XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 15 di mercoledì 28 giugno 2006

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[riferimenti normativi]
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

La seduta comincia alle 9,35.

TEODORO BUONTEMPO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Amato, Bonelli, Brugger, Colucci, de Zulueta, Duilio, Gentiloni Silveri, Lion, Lusetti, Mazzocchi, Migliore, Oliva, Piscitello, Ranieri, Stucchi, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono quarantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'Allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, recante disposizioni urgenti in materia di IRAP e di canoni demaniali marittimi (A.C. 1005) (ore 9,38).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, recante disposizioni urgenti in materia di IRAP e di canoni demaniali marittimi.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1005)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1005 sezione 3).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A - A.C. 1005 sezione 4).
Avverto, altresì, che non sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Avverto infine che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 1005 sezioni 1 e 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA ARMOSINO. Signor rappresentante del Governo, colleghi, probabilmente ribadirò in questo mio intervento talune osservazioni che sono già state sollevate in questa Assemblea sull'applicazione dell'IRAP, più in particolare sull'articolo 1, che riprende sostanzialmente il contenuto del decreto-legge n. 106 del 2005, escludendo di fatto l'istituto del ravvedimento operoso per i versamenti IRAP a saldo e in acconto relativi all'anno di imposta in corso, provvedimento sicuramente giustificato dal fatto di assicurare il gettito di questo tributo nell'imminenza della pubblicazione della sentenza della Corte di giustizia europea relativa a tale imposta.Pag. 2
Ritengo che si debba fare maggiore chiarezza sull'ambito di applicazione di questa norma; in particolare, ricordo come questo tributo, istituito nel 1997 dal precedente Governo di centrosinistra, abbia posto sin dalla sua introduzione una serie di problemi relativi, in particolare, alla determinazione della base imponibile, che non risulta di agevole quantificazione, essendo, come sappiamo, determinata in base al valore della produzione. A tale riguardo, si fa rilevare come il decreto-legge che stiamo esaminando avrebbe di fatto potuto costituire l'occasione propizia per risolvere, ad esempio, la questione concernente la sottoposizione all'IRAP dei professionisti (intendo quei professionisti privi di una autonoma struttura organizzativa), i quali, secondo quanto statuito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 256 del 2001 e da numerose pronunce delle commissioni tributarie, non sarebbero soggetti al tributo.
È chiaro che, in mancanza di un'esplicita previsione normativa, si può ritenere che i professionisti che versano nelle predette condizioni siano abilitati a non corrispondere il tributo senza incorrere in sanzioni, applicandosi nei loro confronti quella previsione dello statuto dei diritti del contribuente che, appunto, esclude l'applicazione di misure sanzionatorie nei confronti dei contribuenti nel caso in cui ricorra una situazione di oggettiva incertezza circa l'ambito di applicazione dell'imposta.
Riteniamo che, nel delineato ambito, sia necessario affrontare anche la problematica concernente l'eventuale applicazione del meccanismo previsto dall'articolo 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, che stabilisce la maggiorazione automatica della quota IRAP nelle regioni in cui si registri uno squilibrio finanziario nella gestione del servizio sanitario regionale. Allo stato, non risulta chiaro, infatti, se tale eventualità possa comportare conseguenze anche sui versamenti in acconto ed a saldo relativi all'anno in corso.
Riguardo a questa parte del provvedimento, ci rendiamo conto dell'esigenza di assicurare comunque il gettito. Di conseguenza, gli argomenti addotti a sostegno del decreto-legge possono anche essere parzialmente condivisibili. Diviene difficile, tuttavia, esprimere un'accettazione senza una preventiva risoluzione delle indicate problematiche, che interessano un numero cospicuo di contribuenti; peraltro, la loro mancata risoluzione non potrà che comportare un ulteriore, inevitabile contenzioso.
Venendo all'articolo 2 del provvedimento, comprendiamo benissimo, anche in questo caso, le difficoltà in cui ci si è imbattuti nell'applicazione e/o adeguamento dei canoni demaniali. Le comprendiamo perché nella precedente legislatura, quando eravamo al Governo, abbiamo tentato di introdurre un criterio di aumento dei canoni demaniali, che sappiamo essere, in molti casi, di importo risibile. Nel percorso applicativo, abbiamo incontrato le stesse difficoltà che oggi incontra il Governo nella definizione di uno strumento che possa essere condiviso, ferma l'invarianza di gettito del provvedimento, dai soggetti interessati al pagamento.
È il caso di fare una cronistoria della vicenda: essa può farci comprendere che, ragionevolmente, sulla base della situazione attuale, non si riuscirà a definire la questione entro il termine fissato (30 settembre 2006).
Ricordo che la disposizione da cui trae origine la vicenda - che ci impegna tuttora, dopo tre anni - è l'articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003. Il comma 21 del menzionato articolo stabilisce che, con decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, debbono essere rideterminati i canoni annui di strutture turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei.
Il successivo comma 22 aveva disposto, altresì, che dal 1o gennaio 2004 i suddetti canoni per la concessione d'uso fossero rideterminati nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutati del 300 per cento. La misura dei canoni relativi alle concessioniPag. 3demaniali marittime aventi finalità turistico-ricreativa è determinata, come è noto, in relazione alla classificazione delle aree, che sono suddivise ab origine in tre categorie, A, B e C, in base alla diversa valenza turistica, e la collocazione all'interno di categorie delle singole aree è demandata alla valutazione delle regioni. Il regolamento che ha concretamente determinato i predetti canoni è stato approvato con decreto ministeriale...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Armosino. Onorevoli colleghi, per cortesia, non si riesce a sentire cosa dice la collega! Se possibile, cortesemente abbassate almeno il tono della voce. Vi ringrazio.
Prego, onorevole Armosino, prosegua pure.

MARIA TERESA ARMOSINO. Come stavo dicendo, il regolamento che ha concretamente determinato i predetti canoni è stato approvato con decreto ministeriale del 5 agosto 1994, n. 342. Successivamente, ma prima che tale norma esplicasse il suo effetto, l'articolo 2, comma 53, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ossia la legge finanziaria per l'anno 2004, ha sostituito il comma che ho appena citato e, quindi, tale comma 22, nella nuova formulazione, ha previsto l'emanazione entro giugno 2004 di un decreto interministeriale tale da assicurare maggiori entrate, non inferiori a 140 milioni di euro, a decorrere dal 1o gennaio 2004. In mancanza dell'adozione entro i termini del decreto interministeriale, la stessa disposizione ha previsto l'automatica rivalutazione del 300 per cento di tutti canoni per la concessione d'uso, canoni che avrebbero dovuto essere rideterminati, appunto, sulla base del decreto.
Vi è stata, quindi, una sequela di proroghe nel tempo. Il termine del 30 giugno 2004 per l'emanazione del decreto interministeriale è stato dapprima differito al 30 ottobre 2004 dall'articolo 5, comma 2-quinquies, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004 n. 191, con il fine di - cito testualmente - «(...) consentire il completamento degli accertamenti tecnici in corso, d'intesa con le regioni interessate, relativamente alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi anche in relazione al numero, all'estensione, alle tipologie, alle caratteristiche economiche delle concessioni e delle attività economiche ivi esercitate, e all'abusivismo (...)». Il suddetto termine è stato prorogato al 15 dicembre 2004 dall'articolo 16 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306. Successivamente, l'articolo 14-quinquies del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, ha ulteriormente differito tale termine al 31 ottobre 2005. Ed ancora, l'articolo 3-ter del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla legge n. 248 del 2005, ha differito al 15 dicembre 2005 il termine per l'adeguamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime.
Con l'articolo 2 del decreto-legge in esame si provvede ad operare un nuovo differimento del termine al 30 settembre 2006, e questo proprio al fine di garantire il razionale completamento delle procedure di verifica degli accertamenti tecnici necessari per pervenire alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi.
L'urgenza di provvedere al differimento del termine risiede nella necessità di evitare agli operatori di strutture turistico-ricreative, nell'imminenza della stagione estiva, incertezze circa la misura dei canoni da corrispondere.
Consideriamo, dato il lungo iter del provvedimento in esame - noi lo abbiamo sempre sostenuto, così come i colleghi della maggioranza -, che le maggiori entrate previste per 140 milioni di euro decorrevano da prima, avendo a riferimento la data del 30 giugno 2004, e in questo caso si disse che non vi erano problemi di copertura trattandosi di un rinvio infrannuale.
Stessa decisione venne assunta con lo spostamento del termine al 30 ottobre 2004, trattandosi, appunto, di uno spostamento all'interno dello stesso anno. Stessa motivazione venne data in ordine al differimentoPag. 4al 15 dicembre 2004, operato dall'articolo 16 del decreto-legge n. 266 del 2004.

PRESIDENTE. Onorevole Armosino, la invito a concludere.

MARIA TERESA ARMOSINO. Osservo che, da ultimo, relativamente alla norma del passato Governo, quando si differì al 31 ottobre 2005 si ritenne non necessaria una copertura, in quanto i canoni fissati dalla regione sono bassi e la riapertura dei termini avrebbe potuto determinare la fissazione di canoni più elevati.
Come sappiamo...

PRESIDENTE. Onorevole Armosino, il suo tempo è scaduto.

MARIA TERESA ARMOSINO. Nel concludere il mio intervento, dato atto della lunghezza dell'iter di questo provvedimento, che ho deliberatamente scelto di ripercorrere, ribadisco le osservazioni che sono già state tradotte in emendamenti presentati. Insisto, quindi, sull'esigenza di previsione di un termine più lungo per ottenere un'effettiva definizione di questa vertenza, altrimenti ci troveremo costretti, a settembre, ad intervenire nuovamente in materia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo esaminato questo provvedimento con la consapevolezza che le questioni trattate hanno avuto origine nella precedente legislatura.
L'onorevole Armosino ha delineato quelli che sono i punti focali trattati dal provvedimento in esame; più volte - sia in Commissione sia in aula, nell'ambito della discussione sulle linee generali - la maggioranza ce li ha ricordati.
Siamo consapevoli di questa coerenza politica; quindi, complessivamente, siamo favorevoli per quanto concerne le questioni poste. In ogni caso, la tentazione è comunque forte, perché le questioni relative sia all'IRAP sia ai canoni demaniali marittimi ci spingono a sottolineare le cose che per noi non vanno bene.
È vero che questo provvedimento è stato approvato anche da noi, ma è anche vero, per esempio, che l'IRAP non trae origine dalla precedente legislatura. Quindi, è subito indispensabile ricordare che il provvedimento in esame concerne termini di scadenza.
Il disegno di legge in esame ha il compito esclusivo di intervenire per quanto riguarda l'IRAP confermando la scadenza che era originariamente prevista per il 20 giugno. Per quanto riguarda, invece, i canoni demaniali marittimi ci troviamo di fronte ad una proroga dei termini. Ora, se noi volessimo seguire la previsione dei due articoli del decreto-legge in esame, dovremmo soltanto accettare o meno quella conferma e quella proroga.
Per quanto riguarda l'IRAP, l'esigenza era quella di evitare che i contribuenti, tentati dalla sentenza che la Corte dovrebbe emettere entro il prossimo settembre, potessero non pagare l'acconto utilizzando istituti che il diritto tributario prevede, istituti vantaggiosi, come, ad esempio, quello del ravvedimento operoso. Su questo punto, a mio avviso, bisognerebbe essere coerenti. Non bisogna tralasciare però una coincidenza nuova, prevista da una norma da noi approvata che è quella dell'applicazione di una maggiorazione sull'aliquota IRAP per le regioni che non abbiano i conti in regola in materia di sanità. Colleghi, scusatemi se faccio riferimento a delle date, ma se non ci soffermiamo su di esse finiamo per spostare l'attenzione su altre questioni che non ci interessano e che dovrebbero, una volta sollevate, essere affrontate in altri provvedimenti e non in questo di cui si discute. Il decreto-legge in esame è stato adottato dal Governo il 7 giugno 2006 ed assegnato alla Commissione finanze della Camera l'8 giugno; noi ne abbiamo poi iniziato l'esame il 14 giugno.Pag. 5
Cosa si è pensato di fare con l'articolo 1 del provvedimento in esame? Con tale articolo si dice ai contribuenti che è obbligatorio pagare l'imposta entro il 20 giugno. Poiché siamo nella fase di esame del complesso delle proposte emendative presentate, entrerò anche nel merito degli emendamenti da noi presentati, in modo che si capisca qual è la nostra posizione al riguardo.
Noi, ad esempio, sosteniamo che, poiché la scadenza per le regioni per dimostrare che i loro conti sono in ordine era il 31 maggio, quindi prima del 20 giugno, e poiché questa scadenza è stata poi spostata al 30 giugno, quest'anno si verifica una coincidenza, ovvero che la scadenza per il pagamento dell'imposta decorre prima del termine ultimo entro cui le regioni possono dimostrare che non si doveva applicare la maggiorazione. Il contribuente, quindi, nell'incertezza, era chiamato a non pagare entro il 20 giugno. Questo lo avevamo detto prima del 20 giugno e lo ribadiamo nuovamente adesso.
Uno degli emendamenti presentati, proposto dalla relatrice ed accolto dal Governo, prevede l'esenzione della maggiorazione dello 0,40 per cento per quei contribuenti che pagheranno entro il 20 luglio. Esaminando il merito del provvedimento e, quindi, i termini che esso prevede, debbo dire che siamo contrari a tale proposta emendativa. Noi non siamo contrari alla natura del provvedimento, ma siamo contrari solo perché il Governo è intervenuto tardivamente su questioni già poste, che già conoscevamo.
Questa mattina è riportata su molti organi di stampa una dichiarazione del Presidente del Consiglio dei ministri in tema di evasione fiscale; in particolare, Prodi afferma che con un'evasione fiscale pari al 7 per cento del prodotto interno lordo difficilmente si riuscirà a rimettere in sesto i conti dello Stato italiano. A tale riguardo, facciamo rilevare che sono proprio questi atteggiamenti che spingono i contribuenti a scegliere l'evasione fiscale o quantomeno il rinvio dei pagamenti dei tributi.
Colleghi, se leggete i pochi emendamenti che abbiamo presentato al provvedimento, alcuni di essi ripresentati in quanto respinti in Commissione, potete osservare che è nostra intenzione cercare di intervenire in questo particolare momento senza mettere in discussione la norma, la cui natura, ripeto, condividiamo. Allora, quali sono le questioni che rimangono irrisolte e che spero il Governo possa risolvere accogliendo i nostri emendamenti? Penso, in primo luogo, alla possibilità di applicare nuovamente il ravvedimento operoso nelle sei regioni con i conti non in regola (oggi sono cinque).
Vi è poi un'altra questione che ritengo importante e sulla quale è opportuno soffermarsi. Questa mattina, in seno al Comitato dei nove, il Governo e la relatrice hanno espresso parere contrario su una data questione. Ritengo che ciò costituisca un errore. Faccio riferimento al fatto che oggi le regioni hanno tempo fino al 30 giugno per dimostrare che i loro conti sono in ordine. Anche su tale questione potremmo svolgere alcune riflessioni e, in particolare, vedere quali sono le regioni che hanno «sforato» in termini di spesa sanitaria, per poi prevedere alcune eccezioni. Ma, rimanendo alla questione dei termini, come detto, oggi le regioni hanno tempo fino al 30 giugno per dimostrare di essere in regola nella tenuta dei conti e, quindi, per essere esonerate dal pagamento dell'addizionale dell'1 per cento.
Da quanto abbiamo capito, si deciderà l'esonero dall'applicazione dello 0,40 per cento per i contribuenti che pagheranno entro il 20 luglio. Allora, se è vero che il prossimo riferimento è la data del 20 luglio, perché non si accetta il nostro emendamento che sposta al 20 luglio il termine assegnato alle regioni per dimostrare di essere in regola con i conti? Si potrebbe rispondere che, per ragioni tecniche, ciò non è conveniente. Però, noi avevamo detto alle regioni che quello del 31 maggio era il termine entro il quale avevano l'obbligo di dimostrare di essere ritornate in regola con i conti. Perciò, è normale che, a causa di questo rinvio al 30 giugno, i contribuenti abbiano potuto nonPag. 6pagare l'IRAP, aspettando di conoscere lo stato dei conti delle regioni in cui abitano; la pagheranno entro il 20 luglio, che rappresenta la scadenza successiva, senza l'applicazione di alcuna sanzione. Allora, per quale motivo non ritenete sia meglio dire alle stesse regioni che hanno tempo fino al 20 luglio? Abbiamo avuto l'esigenza di spostare la scadenza dal 31 maggio al 30 giugno: 30 giorni possono sembrare niente, ma per le regioni sono diventati vitali. Apprendiamo dai giornali e sentiamo dire che c'è una rincorsa, da parte delle regioni, a dimostrare che i loro conti sono ordine. Per esempio, sembra che la Sicilia abbia già dimostrato, grazie ad una partita di giro, di non essere obbligata ad applicare la maggiorazione. Allora, noi insistiamo sull'approvazione di questa proposta di modifica per poter dire ai contribuenti di queste regioni, almeno, che il termine assegnato all'ente territoriale per dimostrare che i conti sono in ordine è quello del 20 luglio. In questo modo, evitiamo di intervenire un'altra volta, dopo il 20 luglio, per un'ulteriore proroga.
Rimaniamo, comunque, critici sul fatto che i contribuenti che hanno pagato entro il 20 giugno non abbiano alcun beneficio. Su questo punto abbiamo discusso molto in sede di Commissione. Come già affermavo ieri, non agiremo per spirito di vendetta nei confronti di coloro che per tanto tempo, in questi cinque anni, ci hanno intralciato ogni volta che approvavamo un provvedimento che servisse a garantire il gettito; non faremo altrettanto, adesso, nei confronti dell'attuale maggioranza. Non lo faremo nemmeno a fronte delle dichiarazioni rese in campagna elettorale, dichiarazioni che tante volte abbiamo ascoltato da parte dell'attuale maggioranza contro il Governo precedente, accusato di non garantire i contribuenti e di non spingerli a pagare nei termini. Queste dichiarazioni sono state riprese anche questa mattina - come ricordavo - dal Presidente del Consiglio. Tuttavia, nel momento in cui assistiamo al rinvio di un termine già scaduto non possiamo non essere critici.
Altre questioni, oltre a questa, rimangono aperte e sono affrontate dai nostri emendamenti. Ad esempio, ci sono contribuenti che non hanno pagato entro il 20 giugno e possono farlo entro il 20 luglio. Ad essi è concesso il beneficio dell'esenzione dello 0,40 per cento. Ci siamo chiesti se ciò valga solo per la maggiorazione oppure per l'intera imposta. Abbiamo l'occasione, tramite l'esame degli emendamenti presentati, di chiarire tali questioni. In particolare, un emendamento presentato dalla Lega cerca di indurre il Governo a chiarire questo punto.
Vi sono altre questioni dubbie che non sono state chiarite. Ci chiediamo, per esempio, se gli esercizi finanziari che non coincidono con l'anno solare siano interessati e, quindi, se siano oggetto di esenzione nel pagamento al 20 luglio. Un'altra questione rimasta aperta e che riteniamo non venga risolta riguarda le regioni che hanno aliquote agevolate. C'è una differenza di trattamento, infatti, tra le regioni che hanno esentato alcuni soggetti e quelle che hanno ridotto l'aliquota. Le regioni che hanno esentato alcuni soggetti non devono applicare neppure l'1 per cento. Quindi, i soggetti che non pagano l'IRAP perché esenti non pagano neppure la maggiorazione dell'1 per cento. Invece, le regioni che hanno ridotto l'aliquota ad alcuni soggetti, portandola all'1,50 per cento, devono applicare l'1 per cento. Quindi, per i soggetti già sottoposti all'imposizione IRAP che pagavano l'1 per cento, si raddoppia l'aliquota; invece, altri soggetti della stessa natura che, in un'altra regione, beneficiano dell'esenzione dall'IRAP, essendo esenti non pagano neppure l'addizionale dell'1 per cento. Il Governo ci ha risposto che, essendo il gettito non rilevante, non è indotto ad accettare questa nostra richiesta.
Allora, oltre a quanto giustamente rilevato dai miei colleghi sulla natura dell'imposta IRAP, sul suo futuro e su quanto la Corte deciderà, ritengo indispensabile fare anche riferimento a tali questioni che si riferiscono proprio alle scadenze e agli obblighi di questi giorni. Si dice che chi ben comincia è a metà dell'opera. Se ilPag. 7Governo, adesso, solo per questioni di gettito, approva un provvedimento maturandolo dopo una scadenza, è normale che il gettito cominci a fare le sue vittime. Si potrebbe osservare che il gettito ha fatto le sue vittime anche prima. Quando abbiamo tentato di eliminare o ridurre l'IRAP abbiamo avuto difficoltà, anche perché il gettito è quel soggetto astratto che tante volte si muove nella politica e che ha fatto tante vittime.
Io spero che almeno gli italiani abbiano la maturità di riflettere su questo provvedimento senza farsi distrarre. Ho avuto modo di sottolineare anche ieri che molti parlano della natura dell'IRAP come imposta e non del provvedimento proposto, il che tende a distrarre i nostri contribuenti, perché si apre il dibattito sulla questione dell'IRAP. Invece, riterrei opportuno che il dibattito venisse mantenuto sulla scadenza di un obbligo tributario e sulla circostanza che esso venga risolto solo dopo tale scadenza. Invece, il contribuente sembra convinto che con la nuova legislatura sia stato chiarito il suo modo di operare con riferimento a questa imposta. Vi è un'esigenza di gettito e occorrerebbe avere la forza di intervenire su un'imposizione così importante. Invece, si penalizzano i cittadini che hanno pagato nei tempi, in quanto altri non fanno gli stessi sacrifici. Di fatto, si considera distratto l'imprenditore onesto che ha sostenuto il sacrificio rispettando il termine del 20 giugno, mentre chi paga oltre il termine gode di un'agevolazione in quanto non deve pagare alcuna maggiorazione.
Passiamo all'articolo 2, che tratta dei canoni demaniali marittimi. Per l'IRAP, si trattava della conferma di un termine di scadenza di un pagamento, mentre per quanto riguarda i canoni demaniali marittimi si tratta della proroga di un termine. Anche rispetto ai due articoli del decreto-legge, il contribuente cui fa riferimento l'articolo 1 è trattato in modo diverso dal contribuente cui si riferisce l'articolo 2.
Per quanto riguarda l'articolo 2, però, dobbiamo ammettere che vi è una difficoltà di applicazione di questa norma. Tale difficoltà nasce da una previsione legislativa molto chiara: l'emanazione di un decreto interministeriale che doveva stabilire l'aumento dei canoni in base alle potenzialità dei singoli concessionari. Quindi, non dimentichiamo - l'ha detto molto bene la collega Armosino - che il provvedimento tendeva ad aumentare i canoni in base alle reali situazioni dei concessionari. Era previsto poi che, nel caso in cui i soggetti interessati non riuscivano ad adeguare i canoni, si applicasse una maggiorazione automatica, pari al 300 per cento di quanto pagavano. Questo è un elemento da sottolineare. Al di là della natura del pagamento dell'imposta, ritengo che, nella precedente legislatura, il legislatore abbia creato un sistema abbastanza conveniente, spingendo gli interessati a riunirsi.

PRESIDENTE. Onorevole Gioacchino Alfano, la avverto che ha ancora un minuto di tempo a disposizione.

GIOACCHINO ALFANO. Grazie, Presidente. Allora, approfitterò di questo minuto per dire la cosa più importante.
Per quanto riguarda i canoni demaniali marittimi, il provvedimento funzionava in questo modo: «Voi attrezzatevi per stabilire un canone che sia congruo, se non lo fate io vi applico una maggiorazione automatica». Sapete benissimo che questo non si è fatto. Allora, è vero che la proroga è indispensabile, ma proprio per questo noi chiediamo una proroga entro l'anno (e non entro l'anno successivo, il che avrebbe potuto essere strumentale); chiediamo una proroga entro il 15 dicembre, proprio per dimostrare la volontà da parte nostra e da parte della maggioranza di rivedere questo pagamento, in modo che i contribuenti non vengano penalizzati.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,10).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorronoPag. 8da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1005)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, stiamo discutendo la conversione in legge di un decreto-legge che reca disposizioni urgenti in materia di IRAP e di canoni demaniali marittimi e, in modo particolare, stiamo discutendo degli emendamenti presentati al testo predisposto dal Governo e successivamente esaminato in Commissione.
Credo che si tratti di una materia delicata, poiché si parla di tasse ed imposte, soprattutto di imposte odiose come l'IRAP, che va a colpire le imprese che hanno un elevato contenuto di manifatturiero nei propri costi, le piccole e medie imprese che sono l'asse portante della nostra economia, e dell'economia padana in modo particolare. Noi probabilmente non rendiamo un gran servizio a questo paese, anzi cerchiamo di metterlo in difficoltà: non riusciamo a capire che creiamo degli ostacoli alla competitività di queste aziende sullo scenario internazionale.
Infatti, la concorrenza non avviene più soltanto a livello locale o nazionale: con la globalizzazione, ormai, la competizione è a tutto campo, a 360 gradi. Dunque, non è sicuramente questa la strada da seguire; al contrario, l'imposta in questione deve essere abolita.
Ricordo che, con il precedente Governo, era stata avviata una procedura finalizzata ad eliminare tale tassa. Essa, infatti, è ritenuta odiosa proprio perché colpisce in modo particolare, attraverso una doppia imposizione, il frutto del lavoro di tanti artigiani e di numerose piccole imprese, che oggi vivono...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, un po' di silenzio, per cortesia!

GIACOMO STUCCHI. ... una situazione di precarietà. Intervenire come fa il provvedimento in esame, quindi, rappresenta sicuramente un modo per «fare cassa» ed acquisire maggiori risorse, ma credo che costituisca soprattutto una politica fiscale miope.
Speravo, credevo e mi ero illuso che, almeno nei primi due mesi del nuovo Governo, fosse possibile comprendere le linee di politica fiscale e di politica economica che sarebbero state proposte. Tuttavia, a parte questi interventi di piccolo e marginale maquillage, in effetti non vi è nulla di nuovo, poiché non sappiamo ancora - se non da ciò che risulta dalle dichiarazioni rese dai singoli ministri, che a volte affermano tutto ed il contrario di tutto - come si intenda operare in un settore così delicato non solo per le imprese, ma per la vita di tutti i cittadini.
È forse per questo motivo che attendiamo (ci illudiamo poco, per la verità) di conoscere i contenuti del Documento di programmazione economico-finanziaria. Si tratta di contenuti che, a nostro avviso, non potranno essere evanescenti, dal momento che non potranno eludere i problemi reali di questo paese.
Credo, quindi, che, almeno in ordine a tale documento, il Governo debba essere concreto e far comprendere bene qual è la linea che intende seguire con la prossima manovra finanziaria, che rappresenterà uno dei banchi di prova della maggioranza. Già quanto accade al Senato, infatti, testimonia che esistono problemi legati non solo alla materia fiscale (come la predisposizione del DPEF e del prossimo disegno di legge finanziaria), ma anche ad una serie di fattori che, a partire dalla politica estera, vedono questa maggioranza in notevoli difficoltà.
Tuttavia, a prescindere da tali discorsi, che riguardano quanto sta accadendo nell'aulaPag. 9«sorella» del Senato della Repubblica, ritengo opportuno tornare ad illustrare il contenuto delle proposte emendative presentate al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 206 del 2006.
Intendiamo illustrare tali emendamenti anche con la convinzione che esiste la possibilità di migliorare il testo del provvedimento in esame, evitando che vengano commesse ingiustizie. Vorremmo evitare, sostanzialmente, di far approvare quelle storture, quelle imprecisioni e quelle distrazioni (voglio essere buono questa mattina) che sono ancora contenute nel testo che ci appresteremo tra poco a votare.
Vorrei evidenziare che svolgiamo la nostra attività presentando proposte migliorative che non sono certamente ostruzionistiche: infatti, non abbiamo presentato 500 emendamenti! Non abbiamo presentato numerose proposte emendative, come vedevamo fare dall'allora opposizione di centrosinistra nella passata legislatura, su qualsiasi decreto-legge, pur di perder tempo, di mettere in difficoltà la maggioranza e di ostacolare la regolare prosecuzione dei lavori dell'Assemblea.
No: agiamo con criterio, nonché con quella concretezza che ha sempre contraddistinto il nostro modo di operare, soprattutto nella scorsa legislatura, quando, consapevoli dell'onere e dell'onore che chi è chiamato a governare deve sopportare, abbiamo tentato di impostare una politica fiscale che non mettesse le mani nelle tasche dei contribuenti. Al contrario, vediamo che questi piccoli e timidi segnali di politica fiscale, le prime iniziative adottate dal nuovo Governo in tale settore vanno proprio in quella direzione.
Mi riferisco non solo all'IRAP, ma anche ad altre questioni che tra poco saranno poste all'attenzione dell'Assemblea.
Il provvedimento in esame - richiamo, in particolare, alcuni articoli - contiene una contraddizione. Infatti, se da un lato si compie un intervento sull'IRAP che permette di «fare cassa», dall'altro si prevede una dilazione dell'entrata in vigore dei nuovi canoni del demanio marittimo che, invece, crea un «buco» all'interno del bilancio dello Stato, perché le risorse previste dall'entrata in vigore dei nuovi canoni demaniali sicuramente non arriveranno nelle casse dello Stato. Dunque, vi sarà una mancanza di fondi che, credo, imporrà un intervento al fine di individuare la strada per coprire il «buco», magari piccolo, per carità (non sto parlando di migliaia di miliardi di euro, ma di somme importanti che nelle prossime settimane non arriveranno nelle casse dell'erario). È presente, quindi, una contraddizione: in tre articoli di uno stesso provvedimento siete riusciti a creare una contraddizione che era difficilmente realizzabile. Da questo punto di vista, siete degli specialisti!
Di fronte ad una situazione di questo tipo, non resta che sottolineare come l'impianto del provvedimento non sia assolutamente condivisibile ed augurarci che le proposte emendative presentate siano approvate. Ma l'emendamento più opportuno, forse quello più atteso dalla gran parte degli imprenditori del nostro paese, dovrebbe essere diverso da quelli contenuti nel fascicolo delle proposte emendative e dovrebbe prevedere la soppressione totale dell'IRAP o perlomeno, se non si vuole arrivare a ciò, l'introduzione di una franchigia (lo avevamo proposto nella passata legislatura, alla fine del 2005) di un certo importo (200 mila o 300 mila euro) sul costo del lavoro, una franchigia che permetta alle industrie manifatturiere di non pagare l'IRAP o perlomeno di beneficiare di questa riduzione; ciò consentirebbe una maggiore competitività. Infatti, risparmiare sull'IRAP significa avere più soldi per fare investimenti, significa avere più soldi per fare le fiere, la commercializzazione e la ricerca. Una delle accuse rivolte dal centrosinistra alla nostra maggioranza era che non agevolavamo la ricerca, l'innovazione del prodotto, cosa fondamentale per poter essere oggi competitivi.
Se riuscissimo ad attuare questo tipo di intervento, sicuramente anche le piccole aziende, magari consorziate tra loro, riuscirebbero ad ottenere le risorse necessarie per realizzare, nel loro piccolo, grandiPag. 10innovazioni. Pensate a quante piccole innovazioni - poi dimostratesi grandi ed importanti - sono state prodotte dal genio, dalla capacità, dalle conoscenze per la vita lavorativa vissuta di tanti piccoli imprenditori, nati con gli strumenti da lavoro nelle mani.
Da questo punto di vista, l'attuale Governo non ci sente, tanto è vero che vi è stata una delegittimazione territoriale per quanto riguarda la composizione del Governo. Le aree produttive, quelle aree che avevano dato tanto consenso alla Casa delle libertà, alle elezioni dello scorso aprile non sono state adeguatamente rappresentate, anzi, sono state per nulla rappresentate - se togliamo un paio di ministri, forse tre, piemontesi (mi riferisco, in modo particolare, alla Lombardia, al Veneto e al Friuli) - in settori fondamentali come quello produttivo, dell'industria, o in quei settori legati alle finanze, settori sensibili per la vita del ceto produttivo che si trova in quei territori, che sicuramente non sta dalla parte del centrosinistra; questo va testimoniato.
Forse, questo vi dà fastidio - diciamolo pure - ed è per questo che avete penalizzato quelle zone. Ma quelle zone non saranno mai innamorate dell'assistenzialismo, non saranno mai innamorate di una politica fiscale che punisce chi produce e chi lavora! Infatti, i nostri imprenditori, i piccoli e medi imprenditori, non la grande industria assistita di Torino, vogliono sostanzialmente essere liberi, vogliono avere la possibilità di operare senza tutti quei vincoli e quei laccioli che voi ancora oggi introducete con questo decreto-legge.
La strada da percorrere è un'altra, è quella di rendere lo Stato più leggero, di eliminare le imposte che non servono a nulla, di eliminare tutte quelle tasse che oggi risultano incomprensibili, ma che soprattutto pregiudicano la possibilità di mantenere determinati livelli produttivi e socio-economici nelle zone più avanzate del paese. Forse, voi non avete capito che, se si ferma il nord, se si ferma la Padania, se si ferma il sistema delle piccole e medie imprese, non ce n'é più per nessuno, non ci sarà più IRAP da pagare, non ci saranno più imposte che arriveranno nelle casse dello Stato. Quello sarà il dramma! Ma non sarà solo un dramma per i cittadini di queste aree più avanzate del paese, lo sarà per tutti; questa è una questione su cui riflettere.
Avete liquidato il risultato del referendum dicendo che non esiste più una questione settentrionale, ma vi sbagliate. Continuate pure su questa strada, peccato che a pagarne le conseguenze saranno tutti i cittadini!
Ritengo invece che si debba seguire la strada opposta, perché non sono disponibile a giocare al «tanto peggio tanto meglio». La strada da percorrere deve essere quella del confronto su provvedimenti come questi, che devono essere migliorati e modificati. Quando si tratta di interventi peggiorativi per la vita delle imprese, quando si tratta di incrementare le tasse, noi non siamo sicuramente d'accordo né disponibili. Il confronto si deve impegnare su una politica fiscale che miri alla riduzione di queste imposte e alla eliminazione dei tanti balzelli che ancora oggi sopravvivono. Per carità, ne abbiamo eliminati molti con il Governo Berlusconi, però ne resistono ancora altri.

PRESIDENTE. La prego di concludere...

GIACOMO STUCCHI. Concludo, Presidente.
È per questo che ritengo sia doveroso approvare gli emendamenti presentati dal mio gruppo e da altri colleghi su questo testo, perché così almeno limiteremo il danno. Questo, oggi, è l'obiettivo minimo che noi possiamo ottenere, ma quello che si dovrebbe fare è molto diverso e molto più radicale: si dovrebbe fare una rivoluzione copernicana, ma forse il coraggio di farla non l'avete.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Berruti, che aveva chiesto di parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

Pag. 11

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo oggi a discutere sul complesso degli emendamenti presentati al primo provvedimento di politica economica e fiscale del Governo di centrosinistra. Devo dire onestamente che, da neo onorevole, sono assolutamente deluso; se questo è il primo provvedimento di politica economica e fiscale del «fantastico» Governo di centrosinistra, siamo messi molto male!
Proviamo a fare qualche ragionamento in più. Innanzitutto, abbiamo un piccolo provvedimento, che mira a «fare cassa»; quindi, sostanzialmente, si ipotizza ancora di «fregare» le nostre aziende, perché non potranno attivare il ravvedimento operoso. D'accordo, questo «fa cassa» e fa entrare qualche quattrino nelle casse del Governo e dello Stato.
Oltretutto, lo dico per inciso, nei giorni scorsi è stato aumentato il prezzo delle sigarette senza che la notizia fosse stata riportata nei telegiornali, ed anche in questo caso sarebbe necessario fare alcune riflessioni.
D'altronde ciò rientra in uno scenario più complessivo di nulla, di vuoto di idee e di politica di questo Governo. Sono già passati due mesi, ci avviciniamo allo scadere dei cosiddetti cento giorni e non abbiamo ancora visto niente, al di là di dichiarazioni sciolte e roboanti di vari ministri, non ultima quella per l'innalzamento della quantità di cannabis da detenere impunemente. Sono operazioni che danno l'idea di movimento, di azione, ma dietro queste azioni, sostanzialmente gratuite, che consentono di affermare che il Governo fa qualcosa (ma perché non costa), non si scorge nulla sui problemi reali, sulla politica economica e fiscale che si intende realizzare.
Gli italiani, e i padani in particolare, vorrebbero sapere cosa intenda fare il Governo delle tasse sui BOT, sull'IVA. Non ci sono indicazioni chiare. L'incertezza regna sovrana. Ieri, durante l'audizione in Commissione affari sociali, il ministro Turco ha fatto alcune considerazioni in merito al cosiddetto new deal di politica sociosanitaria, affermando che con le regioni si farà un nuovo grande patto sul finanziamento della sanità. Ciò è collegato con il provvedimento in esame, in quanto per le regioni che hanno sforato perché non sono state capaci di gestire i bilanci, e si tratta di regioni quasi tutte amministrate dal centrosinistra (per noi sarebbe facile dire che avrebbero dovuto stare attenti prima), si dice - sono dichiarazioni del ministro Turco - che si farà un patto con cui si allungheranno i tempi, prevedendo un periodo fino al 2009 in cui le regioni potranno sistemare la situazione. Da un lato, vi è la preoccupazione di questo rinvio al 2009, mentre se i conti non tornano vanno fatti tornare subito, e, dall'altro, vi è il caos. Si dice che vi sarà un incremento per chiudere il buco di bilancio ma, per un altro verso, si dice che non vi sarà l'incremento perché si prevede la regola aurea che, come al solito, tutto si sistema automaticamente, anche se sappiamo che non è vero. Insomma, il caos regna sovrano.
In questa incertezza totale, si è persa l'occasione di iniziare a fare qualcosa per le nostre imprese, per le piccole e medie imprese. Sappiamo tutti che l'IRAP andrà eliminata, una tassa voluta da un Governo di centrosinistra, rispetto alla quale la Corte di giustizia europea ha deciso giustamente che vada eliminata, ma le nostre imprese devono ancora - diciamo così - mordere il freno e pagare per far quadrare i conti di uno Stato troppo caro ed incapace di fare i conti.
Il problema è che l'IRAP colpisce soprattutto le imprese ad alto tasso di contenuto di lavoro, ad esempio anche del settore tessile, dove l'incidenza del costo del lavoro è maggiore. Sono proprio queste le imprese maggiormente in crisi perché più soggette ad una concorrenza sciagurata, sciagurata perché l'azione di Prodi, all'epoca commissario europeo, ha consentito questa forte concorrenza liberalizzata e senza freni, in particolare da parte dell'Oriente.
Come ho già detto, l'occasione è stata persa. Non si va verso una linea immediata di riduzione dell'IRAP o, quantomeno, come è stato più volte suggerito,Pag. 12dell'inserimento di una franchigia per le imprese più piccole di 200 o 300 mila euro di costo del lavoro, che rappresenterebbe almeno una boccata d'ossigeno.
Ma l'aspetto divertente è che, nel provvedimento in esame, si proroga in maniera demagogica di qualche mese l'incremento dei canoni di concessione sulle spiagge. Anche in questo caso la demagogia regna sovrana. Se questo è l'inizio della politica di promozione turistica del paese - affermando ad esempio che quest'anno il costo dei lettini e dell'ombrellone non aumenta, perché si aspetta settembre per procedere in tal senso -, di certo ciò non rappresenta un grande passo nell'azione che il ministro Rutelli intende realizzare nel nostro paese.
Dopo il disastro conseguente all'entrata in vigore dell'euro, che ha tagliato del 30-40 per cento gli stipendi e le pensioni, la soluzione proposta dal centrosinistra era quella di controllare. Allora, anche in questo caso, non si può procedere allo stesso modo?
Quindi, si incrementino da subito i canoni di concessione, che ad oggi appaiono ridicoli e poi, se sussiste questa preoccupazione sui prezzi, controllate! Siete così bravi, dunque controllate anche questo!
Tornando al merito del provvedimento, ritengo sia ancora possibile apportare alcuni miglioramenti. È certamente deludente che l'inizio dell'azione sia così scarna in termini di politica economica.
Pertanto, cerchiamo di migliorare il testo in esame evitando di tartassare ulteriormente le nostre imprese, che hanno bisogno di una boccata di ossigeno (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Brancher, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo di fronte al primo atto significativo di questo Governo e, non a caso, ci troviamo a parlare di tasse. È un fil rouge quello che contraddistingue l'azione dei Governi delle sinistre, come abbiamo potuto constatare dal 1996 al 2001 con i quattro esecutivi che hanno messo le mani nelle tasche dei cittadini. Purtroppo, il vostro primo atto conferma il vostro amore incondizionato per un tema tanto spiacevole e tanto sgradito alla maggioranza dei cittadini.
Tornando al merito del provvedimento, l'IRAP è un'imposta che voi avete fortemente voluto, contro la quale ci siamo più volte battuti dai banchi dell'opposizione, utilizzando tutti gli strumenti democratici in nostro possesso per contrastare una tassa profondamente iniqua, una tassa che, alla prova dei fatti, ha dimostrato di costituire un freno allo sviluppo economico del paese, colpendo il lavoro, vale a dire il cuore pulsante dell'azienda.
Pertanto, durante il nostro Governo, abbiamo intrapreso numerose iniziative volte ad ottenere la sostanziale riduzione, fino all'azzeramento, di questa imposta iniqua.
Ci siamo parzialmente riusciti: centinaia di migliaia di aziende non pagano più l'IRAP. Purtroppo, per motivi a tutti noi noti, con i quali oggi siete costretti a confrontarvi nella vostra azione di Governo, non siamo riusciti ad attuare la nostra ultima proposta contenuta nella legge finanziaria del 2005, con cui si chiedeva, perlomeno, di esentare dal pagamento le aziende al di sotto dei 200 mila euro. Certo è che la motivazione che voi adducete a sostegno di questo provvedimento è piuttosto ridicola: l'urgenza da voi richiamata risiede nell'esigenza di disincentivare fenomeni di ritardo ovvero l'omesso versamento dell'imposta con le ovvie conseguenti perdite di gettito. Tuttavia, le tasse, per essere pagate, devono essere percepite come giuste! In questo caso, stiamo discutendo dell'IRAP, ossia di una tassa sulla quale la Corte di giustizia dell'Unione europea deve definitivamente pronunciarsi con particolare riguardo alla compatibilità comunitaria del tributo. Stiamo parlando di una tassa che, oltre ad essere nata sotto i peggiori auspici e prePag. 13supposti, è stata percepita fin da subito dalle imprese come un'imposta iniqua e vessatoria. Stiamo parlando di aumentare l'anticipo, nel momento in cui già sappiamo che la Corte di giustizia dell'Unione europea casserà definitivamente tale imposta, decretandone l'illegalità. Quindi, è una rincorsa disperata a «fare cassa» - questo è evidente - con i soliti metodi a voi tanto cari; metodi che, purtroppo, conosciamo ed ai quali ovviamente non ci rassegniamo. Anzi, li contrasteremo in tutti i modi, come oggi stiamo facendo nel corso di questo primo dibattito della legislatura.
La giustificazione di questa impellente necessità di «fare cassa» sta nella ormai acclarata incapacità gestionale di alcune regioni del nostro paese, che non sono in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini in materia sanitaria. Stiamo parlando di sei regioni, casualmente (è una sottolineatura ironica) governate dal centrosinistra, che hanno palesato quella incapacità tipica dei Governi del centrosinistra a mantenere livelli di servizi di buona qualità e ad operare un contenimento dei costi.
Se l'esito della consultazione referendaria fosse stato diverso - ahimè non è stato così! - non ci troveremmo a parlare dell'ennesima misura tampone tesa a fare cassa ed a raschiare il fondo della botte. Staremmo parlando, invece, di qualcosa di decisamente diverso e di strutturale. Il nostro paese - l'abbiamo più volte sottolineato nel corso degli anni - ha bisogno di riforme ed il nord necessita di riforme. In questo senso, vi è la necessità di fare in modo che si attui il federalismo. Mi riferisco anche al federalismo fiscale: noi l'avevamo previsto nella nostra riforma e lo avremmo attuato entro tre anni dalla sua entrata in vigore. Allora sì che a carico fiscale invariato sui cittadini, ci sarebbe stata la possibilità di redistribuire il gettito, ovviamente tenendo fermo un principio sacrosanto (o, perlomeno, da noi ritenuto tale), ossia che ci debba essere un tetto al carico impositivo sui cittadini e sulle imprese. Noi lo abbiamo sempre identificato con il limite di un terzo. Voi - i fatti lo confermano - andate ben oltre questo carico, che costituisce un limite massimo al quale ogni Stato dovrebbe attenersi.
All'interno di questo 30 per cento, la redistribuzione delle imposte e, quindi, delle entrate avverrebbe in base alle materie di competenza. Quindi, per quanto riguarda la sanità - materia sulla quale stiamo discutendo in questo momento, perché impone misure tampone ed urgenti, necessarie a «fare cassa» -, avremmo la possibilità di definire il gettito e di responsabilizzare gli amministratori e i governatori, che in questo momento sono assolutamente in preda a un delirio di onnipotenza, dato che lo Stato, fino a pochissimo tempo fa, ad ogni buco e ad ogni inefficienza, correva al riparo: e c'erano sempre i contribuenti del nord - diamogli un nome - che correvano a pagare a piè di lista, con il loro lavoro, l'inefficienza altrui.
Nel caso in cui la nostra riforma costituzionale fosse stata approvata definitivamente, tutto ciò non sarebbe più accaduto. Gli amministratori locali avrebbero avuto la responsabilità, oltre che le libertà, di assumere delle decisioni.
Quindi, oggi ci troviamo a discutere di un ennesimo provvedimento tampone proprio perché non abbiamo avuto coraggio, che è necessario, invece, per cambiare e per fare riforme strutturali. Tali riforme consentirebbero alle nostre regioni e all'intero paese di fare un passo in avanti e a tutti noi, finalmente, di dare un nome e un cognome, un volto, ai responsabili degli sprechi e delle inefficienze, senza scaricare per l'ennesima volta sui cittadini l'incapacità di una classe politica - vuoi romana, vuoi dei governi locali - di rispondere alle esigenze, alle istanze e alle richieste dei cittadini, proprio perché, oltre alla conoscenza e alla cultura, non ha gli strumenti per poterlo fare.
Noi abbiamo individuato tali strumenti e li abbiamo sottoposti al giudizio dei nostri elettori, che in Lombardia, in Veneto e nel nord hanno deciso e hanno scelto per il federalismo. Continueremo a portare tali strumenti anche all'attenzionePag. 14di questo Parlamento, perché siamo certi, convinti e sicuri che siano gli unici che consentiranno al nostro paese, finalmente, di uscire dal guado e di dotarsi di quei meccanismi istituzionali che possono garantire, oltre alla capacità di rispondere alle sfide della modernità, anche l'efficienza e la possibilità di fornire i servizi che i cittadini ci chiedono e che, purtroppo, oggi siamo cronicamente incapaci di dare.
Quindi, oggi, ancora una volta, siamo in questa sede a discutere di IRAP e di un provvedimento che, oltre alle inefficienze del servizio sanitario - che, come abbiamo visto, in sei regioni è assolutamente al di sotto dei livelli necessari - scarica ulteriori inefficienze sui cittadini che già contribuiscono con il frutto del loro lavoro.
Il problema vero della competitività del nostro paese sta proprio nel fatto che lo Stato è incapace di rispondere alle necessità dei cittadini ed utilizza strumenti inadatti. Purtroppo, questo sarà il primo di una lunga serie di provvedimenti, come è facile prevedere. Da qui a poco, infatti, ci sarà il DPEF, che disegnerà la vostra azione di Governo. Dunque, questo sarà uno dei primi esempi di un'azione volta ad opprimere quel poco di libera economia che c'è ancora nel nostro paese. Mi riferisco a quelle imprese che ancora vogliono confrontarsi con l'economia globale, quelle imprese che ancora oggi hanno il coraggio di produrre lavoro, di produrre servizi e di confrontarsi con sistemi economici ben più competitivi del nostro.

PRESIDENTE. Onorevole Caparini...

