XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 17 di martedì 19 giugno 2018

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MIRELLA LIUZZI , Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 14 giugno 2018.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bitonci, Guidesi, Morrone, Rampelli, Tofalo, Valente e Raffaele Volpi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente trentotto, come risulta nell'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del Documento di economia e finanza 2018 (Doc. LVII, n. 1) (ore 9,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Documento di economia e finanza 2018 (Doc. LVII, n. 1).

Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 7 giugno 2018 (Vedi l'allegato A).

Ricordo inoltre che, ai sensi articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento, le risoluzioni riferite al Documento di economia e finanza devono essere presentate nel corso della discussione.

Avverto che, con lettera del 13 giugno, il vicepresidente della Commissione speciale, il deputato Trizzino, ha comunicato che la relatrice Laura Castelli, entrata a far parte del Governo, ha rinunciato al suo mandato e che, conseguentemente, le funzioni di relatore saranno svolte dal deputato Federico D'Incà.

(Discussione – Doc. LVII, n. 1)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIOVANNI TRIA, Ministro dell'Economia e delle finanze. Buongiorno a tutti, io penso di intervenire, per rispetto dell'Aula, in sede di replica dopo aver sentito tutte le vostre osservazioni.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, D'Incà.

FEDERICO D'INCA', Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente, colleghi di maggioranza e di opposizione. Il Documento di economia e finanza, il principale strumento di programmazione della politica economica e di bilancio, si articola in tre sezioni: il programma di stabilità, le analisi e le tendenze della finanza pubblica e il programma nazionale di riforma.

La prima e la terza sezione, dopo il passaggio parlamentare, sono inviate al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile.

Va segnalato che i tempi canonici per l'esame del documento e per la sua approvazione hanno scontato un ritardo a causa del passaggio elettorale del 4 marzo scorso e delle successive consultazioni per la formazione del nuovo Governo, ragione per cui il DEF in esame si limita a fotografare il nuovo quadro economico e le tendenze di finanza pubblica per l'anno in corso e il triennio 2019-2021.

L'impegno di costruire il quadro programmatico spetta al nuovo Esecutivo, in coerenza con gli indirizzi politici determinati dal Presidente del Consiglio Conte, in occasione del recente voto di fiducia espresso dalle due Camere. E' mio compito, dunque, commentare le previsioni macroeconomiche aggiornate e il quadro tendenziale di finanza pubblica conseguente, tenuto conto anche dell'indirizzo politico espresso dalla legge di bilancio per il 2018.

Il quadro macroeconomico certifica per il 2017 una crescita reale del PIL pari all'1,5 per cento e stima una crescita equivalente per l'anno in corso con un progressivo rallentamento negli anni successivi (1,4 per cento nel 2019, 1,3 per cento nel 2020, 1,2 per cento nel 2021). A questo proposito è bene ricordare che autorevoli istituti di ricerca, tra cui ISTAT, Confindustria e Centro europeo ricerche (CER), consigliano maggiore cautela a causa, in particolare, del graduale deterioramento del contesto internazionale, con rischio crescente per la stabilità finanziaria e il commercio mondiale.

Il CER, in particolare, evidenzia un rallentamento della crescita italiana nel secondo trimestre del 2018 rispetto allo stesso periodo del 2017. Spesso in passato si è utilizzato impropriamente il DEF per ampliare le stime sulla crescita, salvo poi vederle fortemente ridimensionate nella Nota di aggiornamento di settembre. Siamo certi che il nuovo Esecutivo saprà contenere l'euforia, tornando ad utilizzare questo importante Documento quale solida base previsionale.

In ogni caso, le previsioni macroeconomiche contenute nel presente DEF sono state sottoposte alla verifica dell'ufficio parlamentare di bilancio, il quale ha validato il quadro previsionale con nota del 5 aprile 2018.

Tra i principali rischi per la stabilità finanziaria merita particolare menzione la fine imminente del quantitative easing, a causa della riduzione programmata di acquisti di titoli di Stato dell'Eurozona a soli 15 miliardi da ottobre e dell'azzeramento degli stessi a partire da gennaio 2019.

Va segnalato, tuttavia, che la Banca centrale europea continuerà a reinvestire a lungo gli introiti dei titoli in scadenza sul mercato secondario, contribuendo di fatto a mantenerlo liquido.

Il DEF, tenuto conto della fine del QE e dei rischi derivanti dalle politiche protezionistiche americane, non valuta però altre variabili ugualmente importanti: il cambio euro-dollaro, che potrebbe penalizzare le esportazioni europee nazionali, nel caso in cui dovesse tendere al rialzo, e il prezzo del petrolio, che dipende in larga misura da un quadro geopolitico in rapido mutamento.

Il ragionamento sul quantitative easing si lega a quello sul tasso di inflazione, la cui risalita ne era il principale obiettivo; ebbene, secondo Eurostat il tasso di inflazione europeo a maggio registra un'accelerazione significativa, salendo all'1,9 per cento, dall'1,2 per cento di aprile, ovvero sotto, ma vicino, al 2 per cento, così come da propositi della BCE.

Va segnalato, tuttavia, che i dati Eurostat si riferiscono all'inflazione complessiva. Depurando quest'ultima dal prezzo dell'energia e degli alimentari, cioè dei beni più volatili, l'inflazione core europea si attesta al ben più basso 1,3 per cento, o addirittura all'1,1 per cento, se non si considerano i tabacchi.

Per quanto riguarda il quadro macroeconomico, occorre soffermarsi su un'ultima variabile, a nostro avviso decisiva: si tratta dell'occupazione, segnalata in leggera crescita nel 2017, secondo una tendenza che si conferma anche nei primi mesi del 2018. Va detto però che la crescita degli occupati riguarda esclusivamente i dipendenti, mentre continuano a contrarsi i lavoratori indipendenti e che la stessa crescita dei dipendenti è dovuta all'aumento dei contratti a termine, in un orizzonte di continua flessibilizzazione del mercato del lavoro; detto in altri termini, è il lavoro precario a farla da padrone.

Continuano a difettare efficaci politiche attive per l'inserimento lavorativo e misure organiche di sostegno al reddito per i disoccupati. La discesa del tasso di disoccupazione, per i motivi appena esposti, non deve ingannare, anche perché rimane molto lenta e nasconde circa 3 milioni di inattivi pronti al lavoro, ma scoraggiati. Peraltro, se il numero assoluto degli occupati è in lieve, ma costante, crescita già dal 2014, non va dimenticato che le ore lavorate sono ancora abbondantemente inferiori al livello pre-crisi.

Un altro indicatore significativo della salute del mercato del lavoro riguarda i cosiddetti NEET, i giovani tra i diciotto e i ventiquattro anni che non studiano, non si formano e non lavorano. L'Italia primeggia in questa triste classifica fra tutti i Paesi dell'Unione europea, attestandosi nel 2017 al 25,7 per cento, contro una media del 14,3 per cento a livello europeo.

Si ricorda, inoltre, che l'emigrazione degli italiani all'estero ha ripreso vigore a partire dalla crisi del 2008 e specialmente nell'ultimo triennio, quando le partenze hanno raggiunto gradualmente gli elevati livelli post-bellici, poco sotto ai 300.000 italiani l'anno in uscita dal nostro Paese. Se infatti l'ISTAT calcola 102 mila partenze nel 2015 e 114 mila nel 2016, stimando anche gli italiani che si trasferiscono, ma non cambiano residenza, il dato sale notevolmente, attestandosi nel 2017 alle oltre 285 mila unità, come rilevato nel dossier statistico “Immigrazione 2017”, elaborato da Centro studi e ricerche IDOS e Confronti. Gli emigrati sono in buona parte laureati (al 30 per cento), a fronte di un'immigrazione spesso poco o per nulla qualificata.

Sul fronte della finanza pubblica, come accennato, lo scenario tendenziale incorpora la clausola di salvaguardia, pari ad oltre 12 miliardi per il 2019 e a circa 20 miliardi per il 2020. Si tratta di aumenti di IVA e accise che l'attuale Esecutivo si è impegnato a disinnescare: è la priorità assoluta del quadro programmatico prossimo venturo. Un nuovo aumento delle aliquote IVA, infatti, avrebbe effetti drammatici sulla già fragile dinamica della domanda interna, in particolar modo, sulle vendite al dettaglio, andando a colpire in proporzione soprattutto i consumatori appartenenti alle fasce di reddito medio-basse. Si ricorda che le clausole di salvaguardia inserite dai Governi precedenti porterebbero l'aliquota IVA ordinaria dal 22 al 25 per cento e quella agevolata dal 10 al 12 per cento nel 2021.

L'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche proseguirebbe, secondo uno scenario tendenziale, la sua discesa costante iniziata nel 2015, quando si attestava a circa il 3 per cento del PIL; dopo il 2,5 per cento del 2016 e il 2,3 per cento del 2017, si passerebbe all'1,6 per cento dell'anno in corso, allo 0,8 nel 2019 e al pareggio di bilancio nel 2020, raggiungendo addirittura un avanzo dello 0,2 per cento nel 2021. Stessa dinamica per l'avanzo primario, vale a dire la differenza positiva tra le entrate e le spese, al netto della spesa per interessi: dall'1,5 per cento del 2017 si arriverebbe al 3,7 per cento dell'ultimo anno di previsione.

La dinamica dell'avanzo primario contribuisce anche alla riduzione delle spese primarie in rapporto al PIL e, in particolare, di quelle di natura corrente. Al di là delle inefficienze che in certa misura albergano nel bilancio pubblico – e questo lo sappiamo tutti – e che il nuovo Esecutivo si è impegnato ad eliminare, anche attraverso l'impegno a digitalizzare ancor di più la pubblica amministrazione, va segnalato che una riduzione così marcata di queste spese potrebbe comportare difficoltà nell'erogazione di servizi pubblici, in particolare per il livello degli enti locali, che - come è noto - hanno dovuto sopportare negli ultimi anni lo sforzo maggiore in termini di riduzione del disavanzo e di risanamento del debito pubblico.

Particolarmente delicata, in tal senso, è la dinamica della spesa pubblica sanitaria, vale a dire le prestazioni offerte dal Servizio sanitario nazionale: è bene riflettere sulla progressiva contrazione di tali spese, previste a scendere dal 6,6 per cento del PIL nel 2018, al di sotto del 6,5 per cento del PIL 2019, soglia minima raccomandata dall'OCSE. La continua discesa della spesa sanitaria sul PIL rischia di compromettere sempre di più il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, i famosi LEA, anche in ragione dell'invecchiamento della popolazione, che continuerà a incidere nel prossimo futuro.

Si ricorda che la massima parte della spesa sanitaria compete ai bilanci regionali, già duramente colpiti negli ultimi anni. Il nuovo Esecutivo potrà farsi carico dell'incremento del Fondo sanitario nazionale e del rilancio degli investimenti sanitari, infrastrutturali e non, invertendo una tendenza recente, che si è di fatto tradotta in un aumento notevole della spesa sanitaria privata e nell'allungamento insopportabile delle liste di attesa pubbliche.

Un contributo, seppur ridotto, all'aumento dell'avanzo primario arriva anche dalla riduzione della spesa per interessi, che, secondo lo scenario tendenziale, scenderebbe al 3,5 per cento del PIL già nel 2018, per poi stabilizzarsi. Nel 2017 la spesa per interessi si è attestata al 3,8 per cento del PIL. I progressi sul Fondo dell'avanzo primario dovrebbero imprimere maggiore forza alla parabola discendente del rapporto debito-PIL, previsto in calo dal 131,8 per cento del 2017 al 130,8 per cento di quest'anno, fino al 122 per cento del 2021. Tuttavia, anche nel caso del debito, così come per la crescita, il quadro tendenziale sembra eccessivamente ottimistico.

Il nuovo Esecutivo si è impegnato, peraltro, ad intervenire con misure alternative per ridurre il rapporto debito-PIL, concentrando la propria attenzione sul denominatore più che sul numeratore, alleviando in questo modo le sofferenze appena menzionate degli enti locali e rilanciando anche gli investimenti produttivi, che fanno parte delle spese primarie. Tali misure, in ogni caso, dovranno avere luogo nell'ottica di salvaguardare il patrimonio pubblico funzionale all'erogazione dei servizi.

La terza sezione del DEF, infine, è il Programma nazionale di riforma, che è in stretta relazione con quanto previsto dal Programma di stabilità: delinea gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delle finanze pubbliche, in coerenza con gli indirizzi formulati dalle istituzioni europee nell'ambito del semestre europeo. L'11 luglio 2017 il Consiglio dell'Unione europea ha approvato le raccomandazioni specifiche per i Paesi, chiudendo così il ciclo annuale del semestre stesso. Per quanto riguarda l'Italia, si tratta di quattro raccomandazioni riguardanti rispettivamente: gli aggiustamenti di bilancio e di fiscalità; la giustizia, la pubblica amministrazione e la concorrenza; i crediti deteriorati e il settore bancario; il mercato del lavoro e la spesa sociale.

