento sul merito del provvedimento. In quel caso, cinque anni fa, in Senato furono effettuate 373 votazioni; in questo caso, una votazione in aula al Senato, una votazione in aula alla Camera. Penso che dinanzi alla legge dei numeri forse le parole di commento non servano.
Ma, a dimostrare ancor più l'incoerenza di quella che era un'opposizione strumentale, vorrei ricordare a quest'aula, ai colleghi ed al Governo - gentilmente rappresentato anche dal ministro, oltre che dal sottosegretario: a quest'ora, è giusto riconoscere tali meriti - ebbene, vorrei ricordare che in quel caso si ebbe a dire che il Governo Berlusconi chiedeva l'istituzione del Ministero della salute in violazione del Titolo V della Costituzione. Quindi, secondo l'allora opposizione, non poteva esistere nella struttura di governo italiana un ministero che si occupasse di salute. Ricordo anche - sia pure senza rievocare i toni meno delicati che si usarono in occasione delle critiche di allora - quanto si disse sull'istituzione del Ministero per le comunicazioni, che ovviamente era frutto esclusivamente del conflitto di interesse; ma come poteva essere altrimenti? Tuttavia, una volta giunti voi al Governo, per un minimo di coerenza quei ministeri dovevano essere soppressi; ma, se non sbaglio, invece, due esponenti dell'attuale maggioranza siedono allegramente sulle poltrone che si volevano sopprimere.
Ma voglio fare qualche considerazione al di là di tali dati più generali e al di là, ovviamente, dell'opposizione politica generale ad un sistema. Ho sentito prima l'onorevole Cioffi dire che, in fondo, in questo provvedimento è prevista una riduzione di scorte e di personale di segreteria; in questo provvedimento, è prevista una moltiplicazione di poltrone: quindi, si poteva tranquillamente evitare la riduzione delle scorte e delle segreterie riducendo anche il numero delle poltrone. Quale è stato dunque il motivo politico? Perché dobbiamo riscrivere il sistema organizzativo del Governo? In maniera molto tranquilla e molto politica, ce lo spiega al Senato la senatrice Gagliardi, di Rifondazione comunista.
Si riscrive lo schema del Governo perché occorre rispettare il «pluralismo ideologico della coalizione». Io ho un po' di difficoltà rispetto al «politicamente corretto» spesso usato a sinistra. Se lo avessimo fatto noi, si sarebbe chiamato «occupazione selvaggia del potere», «ripartizione», o non so in quale altro modo. Facendolo il centrosinistra, si chiama «rispetto del pluralismo ideologico della coalizione».
Con uno splendido intervento e con una motivazione che riesce a ribaltare la realtà, oggi il presidente Violante ci ha spiegato in Commissione che, in fondo, sePag. 128il «povero» - nel senso della tenerezza che suscita - attuale Presidente del Consiglio Prodi ha dovuto emanare questo efferato decreto, di chi è la colpa? La colpa è del presidente Berlusconi! È chiaro, perché avendo voluto l'allora maggioranza e l'allora Governo una legge elettorale proporzionale, inevitabilmente, oggi, l'attuale maggioranza e l'attuale Presidente del Consiglio si trovano a dover dare retta a tutte quelle forze politiche che chiedono spazio e un pizzico di potere! Pluralismo, pluralismo democratico, sempre...
Quando, però, in questo pluralismo democratico si toccano dei gangli vitali della nostra democrazia, bisogna stare attenti. La legge Bassanini, ci piacesse oppure no, nasceva da un dibattito di oltre quattro anni nelle aule parlamentari e da istanze politiche condivise da maggioranza e opposizione, perché - lo ricordiamo - Bassanini ha varato la legge, ma l'ha fatta applicare al Governo successivo, che l'ha recepita in toto. Ognuna di quelle scelte, infatti, aveva una radice e una motivazione politica.
Oggi non ci è stato spiegato e non ci verrà spiegato, per il modo in cui viene dibattuto questo decreto, in questa sede, il motivo per cui vengono effettuate delle scelte.
Per esempio, una delle scelte che troviamo oggettivamente più incomprensibile, e di cui veramente vorremmo - e speriamo - ci venisse data una spiegazione politica diversa dalla semplice copertura delle poltrone, è quella che sancisce la scomparsa del cosiddetto Ministero del welfare. Era una conquista, da parte del Governo italiano, avere un unico ministero che si occupasse, in termini generali, del lavoro, della politica previdenziale e della solidarietà.
L'onorevole Franco Russo, poc'anzi, nel dibattito, ci ha spiegato che, in realtà, questo tipo di argomentazione è antica e non tiene conto di una visione più solidale, democratica, allargata e moderna del concetto di solidarietà. Noi, probabilmente, avremo questa visione antica, ma la medesima visione ce l'ha l'Europa intera, perché da poco abbiamo siglato gli accordi di Lisbona, che ci obbligano a mantenere uniti il campo del lavoro con quello della solidarietà sociale. La solidarietà sociale costituirà uno dei problemi maggiori, in termini di competenze, con il quale si dovrà confrontare questo Governo e - temo - anche il ministro per i rapporti con il Parlamento Chiti. Si tratta, infatti, di un ministero che si sovrappone totalmente a strutture già esistenti.
Allora, siccome ci dovrà essere un responsabile della politica di settore, ci chiediamo quale sia. Abbiamo letto e ci avete spiegato che, per esempio, il tema dell'immigrazione spetta in toto al ministro Ferrero. Tuttavia, prima, in Commissione, abbiamo ascoltato il ministro dell'interno giustamente rivendicare le proprie competenze. Come verrà gestito il tema dell'immigrazione e con chi? A chi spetteranno le competenze politiche relative al dipartimento immigrazione del Ministero dell'interno?
È stato spostato, inoltre, tutto il tema delle droghe dalla Presidenza del Consiglio ad un ministero di diversa costituzione. Quale era la motivazione che ha portato alla costituzione del dipartimento sulle droghe presso la Presidenza del Consiglio? Quella di immaginare una politica sulla droga che fosse multidisciplinare, che riuscisse a concertare l'azione di più dicasteri, per evitare che le politiche antidroga comportassero solo una dissipazione di risorse pubbliche con esborsi a società, impegnate o meno, che con ciò vivevano, e per fare in modo che fossero davvero efficaci. Scomparsa tale struttura, tutto si trasferisce alla solidarietà sociale. L'unica cosa che rimane alla Presidenza del Consiglio sono i funzionari e i dipendenti, che non vengono destinati altrove su richiesta, ma che sono trasferiti vagamente ad altre sedi: non abbiamo capito dove, né abbiamo capito chi sarà ascoltato da parte del Governo, se è prevista una concertazione con i sindacati o se il Governo di centrosinistra, emblematicamente di stampo sociale, ha inventato anche la deportazione dei lavoratori: questo sarà un altro aspetto da analizzare.Pag. 129
Un ulteriore delicato aspetto politico di questa vicenda riguarda quanto accaduto con riferimento al Ministero dell'economia e delle finanze. Vi era un modello che Bassanini definiva il cosiddetto modello Ciampi: mi riferisco a un superministro che, raccogliendo in sé le politiche di Tesoro, Finanze e Partecipazioni statali, riuscisse veramente a tenere le redini della politica economica del Governo. In questo caso, non solo è stato sdoppiato (e vedremo come) il Ministero dell'economia e delle finanze, ma di fatto questo decreto-legge costituisce una triarchia fra Presidenza del Consiglio, Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero dello sviluppo economico. Sfido chiunque a capire realmente la ripartizione di deleghe all'interno di questo sistema. Immaginate solo che dobbiamo impiegare tre commi per spostare il CIPE alla Presidenza del Consiglio, il che non ha alcuna utilità, visto che notoriamente il presidente del CIPE non può che essere il Presidente del Consiglio. Quindi, abbiamo spostato queste competenze semplicemente perché il vicepresidente del CIPE, anziché essere un sottosegretario o un viceministro per l'economia, sarà un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
Inoltre, abbiamo costituito un Ministero dello sviluppo economico, che dovrebbe essere il grande volano dell'economia di questo paese, cui abbiamo sottratto le competenze in materia di commercio estero e turismo, che rappresentano il 40 per cento del PIL. Tale ministero, però, si occuperà di politiche sociali di solidarietà (non meglio definite), di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Quanto a quest'ultimo, scopriamo che, in realtà, dietro al mantenimento dell'unitarietà del ministero stesso, si nascondono in realtà tre dicasteri: vi è un reale ministro delle finanze, il ministro Visco, vi è un viceministro-ministro delegato al credito, il viceministro Pinza, e poi, non vorrei essere particolarmente indelicata, vi è un ministro dell'economia e delle finanze che, sostanzialmente, svolge le competenze di ambasciatore del Governo in materia di economia a Bruxelles. Non ha altre competenze che questa!
Vi sono cose che vanno ricordate: non è mai accaduto nella storia di questo paese che ad una festa delle Forze dell'ordine - in questo caso, si trattava della Guardia di finanza - alla presenza del Capo dello Stato non abbia parlato il ministro, seppur presente, bensì un viceministro. Non è mai accaduto che una Forza dell'ordine sia chiamata a rendere gli onori militari non solo al ministro, ma anche al viceministro. Quando si parla di apparati dello Stato, l'accortezza e l'attenzione non sono mai troppe.
Lo stesso accade con riferimento al Ministero dell'interno. Non è mai accaduto - e ciò è drammatico - che si sia creato un Ministero dell'interno bicefalo, con un ministro generale dell'interno e un piccolo ministro preposto alla sicurezza. Ciò è drammatico, ma non per il Governo, sottosegretario D'Andrea, bensì per il paese. È drammatico perché rispetto ad alcuni temi maggioranza, Governo e opposizione non possono che trovare un terreno comune: quello della salvezza delle istituzioni, tentando in qualsiasi modo di preservare gli organi istituzionali dalle semplici guerre politiche, che in questo caso passano in sottordine.
Proseguo il mio intervento, perché non è finita...
L'unica cosa che questo Governo ha accorpato, non so perché, è il Ministero dell'innovazione tecnologica, che è scomparso dalla compagine del Governo Prodi ed è stato accorpato alla funzione pubblica. Si potrebbe pensare: bene, finalmente hanno accorpato qualcosa. No, hanno semplicemente fatto fare un salto indietro di trent'anni alla storia di questo paese. Dovevamo recuperare un gap in termini di innovazione tecnologica: coniugare nuovamente innovazione tecnologica a funzione pubblica significa non riconoscere che esiste un problema di innovazione come volano di sviluppo per il paese, ma credere che il problema innovazione sia legato semplicemente alla pubblica amministrazione.Pag. 130In pratica, tutto il contrario di quello che si è operato - e lo abbiamo fatto tutti insieme, maggioranza ed opposizione - nella scorsa legislatura per portare il paese su basi più solide per la sua crescita.
Un'ulteriore modifica apportata dal decreto-legge in esame è che il Ministero dell'istruzione torna a dividersi dal Ministero della ricerca e dell'università. Anche in questo caso vi è un dato politico di fondo: si era ritenuto in termini politici che non si dovesse mai interrompere una continuità di indirizzo su tre funzioni che dovevano costituire la linea comune della formazione professionale del nostro paese.