DAVIDE CAPARINI. Mi appresto a concludere, signor Presidente.
La nostra contrarietà al provvedimento in esame è una contrarietà nel merito, nel metodo e, soprattutto, rispetto ad una filosofia, ad una cultura di Governo che non accettiamo e che combatteremo nel corso di questa legislatura che, speriamo tutti, compreso il nord, duri molto, molto poco (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, quando fu introdotta nel nostro ordinamento l'imposta regionale sulle attività produttive era comprensibile e verosimile che vi sarebbero state contestazioni. Innanzitutto, perché la base imponibile dell'imposta è erratica: prende in esame il valore della produzione e non consente la deducibilità di alcuni costi significativi nella determinazione della produzione (mi riferisco, in particolare, al costo del lavoro). Quindi, è un'imposta ibrida, non è un'imposta sui consumi, né un'imposta sul reddito e per questi motivi è stata contestata a livello comunitario.
Come già hanno riferito alcuni colleghi che mi hanno preceduto, c'è una controversia in atto che pende presso la Corte di giustizia europea. Al riguardo, le considerazioni conclusive fatte da due avvocati generali (mi riferisco alle considerazioni conclusive fatte dall'avvocato Jacobs nel 2005 e a quelle fatte dall'avvocato Stix-Hackl nel 2006) hanno sostanzialmente affermato che si tratta di un'imposta che duplica l'imposta sul valore aggiunto. Poiché in base alle direttive comunitarie (in particolare la direttiva comunitaria del 1977 che ha introdotto l'imposta sul valore aggiunto) ci può essere in ambito comunitario una sola imposta sulla cifra d'affari, mi sembra si possa giungere alla conclusione che l'IRAP è un'imposta che duplica l'IVA e, quindi, completamente illegittima.
Bisogna rilevare che di tale imposta il Governo di centrosinistra negli anni dal 1997 al 2001 ha fatto un caposaldo. Il Presidente del Consiglio pro tempore, il Presidente Prodi, sostenne in modo determinato l'imposta regionale sulle attività produttive. Tuttavia, lo stesso Presidente Prodi, quando divenne Presidente della Commissione europea, ritenne - e le sue affermazioni risultano agli atti della controversia dinanzi alla Corte di giustizia - che essa fosse una sorta di duplicato dell'IVA e, quindi, incompatibile con le regole comunitarie.Pag. 15
Quindi, il Presidente Prodi, dapprima ha sostenuto la perfetta compatibilità comunitaria dell'imposta; poi, divenuto Presidente della Commissione europea, ha sostenuto che fosse, invece, incompatibile con le regole comunitarie. Ora, dunque, attendiamo una sua parola definitiva: è o meno compatibile con le regole comunitarie? A quanto sembra - il provvedimento, infatti, è in tale direzione -, dovrebbe ritenere che è compatibile, proprio per il tenore delle norme recate dal decreto; ma la vicenda che ci sta occupando si risolverà sicuramente nel mese di settembre, quando la Corte di giustizia emetterà la sentenza. Bisogna augurarsi che gli effetti di tale pronuncia non si producano prima del 2007; altrimenti, si avrebbero forti pregiudizi per i conti delle regioni, il che rappresenta poi un altro elemento del quale ci si dovrà sicuramente interessare.
Venendo al provvedimento in esame, si tratta quasi di una riproposizione del decreto-legge n. 106 del 2005 presentato nella precedente legislatura; quindi, sull'impalcatura generale del testo il gruppo di Alleanza nazionale non ha particolari osservazioni da formulare. L'obiettivo del provvedimento è, infatti, mantenere il gettito IRAP, perché, altrimenti, proprio in vista delle contestazioni sorte a livello comunitario, i contribuenti potrebbero essere indotti a non eseguire alcun versamento. Per tali motivi, infatti, è stato ritenuto dal legislatore, analogamente a quanto si stabilì nel 2005, di sospendere la disposizione sul ravvedimento operoso la quale consente ai contribuenti di versare il pagamento del tributo in ritardo, pagando delle sanzioni modeste.
Quindi, la norma recata dal provvedimento, da tale punto di vista, è condivisibile; ma sorgono talune preoccupazioni connesse, invece, alla gestione di tale disciplina. Sappiamo, infatti, che con la legge finanziaria per il 2006 è stata modificata una disposizione della precedente legge finanziaria sullo sforamento della spesa sanitaria da parte delle regioni. La legge finanziaria per il 2006 molto opportunamente stabiliva che, se le regioni avessero sforato il limite della spesa sanitaria, il presidente della regione sarebbe stato nominato commissario ad acta e avrebbe dovuto adottare taluni provvedimenti entro una certa data: il 31 maggio; se nessun provvedimento fosse stato adottato, sarebbe automaticamente scattato l'aumento dell'IRAP e l'aumento dell'addizionale regionale all'IRPEF. Ebbene, se tale è la situazione, sarebbe bastato che il Governo avesse dato puntuale attuazione a queste disposizioni; ma cosa ha fatto il Governo? Ebbene, ha raggiunto un accordo con le regioni sulla base del quale, se le stesse, entro il 30 giugno, fossero rientrate nei limiti della spesa sanitaria - e quindi avessero ripianato lo sforamento -, in tali casi le maggiorazioni dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF non sarebbe state dovute. Ma quantomeno intempestivo è stato l'intervento del Governo, posto in essere in un mese particolarmente sensibile per i contribuenti: il mese nel quale effettuano i versamenti del saldo dell'IRPEF per il 2005 e degli acconti per il 2006. Quindi, in questo mese, si è, per così dire, lasciato in balia delle onde il mondo dei contribuenti e si è indicato agli stessi di pagare più del dovuto: anziché l'aliquota del 4,25 per cento, il 5,25. Tra l'altro, non è stato ufficializzata da nessuna parte l'automaticità di tale aumento, sicché i contribuenti si sono trovati completamente disorientati; sono testimonianza di tale situazione gli articoli apparsi sui giornali specializzati, da Il Sole 24 Ore a Italia Oggi.
Quindi, i contribuenti si sono trovati, appunto, in balia delle onde: taluno ha pagato l'imposta regionale sulle attività produttive con l'aliquota del 5,25 per cento; talaltro, con quella del 4,25. Solo il 30 giugno si saprà se le regioni in questione sono rientrate o meno nei limiti di spesa prestabiliti e a quella data si saprà se i contribuenti hanno versato il giusto o più del dovuto.
È una situazione sicuramente allarmante, kafkiana: uno dei principi cardine dell'ordinamento tributario - principio che poi è riconducibile alla norma costituzionale - è la certezza del pagamento dell'imposta.Pag. 16
Non bisogna scomodare i cultori della materia, Cosciali, Vicentini e quanti altri si sono occupati di questa materia, per dire che primo elemento del pagamento del tributo è la certezza del carico impositivo e la determinazione dei tempi per gli adempimenti. I contribuenti si sono trovati, quindi, in una situazione sicuramente paradossale, ma la situazione è ancora più grave con riferimento alle regioni che hanno sforato la spesa sanitaria.
Se andiamo a vedere bene, le regioni che hanno sforato la spesa sanitaria sono solamente quelle di centrosinistra. Delle sei regioni, Abruzzo, Molise, Lazio, Campania, Liguria e Sicilia, cinque sono di centrosinistra ed una è di centrodestra, ma se vediamo nello specifico, la Sicilia non ha assolutamente sforato la spesa sanitaria. Nel 2004, infatti, è intervenuta una sentenza della Corte costituzionale che ha stabilito che l'imposta sull'assicurazione della responsabilità civile riguardante l'automobile pagata dai contribuenti residente nella regione Sicilia deve essere versata direttamente dallo Stato, che la incamera, alla regione stessa. L'ammontare di tale imposta è di circa 658 milioni di euro. Questa somma avrebbe sicuramente azzerato lo sforamento della spesa sanitaria, se tale spesa fosse stata azzerata per effetto del riversamento, dovuto per legge e consacrato in una sentenza della Corte costituzionale, non vi sarebbero stati problemi per la Sicilia. Ci troviamo, quindi, soltanto con quattro regioni che hanno sforato la spesa sanitaria, perché mi sembra che la Liguria abbia proceduto a ripianare il deficit. Per effetto di tale situazione i contribuenti di queste regioni avrebbero dovuto pagare un'aliquota maggiorata dell'imposta regionale sulle attività produttive.
La situazione di incertezza è stata grande, i contribuenti si sono trovati in questo mese a pagare chi il 5,25 per cento, chi il 4,25 per cento a titolo di IRAP, senza che in nessun documento ufficiale si fosse stabilito esattamente il carico impositivo per l'acconto del 2006. Fino a prova contraria, infatti, Italia Oggi o Il Sole 24 Ore non sono documenti ufficiali dello Stato, come lo è invece la Gazzetta Ufficiale. A questa situazione abbastanza paradossale ha cercato di porre rimedio l'emendamento presentato dal Governo e fatto proprio dalla Commissione, il quale in buona sostanza afferma che i contribuenti che non hanno eseguito il versamento perché si sono trovati in questa situazione di incertezza possono eseguirlo entro il 20 di luglio, senza la maggiorazione dello 0,40 per cento.
Innanzitutto, questo emendamento non copre tutta la vasta platea dei contribuenti interessati, perché parlare di slittamento al 20 luglio senza maggiorazione definisce una situazione ricollegabile solamente alle persone fisiche, mentre non è ricollegabile alle società, il cui esercizio non coincide con l'anno solare. Questi ultimi soggetti si troveranno in una situazione di estrema difficoltà perché non sanno come e quanto debbono pagare, non sanno se devono pagare l'IRAP con la maggiorazione dell'1 per cento o se devono pagare l'IRAP in modo ordinario. I soggetti che hanno un esercizio non coincidente con l'anno solare non sembrano essere interessati dall'emendamento governativo.
Ma la situazione ancora più paradossale è questa: la norma si fa carico di coloro i quali non hanno eseguito il versamento, che potranno eseguirlo entro il 20 luglio, ma non si fa carico, però, di coloro i quali hanno invece eseguito il versamento pagando di più. In questo caso che cosa debbono fare i contribuenti che hanno pagato di più? Io presentai in Commissione un ordine del giorno al riguardo e ricevetti la risposta che era possibile scomputare la maggiore imposta pagata in sede di secondo acconto.
Il secondo acconto, com'è noto, deve essere versato a novembre del 2006; di conseguenza, il contribuente zelante che ha effettuato il pagamento entro i termini, adeguandosi alla situazione nebulosa - diciamo così - determinatasi, non soltanto ha pagato di più, ma per riprendersi quell'1 per cento in più deve aspettare fino a novembre del 2006. La situazione è sicuramente paradossale!Pag. 17
Stando così le cose, la mia proposta era nel senso di concedere un credito di imposta immediatamente utilizzabile da parte delle imprese, le quali, con i primi versamenti utili eseguiti con il modello F24 avrebbero potuto scomputare l'importo versato in più. Il Governo ha già risposto che non è disposto ad accogliere il mio emendamento, ma sembra orientato ad accettare un eventuale ordine del giorno che ne riproduca il contenuto. Spero che l'Agenzia delle entrate chiarisca la situazione mediante apposita circolare: non ha senso impedire di scomputare subito l'importo non dovuto e costringere chi ha pagato in più ad aspettare fino a novembre; eppure, è proprio questa la situazione determinata dal decreto-legge!

PRESIDENTE. Onorevole Leo...

MAURIZIO LEO. L'impianto generale del provvedimento era sicuramente condivisibile ma, cammin facendo, sono state apportate modifiche a dir poco stravaganti. Ora dobbiamo gestire questa situazione. La nostra posizione sull'articolato generale non è certamente favorevole. Speriamo che il Governo si faccia carico di risolvere i nodi fondamentali dell'IRAP (se debbano o non debbano pagarla i lavoratori autonomi ed i professionisti e come debbano pagarla le imprese). L'IRAP è un tributo fondamentale che porta sicuro gettito alle casse delle regioni: con l'IRAP si finanzia la spesa sanitaria, essendo il suo ammontare di circa 32 miliardi di euro! Tuttavia, se non si hanno certezze sui lineamenti e sulla base imponibile, l'imposta genera enormi problemi ai contribuenti, all'amministrazione finanziaria ed alle stesse casse regionali. Pertanto, l'imposta va rivista seriamente.
Vedremo come si muoverà il Governo in materia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ceroni. Ne ha facoltà.

REMIGIO CERONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nonostante la buona volontà della Commissione finanze e lo sforzo da essa compiuto per venire incontro ai suggerimenti che abbiamo espresso in Assemblea ed anche in Commissione, noi restiamo dell'idea che il provvedimento in esame sia inutile, confuso e vessatorio: sospendere il ravvedimento operoso e calpestare lo statuto del contribuente per qualche spicciolo in più è davvero assurdo. Inoltre, non è possibile aumentare l'aliquota IRAP ad anno inoltrato, dopo la scadenza della prima rata d'acconto. Sarebbe stato molto più semplice invitare le regioni a riequilibrare i loro bilanci (anche mediante l'aumento dell'aliquota IRAP dell'1 per cento) e, per il corrente anno, differire di trenta giorni la scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione e per il versamento.
Il provvedimento è inutile: se veramente si vuole intraprendere un'azione di risanamento della finanza pubblica, è necessario mettere mano ai bilanci delle regioni. Dettare una norma per scoraggiare coloro i quali vogliono evadere l'IRAP o ritardarne il pagamento in attesa della sentenza della Corte di giustizia è un'azione praticamente inutile!
Per quanto attiene ai bilanci delle regioni, ritengo che l'emendamento proposto dalla Commissione chiarisca che si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 174, quinto periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, limitatamente alle regioni che non abbiano raggiunto entro il 30 giugno 2006 un accordo con il Governo sulla copertura dei disavanzi di gestione del servizio sanitario regionale. Vi è, quindi, l'esigenza di interpretare l'articolo 1 di questo provvedimento, nel senso che l'imposta regionale sulle attività produttive è calcolata maggiorando di un punto percentuale l'aliquota ordinaria - o ridotta - vigente nelle regioni interessate, fatti salvi comunque i regimi di esenzione. Per fare maggiore chiarezza, bisognerebbe considerare quali sono realmente le regioni che hanno bilanci in pareggio. Ho infatti l'impressione che tutte le regioni italiane siano in difficoltà a far quadrare i conti relativi alla sanità, nonostante il grande incremento del fondo sanitarioPag. 18nazionale che è avvenuto in questi ultimi cinque anni. Voglio vedere se il Governo in carica saprà incrementare tale fondo nei prossimi cinque anni tanto quanto ha fatto il Governo Berlusconi nella passata legislatura!
Il problema, tuttavia, è un altro: è che nei bilanci delle regioni vi sono «buchi» incredibili, anzi direi che vi sono «crateri». Se si verificassero con attenzione i bilanci delle regioni, soprattutto nella gestione del servizio sanitario regionale, si scoprirebbero aspetti davvero incredibili. Spesse volte i giornali fanno la graduatoria dei debiti accumulati dalle regioni e del deficit pro capite. Tali graduatorie sono false, perché le regioni, per non apparire in cima a tale graduatoria, comunicano dati veramente artefatti. Dunque, gli «spiccioli» che possono derivare dal mancato versamento di alcuni contribuenti sono nulla rispetto ai debiti che si nascondono nei bilanci delle regioni, debiti che riguardano contenzioso per i danni relativi alla malasanità. Vi è nelle regioni italiane una serie di contenziosi perché i cittadini che sono stati curati male dal servizio sanitario chiedono di essere indennizzati. Vi sono interessi per i ritardati pagamenti nelle forniture e nei servizi. Vi sono contenziosi relativi al contratto di lavoro del personale medico e paramedico. Vi sono, sempre nei bilanci della sanità, crediti inesigibili. Per cui, se si considera bene cosa si nasconde nei bilanci della sanità, certamente il provvedimento odierno pare assolutamente inutile ed ininfluente rispetto al problema che dobbiamo affrontare.
Con riferimento al secondo articolo, diamo atto al Governo di avere concesso, con la presentazione da parte della Commissione dell'emendamento 2.50, una proroga del termine per l'adeguamento dei canoni demaniali al 31 ottobre 2006, proroga, tuttavia, che ci sembra troppo esigua. Sarebbe stato più congruo prevedere una proroga del termine al 15 dicembre 2006, anche perché è impossibile aumentare in corso d'anno i canoni demaniali, tenuto conto ad esempio che già gli stabilimenti balneari hanno fissato le tariffe per quest'anno tenendo conto delle vecchie tariffe dei canoni demaniali. Ribadiamo pertanto la necessità di prorogare ancora il termine oltre il 15 ottobre (come detto potrebbe essere congruo il termine del 15 dicembre 2006) e soprattutto riteniamo importante la necessità di affidare la ricognizione della determinazione dei canoni demaniali e le stesse risorse alle regioni, che hanno necessità di fondi anche per far fronte alle funzioni trasferite dallo Stato alle medesime. Come detto, dunque, probabilmente al 31 ottobre ci troveremo nella stessa condizione attuale, ossia Governo, regioni ed operatori non avranno fatto in tempo a compiere la ricognizione che deve essere fatta e, quindi, si richiederà un'altra proroga. Pertanto, se fin da ora si fosse prorogato il termine dal 31 ottobre al 15 dicembre 2006, certamente avremmo potuto dare il tempo necessario per compiere tale ricognizione e porre così fine ad una storia che ormai dura da diversi anni e che non ha più senso di continuare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la storia del nostro paese è caratterizzata negli anni da tutta una serie di elementi, di sigle relative a tasse che sicuramente non hanno semplificato la lettura al singolo cittadino, che sempre più si trova ad avere a che fare con una normativa complessa e di difficile comprensione.
A me pare che il provvedimento in esame rappresenti un sintomo della politica della maggioranza, che non ha esitato e, dico io, non esiterà ad intervenire in termini drastici per modificare la struttura e la natura di un decreto-legge e di futuri provvedimenti su una materia avente carattere economico e fiscale di rilevante importanza.
Ricordando, come hanno già fatto i colleghi che mi hanno preceduto, che la prospettiva del centrodestra, in modo particolare della Lega Nord Padania, era quella di arrivare all'abolizione dell'IRAP, quello odierno è un provvedimento fiscalePag. 19che fa a pugni con l'idea di sviluppo e di rilancio delle imprese, che anche in questi giorni sentiamo sbandierare dai rappresentanti del Governo. Non è in gioco il provvedimento in sé - che ha determinato la presentazione di tutta una serie di emendamenti non accolti in Commissione ed ora presentati in Assemblea, i quali potrebbero avere, se singolarmente presi, un valore migliorativo, in quanto cercano di incidere un po' sulla filosofia del provvedimento -, ma il fatto di esserci avviati verso una china che promette poco e che è destinata ad incidere negativamente sul futuro del nostro paese.
Anche dagli interventi svolti dai colleghi della maggioranza si avverte quella impostazione di fondo che mira a costruire una politica fiscale fortemente punitiva dei ceti produttivi, cioè di quella miriade di piccole e medie imprese i cui imprenditori ci chiedono, soprattutto al nord, come si possa salvare il paese se non si sostiene, non dico si assiste, il loro impegno a misurarsi su mercati internazionali.
Voglio anche rimarcare, come da più parti si fa notare, la confusione e l'incertezza in cui sono costretti a vivere i contribuenti. Si è creata incertezza riscontrabile persino nei mezzi di comunicazione più specialistici, cioè nei giornali economici. Si tratta, quindi, di un quadro di riferimento che genera sicuramente confusione e non aiuta il singolo cittadino.
Noi abbiamo sempre sostenuto che l'IRAP è un'imposta iniqua, che colpisce le piccole e medie imprese, che non prevede la possibilità di dedurre il costo del lavoro, che danneggia quelle aziende che più fanno affidamento sul fattore produttivo lavoro. Fra l'altro, si vive in un periodo nel quale le nostre imprese, soprattutto quelle del settore manifatturiero, dove è alta l'incidenza del fattore produttivo lavoro, stanno entrando in crisi a causa della concorrenza internazionale.
Da ultimo, un'osservazione sulla tassa relativa alle concessioni demaniali. Sappiamo bene come anche qui ci siano tante difficoltà nelle fasi di accertamento e di riscossione. Noi, come gruppo della Lega Nord Padania, abbiamo sostenuto l'aumento di questa tassa anche perché chi verifica di persona la situazione sulle spiagge dei mari e dei laghi osserva come sia complesso l'uso di un bene comune per scopi privati. Tuttavia, è necessario che ciò non ricada sul cittadino, sul cliente in termini di aumenti delle tariffe relative ai servizi offerti dagli operatori.
Il nostro intento è quello di arrivare ad avere un quadro di riferimento normativo-fiscale chiaro, inequivocabile; un progetto complessivo impositivo in materia fiscale che possa assicurare sempre più chiarezza e certezza del controllo.
Tutti devono pagare le tasse, indistintamente, tutti devono contribuire a far crescere questo paese che, sicuramente, negli ultimi anni, nonostante le difficoltà, ha saputo produrre ed ha saputo creare una certa condizione che sicuramente non è degenerata. Noi confidiamo nel fatto che il Governo in carica possa arrivare a presentare provvedimenti in questa materia che siano chiari e non vadano nel senso di mettere, come sempre, le mani in tasca ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Gianfranco Conte e Della Vedova, che avevano chiesto di parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, dopo una lunga campagna elettorale, vediamo come il centrosinistra sia costretto a passare dai proclami alla realtà, e la realtà è molto diversa da come ci era stata prospettata.
Anche in questi giorni, il Presidente del Consiglio dei ministri ha parlato di lotta all'evasione fiscale. Ebbene, noi tutti sappiamo che uno dei motivi per i quali l'evasione fiscale esiste è che in questo paese si creano alcune imposte che costituiscono un unicum a livello europeo e sono assolutamente confuse, nel loro dettato e nella loro applicazione abituale. L'IRAP, un'imposta che abbiamo contestatoPag. 20fin dall'inizio, è una tra queste: è ingiusta, è iniqua, è di difficile applicazione e rappresenta un peso enorme per chi svolge un'attività produttiva. Voi siete riusciti ad approvare una legge che noi abbiamo contestato ab initio, che rimane e le cui difficoltà applicative sono ulteriormente aggravate da questo decreto.
Accade, quindi, che con un provvedimento contraddittorio quanto alla sua esecutività voi creiate una difficoltà ulteriore per le imprese, dovuta ad una incertezza legislativa. Avete messo e mettete in difficoltà le imprese, che si trovano con esercizi a cavallo tra conto e versamento, mettete in difficoltà centinaia di migliaia di lavoratori autonomi e insistete con questa politica assolutamente contraddittoria. Quindi, parlare di evasione fiscale diventa del tutto improprio se lo Stato si pone in maniera vessatoria, come voi state facendo, e non cerca di creare un sistema impositivo che possa essere anche facilmente applicabile e possa essere ritenuto non ingiusto da parte dei contribuenti.
Non dimentichiamo che l'IRAP, tra l'altro, ha generato un contenzioso, ancora in essere, con la Corte di giustizia. Infatti, è stato palesemente contraddetto un principio fondamentale della tassazione, noto come ne bis in idem. Più volte, la Corte di giustizia europea ha richiamato l'Italia a rispettare questo principio basilare e più volte avete insistito nella promulgazione - lo fate ancora oggi - di una legge che si rivela contraddittoria e di difficilissima applicazione. Ciò genera un contenzioso tra il nostro paese e l'Unione europea e ha generato centinaia di migliaia di ricorsi tra i contribuenti e lo Stato. Quando si parla di evasione e quando si chiede ai cittadini e alle imprese di pagare imposte che sono davvero gravose e davvero inique, è chiaro che si compie un'azione pericolosa, non efficiente, un'azione che non può migliorare il rapporto tra contribuente e fisco.
Sotto il profilo politico, voi parlate di dialogo. Chiedete il dialogo, da una parte, e, dall'altra, continuate imperterriti ad attuare le vostre politiche. Chiedete il dialogo politico mentre, al Senato, avete già posto la questione di fiducia e lo farete a ripetizione nelle prossime settimane. Credo che i colleghi presenti in questa Assemblea già nella scorsa legislatura non abbiano dimenticato, in così poco tempo, quanti discorsi, quanti interventi sono stati svolti sostenendo che la posizione della questione di fiducia è un atto cui ricorrere solo come extrema ratio, in determinati casi, e non può diventare uno strumento ordinario di legislazione.
Puntualmente, anche in questo caso, state contraddicendo tutte le vostre affermazioni e tutta la politica che avete svolto nella scorsa legislatura. Da un lato, parlate di risparmio, chiedete e proclamate di voler risanare i conti dello Stato e, dall'altro, chiedete la fiducia - si badi bene - proprio sul provvedimento che mira alla duplicazione dei ministeri (e che è diretto, in ultima analisi, all'aumento dei posti di sottosegretario) e ad altra spartizione di potere, finalizzata solamente a questioni di carattere politico interno di una coalizione quanto mai frastagliata, frammentata e disunita.
Ciò non ha nulla a che vedere con l'azione di risanamento dei conti pubblici che più volte voi avete proclamato di voler percorrere. Per questo, da subito, noi ci opponiamo a questo provvedimento. Infatti, riteniamo che si possa parlare correttamente di lotta all'evasione solo se si pensa, si studiano, si promulgano provvedimenti che chiariscano il rapporto tra Stato e cittadini e che rendano più agevole il rapporto tra contribuente e fisco: non certo disposizioni che si pongano come obiettivo quello di complicare questo rapporto, quello di rendere non solo difficile la norma da cui parte l'imposta, ma contraddittoria, inutile, farraginosa e certamente generatrice di contenzioso persino la modalità di versamento dell'imposta stessa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, colleghi, è dal 1997 che sentiamo parlare di IRAP e ogni volta, onestamente, ho sempre presente l'immagine di Visco,Pag. 21vestito da vampiro, che viene a succhiare i soldi dei contribuenti. Direi che dal 1997 ad oggi, invece di andare avanti, voi che state ora al Governo pensate che i danni fatti nella legislatura quando ancora governavate siano da riproporre in modo identico.
Abbiamo un paese che sta aspettando una ripresa; l'aspetta con impazienza e si deve preparare, deve essere pronto ad «aggredire» questa ripresa. Invece di dare una ventata di fiducia alle nostre imprese produttive, ritorniamo alle «i-rapine»: rapine nelle tasche di chi lavora, di chi cerca di produrre, di chi cerca di guardare al futuro, di andare avanti, di investire, di assumere, in un momento nel quale questo paese è in grande difficoltà nel cercare di mantenere e sostenere le nostre aziende, preda anche di una concorrenza sleale. Infatti, per quanto si faccia finta e si chiudano gli occhi, purtroppo, si manifesta una sorta di politica governativa dello struzzo. Il settore manifatturiero per primo, oltre a quello tessile, è con l'acqua alla gola e noi non diamo risposte concrete su come possiamo ancora difendere chi ha voglia di rischiare. Infatti, non scordiamoci che in questo paese chi produce e sostiene l'intera economia sono quei milioni di «partite IVA» che tutte le mattine si alzano presto e cercano di lavorare col proprio dipendente per creare una squadra, una famiglia, investire sul futuro, e lo fanno spesso a dispetto anche della stessa politica e contro lo stesso Stato, perché ci credono e hanno fiducia.
Con queste ennesime tasse che vanno a toccare sempre in maniera addizionale le parti produttive, invece di dare una ventata di fiducia, ci ritroviamo ancora una volta a dare una bastonata nei denti a chi invece la fiducia vorrebbe averla (e ce l'ha, a dispetto dei politici). Avevamo criticato, dal 1997 ad oggi, l'introduzione dell'IRAP, ma non l'avevamo fatto solo noi, bensì anche la Comunità europea; poi ci sono state anche delle sentenze. Oltre all'IVA, andiamo ad applicare un'altra imposta, quando invece in questi anni, seppure a fatica, si era cercato di dare un segnale verso la sua riduzione graduale, arrivando - quando possibile - fino alla sua abolizione.
Questi sono i due concetti che abbiamo di fronte: da una parte, un'Europa sicuramente lontana dalla gente (ed è un altro problema delle nostre forze produttive, alle quali questo Governo, ancora una volta, tacendo non sta dando risposte), dall'altra, un paese che è preda, che soffoca, oggetto delle tecnocrazie e delle burocrazie europee, che ci impongono in molti settori, a cominciare da quello agricolo, le quote, l'applicazione delle stesse, le multe, le sanzioni, i vincoli. Questo è un paese che - io credo - oggi ha più bisogno che mai di andare, anche quando serve, a battere i pugni sul tavolo, in sede europea. Infatti, deve avere un principio sacrosanto: il lavoratore va difeso, ma va difeso insieme alla sua azienda e alla importantissima rete delle piccole e medie imprese.
Spesso ci dimentichiamo che questa tassa, l'IRAP, è sicuramente un passo in avanti nel dare a questo settore così importante l'ennesima bastonata.
Vorrei osservare che si è fatta anche confusione. Il tributo in questione riguarda anche le regioni, perché tale imposta è stata aumentata per ripianare, per l'ennesima volta, i «buchi» provocati, guarda caso, da sei regioni che amministrano amici e parenti di questo Governo: si tratta dell'ennesimo tampone!
Affermo ciò perché si è persa una grande occasione, al di là del fatto che vi sia chi è amareggiato e chi, invece, esulta per come si è concluso il referendum svolto domenica e lunedì scorsi. Forse qualcuno non ha ancora capito, infatti, che il referendum costituzionale celebrato domenica e lunedì era l'ennesima, grande occasione per poter dare fiducia a questo paese, procedere verso il cambiamento e dire ai cittadini ed alle classi produttive che non vi è più lo Stato lontano che non si cura di loro, ma che è possibile che lo Stato stesso incominci a cambiare.
Domenica e lunedì abbiamo chiesto ai cittadini di esprimersi per lanciare finalmente un segnale in tal senso, ma credo che la colpa del risultato sia da attribuirePag. 22all'eccesso di politica e ad una campagna elettorale troppo lunga. Si è parlato di tutto e di più, e forse non si è entrati nel reale merito della riforma proposta. O meglio, lo hanno fatto solo alcuni costituzionalisti di sinistra, anche se, purtroppo, forse è accaduto troppo tardi: mi riferisco a Fusaro e Panebianco. Tali uomini di centrosinistra, infatti, hanno affermato che chi avrebbe votato «no» a quella riforma o non l'aveva letta o era in malafede.
Credo che tutto ciò che è avvenuto negli ultimi mesi non abbia condotto solo alla bocciatura di un referendum proposto da una parte politica o dall'altra. È stata respinta, infatti, la possibilità di responsabilizzare quelle regioni che continuano a dilapidare, da sessant'anni, il patrimonio pubblico senza assumersi le loro responsabilità. Questo voleva dire procedere verso il federalismo, poiché l'attribuzione diretta di competenze alle regioni in materia sanitaria avrebbe aperto la strada anche al federalismo fiscale, responsabilizzando le regioni stesse.
Grazie al federalismo fiscale, infatti, una regione può anche decidere di spendere qualcosa in più, tuttavia deve fissarsi un limite temporale nel perseguire l'obiettivo di realizzare un sistema sanitario di qualità e di eccellenza: in tal senso, vorrei portare ad esempio il modello lombardo. A mio avviso, anche la Calabria deve puntare allo stesso obiettivo, senza continuare a spendere il triplo di quanto le è concesso per offrire, invece, servizi peggiori ai propri concittadini. Anche se dovesse impiegarci dieci anni, ogni anno dovrebbe puntare a realizzare, responsabilmente, un sistema di qualità volto ad offrire un valido modello sanitario alla propria gente.
In questo caso, invece, torniamo indietro, offrendo ancora una volta la possibilità, grazie all'aumento dell'1 per cento dell'aliquota IRAP, di coprire i soliti «buchi» senza responsabilizzare le regioni. In questo modo, allora, vengono legittimati i comportamenti di quei presidenti di regione che continueranno a non offrire servizi adeguati ed a spendere il doppio degli altri.
Vorrei osservare che i sistemi sanitari regionali di «serie A» e di «serie B» non li avrebbe creati quella riforma, perché sono la realtà attuale e voi, adottando questo ennesimo provvedimento, ve ne assumete interamente la responsabilità.
Credo che Visco - lo ricordo bene perché, come un vampiro, venne a farsi eleggere nel mio collegio a Reggio Emilia, ma da allora non lo abbiamo più rivisto - abbia grandi responsabilità rispetto all'IRAP. Allo stesso modo, credo che voi, che state riproponendo in maniera anche peggiorativa tale imposta, abbiate una responsabilità doppia. Dovrete andare a spiegarlo a quegli artigiani, a quelle piccole e medie imprese ed a quella gente che ancora sogna di poter lavorare a casa propria: forse non riusciranno più a farlo, perché un Governo di centrosinistra, che aveva raccontato di essere un «fenomeno», tanto partì male che fenomeno non era!
Quando parlo di questi argomenti, mi tornano in mente le parole di un politico inglese, il quale aveva affermato, a grandi linee, che chi non è di sinistra fino a trent'anni magari non ha cuore, ma chi lo è ancora dopo tale età magari non ha testa. Volevo parafrasarlo e concludere il mio intervento dicendo che, magari, chi vi ha creduto fino al giorno delle elezioni con il cuore pensava che voi foste dei fenomeni, ma chi continua a crederci ancora dopo le elezioni magari non ha testa. Credo, infatti, che domani mattina chi comincia a ragionare il voto non ve lo darebbe più (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Miccichè, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Casero. Ne ha facoltà.

LUIGI CASERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pur riconoscendo la capacità dei due sottosegretari, l'onorevolePag. 23Lettieri e l'onorevole Grandi - che rivedo solo adesso ai banchi del Governo -, che hanno seguito il provvedimento in Commissione, ci dichiariamo un po' delusi per l'assenza in aula, dove si sta esaminando un provvedimento che consideriamo importante per la politica fiscale di questo Governo, del ministro Padoa Schioppa e del viceministro Visco, colui che, negli anni Novanta, ha inventato questa tassa e l'ha sempre difesa. Forse, oggi, sarebbe dovuto venire in quest'aula sia per difendere questa tassa sia per parlare della politica fiscale di questo Governo.
A due mesi dalle elezioni, non riusciamo a comprendere quale sarà la vera politica fiscale del Governo. I giornali parlano di tagli alla spesa e di incrementi delle entrate. Non riusciamo a capire come il Governo attuerà questi incrementi delle entrate e quali tasse aumenterà per incrementare queste ultime; siamo molto interessati a ciò, ma lo sono anche i contribuenti italiani, che, come sapete, a fronte di ciò, dovranno pagare nuove tasse.
Il ministro dell'economia e delle finanze, nel corso di un'audizione presso la Commissione bilancio, ha parlato di un'azione legata al risanamento, alla crescita e all'equità. Da economista, riconosco la difficoltà nell'unire il risanamento e la crescita: spesso vanno in contraddizione. Unire l'equità a queste due azioni sembra impossibile. A questo punto, abbiamo paura che, a fronte di queste idee che hanno un grande fascino, si attuino azioni di politica di bilancio, e specialmente di politica fiscale, molto pericolose per il paese e per i contribuenti.
Ma, tornando al provvedimento in esame, credo sarebbe stata utile la presenza del viceministro Visco. Infatti, a fronte di un provvedimento che interviene nelle more di una sentenza della Corte di giustizia europea, che contesta l'IRAP come tassa ed una serie di effetti che l'IRAP determina nelle tasche dei contribuenti, sarebbe stato utile capire come il Governo intenda rispondere a queste contestazioni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,35)

LUIGI CASERO. Il Governo, invece, presenta un provvedimento che va a colpire i contribuenti, togliendo agli stessi una possibilità che la legge aveva previsto per i contribuenti in difficoltà finanziarie e che, per una serie di ragioni, erano costretti a rinviare il pagamento dell'IRAP. Si eliminano le agevolazioni sulle sanzioni, penalizzando questi contribuenti come se decidessero in modo scientifico di evadere l'imposta. Quindi, si interviene in modo difforme sul rapporto Governo-contribuenti, creando sicuramente un precedente non bello per questo rapporto.
Sarebbe stato utile conoscere la posizione del Governo a proposito della necessità di intervenire sul problema del costo del lavoro e dell'IRAP. Come sapete, l'IRAP tassa gli utili, tassa gli oneri finanziari, ma soprattutto il costo del lavoro. Per questo motivo, l'IRAP è sempre stata considerata un'imposta iniqua e non degna di un paese moderno. Si tratta di un'imposta nata negli anni Novanta, quando forse esisteva la necessità di favorire le imprese capital-intensive, le imprese con tanto capitale e con poco costo del lavoro.
La globalizzazione internazionale ha portato a far sì che questi schemi economici, su cui spesso la politica industriale veniva scritta ed indirizzata, saltassero. In un mondo economico come quello attuale, ci sono aziende labor-intensive, che producono prodotti di alta specializzazione e che pertanto devono essere premiate e sviluppate. Gli schemi degli anni Novanta sono superati, passati.
In questo deve essere modificato un provvedimento che è stato contestato da tutto il paese, specialmente dalla Commissione europea, fin dalla sua genesi.
Pertanto, ritenevamo che, nelle more della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, si sarebbe potuto almeno aprire il dibattito su questo provvedimento, se non addirittura intervenire con una modifica dello stesso (ma sappiamoPag. 24che è difficile andare a coprire le sue entrate), per valutare come togliere la componente del costo del lavoro.
Vedete, un Governo che in campagna elettorale ha promesso una pesante riduzione del cuneo fiscale - quindi, un intervento sulla componente contributiva del costo del lavoro - non può pensare di sfuggire a questo dibattito, non può pensare di eludere un tema che invece è in discussione in Europa e nel paese.
Forse, avremmo ritenuto più utile un'azione un po' più morbida sul cuneo fiscale. Riteniamo che la riduzione di cinque punti di cuneo fiscale sia inapplicabile nei primi 100 giorni, e penso che ormai tutti ce ne stiano dando dimostrazione; lo stesso Governo ormai sta parlando di far rientrare la riduzione del cuneo fiscale nella legge finanziaria. Ma anche in finanziaria è molto difficile operare su questi cinque punti, senza intervenire anche con un provvedimento di incremento dei prelievi.
Riteniamo che questo provvedimento sia da contestare e da combattere. Se proprio si doveva intervenire sul costo del lavoro in questa sede, si poteva modulare tra l'intervento sul cuneo fiscale e la riduzione della componente del costo del lavoro nella tassazione IRAP. In tal modo, si sarebbe potuto venire incontro a questa possibile sentenza della Corte di giustizia e a tutta una serie di aspettative ed interessi di una parte importante e rilevante del paese, come quella dei professionisti e dei piccoli artigiani, che chiedono al paese un intervento in questo campo. Quindi, in questa sede contestiamo il provvedimento nel suo complesso, che riteniamo sia da bocciare, perché, come dicevo, altera in modo pesante il rapporto tra contribuenti e fisco.
È necessario stabilire delle regole ben precise in termini di rapporto tra contribuenti e fisco, è necessario far sì che queste regole siano migliorative di tale rapporto e non peggiorative. Questo Governo è invece partito con il piede sbagliato, peggiorando tali rapporti. Non vorrei che da domani - ma ne siamo quasi certi - questi rapporti, oltre che dal punto di vista del metodo, come in questo caso, venissero peggiorati anche dal punto di vista della sostanza, con un incremento di nuove tasse.
Pensiamo che questo Governo debba applicare una serie di norme contenute nella vecchia legge finanziaria, come quelle relative alle regioni che hanno «sforato» la spesa sanitaria, per far sì che tali norme, che sono a salvaguardia del bilancio, possano innanzitutto dimostrare quali regioni abbiano operato bene e quali male, in modo che si possa anche intervenire con provvedimenti di salvaguardia in queste regioni, senza uscire da quanto stabilito dalle norme inserite nella legge finanziaria per il 2006. Riteniamo che questo Governo non debba «pasticciare» nel rapporto con le regioni che «sforano» nel deficit finanziario, ma debba applicare quanto inserito nella legge finanziaria per il 2006.
Per concludere, Presidente, il gruppo di Forza Italia voterà contro il provvedimento in esame (poi l'onorevole Alfano lo espliciterà in sede di dichiarazione di voto). Comprendiamo che ci possano essere delle ragioni di bilancio, però non capiamo perché queste ragioni di bilancio, come sempre, non debbano essere risolte all'interno della visione e della definizione della spesa pubblica del paese, ma debbano essere scaricate sempre sul contribuente e sul cittadino.
Questa strada non ci piace, come non ci piace il fatto di non potere in questa sede discutere, parlare di IRAP e di quello che volete fare sull'IRAP in futuro.
Sappiamo tutti che, difficilmente, la sentenza della Corte di giustizia europea salverà la norma, e quindi nei prossimi mesi dovrete affrontare i temi che stiamo mettendo sul tavolo. Spero che potranno essere affrontati dal ministro Visco in modo dialettico, intelligente, così da intervenire sulla norma salvaguardando principi solitamente presenti nella tradizione fiscale del paese e stravolti con l'introduzione dell'IRAP (che, come ho detto, ha colpito il costo del lavoro e le imprese che assumono e fanno lavorare) e tornandoPag. 25così a considerare una tassazione sugli utili, vero principio con cui intervenire negli strumenti di politica fiscale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, colleghi parlamentari, sull'articolo 1 del provvedimento in esame già altri hanno parlato, meglio di quanto avrei potuto fare io. Vorrei rifarmi all'intervento dell'onorevole Leo che, in riferimento alle politiche fiscali, è sempre un maestro e che ha ricordato come alcune aspettative, che peraltro erano state richiamate nei cinque anni precedenti, oggi vengono disattese con l'articolo in esame.
Mi rifaccio anche, per quanto riguarda l'IRAP, su cui si concentra appunto l'articolo 1, a quanto ha testé dichiarato a conclusione del suo bellissimo intervento, il collega Casero, ricordando le contraddizioni di una maggioranza che promette l'abbattimento del costo del lavoro e di fatto, invece, permane su errori di fondo. Ha ragione l'onorevole Casero quando chiede dove sia il ministro Visco, «padre» dell'IRAP, che forse si vergogna di venire in Assemblea per rispondere delle malefatte compiute a suo tempo che, oggi, vengono pagate pesantemente dalle imprese, soprattutto da quelle che danno occupazione ed hanno difficoltà rispetto alla globalizzazione ed ai costi del lavoro sempre più pesanti, al di là delle dichiarazioni, delle promesse, delle lusinghe del Governo attuale.
Non intendo soffermarmi sull'IRAP. Tutto è già stato detto; le contraddizioni sono presenti nell'articolo 1, come le penalizzazioni nei confronti di chi, volendo utilizzare il cosiddetto ravvedimento operoso, si trova impossibilitato a farlo in quanto le sanzioni sarebbero micidiali. Moltissime imprese saranno, quindi, in seria difficoltà, imprese che non volevano evadere (come dice oggi il capo dell'esecutivo, Prodi, quando parla di più rigore per tutti), ma che si trovano in difficoltà ed avrebbero potuto rinviare il pagamento utilizzando i termini e le agevolazioni giustamente previsti.
Vorrei intervenire, invece, in merito all'articolo 2, relativo ai canoni demaniali marittimi, con cui si differisce al 30 settembre 2006 il termine per l'adeguamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime. Una prima domanda pongo a me stesso ed ai colleghi dell'Assemblea: quando, in occasione dell'ultima seduta della passata legislatura, presentai, ed il Comitato dei nove approvò, un emendamento che, in maniera simile a quanto stabilito nell'articolo 2, differiva il termine al 30 settembre 2006, lo stesso fu respinto perché qualcuno sostenne che mancava la copertura finanziaria. Oggi, non trovo riferimenti alla copertura di spesa: se vi era la necessità di tale copertura, allora, questa necessità permane anche oggi; se non vi era allora, avevo ragione io quando sostenevo che bisognava concedere la proroga al 30 settembre.
Proposi la proroga del termine al 30 settembre già quattro mesi fa, per consentire - in base all'articolo 21 del decreto-legge n. 269 del 2003, che attribuiva 60 giorni di tempo alle regioni e alle amministrazioni dello Stato per determinare i canoni - di fare chiarezza rispetto a tale normativa. Allora avevamo quattro mesi in più!
Sono favorevole al termine del 30 settembre, come del resto lo ero quattro mesi fa, tuttavia preciso che si tratta di un termine che non saremo in grado di rispettare, probabilmente - come qualcuno sostiene - mancando alla guida del dicastero persone capaci come quelle del precedente Governo. A tal proposito, intendo ricordare l'opera del nostro sottosegretario Gianfranco Conte, che riuscì a mettere d'accordo tutte le componenti. Infatti, proprio con riferimento al citato articolo 21, la commissione preposta per la rideterminazione formulò delle proposte, mettendo attorno ad un tavolo i grandi e i piccoli concessionari, le regioni, le capitanerie di porto, le agenzie delle entrate, svolgendo un grande lavoro che, peraltro, è stato consegnato a questo Governo, che tuttavia non fa altro che differire senza adottare determinate decisioni. Probabilmente, sarebbe stato più opportuno che,Pag. 26all'articolo 2, fosse precisato il lavoro svolto, individuando la direzione da seguire. Ad esempio, precisando che da parte delle regioni non vi è stata la piena individuazione delle tre categorie A, B e C, che oggi sono praticamente inesistenti, in quanto tutto il territorio nazionale è di categoria C.
Certo, anche noi abbiamo avuto responsabilità e colpe, tuttavia ogni volta che si parlava di canoni demaniali, a vostro avviso, si trattava di provvedimenti sbagliati, ritenendo che non fosse giusto caricare l'impresa principale del nostro paese, l'impresa turistica, di una tassazione così elevata.
Cosa dite rispetto alle promesse che avete fatto prima delle elezioni? Oggi proponete un rinvio, senza essere in grado di esaminare il lavoro già svolto.
Il ministro Tremonti aveva richiamato l'attenzione del Parlamento sul decreto-legge n. 269 del 2003, che faceva anche riferimento ad una sentenza della Corte dei conti, secondo la quale la competenza della determinazione e dell'acquisizione del canone spetta allo Stato. Pertanto, se è vero che il ministro Tremonti, per rispondere a tale esigenza, aveva predisposto quel decreto, occorre anche precisare che non è stata mai inserita in bilancio la voce corrispondente come entrata, evitando di creare un danno agli operatori.
Dal 2004 in poi, abbiamo ribadito la necessità di risolvere tale problema, colpendo i furbi che avevano approfittato di uno Stato a volte farraginoso nelle sue determinazioni e nei suoi controlli. Infatti, in quella commissione presieduta dal sottosegretario Gianfranco Conte, emerse, ad esempio, che per quanto riguardava il Veneto - la regione modello da questo punto di vista, altro che evasori! - gli operatori avevano sempre pagato. Dunque, se la determinazione dei canoni demaniali fosse stata svolta sulla base di una ripartizione che avesse tenuto conto dei metri quadri, della redditività e di quant'altro, in Veneto sarebbe stato sufficiente prevedere un aumento dell'8 per cento - e non del 300 per cento - per rientrare nella media nazionale.
Ciò significa che qualcuno nel nostro paese ha fatto il furbo, che non ha pagato, che vi era una forma di evasione. Quella commissione aveva previsto, proprio per garantire un gettito di 140 milioni di euro, una nuova rivalutazione dei canoni - certo inferiore - non basata solamente sulla superficie, ma che tenesse conto di parametri diversi, come la redditività, l'ubicazione, la redditività dell'intera zona e quant'altro. In tale commissione si era giunti anche alla determinazione che, forse, si potevano recuperare con immissioni grandi superfici che nel nostro paese non erano dichiarate, ma utilizzate a fini turistici.
Allora, la domanda che ci poniamo è la seguente: pensate di essere in grado, entro il 30 settembre, di risolvere questo problema? Perché non avete approvato il nostro emendamento che spostava questo termine al 15 dicembre? Perché non avete accettato la nostra impostazione, secondo la quale non si possono mettere a bilancio queste somme? Infatti, se non saremo in grado di determinare sulla base di quei parametri i nuovi canoni, i nostri operatori, questa volta, sarebbero chiamati a corrispondere un aumento del 300 per cento.
Colleghi parlamentari, ricordo che il precedente Governo non ha applicato l'aumento del 300 per cento. Ha affermato che occorreva rideterminare i canoni, ha istituito una commissione che non ha prodotto il risultato previsto. Da parte del Governo precedente vi è stato solo un richiamo: l'aumento dei canoni nel 2003, nel 2004 e nel 2005 non è stato applicato, non è dovuto e non sarà pagato dagli operatori. Ma l'aumento del 2006 - se questo provvedimento verrà approvato - sarà corrisposto! Allora, questa è la contraddizione e qui sfidiamo il Governo. Quest'ultimo, quando è opposizione, promette tutto a tutti; quando, invece, è Governo, toglie tutto a tutti e crea difficoltà per i nostri operatori, anche rispetto alla programmazione.
Rispetto a questo provvedimento, vogliamo avere la certezza che il termine venga spostato al 15 dicembre. L'aumentoPag. 27dell'imposta del 300 per cento non può e non deve essere applicato in maniera uniforme in tutto il territorio, penalizzando chi ha compiuto il proprio dovere e favorendo, ancora una volta, chi ha fatto il furbo. Infatti, il 300 per cento di zero rimane sempre zero; invece, aumentare i canoni del 300 per cento nei confronti di chi paga centinaia di milioni di vecchie lire significa mettere queste aziende in difficoltà, estromettendole dal mercato, con le relative difficoltà per i livelli occupazionali e quant'altro.
Mi avvio alla conclusione. Credo sia importante che oggi il Parlamento - che su tale questione ha trovato sempre un'unitarietà di intenti per non penalizzare la prima industria turistica del nostro paese - debba convenire, con voto unanime, che la data del 30 settembre è troppo ravvicinata e spostarla al 15 dicembre. Il Parlamento deve pretendere dal Governo un'assunzione di responsabilità, riproporre in Commissione il dibattito e le sue conclusioni per determinare, ai sensi del decreto-legge, quanto previsto dall'articolo 21, ovvero per rideterminare i canoni annui delle concessioni con finalità turistico-ricreative delle aree demaniali e delle loro pertinenze, tenendo conto dell'effettiva redditività e della capacità di attrazione della zona, della superficie e di quant'altro possa essere utile ad una tassazione equa e sostenibile.
Concludo, ringraziando il precedente Governo, che ha avuto la capacità di porre l'attenzione del paese sulla risorsa dei canoni demaniali, che oggi è di competenza dello Stato, e sul fatto che si può e si deve andare verso una corresponsabilizzazione da parte delle regioni. A queste ultime oggi spetta la funzione relativa al rilascio delle concessioni, ma non hanno la capacità di riscuotere i canoni, perché la competenza è statale.
Noi siamo dell'avviso che questa competenza debba essere attribuita alle regioni, senza quella parte di demagogia che, in qualche modo, ha pervaso il dibattito della sinistra.
Mi auguro, signor Presidente, che almeno il nostro emendamento che proroga al 15 dicembre questo termine possa essere accolto. Lo diciamo non tanto per un nostro «sfizio», ma per aiutare l'attuale Governo, che forse è incapace di leggere anche le carte - almeno lo è stato finora -, tant'è che l'articolo 2 non fa assolutamente riferimento a tutti i lavori pregressi.
Il nostro emendamento non ha carattere ostruzionistico. Oggi siamo in presenza dei primi voti di fiducia al Senato rispetto ad un ipotetico atteggiamento ostruzionistico, che tale non mi sembra, visto che tutti i nostri emendamenti sono stati ritirati.
Rimaniamo dell'avviso che questo emendamento costituisca un aiuto al Governo per mantenere gli impegni che esso ha assunto con gli operatori turistici. Per troppo tempo abbiamo sentito la vostra voce reclamare un atto di giustizia. Oggi siete al Governo e dovete avere il coraggio di compiere un atto di giustizia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare e prima di dare la parola al relatore per l'espressione del parere della Commissione, avverto che il deputato Leo ha ritirato l'emendamento 1.10 e il subemendamento 0.1.50.2, che pertanto non saranno posti in votazione.
Avverto che, subito dopo l'intervento del relatore, passeremo ai voti. Colleghi, ognuno di voi è invitato a prendere posto, trattandosi oggi della prima votazione con assegnazione dei posti. Occorre verificare, pertanto, la corrispondenza tra i posti assegnati e le tessere e predisporsi per la votazione.
Invito pertanto il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

LAURA FINCATO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo innanzitutto sul complesso delle proposte emendative, per poi esprimere il parere su ognuna di esse, ringraziando tutti i colleghi che sono intervenuti e, soprattutto, quanti hanno lavorato in Commissione per rispondere a tutti gli interrogativi e dirimere le questioni di ordine politico che si sono intrecciate all'esame di questo provvedimento.Pag. 28
Non sfugge a nessuno, tanto meno al relatore, che è stata un'occasione, probabilmente la prima per questioni di tempo, in cui il tema dell'IRAP e, in generale, delle finanze e delle risorse è stato posto e, ovviamente, vi sono stati accenti critici da parte di chi oggi svolge in questo Parlamento una funzione diversa da quella svolta nella passata legislatura.
Vorrei ricapitolare i principi di fondo, perché questo provvedimento parte dalla mancata adozione da parte di alcune regioni dei provvedimenti necessari per il ripiano dei disavanzi di gestione. Ciò ha portato ad una procedura automatica di modifica delle aliquote IRAP, prevista, peraltro, dalla legge finanziaria presentata dal centrodestra. Tale meccanismo ha creato delle situazioni difficili in sede di concreta applicazione. Ecco perché gli emendamenti che sono stati proposti dalla Commissione e dal relatore, che racchiudono anche il parere sui singoli emendamenti presentati che a breve andrò ad esprimere, intendono superare questa situazione.
L'obiettivo posto dall'articolo 1, infatti, è quello di superare il ritardato pagamento dell'acconto IRAP e di evitare il ravvedimento operoso. In alcuni degli emendamenti presentati dai colleghi questi concetti sono ripetuti.
In modo particolare, la Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Gioacchino Alfano 0.1.50.1, Galletti 0.1.50.3 e Filippi 0.1.50.4.
L'emendamento 1.50 della Commissione, come precedentemente illustrato, va a correggere le situazioni di scarsa chiarezza e di scarsa conoscenza ed è legato, pertanto, ad un necessario intervento: la Commissione ne raccomanda pertanto l'approvazione.
La Commissione esprime, inoltre, parere contrario sull'emendamento Gioacchino Alfano 1.1, parere favorevole sull'emendamento Bonelli 2.11, che riguarda le associazioni dei consumatori, e parere contrario sull'emendamento Gioacchino Alfano 2.2, testé illustrato dall'onorevole Campa. Con tale emendamento si chiede di sostituire la data del 30 settembre 2006 con quella del 15 dicembre 2006, mentre la Commissione (ed anche l'onorevole Buontempo) ha fornito come indicazione di ultima data utile il 31 ottobre 2006. Pertanto, la Commissione esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Buontempo 2.12 e 2.50 della Commissione.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore, tranne che sull'emendamento Bonelli 2.11, sul quale il Governo si rimette all' Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Gioacchino Alfano 0.1.50.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 441
Maggioranza 221
Hanno votato
195
Hanno votato
no 246).

