Doc. XXII-bis, N. 17

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLA MORTE DEL MILITARE EMANUELE SCIERI

(Istituita con delibera della Camera dei deputati del 4 novembre 2015)

(composta dai deputati: Amoddio, Presidente, Agostinelli, Baroni, Bechis, Bernini, Borghesi, Caruso, Causin, Fucci, Fusilli, Greco, Segretaria, Lodolini, Matarrese, Palma, Petrenga, Pinna, Piras, Prestigiacomo, Vicepresidente, Sbrollini, Schirò e Zappulla)

RELAZIONE SULL'ATTIVITÀ SVOLTA

(Relatrice: on. Sofia AMODDIO)

Approvata dalla Commissione nella seduta del 5 dicembre 2017

Comunicata alla Presidenza della Camera dei deputati il 6 dicembre 2017, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della delibera della Camera dei deputati del 4 novembre 2015

INDICE

1. Chi era Emanuele Scieri Pag. 7
2. Breve descrizione degli eventi dell'agosto 1999 » 8
3. Attività parlamentari nelle precedenti legislature aventi ad oggetto il caso Scieri » 9
  3.1. XIII legislatura – 9 maggio 1996-29 maggio 2001 » 9
   3.1.1. Indagine conoscitiva avente ad oggetto «Episodi di violenza e qualità della vita nelle caserme delle Forze Armate» » 11
  3.2. XIV legislatura – 30 maggio 2001-27 aprile 2006 » 12
  3.3. XV legislatura – 28 aprile 2006-28 aprile 2008 » 12
  3.4. XVI legislatura – 29 aprile 2008-14 settembre 2013 » 13
4. Costituzione della Commissione di inchiesta nella XVII Legislatura » 13
  4.1. Iniziative extra parlamentari per la costituzione della Commissione di inchiesta » 13
  4.2. Proposte di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare di Emanuele Scieri » 14
  4.3. Istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri » 14
  4.4. Lavori della Commissione di inchiesta » 14
5. Zibaldone – periodo di addestramento della recluta Scieri presso la Caserma «Lupi di Toscana» – trasporto delle reclute dello scaglione 7/99 dalla caserma «Lupi di Toscana» alla Caserma «Gamerra» – esame degli accadimenti nelle giornate del 13, 14, 15 e 16 agosto 1999 » 17
  5.1. Zibaldone » 17
  5.2. Periodo di addestramento di Emanuele Scieri presso la Caserma «Lupi di Toscana» – Trasporto delle reclute dalla Caserma «Lupi di Toscana» alla Caserma «Gamerra» di Pisa » 17
  5.3. Trasporto delle reclute dalla Caserma «Lupi di Toscana» alla Caserma «Gamerra» di Pisa » 18
  5.4. Il pomeriggio e la serata del 13 agosto 1999 » 19
   5.4.1. Brevi considerazioni della Commissione sulle ricostruzioni del tragico evento del 13 agosto 1999 che la catena di comando della Folgore «suggerì» nel 1999 alla stampa » 19
   5.4.2. Magazzino di casermaggio della «Gamerra» » 21
  5.5. Il contrappello » 22
   5.5.1. Brevi considerazioni della Commissione sul contrappello » 23
  5.6. Telefonata delle ore 23.48 dal cellulare in uso al Generale Celentano » 24
  5.7. La scoperta del corpo » 25
6. Procedimenti penali » 26
  6.1. Prima ipotesi della Procura di Pisa » 26
  6.2. Seconda ipotesi della Procura di Pisa » 27
  6.3. Denuncia della famiglia Scieri » 28
  6.4. Altri procedimenti penali » 29
  6.5. Dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Pisa e del G.I.P. sulle indagini » 30
 7. Elementi raccolti dalla Commissione sui Procedimenti penali e sullo svolgimento delle indagini » 31
  7.1. I sopralluoghi e le testimonianze di Arilli – Pirina – Bellacima – Infantino » 31
  7.2. Contaminazione dei luoghi in sede di primi rilievi » 32
8. Elementi raccolti dalla Commissione sul fenomeno del nonnismo nella Caserma «Gamerra» e connessione con la vicenda Scieri » 34
  8.1. Indagine conoscitiva svolta nel 1999 dalla Commissione difesa sugli episodi di violenza e sulla qualità della vita nelle caserme delle Forze Armate » 34
  8.2. Nonnismo nella caserma «Gamerra» » 35
  8.3. Gli atti di nonnismo subiti dalle reclute dello stesso scaglione di Scieri durante il trasporto in pullman » 44
   8.3.1. Violenza fisica » 44
   8.3.2. Posizione della «Sfinge» » 44
9. Elementi raccolti dalla Commissione sul rispetto delle regole all'interno della Caserma «Gamerra» » 46
  9.1. Brevi premesse » 46
  9.2. Dichiarazioni di Paolo Venuti » 47
  9.3. Audizione di Stefano Ioanna » 48
  9.4. Audizione di Daniele Ceci » 49
  9.5. Confronto Ceci-Ioanna » 52
  9.6. Assenza di controlli all'interno della caserma «Gamerra» di Pisa » 54
  9.7. Uso di sostanze stupefacenti all'interno della caserma «Gamerra» di Pisa » 55
10. Audizioni dei vertici militari: Generale Celentano, Generale Cirnieco, Colonnello Fantini, Colonnello Ratti » 56
  10.1. Audizione del Generale Enrico Celentano – 30 gennaio 2017 » 56
   10.1.1. L'ispezione alla caserma «Gamerra» » 57
   10.1.2. L'opinione personale del Generale Celentano » 58
  10.2. Audizione del Generale Giovanni Fantini – 27 febbraio 2017 » 63
   10.2.1. L'ispezione alla «Gamerra» » 63
   10.2.2. La natura «anomala» dell'ispezione e la data in cui fu stabilita » 64
   10.2.3. La questione del rapportino: importanti precisazioni sulla nozione di «mancato rientro» » 65
   10.2.4. La telefonata della sera del 13 agosto » 67
  10.3. Audizione del Generale Calogero Cirneco del 30 gennaio 2017 – Comandante della caserma «Gamerra» » 67
   10.3.1. La scoperta del corpo e le prime indagini » 68
   10.3.2. Il nonnismo » 70
   10.3.3. Un'ipotesi su quanto accaduto » 71
   10.3.4. La telefonata della notte del 13 agosto da Pisa a Livorno » 73
   10.3.5. L'ispezione della notte tra il 14 e il 15 agosto » 73
  10.4. Audizione del Colonnello Emilio Ratti – 30 gennaio 2017 » 74
 11. Elementi raccolti dalla Commissione che hanno condotto alla richiesta alla Procura della Repubblica di riapertura delle indagini penali » 77
 12. Conclusioni » 78
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1. Chi era Emanuele Scieri.

  Emanuele Scieri nacque a Cuneo il 31 agosto 1972 e crebbe a Siracusa tra l'affetto dei familiari e dei molti amici con cui aveva condiviso esperienze, sogni e percorsi di vita.
  Era un ragazzo di sani valori, animato da nobili principi.
  Durante la sua breve vita si dedicò attivamente e con profitto a diverse attività.
  Praticava molte discipline sportive, aveva una spiccata sensibilità per la cultura e per l'arte con particolari interessi nella musica, nella pittura e nella lettura.
  Emanuele impiegava le sue energie non solo per migliorare se stesso, ma anche per contribuire alla crescita della società. Si impegnò, infatti, attivamente in politica, nei cui valori si rispecchiavano i suoi ideali di giovane laborioso ed onesto.
  La sua fiducia nelle regole e nella giustizia lo spinse ad iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza presso l'ateneo di Catania, dove si laureò il 6 novembre 1998 con ottimi risultati.
  Era un ragazzo intelligente, serio e disciplinato, le cui attitudini, riconosciute da tutti, lasciavano presagire una sicura affermazione nel campo delle professioni forensi, nutrendo egli la giustificata ambizione di abilitarsi all'esercizio della professione di avvocato o di superare il concorso in magistratura.
  La chiamata ad effettuare il servizio di leva obbligatorio lo raggiunse quando già svolgeva la pratica forense con meritevole rendimento e con la stima dei suoi colleghi. Avendo un radicato senso del dovere, accettò di buon grado la chiamata alle armi, anche se non poté non interrogarsi sull'opportunità di svolgere il servizio militare a 26 anni, quando era già avviato verso altri traguardi, il cui raggiungimento non avrebbe potuto che essere posticipato di almeno 10 mesi. Per Emanuele, però, queste considerazioni non incisero in alcun modo sulla sua ferma volontà di adempiere ai propri doveri nei confronti dello Stato, avendo fatto della coerenza personale un aspetto fondamentale del suo carattere.
  Dalle audizioni in Commissione e dagli atti processuali delle indagini del 1999 viene da tutti descritto come un ragazzo solare, allegro, serio, responsabile, maturo.
  Emanuele agì sempre rispettando la propria natura e tenendo fede ai propri ideali, infatti, scelse di svolgere il servizio di leva nei paracadutisti della «Folgore», corpo d’élite dell'esercito italiano, a cui si accede solo su base volontaria. La scelta l'aveva fatta otto anni prima, in occasione della visita medica militare, ma non era mutato in lui il convincimento che, se inquadrato in quel corpo, avrebbe potuto impiegare i dieci mesi di servizio di leva in maniera decisamente più proficua che altrove, preferendo alla piatta comodità la faticosa occasione di vivere esperienze formative.

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2. Breve descrizione degli eventi dell'agosto 1999.

  Il 21 luglio 1999 Emanuele Scieri prese il treno per raggiungere Firenze, dove si trovava la caserma «Lupi di Toscana» per iniziare il centro addestramento reclute.
  Terminato il periodo di addestramento prestò il giuramento il 7 agosto 1999.
  Il 13 agosto 1999 Emanuele Scieri e i componenti dello scaglione 7/99 vennero trasferiti con due pullman da Scandicci alla Caserma «Gamerra» di Pisa, Centro Addestramento Paracadutisti, dove avrebbero dovuto effettuare il previsto corso per acquisire il brevetto di paracadutista.
  Giunto alla caserma «Gamerra», Emanuele si recò con i suoi commilitoni alla mensa per consumare il pranzo e nel primo pomeriggio, alle ore 15.30 circa, raggiunse il magazzino del casermaggio, dove ricevette gli effetti letterecci per il posto branda (1).
  Alle ore 18.00 circa, Emanuele cenò in mensa e successivamente, uscì in libera uscita con alcuni commilitoni.
  Alle ore 22.15 circa, Emanuele rientrò in caserma in compagnia dei commilitoni Valentini, Gelli, Mastrini e Viberti e con quest'ultimo si attardò a fumare una sigaretta lungo il viale che costeggia il muro perimetrale della caserma, in prossimità della torre di asciugatura dei paracaduti.
  Emanuele non rientrò in camerata per il contrappello delle ore 23.45 e venne rilevata da parte del personale militare preposto l'assenza dello Scieri.
  Alle ore 23.48 del 13 agosto fu effettuata una chiamata dal cellulare in uso al Gen. Celentano e diretta all'abitazione dello stesso a Livorno.
  Il 14 agosto 1999 le ricerche di Emanuele Scieri furono effettuate esclusivamente limitandosi a provare a contattarlo al cellulare e ad espletare alcune formalità di routine, quali, ad esempio, informare i genitori della sua assenza al contrappello.
  Il 15 agosto 1999 alle ore 5.30 del mattino, il comandante della brigata paracadutisti Folgore Generale Enrico Celentano, accompagnato dal Colonnello Fantini, effettuava una ispezione straordinaria all'interno della caserma. In serata, alle ore 21,30 una seconda ispezione straordinaria era condotta dal comandante interinale del centro addestramento di paracadutismo Colonnello Pier Angelo Corradi.
  Il corpo del giovane Scieri veniva scoperto privo di vita intorno alle ore 13,50 – 14.00 di lunedì 16 agosto, da quattro compagni di corso (Walter Raggiri, Carlos Picelli, Marco Parodi e Marco Ravasi) che si erano recati nella zona ove era situato il magazzino di casermaggio, per effettuare un servizio di pulizia al quale erano stati comandati.

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3. Attività parlamentari nelle precedenti legislature aventi ad oggetto il caso Scieri.

3.1 XIII legislatura – 9 maggio 1996 – 29 maggio 2001.

  Il Parlamento italiano si è da subito occupato della vicenda della morte di Emanuele Scieri.
  Le iniziative parlamentari miravano ad accertare quanto accaduto ed individuare le responsabilità delle persone coinvolte.
  Immediatamente dopo la pausa estiva vennero depositati trentatré atti di sindacato ispettivo e quattro proposte di legge per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta volta ad accertare la dinamica della morte di Emanuele Scieri e gli eventuali responsabili.
  Il 10 settembre 1999, furono presentati dodici atti di sindacato ispettivo alla Camera dei Deputati:
   tre interpellanze (la n. 2/01903, la n. 2/01910 e la n. 2/01916) a firma degli onorevoli Paissan, Soro e Tassone;
   cinque interrogazioni a risposta orale (la n. 3/0415, la n. 3/04170, la n. 3/04202, la n. 3/04203 e la n. 3/04206) a firma degli onorevoli Gasparri, Delmastro delle Vedove, Bono e Prestigiacomo;
   quattro interrogazioni a risposta scritta (la n. 4/25270, la n. 4/25271, la n. 4/25291 e la n. 4/25373) a firma degli onorevoli Piscitello, Alemanno, Foti e Spini.

  Il 14 settembre 1999, furono depositati altri otto atti di sindacato ispettivo alla Camera dei Deputati:
   tre interpellanze (la n. 2/01919, la n. 2/01920 e la n. 2/01922) a firma degli onorevoli Prestigiacomo, Manzione e Mussi;
   cinque interrogazioni a risposta orale (la n. 3/04210, la n. 3/04212, la n. 3/04213, la n. 3/04214 e la n. 3/ 04219) a firma degli onorevoli Piscitello, La Malfa, Alemanno, Spini e Gnaca.

  Nella seduta della Commissione Difesa della Camera del 14 settembre 1999, il Ministro della Difesa Carlo Scognamiglio Pasini fu interrogato sul tema dei «recenti episodi di violenza nelle caserme» e, il giorno successivo, intervenne in aula alla Camera per rispondere alle interrogazioni e interpellanze relative alla morte di Emanuele Scieri.
  Le parole proferite dal Ministro della Difesa in quell'occasione furono in seguito riprese da altri esponenti dei successivi governi. Il Ministro si impegnò a fare quanto necessario per far emergere la verità, anche allo scopo di evitare che si alimentasse «l'infondato timore» che sulla vicenda potesse calare «una coltre di silenzio o un velo di complicità e copertura». Scognamiglio dichiarò, altresì, che erano state avviate tre inchieste: due della Magistratura ordinaria e militare, ed una amministrativa delle Forze Armate. Il Ministro legò il tragico avvenimento di Scieri al fenomeno del nonnismo. Da allora, infatti, la morte di Emanuele Scieri fu considerata il tragico epilogo Pag. 10di un episodio di nonnismo e non, invece, come un vero e proprio atto criminale. Alle risposte del Ministro gli interroganti manifestarono quasi unanimemente la propria insoddisfazione. Diversi parlamentari non apprezzarono che il comandante in capo della Brigata «Folgore», generale Celentano, non fosse stato rimosso e che non fossero state adottate tempestivamente adeguate misure a tutela della genuinità delle fonti di prova, esposte a rischio di inquinamento.
  I deputati evidenziarono che il Ministro della Difesa non esercitò la giusta e legittima pressione sulle persone coinvolte al fine di fare emergere tutta la verità. In questa vicenda, infatti, la vittima, i responsabili della morte, le persone informate sui fatti, i superiori e i vertici del Ministero della Difesa erano tutti militari.
  Il 14 settembre 1999, furono presentati al Senato della Repubblica undici atti di sindacato ispettivo e di indirizzo:
   una mozione (la n. 1/00435) a firma del senatore De Luca;
   tre interpellanze (la n. 2/00887, la n. 2/00894 e la n. 2/00898) a firma dei senatori Peruzzotti, Semenzato e Manca;
   cinque interrogazioni a risposta scritta (la n. 4/16131, la n. 4/16133, la n. 4/16139, la n. 4/16153 e la n. 4/16214) a firma dei senatori Russo Spena, Lo Curzio, Dolazza, De Luca e Occhipinti;
   due interrogazioni a risposta orale (la n. 3/03049 e la n. 3/03050) entrambe a firma del senatore Centaro.

  Il 15 ed il 24 settembre 1999 furono depositate al Senato, rispettivamente, una interrogazione a risposta scritta (la n. 3/03059) a firma del senatore Curto ed una interrogazione a risposta orale (la n. 4/16449) a firma del senatore Russo Spena.
  Le risposte che il Governo rese il 14 settembre 1999 al Senato furono dello stesso tenore di quelle rese alla Camera. Parlando del fenomeno del nonnismo, il Ministro ricordò che il Ministero della Difesa aveva fatto molto per contrastarlo (istituzione di un «Osservatorio permanente sul nonnismo» nel maggio 1988; costituzione di una Commissione di esperti per approfondire le pratiche di nonnismo; costituzione di gruppi di lavoro con esperti di giustizia militare; emanazione di sette direttive in materia e riunioni con i vertici militari per esaminare la questione).
  Successivamente, alla Camera dei deputati furono depositate altri otto atti di sindacati ispettivo, e così anche al Senato. Anche le risposte del Governo a questi ultimi atti non furono mai considerate soddisfacenti da parte dei proponenti.
  Nella seduta dell'aula della Camera dell'8 marzo 2000 fu il Ministro della Difesa, Sergio Mattarella, a rispondere all'interrogazione a risposta immediata dell'onorevole Manzione. Il Ministro Sergio Mattarella affermò di avere fiducia nelle inchieste giudiziarie in corso e che eventuali provvedimenti disciplinari, inclusa la rimozione dei superiori gerarchici e dei responsabili della caserma «Gamerra», sarebbero stati adottati solamente successivamente alla conclusione delle inchieste.
  Alla Camera, inoltre, furono depositate tre «Proposte di legge per istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Pag. 11Emanuele Scieri» (Doc. XXII n. 58 – XXII n. 59 – XXII n. 60) a prima firma, rispettivamente, degli on.li Prestigiacomo, Manzione e Rizza.
  Al Senato fu depositato un disegno di legge per l’«Istituzione di una Commissione di inchiesta sui casi di violenza denunciati nell'ambito delle Forze Armate e sul fenomeno del nonnismo» (A.S. 4298) a prima firma del senatore Manfredi.
  Il Governo non espresse alcuna volontà favorevole alla proposta di istituire una Commissione d'inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri e non appoggiò la richiesta dei proponenti.
  La linea ufficiale del Governo fu di evitare che sulla morte di Emanuele Scieri si aprissero diverse inchieste e che in luogo della Commissione d'inchiesta, si procedesse ad una semplice indagine conoscitiva sul fenomeno del nonnismo in generale.

3.1.1 Indagine conoscitiva avente ad oggetto «Episodi di violenza e qualità della vita nelle caserme delle Forze Armate».

  Il 16 settembre 1999 la Commissione Difesa della Camera deliberò di svolgere una indagine conoscitiva avente ad oggetto «Episodi di violenza e qualità della vita nelle caserme delle Forze Armate».
  L'indagine conoscitiva ebbe ad oggetto lo studio del fenomeno del nonnismo, senza alcun riferimento alla vicenda Scieri e quindi non vi fu alcun accertamento in tal senso. Il lavoro svolto fu importante e corposo. Furono audite trenta persone: i vertici delle Forze Armate; i responsabili di molte Procure Militari; gli esponenti della rappresentanza militare e le associazioni dei genitori delle vittime di episodi di violenza nelle caserme.
  Le analisi delle condizioni di vita nelle caserme e delle cause dei ricorrenti episodi di violenza rappresentarono certamente un'utile riflessione sulle iniziative da adottare per contrastare e reprimere il fenomeno. I dati che emersero sulla effettiva estensione del fenomeno nel corso del solo 1998 furono sorprendenti: 268 casi di violenza accertata con 391 militari coinvolti, di cui 375 denunciati all'Autorità Giudiziaria e 307 puniti con sanzioni disciplinari. La qualificazione giuridica del fenomeno, il mite trattamento sanzionatorio, la perseguibilità dei reati subordinata alla richiesta del comandante del corpo, la sostanziale impossibilità della vittima di presentare denuncia-querela, delinearono un impianto normativo obsoleto e, per certi aspetti, addirittura abnorme.
  Anche sulla qualità della vita nelle caserme furono rilevate forti carenze, sia organizzative che infrastrutturali, potenziali cause indirette di frustrazione e disagio. In particolare, la condizione dei cosiddetti «servizi di caserma», intesi come vettovagliamento, pulizia e vigilanza, ancorati a una sorta di autogestione, rappresentano da sempre uno dei principali elementi di disagio e di malessere per i militari. La quasi assenza di attività ricreative, la grandissima carenza di tecnologia (pochissime televisioni, computer e scarsissime possibilità di accesso a internet) e la pochissima flessibilità nei permessi e nelle licenze furono indicate da molti come importanti cause di solitudine, isolamento e di problemi psicologici.Pag. 12
  Il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva, pubblicato il 16 febbraio 2000, fu una relazione di sedici pagine in cui si affrontò in generale il tema del nonnismo e si analizzò la normativa vigente e le sue criticità. Vennero, inoltre, proposte diverse iniziative legislative e amministrative per migliorare la vita dei militari in caserma. L'indagine conclusiva ha, in particolare, «unanimemente riconosciuto che il verificarsi di episodi di nonnismo nelle caserme costituisce un fenomeno di estrema gravità, nei cui confronti tutte le Forze armate, senza alcuna distinzione, sono tenute a confrontarsi con impegno e determinazione. Tale fenomeno, infatti, rappresenta un vulnus all'organizzazione di moderne e strutturate Forze Armate e va, quindi, sradicato».
  Nella relazione non vi è traccia di Emanuele Scieri.

3.2 XIV legislatura – 30 maggio 2001 – 27 aprile 2006.

  Nel corso della XIV Legislatura, l'attenzione e l'interesse del Parlamento per l'accertamento delle verità rimase invariato.
  Alla Camera furono depositate tre Proposte di inchiesta parlamentare (DOC. XXII, n. 2 – DOC. XXII, n. 5 – DOC. XXII, n. 6) a firma, rispettivamente, degli onorevoli Ruzzante, Gianni e Boato ed una Interrogazione a risposta scritta (la n. 4/00883) a firma dell'onorevole Realacci.
  Al Senato fu depositato un Disegno di Legge per l'Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta (A.S. 1800) dal senatore Rotondo e due interrogazioni a risposta scritta (la n. 4/00565 e la n. 4/02113) a firma dei senatori Berlinguer e Malabarba.
  I firmatari dei menzionati atti sentirono l'esigenza di rinnovare la richiesta di istituzione di una Commissione d'inchiesta anche alla luce degli scarsi risultati prodotti dalle inchieste della Magistratura e di quella militare. Nella Commissione Difesa della Camera dei Deputati alcuni esponenti dell'allora maggioranza parlamentare rallentarono l'iter istitutivo della Commissione, allineandosi alla posizione di esitazione del Governo.
  La stessa sorte toccò al Disegno di Legge in esame al Senato. Le risposte ai tre atti di sindacato ispettivo non fornirono elementi utili né, tantomeno, soddisfecero gli interroganti.

3.3 XV legislatura – 28 aprile 2006 – 28 aprile 2008.

  Durante la XV Legislatura l'attenzione sul caso si ridusse molto.
  L'unico atto presentato fu depositato alla Camera dall'onorevole Rotondo e riproponeva l'istituzione di un’inchiesta parlamentare (DOC. XXII, n. 16).
  I proponenti fecero espresso riferimento alle intervenute archiviazioni dei procedimenti giudiziari e rappresentarono la necessità che il Parlamento indagasse sul caso anche alla luce dell'appello rivolto al Presidente della Repubblica dai familiari di Emanuele Scieri. la XV legislatura si concluse anticipatamente e la proposta, presentata il 16 luglio 2007 non ebbe alcun seguito.

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3.4 XVI legislatura – 29 aprile 2008 – 14 settembre 2013.

  Durante la XVI Legislatura l'attività parlamentare sul caso Scieri si sviluppò solo alla Camera mediante un progetto di Legge per la «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di cittadini italiani in servizio di leva nel periodo dal 1985 al 2005, con particolare riferimento alla morte dei signori Garro, Lombardo, Cordori, Bergonzini e Scieri» (A.C. 2705), presentata dall'onorevole Maurizio Turco, una interrogazione a risposta scritta (la n. 4/04357), presentata sempre da Maurizio Turco e un Ordine del Giorno in Assemblea (la n. 9/03016/012), presentato dall'onorevole Matteo Mecacci.
  La proposta di inchiesta, presentata il 22 settembre 2009, mirava ad indagare su cinque specifici casi di militari morti durante il servizio di leva. Il caso Scieri era tra i più emblematici tra quelli indicati. Scopo dell'inchiesta sarebbe stato, inoltre, quello di verificare le modalità con le quali erano state condotte le precedenti indagini, nonché di sondare nuove piste investigative. La proposta di legge fu assegnata alla Commissione Difesa della Camera, ma non fu mai esaminata. L'onorevole Matteo Mecacci, nella seduta della Camera del 17 dicembre 2010, convocata per l'esame della Legge Finanziaria 2010, presentò un ordine del giorno che impegnava il Governo «a istituire una Commissione ministeriale d'indagine finalizzata a far luce sulla morte di cittadini italiani in servizio di leva con particolare riferimento alla morte dei signori Garro, Lombardo, Cordori, Bergonzini e Scieri». L'ordine del giorno fu dichiarato inammissibile dal Presidente della Camera per estraneità della materia. Nell'interrogazione a risposta scritta, l'onorevole Turco chiese al Ministro della Difesa e a quello della Giustizia informazioni sull'accertamento delle responsabilità, sulle eventuali sanzioni disciplinari comminate dalle stesse Forze armate nei confronti dei militari eventualmente riconosciuti come responsabili, sugli eventuali risarcimenti in sede civile e se i responsabili fossero stati rimossi dal loro incarico o se fossero ancora operativi. Il Governo non diede mai risposta, nonostante ventidue richieste di sollecito.

4. Costituzione della Commissione di inchiesta nella XVII Legislatura.

4.1 Iniziative extra parlamentari per la costituzione della Commissione di inchiesta.

  Durante la XVII Legislatura al Senato, il 18 dicembre 2014, è stata annunciata la petizione (la n. 1384) con la quale «il sindaco di Pachino (Siracusa), Roberto Bruno, e numerosissimi altri cittadini chiedono l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del militare di leva Emanuele Scieri». Tale petizione, assegnata alla Commissione Difesa del Senato, non è mai stata esaminata.
  Tredici consigli comunali deliberarono di chiedere al parlamento l'istituzione di una Commissione di inchiesta: Siracusa, Pisa, Ferla, Noto, Sortino, Palazzolo Acreide, Floridia, Pachino, Buccheri, Piazza Armerina, San Gregorio, Castelverde, Catania.

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4.2 Proposte di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare di Emanuele Scieri.

  L'on. Sofia Amoddio depositava alla Camera la proposta di legge A.C. 2410 (DOC. XXII, n.46 del 15 aprile 2015) e successivamente l'on. Giuseppe Zappulla la A.C. 2411 (DOC.XXII nn. 46-51o del 24 giugno 2015) aventi entrambe ad oggetto la «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri».
  Il presupposto su cui si fondavano le richieste istitutive di una Commissione d'inchiesta era il deludente epilogo delle inchieste giudiziarie, chiuse tutte con decreti di archiviazione. Nelle proposte veniva sottolineata l'esigenza di procedere all'accertamento della verità ed all'individuazione degli eventuali responsabili della morte di Emanuele Scieri.

4.3 Istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri.

  In sede referente veniva elaborato un testo unificato delle due proposte volto ad istituire una Commissione d'inchiesta monocamerale in data 27.10.2015.
  Nella seduta del 4 novembre 2015, nel giorno della festa delle Forze Armate, l'aula ha approvato a larghissima maggioranza, salvo l'astensione del gruppo parlamentare della Lega Nord, l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del militare di leva Emanuele Scieri.
  La Commissione di inchiesta parlamentare è composta da ventuno componenti, designati in rappresentanza dei gruppi parlamentari di maggioranza e di minoranza.