Vi è una questione su cui ringrazio, per l'illuminazione gentilmente datami in Commissione, il relatore, onorevole Boato. Non avevo capito perché al Senato, fra i pochi emendamenti approvati, salvo il maxiemendamento, il cosiddetto Ministero dell'istruzione è tornato ad essere il Ministero della pubblica istruzione. Mi è stato spiegato che si dice pubblica istruzione perché, in fondo, tutta l'istruzione che interessa il Governo necessariamente ha un risvolto pubblicistico. Forse è vero, ma se ciò è vero perché bisogna inserire la parola «pubblica»? È scontato che tutta l'istruzione - poiché nessuno pensava ai precettori in casa, un residuo di altri tempi - interessa lo Stato. Ha senso o è una sottolineatura esclusivamente demagogica, che accontenta una parte un po' estrema dell'attuale maggioranza, il rivendicare quella definizione di «pubblica» come una sorta di cambiamento di rotta? Non so, poi, verso che cosa, sicuramente verso il sistema scolastico integrato del nostro paese.
Avviandomi alla conclusione, vi sono problemi altrettanto seri, che non sono politici, di cui abbiamo parlato in Commissione, e veramente chiedo al Governo di farsene carico. Uno dei problemi più seri che il decreto-legge in esame non affronta è quello relativo al personale. Non si tiene in dovuto conto cosa significhi riorganizzare le strutture di personale all'interno dei ministeri. Visto che parliamo da persone che sulla propria pelle hanno vissuto un anno e mezzo di riorganizzazione, nel 2001, prima di avere strutture finalmente efficienti, stiamo molto attenti perché non ci possiamo consentire di avere un sistema amministrativo che non funziona per tanto tempo. Non credo che le norme imposte, alla fine, saranno di soluzione. Non penso che evitare di scrivere che deve esserci il livello perequativo all'interno dei trattamenti di indennità dello Stato possa servire a risolvere alcuni problemi. Non credo - lo ribadisco - che parlare di attribuzione saltando tutto il discorso del confronto con le categorie sia di aiuto.
Un ulteriore problema che ho posto in Commissione è perché ci sono esclusivamente due ministeri, Commercio estero e Solidarietà sociale, per cui al comma 8-bis ricompaiono, come per miracolo, le vecchie direzioni generali. Tutti i ministeri, secondo l'organizzazione Bassanini, sono organizzati in dipartimenti, compresi quelli senza portafoglio: stranamente ritornano le direzioni generali. Credo che ciò sia una svista, in quanto reintrodurre le direzioni generali senza che siano dirette dal capo dipartimento, significa non disporre di una base amministrativa sulla quale lavorare. In questo modo non vi sono regole, perché il legame di impostazione politica è con il capo dipartimento, ed in sua mancanza sarà difficile realizzare quel miracolo del recupero della vecchia legislazione abrogata da sei anni. Tutto ci possiamo aspettare, ma questo speriamo di no!
In conclusione, nel presente decreto-legge è contenuto un problema serissimo relativo all'attribuzione di deleghe che riguardano enti locali e regioni. Infatti, all'interno del testo in esame, che sembra scritto da chi poco ha letto il Titolo V, sono previste competenze con le quali lo Stato ha poco a che fare.
Parlare nuovamente di mobilità urbana in capo al Ministero dei trasporti è abbastanza peculiare; quindi, vi sarà sicuramente un problema di concorrenza verticale. A tale proposito, vorrei fornire un'idea per un ulteriore ampliamento del Governo: forse oltre al ministro per iPag. 131rapporti con il Parlamento, potrebbe essere istituito il ministro per i rapporti all'interno del Governo! Infatti, oltre ad un problema di concorrenza verticale questo disegno di legge crea notevoli problemi di concorrenza orizzontale (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, cercherò di non ripetere, per quanto possibile, quanto abbiamo cercato di spiegare oggi in sede di esame delle questioni pregiudiziali presentate dai gruppi di opposizione.
Tuttavia, credo che - probabilmente anche l'ora tarda può aiutare a svolgere una riflessione più pacata, al di fuori della contrapposizione politica - vi siano due questioni politiche di fondo sulle quali il Governo - utilizzo un termine sportivo - ha «toppato».
La prima è la questione delle regole. Nel corso della discussione sulle linee generali ho sentito un ritornello, che era quello che, nella passata legislatura, la maggioranza ripeteva con riferimento alla legislatura precedente e ai Governi di centrosinistra che hanno amministrato questo paese dal 1996 al 2001. Questo sistema di alzare l'asticella della flessibilità delle regole condivise di carattere istituzionale credo non faccia bene. È sbagliato ancorarsi ad un precedente che oggettivamente costituisce un errore. Ritengo infatti che l'infallibilità sia propria solo del nostro Sommo Pontifice, per il resto siamo tutti esseri umani che, anche quando governano, commettono errori.
Allora, l'idea che, nel tempo, si sia ampliata la sfera di intervento della decretazione d'urgenza - come correttamente ha evidenziato il relatore, citando la casistica con la consueta puntualità - non è sicuramente positiva. Il fatto che anche nella passata legislatura - sbagliando, a mio avviso, sotto il profilo delle regole istituzionali, del procedimento legislativo e della corretta interpretazione dell'articolo 77 della Costituzione - si sia operata una forzatura, prorogando i termini e introducendo di fatto un meccanismo che riapriva la delega conferita al Governo, oggi giustificherebbe una successiva e più grave forzatura delle regole sotto il profilo istituzionale, vale a dire quella di introdurre per decreto deleghe di carattere generico.
Se questo è il meccanismo, dobbiamo renderci conto che bisogna mettere la parola «fine» a questa spirale, perché se è vero che nel maggioritario vi è l'esigenza di governare e, quindi, il Governo si pone il problema di quali strumenti utilizzare e di come far presto per raggiungere gli obiettivi - giusti o sbagliati, non entro nel merito - che si è prefisso, è altrettanto vero che l'idea che ciò possa comportare una sorta di flessibilità delle regole poste a presidio del ruolo del Parlamento e del suo rapporto con il Governo è sbagliata. La prima questione politica che si pone è che voi siete assolutamente vulnerabili, provenendo da un'esperienza di opposizione in cui è stato più volte invocato il rispetto delle regole. Quante volte, infatti, abbiamo sentito in quest'aula invocare il rispetto della Costituzione, quante volte sono state presentate su ogni provvedimento questioni pregiudiziali di costituzionalità, ed altro? Oggi voi siete in difetto sul piano politico perché, anziché porvi - e porci - il problema di definire un assetto concordato (devo darne atto al presidente Violante: è stato lo sforzo che il medesimo, in qualche modo, ha compiuto sia in Commissione sia in Assemblea), avete ritenuto che si possa andare avanti per forzature, di legislatura in legislatura. Credo che ciò sia un sistema che, di fatto, ha già snaturato la funzione ed il ruolo del Parlamento.
La seconda questione politica che si pone è che questo provvedimento è sbagliato nel merito, e lo è non solo perché possiamo avere - ed abbiamo certamente - opinioni diverse su come organizzare la funzione di governo nel paese, ma perché detto provvedimento è lo strumento sbagliato attraverso cui, peraltro, non raggiungerete gli obiettivi per i quali avetePag. 132adottato il provvedimento stesso. Cercherò, se mi resta qualche attimo di lucidità, di spiegare meglio il perché. Onorevoli colleghi, credo - e lo dico con assoluta serenità - che dobbiamo studiare strumenti che, ancorché rientranti nell'ambito e nei limiti dell'articolo 97 della Costituzione - che non solo impone, per l'organizzazione degli uffici, il rispetto del principio del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione, ma stabilisce una riserva di legge specifica sull'organizzazione ed il funzionamento dell'amministrazione dello Stato -, mettano il Governo eletto dai cittadini nelle condizioni di poter organizzare la propria struttura burocratica in base non al principio dello spoil system, ma a quello dell'efficacia e dell'efficienza, ossia del rapporto stretto tra l'attività di indirizzo politico e la sua traduzione concreta in atti e fatti di natura amministrativa reale, e ciò fa parte anche della discussione sulle regole. Infatti, è giusto e legittimo che un Governo non si debba sottoporre, ad ogni legislatura, a questa sorta di «invenzione procedurale» per capire come riuscire a risolvere le questioni «nobili» della politica. Oltre ciò, vi è un punto di fondo: onorevoli colleghi, rimpiangere la legge - o le leggi - Bassanini, per noi, è certamente una circostanza politicamente un po' pesante; tuttavia la legge Bassanini aveva una sua logica ed una sua coerenza: la riduzione a dodici del numero dei ministeri, con la possibilità di ministri senza portafoglio, per avere una forma di gabinetto un po' «all'inglese», ossia con una struttura governativa concentrata sul piano politico e su quello della caratura istituzionale su dodici ministeri, che peraltro avevano una propria coerenza. Pure la possibilità per i cosiddetti ministri senza portafoglio di realizzare dipartimenti aveva una sua logica. In tale logica anche l'introduzione, che poi è stata fatta, dei viceministri aveva una sua intima coerenza. Infatti, è assolutamente evidente, come ricordava la collega Santelli, che quando si è creato il Ministero dell'economia, che ha accorpato dicasteri quali il Bilancio, le Finanze, le Partecipazioni statali ed altro, vi fosse la necessità di una struttura di collaborazione del vertice politico, che deve avere anche la possibilità e la legittimazione sul piano giuridico ed amministrativo per porre in essere una serie di atti. Ma accresciutosi il numero dei ministeri - oggi si giunge all'istituzione di ben diciotto dicasteri - la logica della moltiplicazione o della conferma dell'istituzione dei viceministri non si giustifica più.
Non ha alcuna logica: più frantumiamo e polverizziamo le competenze, più ampliamo il numero dei ministri, meno si giustifica, teoricamente, l'esigenza di viceministri e sottosegretari! L'avete riconosciuto anche voi quando, al Senato, avete introdotto nel testo del decreto-legge la norma a tenore della quale, nonostante le deleghe ai viceministri siano, com'è previsto dalla legge, deliberate dal Consiglio dei ministri, il singolo ministro, in ragione della maggiore o minore importanza della delega attribuita al viceministro, può organizzargli o potenziargli la struttura, che, di fatto e di diritto, diventa una struttura ministeriale a tutti gli effetti, creando, in tal modo, anche l'effetto perverso dell'esistenza di viceministri di serie A e di serie B.
Tralascio di considerare - perché la considerazione è stata già fatta - il precedente che è stato introdotto per quanto riguarda il Ministero dell'interno. Qualcuno ci dovrà spiegare se la normativa sull'autorità nazionale di sicurezza pubblica resti nazionale, se vi siano due vertici o uno solo. Non voglio addentrarmi in queste problematiche, ma certamente è anomalo che sia stata istituita la figura di viceministro dell'interno (neanche noi, che pure passiamo per violentatori della Costituzione, delle leggi e dell'ordinamento, siamo stati capaci di farlo).