Prendo atto che gli onorevoli Del Bue e Forlani non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto favorevole; prendo atto altresì che gli onorevoli Lionello Cosentino, Codurelli e Iacomino non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto contrario. Prendo atto, infine, che gli onorevoli Bodega, Bafile e Mura non sono riusciti a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Galletti 0.1.50.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

Pag. 29

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, intervengo per illustrare il subemendamento da me presentato. Con il provvedimento in esame, si verifica una situazione anomala per quanto riguarda quelle categorie di imprese e di cooperative che le regioni, con le proprie facoltà, hanno voluto aiutare in sede di determinazione delle aliquote IRAP. Infatti, la legge istitutiva dell'IRAP dà la possibilità alle regioni di ridurre l'aliquota ordinaria del 4,25 per cento in presenza di contribuenti che, per il loro valore sociale, abbiano una rilevanza sul territorio. È chiaro che molte regioni, comprese le cinque che si vedranno aumentato l'IRAP di un punto per il disavanzo sanitario, hanno optato per la riduzione dell'aliquota IRAP, in particolare per le cooperative sociali, per le ONLUS e per le aziende in crisi, riducendola dall'aliquota ordinaria del 4,25 per cento all'aliquota agevolata del 3,25 per cento. Solo la regione Sicilia ha addirittura disposto per alcune categorie, comprese quelle prima citate, l'esenzione totale dall'IRAP. Facendo ciò, la regione ha voluto tenere ben presente la funzione sociale che, in particolare, le ONLUS e le cooperative sociali svolgono sul territorio. Ricordo ai colleghi che si tratta di quelle associazioni e cooperative che nei nostri comuni svolgono, ad esempio, attività di assistenza domiciliare agli anziani, che hanno le convenzioni per gli asili nido. Quindi, non vi è dubbio che abbiano un'importanza fondamentale per quella rete di assistenza sociale diffusa sui territori dei comuni, in particolare dei piccoli comuni. Da qui è nata la necessità delle regioni di riconoscere un beneficio in termini di aliquota a tali associazioni e società cooperative.
Così com'è formulato oggi, il provvedimento determina una situazione anomala: le categorie esentate, ad esempio le ONLUS o le cooperative sociali siciliane, vedranno confermata la loro esenzione. Non saranno soggette alla maggiorazione dell'aliquota di un punto percentuale prevista per le regioni in disavanzo sanitario. Invece, alle cooperative sociali e alle ONLUS, che, operando nelle altre quattro regioni indicate, hanno ottenuto, da parte di giunte e assemblee regionali, il beneficio ridotto del tasso di imposta del 3,25 per cento, si applicherà l'aliquota del 4,25, sicché non verranno esonerate dall'aumento dell'IRAP. Ciò, a mio avviso, anzitutto costituisce una discriminazione a favore delle ONLUS, delle cooperative sociali e delle aziende in crisi operanti nel territorio siciliano - le quali, giustamente, hanno già ottenuto dalla propria regione un riconoscimento forte rispetto alle altre quattro, beneficiarie di un riconoscimento solo parziale -; ma, soprattutto, rappresenta davvero un dato in controtendenza rispetto ai dibattiti che abbiamo svolto in questi mesi e in questi anni sugli aiuti a tali organizzazioni, penalizzando oggi quelle ONLUS e quelle cooperative sociali che svolgono - lo ribadisco - servizi essenziali sui nostri territori. Vi assicuro che, per mestiere, conosco i bilanci delle ONLUS e delle cooperative sociali: stiamo parlando di un aggravio, in termini di imposte, forte. Ad esempio, le cooperative sociali che svolgono assistenza domiciliare sul territorio hanno un bilancio condizionato dal ricorso molto consistente alla forza lavoro; esse, infatti, inviano delle badanti a prestare la loro opera a casa degli anziani. Ebbene, su tali cooperative sociali e ONLUS, anche se non hanno un utile di impresa, incide comunque in maniera forte l'IRAP, in quanto tale imposta colpisce prevalentemente la forza lavoro, non il reddito di impresa.
La proposta emendativa in questione non fa altro che estendere il beneficio di cui godevano quelle già esentate - quindi, le ONLUS e le cooperative sociali siciliane - a tutte le cooperative sociali e le ONLUS che operano negli altri settori. Votare contro vuol dire anche penalizzarle molto; perciò, mi attendo un voto favorevole dall'Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tolotti. Ne ha facoltà.

Pag. 30

FRANCESCO TOLOTTI. Signor Presidente, abbiamo discusso in Commissione di tale proposta emendativa e riconosciamo che ha un fondamento nella necessità di non discriminare le cooperative sociali e le ONLUS. In realtà, però, la radice della discriminazione risiede nel fatto che si possano prevedere regimi diversi: l'esenzione o la riduzione. La ratio che può portare all'esenzione di determinati soggetti dalla contribuzione IRAP rimane ovviamente immodificata rispetto ad un provvedimento che prevede maggiorazioni di aliquota: dobbiamo dunque chiederci se il provvedimento in questione penalizza realmente le cooperative e le ONLUS. Ebbene, dobbiamo altresì concludere, a mio avviso, che così non accade perché la riduzione loro garantita rimane della stessa entità, dal momento che l'aliquota ordinaria si eleva di un punto. Quindi, riteniamo che per tale motivo la proposta emendativa in esame non possa essere approvata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, il collega Tolotti fa un ragionamento che mi sembra molto strano; dichiara che non dobbiamo approvare questa proposta emendativa perché l'esenzione o la riduzione, per quanto riguarda le cooperative sociali, sarebbero già presenti. Ma il testo della proposta emendativa è invece teso proprio a dare una garanzia alle cooperative sociali.
Ricordo quanto abbiamo bene operato per il passato rispetto a queste benemerite organizzazioni del terzo settore, le cui difficoltà sono sotto gli occhi di tutti. Proprio rispetto all'IRAP, la difficoltà di tali enti risiede nella circostanza che si tratta di organizzazioni che si basano prevalentemente sulla forza lavoro, elemento che l'imposta colpisce particolarmente - tralascio al riguardo la promessa di riduzione di cinque punti percentuali del famoso cuneo fiscale, di cui non sappiamo più assolutamente nulla -; oltre al costo del lavoro, l'imposta colpisce poi proprio le esposizioni e l'indebitamento.
Quindi, ritengo che la proposta emendativa presentata rappresenti, per così dire, una boccata di ossigeno nei confronti delle cooperative sociali. Peraltro, il Parlamento, che sempre, in ogni circostanza, le riconosce come organizzazioni benemerite, dovrebbe anche dare ad esse, al di là delle parole, un riconoscimento sostanziale.
Sono dell'avviso, allora, che occorra fermarsi un attimo per chiarire questo aspetto e consentire alle cooperative sociali di tipo B, quelle che sono prevalentemente cooperative che utilizzano forza lavoro, di avere questa forma, non di agevolazione, ma di strumento che gli consente di rimanere nel mercato, riducendo peraltro la spesa pubblica, perché se le stesse funzioni fossero esercitate direttamente dallo Stato costerebbero, come tutti sappiamo, dieci volte di più.
Onorevole Tolotti, varrebbe veramente la pena accogliere con grande generosità quanto molto modestamente è contenuto nel subemendamento presentato dai colleghi nella direzione di fornire un aiuto sostanziale alle cooperative sociali.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Galletti 0.1.50.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 486
Votanti 483
Astenuti 3
Maggioranza 242
Hanno votato
216
Hanno votato
no 267).

Prendo atto che gli onorevoli Compagnon, Pini, Bodega, Bafile, Buontempo ePag. 31Forlani non sono riusciti ad esprimere il proprio voto. Prendo atto altresì che l'onorevole Airaghi non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Passiamo alla votazione del subemendamento Filippi 0.1.50.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Intervengo per fare chiarezza su questo subemendamento, che a mio modo di vedere è stato poco considerato, e in parte irriso, in Commissione, con la supponenza tipica di chi appartiene al centrosinistra.
Ritengo che questo subemendamento porti equità tra i contribuenti; siamo di fronte ad una maggiorazione dell'1 per cento dell'IRAP applicata alle regioni che non hanno i conti in regola nella sanità. I pasticci del Governo delle settimane scorse, causati dalla scarsa chiarezza nei confronti dei contribuenti su come e su quanto avrebbero dovuto pagare, hanno portato il Governo a stabilire che per le regioni interessate si può pagare entro il 20 luglio senza la maggiorazione ordinaria dello 0,4 per cento. Il Governo, quindi, sana l'imposta e prevede che si possa applicare su tutta l'aliquota, sia sul 4,25 per cento, sia sull'1 per cento di maggiorazione. A nostro avviso, si tratta di un provvedimento iniquo nei riguardi dei contribuenti delle altre regioni, che hanno pagato il 4,25 per cento a giugno e che pagheranno lo 0,4 per cento al 20 luglio, perché il Governo dà la possibilità di pagare il 4,25 per cento più l'1 per cento senza la maggiorazione dello 0.4 per cento su tutta l'imposta.
Poiché è stato il Governo a creare questo pasticcio, a nostro avviso, esso deve assumersi in parte la responsabilità di ciò che ha fatto e, quindi, lo 0,4 per cento va, sì, applicato alle regioni che hanno sforato il deficit sanitario, ma sul 4,25 per cento, perché comunque al 20 giugno l'imposta si doveva pagare e chi non lo ha fatto può averlo fatto per furbizia, mentre va sanato sull'1 per cento in più. In questo modo, si creerebbe una situazione di equità nei confronti di tutti i contribuenti, anche di quelli delle regioni che hanno i conti a posto; e non mi riferisco soltanto alle regioni «padane», perché questo subemendamento non è «padano», ma riguarda anche la Calabria, la Basilicata, la Sardegna e tutte le regioni in regola con i propri conti sanitari.
Questa decisione può essere semplicemente tecnica. Secondo il Governo, si tratta di pochi euro, ma il problema non è questo; il problema è quello dell'equità: se applicare lo stesso metro con tutti oppure se effettuare delle discriminazioni tra i contribuenti che hanno pagato, giustamente, entro il 20 giugno e quelli che, facendo i furbi, hanno atteso il 20 luglio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tolotti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TOLOTTI. In realtà, noi ci troviamo di fronte ad un subemendamento che va in controtendenza con tutte le osservazioni che il centrodestra ha avanzato nei confronti di questo provvedimento.
Noi non riteniamo che vi sia discriminazione tra i contribuenti delle regioni che non hanno sforato il tetto e quelli delle regioni che, invece, si trovano in tale situazione: i contribuenti delle regioni che non hanno rispettato gli equilibri, i tetti di spesa sanitaria, erano in una situazione oggettiva di difficoltà anche il 20 giugno, perché il quadro non era definito. Peraltro, non si tratta del frutto della confusione di questo Governo, ma del riflesso automatico di una decisione assunta in occasione dell'approvazione dell'ultima legge finanziaria del Governo Berlusconi.
Di fronte ad una situazione che avrebbe determinato un'inutile complicazione per i contribuenti delle regioni interessate, sembra ragionevole che l'abolizione della maggiorazione dello 0,40 per cento non sia diversificata, in quota parte, relativamente alle somme che dovrebbero essere versate dopo il periodo 2005. Pertanto, riteniamo che il subemendamento in esame debba essere respinto: di fatto,Pag. 32esso introduce un'inutile complicazione in una situazione che è già abbastanza complessa per i contribuenti delle regioni interessate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, l'onorevole Tolotti liquida le nostre proposte - in questo caso, il subemendamento presentato dagli onorevoli Filippi e Fugatti - giudicandole sempre irrilevanti.

FRANCESCO TOLOTTI. Non è irrilevante!

CESARE CAMPA. In presenza di un atto sostanzialmente iniquo - è discriminatorio, infatti, considerare i cittadini come di serie A o di serie B indipendentemente dall'ammontare che viene in considerazione in relazione al concreto provvedimento -, credo, invece, che dovremmo garantire un trattamento uguale a tutti i cittadini.
Il contenuto del subemendamento in esame non è affatto in controtendenza rispetto alle altre proposte emendative presentate dalla Casa delle libertà. Noi vogliamo che si faccia un discorso di equità: tutti dobbiamo essere trattati nella stessa maniera. Peraltro, la Casa delle libertà afferma che chi ha fatto il proprio dovere ed ha versato l'acconto, non può essere penalizzato nel caso in cui le regioni che non hanno garantito l'equilibrio dei conti fossero costrette ad introdurre, successivamente, una maggiorazione dell'imposta. Coloro che hanno pagato non possono essere chiamati a pagare differenze. Ma le due cose sono completamente diverse: in questa sede, stiamo evitando l'applicazione di sanzioni nei confronti di chi ha omesso di effettuare i versamenti.
Quindi, mi permetto di replicare all'onorevole Tolotti che le due cose non sono in contraddizione e che il Governo farebbe bene ad accogliere la proposta emendativa. Poiché avete sbandierato per cinque anni che tutti siamo cittadini uguali con pari diritti e pari doveri, cominciate a dimostrare dalle piccole cose (per arrivare, poi, alle grandi) che i vostri discorsi non erano soltanto fumosi, persecutori contro qualcuno e strumentali, ma erano basati su sentimenti diffusi.
Pertanto, sarei - anzi, sono - per l'approvazione del subemendamento Filippi 0.1.50.4, il cui contenuto non è affatto in contrasto con altre proposte emendative presentate dalla Casa delle libertà: alla base di tutte le nostre proposte - lo ripeto - vi è l'idea che i contribuenti che hanno già pagato non possano essere chiamati a pagare una seconda volta!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, l'onorevole Tolotti, che stimo, ha fatto un'affermazione non convincente. Egli dice che la confusione determinatasi dipende dal contenuto della legge finanziaria per il 2006 (essa sarebbe ascrivibile, quindi, al precedente Governo).
Ma andiamo a verificare cosa stabilisce la legge finanziaria per il 2006. Essa prescrive che, qualora si verifichi uno sforamento della spesa sanitaria, il governatore diventa commissario ad acta e deve adottare i conseguenti provvedimenti entro una certa data. Entro il 31 maggio, indipendentemente da quanto abbia fatto il governatore di ogni regione, scattano automaticamente, per il 2006, l'aumento dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF.
Quindi, indipendentemente da qualsiasi comportamento del governatore, scatta automaticamente la maggiorazione. Come si è venuta a determinare tale confusione? Il Governo ha convocato una riunione con le regioni e ha sostenuto che le regioni avrebbero potuto rientrare nei parametri fissati per la spesa sanitaria entro un determinato termine, ossia entro il 30 giugno 2006. Se le regioni avessero fatto in tempo a rientrare entro tale termine, la maggiorazione non sarebbe dovuta. RitengoPag. 33pertanto che nel momento in cui si adotta un comportamento di tal genere, in primis bisogna comunicarlo ai contribuenti.
Ho già detto che il mese di giugno è importantissimo: i contribuenti versano i saldi delle imposte del 2005 e gli acconti delle imposte del 2006. Quindi, sarebbe logico pensare anzitutto che il Governo deve mettere il contribuente a conoscenza che deve pagare una somma maggiore. Invece, nulla è stato detto e pertanto il contribuente si è trovato nella massima incertezza; sapeva solo, dalla stampa specializzata - Il Sole 24 Ore, Italia Oggi - che vi era stata una riunione tra il Governo e le regioni e se le regioni fossero rientrate nel tetto di spesa, l'aliquota sarebbe tornata al 4,25 per cento. La colpa di tale situazione pertanto non è assolutamente del Governo di centrodestra, perché quest'ultimo aveva stabilito che in caso di sforamento sarebbe automaticamente scattata la maggiorazione. È il Governo attuale che ha comunicato la variazione non nei modi rituali e formali, ossia attraverso la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Infatti, quando si modificano le imposte bisogna dirlo con norma di legge, con decreto-legge o con decreto ministeriale, insomma con un provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, altrimenti i contribuenti cosa pagano? Non sanno neppure come pagare le imposte! Si è detto: no, vi è un mese di tolleranza e in tale mese di tolleranza vi è stato massimo disorientamento. Ricordo, dunque, all'onorevole Tolotti - che, ribadisco, stimo - che il problema non è imputabile al Governo di centrodestra, ma al pressappochismo con cui l'attuale Governo ha gestito una vicenda molto delicata quale il pagamento delle imposte (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, diceva il collega Leo che la colpa non è del precedente Governo, ma non è nemmeno dei contribuenti! Quindi, propongo al mio gruppo di astenersi dalla votazione di questo subemendamento. Voglio rilevare, infatti, che stiamo discutendo di ciò dopo la scadenza stabilita. Se questo provvedimento fosse stato approvato prima del 20 giugno ed il contribuente avesse potuto decidere di pagare l'aliquota del 4,25 per cento, e fosse stato rinviato solo l'1 per cento per le regioni che erano sottoposte alla penalizzazione, avrei compreso la ratio della norma e l'avrei anche condivisa. Ma poiché i contribuenti delle menzionate regioni non hanno pagato, dal momento che non avevano la possibilità di farlo, non conoscendo l'aliquota da utilizzare (ricordo che in Commissione abbiamo discusso diverse volte di tale problema) e dunque perché voglio difendere non solo le ricordate regioni, ma tutti i contribuenti che non hanno pagato l'IRAP il 20 giugno perché non era chiaro quale fosse l'aliquota, sono d'accordo sulla logica che ispira il subemendamento in esame. Se il contribuente, il 20 giugno 2006, non ha pagato nemmeno la quota che avrebbe dovuto versare, perché - si propone - non gli attribuiamo un beneficio pari allo 0,40 per cento su tutto l'importo?
Per tale motivo, invito il mio gruppo ad astenersi nella votazione di questo subemendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Filippi 0.1.50.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 488
Votanti 334
Astenuti 154
Maggioranza 168
Hanno votato
54
Hanno votato
no 280).

Pag. 34

Prendo atto che gli onorevoli Bodega e Schirru non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.50 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 504
Votanti 500
Astenuti 4
Maggioranza 251
Hanno votato
271
Hanno votato
no 229).

Prendo atto che gli onorevoli Cesa e Bodega non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Ricordo che, per effetto del risultato della votazione testé effettuata, l'emendamento Gioacchino Alfano 1.1 è precluso.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bonelli 2.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, se non sbaglio, il Governo si è rimesso all'Assemblea, perché, in effetti, questo emendamento prevede di modificare gli enti che partecipano all'organismo interministeriale per i canoni demaniali marittimi.
Su ciò sono contrario perché bisognerebbe verificare quali sono i soggetti utili a questo organismo al fine di stabilire, una volta per tutte, se i canoni demaniali marittimi sono dovuti o meno. È, a mio avviso, inutile aggiungere un soggetto a quelli già esistenti, che sono numerosi, su materie delegate alle regioni. Se oggi il legislatore interviene sull'organismo che deve valutare i canoni demaniali marittimi quasi con l'intento di voler assumere un potere, non si comprende, tenuto conto che a seguito dell'esito del referendum tale potere ritorna alle regioni, il senso dell'emendamento in esame il quale, pur essendo apprezzabile in ordine al soggetto che si intende aggiungere, non fa però comprendere per quale motivo non se ne possano aggiungerne degli altri.
Desidero, infine, ricordare all'Assemblea le difficoltà che incontrò la nostra maggioranza nel mettere d'accordo tutti i soggetti interessati ai canoni demaniali marittimi. Il rinvio su cui oggi si discute, il famoso rinvio del pagamento al 31 ottobre dei canoni demaniali, nasce proprio perché non è stato possibile mettere d'accordo i soggetti che si dichiaravano interessati a tali canoni. Che senso ha con un emendamento aggiungere un soggetto ad un organismo, dato che ormai tale potere non è più del Governo centrale ma delle regioni?
In conclusione, il nostro giudizio rimane contrario e mi auguro che su tale aspetto il Governo faccia chiarezza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bonelli 2.11, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 497
Votanti 476
Astenuti 21
Maggioranza 239
Hanno votato
268
Hanno votato
no 208).

Prendo atto che gli onorevoli Nicchi, Schirru, Mura e Volontè non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gioacchino Alfano 2.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Pag. 35

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 496
Maggioranza 249
Hanno votato
206
Hanno votato
no 290).

Prendo atto che gli onorevoli Compagnon, Schirru, Rocco Pignataro, Bodega e Bafile non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Buontempo 2.12 e 2.50 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare la Commissione che ha accolto, nel ripresentare in Assemblea un testo sostanzialmente identico, un mio emendamento. A me pareva di buonsenso il termine del 31 ottobre tra una scadenza di settembre, che chiaramente non consente il tempo necessario per i nuovi parametri dei canoni in ordine all'uso di beni demaniali e il mese di dicembre, che rischia di far saltare di un altro anno l'applicazione di un piano relativo all'utilizzazione del demanio.
Non sono favorevole ad un canone unico, sia per situazioni in cui si può guadagnare con attività commerciali, sia per altre situazioni che sono a servizio di quelle attività commerciali. Inoltre, bisogna differenziare il tipo di attività commerciale per poter definire un equo canone. Faccio presente che è dal 1993, anno in cui fu approvata una legge per adeguare i canoni demaniali, che ci troviamo in questa situazione. Chiaramente, un aumento dall'oggi al domani del 300 per cento di tali canoni può mettere in crisi anche un'azienda sana. La questione andava, quindi, affrontata con una certa gradualità. Però, si tenga conto che dal 2003, anno in cui comparse nella finanziaria il primo aumento dei canoni, ad oggi, nulla è avvenuto.
In conclusione, ritengo che il 31 ottobre sia la data giusta per consentire al Governo e alle regioni, per le rispettive competenze, di presentare come data ultima - ho presentato in questo senso un ordine del giorno - un nuovo piano che eviti ingiustizie incredibili, tali per cui alcuni si trovano a dover pagare poche migliaia di euro per qualche chilometro di spiaggia, mentre altri pagano un canone eccessivo in rapporto all'effettiva utilizzazione.
Quindi, quella del 31 ottobre mi sembra una data di buonsenso purché, per quella data, ciascuno faccia il proprio dovere anche in rapporto agli utenti, ai cittadini, i quali devono essere tutelati per quanto riguarda l'accesso al mare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, esprimeremo voto favorevole sugli identici emendamenti Buontempo 2.12 e 2.50 della Commissione. Tuttavia, le motivazioni che l'onorevole Buontempo ha espresso poc'anzi ci spingono ad effettuare una precisazione. Noi non stiamo parlando della proroga del termine di un pagamento soltanto per agevolare i contribuenti. Non si tratta, infatti, di un adempimento nato all'improvviso; questo tributo è previsto già da diversi anni. Noi avevamo chiesto un termine più ampio, quello del 15 dicembre, non per aiutare i contribuenti nel senso di concedere loro più tempo. Anzi, adesso pronuncio una dichiarazione a difesa di questi contribuenti perché sembra che si stia parlando di soggetti che non sanno che cosa debbono fare. Al contrario, all'inizio dell'esercizio ogni imprenditore sa quali sono i costi fissi che deve sostenere. Possiamo mai immaginare che un imprenditore, conoscendo i canoni demaniali marittimi, non sappia di dover pagare, ad oggi, il 300 per cento di quanto pagava in precedenza? Questo vale non solo per il 2006, ma anche per il 2005 e per il 2004. Perciò, non ritengo di chiedere una proroga soltanto perché i contribuenti hanno bisogno di piùPag. 36tempo per pagare il canone, dato che i concessionari sapevano già all'inizio di ogni anno quale fosse l'importo da pagare.
La questione è un'altra. Infatti, noi non siamo d'accordo sul calcolo del canone perché la norma prevede una maggiorazione automatica. Perciò, abbiamo detto chiaramente al Governo che se la volontà è questa - noi sappiamo qual è l'importo e non lo condividiamo - vogliamo utilizzare questo tempo per modificare il metodo di calcolo. Allora, se così è, votiamo a favore degli identici emendamenti in esame che, comunque, concedono più tempo rispetto al termine del 30 giugno. Tuttavia, rimaniamo convinti che il termine più giusto sia quello del 15 dicembre e confermiamo il concetto iniziale, ricordato dall'onorevole Campa e da tutti coloro che sono intervenuti, cioè quello di voler rivedere il calcolo di pagamento. Lo ripeto: non chiediamo più tempo per i contribuenti. Mi risulta anche, dalla lettura degli organi di stampa e da quanto ascoltato in questi giorni, che neppure c'è una richiesta di rinvio da parte dei contribuenti e delle associazioni di categoria affinché abbiano più tempo e possano reperire le risorse finanziarie per il pagamento. Essi chiedono una rideterminazione del calcolo e, quindi, una modifica della norma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, per quale motivo posso intervenire solo a titolo personale?

PRESIDENTE. Perché è già intervenuto l'onorevole Gioacchino Alfano...

CESARE CAMPA. A che proposito?

PRESIDENTE. Su questa votazione...

CESARE CAMPA. No, non su questa! Non stiamo svolgendo le dichiarazioni di voto sull'emendamento Buontempo 2.12?

PRESIDENTE. Su tutti e due: sull'emendamento Buontempo 2.12 e sull'emendamento 2.50 della Commissione, che sono identici.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, questo emendamento non è firmato da me. Io sono già intervenuto sul complesso delle proposte emendative. Comunque, posso anche intervenire a titolo personale, se vuole, soltanto per un minuto.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Campa, ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Intervengo, signor Presidente, per ribadire che quanto il collega Buontempo aveva proposto certamente fa onore a lui ed al suo buonsenso, consistente nel voler effettuare i cambiamenti in progress. Però, rimanga agli atti di questa Assemblea che, comunque, al 31 ottobre prossimo il problema non sarà risolto. In altri termini, noi avevamo proposto il termine del 15 dicembre proprio per dare un aiuto all'attuale Governo e per consentire a quella commissione, i cui lavori sono quasi conclusi, di determinare il vero aumento entro tale data. Potremmo anche essere garantiti se il Governo dicesse che, in ogni caso, se al 30 settembre la commissione non avrà concluso i lavori ci sarà un ulteriore rinvio o, meglio ancora, non ci sarà l'iscrizione nelle poste di entrata dello Stato dell'aumento del 300 per cento e, quindi, del corrispettivo pagamento da parte degli operatori. Infatti, di questo si tratta. Per quella data, saremo già a fine esercizio e gli operatori avranno già concluso la stagione balneare nella più completa incertezza. Credo che noi abbiamo assolutamente bisogno di portare questo termine al 15 dicembre. Forse, l'onorevole Buontempo, come sempre con buonsenso, si è accontentato, oggi, del termine del 31 ottobre per poi effettuare un ulteriore intervento - come ha ribadito - prorogandolo al 15 dicembre.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 37
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Buontempo 2.12 e 2.50 della Commissione, accettati dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 469
Votanti 463
Astenuti 6
(Maggioranza 232
Hanno votato
458
Hanno votato
no 5).

Prendo atto che gli onorevoli Mura, Bafile e Schirru non sono riuscite a votare. Prendo atto altresì che gli onorevoli Iacomino, Viola, Grimoldi e Rocco Pignataro non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1005)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1005 sezione 5).
Avverto che è in distribuzione la nuova formulazione degli ordini del giorno Buontempo n. 9/1005/1 e Leo n. 9/1005/2.
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, per quanto riguarda l'ordine del giorno n. 9/1005/1, a firma Buontempo, vorrei evidenziare che ci siamo trovati ad affrontare una situazione delicata. Infatti, nel 2003 era stato previsto un aumento del 300 per cento dei canoni demaniali, che però ha subito ben cinque rinvii fino ad oggi. Che questo aumento fosse poco credibile è confermato dal fatto che la Ragioneria, nel 2005, non ha previsto nessuna entrata reale nel bilancio. Dunque, ci troviamo con una norma che minaccia una possibilità, ma non la realizza. Oggi dobbiamo cercare una soluzione in grado di ottenere un risultato ragionevole, che è stato quello, innanzitutto, di darci un po' di tempo - onorevole Campa siamo già al 31 di ottobre! - e questo, in una certa misura, accoglie le osservazioni che erano state formulate.
In questo arco di tempo, il Governo si ripromette di ridisegnare l'insieme della norma; anche perché l'onorevole Conte che qui è stato opportunamente citato per il lavoro svolto precedentemente, ha consegnato il risultato di un lavoro che non ha raggiunto l'obiettivo perseguito. Infatti, ci sono enormi difficoltà a far attuare la normativa che è stata individuata. Bisogna quindi scriverne una nuova: in questo senso dico all'onorevole Buontempo che l'impegno è quello di riscriverla in tempo utile, tenendo conto naturalmente anche del percorso della legge finanziaria.
Per tale motivo il Governo non può accogliere un ordine del giorno che impegna ad emanare dei provvedimenti nel solco di ciò che c'era prima, perché è del tutto chiaro che l'articolo 2 del decreto-legge da convertire, si propone di modificare la normativa. Non siamo in grado di proporre oggi una nuova normativa, ma l'impegno è di modificarla entro il 31 ottobre.
Ecco la ragione per cui, non potendo accogliere l'ordine del giorno, pur non esprimendo un dissenso radicale su di esso perché in fondo spinge il Governo a fare, inviterei l'onorevole Buontempo a ritirarlo, anche perché un'altra sua proposta potrà essere accolta. Questa è la ragione per cui chiederei di ritirare l'ordine del giorno.

TEODORO BUONTEMPO. Vorrei sapere se accoglierete il mio ordine del giorno come raccomandazione.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Una sua raccomandazione, onorevole Buontempo, è naturalmente sempre accolta...!Pag. 38
Per quanto riguarda la formulazione dell'ordine del giorno sottoscritta dai deputati Buontempo, Leo e Gioacchino Alfano, che impegna in sostanza il Governo a vigilare sui prezzi, vorrei dire che questa questione è esattamente una delle preoccupazioni che ha mosso il Governo a ridisegnare la normativa. Qualcuno sostiene che, in pratica, sarebbero già addirittura incamerate le previsioni di aumento: non sembra essere così; ma la preoccupazione che catapultare un 300 per cento di aumento possa avere un effetto inflattivo effettivamente molto pesante è anche del Governo. Questa è la ragione per cui occorre ridisegnare un meccanismo diverso e, naturalmente, è del tutto ragionevole quanto è stato richiesto da diversi parlamentari, di maggioranza e di opposizione in Commissione e in aula, in ordine alla necessità di studiare più approfonditamente il problema, verificare quanto i canoni incidono, qual è la redditività delle imprese che operano su concessione di canoni demaniali e qual è, in sostanza, l'influenza sui prezzi di questa manovra.
Il Governo non ha oggi tutte le risposte alle richieste avanzate, ma ci procureremo gli elementi necessari nel più breve tempo possibile; in ogni caso, si tratta di informazioni che verranno sicuramente fornite all'atto dell'adozione della nuova normativa. Per questa ragione, accogliamo questo ordine del giorno nella formulazione presentato dai deputati in oggetto.
L'ordine del giorno Leo n. 9/1005/2 (nuova formulazione) chiede invece di fornire alcuni chiarimenti. Ringrazio gli onorevoli Leo e Gioacchino Alfano di aver accettato di presentare sotto forma di ordine del giorno alcune raccomandazioni che accogliamo, poiché ci sembra che si tratti di questioni già risolte oggi dalla normativa; in ogni caso, qualora dovessero emergere difficoltà, potrebbero essere oggetto del necessario chiarimento da parte dell'Agenzia delle entrate.
Ricordo che l'onorevole Leo, anche in un suo recente intervento, ha chiesto che l'informazione sull'applicazione delle norme ai contribuenti sia resa in tempo utile e nel modo più chiaro possibile, cercando di stabilire un rapporto trasparente di fiducia tra contribuente ed amministrazione finanziaria. Si tratta di un principio che ritengo del tutto giusto ed accoglibile.
Vorrei ricordare che la confusione che è stata denunciata - anche se comprendo i numerosi interventi svolti da deputati dell'opposizione, i quali hanno condotto, come è naturale che sia, la loro battaglia politica - è stata determinata, in realtà, dalle norme in vigore, approvate nella scorsa legislatura su iniziativa del precedente Governo. È la vigente legge finanziaria, infatti, ad aver fissato la verifica dei conti al 31 maggio, senza tuttavia chiedersi cosa sarebbe accaduto nelle regioni che avrebbero dovuto applicare automaticamente l'incremento dell'1 per cento dell'aliquota IRAP entro quel benedetto 20 giugno. In altri termini, è stato stabilito che i contribuenti avrebbero dovuto pagare un'imposta maggiore anche se una regione avesse successivamente perseguito per altre vie l'azione di risanamento fino a quel momento non avviata.
Ricordo che la normativa introdotta nel decreto-legge in esame dall'approvazione di proposte emendative (preannunziata oralmente dal Governo) differisce al 30 giugno 2006 la possibilità, per le regioni, di conseguire il risanamento. Di conseguenza, oggi abbiamo dovuto rimodulare l'imposta in un modo che ha certamente creato problemi ai contribuenti: non a caso, infatti, alcuni quotidiani hanno condotto alcune campagne su questo argomento. Segnalo che anche commercialisti ed intermediari di vario tipo si sono rivolti all'amministrazione finanziaria per tale motivo.
Ritengo essere stato un vanto del Governo aver ascoltato le richieste avanzate dagli operatori, nonché avere affrontato il problema stabilendo non solo la scadenza del 30 giugno per le regioni, ma anche quella del 20 luglio per i contribuenti. Si tratta di termini che non comportano ulteriori oneri e che garantiscono una piena compensazione per coloro che avesseroPag. 39dovuto, nel minimo di confusione che si era creata, versare più di quanto effettivamente dovevano.
Mi sembra un risultato importante e credo che, se analizziamo i fatti con obiettività, a tale risultato si sia giunti non solo per una precisa volontà del Governo, ma anche per la sua capacità di avere ascoltato quanto hanno voluto rappresentare numerosi deputati sia di maggioranza, sia di opposizione.
Permettetemi di svolgere, infine, un'ulteriore considerazione sull'ordine del giorno Leo n. 9/1005/2 (nuova formulazione). Vorrei fornire all'Assemblea dati che ho già illustrato in occasione della discussione sulle linee generali, poiché non tutti i colleghi hanno potuto acquisirli. Il versamento dell'IRAP relativo all'anno 2005 è stato pari a 35 miliardi e 995 milioni di euro. La riduzione del gettito IRAP nella XIV legislatura è stata di 1 miliardo e 200 milioni di euro, pari a circa un trentesimo del versamento complessivo.
Questo, permettetemi, la dice lunga su questa «IRAP-demonio», in realtà ridotta in termini assolutamente insufficienti, anche per chi ne propone l'abolizione. Sarei un po' più cauto sull'attesa della sentenza della Corte di giustizia europea, perché gli uffici affermano che la richiesta del procuratore europeo che sta giudicando l'IRAP, vale a dire la richiesta di valutare in termini di diagrammi il rapporto tra IVA ed IRAP, sta dando risultati che rendono molto meno certo il fatto che ci sarà una sentenza a favore dell'abolizione dell'IRAP.
Quindi, vi prego di credere che in occasione dell'esame di un provvedimento che, in fondo, è di mera proroga, vi è la possibilità di prevedere una discussione che non sarà così semplice, come qualche collega ha ritenuto di fare immaginando che in futuro tale imposta sarà spazzata via. Infatti, il precedente Governo ha sbattuto la testa contro le difficoltà, pur avendo la maggioranza parlamentare, nel modificare questa imposta. Oggi, probabilmente, il problema si presenterà in termini di modifica, di miglioramento, di adattamento, ma non in altri termini. In fondo, vi è stata la responsabilità non piccola nel creare quella confusione e quelle aspettative che hanno costretto ad adottare decreti per chiarire ai contribuenti che, comunque, è un'imposta che deve essere pagata. Quindi, in questo senso, il Governo accetta l'ordine del giorno Leo n. 9/1005/2 (nuova formulazione).
Infine, per quanto riguarda l'ultimo ordine del giorno...

PRESIDENTE. Sottosegretario Grandi, la pregherei di esprimere i pareri in modo più sintetico.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Bonelli n. 9/1005/3. Trattandosi (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)...

ANTONIO LEONE. Togli la mano dalla tasca!

ENRICO LA LOGGIA. La mano...!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, silenzio! Lasciate parlare il rappresentante del Governo (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

GIOVANNI MARRAS. Presidente, la mano nella tasca!

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Per quanto riguarda l'ordine del giorno dell'onorevole Bonelli, trattandosi di un provvedimento di natura fiscale che non ha la possibilità, in questa sede, di influire nel dettaglio delle misure indicate, il Governo lo accoglie come raccomandazione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario, dunque, ha espresso il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati. In particolare, ha accettato l'ordine del giorno Leo n. 9/1005/2 (nuova formulazione). Per quanto riguarda, invece, l'ordine del giorno Bonelli n. 9/1005/3, il Governo lo ha accolto come raccomandazione.Pag. 40
Chiedo all'onorevole Bonelli se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1005/3, accolto dal Governo come raccomandazione.

ANGELO BONELLI. Signor Presidente, vorrei dire al rappresentante del Governo che il decreto ministeriale n. 342 del 1998, quando determina la classificazione delle tariffe, prevede la possibilità per i cittadini di accedere liberamente al mare. Per facilitare e semplificare l'azione del Governo, non insisto per la votazione, ma l'ordine del giorno era ben inserito e strutturato all'interno della manovra fiscale, come testé indicato dal sottosegretario.

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per l'accettazione dell'ordine del giorno Buontempo, Leo e Gioacchino Alfano, nel quale - lo ricordo all'onorevole Bonelli - è ricompresa la previsione da lui richiamata, vale a dire il diritto del cittadino di accedere al mare gratuitamente e di pagare, qualora vi siano, per accedere ai centri di servizi. Il Governo, insieme alle regioni, deve fare in modo che l'accesso al mare possa essere garantito e gratuito.
Mi sembra che il Governo abbia accettato questo ordine del giorno, mentre chiedo al Governo di accogliere come raccomandazione il mio ordine del giorno n. 9/1005/1, perché altrimenti insisterei per la votazione.

PRESIDENTE. È pacifico che ogni deputato possa presentare soltanto un ordine del giorno; di conseguenza, il testo sottoscritto dai deputati Buontempo, Leo e Gioacchino Alfano sostituisce l'ordine del giorno Buontempo n. 9/1005/1 e deve intendersi quale nuova formulazione dello stesso.
Prendo atto che l'ordine del giorno Buontempo n. 9/1005/1, nel testo riformulato, nonché l'ordine del giorno Leo n. 9/1005/2 (nuova formulazione) sono stati accettati dal Governo e che l'onorevole Bonelli non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1005/3, accolto come raccomandazione.
Chiedo all'onorevole Leo se insista per la votazione del suo ordine del giorno.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, ringrazio il Governo per aver accettato il mio ordine del giorno, che, come si diceva, fa chiarezza per una serie di imprese, in particolare per le imprese per cui l'esercizio non coincide con l'anno solare e per coloro i quali hanno versato un ammontare maggiore rispetto al dovuto; però, mi permetto di dissentire sulle motivazioni che sostiene l'onorevole Grandi, che stimo, in merito al mancato riconoscimento delle riduzioni dell'IRAP da parte del precedente Governo. Basti ricordare tre questioni.
Innanzitutto, la ricerca. Il precedente Governo ha ridotto l'IRAP sulla ricerca e mi sembra che questo sia un dato incontestabile e incontrovertibile: laddove l'imprenditore assume ricercatori detassa il costo del lavoro relativo ai ricercatori assunti. Qualche cosa di più è stato fatto anche per i nuovi assunti, in particolar modo per i nuovi assunti che si trovano nelle cosiddette aree sottoutilizzate (segnatamente il Mezzogiorno e le aree depresse del centro nord). Addirittura, per questi imprenditori, se si assume un lavoratore a tempo indeterminato, si triplica la deduzione fino all'azzeramento dell'IRAP. Quindi, mi sembra che il Governo precedente, tenuto conto anche delle ristrettezze economiche in cui svolgeva la sua azione, non potesse fare di più.
Da ultimo, vorrei ricordare che la Corte di giustizia dell'Unione europea, che dovrà decidere sulla vicenda IRAP, di regola si uniforma alle considerazioni dell'avvocato generale. Ci sono state due considerazioni dell'avvocato generale, una nel 2005, a cura dell'avvocato generale Jacobs, poi andato in pensione, un'altra nel 2006, a cura dell'avvocato generale Stix-Hackl: entrambi hanno confermato che l'IRAP èPag. 41una duplicazione dell'IVA. La divergenza tra le due posizioni, secondo quanto sostenuto, consiste nell'effetto, che deve valere dal 2007, ma il discorso sulla duplicazione mi sembra incontrovertibile.
Quindi, alla luce di questo, andrei cauto nel dire che la Corte di giustizia potrà adottare un orientamento conforme a quanto sostiene l'attuale Governo, cioè che si tratta di un'imposta compatibile con l'ordinamento comunitario, perché dalle considerazioni dei due avvocati generali, che ho ricordato, le cose non stanno in questi termini.
Penso che il Governo dovrà approfondire molto questa questione e dovrà farsi carico di misure alternative per assicurare il gettito - ricordava prima il sottosegretario Grandi - di 30-32 miliardi di euro per le casse regionali.

GIOACCHINO ALFANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Il Governo mi chiedeva se avessi sottoscritto l'ordine del giorno Buontempo n. 9/1005/1 (nuova formulazione)... Non solo l'ho sottoscritto, ma volevo precisare anche una cosa, se il Governo mi ascolta.
Se capisco bene, l'ordine del giorno si riferisce al potenziale aumento dei prezzi del biglietto degli utenti nei luoghi delle concessioni. Quindi, poiché si rinvia il termine di pagamento e poiché si modifica la tecnica del calcolo dell'importo, l'ordine del giorno spinge i concessionari ad evitare di aumentare il prezzo, con la giustificazione dei canoni. Come ho detto in precedenza, non riesco a capire questo discorso. Il meccanismo legato ai canoni è partito nel 2003 e i concessionari non solo dovrebbero pagare per il 2003, ma anche per il 2004, per il 2005 e per il 2006; ma, poiché parliamo di una modifica del calcolo del canone, come facciamo ad impegnare il Governo a verificare se ci sono degli aumenti - e questi aumenti vengono calcolati sui canoni -, considerato che comunque i concessionari devono aumentare e pagare i canoni?
Un fatto è certo: siamo convinti che per gli anni 2003, 2004 e 2005, oltre che per il 2006, debbano essere pagati i canoni o si ha in mente un condono per fare in modo che non debbano essere pagati?
Questa è un'occasione utile per chiarire ciò. Se il Governo addirittura si impegna a controllare l'aumento dei prezzi dei concessionari, funzionali ad ammortizzare l'aumento dei canoni, bisogna fare chiarezza. Allora, diciamo oggi ai concessionari che i canoni non sono dovuti. L'impresa che gestisce un'area per concessione ha già indicato nei bilanci del 2003, 2004, 2005 e 2006 quel costo, indipendentemente dal fatto che non lo abbia pagato. Sono preoccupato dal fatto che il Governo accolga l'ordine del giorno perché dovrebbe essere coperto da un parere della Commissione bilancio, in quanto potrebbe comportare un costo. Infatti, diciamo ai concessionari di mantenere il prezzo dell'attività che svolgono per concessione in quanto i canoni non sono ancora aumentati, ma i canoni sono aumentati.

PRESIDENTE. Onorevole Gioacchino Alfano, lei si rende certamente conto che, avendo già parlato l'onorevole Buontempo, le ho concesso di intervenire per avere, diciamo così, un'occasione di dialogo con il Governo, ma ciò non costituirà precedente.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Dovremmo ora passare alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento. Poiché hanno chiesto di parlare ventisei colleghi, a seguito di consultazioni informali intercorse con i gruppi, il seguito del dibattito è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta, al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Dichiarazione di urgenza del disegno di legge n. 1041 (ore 13).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Dichiarazione di urgenza del disegno di legge n. 1041.Pag. 42
Comunico che, a norma dell'articolo 69, comma 1, del regolamento, è stata richiesta la dichiarazione di urgenza per il seguente disegno di legge: «Abrogazione delle norme in materia di partecipazioni in società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas naturale».
Su questa richiesta, a norma dell'articolo 69, comma 2, del regolamento, non essendo stata raggiunta in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo la maggioranza dei tre quarti dei componenti della Camera, l'Assemblea è chiamata a deliberare con votazione palese mediante procedimento elettronico con registrazione dei nomi.
Sulla dichiarazione d'urgenza, a norma dell'articolo 41 del regolamento, darò la parola - ove ne venga fatto richiesta - ad un oratore a favore e ad uno contro per cinque minuti.
Ha chiesto di parlare contro il deputato Saglia. Ne ha facoltà.

STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, si tratta di una dichiarazione d'urgenza che la nostra parte politica giudica negativamente. Il provvedimento comporta in apparenza un giudizio tecnico rispetto ad una sentenza della Corte di giustizia europea avversa allo Stato italiano, ma il tema è squisitamente politico. Si tratta di una norma già modificata nel corso della precedente legislatura dal Governo Berlusconi, proprio per andare incontro alle esigenze poste dalla Corte di giustizia europea, e in particolare riguarda il tema della reciprocità tra gli Stati membri dell'Unione europea nel mercato dell'energia.
È evidente che questo provvedimento, cioè il congelamento dei diritti di voto del 2 per cento nelle società operanti nei mercati domestici e, quindi, dominanti nei propri mercati d'origine, contravviene alla regola del Trattato, ma è altrettanto evidente che, oggi, non siamo in presenza di un mercato unico europeo dell'energia, anzi abbiamo una liberalizzazione asimmetrica in diversi paesi e, in particolare, uno Stato come la Francia è sotto procedura d'infrazione perché ha eletto a settori strategici undici settori sensibili, tra cui l'energia, in cui il Governo si è arrogato il diritto di impedire l'ingresso, nel proprio mercato domestico, non solo a società operanti al di fuori dell'Unione europea ma anche a società operanti all'interno.
In sostanza, si tratta di un dibattito, quello sulla reciprocità dei mercati in campo energetico, di urgente attualità, sul quale abbiamo chiesto una serie di approfondimenti all'interno della Commissione attività produttive, che tuttavia il Governo non ci ha potuto fornire visto che la Commissione si è riunita solo ieri, ma che ci auguriamo possa fornirci oggi.
Ma il fatto di giungere a tale decisione con la richiesta di dichiarazione d'urgenza ci espone indubbiamente ad una scelta che non rimuove minimamente i problemi che hanno originato l'adozione del decreto varato nel 2001 dal Governo Amato per contrastare la scalata alla Montedison da parte di Electricitè de France. Tale decreto venne poi modificato durante il Governo Berlusconi attraverso una trattativa con la Francia, che solo in parte si è risolta attraverso l'ingresso di Electricitè de France nel capitale di Edison, pariteticamente con Aemme di Milano e un consorzio di imprese. Pertanto, i problemi di collaborazione energetica tra l'Italia e la Francia sono ancora tutti da risolvere e anche i pellegrinaggi che abbiamo visto in queste settimane da parte del Presidente Prodi non hanno rimosso l'ostilità della Francia nei confronti dell'Italia per collaborazioni nel campo energetico, che invece sono state addirittura sancite da un protocollo di collaborazione dell'allora ministro Scajola.
Dunque, ritengo sia necessario respingere la richiesta di dichiarazione d'urgenza, in quanto è indispensabile avviare un dibattito approfondito non solo sul tema dell'energia, ma anche specificamente sulle questioni di reciprocità tra Stati membri, sia per quanto riguarda la concorrenza tra l'Europa e il mondo, sia per quanto riguarda la concorrenza interna agli Stati nazionali dell'Unione europea. Infatti, stiamo esponendo le nostre imprese ad un rischio di colonizzazione, fermo restando che la parte politica che rappresento è certamente disponibile adPag. 43una liberalizzazione dei mercati purché questa sia simmetrica tra i paesi membri dell'Unione europea.
Per queste ragioni, crediamo che il dibattito su tale argomento non debba essere soffocato attraverso una dichiarazione di urgenza, che rischierebbe di minare la possibilità di approfondire un tema che, nei prossimi mesi, ci vedrà protagonisti in tutte le sedi europee (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore il deputato Lulli. Ne ha facoltà.
Invito tutti i colleghi a prendere posto; dopo l'intervento dell'onorevole Lulli, si procederà al voto.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, la richiesta di dichiarazione d'urgenza del disegno di legge in esame trova spiegazione nella stessa relazione che accompagna il provvedimento.
Occorre rispondere ad una sentenza della Corte di giustizia europea, che condanna il nostro paese con riferimento alla circolazione dei capitali all'interno dell'Unione europea. Questo provvedimento, adottato nel 2001 e colpito nel giugno del 2005, costituisce un elemento che impedisce un confronto aperto sulla liberalizzazione dei mercati delle merci all'interno dell'Unione europea.
È vero che il Governo precedente aveva in qualche modo cercato di rispondere a tale condanna attraverso un successivo provvedimento del luglio del 2005, ma anche in questo caso l'Unione europea, con sentenza motivata del 6 aprile 2006, ha condannato il nostro paese a recepire la direttiva e a modificare i provvedimenti in questione, pena la sanzione di 250 milioni di euro più gli interessi, che potrebbe divenire ancora più consistente.
Ritengo che la reciprocità con la quale si costruisce la liberalizzazione del mercato europeo dell'energia sia un punto politico importante, che sta particolarmente a cuore a questa maggioranza e a questo esecutivo.
Al Governo non mancherà l'occasione di esercitare una giusta iniziativa, sia in sede europea sia sul piano nazionale, anche perché prossimamente saremo impegnati nella discussione su un disegno di legge per il riordino del settore energetico, che il Governo ha già presentato e che sarà sottoposto prima all'esame del Senato e poi a quello della Camera.
Rispetto alla questione della reciprocità, l'Unione europea intende riferirsi soprattutto alla parità di accesso ai servizi da parte dell'utenza. Invece, sul piano della circolazione dei capitali, non considera la difesa delle aziende nazionali come elemento prioritario nel quale si deve esercitare la reciprocità del mercato.
È necessario, da un punto di vista politico, impedire che aziende protette in altri territori nazionali possano in qualche modo costruire una condizione di supremazia, privilegiando le proprie normative nazionali. In merito a ciò, tuttavia, rimane in vigore una parte importante della nostra legislazione, ossia il comma 29 dell'articolo 1 della legge n. 239 del 2004, che comunque dà al Presidente del Consiglio e ai ministeri competenti, di concerto con i Ministeri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, la possibilità di impartire indicazioni, rispetto agli acquirenti e agli investitori esteri, che in qualche modo tutelano l'interesse nazionale.
Peraltro, sarebbe sbagliato, in questo caso, opporsi alla sentenza europea, perché ciò metterebbe, ancora una volta, il nostro paese in una condizione di subalternità nei confronti del dibattito europeo. È vero: abbiamo tutto l'interesse alla liberalizzazione dell'energia nel mercato europeo ed abbiamo interesse che ciò avvenga nella piena reciprocità di tutti gli Stati nazionali. Ma dobbiamo agire promuovendo, nell'interesse delle famiglie e delle imprese, la più ampia liberalizzazione, intervenendo sul risparmio energetico, sulle fonti rinnovabili e promuovendo un'apertura effettiva del mercato. In questi anni, le famiglie hanno pagato a caro prezzo sia l'energia elettrica sia il gas. A luglio, vi saranno aumenti che sono responsabilità di una politica energetica mal condotta nel nostro paese.Pag. 44
Vorrei ricordare a tutto il Parlamento che negli ultimi due anni le imprese, soprattutto le piccole imprese industriali e artigiane, hanno pagato l'energia elettrica il 40 per cento in più e il gas il 18 per cento in più. Non possiamo continuare così!
Pertanto, costruire una politica europea e costringere l'Unione europea ad un mercato veramente aperto e fondato sulla reciprocità è certamente un elemento importante e strategico. Noi abbiamo tutto l'interesse a fare pressioni in questo senso più di altri. Infatti, per noi il problema dell'energia assume un ruolo di maggiore strategicità rispetto alle questioni aperte sul piano dello sviluppo economico e rispetto ai problemi di tante famiglie italiane. Pertanto, riteniamo che sia giusto dichiarare l'urgenza del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Faccio presente ai colleghi che, prima di premere il pulsante della postazione di voto, devono attendere che la votazione sia dichiarata aperta; dico questo perché abbiamo registrato in precedenza dei voti nulli proprio per questa ragione. Quindi, vi invito ad attendere che sui due monitor appaia la scritta che indica che la votazione è aperta.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla dichiarazione di urgenza del disegno di legge n. 1041: Abrogazione delle norme in materia di partecipazioni in società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 497
Votanti 461
Astenuti 36
Maggioranza 231
Hanno votato
271
Hanno votato
no 190).