4.4 Lavori della Commissione di inchiesta.

  Le sedute della Commissione sono state 35 nel 2016 e 16 nel 2017. L'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si è riunito 12 volte nel 2016 e 13 fino al 5 dicembre 2017. Le ore di seduta – comprese le riunioni dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, sono state pari a 59 ore e 55 minuti nel 2016 e a oltre 42 ore circa, fino al 5 dicembre 2017.
  Nel 2016, dopo l'esame dei documenti riassuntivi sul caso di Emanuele Scieri presentati dalla presidente Amoddio (seduta del 24 maggio 2016) e dalla vicepresidente Prestigiacomo (seduta del 7 giugno 2016) sono stati audite 45 persone e nel 2017 31 persone e in particolare: audizione della signora Isabella Guarino, madre del militare Emanuele Scieri, e di Carlo Garozzo, Federica Gallitto e Daniela Leggio, rappresentanti dell'associazione «Giustizia per Lele» (seduta del 7 aprile 2016); audizione della Ministra della difesa, senatrice Roberta Pinotti (seduta del 5 maggio 2016); audizione del signor Stefano Vigneri (seduta del 12 maggio 2016); audizioni di ex militari commilitoni di Emanuele Scieri (sedute del: 17, 18, 19, 24 Pag. 15maggio 2016; 7, 14, 15, 21, 23, 30 giugno 2016; 7, 13, 14, 20, 27; 15, 21, 22, 28 settembre 2016; 6, 12, 13, 19, 20, 26 ottobre 2016; 18, 25, 31 gennaio 2017; 14 marzo 2017; 23 maggio 2017); audizione dei medici legali professor Luigi Papi, consulente della Procura di Pisa, e del professor Giuseppe Bulla, consulente di parte, che hanno svolto la perizia a seguito della morte del militare Emanuele Scieri (seduta del 7 novembre 2016) ; audizione di Ivan Mesiti, militare in servizio nella caserma «Gamerra» di Pisa, all'epoca di Emanuele Scieri (seduta del 9 novembre 2016); audizione di Stefano Viberti, militare in servizio nella caserma «Gamerra» di Pisa, all'epoca di Emanuele Scieri (seduta del 19 dicembre 2016); audizione del luogotenente Pierluigi Arilli e dell'appuntato scelto Alessandro Pirina, in servizio all'epoca di Emanuele Scieri (seduta del 17 gennaio 2017); audizione di Daniele Ceci, Enrico Celentano, Calogero Cirneco ed Emilio Ratti, militari in servizio all'epoca di Emanuele Scieri (seduta del 30 gennaio 2017); audizione dei signori Roberto De Martin e Giovanni Fantini, militari in servizio nella caserma «Gamerra» di Pisa, all'epoca di Emanuele Scieri (seduta del 27 febbraio 2017); audizione di un cittadino di Pisa all'epoca di Emanuele Scieri (seduta del 29 marzo 2017); audizione del signor Mario Ciancarella (seduta del 9 maggio 2017); audizione di Stefano Ioanna e del signor Daniele Ceci, militari in servizio nella caserma «Gamerra» di Pisa, all'epoca di Emanuele Scieri (seduta del 30 maggio 2017); audizione del dottor Federico Boffi e dell'ingegnera Grazia La Cava, consulenti della Commissione (seduta del 27 settembre 2017); audizione dell'avvocato Giuliano Giambartolomei, già Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pisa, all'epoca di Emanuele Scieri (seduta del 14 novembre 2017); audizione della giornalista Claudia Carbone (seduta del 28 novembre 2017); audizione del dott. Enzo Iannelli, già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pisa, all'epoca di Emanuele Scieri (5 dicembre 2017).
  Il 21 marzo 2017 la Commissione ha audito una persona attualmente detenuta e pertanto per ragioni di sicurezza l'audizione si è tenuta presso il Comando Provinciale di Roma dell'Arma dei Carabinieri.
  La Commissione ha proceduto a due audizioni congiunte (19 dicembre 2016 tra il signor Stefano Viberti e il signor Paolo Venuti quest'ultimo già convocato il 6 luglio 2016 – 30 maggio 2017 tra il sig. Stefano Ioanna e il sig. Daniele Ceci rispettivamente già convocati il 20 ottobre 2016 e il 30 gennaio 2017).
  Una delegazione della Commissione ha svolto inoltre una prima missione presso la Caserma «Gamerra» in occasione dell'anniversario della morte del militare Emanuele Scieri, nei giorni 12 e 13 agosto 2016, deponendo altresì una corona di fiori presso il monumento ai paracadutisti caduti della medesima Caserma. È stata svolta altresì una successiva missione con un sopralluogo nella medesima caserma dal 20 al 22 giugno 2017.
  La Commissione ha altresì disposto una serie di indagini effettuate attraverso consulenze e numerose richieste di atti al Comando Generale della Difesa, alla caserma «Gamerra» ed alla Procura ordinaria di Pisa e alla Procura militare di Roma.Pag. 16
  A marzo del 2017 l'archivio dei documenti della Commissione consta di un numero totale di 5932 pagine, di cui 5620 classificate riservate e 312 libere. Al 5 dicembre del 2017, l'archivio è composto da 88 fascicoli e 328 unità documentali. Tra questi, 3 unità documentali sono state acquisite nel corso di alcune audizioni.
  Di particolare rilievo è stato il supporto che il Governo ha inteso, fin da subito, assicurare alla Commissione. In particolare la Ministra della difesa, senatrice Roberta Pinotti ha espressamente ribadito nel corso della sua audizione: «Onorevoli colleghi, non troverete porte chiuse e neppure socchiuse, sono a vostra disposizione tutti gli atti anche quelli più sensibili, in possesso dell'amministrazione necessari ai lavori, ivi inclusi quelli dell'inchiesta sommaria i cui risultati sono già stati portati a conoscenza della madre di Emanuele. Troverete dunque nella Difesa piena collaborazione per le vostre attività, nella consapevolezza che solo il raggiungimento della verità potrà soddisfarci pienamente». E ancora più espressamente, nel corso della medesima audizione, la ministra ha inteso significare una partecipazione dell'Esecutivo non formale ma piena e completa, che merita di essere riportata integralmente: «Vorrei ridirvi che c’è, da parte nostra e da parte mia, il desiderio di dare massima collaborazione e sostegno al fatto che questa Commissione sia nata, seppur dopo tanti anni, ma, come avete detto, per una ferita che è ancora aperta: credo lo sia non soltanto (...) per la comunità di Siracusa, per la comunità di Noto, per la famiglia o gli amici, ma anche per il Paese e per le Forze armate. Credo che il vostro lavoro sia importante, certamente per un caso specifico, ma per un caso che è stato così terribile e così emblematico da diventare una questione nazionale, una questione dove lo Stato si misura sulla propria capacità di andare a cercare la verità. Penso che il vostro sia un compito molto importante. Avete colto un coinvolgimento anche emotivo che esiste, perché io la vicenda la ricordo e l'avevo vissuta con molto coinvolgimento emotivo. Quello che è riemerso è in realtà un vissuto che, da cittadina, in tutt'altro ruolo, io avevo comunque avuto rispetto alla storia, che avevo seguito perché mi sembrava incredibile e inaccettabile. Se volete, dunque, c’è un di più di partecipazione personale a quello che è un doveroso rispetto istituzionale e dovere legato al ruolo. A ulteriore dimostrazione, ho chiesto che questa mia audizione fosse trasmessa in diretta web sul sito della Difesa, perché volevo che fosse ascoltata anche da tutto il personale della Difesa che poteva essere interessato a seguire, affinché il messaggio arrivasse non soltanto alla Commissione ma anche al mio Ministero. Sarà mia cura anche seguire personalmente che le richieste che fate abbiano riscontri completi e rapidi, proprio perché è una questione a cui tengo. È vero che il lavoro di questa Commissione di inchiesta – il lavoro lo fate voi, io posso collaborare – può essere utile per togliere delle ombre».
  E la Commissione ha operato proprio per fare luce sugli accadimenti che hanno portato alla morte di Emanuele Scieri.
  A partire dal suo arrivo alla Caserma «Lupi di Toscana».

Pag. 17

5. Zibaldone – periodo di addestramento della recluta Scieri presso la Caserma «Lupi di Toscana» – trasporto delle reclute dello scaglione 7/99 dalla caserma «Lupi di Toscana» alla Caserma «Gamerra» – esame degli accadimenti nelle giornate del 13, 14, 15 e 16 agosto 1999.

5.1 Zibaldone.

  Nove mesi prima della morte di Emanuele Scieri, il Gen. Enrico Celentano, comandante della Brigata «Folgore», inviò a circa 30 destinatari (ufficiali di grado medio ed elevato), un plico di 120 pagine intitolato «Zibaldone». Si trattava di una raccolta di scritti, riflessioni, vignette, battutacce sessiste, antimeridionali e contro i politici. Lo «Zibaldone» conteneva anche un elenco di atti di nonnismo, tra i quali la comunione, ovvero fare ingurgitare al malcapitato una mistura di escrementi umani. Il Gen. Celentano ha dichiarato alla Commissione che all'epoca «gli atti di nonnismo erano all'ordine del giorno». Risulta, altresì, dagli atti d'indagine e dalle audizioni disposte da questa Commissione che gli atti di nonnismo (pugni al costato – imposizione coattiva di esercizi fisici – imposizione coattiva di assunzione per via orale dei liquami di escrementi) erano una pratica ordinaria. All'epoca, gli appartenenti alla Folgore credevano di far parte di un corpo nel quale potevano entrare solo «uomini speciali», capaci di affrontare il pericolo e dotati di particolari doti fisiche. Questo era il substrato culturale che avrebbe accolto le reclute, che dovevano iniziare l'addestramento presso la Caserma «Gamerra». Li attendeva, una particolare «accoglienza».

5.2 Periodo di addestramento di Emanuele Scieri presso la Caserma «Lupi di Toscana» – Trasporto delle reclute dalla Caserma «Lupi di Toscana» alla Caserma «Gamerra» di Pisa.

  Faceva caldo il 21 luglio 1999, quando Emanuele Scieri prese il treno per raggiungere Firenze, dove si trovava la caserma «Lupi di Toscana», prima di essere assegnato alla sua destinazione definitiva. Il giorno in cui Emanuele salutò famiglia e amici, nessuno poteva immaginare che quel commiato gioioso sarebbe stato di preludio ad un epilogo così tragico e doloroso.
  Prima di essere assegnato alla Caserma «Gamerra» Emanuele aveva svolto, senza difficoltà, il corso di addestramento reclute presso la caserma «Lupi di Toscana» di Firenze. Durante quel periodo conversava quotidianamente al telefono con i genitori ed il fratello. Gli addestramenti erano impegnativi, ma un ragazzo della sua tempra non si preoccupava né lamentava, essendo da sempre abituato, nello sport e nello studio, a tenere duro quando si rendeva necessario uno sforzo per raggiungere un obiettivo. Le qualità personali ed umane di Emanuele non tardarono ad emergere durante la sua permanenza a Firenze, dove in breve tempo si guadagnò la fiducia ed il rispetto di superiori e commilitoni, compresi quelli con cui per ragioni di tempo non aveva ancora potuto approfondire il rapporto di conoscenza, a cui bastò poco per rendersi conto del suo indiscutibile valore. Tutti i Pag. 18militari del suo scaglione lo consideravano un ragazzo maturo ed affidabile, trovando in lui una persona su cui fare affidamento. Deve essere precisato che emerge chiaramente dagli atti e dalle audizioni che durante il periodo di permanenza a Firenze non ebbe nessuno screzio con chicchessia.
  I familiari di Scieri erano a Firenze quel sabato 7 agosto 1999, quando assistettero fieri ed orgogliosi al giuramento del figlio e trascorsero serenamente le ultime ore in sua compagnia, inconsapevoli di cosa sarebbe accaduto ad Emanuele poco meno di una settimana dopo.

5.3 Trasporto delle reclute dalla Caserma «Lupi di Toscana» alla Caserma «Gamerra» di Pisa.

  È pacifico che il 13 agosto 1999 Emanuele Scieri e i componenti del suo scaglione 7/99 vennero trasferiti con due pullman da Scandicci alla Caserma «Gamerra» di Pisa, centro per l'addestramento degli allievi di paracadutismo, dove avrebbero dovuto effettuare il previsto corso per acquisire il brevetto di paracadutista.
  Risulta anche dalle audizioni effettuate dalla Commissione, che sui due pullman che conducevano lo scaglione 7/99 da Firenze a Pisa, i caporali dichiararono ai componenti dello scaglione che le settimane di addestramento a Firenze erano una vacanza se paragonate a ciò che li avrebbe attesi alla caserma «Gamerra».
  Durante il tragitto del trasferimento delle reclute i caporali diedero sfogo alla loro natura irrispettosa della dignità dei componenti dello scaglione 7/99, ordinandogli di mantenere per l'intera durata del tragitto una posizione scomoda ed innaturale (la posizione c.d. della sfinge), ovvero di rimanere immobili con la schiena staccata dalla spalliera del sedile e le mani sulle ginocchia. Altresì, imposero di viaggiare con i finestrini chiusi e il riscaldamento acceso, imponendo alle reclute il basco in testa e la sciarpa di lana e ciò nonostante la calura estiva. Infine, i caporali praticarono a due reclute (2) il c.d. battesimo che consisteva nel colpire gli stessi con forti pugni sul petto e nello strappo delle mostrine dalla tuta mimetica. Per le violenze infierite in quell'occasione, i caporali Tatasciore, Cinelli e Mesiti, vennero condannati con la sentenza n. 81 del 08 febbraio 2001 dal Tribunale Militare di La Spezia per violenza contro inferiore aggravata in concorso formale (artt. 47 n.3 e 195 c.p.p.).
  Risulta, altresì, dagli atti d'indagine e dalle audizioni disposte da questa Commissione che, sul pullman, la recluta Palatresi fu sottoposta a duri atti di nonnismo, colpita con pugni al costato e che, scesi dal pullman, un caporale colpì la recluta Carlucci con un pugno al petto.
  In sintesi, i nuovi arrivati dovevano dimostrare vigore fisico (flessioni), capacità di sopportare il dolore (pugni al torace) ed in alcune occasioni, come ammetterà in audizione anche il Generale Celentano, bere liquami di escrementi.

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5.4 Il pomeriggio e la serata del 13 agosto 1999.

  Giunto alla caserma «Gamerra», Emanuele si recò con i suoi commilitoni alla mensa per consumare il pranzo.
  Nel primo pomeriggio, alle ore 15.30 circa, raggiunse il magazzino del casermaggio (3), dove ricevette gli effetti letterecci per il posto branda.
  Alle ore 18.00 circa, Emanuele cenò in mensa e successivamente, uscì in libera uscita con alcuni commilitoni (4), visitando i luoghi principali del centro storico della città di Pisa. Dalle dichiarazioni della madre, rese in fase di indagini, si evince che Emanuele alle ore 20:00 circa, ebbe due conversazioni telefoniche (5), una con i genitori ed una con il fratello, e li informò di essere entusiasta di trovarsi ai piedi della famosa torre pendente.
  Alle ore 22:15 circa, Emanuele rientrò in caserma in compagnia di Valentini, Gelli, Mastrini e Viberti, e con quest'ultimo si attardò a fumare una sigaretta lungo il viale che costeggia il muro perimetrale della caserma, in prossimità della torre di asciugatura dei paracadute. Secondo il racconto di Viberti, terminata la sigaretta, Emanuele non rientrò in camerata. Viberti dichiara di averlo lasciato solo all'altezza del cortile dove si trovava la torre di prosciugamento e il magazzino del casermaggio, un luogo poco illuminato, per effettuare in tranquillità una telefonata.

5.4.1 Brevi considerazioni della Commissione sulle ricostruzioni del tragico evento del 13 agosto 1999 che la catena di comando della Folgore «suggerì» nel 1999 alla stampa.

  È accertato dall'esame dei tabulati telefonici, che Emanuele non effettuò alcuna telefonata quella sera in caserma e quindi, è del tutto ragionevole e verosimile – anche alla luce delle risultanze peritali dell'epoca e della nuova consulenza cinematica affidata da questa Commissione all'ingegnera Grazia La Cava (6) ed al dottor Federico Boffi  (7) – ritenere che Emanuele non abbia potuto effettuare la telefonata perché incontrò alcuni militari che si trovavano già in quel cortile.
  In base alle risultanze investigative, devono escludersi tutte le ricostruzioni del tragico evento del 13 agosto 1999 che la catena di comando della Folgore «suggerì» nel 1999 alla stampa, ovvero che Emanuele si era suicidato oppure che era voluto rimanere da solo, Pag. 20inventando una scusa con Viberti, per provare la sua efficienza fisica scalando la struttura metallica, in quanto da lì a qualche giorno doveva iniziare il corso di paracadutista.
  Tutte ipotesi ribadite anche nel corso delle audizioni in Commissione da parte dei vertici militari.
  Sul punto è importante tenere in considerazione che emerge dalle audizioni disposte dalla Commissione la sospensione, nel mese di agosto delle attività di addestramento; quindi Scieri avrebbe avuto tutto il tempo, nei giorni seguenti e in condizioni più sicure ed idonee, di mettere alla prova la propria efficienza fisica.
  Le tesi della la catena di comando della Folgore, inoltre, contrastano con la personalità di Scieri e con alcuni elementi oggettivi:
   a) il posto era buio e non conosciuto da Scieri;
   b) ai piedi della struttura metallica vi era una massa di materiale in disuso che non consentiva di raggiungere agevolmente i piedi della torretta;
   c) Scieri era una persona ragionevole e reverente delle regole militari e, quindi, non avrebbe scalato di propria iniziativa quella struttura di sera, al buio e da solo;
   d) non conosceva quel luogo essendo arrivato in caserma quello stesso giorno;
   e) se fosse stato da solo, per sperimentare la sua efficienza fisica, non si sarebbe mai slacciato le scarpe con il rischio di non potere fare affidamento su un sostegno sicuro in caso di difficoltà nell'ascesa della struttura metallica.
   f) nel corpo di Scieri si trova una ferita al dorso del piede sinistro ed una ferita al polpaccio sinistro incompatibile con la caduta.

  La Commissione ha accertato, attraverso la consulenza cinematica dell'ingegnera Grazia La Cava e del dottor Federico Boffi, che all'atto del ritrovamento del corpo una delle scarpe fu ritrovata a terra, ad una tale distanza dalla scala che non risulta possibile che Scieri l'abbia potuta perdere durante l'arrampicata; pertanto la scarpa sinistra fu lasciata sul selciato prima che Scieri si arrampicasse, scalzo da un piede, sulla scala esterna della torretta di asciugatura dei paracadute. Sul dorso del piede sinistro venne trovata una ferita incompatibile con caduta e secondo tutti i consulenti, della famiglia, della procura e della Commissione la ferita è stata provocata da terze persone presenti sul luogo. Inoltre, dalla consulenza tecnica disposta dalla Commissione a e segnatamente dall'esame delle fotografie scattate nel 1999 sul tavolo autoptico, risulta una ferita al polpaccio sinistro nella quale sono incistate pietruzze bianche e tracce di vernice verde essiccata.
  Sulla base dei suddetti elementi e del fatto come sommariamente descritto, è del tutto ragionevole e verosimile ritenere che Emanuele Scieri, quando è entrato nel cortile per telefonare, sia stato fermato da alcuni militari che si trovavano all'interno dello stesso cortile.

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5.4.2 Magazzino di casermaggio della «Gamerra».

  È stato accertato dalla Commissione, attraverso l'audizione di Venuti Paolo, da successive audizioni di altri auditi ed altresì dal confronto fra i militari Ceci Daniele e Ioanna Stefano, che il magazzino di casermaggio della «Gamerra» – posto di fronte la torretta di asciugatura dei paracadute – era gestito in completa autonomia dai caporali Daniele Ceci e Stefano Ioanna e che era divenuto un luogo d'incontro e di svago.
  È altresì emerso che il caporale Ioanna, in spregio ad ogni regola, viveva nel magazzino occupando gran parte del suo tempo guardando la TV, giocando con una consolle di videogames e ciò mentre consumava e spacciava droga (8).
  Risulta incomprensibile perché, all'epoca, le indagini non presero in considerazione la testimonianza resa da Venuti Paolo che fu, una delle poche, approfondita e soprattutto non identica nei contenuti alle altre, che appaiono superficiali e del tutto conformi.
  La Commissione ha audito il professore Riccardo Petrini, la cui casa di abitazione confinava con il muro di cinta della «Gamerra» al di là dal quale si trova la torretta sotto cui è stato ritrovato il corpo di Scieri.
  Il professore Petrini ha confermato che quello era un luogo di bivacco, di svago e privo di regole all'interno della caserma.
  La Commissione in sede di audizione del professore Riccardo Petrini ha approfondito, diversamente da quanto avvenuto durante le indagini nel 1999, cosa accadeva in quella zona della caserma.
  Il professor Riccardo Petrini ha dichiarato che quell'area era uno dei luoghi che i militari della «Gamerra» utilizzavano spesso per scavalcare il muro di cinta, che la mattina trovava impronte di scarpe sul cofano dell'autovettura parcheggiata lungo il muro.
  Ha riferito inoltre, che al mattino, ispezionava il muro di confine con il suo giardino per verificare se vi fossero oggetti pericolosi per i bambini, in quanto spesso era capitato di ritrovare lattine, bottiglie rotte e profilattici.
  Il professor Riccardo Petrini ha inteso puntualizzare una circostanza obiettiva che ha destato molta perplessità. Egli riferisce che poco tempo dopo la morte di Scieri, la parete della torretta fu imbiancata di fresco e la discarica di tavoli e sedie accatastate in quel cortile fu dismessa e pulita. Dalle videoriprese dei sopralluoghi dei Carabinieri, che la Commissione ha acquisito, si evince che, in data 27/08/1999, militari della «Gamerra» rimuovono tavoli e suppellettili che si trovavano nell'area sotto la scala; e ciò ancor prima della richiesta di archiviazione del PM avvenuta il 27/09/2001.
  Quanto appurato dalla Commissione con riferimento all'utilizzo del magazzino di casermaggio ed all'area innanzi allo stesso, rileva quanto inappropriate furono le condotte di coloro che intervennero nell'immediatezza dei fatti sui luoghi (9) e che fu errato non chiedere Pag. 22l'intervento immediato del nucleo speciale dei RIS. Come risulta anche dalla audizione del P.M. Giambartolomei, nell'immediatezza dei fatti, l'autorità giudiziaria inquirente privilegiò, erroneamente e senza riscontro alcuno, la tesi del suicidio.
  Eppure gli episodi di nonnismo non erano estranei nelle caserme militari ed alla catena di comando della «Gamerra» non sfuggiva tale circostanza. Infatti, il Colonnello Ratti alle reclute appena arrivate faceva firmare una autodichiarazione con la quale si impegnavano a denunciare episodi di nonnismo. Quello stesso anno, da gennaio ad agosto ‘99, erano stati denunciati alla magistratura militare sette episodi di violenza nella «Folgore» di cui 6 all'interno della caserma «Gamerra» ed 1 a Livorno.

5.5 Il contrappello.

  La sera del 13 agosto 1999 il militare Viberti rientrò in camerata alle 22:30 circa.
  Il contrappello venne effettuato alle ore 23.45 dal sergente maggiore Simone Pugliese, dal caporale di giornata Gianluca De Silvestris e dal furiere De Martin e venne rilevata l'assenza dello Scieri.
  Viberti non informò i superiori che aveva lasciato Scieri vicino il magazzino di casermaggio e pertanto vi era la certezza che era presente in caserma. Furono le reclute Gelli, Marras, Bellacima e Cafaro ad informare i caporali addetti al contrappello che Scieri era effettivamente rientrato in caserma.
  Viberti giustificò così il proprio comportamento: «non ritenni di dover dire nulla [al caporale di giornata che stava facendo il contrappello] perché pensai che dopo la telefonata che mi aveva detto che avrebbe fatto, lo Scieri fosse uscito nuovamente dalla caserma... Quindi, nella convinzione che lo Scieri non fosse più in caserma, non pensai di riferire ai miei superiori dove l'avevo lasciato, perché non potevo immaginare che fosse rimasto lì e che gli fosse successa una cosa così grave... Non ho creduto che fosse necessario preoccuparmi dell'assenza, perché lo Scieri era una persona di 26 anni, laureata, e che sapeva badare a se stesso».
  La riferita serenità di Viberti, dovuta all'asserita convinzione che Emanuele avesse lasciato la caserma, venne, tuttavia, contraddetta da quanto riferito dalle reclute Marras e Valentini, i quali dichiararono che Viberti, poco prima del contrappello, si affacciò più volte alla finestra con fare nervoso, come per vedere se Scieri stesse rientrando.
  Gli addetti al contrappello (Pugliese, De Martin e De Silvestris), non annotarono le informazioni ricevute nel c.d. «rapportino della sera» e non diedero alcuna importanza al fatto che Scieri non fosse presente al contrappello, sebbene il suo rientro in caserma trovava conferma da quanto riferito da diverse reclute e che per Scieri si trattava del primo giorno di permanenza presso la caserma «Gamerra».
  Gli addetti al contrappello (Pugliese, De Martin e De Silvestris) liquidarono la rilevazione dell'assenza di Scieri consegnando all'ufficiale di picchetto, Tenente Messina, il c.d. «rapportino della sera» in cui venne semplicemente riportata la dicitura «mancato rientro» anziché «assente al contrappello».

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5.5.1 Brevi considerazioni della Commissione sul contrappello.

  La Commissione rileva che nonostante nel cosiddetto rapportino della sera fosse prevista una sezione per indicare eventuali osservazioni, gli addetti al contrappello non annotarono che Scieri, assente al contrappello, era stato visto rientrare dai commilitoni in caserma.
  Nel corso delle audizioni di questa Commissione, è stato più volte contestato agli addetti al contrappello di essersi resi responsabili di una falsa dichiarazione, in quanto, tra le note, avrebbero dovuto riportare che i militari Gelli, Marras, Bellacima e Cafaro avevano riferito e confermato la presenza dello Scieri dentro la caserma e avrebbero dovuto segnalare l'assenza di Emanuele Scieri con la dicitura «non presente al contrappello» e non con quella «mancato rientro». Così facendo si sarebbero potute disporre immediate ricerche all'interno del perimetro della «Gamerra».
  Trattandosi di una recluta arrivata in caserma quello stesso giorno e rientrata prima dell'orario del contrappello, i superiori avrebbero dovuto prendere in considerazione l'ipotesi di un malore improvviso o di un atto di nonnismo. Deve essere ribadito che l'esistenza di atti di nonnismo era un fenomeno presente nella caserma «Gamerra» e ben conosciuto dai vertici militari, tanto da far sì che l'allora Colonnello Ratti faceva firmare alle reclute dello scaglione 7/99, appena arrivate da Firenze, una autodichiarazione con cui si impegnavano a denunciare eventuali atti di nonnismo subiti.
  Inoltre nelle S.I.T. (10) del 04.10.199 rese al Pubblico Ministero di La Spezia, Simone Pugliese dichiara di aver ricevuto dal Colonnello Ratti, l'ordine di eseguire, la sera del 13 agosto ’99, il contrappello nella prima Compagnia, dove era stato assegnato Scieri. Pugliese aggiunge di essere rimasto nell'edificio della prima Compagnia fino a mezzanotte e trenta, come da disposizioni date dal superiore, perché: «quell'orario è a rischio perché qualche “nonno” in epoca passata, andava a fare qualche bravata in danno degli allievi». Le ore serali dunque, secondo le dichiarazioni di Pugliese, erano a rischio perché non vi erano più controlli dopo il contrappello.
  Il Colonnello Fantini, audito da questa Commissione il 27.2.17 definisce totalmente scorretta la trascrizione di «mancato rientro» riportata nel «rapportino della sera» e specifica ciò che la Commissione ha sempre sostenuto: «gli addetti al contrappello avrebbero dovuto riportare quanto riferito dai commilitoni, ovvero che Emanuele Scieri era rientrato in caserma.»
  Il caso di Scieri è stato l'unico episodio in cui un militare entrato in caserma non si sia presentato al contrappello. Questa è una delle numerose anomalie che gettano ombre sul caso Scieri.
  Tutti gli altri casi rispondevano a due casistiche precise: o il militare non si presentava in caserma dopo la libera uscita; oppure si presentava al contrappello per poi uscire di sotterfugio successivamente.
  È certo che nessuno, in quella tragica notte, si attivò per cercare Emanuele all'interno della caserma, nonostante fossero in servizio un Pag. 24ufficiale di picchetto, un ufficiale di guardia, un ufficiale di giornata, sei militari della guardia ed un sottufficiale di ispezione.
  La Commissione non condivide le motivazioni che hanno condotto la Procura a richiedere l'archiviazione per omicidio colposo nei confronti degli addetti al contrappello, i quali omisero di effettuare una qualsivoglia ricerca di Emanuele Scieri.
  La Commissione ha accertato che gli stessi vertici della caserma «Gamerra» si resero conto di aver omesso le ricerche di Scieri, che sarebbero dovute essere avviate la stessa notte del 13 agosto, dopo la mancata presenza al contrappello ed infatti il Comandante del Centro Addestramento Paracadutismo inflisse una sanzione (11) disciplinare (seppure simbolica) di giorni uno di consegna al militare Alfio Pellegrin, nella qualità di Capitano di ispezione.
  Appare veramente singolare e contraddittorio che tutti gli addetti al contrappello si siano giustificati sostenendo che le ricerche sarebbero dovute scattare solamente il giorno dopo dal mancato rientro e che non avevano nessun obbligo di cercare la recluta nell'immediatezza, sebbene, la Commissione abbia accertato che al caporal maggiore Galdi, di turno la sera del 13 agosto ’99, venne inflitta la sanzione (12) disciplinare «per non aver attuato nessun intervento volto ad accertare i motivi del mancato rientro».

5.6 Telefonata delle ore 23.48 dal cellulare in uso al Generale Celentano.

  Alle ore 23.48 (nello stesso momento in cui era in atto il contrappello) dal cellulare in uso al Gen. Celentano venne effettuata una telefonata (13) diretta all'abitazione dello stesso a Livorno. Gli inquirenti accertarono che tale telefonata agganciò in partenza la cella di Pisa nei pressi della «Gamerra».
  È un altro elemento rimasto oscuro nella vicenda Scieri ed al quale le indagini della magistratura non hanno mai dato risposta. Altresì, nessuno indagò sul perché il Generale Celentano ispezionò la caserma alle 5.30 del mattino del 15 agosto 1999.

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5.7 La scoperta del corpo.