In questo contesto, anche l'impostazione, corretta, di creare il Ministero per lo sviluppo economico e la coesione sociale sconta una serie di limiti. Personalmente, non comprendo la ragione per la quale abbiamo spostato - o, meglio, avete spostato - il CIPE dal Ministero dell'economiaPag. 133e delle finanze alla Presidenza del Consiglio. Si tratta dello strumento fondamentale attraverso cui si fa la programmazione, si stabiliscono le priorità degli interventi strutturali e si organizzano le risorse. Ci troviamo di fronte a tre centri che politicamente dirigono l'attività: il Presidente del Consiglio - ed è giusto che sia così -, il ministro per lo sviluppo economico (già ministro per le attività produttive) ed il ministro dell'economia e delle finanze. Sinceramente, non capisco!
C'è anche qualche dato simpatico. L'integrazione operata dal Senato, in forza della quale il Ministero dell'ambiente diventa Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mi fa porre un serio interrogativo: del cielo e dell'acqua il Ministero dell'ambiente non si occupa? La battuta serve in qualche modo a sdrammatizzare la circostanza. Anche riguardo all'operazione di drafting che ha interessato il Ministero del commercio internazionale, già Ministero del commercio con l'estero, è simpatica la circostanza che non si sia ritenuto di utilizzare la vecchia denominazione.
Quello che considero grave è lo «spacchettamento» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che sinceramente non capisco. Non è che non lo capisca dal punto di vista nostro, delle opposizioni: non lo capisco dal vostro! Oggi, in Commissione, ho fatto un esempio concreto, opinabile ma concreto: la vicenda del ponte sullo stretto. Le prime dichiarazioni del ministro delle infrastrutture e di quello dei trasporti sono state in contrasto tra loro (il ministro Bianchi ha affermato di essere contrario, mentre il ministro Di Pietro, dopo avere affermato di non essere contrario, ha specificato: forse non si tratta di una priorità, ma non siamo contrari per principio).
Tuttavia, nel momento in cui tutta la politica relativa al settore delle infrastrutture e dei trasporti del vostro schieramento si fonda sul presupposto che le cosiddette grandi opere, con qualche eccezione, sono - come dire? - un peso per questa comunità (c'è un problema di impatto ambientale, di concertazione, di confronto, e così via) nel momento in cui si dice che bisogna scegliere politiche alternative per il sistema dei trasporti (le grandi autostrade del mare, il potenziamento delle ferrovie, e così via); proprio nel momento in cui c'è la necessità, vieppiù rispetto al vostro programma di Governo non al nostro, di avere un'unica autorità governativa che regoli, che programmi gli interventi in materia, si «spacchettano» i due ministeri e le loro competenze e si dice, con grande candore, che c'è comunque il concerto reciproco!
Sugli atti che compie il ministro dei trasporti c'è il concerto del ministro delle infrastrutture e sugli atti che compie il ministro delle infrastrutture c'è il concerto del ministro dei trasporti. Se per una qualche ragione il ministro Bianchi ed il ministro Di Pietro non dovessero dialogare per una settimana, negandosi reciprocamente il concerto sugli atti di rispettiva competenza, si bloccherebbe l'attività in questa materia.
Non riesco ancora a comprendere il senso delle competenze affidate al Ministero per la solidarietà sociale, in quanto tale dicastero assorbe e mantiene le competenze del Ministero del lavoro - che suona meglio del Ministero del welfare, perché siamo in Italia -, si occupa dei flussi migratori e della determinazione delle quote di ingresso per i comunitari e per gli extracomunitari. Viene inoltre introdotta una strana competenza relativa al coordinamento delle politiche per la integrazione degli stranieri immigrati. Il coordinamento per le politiche degli stranieri immigrati è sempre stato di competenza del Ministero dell'interno, perché ciò comporta la regolamentazione dell'immigrazione legale e clandestina, il diniego o il conferimento della cittadinanza e tutta una serie di atti e di competenze che sono proprie di un dipartimento inserito nel Ministero dell'interno: il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione.
Credo che si sia trattato più di un atto di facciata per coinvolgere il ministro della solidarietà sociale in materia di immigrazione, perché il ministro Amato, durante l'audizione in Commissione, a fronte dellaPag. 134nostra richiesta di chiarimenti sulla circostanza che vi potesse essere uno «spacchettamento» delle competenze operative di indirizzo politico del ministro dell'interno e sull'eventuale sottrazione dell'attività di programmazione politica in materia di immigrazione per attribuirla al Ministero della solidarietà sociale, ha affermato che da parte del Governo non vi era un'intenzione del genere. Delle due l'una: siccome il ministro Amato è una persona amabilissima ed autorevolissima, dobbiamo ritenere che sia meno autorevole il testo di questo decreto-legge.
Forse sarebbe stato più opportuno sul piano politico che si costituisse un nuovo Ministero per le politiche di immigrazione e di integrazione, che accorpasse le competenze del Ministero dell'interno che, attraverso le procedure dello sportello unico per l'immigrazione, va sempre più nella logica di sottrarre al controllo della polizia fatti di ordinaria amministrazione che dovrebbero essere oggetto di un confronto e di un'interlocuzione con l'amministrazione civile dello Stato. Ciò avrebbe consentito di evitare da subito un conflitto di opinione e di competenze che, nell'ambito dell'amministrazione dell'interno e dell'amministrazione del già Ministero del welfare avvenivano in passato sulla gestione complessiva della materia dell'immigrazione e, quindi, anche sulla programmazione dei flussi; avrebbe consentito altresì di avere una struttura adeguata e sufficiente su questo tema oggettivamente delicato, che toccherà la prospettiva di questo paese e dell'Europa nei prossimi decenni.
Se avessi potuto fare uno «spacchettamento» al vostro posto, probabilmente avrei istituito un ministero di questa natura. Sinceramente non riesco a comprendere perché si istituisce un dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che si interessa delle politiche giovanili, ma non sa di cosa si deve occupare, visto che tali materie, come dice il testo del decreto, sono trasferite al Ministero della solidarietà sociale, con le inerenti risorse finanziarie e all' Osservatorio per il disagio giovanile, legato alle tossicodipendenze, di cui al comma 556 dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005. L'unica materia che si occupava di giovani, ancorché in questa forma patologica, viene trasferita al Ministero della solidarietà sociale e contemporaneamente viene istituito un dipartimento e un ministro senza portafoglio, cui viene attribuito l'incarico, per occuparsi delle politiche giovanili, di cui non vi è traccia (e non si comprende di cosa si parli nel decreto).
A questo si aggiunge - non mi dilungo, perché ne ha già parlato diffusamente il collega Carlo Giovanardi - la distruzione integrale del dipartimento delle politiche antidroga, incardinato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e il trasferimento delle competenze sul servizio civile nazionale al Ministero per la solidarietà sociale.
Qui obiettivamente sembra il tipico caso in cui, attraverso un decreto-legge, col bilancino - non tanto da manuale Cencelli, perché come lei sa, sottosegretario D'Andrea, visto che veniamo da quella antica tradizione, il manuale Cencelli è una cosa molto più seria e molto più scientifica sotto il profilo politico - ci sia in progress la necessità di accontentare questo o quel ministro su piccoli pezzi di delega, senza tener conto però di una visione e di un disegno generale di ampio respiro, anche perché non di ampio respiro si tratta, parlando del vostro Governo.
Non voglio infierire, perché anche qui lo «spacchettamento» dell'istruzione dall'università e dalla ricerca ci sembra obiettivamente un controsenso, sotto ogni profilo: sotto il profilo della ricerca, sotto il profilo dei rapporti tra scuola, università e lavoro e comunque, da qualunque parte la guardiamo, questa scelta non sembra avere una sua logica, se non quella di bilanciare posizioni interne.
Ancora più logica è la circostanza che si mantenga per alcune strutture ministeriali l'organizzazione dei dipartimenti, mentre per altre l'organizzazione viene fatta sotto forma di direzioni generali. Comprenderete che la logica dei dipartimenti, che può piacere o no e che era stataPag. 135introdotta dalla riforma Bassanini alla fine degli anni Novanta, aveva una sua funzione, aveva cioè l'idea di rendere più efficiente il tipo di lavoro all'interno della struttura amministrativa e quindi che la possibilità di organizzarsi sotto forma di dipartimenti desse maggiore efficienza e managerialità nella attività di governo di un settore.
Un'altra domanda che ci siamo posti è la seguente: cosa c'entra, ad esempio, la vigilanza sui consorzi agrari, sottratta alla competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali e attribuita al Ministro dello sviluppo economico, quando anche qui comunque si mantiene l'istituto del concerto? La vigilanza passa al Ministero dello sviluppo economico, però, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, il Ministro dello sviluppo economico deve comunque operare di concerto con il Ministro per le politiche agricole e forestali. Anche qui mi sembra una cosa che si legge solo in una logica che certamente non ha nulla a che vedere con il fine di organizzare in termini più efficienti l'amministrazione dello Stato.
Vorrei fare anche qualche altro esempio, già portato in precedenza, ma ritengo sia utile ripeterlo. Leggendo e rileggendo il provvedimento all'esame non si comprende perché vi sia un tale accentramento di competenze e di funzioni presso la Presidenza del Consiglio.
Sono assolutamente convinto della logica in forza della quale dal 1988 in poi, e quindi anche con la disciplina delle funzioni del Presidente del Consiglio, e successivamente con la normativa introdotta dalla legge Bassanini, l'idea di rendere agile la struttura della Presidenza del Consiglio, perché forte sul piano politico e quindi forte della necessità di svolgere quell'opera di coordinamento, di impulso e di marcatura su tutti gli aspetti riguardanti l'attività di Governo per il rispetto dell'attività medesima, viene vulnerata dal fatto che vengono riportate una serie di funzioni e di competenze di struttura presso la Presidenza del Consiglio, che rendono solo ed esclusivamente più ingrato il compito della Presidenza del Consiglio stessa, dei suoi funzionari, dei suoi dirigenti, che non hanno alcuna logica e che non servono neppure - secondo me - a svolgere la funzione del Presidente del Consiglio.
La questione che mi risulta «simpatica» in questo contesto è quella riguardante il turismo. Ho letto e riletto il comma 19-bis dell'articolo 1 del decreto-legge in oggetto, in cui si afferma che «le funzioni di competenza statale assegnate al Ministero delle attività produttive dagli articoli 27 e 28 del decreto legislativo n. 300 del 1999, e successive modificazioni, in materia di turismo sono attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri», il quale è diventato un concerto continuo: «Il Ministro dello sviluppo economico concerta con il Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione e l'utilizzazione anche residuale delle risorse finanziarie...». Le funzioni di competenza statale vengono spacchettate dal già Ministero delle attività produttive, oggi Ministero dello sviluppo economico, e attribuite al Presidente del Consiglio.
Il comma 19-quater dell'articolo 1 del decreto-legge recita: «Al Ministero per i beni e le attività culturali sono trasferite le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive, che viene conseguentemente soppressa. In attesa dell'emanazione del regolamento previsto dal comma 23, l'esercizio delle funzioni è assicurato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa - "d'intesa" che è una cosa più semplice da attuarsi - con il Ministro per i beni e le attività culturali e il Ministro dell'economia e delle finanze.» Se non ho compreso male, la struttura amministrativa del turismo, che era in capo all'ormai ex Ministero per le attività produttive, va al Ministero per i beni culturali. Le funzioni statali, in materia di turismo, vengono assegnate alla competenza del Presidente del Consiglio, il quale delega poi il ministro per i beni e le attività culturali.
