Atto Camera
Mozione 1-00678
presentata da
AGOSTINO GHIGLIA
testo di
martedì 5 luglio 2011, seduta n.495
La Camera,
premesso che:
la crisi dei rifiuti in Campania è iniziata nel 1994 con la dichiarazione dello stato di emergenza e con la nomina del primo commissario di Governo con poteri straordinari (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 febbraio 1994, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 1994);
lo stato di emergenza è quindi cessato ufficialmente, dopo oltre 15 anni, sulla base di un decreto-legge, il n. 195 approvato dal Governo il 17 dicembre 2009, che ha fissato la data del 31 dicembre 2009 quale termine finale dello stato di emergenza e del commissariamento straordinario;
le cause alla base dell'emergenza rifiuti in Campania sono complesse. In primo luogo, vanno sottolineati i ritardi di pianificazione e di preparazione di discariche idonee, messe in essere solo a partire dal 2003; inoltre, vanno ricordati l'inadeguato trattamento dei rifiuti urbani nei sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti, i ritardi nella pianificazione e nella costruzione di inceneritori, dovuti anche a prescrizioni della magistratura sui progetti in essere; i ritardi nella pianificazione e nella costruzione di impianti di compostaggio della frazione organica dei rifiuti proveniente da raccolta differenziata, e sopratutto i bassi livelli medi della stessa, che nel 2007 nella provincia di Napoli si fermava ad un misero 8 per cento;
va peraltro evidenziato che alcuni comuni campani hanno ottimi tassi di raccolta differenziata: ad esempio Grumo Nevano, tra i comuni più virtuosi, ha raggiunto circa il 62 per cento della raccolta differenziata, mentre sempre secondo l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat, dati 2006), il comune di Casamarciano raggiunge il 49,6 per cento, mentre Santa Maria la Carità e Tufino superano abbondantemente il 44 per cento. Più in generale, la provincia di Salerno e quella di Avellino sono attorno al 20 per cento (21,3 e 19,3 per cento);
è a partire dal 1994, passando per periodi di maggiore o minore criticità, che i rifiuti solidi urbani in Campania non vengono raccolti regolarmente e si accumulano, in mancanza di una politica di riduzione dei rifiuti e, in particolar modo, per costante carenza della raccolta differenziata e degli impianti di combustibile derivato da rifiuti (cdr), peraltro in alcuni casi pure sequestrati dalla magistratura perché non a norma, e quindi mai effettivamente utilizzati;
nel 1998 il presidente della regione Antonio Rastrelli, nella sua qualità di commissario straordinario, indice la gara d'appalto per l'affidamento ad un soggetto privato dell'intera gestione del ciclo dei rifiuti. La gara si chiude nel 2000, quando il commissario straordinario è il nuovo presidente della regione Antonio Bassolino, vincitrice risulta un'associazione temporanea di imprese denominata Fibe, che si aggiudica l'appalto per la costruzione di sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti e di due inceneritori, nonché per la creazione di diverse discariche in Campania. La Fibe (sigla ottenuta dai nomi delle imprese Fisia, Impregilo, Babcock Envinronment GmbH, Evo Oberrhausen), ha come capofila la Fisia Italimpianti, controllata del gruppo Impregilo;
il contratto non viene però eseguito nei termini previsti dall'appaltatore che non consegna entro il 31 dicembre 2000 l'impianto di termovalorizzazione da esso stesso localizzato, tra grandi proteste, ad Acerra, e per di più realizza impianti che producono combustibile derivato dai rifiuti non a norma, per il quale si apre un processo penale innanzi al tribunale di Napoli;
negli impianti realizzati, Fibe continua per anni a produrre ecoballe che non possono essere bruciate, sia per assenza del termovalorizzatore, sia perché troppo umide; se ne accumulano così 5 milioni, corrispondenti a 6 milioni di tonnellate di rifiuti non smaltibili tramite termovalorizzazione, che vengono stoccate in giro per la regione;
nel luglio 1998 un'apposita commissione parlamentare constata che, dopo quattro anni di gestione commissariale, la Campania è ancora in stato di emergenza, giudicando insufficienti gli impianti realizzati o individuati, oltre che poco collaborative le amministrazioni locali;
