ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00073

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 97 del 03/12/2008
Abbinamenti
Atto 1/00078 abbinato in data 05/12/2008
Atto 1/00081 abbinato in data 28/01/2009
Atto 1/00080 abbinato in data 28/01/2009
Firmatari
Primo firmatario: BORGHESI ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 03/12/2008
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CAMBURSANO RENATO ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
PIFFARI SERGIO MICHELE ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
MONAI CARLO ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
MISITI AURELIO SALVATORE ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
FAVIA DAVID ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
CIMADORO GABRIELE ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
PALADINI GIOVANNI ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
PORCINO GAETANO ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 03/12/2008
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 03/12/2008


Stato iter:
28/01/2009
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 05/12/2008
Resoconto EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 05/12/2008
Resoconto D'ANTONI SERGIO ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 05/12/2008
Resoconto GIACHINO BARTOLOMEO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INFRASTRUTTURE E TRASPORTI)
 
PARERE GOVERNO 28/01/2009
Resoconto CASERO LUIGI SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 28/01/2009
Resoconto IANNACCONE ARTURO MISTO-MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA
Resoconto CAMBURSANO RENATO ITALIA DEI VALORI
Resoconto TABACCI BRUNO UNIONE DI CENTRO
Resoconto FUGATTI MAURIZIO LEGA NORD PADANIA
Resoconto BARETTA PIER PAOLO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto STRACQUADANIO GIORGIO CLELIO POPOLO DELLA LIBERTA'
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 04/12/2008

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 05/12/2008

DISCUSSIONE IL 05/12/2008

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 05/12/2008

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 28/01/2009

NON ACCOLTO IL 28/01/2009

PARERE GOVERNO IL 28/01/2009

DISCUSSIONE IL 28/01/2009

RESPINTO IL 28/01/2009

CONCLUSO IL 28/01/2009

Atto Camera

Mozione 1-00073
presentata da
ANTONIO BORGHESI
testo di
mercoledì 3 dicembre 2008, seduta n.097