Prendo atto che gli onorevoli Bodega e Bafile non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
A seguito della dichiarazione di urgenza testè deliberata, il termine per la Commissione per riferire in Assemblea è ridotto ad un mese dall'inizio dell'esame in sede referente, a norma dell'articolo 81, comma 2, del regolamento.

Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Nicola Adamo.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 23 giugno 2006, è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Nicola Adamo:
«Onorevole Presidente, con la presente comunico le dimissioni dalla carica di deputato del Parlamento della Repubblica. Tali dimissioni, da considerare irrevocabili, sono dovute al fine di risolvere la condizione di incompatibilità sussistente per il fatto che il sottoscritto svolge contestualmente la carica di consigliere regionale. Le chiedo, pertanto, di adempiere al procedimento necessario affinché l'aula possa in tempi rapidi pervenire alla conseguente presa d'atto.
Cordiali saluti.
Firmato: Nicola Adamo».

Trattandosi di un caso di incompatibilità, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Adamo dal mandato parlamentare.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a rispostaPag. 45immediata, alle quali risponderanno il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, il ministro dell'economia e delle finanze, il ministro della difesa, il ministro delle infrastrutture, il ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il ministro della salute, il ministro della giustizia ed il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali.

(Emergenza rifiuti in Campania - n. 3-00068)

PRESIDENTE. L'onorevole Nespoli, al quale ricordo che ha un minuto a disposizione, ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00068 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1), di cui è cofirmatario.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, signor ministro, è l'ennesima volta che interveniamo sull'endemica emergenza rifiuti in Campania. È di questi giorni la drammaticità della situazione che si sta sviluppando in Campania, ma anche le assunzioni di responsabilità da parte degli enti interessati, anche del ministro presente, che, pur contraddicendo alcuni richiami fatti dal Capo dello Stato sulla necessità che si costruiscano i termovalorizzatori, ha pubblicamente sostenuto che intende rimanere sulla posizione che, in verità, ha sempre coerentemente affermato negli anni, ossia che non si dovrebbero costruire i termovalorizzatori.
L'emergenza di questi giorni che ha fatto riaprire una serie di siti di stoccaggio, nonché alcune discariche abbandonate da anni, come quella di Santa Maria La Bruna, a Torre del Greco, e che non vede da parte della regione avviare un programma di bonifica di numerosissimi siti utilizzati per il passato, fa sì che noi chiediamo al Governo di sapere in che modo intenda questa volta risolvere il problema dell'emergenza rifiuti in Campania e se intenda o meno prorogare i poteri commissariali.

PRESIDENTE. Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, Alfonso Pecoraro Scanio, al quale ricordo che ha tre minuti a disposizione, ha facoltà di rispondere.

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Signor Presidente, rispondo agli onorevoli interroganti dicendo che è evidente che la situazione dei rifiuti in Campania ha una difficoltà non di oggi, visto che sono più di dieci anni che esiste un commissariamento.
Rispetto alle richieste avanzate dagli interroganti vi è in gran parte una condivisione, nel senso che il Governo ritiene che ci sia bisogno di un rilancio forte soprattutto nella raccolta differenziata, che non si è realizzata. Il Ministero dell'ambiente ha, quindi, chiesto al Dipartimento della protezione civile, che deve emanare l'ordinanza per i rifiuti, che vi sia come condizione importante innanzitutto una riscrittura del piano regionale dei rifiuti, che nell'ultima stesura, alla pagina 18, dedicava solo due righe alla raccolta differenziata. È evidente che, se non si raggiunge anche in Campania quel 35 per cento di raccolta differenziata, se non si raggiunge una raccolta dell'umido, cioè dell'organico, che nel resto d'Italia ha una media di 40 chili ad abitante ed in Campania è sotto i 20 chili ad abitante, vi saranno grandi difficoltà.
Per quanto riguarda la vicenda dei termovalorizzatori, è evidente che anche nelle ipotesi, previste dal piano dei rifiuti, di alcuni impianti di termovalorizzazione, se non c'è la raccolta differenziata, quelle ipotesi sono assolutamente insufficienti. Le mie posizioni personali sono sempre state, come lei ha ricordato, di contrarietà all'uso dei termovalorizzatori, anche perché, se vogliamo rispettare il Protocollo di Kyoto, dobbiamo comunque ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera. Quindi, offrirò alla regione Campania tutti gli strumenti e le conoscenze tecnologiche per usare metodologie di smaltimento dei rifiuti non innovative rispetto ai termovalorizzatori e agli inceneritori. Ovviamente, èPag. 46competenza della regione Campania definire, d'intesa con il commissariato, il piano regionale dei rifiuti, ma deve essere un piano di tipo europeo. I piani europei prevedono che si investa sulla riduzione dei rifiuti, sulla raccolta differenziata, e che l'ipotesi di termovalorizzazione sia un elemento residuale solo in presenza di un vero combustibile da rifiuti.
È evidente che, al di là dei miei convincimenti personali, la gestione del piano generale deve coinvolgere la regione Campania, ma quello che è certo è che il ministro dell'ambiente deve far rispettare le regole europee, come quella relativa alla riduzione e alla raccolta differenziata tesa al recupero dei materiali. Nel caso di una scelta regionale nel senso della termovalorizzazione, saremo molto rigorosi sulla valutazione di impatto ambientale e sui luoghi dove possono essere collocati gli impianti. Soprattutto, visto che siamo ormai nel 2006, se ci sono tecnologie più moderne e più avanzate rispetto al bruciare anche la parte residuale dei rifiuti, ci permetteremo di farle rilevare anche alla regione Campania, in modo da ragionare insieme.
Ovviamente, agiremo nel rispetto delle competenze e delle autonomie regionali; tra l'altro - e concludo il mio intervento -, ci adopereremo per superare le gestioni commissariali, tornare al regime ordinario e quindi coinvolgere da subito i comuni, le province e le regioni.

PRESIDENTE. Onorevole ministro...

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Infatti, sono necessari la partecipazione ed il coinvolgimento dei cittadini in quanto le opere non vanno realizzate contro la loro volontà.

PRESIDENTE. L'onorevole Nespoli ha facoltà di replicare, per due minuti.

VINCENZO NESPOLI. Siamo del tutto insoddisfatti della risposta del ministro, dalla quale cogliamo un dato politico importante; evidentemente, infatti, il ministro ha sfiduciato Bassolino, il governatore della regione Campania, dal momento che gli rimprovera la mancata applicazione della normativa legislativa attuale sulla percentuale della raccolta differenziata. Si tratta di una questione rispetto alla quale Bassolino, in passato, è stato più volte richiamato dal ministro dell'ambiente e per la cui soluzione la regione Campania ha ricevuto notevoli risorse finanziarie dal Governo precedente. Ricordo, al riguardo, lo scandalo dei 3 mila lavoratori socialmente utili assunti a tal fine, i quali restano inoperosi in quanto poi i bacini d'ambito assegnano alle società private la raccolta differenziata, che non viene attuata.
Il ministro conferma peraltro la sua posizione avversa al termovalorizzatore; infatti, quando parla della necessità di un nuovo piano di rifiuti regionale, è evidente che vorrebbe un disegno completamente diverso da quello che da anni è stato approntato dalla regione Campania. Quest'ultimo prevedeva, come ha ricordato, la raccolta differenziata a valle e, man mano, gli impianti di compostaggio, gli impianti del CDR e, in ultimo, il termovalorizzatore.
Mi sembra che in Campania - e il ministro è campano -, tra la regione, gli enti locali interessati ed il ministero, manchi una voce univoca sul modo in cui bisogna affrontare questa emergenza. Mentre prima il centrosinistra si è nascosto dietro l'alibi di indicare nel Governo nazionale qualche responsabilità, finalmente, ora, tutto è chiaro. Tutta l'emergenza rifiuti che viviamo in Campania ha un solo responsabile: è la classe dirigente del centrosinistra, a livello locale e a livello nazionale, che non sa in che modo uscire dall'emergenza, nonostante i provvedimenti straordinari di questi anni, nonostante i commissariati, nonostante le migliaia di miliardi delle vecchie lire spesi in questa direzione. Noi aspettiamo di verificare in che modo saranno riconfermati i commissariati.

PRESIDENTE. Onorevole...

Pag. 47

VINCENZO NESPOLI. Infatti, riteniamo che anche su tale versante la nostra attenzione e la nostra politica saranno di difesa dei cittadini campani che in questo momento, attraverso la voce del ministro, hanno potuto individuare di chi siano le responsabilità dell'emergenza attuale (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

(Iniziative volte a differire la sospensione dei termini per i versamenti tributari e contributivi sino alla fine dello stato di emergenza dichiarato per la provincia di Catania - n. 3-00069)

PRESIDENTE. L'onorevole Raiti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00069, per un minuto (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

SALVATORE RAITI. Onorevole Presidente, onorevole ministro, onorevoli colleghi, esporrò brevissimamente i fatti che si riferiscono ad un'emergenza accaduta nella provincia di Catania nei mesi di ottobre-novembre 2002, quando un terremoto distrusse due comuni, Santa Venerina e Acireale; comuni per i quali ancora non sono state possibili le opere di ricostruzione perché il governatore del centrodestra non ha zonizzato le aree dove è possibile intervenire.
Nello stesso periodo, un'eruzione vulcanica distrusse la stazione sciistica di Linguaglossa, che ancora oggi non è stata ricostruita; vi fu anche una caduta di cenere lavica che per un mese costrinse alla chiusura l'aeroporto di Catania, con danni enormi per i coltivatori, per il terziario e per tutti gli operatori del turismo. Sono state anche emanate delle ordinanze dal Presidente del Consiglio dei ministri, ordinanze che prorogavano lo stato di calamità naturale per queste zone fino al 31 dicembre 2006.

PRESIDENTE. Onorevole...

SALVATORE RAITI. Accadde però che il precedente Presidente del Consiglio dei ministri ha dimenticato di prorogare la sospensione dei termini per il versamento dei tributi fino al 31 dicembre 2006; oggi, i cittadini si trovano, oltre il danno, anche la beffa: chiediamo al nostro Governo di provvedere in maniera seria.

PRESIDENTE. Il ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, risponderò brevemente ricordando innanzitutto che, con un decreto del ministro dell'economia e delle finanze del novembre 2002, furono sospesi, a favore dei soggetti residenti che erano stati interessati direttamente dall'eruzione cui si è testé riferito l'interrogante, i termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari che avevano scadenza nel periodo compreso tra ottobre 2002 e marzo 2003.
Poi, con provvedimenti successivi, il termine di scadenza della sospensione è stato differito più volte ed è stato previsto che i versamenti tributari non eseguiti per effetto della sospensione siano effettuati in un'unica soluzione entro il dicembre 2005, oppure a decorrere dalla stessa data e senza aggravio di sanzione e di interessi, mediante rateizzazione mensile.
In sostanza, la normativa richiamata dispone che i soggetti interessati dall'evento dell'ottobre 2002 beneficino della sospensione dei termini relativi agli obblighi tributari per il periodo che va dal 29 ottobre 2002 al 15 dicembre 2005 e che la restituzione delle somme oggetto della sospensione possa essere effettuata con una rateizzazione mensile pari a otto volte il periodo di sospensione.
Detto questo, nello specifico caso il differimento del termine di scadenza della sospensione ed il conseguente differimento del termine di ripresa della riscossione, che sono richiesti dagli onorevoli interroganti, intervenendo dopo mesi dalle vigenti scadenze, comporterebbe l'adozione di misure aventi efficacia retroattiva, che si concretizzerebbero in una sanatoria per iPag. 48casi di inadempimento intervenuti dal dicembre 2005 fino alla data di adozione delle medesime disposizioni. Il punto di fondo è che l'adozione di questa misura non rientra, purtroppo, nei poteri del ministro dell'economia e delle finanze previsti dall'articolo 9 della legge n. 212 del 27 luglio 2000.
Pertanto, come ministro, non ho alcun potere amministrativo per compiere un intervento di questo tipo; ciò che posso dire è che questa situazione verrà monitorata ulteriormente e si vedrà se esistono altri mezzi per intervenire.

PRESIDENTE. L'onorevole Raiti ha facoltà di replicare.

SALVATORE RAITI. Nel ringraziare il ministro per la sua risposta, tengo a sottolineare che abbiamo il dovere di intervenire necessariamente con una legge. Non possiamo fare finta che non sia accaduto nulla; le inadempienze dei Governi di centrodestra, regionale e nazionale, non possono ricadere sui cittadini, i quali oggi, attendendo, dopo la dichiarazione dello stato di calamità, la sospensione dei tributi, si trovano in una situazione kafkiana, perché in questa attesa non si sono avvalsi del pagamento delle prime rate di rimborso degli oneri contributivi. L'Agenzia delle entrate ha poi emanato un provvedimento con il quale tali cittadini sono stati dichiarati decaduti dal beneficio della sospensione dei tributi. Quindi, oggi non solo non hanno più la sospensione dei tributi per queste inadempienze, ma si trovano ad avere iscritto a ruolo somme cospicue che dovrebbero versare in un'unica rata.
Non possiamo consentire il danno e la beffa. Poiché il nostro Governo si caratterizza per la serietà e per l'equità, credo che dovremmo provvedere, magari utilizzando il sistema del rimborso dei tributi previsto dalla famosa legge del 1990 sul sisma di Santa Lucia, di cui hanno beneficiato anche gli alluvionati del Piemonte, per consentire un rimborso rateale che li metta nelle condizioni di provvedere celermente. Sarebbe opportuno, signor ministro, fornire delle indicazioni all'Agenzia delle entrate affinché sospenda le iscrizioni a ruolo dei tributi, in attesa che il Parlamento decida in maniera tale da mettere tutti nelle condizioni di adempiere ai propri doveri e di non subire questa beffa, che sarebbe veramente insopportabile per popolazioni che ancora non sono state messe nelle condizioni di ripartire in maniera ordinaria nello sviluppo e nel riordino del territorio per inadempienze che certamente non sono loro, ma di quei Governi del centrodestra che li hanno prima illusi e poi turlupinati.

(Questioni connesse all'applicazione della normativa concernente gli interventi per ripianare il deficit sanitario regionale - n. 3-00070)

PRESIDENTE. L'onorevole Fincato ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00070 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

LAURA FINCATO. Sei regioni hanno superato i tetti di spesa sanitaria previsti per il 2005: Abruzzo, Campania, Lazio, Liguria, Molise e Sicilia.
Sappiamo che la regione Liguria ha già raggiunto un accordo con il Governo, mentre l'esame dei piani sanitari delle altre cinque regioni è in corso. Conosciamo, altresì, il contenuto della legge finanziaria per il 2005 e, in particolare, il meccanismo introdotto dall'articolo 1, comma 174.
In ogni caso, il differimento del pagamento oltre il 20 giugno 2006 non dipende, chiaramente, dalla cattiva volontà né delle imprese né degli altri contribuenti IRAP, ma da una normativa confusa e pasticciata che abbiamo ereditato dalla precedente legislatura. Non è affatto chiaro, nella norma citata, se la maggiorazione dell'1 per cento vada calcolata sull'aliquota ordinaria o sulle aliquote in vigore e se siano fatti salvi i regimi di esenzione.
Il Governo ha già chiarito che la maggiorazione derivante dall'aumento di unPag. 49punto percentuale dell'aliquota IRAP sarebbe comunque recuperata dei contribuenti deducendola...

PRESIDENTE. Onorevole Fincato ...

LAURA FINCATO. ...dall'importo della seconda rata.
Chiedo al Governo se intenda intervenire per sospendere, ad esempio fino al 20 luglio 2006, la maggiorazione dello 0,40 per cento per i contribuenti IRAP delle regioni suddette e per chiarire che le disposizioni del citato comma 174 si interpretano nel senso...

PRESIDENTE. Onorevole Fincato, la invito a concludere.

LAURA FINCATO. ...che l'IRAP è calcolata maggiorando di un punto percentuale l'aliquota ordinaria o ridotta vigente nelle regioni interessate, fatti salvi i regimi di esenzione.

PRESIDENTE. Il ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, ha facoltà di rispondere.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, le questioni illustrate dagli interroganti sono già state poste all'attenzione del Governo, che ha ritenuto legittime e fondate le osservazioni di cui la loro interrogazione si è resa interprete. In considerazione di ciò, proprio durante l'esame del decreto-legge concernente l'IRAP, che si è svolto oggi in questa Camera, sono stati assecondati dal Governo emendamenti del relatore volti a chiarire la portata applicativa della disposizione.
Di conseguenza, il Governo ha ritenuto opportuno esentare dalla maggiorazione dello 0,40 per cento i contribuenti che effettueranno il versamento IRAP entro il 20 luglio, invece che entro il 20 giugno, data alla quale l'ammontare dell'imposta nelle regioni interessate risultava ancora incerto. Inoltre, si è ritenuto di precisare che la maggiorazione automatica derivante dall'eccesso di spesa deve essere applicata ai regimi IRAP preesistenti. In caso di IRAP ridotta, quindi, la maggiorazione comporterà un incremento dell'aliquota di un punto anche se l'aliquota risultante sarà inferiore al 5,25. Questa interpretazione implica anche che, in caso di esenzione dall'IRAP, nulla sarà dovuto.
Questi orientamenti, assunti dal Governo per risolvere nel senso più favorevole al contribuente le incertezze interpretative risultanti dalla formulazione della norma originaria, si sono tradotti, nei fatti, in un accoglimento dell'emendamento, nel senso presentato dal relatore, al decreto-legge n. 206 del 7 giugno 2006.

PRESIDENTE. L'onorevole Tolotti, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare, per due minuti.

FRANCESCO TOLOTTI. Signor Presidente, ringrazio il Governo per una risposta che fa chiarezza relativamente ad una situazione complessa, che ci ha visti impegnati in Assemblea anche stamani (in tale occasione, abbiamo registrato sottolineature, eccessi di polemiche e affermazioni strumentali). In condizioni normali, il provvedimento avrebbe dovuto trovare un'ampia convergenza, essendovi coinvolti il Governo precedente, di cui è erede l'attuale opposizione, ed il Governo attuale, in considerazione del fatto che l'esecutivo precedente aveva adottato, nel 2005, un analogo provvedimento per garantire la continuità del gettito dell'IRAP.
La risposta ha fatto chiarezza anche in merito alla polemica secondo cui l'attuale Governo, con il provvedimento in parola, metterebbe le mani nelle tasche degli italiani. Io credo che si sia fatto bene a prevedere la possibilità, per le regioni interessate, di concordare un piano di rientro (la Liguria lo ha già fatto e ci auguriamo che anche le altre possano farlo) e, nel contempo, si sia tenuto adeguato conto degli interessi dei contribuenti delle regioni interessate. Lo spostamento al 20 luglio del termine per il versamento delle quote dovute senza che ciò comporti la maggiorazione dello 0,40 per cento ciPag. 50sembra una misura equilibrata e rispettosa dei diritti dei contribuenti. Noi riteniamo, peraltro, che sia stata corretta anche la determinazione dell'aumento dell'1 per cento sulle aliquote ordinarie ovvero ridotte.
Riteniamo, peraltro, che sia stata corretta anche la determinazione dell'aumento dell'1 per cento sulle aliquote ordinarie o ridotte. Lo ripetiamo: si tratta di una situazione che si è determinata per effetto di un provvedimento, la finanziaria per l'anno 2006, voluto dal Governo precedente. Credo sia interesse di tutti continuare ad affrontare tali questioni, avendo di mira soprattutto le esigenze di semplificazione, chiarezza ed equità in capo ai contribuenti.

(Interventi correttivi in relazione al deficit sanitario delle regioni - n. 3-00071)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Elpidio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00071 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, signor ministro, abbiamo presentato questa interrogazione per sapere, con riguardo alla ripresa della crescita del deficit pubblico registrato negli ultimi anni e che obbliga l'attuale Governo ad assumere interventi correttivi anche in ambito sanitario, con inevitabile coinvolgimento del diritto alla salute dei cittadini, come il Governo intenda definire il proprio rapporto con le regioni. Sappiamo che si tratta di un problema che interessa tutte le regioni e, in particolare, alcune di esse, costrette ad affrontare una situazione veramente difficile. Dunque, vorremmo conoscere gli orientamenti del Governo in merito.

PRESIDENTE. Il ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, ha facoltà di rispondere.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, tre minuti sono veramente pochi per affrontare un problema di tale portata e quindi mi limiterò ad esprimere pochissimi concetti. Sappiamo che l'Italia ha un sistema sanitario collocato tra i migliori, nel confronto internazionale. Sappiamo anche che la spesa sanitaria cresce a ritmi forti, in parte perché vi è un miglioramento nella tecnologia della salute - e, quindi, nei costi della salute stessa -, e in parte perché l'Italia è un paese che ha una popolazione che invecchia. Quindi, l'attenzione sulle risorse è un problema cronico in questi anni.
L'azione di questo Governo è consistita, in un primo momento, nell'applicare la legge finanziaria vigente, e l'atto di sindacato ispettivo che è stato discusso precedentemente, riguardante alcune regioni che hanno avuto le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta IRAP, concerne questa parte dell'azione governativa. Nel contesto di tale azione, abbiamo avviato subito ed accelerato una collaborazione con le regioni, per scrivere un nuovo «patto della salute», anzi ho detto che se tale collaborazione darà frutti in tempi rapidi si cercherà di revocare gli incrementi di imposta che sono scattati a giugno. Posso solo dire che questa è una priorità fortissima del Governo e che i tre principi sui quali si vorrebbe che il nuovo patto fosse impostato - mi pare che su ciò vi sia accordo tra il Governo e le regioni - sono i seguenti: anzitutto, una tutela adeguata della salute dei cittadini, uniforme su tutto il territorio nazionale; poi, un sistema sanitario che sia, dal punto di vista finanziario, coerente con il vincolo di disciplina dei conti pubblici; infine, una piena combinazione tra autonomia e responsabilità finanziaria delle regioni. Si lavora su tali principi; è troppo presto per dire quali saranno i dettagli del risultato del lavoro di scrittura di un nuovo patto; mi auguro che possano essere raggiunti in breve tempo e riferirò ulteriormente, quando i lavori avranno dato il loro esito.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Elpidio ha facoltà di replicare.

Pag. 51

DANTE D'ELPIDIO. La ringrazio, signor ministro. Ci riteniamo soddisfatti della risposta, poiché conferma le linee programmatiche della nostra coalizione e, soprattutto, risponde ad esigenze molto forti emerse nel mondo della sanità negli ultimi anni. Tali esigenze richiedono la necessità di impostare un nuovo quadro di relazioni tra Stato e regioni, che configuri da parte delle regioni un programma improntato a principi di rigore, ma anche a scelte condivise a livello centrale, un patto nuovo per un percorso condiviso di programmazione e di valutazione. In quest'ottica, è giusto che le regioni vengano chiamate ad un'assunzione forte di autonomia e di inderogabile responsabilità di bilancio.
Mi preme rilevare che tali due aspetti appaiono emblematici della discontinuità con cui questa maggioranza e questo Governo si presentano all'opinione pubblica, con i fatti e non con le parole. Oggi è sotto gli occhi di tutti la «voragine» nei conti della sanità che abbiamo ereditato dal precedente Governo, e non siamo solo noi a dirlo: le regioni hanno da tempo denunziato una previsione di finanziamento per il 2004 di almeno 4,5 miliardi di euro in meno rispetto alle reali esigenze del settore sanitario e che rispetto a tali somme sono stati stanziati solo 2 miliardi nella finanziaria per l'anno 2006.
Inoltre, gli adempimenti dovuti dalle regioni sono aumentati in maniera considerevole configurando un percorso di controllo della spesa tortuoso, complicato e fortemente centralistico da parte dello Stato: alla faccia dello sbandierato federalismo del centrodestra e della loro devolution fortunatamente bocciata dagli italiani!
Siamo certi che saranno predisposte azioni mirate ad introdurre nel sistema eventuali procedure di controllo di qualità delle prestazioni e più adeguati livelli di appropriatezza delle stesse; così come si cercherà di assicurare al sistema sanitario nazionale un adeguato livello di sostituzione e di innovazione delle tecnologie facendo ricorso a finanziamenti per nuovi investimenti mirati allo scopo. Tutto questo senza trascurare un elemento importante e fondamentale come è quello del personale, che deve essere sempre più motivato, qualificato e professionale. I segnali di discontinuità che abbiamo avvertito...

PRESIDENTE. Onorevole D'Elpidio, concluda.

DANTE D'ELPIDIO... nelle parole del ministro ci fanno ben sperare in ordine alla disastrosa politica sanitaria del precedente Governo e credo abbiano già posto le premesse per guardare al futuro con maggiore fiducia (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur).

(Intenzioni del Governo sulla base militare di Sigonella - n. 3-00073)

PRESIDENTE. L'onorevole Licandro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00073 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5), per un minuto.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, signor ministro, com'è noto la base militare di Sigonella è un'installazione del Governo italiano data in concessione al Governo statunitense. Da circa un anno si assiste ad una riduzione notevole o addirittura alla chiusura di importanti squadroni americani con il trasferimento del personale militare americano altrove.
Quella di Sigonella è stata considerata finora come una base strategica nello scacchiere del Mediterraneo. Le riduzioni di personale e le chiusure citate stanno provocando una ricaduta enorme e anche drammatica sui livelli occupazionali del paese, considerando anche che non si tiene conto di tutta una serie di lavoratori che prestano il loro lavoro presso aziende che svolgono lavori in appalto presso la base.
Con questa interrogazione si chiede al Governo di sapere quali novità il Governo statunitense sta disegnando nelle sue linee di politica militare e quale sorte spetteràPag. 52alla base militare di Sigonella. Riteniamo che tale questione sia importante sia sul piano della politica estera sia per la politica interna al fine di predisporre almeno una rete di salvaguardia per i lavoratori interessati.

PRESIDENTE. Il ministro della difesa, Arturo Mario Luigi Parisi, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ARTURO MARIO LUIGI PARISI, Ministro della difesa. Signor Presidente, l'interrogazione in esame, che presenta aspetti di prevalente competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, affronta la questione dell'esubero del personale civile italiano che è occupato presso alcune basi militari degli Stati Uniti presenti sul nostro territorio e di cui si è ipotizzata la chiusura. A questo proposito debbo ricordare che gli Stati Uniti sono da tempo impegnati in un processo di trasformazione dello strumento militare. Si tratta di una trasformazione funzionale ad una dottrina di impiego incentrata su una maggiore mobilità e flessibilità delle forze per adeguarle agli impegni che caratterizzano il quadro geostrategico attuale e, primo fra tutti, la lotta al terrorismo.
Questo processo contempla anche una riconfigurazione della presenza militare statunitense nel mondo. Il processo decisionale americano rimane tuttavia soggetto di fatto a consultazioni con alleati e partner e, quindi, anche con il Governo italiano in vista delle decisioni conseguenti sul piano operativo che verranno assunte in sintonia con i paesi interessati.
La modifica degli assetti dovrà naturalmente configurarsi nella base degli accordi che regolano la materia che concerne l'utilizzazione delle basi in Italia da parte di forze alleate. In questo quadro, non risulta alcuna previsione riduttiva circa il futuro delle forze americane presenti nella base di Sigonella.
Passando alla questione specifica del personale civile impiegato presso questa base, colgo con chiarezza, naturalmente, la rilevanza e complessità dei problemi dei dipendenti cui fa riferimento l'interrogazione, i quali vivono con legittima preoccupazione l'eventuale perdita del posto di lavoro. In proposito, debbo precisare che la Difesa è del tutto estranea al rapporto di lavoro intercorrente fra le basi di paesi alleati e la manodopera locale, in quanto il personale in servizio presso queste basi è assunto direttamente dal comando americano interessato, con un contratto di natura privatistica. Anche i contratti di appalto sono stipulati direttamente ed in piena autonomia dalle autorità statunitensi. Ne consegue che la Difesa è estranea al rapporto giuridico che intercorre tra le autorità statunitensi e le imprese che lavorano in appalto presso le basi militari americane, così come ai rapporti di lavoro che si instaurano tra queste imprese ed i propri dipendenti. Tuttavia, data l'importanza della questione, che non mi è ignota, desidero dare assicurazione riguardo all'impegno e alla determinazione che la Difesa porrà per sostenere tutte le possibili iniziative per la soluzione dei problemi sollevati, come già è avvenuto in passato ed in analoghe circostanze, interessando e cooperando con i dicasteri competenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Licandro ha facoltà di replicare, per due minuti.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor ministro, mi ritengo soddisfatto della sua risposta, ma desidero effettuare una precisazione. La riduzione dei reparti militari è in atto da tempo e sarebbe opportuno che il Governo, nel giusto e corretto rapporto con le autorità militari statunitensi e con il Governo degli Stati Uniti d'America, capisse bene le dinamiche in atto. La base militare di Sigonella ha avuto una importanza strategica nello scacchiere del Mediterraneo nell'ultima fase, in cui si è assistito ad una aggressività nella politica statunitense verso il Medio Oriente.
Sono soddisfatto della risposta, signor ministro, anche sotto un altro aspetto, cioè riguardo alla sensibilità del Governo nel farsi carico di una protezione sociale dei lavoratori italiani. Tuttavia, le rimando ancora una sollecitazione perché ritengo offensivo e scandaloso che le autoritàPag. 53militari statunitensi non accettino al tavolo delle trattative la più grande organizzazione sindacale di questo paese, cioè la CGIL. Questo è sancito, per così dire, per tabulas dall'accordo del 23 marzo 2006, al quale hanno partecipato CISL e UIL, ma da cui è stata tenuta fuori la CGIL. Quindi, signor ministro, un intervento suo e del Governo, su questo piano, credo che sia cosa buona e giusta.

(Tempi di realizzazione della tratta ad alta velocità Torino-Lione - n. 3-00074)

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00074 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6).

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho utilizzato questo strumento di sindacato ispettivo proprio per avere dal ministro delle infrastrutture - e mi auguro che la esponga - una posizione chiara del Governo per quanto riguarda la TAV. Abbiamo ricevuto una serie di indicazioni, in questo periodo, che ci fanno preoccupare. Tra queste, ovviamente, ci sono la rimozione delle ruspe e delle scavatrici che avrebbero dovuto effettuare i primi sondaggi nella parte in cui dovrebbe essere realizzato il maxitunnel del Venaus; ma ci sono anche, signor ministro, alcune dichiarazioni da parte dei suoi colleghi di Governo, cioè da parte del ministro dell'ambiente e del sottosegretario Cento, che hanno escluso categoricamente la realizzazione di quest'opera. Ci dica se farà quest'opera. Non ci faccia sognare e non ci riporti elementi tecnici di valutazione ed approfondimenti che hanno tutto il sapore della dilazione e non, certamente, della onestà intellettuale che tutti dobbiamo avere nei confronti del paese (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Confermo che il Governo intende realizzare la nuova tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, così come dichiarato anche dal Presidente del Consiglio Prodi - e le sue parole fanno stato - in occasione del recente incontro con la coordinatrice per la Commissione europea del progetto Corridoio 5, Loyola de Palacio. A conferma di tale orientamento e dell'impegno del Governo per la realizzazione del progetto, ricordo e segnalo che per domani, 29 giugno, è programmata una riunione dell'apposito tavolo politico costituito dal precedente Governo, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la partecipazione dei ministri competenti e dei rappresentanti delle comunità locali, anche in vista della prossima riunione già convocata della commissione intergovernativa Torino-Lione, fissata per il prossimo 4 luglio. In questa riunione non faremo mancare il nostro contributo affinché il tavolo politico e la commissione intergovernativa definiscano le procedure da seguire per una tempestiva approvazione del progetto dell'opera.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di replicare.

MARIO TASSONE. Signor ministro, io prendo atto delle sue dichiarazioni anche perché sono cose che sapevamo. Ovviamente il Presidente del Consiglio dei Ministri ha assunto una posizione, a suo dire, estremamente chiara, ma rimangono alcune perplessità. Mi scuso se, anche dopo la sua dichiarazione, tali perplessità rimangono intatte. Intanto, ieri, il ministro dei trasporti è venuto in Commissione trasporti e ha detto che occorre fare eventualmente ulteriori approfondimenti; ma occorre trovare anche delle soluzioni alternative sul piano tecnico, le quali sono state escluse nel passato da parte di Ferrovie dello Stato. Lei capirà, signor ministro, che tutto questo presenta l'oggettivo pericolo di dilazionare, vanificare, dissipare l'opera. Inoltre, il presidente della comunità montana di Ferentino escludePag. 54chiaramente e categoricamente la realizzazione dell'opera. Il Governo deve avere una posizione chiara: il Presidente del Consiglio dei Ministri non ce l'ha, signor ministro, perché avrebbe dovuto chiamare il suo ministro dell'ambiente, il suo sottosegretario e i suoi sottosegretari e molte delle realtà che fanno a lui capo e avrebbe dovuto dire chiaramente qual è la posizione del Governo. Mi pare che questo assomigli al gioco delle tre carte; si cerca di arrivare ad un punto in cui, ovviamente, ci saranno ulteriori valutazioni tecniche che consiglieranno di dilazionare l'opera: a quel punto avremo perso i finanziamenti dell'Europa e un appuntamento con la stessa a livello strategico internazionale.

(Dichiarazioni del ministro delle infrastrutture sulla priorità delle opere pubbliche strategiche - n. 3-00075)

PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliva n. 3-00075 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmatario.

GIUSEPPE MARIA REINA. L'interrogazione urgente è volta a conoscere se le dichiarazioni del ministro delle infrastrutture, onorevole Di Pietro, apparse sul quotidiano Il Sole 24 Ore del 18 giugno 2006, relative ad una presunta classificazione per priorità delle 220 opere pubbliche strategiche inserite nel piano varato dal precedente Governo Berlusconi, secondo la quale il ponte sullo Stretto di Messina, in una graduatoria da zero a due, si collocherebbe al punto tre e farebbe parte, sempre secondo le affermazioni dell'onorevole Di Pietro, delle opere che lui definisce «botte piena e moglie ubriaca», ovvero delle opere da libro dei sogni. Noi intendiamo conoscere se queste dichiarazioni sono espresse a titolo personale o impegnano il Governo per l'azione che deve condurre.

PRESIDENTE. Il ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Signor Presidente, premetto che la classificazione per priorità delle opere pubbliche cui si fa riferimento non è presunta, ma è stata consegnata integralmente sia ieri, sia questa mattina alle Commissioni parlamentari competenti.
Le dichiarazioni da me rese nell'intervista a Il Sole 24 Ore che si citano, nelle quali classificavo la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina come opera da rinviare rispetto a quelle previste dalla cosiddetta legge obiettivo, non sono mie opinioni personali. Nel programma dell'Unione, infatti, sottoscritto da tutti i partiti che fanno parte della coalizione di Governo, è scritto chiaramente che il ponte sullo Stretto di Messina non è tra le priorità individuate, a breve, come da realizzare.
Prima di costruire il ponte sullo Stretto, infatti, si deve provvedere a fornire il sud del paese di infrastrutture molto più urgenti ed attese da anni dalla popolazione. Mi riferisco all'autostrada Salerno-Reggio Calabria, alla strada statale jonica, al riammodernamento della rete ferroviaria Battipaglia-Reggio Calabria ed alle reti stradali ed infrastrutturali della Sicilia.
Insomma, proprio per consentire la realizzazione delle opere realmente importanti ed essenziali, e comunque prioritarie per tutto il paese, garantendone la effettiva copertura finanziaria, con il prossimo Documento di programmazione economico-finanziaria si dovrà «stralciare» quella parte di opere non ritenute prioritarie da questo Governo e da questa maggioranza, proseguendo invece le opere già cantierate o appaltate, rispetto alle quali non vi è altro da fare se non pagare i lavori già svolti da qui a fine anno.
Realizzeremo, quindi, le opere appaltate e cantierate e provvederemo a rivedere l'elenco delle opere individuate, a suo tempo, dal Governo di centrodestra per «stralciare» opere come il ponte sullo Stretto di Messina, il quale, allo stato, dal Governo e dalla maggioranza di centrosinistra non viene ritenuto prioritario rispetto ad altre infrastrutture.

Pag. 55

PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor ministro, apprendiamo ancora una volta che, nell'agenda del Governo, non esiste la priorità sud e Meridione. Una volta avevate la scusa...

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Ho parlato solo di quello!

GIUSEPPE MARIA REINA. ... del Governo Berlusconi, ed affermavate che quell'esecutivo volgeva la propria attenzione e destinava risorse al nord perché era presente la Lega. Ora che tale partito non è presente in questo Governo, e che pure qualche uomo del sud vi fa capolino, continua a permanere un ostracismo nei confronti delle opere infrastrutturali del Meridione.
Le ricordo, signor ministro, che il suo collega Vicepresidente del Consiglio, rispondendo ad una precedente interrogazione che avevamo presentato, ha già affermato che la TAV nel sud - quella che lei, nell'articolo su Il Sole 24 Ore, crede possa essere realizzata, poiché la linea Battipaglia-Reggio Calabria rappresenta un elemento fondante affinché si possa parlare seriamente della costruzione del ponte sullo Stretto di Messina - non sarà probabilmente realizzata prima del 2013.
Ciò significa che ci troviamo di fronte alla netta preclusione di ogni possibilità di costruire infrastrutture al sud! Non possiamo, pertanto, che constatare l'esistenza di un atteggiamento di assoluta ostilità da parte del Governo nei confronti delle popolazioni meridionali.
Eppure, signor ministro, le vorrei ricordare - e giungo rapidamente alla conclusione - che, non più di un paio di settimane fa, oltre 10 mila persone hanno protestato a Reggio Calabria, e fra di esse vi erano numerosi rappresentanti di pubbliche amministrazioni; lo hanno fatto ordinatamente perché, grazie a Dio, le autorità amministrative di Messina non hanno inviato neanche un vigile urbano per garantire l'ordine pubblico!
Si è trattato, tuttavia, di una manife stazione ordinata e civile, della quale speravamo che il Governo prendesse atto...

PRESIDENTE. Onorevole Reina...

GIUSEPPE MARIA REINA. ... anche se, naturalmente, la maggior parte dei mass media ha preferito ignorare volontariamente tale questione.
Ribadisco ancora una volta, signor ministro, che tale atteggiamento del Governo depone per noi in maniera assolutamente negativa...

PRESIDENTE. Onorevole Reina, la prego di concludere...

GIUSEPPE MARIA REINA. ... e ci vedremo costretti ad assumere un atteggiamento ben diverso da quello che auspicavamo...

PRESIDENTE. Onorevole Reina, deve concludere, per cortesia!

GIUSEPPE MARIA REINA. Grazie.

(Ipotesi di un piano di esodo incentivato per i pubblici dipendenti e di regolarizzazione di precari - n. 3-00076)

PRESIDENTE. L'onorevole Turci ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00076 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).

LANFRANCO TURCI. Signor ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, nei giorni scorsi, in un'intervista, commentando una lettera che aveva ricevuto dai sindacati confederali, lei si è dichiarato favorevole all'ipotesi sia di predisporre un piano di esodo incentivato di un certo numero di dipendenti della pubblica amministrazione in esubero (300 o 400 mila dipendenti), sia di sanare la posizione dei lavoratori precari.
Ma è soprattutto sul primo aspetto che la interrogo, per comprendere, per un verso, come si arriva, grosso modo, al calcolo delle 300, 400 mila unità e, per l'altro, quali ipotesi di costi possono sorreggerePag. 56un piano di esodo incentivato. Inoltre, vorrei sapere (peraltro, credo sia la denominazione del suo Ministero), come questo progetto si raccordi ad un'ipotesi vera di semplificazione delle procedure amministrative.
Pochi giorni, fa sul quotidiano la Repubblica - inserto Economia - è uscito uno studio della CNA nazionale che, ancora una volta, ci ricorda il numero impressionante di procedimenti cui sono sottoposte anche le classi più modeste.

PRESIDENTE. Onorevole Turci...

LANFRANCO TURCI. Ho finito, Presidente. Mi riservo di replicare dopo l'intervento del ministro. In ogni caso, mi riferivo all'indagine sui tempi necessari per avviare anche le attività più modeste.

PRESIDENTE. Il ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, ha facoltà di rispondere.

LUIGI NICOLAIS, Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Signor Presidente, nell'intervista resa al Corriere della Sera lo scorso 25 giugno ho inteso condividere soprattutto lo spirito delle proposte avanzate dai segretari generali della funzione pubblica CGIL CISL UIL relative al comparto del pubblico impiego.
Ho già avuto modo di ripetere in numerose occasioni pubbliche che è indispensabile avviare un processo di condivisa e concertata riforma della pubblica amministrazione e che questa deve reggersi su due fondamentali direttrici di intervento che ci consentano di ridisegnare la mission aggiornando e rilanciando l'intero settore: un forte ringiovanimento basato su percorsi di stabilizzazione dei tanti precari in gran parte giovani, che ormai da anni, di fatto, offrono le proprie prestazioni nel pubblico impiego privi di certezze sul proprio avvenire ed il rilancio della formazione orientato soprattutto all'internazionalizzazione e all'informatizzazione, per costruire una generazione di funzionari e dirigenti in grado di padroneggiare strumenti di lavoro innovativi e di curare in modo efficace le relazioni con i principali centri decisionali sovranazionali.
Si tratta di una sfida complessa che non può essere affrontata con battaglie ideologiche o con astratte dichiarazioni di principio. Ecco perché ho inteso sottolineare al riguardo l'importanza del dialogo con le organizzazioni sindacali. È in gioco la competitività del sistema paese e la sua capacità di produrre innovazione e calarsi nelle moderne sfide globali di sviluppo e di crescita. Dunque, tutte le parti in gioco devono sentirsi impegnate in tale direzione.
Ho perciò proceduto all'istituzione di quattro tavoli tecnici che saranno la sede privilegiata di confronto e di elaborazione di un piano dettagliato per il conseguimento degli obiettivi che ho appena enunciato e di articolate e concrete proposte; una nuova amministrazione altamente qualificata, digitalizzata, naturalmente più snella, perché con meno funzioni a cui assolvere, anche in virtù della piena applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale prevista dal nuovo articolo 118 della Costituzione, potrà così candidarsi a divenire il vero e proprio motore della ripresa economica del paese.
Certo, già oggi possiamo avanzare alcune valutazioni di carattere generale, considerando il tasso di pensionamento naturale annuo, stimato in circa il 2,8 per cento (quindi, già parliamo di circa novantamila unità), la possibile abrogazione delle norme che prevedono la permanenza in servizio oltre i 67 anni, la messa a punto di meccanismi di incentivazione per accelerare le uscite previste dal pensionamento naturale al fine di introdurre forze fresche in una rinnovata funzione pubblica più moderna e dinamica; si possono già gettare le fondamenta di una più ampia politica di ringiovanimento del pubblico impiego.

PRESIDENTE. Signor ministro...

LUIGI NICOLAIS, Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Credo che altre iniziativePag. 57nel settore dell'innovazione tecnologica siano già avviate. Non sarà facile, ma l'obiettivo di modernizzare il paese rappresenta per noi la vera sfida da vincere.

PRESIDENTE. L'onorevole Turci, al quale ricordo che ha due minuti di tempo a sua disposizione, ha facoltà di replicare.

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, signor ministro, la ringrazio e le assicuro che seguiremo con grande attenzione questo suo programma, perché siamo convinti che qui si giochi una delle carte decisive, come ha detto lei, di modernizzazione del paese.
Dobbiamo dire che non abbiamo un grande bilancio alle spalle negli ultimi anni. Voglio ricordare che il Governo di centrodestra, che aveva giocato tutta la sua campagna ideologica sullo slogan «meno Stato più mercato», ci ha dato più Stato e non ci ha dato un mercato più efficiente. Ciò non toglie che anche il centrosinistra abbia delle pecche di lunga data da farsi perdonare.
Vorrei segnalare, accanto all'esigenza su cui lei ha molto insistito dell'informatizzazione e della professionalizzazione, dell'acculturamento generale della pubblica amministrazione, il problema della semplificazione e abrogazione di norme: se non facciamo questo, lei alla fine si ritroverà come i funghi ricrescere i dipendenti man mano che li taglia.
Nella penultima legislatura abbiamo avuto l'esperienza dello Sportello unificato per le imprese - è presente oggi il ministro Bersani che lo sostenne a suo tempo -; credo però che se dovessimo tirarne un bilancio a qualche anno di distanza esso non sia stato positivo, poiché non abbiamo abrogato delle norme. Non basta unire gli sportelli se non abroghiamo norme inutili, pericolose o dannose (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

(Orientamento del Governo in merito ad una eventuale ripresa della sperimentazione della pillola abortiva - n. 3-00072)

PRESIDENTE. L'onorevole Lussana ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00072 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9).

CAROLINA LUSSANA. La ringrazio, signor Presidente. Nel giorno della sua prima visita alla regione Piemonte il ministro della salute, Livia Turco, ha reso alcune dichiarazioni in merito alla sperimentazione della pillola abortiva RU 486, bloccata lo scorso anno dall'allora ministro Storace per ravvisate irregolarità.
Tenuto conto che il ministro ha in pratica assolto la sperimentazione, definendola corretta e non lesiva della legge n. 194, assolvendo quindi anche l'operato del ginecologo Viale, esponente de La Rosa nel Pugno, che l'ha condotta, nonostante vi sia un'inchiesta giudiziaria in corso per accertare le possibili violazioni del protocollo ministeriale; visto che a livello scientifico non sono ancora state accertate le conseguenze sanitarie che l'uso della pillola RU 486 può avere sulla salute della donna; considerato che seri dubbi sulla pericolosità per la salute umana sono stati avanzati addirittura dallo stesso scopritore della pillola abortiva, chiediamo di sapere quale orientamento il ministro della salute intenda adottare in merito ad una eventuale ripresa della sperimentazione e come intenda argomentare la sua compatibilità con la normativa vigente in materia di interruzione volontaria della gravidanza.

PRESIDENTE. Il ministro della salute, Livia Turco, ha facoltà di rispondere.

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Onorevoli colleghi e colleghe, in risposta ai quesiti posti dagli interroganti, intendo preliminarmente chiarire che la sperimentazione della pillola RU 486 era stata ripresa già dal precedente ministro della salute. A questo proposito preciso che l'ordinanza ministeriale del 21 settembre 2005, che sospendeva la sperimentazione presso l'ospedale Sant'Anna di Torino dell'aborto farmacologico e l'arruolamento di nuove pazienti, prevedeva la ripresa della sperimentazione a condizione che al Ministero della salute venisse preventivamente notificata la idonea regolarizzazionePag. 58delle procedure, nel rispetto delle indicazioni fornite dal parere del Consiglio superiore di sanità del 18 marzo 2004, in materia di ricovero ospedaliero delle pazienti e di obbligo dell'informativa alle donne e al personale medico.
Dal mese successivo - ottobre 2005 - l'ospedale Sant'Anna di Torino ha ripreso la sperimentazione, successivamente all'adozione di un nuovo protocollo che contemplava il ricovero delle pazienti nella struttura per tutta la durata del trattamento farmacologico nell'ambito delle norme della legge 22 maggio 1978, n. 194. È per questo motivo, e sulla base di questo atto precedente, che ho ribadito non l'opinione personale, ma quanto in quell'atto stesso inteso e detto, e cioè che si tratta di una sperimentazione corretta.
Va, inoltre, precisato che il relativo protocollo del Sant'Anna è stato approvato dal competente Comitato etico-ospedaliero sulla base del parere già citato e in conformità al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211, che disciplina le sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico.
In risposta a quanto riportato nell'atto parlamentare in merito ad una mia dichiarazione, nel ribadire che quanto in corso al Sant'Anna è corretto, cioè coerente con la legge n. 194, voglio chiarire che questa dichiarazione ribadisce la correttezza del protocollo sperimentale in corso presso il medesimo ospedale Sant'Anna di Torino, come già precisato in occasione della risposta a precedenti atti parlamentari sul medesimo argomento nella seduta della Camera dei deputati del 13 giugno.
Nella risposta veniva sottolineato...

PRESIDENTE. Ministro, deve concludere...

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Capisco che ho pochi minuti, però vorrei concludere... Nella risposta veniva sottolineato, dicevo, che la posizione attuale del Ministero della salute è quella di confermare le decisioni precedentemente assunte nel corso del 2005, alla luce di due pareri di contenuto medico scientifico del 18 marzo 2004 e del 20 dicembre 2005, che si riportano qui sinteticamente (chiedo ancora un minuto di tempo): alla luce delle conoscenze disponibili, i rischi dell'interruzione farmacologica di gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell'interruzione chirurgica solo se l'interruzione di gravidanza avviene in ambito ospedaliero (sezione V, 18 marzo 2004).
Il parere del 20 dicembre 2005 riporta testualmente che l'associazione di mifepristone e di misoprostolo debba essere somministrata in ospedale pubblico o in altra struttura prevista dalla predetta legge n. 194 del 1978 e che la donna debba essere trattenuta...