Il DEF elenca le misure da adottare per ridurre il carico fiscale e rivedere il sistema anche nell'ottica della semplificazione del rapporto tra fiscalità e contribuenti. Il tema fiscale sarà di certo un pilastro dell'azione di governo del nuovo Esecutivo, definita nel discorso alle Camere del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Il DEF richiama, poi, gli obiettivi e le misure in materia di investimenti pubblici, infrastrutture e trasporti, tema al quale è dedicato anche l'allegato Connettere l'Italia: lo stato di attuazione dei programmi per le infrastrutture di trasporto e logistica. Il nuovo Esecutivo potrà adottare ulteriori provvedimenti legislativi soprattutto sull'infrastruttura digitale, per ampliare la portata delle misure appena descritte, essendo le infrastrutture e i trasporti strumenti decisivi, sia per il turismo, che, soprattutto, per l'impresa nazionale. Tali provvedimenti dovranno essere sempre e comunque sottoposti ad un'attenta analisi costi-benefici.

Nel PNR trovano spazio anche gli stanziamenti pubblici apprestati nel 2017 per sostenere la ripresa dei territori colpiti dal sisma o eventi legati al dissesto idrogeologico: altra materia sulla quale il futuro Governo potrà intervenire al fine di accelerare il processo di ricostruzione.

In relazione agli investimenti degli enti locali, il DEF richiama il Patto di solidarietà nazionale verticale, volto a favorire le spese d'investimento e le risorse stanziate con la legge di bilancio 2018 per ampliare gli spazi finanziari concessi agli enti locali, pari a 900 milioni di euro, per gli anni 2018-2019.

Vista la grave situazione finanziaria che interessa diversi enti locali, ulteriori provvedimenti legislativi potranno essere adottati in futuro per evitare che, a pagare, siano i cittadini attraverso una riduzione della quantità e della qualità dei servizi a loro destinati.

Il DEF rileva, inoltre, le misure di sostegno alle imprese e le politiche per la competitività. Si tratta, in massima parte, di proroghe e revisioni di misure già contenute nel Piano industriale 4.0, avviato nella legge di bilancio 2017: misure senz'altro di una certa utilità, ma che hanno il limite, ad avviso del relatore, di concentrarsi esclusivamente sul lato dell'offerta. Alle imprese serve la ripresa della domanda interna, la cui dinamica rimane tuttora troppo fragile e può essere rilanciata solo attraverso un mix virtuoso di maggiori investimenti pubblici, riduzione della pressione fiscale e misure di sostegno ai redditi più bassi.

Per quanto riguarda la materia fiscale, sarà importante agire anche al fine di semplificare il rapporto tra Agenzia dell'entrate e contribuenti, sia attraverso il perfezionamento dalla cosiddetta fattura elettronica, sia abolendo adempimenti penalizzanti soprattutto per i contribuenti onesti.

Il PNR mette in evidenza i progressi in materia giudiziaria; il documento ricorda gli schemi di decreto legislativo di riforma dell'ordinamento penitenziario trasmesso al Parlamento e i provvedimenti adottati in attuazione della delega per la riforma del codice penale e per il contrasto alla corruzione, tra i quali la legge di iniziativa parlamentare sul whistleblowing, a prima firma della deputata Francesca Businarolo.

Per quanto concerne le politiche sociali, il DEF richiama le misure di sostegno alle famiglie, in particolare il reddito di inclusione (REI), esteso dalla legge di bilancio 2018, sia in termini di platea di beneficiari, che di beneficio economico. Futuri provvedimenti legislativi al riguardo restano senz'altro necessari, vista la portata molto limitata del REI e la necessità di rafforzare le stesse politiche attive del lavoro, innanzitutto tramite una seria riforma dei centri per l'impiego.

C'è da ultimo il tema del benessere equo e sostenibile (BES), indicatore alternativo al PIL, che ambisce a misurare in profondità l'impatto delle politiche pubbliche sulla qualità della vita dei cittadini. Il BES è stato sperimentato in forma ridotta già nel DEF 2017, tenendo conto di soli quattro indicatori sui dodici ad oggi previsti. Uno dei quattro indicatori sperimentali, quello dell'emissione di CO2, appare stabilizzato, confermando la possibilità di vincolare con successo le politiche pubbliche al raggiungimento di obiettivi prefissati. L'Italia è il primo Paese dell'Unione europea del G7 ad utilizzare il BES, ma è bene non sedersi sugli allori e proseguire sulla via già tracciata, ampliandone la portata e la presa sulla programmazione economica e di bilancio.

A fronte di un DEF tendenziale così delineato dal precedente Esecutivo e vista la necessità di pervenire in tempi ragionevoli ad un quadro programmatico che imprima nuova direzione alla politica economica e di bilancio del Paese, il Governo si impegna: a presentare al Consiglio europeo e alla Commissione europea il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforma, formulati in armonia con l'indirizzo politico-economico emerso dal programma di Governo presentato in Parlamento per la fiducia; ad assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti l'aumento dell'aliquota IVA e delle accise su benzina e gasolio; ad individuare misure da adottare nel 2018 nel rispetto dei saldi di bilancio e riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio del triennio 2019-2021; ad individuare gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche indicate dal Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, nelle sue comunicazioni alle Camere e su cui ha ottenuto la fiducia, sottoponendo tempestivamente tali nuovi indirizzi all'approvazione parlamentare e presentando, quindi, al Consiglio europeo e alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma. Riguardo a quest'ultimo punto, si ricorda che le principali linee di indirizzo programmatico sono state indicate dal Presidente del Consiglio nel discorso di insediamento di fronte alle Camere.

Oltre al tema fiscale, già ampiamente sviscerato, si evidenziano in particolare: la lotta alla povertà e anche alla futura crisi demografica, sostegno ai redditi più bassi, lo stimolo alle politiche attive del lavoro, il superamento della “legge Fornero” sulle pensioni; e poi ancora: scuola, scuola, scuola, ricerca e cultura digitale ed innovazione in ogni suo campo.

Più in generale, l'Esecutivo si impegna a realizzare nel tempo un cambio radicale di paradigma economico, che non si riduca al rilancio degli investimenti e dell'occupazione, ma preveda anche la sostenibilità ambientale e sociale della crescita economica, per ritrovare la bellezza quasi perduta del nostro Paese.

Per adempiere agli impegni suddetti, sarà d'obbligo impostare in Europa un dialogo nuovo nelle sedi opportune, così da ottenere regole di bilancio più flessibili e spazi maggiori per le spese produttive. Prioritario è il superamento della logica contenuta nel cosiddetto Fiscal compact, la cui integrazione all'interno dei trattati europei è da scongiurare assolutamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Mandelli.

ANDREA MANDELLI (FI), Relatore di minoranza. Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, premesso che la legge n. 196 del 2009 di disciplina della contabilità di Stato dispone che il Governo sia tenuto a presentare con cadenza annuale il Documento di economia e finanza alle Camere per la sua approvazione entro il 10 aprile, il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforma devono essere presentati al Consiglio dell'Unione europea entro il 30 aprile, il Ministero dell'economia e delle finanze ha predisposto un DEF per il 2018, limitato alla sola descrizione dell'evoluzione economico-finanziaria internazionale, all'aggiornamento delle previsioni macroeconomiche per l'Italia nel quadro di finanza pubblica tendenziale, non formulando alcun nuovo obiettivo di politica economica, né tanto meno ipotizzando alcun nuovo impegno e lasciando la ripresa del ciclo della programmazione e delle finanze pubbliche al prossimo Esecutivo.

Il DEF limitato al quadro tendenziale fissa un aumento del PIL all'1,5 per cento per il 2018, invariato rispetto ai valori indicati nella Nota di aggiornamento al DEF del 2017, seguito da una discesa di un decimale per il 2019 e nel 2020, rispettivamente 1,4 e 1,3 per cento.

L'indebitamento netto a legislazione vigente si attesta all'1,6 del PIL nel 2018 e all'1,8 nel 2019, con il raggiungimento del bilancio di pareggio nel 2020. Il rapporto deficit/PIL, stimato al 2,3 per cento per il 2017, risulta più alto rispetto alla previsione dell'1,9 iniziale, dovendosi incorporare le risorse per gli interventi “salva banche”. Quanto al rapporto debito/PIL, questo è previsto a 130,8 nel 2018, mentre si ipotizza una flessione ottimistica al 128 per cento nel 2019, 124,7 nel 2020, incorporando una forte riduzione del fabbisogno e tre decimali all'anno per le privatizzazioni.

Sull'incertezza delle previsioni, oltre all'attuale scenario di politica interna, gravano i rischi geopolitici internazionali e le incognite relative ai venti di guerra commerciali che potrebbero rallentare la crescita italiana; nonché il rallentamento della crescita internazionale, viste le nuove disposizioni sul quantitative easing previste dalla Banca centrale. Le previsioni contenute nel quadro macroeconomico sembrano ancora una volta essere eccessivamente positive: tanto le stime di crescita sul PIL, inflazione e tasso di disoccupazione, quanto quelle sui saldi di finanza pubblica e sulla componente di interessi sembrano infatti previsioni veramente troppo positive. Il Fondo monetario internazionale ha stimato che il nostro Paese crescerà soltanto dell'1,1 nel 2019, a fronte di una stima ottimistica dell'1,4 formulata dal Tesoro, con una differenza quindi di tre punti decimali equivalenti circa a 5 miliardi di euro.

Dopo i dati sulla produzione industriale relativi al mese di gennaio e di febbraio, l'ISTAT ha diffuso una stima preliminare del PIL relativa al primo trimestre dell'anno, che risulta accresciuto del più 0,3 per cento nel primo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti e del più 1,4 in termini tendenziali: in rallentamento quindi rispetta all'1,6 registrato nell'ultimo trimestre 2017, con una variazione acquisita per il 2018 pari a più 0,8 per cento. I dati successivi sulla produzione industriale hanno confermato questa tendenza, rafforzando la possibilità che l'obiettivo dell'1,5 per cento contenuto nel DEF non possa essere raggiunto.

Secondo le previsioni economiche di primavera della Commissione europea, dopo il picco record del 2,4 per cento di PIL del 2017, la crescita nell'area euro resterà forte sullo sfondo - dice testualmente - di consumi sostenuti e forti esportazioni e investimenti nel 2018, con un leggero rallentamento previsto nel 2019 a causa della congiuntura internazionale, con una crescita stimata rispettivamente al 2,3 e al 2. La Commissione prevede che nel 2018 sia il primo anno dell'istituzione dell'Unione europea in cui tutti i Governi gestiranno deficit di bilancio inferiori al 3 per cento rispetto al PIL.

Per quanto attiene all'Italia, la Commissione ritiene che l'incertezza sulle politiche è diventata più pronunciata, e potrebbe rendere i mercati più volatili e intaccare il sentimento economico e i premi di rischio; sottolineando contestualmente che i rischi per le prospettive di crescita sono diventati più inclinati verso il basso: le stime relative all'Italia prevedono una crescita economica sia dell'1,5 per cento quest'anno che dell'1,2 per l'anno prossimo. Il tasso di disoccupazione sarà invece il terzo più alto dell'intera “zona”, con il 10,8 per cento, dietro la Grecia e la Spagna.

Consideriamo quindi che il Documento di economia e finanza in esame contempla l'attivazione delle cosiddette clausole di salvaguardia, che comporterebbero per il 2019 l'aumento dell'aliquota IVA ordinaria dal 22 al 24 per cento, nonché quella ridotta dal 10 all'11 e mezzo, con un costo a carico dello Stato di oltre 12 miliardi, riducendo drammaticamente la capacità di spesa delle famiglie, con un impatto negativo sulla crescita dovuta al calo dei consumi: quasi il 3 per cento in meno secondo il centro studi di Confindustria. A tale eredità, lasciata dal precedente Governo, si devono aggiungere quelle ulteriori inevitabili spese che nell'anno corrente dovranno essere affrontate per il rinnovo dei contratti pubblici, l'autorizzazione di missioni internazionali e altre eventuali esigenze indifferibili, che impongono una piena assunzione di responsabilità da parte dell'Esecutivo in relazione alle coperture finanziarie da adottare.

Sotto tale profilo, si segnala la necessità di adottare opportuni provvedimenti di riduzione selettiva della spesa pubblica, che non pregiudicano però la corretta erogazione dei servizi essenziali, come la razionalizzazione delle centrali di acquisto della pubblica amministrazione. È necessario inoltre ridurre gli sprechi degli appalti pubblici, per esempio nell'acquisto del settore dei software.

Sempre sul fronte delle risorse, occorre evidenziare che il nostro Paese è tra gli ultimi, fra gli Stati membri dell'Unione europea, nell'utilizzo di 75 miliardi di fondi strutturali che gli spettano: in Italia non esiste ancora un documento ufficiale che certifichi il livello di spesa, ma i dati pubblicati dalla Commissione europea fanno emergere con tutta evidenza che l'Italia, a marzo del 2018, ha speso solo l'8 per cento delle risorse disponibili, collocandosi tra gli ultimi Paesi europei che hanno speso in valore assoluto.

Quindi impegna il Governo a disattivare le clausole di salvaguardia relative all'aumento dell'IVA e delle accise sulla benzina e sui tabacchi previste a legislazione vigente, a decorrere dal prossimo 1° gennaio 2019, senza fare ricorso a fonti di finanziamento fantasiose e pericolose, quali per esempio una imposta patrimoniale che andrebbe a incidere negativamente, molto negativamente sul valore dei beni mobili e immobili degli italiani; e quindi adottando un criterio di riduzione della spesa pubblica di tipo selettivo nei termini esposti in premessa, che non incida sulla corretta erogazione dei servizi essenziali alla persone e risulti orientata verso una maggiore efficienza della gestione delle risorse pubbliche, anche attraverso un attento screening della qualità dei servizi resi e una più penetrante misurazione dei risultati raggiunti nei diversi programmi.