La Camera,
premesso che:
negli ultimi mesi si sono manifestati in maniera evidente gli effetti di una crisi finanziaria che ha coinvolto e coinvolge la totalità dei Paesi occidentali, in particolare in quelli maggiormente industrializzati;
l'estensione di tale crisi dimostra ancora una volta come la globalizzazione non sia solo un'astrazione culturale, ma una realtà concreta capace di produrre effetti di breve, medio e lungo termine, riscontrabili nella vita quotidiana della maggioranza della popolazione mondiale;
in una fase come quella attuale, nella quale i confini e le dimensioni del mondo tradizionale, i suoi punti di riferimento sono in via di superamento, o comunque di profondo ripensamento, appare quanto mai necessario governare il cambiamento;
l'allargamento della dimensione dei mercati finanziari, l'acquisita consapevolezza degli effetti globali di determinate decisioni, la scomparsa di molti limiti ed ostacoli politici, il superamento della politica dei blocchi, la comparsa di un nuovo mondo senza frontiere non possono legittimare l'affermazione di un processo di deregolamentazione costante dei processi decisionali nei mercati finanziari;
proprio in una fase come quella contemporanea è necessario ragionare per individuare nuove forme di governo del cambiamento. L'idea della capacita di autoregolamentazione del mercato, della sua completa autosufficienza, è evidentemente poco percorribile, come dimostrano gli effetti di una crisi mondiale dovuta in parte anche a questa convinzione, che ha portato, tra le altre cose, alla creazione di speculazioni su vasta scala, cresciute proprio all'ombra dei mancati controlli, nonché alla creazione di strumenti finanziari dalla dubbia utilità o ancora di aree off shore svincolate da qualsiasi controllo, anzi create appositamente per questo fine;
la crisi che abbiamo di fronte non può essere considerata esclusivamente come un fenomeno finanziario, relegata esclusivamente all'ambito economico; appare, al contrario, come qualcosa di più profondo tanto da potersi definire una «crisi di sistema»;
le imprese del settore finanziario degli Stati Uniti hanno esportato in tutto il mondo i loro mutui tossici sotto forma di titoli garantiti da assets. Hanno esportato ovunque la loro filosofia del libero mercato deregolamentato, la cultura dell'irresponsabilità delle aziende multinazionali, delle stock options non trasparenti che favoriscono quel genere di pessima amministrazione che ha rivestito un ruolo di primo piano in questa crisi, come è accaduto per lo scandalo Enron di alcuni anni fa;
la crisi è oramai dilagata non solo in Europa ed in Giappone, ma anche nei Paesi emergenti e nei Paesi meno sviluppati;
dieci anni fa, all'epoca della crisi finanziaria in Asia, si dichiarò da più parti che occorreva riformare l'architettura finanziaria globale. È stato fatto poco o niente. Oggi potrebbe rendersi necessaria una nuova Bretton Woods. Le stesse organizzazioni oggi esistenti (Fondo monetario internazionale, Banca mondiale ed altre) hanno ammesso la necessità di procedere a riforme. Ma oggi, rispetto alla scorsa conferenza di Bretton Woods, il panorama globale è completamento diverso. Le dottrine veicolate dai vecchi organismi, in particolare dal Fondo monetario internazionale, si sono rivelate fallimentari non solo nei Paesi sottosviluppati, ma perfino nei Paesi d'origine del capitalismo attuale;
in presenza di libertà di movimenti di capitali, i problemi di stabilità finanziaria e di equilibrio macroeconomico mondiale non possono essere risolti a livello nazionale. A fronte di mercati internazionalizzati, il semplice coordinamento è insufficiente: bisogna passare ad un livello di governo sovranazionale. Questo è oltremodo difficile da conseguire a «livello mondo» e attribuire ad un organismo mondiale un ruolo di regolatore con poteri amministrativi è irrealistico, così come è irrealistico pensare ad un Tesoro mondiale, anche se c'è molto da fare sul piano della riforma del Fondo monetario internazionale e del rafforzamento delle sue capacità di sorveglianza sulla stabilità dei mercati finanziari e sul superamento degli squilibri macroeconomici globali. Tuttavia un passo avanti verso un più corretto processo di governance dell'economia globale può essere realizzato su scala europea;
finora la politica economica dell'Europa si era limitata all'indipendenza della Banca centrale europea, al patto di stabilità e all'uso del bilancio pubblico prevalentemente per la politica agricola comune. Tutto questo è largamente insufficiente, sia per finalità di crescita, sia per finalità anticrisi;
la risposta europea alla globalizzazione dei mercati e alla crisi finanziaria deve articolarsi in una serie di riforme economiche, che si affiancano a quelle politiche e che richiedono, entrambe, la disponibilità a consentire da parte degli Stati nazionali deleghe di sovranità indispensabili per tradurre in pratica obiettivi che appaiono condivisi;