PRESIDENTE. Ministro, per cortesia...

LIVIA TURCO, Ministro della salute. ...fino ad aborto avvenuto.

PRESIDENTE. Ministro, deve concludere!

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Capisco, ma devo leggere un parere scientifico, non un'opinione personale.

PRESIDENTE. Lo so, ma i tempi sono quelli e sono già stabiliti.
L'onorevole Lussana ha facoltà di replicare.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, signor ministro, la ringrazio per la risposta, che però mi lascia profondamente insoddisfatta. La sua affermazione sulla correttezza del protocollo in itinere all'ospedale Sant'Anna mi lascia ulteriormente perplessa; c'è in corso un'inchiesta giudiziaria ed è indagato il ginecologo Viale proprio per violazione di quel protocollo. Si parla di una degenza che non rispetterebbe i tre giorni previsti dal protocollo e di dimissione del paziente dopo solo un giorno di ricovero.
È chiaro che questa sua risposta è perfettamente in linea con le tendenze, già manifestate da lei e da altri suoi colleghi di Governo, esponenti della maggioranza,Pag. 59volte a far passare come conquiste di civiltà iniziative progressiste e avanguardiste. Ci propinate come modelli positivi le «stanze del buco»! Ministro, abbiamo notato le sue dichiarazioni sull'aumento del consumo quotidiano di hashish e marijuana, che rappresentano un messaggio culturale profondamente pericoloso nei confronti dei nostri giovani. Si vuol far passare l'idea che le cosiddette droghe leggere, come vi ostinate a chiamarle, non siano pericolose per la salute, nonostante un rapporto dell'ONU pubblicato sulla stampa di questi giorni sia in contraddizione con le vostre politiche governative.
Ma veniamo alla pillola RSU. Mi auguro che le violazioni che ci sono verranno accertate, non da lei ministro (che lo fa in modo un po' parziale), ma dalla magistratura e che l'inchiesta giudiziaria farà il suo corso.
Per quanto riguarda la pillola abortiva, ritengo che bisogna fare chiarezza. Anche in questo caso si parla di un messaggio culturale sbagliato; è estremamente pericoloso per la salute della donna far credere che l'aborto chimico sia meno invasivo e drammatico, anche sotto il profilo psicologico, dell'aborto chirurgico. Voi dovete spiegare che non è così, dovete spiegare che cosa comporta l'assunzione della RU 486: la donna vive giorni in presa diretta con l'aborto, molto più che nell'atto chirurgico; trascorre tre giorni sapendo che ormai ha attivato una procedura inarrestabile di avvelenamento del figlio, inarrestabile, anche in caso di ripensamento, e vede il figlio espulso da sé, tramite l'emorragia. Diciamolo alle donne: espulso come un autentico rifiuto! Allora, questa procedura rende inevitabile per la madre la presa di coscienza diretta dello spegnersi lento della vita.

PRESIDENTE. Onorevole, la prego di concludere.

CAROLINA LUSSANA. Come se non bastasse, lei ha detto che questa procedura non comporta danni, ma mi sembra sia obbligatorio scrivere nel «bugiardino» del farmaco, tra gli effetti indesiderati, la morte, l'emorragia, il calo pericolosissimo delle difese immunitarie. Concludo, Presidente.
Quindi, questo della pillola abortiva è un tema che non deve essere affrontato con superficialità, evitando di rifarsi a modelli di paesi esteri che l'hanno adottata, ma che stanno anche tornando indietro. Altrimenti, ci dovete spiegare se dietro al fatto di voler incentivare questo metodo non ci sia la volontà magari di aggirare quelle che sono le procedure...

PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere...

CAROLINA LUSSANA. ...della legge n. 194, in modo particolare per quanto riguarda le norme sulla prevenzione, le norme dissuasive nei confronti della donna. Infatti, la scelta della donna deve essere una scelta libera, ma consapevole. Per questo noi, di fronte a queste politiche...

PRESIDENTE. Onorevole...

CAROLINA LUSSANA. ...che portano avanti la cultura della morte e non della vita, che non tutelano la salute della donna, non potremo sicuramente seguirvi (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

(Dichiarazioni del procuratore aggiunto di Bari dottor Marco Dinapoli in relazione ad un'inchiesta giudiziaria - n. 3-00077)

PRESIDENTE. L'onorevole Leone ha facoltà di illustrare l'interrogazione Elio Vito n. 3-00077 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), di cui è cofirmatario.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, signor ministro, il procuratore aggiunto della procura di Bari, Marco Dinapoli, in un'intervista ad un quotidiano nazionale, la Repubblica, del 22 giugno 2006, si è abbandonato ad una serie di affermazioniPag. 60e giudizi in ordine ad una vicenda giudiziaria che ha coinvolto un deputato in carica pugliese, indicando persino l'esistenza di comportamenti malavitosi, dimenticando che, due giorni prima, era entrata in vigore una norma, prevista dall'ordinamento giudiziario, che demandava, per quanto riguarda le comunicazioni della procura, al procuratore capo o ad un suo delegato (apposta delegato e non solo per la vicenda) di «conferire» con la stampa.
L'intervista ha suscitato oltre che sdegno anche perplessità in ordine al comportamento del magistrato, di cui, signor ministro, le chiediamo conto se, per caso, ella possa essere stato indotto ad iniziare un procedimento disciplinare.

PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, mi consenta innanzitutto di salutarla in maniera cordialmente istituzionale, perché quella è la sede dove per tanti anni sono stato.

PRESIDENTE. Grazie, signor ministro.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Detto questo, risponderò agli interroganti, i quali si dolgono delle dichiarazioni rese dal procuratore aggiunto di Bari, dottor Dinapoli, nel corso di un'intervista resa al quotidiano la Repubblica. In particolare, gli interroganti censurano la dichiarazione resa dal dottor Dinapoli riguardo alla vicenda giudiziaria che ha interessato l'onorevole Raffaele Fitto, poiché nell'intervista (così dicono) il magistrato avrebbe fatto riferimento alla «esistenza di un'organizzazione malavitosa paragonabile ad una cupola e ad un giro di malaffare superiore a quello dei "pizzini" di Bernardo Provenzano», mostrando di nutrire (così anche è detto dagli interroganti) «pregiudizi personali e politici nei confronti dell'onorevole Fitto», e violando di fatto le norme che limitano le dichiarazioni dei magistrati sull'indagine da loro condotta.
Al fine di ricostruire con completezza e precisione la vicenda, ho disposto con immediatezza gli opportuni accertamenti, che sono, per quanto mi riguarda, giusti e corretti, tramite le competenti articolazioni ministeriali ed ho anche richiesto informazioni al procuratore della Repubblica di Bari. Ad oggi è possibile, in primo luogo, rilevare il preciso contorno dell'articolo di stampa. In questo, in risposta ad una domanda che faceva riferimento alle posizioni dell'onorevole Fitto e di altri indagati, si legge che il procuratore Dinapoli avrebbe dichiarato: «Posso affermare soltanto, ma con certezza, che abbiamo trovato un modo di amministrare paragonabile ad un'organizzazione da cupola destinato a privilegiare l'interesse privato di pochi».
Andando avanti nel corso dell'intervista, ad una richiesta di commentare il quadro emergente dal procedimento sulle cosiddette tangenti sulla sanità, è riportata la seguente affermazione del dottor Dinapoli: «In Puglia, spesso, c'è molta spregiudicatezza nel commettere reati, dai concorsi universitari agli appalti. È come il gioco delle scatole cinesi; ne apri uno e subito salta fuori qualche altra cosa. Nelle intercettazioni che abbiamo disposto, i protagonisti usano un linguaggio estremamente esplicito, altro che "pizzini"».
In merito a questa intervista il procuratore della Repubblica di Bari ha osservato di avere delegato, in data 20 giugno uscente, il dottor Dinapoli, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 106 del 2006, a tenere una conferenza stampa con gli organi di informazione, che sollecitavano notizie in ordine al procedimento penale a carico dell'onorevole Fitto e di altri. Il capo dell'ufficio, sempre il procuratore, ha poi chiarito che lo stesso dottor Dinapoli ha, successivamente, rilasciato un'intervista, il 22 giugno, al quotidiano la Repubblica, sul presupposto della delega inizialmente conferitagli.
Il procuratore della Repubblica di Bari ha, inoltre, trasmesso copia della dichiarazione rilasciata lo stesso 22 giugno dal dottor Dinapoli all'Ansa di Bari, nella quale il magistrato precisa di avere svoltoPag. 61nell'intervista soltanto considerazioni di carattere generale e che non si riferiva ad alcuno specifico procedimento penale né ad alcuna persona in particolare e smentisce di avere utilizzato le espressioni «cupola» e «pizzini», che nell'intervista gli sono state attribuite.
È stata, altresì, acquisita copia del comunicato stampa, redatto dall'avvocato Claudio Fanelli - interesse del dottor Dinapoli -, il quale rende noto di avere ricevuto il mandato di acquisire dalla procura della Repubblica la registrazione dell'intervista.
Allo stato, sulla base delle notizie da me acquisite, preso atto della smentita del magistrato, ritengo necessario il completamento degli accertamenti che ho disposto per poter poi valutare i fatti e la condotta tenuta dal dottor Dinapoli.

PRESIDENTE. L'onorevole Leone ha facoltà di replicare.

ANTONIO LEONE. Non mi ritengo né soddisfatto, né insoddisfatto. Mi ritengo semplicemente allibito per la risposta e per il fatto che, signor ministro, anche dagli accertamenti effettuati presso la stessa procura, pare che le cose siano andate diversamente. Cito la smentita fatta dallo stesso procuratore aggiunto, che non è stata verificata. Per esempio: lei ha per caso saputo che quella ritrattazione è stata fatta alle 22 della sera, cioè nel momento in cui oramai non era più possibile riprendere quella dichiarazione già fatta, e non smentita dal giornalista, non smentita da la Repubblica?
La cosa è apparsa sui giornali in un momento successivo, in cui il procuratore smentisce, e la Repubblica insiste, tanto è vero che si chiede la registrazione.
Lei ha chiesto, signor ministro, la registrazione? Se bisogna fidarsi della parola, ritengo che la parola di un magistrato valga quanto quella di un qualsiasi cittadino. Non ci sono cittadini di serie A e di serie B. Tutti debbono rispettare leggi, ed è questo che noi chiediamo: se per caso è stata violata la disposizione (che non mi sembra sia stata sospesa da lei, signor ministro), riguardante l'articolo 5 dell'ordinamento giudiziario, la quale indica, per l'organizzazione della procura, l'istituzione del cosiddetto portavoce della procura. Essa indica il procuratore capo, oppure il procuratore capo indica - per sempre, non per la singola specifica vicenda! - come portavoce di quella procura un suo delegato.
Mi sembra che delegare un altro magistrato solo e soltanto per quella vicenda non è in linea con la disposizione della legge. La nostra è una presa di posizione, uno spunto, che non ha nulla a che vedere con la vicenda che interessa il deputato pugliese in questione, ma dipende dal fatto che, se c'è una norma di legge riguardante l'ordinamento giudiziario, da lei non sospesa, essa deve essere rispettata da qualsiasi magistrato. Chiediamo comunque, questo sì, un maggiore approfondimento dei suoi accertamenti, e che non si fidi solo e soltanto della parola di chi in questo momento mi sembra sotto accusa (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

(Iniziative volte al mantenimento dei livelli occupazionali della Getronics - n. 3-00067)

PRESIDENTE. L'onorevole Zipponi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Migliore n. 3-00067 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11), di cui è cofirmatario.

MAURIZIO ZIPPONI. Signor ministro, nei giorni scorsi, 1800 lavoratori della Getronics hanno manifestato per difendere il posto di lavoro e il patrimonio nazionale industriale informatico. Sono venuti da Napoli, Ivrea, Bari, Milano, Roma. La multinazionale olandese ha venduto le attività ad un'altra proprietà senza garanzie, con procedure poco serie, senza accordo sindacale. L'invito del Governo a sospendere le procedure di cessione per favorire un accordo sindacale è stato ignorato dalla multinazionale e dall'acquirente. È inaccettabile. Chiediamo se ilPag. 62Governo intenda reagire a tale arroganza, convocando la trattativa con l'obiettivo di difendere un patrimonio nazionale come quello dell'informatica, l'occupazione e i siti industriali, e se intenda coinvolgere nuovi imprenditori e nuovi soggetti istituzionali per un assetto proprietario diverso, con un piano industriale serio, e garanzie occupazionali per i lavoratori che hanno manifestato a Roma.

PRESIDENTE. Il ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, la vicenda Getronics sta più o meno nei termini che venivano sottolineati dal collega Zipponi.
Essa è stata seguita dal Ministero ormai da molto tempo: voglio ricordare, per non andare troppo indietro nel tempo, che ancora nel novembre 2005, in una riunione al Ministero delle attività produttive, l'allora presidente e amministratore delegato di Getronics assicurò la piena corrispondenza dei risultati della gestione agli obiettivi programmati. Dopo, improvvisamente, nel gennaio di quest'anno, la capogruppo olandese della Getronics comunicò al mercato la determinazione di cedere la filiale italiana.
Abbiamo convocato la società e i rappresentanti della holding olandese, che ha affermato l'irrevocabilità di quella scelta, e la volontà di cedere il ramo d'azienda con tutte le attività italiane al gruppo Eutelia. Questo senza preventiva informativa, con insensibilità rispetto ad una corretta interpretazione delle relazioni istituzionali, anche con gli organi di questo paese. Il Governo si è adoperato per sospendere i tempi e le procedure (quindi anche gli atti di acquisizione), per permettere un negoziato fra le parti su piano industriale, livelli occupazionali, assetto societario.
Questa richiesta è stata prima accettata dalle aziende e poi inopinatamente contraddetta dalle stesse. Infatti, nelle ore successive, è stato firmato l'atto di vendita e di acquisto.
La società Eutelia ha comunque dichiarato l'impegno a mantenere immutati tutti gli assetti occupazionali, anche per le aziende esternalizzate.
Tuttavia, intendo rispondere positivamente al quesito dell'interrogante. Vista la rilevanza della questione, il Governo è immediatamente disponibile a ricevere le organizzazioni sindacali presso il ministero e ad avviare, in quell'occasione, la ripresa del negoziato tra le parti - anche con la presenza di Getronics -, finalizzato al rilancio delle attività produttive e industriali nonché alla verifica dell'architettura societaria e finanziaria di questa compagine.

PRESIDENTE. L'onorevole Zipponi ha facoltà di replicare.

MAURIZIO ZIPPONI. Signor ministro, apprezzo il fatto che con urgenza vengano convocate le parti. Le ricordo che era stata coinvolta anche la Presidenza del Consiglio, quindi la sede naturale per discutere di prospettive è il suo ministero.
Tale vicenda ha un valore emblematico anche per eventuali successive ristrutturazioni degli altri siti. Il Governo, non riuscendo a bloccare le procedure di cessione di ramo di azienda ed essendo ignorato dalla multinazionale, dimostra che in questo paese, da almeno cinque anni, gli attivisti nel campo dell'economia ignorano le responsabilità che derivano loro dalle proprie scelte.
In Francia, in Germania e in Spagna, non può essere ignorata l'opinione di un Governo in ordine alla ristrutturazione di una multinazionale. L'esecutivo, pertanto, deve ricostruire nei confronti del sistema delle imprese una autorevolezza, che si conquista sul piano della qualità della politica industriale, rispondendo alle esigenze dei lavoratori.
Occorre rivedere la legislazione relativa alla cessione di ramo di azienda, in quanto non prevede alcuna salvaguardia e protezione dei livelli occupazionali. In buona sostanza, la legge italiana deve prevedere la responsabilità sociale delle imprese e, in particolare, delle multinazionali che, avendo nel nostro paese un buon mercatoPag. 63dal quale traggono profitto, procedono a ristrutturazioni.
Per i lavoratori della Getronics si deve favorire una soluzione condivisa, quindi un nuovo assetto proprietario - come lei diceva, signor ministro, una nuova architettura -, un serio piano industriale, garanzie occupazionali e diritti.
Occorre ricordare che si tratta di un'azienda che regola il settore informatico di tutte le più grandi istituzioni italiane; quindi, le licenze, il fatturato, gli ordini, provengono dal pubblico. Dunque, è necessario che tale azienda consideri il rapporto con il Governo, con le organizzazioni sindacali e con i lavoratori non un di più, ma un valore per assicurare a questi lavoratori un futuro, trattandosi di una risorsa sulla quale puntare per la rinascita del settore informatico.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà tra dieci minuti.

La seduta, sospesa alle 16,15 è ripresa alle 16,25.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Bonelli, Colucci, De Piccoli, Donadi, Mussi, Parisi, Rutelli, Sgobio, Stucchi e Violante sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono quarantatre, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Proclamazione di un deputato subentrante (ore 16,26).

PRESIDENTE. Comunico che, resosi vacante un seggio attribuito alla lista n. 17-l'Ulivo nella XXIII circoscrizione Calabria, a seguito della cessazione dal mandato parlamentare del deputato Nicola Adamo, di cui la Camera ha preso atto nella seduta odierna, la Giunta delle elezioni - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 - ha accertato che il candidato che nella stessa lista, nell'ambito della medesima circoscrizione, segue immediatamente l'ultimo degli eletti nell'ordine progressivo di lista risulta essere Francesco Amendola.
Do atto alla Giunta di questa comunicazione e proclamo quindi deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del regolamento, nella XXIII circoscrizione (Calabria), Francesco Amendola.
Si intende che da oggi decorre il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1005 (ore 16,28).

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge di conversione n. 1005.
Ricordo che, nella parte antimeridiana della seduta, sono stati esaminati, da ultimo, gli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1005)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, nonostante la mia lunga esperienza in Assemblea, non ricordo quale sia il tempo a mia disposizione per la dichiarazione di voto finale.

PRESIDENTE. Onorevole Stucchi, lei ha dieci minuti a disposizione.

Pag. 64

GIACOMO STUCCHI. La ringrazio; lei mi conferma ciò che ricordavo.
Signor Presidente, ci ritroviamo a discutere sulla conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, dopo aver approvato alcuni degli emendamenti presentati, che confermano, nella sostanza, l'impianto del provvedimento.
Come ho detto questa mattina intervenendo sul complesso degli emendamenti, ritengo che si sarebbe dovuta fare una scelta diversa. In altri termini, ritengo che sarebbe stato opportuno favorire un dibattito tramite un disegno di legge ordinario, piuttosto che con l'adozione di un decreto-legge, per intervenire in modo più drastico sull'IRAP.
Sicuramente, non è la scelta giusta prevedere piccoli ritocchi di questo tipo, che non portano alcun beneficio alle aziende né a tutte quelle imprese produttive che oggi pagano centinaia di migliaia di euro per quanto riguarda l'IRAP di propria competenza.
Come ho affermato questa mattina, adottare iniziative in campo di IRAP, senza considerare la situazione attuale del nostro paese e le difficoltà oggettive in campo economico ed internazionale dovute alla competizione sui mercati, significa avere una visione politica miope, sia in campo fiscale sia in campo economico ed industriale, oltre che produttivo.
Sostanzialmente, quando avete introdotto l'IRAP, vi si poteva accusare tranquillamente di compiere un omicidio premeditato, perché sicuramente tante aziende si sono avviate verso la chiusura a causa di questo ulteriore aggravio fiscale. Non è attraverso interventi come quello di cui stiamo discutendo, e su cui esprimeremo un giudizio contrario, che si agevola la vita delle nostre imprese. Bisogna andare in un'altra direzione: bisogna ragionare ed individuare le strade per ridurre l'IRAP ed abolirla, magari con un processo che durerà un po' di tempo. Questo deve essere l'obiettivo: non si può intervenire con palliativi o con azioni peggiorative. Si tratta anche di dare certezze ai contribuenti, e con questo tipo di intervento di certezze non se ne danno.
Credo, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, che questa sia la dimostrazione della politica di piccolo cabotaggio che questo Governo ha iniziato due mesi fa. In due mesi, quasi 60 dei 100 giorni famosi della luna di miele con il paese, questo Governo non ha proposto nulla di concreto e non ha portato all'attenzione del Parlamento nulla che riguardi una nuova prospettiva, sia in campo fiscale, sia in campo economico e in tanti altri settori.
Quindi, c'è delusione e sta finendo anche la luna di miele con i sindacati, che tanto vi hanno sostenuto nella scorsa campagna elettorale. Ciò dovrebbe portare a riflettere voi, più che noi, perché, se vengono disattese le aspettative di coloro che vi hanno sostenuto apertamente, se Eugenio Scalfari, in un suo editoriale, definisce questo Governo con dei termini che, per carità di patria, non voglio riportare in quest'aula nel mio intervento, credo che effettivamente ci sia qualcosa su cui riflettere.
Con interventi di questo tipo, sicuramente non fate altro che confermare ciò che diceva Scalfari e l'opinione dei cittadini. Sono state pubblicate anche delle recenti indagini demoscopiche che testimoniano come vi sia una delusione nei confronti del Governo all'interno di una certa parte importante del vostro elettorato, e le vostre difficoltà sicuramente non si fermano qui.
Credo che questo Governo debba dimostrare cosa concretamente vuole fare, presentando non interventi piccoli, dei palliativi, ma delle grandi scelte, illustrando le strategie che vuole perseguire nel corso della legislatura.
So di parlare al vento e so che non potete fare queste cose perché avete un problema di numeri, soprattutto al Senato. Quindi, è giusto denunciare tali cose in quest'aula. È giusto che ci sia una coscienza critica all'interno di quest'aula, che vi ricordi, per il bene del paese e per cercare di dare risposta alla parte produttiva del paese, che la strada che avete intrapreso non è quella corretta.Pag. 65
Confermo, quindi, il voto contrario del nostro gruppo alla conversione di questo decreto-legge e auspico che il Governo ripensi seriamente alla politica fiscale che vuole mettere in atto, cercando di capire che, se affonda la parte produttiva del paese, perché viene gravata di troppe imposte e di tanti balzelli inutili, ad avere nocumento di questa scelta non sarà solamente quella parte del paese, ma tutti i cittadini, che non avranno neanche le risorse per vedersi garantiti i servizi essenziali (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, il nostro gruppo non condivide il disegno di legge di conversione all'ordine del giorno, soprattutto per ragioni di carattere generale, di merito e di metodo.
Da molte parti è stata eccepita la mancanza della relazione tecnica che dovrebbe accompagnare il provvedimento, che, com'è noto, è resa tassativa dalla legge n. 468 del 1978, a sua volta diretta attuazione dell'articolo 81 della Costituzione.
Il Governo, invece, ha scelto una strada obliqua, nascondendo la testa nella sabbia e costringendo il Parlamento a parlare di quisquilie, mentre la situazione precipita, e ha scelto questa strategia solo a causa dei suoi grandi conflitti interni.
La pochezza di questo primo atto del Governo è la conseguenza di queste contraddizioni di carattere più generale. È comprensibile l'atteggiamento temporeggiatore di una maggioranza che ha poche idee, diverse e, per giunta, confuse. Si prende tempo, quindi, in attesa di un miracolo che possa mettere d'accordo posizioni antitetiche.
La responsabilità più grave è senza dubbio quella del ministro-viceministro delle finanze Visco, figura ibrida: non sappiamo, infatti, se ci troviamo di fronte ad un semplice, per quanto autorevole, collaboratore del ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, oppure al vero ed unico responsabile della politica fiscale di questo Governo. Le deleghe che gli sono stato conferite e la loro esclusività nel campo della politica fiscale, di fatto, configurano uno sdoppiamento del Ministero dell'economia e delle finanze ed un ritorno all'indietro.
Non abbiamo dimenticato che è stato proprio Vincenzo Visco ad inventare l'IRAP, imposta che non trova riscontro nei sistemi fiscali più evoluti: era sbagliata quando fu istituita, lo è maggiormente oggi nel momento in cui la Corte di giustizia della Comunità europea è pronta a pronunciarsi sulla sua incompatibilità con la disciplina dell'IVA.
Ebbene, nel momento in cui un organo giurisdizionale si accinge ad emettere una sentenza di condanna, cosa fa il ministro-viceministro Visco? Obbliga il contribuente, minacciandolo di sanzioni abnormi, a pagare un balzello che, con ogni probabilità, non dovrebbe essere pagato. Se mi è consentito un paragone azzardato, stiamo trasferendo nel campo della disciplina fiscale un istituto equivalente a quello che esiste in campo penale con la carcerazione preventiva. Forse, non ci si rende conto della gravità di un simile atto, ma di fatto lo si sta perpetrando. Questa politica giustizialista non porterà da nessuna parte.
Con le nuove disposizioni si incide direttamente sulle valutazioni del rischio da parte dell'imprenditore, aumentando notevolmente i costi di gestione, specie per le imprese più piccole e ad alto contenuto di manodopera. Si porta, di fatto, l'imprenditore a licenziare, quindi a creare disoccupazione. Perché i sindacati stanno zitti? Queste valutazioni non rientrano nella logica del potere fiscale, che si configura sempre più come un qualcosa di estraneo alla logica del mercato e dell'economia. È il vecchio peccato di origine dell'IRAP, voluta, a suo tempo, insieme a tante altre imposte stravaganti, dal ministro-viceministro Visco. È comprensibile che egli tenga in modo particolare ad una sua creatura, anche se questa ha il volto ePag. 66le fattezze di un moderno Frankenstein, ma tale attaccamento rischia di produrre danni ulteriori alla nostra economia.
Invece di cominciare a smantellare questo castello, approfittando proprio della congiuntura comunitaria, il Governo lo rafforza ricorrendo a nuovi balzelli ed inasprimenti delle pene, così penalizzando ancora di più il povero contribuente, sempre che non si tratti di alleviare, come traspare dagli emendamenti presentati dalla maggioranza, quelle regioni che non hanno saputo contenere i costi della loro sanità. Due pesi e due misure: la carota per chi sfora i conti pubblici, il bastone per i singoli imprenditori.
L'imposta penalizza, infatti, le esportazioni e favorisce le importazioni. La permanenza di un'imposta come l'IRAP indebolisce la posizione competitiva dell'Italia. Proprio per questa ragione, avremmo dovuto cogliere l'occasione della sentenza della Corte di giustizia della Comunità europea per modificare rapidamente disposizioni che si traducono in un danno rilevante per l'economia italiana. Che fa invece il Governo? Mentre nei salotti buoni lancia proclami a favore delle aziende e dello sviluppo, nel chiuso delle aule parlamentari vara provvedimenti che ne negano in radice i presupposti. Non possiamo accettare questa doppiezza. La nostra denuncia contro un provvedimento che non solo non risolve, ma aggrava le condizioni del contribuente e dell'economia nazionale non potrà che risuonare ferma e chiara.
Il gruppo che rappresento è una piccola forza, non ha interessi precostituiti da difendere ed è, quindi, libero di dare a Cesare quel che è di Cesare e di sfidare il Governo ogni qualvolta quest'ultimo si presenterà in Parlamento con provvedimenti incoerenti, calibrati più sull'esigenza di mantenere in vita un'alleanza di potere che su quella di rispondere alle esigenze del paese. Il gruppo che rappresento è consapevole della gravità della crisi economica. Sa anche che le relative responsabilità sono diffuse e che nessuno è in grado di scagliare la prima pietra, ma proprio per questo manterrà una posizione intransigente, nella piena consapevolezza di adempiere ad un dovere di carattere nazionale (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati Popolari-Udeur voteranno con convinzione il disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, recante disposizioni urgenti in materia di IRAP e di canoni demaniali marittimi.
Se da un lato, infatti, crediamo necessario affrontare la situazione contingente derivante dalla prossima sentenza della Corte di giustizia europea circa la legittimità comunitaria dell'IRAP, al fine di evitare i possibili effetti negativi sul gettito conseguenti alla dichiarazione di illegittimità di tale imposta, dall'altro, il differimento del termine per l'adeguamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime consentirà di evitare che sugli operatori del settore e sugli stessi consumatori si riversino le conseguenze delle incertezze circa la misura dei canoni, anche pregressi, da corrispondere.
La disposizione in esame mira a raggiungere l'obiettivo di scoraggiare il ritardato versamento dell'acconto IRAP da parte di quei contribuenti che, nel dubbio o nella speranza di veder cancellato il tributo dal giudice comunitario per incompatibilità con l'IVA, preferiscono non anticipare tali somme, riservandosi di versare il dovuto, pagando sanzioni ridotte, solo dopo l'emanazione di una eventuale sentenza sfavorevole.
I Popolari-Udeur sono favorevoli all'approvazione del testo in esame sulla base della considerazione che i contribuenti destinatari della norma non sopporteranno costi di conformità per adeguare la propria attività di gestione interna alle nuove disposizioni, mentre il beneficio da essi atteso, anche se considerato in una visione a più ampio spettro, consisteràPag. 67nella loro idoneità ad assicurare la costanza del gettito tributario derivante dall'IRAP, di fondamentale importanza per finanziare il sistema sanitario nazionale. I deputati Popolari-Udeur ritengono, inoltre, che la proroga del termine per la rideterminazione dei canoni al 30 settembre 2006 sia un atto dovuto in quanto il repentino, massiccio aumento dei canoni che deriverebbe dalla mancata conversione del decreto-legge, pari al 300 per cento, risulterebbe particolarmente dannoso per gli operatori del settore turistico-ricreativo, i quali stabiliscono i prezzi dei servizi relativi alla stagione in corso alla fine dell'anno precedente. Tale misura, in realtà, costituisce l'ultima di una serie di proroghe già disposte in materia nel corso della precedente legislatura.
Noi Popolari-Udeur, aldilà dell'opportuna proroga che ci accingiamo ad approvare, fedeli al nostro spirito propositivo, ci impegneremo a procedere nella direzione di superare la normativa vigente attraverso l'individuazione di un meccanismo idoneo a risolvere strutturalmente il problema, coinvolgendo le categorie e gli enti locali interessati, dato che la competenza sulla gestione di tali beni dello Stato è stata ormai da tempo trasferita a tali enti.
Tutto ciò premesso, a nome del gruppo dei Popolari-Udeur, annuncio il voto favorevole sul disegno di legge in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, il gruppo della Rosa nel Pugno voterà a favore dell'approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame. Vorrei però sottolineare che abbiamo dedicato moltissime ore del nostro lavoro, sia in Commissione sia in Assemblea, ad un provvedimento certamente necessario ma anche - mi si consenta l'espressione - banale. Si tratta infatti di una normativa che ripercorre le tracce di due decreti adottati dal precedente Governo nella trascorsa legislatura; è perciò un provvedimento necessario, ma in sé scontato. Vi abbiamo dedicato tanto impegno forse perché l'opposizione ha perduto alquanto la memoria a causa del caldo estivo e si è dimenticata di avere avuto cinque anni a disposizione per abrogare o modificare profondamente l'imposta dell'IRAP. Non lo ha fatto allora ed ora, all'inizio della legislatura, riprende a recitare il ritornello, quasi venisse da un altro paese e da un altro mondo.
In realtà, se l'IRAP non è stata modificata o abrogata dal ministro Tremonti è perché ci si è resi conto del fatto che è pressoché impossibile tornare al precedente regime di molteplici tasse e tributi che l'IRAP ha sostituito. Voglio peraltro ricordare che la minaccia di una sentenza della Corte di giustizia europea incombeva già durante l'ultimo anno della trascorsa legislatura, ma ciò non ha tuttavia indotto il Governo di allora ad adottare provvedimenti decisivi. Pretendere che sia questo esecutivo, ad inizio legislatura, a compiere una riforma di tal genere è francamente pretestuoso e puramente polemico.
Analogamente, è del tutto ovvia l'opportunità di riproporre una normativa già adottata dal precedente Governo e dal ministro Tremonti circa la non applicazione del ravvedimento operoso, in vista del possibile utilizzo elusivo ai fini della sottrazione al dovere fiscale che in questo caso tale istituto comporterebbe.
È altrettanto giusto e doveroso prevedere di non applicare la pena della maggiorazione dello 0,4 per cento per quelle imprese che saranno chiamate dalle loro regioni a versare un punto percentuale in più di IRAP, in quanto le rispettive amministrazioni regionali hanno sforato il bilancio preventivo sanitario. Sarebbe, infatti, sommamente ingiusto che a tale punto percentuale in più si aggiungesse anche la penalizzazione dello 0,4 per cento.
Infine, è giusto il provvedimento di rinvio della misura relativa ai canoni demaniali, ma vorrei invitare al riguardo l'attuale Governo a non ripercorrere la strada seguita dall'esecutivo precedente, giungendo invece, rapidamente, ad una ipotesi precisa di ridefinizione di questiPag. 68canoni. Canoni che, comunque, in qualche modo, vanno aggiornati con l'evoluzione dei prezzi di questi anni, riconoscendo che gli operatori economici del settore hanno applicato i nuovi prezzi a carico degli utenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reina. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MARIA REINA. Presidente, come parlamentari del Movimento per l'autonomia, una componente del gruppo Misto, intendiamo esprimere la nostra contrarietà al provvedimento d'urgenza che è stato portato dal Governo all'attenzione della Camera. Desidero qui riassumere brevemente una serie di considerazioni di fondo, alcune delle quali riecheggiano anche parte del dibattito sviluppatosi in quest'aula.
Il decreto-legge n. 206 del 2006 costituisce una clamorosa smentita della politica di riavvicinamento del contribuente alle istituzioni fiscali, attuato dal precedente Governo di centrosinistra con il decreto legislativo n. 472 del 18 dicembre 1997. Con il primo comma dell'articolo 1, viene espressamente derogato il principio del ravvedimento, previsto dall'articolo 13 del precitato decreto legislativo, che consente al contribuente di fruire della riduzione delle sanzioni in caso di pagamento delle somme dovute oltre il termine previsto dalle singole leggi di imposta, nella fattispecie l'IRAP.
Il citato articolo 1 è formulato nei termini di una autentica - possiamo definirla in questo modo, perché anche altri colleghi lo hanno fatto stamane - odiosa vessazione nei confronti dei contribuenti per costringerli a provvedere all'immediato pagamento di un'imposta, l'IRAP, sulla quale già la Corte costituzionale, con la sentenza n. 156 del 2001, e la Corte di giustizia europea si sono espresse o stanno per esprimersi in termini fortemente critici.
Io credo che né il Governo né il Parlamento possano ignorare che centinaia di sentenze delle commissioni tributarie hanno dato ragione ai contribuenti in materia di IRAP, sulla scorta della violazione dell'articolo 33 della VI direttiva IVA n. 77/388 CEE, che vieta agli Stati membri di introdurre qualsiasi imposta che abbia il carattere di imposta sul volume degli affari. Allo stesso modo, credo che né il Governo né questo Parlamento possano ignorare che la suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 21203 del 5 novembre 2004, ha statuito che per i piccoli professionisti l'IRAP è in contrasto con i principi costituzionali e che pertanto il decreto-legge al nostro esame appare doppiamente odioso, perché costringerà brutalmente migliaia e migliaia di contribuenti ad assolvere un onere tributario iniquo ed in contrasto con la Costituzione, versando somme che saranno comunque, a nostro avviso, oggetto di rimborso.
Non si può ignorare, infine, che gli articoli 3, 4, 8 e 10 della legge n. 212 del 2000, lo Statuto dei diritti del contribuente, assicurano ben diverse garanzie ai cittadini contribuenti; il decreto-legge al nostro esame è, invece, finalizzato, in aperta violazione degli ordinari principi di lealtà e correttezza che debbono caratterizzare il rapporto fra istituzioni e cittadini, a costringere i contribuenti soggetti all'IRAP a comportamenti non dovuti, che saranno oggetto di severe censure da parte degli organi della giustizia tributaria e della giustizia dell'Unione europea, dalla quale si attende una scontata pronuncia di condanna a carico dello Stato italiano.
Questo in linea di principio sulla questione dell'IRAP. Tuttavia, noi esprimeremo il nostro voto contrario anche in relazione ad altra materia che riguarda questo primo passo del Governo, che, in ogni caso, preannuncia qual è lo spirito e la filosofia a cui intende ispirarsi in materia fiscale.
In sede europea, su impulso di diversi parlamentari - ricordo Lombardo, Tajani, ma anche altri -, nel mese di febbraio del corrente anno, è stato approvato dalla Commissione europea il famoso rapporto Hokmark, che introduce la possibilità per i paesi membri di praticare forme diPag. 69fiscalità di vantaggio nelle aree individuate dall'obiettivo 1 per nuove imprese che intendono investire.
In altre circostanze, abbiamo sentito parlamentari dell'attuale maggioranza, ma anche rappresentanti del Governo, fare proprio, con diversi toni ed in diversi modi, il tema che noi abbiamo posto all'attenzione di tutti nel corso della campagna elettorale in occasione delle elezioni politiche. Il tema è, ovviamente, quello della fiscalità di vantaggio per le popolazioni del sud dell'Italia, a partire dalla Puglia e giù fino alla Sicilia.
Noi riteniamo che questo Governo non intenda prendere sul serio ciò che dice a parole. In questa occasione, ad esempio, potevano essere introdotti elementi di apertura in direzione della fiscalità di vantaggio, che noi definiamo, più appropriatamente, fiscalità compensativa per le popolazioni del sud del paese. Ancora una volta, invece, registriamo una sorta di vera e propria ostilità nei confronti dei bisogni del meridione del paese.
Come abbiamo detto in altre circostanze, dobbiamo brutalmente ammettere che questo paese non è diviso tra centrodestra e centrosinistra, ma tra centro-nord e centro-sud: al sud, bisogna pagare tutto quello che c'è da pagare; al centro-nord, invece, è possibile fare sconti ed attuare politiche più vicine alle esigenze dei cittadini e più vantaggiose. Non siamo certamente contrari a che la popolazione del paese, a qualunque latitudine viva, sia trattata bene dal Governo in carica; tuttavia, abbiamo il dovere, come parlamentari meridionali - siciliani, calabresi e quant'altro -, di affermare il principio che occorre una virata di bordo: è necessario che il Governo, questo o un altro, comprenda che lo sviluppo del paese non può che partire da nuove condizioni di sviluppo per il sud.
Il decreto-legge in esame, sia pure molto laconico in confronto a quello che intende esprimere, la dice lunga, purtroppo, sulla politica fiscale del Governo e, come ho detto poc'anzi, non può che farci esprimere un voto assolutamente contrario, a cui seguiranno opportune forme di lotta, nei termini che la democrazia ci consente oggi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mungo. Ne ha facoltà.

DONATELLA MUNGO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del mio gruppo su un provvedimento che, in virtù degli emendamenti che abbiamo discusso ed approvato stamani, è, in parte, diverso e migliorato rispetto a quello di cui ci siamo occupati ieri.
Si è tenuto conto della situazione di confusione nella quale alcuni contribuenti si sono trovati a causa del termine del 30 giugno ed è stata accolta, di conseguenza, la richiesta, che proveniva anche dalla società, concernente l'esenzione dalla maggiorazione dello 0,40 per cento. Pertanto, il provvedimento risulta più completo. Diversamente da quanto affermato da alcuni colleghi stamani, esso rappresenta una misura di effettiva equità e di effettivo rispetto delle esigenze dei contribuenti.
La discussione, sviluppatasi a partire da ieri, ha riguardato il tema dell'IRAP in generale, sebbene la questione affrontata dal provvedimento in esame abbia una portata più ridotta: si tratta di evitare una possibile perdita di gettito per le casse dello Stato oppure un ritardato pagamento. Di conseguenza, si tratta di una semplice misura di buonsenso.
Al buonsenso è ispirata anche la seconda disposizione, che attiene ai canoni demaniali marittimi. Anche in questo caso, ci apprestiamo ad esprimere il voto finale su una disposizione migliorata rispetto a quella di partenza: la data del 31 ottobre appare più congrua per affrontare con serietà un tema che, come molti colleghi hanno affermato, e come il sottosegretario Grandi ha dichiarato in sede di replica, va riaffrontato secondo criteri di equità e nel quadro di un migliorato rapporto tra Stato, regioni ed autonomie locali.
La modifica introdotta stamani per merito dell'emendamento Bonelli 2.11 consentePag. 70di fare riferimento anche al rapporto con le associazioni dei consumatori. Ciò, proprio perché in questi ultimi due anni si sono verificati aumenti non congrui ed è giusto proteggere anche la categoria dei consumatori.
Di conseguenza, il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra europea a questo provvedimento è ulteriormente rafforzato dalla discussione che si è svolta sia in Commissione sia in aula e dall'accoglimento degli emendamenti che la Commissione ha proposto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Salerno. Ne ha facoltà.

ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, noi esprimiamo una sorta di sorpresa negativa nel vedere il Governo che muove i primi passi in questa legislatura, primi passi molto incerti e molto negativi per l'impatto che hanno sull'economia.
Dopo cinque anni in cui, durante il Governo Berlusconi, la maggioranza attuale ha letteralmente coperto di insulti il centrodestra, annunziando una sorta di rivoluzione copernicana dell'economia, della filosofia degli interventi in economia, siamo esterrefatti, oggi, nel constatare una totale assenza di linee guida, la totale assenza di una rotta, di un orizzonte con il quale questo centrosinistra intende governare l'economia ed intervenire nella stessa economia. Ha fatto bene il sottosegretario a ricordare quanto costa l'IRAP ogni anno alle imprese italiane: circa 30 miliardi di euro, ossia circa 60 mila miliardi delle vecchie lire. Ricordo pertanto all'attuale Governo quanto è costata questa IRAP. Da quando il ministro Visco la introdusse, nel 1999 - e, quindi, in 6-7 anni -, è costata circa 200 miliardi di euro, il che vuol dire 400 mila miliardi circa di vecchie lire, tutte pagate in maniera vessatoria dalle imprese italiane!
Dobbiamo ricordare, oggi, quante volte questo Governo ha accusato il centrodestra di non avere soppresso l'IRAP, di non averla ridotta in maniera essenziale, ma credo sarebbe stato onesto non entrare in questo argomento, perché noi avremmo dovuto ricordare loro che questa è un'imposta che hanno, in realtà, introdotto proprio loro. Quindi, altro che responsabilità per non averla diminuita o tolta! Bisognerebbe ricordare la responsabilità per averla introdotta!
Dunque, il giudizio è negativo, altamente negativo. Dopo circa tre mesi dalla vittoria - molto discutibile - di questa maggioranza, il Governo Prodi non ha ancora varato un pacchetto organico di interventi in economia. Va ricordato che, invece, il Governo Berlusconi, dopo aver vinto le elezioni, il 13 maggio 2001, circa 30 giorni dopo aveva già introdotto e presentato in Commissione il «pacchetto dei cento giorni», con la nota legge Tremonti, che detassava gli utili reinvestiti, l'innalzamento delle pensioni minime, l'avviamento all'approvazione della legge obiettivo per modernizzare il paese.
Oggi, a tre mesi dalla vittoria - discutibile, lo ripeto - del centrosinistra, siamo ancora in assenza di un benché minimo provvedimento organico per l'economia, il che condanna già questo centrosinistra ad essere additato dalle varie categorie, dagli imprenditori, dai lavoratori, dalle piccole imprese, dai lavoratori autonomi come un Governo che già da ora dimostra di essere immobile ed incapace di progettare e di proporre. Questo è un dato estremamente negativo. In un processo di modernizzazione che il centrodestra, con grandi difficoltà, ha avviato nel quinquennio 2001-2006, questo è un dato estremamente negativo.
Ciò significa non solo un blocco all'evoluzione, allo sviluppo economico e progettuale ma anche un tornare indietro, mentre tutti vanno avanti in Europa. Mentre i grandi partners europei - Francia, Germania, Spagna - vanno avanti, con un tasso di crescita non dico molto superiore al nostro ma sicuramente costante, questo arresto di progettualità e di interventi significa, lo ripeto, quasi un tornare indietro.
Il centrosinistra si presenta con un decreto-legge sull'IRAP senza nemmeno rilevare che questa è un'imposta vessatoriaPag. 71e iniqua che, al di là della bocciatura in sede europea, corrisponde e si traduce in un costante peso sul lavoro in termini di costi aggiuntivi, soprattutto per le imprese più indebitate. Il centrosinistra continua nel balbettio e nei passi incerti, in una totale incapacità di prendere una rotta precisa.
In questo decreto-legge, l'unica cosa positiva introdotta è stata il frutto degli emendamenti presentati dal centrodestra; mi riferisco agli emendamenti dei colleghi Leo e Gioacchino Alfano, che conferiscono rilievo e intelligenza, che mancavano nel provvedimento. Al di là di questi interventi di intelligenza e di capacità propositiva, che sono sempre una costante di questo centrodestra, il Governo ha invece proposto, lo ripeto, un balbettio di date, uno spostamento dal 30 giugno al 15 dicembre. È veramente molto poco! E dico ciò al sottosegretario Grandi, cui tocca dover rappresentare in questa sede questo immobilismo e questa incapacità del centrosinistra.
A tre mesi dalle elezioni, noi aspettiamo ancora un'idea, un approccio, una linea guida da parte di questo Governo sui grandi temi dell'economia, su come contrastare la concorrenza sleale, su come avviare una diminuzione del costo del lavoro, su come intervenire sugli incentivi per le imprese che producono veramente. Invece, siamo ancora ai proclami elettorali e agli slogan, a cui non è seguito proprio nulla.
Allora, c'è grande preoccupazione per questo Governo che ha presentato, in occasione della prima audizione, un ministro dell'economia e delle finanze che io ho pensato fosse addirittura un sosia o una controfigura, perché l'unica cosa che ha fatto è stata illustrare delle tabelle. Ha solo illustrato delle tabelle! Ha solo letto numeri, cifre, ed ha detto - risulta agli atti della seduta delle Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato - che non si sarebbe sognato di dire come pensava di intervenire perché non aveva ancora a disposizione i dati. Questo dopo tre mesi dalla vittoria elettorale.
Siamo estremamente preoccupati per l'economia, per lo sviluppo e per il futuro della nazione. Ma siamo anche estremamente esterrefatti della faccia di bronzo di questo Governo che, lo ripeto, dopo tre mesi non ha ancora rappresentato, come minimo, una linea guida certa, sicura, programmata ed organica di come vuole governare l'economia (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

Sull'ordine dei lavori (ore 17,05).

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, a noi giungono - sicuramente anche alla Presidenza e agli altri colleghi - notizie molto preoccupanti su quanto è accaduto questa mattina al Senato e su quanto sta avvenendo ancora adesso. Riteniamo che siano messi profondamente in discussione non solo il diritto dell'opposizione di rappresentare i propri interessi, i propri elettori, i propri voti - che al Senato, lo ricordiamo, sono quelli della maggioranza degli italiani - ma anche la possibilità stessa del Parlamento di funzionare adeguatamente in questa legislatura, minacciato da un atteggiamento arrogante del Governo che ha preannunciato anche alla Camera il ricorso (Commenti)...

GIOVANNI CARBONELLA. Ma qui siamo alla Camera!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia!

ELIO VITO. ... al voto di fiducia. Poiché, signor Presidente, si è votato, qualche giorno fa, anche per un referendum costituzionale nel quale - ahinoi! - è stata respinta dalla maggioranza degli italiani e dal centrosinistra la riforma del bicameralismo perfetto, noi riteniamo che, in qualche modo, quanto sta accadendo al Senato non possa non avere influenza anche sui lavori della Camera dei deputati.Pag. 72
Finché non sarà assicurata, al Senato, la possibilità di un regolare svolgimento della seduta e non saranno garantiti i diritti dell'opposizione di intervento, di parola e di voto, riteniamo non ci siano le condizioni per procedere serenamente anche in questa seduta della Camera dei deputati (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e Alleanza Nazionale). Quindi, signor Presidente, la pregherei di sospendere i lavori per consentirci di accertarci di quanto sta accadendo al Senato e di dare la nostra solidarietà ai colleghi senatori, non solo a quelli della Casa delle libertà (Commenti - Una voce dai banchi dell'Ulivo: Siamo alla Camera!)...

PRESIDENTE. Silenzio, per cortesia!

ELIO VITO. ...ma a tutti i colleghi senatori. Infatti, quanto sta accadendo al Senato minaccia, innanzitutto, i senatori della maggioranza che, attraverso voti di fiducia e decisioni discutibili della Presidenza del Senato, sono minacciati nel loro diritto di rappresentanza (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Onorevole Vito, sono costretta a richiamare la sua attenzione sull'autonomia tra i due rami del Parlamento. Tuttavia, le sue sono dichiarazioni politiche, delle quali prendo atto.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, io provo, ovviamente, il massimo rispetto nei suoi confronti e ciò vale anche per il gruppo al quale appartengo. Infatti, seduta su quello scranno, a prescindere dalla sua provenienza, lei applica il regolamento e garantisce il buon governo dell'Assemblea. Sono sicuro che questo è nelle sue intenzioni. Però, mi permetto, innanzitutto, di sottoporre alla sua attenzione un fatto e spero che possa riflettere su questo.
Se si interviene sull'ordine dei lavori di questa Assemblea, è scorretto - e lei non dovrebbe consentirlo - prendere la parola per fare riferimento ad altro. Peraltro, questo argomento si è proposto e riproposto anche nella scorsa legislatura. Mi riferisco al fatto che non è possibile in questa Assemblea, ovvero al Senato, occuparsi di quanto accade da un'altra parte. Signor Presidente, quando noi interveniamo per un richiamo al regolamento abbiamo il dovere - perché ce lo chiede lo stesso regolamento - di indicare qual è l'articolo cui facciamo riferimento e lei ha la facoltà, non voglio dire il dovere, di togliere la parola ai deputati qualora non parlino in riferimento ad un articolo del regolamento (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Per cortesia, lasciamo terminare l'onorevole Giachetti!
Prego, onorevole Giachetti.

ROBERTO GIACHETTI. Il Presidente della Camera lo ha fatto...

CARLA CASTELLANI. Stai zitto!

CESARE CAMPA. Si ricordi! Lei è a corto di memoria!

ROBERTO GIACHETTI. ...nel corso di una delle prime sedute di questa legislatura. Allo stesso modo, signor Presidente, credo che, se si interviene sull'ordine dei lavori lo si possa fare con argomenti che riguardino, appunto l'ordine dei lavori di questa Camera.
Mi permetto di richiamare la sua attenzione, anche se lei ha fatto presente all'onorevole Vito che era inopportuno il suo richiamo. Però, a mio avviso, proprio per come tutto questo si sta configurando, e anche per l'utilizzo evidentemente politico da parte del presidente del gruppo di Forza Italia di argomenti estranei a quest'Assemblea, mi permetto, con tuttaPag. 73l'umiltà del caso, di sollecitarla ad evitare, per il futuro, che si possano affrontare con quelle argomentazioni interventi in Assemblea. Lei ha tale facoltà nel momento in cui si richiamano argomenti che non si possono richiamare, anche relativamente al lavoro dell'altro ramo del Parlamento.
Le faccio presente, altresì, signor Presidente, che non so se si intenda innovare rispetto ad una prassi utilizzata nel corso della precedente legislatura da parte del presidente Casini, quella, cioè, per cui i richiami sull'ordine dei lavori, soprattutto su questioni di questo tipo, si svolgono alla fine della seduta e non all'improvviso, mentre si sta discutendo di altro provvedimento. Con tutto il rispetto che io e il mio gruppo nutriamo nei suoi confronti, la pregheremmo di evitare che si verifichino cose che non appartengono alla vita di quest'Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, dei Comunisti Italiani e de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giachetti.
Come ho già affermato, ribadisco l'autonomia che caratterizza i rapporti tra i due rami del Parlamento; peraltro l'onorevole Vito ha chiesto la parola e non potevo sapere in anticipo che cosa egli intendesse dire (Commenti dei deputati dei gruppi de l'Ulivo).