Tutelare il risparmio degli italiani, costantemente richiamato per il suo significativo ammontare (sto pensando ai dati della Consob), come fonte di eventuale finanziamento di manovre economiche in caso di una pretesa emergenza nazionale; nonché implementare la detassazione degli strumenti di risparmio da cui le imprese italiane hanno tratto maggior beneficio nel 2017, e ci si riferisce ovviamente ai PIR.

Riformare il sistema tributario, fornendo un calendario preciso di attuazione che riduca l'incertezza per i contribuenti, con la riduzione della pressione fiscale per famiglie e imprese: attraverso l'introduzione della flat tax, quella vera, da finanziare con contestuale revisione delle tax expenditure, ferma restando ovviamente la necessaria tutela, costituzionalmente garantita, dei contribuenti più deboli, delle famiglie, della salute, prevedendo un limite di reddito sul quale non si applica la riduzione delle spese fiscali. Semplificare le norme per rendere più competitivo il Paese; reimpostare in senso meno inquisitorio rapporto tra fisco e contribuente; definire tutto il contenzioso e le pendenze tributarie tra i contribuenti e l'amministrazione, nel segno forse, come dite voi, di un condono fiscale, che coniughi nella formula migliore possibile esigenze di riscossione e la doverosità dell'obbligo tributario da un lato, con le concrete esigenze e vicende dei contribuenti in difficoltà dall'altro lato. Introdurre una completa detassazione di contribuzione per sei anni delle nuove assunzioni di giovani, rafforzando i percorsi di transizione scuola-lavoro. Innalzare il tasso di occupazione del Paese quale obiettivo strategico per conseguire un mercato del lavoro più dinamico, più incisivo, per sostenere un sistema di welfare più equo, per garantire un processo di mobilità sociale necessario al fine di aumentare le opportunità dei giovani evitando inutili restrizioni normative alle dinamiche del mercato del lavoro, promuovendo i processi di reindustrializzazione con robuste politiche attive fondate sulla cooperazione tra Stato e regione, accompagnando le nuove organizzazioni del lavoro con strumenti capaci di tutelare i lavoratori, e incentivare gli investimenti delle imprese e aumentare i posti lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Conte. Ne ha facoltà.

FEDERICO CONTE (LEU). Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, a quanto è dato capire, derubricato il reddito di cittadinanza a una misura molto prossima al reddito di inclusione, per il quale però una legge c'è già e va soltanto attuata e finanziata, l'indirizzo strategico di politica economica di questo Governo sarà la realizzazione della flat tax: una misura fiscale che, modificando il concetto tradizionale di progressività, consentirà di risparmiare meno a chi guadagna di meno e risparmiare di più a chi guadagna di più. Questo sul contrappeso di un auspicato aumento dei consumi: un dato sicuramente non certo, perché sconta l'utilizzo che di queste sopravvenienze fiscali faranno i beneficiari, laddove studi economici accreditati dicono che i risparmi che provengono da sgravi fiscali e bonus normalmente vengono investiti finanziariamente, non per investimenti produttivi né tanto meno per ricerca e sviluppo.

E allora c'è da chiedersi chi avvantaggerà per certo questa misura. La risposta io credo sia la parte più ricca del Paese, il Nord, lì dove si concentrano le maggiori ricchezze e le maggiori capacità di produzione della ricchezza; a svantaggio, signor Presidente, del Sud, i cui cittadini più che mai hanno bisogno delle spese per sanità, assistenza sociale, servizi, istruzione, che inevitabilmente verranno sacrificati sull'altare della flat tax.

C'è da chiedersi tra l'altro perché questo intervento sul piano fiscale, se le statistiche della Commissione europea sul fisco ci dicono che il nostro Paese è al tredicesimo posto per la pressione fiscale sulle persone fisiche, al sesto per la pressione fiscale sulle persone giuridiche (prima Germania e Francia), mentre è al primo posto per la pressione fiscale sul lavoro. E allora, se l'obiettivo del Governo fosse solo autenticamente quello di abbassare le tasse e la pressione fiscale, perché non intervenire, come auspicato non dai sindacati ma dalla Confindustria, sul cuneo fiscale, consentendo buste paga più pesanti, e quindi per certo e nell'immediato un aumento dei consumi e nuove risorse disponibili per le imprese?

Mi viene da pensare allora che l'obiettivo mediato della flat tax non sia soltanto quello di un'operazione di alleviamento delle tasche dei cittadini, c'è qualcosa di altro, di diverso, c'è un disegno più risalente e complesso: serve forse per recuperare l'obiettivo del federalismo fiscale della legge Calderoli del 2009, che sappiamo dovrebbe entrare in vigore nell'anno che viene, ma per la quale vi sono significativi problemi attuativi, o per rilanciare il referendum di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna per il rafforzamento della autonomia impositiva. Serve cioè per recuperare l'antico cavallo di battaglia della Lega, che si fonda sulla presunta ingiustizia fiscale della redistribuzione nel resto del Paese delle risorse erariali prodotte dalle regioni più ricche e si vuole fronteggiare tale presunta ingiustizia fiscale, come dirò di qui a un attimo, con una ingiustizia fiscale certa che vede avvantaggiati i più ricchi ai danni dei più poveri. Allora in questo senso la flat tax, signor Presidente, sarà una misura fiscale che, anziché favorire la redistribuzione della ricchezza, ne favorirà la concentrazione con un trasferimento dal basso verso l'alto, dal sud verso nord che rinnova una tradizione ahimè lontana e antica per il Mezzogiorno e che per il Mezzogiorno potrebbe essere letale. Dobbiamo interpretare così, Presidente, e quindi in maniera ancora più inaccettabile le poche righe riservate nel contratto di Governo al sud del Paese? Un sud del Paese ha dato prova in questi ultimi anni di una forte capacità di resistenza e di resilienza alla crisi economica. I rapporti della Svimez ci dicono che nel biennio 2015-2016 il sud ha determinato un aumento del proprio prodotto interno lordo in una misura pari all'un per cento: in un certo momento addirittura in misura superiore all'aumento nazionale e ha contribuito - si badi: di qui la falsità dell'ingiustizia fiscale presunta dalla Lega - al prodotto interno lordo nazionale in misura di un terzo laddove il suo peso produttivo è solo di un quarto. Dunque, se questo è l'indirizzo strategico del Governo, noi saremo sicuramente all'opposizione. Chiediamo invece un'inversione di rotta per la quale, Presidente, saremo disponibili a fare la nostra parte nell'immediato inverando la clausola del 34 per cento introdotto con il decreto Mezzogiorno varato dal precedente Governo; riservando al sud del Paese le risorse ordinarie in conto capitale di tutte le pubbliche amministrazioni - centrali, periferiche e le principali stazioni appaltanti - con l'istituzione (questa è la necessità) di un fondo di riequilibrio nell'immediato già a far data da quest'anno, dove far confluire i residui di quelle fonti, delle spese per la coesione nazionale, di modo che non si rinnovi la usitata pratica delle distrazioni per altre finalità e che non si usino questi fondi come bancomat per altre destinazioni.

Ma soprattutto chiediamo al Governo - lo sosterremo in questo se lo farà - già da venerdì, già dalla prima occasione con l'Ecofin, di rivendicare in Europa una deroga al Fiscal Compact, di introdurre una golden rule che tenga fuori dal parametro del deficit-PIL in ogni caso le spese per investimenti per il Mezzogiorno, non soltanto perché le infrastrutture materiali e immateriali servono a recuperare la crisi o a superarla, ma per rilanciare una visione euromediterranea del nostro stare nell'Europa. L'Italia e il sud per l'Italia possono avere un ruolo centrale nel Mediterraneo che significa porti, infrastrutture, grandi scambi commerciali, che vanno integrati e modificati perché le merci che attraversano il Canale di Suez non debbano circumnavigare il continente per arrivare nei porti di Rotterdam o di Amburgo qualunque sia il Paese di destinazione finale, anche l'Italia. Inseriamo in queste rotte il nostro Paese, il porto di Gioia Tauro e di Napoli; rilanciamo così anche il nostro ruolo politico per quanto riguarda il fenomeno dell'immigrazione assumendo una posizione di coordinamento che non si riduca alla demagogia disumana dei respingimenti (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Brunetta. Ne ha facoltà.

RENATO BRUNETTA (FI). Presidente della Camera, Ministro Tria, Ministro Savona, Viceministri e sottosegretari tutti, ottantatré giorni di crisi per la formazione del Governo rischiano di consegnare a quest'Aula un rito inutile perché, come è stato ricordato, il documento doveva essere presentato entro il mese di aprile, discusso dal Parlamento in quella data e consegnato in Europa tra fine aprile e inizio maggio.

Questo perché all'interno del processo di programmazione europea potessero essere formulate da parte della Commissione le relative valutazioni che avrebbero dovuto trovare poi una serie di indicazioni già nel mese di maggio e poi nel Consiglio europeo di fine giugno. Ovviamente tutto questo non è stato possibile perché gli ottantatré giorni di crisi post-elettorale nella formazione del Governo ci portano a un rito che rischia di essere inutile e a un dibattito inutile perché fa riferimento a un DEF scritto dal Governo precedente solo per la parte tendenziale, tra l'altro neanche aggiornata rispetto alle ultime tendenze; non ci consegna giustamente un quadro programmatico perché il Governo precedente non poteva farlo perché non era nella legittimazione di poterlo fare perché era il Governo uscente; né il Governo in carica si è sentito autorizzato a farlo per la ristrettezza dei tempi e il PNR che è contenuto all'interno del documento è il PNR che si riferisce al 2017 e quindi non è il Piano nazionale di riforma dell'attuale Governo. Pertanto il testo della risoluzione è un testo assolutamente vuoto, inevitabilmente vuoto - lo dico senza alcuna acrimonia: inevitabilmente vuoto - salvo proprio un paio di punti: la sterilizzazione dell'IVA e l'impegno nell'ultimo capoverso - lo vorrei leggere perché da esso trarrò le mie indicazioni – “ad individuare gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche indicate dal Presidente del Consiglio dei ministri nelle sue comunicazioni alle Camere su cui ha ottenuto la fiducia sottoponendo…” - ecco questo è il punto – “…tempestivamente tali nuovi indirizzi all'approvazione parlamentare e presentando quindi al Consiglio europeo e alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma”. Dunque “.. sottoponendo tempestivamente…”: va bene, quando? Non oggi, non prima del Consiglio europeo, probabilmente a settembre in sede di Nota di variazione del DEF e da settembre in poi, come sappiamo tutti, inizia la sessione di bilancio con la legge di bilancio. Quindi, signori Ministri, se non vogliamo buttar via l'occasione di fare un dibattito inutile su una risoluzione vuota, sarebbe il caso di utilizzare il dibattito parlamentare per fornire buoni consigli perché, quando il termine “tempestivamente” si materializzerà, il Governo possa scrivere un quadro programmatico, un nuovo DEF e un PNR che almeno abbiano avuto l'onore di una discussione parlamentare. Altrimenti non ci sarebbe modo di ottemperare alle procedure previste per il DEF perché il Governo a questo punto lo riscriverà ex novo. Allora mi permetto di fare alcune osservazioni. Rispetto ad alcuni mesi fa ci sono delle novità che toccano il nostro Paese. A fronte di un quadro tendenziale dell'Eurozona - l'OCSE ce lo indica nei documenti recentissimi - che tutto sommato non è negativo, le previsioni per il nostro Paese invece stanno peggiorando: cosa che non è scritta nel DEF del Governo Gentiloni e neanche negli aggiornamenti. Le cose stanno peggiorando per cui i valori indicati nel Documento non sono i valori più accreditati in termini di crescita: siamo quindi di fronte a una crescita calante.

La derivata seconda è negativa, tanto per parlare in forma criptica, nel senso che si va più verso l'1 per cento che verso l'1 e mezzo per cento e questa tendenza è rafforzata non solo per quest'anno ma per l'anno prossimo e l'anno successivo.

Quindi, previsioni di crescita non positive. Previsioni di crescita non positive che comportano un cambiamento strutturale anche delle variabili di finanza pubblica, ovviamente, cioè deficit e debito. Per cui, hanno poco senso gli impegni 2018-2021 sottoscritti dal Governo precedente in questo documento, nella risoluzione di maggioranza, e ribaditi, ancorché evocata una loro, in qualche maniera, modifica.

Si parla nei giornali di una richiesta alla Commissione europea di uno slittamento in avanti. Sono anni che slittiamo in avanti il pareggio strutturale di bilancio. Mi ricordo che fu uno degli oggetti della famosa lettera della Banca centrale europea che chiedeva al mio Governo, al nostro Governo, l'anticipo di un anno del pareggio di bilancio ed era il 2013 - allora l'anticipo - con manovra relativa. Adesso siamo al 2020-2021 e il pareggio è al 2020 e i giornali dicono - e forse lo sa anche lei certamente, Ministro Tria - che l'Unione europea sarebbe disposta a dare la possibilità di questo ennesimo slittamento.

Non me ne cruccio più di tanto. Il problema è, semmai ci fosse questo slittamento del pareggio di bilancio e, quindi, uno spazio di cosiddetta flessibilità e, cioè, di deficit, come il Governo intenda utilizzare questo spazio di flessibilità; lo intende utilizzare per sterilizzare l'IVA? Lei conosce come me, voi Ministri (ma anche ovviamente i bravi sottosegretari e i Vice Ministri) conoscete, come me, il teorema ricardiano dell'invarianza: tagliare le tasse in deficit serve a poco, non inganna nessuno. Per cui, come intenderete utilizzare la richiesta di flessibilità che si sta discutendo in sede europea, anche se non appare in questo documento? Per sterilizzare l'IVA, per finanziare la sterilizzazione dell'IVA o la utilizzerete per gli investimenti?