  Nei giorni successivi al 13 agosto 1999 nessuno tentò di trovare Emanuele Scieri all'interno della caserma.
  L'autorità giudiziaria inquirente accertò che il 14 agosto 1999 i vertici della caserma «Gamerra» si limitarono esclusivamente a chiamare Emanuele al telefono cellulare, senza ottenere, alcuna risposta.
  Risulta dalle testimonianze della madre di Emanuele, ignara di ciò che era già avvenuto, che la stessa provò a chiamare il figlio e che il cellulare squillava a vuoto (ciò dimostra che il cellulare era perfettamente funzionante nonostante la caduta).
  Sorge spontaneo un interrogativo: come mai nessuno degli addetti al magazzino del casermaggio sentì squillare il cellulare ?
  Con decreto del 19 agosto 1999 fu acquisito il traffico telefonico relativo all'utenza del cellulare in uso a Scieri. Il traffico telefonico, però, si interrompeva inspiegabilmente il 13 agosto 1999. Nonostante la precisa richiesta della Procura della Repubblica di Pisa di ottenere dai gestori i tabulati, riportanti le chiamate pervenute al telefono di Scieri dal 13 al 16 agosto 1999, non vennero mai acquisiti e pertanto, non è possibile riscontrare se il 14, 15 e 16 agosto 1999, dalla caserma «Gamerra» furono effettuate ricerche telefoniche al cellulare di Scieri.
  Emanuele morì da solo, nel buio di una calda notte di metà agosto, tra rottami e polvere, dopo una agonia durante la quale poteva essere salvato.
  I responsabili della caserma «Gamerra», funzionari dello Stato, alla cui chiamata Emanuele aveva risposto, non salvarono un ragazzo che era stato loro affidato.
  Nel corso della notte del 13 agosto, alla caserma «Gamerra», né l'ufficiale di picchetto Messina, né nove militari (14) di guardia, né il capo-posto caporale (15), che solitamente deve annotare l'entrata e l'uscita di ogni militare, né il sottufficiale d'ispezione (16), né l'ufficiale di ispezione (17), si accorsero che nei pressi del magazzino di casermaggio, ai piedi della torre di asciugatura dei paracaduti, c'era il corpo agonizzante di Emanuele Scieri.
  Durante la giornata di sabato 14 agosto, di Scieri continuava a non esserci nessuna notizia, ma alla caserma «Gamerra» nessuno pareva curarsene. L'allievo parà Stefano Viberti continuava a mostrarsi del tutto indifferente per l'improvvisa scomparsa del commilitone Emanuele e nel corso della notte, le varie ronde che ispezionavano la caserma, dichiaravano negli atti dell'indagine di non accorgersi del corpo che giaceva senza vita ai piedi della torre di prosciugamento dei paracaduti.
  La domenica del 15 agosto (giornata doppiamente festiva) alla caserma «Gamerra» alle ore 05.30 del mattino, il comandante della brigata paracadutisti Folgore in persona, Generale Enrico Celentano, Pag. 26accompagnato dal Colonnello Fantini, effettuava un'ispezione straordinaria all'interno della caserma. In serata, alle ore 21,30 una seconda ispezione straordinaria veniva condotta dal comandante interinale del centro addestramento di paracadutismo, il Colonnello Pier Angelo Corradi; il comandante titolare, Generale Calogero Cirneco, era in ferie alle cure termali. In nessuna delle due ispezioni si rilevava che ai piedi della scala di asciugatura dei paracadute c'era il corpo senza vita dell'allievo paracadutista ?
  Durante la notte tra il 15 ed il 16 agosto 1999, neanche le varie ronde di turno si accorgevano della presenza del corpo di Scieri che, anche a causa dell'alta temperatura estiva, cominciava a decomporsi.
  Il corpo veniva scoperto privo di vita intorno alle ore 14.00 di lunedì 16 agosto, da quattro compagni di corso (18) che si erano recati nella zona ove era situato il magazzino di casermaggio, per intraprendere un servizio di pulizia al quale erano stati comandati. Il rinvenimento di Emanuele Scieri fu provocato dal cattivo odore del cadavere in avanzato stato di decomposizione e dalla vista del piede destro dello Scieri che faceva capolino sul piano di un tavolo. Il corpo era riverso in mezzo a tavoli in disuso e altri oggetti di magazzinaggio, accatastati alla rinfusa ai piedi della scala.
  La Commissione si è posta alcuni interrogativi:
  nei giorni 13, 14 e 15 agosto, chi erano gli addetti al magazzino di casermaggio che non si accorsero della presenza del cadavere di Scieri ?

Per quale ragione proprio quattro militari dello stesso corso di Scieri vennero mandati a pulire davanti al magazzino di casermaggio e furono lasciati a girovagare per un po’ di tempo in attesa che arrivasse il caporale Ceci ?

6 Procedimenti penali.

  Le indagini furono svolte da parte della Procura ordinaria di Pisa e della Procura militare di La Spezia.
  Gli inquirenti della Procura della Repubblica di Pisa, giunsero alla formulazione di due ipotesi alternative dell'evento tragico della morte di Emanuele Scieri.

6.1 Prima ipotesi della Procura di Pisa.

  La prima ipotesi non escludeva la possibilità che Emanuele Scieri si fosse arrampicato spontaneamente sulla scala della torre di asciugatura dei paracadute, nell'area di discarica che nei fatti era il cortile del magazzino di casermaggio, per mettere alla prova le proprie capacità (tesi, come si vedrà avanti, sostenuta dalla maggior parte dei vertici militari ascoltati). La Procura di Pisa affidò una consulenza tecnica in materia psichiatrica alla professoressa Dell'Osso al fine di verificare se emergessero elementi che potessero avvalorare l'ipotesi suicidaria. La consulente giunse alla conclusione che nel periodo Pag. 27antecedente il decesso non emergevano nello Scieri alterazioni psichiche di rilievo, attribuibili ad un disturbo dell'umore o ad uno stato di intossicazione alcolica tale da potere determinare un comportamento finalizzato alla morte o ad un'assenza di controllo degli impulsi che possa essere tradotto in comportamenti potenzialmente autolesivi. La professoressa Dell'Osso sottolineò come non fossero emersi elementi psicopatologici capaci di avvalorare l'ipotesi suicidaria o l'ipotesi di una personale dimostrazione di efficienza fisica.
  A tal proposito, durante l'audizione in Commissione, l'allora sostituto procuratore Giambartolomei dichiara che privilegiò nell'immediatezza l'ipotesi del suicidio:
  «Io non vado sul posto, e questo è stato un mio cruccio perché io sono andato sempre a vedere tutti i cadaveri ovviamente, anche quelli per i quali era già pacifico che fosse una morte naturale, e in quel caso lì io fui stoppato dal dottor Papi, che mi disse: «abbiamo rinvenuto nello stipetto dell'Emanuele Scieri l'Edronax, il Sereupin»...
  Il dott. Giuliano Giambartolomei alla domanda del Presidente della Commissione «e questo che c'entra con il fatto che lei non va sul posto, mi perdoni ?» Ha risposto: «Io ho pensato a un suicidio, non sempre nei casi di suicidio si va sul posto, presidente».

6.2 Seconda ipotesi della Procura di Pisa.

  La seconda ipotesi ricostruiva i fatti coerentemente con le evidenze che emergevano dalle perizie medico-legali redatte dai consulenti tecnici del Pubblico Ministero e dai consulenti tecnici nominati dai familiari.
  Secondo la ricostruzione dei fatti dei consulenti tecnici della famiglia, Emanuele Scieri, dopo essere stato lasciato dal Viberti, era stato costretto da alcuni soggetti, ad arrampicarsi sulla scala della torretta di prosciugamento dei paracadute dalla parte esterna, quindi fuori dagli anelli di protezione, avvalendosi della sola forza delle braccia, mentre uno o più ignoti, arrampicandosi dalla parte interna e protetta, gli schiacciavano brutalmente le mani in modo da fargli perdere la presa (mentre per i consulenti del Pm le ferite rilevate sulle nocche delle dita erano dovute alla caduta). Inevitabilmente, Emanuele Scieri precipitava al suolo e moriva dopo diverse ore di agonia (secondo i consulenti della famiglia) durante le quali poteva essere soccorso e salvato.
  Aggiungevano i medici legali (19) di parte nominati dalla famiglia Scieri, che gli elementi raccolti erano sufficienti per ritenere che all'episodio delittuoso erano state presenti altre persone, e che queste si erano adoperate attivamente per occultare il corpo dello Scieri, ancora in vita, celandolo tra tavoli dismessi. Riscontravano inoltre diversi lividi sul corpo ed una importante lesione al piede sinistro incompatibile con la caduta dall'alto.
  Sull'incompatibilità della lesione al dorso del piede sinistro con la caduta dall'alto, e su una azione lesiva riconducibile a terze persone presenti sul luogo quella sera, concordano anche i consulenti del P.M. (Dott.ri. Papi e Bargagna) ed i consulenti nominati ed auditi dalla Pag. 28Commissione di inchiesta, commissario Federico Boffi (polizia scientifica di Roma) e Ing. Grazia La Cava.

6.3 Denuncia della famiglia Scieri.

  Sulla scorta dei primi risultati dell'attività tecnica svolta dai consulenti di parte Dott. Coco e Dott. Bulla, i familiari di Emanuele Scieri decidevano di presentare un atto di denuncia formale presso le autorità giudiziarie inquirenti, ordinaria e militare, nel quale si prospettava l'ipotesi che la caduta dello Scieri dalla scala della torre non fosse da attribuirsi ad un evento di natura accidentale, in considerazione della scarsa compatibilità di alcune delle lesioni riscontrate sul corpo, rispetto al dinamismo causale della caduta. Nella denuncia veniva segnalata l'esistenza del documento costituente una raccolta di scritti assertivamente inneggiante al fenomeno del nonnismo, il cui autore, veniva indicato nella persona del Generale di brigata Enrico Celentano. Sulla base della consulenza medico legale di parte, redatta dal Dott. Bulla e dal Dott. Coco, si riteneva inoltre che il decesso dello Scieri fosse avvenuto diverse ore dopo il trauma da caduta, pertanto se si fosse intervenuto in tempo, Scieri poteva salvarsi.
  La famiglia Scieri, quindi depositava altro atto in cui denunciava che la morte derivava anche dalle omesse ricerche all'interno della caserma.
  Venivano iscritti nel registro degli indagati (procura penale 1343/2000 Pisa) Cirneco Calogero, Pugliese Simone, De Silvestris Gianluca, De Martin Roberto per non avere disposto in via preventiva nulla e non avere adottato, nel caso concreto, tutte le misure idonee ad evitare l'evento, attraverso le opportune ricerche di Scieri, così concorrendo a determinarne la morte. Il procedimento però non arrivò mai al dibattimento e si concluse con una archiviazione. Nella richiesta di archiviazione della Procura ordinaria di Pisa, il Pubblico Ministero dottor Iannelli scriveva: «è certo che Emanuele Scieri cadde la notte del 13 agosto 1999 dall'esterno della protezione della scala messa in opera dalla torre di prosciugamento della caserma «Gamerra», è certo che cadde con le scarpe slacciate da una altezza che è stata indicata dai consulenti del Pm tra i 5-6 metri o, al massimo 9-10 metri, è certo, altresì, che sul dorso dell'avampiede sinistro sono state rilevate tre aperture cutanee, a stampo che non è stato possibile ricollegare all'impatto con il piede durante la caduta con qualsiasi ostacolo presente sul luogo di precipitazione»; e ancora: «la deduzione logica, nel senso che Emanuele Scieri fu costretto o indotto a salire sulla scala da altri militari che ne provocarono la caduta, procurandogli, con uno strumento non rinvenuto, la lesione «a stampo» sul dorso del piede è supportata dalla dichiarazioni di Stefano Viberti personaggio sotto tanti aspetti inquietante nella scena procedimentale».
  Il procedimento per omicidio colposo degli addetti al contrappello si concludeva il 22 dicembre 2000 con l'archiviazione perché il fatto non sussiste, disposta dal giudice per le indagini preliminari. Rimaneva ancora aperto quello per omicidio che si concluse con richieste di archiviazione del 27/09/2001.

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6.4 Altri procedimenti penali.

  Sulla vicenda Scieri si aprirono diversi procedimenti che si conclusero tutti con decreti di archiviazione:
   1. procedimento n. 227/B/99/BL-TN assegnato al dott. Gioacchino Tornatore, Pubblico Ministero presso il Tribunale Militare di La Spezia; si indagò contro ignoti per il reato di violenza contro inferiore con omicidio (articolo 195 co. 1 e 2 c.p.m.p.) e di violata consegna (articolo 120 c.p.m.p.). In data 11 dicembre 2001 il dott. Tornatore formulò la richiesta di archiviazione, ma il G.I.P. dott. Enrico Lassu in data 7 luglio 2003 rispose con un'ordinanza con la quale ordinò lo svolgimento di ulteriori indagini. In data 10 marzo 2004 il dott. Marco De Paolis, Pubblico Ministero presso il Tribunale Militare di La Spezia, avanzò nuovamente richiesta di archiviazione, che venne accolta dal G.I.P. dott. Enrico Lassu con decreto del 20 maggio 2004;
   2. procedimento n. 1101/99 R.G.N.R assegnato al dott. Gioacchino Tornatore, Pubblico Ministero presso il Tribunale Militare di La Spezia, che procedette nei confronti dei caporali Emanuele Cinelli, Ivan Mesiti, Simone Tatasciore, Andrea Zanchin e Francesco Mulé per i reati di violenza ad inferiore aggravata in concorso formale (artt. 81 co. 1 c.p. e 195 e 47 n. 3 c.p.m.p.) e di percosse aggravate (artt. 222 e 47 c.p.m.p.) con riferimento a quanto accaduto sui due autobus che trasportavano le reclute dello scaglione 7/99 da Firenze a Pisa il 13 agosto 1999; per questi reati i caporali Emanuele Cinelli ed Ivan Mesiti furono condannati in via definitiva alla pena di mesi sei di reclusione, sospesa condizionalmente, dal GUP di La Spezia Marco De Paolis con la sentenza n. 245/2000, emessa l'8 agosto 2000 a seguito di giudizio abbreviato; il caporale Tatasciore venne condannato con sentenza del 8 febbraio 2001 n. 358/2000 per percosse aggravate dal GUP Marco de Paolis; furono, invece, archiviate le posizioni dei caporali Andrea Zanchin per violenza aggravata e Francesco Mulé per percosse, rispettivamente, con i decreti di archiviazione del 7 giugno 2000 e del 16 giugno 2000, entrambi a firma del dott. Marco De Paolis, G.I.P. presso il Tribunale Militare di La Spezia;
   3. procedimento n. 377/99 R.G.N.R. assegnato ai Dottori Enzo Iannelli e Giuliano Giambartolomei, Pubblici Ministeri presso il Tribunale di Pisa; si indagò contro ignoti per omicidio preterintenzionale (articolo 584 c.p.). In data 27 settembre 2001 il dott. Enzo Iannelli richiese l'archiviazione, che fu accolta con decreto del 2 novembre 2001 dal G.I.P. dott. Leonardo Degli'Innocenti;
   4. Del procedimento n. 1343/00 R.G.N.R. si è già scritto, venne assegnato al dott. Giuliano Giambartolomei, Pubblico Ministero presso il Tribunale di Pisa; si indagò contro Calogero Cirneco, Simone Pugliese, Gianluca De Silvestris Roberto De Martin per omicidio colposo (articolo 589 c.p.); il procedimento fu archiviato con ordinanza del 22 dicembre 2000 dal G.I.P. presso il Tribunale di Pisa, dott. Rinaldo Merani, con una motivazione che non tenne conto che alla Gamerra si erano già verificati gravi atti di nonnismo rilevati dalle stesse indagini del ‘99: «è innegabile che al momento in cui venne Pag. 30eseguito il contrappello e constatata l'assenza dello Scieri, nulla emerse oggettivamente da poter anche soltanto far ipotizzare che questi versasse all'interno della caserma in una situazione di pericolo; o comunque tale da rendere necessaria una immediata e collettiva mobilitazione finalizzata alla sua ricerca intra moenia: ciò risulta con chiarezza dalle deposizioni acquisite». La Commissione non condivide tale affermazione in quanto come si vedrà più avanti, alla caserma «Gamerra» i capi militari conoscevano il pericolo di nonnismo per i nuovi arrivati, tanto che, anche il 13 agosto 1999, il Colonnello Ratti diede ordine al sergente maggiore Simone Pugliese, di attenzionare le reclute; da quanto emerge dalle S.I.T. di alcuni escussi (un esempio per tutti Meucci) gli episodi di violenza in caserma colpivano anche per i nuovi arrivati. Non è altresì condivisibile l'affermazione del Procuratore riportata nella richiesta di archiviazione che «un intervento immediato volto alla ricerca dello Scieri all'interno della caserma» non lo avrebbe salvato dalla morte, in quanto l'indagine medico-legale dei consulenti del Pubblico Ministero ha optato per una breve sopravvivenza alla caduta nell'ordine di poche decine di minuti». I consulenti della famiglia hanno dimostrato che una così vasta perdita di sangue, oltre due litri, fuoriuscita dalla testa dello Scieri non si è potuta verificare in poco tempo e quindi se fosse stato cercato Scieri poteva essere soccorso e salvato.

6.5 Dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Pisa e del G.I.P. sulle indagini.

  Il Procuratore di Pisa dichiarò:
  «Mi arrendo. Del resto, ci sono anche i delitti perfetti, quelli che nessuno scopre. Perché scandalizzarsi ? La mia opinione è che questo sia un fatto di violenza andato oltre le intenzioni di chi lo ha posto in essere. Sono convinto che si tratti di un omicidio preterintenzionale, ma il colpevole, se c’è, ha il volto coperto».
  A proposito dell'allievo parà Stefano Viberti, il procuratore precisava come la sua figura fosse enigmatica e la sua deposizione presentasse stranezze, lacune e forti contraddizioni, ma non venne mai incriminato.
  L'ultimo pensiero del magistrato fu per l'opinione pubblica:
  «Sono consapevole che l'archiviazione dell'inchiesta non possa suscitare consensi nella pubblica opinione. Ma in un sistema giudiziario ci sta che un rebus non venga risolto».
  Il GIP della procura militare della Repubblica di La Spezia su questa storia scrisse:
  «Sono emersi elementi per affermare che la morte dello Scieri possa essere ricondotta nella forma dell'omicidio doloso o preterintenzionale alla responsabilità personale di determinati soggetti dei quali comunque non è stata possibile l'identificazione». Tesi in linea con la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura della Repubblica di Pisa.

Pag. 31

7 Elementi raccolti dalla Commissione sui Procedimenti penali e sullo svolgimento delle indagini.

7.1 I sopralluoghi e le testimonianze di Arilli – Pirina – Bellacima – Infantino.

  In data 17 gennaio 2017 sono stati ascoltati in audizione pubblica i carabinieri maresciallo Pierluigi Arilli e Alessandro Pirina, entrambi coinvolti nei sopralluoghi nelle fasi iniziali delle indagini.
  Dalle dichiarazioni rese dai due militari e dallo studio dei sopralluoghi effettuati dall'arma emergono rilevanti anomalie.
  Sin dai primi momenti il luogo del ritrovamento appare alquanto affollato.
  Il carabiniere Pirina racconta della presenza di almeno venti persone in uno spazio che definisce limitatissimo. Oltre a militari della «Gamerra», che secondo la ricostruzione di Pirina, costituivano più della metà del gruppo dei presenti, sul posto erano presenti tre nuclei diversi di carabinieri: i carabinieri insediati presso la caserma «Gamerra» con funzioni di polizia militare; i carabinieri del nucleo operativo radiomobile della Compagnia di Pisa; i carabinieri del nucleo operativo del Comando Provinciale di Pisa.
  Di questo ultimo gruppo faceva parte il marescaillo Arilli.
  Il Comando Provinciale di Pisa lo inviò sul luogo come puro osservatore, per constatare l'accaduto, infatti l'incarico formale delle indagini fu assegnato ai carabinieri del Comando Provinciale solo due giorni dopo. Nell'immediatezza dei fatti, invece, la responsabilità dei primi rilievi venne affidata al nucleo operativo radiomobile della compagnia di Pisa, cui si aggiunse il carabiniere Pirina, di servizio alla stazione cittadina, con funzione di addetto ai rilievi fotografici.
  Le operazioni di rilevamento presero avvio in assenza del PM (sia del Procuratore capo, Dottore Iannelli, sia del sostituto Procuratore, Dottore Giambartolomei).
  La recluta Bellacima Marco ha dichiarato alla Commissione di essere andato sul luogo dove è stato rinvenuto il corpo di Scieri e conferma che la scena del delitto venne modificata: «Stavano togliendo dei tavoli, degli armadietti che erano stati messi sopra».
  Infantino Francesco, caporale istruttore sentito a S.I.T. nel 13 marzo 2000, dichiara: «siamo andati subito sul posto insieme a coloro che ci avevano avvisati, io, il Tenente e Simula», «quando siamo arrivati sul posto vi era già un maresciallo che i ragazzi avevano avuto modo di avvertire prima di noi perché lo avevano incontrato lungo il viale. Gli allievi ci hanno mostrato l'esatto punto dove si trovava la persona sotto la scala metallica che risale dall'esterno la torre di prosciugamento dei paracadute. Abbiamo guardato tutti dal viale attraverso la lamiera che copre la vista del luogo.», «Nessuno di noi si è avvicinato oltre. Constatata l'effettiva presenza del cadavere il Tenente è andato subito a chiamare il Colonnello Ratti, questo è arrivato dopo dieci minuti da solo. Tutti gli altri siamo rimasti sul viale e abbiamo impedito l'accesso a tutti quelli che via via arrivavano. Poi è arrivato il Generale Celentano. Sono rimasto tutto il tempo fino alla Pag. 32rimozione del cadavere», «nelle prime battute, tra tutte le persone che ho visto sul posto, compreso il maresciallo che si trovava già prima di noi, l'unico che ho notato avvicinarsi al cadavere è stato il Colonnello Ratti. Subito appena mi sono affacciato alla parete di lamiera ho notato il corpo del ragazzo, gonfio, insanguinato, con una gamba su un tavolino e il marsupio sulla pancia.», «Solo dopo l'arrivo dell'ambulanza mi sono avvicinato insieme ad altri ragazzi. Quindi dopo l'arrivo dell'ambulanza ci siamo avvicinati perché chiamati ad aiutare gli addetti ai lavori a spostare dei materiali vicini al cadavere per agevolarne la rimozione.», «In quel frangente ricordo che il corpo del ragazzo era senza una scarpa che si trovava a qualche metro dal cadavere», «... insieme al Colonnello Ratti era presente anche l'ufficiale medico Tenente Adamo», «... lì la sera era un luogo buio, ... ci stanno i lampioni della strada ma non illuminano nemmeno tanto. È un luogo proprio buio, buio, ... è affianco della pizzeria, si si».

7.2 Contaminazione dei luoghi in sede di primi rilievi.

  Il Capitano Cataldo, componente del nucleo operativo radiomobile della compagnia dei Carabinieri di Pisa, intervenne nell'immediato per le attività di rilievo sui luoghi dove fu ritrovato il corpo di Emanuele. Era presente anche il maresciallo componente del Nucleo operativo presso il Comando Provinciale dei carabinieri di Pisa. Le responsabilità dei rilievi erano in capo al Capitano Cataldo.
  Il Nucleo operativo presso il Comando Provinciale dei carabinieri di Pisa fu delegato dal pubblico ministero ad espletare le indagini un paio di giorni dopo il ritrovamento del corpo dello Scieri.
  Più appropriato e coerente con le migliori misure investigative sarebbe stato chiedere immediatamente l'intervento del Reparto scientifico dei carabinieri, che fu invece richiesto tardivamente. In sede di audizione innanzi alla Commissione, Arilli dichiara che già ai tempi era operativo il nucleo dei RIS, che non fu però allertato, e conferma che le modalità del primo intervento furono poco ortodosse.
  Dal momento del rilascio della delega, il maresciallo Arilli ha ascoltato a S.I.T., insieme ad altri colleghi, persone informate, ha eseguito le intercettazioni, ha accompagnato il pubblico ministero, periti di parte per i rilievi tecnici sul luogo del fatto.
  Il maresciallo Arilli era quindi presente, nell'immediatezza sulla scena del fatto, innanzi al corpo dello Scieri, senza avere responsabilità rispetto alle attività di rilievo in quel momento.
  Secondo la testimonianza del maresciallo Arilli, il Capitano Cataldo ritenne importante  (20) risalire al numero telefonico dello Scieri quindi aprì il marsupio di Scieri e ne estrasse il telefonino per comporre il numero del cellulare maresciallo Arilli. A parere della Commissione si è trattato di una condotta inusuale e scorretta dal punto di vista investigativo. Come lo stesso maresciallo Arilli dichiara, nessun magistrato era ancora presente ai rilievi e vi fu senz'altro una carenza di coordinamento. Ogni attività di manipolazione della c.d. scena del crimine, come appunto aprire il marsupio, prendere il cellulare, prima ancora di aver Pag. 33predisposto i rilievi scientifici per la verifica di impronte o tracce ematiche ha contaminato irrimediabilmente i reperti. Va aggiunto che questa modalità di utilizzo del cellulare di Scieri non fu messa a verbale, ma il maresciallo Arilli, in Commissione, dichiara di averlo comunicato oralmente una decina di giorni dopo, nel corso dell'accertamento irripetibile sul telefono dello Scieri, disposto dal magistrato. Appare veramente strano ed inquietante che questa modalità di utilizzo del cellulare di Scieri dagli atti d'indagine, emerga solo un anno e mezzo dopo, da una informativa inviata dal comando Carabinieri alla Procura della Repubblica di Pisa con lettera 1019/143-1999 del 18/12/2000, dove non compare però alcun riferimento al Capitano Cataldo.
  Oltre ad utilizzare impropriamente il cellulare di Scieri, i carabinieri presenti sulla scena del fatto, la compromisero con altre modalità.
  Le foto agli atti mostrano che nel primo sopralluogo, mentre il corpo di Scieri giaceva lì, un carabiniere con divisa e stivali di ordinanza, cammina sui tavoli presenti ai piedi della scala, senza indossare calzari o altre protezioni. Ancor più significativo è l'intervento sulla scala effettuato dal carabiniere Pirina.
  All'epoca dei fatti il carabiniere Pirina, oggi appuntato scelto, fu chiamato ad effettuare i rilievi fotografici il 16 agosto del 1999, e gli fu ordinato dai suoi comandanti (21) presenti in luogo, di salire sulla scala metallica dalla quale sarebbe precipitato lo Scieri, per scattare delle foto dall'alto. Il Pirina, audito in Commissione, ha dichiarato di non aver utilizzato guanti e calzari specifici per effettuare i suoi rilievi. Prima che Pirina salisse sulla scala per effettuare i rilievi fotografici, nessuno accertò se su quella scala fossero presenti impronte digitali di terze persone. Ascoltato in audizione dalla Commissione, l'appuntato Pirina dichiara senza incertezze che gli fu subito evidente il carattere anomalo di questa procedura, al punto da fare presente la questione ai suoi superiori che, però, gli intimarono di procedere comunque. Interrogato dalla Commissione sulle possibili ragioni di questa scelta, l'appuntato Pirina afferma che i rilievi furono effettuati senza l'attrezzatura specifica perché – non è chiaro in base a quale valutazione – nell'immediatezza, la morte di Scieri faceva pensare subito a un suicidio.
  Un aspetto piuttosto oscuro della vicenda, che riguarda da vicino la figura dell'appuntato Pirina, è la presenza di tracce ematiche sui cerchi della scala metallica da cui si suppone sia precipitato Emanuele Scieri.
  Sulla questione delle tracce ematiche la Commissione si è soffermata a lungo. Dagli atti di indagine della Procura, in seguito all'esame del DNA, risulta che una traccia ematica apparteneva al carabiniere Pirina. Sollecitato dalla Commissione a rispondere su questo aspetto, l'appuntato Pirina dichiara che non si accorse assolutamente, in quel frangente, di essersi ferito e tantomeno di aver lasciato tracce di sangue sulla scala. Apprese di questo fatto solo mesi dopo, al momento in cui gli fu chiesto di effettuare l'esame del DNA salivare, per confrontare il suo DNA con quello ritrovato sulla scala. L'appuntato Pirina ha giustificato la stranezza della circostanza, assumendo che portando usualmente le unghie molto corte, andava Pag. 34abitualmente soggetto a piccole ferite alle dita. La Commissione rileva l'incongruenza della giustificazione dell'appuntato Pirina, confermata e sottolineata dallo stesso, con l'evidenza che la traccia di sangue rinvenuta sulla scala da cui si presume sia precipitato lo Scieri è stata, infatti, fotografata dallo stesso Pirina. Egli afferma inoltre di ricordare che si trattasse di sangue secco e non certo fresco.
  Sembra assurdo pensare che Pirina si sia ferito su quella scala senza accorgersene e poi abbia scattato la foto della prova. Nonostante queste incongruenze, il magistrato che archivierà le indagini nel 2001, scriverà a verbale che la traccia di sangue presente nelle foto (5 – 6) è attribuibile al carabiniere Pirina. Non si spiega inoltre la circostanza che sui cerchi della scala, i carabinieri rilevarono altre tracce ematiche delle quali non si trova agli atti nessun accertamento di compatibilità. A chi appartenevano queste tracce di sangue ? Erano di Scieri o di altre persone ?
  Comunque si voglia analizzare il fatto, sia che il sangue ritrovato appartenga realmente a Pirina, sia che la traccia ematiche gli sia stata erroneamente attribuita, è incontrovertibile il grave inquinamento della scena ed in particolare della scala, elemento fondamentale nel quadro della ricostruzione degli avvenimenti.
  Le audizioni disposte dalla Commissione convergono nel rilevare l'assenza del P.M. nel coordinamento del primo sopralluogo e nel definire del tutto insufficienti le precauzioni disposte, irregolare e deficitaria la procedura adottata ed incomprensibile il mancato intervento dei RIS.

8 Elementi raccolti dalla Commissione sul fenomeno del nonnismo nella Caserma «Gamerra» e connessione con la vicenda Scieri.