l'attuale crisi finanziaria rende le esigenze di riforma ancora più pressanti, ma è anche l'occasione per attrarre entro la sfera dell'euro dei Paesi ora esterni (Svezia e Danimarca) che si sentono sicuri entro questa area valutaria. Sul fronte economico i terreni di riforma sono molteplici (riforma della Banca centrale europea e della politica di bilancio; armonizzazione fiscale; realizzazione di una politica energetica comune; realizzazione di una politica europea che, di fronte agli shock della globalizzazione, garantisca flessibilità del mercato del lavoro, ma anche sicurezza di reddito e occupazione);
in Europa l'autorità preposta al controllo della moneta risiede in un'istituzione sovranazionale, la Banca centrale europea; le autorità di regolazione preposte alla stabilità finanziaria operano a livello nazionale e, infine, le istituzioni che sovraintendono all'attribuzione alla collettività dei costi sociali dei salvataggi, i Tesori, rimangono istituzioni nazionali, mentre sarebbe opportuno un diverso assetto;
tanto più le banche e le assicurazioni operano a livello multinazionale, quanto più i singoli Stati dovrebbero trovare forme di regolazione comune e, soprattutto, non dovrebbero adottare misure prudenziali o di salvataggio in un'ottica nazionalistica;
il patto di stabilità ha svolto un'importante funzione nella fase della nascita dell'euro, soprattutto per finalità politiche. La rigidità con la quale è stato disegnato, tuttavia, ha impedito che gli obiettivi di Lisbona (fare dell'Europa un'economia della conoscenza) trovassero i necessari finanziamenti per essere realizzati. Oggi è richiesta una modifica sostanziale del patto;
l'affermazione di una politica economica ispirata ai principi del liberalismo non può coincidere con la rivendicazione di un abbassamento dei controlli e con l'aggiramento delle regole che governano i mercati. Al contrario, proprio nelle democrazie liberali più avanzate esistono regole ferree, intese come riferimenti costanti e collettivi, e controlli rigidi, affinché le regole vengano rispettate, il tutto nell'interesse della collettività;
in un sistema democratico liberale, le regole che disciplinano i mercati finanziari devono essere chiare e precise, un riferimento costante, non solo per gli operatori del settore;
i controlli appaiono necessari poiché i reati finanziari hanno effetti particolarmente odiosi perché colpiscono cittadini ignari, in massima parte piccoli risparmiatori;
per riuscire a governare il cambiamento si avverte la necessità di intervenire su diversi livelli. Da una parte è necessario affermare regole individuali più adeguate, puntuali e vincolanti rivolte al singolo operatore e cittadino, dall'altro è altresì fondamentale disegnare un nuovo sistema di regole di sistema: entrambe non possono essere ideate in senso esclusivamente punitivo, ma devono, però, essere riferimenti vincolanti per l'agire economico e sociale, necessario ad affermare il giusto livello di sicurezza;
negli Stati Uniti, patria del liberismo economico più avanzato, la pena per il reato di falso in bilancio, secondo quando stabilito dalla cosiddetta «legge Sarbanes-Oxley», è di 25 anni di carcere; in Italia il reato di falso in bilancio è stato depenalizzato;
l'Europa è impegnata da tempo alla formazione di un sistema di regole uniformi e coerenti che possano essere uno degli strumenti su cui basare il rilancio della competitività economica dell'intero continente, regole alle quali si intende affiancare, a tutela dell'interesse collettivo dei cittadini europei, gli opportuni controlli;
il nostro Paese non è stato immune nel recente passato da scandali legati ad illeciti di questo tipo (basti ricordare i casi Cirio, Parmalat o ancora quello dei bond argentini); contemporaneamente è stato caratterizzato da ripetuti interventi di deregolamentazione e di depenalizzazione;
oggi l'attuale Governo pare volersi muovere ancora in questa direzione. Infatti, nel disegno di legge di «Delega al Governo per il riordino della legislazione in materia di gestione delle crisi aziendali», proposto dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si ripropone, all'articolo 2, comma 4, lettera r), sostanzialmente lo stesso contenuto normativo e precettivo del cosiddetto emendamento «salva manager», presentato recentemente al Senato della Repubblica, ma poi venuto meno nel corso dell'iter parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 134 del 2008. Il dispositivo viene riproposto con un effetto addirittura più ampio, per il quale, per essere perseguiti penalmente per una cattiva gestione aziendale, è necessario che l'impresa si trovi in stato di fallimento. Se invece è gestita da un commissario, non si potrà mettere sotto accusa chi ha determinato la crisi: non saranno, dunque, più perseguibili i reati di bancarotta compiuti dai dirigenti di società per le quali c'è stata la dichiarazione di insolvenza, non seguita, però, dal fallimento;