ROBERTO MENIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Grazie, Presidente. Ricordo a me stesso e ai colleghi della maggioranza, la quale fino a pochi mesi fa era invece opposizione, che avevamo visto in quest'aula drammatizzare fatti di ben poco momento, con richieste che spesso andavano ben oltre quella che è stata testé fatta dall'onorevole Vito - alla quale noi aderiamo, meglio precisarlo subito - di sospensione della seduta.
Qui non sta accadendo un fatto lontano: oggi la sinistra riafferma la vittoria del fronte del «no» al referendum e ci spiega come siano stati in grado di difendere il nostro sistema di bicameralismo perfetto; infatti il Parlamento è composto di due Camere che hanno sì la loro autonomia, ma il Parlamento è unico sotto questo profilo.
Quello che sta accadendo in questi minuti nell'altro ramo del Parlamento è di una gravità estrema! Non è che si viva su pianeti differenti, sotto questo profilo: noi non possiamo fingere di ignorare quanto sta accadendo dall'altra parte. Nell'altro ramo del Parlamento si sta tentando di instaurare prassi che sono assolutamente anticostituzionali; si sta tentando di instaurare prassi che ricordano, queste sì, l'instaurazione di un regime. Questo è un fatto di gravità estrema (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)! Non è pensabile (Una voce: Fatelo parlare!)... Non è pensabile che qui si faccia finta che ciò non accada: abbiamo, a poche centinaia di metri da noi, l'aula del Senato che è bloccata e che è di fatto occupata dalla minoranza, alla quale si voleva impedire di parlare (Commenti dei deputati dei gruppi dei Comunisti Italiani e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea). L'aula del Senato è di fatto bloccata dal fatto, sacrosantamente affermato, che non è pensabile...

LUCIANO PETTINARI. Non siamo al Senato!

PRESIDENTE. Onorevoli, per cortesia!

ROBERTO MENIA. ...che si voglia privare l'opposizione del sacrosanto diritto di discutere una pregiudiziale (Commenti dei deputati dei gruppi dei Comunisti Italiani e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!

PRESIDENTE. Onorevole Menia, per cortesia, si avvii alla conclusione.

ROBERTO MENIA. Sì, posso concludere. Ecco perché, signor Presidente, io la invito ad aderire alla proposta del collega Vito, la quale è di assoluta ragionevolezza (Commenti). Servono a poco le grida dall'altra parte: si risponda con argomenti (IlPag. 74deputato Quartiani si avvicina al banco della Presidenza - Vive proteste dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)! E non ci siano atteggiamenti di arroganza o di minaccia nei confronti del Presidente, perché è intollerabile!

DARIO FRANCESCHINI. Le minacce le fate voi!

IGNAZIO LA RUSSA. Vai via!

ROBERTO MENIA. Presidente - e concludo - provveda a sospendere la seduta - questa è una mozione d'ordine (Una voce: Ma se non sta nel regolamento!) - perché la si possa riprendere quando la situazione sarà eventualmente chiarita. È del tutto evidente che questa parte, che si sente in questo momento privata dei suoi legittimi e costituzionali diritti, non può svolgere una seduta in tali condizioni (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia). Delle due, l'una: o si prende atto da parte della Presidenza che così non si può svolgere una seduta, o evidentemente sceglieremo altre strade.

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. A che titolo interviene...?

TEODORO BUONTEMPO. Onorevole Giachetti, ai sensi dell'articolo 41: io l'ho citato e lei no (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)! Quando prende la parola lei, la prossima volta, citi l'articolo del regolamento per cui richiede un diritto!

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Vai a studiare!

TEODORO BUONTEMPO. Vorrei dire che, sulla base dell'articolo 41 del regolamento - per il quale anch'io chiedo la parola - i richiami al regolamento o per l'ordine del giorno o per l'ordine dei lavori o per la posizione della questione o per la priorità delle votazioni hanno la precedenza sulla discussione principale.
Quindi l'onorevole Elio Vito, cessato un intervento, ha chiesto la parola per un richiamo al regolamento, e su quella base ha affermato quanto ha ritenuto di dire.
Credo che l'onorevole Elio Vito abbia fatto un richiamo al regolamento perché anche quanto è accaduto al Senato - anche se, ovviamente, si tratta di due Camere autonome - riguarda il regolamento. Nell'altra Camera, infatti, è avvenuto un incidente d'aula, a causa del quale vi è stato un conflitto per un mancato (Commenti)... Può darsi che si tratti di un'accusa infondata, ma lo vedrà il Senato.
Quindi, nel momento in cui al Senato la minoranza si ritiene lesa nelle proprie prerogative di intervento, poiché non è stata data la parola proprio per richiami al regolamento e sull'ordine dei lavori, mi sembra che il comportamento del Presidente sia in linea con quanto stabilito dal nostro regolamento. Chiunque avesse presieduto l'Assemblea, infatti, non avrebbe potuto non concedere la parola all'onorevole Elio Vito per un richiamo regolamento.
Detto questo, onorevole Giachetti, mi consenta. Lei è attento alle cose (io la conosco da molto tempo), però le censure preventive ai Presidenti non si fanno (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia - Commenti)!

ANTONIO LEONE. Bravo!

TEODORO BUONTEMPO. Se lei consulta il resoconto di ciò che ha detto, vorrei segnalarle che lei ha richiamato la Presidenza affermando che non potrà accadere questo, questo e quest'altro.
Innanzitutto, vorrei farle osservare che la parola è stata concessa nel rispetto del regolamento; poi, lei aspetti di vedere l'andamento dei lavori e, se ritiene che vi sia stata una violazione, è nel suo diritto-dovere intervenire!
Però voglio dire, cari colleghi della minoranza, che non si può sostenere chePag. 75non può essere fatto un richiamo al regolamento relativo alla circostanza che nell'altra Camera c'è un problema. A quanto ne so, esponenti di rilievo del Senato - compreso il precedente Presidente, il senatore Pera - hanno fatto dichiarazioni molto importanti; inoltre, una delegazione di senatori si sta recando, se saranno ricevuti, dal Capo dello Stato.
Quindi, nel momento in cui si è chiesta una sospensione dei lavori per 10 minuti, affinché si possa capire cosa accade o cosa stia accadendo, non per ledere l'autonomia del Senato, ma per compiere una valutazione politica, voglio dire, onorevoli colleghi, che bisogna avere i nervi saldi! Infatti, se non si sospende la seduta per 10 minuti perché si vogliono accelerare i lavori, vi ricordo che abbiamo tutti chiesto di parlare per dichiarazione di voto. Pertanto, una scelta del genere è miope: non si possono perdere intere ore per soli 10 minuti!
Concludo chiedendo una cortesia: se osserva il regolamento, tutti devono rispettare la Presidenza, chiunque sia a presiedere l'Assemblea. In secondo luogo, sottolineo che la parola all'onorevole Elio Vito è stata data nel rispetto del regolamento; in terzo luogo, si possono condividere o no certe scelte (sentiremo le ragioni), ma se al Senato c'è una agitazione proprio in ordine alla libertà ed alla democrazia che devono essere garantite al parlamentare, ciò può interessare.
Non ho detto «deve»: può interessare, su richiesta di una parte del Parlamento. Chi è contrario, si esprimerà poi contro; alla fine, tuttavia, il Presidente potrebbe far parlare un deputato a favore ed uno contro sulla proposta avanzata, così come prescrive il nostro regolamento. Si eviterebbe, in questo modo, di «buttarla in caciara» - come si direbbe a Roma! -, rispettando il regolamento e la democrazia sempre e comunque, sia se si sta all'opposizione, sia se si è maggioranza, onorevoli colleghi (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!

MAURIZIO LEO. Bravo!

FRANCO RUSSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. La ringrazio, signor Presidente.
Presidente, vorrei intervenire esternandole innanzitutto l'assoluta solidarietà del mio gruppo per la sua conduzione dell'Assemblea. Anch'io ritengo che la Presidenza debba essere lasciata rispettosamente lavorare, nel senso che è appunto la Presidenza che deve garantire l'ordine dei lavori all'interno dell'aula.
Quindi, il mio richiamo vuole semplicemente sottolineare che condivido pienamente quanto è stato affermato, ossia che sarebbe veramente un grave atto quello di intaccare l'autonomia del Senato ed i modi in cui la Presidenza del Senato, i senatori e le senatrici conducono i loro lavori ed i loro confronti, per quanto aspri possano essere. Penso che gli interna corporis rappresentino uno dei punti fondamentali della democrazia. Infatti, se ognuno potesse decidere di intervenire sugli altri organi costituzionali, non si capirebbe più che tipo di democrazia avremmo.

IGNAZIO LA RUSSA. Del gulag...

FRANCO RUSSO. Presidente, vorrei citarle, non perché lei non lo conosca, ma per tentare di uscire dal caso sollevato dall'onorevole Vito, l'articolo 41 del regolamento della Camera: «I richiami al Regolamento o per l'ordine del giorno o per l'ordine dei lavori [...] hanno la precedenza sulla discussione principale». Da questo punto di vista, condivido la sua decisione di ascoltare l'intervento dell'onorevole Vito. Tuttavia, Presidente, la norma continua, specificando che «In tali casi possono parlare, dopo il proponente, soltanto un oratore contro ed uno favore, per non più di cinque minuti ciascuno. Se l'Assemblea sia chiamata dal Presidente a decidere su questi richiami, la votazione ha luogo per alzata di mano». La prassi vuole, Presidente, che questi casi, se vengono ritenuti dalla Presidenza particolarmente gravi, alla fine della seduta, dopo che sono stati discussi gli altri punti all'ordine del giorno, possano essere nuovamente sollevati.Pag. 76
Per questo, Presidente, nel rispetto che le portiamo per la conduzione dei lavori dell'Assemblea, la invitiamo a decidere rapidamente, perché non possiamo continuare a bloccare i lavori di questo ramo del Parlamento e decidere su decreti-legge che, come dice la stessa parola, hanno le caratteristiche dell'urgenza e della necessità (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de L'Ulivo e dell'Italia dei Valori).

GIANPIERO D'ALIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, l'onorevole Elio Vito ha posto una questione fondata non solo per le ragioni espresse, ma anche per un'altra riguardante la Camera dei deputati.
Il Governo ha posto la questione di fiducia al Senato sul cosiddetto «decreto mille proroghe». Domani mattina, alle ore 9, è convocato l'Ufficio di Presidenza della I Commissione per decidere quando esaminare in Commissione questo provvedimento. Poiché si tratta di un provvedimento - molti colleghi ne sono a conoscenza - estremamente complesso ed articolato, contenente norme di ogni genere e tipo che consentono la proroga di termini o quant'altro, indispensabile ed urgente, è evidente che l'esame di un provvedimento così complesso nel pomeriggio di giovedì o nella mattina di venerdì, per ritrovarci la prossima settimana con l'eventuale fiducia del Governo anche alla Camera su questo tema, diventa una questione che non ha alcun pregio. Stesso ragionamento vale per il decreto sullo «spacchettamento» del Governo.
Allora, tale questione attiene non solo ai rapporti tra maggioranza ed opposizione, ma anche al corretto ed approfondito esame da parte delle Commissioni di merito e dell'Assemblea della Camera di provvedimenti delicati e complessi.
Quindi, inviterei i colleghi a non ritenere che le considerazioni espresse dal collega Vito e dagli altri colleghi dell'opposizione siano ancorate esclusivamente alla vicenda del Senato. Inviterei la Presidenza a sviluppare questa riflessione, per capire come organizzare i nostri lavori nei prossimi giorni e nelle prossime settimane a tutela della dignità di tutti i colleghi della Camera dei deputati e non solo di quelli dell'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia).

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, francamente, devo riconoscere che per qualcuno il passaggio dall'opposizione alla maggioranza è riuscito a fargli cambiare le opinioni che per cinque anni ha espresso sulla necessità di garantire la democrazia e il Parlamento [Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]. E sottolineo la parola Parlamento, perché (in tante occasioni, il deputato garantista Marco Boato in quest'aula ci ha ricordato le prerogative del Parlamento) tale organo è diviso in due rami; dalle interpretazioni regolamentari pare che questa divisione sia assolutamente astratta, che sia una questione che gravemente condiziona la vita democratica di questo paese.
Sarebbe una limitazione al mandato dei parlamentari eletti alla Camera dei deputati se qui si tacesse su quello che sta accadendo al Senato: una violazione delle prerogative del Parlamento [Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]! E poi - e lo fanno i deputati garantisti di Rifondazione comunista che ci leggono l'articolo 41 del regolamento (Commenti del deputato Franco Russo), chiedendo che il richiamo al regolamento venga collegato solo ed esclusivamente alle questioni di attinenza della Camera - quante volte hanno interrotto nella passata legislatura i lavori dellaPag. 77Camera, per questioni che non riguardavano l'attività parlamentare! Oggi, però, ci troviamo di fronte ad un fatto, al quale abbiamo assistito attraverso alcune dichiarazioni di nostri colleghi del Senato sulla stampa, che si intende limitare l'azione e l'intervento sulle questioni pregiudiziali, che condizioneranno l'attività politica non solo del Senato della Repubblica, ma anche della Camera dei deputati.
Mi spiego meglio: se dovesse passare il precedente che, a discrezione e non seguendo il regolamento, venisse limitata l'azione dei parlamentari al Senato, sarebbe evidente che la questione interpretativa sul regolamento della Camera avrebbe delle conseguenze in quella direzione. Ma qual è l'obiettivo politico? È quello di mettere il silenziatore all'attività legittima dell'opposizione, dopo cinque anni in cui abbiamo sopportato i vostri interventi in aula (Commenti di deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea), abbiamo sopportato gli abusi delle disposizioni regolamentari e di tutti i precedenti che sono stati creati!
Evidentemente, nella passata legislatura sono stati commessi degli errori, tutte le volte che la Casa delle libertà, nella figura del Presidente della Camera, Pierferdinando Casini, ha utilizzato i precedenti di Luciano Violante per continuare a svolgere attività parlamentare contro le disposizioni parlamentari.
Allora, le cose sono molto semplici: o noi oggi ci prendiamo un momento di riflessione e siamo assolutamente coerenti con la necessità di essere sempre garantisti delle disposizioni costituzionali e regolamentari, o ancora una volta dimostrate che non siete maggioranza nel paese (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Comunisti Italiani). Non avete la maggioranza al Senato e condizionate l'attività della Camera con interpretazioni strumentali! Se così sarà, non passerà alcuno dei vostri provvedimenti in questa Camera (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Grazie, signora Presidente. In primo luogo, intendo esprimere il massimo rispetto nei suoi confronti e per la funzione delicata che lei sta esercitando e credo che tutti siamo tenuti a tenere lo stesso rispetto nei confronti di chi presiede la Camera in ogni istante, al di là delle valutazioni che possono essere anche opinabili, ma che dobbiamo sempre ascoltare con il massimo rispetto.
In secondo luogo, vorrei dire che non mi sento - e solo in questo mi associo ai richiami al garantismo che qualcuno ha fatto, che però erano purtroppo palesemente strumentali - di contestare il fatto che lei abbia dato la parola per un richiamo al regolamento da parte di un capogruppo dell'opposizione.
Ciò che mi sento però di esprimere, come valutazione che, credo, faccia parte dell'ABC del diritto costituzionale e di quello parlamentare (per alcuni aspetti, il collega Franco Russo lo ha giustamente richiamato poco fa) è il fatto che non sia neanche immaginabile che da parte di un ramo del Parlamento (maggioranza o opposizione che sia da questo punto di vista è totalmente indifferente) si possa in qualche modo sindacare o interferire sul piano politico e su quello procedurale rispetto a quello che avviene nell'altro ramo del Parlamento.
Ricordo (non posso citarne il numero) numerose circostanze in cui opportunamente il Presidente Casini, che era il Presidente di quest'Assemblea nella scorsa legislatura, quando qualche collega in aula accennava, anche vagamente e lontanamente, a critiche, ad esempio nei confronti dell'allora Presidente del Senato Pera, che veniva criticato più o meno giustamente - non voglio cadere nell'errore che fanno altri - anche da parte di componenti di quest'aula, giustamente richiamava al principio di non interferenza fra i due rami del Parlamento e al rispetto di quelli che il collega Franco Russo poco fa ha chiamato gli interna corporis di ciascun ramo del Parlamento.Pag. 78
Poco fa ho anche ascoltato, signora Presidente o signor Presidente - non so come preferisca essere chiamata -, il collega D'Alia, che ha ricordato alcuni appuntamenti riguardanti l'ordine dei nostri lavori dei prossimi giorni. Il collega D'Alia ovviamente ha fatto bene, dal punto di vista degli impegni che noi abbiamo, a ricordarlo, ma non è tema che noi siamo chiamati a discutere in quest'aula oggi, perché, se non sbaglio, è convocata per domani pomeriggio, alle ore 17, una riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, la quale avrà all'ordine del giorno il calendario del mese di luglio e, quindi, anche la calendarizzazione dei provvedimenti, in particolare dei decreti-legge (ma non soltanto), che ci perverranno dal Senato, oltre alle altre materie che noi abbiamo all'esame. Quindi, credo che sia stata fatta una polemica un po' esasperata, un po' strumentale, un po' demagogica, in cui si è voluto mettere tutto insieme.
Mi rivolgo al collega Gibelli, le cui opinioni, lui sa, ho sempre rispettato: crede che questo dibattito incidentale sia l'occasione per faticosamente reagire, senza avere ancora elaborato il lutto per le tre sconfitte (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale) di seguito che ci sono state (dalle elezioni politiche, alle elezioni amministrative, al referendum)? Non credo (lo dico all'UDC, a Forza Italia, ad Alleanza Nazionale e anche alla Lega Nord Padania, perché ho sentito parole di saggezza da parte di Bossi nei giorni scorsi, a differenza di Speroni o di altri) che voi possiate immaginare di reagire politicamente alle sconfitte che avete subito - volevate dare delle spallate e vi siete fatti male alle spalle - con questo tipo di atteggiamento, perché non è un atteggiamento che, sul piano del confronto parlamentare, del confronto politico, istituzionale, per le future riforme che dobbiamo fare...

ELISABETTA GARDINI. Pensate al vostro!

MARCO BOATO. Mi scusi signora, non l'ho interrotta quando lei ha parlato in altre circostanze, e l'ho sempre ascoltata. Non credo che questo sia un atteggiamento che porterà molto lontano le attuali forze dell'opposizione. Per cui, se ogni circostanza parlamentare viene usata strumentalmente per questo, ripeto, ne prendiamo atto - ognuno ha il diritto di fare anche delle interruzioni, perché anche le interruzioni sono un istituto parlamentare -, ma tutto questo non ha niente a che vedere con il regolamento.
Signora Presidente, dal punto di vista regolamentare ovviamente i dieci minuti sono passati ampiamente (è andate via oltre mezz'ora), quindi se qualcuno voleva perdere un po' di tempo, lo ha perso, ma non c'è nessuna possibilità che la Camera dei deputati, con qualunque sua decisione, interferisca con ciò che avviene nell'altro ramo del Parlamento. Dopodiché, però, qualcuno ha chiesto la parola per un richiamo al regolamento e aveva diritto di farlo, così come lei ha il diritto-dovere di rispondere secondo quello che è il suo compito e la sua responsabilità istituzionale, nei confronti della quale esprimo il massimo rispetto (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi, de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno).

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, faccio una proposta decisamente diversa da quella che è stata prospettata, anche se la conclusione potrà essere simile. Ho ascoltato il dibattito e, pur convenendo in maniera totale e assoluta con l'assunto dell'onorevole Elio Vito e con la sua richiesta, mi rendo perfettamente conto di mettere in imbarazzo il Presidente di turno; mi rendo conto delle argomentazioni, alcune anche sicuramente legittime, dell'attuale maggioranza, delle difficoltà di ottenere quella che è per noi una giusta richiesta di sospensione in relazione a ciò che sta avvenendo e che, anzi, è divenuto via via più preoccupante (sono state occupate anche le Commissioni) nell'altro ramo del Parlamento.Pag. 79
Non insisto pertanto su questa richiesta, ma chiedo al Presidente e alla cortesia dei colleghi della maggioranza di consentire una sospensione di mezz'ora, proprio per far sì che i gruppi di opposizione possano incontrarsi e valutare la situazione. È un nostro problema, è la richiesta di un atto di cortesia per consentire una riunione dei direttivi o dei gruppi di maggioranza, perché si possa valutare con serenità la situazione.
Come dice l'onorevole Boato, non si tratta di trasformare la situazione in un tentativo di demagogia, di rivalsa, tantomeno di rielaborazione del lutto. Non so se è più a lutto chi ha vinto o chi ha perso le elezioni. A volte mi viene il dubbio che siano più a lutto coloro che hanno vinto, caro onorevole Boato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
Pertanto, signor Presidente, come prescrive l'articolo 41, lei, se lo riterrà, potrà dare la parola ad un oratore a favore ed uno contro e poi procedere alla votazione. Mi appello, fin da ora, alla cortesia dei gruppi di maggioranza di voler accedere alla richiesta presentata (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, faccio notare che, poiché gli interventi sono stati svolti in materia di richiamo al regolamento, siamo fuori dal regolamento dato che questo prevede che, di fronte ad una richiesta come quella formulata dal presidente Vito, intervenga un oratore a favore ed uno contro per non più di cinque minuti; invece, si è aperto...

IGNAZIO LA RUSSA. C'è la prassi!

PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Franceschini, ma ho dato la parola ad un rappresentante per gruppo come consentito dal regolamento (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

DARIO FRANCESCHINI. Il regolamento, all'articolo 41, prevede che parli un oratore a favore ed uno contro.
Detto ciò, poiché si è aperto fittiziamente un dibattito, se inizialmente la richiesta fosse stata posta come è stato fatto dal presidente La Russa, cioè una richiesta da parte dell'opposizione di una sospensione dei lavori per una riflessione interna, sarebbe stata valutata da parte dei gruppi di maggioranza per come sarebbe stata presentata. Ma, dato che la richiesta del presidente Vito è finalizzata a chiedere una sospensione dei lavori della Camera in conseguenza di ciò che è avvenuto nell'aula del Senato, e ciò contrasta con i più elementari diritti, che lei stessa, signor Presidente, ha richiamato nella prima risposta, cioè l'autonomia dei lavori delle due Camere, riteniamo la richiesta non accoglibile.
L'articolo 41 prevede, a questo punto che sia il Presidente a decidere, se intende farlo, oppure che si passi al voto per alzata di mano. È il momento che lei, signor Presidente, assuma una decisione o che la assuma pacatamente l'Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Per riassumere i termini della vicenda, ricordo che è stata richiesta dal presidente Vito una sospensione dei lavori della Camera in concomitanza con quanto accaduto al Senato. È evidente che la questione posta è puramente politica e come tale la rispetto, ma sul piano regolamentare la Presidenza non può far altro che ribadire quanto già precisato in passato in altre occasioni, cioè che i lavori della Camera dei deputati debbono prescindere da ciò che accade durante l'attività dell'altro ramo del Parlamento. Non vi è motivo, a mio avviso, per sospendere i lavori della Camera.
Questione diversa è quella sottoposta dal presidente La Russa, in base alla quale vi è una richiesta di sospensione di circa trenta minuti relativamente all'esame del provvedimento riguardante l'IRAP. Se posso considerare l'intervento del presidente Franceschini come un intervento contrario alla richiesta, chiedo se vi siaPag. 80qualche collega che intenda svolgere un intervento favorevole rispetto alla stessa.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Elio Vito, che ne ha facoltà. Successivamente non potrò fare altro che mettere ai voti la richiesta di sospensione.

ELIO VITO. Signor Presidente, intendo motivare meglio ai colleghi il senso della nostra richiesta. Conosco perfettamente il regolamento, i precedenti e l'autonomia delle due Camere, per cui è evidente che non vi sono automatismi tra quanto avviene al Senato e quanto dovrebbe avvenire alla Camera. Ma, in questo caso, voglio sottoporre due considerazioni all'Assemblea e soprattutto al buon senso - che è una qualità dell'intelligenza - della maggioranza; si tratta di non procedere in maniera arrogante in una fase così delicata di avvio della legislatura, come potrebbe sembrarci il negare una breve sospensione dei lavori per permetterci di valutare quanto sta accadendo.
Vengo alle due considerazioni. Una di esse è conseguente a quanto ha detto il collega D'Alia: il Senato ha appena approvato la fiducia su un maxiemendamento che modifica profondamente il decreto originario in merito a proroghe di natura regolamentare, e già da domani questo decreto, così profondamente modificato, dovrebbe essere all'attenzione della I Commissione della Camera e successivamente dell'Assemblea. C'è quindi un'attinenza tra quanto il Senato, in maniera così contestata, ci ha appena trasmesso, e l'andamento dei nostri lavori.
Vi è poi, Presidente, come lei correttamente richiamava, una considerazione di natura politica più generale. È esattamente quella sulla quale noi vorremmo soffermare la nostra riflessione, e vorremmo che su di essa si soffermasse tutto il Parlamento. È sicuramente diritto del Governo ricorrere al voto di fiducia, è sicuramente legittimo, anche se anomalo, ricorrere in maniera preventiva e ripetuta al voto di fiducia (soprattutto al Senato ma, come pare, anche alla Camera) ma il punto è un altro: questo ricorso al voto di fiducia - in qualche misura tecnica del Governo per evitare il confronto parlamentare al Senato - può accompagnarsi ad un voto di fiducia su un maxiemendamento ad un decreto ordinario, rispetto al quale non c'erano emendamenti?
Il voto di fiducia può accompagnarsi ad un maxiemendamento che contiene delle proroghe di numerosi termini (per evitare così di elaborare un altro decreto-legge di proroga di termini), un maxiemendamento che tra le proroghe di termini contiene anche le proroghe di decreti legislativi, così che il Governo può evitare di ricorrere ad emanare nuovi provvedimenti legislativi, ma può ricorrere invece a provvedimenti di natura amministrativa?

MARCO BOATO. Di cosa stiamo parlando?

ROBERTO MENIA. Taci!

ELIO VITO. In buona sostanza, Presidente e colleghi, noi abbiamo la sensazione che sia in atto da parte del Governo e della maggioranza un tentativo di evitare il confronto parlamentare anche in questo ramo del Parlamento. Un tentativo di governare fuori dalle aule parlamentari, un tentativo di governare non solo attraverso il ricorso ai voti di fiducia, ma anche attraverso atti amministrativi. Tale questione, ripeto, non riguarda solo i diritti dell'opposizione, ma riguarda davvero e soprattutto anche i diritti della maggioranza: ma ci state voi, colleghi e gruppi di maggioranza, a non deliberare più su nulla, sulla base della semplice scusa che i provvedimenti non possono tornare al Senato?
Noi la settimana prossima non potremmo modificare due importanti decreti-legge del Governo? Ci state voi a perdere i vostri diritti di maggioranza? Noi, nella scorsa legislatura, non ci saremmo stati, e non ci siamo stati! Quindi svegliatevi! Quello che è in discussione non sono solo i diritti dell'opposizione, ma sono i diritti, ad esempio, del collega Violante, in I Commissione, il diritto di esaminare i contenuti del decreto appena trasmesso. Sono i diritti dei presidenti delle Commissioni difesa e delle Commissioni esteri, che stanno per esserePag. 81esautorati dei loro poteri per far fare a qualcun altro il controllo parlamentare sulle missioni all'estero. Quello che in buona sostanza è in discussione, è il diritto e la funzione del Parlamento, Presidente, ed è per questo che chiediamo questa breve pausa di riflessione.
Se la maggioranza sarà saggia, la concederà e favorirà il controllo parlamentare, e forse anche un risparmio di tempo e di energie. Se la maggioranza deciderà di procedere da subito con la strada dell'arroganza, a nostro giudizio dimostrerà non la sua forza, ma la sua debolezza. In questa misura la sua debolezza rischierà anche di segnare l'andamento del confronto parlamentare in questa legislatura (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ci sono altre richieste di interventi, ma avevo già dichiarato (Dai banchi dei deputati del gruppo de L'Ulivo si grida: No!)... Scusate, avevo già precisato che avrebbero parlato un deputato a favore ed uno contro; quindi, mi scusino coloro ai quali non do la parola.
Passiamo ora ai voti.
Pongo in votazione, con procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta dell'onorevole La Russa di sospendere per trenta minuti la seduta.
(Segue la votazione).

La Camera respinge per 23 voti di differenza.
Prendo atto che l'onorevole Consolo non è riuscito a votare.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 1005)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, sarebbe stato sufficiente inserire nel provvedimento «milleproroghe», appena approvato dal Senato, anche il testo in esame e forse avremmo risolto il problema, trattandosi di proroga di termini di pagamento.
In ogni caso, al fine di giustificare il nostro orientamento contrario sul presente decreto-legge - avendo precisato più volte che nella scorsa occasione anche noi avevamo risolto la questione prorogando i termini -, ci chiediamo per quale motivo, sussistendo già una norma che imponeva il pagamento entro un termine, sia sorta la necessità di prorogarlo.
La novità è costituita dal fatto che le famose sei regioni - oggi sono cinque -, negli ultimi giorni, hanno cercato di dimostrare che nei loro confronti non era applicabile la maggiorazione dell'1 per cento. Pertanto, non è possibile far riferimento alla più volte citata sentenza della Corte di giustizia europea per quanto riguarda la compatibilità dell'IRAP con le norme comunitarie.
La maggioranza, in ordine alla scadenza del 20 giugno per il versamento dell'acconto IRAP, era stata inamovibile: occorreva pagare. Dopo la scadenza di tale termine, la stessa maggioranza ha cambiato atteggiamento; quindi, una volta incassate le somme dei contribuenti onesti, di quelli che rispondono agli obblighi tributari, prevede una proroga al 20 luglio, senza applicare alcuna sanzione, alcun onere aggiuntivo. Ciò è ingiusto e sbagliato!

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,50)

GIOACCHINO ALFANO. Se la maggioranza aveva questa intenzione, bastava utilizzare altri strumenti, senza farsi distrarre da questioni meno importanti. Tra l'altro, il 20 giugno non è una scadenza sorta all'improvviso, essendo un termine che si ripete negli anni.
Per quanto riguarda i canoni demaniali marittimi, in questo caso, al contrario, la norma prevede il pagamento di un onere,Pag. 82per il quale è stata prevista una proroga del termine, potendo sussistere una potenziale evasione da parte degli obbligati, poiché il meccanismo automatico dell'aumento del 300 per cento dei canoni non è giusto.
Allora, in che modo bisogna immaginare la modifica della norma? Nei prossimi mesi estivi, quelli che interessano maggiormente ai concessionari, dovremmo immaginare una campagna di sensibilizzazione per l'obbligo al pagamento, oppure un impegno da parte della maggioranza a modificare la norma? In altri termini, noi avevamo pensato di fissare il termine per il versamento al 15 dicembre. Tuttavia, in Commissione, si pensava ad una proroga per convincere gli obbligati al pagamento, oppure ad una proroga volta a consentire la modifica della norma, e quindi la riduzione o l'eliminazione di questi oneri? Siamo contrari anche a questa parte del provvedimento, perché la maggioranza non ha fatto altro che utilizzare un termine di mediazione - il 31 ottobre - che non consente di capire se essa intenda eliminare questa imposta o farla pagare.
Se si applica la norma e, quindi, si fa pagare l'imposta, allora automaticamente i contribuenti - in questo caso i concessionari - dovranno attrezzarsi per ricorrere ad una serie di operazioni, tra cui quella che l'onorevole Buontempo ha proposto nel suo ordine del giorno. Infatti, si devono recuperare le imposte dovute nell'arco di tre anni: una scelta del genere non riguarda solo il 2006, ma anche il 2005 ed il 2004.
Allora, in sintesi, avrei preferito un atteggiamento fermo da parte della maggioranza. Avrei preferito che la maggioranza mantenesse fermo il termine del 20 giugno, senza ricorrere all'esonero dello 0,40 per cento previsto per il 20 luglio. Ciò avrebbe avuto più senso ed avrebbe risposto meglio ai proclami che la maggioranza ha reso in campagna elettorale. Infatti, nel corso della campagna elettorale, la maggioranza, tra l'altro, ha ripetuto sempre due cose: ha affermato che le norme devono essere certe e giuste. Com'è possibile che, nel primo provvedimento che la maggioranza tenta di approvare senza ricorrere al voto di fiducia, si ledano proprio questi due principi? In merito alla certezza, si fa riferimento ad un periodo assai confuso e, per quanto riguarda l'applicazione delle aliquote IRAP, la maggioranza ha affermato prima una cosa e, dopo pochi giorni, un'altra. In merito alla giustizia, come è possibile distinguere il comportamento dei contribuenti che hanno pagato entro il termine, come stabiliva la norma, e poi tenere un atteggiamento differente rispetto a quei contribuenti che, senza motivazioni, hanno rinviato il pagamento al 20 luglio?
Se il Governo, ricorrendo all'esonero dello 0,40 per cento, ritiene che i contribuenti che non hanno pagato lo hanno fatto giustamente, per quale motivo non ha concesso prima tale beneficio?
Allora, il nostro voto contrario riguarda questo metodo. Molti parlamentari di minoranza hanno cercato di spiegare la validità dell'IRAP e dei canoni demaniali marittimi. Io l'ho già detto prima e lo ripeto. Non parliamo di un provvedimento che riguarda il merito delle questioni poste. Quindi, non mi soffermo su questo aspetto, anche se la tentazione è tanta, sia per quanto riguarda l'IRAP sia per quanto riguarda i canoni demaniali marittimi.
Però, è fondamentale dire agli italiani, in sede di dichiarazione di voto, che la maggioranza nei confronti di questo provvedimento di proroga - che ha l'esclusivo compito di confermare, da una parte, e di prorogare, dall'altra, i termini di pagamento, compito che nasce dal momento particolare che queste imposte stanno vivendo - assume un atteggiamento non solo difforme da quanto già proclamato in campagna elettorale e contrastante con due principi assoluti, quali la certezza e la giustizia delle norme, ma tiene un comportamento che cambia nel giro di dieci giorni e che si inserisce in un momento particolare quale l'approvazione del cosiddetto provvedimento milleproroghe.Pag. 83
Per questi motivi, che sono indispensabili per avere un rapporto onesto con i contribuenti, il nostro giudizio sul provvedimento rimane negativo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, credo sia importante che tutti i soggetti interessati a questo provvedimento e, nel caso di specie, tutti i soggetti interessati al pagamento dell'IRAP e dei canoni demaniali marittimi, sappiano quale assurda situazione si sta determinando in questo momento nell'aula della Camera dei deputati.
In particolare, per quanto concerne l'IRAP, credo sia opportuno ribadire che non sono state accolte quelle istanze volte a garantire tutti i soggetti che, nella difficoltà di interpretazione normativa, attesa la posizione della Corte di giustizia europea circa la dubbia applicabilità e legittimità dell'IRAP, non abbiano pagato e vi provvedano successivamente.
Ancor più paradossale è che con questo provvedimento non si sia posta mano a tutta la vicenda di quei professionisti senza struttura, che sono di per sé esonerati dall'IRAP e che, invece, sono assoggettati ad essa, o, comunque, che non si sia fatta chiarezza su questo argomento.
Inoltre, che cosa accadrà quando entrerà in vigore la sentenza della Corte di giustizia europea, la quale - ci è molto chiaro - dichiarerà l'illegittimità dell'IRAP? Quali saranno le modalità di restituzione? Nell'ipotesi di restituzione, con quale decorrenza e relativamente a quali periodi essa avverrà?
Ancora più aberrante è ciò che sta accadendo con i pretesi tutori o difensori dei gestori degli stabilimenti balneari. Si assume in fatto - e ciò è alla base del provvedimento in ordine alla proroga degli aumenti del canone di concessione demaniale - che le norme prorogate fin dalla data di efficacia (dal 2003 al 2006), andrebbero oggi prorogate sino al 15 settembre 2006, nel presupposto di ottenere, in questo modo, i tempi necessari ed utili per dirimere la controversia su una loro più puntuale applicazione.
Sappiamo benissimo noi che siamo stati al Governo fino a pochi mesi fa e sa benissimo il nuovo Governo che si è insediato che le contestazioni provenute dagli operatori risalgano ad una normativa molto vecchia negli anni, che fece l'errore di classificare queste tre categorie di concessioni in tre categorie: A, B e C.
Sappiamo tutti in quest'aula, tutti quelli che c'erano, in qualsivoglia veste, nella scorsa legislatura, quali siano state le difficoltà operative per arrivare ad una diversa definizione degli incrementi dei canoni di concessione demaniale. È noto a molti che in tanti casi stiamo parlando di 1.200 euro a metro quadro, e che, in altri casi, l'applicazione del 300 per cento darebbe origine, invece, a situazioni estremamente vessatorie. Ebbene, sappiamo quale sia stata e quale sia oggi la difficoltà di arrivare ad una determinazione di aumento dei canoni che non faccia perdere il gettito atteso di 140 milioni di euro.
Questa volta, avevate con voi, a sostegno del vostro decreto, quello che noi, quando eravamo al Governo, non abbiamo mai avuto. Avreste avuto tutta l'opposizione ferma con voi nello stabilire un termine ulteriore, ma tassativo, entro il quale rendere efficace questa norma; e l'avete rifiutato, sapendo bene - lo devono sapere i gestori degli stabilimenti balneari, ai quali rappresenterete situazioni diverse - che questo sarà un ennesimo motivo per creare confusione in coloro che appostano o non appostano queste forme al bilancio e in quale misura sono tenute a pagarle.
Ebbene, mi fa specie che, in un momento così particolare, ancor più nel momento in cui è occupata l'aula del Senato perché non avete i numeri per darvi la maggioranza, una proposta dell'opposizione che tutela gli identici interessi che voi volete tutelare sia così fermamente respinta. È questa la ragione per cui voterete voi questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

Pag. 84

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, vorrei impiegare i miei dieci minuti per far comprendere all'Assemblea un principio che sarà valido, probabilmente, anche per i prossimi provvedimenti legislativi.
Ad ogni inizio di legislatura vi è la tendenza, da parte della maggioranza e dell'opposizione, a scaricarsi la responsabilità sui provvedimenti in votazione. Questo è sbagliato per tutti i provvedimenti, lo è in particolare per i provvedimenti che hanno portata fiscale, cioè che aumentano le imposte, come quello oggi in esame. Esiste un idioma inglese molto semplice che dice: no taxation without representation, cioè non deve esservi una nuova tassa senza che vi sia un responsabile. Ho paura che su questo provvedimento stiamo creando, invece, le condizioni affinché si aumenti un'imposizione senza che nessuno se ne voglia assumere la responsabilità.
Questo provvedimento è formato da due parti. Una parte è la riproposizione di provvedimenti già emanati negli ultimi due anni e sulla quale concorda la stragrande maggioranza dei miei colleghi, sia di opposizione, sia di maggioranza, secondo la quale, visto che bisogna salvare il gettito IRAP messo a rischio da una pendenza che abbiamo alla Corte di giustizia europea, bisogna impedire che il contribuente ricorra al ravvedimento operoso, altrimenti non verserebbe oggi aspettando di conoscere la decisione della citata Corte di giustizia. Quindi, si impedisce al contribuente di accedere al suddetto istituto, e su questo nulla quaestio: lo abbiamo fatto anche negli ultimi due anni.
Una seconda parte del provvedimento riguarda i canoni demaniali, e sono d'accordo con quanto diceva il mio collega Gioacchino Alfano: con questo provvedimento non facciamo altro che posticipare il problema al 31 ottobre. Avrei preferito un termine più differito, ma credo che non sia una condizione determinante per la discussione di oggi.
La sfortuna ha voluto che, nel frattempo, si aprisse anche un'altra questione, quella cruciale del provvedimento, che nulla ha a che fare con i provvedimenti che il Parlamento aveva adottato nelle ultime due legislature, è completamente nuova: quella relativa alle regioni che sono in disavanzo sanitario. Per tali regioni, la legge finanziaria dell'anno scorso stabiliva che le aliquote IRAP ed IRPEF sarebbero state fissate al massimo se non si rispettavano determinati vincoli: così è avvenuto per almeno cinque regioni. Dal momento che non è solo una questione di sostanza, di aumento dell'imposizione, ma anche una questione di forma, qui viene fuori la responsabilità del nuovo Governo, che ha voluto imporre tale aumento non, come noi avevamo proposto all'inizio, a partire dal secondo acconto IRAP, cioè dal 20 novembre, ma da subito. Quindi, ha fatto decorrere tale aumento dell'IRAP immediatamente, chiedendo ai contribuenti di tali regioni, il 18-20 giugno, di versare, lo stesso giorno o il giorno dopo, un'aliquota maggiorata di un punto. È chiaro che ciò ha messo a soqquadro il sistema fiscale italiano per quanto riguarda l'IRAP, perché vi è un'indecisione che, soprattutto nel campo fiscale, è intollerabile.
Dunque, qui vi è una prima responsabilità - così cominciamo a chiarire - da parte della maggioranza e del Governo, che hanno voluto applicare il suddetto aumento dell'IRAP non da novembre ma immediatamente. Attenzione: quando arriveremo a novembre, a mio avviso, ci renderemo conto che, forse non tutte, ma alcune regioni avranno recuperato quel disavanzo; tanto è vero che abbiamo dovuto stabilire, con un ordine del giorno, che quell'1 per cento che si è versato in più verrà scomputato a titolo di credito d'imposta per altri tributi.
Quindi, abbiamo creato solo un aggravio di burocrazia, generando confusione per il contribuente: esattamente quanto in campo fiscale non bisogna fare. Dunque, se vi è una responsabilità - così cominciamo a «sistemare» la vicenda -, questa è da imputarsi a chi ha applicato male una norma che già esisteva, e l'ha fatto inPag. 85maniera scorretta e confusa dando al sistema tributario italiano un forte «scossone». Badate che, quando si compiono queste operazioni, non si trova subito una definizione delle stesse, perché tali modifiche continuano a determinare confusione su confusione.
Non è stata applicata bene neanche la previsione di un punto percentuale di aumento dell'aliquota, poiché la reiezione, stamattina, di una proposta emendativa specifica - ho già avuto modo di sostenere tale argomento in fase di discussione degli emendamenti - fa sì che le ONLUS e le cooperative sociali saranno gravate da tale aumento del tributo. Ebbene, continuo a sostenere che ciò è scorretto perché si colpiscono particolarmente i soggetti più deboli; peraltro, in alcune fasi, ho anche apprezzato quei parlamentari che si sono battuti perché i comuni continuassero ad avere un livello di servizi elevato. Ma voglio aggiungere, perché conosco bene, come molti di voi, la finanza dei bilanci comunali, che questo aumento si rifletterà, alla fine del suo percorso, in una diminuzione delle ore di assistenza domiciliare rese, ad esempio, dai comuni. Infatti, le ONLUS, le associazioni di volontariato e le cooperative sociali che saranno chiamate a pagare più IRAP avranno meno risorse, e quindi dovranno aumentare la quota oraria corrisposta dai comuni per il servizio di assistenza domiciliare sicché, conseguentemente, i comuni acquisteranno meno ore di assistenza domiciliare. Avremo meno posti all'asilo nido: certo, non è catastrofico, ma diamo un tale segnale, mentre evitarlo, in termini di gettito, sarebbe costato realmente poco.
Dunque, le ragioni di questo provvedimento in parte sono quelle del passato - e noi le condividiamo -, ma per una parte nuova sono da cercarsi nelle scelte di questa maggioranza, che noi contestiamo. Si tratta di uno di quei casi nei quali la responsabilità è chiara ed è a carico di una parte.
Mi permetto di fare un'ultima osservazione. Ho sentito in questi mesi da parte del sottosegretario Grandi e da parte del ministro Lanzillotta una difesa molto forte dell'IRAP. Capisco che è quasi impossibile difendere un'imposta; in via generale, l'imposta è scomoda di per sé stessa e non piace ai cittadini. Ma difendere l'IRAP è ancora più difficile perché è un tributo naturalmente sbagliato, che vuole essere sul reddito ma che, invece, non colpisce il reddito in quanto chiama a pagare anche i contribuenti che sono strutturalmente in perdita. Vi sono aziende in perdita che pagano un'imposta sul reddito: basterebbe ciò per provare che l'IRAP è un'imposta che non può essere mantenuta perché fonda la sua base imponibile non sul reddito, ma sul lavoro. È anche logico che sia così perché, quando Prodi l'ha introdotta, ha sostituito la SSN, che colpiva il lavoro; quindi, è un'imposta non sul reddito ma sul lavoro.
Sarebbe, inoltre, un errore, anche nella prospettiva del prossimo federalismo fiscale, continuare a basare la fiscalità italiana sull'IRAP; tale imposta ha, infatti, un altro aspetto sconveniente. Se non un'anima, le imposte hanno però una natura, e l'IRAP ha una sua natura, quella di colpire il lavoro. Ebbene, nella loro esistenza, le imposte devono soddisfare alcune regole; una delle principali è la correlazione: il gettito deve essere correlato alla spesa che lo Stato o il comune ne fanno. Ma nel caso dell'IRAP questa correlazione manca completamente perché la si riscuote su base nazionale e dal lavoro, ma solo da certuni perché la si preleva dalle attività produttive organizzate. Viceversa, se ne impiega il gettito per finanziare il Servizio sanitario nazionale, e quindi si ha la generalità che è di competenza della regione, sicché l'imposta non corrisponde ad una delle regole principali del diritto tributario.
Ritengo siano queste le motivazioni che oggi ci spingono a votare contro l'approvazione di questo disegno di legge, con un rammarico, perché era possibile, questa volta, fare qualcosa, davvero, non per soddisfare le esigenze dell'opposizione, ma per soddisfare quelle dei contribuenti italiani (Applausi dei deputati dei gruppi delPag. 86l'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, questa mattina, nel corso del mio intervento sul complesso degli emendamenti, ho messo in evidenza le difficoltà e le contraddizioni che presenta l'imposta regionale sulle attività produttive.
Sin dal 1997, quando questa imposta venne istituita, ci si doveva far carico dei problemi che avrebbe generato. Basti pensare, come ricordavo oggi, che colpisce il costo del lavoro; non si è mai visto, infatti, che un'impresa che impiega forza lavoro non possa dedurre dalla base imponibile del tributo i lavoratori che portano a crescere il valore della produzione. Si tratta di una imposta completamente insensata. Essa, tra l'altro, ha anche una difficile collocazione nell'ambito delle imposte sui consumi o delle imposte sui redditi, in quanto non rientra in nessuna delle due categorie. Opportunamente, quindi, la Corte di giustizia europea, per il tramite degli avvocati generali - Jacobs nel 2005, poi Stix Hackl nel 2006 -, ha ritenuto che sostanzialmente è un duplicato dell'IVA e, poiché a livello comunitario ci può essere una sola imposta sulla cifra d'affari, si tratta di un'imposta che contraddice i principi fondamentali del sistema comunitario e che, quindi, deve essere eliminata dall'ordinamento giuridico.
Si tratta di stabilire a partire da quando tale imposta dovrà essere eliminata, se immediatamente o a partire dal 2007; la Corte di giustizia, per il tramite degli avvocati generali, si sta orientando a far decorrere gli effetti dal 2007. Intanto, ci troviamo in questa situazione di incertezza, con i contribuenti che non sanno come e quando pagare l'imposta.
Il provvedimento che stiamo esaminando, che riproduce nella sua architettura generale un provvedimento del precedente Governo di centrodestra, nei lineamenti non è da osteggiare, ma anzi è condivisibile. Il vero problema si è determinato per l'azione che ha posto in essere il Governo con riferimento all'ipotesi per cui in certe regioni si è «sforata» la spesa sanitaria. Se ripercorriamo bene i passaggi della questione, dobbiamo ricordare che con la legge finanziaria del 2006 il Governo allora in carica stabilì, opportunamente, che di fronte ad una sforamento della spesa sanitaria aumentavano automaticamente sia l'acconto dell'IRAP per il 2006 sia l'addizionale regionale all'IRPEF. Tuttavia, chi elaborò quelle norme non avrebbe mai potuto immaginare che il Governo avrebbe intavolato una trattativa con le regioni per vedere se in alcuni casi per le stesse fosse possibile rientrare dallo sforamento, lasciando in balia delle onde il povero contribuente. È questo che noi contestiamo!
È possibile che in un momento topico per gli adempimenti tributari, come il mese di giugno, il contribuente non sia in grado di sapere quanto deve pagare per le imposte? Non bisogna scomodare Luigi Einaudi, che pose tra i principi fondamentali del sistema tributario la semplicità e la gestione facile dei tributi. Se noi non sappiamo come pagare le imposte, come possiamo credere nello Stato? Se non sappiamo come ed in che modo adempiere agli obblighi comunitari, come possiamo avere fiducia nei nostri governanti? Questo è l'interrogativo che dobbiamo porci.
Noi imputiamo all'attuale Governo di aver generato un'enorme confusione nel pagamento dei tributi; per questo abbiamo chiesto, nel caso di un mancato chiarimento ufficiale da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, di consentire di versare questa maggiorazione dell'IRAP entro il 20 di luglio, inserita, però, in un quadro ben definito ed organico. Purtroppo, questo invito non ha ricevuto una risposta coerente da parte del Governo. I contribuenti solo oggi vengono a sapere, ma non dai canali ufficiali, che possono versare l'acconto IRAP relativo al 2006Pag. 87entro il 20 luglio anziché entro il 20 giugno, senza che ciò comporti la maggiorazione dello 0,4 per cento.
E quei contribuenti che hanno pagato? Ci vogliamo mettere nei panni di tanta gente che ha pagato sulla base delle affermazioni fatte dal Governo? Peraltro, ribadisco che, se andiamo a leggere la Gazzetta Ufficiale, ci accorgiamo che non è codificato, che non è scritto in alcun provvedimento che i contribuenti erano tenuti alla maggiorazione. Orbene, ai contribuenti che, affidandosi alla stampa specializzata, hanno pagato in più vogliamo consentire di recuperare immediatamente le somme non dovute?
Grazie ad un ordine del giorno del centrodestra, siamo riusciti ad impegnare il Governo a chiarire che l'eventuale eccedenza può essere utilizzata in compensazione immediatamente; altrimenti, il Governo avrebbe atteso fino a novembre del 2006 e soltanto a tale data avrebbe consentito di recuperare quanto indebitamente riscosso.
Questa è l'ulteriore riprova che, in materia tributaria, il Governo di centrosinistra non ha le idee chiare. Che non abbia le idee chiare il Governo l'ha dimostrato nel corso della campagna elettorale: chi non ricorda le affermazioni del professor Prodi, il quale sostenne che sarebbe stata reintrodotta l'imposta sulle successioni e che, in tal modo, sarebbero stati colpiti i patrimoni di «parecchi» miliardi? «Parecchio» è un aggettivo indefinito: bisognerà pur dire in quale misura si vogliono assoggettare a tassazione le successioni!
A tale proposito, desidero porre al Governo la seguente domanda: ci si è fatti carico di pensare che i soggetti che ereditano patrimoni di «parecchi» miliardi hanno la possibilità di non pagare le imposte in Italia? Tenendo conto di come è strutturato il sistema tributario, è consentito a tali soggetti di costituire trust all'estero e, quindi, di non assoggettare a tassazione in Italia alcunché! Questi sono i dubbi che dobbiamo sottoporre al Governo.
Oltre che dell'imposta sulle successioni, si è parlato di tassazione delle rendite finanziarie. Ebbene, aspetto di capire come si vorrà attuare la tassazione delle rendite finanziarie. Se saranno assoggettati a tassazione soltanto i proventi relativi alle nuove emissioni, sarà difficile realizzare gettito significativo da utilizzare per la riduzione del cuneo fiscale.
Insomma, parlare di materia tributaria significa farlo a ragion veduta, conoscere i temi di cui si discute. Sicuramente, il tema fiscale è centrale nella politica economica e nella politica in genere. Pertanto, è auspicabile che se ne parli a ragion veduta; in caso contrario, si creeranno grossi problemi al sistema paese ed ai contribuenti e si genereranno difficoltà che riporteranno l'Italia molto indietro nella graduatoria dei paesi più avanzati e non le daranno il rilievo che essa merita.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ribadiamo la nostra contrarietà al provvedimento in esame, per svariati motivi.
Partiamo dal presupposto che, com'è stato giustamente rilevato nell'ultimo intervento, le tasse, per essere pagate bene e da tutti, devono essere chiare, semplici e certe. In questo caso, si è riusciti a creare più caos del necessario ed a peggiorare una situazione già complicata.
L'incertezza dei contribuenti è relativa al fatto che, probabilmente, l'imposta sarà cancellata già a valere dall'anno venturo. Giustamente, le aziende si erano già organizzate, prevedendo di non pagare e, eventualmente, di ricorrere al ravvedimento operoso. Intervenire impedendo tale operazione è, di fatto, una bella «fregatura» per le nostre aziende (che non ne hanno assolutamente bisogno in un momento di difficoltà in cui avrebbero bisogno, invece, di una boccata d'ossigeno)!
Oltretutto - ed è paradossale -, si va ad aggiungere l'ulteriore incertezza e l'ulteriore confusione derivanti dal meccanismoPag. 88di copertura delle spese delle regioni che hanno superato il tetto di spesa in campo sanitario. Innanzitutto, bisogna ribadire che si tratta di regioni amministrate (quasi tutte) dal centrosinistra. In secondo luogo, a casa nostra, ci hanno insegnato che dobbiamo stare attenti a come spendiamo i soldi per non produrre un «buco» e che, se lo creiamo, dobbiamo pensare noi a coprirlo con i nostri soldi.
Adesso che i cittadini devono ancora intervenire per «tappare i buchi», non è chiaramente correttissimo, però è giusto farlo. Il problema non è tanto questo, perché è giusto che chi ha «sforato» paghi, ma piuttosto è come farlo, ed anche su tale aspetto si è fatta confusione: mah, paghiamo con l'acconto, poi, semmai, se le regioni rientrano, vi sarà il conguaglio. Ancora caos, ancora confusione! Ora, di ciò assolutamente non ve n'è bisogno. Il ministro Turco ha dichiarato che per queste regioni è previsto un nuovo grande patto con cui si andrà a ridiscutere un piano di rientro della spesa su - addirittura - un orizzonte triennale. Li conosciamo, questi patti di carattere triennale e pluriennale: non si avverano mai e purtroppo la sensazione è che, al solito, pagherà Pantalone ed il nord, come è già successo mille altre volte! Oltretutto, tale sensazione è avvalorata dal fatto che si prevede l'istituzione di un fondo per coprire proprio le inefficienze delle regioni che hanno difficoltà. Quindi, più sei inefficiente e più...tanto pagano gli altri!
Il problema è di confusione e di mancanza di una prospettiva di ampio respiro. Noi, onestamente, ci aspettavamo molto di più dal ministro Padoa Schioppa, l'unico rappresentante del Governo non politico, quindi ministro di peso, con una profonda esperienza, che come primo provvedimento ci porta questo piccolo, piccolo provvedimentino, mirato unicamente a «fare cassa». Ora, dov'è la grande politica economica del centrosinistra, dei primi cento giorni? Dov'è? Giustamente, si parlava sempre di certezza per i contribuenti: i contribuenti sono preoccupati, non sanno cosa succederà relativamente alle tassazioni dei BOT, alla tassazione delle imposte di successione, all'IVA (in proposito, si parla di incrementi dell'IVA).
Bene, in tutta questa confusione se ne va ad aggiungere altra. E, poi, si riesce a dare un colpo al cerchio ed uno alla botte: da una parte facciamo un po' di cassa e dall'altra andiamo a prorogare il termine per l'incremento dei canoni di concessione demaniali! Anche qui non se ne vede la necessità. La scusa che è stata trovata per questa proroga è quella di evitare l'incremento dei costi dei lettini e degli ombrelloni per questa estate. Ma questa è una baggianata grossa come una casa! Infatti, gli operatori hanno già ampiamente scontato questi incrementi nei loro canoni, che sono già esposti, perché la stagione ovviamente è già iniziata e, quindi, ovviamente non vi sarà alcun effetto di tal tipo. Oltretutto, la sinistra ha dichiarato in mille salse che il problema dell'incremento e dell'inflazione, che vi è stato e che vi è, non è dovuto alla sciagurata scelta dell'euro, che ci ha rapinato del 30-40 per cento degli stipendi e delle pensioni, ma al mancato controllo da parte del Governo. Ebbene, il Governo vada e controlli anche gli stabilimenti balneari, che problema c'è?
Detto questo, siamo di fronte ad un piccolo provvedimento, che va ad incrementare la confusione e l'inefficienza del sistema. Diventerà molto più difficile, poi, mettere in campo una seria battaglia contro l'evasione fiscale.
Concludo, quindi, dicendo che si è persa una grande occasione. La grande occasione era di eliminare da subito l'IRAP. Vi era la possibilità di farlo. Tutti sono d'accordo che è una tassa iniqua; Visco l'ha introdotta; quindi, come l'ha introdotta, così il medesimo la può anche togliere. Eliminarla da subito, oltretutto, avrebbe dato ampio respiro alle aziende, soprattutto a quelle dei settori più esposti alla concorrenza dei mercati esteri, perché gravate da una forte componente di costo del lavoro. Ora, quando si è inserita questa sciagurata tassa - l'IRAP -, si pensava di farlo per sistemare il nostro settore produttivo, orientando gli investimenti versoPag. 89settori a capitali intensi e disincentivando, di fatto, i settori a lavori intensi. Non si è tenuto conto del fatto che la realtà del nostro sistema paese è fatta di una miriade di piccole e medie imprese - che sono quelle che tengono in piedi la baracca, che sono quelle che pagano le tasse, che sono quelle che danno lavoro! - e queste aziende, soprattutto nei settori del tessile, hanno enormi difficoltà, per la sciagurata apertura, fatta - anche questa -, a suo tempo, dall'attuale presidente del Consiglio, Prodi, quando era Presidente della Commissione europea.
Questa sciagurata apertura senza freni ha messo le nostre imprese in seria difficoltà. Il Governo aveva l'occasione per porre un po' il freno a questa situazione che sta portando alla chiusura, giorno dopo giorno, numerose aziende, ma non ha fatto nulla. Il problema è di prospettiva. Ormai che i cento giorni del Governo cominciano a passare, noi ci troviamo di fronte, oltre che ad un nulla di fatto su quelli che sono i grandi temi, i grandi e roboanti slogan sciorinati durante la campagna elettorale e anche dopo, ad una serie di tante piccole dichiarazioni in libertà dei vari ministri, che si divertono a giocare a chi la spara più grossa. Penso all'ultima sulla cannabis, dove il ministro Turco, che ha anticipato un'iniziativa del ministro Ferrero, ha proposto l'adozione di un atto amministrativo per incrementare la quantità di cannabis che il singolo può detenere.
La via degli atti amministrativi sembra essere quella che questo Governo intende percorrere, da un lato per risolvere le difficoltà evidenti esistenti al Senato, ed oggi di ciò abbiamo avuto un'ulteriore conferma, dall'altro perché agendo in questo modo si evita una discussione sia nelle Commissioni che sono deputate a svolgere queste riflessioni, sia nell'ambito delle Assemblee, nonché probabilmente in seno al Governo stesso.
La sensazione è quella di una mancanza di una visione e di una prospettiva comuni, evidente soprattutto in materia di politica economica, e si risponde con una sorta di movimentismo senza freni dove ogni ministro, come dicevo prima, si diverte a spararla più grossa. Questa serie ininterrotta di proposte, anche dirompenti, presentano, tra l'altro, anche una scarsa copertura finanziaria. Pertanto, si tenta di fare fumo, del gran bel fumo, facendo vedere che si fa, sebbene poi, in realtà, non si fa un bel niente. E quando si va a fare qualcosa, come in questo caso, la si fa male e unicamente per «fare cassa», come avviene con l'intervento operato sull'IRAP, dimenticandosi però delle difficoltà cui andranno incontro, ad esempio, le cooperative sociali, che rappresentano una delle realtà che riescono a far quadrare i conti e i bilanci comunali; penso a tutti gli interventi che queste cooperative sociali svolgono in campo socio-sanitario e soprattutto nel settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti.