8.1 Indagine conoscitiva svolta nel 1999 dalla Commissione difesa sugli episodi di violenza e sulla qualità della vita nelle caserme delle Forze Armate

  L'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione Difesa sugli episodi di violenza e sulla qualità della vita nelle caserme delle Forze armate (documento finale approvato nella seduta del 16 febbraio 2000), aveva riscontrato molte criticità. Si legge nella relazione della Commissione difesa che il nonnismo è in primo luogo, un fenomeno di subcultura, che lede i diritti dell'individuo ed i valori della persona umana, rappresenta una vera e propria minaccia per i valori umani ed etici di una società che possa realmente definirsi democratica, costituisce un elemento di sovversione della stessa organizzazione delle Forze armate, minando la solidità dell'istituzione militare e alterando, in qualche misura, il sistema dei valori di riferimento dei giovani di leva. Esso tende infatti ad affiancare (o addirittura a sostituire) alla figura dell'ufficiale o del sottufficiale, quella del soldato anziano, che non ha alcun merito specifico, se non quello piuttosto casuale, dell'anzianità di servizio. La Commissione difesa, nel corso dell'indagine, ha pertanto potuto verificare che il «nonnismo» come pratica all'interno delle strutture militari, si manifesta sostanzialmente nelle seguenti modalità: esistenza di una gerarchia informale, basata sull'anzianità di Pag. 35servizio, che si sovrappone a quella ufficiale (tale gerarchia è generalmente più radicata quando esiste una netta distinzione tra scaglioni di arruolamento, meno radicata quando è basata su criteri di anzianità); creazione di un sistema di poteri per i militari più vicini al congedo (i cosiddetti «nonni») e di un meccanismo di obblighi, imposizioni e divieti a carico delle reclute che si trovano agli inizi del proprio servizio di leva; compimento di un complesso di atti di sopraffazione, di costrizione e, talvolta, di violenza a danno delle reclute «giovani», fino a giungere alla ritorsione a danno di coloro che non rispettano le regole dettate dai «soldati anziani». Pertanto, l'aspetto di maggior disvalore nel nonnismo si deve cogliere nella prevaricazione fondata sulla maggiore anzianità di servizio, che ispira il compimento di atti di violenza, minaccia o, comunque non qualificabili penalmente, realizzati, a danno di un soggetto più giovane, da militari di pari grado o anche di grado superiore. Definito in questi termini il fenomeno, la Commissione difesa ha ritenuto importante valutare anche i dati relativi alla sua effettiva estensione. Lo Stato Maggiore della Difesa, in tutto il 1998, registrò 268 casi di violenza qualificabili come episodi di «nonnismo». Tali episodi riguardarono 391 militari di leva, di cui 375 denunciati all'autorità giudiziaria e 307 puniti disciplinarmente. Si ricorda in proposito che i dati relativi agli anni 1995, 1996 e 1997, precedenti alle iniziative messe in opera dagli Stati maggiori delle Forze armate, riportarono rispettivamente 97, 85 e 99 casi denunciati. Per contro, considerando i dati definitivi del 1999, il computo complessivo si assesta su 122 casi (oltre il 50%in meno rispetto al 1998), coincisi con la denuncia all'autorità giudiziaria di 188 militari e la punizione di 109 militari. Da questi dati si può evincere una tendenza in regressione, anche considerato che per il 1998 l'azione di sensibilizzazione sembrerebbe aver condotto ad un notevole aumento del numero delle denunce: il dato relativo al 1999 sembra invece testimoniare una certa maggiore efficacia delle iniziative intraprese. Inoltre, sempre con riferimento al 1999, nel 46% dei casi rilevati si trattò di scherzo lieve, nel 9% di scherzo grave, nel 7% di violenza fisica lieve, nel 38% dei casi di violenza fisica grave. Gli autori di questi atti sono esclusivamente soldati o caporali o gradi equipollenti. Si evidenzia peraltro che la prevalenza di atti di nonnismo vede come autori militari con un basso livello di istruzione, tanto che nel 67,5% dei casi rilevati, tali atti sono state compiute da reclute con un titolo di studio non superiore alla licenza media.

8.2 Nonnismo nella caserma «Gamerra».

  Nel lavoro della Commissione di inchiesta per la morte di Emanuele Scieri, sin dall'inizio è apparso centrale l'approfondimento del tema del cosiddetto «nonnismo».
  Si tratta di un nodo verso il quale, all'epoca dei fatti, si orientarono subito, non solo la stampa e la famiglia di Scieri, ma anche l'indagine interna condotta nell'immediatezza dal Generale Antonelli, che infatti, vi dedica molto spazio, giungendo però a conclusioni che oggi, alla luce di quanto emerso, appaiono parziali.Pag. 36
  La Commissione ritiene che l'inchiesta svolta dalla Commissione abbia fatto nuova luce, non solo sul clima generale che regnava nella caserma «Gamerra» all'epoca dei fatti, ma anche, molto più in dettaglio, sulla natura delle pratiche, sul tipo di relazioni che venivano a stabilirsi fra «anziani» e reclute, sul ruolo dei caporali e sull'atteggiamento, sulla mentalità, sulle risposte date dai comandanti a livello di corpo e di brigata.
  Più in generale, l'approccio della Commissione è andato oltre la categoria del «nonnismo», con l'obiettivo di qualificare la disciplina all'interno della Folgore e della caserma «Gamerra», nella convinzione che proprio nelle falle e nelle distorsioni di questo sistema disciplinare si potessero rintracciare importanti elementi di responsabilità.
  Il lavoro della Commissione è stato esteso e l'elevato numero degli auditi ha permesso un incrocio di dati e di versioni che ha consentito di evidenziare episodi di reticenza e vere e proprie distorsioni dei fatti.
  È corretto rilevare anche che per alcuni militari il tempo decorso ha permesso una maggiore libertà di racconto, agevolato gli approfondimenti della Commissione, atteso che molti degli auditi hanno raccontato la vita militare ed i fatti allora accaduti senza alcun timore di subire pregiudizi (sanzioni disciplinari) o ritorsioni, contrariamente a quanto avvenne all'epoca in cui vi era una forte campagna mediatica e l'avvio incrociato di indagini interne e di quelle della Procura, produssero un diffuso atteggiamento di timore e cautela.
  In altre parole, alcuni auditi hanno mostrato, in sede di esame della Commissione, atteggiamenti di chiara apertura su questioni fondamentali per ricostruire la vita della caserma «Gamerra» all'epoca dei fatti, contrariamente a quanto avvenne all'epoca. Altri testi ascoltati dalla Commissione e che all'epoca negarono e ostinatamente minimizzavano il reale clima all'interno della caserma «Gamerra» hanno continuato a negare e ciò evidenzia il permanere di sacche di fortissima reticenza o addirittura di vera e propria omertà nelle versioni di alcuni degli auditi su questioni definitivamente accertate, che lasciano immaginare altre ben più significative omissioni.
  Le differenze nel descrivere l'atmosfera all'interno della caserma, nel valutare la rilevanza, la gravità dei comportamenti deviati all'interno del corpo, non riguardano solo i militari di leva.
  Anche tra i responsabili dei vertici militari la Commissione ha riscontrato diverse percezioni del fenomeno del «nonnismo» e nella concezione stessa del fenomeno.
  All'epoca dei fatti i militari sentiti furono concordi nel condannare ogni forma di prevaricazione e nell'attribuirsi meriti nell'aver contrastato il fenomeno e perseguito i responsabili, ogni qualvolta fosse emerso un episodio. Tuttavia i verbali delle audizioni mostrano con chiarezza un quadro molto più variegato, che va dalla sincera convinzione che il nonnismo fosse una pratica diffusa e del tutto sbagliata – con il termine usato da uno dei comandanti una «parzializzazione» dell'autorità dello Stato da sanzionare con estremo rigore – ad atteggiamenti del tutto opposti: per esempio la negazione – tanto categorica quanto inverosimile – della visibilità o dell'esistenza stessa del fenomeno, o addirittura la sua «positività».Pag. 37
  A dispetto di quanto emerse all'epoca, anche dalle dichiarazioni rese sui giornali, alcune audizioni mettono in evidenza, senza ombra di dubbio, che anche tra i vertici della brigata c'era chi ben conoscendo le molte e variegate pratiche di prevaricazione in uso, su cui si tornerà nel seguito, le considerava un fatto non solo connaturato al mondo militare, ma addirittura una prerogativa della Folgore, particolarmente «formativa», in quanto tassello fondamentale di quell'irrobustimento del corpo e soprattutto del carattere che doveva contraddistinguere gli allievi paracadutisti.
  Il quadro delle dinamiche all'interno della Caserma all'epoca della morte di Emanuele Scieri, così come ricostruito all'inchiesta della Commissione, ha messo in evidenza due aspetti diversi e complementari del problema della disciplina: da un lato una altissima, sorprendente tolleranza di comportamenti nettamente in contrasto con i regolamenti militari vigenti, il carattere diffuso e noto di comportamenti trasgressivi; dall'altro l'esistenza di una sorta di «disciplina parallela», legata non ai regolamenti formali ma ai concetti di «consuetudine» e «tradizione». Una sorta di regolamento non scritto, che normando la relazione gerarchica fra i militari si trasmetteva in modo informale e definiva codici di comportamento reciproco e libertà d'azione degli allievi. Su questo secondo punto, che attiene in modo più stretto all'idea comune di nonnismo, la Commissione ha accertato che, non solo Emanuele Scieri ebbe modo di constatare personalmente sin dal suo viaggio in pullman verso la Folgore, l'atteggiamento intimidatorio e violento dei caporali, ma che nella «Gamerra» erano in uso pratiche che andavano dalle così dette «pompate», flessioni che i giovani allievi dovevano compiere praticamente ad ogni passo e che potevano corredarsi di pugni e calci sui dorsali e sui fianchi, ma anche di frequenti incursioni notturne nelle camerate e pratiche più umilianti come il juke box, che consisteva nel chiudere il malcapitato in un armadio e introdurre monetine obbligandolo a cantare, o dolorose, come la saponetta, che consisteva nel percuotere il soggetto con una saponetta infilata in un calzino, o disgustose e raccapriccianti come la cosiddetta «comunione» che consisteva nel fare odorare o addirittura assumere un composto maleodorante a base di escrementi umani. La maggior parte dei militari subiva queste pratiche in silenzio, ritenendole un aspetto inevitabile del rapporto fra anziani e nuovi arrivati: il codice informale prevedeva un momento di riscatto finale in cui all'anziano veniva restituito, senza limiti, quanto subìto: era la cosiddetta «sporca». Vi erano casi in cui questo momento di risarcimento era particolarmente duro.
  Appresso si riportano le dichiarazioni di alcuni commilitoni rese all'epoca in sede di S.I.T.:
   Fontani Lorenzo – S.I.T. del 23 marzo 2000 rese ai CC – stazione di Marina di Massa: «era molto marcata la differenza tra recluta e superiore inteso come collega più anziano.», «quest'ultimo non mancava occasione per sottolineare la differenza di anzianità usando metodi a volte violenti.», «in una occasione, avvenuta proprio la stessa sera del mio arrivo a Pisa all'interno dello spaccio militare, ho assistito ad uno scontro fisico tra un collega più anziano in gergo detto “nonno” e un mio collega di scaglione. il primo in qualche Pag. 38maniera offendeva il secondo con termini di tipo razzista considerata la sua provenienza dal nord Italia. il secondo, non accettando la forma di sottomissione cui veniva invitato, rispondeva facendo valere i suoi diritti di comune essere umano. il “nonno” di tutta risposta evidenziava alla recluta quelle che erano le regole ufficiose della caserma secondo cui ciò che diceva il più anziano, ancorché privo di senso e ritenuto sbagliato dalla maggior parte di individui, rappresentava la legge, da tale discussione ne nacque una rissa che coinvolse più militari schierati dalle due parti. l'anziano si impossessò nell'occasione di una stecca da biliardo che tentò di usare per colpire la recluta.» «la cosa che mi lascia ancora stupito, è il fatto che il comportamento prevaricatore ed arrogante tenuto da quasi tutti i superiori, era considerato lecito. ho potuto intuire che secondo i superiori, il fatto di avere un comportamento duro, entrasse nel loro scopo di farci diventare parà. più duri e meno umani ci si dimostrava e meglio era per noi.».
  Meucci Alessandro, caporale in ferma volontaria di 3 anni: «... nell'ambito della 3a compagnia sono stato assegnato alla specialità “ripiegatori”», «la stessa sera del nostro arrivo, dopo il contrappello e dopo essere andati a letto, è venuto nella nostra camerata il caporale Panella che dormiva nella stanza affianco alla mia. è venuto solo e con tono minaccioso ha detto che dovevamo dormire solo dopo che si addormentavano gli anziani. abbiamo scambiato l'appunto per una battuta. lui è passato alle vie di fatto. dopo il contrappello, fino alle quattro del mattino circa, ci ha impedito di addormentarci ordinandoci di fare flessioni e dandoci qualche schiaffo», «tutti i componenti della mia camerata hanno subito tali atti», «di seguito, tutti i giorni, prevalentemente la notte, prima dell'alzabandiera... e, dopo il contrappello il Panella, insieme al caporale Antico, costantemente ci ordinava di andare a terra e di fare le flessioni...», «... ricevevamo dai due caporali pugni sui muscoli dorsali, cosiddetta bicicletta che consiste nel dare una serie di pugni in rapida successione con entrambe le mani, nonché botte a mano aperta sulle spalle», «... verso fine giugno, un pomeriggio a me e ad un altro militare che mi pare si chiami del rosso... che dorme nella camerata a fianco, i caporali antico (antico appartiene allo scaglione 11/98 lo scaglione che Ioanna – paracadutista addetto al casermaggio – ha sostenuto in Commissione essere il più violento) Panella ed un terzo che non ricordo, ci hanno tappato la bocca con le mani e ci hanno fatto odorare il contenuto di una bottiglietta che emetteva una sostanza molto maleodorante, a seguito del quale abbiamo vomitato...», (si tratta della famosa comunione – un intruglio di escrementi umani, atto di nonnismo ammesso anche dal Generale Celentano durante la sua audizione in Commissione) «circa un mese fa ero in bagno intento a parlare al telefono con la mia ragazza... è arrivato il caporale Panella ed ha iniziato ad urlare intimandomi di interrompere la comunicazione... lo ho allontanato con una leggera spinta, lui mi ha detto che ci saremmo rivisti in bagno dopo il contrappello», «in effetti dopo il contrappello, io mi ero appena coricato, quando è arrivato il Panella che brandiva un tubo di ferro lungo circa 60 centimetri sbattendolo sulla mia branda intimandomi di raggiungerlo in bagno. Io l'ho seguito e lui mi appoggiava il tubo sulla tempia e sulle gambe e mi diceva – fallo adesso lo scemo, non sai che ci vuole rispetto per l'anzianità ? erano presenti i caporali Gianfrante, Pag. 39Zabara e Antico», «. della situazione si è accorto il caporal maggiore Ara il quale mi ha detto – se non c'ero io questi ti potevano pure ammazzare poiché sono di leva e non glie ne frega niente !

  Al di là del quadro generale disegnato dall'insieme delle audizioni, che fornisce una impalcatura di solidi riscontri, alcuni episodi correlati a questa distorta concezione della disciplina, forniscono elementi puntuali, nuovi, che potranno essere approfonditi dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pisa. Inquietanti elementi di negligenza sono emersi nella stesura dei rapportini interni o nel passaggio delle consegne tra i piantoni, che spesso tralasciano inspiegabilmente dati importanti.
  Nel corso delle audizioni effettuate dalla Commissione, molti militari in servizio presso la caserma «Gamerra» di Pisa negli anni in cui è avvenuta la morte del militare Scieri, hanno descritto un quadro assai grave. È emerso chiaramente che il fenomeno del nonnismo fosse, almeno in quella struttura, generalizzato, ampiamente diffuso e considerato come una vera e propria consuetudine.
  Il lavoro puntuale e metodico della Commissione ha fatto emergere, oltre al dato oggettivo, anche quello soggettivo e, in particolare, le diverse reazioni emotive che tali pratiche hanno determinato.
  Si sono registrate due categorie di vittime: quelle con un carattere più propenso ad accettare la violenza, che hanno vissuto il nonnismo quasi come un fisiologico rituale di passaggio, e quelle che, avendo una diversa sensibilità culturale, hanno molto sofferto le vessazioni subite, riportando talvolta traumi le cui conseguenze sono tuttora presenti.
  Un'ulteriore distinzione può essere fatta con riferimento alla tipologia di atti nonnismo subiti. Mentre, infatti, alcune vittime hanno riferito di aver subito prevaricazioni lievi, altri hanno dichiarato di essere stati coinvolti in episodi ben più gravi.
  La Commissione ha accertato che il fenomeno del nonnismo, lungi dall'essere rimesso al mero arbitrio di coloro che lo praticavano, era una pratica estremamente codificata, con precise regole da tutti considerate obbligatorie e vincolanti. Si è riscontrato un elevatissimo livello di tipizzazione, sia delle situazioni che consentivano o meno il ricorso al nonnismo, sia dei singoli atti di prevaricazione a cui venivano sottoposte le vittime.
  Il militare Manuel Moltoni del secondo scaglione di leva del 1999, audito dalla Commissione il 31 gennaio 2017, ha riferito che le reclute, fintanto che non avessero maturato un'anzianità di almeno due mesi (uno di CAR a Firenze ed uno di addestramento ai lanci a Pisa), non potevano essere oggetto di atti di nonnismo da parte di nessuno. Quanto riferito da Moltoni, sebbene non possa essere del tutto smentito, contrasta con quanto accaduto allo scaglione di leva di Scieri, che dopo un solo mese di servizio militare al CAR di Firenze subì un grave atto di nonnismo durante il trasporto da Firenze e Pisa.
  Il militare di carriera Raffaele Capoferro presso la «Gamerra» nell'anno 1991, tuttora in servizio, audito dalla Commissione il 31 gennaio 2017, ha dichiarato che la vita di caserma degli ufficiali era separata da quella dei sottufficiali e, di conseguenza, ogni gruppo non interferiva negli atti di nonnismo praticati dall'altro. Ha riferito, tra Pag. 40le altre cose, di aver subito un atto di nonnismo chiamato «comunione», consistente nell'ingurgitare un liquido disgustoso composto con elementi di diversa provenienza (altri militari, tra cui lo stesso Gen. Celentano, hanno affermato che poteva trattarsi anche di escrementi umani). Ha dichiarato che, se un superiore gettava il proprio basco vicino ad un sottoposto, quest'ultimo avrebbe dovuto raccoglierlo con la bocca e, prima di rialzarsi per restituirglielo, avrebbe dovuto fare un certo numero di flessioni, comunemente dette «pompaggi». Il militare Capoferro rientra nella prima categorie di vittime descritte poc'anzi, avendo dichiarato apertamente di aver vissuto questi episodi come se si trattasse di «goliardia tra amici» e di aver partecipato a tali pratiche di sua spontanea volontà.
  Il militare Fabio Carramelo del secondo scaglione di leva del 1999, audito dalla Commissione il 13 luglio 2016, ha riferito che la sera dentro le camerate alcuni militari anziani facevano fare a lui ed alle altre reclute flessioni anche per un'ora di seguito, fino a che «non si sfinivano». Caramello ha precisato di non aver considerato, e di non considerare tuttora, quegli atti come espressione di violenza.
  Il militare Davide Miazzi del terzo scaglione di leva del 1999, audito in Commissione il 13 luglio 2016, ha dichiarato di aver avvertito un «clima di nonnismo» all'interno della caserma «Gamerra» e che alcune volte si è rifiutato di subire prevaricazioni. A precisa domanda della Commissione Miazzi ha risposto di aver sentito dire che qualche militare fosse stato punito per non essersi sottomesso al tentativo di violenza subito.
  Il militare di carriera Gianluca De Silvestris, tuttora in servizio, audito dalla Commissione il 06 luglio 2016, ha dichiarato di aver preso parte ad una «sporca», consistente restituire a chi stava per congedarsi tutto ciò che il militare aveva prima subito nella sua permanenza alla «Gamerra» e un certo numero di flessioni mentre altri soldati lo colpivano con pugni sui dorsali (e, come riferito da altri militari, anche da calci). La particolarità di questa pratica era che poteva partecipare chiunque avesse subito dal congedando atti di prevaricazione, trattandosi di una sorta di occasione legalizzata di vendetta personale. De Silvestris ha anche affermato di aver assistito al «juke boxe», pratica in cui un militare veniva chiuso in un armadietto e, ogni volta che qualcuno inseriva dalla fessura una moneta, era costretto a cantare la canzone richiesta.
  Il militare Loreno Fontani, arrivato alla «Gamerra» nel marzo ’99 e audito dalla Commissione il 28 giugno 2016, fornisce la prova che gli atti di nonnismo coinvolgevano anche le giovani reclute arrivate in caserma. Fontani inoltre conferma che la posizione della «sfinge» era stata applicata anche durante altri trasferimenti in pullman da Firenze a Pisa. Il militare Fontani ha riferito che, nel suo corso, dopo il CAR, arrivarono a Pisa alle dieci del mattino circa e furono obbligati a stare sull'attenti senza bere e mangiare fino a che, arrivata la sera, non li assegnarono nelle camerate.
  Per dare un'idea di quale fosse il clima all'interno della caserma «Gamerra», il militare Fontani ha aggiunto che la stessa sera del suo arrivo, non potendo più cenare in mensa a causa dell'ora tarda, si recò Pag. 41con altri commilitoni presso lo spaccio per acquistare qualcosa da mangiare. Giunti allo spacciò furono accolti da alcuni «anziani», che rivolsero loro insulti razzisti: si scatenò una rissa in cui vennero utilizzate perfino stecche da biliardo.
  Essendo egli un fante destinato ai paracadutisti per errore, non aveva intenzione di frequentare il corso di paracadutismo, temendo che ciò avrebbe potuto rendere definitiva la sua destinazione. Tale rifiuto fu considerato dai superiori come un atto di vigliaccheria e che, per punizione, venne obbligato a svolgere all'interno della caserma i lavori più umilianti. Egli ha dichiarato che all'interno della caserma «Gamerra» veniva esercitata sulle reclute violenza sia fisica che psicologica, il tutto con il tacito beneplacito dei superiori.
  Il militare Paolo Venuti, in servizio di leva presso la caserma «Gamerra» nel 1999, audito dalla Commissione il 06 luglio 2016, ha riferito che il caporale Alessandro Panella era solito spegnere candele sulla schiena e sul torace del militare Jonny Buttazzoni. Ha dichiarato inoltre di aver assistito alla «sporca» del caporale Panella, che fu colpito duramente da cinque/sei persone che aveva particolarmente vessato durante la sua permanenza presso la caserma «Gamerra». H dichiarato di aver assistito ad un atto di nonnismo detto «saponetta» praticato da alcuni anziani nei confronti del militare Stefano Viberti, che, tra l'altro, fu l'ultima persona a vedere in vita Emanuele Scieri la sera del 13 agosto 1999. La «saponetta» consisteva nell'immobilizzare il malcapitato con una coperta, mentre gli assalitori lo colpivano sul torace, sulle gambe e sulle braccia con dei calzini al cui interno erano state inserite delle saponette.
  Altri militari hanno dichiarato che esistevano anche alcuni atti di nonnismo meno gravi.
  Il militare Alex Ghibaudo, in servizio di leva presso la caserma «Gamerra» nel 1999, audito dalla Commissione il 22 settembre 2016, ha raccontato del «block», consistente nel dover restare immobili fino a quando l'anziano che lo aveva ordinato non avesse consentito alla vittima di muoversi liberamente.
  Il militare Giuseppe Marroccoli, in servizio di leva presso la caserma «Gamerra» nel 1999, audito dalla Commissione il 14 luglio 2016, ha riferito che, oltre agli episodi più gravi, esisteva un complesso di atti di nonnismo meno gravi, da lui definiti di «gerarchia non ufficiale» e consistenti in piccole vessazioni quotidiane. Egli ha riferito che «l'ultimo arrivato fa i lavori un po’ più pesanti, più scoccianti, più sconvenienti, se c’è la fila si mette per ultimo, non si può vestire in un determinato modo, deve tenere i capelli corti, non può comprare la borsa dei paracadutisti, queste cose qui, insomma».
  Il militare Stefano Ioanna, in servizio di leva presso la caserma «Gamerra» nel 1999, audito dalla Commissione il 20 ottobre 2016, ha riferito che le persone a cui ha visto imporre il maggior numero di atti di nonnismo erano il caporale Alessandro Panella ed un «anziano» di Rimini, di cui non ricordava il nome e che poi si rivelerà essere Ceci Daniele. Ha dichiarato di aver partecipato alla «sporca» di Panella quando quest'ultimo si è congedato e di aver sfruttato l'occasione per vendicarsi di tutte le angherie subite durante il periodo in cui ha prestato servizio militare.Pag. 42
  Il militare Sebastiano Giordano, in servizio presso la caserma «Gamerra» nel 1999, audito dalla Commissione il 06 ottobre 2016, ha riferito che colui che non si sottometteva agli atti di prevaricazione da parte degli anziani veniva chiamato «cane morto» ed emarginato dal gruppo di appartenenza. Ha dichiarato che lo scopo dei superiori era quello di tenere le reclute sempre in uno stato di «pressione psicologica», obbligandoli, per esempio, a tenere spento il ventilatore anche ad agosto, quando le temperature erano superiori a 30 gradi.
  Il militare di carriera Francesco Infantino, tuttora in servizio, in servizio presso la caserma «Gamerra» nel 1999, audito dalla Commissione il 13 ottobre 2016, ha riferito che gli atti di nonnismo di solito erano commessi da militari di leva nei confronti di altri militari di leva, in quanto chi aveva interesse a restare nell'esercito non avrebbe rischiato di perdere il «posto di lavoro». Questa affermazione contrasta con quanto dichiarato da altri militari, ossia che il nonnismo era praticato anche tra i militari di carriera.
  Il militare Christian Ercolani, in servizio presso la caserma «Gamerra» nel 1999, audito dalla Commissione il 28 settembre 2016, ha dichiarato che dopo la morte di Scieri fu istituito un numero verde che le vittime di atti nonnismo potevano chiamare per denunciare le violenze subite.
  Avendo acquisito tutti gli atti dei procedimenti (amministrativo, penale ordinario e penale militare) relativi alla morte di Scieri, la Commissione ha constatato che diversi militari avevano denunciato che all'interno della caserma «Gamerra» venivano commessi atti nonnismo anche molto gravi.
  Il militare Massimiliano Carlucci, in servizio di leva presso la caserma «Gamerra» nel 1999, assunto a sommarie informazioni testimoniali il 06 settembre 1999, ha dichiarato che durante il trasporto da Firenze a Pisa fu oggetto di un atto di nonnismo detto il «battesimo». Gli furono strappate le mostrine, la cui parte in velcro gli fu sfregata con forza sul viso, e successivamente venne colpito con due violenti pugni sullo sterno. A causa dell'ansia e della paura che tale episodio gli procurò, si recò in infermeria per ricevere delle cure mediche e chiese all'ufficiale medico di non essere rimandato in compagnia, temendo di essere oggetto di altre prevaricazioni.
  Il militare Andrea Catarcia, in servizio di leva presso la caserma «Gamerra» nel 1999, il 24 luglio 1999 ha denunciato alla polizia giudiziaria che una sera, alle ore 23:30 circa, mentre si trovava in camerata con alcuni commilitoni, due anziani lo obbligarono a fare delle flessioni e che, una volta a terra, lo colpirono al costato con calci e pugni.
  Il militare Gianfranco De Paolis, in servizio presso la caserma «Gamerra» nel 1999, assunto a sommarie informazioni testimoniali il 11 aprile 2000, ha dichiarato di aver subito l'incendio del materasso, aggressioni mentre si trovava nei servizi igienici e diversi atti di disturbo durante la notte; alcuni anziani si avvicinarono alla sua branda mentre tenevano in mano delle candele accese.Pag. 43
  Altri episodi, senza dubbio più gravi sono stati riferiti dal militare Alessandro Meucci, appartenente allo scaglione 2/99 che, assunto durante le indagini – il 24 agosto 1999 – ha dichiarato di essere stato a lungo e violentemente vessato dal caporale Alessandro Panella e da altri caporali della prima compagnia (la stessa a cui era stato assegnato Scieri). Il militare Meucci ha riferito che la stessa sera del suo arrivo presso la caserma «Gamerra» il caporale Panella si recò nella sua camerata ed ordinò a tutte le reclute di non prendere sonno fino a quando non lo avessero fatto gli anziani. Per fare ciò, il caporale Panella fino alle quattro del mattino diede calci alle brande, schiaffeggiò qualcuno dei presenti e ordinò a più riprese di fare delle flessioni.
  Da quel giorno, il caporale Panella ed il caporale Antico ordinarono quotidianamente alle reclute di fare dalle cento alle centocinquanta flessioni, che dovevano essere eseguite senza interruzione. Quando qualcuno si fermava a causa della stanchezza, i due caporali lo colpivano con pugni sui dorsali.
  In un'occasione il caporale Panella, il caporale Antico ed un terzo individuo, di cui il militare Meucci non ha saputo fornire il nome, tapparono la bocca a lui e ad un altro commilitone e gli fecero odorare un liquido maleodorante, che causò loro il vomito; il tutto mentre gli autori della violenza ridevano soddisfatti.
  Il militare Meucci ha, inoltre, dichiarato che intorno alla metà di luglio 1999, mentre si trovava in bagno per telefonare alla propria fidanzata, fu raggiunto dal caporale Panella, il quale, spingendolo e urlando, gli ordinò di interrompere la conversazione. Non avendo acconsentito il Panella, dopo il contrappello lo raggiunse in camerata, brandendo un tubo di metallo della lunghezza di circa 60 cm ed ordinandogli di seguirlo in bagno. Raggiunto il locale dei servizi igienici, il militare Panella appoggiò il tubo metallico sulla testa e tra le gambe del militare Meucci, proferendo minacce nei suoi confronti. Alla scena assistevano compiaciuti anche i caporali Antico, Zabara e Gianfrate. Fortunatamente intervenne il caporal maggiore Ara, che interruppe l'aggressione e consentì al militare Meucci di tornare incolume in camerata. In tale occasione, il caporal maggiore Ara disse al militare Meucci di evitare quel gruppo di caporali, che, essendo di leva e non avendo interesse a rimanere nell'esercito, avrebbe anche potuto ucciderlo.
  Il militare Meucci ha riferito di aver subito anche altre violenze dal caporale Panella e che la pressione psicologica a cui fu sottoposto fu tale da pensare di disertare o, peggio, di uccidersi pur di non restare in caserma.
  Il militare di carriera Luca Volpe, in servizio presso la caserma «Gamerra» nel 1999, assunto a sommarie informazioni testimoniali il 25 marzo 2000, ha dichiarato di aver subito diversi atti di prevaricazione da molti anziani, consistenti, prevalentemente, nel fare flessioni mentre veniva colpito con pugni al costato e schiaffi sulla schiena.
  Il militare di carriera Simone Gianfrancesco, in servizio presso la caserma «Gamerra» nel 1999, assunto a sommarie informazioni testimoniali in data 08 marzo 2000, ha dichiarato che dopo la morte Pag. 44di Scieri molti militari temevano per la propria incolumità. Per tale motivo, il Colonnello Ratti durante una riunione raccomandò alle reclute di non muoversi mai da sole e potenziò il servizio di piantoni notturni, affiancando loro un caporale istruttore.