Come dicevo quindi in Commissione, l'onorevole Rutelli è il primo esempio di ministro con «semiportafoglio», perché haPag. 136il portafoglio del Ministero per i beni e le attività culturali e poi la delega per il turismo. Mi sembra una cosa anomala che non si spiega, salvo che, in un eventuale rimpasto di Governo, tutto questo non renda, e forse questa è l'unica logica; cioè, la carta di riserva consiste nell'affidare le deleghe presso la Presidenza del Consiglio; poi, non si sa mai, dovessimo fare un giro, a quel punto non occorrerà adottare un nuovo decreto-legge da sottoporre al voto di fiducia al Senato e presentare un maxiemendamento.
Tanto è vero che vi è una norma, e questa costruita con grande intelligenza, nel decreto-legge, che afferma che, qualora una legge approvata da questo Parlamento attribuisca una competenza ad un ministro senza portafoglio, questa deve intendersi attribuita al Presidente del Consiglio, che a sua volta delegherà.
Vi è, cioè, l'ipoteca sul futuro dell'attività normativa di queste Camere. Si sostiene, infatti, che qualunque competenza si attribuisca, ad esempio alla Melandri o alla Turco, o con riferimento all'eventuale disequilibrio che nell'ambito della maggioranza si dovesse realizzare in questo Parlamento, sia nel corso della finanziaria o in qualsiasi altro provvedimento, la camera di compensazione dei problemi politici del centrosinistra sarà sempre la Presidenza del Consiglio dei ministri. Devo fare i complimenti, pur non condividendola, a chi ha pensato, scritto e fatto approvare questa disposizione.
Da ultimo, consentitemi una considerazione sul ministero «senza occhi per piangere», ovvero senza portafoglio, vale a dire il Ministero della famiglia. Per evitare che si capisse che si trattava di una foglia di fico, dato che non vi era l'esigenza di creare il Ministero per la famiglia, ma solo quella di realizzare politiche per la famiglia, le quali sono trasversali e toccano l'attività di tutta l'amministrazione delle politiche economiche di un paese, nel testo pre-fiducia al Senato al Presidente del Consiglio dei ministri venivano attribuite le funzioni di indirizzo e di coordinamento in materia di politiche per la famiglia. Ciò avveniva come se vi fosse la necessità di precisare questo compito e come se esso non fosse stato mai attribuito, nell'ambito dei poteri costituzionali, al Presidente del Consiglio dei ministri. In tutto ciò, la cosa che trovo simpatica è che, in sede di conversione, proprio per evitare che la ministra Bindi potesse giustamente protestare, si è introdotto una corposo pamphlet di cose ovvie e si è previsto che la ministro Turco si occuperà delle funzioni di competenza statale attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall'articolo 46, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 399. Dopodiché, si è enunciata una serie di principi che riguardano il sostegno alla maternità e alla paternità, la conciliazione dei tempi di lavoro; cioè tutta una serie di cose, una sorta di libro dei sogni bellissimo che sta a giustificare l'esistenza di questo Ministero.
In conclusione, colleghi, pensateci, fate una riflessione politica sulla questione delle regole, che si applicano sia quando vincete voi sia quando vinciamo noi. Inoltre, quando si fa una forzatura di questo tipo, occorre raggiungere l'obiettivo per il quale si è partiti. Forse, la conclusione a cui arriverete pure voi è quella nostra, e cioè che questo provvedimento è inutile, inopportuno e dannoso (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo la mia solidarietà alla comunità ebraica, in particolare a quella romana ma non solo, per gli eventi dell'altra notte. La mia solidarietà va anche a tutti i cittadini che non hanno subito atti di intolleranza razzistica, bensì di bieco teppismo urbano, i quali si sono trovati l'auto bruciata gratuitamente, e ai commercianti danneggiati da questi atti.
Entrando nello specifico della conversione in legge del decreto-legge del 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio deiPag. 137ministri e dei ministeri, l'assetto sul quale interviene il provvedimento in esame è quello definito dai decreti legislativi nn. 300 e 303 del 1999, adottati sulla base della delega contenuta nella legge n. 59 del 1997, la cosiddetta Bassanini 1. In estrema sintesi, può dirsi che l'obiettivo perseguito con i citati decreti legislativi era quello di razionalizzare le strutture del Governo, evitando duplicazioni al fine di pervenire ad una struttura snella che nel disegno originario si articolava in 12 ministeri.
La legge n. 81 del 2001, modificando la fondamentale legge n. 400 del 1988 sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio, creò la figura dei viceministri, consentendo l'attribuzione di tale qualifica e di speciali deleghe ad un numero massimo di dieci sottosegretari. Durante la passata legislatura, il Governo Berlusconi adottò il decreto-legge n. 217 del 2001, con il quale si ricostituirono due ministeri, quello delle comunicazioni e quello della salute, portando così il numero complessivo dei ministeri con portafoglio a 14.
Occorre ricordare, infine, che la legge 6 luglio 2002, n. 137, ha conferito numerose deleghe al Governo in materia di organizzazione del Governo, che sono sfociate in decreti legislativi che hanno modificato la struttura di diversi ministeri, tra i quali quello dell'ambiente e della tutela del territorio, quello delle attività produttive e quello delle infrastrutture e dei trasporti.
L'aspetto più rilevante del provvedimento in esame è costituito dalla redistribuzione delle competenze ai ministeri, che determinano innanzitutto un significativo incremento della compagine ministeriale, che viene accresciuta con la creazione del Ministero dello sviluppo economico, al quale sono attribuite competenze spettanti precedentemente al Ministero delle attività produttive e al Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché con la costituzione del Ministero della solidarietà sociale, destinatario di competenze prima attribuite prevalentemente al Ministero del lavoro.
Dallo scorporo di competenze rispettivamente spettanti al Ministero delle attività produttive, a quello delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca vengono creati il Ministero del commercio internazionale, il Ministero dei trasporti e il Ministero dell'università e della ricerca. In totale, si registra perciò un aumento di quattro ministeri con portafoglio: il Ministero dello sviluppo economico sostituisce quello delle attività produttive, rispetto al Governo Berlusconi.
Nella redistribuzione di competenze, si segnala in particolare l'assegnazione di funzioni assai rilevanti al Ministero della solidarietà sociale, con la rottura dell'unità di attribuzioni spettanti al Ministero del lavoro in materia di immigrazione e di politiche del lavoro. Infatti, al neo costituito ministero vengono attribuite le competenze in materia di programmazione dei flussi di entrata dei lavoratori esterni non comunitari, l'intera area funzionale delle politiche sociali e dell'occupazione ed infine la vigilanza amministrativa e tecnico-finanziaria sugli enti di previdenza. Si aggiungono inoltre competenze attualmente spettanti alla Presidenza del Consiglio in materia di politiche antidroga e di servizio civile nazionale.
Il quadro delle competenze afferenti all'area di precedente competenza del Ministero del lavoro è ulteriormente complicato, con rischio di duplicazioni per effetto dell'attribuzione alla Presidenza del Consiglio delle competenze in materia di politiche giovanili e di politiche per la famiglia, che sono state rispettivamente delegate ai ministeri senza portafoglio di Melandri e Bindi.
Il riordino della Presidenza del Consiglio si è tradotto nell'attribuzione alla stessa delle seguenti competenze, in aggiunta alle due già citate: le competenze in materia di sport, già attribuite al Ministero dei beni e delle attività culturali, le funzioni di vigilanza sull'albo dei segretari comunali e provinciali e l'iniziativa legislativa in materia di allocazione di funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione. Alla Presidenza del Consiglio èPag. 138infine trasferita la segreteria del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica), precedentemente operante presso il Ministero dell'economia e delle finanze.
Il quadro delle competenze va infine completato sottolineando che le attribuzioni in materia di turismo, già spettanti al Ministero delle attività produttive, sono trasferite al Ministero dei beni e delle attività culturali, mentre la competenza sui generi alimentari è assegnata in via esclusiva al Ministero delle politiche agricole e forestali, che assume così la denominazione di Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Le funzioni in materia di politiche per gli italiani nel mondo, precedentemente assegnate al Ministero degli italiani nel mondo, sono trasferite al Ministero degli affari esteri.
Le prime valutazioni critiche possono essere espresse con riferimento alla costituzionalità del decreto in esame, sotto più aspetti: in primo luogo, la violazione dell'articolo 77 della Costituzione. Tale articolo pone a presupposto dell'adozione di decreti-legge casi straordinari di necessità e d'urgenza. Non può ritenersi che la creazione di nuovi ministeri e la redistribuzione delle competenze tra quelli esistenti rappresenti una circostanza idonea al ricorso alla decretazione d'urgenza. Tale violazione è tanto più grave se si considera che il decreto-legge in esame è stato adottato da un Governo non ancora investito della fiducia delle Camere.
Non può invocarsi, a tale proposito, il precedente costituito dal decreto-legge n. 217 del 2001, che aveva contenuti più circoscritti e venne adottato in circostanze diverse. Si aggiunge che il Governo ha preannunciato la presentazione di un ampio emendamento correttivo, che determinerà ulteriore confusione e limiterà la possibilità di intervento parlamentare da parte delle opposizioni.
In secondo luogo, vi è stata la violazione dell'articolo 81 della Costituzione, secondo cui ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. Nel decreto-legge in esame, infatti, si afferma che la creazione di nuovi ministeri e la redistribuzione delle competenze tra quelli esistenti deve avvenire senza nuovi oneri per il bilancio dello Stato; tuttavia, appare poco verosimile che la creazione di nuovi apparati amministrativi possa realizzarsi senza determinare spese aggiuntive.
In terzo luogo, si è verificata la violazione dell'articolo 97 della Costituzione. La frammentazione delle competenze dei ministeri recata dal decreto-legge in esame, infatti, va contro il principio dell'unitarietà delle strutture ministeriali, sulla base dell'omogeneità delle funzioni, sancita dal decreto legislativo n. 300 del 1999. Ciò appare in contrasto, inoltre, con il valore, costituzionalmente garantito, del buon andamento della pubblica amministrazione (si fa riferimento sempre all'articolo 97 della Costituzione). È particolarmente censurabile, sotto questo punto di vista, lo «spacchettamento» del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché la sottrazione al Ministero dell'interno di talune competenze in materia di enti locali.
Per quanto attiene al contenuto del decreto-legge in esame, in aggiunta alle specifiche osservazioni già sviluppate nei confronti del provvedimento, si possono segnalare i seguenti, ulteriori spunti critici.
In primo luogo, il provvedimento in oggetto determina una moltiplicazione dei ministeri, in contrasto con le linee disegnate dal citato decreto legislativo n. 300 del 1999, che aveva comportato una razionalizzazione dell'organizzazione del Governo, con una significativa riduzione dei ministeri. Il decreto-legge, inoltre, appare principalmente giustificato dall'esigenza di trovare posti all'interno dell'esecutivo per soddisfare le diverse competenze della coalizione governativa e, quindi, per rispettare gli equilibri interni alla maggioranza.