nel dicembre 2000 Carlo Ferrigno, nuovo prefetto di Napoli, in qualità di commissario dichiara che le discariche esistenti sono ormai tutte sature ed in alcune sono stati sversati rifiuti al di là delle loro capacità, con gravi conseguenze igienico-sanitarie per chi vive nei paraggi; inoltre stigmatizza l'opposizione delle amministrazioni locali ad ospitare gli impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti;
la regione decide allora di continuare ad utilizzare comunque la discarica di Palma Campania, la cui bonifica è però condizionata all'individuazione di altre soluzioni. Nel frattempo entrano in funzione tre impianti di vagliatura e triturazione, e quattro di imballaggio;
in mancanza della piena attuazione del piano regionale, dovuta in massima parte all'inadempimento contrattuale della Fibe, e al mancato decollo della raccolta differenziata per la quale erano stati assunti migliaia di lavoratori presso i vari consorzi di bacino costituiti ad hoc nel 1993, all'inizio del 2001 si registra una nuova pesante crisi nella raccolta, che viene superata riaprendo provvisoriamente le discariche di Serre e Castelvolturno, ed inviando mille tonnellate al giorno di rifiuti verso altre regioni, quali la Toscana, l'Umbria e l'Emilia-Romagna, nonché all'estero, in Germania;
alla fine del 2001 entrano in funzione gli impianti di produzione di combustibile derivato da rifiuti di Caivano, Avellino e Santa Maria Capua Vetere, seguiti nel 2002 da quelli di Giugliano, Casalduni e Tufino, ed infine di Battipaglia nel 2003. Ciò nonostante la Campania, in mancanza di una percentuale di raccolta differenziata apprezzabile e dei termovalorizzatori, non è ancora autosufficiente, mancando un'autonoma capacità di trattare quasi un milione di tonnellate annue di combustibile derivato dai rifiuti, e più di un milione di tonnellate annue da conferire direttamente in discarica o stoccare in attesa di trattamento speciale;
la prima maxi inchiesta giornalistica in merito all'emergenza rifiuti in Campania è dell'Unità. In quell'occasione il direttore dell'epoca (Padellaro) attaccò il governatore della regione Bassolino (commissario dei rifiuti fino al 2004). Nella replica Bassolino rivendicò il lavoro svolto, soprattutto da sindaco di Napoli, ma proprio in quei giorni la Protezione civile lanciava l'allarme: a Napoli c'erano 2000 tonnellate di rifiuti in strada;
è chiaro, quindi, come l'intera gestione dell'emergenza rifiuti operata dalla giunta di centrosinistra in Campana si sia rivelata un fallimento completo;
nel 2006 esplodono le prime rivolte da parte dei cittadini quando le strade sono sommerse da oltre 35 mila tonnellate di rifiuti. Nell'aprile del 2006 viene appiccato il fuoco a centinaia di cassonetti, gli impianti per lo smaltimento sono saturi, alcune scuole chiuse per emergenza sanitaria; nell'ottobre del 2006 Lega, Forza Italia e Italia dei Valori invocano misure speciali: l'invio dell'esercito;
nel luglio del 2007 il problema non è ancora risolto. In Campania ci sono 5 milioni di tonnellate di rifiuti sparsi e 600 mila tonnellate in rifiuti provvisori. Tanto che il cardinale Sepe si rivolse pubblicamente al presidente della regione Bassolino ed al sindaco di Napoli Iervolino: «ridate dignità alla città»;
l'emergenza rifiuti nel decennio 1996-2006 è costata 780 milioni di euro l'anno, complessivamente 15 mila miliardi di lire. Il Governo Prodi è costretto a chiedere la fiducia sul decreto emergenza rifiuti in Campania che contiene i siti che ospiteranno le discariche;
nel corso del 2007, con la progressiva saturazione delle discariche, si verifica quindi una nuova e più grave crisi nella gestione dei rifiuti, che induce il Governo Prodi in carica ad intervenire individuando nuovi siti da destinare a discarica, orientando la soluzione del problema verso la regionalizzazione dello smaltimento dei rifiuti, e autorizzando la costruzione di tre nuovi inceneritori; di fatto quindi emerge la palese contraddizione con l'impostazione della gestione commissariale di Antonio Bassolino, che ruotava invece tutta intorno alla travagliata costruzione di un unico megainceneritore ad Acerra;