8.3 Gli atti di nonnismo subiti dalle reclute dello stesso scaglione di Scieri durante il trasporto in pullman.

  Nel contesto descritto nel paragrafo precedente si inseriscono perfettamente le violenze subite da Scieri e dai suoi commilitoni del settimo scaglione di leva 1999, i quali, prima ancora di raggiungere la caserma «Gamerra», subirono le prevaricazioni poste in essere da alcuni caporali (22) incaricati del loro trasferimento da Firenze a Pisa..

8.3.1 Violenza fisica.

  La recluta Ferilli Ernesto ha rilasciato le seguenti dichiarazioni in sede di S.I.T. rese in data 20 agosto 1999 ai Carabinieri di Pisa:
  «... subito dopo è entrato il caporale Mesiti nel pullman il quale ci ha detto di guardare avanti con la schiena staccata dallo schienale... ad un certo punto un caporale... ha fatto il battesimo a uno che mi stava davanti, il sedile a momenti si rompeva... lo ha... fino a spezzargli la gabbia toracica... a me sembrava che gli stesse spezzando la gabbia toracica».
  Sempre in sede di S.I.T. rese in data 09 settembre 1999 Ferilli ha dichiarato:
  «... il militare che conduceva il camion delle valigie che prima di partire salendo sul pullman effettuò a Palatresi il battesimo e che cercò di farlo anche al soldato Ricciuti, cosa che non ebbe il tempo di fare perché il pullman stava per partire e anche perché il Ricciuti gli disse: “provaci un po’”».

8.3.2 Posizione della «Sfinge».

  Il militare Marco Bellacima, audito dalla Commissione il 17 maggio 2016, ha confermato che alcuni caporali ordinarono alle reclute di mantenere la posizione della «sfinge». Questo comportamento innescava un commento da parte di Emanuele Scieri. Bellacima infatti, dichiara in Commissione che lo Scieri disse: «Queste sono le cose de paracadutisti». È verosimile che i caporali abbiano sentito o abbiano avuto riferita questa frase. Spesso basta uno sguardo o una battuta per provocare reazioni.
  Il militare Andrea Trombetta, audito dalla Commissione il 13 luglio 2016, ha riferito che sul pullman su cui viaggiavano «faceva molto caldo e loro (i caporali), come per dispetto, non aprirono i finestrini e ovviamente non c'era nemmeno l'aria condizionata».Pag. 45
  Il militare Emiliano Palatresi, audito dalla Commissione il 24 maggio 2016, ha riferito che uno dei caporali che li accompagnava gli fece il «battesimo», consistente nello strappargli le mostrine, la cui parte in velcro gli fu sfregata in faccia, e nel colpirlo con due pugni al petto in rapida successione.
  Il militare Palatresi ha dichiarato, inoltre, di non essere stato l'unico ad aver subito il «battesimo», ma che, lui compreso, nessuno protestò per l'accaduto.
  Il militare Luca Valentini, audito dalla Commissione il 07 giugno 2016, ha riferito che durante il viaggio alcuni caporali imposero alle reclute di mantenere la posizione della «sfinge», consistente nello stare seduti con la schiena dritta e staccata dal sedile, con le mani a paletta sulle cosce, con lo sguardo fisso in avanti e il basco in testa. Il militare Valentini ha dichiarato che l'esperienza, per quanto possibile, fu resa ancora più traumatica, in quanto, nonostante fosse agosto, fu acceso il riscaldamento e tutti i finestrini del pullman furono tenuti chiusi. Anche il militare Valentini ha riferito di aver subito il «battesimo» e, come lui, molti altri.
  Il militare Marco Ravasi, audito dalla Commissione il 27 giugno 2016, ha riferito che il viaggio da Firenze a Pisa fu «traumatico», in quanto le reclute furono obbligate a mantenere la posizione della «sfinge» mentre la temperatura all'interno del pullman era altissima.
  Il militare Michele Mastrini, audito dalla Commissione il 19 maggio 2016, ha confermato che durante il viaggio da Firenze a Pisa alle reclute fu imposto di mantenere la posizione della «sfinge» e che all'interno del pullman «c'era molto caldo e infatti i finestrini erano chiusi».
  Anche il militare Mirko Cafaro, audito dalla Commissione il 15 giugno 2016, ha confermato quanto dichiarato dai suoi ex commilitoni.
  Particolare efficacia descrittiva dell'accaduto ha la dichiarazione del militare Stefano Vigneri, audito dalla Commissione il 12 maggio 2016, che ha riferito: «mentre il Tenente era sotto che gestiva le pratiche di registrazione, probabilmente del personale o parlava comunque con qualcun altro nell'ufficio, questi caporali hanno iniziato ad avere dei toni chiaramente più severi: a farci mettere seduti, a strillare, a dire che non dovevamo assolutamente parlare tra di noi. Noi, visto l'enorme caldo, eravamo vestiti con la mimetica ma con la maglietta verde, quella da sotto mimetica perché dentro la caserma tutto l'addestramento l'abbiamo fatto in maglietta e non in mimetica. Ci hanno fatto indossare il sopra della mimetica e il basco in testa. Il basco è di lana quindi il 13 agosto dentro un pullman, finestrini chiusi e la sensazione era che ci fosse l'aria condizionata calda accesa perché dai bocchettoni usciva l'aria calda. Silenzio, non dovevamo parlare tra di noi, non dovevamo guardare fuori dal finestrino, dovevamo guardare lo schienale davanti a noi, avere una posizione eretta, quindi con la schiena dritta, staccata dallo schienale del sedile e le mani poggiate sulle gambe».
  Il militare Stefano Cristofaro, audito dalla Commissione il 14 giugno 2016, ha confermato quanto riferito dai suoi ex commilitoni, così come i militari Simone Marras, Daniele Gelli, Carlos Picelli, Pag. 46Domenico Scurti, Marco Parodi, Adriano Fidaleo, Ivani Corvi e Ernesto Ferrilli, audito dalla Commissione, rispettivamente, il 18 maggio 2016, il militare Daniele Gelli, audito dalla Commissione il 28 settembre 2016, il 19 ottobre 2016, l'08 giugno 2016, il 07 luglio 2016, il 18 gennaio 2016, il 18 gennaio 2016 e il 25 gennaio 2017.
  Tali atti di prevaricazione, probabilmente a causa dell'attenzione mediatica attirata dalla morte di Scieri, sono stati perseguiti soltanto dopo il 13.08.1999 e sanzionati dalla magistratura militare, competente ad occuparsi di questo tipo di reati.
  Non risulta, infatti, che siano stati puniti gli altri autori di atti simili, che, da quanto emerso dal lavoro della Commissione, si verificavano ad ogni trasferimento di un nuovo scaglione di leva da Firenze e Pisa.
  Furono ritenuti responsabili per le vessazioni subite dalle reclute del settimo scaglione di leva del 1999 quattro caporali (23) che furono condannati in via definitiva alla pena di mesi sei di reclusione, sospesa condizionalmente, dal Tribunale Militare di La Spezia.
  L'aspetto singolare di questa vicenda è che gli autori delle suddette violenze, nonostante fossero stati destinatari di provvedimenti definitivi di condanna (o a essi parificati quanto agli effetti), durante la loro audizione innanzi alla Commissione, Cinelli e Mesiti hanno assunto un atteggiamento teso a minimizzare l'accaduto, che a tratti è parso perfino reticente.
  Il caporale Emanuele Cinelli, audito dalla Commissione il 26 ottobre 2016 e il 07 novembre 2016, ha mestamente riconosciuto di aver commesso i fatti per cui fu condannato.
  Il caporale Ivan Mesiti, invece, audito dalla Commissione il 09 novembre 2016, ha declinato ogni responsabilità, affermando di essere stato coinvolto ingiustamente. Quanto dichiarato dal caporale Mesiti contrasta con le dichiarazioni delle reclute del settimo scaglione del 1999 (raccolte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale Militare di La Spezia), da cui emergeva in modo netto la sua penale responsabilità per i reati ascrittigli.
  La Commissione non ha potuto audire il caporale Simone Tatasciore, che risiede stabilmente in Australia. Lo stesso vale per il caporale Alessandro Panella, che risiede stabilmente negli Stati Uniti d'America.

9 Elementi raccolti dalla Commissione sul rispetto delle regole all'interno della Caserma «Gamerra».

9.1 Brevi premesse.

  Un aspetto molto importante legato a ciò che è accaduto a Emanuele riguarda l'esistenza di un regolamento «informale» degli spazi interni alla caserma.
  Vi era in particolare un luogo che era interdetto alle reclute; uno spazio presidiato dagli anziani che lo utilizzavano ampiamente come oasi di relax e di svago. Si trattava era l'area del casermaggio (dentro Pag. 47al quale gli anziani disponevano addirittura di televisore e consolle per videogiochi).
  Le testimonianze rese evidenziano come il fatto fosse noto ai comandanti e tollerato.
  E questo ci porta ad un elemento cruciale di quanto emerso dal lavoro della Commissione: la debole applicazione dei regolamenti ufficiali.
  Su questo piano, al di là dell'aspetto dell'ordinarietà dei mancati rientri dalle licenze, che emerse subito e fu in qualche modo usato per giustificare il non avvio delle ricerche di Emanuele Scieri, assente al contrappello serale, altri fatti di grande rilievo sono stati accertati dalla Commissione:
  la «permeabilità» delle mura della caserma «Gamerra», sia in entrata che in uscita;
  l'abitudine dei militari a riuscire dalla caserma dopo il contrappello, ma anche l'abitudine a rientrare in caserma durante le licenze, con il risultato della presenza all'interno della caserma di militari formalmente assenti;
  la circolazione di droga e l'abitudine di molti militari di approvvigionarsi di sostanze stupefacenti da soggetti locali esterni al mondo militare.
  Le audizioni di tre militari di leva, (Paolo Venuti, Stefano Ioanna e Daniele Ceci), questi ultimi addetti al casermaggio, sono rilevanti in merito ad alcuni punti chiave: gestione dell'area del magazzino di casermaggio: «zona franca destinata al relax di alcuni anziani», assai prossima al luogo del ritrovamento del corpo di Scieri; le dimensioni e le modalità di una pratica, che l'inchiesta della Commissione mostra essere usuale nella Caserma «Gamerra» all'epoca dell'omicidio di Emanuele Scieri, invero la circolazione e il consumo di droga da parte degli allievi e la continuità dell'approvvigionamento dall'esterno; la pratica abituale di uscire dalla Caserma dopo il contrappello, l'esistenza di almeno due varchi di accesso illegali alla Caserma; la natura delle relazioni e le pratiche di nonnismo, generalmente accettate come consuetudine della Caserma e dunque considerate «normali».

9.2 Dichiarazioni di Paolo Venuti.

  Tra gli atti d'indagine penale spiccava un verbale di S.I.T. che, a differenza degli altri, era particolarmente approfondito e riportava diverse notizie relativamente al clima di nonnismo, di soprusi, di lassismo nei controlli e disciplina della caserma.
  Si tratta del verbale di tale Paolo Venuti, il quale prestò servizio militare presso la Caserma «Gamerra» di Pisa con il nono scaglione del 199, quindi due mesi dopo Scieri.
  Il parà Venuti, audito dalla Commissione il 6 luglio 2016, ha riferito alcuni particolari molto importanti ed utilizzati successivamente come spunti di indagine. Oltre ad aver raccontato, sia all'epoca delle deposizioni fatte nel ‘99 che a questa Commissione d'inchiesta, di aver assistito al compimento di diversi atti di nonnismo, ha confermato che all'interno della caserma «Gamerra» di Pisa si faceva uso di sostanze stupefacenti e che molti militari si allontanavano clandestinamente dalla stessa scavalcandone il muro di cinta. Come Pag. 48già scritto, tali circostanze hanno trovato puntuale riscontro nelle dichiarazioni dei caporali Ioanna e Ceci.
  Sempre nel corso delle deposizioni del ’99, il parà Venuti dichiarò particolari inquietanti che gli inquirenti non approfondirono: già allora egli riferì quanto avveniva al magazzino di casermaggio ovvero che uno degli addetti al casermaggio, tale caporale Stefano Ioanna, non solo faceva uso di droghe, ma le spacciava dentro la caserma. Si ricorda che il magazzino del casermaggio è ubicato nello stesso cortile ove venne ritrovato il corpo di Scieri proprio di fronte la scala.

9.3 Audizione di Stefano Ioanna.

  In seguito alla deposizione di Venuti Paolo che riferiva circostanze molto singolari quali lo spaccio di droga all'interno della casera «Gamerra», l'uscita notturna saltando il muro, atti violenti di nonnismo ed altro, in data 20 ottobre 2016 è stato ascoltato il sig. Stefano Ioanna.
  Ioanna era militare di leva, appartenente al quarto scaglione del 1999.
  Era addetto al casermaggio e il suo compito era quello di dare le lenzuola ai nuovi arrivati e rifornire le compagnie. Per sua stessa ammissione, la sua esperienza militare è divisa in due fasi: la prima – in cui è fisicamente in forma e in grado di effettuare i lanci – lo vede ligio alle regole e rispettoso delle disposizioni vigenti alla «Gamerra»; la seconda – a seguito di un incidente al ginocchio che gli impedisce l'addestramento e i lanci – il suo profilo muta. Da allora Ioanna si comporta come se fosse al di sopra delle regole: salta l'alzabandiera, non rispetta gli orari, trasforma il magazzino di casermaggio, a cui lo assegnano, in una sorta di «zona franca», una sorta di spazio di relax per lui e per i suoi amici. Così facendo accumula moltissimi giorni di rigore e si congeda molto più tardi dei commilitoni del suo stesso scaglione. Come già scritto ciò trova riscontro nelle audizioni in Commissione, di Daniele Ceci e Paolo Venuti.
  La sua testimonianza serve a ricostruire l'atmosfera della caserma, dove esistevano zone franche controllate da anziani, e vigeva una disciplina parallela a quella ufficiale, tutta fondata sulla consuetudine del nonnismo della quale Ioanna dichiara di aver subìto e accettato atti perpetrati ai suoi danni, da due soggetti in particolare, persone più «attive nel disturbare la gente»: un ragazzo di Rimini (che poi si rivelerà essere Daniele Ceci) e un soggetto più anziano e più violento che a Ceci si accompagnava, militare di ferma breve, di nome Panella. Secondo Ioanna, Panella aveva atteggiamenti violenti nei confronti di tutti. Anche dopo la morte di Scieri, Ioanna dichiara che Panella «passava a trovarlo» al casermaggio. Nei confronti delle pratiche a suo scapito, Ioanna ha un atteggiamento di sopportazione, come preciserà nell'audizione successiva non per paura o scarsa prestanza fisica, ma perché ritiene di assoggettarsi alla consuetudine delle regole informali della «Gamerra», regole che peraltro si aspettava al momento in cui scelse di trascorrervi l'anno di leva. Coerentemente con questa idea, solo al momento del congedo dei due «nonni», Pag. 49secondo l'usanza consolidata della c.d. «sporca», Ioanna restituirà agli anziani quanto ricevuto da loro, in una forma, da tutti accettata, e nel caso specifico particolarmente violenta (per sua ammissione, e coerentemente con quanto ricordato da Ceci e soprattutto dal parà Venuti Paolo audito in Commissione prima costoro). Ioanna dichiara, però, di non aver mai praticato atti di nonnismo verso i militari più giovani, neanche da anziano: preferiva – come afferma – «ridere e scherzare». Queste pratiche di violenza all'interno della caserma Gamerra convergono con quanto testimoniato da altri auditi. Nel periodo della morte di Emanuele Scieri, Ioanna si trovava in congedo a causa dell'intervento al menisco subìto e dagli atti non risulta presente in caserma.
  Dalle sue affermazioni emerge come egli trascorresse tutto il giorno al casermaggio dove, in spregio ai regolamenti ufficiali, gli era consentito di utilizzare la tv e la consolle per i videogiochi, e fumare spinelli in compagnia di altri militari fra cui cita Nardi, Giusti e il militare di Rimini suo collega. Questo gruppetto, secondo quanto dichiara Ioanna, aveva più volte scavalcato il muro di cinta vicino alla terza compagnia per recarsi all'esterno della caserma, su via Milano (la terza compagnia è l'ultima prima della torre di asciugatura), e dallo stesso punto scavalcava per rientrare in caserma. Tale circostanza è riscontrata dal Prof. Petrini, la cui casa di abitazione confinava con il muro di cinta della «Gamerra» al di là dal quale si trova la torretta sotto cui è stato ritrovato il corpo di Scieri.
  Sollecitato dalla Commissione Ioanna dichiara che non ha mai visto entrare da quel punto persone estranee alla caserma. Però con soggetti esterni era abituale avere dei contatti per l'approvvigionamento di hashish.
  Racconta che una sera mentre stava acquistando dell'hashish in un parco di Pisa, fu fermato da due carabinieri che gli chiesero di essere aiutati ad arrestare gli spacciatori. I carabinieri informarono il comando dell'accaduto. Gli furono inflitti alcuni giorni di rigore e gli fu sospesa la patente per circa un mese.
  Rispetto alle pratiche usualmente in atto nella zona del casermaggio, Ioanna dichiara di non aver visto mai nessuno fumare spinelli nel luogo in cui è stato trovato il corpo di Scieri, ma di non poter escludere che ciò accadesse di sera quando egli era altrove; che durante il giorno la zona antistante il casermaggio era controllata da chi ci lavorava (lui compreso), ma di sera l'accesso era libero.
  Dichiara di aver portato e venduto stupefacente (hashish) dentro la caserma anche a suoi colleghi e che, quando terminava lo stupefacente acquistato nel suo luogo di residenza se lo procurava in alcune zone di Pisa.
  Dichiara infine che la sera del 13.08.1999 non era in caserma, in quanto era in congedo per convalescenza e che quel giorno fu sostituito dal suo collega di Rimini (Ceci), amico e spalleggiatore di Panella. Il ragazzo di Rimini fumava spinelli, mentre Panella no.

9.4 Audizione di Daniele Ceci.

  In data 30 gennaio 2017, è stato ascoltato Daniele Ceci, appartenente all'epoca dei fatti al 2o scaglione 99. Ceci arriva alla caserma Pag. 50«Gamerra» nel febbraio 99, sei mesi prima di Scieri e vi rimane per 10 mesi rivestendo il ruolo di caporale. Afferma di aver scelto di prestare servizio di leva presso la Folgore perché a minor distanza dalla sua abitazione.
  Il 15 settembre 1999 Ceci era stato sentito a sommarie informazioni dalla Procura.
  Ceci era incaricato di consegnare il c.d. cubo (lenzuola, coperte e cuscini) a tutte le giovani reclute arrivate il 13 agosto. Egli ricorda che di solito era di turno con un altro militare che, sollecitato a sforzarsi di ricordare dalla presidente, individua in Ioanna Stefano.
  Ceci dichiara inizialmente di non ricordare l'arrivo in caserma dello scaglione di Scieri, affermazione contestata dalla Commissione che gli mostra un verbale da lui sottoscritto in data 15 settembre 1999, in cui invece afferma di ricordare lo Scieri «perché lui mise la firma nel registro».
  Nel corso della seduta del 30 gennaio, l'audito assume un atteggiamento decisamente poco collaborativo, e talvolta reticente in modo irritante. Ogni sua affermazione è preceduta dall'intercalare «mi sembra», «forse», «potrebbe essere» e «non ricordo». Appare inoltre vago, generico e insofferente nel rispondere alle domande. Tale atteggiamento sembra derivare non dal lungo tempo trascorso tra l'avvenimento dei fatti e l'audizione, quanto da un atteggiamento assunto da Ceci nei confronti del contesto e della Commissione. A dimostrazione di ciò nella successiva audizione resa in data 30 maggio 2017, ove si è svolge anche una sorta di confronto con il militare Ioanna, il Ceci cambia atteggiamento e giustifica il cambiamento affermando che nella prima audizione era impaurito e che comprende di essere apparso reticente.
  In questa seconda audizione dichiara che giorno 16 agosto alle 8.30 si era recato al magazzino di casermaggio per prelevare le chiavi di un altro locale che aveva l'incarico di far pulire.
  Sul giorno del ritrovamento, Ceci ricorda di essere arrivato circa 15 minuti in ritardo sull'orario di apertura del magazzino (h 14.00) e mentre vi si dirigeva, fu intercettato da alcune reclute che lo avvertirono del ritrovamento di ragazzo morto. Ricorda che erano reclute che non partecipavano al corso di paracadutismo perché non idonee e che venivano utilizzate per lavori di altro tipo, ma stranamente appartenevano tutte al battaglione di Scieri. La Commissione nelle sue indagini ha chiesto di ottenere dagli archivi della «Gamerra» gli elenchi delle mansioni di incarico con i relativi nomi del mese di agosto 1999, è stato però risposto che non è possibile risalirvi.
  La Commissione ha chiesto a Ceci se fosse normale che dei militari di una compagnia venissero affidati ad un graduato di un'altra. Ceci ha risposto che era usuale e capitava a chi non faceva il corso di paracadutismo. Emerge dal verbale di sommarie informazioni che ai ragazzi che lo aspettavano al casermaggio Ceci aveva ordinato, dopo l'adunata pomeridiana che avviene alle 13.30, che quel giorno avrebbero dovuto pulire dinanzi il magazzino. Sul perché della scelta proprio di quella giornata, Ceci non adduce motivazioni particolari, sostenendo che la mattina di solito era dedicata alle pulizie del magazzino e che poteva capitare di ripulire da foglie, sigarette e altre cose gettate a terra l'area circostante. Da tale risposta è palese che Pag. 51trattavasi di un luogo molto frequentato, come dichiara il vicino di via Milano, Prof. Petrini.
  Alla Commissione appare strano che la scelta di ordinare a un gruppo di militari di pulire davanti al magazzino di casermaggio sia ricaduta su giorno 16 agosto. L'audito dal canto suo appare titubante, prima nega di aver ordinato che le pulizie venissero fatte anche all'esterno del magazzino, poi su sollecitazione della Commissione afferma che a sua volta gli era stato comandato di ordinarle dal maresciallo Curelli.
  Proseguendo nel racconto dice di essersi recato anche lui sul posto del ritrovamento e di essersi avvicinato a circa un metro e mezzo dal cadavere, subito dopo di aver chiamato «chi di dovere», probabilmente un suo superiore. Ceci non ricorda il soggetto, ma afferma che sicuramente si trattò di qualcuno della sua compagnia. Ricorda che non vi erano carabinieri ma che sicuramente c'era il caporale Simula. Ricorda che sul luogo del ritrovamento vi erano sedie e tavoli.
  Dalle fotografie di rilevamento del corpo si nota una scopa di saggina molto nuova che nel modo in cui era posizionata poteva nascondere alla vista il piede di Scieri, posto sopra il tavolo. La presenza della scopa destò anche il sospetto dell'interrogante in sede di S.I.T., poiché anch'egli in quella occasione chiese al Ceci se quel tipo di scope fosse in dotazione alla caserma, questi rispose di non aver mai visto all'interno della «Gamerra» scope simili, dunque questa circostanza della quale si è domandato ad altri auditi, rimane un mistero.
  Alla domanda su come fosse possibile che nessuno si fosse accorto del corpo essendo quella zona parecchio frequentata in virtù della presenza del magazzino di casermaggio, che era aperto tutti i giorni, Ceci dichiara di ricordare che il punto di ritrovamento del corpo era un po’ nascosto, forse dalla presenza di tavoli. Continua il suo racconto affermando di essere partito in licenza la sera del 13 agosto 1999, una volta concluso il servizio di distribuzione cubi alle nuove reclute. Rientrò dalla licenza la sera di domenica 15 agosto 1999 e l'indomani mattina alle ore 8 prese servizio al casermaggio e pur passando vicino al luogo in cui giaceva il corpo non lo scorse, né avvertì alcun «odore». Risulta dal ruolino di compagnia richiesto dalla Commissione che effettivamente andò in licenza il 13 agosto per due soli giorni, anche se la trascrizione delle date appare modificata. Solo nel pomeriggio, come affermato in precedenza, avrebbe visto il cadavere dopo la segnalazione delle reclute.
  Nel corso dell'audizione l'atteggiamento reticente di Ceci determina tensioni con la Commissione.
  Il Ceci dichiara poi che ad essere in possesso del mazzo delle chiavi del magazzino erano sicuramente lui e il maresciallo Curelli, suo diretto superiore per tutto il periodo in cui è stato al casermaggio.
  Ricorda che all'epoca si praticavano atti di nonnismo e che a lui stesso era capitato di subirli. Gli viene chiesto se ricorda il militare Panella: egli lo ricorda come personaggio che faceva pesare il suo ruolo di anzianità e di averlo visto mentre compiva atti di nonnismo, anche nei confronti di Ioanna. Le flessioni per esempio denominate pompate venivano eseguite anche infliggendo, con violenza, al malcapitato militare pugni sotto le ascelle e sotto i fianchi.Pag. 52
  A comprova che nella caserma vigeva un clima di lassismo e che venivano tollerati comportamenti in aperta violazione delle regole, come ad esempio uscire dalla caserma dopo il contrappello, Ceci conferma che subì alcuni giorni di consegna semplice e di rigore: i primi perché aveva fatto tardi all'adunata e i secondi perché era uscito dalla caserma dopo il contrappello con altri 3-4 commilitoni, di cui non ricorda l'identità.
  Ceci era al corrente che in caserma circolava droga, ammette di aver fumato qualche spinello insieme ad altri. All'inizio non sa dire con chi, poi ricorda che fumava insieme a Ioanna e che quest'ultimo portava hashish all'interno della caserma. Fumavano al magazzino di casermaggio, riconoscendo questo come un luogo tranquillo dove ci si poteva appartare, una sorta di oasi in cui poter stare tranquilli senza «rotture di scatole» e con la libertà di poter fumare.
  Ricorda invece di essersi addormentato lì qualche pomeriggio con Ioanna.
  Poteva capitare che Ceci e Ioanna, si recassero al magazzino prima del contrappello, per ascoltare un po’ di musica e chiacchierare, loro due soli o con qualche amico di Ioanna al massimo. Si intrattenevano all'interno del magazzino e non all'esterno.
  Ceci andò in licenza il 13 agosto 1999 dopo aver assegnato il cubo alle nuove reclute e ritornò in caserma domenica 15 agosto. La sera in cui rientrò non ricorda nessuna ispezione del Generale Celentano.