Ecco, questa risposta, signor Ministro, mi piacerebbe sentire da lei in sede di replica: che tutto lo spazio di eventuale flessibilità in termini di sentiero di discesa ottimale per quanto riguarda il nostro deficit è da utilizzare ai fini degli investimenti. Ecco, questa è una risposta che mi piacerebbe sentire e sulla quale assentirei, naturalmente; e finanziare la sterilizzazione dell'IVA attraverso tagli e non attraverso deficit. Ecco, questi sono i punti nodali. Il Paese ha bisogno di uno shock fiscale.

Poi, le do un altro consiglio: non basta, come dice l'ottimo Vice Ministro Garavaglia, la flat tax sulle imprese ad agosto. Noi abbiamo bisogno di uno shock fiscale attraverso la flat tax subito per invertire la tendenza negativa della crescita e consegnare una dinamica del PIL positiva al 2019, perché sappiamo che, se il PIL fosse calante in questo 2018, consegnerebbe un trascinamento negativo nel 2019 e, quindi, le cose sarebbero, come dire, assolutamente negative.

Allora, il Governo e lei, Ministro, è pronto a fare uno shock fiscale nelle prossime settimane attraverso la piena applicazione della flat tax che era nel programma del centrodestra e nel programma della Lega da subito? Non un pannicello caldo per le imprese e poca roba per ottemperare…

PRESIDENTE. Deve concludere, deputato Brunetta.

RENATO BRUNETTA (FI). Finisco. Ecco, questo è il punto, perché solo se ci sarà l'utilizzo del deficit eventualmente concesso dall'Unione Europea a fini di investimenti e se ci sarà uno shock fiscale noi riusciremo ad invertire la rotta della crescita del nostro Paese.

Ecco, mi piacerebbe leggere questo nella Nota di variazione al DEF che lei certamente presenterà a metà settembre. La ringrazio, signor Presidente, la ringrazio, signor Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cantalamessa. Ne ha facoltà.

GIANLUCA CANTALAMESSA (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, rappresentanti del Governo, come già noto, il DEF al nostro esame è stato presentato in ritardo rispetto alle scadenze e si limita alla descrizione dell'evoluzione economico-finanziaria internazionale e all'aggiornamento delle previsioni macroeconomiche per l'Italia e del quadro di finanza pubblica tendenziale che ne consegue.

Per quanto concerne il quadro macroeconomico descritto nel Programma di stabilità, le stime contemplano una crescita del PIL e una riduzione del tasso di disoccupazione. Il principale mutamento intervenuto rispetto alla Nota di aggiornamento del DEF 2017 è una revisione al rialzo della crescita - rispettivamente dello 0,3-0,2 - in ragione del quadro internazionale più favorevole. Il quadro previsionale è stato valutato dall'Ufficio parlamentare di bilancio che lo ha validato rilevando, tuttavia, come le previsioni del precedente Governo siano state in prossimità o marginalmente superiori rispetto a quanto previsto.

Diversi osservatori, tra i quali anche Confindustria, come diceva anche prima il relatore, hanno segnalato il rischio di sovrastima della crescita legato, in particolare, al fatto che il quadro previsionale non sconta l'effetto recessivo determinato all'attivazione delle cosiddette “clausole di salvaguardia”.

Inoltre, preme sottolineare a questo riguardo che, rispetto al momento nel quale le previsioni sono state effettuate, sta emergendo anche una fragilità nella crescita tedesca e anche altri fattori di rischio connessi alle tensioni politiche internazionali commerciali; a tal proposito, basta pensare all'accordo sul nucleare iraniano e alle possibili evoluzioni delle misure protezionistiche avviate dagli Stati Uniti.

Per ciò che concerne la finanza pubblica il quadro tendenziale prevede una riduzione del deficit con l'avanzo primario in crescita e il debito pubblico è previsto scendere. È opportuno sottolineare, anche a questo proposito, che per quel che concerne i titoli di Stato il Bollettino della Banca d'Italia di settembre 2016 ha rilevato come più del 30 per cento del nostro debito fosse detenuto da stranieri. In altre parole, la percentuale del nostro debito detenuto da soggetti non residenti non è variata.

Nel corso della XVII legislatura il sistema bancario è stato oggetto di diversi interventi attuati dal Governo. Tali interventi straordinari sul settore bancario hanno inciso per circa un punto percentuale del PIL sul rapporto debito-PIL del 2017. Sul punto occorre sottolineare che la principale modifica intervenuta rispetto al quadro proposto nel DEF 2017 riguarda la contabilizzazione degli interventi a favore del sistema bancario. A tale proposito, ricordo che con la Relazione al Parlamento, presentata alle Camere il 19 dicembre 2016, durante la sventurata parentesi del Governo Renzi, il Governo chiese l'autorizzazione ad emettere titoli di debito pubblico fino a un massimo - pare - di 20 miliardi di euro per l'anno 2017 per l'eventuale adozione di tali provvedimenti. La Nota di aggiornamento al DEF 2017 precisava che, trattandosi di partite finanziarie, era da ipotizzare un impatto nullo sull'indebitamento dell'amministrazione. In realtà, le operazioni relative alle banche in difficoltà hanno determinato nel 2017 effetti anche sull'indebitamento netto per circa 6,3 miliardi, di cui 1,6 miliardi per il Monte Paschi e 4,3 miliardi per le banche venete.

Come ho già ricordato in apertura, tale documento di programmazione politica non può prevedere, come è già stato detto anche da altri colleghi, importanti misure in merito alla futura programmazione economica poiché redatto, come diceva anche il collega Brunetta prima, da un Governo dimissionario. È tuttavia necessario, nell'ambito del PNR, menzionare il tema della riduzione dei crediti deteriorati nel sistema bancario e, più in particolare, mentre prendiamo atto positivamente di una fisiologica ripresa dello smaltimento degli stessi, evidenziamo, però, la necessità di non dare impulso a questo processo, valutando con attenzione anche eventuali inviti da parte di organismi europei. Va evitato, cioè, che uno smaltimento accelerato delle garanzie immobiliari metta in ulteriore difficoltà l'economia, così come rappresentato anche dall'ANCI.

Quanto al miglioramento dell'avanzo primario, volevo prima rispondere al collega Conte che lamentava un dubbio per la flat tax al Sud (lo dico da napoletano e dottore commercialista). Al Sud c'è stato, voglio dire, da parte di tutte le associazioni produttive grosso entusiasmo quando è stata proposta la flat tax.

Tutt'al più hanno bocciato sonoramente una politica economica del centrosinistra che ha portato il Sud ad essere più povero di com'era prima. Quanto al miglioramento dell'avanzo primario, dicevo, questo è da imputare a una riduzione delle uscite primarie. A questo proposito, sta destando un certo allarme il dato secondo cui dal 2019 la spesa sanitaria scenderebbe sotto il livello minimo consigliato dall'OCSE, pari al 6,5 del PIL, e che la restante parte della riduzione delle uscite derivi da tagli alle amministrazioni locali, causando tantissimi disagi agli amministratori locali e a tutti i cittadini. Signor Presidente, dal DEF 2018 si evince chiaramente che il Governo che ha preceduto quello in carica ha tagliato costi alla sanità e ai servizi fondamentali delle amministrazioni locali, facendo macelleria sociale, per salvaguardare le banche e spendere per i migranti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 10,20)

GIANLUCA CANTALAMESSA (LEGA). Ricordo a me stesso e a voi colleghi che, in base ai dati consuntivi, la spesa per le operazioni di soccorso, assistenza, accoglienza e istruzione per i migranti, al netto dei contributi dell'Unione europea, è pari a 4,3 miliardi nel 2017, e quindi allo 0,25 per cento del PIL. Tale tendenza dovrà sicuramente essere invertita, e lo sarà, considerata la capacità nel frenare gli arrivi che il Governo e il Ministro Salvini stanno mostrando proprio in questi giorni. Ancora, occorre segnalare che il quadro economico-finanziario prospettato nel DEF, non avendo natura programmatica, prevede l'aumento delle imposte indirette nel 2019 e nel 2020 previsto dalle clausole di salvaguardia in vigore, che sicuramente saranno disinnescate dalle sagge manovre di politica economica che adotterà il Governo che ci onoriamo di sostenere.

D'altronde sarebbe da folli solo ipotizzare un ulteriore aumento della pressione fiscale nel Paese; pressione fiscale che rappresenta uno dei principali motivi della mancata ripresa economica della nostra nazione. Il Partito Democratico ci ha raccontato per molto tempo che la pressione fiscale nel nostro Paese sarebbe notevolmente diminuita, ma è evidente che ciò non è avvenuto, e di questo se ne sono accorti gli italiani e chiunque legga attentamente il Documento economico oggetto dell'odierna discussione. Dal Documento emerge una circostanza, se possibile, ancora peggiore, ossia la pressione fiscale che opprime le nostre imprese: al netto dei contributi previdenziali, le imprese italiane pagano 98 miliardi di tasse all'anno. Tra i principali Paesi europei, solo le aziende tedesche e quelle francesi versano in termini assoluti di più rispetto a noi, ma perché hanno milioni di abitanti in più rispetto al nostro Paese.

Ho l'onore di essere un deputato della Repubblica italiana da due mesi, ma ho una mia attività da vent'anni, con circa 30 collaboratori e, quando mi fermo e penso alla mia attività, dal 1° gennaio 2018 ad oggi, 19 giugno, ho lavorato solo per lo Stato. Sì, ho lavorato solo per lo Stato, perché il peso della tassazione sulle imprese italiane è pari al 64,8 per cento sui profitti, ed è quindi il massimo dell'Unione europea. Le imprese italiane scontano un differenziale di oltre 21 punti percentuali rispetto alla concorrenza degli altri Stati. Dunque, le imprese italiane continuano a vivere un total tax rate che non ha uguali nel resto d'Europa, e anche su questo il nostro Governo proverà a invertire la rotta.

Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, dalla prossima finanziaria daremo priorità alle famiglie e alle imprese italiane. Prima gli italiani, per noi della Lega, non è solo uno slogan, ma un'idea di futuro per i nostri figli e per la nostra nazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Di Giorgi. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA DI GIORGI (PD). Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, oggi analizziamo questo Documento di economia e finanza predisposto dal Governo uscente, e quindi con le caratteristiche che questo Documento ha, perché correttamente non si poteva che tracciare un quadro aggiornato della situazione economica e finanziaria sulla quale si baseranno le politiche economiche e i programmi di riforma del nuovo Esecutivo. Quindi, diciamo, è la base su cui partiranno le nuove iniziative. Direi, tuttavia, che la lunga discontinuità causata dal colpevole ritardo nella definizione del nuovo Governo ha purtroppo, cari colleghi, fatto partire molto male questa legislatura, e quindi anche la nostra preoccupazione per i tempi dell'azione economica del Governo cresce di giorno in giorno.

Siamo in ritardo, ovviamente, e questo lo vediamo tutti, lo vede la gente, lo vedono i cittadini lì fuori, ma adesso non ci sono più alibi. Quindi, proviamo a non fare più propaganda, ci provino i rappresentanti del Governo in giro per l'Italia in questa campagna elettorale continua. Il Governo dovrà prima o poi scoprire le carte. Intanto sta facendo tanti annunci e le condizioni di contesto sono cambiate molto per nuovi fattori di rischio per l'economia, e questi vanno affrontati in base a una strategia che sappia definire finalmente le priorità, perché non possiamo più sentire un ammassarsi di proposte che naturalmente, come bene qualche collega ha detto già anche in questa fase del dibattito, sono davvero poco credibili.

Quindi, come forza d'opposizione, noi diciamo una cosa precisa, e la stiamo dicendo da sempre: nell'interesse del Paese siamo disposti a collaborare, se si esce da questa ottica del libro dei sogni. Siamo a fare cose serie, siamo a governare un Paese. Non siamo contagiati, noi, e vedrete questa differenza, dall'ossessiva pulsione di chi, quando abbiamo avuto noi, invece, la responsabilità di dare risposte, ha sempre voluto criticare pregiudizialmente qualsiasi scelta da noi proposta per tentare di risolvere i complessi problemi sul tavolo. Complessi problemi, appunto, problemi difficilissimi, dopo una crisi epocale e con un Paese in grave sofferenza. Invece, le risposte semplici sono quelle che sono sempre molto meglio accolte dai cittadini, ed è colpevole proporle, perché le risposte semplici non ci sono, non ci possono essere per i problemi complessi.

La gestione della complessità è ciò che serve in questo Paese. Noi non faremo così: scenderemo nel merito, noi scenderemo nel merito con la serietà e la responsabilità che ci contraddistinguono. In questi giorni direi che lo scenario internazionale, anche economico, naturalmente, si è complicato ulteriormente, e noi siamo qui immobili, ancora immobili. Voglio notare che non ci sono ancora neanche le Commissioni; insomma, non riusciamo nemmeno a lavorare in Commissione sulle urgenze del Paese, e quindi siamo in questo ritardo nel definire gli accordi di Governo, la cui responsabilità, ancora una volta, ovviamente, non può che attribuirsi a chi ha ottenuto i maggiori consensi e a chi ha l'onere di governare. Quindi, ancora guerre, guerre fra vincitori per gli equilibri interni fra loro; e, invece, c'è bisogno di fare in fretta, c'è bisogno di fare molto in fretta.