In secondo luogo, particolarmente incomprensibile appare, come già evidenziato, lo «spacchettamento» del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che viene sdoppiato nel Ministero del lavoro e della previdenza sociale e nel Ministero della solidarietà sociale. Si rileva, in particolare,Pag. 139che, contraddittoriamente, tale ultimo ministero sembrerebbe assorbire anche competenze in materia previdenziale, compreso il controllo e la vigilanza sugli enti di previdenza e di assistenza obbligatoria.
Altrettanto grave è l'attribuzione al Ministero della solidarietà sociale delle competenze in materia di flussi di entrata dei lavoratori extracomunitari, le quali, più razionalmente, avrebbero dovuto rimanere in capo al Ministero del lavoro, titolare delle politiche del lavoro e dell'occupazione, stante il legame esistente proprio tra immigrazione e mercato del lavoro.
In terzo luogo, si osserva che la disciplina introdotta dal provvedimento in esame solleva perplessità anche sotto il profilo dell'inversione di tendenza avviata con le cosiddette riforme Bassanini, determinando una ricentralizzazione di funzioni amministrative che le citate riforme avevano trasferito alle regioni ed agli enti locali. Per di più, l'incremento del numero dei ministeri si pone in evidente contrasto con il programma della coalizione di Governo, che in parte sottolinea il proposito di ridurre gli apparati amministrativi ed i connessi costi della politica.
Le proposte emendative presentate dal gruppo della Lega Nord Padania mirano a ripristinare l'assetto dei ministeri previgente rispetto al decreto-legge in oggetto. In tal modo, vengono ricostruite, in particolare, la competenza del Ministero del lavoro sulle politiche sociali, della famiglia e dell'immigrazione, nonché l'assetto originario del Ministero delle attività produttive, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Concludendo, signor Presidente, posso solo gridare a gran voce un «complimenti!» nei confronti di questo Governo, il quale è assente questa sera, come del resto la stessa maggioranza. Un ministro su quattordici mi sembra un numero molto esiguo: la matematica non è un'opinione, perciò questa sera il Governo è praticamente inesistente!
Rivolgo, quindi, i miei complimenti all'esecutivo per questo decreto-legge e ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Biancofiore. Ne ha facoltà.

MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, uno studioso teutonico - sarà forse una deformazione di provenienza dalla mia terra -, Friedrich Meineke, sosteneva che senza ragione di mercatura non esiste ragione politica. Personalmente, sono scettica al riguardo; ma, guardando a quanto fatto dalla coalizione di Governo con il decreto-legge in discussione, mi convinco oltremodo sia della valenza delle posizioni politiche ed etiche del mio partito e del mio schieramento sia, soprattutto, del fatto che questo Governo sta in piedi solo per ragione di mercatura. Espressione, questa, che oggi potremmo tradurre in termini più moderni come lottizzazione politica, portata, in questo caso, con tale decreto-legge, alla massima espressione.
A tale riguardo, il Governo di centrosinistra arriva addirittura a sconfessare se stesso, o, meglio, le proprie leggi - parlo ovviamente della cosiddetta Bassanini - pur di procrastinare l'agonia di un esecutivo schiacciato con tutta evidenza dalla propria inconsistenza elettorale, dalla diversità della propria coalizione e, pertanto, di fatto morto prima ancora di nascere. Un Governo che avrebbe dovuto inaugurare, stando alle sue parole, il regno delle virtù e che invece moltiplica le poltrone ministeriali come mai nella storia della Repubblica. Anziché limitare la spesa pubblica come annunciato, l'aumenta.
Ma queste sono soltanto le premesse più lampanti del decreto-legge in discussione; per entrare nel merito, questo decreto va molto oltre la modificazione dell'assetto dei ministeri, moltiplicandone il numero in modo poco razionale rispetto all'attuale assetto costituzionale ed alle misure di finanza pubblica. Il provvedimento non coglie, infatti, l'occasione per operare un riordino, in linea con quantoPag. 140previsto già dal Titolo V della Costituzione, della riforma dei ministeri, modificando le funzioni del centro e trasferendo le funzioni inerenti alle competenze delle regioni. Pertanto, non contraddice soltanto la riforma Bassanini - l'unica che noi tutti ricordiamo come riforma del centrosinistra e che è incompatibile con la voracità di una coalizione che vive solo se soddisfa la bulimia dei suoi partiti -, ma contraddice anche la riforma costituzionale del 2001, e con tutta evidenza.
A ciò dobbiamo aggiungere che detta proliferazione dei ministeri non può certo avvenire a costo zero - come hanno dichiarato molto bene e molto meglio di me i colleghi precedentemente intervenuti -, avendo di fatto l'effetto di produrre una crescita delle strutture strumentali. Basti pensare agli uffici del personale ed agli uffici di ragioneria, nonché alla corsa al rialzo dei fondi di amministrazione dei dipendenti ministeriali a causa delle diseguaglianze che si creeranno con le nuove aggregazioni ministeriali. Processo che certamente non è in linea nemmeno con la direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze - guidato da Padoa Schioppa - del 6 giugno 2006, che invita le amministrazioni ad applicare in modo rigoroso la legge finanziaria per il 2006, che prevede tagli ai fondi ed agli organici.
Il risparmio, inoltre, di 10 milioni di euro prospettato dal Governo è pertanto, come tante altre misure che promette questo Governo, una pura invenzione, visto che la sola sostituzione dei parlamentari impegnati nell'esecutivo, sempre ovviamente per procrastinare la vita di questo Governo nato in qualche maniera monco, costerà circa 8 milioni e che l'esodo biblico dei dipendenti pubblici da un ministero all'altro - ben 10 mila persone, che non sanno bene dove devono lavorare e come devono essere allocate - provocherà un ulteriore aggravio per le casse pubbliche dello Stato. Migrazione sulla quale hanno espresso profonda preoccupazione anche i sindacati e, signori del Governo, si sa che tradizionalmente i sindacati sono vicini alle vostre posizioni, mentre non lo sono mai stati rispetto a quelle del Governo Berlusconi, che invece ha molto bene operato, varando riforme organiche.
L'USAE (Unione dei sindacati autonomi europei), per esempio, si è aggiunta a coloro, tanti, che come noi temono - ma noi, più che temere, ne abbiamo la certezza - che lo «spacchettamento» dei ministeri comporterà tagli alla spesa pubblica a danno dei lavoratori. Praticamente, quando il Presidente del Consiglio parla di austerità e di grandi tagli alla spesa pubblica, aumentano di contro, i ministeri con i conseguenti aggravi economici, allora, i vostri sindacati dicono: pensiamo che i tagli di Romano Prodi forse riguarderanno proprio i lavoratori.
Sono intervenuti anche i sindacati della funzione pubblica, a partire dal segretario generale, che è targato addirittura CGIL, il quale si è spinto ad ammettere che il decreto-legge - come ha detto precedentemente molto meglio di me la collega Santelli rileggendo le dichiarazioni del Vicepresidente Rutelli - risponde più a logiche di equilibrio politico nella composizione governativa che ad una riflessione su una migliore organizzazione funzionale, e che vi sarà un'inevitabile lievitazione dei costi. Basti pensare alla costituzione degli uffici di diretta collaborazione dei ministri - bisogna ricordare che sono ben 27 i nuovi dicasteri, con tutto il personale di diretta collaborazione - e alla ridefinizione dei trattamenti accessori del personale, trasferito da un ministero all'altro.
Dunque, anche quei sindacati, tradizionalmente vicini alla sinistra, condannano un provvedimento e un metodo, ossia la famosa delega sulla quale è inutile soffermarsi ulteriormente, che sono a dir poco stati scandalosi. Come tutti sappiamo, domattina sarà posta anche la questione di fiducia sul decreto-legge, che grida vendetta davanti a Dio.
Dunque, abbiamo di fronte un decreto che, a nostro parere, è scritto malissimo e rischia di compromettere gravemente il buon andamento della pubblica amministrazione, con innegabili riflessi negativi sia sugli utenti che sui lavoratori.Pag. 141
Tra i punti critici che si evidenziano nella suddivisione dei ministeri, a mio parere, ve ne sono alcuni che cagionano più perplessità di altri. Alcuni sono stati già elencati dai colleghi che mi hanno preceduto. Penso, però, ad una particolarità che nessuno ha messo in evidenza, ovvero all'apparentemente leggero cambiamento o, meglio, modifica del nome, per una sola virgola, del Ministero dell'agricoltura che - senza quella virgola, che siete stati maestri nel togliere - vede richiamate a sé le competenze in tema di alimentazione. Vorremmo dunque capire se ciò significa cedere competenze relative alla salute, spettanti, come tutti ben sappiamo, al ministro Turco, in tema di controlli sulla qualità di ciò che arriva sulle nostre tavole, con un rischio, che tutti possiamo ben immaginare, per i cittadini, per la loro salute e per quella di tutti noi.
Altro sgomento suscita la scomposizione delle funzioni del Ministero dello sviluppo economico e il trasferimento alla Presidenza del Consiglio dei ministri della segreteria del CIPE, come ha detto la collega Santelli, la cui presidenza, ovviamente, già spetta alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché l'istituzione di un Ministero del commercio internazionale e la sottrazione della delega sul turismo al Ministero delle attività produttive, che costituisce il 40 per cento del PIL. In tal modo, si sono svuotati ministeri che avevano una competenza ben delineata e, francamente, anche politicamente, lo dovrete spiegare all'interno della vostra coalizione, perché non si comprende come determinati ministri, se non per pura logica e volontà di occupazione di posizioni di potere e di poltrone ministeriali, accettino di governare, di fatto, senza deleghe.
Di contro, è estremamente grave l'attribuzione esclusiva al ministro della solidarietà sociale, che è un ministro espressione del partito della Rifondazione comunista - e lo sottolineo per ciò che dirò dopo -, delle politiche di contrasto alla droga e della vigilanza sui flussi d'entrata dei lavoratori stranieri non comunitari. Tali materie, coinvolgendo l'attività di vari dicasteri, come sarebbe ovvio, richiederebbero un efficace coordinamento da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Quindi, da una parte, si portano in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri deleghe che non le spettavano, e, dall'altra, queste si allocano ad altri dipartimenti, creando una confusione che è presente in tutto il decreto. Come abbiamo detto, ciò aumenterà il conflitto interistituzionale, ma deve essere una caratteristica tipica della vostra coalizione, perché si è visto cosa avete fatto con il Titolo V della Costituzione, che non ha mai conosciuto un tale conflitto interistituzionale. Adesso lo state facendo con i decreti legislativi, dei quali non c'era alcuna necessità ed urgenza.
Queste deleghe - come dicevo - richiederebbero un efficace coordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, ma molta perplessità mi cagiona anche - mi si passi la battuta - l'affidamento del contrasto alla droga ad un partito, attraverso il ministro per la solidarietà sociale, che sulla droga ha spesso atteggiamenti definibili, quanto meno, singolari. Invece, si sa quali erano state le premesse che avevano portato a costituire un dipartimento antidroga presso la Presidenza del Consiglio dei ministri da parte del Governo Berlusconi.