9.5 Confronto Ceci-Ioanna

  La seduta del 30 maggio 2017 si apre con la deposizione di Stefano Ioanna e prosegue con l'audizione di Daniele Ceci, quindi con l'audizione congiunta di Ioanna e Ceci.
  Molti dei fatti emersi nelle precedenti audizioni vengono confermati e dettagliati. Ioanna appare disponibile a collaborare con la Commissione come del resto è avvenuto nella prima audizione. Diverso, rispetto alla data del 30 gennaio, è l'atteggiamento di Daniele Ceci. Egli appare infatti meno teso e reticente e più disponibile a offrire dettagli della vita in caserma.
  Ioanna rievoca gli episodi di nonnismo a cui fu sottoposto da Ceci e Panella: si trattava di visite frequenti al casermaggio, durante le quali alle usuali «pompate» – con o senza pugni e gomitate sulle mani – potevano aggiungersi altre pratiche più «creative», come quella di legarlo ad una scala a pioli rimovibile e gettarlo su materassi disposti sul pavimento del casermaggio.
  Alla domanda se Panella e Ceci fossero affiancati da altri soggetti nel dedicarsi a queste pratiche Ioanna afferma che il rapporto fra Panella e Ceci si strinse in particolare quando si congedò l'11o scaglione ’98. In quello scaglione vi erano almeno 7-8 soggetti molto violenti, «individui molto cattivi, diciamo».
  Ioanna ammette che i due infastidivano, oltre a lui, anche altri militari. Però ribadisce la regola dell'intoccabilità degli allievi nel primo mese dopo il loro arrivo, fino alla conclusione del corso palestra. Ioanna sottolinea che nel suo primo mese in caserma Pag. 53nessuno lo infastidì e dichiara di essersi interrogato sulla vicenda di Scieri, proprio alla luce di questa sua esperienza personale, relativa alla legge non scritta di non molestare gli allievi nel primo mese alla «Gamerra»: «il mio pensiero era stato che, sapendo che era lì’ da pochi giorni questo ragazzo, mi son posto la domanda anch'io chi può’ averlo toccato ben sapendo che le regole erano quelle...».
  Daniele Ceci appare più rilassato e collaborativo rispetto alla prima seduta di fronte alla Commissione. Rispetto alle precedenti dichiarazioni, in cui cercava goffamente di glissare sulle domande in merito al fenomeno del nonnismo, questa volta Ceci si mostra meno reticente, anche se spesso ricorre a versioni edulcorate delle vicende, rispetto al narrato più chiaro di Ioanna. Se nella versione di Ioanna, ad esempio, Ceci e Panella legavano Ioanna alla scala appoggiata alla scaffalatura del magazzino di casermaggio per poi scaraventarlo, così immobilizzato, sui materassi disposti in terra, per Ceci: «C'erano i materassi per terra e ci buttavamo sopra i materassi». Ceci ammette però sia le «pompate», sia l'abitudine di ferire le mani di colui che era obbligato alle flessioni, e di colpirlo con pugni e calci.
  Ceci ammette di essersi accompagnato spesso al Panella, aduso a praticare atti di nonnismo e che egli stesso, divenuto anziano, praticò atti di nonnismo che si ostina a definire «goliardate», nonostante gli sguardi attoniti dei membri della Commissione. Sollecitato ammette di avere fumato spinelli e che in caserma fumavano tutti. Conferma di avere subito sanzioni per essere uscito dalla caserma dopo il contrappello – comportamento praticato da molti. Lui in particolare era uscito da un varco che localizza sulla piantina della «Gamerra», a destra al lato della porta carraia, di fronte alla caserma dei carabinieri.
  Ammette di aver sottoposto Ioanna a vessazioni, insieme con Panella, e di averne ricevuto al momento della «sporca» un trattamento particolarmente duro.
  In merito al pomeriggio del 13, Ceci afferma che lasciò la caserma da solo, prese un taxi fino alla stazione, prese il treno, sempre da solo, e arrivò a casa verso le nove. Non ricorda l'orario preciso a cui lasciò la caserma ma fu dopo aver completato il suo compito di distribuire allo scaglione di Scieri il «cubo» e aver restituito le chiavi del casermaggio. Data l'assenza di Ioanna non sa chi fu responsabile del casermaggio durante il fine settimana, ma ipotizza che l'edificio rimase chiuso poiché la caserma era semivuota e tutti avevano già ricevuto quanto dovuto.
  La Commissione chiede nuovamente a Ceci se abbia visto il corpo già dal mattino del 16 agosto 1999, quando verso le 8.30 si recò presso il casermaggio, poiché appare strano che abbia ordinato di pulire l'esterno del magazzino alle quattro reclute della compagnia di Scieri, presentandosi in ritardo all'appuntamento delle 14.00 con loro, quando già avevano scoperto il corpo. Ceci ribadisce di aver ricevuto l'ordine di pulire dal maresciallo Curreli e aggiunge di essere arrivato in ritardo probabilmente per via dell'adunata della sua compagnia, che era alle 13.30. Afferma che l'area del ritrovamento era stata per lungo tempo un deposito e che qualche tempo dopo la morte di Scieri il luogo fu ripulito. Tale circostanza viene confermata dall'audizione del vicino professore Petrini il quale dichiara in Commissione che Pag. 54poco tempo dopo l'area venne ripulita e fu imbiancata anche la parete della torre di asciugatura dei paracaduti.
  I caporali Ceci e Ioanna in Commissione si riconoscono vicendevolmente. Concordano sul fatto che Ceci praticò il nonnismo su Ioanna e ne ricevette in cambio una pesante «sporca». Entrambi non mostrano rancore per questi fatti, considerandoli connaturati alla loro esperienza militare. Ammettono di essere usciti insieme e con altri commilitoni dalla Caserma «Gamerra» dopo il contrappello, scavalcando il muro. Di essere stati scoperti e puniti.
  Entrambi convergono sul fatto che la frequentazione del magazzino del casermaggio non fu mai serale: su questo vi era il divieto assoluto del maresciallo. La sera la zona del casermaggio era frequentata più che altro perché prossima alla pizzeria e allo spaccio. Informati del fatto che gli abitanti del quartiere denunciavano di trovare, in corrispondenza dei punti di scavalcamento del muro anche profilattici usati, affermano di non aver mai sentito parlare delle cosiddette «folgorine», donne civili habitué della caserma «Gamerra», né di essere a conoscenza di relazioni omosessuali.
  Si conferma la realtà di una caserma suddivisa in «zone di frequentazione» sotto il controllo di alcuni anziani.

9.6 Assenza di controlli all'interno della caserma «Gamerra» di Pisa.

  Dalle audizioni della Commissione si può evincere che alla «Gamerra», vi era la prassi di uscire dopo il contrappello per trascorrere una serata fuori e fare rientro in caserma prima dell'appello della mattina, scavalcando il muro di cinta o passando attraverso qualche buco della rete metallica di protezione.
  Il Venuti, nella sua audizione del 6 luglio 2016, ha dichiarato di ricordarsi di aver sentito parlare di persone esterne che avevano libero accesso alla caserma, civili che, fuori da ogni orario e da ogni controllo, avrebbero scavalcato il muro di cinta. «Mi ricordo – ha dichiarato Venuti – che c'erano delle persone che sapevano come gestire questi ingressi dall'interno e dall'esterno e, in particolar modo, mi ricordo dell'addetto al vettovagliamento che era il capo di quell'area dove poi Scieri ha avuto l'incidente. Si chiamava Ioanna, caporale Ioanna. Era un tipo molto solitario, quando sono arrivato io aveva già quaranta giorni di rigore, una cosa del genere, era completamente anarchico. Non si alzava la mattina. Lui era quello che distribuiva le coperte, le lenzuola a tutti e il magazzino si trova in quell'area dove poi ha avuto l'incidente Scieri. Era un'area, non so se sia ancora così, dove si andava solo ed esclusivamente per prendere le coperte e le lenzuola, nessun altro motivo avrebbe portato qualcuno da quella parte, anche perché la sera era totalmente buio. Il signor Ioanna era uno di quelli che ci teneva all'anzianità e quindi gradiva essere interpellato prima che qualcuno passasse da quelle parti. Anche perché, stando dalla mattina alla sera chiuso in quella stanza, si era creato il suo regno: aveva la televisione. Dormiva in terza compagnia ma era difficile vederlo dormire con noi».
  Il Venuti ribadisce, avendolo provato anche egli, che in un punto della caserma «Gamerra», vi era la possibilità di entrare ed uscire Pag. 55scavalcando il muro e che quando qualcuno dei militari, magari in punizione o in servizio, aveva bisogno di qualcosa dall'esterno, c'era la possibilità di farla arrivare. Questo varco si trovava in prossimità del campo sportivo dove venivano espletate le operazioni ginniche. L'esistenza di questo varco, sempre secondo Venuti era a conoscenza di tutti.
  Filippo Basile (audito il 20 luglio 2016 e appartenente al terzo scaglione 1999) ha dichiarato che lungo il perimetro della caserma vi era una specie di passaggio da cui era possibile uscire all'esterno della Caserma e che questo si trovava dietro le torri di lancio.
  Stefano Ioanna (audito il 20 ottobre 2016 e appartenente al quarto scaglione 1999) ha riferito di essere scappato scavalcando il muro con tre amici (Nardi, Giusti e un commilitone di Rimini di cui non ricorda il nome).
  Sebastiano Giordano (audito il 06 ottobre 2016, incorporato nell'esercito, congedato nel 2004) ha confermato che non era infrequente che alcuni militari uscissero senza autorizzazione dalla caserma.
  Francesco Infantino (audito il 13 ottobre 2016 e militare di carriera dal 1998) ha dichiarato di non poter escludere che qualcuno abbia potuto scavalcare il muro di cinta per uscire dalla caserma anche perché, all'epoca, non vi erano nemmeno telecamere di videosorveglianza, che furono montate solo nel 2003.
  Carlos Picelli (audito il 19 ottobre 2016 e appartenente al settimo scaglione 1999) ha riferito che «si poteva scavalcare anche vicino alla camerata, era abbastanza semplice. Ci voleva un po’ di prestanza fisica però in un posto dove ti allenano per saltare i muri, lo fai. Alcuni sono scappati e sono anche stati ripresi che io mi ricordi. Di preciso, preciso non ho i dettagli però di questi episodi se ne parlava».
  Emilio Galdi (audito il 18 maggio 2016 e militare di carriera dal 1997) ha confermato che era possibile scavalcare il muro di cinta abbassando la recinzione con un piede.
  Emiliano Palatresi (audito il 24 maggio 2016 e appartenente al settimo scaglione 1999) ha dichiarato di ricordare che effettivamente, sul lato opposto all'ingresso principale, c'era un punto del muro da dove all'interno, c'era la possibilità di scavalcare.
  Gianluca de Silvestris (audito il 06 luglio 2016 e militare di carriera) ha riferito che il varco in questione serviva ai più anziani o ai militari in consegna, per uscire e andare a ballare.
  Daniele Gelli (28 settembre 2016 e appartenente al settimo scaglione 1999) ha dichiarato di aver visto militari uscire dalla caserma non attraverso la porta carraia, ma scavalcando il muro. Il Gelli parla anche della possibilità che nei pressi della caserma, stazionassero le così dette «folgorine», ovvero alcune prostitute dei cui servizi usufruivano i militari.

9.7 Uso di sostanze stupefacenti all'interno della caserma «Gamerra» di Pisa.

  Il Venuti ha riferito come fosse possibile procurarsi hashish e marijuana all'interno della caserma. Egli inoltre, ha dichiarato che il Pag. 56responsabile del casermaggio della caserma «Gamerra», tale Stefano Ioanna, faceva uso di droghe (nello specifico di hashish) all'interno dello stesso casermaggio e che quest'ultimo, regalava alcune dosi di droga agli addetti alla vigilanza armata della caserma, in cambio della loro accondiscendenza nei suoi confronti.
  Tali circostanze sono state confermate da altri paracadutisti:
  Alex Ghibaudo (audito il 22 settembre 2016 e appartenente al sesto scaglio 1999) ha dichiarato di aver visto personalmente alcune persone fare uso di sostanze stupefacenti e di aver sentito dire che all'interno della caserma «Gamerra» c'erano dei luoghi in cui i consumatori di droga si appartavano per assumere le dosi;
  Luca Esemplare (audito il 20 luglio 2016 e appartenente al primo scaglione 1999) ha confermato che anch'egli era a conoscenza del fatto che all'interno della caserma «Gamerra» erano presenti alcune persone che consumavano droga;
  Giuseppe Marroccoli (audito il 14 luglio 2016 e appartenente al primo scaglione 1999) ha dichiarato di essere a conoscenza del fatto che la cannabis si poteva trovare anche in caserma.
  Anche Sebastiano Giordano (audito il 06 ottobre 2016, incorporato nell'esercito e congedato nel 2004) ha dichiarato che all'interno della caserma, alcuni ragazzi facevano uso di sostanze stupefacenti;
  Carlos Picelli (audito il 19 ottobre 2016 e appartenente al settimo scaglione 1999) oltre a riferire che circolava droga addirittura ricorda che in caserma qualcuno coltivava piantine di marijuana.
  Sempre nel corso delle deposizioni del ’99, il parà Venuti dichiarò particolari inquietanti sui quali non si approfondirono le indagini, eppure, egli riferì quanto avveniva al magazzino di casermaggio posto proprio di fronte la torre, dove avvenne l'omicidio di Scieri.
  Venuti, infatti, oltre che a testimoniare gravi atti di nonnismo ai quali egli assistette, dichiarò che uno degli addetti al casermaggio, tale caporale Stefano Ioanna, non solo faceva uso di droghe ma le spacciava dentro la caserma.
  Ioanna dichiara di aver portato stupefacenti dentro la caserma e che, quando terminava lo stupefacente acquistato nel suo luogo di residenza se lo procurava in alcune zone di Pisa.

10 Audizioni dei vertici militari: Generale Celentano, Generale Cirnieco, Colonnello Fantini, Colonnello Ratti.

10.1 Audizione del Generale Enrico Celentano – 30 gennaio 2017.

  Il Generale Celentano ha diretto la Folgore dal 22 luglio 1997 al 6 novembre del 1999.
  Il 6 novembre 1999 (tre mesi dopo la morte di Scieri) lasciò la Folgore per diventare Capo di Stato Maggiore al Comando delle Forze di Proiezione, comando nato dal disciolto III corpo d'armata.
  La audizione comincia con l'invito al Generale a narrare liberamente i fatti di quei giorni.
  Celentano ricorda in particolare che si trovava in auto in uscita dal comando di Livorno quando fu raggiunto al cellulare dalla notizia che era stato trovato un allievo paracadutista morto nella caserma Pag. 57«Gamerra» di Pisa. Non ricorda a che ora di preciso ricevette la chiamata, ma ricorda che c'era luce; non ricorda se era stato chiamato dal comandante della caserma Corradi oppure dai carabinieri del nucleo esistente presso la caserma di Pisa.

10.1.1 L'ispezione alla caserma «Gamerra».

  Durante l'audizione è il Generale Celentano stesso a introdurre il tema dell'ispezione notturna alla caserma «Gamerra» che precedette il ritrovamento del corpo di Emanuele Scieri.
  Celentano ricorda spontaneamente di essersi recato alla caserma «Gamerra» il giorno prima del ritrovamento del corpo, cioè nella notte tra il 14 e il 15 di agosto. Sostiene che facendo un giro del perimetro della caserma l'area dove si trovava il corpo di Scieri non era visibile, essendo separata da un muretto basso con sopra una barriera metallica. Egli precisa che non si trattò di una vera ispezione ma di «una visita a bordo di automezzo». Precisa che spese in auto l'intera notte visitando diverse caserme della Folgore. Non si comprende perché avrebbe dovuto visitare tali caserme di notte.
  Sul tema dell'ispezione si tornerà ampiamente nel seguito, su sollecitazione della Presidente.
  Ne emergerà il carattere anomalo, dettato senz'altro da un motivo particolare: il Generale guidava personalmente il mezzo, il suo vice Fantini gli sedeva accanto, e l'autista che avevano portato con loro sedeva sul sedile posteriore dell'auto. I finestrini erano abbassati ed il Generale Celentano percorse il perimetro della caserma, non vide nulla e non sentì nessun odore particolare che potesse denunciare la presenza, a pochi metri, del cadavere di Scieri, ormai giacente da alcune decine di ore.
  Nel corso della audizione si tornerà più volte sul carattere anomalo della visita notturna, nel corso della quale il Generale Celentano non incontrò quasi nessuno, né fu visto, se non da pochissimi.
  La versione del Generale Celentano resta la stessa: la visita nel giorno prefestivo, in incognito, era funzionale a verificare che anche in quella occasione prefestiva nelle caserme della Folgore fosse garantita opportuna vigilanza.
  Celentano sottolinea che era suo costume osservare i comportamenti dei sottoposti in maniera defilata, sebbene emerga poi, che quella tra il 14 e il 15 agosto 1999 fu l'unica ispezione, alle prime luci dell'alba, effettuata alla «Gamerra» in tutto il periodo in cui Celentano ha rivestito l'incarico di comandante della Folgore.
  Su una circostanza, in particolare, il Generale non fornisce spiegazioni né avanza ipotesi: le annotazioni notturne redatte dal caporale Tringale, in servizio di vigilanza alla caserma «Gamerra» nella notte tra il 14 e il 15 agosto, recano notizia di vari giri ispettivi condotti dallo stesso Tringale nella caserma fino alle 5 circa del mattino. Queste note ordinarie sono battute a macchina. Nello stesso foglio, in coda alle note dattiloscritte, è stata aggiunta l'annotazione dell'ispezione notturna del Generale Celentano e del suo vice Fantini, questa volta però redatta a penna dallo stesso Tringale. Inoltre, al momento delle consegne mattutine Tringale non comunicò al suo Pag. 58successore Bellettini l'avvenuta ispezione. Infatti, quando Bellettini redige verbale segnala che Tringale non riferisce alcunché di rilevante.
  Sollecitato sulle possibili motivazioni di questa omissione Celentano afferma di non saperne nulla, giudicando anomala non tanto l'annotazione a penna di Tringale quanto le precedenti note scritte a macchina. È importante rilevare che si tratta di documentazione sequestrata dalla magistratura immediatamente dopo i fatti.
  Le risposte del Generale a proposito della visita ispettiva nella notte tra il 14 e il 15 agosto sono ben lontane dal chiarirne le ragioni, soprattutto in rapporto a quanto dichiarato da altri militari sullo stato della caserma «Gamerra» in quei giorni.
  Infatti, in caserma le attività di addestramento erano state sospese dal Colonnello, Capo Reparto Addestrativo, Corradi Pierangelo, come egli stesso scrive nella Relazione Tecnico-Disciplinare del 30 agosto 1999 – punto 2: «È da considerare il giorno particolare dell'evento. Un venerdì sera, giorno cioè in cui la presenza in caserma viene a ridursi per la concessione dei permessi di fine settimana. A ciò si aggiunga il particolare periodo di Ferragosto. Devo sottolineare che per consentire un giusto periodo di riposo a tutto il personale, erano state sospese tutte le attività addestrati per il mese di agosto ed avevo dato disposizione di largheggiare il più possibile con licenze e permessi»;
  Ciò coincide con quanto dichiarato da Ercolani Christian, caporale del 7o/98, addetto alla Compagnia Ragni, ripiegatore di paracadute, in audizione del 28 settembre 2016: «... quelli erano giorni che a metà di agosto, da quando ho messo piede a Pisa, c’è il break addestrativo e rimane solo il personale di servizio.» [...] «non si fa attività addestrativa. Non ci sono lanci, non c’è addestramento, non ci sono corsi in atto, non c’è niente di quello che viene svolto negli altri giorni...»
  Rimane dunque il dubbio sulle ragioni ultime della visita ispettiva, a poco più di un giorno dalla morte di Emanuele Scieri e proprio il giorno prima del ritrovamento del corpo, da parte di quattro reclute appartenenti alla sue stessa compagnia, incaricate di ripulire l'area; operazione, questa, che i quattro svolsero in assenza del caporale responsabile del coordinamento, Daniele Ceci (audito in due occasioni dalla Commissione, il 30 gennaio e il 20 maggio 2017) il quale dopo averli convocati a svolgere quell'incarico alle ore 14.00 di giorno 16 agosto, giunse all'appuntamento in ritardo di 15 minuti, quando ormai il cadavere era stato ritrovato dalle quattro giovani reclute.

10.1.2 L'opinione personale del Generale Celentano.

  A parte il riferimento all'ispezione notturna, la prima parte del racconto di Celentano è incentrata sulla visione che ebbe del cadavere di Emanuele Scieri e sull'idea che, lì per lì, e poi in seguito, si fece dell'accaduto.
  Sin da subito il Generale si sofferma su un dettaglio del corpo di Emanuele al quale dedicherà largo spazio anche nel seguito dell'audizione. Celentano ricorda che il cadavere di Scieri giaceva a terra in posizione supina e aveva la gamba destra poggiata su uno dei tavoli presenti sul luogo.Pag. 59
  Del corpo lo colpiscono alcune cose. La prima è la maglietta verde che fa parte dell'abbigliamento d'ordinanza, ricordo incongruo dato che le foto del cadavere mostrano Scieri in abiti civili, che indossa una maglietta bianca, ma il Generale Celentano sosterrà la sua tesi fino alla fine dell'audizione, perfino di fronte alla visione delle fotografie. Sostiene inoltre di aver visto il corpo non in quella posizione come in quelle foto. Inoltre, egli insiste sulla presenza, sull'addome semiscoperto dell'allievo, di uno strato di adipe. La descrizione di questo fatto apre uno squarcio sul pensiero del Generale Celentano che afferma di esserne colpito perché è «una cosa che non succede mai da noi». «Da noi», infatti, «si fa molto esercizio fisico». Il dettaglio porta immediatamente Celentano a credere che Scieri in quanto «anzianotto» per aver praticato «più lo studio che l'attività sportiva», trovandosi a misurarsi con «ragazzi più giovani e più ginnasticati di lui», in un momento di insicurezza, abbia voluto mettersi alla prova scalando la torre di asciugamento in vista delle prove dei giorni successivi.
  L'interpretazione della caduta da parte di Celentano è così, per sua stessa dichiarazione, ricondotta da subito ad una presunta inadeguatezza dello Scieri alla vita di caserma, ad una sua scarsa prestanza fisica, ad una sua debolezza caratteriale. Un incidente dunque solitario, nel corso di una prova autoinflitta durante la quale l'allievo «anzianotto» «non ce l'ha fatta ed è andato giù». Sulle condizioni fisiche di Emanuele Scieri al momento della caduta si verificheranno fra Celentano e la Commissione accesi scambi a partire dalle fotografie del ragazzo che non recano alcuna traccia di una sua condizione di sovrappeso, o addirittura di obesità. Il Generale, sottolinea che l'addome di Scieri non era gonfio per gli effetti del decesso, ma presentava «quel grasso che si può prendere con due dita», difendendo con veemenza questa opinione al punto che la Presidente si vedrà costretta a sottolineare che non è compito della Commissione fare il processo all'adipe di Scieri.
  Nella realtà Scieri era un ragazzo giovane, atletico e privo di tessuto adiposo.
  A partire dalle conclusioni della magistratura che, pur non essendo in grado di individuarne i responsabili, definisce come «omicidio» la circostanza della morte di Emanuele Scieri, la Commissione chiede a Celentano se successivamente egli non avesse preso in considerazione altre ipotesi, soprattutto una volta appresi – «dai giornali», come egli dichiara – altri dettagli di cui non si era accorto, quali la presenza di escoriazioni sulle mani e i lacci sciolti delle scarpe, una delle quali si trovava addirittura a ben quattro metri dal corpo.
  Con riferimento a quanto dichiarato dal Generale stesso alla magistratura e ripreso in sede di audizione, Celentano considerò una seconda e una terza ipotesi: che Emanuele Scieri si fosse imbattuto in un gruppo di «spiritosi», che «lo abbiano invitato a fare quello che lui ha fatto spontaneamente»; oppure che si fosse imbattuto in una pattuglia di ronda di anziani che poteva averlo costretto a salire sulla scala. Queste dichiarazioni aprono un capitolo importante e significativo dell'audizione del Generale Celentano che concerne la sua percezione della presenza di atteggiamenti nonnisti in seno alla Pag. 60Folgore e la sua concezione stessa del nonnismo come fenomeno culturale.
  Le domande poste al Generale muovono dalle dichiarazioni da lui stesso rilasciate a diversi giornali nei giorni immediatamente successivi al ritrovamento del cadavere di Emanuele Scieri, in cui egli affermava di aver combattuto il nonnismo con ogni mezzo nel suo ruolo di comandante della Folgore. Nonostante queste generose dichiarazioni alla stampa, che gli valsero il richiamo del magistrato, durante l'audizione Celentano afferma di non ricordare che negli anni in cui dirigeva la Folgore lo Stato Maggiore dell'esercito avesse istituito un'apposita Commissione per indagare il fenomeno del nonnismo. La qualità della risposta denota per lo meno una scarsa sensibilità al fenomeno che contrasta con le dichiarazioni rese ai giornali: «Sì, cose ne sono state fatte tante... se lei lo dice di sicuro è così... ma io non ho memoria di questa Commissione».
  Celentano non ricorda di essere stato a conoscenza del fatto che nel solo 1998 fossero stati denunciati ben 268 casi di nonnismo tra i paracadutisti e dichiara di avere appreso del c.d. episodio della «sfinge» avvenuto durante il trasporto in autobus da Firenze a Pisa solo dai giornali. Precisa che, avvenuto il fatto, non convocò i responsabili e di ignorare che a seguito di quell'episodio essi erano stati condannati con una sentenza penale passata in giudicato.
  Pur contestando di aver rilasciato numerose interviste, il Generale Celentano non smentisce la dichiarazione allora rilasciata ai giornali, secondo la quale il nonnismo sarebbe nel DNA dei militari di leva o nel DNA della Folgore. Nelle sue audizioni è chiaro che conosce bene le pratiche in uso anche alla «Gamerra», denunciate come episodi di nonnismo, dalla «sfinge», la «sciocchezza» imposta agli allievi sul pullman, alle pompate, alla candela, fino alla «comunione», pratica antica e particolarmente disgustosa che consiste nel far ingoiare un cucchiaio di una mistura contenente escrementi. È interessante, come sarà rilevato più avanti da alcuni membri della Commissione, il racconto di come Celentano molti anni prima venne a conoscenza della «comunione», da parte di un amico che l'aveva provata, un amico – ci tiene a sottolineare il Generale Celentano – che egli stesso aveva indirizzato al corpo dei paracadutisti come un corpo che gli avrebbe permesso di «fare emergere il suo carattere».
  Appare chiaro che né la morte di Scieri, né le notizie trapelate dai giornali sugli episodi di nonnismo avvenuti in seno alla Folgore lo stesso giorno della morte di Scieri, determinano uno stato di allarme rispetto all'atmosfera nella quale è maturato il fatto, né la convocazione dei capi al fine di chiarire eventuali legami fra l'episodio della «sfinge» sul pullman e quanto avvenuto quella stessa sera alla caserma «Gamerra».
  Rispetto alla questione del nonnismo, coerentemente con quanto esplicitamente dichiarato, Celentano sembra considerare il fenomeno un fatto connaturato alla vita militare, alla giovane età degli allievi, alla loro «esuberanza» e al loro desiderio legittimo di forgiare il proprio carattere. Il termine «stupidaggini» ricorre, se ne ricava il senso di una benevola tolleranza verso pratiche formalmente sanzionabili. Questo atteggiamento di «tolleranza» ed «elasticità» nei confronti di certe intemperanze dei giovani allievi, anche in deroga ai Pag. 61regolamenti, riemerge con molta evidenza nella parte dell'audizione dedicata al mancato allarme per l'assenza di Emanuele Scieri al contrappello.
  La domanda rivolta al Generale Celentano è formulata in modo chiaro. Emanuele Scieri non si presenta al contrappello. In quella sede, secondo le dichiarazioni rese da molti militari, alcuni commilitoni segnalano ai caporali, responsabili del contrappello, che Emanuele Scieri è però già rientrato in caserma dalla libera uscita. Di fronte a queste segnalazioni il caporale addetto al contrappello segnala «mancato rientro», annotazione dichiaratamente falsa.
  Perché non si sente il bisogno di cercare Emanuele ?
  La risposta di Celentano verte in sostanza sulla convinzione che i caporali, registrata l'assenza di Emanuele e ricevute le segnalazioni abbiano dato per scontato che Scieri fosse uscito nuovamente dalla caserma. Il Generale dichiara di essere a conoscenza dell'esistenza di numerosi punti in cui il muro di cinta poteva essere scavalcato e che fosse un'abitudine diffusa fra gli allievi quella di uscire dalla caserma scavalcando il muro. Dalle risposte emerge quindi la consapevolezza da parte del Generale del fatto, gravissimo, che le mura della «Gamerra» fossero alquanto permeabili, ciò che permetteva ai militari di uscire e rientrare a piacimento nel perimetro della caserma.
  L'esistenza di varchi illegali nel recinto della «Gamerra» è un fatto ampiamente chiarito e dettagliato nelle dichiarazioni di molti altri militari (Ceci, Venuti, Ioanna). Da queste testimonianze è emerso che attraverso tali passaggi si immetteva nella caserma anche droga.
  Tralasciando le «voci» riportate dal militare di leva Paolo Venuti e da lui attribuite ai militari incaricati della ronda, circa l'abituale ingresso di civili, di donna, le c.d. «folgorine», e circa il loro accesso agli alloggi dei militari di firma, comandanti inclusi – fatto di cui la Commissione non ha trovato riscontro – colpisce la normalità con cui uscite e rientri illegali fossero accettati e addirittura addotti a motivazione delle mancate ricerche di Emanuele Scieri al momento della sua sparizione.
  A tal proposito si ribadisce che Scieri, assente al contrappello del 13 agosto, era stato visto rientrare in caserma dalla libera uscita pomeridiana, in compagnia dei commilitoni, passando attraverso la porta carraia.
  Incalzato dalla Presidente, Celentano ricostruisce i fatti immediatamente successivi al ritrovamento di Scieri. In particolare gli si chiede perché, scoperto il fatto, nel suo ruolo di comandante della Folgore non abbia chiamato a raccolta i suoi subalterni e non abbia intimato di attivarsi immediatamente per ricostruire la dinamica dei fatti e fare emergere la verità e le responsabilità conseguenti. Su questo punto torneranno a più riprese quasi tutti i membri della Commissione senza che il Generale modifichi la sua ricostruzione e interpretazione dei fatti. Dalla risposta del Generale Celentano emerge che non furono presi provvedimenti specificamente destinati a indagare l'accaduto. Celentano asserisce che sicuramente avrà commentato l'accaduto «come un fatto negativo» ma non ricorda riunioni con i sottoposti ad hoc. Dalle parole, dal comportamento e dal tono di Celentano emerge l'ordinarietà con cui la morte dell'allievo Scieri venne trattata. Il Pag. 62Generale ritiene siano sufficienti gli ordinari colloqui con il personale, in particolare cita i cinque minuti quotidiani di richiamo al rispetto delle regole, espletati ogni mattina, peraltro quasi esclusivamente nella sede di Livorno. Per quanto riguarda invece ulteriori colloqui, volti a chiarire i nodi problematici dell'accaduto (in particolare vengono sottolineati: la mancata ricerca del militare, rientrato in caserma e assente al contrappello; il precedente degli atti di nonnismo verificatisi sui pullman che trasportano i militari dal Car di Firenze alla caserma «Gamerra»), il ragionamento di Celentano è interamente imperniato su un rispetto formalista e pedissequo dei regolamenti e della catena del comando.
  In qualità di comandante di Brigata Celentano non ritenne, infatti, che fosse suo compito verificare la dinamica dell'accaduto attraverso colloqui straordinari, non essendo autorizzato dal regolamento a impartire sanzioni: di questo, egli sottolinea a più riprese, avrebbe dovuto eventualmente occuparsi il comandante di Corpo (il defunto Corradi).
  Dalle dichiarazioni di Celentano sembra chiaro che, al di là, della questione formale egli non avvertisse neanche l'urgenza morale di fare luce immediatamente sulla morte di un allievo all'interno della caserma «Gamerra». A tal proposito, lo scambio tra il Generale e la Commissione si fa a tratti duro. I parlamentari insistono sul fatto di non credere che nessuno sapesse nulla, che è inconcepibile una totale assenza di dialoghi e colloqui fra gli ufficiali sull'accaduto, che tutto si svolgesse nell'ordinarietà di riunioni periodiche, dalle quali peraltro, secondo le dichiarazioni di Celentano, non emerse mai nulla. Incalzato e invitato a definire la natura di questo silenzio, Celentano lo definisce «omertà».