Le ultime indicazioni della BCE, che hanno effetti sui tassi di interesse, le possibili conseguenze di una guerra dei dazi sui mercati internazionali, il blocco - perché di questo si tratta, adesso, perché si è fermato - delle riforme che faticosamente il Governo del centrosinistra aveva avviato in quel contesto di gravissima difficoltà economica e sociale di cui ho parlato. Riforme attese da anni le abbiamo impostate, le abbiamo votate, alcune sono in essere e hanno bisogno dei decreti attuativi. Siamo molto preoccupati anche su questo. Riforme che erano attese da decenni, e siamo, quindi, in una situazione di grande rischio per il nostro Paese. Le riforme bloccate e le risorse che erano accantonate a quello scopo verranno presumibilmente impegnate su misure forse impossibili, le voglio definire così, molto pubblicizzate, naturalmente, propagandate in tutte le piazze che si stanno accingendo ai ballottaggi, anche prima, per le elezioni, e sulle quali attualmente non c'è nessuna, nessuna, nessuna copertura, e ancora parole precise su questo non le abbiamo.

Il Governo prende tempo e, in certo modo, si autorimanda a settembre, alla Nota di aggiornamento. Ci sarà, forse, un decreto a luglio? Non si capisce. Forse servono ancora chiarimenti tra le diverse anime della maggioranza o altre legittimazioni dalla rete per non prendersi la responsabilità delle scelte che la politica, invece, responsabilmente deve fare, per poi rendere conto agli elettori. Quindi, questo Governo del cambiamento lo vogliamo vedere, lo vogliamo vedere. Cambiare è un cambiamento purché sia? Temo che ci avviamo a una situazione di questo tipo, magari buttando a mare un'eredità importante e provvedimenti oggettivamente necessari al Paese, dopo anni di immobilismo e continuo rinvio di decisioni. Tanto per dare un segnale di cambiamento, di discontinuità? Questo serve? Tutto a spese dei cittadini. Quindi, rinvio di decisioni: noi eravamo abituati a questo, purtroppo altri Governi di destra ci avevano abituato a questo. Avevamo cambiato il trend e varato un numero davvero impressionante di riforme; alcune, grazie al cielo, già in essere, altre, invece, rischiano di bloccarsi o di essere bloccate per nuove scelte, naturalmente, che verranno fatte. Però invito alla moderazione in questo senso, invito all'analisi seria del cuore di quelle riforme, in modo tale, come diciamo, io sono toscana, da non buttare via il bambino con l'acqua sporca; insomma, cerchiamo di essere seri e riflessivi.

Ritornando al PNR e alla politica economica del Governo, è su questo, ovvero sui fatti, che, come forza di opposizione, attendiamo di vedere segnali di concretezza. Più volte ho parlato di concretezza e di responsabilità ed è questo che ci aspettiamo da voi: concretezza. Basta con i proclami! Basta con i proclami da parte di tutti!

Io qui non mi ci voglio fermare più di tanto, ma, insomma, spendere troppe parole su questo irrituale contratto di Governo, come è stato detto da qualche altro collega e anche negli altri giorni, è un libro dei sogni. Ha svolto la sua funzione propagandistica. E poi è la stessa definizione, un “contratto”. Io questo lo voglio dire qui in Aula, perché rimanga, insomma; un contratto, non è questo che serve fra le forze politiche. Noi siamo abituati ad altro: accordi di Governo tra partiti. Questo serve, quando si fa politica, naturalmente rispettando la nostra Costituzione. Ma anche questo ormai sembra qualcosa di obsoleto, sembra qualcosa che, insomma, in qualche modo non va più tanto considerato, sempre in nome del cosiddetto cambiamento.

Però, voglio tornare ai fatti. Mille promesse senza coperture del contratto. Devo parlare di questo: il contratto, in cui si riconoscono le forze politiche che sostengono questo Governo. Oggi queste cose devono essere tradotte in priorità concrete e, quindi, compatibili con le indicazioni dell'Europa. Sicuramente su un punto siamo d'accordo: disinnescare le clausole di salvaguardia, aprendo il negoziato con Bruxelles. Quindi, è necessario completare la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia sulle imposte indirette, per il triennio 2019-2021, - già parzialmente realizzata, lo ricordo, dall'articolo 1, comma 2, della legge di bilancio 2018 -, da finanziare mediante il ricorso a misure compensative, sul lato delle spese e delle entrate, con particolare riferimento all'azione di contrasto all'evasione ed escludendo qualsiasi forma o modalità di condono.

Do qualche spunto, so assolutamente inascoltato, però è il nostro ruolo, qui, di parlamentari. Bisognerebbe continuare a promuovere in sede europea la necessità di una nuova governance dell'Eurozona, anche attraverso una revisione delle regole di bilancio, volta a conferire una maggiore centralità alla crescita economica - noi lo scriviamo nella nostra risoluzione - all'occupazione, all'inclusione sociale - all'inclusione sociale perché noi già abbiamo fatto cose concrete per l'inclusione sociale e, quindi, è uno dei temi importantissimi cui noi crediamo, per nostra storia e cultura vorrei dire -, in un percorso sostenibile di riduzione del debito pubblico, nonché a una reale condivisione dei rischi, sia favorendo il completamento dell'unione bancaria, attraverso un sistema unico di garanzia dei depositi, sia promovendo la realizzazione di una vera unione fiscale.

Quindi, sono le nostre misure, ciò in cui noi crediamo e, quindi, io direi che adesso c'è soltanto da muoversi, da cercare di trovare, nell'interesse degli italiani, le soluzioni praticabili, le possibili scelte che tutti noi insieme potremmo fare. Non credo, non so, anzi sono quasi certa che questo non succederà, però, ecco, voglio continuamente ancora sperare questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Trancassini. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, vorrei richiamare brevemente l'attenzione, nei quattro minuti concessi, su un aspetto che è stato sfumato nel DEF e che non troviamo, però, nelle risoluzioni e negli impegni e, cioè, quello della ricostruzione post sisma.

Nelle settimane prossime, in quest'Aula, verrà la conversione di un decreto-legge che parla ancora di emergenza. Se dopo due anni noi siamo ancora nell'emergenza, vuol dire che nulla ha funzionato. E mi dispiace sentire l'onorevole Di Giorgi fare appello alla concretezza, alla velocità, agli impegni e a sgombrare il campo dalla propaganda. Noi in quei territori - e lo dico da sindaco del comune di Leonessa - abbiamo visto, fino adesso, soltanto propaganda e passerelle (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e non abbiamo visto assolutamente alcuna forma della ricostruzione.

In quest'Aula, sicuramente, molti di voi o provengono da quei luoghi, perché sono 140 i comuni coinvolti dal sisma, o comunque ne conoscono le pene, i disagi e l'assoluta mancanza di speranze.

In questo momento, Ministro, quei territori stanno giocando la partita della vita e hanno bisogno di vedere un improvviso, tempestivo e capace cambio di rotta. Abbiamo applicato nella ricostruzione il peggior modello di questo Paese. È chiaro a tutti che in questo Paese c'è un male, un cancro, che è la burocrazia. Ebbene, noi l'abbiamo presa a modello per la ricostruzione. Questo non è tollerabile, non è possibile e serve un improvviso cambio di rotta. Serve - per usare le parole del Presidente del Consiglio - di rivedere anche l'approccio con l'ANAC. Serve di cambiare questo modello, che tiene avvinte tra le proprie spire tutti i modelli di ricostruzione, non dando garanzia di nulla. Noi vediamo che in questo Paese, nel rispetto delle procedure, si possono registrare gli scandali di Expo e gli scandali dello stadio della Roma. Nel rispetto delle procedure nei nostri territori, signor Ministro, si sta sperperando denaro pubblico. Lei pensi che noi stiamo consegnando le casette in questi giorni e sono centinaia di migliaia le persone ancora iscritte al CAS, solo e soltanto perché le “B e le “E” - quindi sto parlando della ricostruzione privata - non partono e non ci sono cantieri.

Peraltro, nei nostri territori, signor Ministro, servirebbe anche un altro atto di coraggio. Bisognerebbe far passare una moratoria almeno decennale, per evitare che la spending review concluda tutto quanto fatto dal terremoto e dall'assenza della ricostruzione. Lei pensi che, mentre noi sui tavoli della ricostruzione discutiamo su come e quando rifare le scuole, contemporaneamente su altri tavoli ministeriali ci vengono chiuse quelle scuole. Noi per dieci anni, signor Ministro, chiediamo che non ci sia taglio di servizi pubblici nei nostri territori e ci sia finalmente un atto di coraggio e di buonsenso, quello che è mancato in questi anni e quello che ci aspettiamo dal futuro Governo. Coraggio, buonsenso, capacità e la possibilità anche di confrontarsi con quelle che sono le grandi risorse di questo Paese: i sindaci, signor Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Noi siamo a disposizione e siamo pronti a lavorare insieme a voi, per ricostruire le nostre terre (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sodano. Ne ha facoltà.

MICHELE SODANO (M5S). Presidente, colleghi, mi preme sviluppare una delle numerose linee di ragionamento proposte nell'ottimo intervento del collega D'Incà.

È essenziale portare al centro del dibattito presente, su un Documento di economia e finanza, l'indicatore oggi conosciuto come benessere equo e sostenibile, un indicatore che prende in considerazione il reale stato di salute della società.

Il BES è un'innovazione che il MoVimento 5 Stelle guarda con interesse, fiducia e spirito costruttivo, ma anche con una dovuta cautela, perché sia realmente un meccanismo funzionale alla crescita della qualità della vita complessiva di cittadini e non venga presto derubricato ad un impiccio tecnico in sede di programmazione di bilancio.

Gli indicatori di benessere equo e sostenibile, BES, sono stati introdotti formalmente nei documenti di programmazione economica e finanziaria e nel processo di bilancio della legge n. 163 del 2016. Lo scorso Governo ha allegato al Documento di programmazione economica e finanziaria un rapporto previsivo e programmatico, con riferimento a quattro indicatori BES. Questi indicatori fanno parte di un insieme più ampio, nel frattempo definito dal comitato BES, che consiste di dodici indicatori.

Vado ad elencarli rapidamente: reddito medio disponibile aggiustato pro capite; indice di diseguaglianza del reddito disponibile; indice di povertà assoluta; speranza di vita in buona salute alla nascita; eccesso di peso; uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione; tasso di mancata partecipazione al lavoro, con relativa scomposizione per genere; rapporto tra tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli; indice di criminalità predatoria; indice di efficienza della giustizia civile; emissioni di C02 e altri gas clima alteranti; indice di abusivismo edilizio. L'ISTAT, Presidente, rende fruibili 130 indicatori di benessere. Lo scorso Governo ne ha aggregati solo 12, l'arbitrarietà della selezione non si confà ad un indice statistico così importante. Il MoVimento 5 Stelle si pone l'obiettivo di integrare questa lista e creare un modello più sinergico, affinché gli indicatori non viaggino in parallelo, ma dialoghino tra loro.

Affinché il BES non risulti un algido ed inefficiente rapporto, le politiche del Governo si dovranno concentrare sugli indici di queste variabili. Non siamo, quindi, di fronte ad un indicatore esaustivo, ma, se irrobustiti e consolidati, i parametri che lo compongono possono fornire al decisore pubblico una bussola più coerente con i bisogni reali dei cittadini e, soprattutto, una maggiore consapevolezza nel valutare l'impatto che le stesse politiche, orientate dagli indicatori tradizionali, hanno sulla qualità della vita delle persone.

Convenzionalmente siamo abituati a pensare che il benessere economico di un Paese si misuri attraverso il PIL, il prodotto interno lordo, che fornisce una dimensione puramente quantitativa della produzione nazionale di beni e servizi. Ma il PIL ha limiti evidentissimi, se si vogliono vedere. Ad esempio, non considera il patrimonio. Se un territorio viene raso al suolo da un terremoto, il PIL non ne tiene conto, anzi la ricostruzione dà impulso proprio al PIL. Il PIL non valuta come è distribuita la ricchezza, non considera come si ripartisce il reddito, né tiene conto della maggiore o minore mobilità sociale; considera invece i beni e servizi spesso deleteri, quali armi da fuoco, fumo, droghe, prostituzione e pubblicità. Non considera, al contrario, il lavoro delle casalinghe e dei volontari e in generale la produzione non venduta sul mercato. È difficile inserire nel PIL i progressi qualitativi. L'assunzione clientelare fa crescere il PIL, tutto ciò che non è quantitativo è invece tralasciato. Eppure, omicidi, suicidi, alcolisti, cittadini inattivi e ludopatici sono anch'essi spie dello stato di salute economico, ma non solo di una società, e la lista sarebbe molto più lunga. Ebbene, è ormai noto a tutti che il PIL non tiene conto della salute delle famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Il PIL non misura il nostro coraggio né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Non ho citato un post di Beppe Grillo, anche se parole simili probabilmente compaiono sui blog; si tratta invece di un discorso spesso citato di Robert Kennedy, fratello di John Fitzgerald, pronunciato ormai cinquant'anni fa. Era il 1968, tre mesi prima che fosse ucciso. A livello internazionale, da tempo, si moltiplicano i gruppi di lavoro che attribuiscono una crescente attenzione alle diverse dimensioni del benessere e al loro utilizzo al fine di orientare un processo decisionale. E l'Italia, il nostro Paese, potrebbe essere in prima fila in questa tendenza, se saprà però sviluppare con coraggio un'inclusione degli indicatori di BES nella programmazione economica e finanziaria. Il MoVimento 5 Stelle non ne ha mai fatto mistero: prima dei numeri vogliamo occuparci delle persone, perché la felicità comincia dall'azione concreta dei Governi, e la nostra politica è da sempre indirizzata ai bisogni concreti dei cittadini. Non a caso siamo nati sul territorio raccogliendo le istanze che piccoli gruppi di cittadini esprimevano, anche attraverso la rete. Non è un caso - se ci pensate - che la sintesi del programma elettorale del MoVimento 5 Stelle alle ultime politiche si chiamasse “20 punti per la qualità della vita”. La qualità della vita può trovare la sua dimensione politica e concreta nel BES, se sapremo ampliarlo e renderlo sempre più vicino all'economia e alla società reale.