PRESIDENTE. Onorevole Garavaglia, concluda.

MASSIMO GARAVAGLIA. Concludo, Presidente. Non si è fatto nulla se non creare ulteriore confusione e difficoltà in campo fiscale. Si è adottato invece un provvedimento come quello in esame, che riteniamo assolutamente inutile anche dal punto di vista economico, magari solo per poter dire che gli ombrelloni quest'estate costano poco. Ci sembra veramente poco per un Governo che aveva grandi ambizioni (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, prima di soffermarmi sul cuore dell'argomento che ci occupa desidero esternarvi qualcosa che ho notato nel corso della precedente discussione.
Come sapete, il referendum appena tenutosi si è concluso con la vittoria del «no». Con esso, tra l'altro, è stato riaffermato il bicameralismo perfetto tra Camera e Senato. Non comprendo, quindi,Pag. 90come si concili questa posizione di bicameralismo perfetto con gli interventi che ho ascoltato poc'anzi in merito alla possibilità di continuare i lavori dell'Assemblea di uno dei due rami del Parlamento.
D'altro canto, sono molte le cose che non riesco a comprendere, probabilmente per colpa mia. Una di queste riguarda proprio questo provvedimento sull'IRAP.
Si tratta di un provvedimento iniquo, assolutamente iniquo, un provvedimento che riguarda un tributo da abrogare, come bene è stato esposto dai colleghi che mi hanno preceduto. D'altro canto, potete consultare il resoconto stenografico degli interventi svolti in questa Assemblea nel 1997. Come ricorderete, al Governo c'era l'attuale maggioranza e la Casa delle libertà si era opposta con assoluta determinazione a questo provvedimento, dichiarato iniquo allora e dichiarato iniquo oggi. D'altro canto, se vogliamo avere ciò che negli Stati Uniti è definito come la prova della pistola fumante (the smoking gun evidence) della vostra contradditorietà, basta esaminare questo tributo che volete reintrodurre a tutti i costi. Non avevate svolto la campagna elettorale inneggiando ad una diminuzione delle tasse, del cuneo fiscale e dell'IRAP? Allora, dove sono andati a finire i buoni propositi? Sono andati a finire nel limbo delle pie intenzioni, dato che comunque siete riusciti ad avere - si fa per dire - la maggioranza. Perciò, avete iniziato quella politica di inasprimento delle tasse e di reintroduzione di tasse che avrebbero dovuto essere cancellate. Se avessimo vinto noi, l'IRAP non sarebbe più un tributo da corrispondere. Del resto, ormai avete portato a casa il risultato elettorale. Tuttavia, non è un bel modo di procedere, cari colleghi! Non è un bel modo di procedere perché dovete - tutti noi dobbiamo - pensare a che cosa significhi approvare un provvedimento di legge.
La legge, vedete, non è soltanto qualcosa che noi dobbiamo rispettare (quando parlo di «noi», intendo noi cittadini e non noi parlamentari); non si tratta di una facoltà che viene data nell'ambito di una norma, come se la norma ci appartenesse. In altri termini, la legge non è una facoltà di agire all'interno della legge medesima. La legge è la facoltà che tutti i cittadini hanno - quel popolo italiano che vi ha dato l'esigua maggioranza - di esigere che il proprio comportamento sia codificato in norma. Questa è la legge, questo è il modo corretto di intendere la potestà legislativa che ci spetta. Vi prego: risparmiatemi il commento che il mandato imperativo non esiste! Lo sappiamo bene. Tuttavia, dopo aver presentato un programma elettorale che prevedeva, tra l'altro, l'abolizione dell'IRAP, terminate le consultazioni, l'IRAP riappare, nonostante l'accoglimento da parte del Governo degli unici due segnali positivi in questo provvedimento, ossia gli emendamenti presentati dagli onorevoli Leo e Gioacchino Alfano. D'altro canto, non bastano due emendamenti per rimettere in sesto un tributo iniquo. Mi riferisco non soltanto ad una valutazione interna, nazionale, ma anche a quanto è stato affermato in sede di Unione europea. Forse, il primo ministro non sa che cosa accade in quella Unione europea la cui Commissione ha presieduto nell'ultimo periodo? Non posso proprio crederlo! D'altro canto, sappiamo che dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea vi è proprio un giudizio pendente riguardo alla compatibilità di questa imposta regionale sulle attività produttive con il divieto, posto agli Stati membri dalla direttiva n. 388 del 1977, di fissare imposte su cifre di affari diverse dall'IVA.
La verità è che questa è una vera imposta sul lavoro per la quale, tra l'altro, l'avvocato generale presso la Corte di giustizia europea, il 14 marzo 2006, ha depositato nuove conclusioni che considerano nuove ipotesi di illegittimità di questo tributo e in cui si afferma che l'IRAP è incompatibile con la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, in quanto essa cadrebbe nel divieto previsto dall'articolo 33 della direttiva 77/388 che ho appena citato. È la stessa direttiva, come ben ricorda l'onorevole Migliori, che vieta altri tributi nazionali che abbiano caratteristiche di imposta sulla cifra di affari. Quindi l'IRAP è al tramonto, ma a tutti i costiPag. 91volete imporre quest'ulteriore balzello per le tasche del contribuente, non preoccupandovi assolutamente del fatto che questo aumento dell'anticipo IRAP colpisce oltre un milione di contribuenti e che a pochi giorni dalla scadenza non sono ancora state fornite le regole fondamentali per adeguarsi.
Per chi poteva essere esente da questa disposizione regionale, cosa accade dunque? Non vi importa, così come non vi interessa di reintrodurre un tributo iniquo; non vi interessa di rispettare quella volontà dei cittadini che vi ho testé enunciato; non vi interessa di essere coerenti col vostro programma elettorale. Vi interessa soltanto governare, trattando i cittadini come se fossero sudditi, come se il potere non vi derivasse dai cittadini bensì da una sorta di grazia ricevuta! Ma con questo modo di andare avanti, cari colleghi, la strada sarà costellata di intralci: si chiameranno IRAP, si chiameranno imposte sulle rendite finanziarie, si chiameranno in tanti modi diversi, ma con una sola dizione si può concretizzare la vostra azione di Governo: incoerenza! Voi siete incoerenti, avete gettato la maschera subito dopo le elezioni. Proseguite su questa strada e sarà per voi corta e costellata di buche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Grazie, Presidente. Parli di centrosinistra, parli delle sinistre e la parte produttiva del paese, come riflesso incondizionato, mette la mano al portafoglio per controllare se è ancora al suo posto.
È un dato di fatto, ormai c'è una continuità rispetto al passato che noi abbiamo denunciato e abbiamo paventato agli elettori che hanno scelto un'altra maggioranza alle urne. Essi hanno votato - i numeri questo ci confermano - il centrodestra; poi, grazie alle vostre fraudolente liste «pacca», siete riusciti a costruire una maggioranza artificiale in questo Parlamento. Tuttavia gli elettori, già in campagna elettorale, avevano capito (glielo abbiamo ricordato noi ed è stato facile, vi assicuro) che centrosinistra vuol dire più tasse e meno libertà. In effetti, i dati sulla libertà economica nel nostro paese ci vedono in una posizione di assoluta retroguardia. La ricerca dell'Heritage Foundation, in collaborazione con il Wall Street Journal, conferma una posizione del nostro paese, nel 2005, per quanto riguarda la libertà economica, al 134o posto. Pensate colleghi, ci stiamo (Una voce dai banchi dei deputati del gruppo de l'Ulivo: Grazie a te!) contendendo questa posizione con l'Uganda o con Cuba, la Cuba che voi tanto amate.
Insomma, quando si tratta di mettere le mani nelle tasche dei cittadini, voi sapete come fare! Lo state dimostrando anche oggi, attraverso un provvedimento che utilizza una tassa a voi molto cara, come l'IRAP. Ricordo che ho avuto l'onore di rappresentare la mia gente in questo Parlamento nel momento in cui voi, nel 1997, quando eravate al Governo, l'avete introdotta. Allora conducemmo una durissima opposizione, consci del fatto che un'imposta così ingiusta, iniqua e vessatoria avrebbe creato gravissime difficoltà alle nostre imprese, come purtroppo si è poi verificato.
Almeno 320 mila aziende hanno dovuto aspettare la Casa delle libertà per essere liberate dal giogo dell'IRAP: il Governo Berlusconi, infatti, si era ripromesso di abolirla attraverso una riduzione graduale, sulla base delle scarse risorse finanziarie che ci avevate lasciato dopo quattro esecutivi scellerati. Nonostante enormi difficoltà dal punto di vista economico e finanziario, siamo tuttavia riusciti, durante il nostro Governo, ad eliminare tale vessazione per 320 mila imprese, che hanno potuto respirare, finalmente, la libertà dal punto di vista impositivo.
Ovviamente, siamo riusciti ad iniziare a fare ciò che voi avevate promesso di fare, e tutti noi vorremmo verificare la vostra capacità di attuare il vostro programma elettorale, vale a dire ridurre il cuneo fiscale. Ricordo, a tale proposito, che il Governo Berlusconi è riuscito a ridurloPag. 92dell'1 per cento, e che il nostro programma elettorale, che intendeva proseguire lungo quella direzione, era sì ambizioso, ma anche realizzabile.
L'esito delle elezioni, purtroppo, ha consegnato il paese nelle vostre mani, ed ora ci ritroviamo la solita, miope visione dello Stato centralista. Mi riferisco allo Stato che rastrella dove può farlo, tra i ceti produttivi, vale a dire coloro che sostengono con sempre maggiore fatica e difficoltà la nostra economia.
Vorrei segnalare che stiamo discutendo di un'imposta che la Corte di giustizia delle Comunità europee sicuramente decreterà essere illegale: pertanto, una volta verificata la sua incompatibilità con la normativa comunitaria, ci ritroveremo, in questa Assemblea, di fronte a nuovi provvedimenti che mireranno sempre ad un unico scopo: vessare i cittadini e «fare cassa». Si tratta, a mio avviso, di una visione di corto respiro.
Credo che leggeremo ciò nel vostro Documento di programmazione economico-finanziaria e che ciò sarà anticipato nella manovra correttiva di metà anno. Quest'ultima è un costume tipico dei Governi di sinistra: ricordo, infatti, che sono stato eletto per la prima volta in Parlamento nel 1996, ed il primo provvedimento che mi sono trovato a contrastare era, per l'appunto, una manovra correttiva. Voi la definivate «manovrina», così come chiamate quella che presenterete «correzione» ma, agli effetti pratici, si tratta di veri e propri salassi per i ceti produttivi.
Ma è inutile che continuiamo a girare intorno alla questione: qui servono riforme strutturali! Abbiamo concluso da poco una campagna referendaria in cui si è discusso di numerosi argomenti. Voi avete fatto la solita demagogia, avete affrontato con ipocrisia il tema delle riforme ed avete demonizzato ciò che abbiamo realizzato in cinque anni, tra cui quello che andrebbe discusso, in Parlamento, con estrema urgenza: mi riferisco al federalismo fiscale.
Nella nostra riforma, infatti, avevamo semplicemente previsto che il Parlamento avrebbe dovuto approvare, entro un termine di tre anni, una legge ordinaria per attuare il federalismo fiscale ad invarianza di carico impositivo su tutti i cittadini.
La nostra preoccupazione, che è anche la preoccupazione dei cittadini, è quella di non vedere aumentare ulteriormente il carico impositivo. Purtroppo, abbiamo verificato come ciò non sarà possibile con il vostro Governo. Noi culliamo un progetto, un sogno che, ovviamente, diventerà realtà nel momento in cui il paese aprirà gli occhi di fronte alle ipocrisie della sinistra e sceglierà di cambiare: il nostro sogno è quello di avere un tetto impositivo massimo oltre il quale moralmente lo Stato non può andare. Quel tetto - lo abbiamo sempre detto - che deve essere un terzo di ciò che una persona guadagna. Oltre, lo Stato non può e non deve andare.
Dunque, nell'ambito di quel terzo, attraverso una redistribuzione delle competenze ed un criterio di sussidiarietà, le regioni, le province e i comuni potranno avere - allora sì - una dotazione certa di risorse in base ai servizi che effettivamente si erogano ai cittadini. Purtroppo, oggi, non è così.
Viviamo in una situazione di grandissima indeterminatezza, di grandissima confusione, in una situazione in cui, purtroppo, il cittadino (ma non solo lui, anche noi, da questo osservatorio privilegiato) non ha la possibilità né gli strumenti per incidere sui centri di costo. Purtroppo, vige la deresponsabilizzazione di una classe politica, sia quella centralista, quella romana, sia quella regionale, che porta ad una spirale negativa dei costi, alle conseguenze che oggi tentate, in modo così patetico, di arginare, ed è il caso dello sforamento di ciò che avete definito «le regioni canaglia». Semplicemente, userei l'espressione «governatori canaglia», in quanto le regioni e i cittadini non hanno responsabilità, se non quella di avere degli amministratori incapaci e di non aver mai avuto la possibilità di scegliere tra reali alternative di Governo.
Siamo di fronte all'ennesimo sforamento dei conti della sanità e invece di chiedervi come arginare questo fenomenoPag. 93sistematico, rincorrete gli eventi, proponete (noi ovviamente casseremo la proposta) l'ennesimo intervento tampone che nulla farà, se non aggravare il carico impositivo sui cittadini.

PRESIDENTE. Onorevole Caparini, la invito a concludere, perché ha superato il tempo a sua disposizione.

DAVIDE CAPARINI. Presidente, mi avvio alla conclusione.
La ricetta per un malato molto grave, come il nostro sistema paese, non è certo quella di applicare qua e là qualche cerotto. La cura l'abbiamo identificata e si chiama «riforme», le riforme che abbiamo sottoposto all'attenzione del paese e sulle quali abbiamo lavorato e continueremo a lavorare, perché l'unica cura, l'unica medicina per i nostri mali si chiama federalismo.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Berruti, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, ricordo come un incubo nella XIII legislatura l'introduzione dell'IRAP, che venne poi analizzata ed approfondita da una Commissione bicamerale di cui ebbi l'onore di far parte. Nelle conclusioni dei lavori di quella Commissione emersero molte osservazioni critiche (ricordo che l'IRAP era la risultante dell'abolizione di tutta una serie di contributi fra cui l'ILOR, l'imposta locale sui redditi, che esentava le libere professioni a seguito di una sentenza della Corte costituzionale).
Ebbene, la base imponibile dell'IRAP cancellò completamente l'ILOR e, quindi, inserì anche questa categoria nell'arco della tassazione con la nuova imposta.
Il grosso delle osservazioni critiche, che del resto abbiamo ascoltato largamente in quest'aula anche oggi, riguarda il meccanismo della base imponibile di questa imposta, un meccanismo che costringe di fatto le imprese a fare tre bilanci: il bilancio civilistico, il bilancio fiscale e il bilancio dell'IRAP. Infatti, la base imponibile dell'IRAP è basata sul valore della produzione e, quindi, comprende il costo del lavoro e gli interessi passivi, due elementi che, evidentemente, nella epurazione del reddito vengono considerati costi (quindi, detraibili).
Ovviamente, gli effetti dell'introduzione di questa imposta sono stati fortemente negativi dal punto di vista dell'occupazione, in particolare proprio nell'ambito del lavoro autonomo, che si è sentito colpito improvvisamente dall'abolizione dell'ILOR e che ha dovuto smantellare molte strutture; tant'è vero che una serie di sentenze successive delle commissioni tributarie e anche interventi interpretativi del Ministero delle finanze hanno poi portato a chiarire alcuni aspetti discutibili dal punto di vista della formulazione originaria della legge o perlomeno non chiari. Faccio riferimento, in particolare, alle strutture degli studi professionali, fossero esse stabili o meno.
L'imposta ha comunque determinato una risultanza in termini di gettito molto consistente, 36 miliardi di euro nel bilancio 2005, e da qui è derivata la difficoltà di smantellarla. Tra l'altro, il ministro Visco la introdusse accanto alla Dual income tax, la Dit e la Super Dit, che, voi ricorderete, erano formule tributarie che favorivano soprattutto le grandi imprese. Quindi, a fronte della Dit e della Super Dit, che favorivano le grandi imprese che avevano una grossa capitalizzazione, si colpivano le piccole imprese, che, essendo a bassa capitalizzazione e a forte indebitamento, avevano un onere maggiore dal punto di vista della tassazione sul valore della produzione, che comprendeva anche gli interessi passivi, oltre al costo del lavoro.
Naturalmente, la Commissione dell'Unione europea ha subito messo sotto accusa questo tributo. L'iter, come voi sapete, è molto complesso: c'è una prima valutazione della Commissione; successivamente, vi è l'apertura della procedura di infrazione e poi si passa alla Corte di giustizia. Quest'ultima,Pag. 94attraverso le pronunce degli avvocati generali, non più tardi del marzo scorso, ha fornito una indicazione precisa: praticamente, l'IRAP è considerata un doppione dell'IVA e, quindi, in base ad una direttiva comunitaria, la n. 77/388/CEE, deve essere eliminata.
La stessa Unione europea, conoscendo la difficoltà dei nostri conti economici, in particolare dei conti della nostra finanza pubblica, si è preoccupata delle possibili conseguenze negative derivanti dall'eliminazione di questa imposta e ha, in un certo senso, rallentato la procedura di avvio alla sentenza definitiva per far coincidere la nuova realtà, in cui l'IRAP verrà eliminata, con l'inizio dell'esercizio finanziario 2007.
Tuttavia, il Governo, di fronte allo sforamento dei tetti della spesa sanitaria di sei regioni, è intervenuto, tra l'altro con strumenti molto discutibili che mettono in discussione lo statuto del contribuente ed il ravvedimento operoso, per acquisire un gettito che si calcola intorno ad un miliardo e mezzo circa, a fronte di uno sforamento del tetto sanitario da parte delle sei regioni di quattro miliardi e mezzo di euro, quindi non sufficiente a coprire interamente il buco.
La violazione di questi principi rappresenta un elemento molto grave, perché nel momento in cui si approva per legge lo statuto del contribuente, che prevede un determinato periodo di tempo prima che entrino in funzione nuove imposte, per consentire ai contribuenti di adeguarsi, o quando si mette in discussione una norma come quella relativa al ravvedimento operoso che consente, fra l'altro, al fisco di recuperare gettito, si crea sconcerto. Infatti, uno degli elementi del decreto-legge in esame è quello di blindare il gettito dell'IRAP per evitare che, di fronte all'incertezza per il futuro dell'imposta, qualche contribuente sia portato a rinviare il pagamento, a fronte di molte contestazioni presso le commissioni tributarie che riguardano situazioni pregresse.
Ci troviamo di fronte ad un «provvedimento tampone», che non ha alcun riflesso strutturale sul sistema tributario italiano, ma che perpetua il meccanismo di questa imposta che, prima o poi (del resto il programma dell'Unione già ne prevedeva l'abolizione), dovrà essere modificato, per tornare a quella tassazione sul reddito netto d'impresa che è la base del principio della capacità contributiva previsto dalla Costituzione.
L'opposizione tutta dovrà schierarsi contro il provvedimento in esame perché non risolve i problemi delle sei regioni incriminate dal punto di vista del buco sanitario e, contemporaneamente, determina sconcerto, incertezza e disaffezione verso lo Stato da parte dei contribuenti, a fronte di un sistema di imprese per il quale si prevedeva, con la vittoria dell'Unione, la riduzione di cinque punti in un anno del cuneo fiscale e che si vede, invece, rinviato nel tempo.
Questa è una delle tante ragioni che militano per votare in maniera ferma contro il decreto-legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brancher. Ne ha facoltà.

ALDO BRANCHER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tra gli elementi fondanti del gruppo di Forza Italia vi sono quelli di uno Stato «leggero» e di una riduzione delle tasse per chi lavora e crea lavoro. Per tale motivo, la nostra opposizione all'IRAP è stata da sempre ferma e indiscutibile.
Abbiamo sempre considerato l'IRAP come l'imposta di rapina, vale a dire una tassa iniqua che colpisce soprattutto chi rischia in proprio: i lavoratori autonomi, i commercianti, gli artigiani, i professionisti, aumentando le loro difficoltà in un momento difficile dell'economia. Si tratta di una tassa sulle tasse, in quanto non è deducibile.
Le critiche rivolte all'IRAP hanno trovato immediata conferma nei più vari ambienti tecnici ed economici ed anche i rappresentanti del Fondo monetario internazionale hanno espresso sulla stessa un parere negativo, ritenendo colpite da un carico fiscale aggiuntivo, in particolare, le imprese più indebitate, quelle ad altoPag. 95contenuto di lavoro, traducendosi l'intervento in un incentivo a trasferire all'estero segmenti del processo produttivo delle imprese italiane.
Sono note le difficoltà incontrate, sin dal 2001, dal precedente Governo nel sopprimere un'imposta con gettito da 30 miliardi di euro, destinato al finanziamento della sanità regionale e, contemporaneamente, lanciare una politica di sviluppo, di infrastrutture e di riduzione fiscale.
Nel marzo 2005, si è aperta in sede comunitaria la vertenza contro l'IRAP, della quale attendiamo la definizione entro quest'anno, sulla base della sua eccessiva somiglianza con l'IVA. Da quel momento le iniziative del Governo Berlusconi si sono moltiplicate; l'idea di base era quella di reperire almeno 12 miliardi di euro per tagliare l'IRAP sulle aziende in un triennio, mediante un intervento sul costo del lavoro.
La mancanza di una copertura condivisa e certa, oltre alle difficoltà di finanza pubblica, hanno impedito l'avvio della manovra, che si è ridotta all'ipotesi fruttuosa, ma certo non complessiva, di legare il taglio dell'imposta agli investimenti effettivamente realizzati in ricerca o innovazione e dotazione tecnologica, oltre all'introduzione del premio di concentrazione per le piccole e medie imprese.
La situazione di tensione verificatasi in questi giorni tra gli imprenditori e i rischi di confusione fiscale, con ricorsi annunciati da intere regioni, non possono essere imputati alla Casa delle libertà, ma al peccato originale commesso dal centrosinistra nel 1997.
Vorremmo discutere dei modi di copertura del buco sanitario e delle proposte degli imprenditori, che chiedono un credito d'imposta pari al 10 per cento delle spese totali in ricerca da parte delle imprese per dieci anni, un credito d'imposta del 50 per cento per la ricerca dei privati con l'università, il finanziamento di grandi progetti tra i quali i settori biotecnologico e farmaceutico, il sostegno alle Startap innovative, esonerando gli oneri sociali per il personale per un periodo non minore di tre anni, con una spesa per lo Stato di circa 1,5 miliardi di euro l'anno, ma con effetti moltiplicativi sulla spesa privata.
Per tali ragioni, il provvedimento sull'IRAP predisposto dal Governo è estraneo al nostro modo di vedere e lo consideriamo del tutto inadatto a risolvere le problematiche generali e specifiche oggi sul tappeto (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. Signor Presidente, esprimerò un voto contrario sul disegno di legge di conversione in esame, che prevede che, per il versamento degli acconti e per il saldo per il 2006, non trovi applicazione l'istituto del cosiddetto ravvedimento operoso. Si esclude, quindi, l'applicazione delle riduzioni delle sanzioni.
Esprimerò un voto contrario, perché ritengo che questo decreto-legge contrasti con lo statuto del contribuente e, quindi, con il testo contenente i principi generali dell'ordinamento tributario. Esso contrasta con lo statuto del contribuente per i motivi che tra poco indicherò.
Tuttavia, vorrei innanzitutto parlare dell'IRAP, un'imposta definita iniqua da chi mi ha preceduto. È sicuramente un'imposta iniqua - come ricordammo anche noi nel 1997 - perché considera come base imponibile anche gli interessi passivi ed il costo del lavoro. Nel 1997 sostenemmo l'incostituzionalità di tale imposta. L'IRAP, infatti, nacque come un'imposta che raccoglieva più imposte, tra cui l'ILOR. La Corte costituzionale aveva già precisato come l'IRAP davesse gravare solo sulle imprese e, quindi, non potesse colpire i liberi professionisti. Con sentenza del 2001, la stessa Corte costituzionale ha ribadito che l'ILOR è incostituzionale e non può trovare applicazione nei confronti di quei lavoratori autonomi privi di un'autonoma struttura organizzativa.
Oggi, molti lavoratori autonomi si chiedono ancora se devono o meno pagare l'IRAP, perché non sanno se si trovano oPag. 96meno nelle condizioni previste dalla sentenza del 2001 della Corte costituzionale. Noi, allora, sostenemmo che l'IRAP si poneva in contrasto con le norme comunitarie e - come è stato già ricordato da chi mi ha preceduto - è pendente dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea un procedimento sulla compatibilità comunitaria del tributo.
Si sostiene che questo tributo è incompatibile con la normativa sull'IVA. Inoltre, contrariamente a quanto detto questa mattina dal sottosegretario Grandi, ricordo che l'Avvocato generale dello Stato, nel marzo 2006, ha ribadito come questo tributo contrasti con la direttiva comunitaria n. 77/388 e, sicuramente, non potrà più trovare applicazione.
Vorrei anche ricordare ciò che il Governo di centrodestra ha fatto nella scorsa legislatura, nonostante le grandi difficoltà economiche, per superare i problemi che l'imposta IRAP sollevava. Questa mattina il sottosegretario Grandi ha affermato che non è stato fatto niente per ridurre l'imponibile IRAP. Non è così, perché - come è stato già ricordato da chi mi ha preceduto - nella scorsa legislatura è stata abbattuta la base imponibile IRAP con riferimento agli investimenti nella ricerca ed alle nuove assunzioni nelle aree svantaggiate.
Ricordo ancora a me stesso che, anche quando approvammo la delega fiscale (che poi non ha potuto avere applicazione per i noti motivi di natura economica a livello europeo), prevedemmo che dalla base imponibile dovessero essere dedotti il costo del lavoro e gli interessi passivi.
Come ho detto all'inizio, a mio avviso, questo provvedimento contrasta anche con lo Statuto del contribuente e, in particolare, con l'articolo 10, che, al terzo comma, prevede che le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria.
Onorevoli colleghi, è vero che l'anno scorso, nel giugno 2005, questo articolo è stato modificato ed è stata aggiunta la norma secondo cui, in ogni caso, non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Tuttavia noi riteniamo che tale incertezza non nasca, in questo caso, dal giudizio pendente dinanzi alla Corte europea. Certo, ciò determina incertezza, ma essa non contrasta con lo statuto del contribuente. L'incertezza nasce dal fatto che, con la sentenza della Corte costituzionale del 2001, è stato ribadito che questo tributo non può trovare applicazione nei confronti di quei professionisti privi di un'autonoma struttura organizzativa: ma non sappiamo ancora cosa si intenda per «autonoma struttura organizzativa». Quindi, oggi molti professionisti o non pagano l'IRAP e, quindi, rischiano sanzioni; oppure pagano l'IRAP e, poi, dovranno chiedere il rimborso.
Ma vi è un'incertezza maggiore che riguarda quei contribuenti che operano nelle regioni che hanno sforato nel campo della sanità e che dovranno pagare l'IRAP nella sua aliquota massima.
Vi è molta incertezza perché non si sa cosa si deve pagare. Penso, soprattutto, al settore agricolo, in cui non si sa se si deve pagare l'imposta dell'1,9 per cento o del 2,9 per cento.
Non sappiamo cosa avverrà se queste regioni, com'è probabile, entro l'anno riusciranno a mettere in ordine il loro conto nel settore della sanità, nel qual caso il pagamento di oggi sarebbe effettuato inutilmente. È vero che, quando pagheranno il saldo, i contribuenti potranno scomputare ciò che hanno versato in eccesso oggi, ma, certamente, non potranno ricevere indietro gli interessi su quelle somme. Vi è incertezza per questi contribuenti e ciò è in contrasto con lo Statuto che ho dianzi richiamato.
Ma è tutta la politica fiscale del centrosinistra che ci preoccupa, cari colleghi! Questo è il primo provvedimento in campo fiscale di questo Governo, ma, durante la campagna elettorale, abbiamo visto che già vi era molta incertezza. Un giorno dicevano che le imposte sulle successioni e sulle donazioni sarebbero state reintrodotte; un altro giorno che ciò non eraPag. 97vero; il giorno dopo dicevano che quelle imposte sarebbero state reintrodotte soltanto per i patrimoni che superavano una determinata cifra; poi, ogni giorno tale cifra cambiava, così come anche l'intera politica fiscale relativa alle imposte sui redditi, che non è mai stata chiara durante la campagna elettorale e non lo è ancora oggi. Un giorno si parla di aumentare le rendite catastali e un altro giorno si prevedono nuovi tributi. Vi è incertezza nei contribuenti e questa incertezza non fa sicuramente bene al nostro paese.
Quindi, in campo fiscale vi è stato un pessimo battesimo per il centrosinistra con questo decreto, che sicuramente non ci piace. Lo stesso articolo 2, che affronta la proroga dei canoni demaniali, sicuramente è necessario, ma voglio ricordare che, probabilmente, si tratta di una proroga troppo breve. Era troppo ravvicinato il termine del 30 settembre e lo è quello del 31 ottobre, il nuovo termine approvato questa mattina grazie all'emendamento dell'onorevole Buontempo. Non penso, infatti, che entro il 31 ottobre potrà essere approvata, dalla commissione istituita ad hoc, la relazione sulle valutazioni necessarie per vedere dove, come e quando dovranno essere aumentati i canoni demaniali. Peraltro, ritengo - parlando a titolo personale - che un aumento indiscriminato del 300 per cento di tutti i canoni demaniali, senza tener conto delle varie realtà territoriali, probabilmente, sia eccessivo.
Per queste ragioni, il nostro voto è contrario. È un voto convinto, sperando che il Parlamento, invece, possa porre mano seriamente alla modifica dell'IRAP, abolendo questa imposta che contrasta con la normativa europea e che noi sostenemmo, già dieci anni fa, essere incostituzionale ed iniqua (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo lunghe ore di ascolto degli interventi che si sono susseguiti per l'intera giornata, vorrei fare una semplice considerazione, anche se può risultare banale: sotto il sole, nulla di nuovo!
Il provvedimento che ci apprestiamo a votare costituisce un sintomo della politica della maggioranza, che non ha esitato e non esiterà ad intervenire in termini drastici per modificare la struttura e la natura di un decreto su una materia di rilevante importanza di carattere economico e fiscale.
Ricordo ancora - forse è una ripetizione, perché tanti lo hanno già detto - come la prospettiva del centrodestra e, in modo particolare, della Lega nord fosse quella di arrivare all'abolizione dell'IRAP, introdotta dall'ex ministro Visco nel 1997. Ricordiamo cosa successe, quali furono le reazioni negative a questa nuova imposizione, in modo particolare, nel Nord d'Italia e, in modo particolarissimo, nella regione Lombardia. Tale provvedimento fa a pugni con l'idea di sviluppo e di rilancio delle imprese, che anche in questi giorni sentiamo sbandierare dai rappresentanti del Governo.
Del resto, come dicevo prima, ascoltando gli interventi dei colleghi della maggioranza si avverte quella impostazione di fondo che mira a costruire una politica fiscale fortemente punitiva dei ceti produttivi e della miriade di piccole e medie aziende.
Gli imprenditori, poi, ci vengono a chiedere conto, soprattutto al nord, di come si possa saldare il paese se non si sostiene, non dico si assiste, il loro impegno a misurarsi sul mercato internazionale.
Inoltre, voglio rimarcare come da più parti si sia creata una certa incertezza e confusione su tempi ed aliquote, come si può facilmente evincere anche solo dando un'occhiata alla pubblicistica di carattere economico. La bocciatura degli emendamenti è la prova che non ci può essere più di tanto dialogo neppure sulle proposte concrete. Ciò perché il centrosinistra ha da sempre un atteggiamento chiuso ed attestato su posizioni rigide: voi governate, voi siete la maggioranza, voi decidete cosa fare.Pag. 98Abbiamo ascoltato in questi giorni, sempre negli ambienti della maggioranza, parlare di questione settentrionale ed assicurare che verranno studiate fino in fondo le dinamiche che hanno portato il centrodestra a prevalere nel nord Italia alle elezioni politiche ed il «sì» referendario ad affermarsi in Lombardia ed in Veneto.
Credo che con questo provvedimento si riparta con il piede sbagliato, ci si allontani dal cuore e dal motore del paese. Il nostro mondo imprenditoriale ha ragione a chiedere interventi di sostegno e di non essere vessato da una fiscalità assolutamente insopportabile.
Voglio ricordare brevemente anche come quando si parla di bilanci negli enti locali, nei comuni, nelle province, nelle regioni, qualsiasi sia la maggioranza e qualsiasi sia l'opposizione, a fatica e difficilmente si riesce a far quadrare i conti e si è sempre costretti a ritoccare aliquote e tasse per garantire i servizi essenziali. Naturalmente, la parola d'ordine è «rigore» quando si fanno i bilanci di previsione e tagli degli sprechi, cosa che non vediamo in questi primi due mesi di Governo del centrosinistra. Penso che l'occasione per far finire tutte queste difficoltà sia stata sprecata la scorsa domenica, ma tant'è: vedremo, andando avanti, cosa succederà.
Per un paese solidale - e concludo - occorre che il nord marci a pieno regime e favorisca lo sviluppo del sud. Senza questa ricetta, l'Italia faticherà ad uscire dalla situazione di malattia che i provvedimenti come quello di oggi rischiano di far diventare cronica. È in questo senso e che con viva preoccupazione che esprimo il nostro dissenso sul provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceroni. Ne ha facoltà.