L'inesistenza di ragioni obiettive per adottare un decreto-legge e, dunque, dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza appare in tutta la sua evidenza a proposito dell'attribuzione dell'incarico di ministro senza portafoglio per le politiche giovanili e le attività sportive, le cui competenze sono limitate alla vigilanza sul CONI e sul credito sportivo. Per queste deleghe, come tutti sanno, sarebbe bastato un sottosegretario, ma probabilmente costui - in questo caso, costei - non avrebbe avuto la sufficiente autorevolezza per mandare baci dal pullman degli azzurri, quasi i mondiali fossero stati vinti dal ministro per le politiche giovanili e le attività sportive (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). È stata una grande intuizione del Presidente Prodi per seguirePag. 142alla lettera un manuale Cencelli impostogli dai suoi azionisti di maggioranza, ossia dalla proliferazione dei vari partiti che formano la vostra coalizione (Commenti del deputato Gardini).
Infine, vorrei richiamare un tema poco evocato: appare strano che, nonostante l'integrazione (qui, per la prima volta, siete riusciti a realizzare un accorpamento, anche se avete unificato solo due ministeri) sotto un'unica delega del dipartimento della funzione pubblica e del dipartimento dell'innovazione tecnologica, non si sia pensato a forme di avvalimento elettronico delle strutture e a forme di gestione associata dei servizi strumentali. Le tecnologie e le norme non dialogano, nonostante gli annunci; e devo dire che voi di annunci potreste tappezzare tutta l'Italia! Fa parte della vostra metodologia politica, del vostro modo di essere, fare annunci e poi smentirli passo dopo passo. Lo vediamo quotidianamente: non solo smentite i vostri stessi programmi di Governo, ma smentite addirittura l'azione dei vostri Governi passati. Credo che ciò sia, a dir poco, clamoroso.
Eppure, tornando all'innovazione tecnologica, il codice dell'amministrazione digitale disposto dal Governo Berlusconi, tanto per cambiare, ossia dal decreto legislativo n. 82 del 2005, consente l'avvio di processi di reingegnerizzazione degli apparati e delle procedure, al fine di adeguarli ad una nuova infrastrutturazione informatica, cosa della quale non avete tenuto minimamente conto.
Concludendo, credo che questi primi atti del Governo dimostrino con chiarezza che questo esecutivo, che mette insieme una maggioranza che va da Mastella a Diliberto, non rappresenta una vera alternativa. Quasi rivolgerei gli auguri a questa maggioranza, perché oggettivamente non si capisce come anche in futuro riuscirete a tenerla insieme, per nostra fortuna e per fortuna del paese, che non aspetta altro che un ricambio al più presto. Questo Governo attraverso questi primi atti non soltanto tradisce le norme costituzionali, ma ciò che più dispiace a chi fa politica credendo nella gente è che abusa della credibilità popolare nelle proprie azioni.
Un Governo siffatto, a mio parere, non ha titolo per chiedere sacrifici al paese e nemmeno la forza per ottenerli [Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, senza volere entrare nel dettaglio del provvedimento in discussione, che modifica l'organizzazione del Governo aumentando il numero dei ministeri, con una conseguente redistribuzione di competenze e deleghe, credo sia forte l'imbarazzo nel centrosinistra davanti ad una conversione in legge di un decreto-legge che riguarda una materia rispetto alla quale la sensibilità dei cittadini è altissima. Peccato che su questi argomenti di inevitabile impatto la comunicazione sia sempre circoscritta ai toni e al clima propagandistico delle campagne elettorali.
Per anni, il centrosinistra ci ha impartito lezioni sulla necessità che il Parlamento fosse il luogo delle decisioni, consapevoli della loro debolezza e sprezzanti del ruolo dei parlamentari. Io, alla mia prima legislatura, mi ero illuso che si potesse dibattere, entrare nel merito degli argomenti, anche imparare, perché no. Invece, constato che siamo davanti ad una concezione burocratica della politica che è tutto alzare o abbassare le mani, schiacciare pulsanti, manifestare meccanicamente la propria volontà. Poi, sento che occorre aprire il dialogo sulle riforme costituzionali e mi sento di affermare che, se non ci si esercita alla dialettica, ma alla dialettica concreta, ed al confronto, non è possibile, poi, coinvolgere il Parlamento nella sua interezza su leggi di vasta portata. Con che spirito si partecipa ai lavori dell'Assemblea se poi si procede in modo notarile? Tra le liberalizzazioni di questi giorni si dovrebbe pensare anche a liberalizzare i lavori parlamentari.Pag. 143
Avanti di questo passo, si arriverà ad accentuare la disaffezione verso le istituzioni, ed è perfettamente inutile che nel dibattito referendario sulla Costituzione la sinistra si sia spesa per demonizzare l'impostazione del premierato forte parlando di equilibri e, persino, di rischi democratici. Non stiamo, forse, assistendo ad una sorta di dittatura del premier, che non si limita ad imporre tempi e ritmi all'azione di Governo, ma proietta sul Parlamento, mortificandolo, un carattere quasi dispotico che non è possibile tollerare e che dimostra come di ben altro abbiano bisogno le istituzioni e lo stesso paese?
Il «no» referendario alla riforma costituzionale è venuto anche per mancanza di informazione su aspetti che il cittadino comune avrebbe colto e saputo tradurre, probabilmente, in un'altra espressione di voto. Se ci fosse stato un quesito referendario del tipo «volete ridurre del 30 per cento il numero dei ministri, viceministri e sottosegretari?», sono sicuro che il voto di un lombardo e di un veneto sarebbero stati uguali a quelli di un siciliano, di un calabrese o di un laziale, per completare il giro d'Italia.
Siamo davanti ad una struttura governativa con 103-105 esponenti dell'esecutivo, record storico stabilito proprio quando il centrosinistra ha speso ricette ed etica a buon mercato per dire che bisognava moralizzare la vita pubblica a partire dalle auto blu. Certo, è difficile tagliare le gomme al parco macchine se poi, dai ministri in giù, si è dato vita ad un corteo infinito di cariche che a loro volta moltiplicano le sottocariche e gli incarichi.
L'osservazione, a mio avviso, più pertinente deriva dalla considerazione che questa mappa del potere non è frutto di un'analisi e di un censimento dettagliati dalle esigenze di distribuire deleghe e competenze in modo molto specifico e settoriale, ma piuttosto corrisponde alla necessità di accontentare tutte le bandiere e le bandierine del variopinto carosello dell'Unione. L'obiezione, quindi, è di fondo e non può essere certo liquidata con una risposta generica ed arrogante, quando peraltro si sa bene che un'eccessiva parcellizzazione delle competenze genera conflitti, come è già avvenuto per le competenze in campo economico legate al sud.
È difficile pensare ed immaginare che vi sia una volontà esplicita di intervenire sul bicameralismo perfetto, anche attraverso la riduzione dei parlamentari, se poi si procede contestualmente al varo di una nave carica di graduati.
Inoltre, una distribuzione così fitta di potere produce a sua immagine e somiglianza una rete collaterale e discendente di posti e di incarichi correlati ai singoli ministeri e a competenze specifiche che richiedono il supporto di personale specializzato e non, che è fonte di ulteriore spesa; alla faccia dei proclami sul suo contenimento!
In conclusione, è fin troppo ovvio che si procede nella direzione sbagliata e che il Governo questo primato se lo poteva proprio risparmiare; infatti, sarebbe stato un segnale per il paese ridurre invece che aumentare, anche in coerenza con la prospettiva di uno Stato più leggero e più snello. Così davvero non ci siamo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevole relatore, credo che, a questo punto, mi corra l'obbligo di rivolgere un ringraziamento ai pochi colleghi ancora presenti e cercherò in qualche modo di ricambiare la loro cortesia provando ad esprimere il mio pensiero nel più breve tempo possibile.
Il cosiddetto «spacchettamento» dei ministeri proposto agli esordi di questa legislatura appare emblematico, a mio giudizio, delle doppiezze e delle incoerenze di una coalizione fortemente divisa sui contenuti dell'attività legislativa e di governo e pervasa da reciproche diffidenze.
L'antiberlusconismo e il potere tengono unita questa alleanza di governo, questo più ancora che la cultura, le idee e unPag. 144progetto comune di società. L'esigenza di un'ampia condivisione del potere ha reso necessaria una nuova frammentazione ministeriale, che ha vanificato gli effetti di razionalizzazione, risparmio e semplificazione della scelta, ben diversa, adottata dalla precedente maggioranza agli inizi della scorsa legislatura, di unificare alcuni ministeri rispetto allo schema tradizionale, modernizzando e snellendo la macchina amministrativa.
Ricordo, in particolare, nel 2001, l'unificazione tra l'allora Ministero dell'economia - che già era scaturito dall'unificazione tra Bilancio e Tesoro - e quello delle finanze, tra i trasporti e i Lavori pubblici, tra l'Industria e il Commercio estero e tra il Lavoro e la Solidarietà sociale. Già precedentemente erano state unificate l'università e la pubblica istruzione, che erano state separate secondo la tradizione consolidata precedentemente al 1992.
Con il provvedimento in esame, questo sforzo innovatore posto in essere dal Governo di centrodestra è stato archiviato e si è registrata una regressione. Infatti, vi sono nuovamente il Ministero dei trasporti e il Ministero dei lavori pubblici, il lavoro e la previdenza sociale da una parte e la solidarietà sociale dall'altra l'università e la pubblica istruzione, lo sport scorporato dalla cultura, il commercio estero scorporato dalle attività produttive.
Tutto ciò è stato determinato dall'esigenza di accontentare tutte le aspirazioni e le richieste di distribuire con il bilancino le varie posizioni, per assicurare integrità alla coalizione; è il frutto di rissosità, potere di interdizione dei piccoli partiti, scarsa fedeltà alle promesse, spesso formulate in modo demagogico e moralistico prima delle elezioni, che a mio giudizio sottendono, invece, una certa spregiudicatezza nella gestione del potere esecutivo, una volta conquistato.
Il decreto-legge in esame eleva il numero dei ministeri da 14 a 18, conferisce numerosissimi incarichi ministeriali, nomina diversi viceministri e sottosegretari, fino ad arrivare al risultato di 102 incarichi. Alcuni colleghi ed alcuni osservatori hanno rilevato che si tratta di un record nella nostra, pur complessa e variegata, storia parlamentare. È il naturale corollario di una coalizione rissosa, che può essere messa a tacere solo elargendo posti e prebende. Due esponenti della stessa maggioranza, anzi oggi esponenti del Governo, i ministri Parisi e Melandri, assicurarono - a suo tempo - che mai e poi mai il Governo Prodi sarebbe stato nominato tenendo conto del famoso manuale Cencelli. Scrisse, poi, nel giugno scorso, Scalfari, altro «nume tutelare» di questa maggioranza e del centrosinistra italiano, e non da oggi: «(...) il Governo Prodi sta dando, almeno per ora, un'immagine di sé scomposta, sciancata, mediocre. Analoghe sensazioni suscita la maggioranza parlamentare che dovrebbe sostenerlo (...)» e, di seguito, formulando altri giudizi non particolarmente lusinghieri ed altri auspici negativi che intendeva, naturalmente, scongiurare.