l'ordinanza per la costruzione degli inceneritori viene firmata il 31 gennaio 2008, mentre ancora il 25 gennaio 2008 la giunta comunale di Napoli approvava una spesa di 228.000 euro per una «analisi sulla percezione della qualità del proprio territorio/ambiente, durante l'emergenza rifiuti, da parte delle imprese e dei cittadini campani rispetto a quella dei cittadini del resto d'Italia», poi revocata;
nel dicembre del 2007 la Corte dei conti condanna il presidente Bassolino a risarcire oltre 3 milioni di euro alla regione per la creazione di un «call center ambientale» con 100 dipendenti allestito nel 2001;
De Gennaro, ennesimo commissario nominato per l'emergenza, l'11 gennaio 2008, denuncia che i dati su discariche e raccolta rifiuti sono tutti falsi, compresi nomi di discariche inseriti sapendo che non erano inutilizzabili;
riprendono così i trasferimenti di rifiuti verso la Germania tramite ferrovia, con un costo nettamente inferiore rispetto a quanto il commissariato per l'emergenza spendeva per smaltirli in Campania;
inoltre vengono individuate ulteriori nuove aree da adibire a discarica, tra cui la discarica chiusa nel quartiere di Napoli Pianura, e successivamente una cava dismessa nel quartiere di Chiaiano, al confine con il comune di Marano di Napoli. Tale decisione provoca le violenta protesta della cittadinanza locale. Il mandato del commissario viene nel frattempo prorogato alla scadenza dal dimissionario Governo Prodi, e la situazione, ancora lontana dall'essere risolta, degenera con gravi ripercussioni sull'ordine pubblico;
appare, quindi, evidente la contraddittorietà degli interventi messi in atto dal Governo di centrosinistra, dalla presidenza della regione e dal sindaco della città di Napoli (entrambi di centrosinistra), in un panorama caratterizzato da una generale confusione e mancanza di progettualità di gestione;
il 21 maggio 2008 il nuovo Governo, presieduto da Silvio Berlusconi, tiene il suo primo Consiglio dei ministri proprio a Napoli, ed approva un decreto-legge (n. 90 del 23 maggio 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 14 luglio 2008) che introduce un nuovo modello per la gestione dell'emergenza campana. I commissari delegati e le relative strutture sono sostituiti da un apposito Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. L'incarico, viene, quindi, attribuito al Capo del Dipartimento della protezione civile, Guido Bertolaso, con il compito di coordinare la gestione dei rifiuti nella regione Campania per tutta la durata del periodo emergenziale (fino al 31 dicembre 2009). Si prevede, altresì, il coinvolgimento delle forze di polizia e delle forze armate al fine di assicurare piena effettività agli interventi per fronteggiare l'emergenza. Per la durata dello stato emergenziale, la competenza sui procedimenti per reati in materia di gestione dei rifiuti e in materia ambientale, riguardanti l'intero territorio della Campania, è attribuita alla direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sono inoltre attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie, anche di natura cautelare, relative a diritti costituzionalmente tutelati, comunque attinenti alla gestione dei rifiuti, anche se poste in essere dall'amministrazione pubblica o da soggetti ad essa equiparati;
il decreto-legge incide anche sulla normativa nazionale relativa ai termovalorizzatori, alle discariche e alla protezione civile, introducendo una serie di deroghe alle disposizioni in materia ambientale, igienico-sanitaria, prevenzione incendi, sicurezza sul lavoro, urbanistica, paesaggio e beni culturali, poi precisate con il decreto-legge n.97 del 2008. Durante il procedimento di conversione del decreto-legge sono inserite disposizioni che attribuiscono alle province della regione Campania la titolarità degli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti. Viene infine prevista la messa in opera di quattro termovalorizzatori (Acerra, Salerno, Napoli e Santa Maria La Fossa);
