Atto Camera
Mozione 1-00104
presentata da
CAROLINA LUSSANA
lunedì 19 febbraio 2007 nella seduta n.111
La Camera,
premesso che:
i recenti fatti di sangue, che hanno visto tre donne straniere residenti in Italia vittime di una violenza armata dalla sottomissione irragionevole a dettami fanatico-religiosi, meritano giustizia e attenzione: Hina, uccisa selvaggiamente dalla sua famiglia perché colpevole di essersi troppo «occidentalizzata», Maha, tunisina, picchiata a sangue perché osava uscire senza il consenso della famiglia, e Khaur, costretta al suicidio come unica via di fuga da un matrimonio combinato impostole dalla sua famiglia, sono soltanto gli ultimi tristi episodi di una diffusa e allarmante ferocia nei confronti di donne che osano ribellarsi al teodispotismo coranico;
secondo un sondaggio condotto da Al Maghrebiya, unico organo di informazione in lingua araba diffuso in tutto il territorio nazionale, l'85 per cento delle donne di fede musulmana, che vive in Italia, ritiene la situazione dei diritti e delle libertà individuali del tutto insoddisfacente, anche a causa di interpretazioni forzate dei precetti islamici, e che il velo sia uno strumento di sottomissione e di controllo da parte della comunità maschile, che viene indossato esclusivamente «per timore»;
i dati raccolti da associazioni di rappresentanza del mondo femminile islamico segnalano che l'86 per cento delle donne islamiche presenti in Italia sono analfabete e non conoscono il sistema alfanumerico; l'80 per cento non esce di casa se non accompagnata da figure maschili della famiglia di appartenenza; solo il 10 per cento delle 400.000 donne islamiche presenti in Italia conduce una vita che, secondo gli standard socio-statistici, potrebbe definirsi normale;
nelle famiglie di immigrati di fede islamica emerge una profonda disparità di diritti tra uomo e donna e nell'educazione dei figli, nonché la mancanza di un'istruzione adeguata; sono sempre più diffuse le denunce da parte di donne di fede islamica che lamentano una scarsa attenzione del nostro Paese ad episodi di maltrattamenti conseguenti ad unioni poligamiche;
il maschilismo e la misoginia, mascherati da precetti religiosi, sono la causa di queste tragedie femminili legate a matrimoni combinati, a matrimoni poligamici e all'assoluto divieto dell'integrazione delle donne musulmane in seno alla società italiana;
tali atti si indirizzano, soprattutto, nei confronti delle donne e dei soggetti, che, in questi contesti, vivono in una condizione di debolezza e di minorità;
sul nostro territorio si moltiplicano le denunce di donne extracomunitarie di religione islamica vittime di matrimoni poligamici, celebrati in centri di preghiera autorizzati dallo Stato a svolgere una libera attività associativa, ma senza alcuna autorità giuridica che ponga in essere un'unione che possa essere considerata valida dallo Stato. Secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, questi matrimoni sostanziano non solo una grave violazione dell'ordinamento penale italiano, ma anche una grave lesione della dignità umana delle donne musulmane presenti in Italia, poiché spesso esse ignorano la «non validità» dell'unione ufficializzata in moschea, subendone comunque le conseguenze in caso di ripudio;
presso il ministero dell'interno è istituito, con funzioni meramente consultive, un organo composto da alcuni soggetti individuati dal ministero stesso tra i tanti in Italia che professano il credo islamico - in modi per natura diversi, poiché non esiste un organo normativo nell'islam, ma la pratica religiosa si basa soltanto sull'interpretazione del corano;
a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, è inaccettabile che la Consulta per l'islam italiano, istituita con decreto del Ministro dell'interno, che tanta influenza dovrebbe avere sulle comunità musulmane presenti nel nostro Paese nella ricerca della mediazione e del dialogo, non abbia ancora stigmatizzato l'accaduto e preso ufficialmente una posizione netta di condanna nei confronti di episodi di tale gravità;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini;
la violenza sulle donne è purtroppo, ad oggi, ancora una delle forme di violazione dei diritti umani più diffusa ed occulta nel mondo;
siamo chiamati a rispondere a tutto ciò con la forza generata dalla nostra identità e dai valori di eguaglianza che nascono da tutta la nostra tradizione storica, con la consapevolezza che dignità e diritti sono elementi su cui non è possibile scendere a patti;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche,
impegna il Governo:
a promuovere iniziative, anche legislative, volte a tutelare ed a garantire sul territorio nazionale il rispetto dei diritti umani e civili delle donne extracomunitarie presenti in Italia, in particolar modo attraverso la promozione di un programma di educazione e formazione ai diritti umani per tutti gli ordini di scuole;
a promuovere un miglioramento delle condizioni di vita delle donne extracomunitarie, attraverso specifici corsi di alfabetizzazione in italiano, programmi di inserimento nel mondo lavorativo ed imprenditoriale, oltre a specifiche campagne di sensibilizzazione che permettano alle donne interessate di conoscere i propri diritti e i possibili strumenti di autotutela;
ad istituire un telefono multilingue che renda più agevole alle donne extracomunitarie denunciare la propria condizione di disagio sociale, fisico, psichico;
a lanciare iniziative pubbliche di sensibilizzazione e ad istituire una rete di centri d'ascolto per le donne che vivono tali realtà di sopraffazione e violenza;
ad inserire nel prossimo ordine del giorno dedicato agli incontri con la Consulta islamica la discussione di questa importante problematica e, di conseguenza, a sollecitare la redazione di un documento ufficiale che condanni in modo inequivocabile la poligamia e tutte le violazioni della libertà individuale della donna in nome di precetti dogmatici religiosi;
ad escludere dalla Consulta islamica e a monitorare l'attività di tutte quelle associazioni di rappresentanza che pongano in essere comportamenti contrari ai principi dell'ordinamento giuridico italiano, in generale, e della condizione della donna extracomunitaria, in particolare.
(1-00104) «Lussana, Bertolini, Garnero Santanchè, Mazzoni, Maroni».