A pagina 27 del programma dell'Ulivo, leggiamo che la concezione che il centrodestra avrebbe avuto della pubblica amministrazione avrebbe soltanto aumentato i costi e le spese dell'amministrazione, operando una politica di appropriazione, un aumento delle nomine politiche ed una eliminazione delle regole. Cosa dovremmo dire, allora, se considerassimo il comportamento dell'attuale maggioranza? Dov'è la coerenza con tali posizioni critiche di allora - a mio giudizio, esasperate - e con i programmi che prefiguravano un rinnovamento rispetto ai pretesi vizi della coalizione avversaria?
Ritengo che abbiate intrapreso la strada opposta a quella predicata e ciò credo sia l'ennesima contraddizione che oggi si evidenzia.
Credo che su tutto ciò l'elettorato, a suo tempo, saprà giudicare [Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e della Lega Nord Padania].

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

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VALENTINA APREA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, le scelte che questo Governo ha compiuto, già soltanto con questi primi atti, parlano di poca serietà, se non di irresponsabilità nei confronti delle istituzioni, ma anche e soprattutto della spesa pubblica, quella spesa che il Presidente Prodi ha dichiarato, nel suo discorso di insediamento, di voler risanare.
Voglio ora puntare l'indice sullo «spacchettamento», brutto termine, ma ci avete abituato ad usare questa espressione. Addirittura, abbiamo costruito un dibattito parlamentare su questo «spacchettamento» dei ministeri. Mi concentrerò sullo «spacchettamento» del MIUR, che non esisterà più; mi riferisco al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Credo che il Governo Prodi non abbia considerato abbastanza che l'accorpamento dell'istruzione, università e ricerca - al pari di molti altri che sono stati, di fatto, arbitrariamente «cancellati» da questo Governo - fu voluto da Bassanini, ministro nel primo Governo Prodi, per rendere più efficace ed efficiente, ma anche meno costosa, l'incidenza dei dicasteri sul bilancio dello Stato. Dunque, il decreto legislativo n. 300 del 1999 aveva un onesto obiettivo: avviare un processo di semplificazione, di modernizzazione e di decentramento della pubblica amministrazione, snellendo le burocrazie ed ottimizzando le sinergie dei macrosettori.
È evidente che quegli obiettivi non rientrano più nel programma dei Governi di centrosinistra e che, anzi, a distanza di pochi anni, lo stesso centrosinistra di governo rinnega quelle scelte, riducendo Bassanini e le sue leggi ad un puro incidente nella storia delle istituzioni repubblicane. Ma non vi è soltanto poca serietà in questa scelta. Vi sono, soprattutto, tanta irresponsabilità e scarsa lungimiranza.
Inoltre, vorrei ricordare all'attuale esecutivo che, nella scorsa legislatura, quando il Governo Berlusconi propose lo sdoppiamento di un ministero, la sinistra insorse contro la lesione delle prerogative del Parlamento. Essa riteneva che il provvedimento dovesse essere oggetto di una discussione nelle aule parlamentari e dovesse essere condiviso dal Parlamento. Insomma, non poteva trattarsi di una scelta unilaterale del Governo, proprio perché interessava l'ordinamento amministrativo dello Stato. Oggi, invece, tutto ciò è evidentemente legittimo soltanto perché a proporlo è la sinistra, è un Governo di centrosinistra!
Ma lo sa, il Presidente Prodi, lo sanno gli onorevoli ministri - in questo caso, Fioroni e Mussi, rispettivamente, ministri dell'istruzione e dell'università e della ricerca - che il processo di accorpamento previsto dal decreto legislativo n. 300 del 1999 ha richiesto ben due anni e mezzo? Lo sanno che l'emanazione del regolamento istitutivo del sopprimendo MIUR si è rivelata lunga e laboriosa, con diversi interventi della Corte dei conti finalizzati ad adeguare alle effettive esigenze dell'azione amministrativa la norma a regime del decreto legislativo n. 300 del 1999?
Peraltro, all'attuazione del regolamento istitutivo del MIUR è seguita l'approvazione di numerosi altri decreti, che hanno consentito l'effettiva funzionalità del nuovo ministero, ma che hanno richiesto un ulteriore anno di provvisorietà nell'organizzazione della struttura. Infatti, fino a luglio del 2004, al MIUR erano stati nominati soltanto i capi dei dipartimenti e i direttori generali (cosa che rischiate di fare anche voi). Nella sostanza, però, mancavano gli uffici che dovevano operare; e poiché sarebbe stato impensabile interrompere l'attività del ministero, si è tentato di affrontare i diversi problemi, compresi quelli logistici, con la buona volontà e con la collaborazione di tutti.
L'operazione di accorpamento si è protratta fino al febbraio del 2005. Da allora ad oggi, si è provveduto ad unificare i fascicoli personali, gli stati matricolari dei dipendenti, le procedure relative alle strutture informatiche, sia sotto il profilo della rilevazione delle presenze sia sotto quello degli accessi.
Riguardo al bilancio, le questioni sono state ancora più complesse. Infatti, benché l'unificazione del bilancio fosse stata prePag. 146disposta dal Ministero dell'economia e delle finanze a partire dal 2005 - solo dal 2005 -, il medesimo ministero, per la contabilità, ha consentito la gestione unificata sul proprio web solo dal 5 maggio 2006.
Insomma, quello in corso è il primo anno in cui si può affermare che l'unificazione delle due ex amministrazioni è pienamente operante.
Quindi, appena arrivati all'unificazione, si riporta l'orologio indietro di dieci anni! Nel momento in cui si procede ad una nuova separazione, appare evidente che, a prescindere dall'atto legislativo che stabilisce tale evento, dovranno essere predisposti numerosissimi atti amministrativi - dall'organizzazione degli uffici dell'amministrazione centrale agli uffici scolastici regionali - che paralizzeranno l'azione amministrativa per parecchi anni.
Dovranno essere adottati, quindi, vari decreti per definire le competenze del ministero e l'individuazione degli uffici dipartimentali e tutto un lungo elenco di decreti ministeriali, fino ad arrivare ai diciotto decreti con i quali viene definita l'organizzazione degli uffici scolastici regionali del ministero. Ancora, a tali provvedimenti organizzativi dovranno fare seguito, con date diverse a seconda della norma di riferimento, tutta una serie d'adempimenti di rilevanza strategica che, a questo punto, non potranno che essere determinati a fine legislatura.
Come appare chiaro, non basta un tratto di penna su provvedimenti ed operazioni precedenti, ma occorre faticosamente costruire un altro assetto. Vi serviranno anni! Avevamo proprio bisogno di vanificare il precedente processo di unificazione, varato peraltro da un vostro precedente Governo? Il paese certamente no! La maggioranza, questa maggioranza, evidentemente, si! Il Presidente del Consiglio ha sacrificato sull'altare della lottizzazione partitica della sua maggioranza una nuova ed efficace organizzazione di un ministero, il MIUR, che, guidato per cinque anni da un unico ministro, che ormai passa alla storia, Letizia Moratti, e da viceministri e sottosegretari con deleghe piene, ha consentito di valorizzare e rilanciare un'unica filiera della conoscenza al servizio della persona, delle famiglie e della società.
Al MIUR, nella scorsa legislatura, abbiamo ottimizzato l'apporto delle due strutture ministeriali, l'istruzione e l'università, per dar vita ad una scuola, una università ed una ricerca che fossero in grado di trasmettere, generare e consolidare, in piena sinergia tra loro, la conoscenza in tutte le fasi della vita ed in tutti i luoghi deputati all'apprendimento come risorsa strategica per lo sviluppo e la questione sociale, in coerenza con gli obiettivi dell'Agenda di Lisbona. Persino la CGIL-scuola da qualche anno ha unificato i tre settori e dato vita al sindacato dei lavoratori della conoscenza, includendo in una stessa categoria i docenti della scuola, i professori universitari ed i ricercatori.
In realtà, la scelta operata dal Governo, oltre a determinare problemi che saranno di non facile soluzione sul piano amministrativo e contabile, come ho cercato di chiarire e come presto verificheranno i ministri Fioroni e Mussi, delude soprattutto dal punto di vista strategico e riformista. Non vi è dubbio, infatti, che scindendo le competenze del MIUR in due ministeri si perderà la visione d'insieme che rimanda alla più ampia società della conoscenza, si annacquerà la spinta riformistica e sarà più difficile per gli stessi ministri resistere alle pressioni corporative e alle logiche di basso profilo. Altro che decreto Bersani per la liberalizzazione! Altro che stare dalla parte dei cittadini!
È doveroso, inoltre, fare un riferimento alla divisione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che, nelle evidenti interrelazioni con il MIUR sull'integrazione delle politiche dell'istruzione, della formazione e del lavoro, ha portato a delineare anche una proficua collaborazione istituzionale con la Conferenza Stato-regioni. Immagino, ora, le difficoltà nei rapporti con le regioni, che per la stragrande maggioranza hanno accorpato queste deleghe in unico assessorato. In più, poiché i problemi della famiglia e delle politiche sociali hanno un riflesso importante nelle politiche formative, oltre ai duePag. 147ministeri, dovranno discutere tra loro e decidere dell'education cinque ministeri e cinque apparati amministrativi statali: altro che semplificazione della pubblica amministrazione ed efficacia ed efficienza delle istituzioni! In più, poiché i problemi della famiglia e delle politiche sociali hanno anche un evidente riferimento ai giovani, lo stesso Ministero delle politiche giovanili dovrà occuparsi della materia.
Con questo modo di operare ci sembra più nitida l'immagine della conservazione che connoterà il vostro Governo. Queste scelte ci allontanano dall'Europa, dove abbiamo deciso che bisogna puntare sulla formazione lungo tutto l'arco della vita. Questa discontinuità non solo complica l'organizzazione, ma rende urgente questo obiettivo, perché i singoli ministeri tenderanno a favorire politiche più consone ai propri fini o, peggio, favoriranno duplicazioni di interventi.
Due considerazioni finali. La prima riguarda il nuovo nome: Ministero dell'istruzione. Continuiamo a leggere sui giornali dichiarazioni di vari ministri, tra cui anche il ministro Fioroni, che parlano di Ministero della pubblica istruzione. Anche questi riferimenti errati da parte degli stessi ministri sono la spia più evidente del fatto che questo Governo guarda indietro piuttosto che in avanti. Avete in testa modelli vecchi e superati! Avete una visione nostalgica dello Stato: non potete, quindi, guidare il paese verso il futuro. Ma, soprattutto, e questa rappresenta veramente una «chicca», non si capisce come mai questi ministeri, sdoppiati e scorporati, abbiamo così numerosi sottosegretari. Addirittura, il ministro dell'istruzione, che ha già delle deleghe abbastanza limitate rispetto al suo predecessore, ha un viceministro con deleghe amplissime in materia di istruzione. Questa è veramente la prova provata che le cariche e gli incarichi sono stati assegnati soltanto per rispondere a logiche di partito, a quel pluralismo ideologico di cui si è parlato continuamente nel dibattito e che noi denunciamo con forza.