Prodotto e crescita sono i totem che ancora oggi influenzano e monopolizzato il dibattito pubblico. Credo di parlare a nome di tutto il MoVimento 5 Stelle, se dico che noi da anni abbiamo molto chiaro in testa che crescita e benessere non sono la stessa cosa. Non possiamo accontentarci, cari colleghi, di rincorrere un segno più nelle tabelle di misurazione dei parametri economici tradizionali. Non abbiamo bisogno di “più”, o almeno non solo: abbiamo bisogno di meglio, abbiamo bisogno che la qualità sia la dimensione dell'analisi politica. La crescita economica si è trasformata negli anni in una vera e propria religione: se il PIL segna più, tutto va bene; se segna meno, invece, è una rovina. E invece, magari, si spende meno e meglio, ci si aiuta a vicenda e si è più felici.

In nome della crescita abbiamo sacrificato molto della nostra qualità di vita. La scansione del nostro tempo è sempre più sottoposta a pressioni produttive e competitive, tanto che, per esempio, il tempo disponibile per le relazioni, anche quelle più significative, come il rapporto con i figli, tende a ridursi sempre di più. Crescita e benessere devono diventare un binomio, una combinazione vincolante per l'indirizzo delle nostre politiche economiche, perché la massimizzazione del benessere dei cittadini tutti, quindi della società nel suo complesso, è la grande promessa democratica, e spetta alla politica, cioè a noi, di realizzarla. Dobbiamo essere in grado di trovare spazio per un'analisi del benessere psicologico delle persone, di una valutazione dell'uso del tempo libero, della vitalità sociale di una comunità, dell'equilibrio con l'ambiente naturale, del senso di soddisfazione o, al contrario, di alienazione che può caratterizzare il lavoro di oggi. Con un BES adeguatamente ampliato sarà il concetto di valutazione a primeggiare su quello di utile, ma non sufficiente di misurazione. La qualità, troppo spesso schiacciata dal peso della quantità, si prenderà la sua rivincita. Si tratta, in definitiva, di inserire un fattore felicità nell'elaborazione dei programmi economici e finanziari, oppure, se preferite, di iniziare davvero ad attribuire il giusto significato ad una parola spesso misconosciuta o sottovalutata se non addirittura travisata: il progresso. Il progresso, dal mio punto di vista, dal nostro punto di vista, va inteso proprio così: la capacità di associare il benessere sociale ed individuale alla crescita economica. Il progresso si realizza quando un'umanità fa un salto evolutivo vero: dal latino progressus, andare avanti, senza lasciare nessuno indietro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Mi avvio a concludere. Il gruppo del MoVimento 5 Stelle è determinato ad aggiornare i criteri di valutazione ed analisi di tutti gli indicatori che ci possono restituire la fotografia del benessere delle comunità e delle persone che le abitano, ma che sia una fotografia a colori ed in alta risoluzione. Si consideri dunque vincolante l'analisi del BES e si lavori da subito per un suo sviluppo e rafforzamento. Siamo naturalmente favorevoli a strumenti alternativi e complementari al PIL, ma l'attuale insieme di indicatori per il benessere equo e sostenibile va migliorato, se vogliamo che possa essere funzionale ad una politica economica più precisa, più attenta e più giusta.

Lo sviluppo economico è fondamentale, soprattutto dopo gli anni di crisi che in parte stiamo ancora vivendo. È nell'interesse di tutti, naturalmente anche di questa maggioranza, che l'Italia riesca a produrre in abbondanza, che il motore del Paese torni appieno a regime, in definitiva che aumenti la propria ricchezza, ma perché non lavorare anche nella direzione di rendere l'Italia un Paese più felice (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)?

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vito. Ne ha facoltà, per sei minuti.

ELIO VITO (FI). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, la presidente Gelmini mi ha chiesto di parlare dei temi della difesa e della sicurezza, ed in effetti non c'è discussione più appropriata di quella del Documento di programmazione economica e finanziaria per parlare di sicurezza e difesa; deluderò però quanti pensano che parlerò di immigrazione o di legittima difesa. Credo invece sia necessario parlare in questa sede di difesa e sicurezza in termini un po' più strutturali. La difesa dei confini di un Paese e la sicurezza dei cittadini all'interno di tali confini è uno dei compiti costitutivi dello Stato, e i dati del Documento che stiamo esaminando ci dicono che non si spende a sufficienza per assolvere a questo compito prioritario: garantire sicurezza. Sulle spese per la difesa abbiamo assistito negli anni scorsi ad una discussione sbagliata, su una presunta contrapposizione tra spese per il settore militare e spese per il settore civile. In realtà oggi non esiste spesa per il settore della difesa che, oltre che a creare occupazione, non abbia pure effetti positivi anche in molteplici campi della vita civile e sociale. Questo per il carattere duale, civile e militare, della ricerca scientifica e delle applicazioni tecnologiche nel settore della difesa.

Per tali ragioni, la risoluzione di Forza Italia propone di aumentare la spesa per investimenti nel settore della difesa, adeguandola agli standard medi occidentali. È interesse dell'Italia dotarsi di Forze armate professionalmente attrezzate, ben retribuite, con i mezzi e le tecnologie necessarie a prevenire e fronteggiare le minacce convenzionali, asimmetriche e cibernetiche che oggi attentano alla nostra sicurezza. Nello stesso modo, su un piano forse percepito con ancora più immediatezza dalla collettività, occorre intervenire per le forze dell'ordine, che affrontano quotidianamente la criminalità nazionale ed internazionale, organizzata e non. Diciamo con la nostra risoluzione che le forze dell'ordine, nonostante la loro abnegazione e lo spirito di sacrificio, sono poche, insufficienti, con un'elevata età media, spesso non adeguatamente equipaggiate e dotate di mezzi. Il Governo deve intervenire subito, con assunzioni, organici, miglioramenti contrattuali e stipendiali, adeguamenti di carriera, trattamenti previdenziali, nuove dotazioni e migliori mezzi. Ecco il modo per garantire davvero la sicurezza che i cittadini richiedono: più forze dell'ordine, meglio retribuite e meglio equipaggiate. In fin dei conti, è quello che avevamo scritto nel programma comune del centrodestra.

Ed il presidente Berlusconi aveva assicurato che, in caso di vittoria del centrodestra, il primo dei Consigli dei ministri sarebbe stato dedicato a questi provvedimenti per le Forze dell'ordine e per le Forze armate. Il centrodestra è arrivato primo alle elezioni, ma non governa, ed il primo Consiglio dei ministri è stato dedicato alla nomina dei sottosegretari.

In conclusione, abbiamo voluto richiamare quello che sul tema della sicurezza è davvero necessario fare, contenuto, appunto, nel programma del centrodestra, al quale siamo certamente tutti ancora legati, anche chi, oggi, è maggioranza, anche chi siede al Governo.

Auspichiamo, quindi, che quanto da noi proposto, signor Ministro, nella risoluzione, possa essere letto attentamente, possa essere preso in considerazione e possa essere approvato. Non lo chiediamo per spirito di parte o per polemica, ma lo chiediamo, semplicemente, perché sappiamo che è quello che è giusto, che è necessario e che è urgente fare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, siamo, oggi, in quest'Aula per analizzare l'ultimo DEF dei governi di centrosinistra, ovvero, l'epitaffio del Governo Gentiloni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Le previsioni per il 2018 del DEF, si stanno rivelando almeno ottimistiche, per non dire velleitarie: la già bassa crescita del prodotto interno lordo, che era stata stimata all'1,50, è già calata all'1,4 nel primo trimestre dell'anno. Ciò è dovuto sia alla diminuzione dei consumi delle famiglie, dall'1,4 all'1,2 per cento, sia alla stasi della domanda estera.

Nella relazione introduttiva si accenna ai rischi di peggioramento derivanti dal protezionismo statunitense e dall'apprezzamento del valore dell'euro, che sconsiglia le esportazioni. In realtà, finora, danni dal protezionismo d'oltreoceano non se ne sono ancora avuti e sono difficilmente quantificabili; invece, sono stati quantificati con certezza i danni già causati dalla persistenza delle sanzioni economiche alla Russia, che hanno provocato una perdita 6 miliardi di euro, come denunciano le associazioni produttive dei settori interessati (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Per quanto riguarda il protezionismo, poi, bisognerebbe, anche, quantificare i danni che l'Italia subisce dal mancato protezionismo dei suoi prodotti, in particolare alimentari, provenienti da Paesi extraeuropei, come denunciato, anche qui, dalle associazioni di categoria e da noi con loro.

Vedete, nella relazione introduttiva, sottoscritta dall'ex Ministro Padoan, si afferma che il mancato sviluppo italiano è dovuto all'insufficiente contributo del capitale umano, proprio così: capitale umano. A parte il fatto che il lavoro umano su cui si fondano la nostra Repubblica e il nostro Stato non è un capitale, ma un valore, vorremmo domandare a Padoan che è qui seduto, davanti a noi, quale contributo sufficiente possono dare i giovani costretti al precariato e a sopportare le angherie di multinazionali come Foodora, per la consegna di cibo a domicilio. È questo il contributo che ci si aspetta dai giovani, magari diplomati o laureati?

Si afferma, anche, che il mancato sviluppo italiano deriva dalle difficoltà delle imprese, soprattutto quelle piccole, e dei lavoratori autonomi, a causa dell'insufficiente finanziamento del credito bancario. Giusto, giustissimo, ma ci domandiamo perché quelle banche hanno continuato, per anni, a dare soldi a personaggi o imprese legate a particolari ambienti vicino ai Governi Renzi e Gentiloni, invece che agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Con quei fondi si potevano finanziare centinaia di piccole imprese e salvare loro dal fallimento e i loro dipendenti dalla disoccupazione. Ricordo che Giorgia Meloni ha chiesto inutilmente che la Commissione di indagine sui dissesti bancari rivelasse i nominativi dei grandi debitori insolventi, ma non fu fatto. Invece, è stata prorogata la politica dei bonus, come quello per i diciottenni, per 290 milioni per il biennio 2018-2019, un provvedimento demagogico ed elettorale, però, che è stato largamente criticato dalle associazioni giovanili e dei consumatori. Queste risorse finanziarie potrebbero essere meglio utilizzate, proprio per rafforzare i servizi culturali per i giovani. È necessario, quindi, rafforzare gli strumenti di sussidiarietà pubblico-privato, anche attraverso il ripristino del 2 per mille alle associazioni culturali e di promozione sociale; la sussidiarietà è la risposta a molte domande di sostegno e riqualificazione culturale, come la proposta della deducibilità del consumo culturale individuale che solo Fratelli d'Italia ha nel suo programma.

Per concludere, questo è un DEF che certifica il fallimento politico ed economico dei governi di centrosinistra; una sinistra che, un tempo, era con il popolo, contro le élite, ma che, oggi, ha compromesso se stessa, tradendolo.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Questo è un monito anche per il nuovo Governo giallo-verde, il popolo non perdona chi lo tradisce (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Epifani. Ne ha facoltà, per otto minuti.

ETTORE GUGLIELMO EPIFANI (LEU). Signor Presidente, esponenti del Governo, cari colleghi. Il quadro contenuto nel Documento di economia e finanza, così come tratteggiato anche dai relatori di maggioranza e di minoranza è sufficientemente chiaro dei problemi che il nostro Paese attraversa. Naturalmente, dopo anni, il PIL ha ripreso a crescere, e cresce anche l'occupazione, resta la sostanza, però, di un Paese che da sedici anni ha, sostanzialmente, un ritmo di crescita medio dello 0,2 per cento e di un'occupazione che riprende su basi fortemente precarie. Da questo punto di vista e rispetto, anche, alle difficoltà di quadro che stanno aumentando - penso soprattutto alla guerra commerciale che ha effetti, se non altro, sulla dinamica degli investimenti e sulle prospettive del sistema industriale, penso alla questione della fine della quantitative easing che determinerà per il Paese un rischio di costo del nostro debito pubblico più alto -, è evidente che si tratta, a questo punto, di intervenire secondo un ordine di priorità che abbia un senso politico e logico.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO (ore 11,05)

ETTORE GUGLIELMO EPIFANI (LEU). Se il nostro problema è la crescita scarsa, è sulla crescita che bisogna investire risorse, mezzi e attenzione. Da questo punto di vista, non c'è niente da fare, perché mentre l'export di una parte del nostro sistema industriale sta andando bene, fino ad arrivare a saldi commerciali mai avuti nel passato, se è vero che la domanda interna di consumi, negli ultimi due anni, è leggermente aumentata ed è aumentata anche la quota degli investimenti privati, quello che tuttora continua a mancare è la componente degli investimenti pubblici nel determinare un assetto più equilibrato della nostra economia. Prima della crisi, questo Paese spendeva 90 miliardi l'anno di investimenti pubblici; con la crisi, si sono ridotti a 60 miliardi; negli ultimi due anni gli investimenti pubblici sono rimasti al palo. Ci mancano, anno dopo anno, 30 miliardi di investimenti pubblici. E perché qui sta il tema? Non solo perché l'investimento pubblico è un moltiplicatore di investimenti, di risorse e di occupazione, non solo perché gli investimenti pubblici sono l'unica vera leva di equilibrio dei divari territoriali - e penso soprattutto al rapporto tra città, campagna, Nord e Mezzogiorno -, ma perché, attorno agli investimenti pubblici, si gioca il grande problema del degrado o meno del nostro sistema di infrastrutturazione civile e sociale del Paese.