si sceglie, dunque, a quanto pare, ancora una volta la strada della deregolamentazione, dell'abbassamento del livello dei controlli. Eppure, al riguardo, pareva che il Ministro dell'economia e delle finanze si fosse espresso in maniera tanto chiara quanto contraria: «se si immagina che la linea del Governo sia quella espressa in un emendamento che prevede una riduzione della soglia penale per alcune attività di amministratori, si sbaglia: quello è un emendamento extra ordinem, fuori dalla logica di questo Governo. O va via, quell'emendamento, o va via il Ministro dell'economia»;
i Governi occidentali, incluso quello italiano, di fronte alla grave crisi dei mercati finanziari, sono intervenuti avendo a cuore, soprattutto, la stabilità del sistema del credito e di quello finanziario (interventi necessari anche se effettuati con delle modalità discutibili), mettendo a disposizione a tale fine ingenti risorse, senza ottenere dalle banche garanzie su un futuro comportamento più corretto, senza prevedere le dovute tutele per i risparmiatori, senza predisporre adeguate misure per il credito a favore della piccole e medie imprese, che, in particolare nel nostro Paese, rappresentano tanto parte del nostro apparato produttivo, e, più in generale, senza definire un quadro di interventi in grado di rilanciare l'economia sulla base di un nuovo modello di sviluppo;
infatti, questa crisi è in gran parte determinata dall'enorme squilibrio tra ricchi e poveri nella distribuzione del reddito venutasi a creare in questi decenni;
l'attuale crisi finanziaria sta provocando una vera e propria recessione anche nel nostro Paese;
già oggi si assiste ad un profondo peggioramento dell'economia reale, perché gli effetti della crisi si stanno propagando in tutto il sistema produttivo e dei servizi;
l'aumento vertiginoso della cassa integrazione ed il calo degli investimenti pongono come priorità il rilancio dell'economia, dell'occupazione e il sostegno ai redditi delle classi popolari;
lo Stato non si può limitare a fornire una sorta di ammortizzatore sociale solo agli istituti di credito in difficoltà;
il vero problema è rappresentato dalla riduzione dei consumi, con il rischio di una possibile deflazione, che rappresenta il male maggiore da combattere;
questo rischio deriva dall'intenso processo di redistribuzione dei redditi e della ricchezza, processo che analogamente a quanto accadde negli anni '20, che precedettero la depressione del 1929, ha lentamente ridotto uno dei volani dell'economia;
in Italia metà della ricchezza è posseduta dal 10 per cento delle famiglie;
una tale concentrazione di ricchezza favorisce la crescita degli investimenti speculativi e non produttivi, che generano bolle finanziarie, mentre il calo dei consumi determina una pericolosa crisi dell'economia;
l'indagine della Corte dei conti ha confermato l'effetto negativo delle norme sui cosiddetti «condoni Tremonti» dell'anno 2001 e seguenti, grazie alle quali molti evasori hanno potuto beneficiare degli effetti favorevoli della sanatoria, senza in realtà pagare neppure le somme, ampiamente scontate rispetto a quanto originariamente dovuto, che si erano impegnati a versare con la dichiarazione di condono. Le rate non pagate sono state stimate in 5,2 miliardi di euro, pari al 20 per cento delle entrate a suo tempo annunciate;
nei primi 9 mesi del 2008 il calo del gettito iva (- 1,3 per cento) è stato pari a più di 6 volte rispetto al calo delle vendite (-0,2 per cento). L'evasione sta dunque di nuovo crescendo, perché c'è meno rigore nelle norme e nei controlli. L'evasione iva si tradurrà, con le dichiarazioni dei redditi a giugno 2009, in una corrispondente evasione di imposte dirette (irpef);
a ottobre 2008 le ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) sono arrivate a quota 23 milioni;
nell'industria la sola cassa integrazione ordinaria è cresciuta a settembre 2008, rispetto al 2007, del 69 per cento;
in Lombardia sono 800 le aziende che hanno chiesto la cassa integrazione; nella provincia di Torino sono 260; il Nordest è in recessione;
alla crisi ormai consolidata del tessile, si aggiunge quella dell'auto, degli elettrodomestici, della chimica, della siderurgia e perfino dell'alimentare, un classico settore anticiclico;
i fondi per gli ammortizzatori sociali stanziati nel disegno di legge finanziaria per il 2009 sono pari a quelli del 2008 (480 milioni circa), con l'aggiunta di 150 milioni di euro finalizzati alla copertura della cassa integrazione in deroga, ossia quella destinata alle aziende che altrimenti non ne avrebbero diritto; si tratta di risorse da giudicare del tutto insufficienti;
sono a rischio almeno 200 mila posti di lavoro, nonché il lavoro di 300-400 mila precari, tra i quali 200 mila precari non stabilizzati della pubblica amministrazione;
molti altri lavoratori sono in queste settimane a rischio di licenziamento: lo testimonia l'aumento delle richieste di sussidi di disoccupazione, mentre le figure del lavoro cosiddetto atipico (apprendisti, interinali, collaboratori ed altre) sono senza alcun sostegno al proprio reddito;
il Governo sembra insistere con provvedimenti generosi per le imprese e i redditi più alti, mentre ai lavoratori dipendenti e ai ceti più deboli concede solo elemosine e, soprattutto, non sembra avere ricette per la massa di nuovi disoccupati che si prevedono a breve,