  PRESIDENTE: «Cosa è venuto fuori ?»

  ENRICO CELENTANO: «Nulla, signora. Li’ per lì’ non e’ venuto fuori nulla, ma neanche dopo. Dopo 17 anni non e’ venuto nulla.»

  PRESIDENTE: «Come la chiama lei questa ?»

  ENRICO CELENTANO. «Omertà.»

  Rimane oscura la natura della telefonata riscontrata dagli inquirenti nel corso dell'indagine della magistratura che partì intorno alle 23,00 del 13 di agosto dalla caserma «Gamerra», da un cellulare in uso al Generale Celentano e diretta alla sua abitazione di Livorno, mentre il corpo di Scieri giaceva sotto la torretta.
  A tal proposito, Celentano dichiara di trovarsi a Livorno a quell'ora del 13 agosto, di non aver dunque effettuato la chiamata da Pisa; di non ricordare inoltre di aver ricevuto tale chiamata, ma di poter escludere che, se telefonata c'era stata, si fosse parlato di Emanuele Scieri; che ciascun comandante aveva in uso un proprio cellulare e che è dunque strano che qualcuno degli ufficiali potesse avere utilizzato un telefono in uso a lui. La magistratura all'epoca non approfondì questa circostanza, nonostante la richiesta di opposizione Pag. 63all'archiviazione presentata dall'allora difensore avv. Ettore Randazzo, nel procedimento per omicidio colposo per le mancate ricerche.

10.2 Audizione del Generale Giovanni Fantini – 27 febbraio 2017.

  L'audizione del Generale Fantini ha luogo il 27 febbraio 2017, ed è successiva alle audizioni del Gen. Celentano, e del comandante Cirneco. All'epoca dei fatti Fantini era Colonnello e vice comandante della Folgore, secondo cioè al Generale Celentano, un ruolo che – sottolinea – si colloca a latere del ruolo del comandante e non è dunque integrato nella catena del comando.
  Fantini, senza che gli venga esplicitamente chiesto dalla Commissione ha urgenza di concentrarsi sull'ispezione presso la caserma «Gamerra» la notte tra il 14 ed il 15 agosto 99 alle ore 5.30 del mattino, anche per colmare a suo dire, inesattezze espresse dal Generale Celentano.
  L'ispezione costituisce, dunque il primo nodo del racconto spontaneo di Fantini ma la sua deposizione è importante anche per altri tre punti, tra di essi correlati:
   la non correttezza del «rapportino della sera» redatto dagli addetti al contrappello, la sera della scomparsa di Emanuele Scieri, questione che rimanda al tema più generale dell'organizzazione e dell'efficienza in seno alla brigata;
   la questione della disciplina e del rispetto della legalità nel mondo militare e in particolar modo nella brigata, entro la quale Fantini inquadra il problema del nonnismo;
   il profilo del Generale Celentano.

  Si tratta di tre nodi fra loro correlati, a proposito dei quali l'audizione di Fantini presenta elementi di grande interesse per la ricostruzione di uno spaccato del mondo in cui maturò il caso di Emanuele Scieri.

10.2.1 L'ispezione alla «Gamerra».

  Fantini dichiara che partì da Livorno in compagnia del generale Celentano intorno alle ore 23 del 14 agosto, accompagnati un autista che sedeva sul sedile posteriore della jeep, guidata personalmente, come era sua consuetudine, dal Generale Celentano. Nel corso della notte visitarono diverse caserme, seguendo un copione del tutto simile: bussavano alla porta, si facevano aprire dall'ufficiale di picchetto, lo caricavano a bordo, percorrevano il perimetro della caserma a passo d'uomo, riaccompagnavano l'ufficiale di picchetto alla porta carraia e ripartivano. Seguendo questo copione furono visitate: la caserma Lamarmora di Siena, la caserma Gonzaga di Firenze, la caserma Marini di Pistoia, tre caserme di Pisa, la Piazza d'Armi, l'Artale e, infine, la caserma «Gamerra», presso la quale il trio giunse presumibilmente tra le 5.30 e le 6.00 del mattino del 15.

Pag. 64

  La Commissione ha chiesto ufficialmente alla Brigata Folgore di consegnare prova delle superiori ispezioni ma nessun documento attesta che siano state eseguite di tali ispezioni presso tutte le caserme citate.
  Proseguendo nel racconto del Colonnello Fantini, nell'ispezione presso la «Gamerra» ad aprire fu l'ufficiale di picchetto Tringale, che a dire di Fantini «voleva fare il difficile». Fantini gli intimò di aprire celermente e di salire a bordo e cominciarono a percorrere il perimetro della caserma.
  Qui Fantini segnala un'inesattezza nel racconto del Generale Celentano. Mentre Celentano dichiara di avere effettuato il giro del perimetro della caserma, senza essere sceso dall'auto, Fantini ricorda che scesero dalla jeep nell'area delle torri di addestramento. Fantini ribadisce più volte che nulla di anomalo fu notato quella notte e che non ebbe modo di percepire né odori né rumori speciali. Alla fine del veloce giro fecero scendere Tringale dalla jeep e ripartirono alla volta di Livorno, sede del comando.

10.2.2 La natura «anomala» dell'ispezione e la data in cui fu stabilita.

  È lo stesso Fantini a definire, sin dall'incipit del suo racconto l'ispezione del 14/15 agosto 1999 come «anomala». In effetti a precisa domanda della presidente dichiara che a sua memoria il Generale Celentano non aveva mai effettuato altre visite simili e soprattutto non le aveva mai effettuate nella notte di Ferragosto, né prima dei fatti, né successivamente.
  Fantini si dichiara in vari punti dell'audizione «pieno di dubbi». Uno dei dubbi che lo attanagliò al momento in cui apprese i fatti fu proprio relativo all'ispezione: a posteriori, appreso l'accaduto, riflettendo su quella notte, Fantini si chiese infatti se, nell'invitarlo a partecipare all'ispezione, il Generale Celentano non avesse voluto costruirsi una sorta di alibi. Tuttavia, ricostruendo le circostanze in cui era maturata la decisione di compiere un'ispezione alla vigilia di ferragosto Fantini afferma di aver stabilito che Celentano gli propose di accompagnarlo almeno un paio di giorni prima della scomparsa di Scieri il 13 agosto 1999.
  Fantini appare molto abile nelle sue dichiarazioni durante la audizione: per un verso fornisce elementi di critica contro gli atteggiamenti del personale della «Gamerra» e per altro verso prova ad eliminare ogni dubbio, che possa sorgere nei commissari, sulla figura o su eventuali responsabilità di Celentano.
  Fantini precisa che dopo la scoperta della morte di Emanuele Scieri, appreso della convocazione di Celentano da parte del Procuratore, gli raccomandò di riferire spontaneamente dell'ispezione per evitare ogni lettura dietrologica: «Gli dissi: tu entri e gli dici dell'ispezione». La Presidente informa Fantini che Celentano, ignorando del tutto il suo consiglio, audito dal PM tacque sull'ispezione della notte fra il 14 e il 15 agosto.

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10.2.3 La questione del rapportino: importanti precisazioni sulla nozione di «mancato rientro».

  Rispetto alle deposizioni dei suoi colleghi Fantini rileva alcune importanti inesattezze.
  Fantini definisce la trascrizione di «mancato rientro» riportata nel rapportino dall'ufficiale incaricato del contrappello, totalmente scorretta e frutto di inesperienza e impreparazione: il «mancato rientro» infatti è una categoria che attiene esclusivamente alla mancata presentazione del militare al «rientro dalla licenza», mentre la vera condizione di Scieri la sera del 13 agosto è quella di «assente al contrappello». Questo punto è già molto chiaro alla Commissione che mostra a Fantini la copia dello stampato per la stesura del rapportino, documento agli atti delle indagini della Procura. Fantini afferma di essere pienamente consapevole delle implicazioni di questa «inesattezza» e che l'errore nella definizione dello status di Emanuele Scieri al momento del contrappello è questione sostanziale e non formale. A partire da questa consapevolezza, pur precisando che il rapportino non era documento all'evidenza del vice comandante di brigata, Fantini afferma di non aver mai visto il modello dello stampato tra la documentazione ufficiale del corpo, di trovarlo pedestre nella concezione e scorretto nella individuazione delle categorie, e definisce i comportamenti degli addetti al contrappello opera di «capre».
  Alla domanda se sia possibile che un simile documento sia stato redatto dopo la morte di Emanuele Scieri, Fantini risponde di non saperlo e di augurarsi di no.
  In sintesi, Fantini pone un'importante distanza tra sé e quanto scritto dai suoi colleghi che, giocando sulla ambigua confusione tra «mancato rientro dalla licenza», fatto molto comune e statisticamente assai frequente, e «mancato rientro», definizione scorretta dello status di Emanuele Scieri, tendevano a mostrare l'assenza della recluta come un fatto usuale: Fantini esplicita chiaramente che una «assenza al contrappello» non era un fatto comune. Come già scritto dalla Commissione la differenza è notevole: poiché diversi commilitoni avevano riferito che Scieri era rientrato in caserma, gli addetti al contrappello avrebbero dovuto scrivere nel rapportino «assente al contrappello» e nelle note dello stampato riportare quanto riferivano le reclute dello stesso scaglione di Scieri, ovvero che Scieri trovatasi all'interno della caserma.
  Sulla questione del «nonnismo», Fantini afferma di avere sempre avuto una posizione scevra da «buonismo» ma intransigente, fondata sul rispetto assoluto della autorità dello Stato, di cui il nonnismo rappresenta una inaccettabile «parzializzazione». Egli rivendica la paternità dal foglio sul nonnismo distribuito dal Colonnello Ratti, che Fantini afferma di avere ideato per la «Nembo», quando era in servizio come comandante di reggimento. Gli allievi erano informati non solo del diritto di denunciare atti di nonnismo da parte di anziani a loro danno, ma anche del dovere di ricorrere subito alla «catena della legalità», pena una punizione analoga a quella dell'anziano, qualora l'episodio di nonnismo fosse poi emerso casualmente in assenza di una denuncia. Sulla correlazione fra la morte di Emanuele Pag. 66Scieri e il fenomeno del nonnismo Fantini dichiara di avere avuto molti dubbi e di pensare che, all'epoca dei fatti, nel formulare l'ipotesi di omicidio colposo il magistrato «avesse un po’ calcato la mano». Il caso Scieri, secondo Fantini ha rappresentato per il mondo militare e per la Folgore un enorme fallimento, una dimostrazione drammatica di inefficienza, di inettitudine, di incapacità di tenere la disciplina: «Bisognava insistere, premere e spremere», dice Fantini, dichiarando senza mezzi termini che, a suo avviso, le indagini furono condotte senza solerzia e male. Tuttavia, a suo parere, oltre a inettitudine, inefficienza e inerzia, vi fu anche l'assenza di una volontà precisa di fare emergere la verità.
  Interrogato sull'uso di droga da parte dei militari all'interno della caserma, Fantini risponde che, lungi dall'essere una piaga della «Gamerra», la droga è una piaga dell'esercito italiano. Fantini definisce il periodo dell'omicidio una fase di transizione in cui coesistevano status molto diversi, dai militari di leva, ai militari in fermo prolungato, ai militari in fermo permanente. Per chiarire la bassa qualità del personale Fantini afferma che si facevano bandi per 8000 posti con appena 3000 candidati: non c'era, insomma una vera selezione. Le caserme cominciavano a riempirsi di gente poco motivata e inadatta alla vita militare.
  Le dichiarazioni di Fantini sulle inefficienze e sull'inerzia con la quale fu affrontata l'indagine sulla morte di Emanuele Scieri, portano la Commissione ad incalzare lo stesso Fantini a proposito delle eventuali responsabilità dei vertici. Fantini precisa da subito che, in senso stretto, il ruolo di vertice all'interno del corpo era rivestito all'epoca da Cirneco, nella sua qualità di comandante del centro addestramento per gli allievi paracadutisti. Sotto il profilo strettamente formale, nella sua qualità di comandante di brigata, Celentano si trovava «al di sopra» di questi fatti. Tuttavia, come emergerà dalle sue successive dichiarazioni, al di là della responsabilità formale di Celentano, Fantini sembra non eludere la questione di responsabilità «personali». In questo senso vanno interpretate le sue dichiarazioni successive, nelle quali Fantini non accusa mai apertamente Celentano, né nessun altro collega, di negligenza, ma, attraverso una serie di aneddoti relativi alla propria esperienza personale, tende a stabilire sistematicamente una distanza molto chiara tra l'approccio che si ebbe nel caso Scieri e quello che – a suo avviso – sarebbe stato opportuno avere.
  Su domanda della Commissione Fantini ammette di avere colloquiato con il Generale Celentano sia dopo la audizione in Commissione di quest'ultimo, sia poco prima della sua personale audizione e di avere visto il video dell'audizione del Generale Celentano sul sito della Camera dei Deputati. Fantini dichiara che Celentano dopo la audizione appariva profondamente amareggiato. Alla domanda se in questa amarezza del Generale potesse esserci una sorta di rammarico per non aver fatto di più all'epoca dei fatti, Fantini apre uno spaccato importante sull'approccio del Generale Celentano alla disciplina, e lo qualifica senza alcun dubbio come un uomo, serio, molto duro con se stesso e con un altissimo senso del proprio dovere, ma troppo morbido nell'esercizio del controllo sui sottoposti. Anche in questo Pag. 67caso appare una caparbia volontà di scagionare il suo superiore da eventuali responsabilità.
  Vale la pena di riportare l'episodio riferito da Fantini di un colloquio avvenuto tra i due, prima della morte di Emanuele Scieri, in questo senso illuminante.
  Celentano chiede a Fantini «cosa dice la truppa». Fantini risponde provocatoriamente «Che il comandante della brigata è troppo severo. Una carogna !»
  «Io ? Ma che caspita dice ? !»
  E Fantini: «Si. Spietato. Un Caino !». Di fronte all'incredulità di Celentano Fantini aggiunge «Sei spietato, ma con una sola persona: con te stesso !»
  Poi aggiunge ancora:
   «Agli altri fai fare gli affari loro».

  Si comprende che Fantini prova nei confronti di Celentano rispetto e finanche affetto. Ci tiene a precisare che il Generale arrivava sempre per primo e andava via per ultimo, dava sempre l'esempio, si concedeva solo pasti frugali e brevissime pause.
  Tuttavia il suo atteggiamento nei confronti dei sottoposti si sintetizza in quella frase «Agli altri fai fare gli affari loro», che Fantini, sottolineandola di proposito, pronuncia per ben due volte.

10.2.4 La telefonata della sera del 13 agosto.

  Dalla relazione di servizio dei carabinieri del 18.8.2001 risulta in maniera inequivocabile che giorno 13.8.99 mentre Scieri si trovava, ancora vivo, ai piedi della scala, dal cellulare in uso al Generale di Celentano è partita una telefonata, dalla cella di Pisa, verso l'abitazione di Livorno del Generale Celentano.
  Fantini è sollecitato a formulare un'ipotesi circa la natura e l'origine della telefonata. Egli non è in grado di dare una risposta malgrado affermi di essersi «arrovellato» su questo nodo.
  Di se stesso dice che non ebbe mai in dotazione un cellulare di servizio per tutto l'arco della sua carriera.

10.3 Audizione del Generale Calogero Cirneco del 30 gennaio 2017 – Comandante della caserma «Gamerra».

  L'audizione del comandante Cirneco, assente dalla caserma «Gamerra» all'epoca dei fatti, presenta un certo rilievo per le incongruenze a giustificazione della mancata ricerca di Emanuele Scieri, assente al contrappello del 13 agosto. Essa apre inoltre uno spaccato sulle relazioni tra la famiglia e il mondo militare dopo la morte di Scieri, nonché sulle tensioni fra mondo militare e stampa all'epoca dei fatti. Sulla questione del «nonnismo» l'atteggiamento di Cirneco non appare reticente, tuttavia la sua deposizione non aggiunge molto a quanto già noto alla Commissione e lascia aperti alcuni interrogativi circa il ruolo dei «caporali».

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10.3.1 La scoperta del corpo e le prime indagini.

  All'epoca dei fatti Calogero Cirneco era comandante della scuola militare di paracadutismo. Non ha mai incontrato da vivo Emanuele Scieri, sia al momento dell'arrivo, che al momento di ritrovamento del corpo, era assente dalla sede di Pisa, ove lo sostituiva il vicecomandante della scuola Pierangelo Corradi.
  Cirneco apprende del rinvenimento nel tardo pomeriggio del lunedì 16, mentre si trova ad Abano Terme e rientra alla caserma «Gamerra» martedì 17 agosto e si reca in ospedale ove sono presenti i medici legali della procura, il medico della famiglia, il medico militare
  Cirneco vuol sottolineare due punti: il conflitto con la famiglia fu immediato e non lasciò spazio a un'interlocuzione serena in quanto il medico legale della famiglia riteneva che Scieri fosse deceduto in seguito a lunga agonia; esso fu pesantemente condizionato dall'intervento della stampa. Passò così immediatamente sui media la versione della lunga agonia, che aggravò le responsabilità dell'ambiente militare per il dubbio che, con ricerche più tempestive, il giovane si sarebbe potuto salvare.
  La Commissione, sottolineando che la responsabilità esiste e prescinde dai tempi del decesso pone domande in ordine alla mancata ricerca. Cirneco risponde che in quei giorni la caserma «Gamerra» era sguarnita di personale. Egli stesso aveva chiesto e ottenuto che le esercitazioni previste per il mese di agosto fossero sospese e riprese in settembre e che la maggior parte del personale, quadri inclusi, fosse mandato in licenza.
  Sul perché Scieri – pur provenendo dalla Sicilia – non fosse stato mandato in licenza Cirneco non sa dare spiegazioni.
  Cirneco viene interrogato sui fatti del mattino del 13 e afferma di aver ricostruito i fatti sulla base di quanto gli fu riferito ma anche d'indagini da lui stesso svolte al rientro in caserma. Alla domanda sul perché l'assenza del giovane non destò preoccupazione, Cirneco afferma che durante il contrappello quella sera gli risultava ci fosse stata un po’ di confusione, trattandosi della prima volta che le reclute dormivano in camerata. Gli viene fatto presente, però, che tra i commilitoni di Emanuele in molti segnalarono agli addetti al contrappello che il giovane era già rientrato in caserma. Cirneco risponde che questa circostanza gli fu nota solo in seguito grazie agli atti, ma che a lui fu riferito nell'immediato che Scieri era riuscito dalla caserma. Cirneco dichiara che i responsabili del contrappello scrissero nel rapportino «assente al contrappello» ma la Commissione lo smentisce, facendogli presente che scrissero, invece, «mancato rientro». I responsabili lasciarono vuota la sezione «Note» del rapportino che, secondo quanto afferma Cirneco era pensata per «casi particolari» e veniva molto raramente compilata. All'obiezione che una «assenza al contrappello» era un fatto piuttosto raro e dunque degno di nota, Cirneco suppone che la confusione fosse ingenerata dalle dichiarazioni di Viberti, in particolare da quella secondo cui Scieri era andato a fare una telefonata: questo poteva lasciare supporre che il giovane fosse uscito nuovamente.
  Si tratta di un passaggio importante perché la tesi secondo cui non c'era motivo di preoccupazione verte proprio sul fatto che tutti fossero Pag. 69convinti che Emanuele Scieri, quella sera, fosse uscito dalla caserma «Gamerra». Questa convinzione, nella versione di Cirneco, sembra nascere dalle dichiarazioni di Viberti al contrappello. Questo punto è duramente contestato dalla Commissione. Risulta infatti, dagli atti dell'inchiesta della Procura e dalle dichiarazioni dei commilitoni auditi, che al contrappello Viberti tacque: non disse agli addetti al contrappello di avere lasciato Scieri nei pressi della torretta dove venne trovato dopo tre giorni. Vi furono invece numerose altre reclute, che segnalarono che Scieri era rientrato in caserma.
  Cirneco esita nel giustificare il comportamento degli addetti al contrappello, i quali, ricorda la Commissione (sulla base delle testimonianze dei commilitoni), dissero agli allievi che a Scieri ci avrebbero pensato loro. Si comprende che i capi militari non approfondirono il caso, perché si basarono su voci apparse sulla stampa e su voci di caserma. A tal proposito la Commissione cita un'intervista del comandante Cirneco del 19 agosto 1999, rilasciata a «Il giornale», nella quale il militare giustifica le mancate ricerche dicendo «Viberti ci disse che era uscito dalla caserma per telefonare» – circostanza che non corrisponde agli atti di indagini. La Commissione contesta questa ricostruzione dei fatti, in quanto tale dichiarazione di Viberti è successiva al ritrovamento del corpo.
  Cirneco ribadisce più volte che ritiene che non ci furono inefficienza o incuria nel comportamento dei responsabili militari, dal comando della brigata a quello della scuola. Piuttosto, tutti i comandanti coinvolti nel fatto furono poi penalizzati dai vertici dell'esercito e dallo Stato Maggiore, nel corso delle proprie carriere, per quanto formalmente esonerati da ogni responsabilità non solo penale, ma anche disciplinare. Corradi, infatti, era naturalmente destinato a succedere a Cirneco alla guida della scuola di addestramento, ma questo non avvenne più. Cirneco stesso fu depennato dell'elenco dei selezionati per tenere il corso del Centro di Alti Studi. Inoltre, dopo pochi giorni, fu rimosso dall'incarico di comandante della scuola di addestramento, cosa che gli impedì nei fatti di fare luce oltre su quanto avvenuto, e fu lasciato «a disposizione» del comando della brigata per sei mesi (dunque privato di un incarico effettivo). La Commissione rileva però che il Generale Celentano fu promosso a Capo di Stato Maggiore al Comando delle Forze di Proiezione.
  In ordine al Viberti, la Commissione chiede per quali ragioni egli fu trasferito tempestivamente presso altra sede, con un ordine del 17 agosto, praticamente all'indomani del ritrovamento del corpo di Scieri. Cirneco dichiara di esserne totalmente all'oscuro e di potere solo avanzare che lo si voleva isolare per non contaminare le dichiarazioni degli altri. «Questa era una possibile ipotesi, ma nessuno mi ha detto chiaramente perché venisse trasferito».
  Alla Commissione appare alquanto strano che il comandante della «Gamerra» non conosca i motivi del trasferimento la provenienza dell'ordine, né tantomeno chi lo impartì. La Commissione rileva tale trasferimento del Viberti dal foglio matricolare acquisito dal comando militare. Di detto trasferimento non si fa menzione negli atti di indagini.

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10.3.2 Il nonnismo.

  Cirneco mostra senza reticenze di essere consapevole che in caserma avvenissero episodi di prevaricazione. Si dice al corrente di molte delle pratiche emerse nel corso dell'inchiesta e cita alcuni atti «classici»: il cucù, il juke box, il gavettone, la comunione.
  A differenza di Celentano, Cirneco ricorda bene la Commissione di Studio sul fenomeno del nonnismo istituita dallo Stato Maggiore dell'Esercito, ma afferma di non essere a conoscenza del fatto che Celentano fosse stato convocato dalla Commissione difesa del Senato. Di fronte al congruo elenco di episodi di nonnismo accertati, avvenuti nei primi mesi del 1999, ben 7 episodi tra gennaio e luglio, Cirneco afferma di essere a conoscenza solo di quello che fu denunciato e da lui sanzionato. Rimane fermo nel ribadire di non aver messo in relazione la scomparsa di Scieri e la sua morte in circostanze opache con il «clima» che c'era nella caserma e nella brigata. Egli stabilisce una differenza fra i paracadutisti del corso permanente, che i comandanti tenevano ben lontani dalle reclute – fisicamente alloggiati in una parte separata della caserma, e i «caporali» che invece stavano a contatto tutti i giorni con le reclute e ne condividevano le camerate.
  Per ciò che concerne i fatti della mattina del 13 agosto, Cirneco (posizione della sfinge) egli afferma di avere saputo che le prevaricazioni erano avvenute solo su uno dei due pullman, quello su cui non viaggiava Emanuele Scieri (così come è stabilito anche nella relazione sull'indagine interna svolta dal Generale Antonelli). La Commissione però informa Cirneco che, anche dagli atti di indagine del 1999 dalle dichiarazioni di numerosi allievi, emergeva che anche sul pullman di Emanuele Scieri erano avvenuti pesanti atti di nonnismo, fra cui il «battesimo» a Palatresi.
  Cirneco ribadisce di non essere mai venuto a conoscenza di questo episodio «perché nell'immediatezza della scoperta del corpo di Scieri il Colonnello Corradi aveva subito provveduto ad avviare delle indagini e per fare questo aveva fatto riunire il personale che aveva viaggiato sui pullman in due aule...»
  Appare chiaro che la ricognizione avviata da Corradi sui fatti del mattino del 13 mette in luce solo parzialmente quanto avvenuto sui pullman. Divisi in due aule sulla base dell'appartenenza ai due pullman, e interrogati sui fatti, gli allievi hanno atteggiamenti diversi: un gruppo denuncia subito i fatti e dà il via all'indagine disciplinare e poi penale, l'altro, proprio quello che aveva viaggiato con Emanuele Scieri, – scortato dall'ufficiale comandante di autocolonna, tace. Gli episodi avvenuti sul pullman di Scieri emergeranno solo più avanti, nel corso di colloqui individuali, in sede di indagini della procura ordinaria.
  Su questa difficoltà ad accertare i fatti nell'immediato, Cirneco insiste sul dato che il nonnismo, proprio in quanto perseguibile e perseguito, è un fenomeno nascosto. All'interno della caserma «Gamerra» esso veniva fronteggiato con le normali attività di controllo, ispezioni, scambi con le truppe, con l'aiuto dell'ufficiale consigliere e del cappellano militare. Tuttavia trattandosi di pratiche illegali vi era molta cura nel nasconderle. «In genere l'episodio di nonnismo, più che Pag. 71dalla scoperta dell'autore, veniva fuori dalla denuncia di chi lo subiva, perché solo in questo modo era possibile sapere che era avvenuto un episodio.».
  In ogni caso i comandanti non ritennero di stabilire alcuna correlazione tra i fatti accaduti in pullman la mattina del 13 agosto e quanto accaduto la sera dello stesso giorno. Una delle ragioni è che «il personale che era presente in caserma in quel periodo era ridotto all'essenziale, quindi di conseguenza non c'erano persone che erano senza far nulla o che bighellonavano in giro per la caserma, erano in ozio, per cui sfogavano la loro intenzione verso altri.».
  Questa affermazione è duramente contestata dalla Commissione che fa presente come per un atto di nonnismo sia sufficiente anche un solo soggetto, e – soprattutto – che quella sera nella caserma erano presenti gli stessi individui che, senza farsi troppi scrupoli di essere scoperti, si erano resi colpevoli delle prevaricazioni a danno delle reclute sui pullman.