successivamente, il decreto-legge n. 172 del 2008 introduce ulteriori misure per la soluzione dell'emergenza, mediante l'individuazione, tra l'altro, di forme di vigilanza nei confronti degli enti locali finalizzate a garantire l'osservanza della normativa ambientale. Durante l'iter parlamentare viene altresì introdotta l'educazione ambientale nei programmi scolastici della scuola dell'obbligo. Al fine di ottimizzare la gestione integrata dei rifiuti, viene avviato un progetto pilota per garantire la piena tracciabilità dei rifiuti;
un ulteriore decreto-legge, n. 195 del 2009, istituisce una «unità operativa» e un'«unità stralcio», e introduce norme sugli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti, sul deposito e stoccaggio temporaneo dei rifiuti, nonché sul personale dei consorzi. Ai presidenti delle province vengono attribuite le funzioni ed i compiti di programmazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da organizzarsi anche per ambiti territoriali nel contesto provinciale e per distinti segmenti delle fasi del ciclo di gestione dei rifiuti;
nel corso della fase di emergenza gestita dal Sottosegretario Bertolaso sono state 3.800.000 le tonnellate di rifiuti urbani smaltiti dall'inizio dell'attività della struttura sino al 31 dicembre 2009; 6.700 le tonnellate di rifiuti urbani smaltite in media ogni giorno;
in totale la somma degli stanziamenti che, per il periodo 2008-2011, sono stati destinati alla soluzione dell'emergenza rifiuti in Campania (ufficialmente terminata il 31 dicembre 2009) è complessivamente pari a 509,011 milioni di euro; inoltre la delibera Cipe n. 40 del 13 maggio 2010, nell'ambito dell'assegnazione di 400 milioni di euro prevista al punto 2 della delibera Cipe n. 4/2009 relativa al cosiddetto fondo strategico per il Paese, ha previsto a favore del Dipartimento della protezione civile un'assegnazione di 165 milioni di euro per l'emergenza rifiuti in Campania;
l'impegno del Governo è stato dunque concreto e costante e i risultati di tale azione si sono potuti toccare con mano: la città di Napoli era stata restituita alla sua dignità; le carenze gestionali ed organizzative da parte dell'amministrazione locale inadempiente per quelle che dovevano essere le sue competenze hanno però di fatto vanificato il lavoro fatto dal Governo, facendo in breve ripiombare la città in uno stato di degrado allarmante;
durante l'ultima campagna elettorale il neosindaco di Napoli ha più volte promesso che avrebbe risolto la questione dell'emergenza rifiuti: al momento, la sua prima ed unica iniziativa è stata quella di richiedere nuovamente l'intervento del Governo;
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha incontrato il neo eletto sindaco, ribadendo la disponibilità del Governo a fare il possibile ed il necessario per superare la criticità nella quale la città di Napoli, per responsabilità dei suoi vecchi e nuovi amministratori, è nuovamente precipitata;
da ultimo, il Consiglio dei ministri del 1o luglio 2011, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha infatti approvato il decreto-legge n. 94 del 2011, che prevede misure urgenti per superare le attuali criticità connesse alla gestione e allo smaltimento di rifiuti urbani nella regione Campania. In particolare, il provvedimento dispone che i rifiuti derivati dalle attività di tritovagliatura possono essere smaltiti fuori dalla regione Campania, prioritariamente nelle regioni limitrofe in attuazione del principio comunitario della prossimità, e con il nulla osta della regione di destinazione,
impegna il Governo
a proseguire con determinazione nel fronteggiare la situazione critica dello smaltimento dei rifiuti in Campania attraverso l'adozione delle necessarie misure di propria competenza e attraverso l'individuazione di chiare responsabilità, e a collaborare affinché venga riattivato un ciclo corretto della gestione dei rifiuti, promuovendo in particolare azioni per aumentare significativamente la raccolta differenziata e per realizzare gli impianti idonei a superare le annose condizioni di inefficienza.
(1-00678)
«Ghiglia, Aracri, Bonciani, Cosenza, Di Cagno Abbrescia, Tommaso Foti, Germanà, Gibiino, Lisi, Pizzolante, Stradella, Tortoli, Vella, Vessa».