Ci lamentiamo delle nostre case, della sicurezza delle case, della sicurezza delle scuole, della sicurezza degli edifici pubblici, della sicurezza delle nostre campagne e delle nostre colline, dell'insufficienza del nostro sistema idrogeologico, dell'offerta di acqua. Ci lamentiamo, cioè, di beni essenziali per la collettività, per non parlare del decoro urbano e dello stato delle nostre strade. Ebbene, tutto questo deriva dal fatto che manca, anno dopo anno, una componente come quella degli investimenti pubblici così rilevante. Se continuasse questa tendenza noi avremmo un Paese in cui il degrado della propria infrastrutturazione civile tenderà a crescere e avremmo un'assenza di una componente essenziale dello sviluppo e della crescita.

La stessa cosa avviene per l'occupazione; crescono i dati, ma la qualità della nostra occupazione non regge, lo ripeto, non regge. Tempi indeterminati, sempre meno, tempi precari, sempre di più, e dentro i tempi precari c'è di tutto, c'è chi lavora un giorno al mese, c'è chi lavora una settimana all'anno; c'è una situazione di precarietà che non fa onore al nostro Paese. È la stessa cosa dell'aumento dell'occupazione, se noi la trasformassimo in ore equivalenti di lavoro, ci renderemo conto che rispetto al pre-crisi, non ci mancano solo saldi occupazionali netti, ma anche ore di lavoro: mezzo milione di part-time involontario in più vuol dire mezzo milione di persone che hanno un reddito dimezzato rispetto all'avvio della crisi.

E, da questo punto di vista, mi permetto di segnalare due problemi: in primo luogo, il bisogno di una lotta alla precarietà più forte; in secondo luogo, tema di cui nessuno parla, la riapertura dei turnover nelle pubbliche amministrazioni. Dieci anni di blocco del turnover hanno fatto scendere di 400 mila unità gli occupati nelle pubbliche amministrazioni e questo può essere anche un fatto positivo, se si pensa che c'era esagerazione in qualche collocazione, ma c'è un punto da cui non si scappa; che se tu non assumi, l'età media di chi lavora nelle pubbliche amministrazioni tende ad aumentare; in sanità, dove vi sono 600 mila occupati, l'età media di chi lavora è di 54 anni; per questo poi leggiamo del fenomeno dei medici di famiglia, che, a un certo punto, andranno tutti in pensione. Se noi continuiamo a non assumere, oltre ai danni per gli utenti, per i pazienti, per i cittadini, avremo un problema drammatico. Nella sanità abbiamo l'età media più alta d'Europa, i nostri professori hanno l'età media più alta d'Europa, i professori universitari hanno l'età media più alta d'Europa, i nostri ricercatori hanno l'età media più alta d'Europa. Dove vogliamo andare?

Se non risolviamo per tempo questo problema, l'età media tenderà naturalmente ad aumentare ancora ed è anche per questo che un sistema più flessibile di pensionamento si rende necessario, non solo per questo, ma anche per questo e, da questo punto di vista, avverto solo di un tema anche qui, di cui non si parla: prima di mettere mano al reddito di inserimento o di cittadinanza, prima di mettere mano alla riforma Fornero, c'è il problema di collegare a queste riforme una revisione dei nostri ammortizzatori sociali, perché nella passata legislatura si sono determinati problemi con figli e figliastri, che non vanno bene. Abbiamo imprese che hanno diritto ad ammortizzatori sociali di rango «A», imprese che hanno diritto ad ammortizzatori sociali di rango «B» e abbiamo situazioni tra i lavoratori e le imprese che non reggono. Lo abbiamo visto nella discussione che abbiamo fatto la settimana scorsa.

Infine, il fisco. Sento parlare di tutto. Si può parlare di evasione? Si può parlare di lotta all'evasione? Ancora oggi, tutti gli stati ci dicono che è di oltre 100 miliardi l'evasione di questo Paese. Non è che la pace fiscale e un condono aiutino la lotta all'evasione; aiutano a fare emergere l'imponibile, ma contemporaneamente spingono a evadere, perché, se noi facciamo un ciclo molto breve di condoni fiscali, è evidente che la tendenza a non dichiarare al fisco diventa ovviamente più forte.

Infine, ultima cosa: dobbiamo aprire un confronto con l'Europa. Benissimo.

Io mi raccomando per le cose che ho detto. Tutto ha margini di flessibilità. Capisco quelli che possono servire a evitare l'aumento dell'IVA, che, se aumentasse, finirebbe per gravare sulla povera gente e sui cittadini; però, attenzione, ogni margine di flessibilità non deve andare gravare sulla spesa corrente, per le cose che ho detto e, se vogliamo essere seri, ogni margine di flessibilità deve andare a investimento e a investimento pubblico in particolare (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Russo, ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO (FI). Grazie, Presidente. Se dessi per buona l'ipotesi, da voi condivisa, che il PIL cresce quest'anno dell'1,5 per cento, dovrei ritenere che nel Mezzogiorno ovviamente non raggiunge lo 0,6. Questo significa che al Sud l'occupazione si riduce ancora di qualche decina di migliaia di unità e alle donne e agli uomini del Sud toccherà l'onere maggiore della crisi dell'intero Paese e così, puntualmente, come in un esodo biblico, anche quest'anno perderemo oltre 50 mila residenti, prevalentemente giovani, per lo più diplomati e laureati che sono costretti a trasferirsi al Nord alla disperata ricerca di un posto di lavoro. Una città come Avellino che svanisce, una socialità nel Mezzogiorno che si sconvolge, un destino cinico e baro che non consente alternativa ai migliori ragazzi formati nelle nostre università, che trasferiscono conoscenze e competenze utili ad arricchire, però, altri territori.

Mi aspettavo da voi un sussulto di orgoglio, un atto di responsabilità. Avrei atteso un'azione forte e convincente, non il furbesco tentativo di nascondersi sempre dietro il salvifico reddito di cittadinanza, una sorta di araba fenice, che è sempre a portata di mano, ma domani, mai oggi, peraltro con risorse europee ed evidentemente a tempo.

Il reddito di cittadinanza è la negazione del lavoro, è la staticità, è l'a-dinamismo, è il salario senza un'attività, è il peggiore modello da suggerire. Il lavoro è tutt'altra cosa: è passione, è capacità di mettere in pratica le proprie competenze, è la voglia di intrapresa e di fare dei nostri giovani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente e del deputato Zucconi), il lavoro è sfida e soddisfazione. Il reddito assistenziale è la negazione del merito e dell'ingegno, degli studi e dell'applicazione.

Non servono pannicelli caldi, non servono formule che ripropongono stantii progetti del passato, ammantati dalle sacre e inviolabili insegne della Casaleggio & co. Serve, piuttosto, rispondere alla domanda di perequazione che riguarda infrastrutture, servizi e prestazioni. Il Sud ha bisogno di marcare i propri diritti; il diritto alla tutela della salute, il diritto a un'attesa di vita che sia paragonabile a quella dei cittadini del Nord, il diritto a trasporti che siano degni del terzo millennio, il diritto ad avere scuole e asili capaci di istruire i nostri ragazzi, il diritto ad un welfare accettabile.

Non è pensabile che l'Alta velocità si fermi a Salerno, che per raggiungere Napoli da Bari occorrano tre ore, che ancora si discuta se sia necessario o meno il ponte sullo Stretto.

Bisogna rafforzare la rete sanitaria delle emergenze e, soprattutto, deve essere possibile, Presidente, per le Maria Dolores senza clamori, essere operate tempestivamente anche a Napoli e curarsi dai tumori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Il riparto in sanità è, ad oggi, ancora riferito ad una logica di spesa storica, non misurata rispetto alle liste di attesa, alla obsolescenza delle apparecchiature e delle strutture, alle condizioni e alle deprivazioni sociali. Si privilegia, insomma, chi ha a danno di chi aspira ad avere.

Come si farà a parlare di nuove risorse alle regioni del Nord, in chiave di regionalismo differenziato, se non si mette in campo un grande piano perequativo sul fronte dei servizi e delle prestazioni? Ancora oggi, Reggio Calabria ottiene zero risorse per gli asili e le mense scolastiche e a Reggio Emilia lo Stato garantisce oltre 120 mila euro; tutte e due si chiamano Reggio, ma l'una lascia per strada i suoi figli e l'altra si può permettere i pasti bio. Ma vi pare che quella differenza si possa reggere, sul piano politico, sul piano sociale e sul piano istituzionale? È evidente che no.

Quest'oggi, però, cominciamo ad introdurre nel dibattito un'altra questione - sarà un refrain -che non molleremo, in ragione di un principio di giustizia e di equità. L'erogazione delle pensioni è misurata sostanzialmente su tre parametri: il primo, quanto si è versato, soprattutto in ragione del sistema contributivo; il secondo, l'età anagrafica; il terzo, qual è l'attesa di vita.

L'INPS suggerisce come sia necessario parametrare il raggiungimento dell'agognato assegno pensionistico alla speranza di vita; più si campa, più in avanti bisogna pensionarsi. Ora, nel Mezzogiorno si vive mediamente quattro anni meno che al Nord e, se non si assume rapidamente una misura perequativa a vantaggio dei lavoratori del Sud, alimenteremmo il paradosso di un'altra tassa sulla nascita. Non solo si muore prima, al Sud; meno servizi nei trasporti, nell'istruzione, una RC auto più cara, un'indecente sanità, prevenzione zero, ma saremmo anche costretti, proprio noi al Sud, a finanziare il lavoro e il sistema pensionistico del Nord.

Perequazione significa fare investimenti nella spesa ordinaria, non soltanto nella spesa straordinaria, che peraltro arranca. Si attivi subito la clausola del 34 per cento e meglio la si allinei al 45, che è la cosiddetta clausola Ciampi, ma si consideri la spesa complessiva, e mi riferisco all'ANAS, alle Ferrovie, alla Cassa depositi e prestiti e ad ogni altra spesa ordinaria con risorse pubbliche.

Non servono deportazioni di imprese; basta sostenere e alimentare i valorosi ed eroici imprenditori che ci sono e resistono, nonostante il gap infrastrutturale, le difficoltà sul fronte della burocrazia, del credito e la violenza delle organizzazioni criminali. Solo così, Presidente, sarà possibile invertire una tendenza al declino, al disagio, all'esasperazione, alla mortificazione della dignità.

Per questa ragione, vi invitiamo a votare la nostra risoluzione, a cui seguirà un più articolato progetto che riguarda il nostro Sud (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidentee della deputata Ferro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zucconi, ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Signor Presidente, signori ministri, deputati, della vuotezza dei documenti che stamattina ci vengono presentati ha già detto il collega Brunetta e quindi non sto a ripeterlo.

Noi ci chiediamo però, se comprendiamo il fatto che il documento del DEF lasciato dal precedente Governo fosse vuoto, fra virgolette, perché la risoluzione presentata invece dalla nuova maggioranza e dal nuovo Governo non contenga delle progettualità evidenziate. E allora ricordiamo le parole pronunciate dal Presidente Conte in occasione del dibattito sulla fiducia al Senato, quando affermava testualmente che non esistono più visioni complessive del mondo. Noi siamo assolutamente contrari a questa impostazione. Noi, invece, siamo convinti che le visioni complessive del mondo siano quelle che devono stare alla base di un progetto di governo, di un qualsiasi Governo e qualsiasi sia la visione; e ci chiediamo ancora se questa impostazione non sia frutto di un pragmatismo che è così contiguo a un nichilismo che è stato già indicato autorevolmente come un male oscuro delle democrazie occidentali.

Ci chiediamo ancora se si vuole impostare un'azione di governo basandola su una riproposizione di Stato assistenziale, su un concetto di decrescita felice, o se piuttosto vogliamo impostare questo lavoro ritornando ai concetti di lavoro e di sviluppo, quelli che, non a caso forse, sono stati indicati fra i principi fondamentali della Costituzione, all'articolo 1, nella disputa che ci fu a quel tempo durante i lavori preparatori, quando si contrappose il concetto di “Repubblica fondata sulla dignità umana” a quello di “Repubblica fondata sui lavoratori”, per concludere con un nobile compromesso: “L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”.

È il lavoro e quindi l'impresa che creano il benessere sociale; non sono gli acronimi. Io ho apprezzato l'intervento del collega Sodano, quando si parlava di BES: anch'io sono convinto che sono indicatori importanti, ma noi al momento non possiamo risolvere il 130 per cento di debito sul PIL, la disoccupazione o l'occupazione, che è ferma al 62 per cento in Italia (contro il 72 per cento presente in Europa), con concetti come quello della decrescita felice o dell'assistenzialismo; non possiamo andare, a nostro parere, a parere di Fratelli d'Italia, in Europa per chiedere alla Merkel un contributo per l'equità sociale.