10.3.3 Un'ipotesi su quanto accaduto.

  Posto che, come emerge da tutta la ricostruzione dei fatti da parte di Cirneco, l'ipotesi che Scieri potesse essere rimasto vittima di atti di nonnismo non fu presa in nessuna considerazione al momento del «mancato rientro», e che fu considerata solo in seguito alle risultanze dell'autopsia, ma soprattutto a causa degli orientamenti della stampa, a Cirneco viene chiesta la sua personale opinione sulle circostanze della morte di Emanuele Scieri.
  Cirneco afferma di avere esaminato tre possibilità:
  «La più grave era quella dell'omicidio, ancorché preterintenzionale, cioè non voluto. Sono poi passato al suicidio per poi arrivare all'incidente. Inizialmente avevo puntato sul suicidio, perché mi era stato riferito che nella tasca dei pantaloni o comunque degli abiti di Scieri era stata trovata una ricetta medica con cui venivano prescritti dei farmaci antidepressivi».
  L'ipotesi del suicidio era stata poi scartata, soprattutto sulla base delle testimonianze dei commilitoni, che descrivevano Emanuele Scieri come un giovane maturo, con una personalità forte al punto da essersi guadagnato la leadership del suo gruppo di commilitoni. Questo era in contrasto con l'ipotesi che prendesse antidepressivi. La Commissione informa Cirneco che la perizia tossicologica stabilì che Scieri non aveva assunto antidepressivi. Tuttavia Cirneco non sembra aver dato peso alla questione degli antidepressivi, ritenendo molto affidabili le testimonianze sulla personalità equilibrata di Scieri. Il ruolo di leader assunto da Scieri la sua autorevolezza agli occhi dei commilitoni, spinge piuttosto Cirneco a pensare a una sfida, una prova solitaria per verificare la propria reazione all'altezza, dovuta alla preoccupazione di non superare l'esame e finita tragicamente (si tratta in sostanza della stessa teoria sostenuta da Celentano e da Ratti).
  Cirneco sottolinea che la torre di prosciugamento da cui sarebbe precipitato «è simile a quella che si vedeva nei filmati di promozione della domanda ai paracadutisti, in cui si salta su un telo tondo da Pag. 72un'altezza di circa 4 metri e per accedere a questo piano si sale su una scala».
  Questa convinzione di Cirneco sarebbe stata rafforzata dalle confidenze di un non meglio identificato commilitone di Scieri, il quale gli dichiarò che Scieri era preoccupato di non superare la prova al punto da non poter dormire la notte e da dover prendere pillole per dormire.
  La Commissione giudica questa confidenza un fatto di grande rilievo e contesta a Cirneco di non aver menzionato questo colloquio né nelle relazioni di servizio fornite ai carabinieri che conducevano le indagini, né nella relazione tecnico-disciplinare.
  Cirneco si giustifica dicendo che la confidenza fu informale.
  La Presidente lamenta che in qualità di pubblico ufficiale avrebbe dovuto scriverlo, che è alquanto sospetto che questo ricordo appaia solo a distanza di molti anni e che le relazioni impeccabili presentate da Cirneco stesso e dal Generale Antonelli, così puntuali e ricche di informazioni e deduzioni, non ne rechino alcuna traccia.
  Cirneco afferma in risposta che il dato fu tralasciato perché l'ipotesi del suicidio era stata abbandonata. Si tratta di una risposta non congruente, perché egli stesso ha appena dichiarato che questa confidenza avvalorava un'ipotesi alternativa al suicidio, quella cioè di una prova solitaria nata dall'ansia di prestazione e finita male. Dunque, caduta l'ipotesi del suicidio, piuttosto che abbandonare questa pista e tralasciare il dettaglio, sarebbe stato logico riportare e approfondire quanto confidato dal commilitone.
  In Commissione si instaura un lungo confronto con Cirnieco a proposito della sua convinzione che Emanuele Scieri si sia arrampicato spontaneamente su quella scala, durante il quale confronto Cirneco afferma di ignorare molte delle circostanze emerse nel corso delle indagini della magistratura che inficiarono solidamente l'ipotesi dell'incidente. Si dice non al corrente dell'inquinamento della scena del ritrovamento, delle ferite sulle mani, della posizione del corpo sotto il tavolo, difficilmente compatibile con una caduta «naturale», e di molti altri dettagli relativi alle condizioni del corpo. Dal lungo discorso che Cirneco fa sul suo personale rapporto con l'evento, emerge una sorta di ripiegamento «difensivo» sull'ipotesi dell'incidente (che, per inciso, Cirneco sostiene anche dopo aver appreso i numerosi dettagli che sconosceva), un allontanamento mentale non tanto dalla responsabilità, quanto dalla lettura accusatoria che diveniva prevalente nell'opinione pubblica con un impatto anche sul suo vissuto familiare. Dalle sue parole emerge la valutazione che quella sorta di «arroccamento» sull'ipotesi del suicidio prima, dell'incidente poi, così diffusa tra i vertici militari coinvolti, fosse anche una reazione alla lettura univoca che diedero i mass media dei fatti.
  «Da nessuna parte c’è stata un'analisi che potesse tenere conto delle varie possibilità, ma sin dall'inizio c’è stata una comunicazione più o meno unidirezionale. Questo chiaramente implica in maniera anche non voluta una spinta a contestare o a contrastare quello che viene detto, specialmente se viene detto non per chiarire, ma per accusare».

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10.3.4 La telefonata della notte del 13 agosto da Pisa a Livorno.

  Interrogato dalla Commissione, Cirneco dichiara che i militari dotati di cellulare, oltre a lui, erano Corradi e il comandante di battaglione, di cui, però non ricorda il nome. Cirneco afferma di non ricordare dove avesse lasciato il cellulare di servizio, se l'avesse portato con sé durante il periodo di assenza o se l'avesse lasciato presso la caserma «Gamerra». Di certo aveva con sé un cellulare quando fu raggiunto dalla notizia, perché questa gli pervenne mentre era fuori dall'albergo (di Abano Terme, dove si trovava). Può darsi che si trattasse di un cellulare personale, dal momento che al tempo erano già abbastanza diffusi. Sa per certo che Corradi provò prima a cercarlo in albergo.
  Le schede SIM dei cellulari in servizio erano presumibilmente del gestore di Telecom (TIM), visto che si trattava delle prime. Il cellulare di Cirneco non era intestato a lui personalmente, ma al comandante del reparto. I cellulari venivano tutti assegnati al reparto che poi li ripartiva, «nella disponibilità degli incarichi previsti dal comando Brigata», quindi potevano essere assegnati a Comandante, vice comandante e comandante di battaglione. Ciò per quanto riguarda i cellulari. Cirneco non crede che qualcuno abbia telefonato al Generale Celentano dalla caserma «Gamerra». Questo non sarebbe mai avvenuto se non per un fatto molto grave, quale poteva essere la notizia della morte di Scieri, ma in questo caso Cirneco dubita fortemente che a fronte di una simile notizia si sarebbe voluto o potuto tergiversare per quasi tre giorni.
  «Ammesso che qualcuno all'interno della caserma avesse telefonato al comandante della brigata per informarlo di un fatto così grave, il comandante della brigata non aveva motivo di ignorare la questione, ma anzi doveva intervenire immediatamente, tenuto conto anche del normale carattere e comportamento di Celentano come comandante della brigata. Anche se naturalmente non ho la certezza assoluta perché non ero presente e non ho elementi per dirlo, però dal punto di vista dalla conoscenza dei comportamenti degli individui io sono portato ad escluderlo».
  Quando la Commissione chiede a Cirneco di avanzare ipotesi sui contenuti della telefonata, egli risponde che poteva riferirsi «ad altri fatti». Cirnieco comunque sostiene che o il vicecomandante Corradi, oppure l'ufficiale Capitano d'ispezione oppure l'ufficiale di servizio al comando avrebbero potuto contattare Celentano, ma di certo solo a fronte di un fatto grave.

10.3.5 L'ispezione della notte tra il 14 e il 15 agosto.

  Cirneco afferma di non ricordare di essere venuto a conoscenza dell'ispezione.

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10.4 Audizione del Colonnello Emilio Ratti – 30 gennaio 2017.

  Il Colonnello Emilio Ratti, in pensione dal 2013, apre l'audizione affermando che ancor prima di essere convocato dalla Commissione aveva chiesto, tramite alcuni esponenti politici (egli ricopre la carica di consigliere nel comune di Santo Stefano di Magra – SP) di essere sentito dalla Commissione, dal momento che il caso Scieri aveva segnato la sua vita, per il senso di responsabilità, per la violenza della campagna stampa che all'epoca descriveva il mondo militare come un modo «poco permeabile» e omertoso e ciò ingiustamente, a suo dire, a fronte di un poderoso sforzo collaborativo del mondo militare. Ricorda che il caso fu «devastante nella routine di una caserma», ma che lui e i suoi colleghi percepirono da subito una freddezza delle istituzioni, di fronte agli attacchi della stampa. Egli desidera far comprendere alla Commissione che l'atteggiamento dei militari all'epoca fu collaborativo. Egli venne incaricato nell'immediatezza di redigere gli elenchi dei militari presenti in caserma quella sera: un compito che descrive complicato, per il permanere in caserma di militari in licenza che di fatto dormivano però alla «Gamerra», e di altre situazioni «informali».
  All'epoca della morte di Emanuele Scieri, Emilio Ratti rivestiva il ruolo di comandante di battaglione. Il battaglione aveva tre compagnie: una compagnia «comando e servizi» e due compagnie di allievi. Delle due compagnie arrivate, una faceva subito il corso e l'altra avrebbe svolto il corso successivo. In una di queste era Emanuele Scieri. Ratti asserisce di non ricordare di aver incontrato Scieri il 13 agosto per il fatto che aveva preso due giorni di licenza per ferragosto. Tuttavia la Commissione gli fa presente che secondo le ricostruzioni agli atti, andò, sì, in licenza, ma solo dopo aver accolto i giovani dello scaglione di Scieri 7/99. (vedasi la relazione tecnico-disciplinare redatta all'epoca dei fatti dal Gen. Antonelli, oggi deceduto).
  Viene chiesto al Colonnello perché avesse sentito il bisogno di far firmare alle reclute appena arrivate dello scaglione 7o/99 un modulo, con cui si impegnavano a denunciare atti di nonnismo.
  Ratti racconta di avere promosso lui stesso questa iniziativa, scosso da un episodio avvenuto una settimana prima della morte di Scieri, cioè dopo che un militare aveva denunciato degli atti di nonnismo subiti alla «Gamerra». In particolare, il militare vittima di questi atti, consistenti nell'obbligo di effettuare flessioni mentre gli venivano inferti pugni sotto le ascelle, era l'addetto alla posta personale dello stesso Ratti. Al Colonnello, però, il giovane non aveva mai detto nulla. La circostanza emerse soltanto quando la mamma della recluta chiamò in caserma per segnalare i fatti al posto del figlio.
  L'on. Prestigiacomo domanda al Colonnello se fino al momento di quella denuncia di una madre egli ignorasse il fatto che in caserma avvenivano atti di nonnismo, sottolineando che prima di lui, il Generale Cirneco aveva ammesso che quelle pratiche erano notoriamente poste in essere dagli anziani in caserma. Ratti non sente di condividere la posizione del Generale Cirneco in merito a quest'ultimo punto, tuttavia dichiara che i fatti accaduti al suo sottoposto lo avevano messo in crisi, per l'incapacità di «leggere negli occhi di quel Pag. 75ragazzo» – che pur vedeva ogni giorno e con cui era solito scambiare più di qualche battuta – un segno del profondo disagio poi denunciato dalla madre. Aveva dunque stilato quel modulo, come una sorta di autocertificazione in grado di fare emergere il disagio qualora ve ne fosse stato bisogno.
  Ratti dichiara che rientrò dalla licenza il lunedì mattina ma nessuno lo informò della scomparsa di Scieri. Ciò dipendeva, a suo avviso, dal fatto che i «mancati rientri» erano fatti piuttosto usuali, per cui si attivava un protocollo «di rito» di segnalazioni ai carabinieri. Malgrado Ratti avesse fama di essere vicino agli allievi, egli, interrogato, afferma che nessuno gli fece cenno del fatto che Scieri era rientrato in caserma e si era attardato a fumare una sigaretta con Viberti. Secondo Ratti questi particolari emersero solo successivamente.
  Intorno alla questione del nonnismo, l'atteggiamento di Ratti appare quantomeno contraddittorio: la dichiarata attenzione e sensibilità al fenomeno trova un limite nella pressoché totale negazione dell'esistenza del fenomeno in concreto, all'interno del corpo e della caserma «Gamerra».
  In merito al grave episodio di prevaricazione avvenuto sul pullman in viaggio da Scandicci a Pisa – su domanda della Commissione – Ratti tenta palesemente di minimizzare l'accaduto anche a fronte di fatti accertati e di fronte alla realtà che tale episodio fu oggetto di condanna penale. Egli esordisce ricordando (erroneamente) che molte fasi dell'evento furono poi smentite. Quindi afferma di pensare che il riscaldamento fosse al massimo a causa di un guasto; di non essere a conoscenza delle pratiche che furono messe in atto quel giorno dai caporali Cinelli, Tatasciore e Mesiti, incaricati di sorvegliare il trasferimento degli allievi (finestrini chiusi, riscaldamento al massimo, obbligo di tenere la posizione «della sfinge» per tutto il viaggio, strappo delle mostrine e sfregamento delle stesse sul viso di alcuni allievi); di non sapere che il fatto era stato oggetto di denuncia e di condanna penale. Su questo aspetto Ratti si giustifica dicendo che «alcuni fatti passano alla magistratura e non tornano da noi».
  Dichiara che in caserma nessuno prendeva seriamente l'ipotesi di un suicidio. Corretto fermamente dalla Commissione, sulla base delle dichiarazioni allora rilasciate alla stampa dal comandante Cirneco e dal Generale Celentano, che avvalorarono pubblicamente l'ipotesi di suicidio, si corregge precisando di riferirsi a se stesso e a Corradi, in particolare.
  In ogni caso mostra chiaramente che nei vertici militari non fu presa in considerazione l'ipotesi del nonnismo che a dire di Ratti prese corpo solo dopo l'intervento della stampa.
  Nel corso dell'audizione la posizione di Ratti non muta: egli si dichiara fermamente all'oscuro di ogni genere di pratiche di nonnismo, fatta eccezione di quelle formalmente emerse per regolare denuncia. Su questo aspetto Ratti sarà fermo, non facendo nessuna ammissione, neanche sulle pratiche definite «correnti» da molti dei militari interrogati, anche dal Generale Celentano. Verso la fine dell'audizione la Commissione, sensibile alle contraddizioni di Ratti – che mostra una posizione tanto assoluta quanto inconciliabile con il quadro emerso dalle audizioni dei superiori auditi in precedenza – Pag. 76interroga specificamente il Colonnello su ogni singola pratica di quelle emerse nel corso dell'inchiesta della Commissione (le «prove di coraggio», le «pompate», ammesse con scioltezza dalla stragrande maggioranza degli auditi, come una pratica quotidiana, il «dentifricio», la «saponetta», la «comunione», il «lucido»). Per ciascuna di esse Ratti nega di avere qualsiasi conoscenza diretta, nella sua qualità di superiore e di referente per gli allievi.
  Esattamente come il comandante Cirneco ed il Generale Celentano, il Colonnello Ratti afferma – seguendo una propria visione soggettiva – di aver subito pensato che Scieri si fosse arrampicato da solo per misurare le sue capacità. A supporto egli racconta un aneddoto personale che lo vide frequentare da civile, all'insaputa dei colleghi, lo stesso corso avanzato di paracadutismo che avrebbe dovuto affrontare di lì a poco da militare, in una fase già avanzata della sua carriera. La stessa preoccupazione di essere pronto, di non sfigurare di fronte a reclute più giovani, Ratti la attribuì in quella circostanza a Emanuele Scieri, come motivazione della sua «prova solitaria».
  La Commissione contesta a Ratti che le esercitazioni erano state sospese per alcune settimane (vedasi Relazione Tecnico-Disciplinare – punto 2 – Periodo temporale, del 30 agosto 1999 a firma Corradi Pierangelo, Colonnello, Capo Reparto Addestrativo ed audizione Ercolani Christian del 28 settembre 2016, oltre a quella del Gen. Cirneco), le prime prove di lancio si sarebbero pertanto svolte circa un mese più tardi; a partire da ciò si faceva assai meno probabile l'ipotesi di una prova solitaria di coraggio così immediata, il giorno stesso dell'arrivo a Pisa. Inoltre poco dopo il fatto, fu noto che Scieri riportava alcune ferite incompatibili con la caduta, in particolare le ferite al piede, come già sostenuto dai consulenti in fase di indagini iniziali della Procura e dalla consulenza redatta dal dott. Boffi della Polizia Scientifica di Roma, e dell'ing. La Cava, affidata dalla Commissione.
  Sulla figura di Viberti, Ratti precisa di non aver parlato personalmente con lui, cosa che fece invece il Generale Antonelli. Il racconto di Viberti, però, non lo convinceva. Si stupì della circostanza che Viberti, al contrappello, non avesse avvertito di essersi trovato in compagnia di Emanuele poco prima, o ancora che non gli fosse venuto in mente di andarlo a cercare: immaginando di trovarsi nei suoi panni infatti, il Colonnello pensa che avrebbe certamente agito, cercandolo. Sempre in merito a Viberti, Ratti non ricorda che fu messo in disparte, o meglio, sotto protezione, ma ricorda che nel giro di qualche giorno fu trasferito [in realtà ne fu disposto immediatamente il trasferimento, già da giorno 17 agosto, come risulta dagli atti acquisiti dalla Commissione, ma l'ordine di trasferimento presso altro corpo fu eseguito mesi dopo. Si veda a tal proposito il verbale dell'audizione di Stefano Viberti, il 16 dicembre 2016]. L'idea che se ne era fatta era quella del «classico montanaro, anche un po’ tontolone», ma poi rimase stupito dalla fermezza (24) con cui Viberti fu capace di tenere la sua posizione fino alla fine.
  A proposito della chiamata che partì dalla cella telefonica della caserma «Gamerra» verso l'utenza fissa dell'abitazione del Generale Pag. 77Celentano, Ratti afferma di non esserne stato a conoscenza e di non avere elementi utili. Alla domanda su chi potesse chiamare Celentano a quell'orario a casa, Ratti risponde che se la chiamata passò dal centralino, chiunque avrebbe potuto effettuarla, in caso contrario (come nei fatti avvenne) solo il comandante della caserma Corradi.
  Emerge dalla relazione di servizio dei Carabinieri che la telefonata non passò dal centralino ma partì da un cellulare in uso al Generale Celentano.
  L'audizione di Ratti, ultima di ben quattro audizioni avvenute il 30 gennaio in ora tarda, è costellata di schermaglie e momenti di tensione. Le dichiarazioni di Ratti sono palesemente influenzate da una volontà di riscatto dell'immagine dell'ambiente militare e da una certa animosità nei confronti della stampa e della politica. I contenuti dell'audizione del Colonnello Ratti, non appaiono particolarmente rilevanti, in termini di informazioni aggiuntive sui fatti, o di ricostruzione di spaccati della vita militare. Il contributo conoscitivo è basso. Verso la fine dell'audizione appare chiaro che la ragione principale del desiderio di essere audito da parte di Ratti era la speranza di portare in Commissione a rappresentanti di forze politiche giovani, nate in un'epoca successiva ai fatti, una valutazione meno dura, meno pregiudiziale nei confronti dell'operato dei militari. Ratti, infatti, reputa pregiudiziale, l'atteggiamento assunto dalle forze politiche all'epoca dei fatti.
  Nel complesso l'atteggiamento dell'audito, in particolare sulla questione del nonnismo, appare reticente, poco credibile, a maggior ragione date le contestuali ammissioni degli altri militari, sia a lui sottoposti, sia superiori, a partire dal Generale Celentano.

11. Elementi raccolti dalla Commissione che hanno condotto alla richiesta alla Procura della Repubblica di riapertura delle indagini penali.

  La Commissione, intrecciando gli elementi acquisiti nel 1999 dalla magistratura con nuovi elementi di indagine, acquisiti attraverso le audizioni in Commissione, attraverso i consulenti, attraverso la polizia postale, la polizia scientifica, attraverso l'acquisizione dei ruolini dalla caserma «Gamerra», dei fogli matricolari dei paracadutisti, ha fornito nuovi elementi sul clima generale che regnava all'epoca, in quel presidio dello Stato. La Commissione ha anche evidenziato nel dettaglio la natura delle pratiche, il tipo di relazioni che venivano a stabilirsi tra anziani e reclute, il ruolo dei caporali e l'atteggiamento e la mentalità dei militari, le risposte date dai comandanti a livello di corpo e di brigata. La Commissione ha accertato che alla caserma «Gamerra» avvenivano gravi atti di violenza, non riconducibili a semplice goliardia; che i controlli in caserma erano blandi, perfino dopo il contrappello, tanto che diversi paracadutisti si permettevano di uscire scavalcando il muro di cinta; che la zona dove è stato ritrovato il cadavere di Emanuele Scieri era isolata, ma presidiata dagli anziani che la utilizzavano come spazio di rifugio e di svago: uno spazio in parte esente da regole e controlli, tale che appare molto improbabile che i vertici militari non sapessero cosa accadesse in quel area. La Commissione ha reso pubbliche solo alcune audizioni, Pag. 78secretando per ragioni di opportunità altre deposizioni ed atti relativi alle indagini. La Commissione ha lavorato con determinazione nella ricerca della verità nella consapevolezza che le responsabilità penali sono individuali e nel pieno rispetto e considerazione nei confronti delle Forze Armate. Nelle falle e nelle distorsioni di un sistema disciplinare che non funzionava, si rintracciano elementi di responsabilità, pertanto la Commissione ha depositato presso la Procura della Repubblica di Pisa, formale richiesta motivata di riapertura delle indagini trasmettendo tutti gli atti di indagini e le audizioni espletate. Il Procuratore della Procura presso il Tribunale di Pisa ha chiesto ed ottenuto dal Giudice per le Indagini Preliminari di Pisa, l'autorizzazione alla riapertura delle indagini, dichiarando alla stampa in data 28 settembre 2017: « la Commissione parlamentare d'inchiesta ha svolto un lavoro molto serio, approfondito che certamente è meritevole di essere ripreso anche sotto il profilo giudiziario».
  In data 7 ottobre 2017 anche la Procura militare dichiarava alla stampa di volere riaprire le indagini.

12. Conclusioni.

  La presente relazione non illustra tutti gli elementi raccolti nel corso delle attività espletate perché la Commissione si è determinata, sin dall'inizio dei lavori, a secretare alcune audizioni e altri atti di accertamento che potevano assumere rilevanza penale ed altresì per non pregiudicare le indagini che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pisa si sarebbe potuta determinare ad avviare, come in effetti è avvenuto a seguito della richiesta presentata dalla Commissione.
  Come evidenziato anche nell'iniziale audizione della ministra Pinotti la Commissione ha cercato di aprire quelle porte che ancora erano rimaste chiuse, trovando effettivamente nell'amministrazione della Difesa piena collaborazione per le attività svolte. Lo stesso desiderio che animava il Governo «di dare massima collaborazione e sostegno al fatto che questa Commissione sia nata, seppur dopo tanti anni», ha ispirato i lavori della Commissione per fare luce sugli accadimenti che hanno portato alla morte di Emanuele Scieri.
  Il presupposto su cui si fondavano le richieste istitutive di una Commissione d'inchiesta era l'insoddisfacente epilogo delle inchieste giudiziarie, chiuse tutte con decreti di archiviazione.
  Nelle proposte veniva sottolineata l'esigenza di procedere all'accertamento della verità ed all'individuazione degli eventuali responsabili della morte di Emanuele Scieri.
  La domanda di giustizia sul caso Scieri non si è mai sopita.
  Con grande dignità la famiglia Scieri ha sempre richiesto giustizia.
  I consigli comunali di Siracusa, Pisa, Ferla, Noto, Sortino, Palazzolo Acreide, Floridia, Pachino, Buccheri, Piazza Armerina, San Gregorio, Castelverde e Catania hanno chiesto nel 2016 l'istituzione della Commissione.
  Il Comitato «VERITÀ E GIUSTIZIA PER LELE SCIERI» costituito dagli amici più cari di Emanuele ha seguito con impegno e considerazione le attività della Commissione e rappresenta ancora oggi lo Pag. 79spirito della persona Emanuele Scieri che lo caratterizzavano: rettitudine; laboriosità; solidarietà; senso delle istituzioni.
  Solo nel 2016 lo Stato ha finalmente iniziato a dare un senso alla richiesta di giustizia, deliberando l'istituzione della «Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri».
  Le attività della Commissione hanno illuminato la coltre di buio che oscurava l'accertamento delle responsabilità della morte di Emanuele Scieri.
  La Commissione, intrecciando gli elementi acquisiti nel 1999 dalla magistratura con nuovi elementi di indagine, acquisiti attraverso le audizioni, i consulenti, la Polizia di Stato, la Polizia postale, la Polizia scientifica, la Guardia di Finanza, l'acquisizione dei ruolini dalla caserma «Gamerra», dei fogli matricolari dei paracadutisti, ha fornito nuovi elementi sul clima generale che regnava all'epoca, in quel presidio dello Stato.
  La Commissione ha anche evidenziato nel dettaglio la natura delle pratiche, il tipo di relazioni che venivano a stabilirsi tra anziani e reclute, il ruolo dei caporali e l'atteggiamento e la mentalità dei militari, le risposte date dai comandanti a livello di corpo e di brigata.
  La Commissione ha accertato che alla caserma «Gamerra» avvenivano gravi atti di violenza, non riconducibili a semplice goliardia; che i controlli in caserma erano blandi, perfino dopo il contrappello, tanto che diversi paracadutisti si permettevano di uscire scavalcando il muro di cinta; che la zona dove è stato ritrovato il cadavere di Emanuele Scieri era isolata, ma presidiata dagli anziani che la utilizzavano come spazio di rifugio e di svago: uno spazio totalmente esente da regole e controlli, tollerato dai comandanti.
  La Commissione ha reso pubbliche solo alcune audizioni, secretando per ragioni di opportunità altre deposizioni ed atti relativi alle indagini.
  La Commissione ha lavorato con determinazione nella ricerca della verità nella consapevolezza che le responsabilità penali sono individuali e nel pieno rispetto e considerazione nei confronti delle Forze Armate.
  Nelle falle e nelle distorsioni di un sistema disciplinare che non funzionava, si rintracciano elementi di responsabilità, pertanto la Commissione ha depositato presso la Procura della Repubblica di Pisa, formale richiesta motivata di riapertura delle indagini trasmettendo tutti gli atti di indagini e le audizioni espletate.
  Il Procuratore della Procura presso il Tribunale di Pisa ha chiesto ed ottenuto dal Giudice per le Indagini Preliminari di Pisa, l'autorizzazione alla riapertura delle indagini, dichiarando alla stampa in data 28 settembre 2017: «la Commissione parlamentare d'inchiesta ha svolto un lavoro molto serio approfondito che certamente è meritevole di essere ripreso anche sotto il profilo giudiziario».
  In data 7 ottobre 2017, anche la Procura militare dichiarava alla stampa di volere riaprire le indagini.


NOTE:

   (1) Il magazzino di casermaggio si trova di fronte la torretta dove tre giorni dopo venne ritrovato il suo cadavere e che in tutte le fasi della prima accoglienza in caserma, sono presenti gli stessi caporali che hanno accompagnato lo scaglione 7/99 da Firenze a Pisa e che avevano già sottoposto alcune reclute dello scaglione ad atti di nonnismo

   (2) Palatresi e Carlucci

   (3) Il magazzino di casermaggio si trova di fronte la torretta dove tre giorni dopo venne ritrovato il suo cadavere e che in tutte le fasi della prima accoglienza in caserma, sono presenti gli stessi caporali che hanno accompagnato lo scaglione 7/99 da Firenze a Pisa e che avevano già sottoposto alcune reclute dello scaglione ad atti di nonnismo

   (4) Tra questi Viberti, Valentini e Gelli

   (5) Inspiegabilmente, di queste telefonate, si trova traccia solo di quella con il fratello. L'elenco delle telefonate redatto dai carabinieri si ferma al giorno 13 agosto 99. Successivamente la Procura richiese ai gestori telefonici anche le telefonate in entrata ed in uscita dal 13 al 16 agosto ma agli atti non si trova traccia di alcun riscontro dei gestori telefonici

   (6) Consulente tecnico di ufficio per la procura ed il tribunale penale in ricostruzione di dinamiche di incidenti

   (7) Direttore tecnico capo del Servizio della Polizia scientifica di Roma

   (8) Anche su questo punto, il racconto di Venuti viene confermato in audizione dagli stessi Ioanna e Ceci, individualmente e nel confronto in audizione tra Ceci e Ioanna

   (9) Tre compagnie dei carabinieri come dichiarato in audizione dall'appuntato dei Carabinieri Pirina presente sul posto

   (10) Sommarie informazioni testimoniali

   (11) Nei documenti si legge: «l'Ufficiale d'Ispezione alla Caserma Gamerra, saputo dall'Ufficiale di Picchetto – al momento della comunicazione delle novità del contrappello – che tre militari di altrettante compagnie non avevano fatto rientro dalla libera uscita, in assenza dei rispettivi Comandanti di compagnia, si limitava a prendere atto dei mancati rientri senza promuovere alcuna iniziativa, certamente non prevista ma comunque opportuna, volta ad accertarne i motivi (articolo 13 RDM)». Infrazione commessa il 13 agosto 1999 nel grado di Capitano

   (12) Agli atti infatti risulta una sanzione disciplinare di un giorno di consegna nei confronti di Galdi con la seguente motivazione: «Volontario in servizio permanente comandato quale Sottufficiale d'Ispezione presso la Caserma Gamerra in PISA, venuto a conoscenza per il tramite di rapporto scritto che tre militari di altrettante compagnie di stanza nell'infrastruttura non avevano fatto rientro dalla libera uscita, si limitava a prendere atto delle assenze senza attuare alcun intervento volto ad accertarne i motivi». Quanto sopra in espressa violazione dell'articolo 13 (iniziativa), paragrafi 1 e 3, del RDM Infrazione commessa in data 13 agosto 1999 nel grado di caporal maggiore

   (13) Riportata in una relazione di servizio dei Carabinieri

   (14) In particolare, Carramello, Esemplare, Guli, Schiparo, Miazzi, Basile, Lepre, Manas e Vanin

   (15) Marroccoli

   (16) Galdi

   (17) Pellegrin

   (18) In particolare, Walter Raggiri, Carlo Picelli, Marco Parodi e Marco Ravasi

   (19) Dott. Francesco Coco – Dott. Giuseppe Bulla

   (20) Nonostante le domande poste dalla Commissione in sede di Audizione, non è chiaro per quali ragioni

   (21) Uno dei quali è sicuramente il Capitano Remo Robazza

   (22) Segnatamente Cinelli, Tatasciore, Mesiti e Zanchin

   (23) Simone Tatasciore, Emanuele Cinelli ed Ivan Mesiti

   (24) Anche la Commissione ha interrogato Viberti per diverse ore ma egli ha sempre ripetuto in maniera costante, a tratti meccanica, la versione resa nel 1999/2000.