impegna il Governo:
ad avviare un programma di lavori pubblici di immediata esecuzione, dando la priorità ad un piano triennale di 20 miliardi di euro per la messa in sicurezza, coibentazione e alimentazione con energie rinnovabili degli edifici scolastici;
a sostenere i processi di risparmio ed efficienza energetica nella produzione, nei trasporti e nel civile;
ad assumere iniziative normative volte a ripristinare le risorse tolte al Fondo per le aree sottoutilizzate;
a prevedere forme di agevolazione fiscale alle imprese che reinvestono i propri profitti;
ad assicurare la continuità dell'attività di garanzia del fondo rivolto alle piccole e medie imprese, di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, e ad attivarsi affinché sia previsto che al fondo sia riconosciuta, ai fini dell'accordo di Basilea 2, la mitigazione di favore attribuita allo Stato («ponderazione zero»);
ad assumere iniziative normative volte a:
a) aumentare le somme a disposizione sia del fondo per la competitività e lo sviluppo (cosiddetto «fondo Bersani per industria 2015»), estendendone il campo di intervento anche alla produzione di autoveicoli ecologici ed alle misure per il risparmio energetico, sia del fondo per la finanza d'impresa;
b) innalzare, per il triennio 2009-2011, il tetto annuo per la compensazione automatica, da parte delle imprese, dei crediti d'imposta e contributivi da 516 mila euro a un milione di euro;
c) istituire un fondo rotativo presso la Cassa depositi e prestiti, per anticipare i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese;
d) procedere alla revisione degli studi di settore per le piccole e medie imprese al fine di adeguarli alle mutate condizioni di redditività;
e) a restituire il fiscal drag, cominciando dalla detassazione delle tredicesime dei lavoratori dipendenti e dei pensionati per un importo medio di 500 euro;
f) prevedere forme, ancorché limitate nel tempo, di sostegno al reddito per tutti i lavoratori che attualmente non ne hanno diritto (parasubordinati, associati in partecipazione con apporto di solo lavoro, lavoratori a termine, lavoratori non subordinati delle cooperative ed altri);
g) rivedere le norme che hanno precarizzato i rapporti di lavoro, valutando altresì programmi di stabilizzazione dei lavoratori precari;
ad utilizzare per la realizzazione di tali programmi i fondi che potranno derivare:
a) dal recupero, con procedure semplificate ed immediate, dei 5,2 miliardi di euro delle somme non pagate relative ai condoni dell'anno 2001 e seguenti;
b) dal ripristino delle norme antievasione abrogate da questo Governo, quali l'obbligo dell'elenco clienti e fornitori e le misure sulla tracciabilità dei compensi;
c) dall'utilizzo dei risparmi sugli interessi relativi al debito: nel 2009 scadranno titoli di Stato per un quinto del nostro debito. La crisi ha fatto scendere il loro rendimento di circa uno-due punti, a seconda delle scadenze. Alcuni economisti hanno calcolato che avremmo un risparmio di circa 3,8 miliardi di euro;
d) dal taglio dei costi e degli sprechi della politica, anche attraverso iniziative di riforma costituzionale volte a dimezzare il numero dei parlamentari e ad abolire le province, nonché attraverso la diminuzione del numero dei consiglieri delle municipalizzate e delle società partecipate dagli enti locali, la soppressione delle comunità montane, il taglio dei quattrocentomila stipendi o prebende e consulenze che ogni anno la politica distribuisce in Italia;
alla luce di tutto quanto esposto, ad intervenire per predisporre le specifiche iniziative, anche legislative, necessarie per allineare il nostro Paese allo standard di severità, con cui vengono disposte le regole e con cui sono applicate le sanzioni, che caratterizza gli altri Paesi europei ed occidentali rispetto ai reati finanziari;
ad adottare iniziative sul piano internazionale al fine di creare, coinvolgendo i Paesi emergenti e con l'obiettivo di riformare il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, un sistema finanziario più stabile e più equo;
ad adoperarsi in sede di Unione europea al fine di ottenere una modifica del patto di stabilità, cominciando a sottrarre dalla definizione dei cosiddetti «parametri di Maastricht» gli investimenti (finanziati dagli Stati, insieme alla Banca europea per gli investimenti, con o senza la partecipazione dei privati) in grandi infrastrutture, in ricerca e sviluppo e in impianti per la produzione energetica (tradizionale e alternativa) e per il risparmio energetico.
(1-00073)
«Borghesi, Cambursano, Messina, Barbato, Piffari, Monai, Misiti, Favia, Cimadoro, Paladini, Porcino, Evangelisti, Donadi».
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

Banca mondiale

cassa integrazione

crisi monetaria

finanze internazionali

FMI

gestione d'impresa

mercato finanziario

paese meno sviluppato

piccole e medie imprese

piccole e medie industrie

politica comunitaria dell'occupazione

politica energetica

recessione economica