Non ci piace, non ci convince, non porterà bene questo sdoppiamento dei ministeri. Auguri (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. «Le poltrone aumentano, ma cala il consenso»: così titolava un editoriale di Eugenio Scalfari. Diciamo che potrebbe essere per noi un auspicio, ma per voi rischia di diventare un epitaffio. Un Governo non ancora investito della fiducia è riuscito a produrre questo decreto-legge, in quanto era composto da ministri e da sottosegretari che ancora non avevano un Ministero o un posto da sottosegretario da occupare, una condizione piuttosto singolare, che nasconde di fatto una bramosia di potere. Abbiamo da poco discusso e approfondito le motivazioni di urgenza di questo decreto. Ne abbiamo contestato l'urgenza e, per quanto riguarda l'articolo 81 della Costituzione, siamo convinti che questo decreto non possa essere a costo zero, come la relazione tecnica alla nostra attenzione, in modo del tutto inverosimile, sottolinea.
Appare in effetti irrealizzabile l'ipotesi per cui, con un proliferare di posti da ministri e da sottosegretari, ci possa essere una invarianza di spesa: di qui la nostra contestazione per quel che riguarda l'insufficiente copertura. Abbiamo anche contestato l'evidente violazione dell'articolo 77 della Costituzione e abbiamo contestato nel merito il fatto che vi sia una frammentazione delle competenze dei ministeri. Qui si va contro quel principio di unitarietà e di omogeneità delle funzioni sancito dal decreto legislativo n. 300 del 1999, in ossequio proprio alla prima legge Bassanini. Ero membro di questo Parlamento già allora e devo dire che, dai banchi della maggioranza, fummo allora oggetto di lezioni da parte di coloro che ci spiegavano quanto questa modifica e quanto l'unitarietà delle strutture ministeriali avrebbero comportato un contenimento della spesa.Pag. 148
Oggi, a distanza di quasi dieci anni, smentite voi stessi. Queste pasticciate e disorganiche norme contenute nel disegno di legge sono di fatto una controriforma della legge Bassanini. Delle due l'una: o sbagliavate allora o state sbagliando adesso. La riforma sbandierata per anni di fatto viene pesantemente smentita.
Al di là poi della frammentazione delle competenze dei vari ministeri e del buon andamento della pubblica amministrazione - anche questo è stato argomento della discussione di poco fa e del voto, in riferimento alla costituzionalità legata all'articolo 97 della Costituzione - ricordo anche come nel 2001, come maggioranza, subimmo un vero e proprio linciaggio mediatico allorquando ci permettemmo di scorporare il Ministero delle comunicazioni da quello dei lavori pubblici e dei trasporti, o quello della sanità dal Ministero del lavoro e del welfare, pervenendo comunque ad una serie di accorpamenti paralleli.
Allora fummo esposti al pubblico ludibrio. Oggi, da quegli stessi banchi, abbiamo un comportamento completamente diverso, che smentisce la stessa modifica del Titolo V della Costituzione, votata con la legge costituzionale n. 3 del 2001.
In essa vengono riassegnate con il decreto-legge in esame alcune funzioni allo Stato centrale. Siamo di fronte ad un raddoppio dei Ministeri, alla volontà di creare nuovi posti di lavoro, una sorta di eterogenesi dei fini: laddove vi era un Presidente del Consiglio che prometteva più lavoro per tutti, qui invece ve n'è un altro che dà più posti di lavoro ai ministri!
Credo che il paese non avrebbe avuto bisogno di questo e sono sicuro che la profezia di Scalfari, e cioè che le poltrone aumentano ma il consenso diminuisce, sia interprete di un sentimento comune e anche di un disagio che molti elettori di centrosinistra hanno provato e stanno provando, perché i costi della politica con il vostro arrivo stranamente stanno aumentando. La cosa non ci sorprende: sorprende invece i vostri elettori, che probabilmente non vi conoscevano come vi conosciamo noi.
L'abbiamo visto fin dai primi giorni: vi siete presentati con un'idea di gruppo unico alla Camera dei deputati, Margherita-DS; poi vi siete accorti che questo gruppo unico sarebbe stato, sì, dal punto di vista mediatico e di facciata, una buona cosa, ma da quello degli introiti del gruppo e dei contributi non poi così vantaggioso, e quindi vi siete affannati a chiedere agli Uffici di Presidenza di rivedere il metodo di erogazione dei contributi, proprio per compensare le perdite dall'unione dei vostri gruppi.
Dopodiché, siamo di fronte ad un Governo che ha chiesto, con motivazioni politiche non istituzionali, di esercitare una sorta di incompatibilità tra le cariche di governo e quelle parlamentari. Ciò, di fatto, ha comportato un evidente aumento dei costi, laddove avete moltiplicato le poltrone: laddove ve n'era una sono diventate automaticamente due e questo a detrimento della volontà popolare, che ha nell'espressione del voto e nell'elezione dei candidati al Parlamento la sua massima manifestazione, poi disattesa con questo ricatto fatto proprio da Prodi.
Del resto, così è stato per i costi legati alla moltiplicazione anche nelle istituzioni locali. È un vostro esponente, Salvi, che denuncia il fatto che nelle giunte di sinistra, e questo è un problema che tocca purtroppo tutte le maggioranze, vi sia una proliferazione di consulenze: i dati sono veramente preoccupanti.

PRESIDENTE. Onorevole Caparini...

DAVIDE CAPARINI. Mi avvio a concludere, Presidente. L'esercito dei politici di cui faccio parte, ma di cui vorrei sinceramente con tutto il cuore ridurre le pur cospicue fila, è veramente numeroso: vi sono 149.593 persone che vivono di politica, perché sono elette, e costano al paese 1,8 miliardi di euro l'anno. Il nostro paese spende in consulenze cifre abbondantemente al di sopra della media anche di altri paesi delle democrazie moderne. ViPag. 149sono dati, che poi approfondiremo nel corso della discussione, che indicano un punto di non ritorno ormai troppo vicino. Quindi, l'appello che faccio, a nome di tutti i cittadini, è quello di invertire questa tendenza. Noi abbiamo provato a farlo e l'abbiamo proposto con il voto di pochi giorni fa, quello referendario, che diminuiva il numero dei parlamentari e intendeva in questo modo dare inizio ad una tendenza che siamo convinti essere fondamentale per il risanamento, non solo per le casse dello Stato. Questo è un obiettivo, ma un obiettivo minimo. Occorre soprattutto un risanamento morale ed etico di una politica che ormai pensa troppo a se stessa e troppo poco alla sua funzione fondamentale, che è quella di servizio ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il seguito della discussione sulle linee generali è rinviato alla seduta di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 12 luglio 2006, alle 9:

(ore 9 e al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 379 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri (Approvato dal Senato) (1287).
- Relatore: Boato.

(ore 15)

2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 0,05 del 12 luglio 2006.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO ELENA EMMA CORDONI SULLA MOZIONE BONDI ED ALTRI N. 1-00005 (Nuova formulazione)

ELENA EMMA CORDONI. Ho deciso di intervenire - a titolo personale - per dichiarare il mio voto contrario alla mozione del centrodestra.
Perché lo faccio, visto che la mia posizione è analoga a quella del gruppo de L'Ulivo come annunciato poco fa dall'onorevole Bressa?
Lo faccio perché ho provato, in queste settimane, sul piano politico, ad interloquire con l'onorevole D'Elia.
Lo faccio perché in quella lettera gli chiedevo e gli chiedo ancora un passo indietro dall'Ufficio di Presidenza, glielo chiedevo sul piano dell'opportunità, non certo con un atto di legge, certo senza voler comprimere diritti costituzionali; e quindi sento la necessità di spiegarlo a quest'aula, per affermare le ragioni sulla base delle quali ero e sono arrivata a queste conclusioni.
Penso, altresì, che la speculazione politica che il centrodestra ha orchestrato - mettendo insieme tra l'altro vicende, profondamente diverse - sia da respingere.
Questa speculazione politica ci impedisce anche oggi di fare un approfondimento sereno, però io non voglio rinunciarvi, continuo a provarci, pur comprendendo che l'impostazione dato a questo problema lascia margini stretti per evitare strumentalizzazioni.
Un passo indietro.
E lo dico forte della mia personale esperienza: Nessuno tocchi Caino, l'associazione che D'Elia ha fondato per lavorare contro la pena di morte, ha rappresentatoPag. 150il mio personale punto d'incontro più significativo con le campagne radicali e tuttora la considero una delle iniziative politiche più condivisibili degli ultimi anni.
Dico questo, perché voglio che sia chiaro che ciò che D'Elia è diventato, ciò che ha fatto della sua vita a partire dalla fine degli anni '80 è senz'altro apprezzabile e risponde alle migliori aspettative possibili di chi, come me, continua ad affidare alla pena una irrinunciabile funzione di recupero, malgrado i limiti evidenti del nostro sistema penitenziario.
Lui e il suo partito, però, dopo aver creato, consapevolmente o meno, un caso con la sua elezione alla segreteria della Camera, hanno scelto di fare della sua figura un simbolo capace di aiutare il paese a misurarsi collettivamente con gli anni di piombo.
Ed è proprio rispetto a quegli anni che D'Elia, ma anche questo dibattito non aiutano a fare un passo avanti al paese.
Quel passato non riguarda solo l'onorevole D'Elia ma appartiene a tutta la nostra generazione.
Io appartengo a quella parte del paese che per trasformare la società ha scelto, allora, la via della partecipazione democratica ed ha combattuto il terrorismo insieme a tanti milioni di persone sapendo valutare il contesto politico e le concrete opportunità di farle valere in altro modo, sapendo riconoscere il terrorismo, ogni terrorismo, come un nemico della democrazia.
Lo sforzo di questo dibattito avrebbe dovuto aiutarci proprio sul piano simbolico, perché simbolo si diventa anche quando non lo si desidera: le vittime del terrorismo, per esempio, sono morte perché qualcuno le ha considerate simboli credibili del cuore dello Stato. Chi sceglie una carriera pubblica, si espone più degli altri ad assumere questo tipo di ruolo, più o meno rispondente alla realtà; chi poi ha alle spalle una storia forte quanto quella di D'Elia deve aspettarselo più di chiunque.
Ad ogni modo è accaduto: i familiari delle vittime del terrorismo lo considerano un simbolo di un'ingiusta disparità di attenzione pubblica, mentre Don Gallo lo considera un simbolo ideale della riabilitazione.
Su un piano personale io capisco che D'Elia non voglia «rimanere ostaggio perpetuo della memoria», ma se può farlo come privato, non può permetterselo come personaggio pubblico.
Molti altri italiani, per non restare ostaggio della loro memoria, hanno bisogno di fare politicamente i conti con gli anni di piombo.
Io apprezzo il suo percorso personale, ma non lo considero simbolicamente valido né utile, almeno per il modo in cui lui stesso ha scelto di presentarlo.
Pensavo e penso che un passo indietro, oggi, lo aiuterebbe a restare senza ambiguità l'uomo che è diventato, così come aiuterebbe il paese a misurarsi in modo più ragionato con gli anni '70. Con o senza il suo contributo.
È un nostro problema, è un suo problema soprattutto oggi che, come me, è chiamato a rappresentare il popolo italiano.
Ed il centrodestra, con questa mozione, con quel dispositivo ci ha impedito di fare tutto questo.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 1222 - voto finale 510 509 1 255 295 214 22 Appr.
2 Nom. ddl 1287 - preg. n. 1, 2, 3, 4 291 291 146 6 285 20 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.