REMIGIO CERONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo alla fase finale della discussione per convertire in legge il decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, recante disposizioni urgenti in materia di IRAP e di canoni demaniali marittimi. Il dibattito di ieri e di oggi ha confermato l'inutilità, l'approssimazione e la superficialità che il Governo ha avuto nell'adottare questo provvedimento che è sbagliato nella forma e nella sostanza.
In primo luogo, dopo una campagna elettorale cruenta, senza esclusione di colpi e con promesse elettorali incredibili, la prima preoccupazione del Governo avrebbe dovuto essere quella di proporre soluzioni serie e meditate ai problemi del paese. Si tratta di problemi che vi eravate impegnati a risolvere, ma che con la vostra vittoria sono improvvisamente scomparsi dal panorama politico italiano: adesso tutti arrivano a fine mese, i giovani trovano occupazione, le aziende ed i lavoratori hanno visto ridursi il cuneo fiscale. Purtroppo, non è così perché fino ad ora l'unica cosa che siete riusciti a fare è aumentare i costi della politica con le 103 poltrone, record nella storia d'Italia, con le quali avete formato il Governo.
Alla luce di ciò, adottare un provvedimento dal sapore vessatorio ed autoritario che per qualche spicciolo in più mette in discussione diritti dei cittadini basati su istituti consolidati come il ravvedimento operoso e lo statuto del contribuente è veramente un atto scriteriato e privo di raziocinio. Altro, invece, è affrontare e discutere il delicato problema del costo del Servizio sanitario; il precedente Governo Berlusconi ha fatto uno sforzo notevole per aumentare le risorse per il funzionamento del Servizio sanitario nazionale portando il relativo fondo da 64 a 93 miliardi di euro, con un aumento di oltre il 40 per cento. Tale aumento però non è stato ritenuto sufficiente dalle regioni governate dal centrosinistra, specialmente dopo il 2005. Infatti, hanno gridato è urlato a gran voce: il fondo sanitario nazionale è sottostimato, per cui siamo costretti ad accumulare deficit; tutta colpa di Berlusconi! Oggi, per fortuna, i signori governatori non hanno più scusanti perché al Governo sono Prodi ed il centrosinistra; ma non mi sembra che il Presidente Prodi voglia conferire maggiori risorse: anzi, obbliga i presidenti delle regioni ad aumentare le tasse.Pag. 99
Finalmente, la verità emerge; nelle condizioni economiche e sanitarie nelle quali versa il nostro paese non è possibile aumentare oltre il 6 ovvero il 6,2 per cento la quota di PIL destinata alla sanità: vedremo se il Governo Prodi sarà in grado di aumentare di un altro punto percentuale la frazione di PIL - portandola, perciò, al 7 per cento - da destinare alla Sanità, come, nella passata legislatura, senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, ha fatto il Governo Berlusconi.
Ritengo, però, che il 6 o 6,2 per cento di PIL destinato alla sanità rappresenti, comunque, una quantità di risorse adeguate tenuto conto delle condizioni economiche in cui versa il nostro paese (non dimentichiamo che è il terzo paese più indebitato al mondo).
Si pone, invece, un'altra questione: come vengono utilizzate le risorse che lo Stato assegna alle regioni per gestire questo Servizio? La gestione del Servizio sanitario nelle regioni è un campionario di spreco di risorse pubbliche: consulenze inutili; incarichi legali non necessari - la regione Marche potrebbe essere presa ad esempio, considerato che un avvocato, l'anno scorso, ha preso una parcella di 5 miliardi per prestare la propria assistenza legale: con gli avvocati delle ASL che vogliono lavorare, perché debbono essere conferiti incarichi esterni? -; ritardi nei pagamenti che costano milioni di interessi; assunzioni inutili. A tale ultimo riguardo, in alcune regioni il Servizio sanitario è un ufficio di collocamento per assumere «amici», «amici degli amici», collaboratori che si sono impegnati nelle campagne elettorali.
I vostri errori hanno pure contribuito a fare lievitare i costi del Servizio sanitario; mi riferisco, per esempio, alla soppressione dei ticket operata, nel 2001, dal Governo Amato in chiave preelettorale. Un'operazione che ha fatto aumentare i costi della farmaceutica del 50 per cento; si aggiunge poi il mantenimento in esercizio di strutture inutili ed inadeguate. Troppe inefficienze fanno lievitare a dismisura i costi di un Servizio la cui qualità, poi, non è omogenea in tutto il territorio nazionale.
Mentre i costi aumentano ogni anno a dismisura, noi siamo inerti e gridiamo che servono più soldi. Ecco, allora, che aumentare dell'1 per cento l'aliquota dell'IRAP è inutile se non si interviene su chi è protagonista di incredibili sprechi di denaro pubblico; si finisce per far pagare le aziende, che non hanno alcuna responsabilità nella gestione del Servizio sanitario e che vengono ulteriormente penalizzate perché, nel momento in cui è più dura la competizione internazionale, hanno bisogno di maggiori risorse.
Signor Presidente, cari colleghi, tocca al Governo intervenire sulle regioni, verificare puntualmente e con precisione i loro bilanci, sanzionare gli sprechi e mettere in atto tutte quelle misure per far tornare i bilanci in pareggio. Allora, l'1 per cento di aumento dell'aliquota IRAP non serve a nessuno; significa, invece, procrastinare le carenze della gestione del Servizio sanitario nelle regioni. Anzi, a mio avviso, è necessario anche che iniziate a pensare ad un'imposta sostitutiva dell'IRAP, più equa e più giusta, meno penalizzante per un sistema produttivo manifatturiero come quello italiano. È, infatti, chiaro che nel 2007 la Corte di giustizia europea dichiarerà illegittima l'imposta e bisognerà inventare qualcos'altro.
So che questo non vi fa paura, perché in passato avete dimostrato una buona fantasia nel produrre e nell'inventare tasse: non dimentichiamo che l'IRAP copre un terzo del costo del Servizio sanitario nazionale.
Concludo ribadendo che avreste fatto molto meglio ad evitare questo provvedimento e ad utilizzare questo tempo per trovare soluzioni più adeguate e più ponderate alle esigenze delle nostro paese. Per queste e mille altre ragioni, il nostro voto, nonostante lo sforzo che avete fatto per rendere presentabile questo provvedimento, resta contrario (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Gianfranco Conte e Taglialatela, che avevano chiesto di parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato.Pag. 100
Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Presidente, in realtà noi ci aspettavamo che nei primi cento giorni del nuovo Governo e della nuova maggioranza ci saremmo trovati a discutere il provvedimento di natura fiscale annunciato dal Presidente del Consiglio Romano Prodi, l'unico provvedimento di una certa importanza preannunciato in campagna elettorale, che non a caso non era inserito nel programma, cioè il taglio di cinque punti del cuneo fiscale entro il primo anno di Governo.
Ci troviamo, invece, a discutere un provvedimento di urgenza che cerca di mettere qualche tampone alla situazione di gestione dell'IRAP. Voglio partire proprio da alcune considerazioni sulla questione del cuneo fiscale, anche perché, probabilmente, sarebbe stato meglio ed avrebbe sortito maggiore efficacia intervenire sull'IRAP in termini di riduzione degli oneri fiscali per le imprese, piuttosto che avventurarsi in un taglio del cuneo fiscale di quell'entità.
Credo che la misura preannunciata da Prodi, che già comincia ad incontrare qualche difficoltà - peraltro erano presenti sin da subito - sia una misura sostanzialmente sbagliata e controproducente che, certo, risponde all'esigenza politica di cementare un patto corporativo, tutto all'interno dei produttori, tra Confindustria e sindacati, che, ovviamente, dal loro punto di vista, hanno salutato con grande favore questa proposta. Essa, però, per come è stata proposta, rischia di essere una misura sbagliata e controproducente. Ciò innanzitutto perché una riduzione di cinque punti degli oneri fiscali e contributivi, pagati in prevalenza dalle imprese sul lavoro, rischia di provocare due possibili sbocchi. Se, come è stato proposto da qualcuno, si arrivasse ad un taglio selettivo in cui il Governo o chi per lui sceglie quali sono i settori, quali le imprese, destinatari del provvedimento, ci troveremmo in una situazione in cui sta al Governo scegliere quali comparti privilegiare dal punto di vista fiscale, presumibilmente basandosi sul fatto che il Governo stesso ed i burocrati dei ministeri, gli analisti, persino i professori universitari, possano e sappiano scegliere molto meglio di quanto accade nelle dinamiche di mercato i settori più promettenti per lo sviluppo economico del paese e per l'occupazione. Credo che questa sarebbe una presunzione fatale da cui è bene tenersi accuratamente lontani, come dimostrano i fatti economici più importanti di questi ultimi anni.
Pensiamo, ad esempio, a quello che è successo alla FIAT, azienda che versava in una gravissima crisi già nella seconda metà degli anni Novanta, la cui crisi peggiorò a seguito delle misure prese da un Governo interventista e statalista (quale fu il primo Governo Prodi) che scelse la via delle rottamazioni, dell'intervento diretto e distorsivo sul mercato dell'automobile. La FIAT, credendo che quella boccata d'ossigeno potesse esserle utile per superare la crisi, andò avanti per alcuni anni senza operare la ristrutturazione. Si arriva, così, alla crisi recente ed alla scelta del Governo Berlusconi di non intervenire. A quel punto, la FIAT comincia a preoccuparsi di costruire macchine decenti e vendibili e, in qualche modo, esce dalla crisi, o comunque comincia ad intravedere la possibilità di uscirne.
È chiaro che, quando si devono operare scelte, si possono individuare settori da privilegiare (anche se è difficile prevedere quali settori possano davvero rappresentare il futuro dell'economia italiana). Viceversa, se si scegliesse di intervenire sul cuneo fiscale senza pensare ad alcuna azione selettiva - come si dovrebbe fare -, si creerebbe una selezione avversa all'interno dei settori industriali, si finirebbe per privilegiare, senza ragioni evidenti, settori caratterizzati da un elevato impiego di manodopera, labour-intensive, e per penalizzare, invece, settori od imprese che abbiano scelto di puntare sull'investimento tecnologico e, quindi, sulla riduzione di manodopera (nelle quali il costo del lavoro per unità di prodotto risulterebbe necessariamente inferiore). Da questo dilemma non si esce.Pag. 101
Questa è una delle ragioni per cui è bene tenersi lontani dalla riduzione del cuneo fiscale, che non vanta giustificazioni in termini di ripresa competitiva dell'economia italiana rispetto alle economie dei paesi concorrenti. Infatti, il cuneo fiscale e contributivo italiano, già ridotto negli ultimi anni grazie alla riduzione delle aliquote dell'imposta sui redditi, non è fuori dalla norma se si ha riguardo ai paesi europei ed ai grandi paesi industrializzati. Vi sono paesi in cui il cuneo è leggermente superiore a quello italiano ed altri in cui è leggermente inferiore, ma sicuramente non è lì che si gioca la sfida competitiva dell'industria e delle imprese italiane.
Due possibili distorsioni e, poi, il capitolo ancora più spinoso del finanziamento della riduzione del cuneo fiscale. Innanzitutto, un dato che non viene menzionato - ma che è nell'ordine delle cose - è che il peso vero del cuneo fiscale e contributivo italiano sul lavoro ha un solo nome: aliquota previdenziale. Se non avessimo, come abbiamo, l'aliquota previdenziale probabilmente più alta al mondo (essa raggiunge quasi il 33 per cento), non avremmo il problema del cuneo fiscale. Ridurre il cuneo fiscale di cinque punti, come si proponeva e, forse, come ancora si propone Prodi (non so se egli abbia già riconsiderato o ritrattato l'unica proposta vera fatta in campagna elettorale...), significa, nella sostanza, trasferire parte del finanziamento della spesa previdenziale sulla fiscalità generale. Tale scelta sarebbe pericolosissima e rischierebbe di aprire un varco che potrebbe non richiudersi più: quello del lento e progressivo trasferimento sulla fiscalità generale del finanziamento della spesa previdenziale.
Se, poi, si dovesse arrivare a scegliere interventi così distorsivi, ancorché politicamente chiari del desiderio di fare e saldare un patto corporativo tra sindacato e Confindustria, se la scelta fosse quella di tassare il risparmio degli italiani attraverso l'operazione cosiddetta di armonizzazione delle aliquote, ricadremmo in una ulteriore stortura, quella di colpire pesantemente una parte vitale dell'economia italiana con un aumento drastico delle aliquote fiscali sul risparmio, immediato per finanziare quella riduzione, quel patto tra produttori, quel patto corporativo e consociativo tra Confindustria e sindacato.
Anziché discutere di cuneo fiscale, ci troviamo oggi a discutere di una misura tampone sull'IRAP, pasticciata, che rischia di creare ai contribuenti grandi - e, in alcuni casi, insormontabili - difficoltà.
Bene, forse sarebbe stato meglio, signor Presidente, onorevoli colleghi, prendere spunto dall'intervento sull'IRAP per mettere in discussione l'IRAP stessa, in quanto tale a partire...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Della Vedova.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Concludo, signor Presidente. Sarebbe stato meglio - dicevo - mettere in discussione l'IRAP, a partire dall'incidenza sulla base imponibile della parte che le imprese spendono per il costo del personale. Si sarebbe potuto incidere su tale aspetto, alleviando in tal modo il carico fiscale delle imprese, certo insistendo con una misura di favore per le imprese labour intensive, molto meno distorsiva di quella che si intende intraprendere con la riduzione del cuneo fiscale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, iniziamo col dire che noi possiamo definirci fortunati all'interno di questo ramo del Parlamento. Possiamo definirci fortunati perché ancora possiamo parlare, possiamo esprimere le nostre opinioni sui provvedimenti che il Governo presenta, possiamo ancora discutere e portare avanti le nostre istanze. Infatti, osservando ciò che sta avvenendo al Senato in questi giorni - e non ho le notizie degli ultimi minuti -, sembra che da parte del Governo vi sia il tentativo di esautorare i diritti dei due rami del Parlamento - in questo momento al Senato - e «saltare» il Parlamento stesso, per arrivarePag. 102a decisioni che sembra quasi vengano prese o all'esterno del Parlamento, direttamente a Palazzo Chigi, o comunque, se vengono portate all'interno del Parlamento, lo sono in maniera forzata, come sta accadendo al Senato, dove si tenta di non far discutere sui provvedimenti i parlamentari.
Quindi, considerando il numero di coloro che hanno chiesto di parlare su questo provvedimento - oltre duecento deputati -, possiamo dire che c'è una volontà di democrazia; hanno detto, tali deputati, parliamo oggi, perché forse successivamente non parleremo mai più in Parlamento. Questa sembra essere, infatti, l'intenzione del Governo: mettere a tacere le opposizioni e decidere al di fuori dei due rami del Parlamento i provvedimenti da adottare. Lo diciamo oggi, mentre stiamo discutendo su un provvedimento, quello sull'IRAP, che come abbiamo già rilevato in sede di discussione sulle linee generali, e come molti colleghi hanno già sottolineato in quest'aula, è uno tra i primi provvedimenti di politica fiscale ed economica di questo Governo. Siamo soliti dire che nei primi cento giorni di un Governo si dovrebbe vedere la «spina dorsale», si dovrebbe vedere la forza di un Governo, si dovrebbe vedere la direzione che un Governo vuole imprimere al paese ed alla propria maggioranza.
Si è parlato di modernizzare il paese e della volontà con cui lo stesso Governo vuole modernizzare il paese. Invece, sono passate diverse settimane e siamo in questa sede a discutere di provvedimenti minimali, quale quello che oggi stiamo esaminando, un provvedimento nella sostanza certo dovuto, ma pur sempre minimale, ripeto, dopo che sono trascorse diverse settimane ed il paese attende risposte. Il paese attende risposte su molte tematiche che voi, in campagna elettorale, avete «cavalcato», su molte problematiche che voi, sempre in campagna elettorale, avete affermato esservi. Dunque, o le problematiche non vi sono più, perché voi siete al Governo, o non avete la forza di arrivare in Parlamento e proporre i vostri programmi. Altrimenti, se dopo 50-60 giorni - se non di più - dall'insediamento delle Camere, arrivano questi provvedimenti all'esame dell'Assemblea vuol dire che non avete la forza né le idee chiare per portare provvedimenti chiari, atti a dare risposte alle problematiche del paese.
Solitamente - dicevamo - questi sono i giorni in cui un Governo dovrebbe mostrare la propria forza, quella forza che oggi non vediamo, se non nella sostanza di questo provvedimento, un provvedimento che punta ad incassare; è, infatti, un provvedimento che punta a «fare cassa», per non dare la possibilità ai contribuenti di usufruire del cosiddetto ravvedimento operoso, ossia la possibilità di prorogare i pagamenti dell'IRAP.
Questo è vero, ed era stato già fatto dal precedente Governo, il quale però non aveva la caratteristica di fondo che ha l'attuale, cioè quella di puntare a mettere le mani nelle tasche degli italiani. Oggi, infatti, ci troviamo a discutere il primo provvedimento di politica fiscale, che mette appunto le mani nelle tasche degli italiani. Da quanto abbiamo letto sugli organi di stampa e da quanto abbiamo appreso dalle dichiarazioni televisive e dalle parole pronunciate in libertà da tanti ministri e sottosegretari, ci sembra di capire che la volontà dell'attuale Governo è quella di tornare, lo ripeto, a mettere le mani nelle tasche degli italiani. Cosa questa che il Governo Berlusconi in cinque anni non ha mai fatto; anni, quelli, in cui si è verificata una crisi economica internazionale con il prodotto interno lordo che, a livello nazionale e mondiale, ha mostrato difficoltà a crescere. In quegli anni l'Italia non è stata certo la Cina, cresciuta ad un tasso del 9 per cento annuo, eppure il Governo Berlusconi, ripeto, le mani nelle tasche degli italiani non le ha mai messe, nonostante la situazione esistente in quegli anni fosse molto diversa da quella attuale.
Ricordiamoci che cosa era l'Italia e che cosa era l'Europa nel 2001. A quell'epoca non sapevamo che cosa avrebbe comportato l'adozione dell'euro e, in particolare, quanto questa moneta avrebbe intaccato il potere di acquisto dei cittadini italiani: iPag. 103famosi due milioni di lire che si guadagnavano allora valevano, non sono certo i novecento e i mille euro di oggi. Non sapevamo, inoltre, cosa avrebbe comportato la crescita della Cina, la quale è entrata a far parte dell'Organizzazione mondiale del commercio in quel periodo, e non sapevamo che cosa fosse la concorrenza sleale portata dalla Cina. Non sapevamo, altresì, cosa avrebbe significato un prezzo del petrolio di oltre sessanta dollari al barile (il petrolio oscillava tra i 27 e i 30 dollari al barile quando si è insediato il Governo Berlusconi) e quanto esso avrebbe influito sulla politica energetica, sul costo dell'energia, dei carburanti e dei combustibili. Eppure quel Governo, nonostante la crisi economica internazionale, non ha aumentato le tasse di un euro, anzi le ha diminuite.
Ora, di fronte ad una ripresa economica che molti economisti prevedono, l'attuale Governo non ha ancora presentato in Assemblea un provvedimento di politica economica. È vero che nel corso delle prossime settimane sarà presentato ed esaminato il DPEF, però volevamo vedere qualcosa di più, qualcosa di più sostanzioso. Ascoltiamo, invece, soltanto parole in libertà dei vari ministri e sottosegretari che dicono che verrà aumentata l'imposta sul valore aggiunto, che la tassa di successione sarà reintrodotta, che saranno rivisti gli estimi catastali e le ritenute sui titoli di Stato. Ci danno, insomma, tante notizie che presentano una sola caratterizzazione di fondo: quella di tornare a mettere le mani nelle tasche degli italiani. E tutto ciò condito dalla tematica sull'abbattimento di cinque punti percentuali del cuneo fiscale, rispetto al quale attendiamo di vedere come saranno reperite le risorse per realizzarlo. A questo proposito, già da qualche parte si paventa l'idea che le risorse saranno trovate aumentando i contributi per i lavoratori autonomi: in pratica, da una parte si abbassa e dall'altra si innalza, finendo per colpire sempre le solite categorie produttive, cioè quelle dei lavoratori autonomi.
Al momento, questo Parlamento si è riunito per un numero di sedute pari a circa la metà di quello precedente. Questo, quindi, è un Parlamento che finora non ha lavorato. Sono passati più di due mesi dalle elezioni e questo Parlamento ancora non ha, lo ripeto, lavorato. Con il provvedimento in esame è la prima volta che realmente si comincia a lavorare. Riflettiamo su questo aspetto perché fuori c'è un paese che lavora. Se noi diciamo che il Parlamento ha lavorato finora poco più della metà di quanto ha lavorato cinque anni fa durante il Governo Berlusconi, la gente non capisce. La realtà è però questa.
La realtà è quella di un Governo che non ha la volontà di portare i provvedimenti in Assemblea perché, da una parte, manca di un vero programma e, dall'altra, non dispone dei numeri, al Senato, per attuarlo. Quindi, è un Governo che, giorno per giorno, tira a campare.
Quanto al provvedimento in esame, noi sappiamo che la Corte di giustizia europea, nei prossimi mesi, emetterà una sentenza sulla legittimità o meno dell'IRAP. Conseguentemente, la finalità di questo provvedimento è quella di obbligare i contribuenti, oggi, di fronte ad una possibile sentenza di illegittimità dell'IRAP, a pagare, in modo che non usufruiscano dell'istituto del ravvedimento operoso. In altri termini, li costringiamo a pagare, altrimenti, ove la Corte di giustizia affermasse che l'IRAP è illegittima, usufruendo dell'istituto del ravvedimento operoso potrebbero non pagare. Se la Corte bocciasse l'IRAP, essi non andrebbero a pagare. Questa è la sostanza del provvedimento che, come ripeto, già era stato adottato dal Governo Berlusconi.
In sede di Commissione si è discusso di questo disegno di legge, al quale si è collegato il problema della maggiorazione dell'1 per cento dell'IRAP per le regioni che non sono state in linea con le spese sanitarie. Quindi, si è creata confusione tra i contribuenti di quelle regioni, che il 20 giugno si sono trovati nel dubbio se dovere o non dovere pagare, se fossero di fronte ad un giusto obbligo di pagamento oppure se avrebbero dovuto effettuarlo più avanti, cioè il 20 luglio.

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PRESIDENTE. Onorevole Fugatti, la prego di concludere.

MAURIZIO FUGATTI. A nostro parere, il Governo non è stato chiaro con i contribuenti. Non lo è stato neanche oggi, quando ci ha detto che non intende dare la possibilità di applicare lo 0,40 per cento in più sul versamento dell'IRAP solo a quelle regioni che hanno sforato i conti sanitari. In questo modo ha creato, secondo noi, una disparità con le altre regioni. Di fronte alle caratteristiche di questo provvedimento, alla disparità che si crea tra le regioni ed alla confusione che si è determinata tra i contribuenti, noi annunciamo il nostro voto contrario.
Mi scusi, signor Presidente, se ho impiegato un tempo superiore a quello a mia disposizione (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Jannone e Miccichè, che avevano chiesto di parlare per dichiarazioni di voto: s'intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà.

OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, fin dalla sua istituzione, nel 1997, Forza Italia ha posto il problema della illegittimità dell'IRAP e delle difficoltà ed anomalie nella sua applicazione, in particolare per quel che riguarda la definizione della base imponibile, che non risulta di agevole quantificazione, essendo determinata in base al valore della produzione. Il meccanismo distorto dell'IRAP prevede un calcolo, oltre che sull'utile, anche sul costo dei dipendenti, sugli interessi e altri oneri finanziari, determinando una percentuale complessiva di tasse superiore al 50 per cento dell'utile lordo delle società e deprimendo i risultati economici delle imprese italiane. Peccati originali che paradossalmente si sono acuiti proprio con il decreto-legge in esame, qualificato semplicisticamente come atto di mantenimento del gettito, mentre pone in rilevanti difficoltà finanziarie ed in gravissime difficoltà burocratiche le imprese di sei regioni. Il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, parla di danno oltre alla beffa, perché le imprese pagano il conto di una gestione pubblica inefficace. Ma non si tratta solo di questo.
Infatti, si aumenta l'anticipo IRAP per oltre un milione di contribuenti e, a pochi giorni dalla scadenza, non si forniscono neppure le regole fondamentali per potersi adeguare. Che cosa accade a chi era esente per disposizione regionale? Che cosa deve fare chi ha un esercizio contabile che non coincide con l'anno solare? Per l'agricoltura, l'aliquota passa al 2,9 per cento, resta all'1,9 per cento o, addirittura, passa al 5,25 per cento? Sorprende la circostanza che nei comunicati ministeriali non si faccia alcun riferimento al settore agricolo, generando la speranza che esso sia escluso dalla maggiorazione.
Infine, vogliamo considerare costi e tempi necessari per i ricalcoli con riferimento a chi ha già versato nella situazione delle imprese con sedi in più regioni? I professionisti del settore fiscale segnalano come non siano ancora disponibili gli strumenti in grado di effettuare i nuovi conteggi, con la conseguente condanna per le imprese a pagare alla scadenza del 20 luglio. Così, per molti l'incremento non sarà dell'1 per cento bensì dell'1,40 per cento. Tutto ciò in palese contrasto con lo Statuto del contribuente, nel quale si prevede che tutte le manovre correttive riguardanti le imposte devono essere realizzate nel rispetto dei tempi prestabiliti e con un lasso di tempo sufficiente a permettere al contribuente - forse, sarebbe più corretto chiamarlo suddito - di recepire le modifiche promulgate.
Questo Governo non si è neanche insediato ed è già alta l'attenzione tra i professionisti e le categorie produttive. Non si imputino alla Casa della Libertà le decisioni relative alla copertura degli sforamenti della spesa sanitaria! In realtà, siamo di fronte ad una decreto improvvido, ultima eredità di un vero errore genetico del Governo dell'Ulivo del 1997. Errore che è anche difficile rimediare, sePag. 105si considera che l'IRAP nel 2005 ha generato un gettito pari a circa 36 miliardi di euro, mentre con gli aumenti previsti dal decreto in esame avremo maggiori entrate per 1,2 e 1,4 miliardi di euro, a fronte di un buco sanitario pari a 4,3 miliardi. Ebbene, l'Unione mantiene gli impegni aumentando le tasse. L'esito del monitoraggio della spesa sanitaria è stato infausto: il Governo Berlusconi ha aumentato di 2 miliardi di euro le risorse per il 2005 (89 miliardi in totale), ma le regioni governate dal centrosinistra - sono ben 16! - hanno sforato il budget per 5,6 miliardi di euro, scesi a 4,3 per il rientro dell'Abruzzo e della Liguria. Ebbene, colleghi, Prodi è certamente uomo di parola, e se ha promesso tasse, terrà fede al suo impegno: tasse sono!
Sono curioso adesso di vedere come comuni, province e regioni reagiranno anche solo a questa ipotesi di intervento; i comuni, le province e le regioni che hanno puntato sempre i fucili contro il Governo Berlusconi, accusato di ridurre le tasse centrali per scaricare il risanamento sulla finanza locale, dimenticando il taglio di 40 mila miliardi di trasferimenti che hanno dovuto subire dal Governo Prodi per entrare nei parametri di Maastricht.
Il dialogo tanto invocato dall'Unione, sul piano centrale come in periferia, non può svilupparsi se non partendo da un'operazione verità. Se invece, colleghi della maggioranza, volete farci credere che è buono oggi quello che ieri era malvagio, allora all'Unione rimane una sola possibilità di dialogo: mettersi davanti allo specchio!
L'aumento delle addizionali regionali sull'IRPEF e delle aliquote IRAP per le imprese rappresentano un'autentica vergogna, in favore di quei governi regionali in mano all'Unione incapaci di adottare provvedimenti ad hoc per rientrare dall'eccessivo disavanzo sanitario. Le regioni più importanti sanzionate dal ministro del tesoro sono governate dal centrosinistra. Ecco i risultati per i cittadini del Lazio e della Campania che, insieme, fanno quasi il 20 per cento della popolazione: dal 1o di giugno pagano alle rispettive regioni un'IRPEF maggiorata e le imprese saranno aggravate da un'IRAP ancora più odiosa ed iniqua di prima. I cittadini che risiedono nel Lazio e in Campania saranno tartassati più degli altri. Uno scandalo, ad esempio, quei manifesti affissi sui muri di Roma che annunciavano la sparizione dei ticket sui farmaci. Certo, tolti i ticket, ecco più IRAP. È una vergogna che la giunta della Campania, nonostante da due anni abbia aumentato le accise sulla benzina, introduca altre tasse!
Ne emerge un bel quadretto di famiglia: il cannibalismo fiscale di Visco ha già contaminato i governi locali dell'Unione!
Permettetemi, colleghe e colleghi del centrosinistra: se è vero ciò che si dice - mi rivolgo a chi è amico dei comuni ed ha fatto l'amministratore locale (il sindaco, l'assessore o il consigliere) -, i comuni hanno presentato 890 richieste per realizzare il cosiddetto contratto di quartiere III, per un importo di 308 milioni di euro. Ebbene, se le voci sono vere, questi 308 milioni di euro saranno bloccati, impedendo l'effettuazione degli investimenti e la riqualificazione di quei comuni che non aspettavano nient'altro che tali somme potessero finire a chi ha progettato bene.
Mi auguro che ciò non corrisponda al vero, perché, se così fosse, mi aspetto che gli amici della maggioranza si oppongano duramente a questa politica di tagli agli enti locali!
Potrei proseguire ancora, tuttavia, avendo ancora qualche minuto a disposizione, voglio evidenziare un'altra questione. Ieri ho partecipato all'audizione del ministro Di Pietro presso la VIII Commissione della Camera dei deputati; ebbene, non ho ascoltato una sola parola che facesse riferimento a questo termine: TAV! Il ministro Di Pietro, infatti, si è rifiutato di parlare della TAV.
Noi assistiamo - vorrei segnalare che ci abito, e che sono stato eletto in quel collegio quando era ancora in vigore il sistema elettorale maggioritario - alle esternazioni del ministro Bianchi, il quale prima afferma che la TAV non si farà mai. In seguito, ascoltiamo il sottosegretario Cento sostenere anch'egli che non si realizzeràPag. 106mai; poi, il ministro Bianchi lo corregge, e afferma che si farà, ma bisognerà aspettare; lo stesso ministro, successivamente, dice che sarà costruita tra due anni, ma che i comuni della Val di Susa non si devono permettere di chiedere compensazioni (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Ebbene, devo dire che forse il ministro Bianchi ignora le compensazioni che sono andate al comune di Roma per dire «sì» all'alta velocità Roma-Napoli, pari a 62 milioni di euro e a 82 opere: in quel caso, quei soldi andavano bene! Vorrei altresì ricordare i 170 miliardi di vecchie lire assegnati al comune di Fiorenzuola D'Arda, nonché gli altri 170 miliardi andati al comune di Sesto Fiorentino, per dare il proprio assenso all'alta velocità. Si tratta di soldi che quei comuni hanno fatto bene a farsi assegnare, ma forse al ministro Bianchi non vanno bene le somme che, eventualmente, devono andare a titolo di compensazione alla Val di Susa, mentre vanno bene i soldi corrisposti ai comuni del centrosinistra.
Ebbene - e concludo, signor Presidente -, qualora nessuno degli spunti di riflessione, o delle ragionevoli proposte di modifica offerte dall'opposizione venisse accolto, credo sicuramente che non potremmo fare altro che riconfermare il nostro voto contrario, già espresso in sede di Commissione, alla conversione del decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Foti, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casero. Ne ha facoltà.

LUIGI CASERO. Signor Presidente, nell'annunciare, dopo questa lunga giornata di dibattito, il voto contrario del mio gruppo sul decreto-legge in esame, devo preliminarmente affermare che siamo abbastanza delusi dal fatto che, su un provvedimento importante per il nostro paese - trattandosi di una materia, come il fisco, molto sensibile per tutti cittadini -, si sia registrata l'assenza in Assemblea sia del ministro dell'economia e delle finanze Padoa Schioppa, sia del viceministro Visco.
Affermo ciò non perché i sottosegretari presenti in aula non abbiamo seguito bene il dibattito e le votazioni svolte in sede di Commissione: l'onorevole Grandi, infatti, ha sicuramente compiuto un buon lavoro. Tuttavia, quando si discute di IRAP, un'imposta che tutto il paese sa essere stata «inventata» dall'attuale viceministro dell'economia e delle finanze, onorevole Visco, avremmo voluto che lo stesso fosse venuto in Assemblea per trattare e discutere tale argomento.
Infatti, a circa due mesi dallo svolgimento delle elezioni il Governo, Prodi non ha ancora offerto una visione chiara della politica fiscale che intende attuare. Il ministro dell'economia e delle finanze è stato audito presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato ed ha rappresentato una situazione dei conti pubblici complessa e ben dettagliata, basata su tre elementi fondamentali: il Governo dovrebbe compiere un'azione di risanamento, di crescita e di equità.
Vedete, in economia è molto difficile unire un'azione di risanamento ad un'azione di crescita: l'azione di risanamento richiede tagli ed una politica fiscale di ampliamento delle entrate. Invece, l'azione di crescita richiede, solitamente, un incremento della spesa per sostenere la spesa stessa. Ma unire questi due termini al termine equità (che vuol dire cercare di intervenire nuovamente nell'azione di redistribuzione del reddito), sicuramente è un'azione molto complessa e difficile e che determina alcuni problemi. Infatti, pensiamo che, in termini di politica fiscale, questo Governo voglia mettere mano pesantemente alle attuali leggi.
In questi giorni, il dibattito si sta svolgendo solo sui giornali e ciò desta in noi un'altra delle preoccupazioni che manifestiamo come parlamentari della minoranza, ma anche come cittadini e contribuenti di questo paese. Oggi, nel corso di un'audizione della Corte dei conti, si è parlato di una manovra entro l'anno diPag. 107circa 40 miliardi di euro. Si è parlato anche di una «manovrina» (il termine «manovrina» mi sembra riduttivo) di circa dieci miliardi di euro da realizzare entro la fine di luglio. Dieci miliardi di euro di manovra: i cittadini devono capire che si tratta o di un'azione di contenimento della spesa o di un intervento di incremento delle entrate; o di un'azione di tagli, quindi, di riduzione della spesa pubblica, o di un'azione di aumento della pressione fiscale, attraverso un intervento sulle entrate. Speriamo che, al più presto, il ministro venga in quest'aula a spiegare cosa intende fare e se queste cifre, che, per ora, sono dichiarate sui giornali, sono vere.
Ma passiamo al provvedimento in questione. Avremmo preferito che fosse presente in aula il viceministro Visco, perché è il padre dell'IRAP. Al momento in cui la Corte di giustizia europea contesta allo Stato italiano una serie di elementi riguardanti l'IRAP, avremmo voluto conoscere gli orientamenti del Governo su questa legge, oltre che su questo intervento tecnico che, come vedremo, va ad alterare i rapporti fra contribuente e Stato.
Riteniamo che si debba intervenire sull'IRAP, poiché tassa il costo del lavoro. È questa la vera debolezza della legge; si tratta di una norma che tassa, oltre agli utili, il costo del lavoro e questo da sempre è l'elemento di vera critica di questa legge.
Nel momento in cui si sviluppa un dibattito nel paese, cui abbiamo tutti contribuito, legato al tema del cuneo fiscale ed al suo abbattimento, per alleggerire il costo del lavoro delle imprese, riteniamo utile che, in questa fase, si possa discutere, sempre nelle more della sentenza della Corte di giustizia europea, anche su un alleggerimento della tassazione del costo del lavoro, quindi dell'IRAP. Se il Governo si fosse presentato con questi orientamenti e avesse aperto in quest'aula una discussione in questi termini, sicuramente saremmo stati più contenti.
Una seconda questione che ci lascia perplessi è che il provvedimento in esame, per evitare che i contribuenti possano rinviare il pagamento dell'IRAP, elimina le agevolazioni sulle sanzioni sul pagamento ritardato dell'IRAP. Questo provoca una chiara alterazione dei rapporti tra i contribuenti e tra il contribuente e lo Stato: il contribuente, che non può pagare l'IRAP in questo momento, perché ha fatto una pianificazione fiscale ignorando l'esistenza di questo provvedimento, e che quindi non dispone delle risorse finanziarie per pagare l'IRAP adesso, pensando di pagarla fra un mese, viene posto sullo stesso livello di un contribuente che, invece, decide di non pagare l'IRAP e di evadere totalmente le imposte, quindi di rinviare il pagamento sine die. Questo altera completamente i rapporti tra il contribuente onesto e il contribuente disonesto e fra lo Stato e il contribuente. Avremmo voluto che tale anomalia non fosse stata inserita in questo provvedimento; ciò ci indurrà a votare negativamente questo provvedimento.
Ultimo tema: ritorno al discorso del cuneo fiscale. Guardate, in campagna elettorale si è discusso molto di questo tema.
Riteniamo che l'aver promesso un abbattimento di cinque punti del cuneo fiscale sia stato eccessivo. La relazione della Corte dei conti, che oggi dichiara che è necessaria una manovra da 40 miliardi, considerando alcuni interventi che dovrebbero essere attuati, tipo quello dell'abbattimento del cuneo fiscale, dimostra come questa promessa sia stata molto forte. Riteniamo che essa non possa essere attuata in questo momento senza alterare i normali equilibri di politica fiscale, cioè senza un intervento volto ad incrementare le entrate su altri versanti.
Vorremmo sapere dove il Governo pensi di intervenire. Vorremmo discutere di questo tema, a fronte di un provvedimento utile per il paese, ossia l'abbattimento del cuneo fiscale (l'abbiamo già fatto in piccola parte nella legge finanziaria per il 2006 con il nostro Governo); vorremmo capire se questo provvedimento non rischi di determinare una serie di anomalie ed alterazioni, trasformandosi da provvedimento positivo in provvedimento negativo.
Speriamo che il Governo e il ministro vengano presto in quest'aula a discutere diPag. 108questi temi, che investono direttamente il cittadino. Riteniamo che l'azione di politica fiscale che è stata condotta negli ultimi anni e che ha portato ad un abbassamento della pressione fiscale complessiva debba continuare, non perché questa sia una moda che noi riteniamo utile, ma perché pensiamo - come ritiene la maggior parte dei commentatori di politica economica - che la morsa fiscale sia ancora troppo forte in questo paese e che non si debba abbandonare questa battaglia. Vorremmo sapere che cosa pensi il Governo di questi discorsi, per poterne discutere insieme.
Ultimo punto. L'IRAP tassa oneri finanziari e costo del lavoro; è una norma che nasce da una filosofia degli anni Novanta, quando si riteneva che le imprese labour intensive potessero competere poco sul mercato mondiale e si pensava che le aziende dovessero essere molto capitalizzate per affrontare la concorrenza dei paesi esteri. Dagli anni Novanta ad oggi la politica industriale del mondo è cambiata ed esiste una situazione completamente diversa: vi sono imprese che sono prettamente artigianali, con tanta intensità ed impegno di lavoro italiano, che competono con le principali imprese al mondo e che vanno salvaguardate.
Riteniamo che questa sia una delle azioni che il Governo deve svolgere. Questo è un altro dei motivi che ci inducono ad esprimere un voto contrario su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)

ROBERTO MENIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Stanno giungendo sui nostri telefonini delle comunicazioni provenienti dalle segreterie delle Commissioni. Gliene leggo una a caso, quella della segreteria della XIII Commissione: «La Commissione è convocata sul decreto-legge proroga termini domani, 29 giugno, ore 13,30».
Mi risulta che al Senato in questo momento la situazione sia la medesima di alcune ore fa: la seduta è sospesa e questo decreto è tutt'altro che «passato». Vorrei capire in base a quale precedente ed a quale articolo del regolamento ci si permette di «violentare» una volta di più la prassi, compiendo un atto che trovo estremamente grave, signor Presidente: convocare le Commissioni per domani su un decreto che non è stato neanche convertito al Senato, con la situazione che si sta vivendo in quel ramo del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Onorevole Menia, la ringrazio, ma forse lei non dispone di un'informazione precisa. Approfitto del suo intervento per rendere una comunicazione a tutti i colleghi.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, in sede referente, alla I Commissione permanente (Affari costituzionali):
S. 325 - «Conversione legge, con modificazioni, del decreto legge 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione» (Approvato dal Senato) (1222) - Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, VII, VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIII e XIV.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96 bis, comma 1, del regolamento è stato, altresì, assegnato al Comitato per la legislazione.

Pag. 109

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 1005)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Corato. Ne ha facoltà.

RICCARDO DE CORATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, intervengo per ribadire il voto contrario del gruppo di Alleanza Nazionale sul provvedimento in esame che, come è stato più volte ricordato, si articola in due punti, uno riguardante l'IRAP e l'altro i canoni demaniali marittimi. Nell'articolo 1, abbiamo la conferma di un termine per l'IRAP e, nell'articolo 2, vi è la proroga di un termine per i canoni demaniali marittimi.
In realtà, la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee fa prevedere un orientamento sfavorevole al mantenimento dell'IRAP, che avrebbe spinto i contribuenti ad evitare il pagamento potendo utilizzare istituti di agevolazione che il diritto tributario prevede, quale, ad esempio, il ravvedimento operoso. Siamo coerenti con quanto abbiamo fatto lo scorso anno. Vi è però una novità, cui si è accennato, che deve essere tenuta presente, giacché parliamo di termini e non possiamo intervenire sulla norma. Mi riferisco alla condizione in cui si trovano oggi alcune regioni che, avendo sforato il tetto (come è stato più volte ricordato in aula da diversi colleghi) della spesa sanitaria, devono ricorrere al meccanismo automatico della maggiorazione IRAP. Ci si è trovati di fronte al paradosso per cui diversi contribuenti di queste regioni non sapevano cosa dovessero pagare.
Ci si è chiesti se potesse essere applicato il ravvedimento operoso, anzi era stato persino chiesto un rinvio del termine di pagamento o quantomeno che si potesse tenere conto dell'agevolazione, qualora si paghi entro un mese dalla scadenza, cioè la maggiorazione dello 0,40 per cento. Si parlava della Liguria, ma anche altre regioni stanno cercando di dimostrare di poter uscire fuori da questa penalizzazione. Non intendiamo utilizzare questa novità per giustificare il voto contrario al provvedimento, però abbiamo chiesto al Governo di dare un segnale agli italiani, ai contribuenti, affinché potessero pagare nella seconda rata di acconto o a saldo l'imposta dovuta e il Governo ha risposto con una puntualizzazione che ci è parsa superflua, ossia che il pagamento in eccesso avrebbe potuto essere recuperato.
Vi sono poi altre questioni che si aggiungono a questa preoccupazione. Le regioni che dovevano maggiorare dell'1 per cento l'aliquota ordinaria potevano avere anche un'aliquota ridotta. Ricordo che tra queste regioni non vi sono la Lombardia e il Veneto, né altre regioni importanti di questo paese. Quindi, non si capisce se si debba raggiungere sempre l'aliquota del 5,25 per cento o, invece, l'aliquota dell'1 per cento.
Per quanto concerne, invece, l'articolo 2 - quello relativo ai canoni demaniali marittimi -, puntualizzo intanto che, poiché si parla di termini, non è utile in questa sede soffermarsi su questioni di merito.
Tuttavia, occorre ricordare che vi è stato un aumento del 300 per cento, un aumento automatico che, a nostro avviso, ha costituito una penalizzazione. Si sperava, infatti, di poter emanare un decreto interministeriale che avrebbe dovuto tener conto delle esigenze e delle potenzialità dei singoli operatori, ma ci si è trovati di fronte ad un 300 per cento di aumento, una somma matematica che, ovviamente, ha imbarazzato tutti.
Si tratta quindi - signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo - di un provvedimento che si propone uno scopo tutt'altro che nobile, vale a dire quello di «far cassa».
In realtà, la discussione avviata in quest'aula ci riporta ad un nodo politico più volte ricordato, cioè quello relativo ad un'imposta che fu contestata dal nostro schieramento politico. Dunque, il Governo di centrosinistra istituì questa tassa, che fuPag. 110ribattezzata «imposta rapina». Coloro che hanno seguito in più legislature i lavori di quest'Assemblea ricordano che, anche quando si votò in quest'aula su tali provvedimenti, questa tassa fu chiamata no-tax.
Quindi, oggi ci si trova di fronte ad una contraddizione sostanziale, che si evidenzia in due elementi politici di fondo. Il primo è quello per cui un'imposta del genere viene riproposta dal Governo e recuperata in una fase in cui sta per essere cancellata dall'Unione europea. In questo senso vi è una disciplina molto contraddittoria; infatti, si chiede alle imprese di pagare tale tassa pur sapendo che presto scomparirà. Quindi, credo sia legittimo e politicamente doveroso domandarsi se una tassa ingiusta debba essere richiesta ed effettivamente pagata.
Il secondo elemento evidenzia una contraddizione politica che l'attuale maggioranza racchiude al suo interno, vale a dire il fatto che, al netto della tecnicalità di questo provvedimento, ci ritroviamo ancora una volta a discutere di un'odiosa imposta, perché la maggioranza non ha ancora chiarito dal punto di vista politico il proprio orientamento in termini fiscali né dove troverà i soldi per realizzare quanto ha promesso...

PRESIDENTE. Invito i colleghi del gruppo di Forza Italia a consentire all'onorevole De Corato di continuare il proprio intervento.
Prego, onorevole De Corato, prosegua pure.

RICCARDO DE CORATO. Quindi, paradossalmente, in una situazione nella quale si promette la riduzione del cuneo fiscale, quest'Assemblea, ancora una volta, si ritrova a dover discutere di un provvedimento che riguarda una tassa, l'IRAP, che oggettivamente costituisce un'imposta indiretta sul lavoro.
Pertanto, a nostro avviso, da tale quadro legislativo deriva una contraddizione fondamentale e sostanziale. Si emana un decreto per «fare cassa» e per approvare una proroga dei canoni demaniali marittimi senza sapere quando finalmente si risolverà tale questione, dando certezza a chi deve pagare tali canoni sulla cifra fissa e sul quantum da corrispondere.
Si continua ancora con le proroghe. Si tratta di una proroga che prevede un termine entro il quale, prevedibilmente, le opportune valutazioni non saranno ancora svolte.
Mi avvio alla conclusione. Questa non sarà l'ultima proroga, ma forse la penultima, la terz'ultima, la quart'ultima: proseguendo così, continueremo a discutere di questo tema con una maggioranza che non ha una politica fiscale, vi saranno le «imposte rapina» e si continuerà a tassare indirettamente il lavoro.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, questi sono i motivi fondamentali che ci portano ad esprimere un voto contrario sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.
Chiedo nuovamente ai colleghi di Forza Italia di sciogliere il drappello... Prego, onorevole Moffa.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, credo che i colleghi dell'opposizione nei loro interventi abbiano sufficientemente motivato...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Moffa. Colleghi, non si sta seduti sulle scale: un po' di rispetto per l'Assemblea!

SILVANO MOFFA. Credo che i colleghi dell'opposizione abbiano sufficientemente motivato, dicevo, sia sotto il profilo tecnico sia sotto il profilo della opportunità, le ragioni del voto contrario dell'opposizione su questo disegno di legge di conversione del decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di IRAP.
Vorrei soffermarmi su alcuni aspetti politici che ci debbono far riflettere sul modo di operare di questo Governo e che ci consentono in qualche misura di capirePag. 111quale sarà nel futuro l'atteggiamento che il Governo vorrà assumere rispetto al Parlamento in ordine a questioni così delicate e complesse.
Occorre sottolineare due aspetti. Nei giorni scorsi, anche in quest'aula, per voce del Governo, abbiamo ascoltato una sottile accusa rivolta all'opposizione ed al precedente Governo per avere creato i presupposti di quanto contenuto in una parte del provvedimento, con riferimento alle modalità di intervento a fronte di uno sforamento nella spesa sanitaria da parte di alcune regioni, quasi a volersi liberare da una responsabilità diretta. Si è cercato di attribuire al precedente Governo una responsabilità che esso non ha. Infatti, il tema della spesa sanitaria non è nuovo; è un tema complesso e delicato, rispetto al quale il Governo precedente, opportunamente, aveva introdotto norme di salvaguardia, volte proprio a consentire alle regioni di adottare misure adeguate per contenere, razionalizzandola, la spesa sanitaria.
La verità è che l'analisi che il Governo avrebbe dovuto fare rispetto a quegli sforamenti avrebbe posto in evidenza alcune incongruenze da parte di alcune regioni. Mi riferisco, ad esempio, alla regione Lazio, dove si è verificato uno sforamento percentualmente molto alto della spesa sanitaria, dovuto principalmente ad una scelta politica operata dalla nuova giunta regionale, che ha eliminato i ticket nell'illusione di contenere la spesa sanitaria e, poi, si è trovata immediatamente di fronte ad una voragine in quel settore che non riesce a colmare.
Quindi, se ci doveva essere e se ci sarà un recupero dell'IRAP, ciò è addebitabile unicamente a quella sciagurata politica sanitaria che è stata condotta a livello regionale. Non si può addebitare al Governo precedente una opportuna regola di salvaguardia per mettere ordine nei conti della spesa sanitaria di tutte le regioni italiane.
Ma c'è di più: ci avventuriamo nell'approvazione della riproposizione di una tassa vessatoria e iniqua, com'è stata definita dai colleghi dell'opposizione, senza avere un quadro chiaro della politica fiscale che questo Governo intende adottare. Siamo ormai lontani dalla campagna elettorale e gli echi di quella competizione si sono spenti; eppure, rimangono assolutamente chiari gli elementi di confusione che la caratterizzarono in termini di annuncio di politiche fiscali da parte di Prodi. Sono vieppiù aumentati i livelli di incertezza circa la politica che complessivamente, sul piano fiscale, questo Governo intende proporre.
Noi ci saremmo attesi dal Governo un atteggiamento assolutamente diverso: prima di proporre un decreto di questo tipo, caratterizzato da una tale incidenza sulle tasche dei contribuenti e da tale confusione sulla metodologia applicativa, ci saremmo attesi una relazione del ministro dell'economia sugli indirizzi di fondo ai quali si intende ispirare il Governo nella sua politica fiscale.
Credo che questo sarebbe stato il modo migliore per aprire un confronto parlamentare e per evitare all'opposizione di assumere un atteggiamento così duro su questioni così complesse e delicate, nel merito e nella forma. Credo che ciò sarebbe stato doveroso, perché, nel momento stesso in cui riproponiamo una tassa così pesante per i contribuenti, creando confusione e incertezza anche sui termini di pagamento, tutto questo lo si deve inserire in una questione generale, ancora non risolta, di politica fiscale.
Si è detto che il Governo precedente non ha fatto nulla per uniformarsi alla tendenza acclarata della Corte di giustizia della Comunità europea a pronunciarsi in merito all'incompatibilità di questa tassa con la disciplina dell'IVA. Voglio ricordare a me stesso, ma voglio ricordarlo anche al Parlamento, che già nel 2004, grazie a provvedimenti mirati del Governo Berlusconi, c'erano circa 300 mila aziende esentate dall'IRAP. Questo significa intervenire nell'interesse dello sviluppo economico del paese! Questo significa sostenere le imprese! Voi, invece, state riproponendo un discorso che uccide qualunque possibilità di sviluppo, di crescita e di competitività del settore imprenditoriale del nostroPag. 112paese. È una vergogna della quale siete responsabili (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
Noi vi accusiamo, in maniera chiara e netta, di avere introdotto elementi di assoluta incertezza. Avreste potuto approfittare anche di questa occasione per introdurre alcuni elementi che, in qualche modo, consentissero, seppur progressivamente, di ridurre la tassa per i professionisti privi di struttura organizzativa: argomento centrale, sul quale il Parlamento ha dibattuto anche in passato. Tali professionisti hanno presentato ricorsi alle commissioni tributarie, che in molti casi li hanno accolti, perché fondati.
Avreste potuto cercare di introdurre in questa misura coercitiva e vessatoria perlomeno alcuni elementi che consentissero di avviare progressivamente una riduzione dell'IRAP, per uscire da una tassa che la Corte di giustizia europea andrà sonoramente a bocciare in maniera definitiva. Invece, avete sprecato un'altra occasione.
La verità è, cari signori del Governo, che anche non accogliendo la proposta emendativa presentata dall'opposizione in tema di ravvedimento operoso e di rispetto dello Statuto del contribuente, voi avete voluto dare un segnale molto chiaro e netto di quella che sarà una politica vessatoria, per effetto della quale avremo soltanto un aumento delle tasse ed un'aggressione sistematica alle tasche dei contribuenti. Non è questa la strada per andare in paradiso: questa è la strada che porta l'Italia alla rovina (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO. Come già detto dai colleghi, l'unica vera realtà di questo decreto-legge è quella di procedere ad un'accelerazione dell'incasso di un'imposta che, con ogni probabilità, verrà dichiarata illegittima. A me interessa sottolineare come già la proposizione del decreto-legge in esame ponga problemi di violazione dei principi comunitari, in particolare delle più basilari norme poste dal Trattato. Infatti, un principio elementare posto dal Trattato è quello della necessità per gli Stati contraenti di interpretare in buona fede le delibere della Comunità europea. Bisogna sottolineare non soltanto come la Commissione europea si sia già espressa giudicando questa imposta perlomeno inopportuna, ma anche come l'Avvocatura generale, in un procedimento avviato, abbia già dichiarato che l'imposta è illegittima perché in contrasto con la deliberazione comunitaria che vieta di fissare imposte sulle cifre d'affari diverse dall'IVA; tutti sappiamo che in sede comunitaria il parere dell'Avvocatura generale è recepito nelle decisioni della Corte di giustizia quasi con certezza.
Questo Governo, che nei primi giorni di vita ha scorrazzato per le cancellerie di Bruxelles proclamando che avrebbe riportato l'Italia in Europa, di fatto sta esponendo l'Italia ad un possibile comportamento di violazione, sta dando un'interpretazione non in buona fede delle delibere comunitarie e, probabilmente, sta violando anche un principio elementare di rispetto dell'istituzione europea.
Inoltre, il Governo, in maniera propagandistica, ha garantito agli imprenditori che si sarebbe proceduto ad una riduzione del cuneo fiscale, salvo poi introdurre criteri di limitazione a comparti e categorie, che paiono difficilmente attuabili con riguardo alla compatibilità con le norme del Trattato e che, quindi, appaiono finalizzati a non ridurre nulla per nessuno. Ci pare perlomeno incoerente che si parli di riduzione di una imposta che oggi si viene a chiedere di incassare immediatamente perché, di fatto, tale tassa incide fortemente sul costo del lavoro. Non comprendiamo come sia possibile insistere su un incasso anticipato di una tassa che, di fatto, dovrebbe essere eliminata.
Ci si aspettava, pertanto, dal Governo un maggiore rispetto delle normative comunitarie e, quindi, un'attitudine alla sospensionePag. 113pro tempore, se non all'eliminazione, della tassa in questione: in ogni caso, una discussione in questa sede di un percorso di uscita, non certamente di un percorso accelerativo.
D'altro canto, vediamo come questo decreto-legge di fatto violi un altro principio fondamentale del nostro diritto: quello della tutela dell'affidamento del contribuente. Possiamo immaginare che le imprese abbiano operato una pianificazione, si siano date termini per adempiere agli obblighi di rispetto delle tassazioni e che tale affidamento venga oggi, di fatto, disatteso. Forse ci dimentichiamo che le aziende fanno pianificazioni e basano costi di prodotti e prezzo anche sull'imponibilità, sulle tassazioni.
Inoltre, chiaramente, questo decreto introduce una distorsione del rapporto tra fisco e contribuente perché, di fatto, pone quest'ultimo in una condizione di assoluto sfavore; sembra l'ennesima espressione di un Governo antiliberale che vede nel cittadino contribuente un soggetto che, intanto, è tenuto, anche immotivatamente, al versamento, salvo poi, eventualmente, doversi rivolgere al proprio legale di fiducia per recuperare quanto gli sia stato indebitamente tolto.
Vorrei semplicemente rammentare, per concludere, quanto, invece, nella passata legislatura il Governo Berlusconi si fosse impegnato nella eliminazione di questa tassa iniqua (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. A questo punto, sospendiamo le dichiarazioni di voto finale.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare (ore 20,37).

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Francesco Amendola, proclamato in data odierna, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare de L'Ulivo.

Sull'ordine dei lavori.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ho chiesto la parola a titolo personale perché, dagli interventi di alcuni colleghi, anche di maggioranza, ho avuto la sensazione che fosse emersa una mia opinione in qualche modo tendente a delegittimare il Presidente di turno durante la fase della discussione nella quale sono intervenuto in precedenza.
Chiedo semplicemente che rimanga agli atti, signor Presidente, che io, come credo sia mio diritto, ho dato una mia interpretazione dell'articolo del regolamento che veniva citato; peraltro, siamo in fase di interpretazione di articoli del regolamento. Ma credo risulti con evidenza anche dal resoconto stenografico, che domani sarà all'attenzione di tutti i colleghi, come chiaramente abbia riconosciuto il diritto ed il dovere del Presidente di operare secondo il regolamento.
Quando si discute di alcuni articoli del regolamento e della loro interpretazione credo sia legittimo che ciascuno di noi fornisca la propria; poi, il Presidente decide in merito, come è successo. Solo questo volevo precisare, Presidente.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 29 giugno 2006, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, recante disposizioni urgenti in materia di IRAP e di canoni demaniali marittimi (1005).
- Relatore: Fincato.

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2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 12 giugno 2006, n. 210, recante disposizioni finanziarie urgenti in materia di pubblica istruzione (1092).
- Relatore: Sasso.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Elio Vito ed altri n. 1-00003 e Evangelisti e Borghesi n. 1-00004 concernente misure per ridurre i costi della politica, con particolare riferimento all'aumento del numero dei ministeri.

4. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
BOATO; LUMIA; FORGIONE ed altri; ANGELA NAPOLI; LUCCHESE ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare (40-326-571-688-890-A).
- Relatori: Amici e D'Alia.

5. - Seguito della discussione della proposta di legge:
REALACCI: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse (17-A)

e delle abbinate proposte di legge: BOATO; PAOLO RUSSO; FOTI ed altri; PEZZELLA ed altri (39-51-397-472).
- Relatore: Stradella.

(al termine delle votazioni)

6. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20,40.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 1005 - subem. 0.1.50.1 441 441   221 195 246 33 Resp.
2 Nom. subem. 0.1.50.3 486 483 3 242 216 267 32 Resp.
3 Nom. subem. 0.1.50.4 488 334 154 168 54 280 32 Resp.
4 Nom. em. 1.50 504 500 4 251 271 229 32 Appr.
5 Nom. em. 2.11 497 476 21 239 268 208 32 Appr.
6 Nom. em. 2.2 496 496   249 206 290 32 Resp.
7 Nom. em. 2.12, 2.50 469 463 6 232 458 5 32 Appr.
8 Nom. ddl 1041 - dichiaraz. di urgenza 497 461 36 231 271 190 31 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.