Noi dobbiamo chiedere in Europa che ci venga dato quello che ci spetta e quello che ci spetta lo dobbiamo investire per una riconversione industriale. Si parla di ambiente, ma le nostre aziende, molte delle nostre aziende, stanno andando sempre di più in difficoltà perché non sanno dove smaltire i loro rifiuti.

Allora, a fronte di questa situazione, noi dobbiamo dare una risposta soprattutto ai sei milioni e mezzo di imprese iscritte attualmente alle camere di commercio, sei milioni e mezzo di imprese che chiedono non di essere aiutate, ma soltanto di essere lasciate libere.

Io vorrei, a tale proposito, ricordare le parole di Einaudi, che sono sempre attualissime. Noi dobbiamo svincolare le imprese italiane dai lacci che le costringono a non poter operare, dobbiamo dare infrastrutture e dobbiamo studiare - questo sì - una visione complessiva di questa azione di governo che sia ispirata alla tutela dell'impresa. Se faremo questo, tuteleremo nuovamente il lavoro, i lavoratori e l'equità sociale. Altre vie per Fratelli d'Italia non esistono (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Centemero. Ne ha facoltà.

GIULIO CENTEMERO (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, membri del Governo, onorevoli colleghi, ci troviamo oggi ad esaminare il Documento di economia e finanza per il 2018, scritto da un Governo con numeri e colori molto diversi rispetto a quelli attualmente presenti in quest'Aula. Come è noto, il DEF di quest'anno manca della parte programmatica, che il Governo in carica provvederà presto ad integrare, ma certo i programmi e le riforme attuate - come si vede dallo stesso documento - sono frutto degli ultimi cinque anni della passata legislatura, che non hanno lasciato una situazione economica rosea nel Paese, Paese che si trova a breve anche ad affrontare la fine del quantitative easing.

Iniziamo dai numeri: si è fatto un gran parlare della possibilità che il nuovo Governo possa mettere a rischio la stabilità del Paese con il proprio programma economico, ma, se dobbiamo parlare con i dati, allora c'è qualcosa che non torna.

Il debito pubblico, alla fine del 2017, era pari a 2.263 miliardi di euro, è cresciuto circa di 44 miliardi nel corso dei precedenti dodici mesi, dunque il debito al 31 dicembre scorso era ancora pari al 131,8 per cento del PIL, secondo quanto stimato anche da Bankitalia; il servizio del debito ci costa circa il 3,8 per cento di PIL all'anno.

La pressione fiscale per le famiglie è ancora sopra il 40 per cento e, nonostante l'introduzione dell'IRI e la riduzione dell'IRES, il totale delle imposte pagate in percentuale sui profitti commerciali di un'impresa media è ancora pari al 60 per cento. Nessun altro Paese dell'Eurozona subisce un'incidenza così elevata: rispetto alla media dell'area euro, del 43,6 per cento, le imprese italiane scontano ancora un differenziale di circa venti punti percentuali.

Per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi di pareggio di bilancio, l'indebitamento netto del 2017 si è attestato al 2,3 per cento del PIL e ha risentito degli effetti del maggior debito di 20 miliardi, chiesto a dicembre 2016 per il salvataggio delle banche, quando invece si era assicurato che questo non avrebbe avuto effetti negativi sul deficit.

L'Eurostat, nel parere pubblicato ad aprile 2018, ha attribuito un impatto finanziario negativo alle operazioni relative alle banche venete, non solo ai fini del fabbisogno, ma anche dell'indebitamento netto.

In questo DEF per il 2018 si legge che il deficit tendenziale è stimato all'1,6 per cento per il 2018 e si prevede un sostanziale pareggio di bilancio nel 2020-2021, lasciando praticamente la palla al Governo successivo. È bene invece ricordare che questo obiettivo è stato progressivamente spostato in avanti, procrastinato durante la scorsa legislatura. Quando Renzi si insediò a febbraio 2014, era previsto per il 2015 e, subito, ad aprile, si chiese il posticipo al 2016.

Infine, per quanto riguarda la crescita, il PIL è stimato all'1,5 per cento nel 2018 e all'1,4 nel 2019. Su questi dati il rialzo della crescita rispetto alla Nota di aggiornamento, rispettivamente di 0,3 e 0,2 punti, è però dovuto principalmente ad un quadro internazionale più favorevole e alla politica monetaria dell'Eurozona, non certo ad una politica economica incisiva; e non dimentichiamoci che l'Italia è ancora il fanalino di coda dell'Unione europea in fatto di crescita, così come lo è per il lavoro, perché, se pure è prevista una riduzione del tasso di disoccupazione rispettivamente al 10,7 per cento nel 2018 e al 10,2 nel 2019, la disoccupazione giovanile resta ancora oltre il 30 per cento.

Dunque, nonostante gli anni di austerità e rigore e nonostante gli anni della scorsa legislatura, passati a sistemare i conti, il debito pubblico non ha mai smesso di salire, si è continuamente spostato il raggiungimento degli obiettivi di medio termine, la pressione fiscale su famiglie e imprese è rimasta sostanzialmente invariata e i giovani sono ancora senza lavoro.

Se fossimo in un mondo come nemmeno lo avrebbe immaginato Isaac Asimov, potremmo affermare che i robot non uccidono l'uomo, ma a volte sono i fogli di calcolo a farlo, gli spreadsheet.

Allora, a chi è stato giovevole questo gioco al ribasso? Sicuramente non al Governo precedente, visti i risultati delle scorse elezioni, e sicuramente non ai cittadini, che, dalle regole di bilancio europee, sostanzialmente hanno tratto solo svantaggi. Insomma, quella che è negoziazione, come dicono Fischer e Ury si chiama una situazione lose-lose. Lo scopo di uno Stato è quello di fare il bene comune del proprio popolo in virtù di un contratto. L'idea del contratto tra Stato e popolo, come voi ben saprete, nasce prima di quest'epoca, nasce nell'era moderna, allo scopo di stringere un patto tra un gruppo di persone che rinunciano all'uso della forza per delegarla ad una struttura sovraordinata, che sia in grado di difenderli. Dunque questo è il primo scopo di uno Stato, difendere i propri cittadini.

Oggi questo significa assicurare loro una vita dignitosa dal punto di vista economico e sociale, come è scritto nella nostra Costituzione. Perciò, quell'Europa che, dopo la seconda guerra mondiale, è stata un veicolo di pace e crescita e che ora, invece, con una mano ci prende 58 miliardi di euro per il bail out e con l'altra ci minaccia di controllo da parte della troika, controllo ingiustificato tenendo conto dei fondamentali del nostro Paese, quell'Europa che ci ha gradualmente deindustrializzato con delle regole troppo a favore di altri, va riformata.

Durante una recessione, la politica economica di uno Stato deve essere anticiclica, ce lo insegnava Keynes, e tanti economisti e politici, durante gli anni più duri della crisi nata dai subprime, hanno invocato un'inversione di tendenza da parte dell'Unione europea. Lo stesso Fondo monetario internazionale ha auspicato la fine dell'austerity e un po' di respiro per quei Paesi più in difficoltà, ma nulla: in questa Europa si è tirato dritto.

Quindi ora è tempo che la politica, con al centro territori e persone, riprenda le redini del Paese e lo guidi verso obiettivi sfidanti. È ora che territori e persone siano anche al centro di una vera politica per l'Africa. Con la miope politica di immigrazione di massa stiamo depauperando un continente delle giovani risorse, condannandolo ad essere marginale. I denari della cosiddetta accoglienza sarebbero stati meglio investiti nei territori di provenienza degli immigrati economici e avrebbero probabilmente costituito un volano, non solo per quei territori, ma anche per lo sviluppo dell'Italia, affinché il nostro Paese torni ad avere un ruolo centrale nelle politiche euro-mediterranee (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier). Le dichiarazioni dei Ministri Salvini e Moavero fortunatamente vanno in questa direzione.

Passando all'altro tema, mi stupisco nel vedere che in fatto di venture capital in Germania vengano investiti più di 2 miliardi di euro all'anno per lo più di provenienza estera, in Francia più di 2 miliardi di euro, in Spagna 600 milioni e in Italia solo 200 milioni. Sembra la lista di Leporello nel Don Giovanni di Mozart, eppure non è divertente allo stesso modo. E questo significa che parole come start-up innovative per i precedenti Governi sono stati dei concetti tradotti in base words o slogan che dir si voglia, e non in valore, a causa di politiche di incentivazione mal disegnate e spesso distorsive.

Eppure, parafrasando Roberto Verganti nel suo libro Overcrowded, l'Italia è un Paese inondato di idee e lo dimostriamo da secoli: nella tecnologia, nella medicina, nelle scienze, nell'arte, nella cultura, abbiamo sempre saputo esprimere dei vincenti che hanno stupito il mondo. Questo in gran parte è dovuto alla diversity dei nostri territori, alle peculiarità che li caratterizzano e che finalmente verranno valorizzati, a partire dallo sviluppo delle azioni previste dai referenda celebrati in Lombardia e Veneto. Senza una cultura di impresa, senza un'educazione all'imprenditorialità e a strumenti adeguati per sviluppare idee e trasformarle in progetti, la nostra economia non può avere un futuro.

Questo Governo dovrà affrontare due ulteriori grossi freni all'economia: il calo delle nascite e il divide, che non è più solo tra nord e sud, ma anche tra centri e periferie, basti pensare che almeno il 32 per cento dei comuni italiani sono comuni totalmente di montagna, i quali occupano il 35 per cento circa del territorio e ospitano almeno il 12 per cento della popolazione. E mentre in altri Stati la montagna è considerata e valorizzata come un asset, in Italia si è spesso utilizzata un'ottica assistenziale e di clientela nei confronti delle terre alte. Il contratto di questo Governo ne contempla espressamente lo sviluppo.

Faccio un in bocca al lupo a tutto il Governo, perché le sfide da raccogliere sono molte, più di quelle succitate e sono sicuro che lo spirito di servizio e responsabilità che hanno animato la nascita di questo Esecutivo, siano di ottimo auspicio (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato De Filippo. Ne ha facoltà.

VITO DE FILIPPO (PD). Signor Presidente, Ministro, sottosegretari, colleghe e colleghi, mi pare che ci sono due parole che aleggiano sulla nostra discussione: un verbo e un avverbio, “riconsiderare” e “implicitamente”. Proprio per questo vorrei declinare queste due parole in termini pubblici e, visto il luogo, con la necessaria solennità che quest'Aula merita.

La prima, “riconsiderare”: il DEF, per ragioni di cronologia democratica e per responsabilità del nuovo corso, è a cavallo di due tempi della vita nazionale. È sicuramente un documento importante, ma rispettoso, chiaro ed esplicito nel resoconto delle politiche, cauto verso il presente e chi lo interpreta, cioè il nuovo Governo. Ha, però, molti pregi ed io ne vorrei elencare qualcuno, guardando soprattutto al sud, a quel Mezzogiorno, che, nel divario territoriale ormai tra i più antichi del pianeta, ha vissuto straordinarie epopee ed altrettante marginalità. Dopo aver chiarito lo stato di attuazione della programmazione 2007-2013 e 2014-2020, nel DEF si parla per l'appunto di ILVA di Taranto, di Bagnoli Coroglio, di Statte, di Matera, della materia del Fondo di coesione e sviluppo, di stanziamenti ordinari in conto capitale per l'acquisto di beni strumentali per le regioni del sud, della deroga per la Sardegna, di Resto al sud, di ricambio generazionale in agricoltura e poi, ancora, di ZES, le zone economiche speciali, di semplificazione degli interventi contenuti nei Patti per il sud, del Fondo impresa per la crescita dimensionale delle stesse, della Strategia nazionale delle aree interne, straordinario meccanismo per l'Appennino del nostro Paese, dei rilevanti interventi infrastrutturali, di Connettere l'Italia, del PES 2, il Piano export 2, di Master plan ed infine di riqualificazione urbana e di sicurezza delle periferie, un breve e succinto indice delle questioni che riguardavano il Mezzogiorno.

Per questioni di tempo non cito esattamente, come potrei fare, cifre, commi, articoli di leggi di bilancio, coperture finanziarie ed altro, che, però, ad una veloce lettura dei documenti allegati al DEF, si possono rilevare facilmente. Ora, signor Presidente, non vorrei apparire facilmente come il lodatore dei tempi passati, ma conoscendo e frequentando cittadini ed amministratori del sud, di quell'emisfero del caffè che lei conosce bene, Presidente, e sapendo che da quelle parti la civiltà e lo sviluppo sono anche una questione di pazienza, pur volendo essere indulgente, dobbiamo ritenere che il verbo “riconsiderare”, più volte introdotto nel dibattito, si riferisca anche a questi temi?

Non lasciamo il sud con il fiato sospeso: se dovete riconsiderare, nel legittimo lavoro di nuovi responsabili dovreste dire qualcosa affinché il presente non si riduca alla mera novità e quest'ultima, come succede sovente, scambiata inopinatamente per la verità, anche con qualche pensiero mignon di Twitter: avete sommessamente il dovere di dirci che idee avete.

Il Mezzogiorno e le classi dirigenti hanno sicuramente delle responsabilità, ma in molti momenti della storia nazionale sono stati allertati e poi disillusi da annunci, come dire, sciamanici; da ultimo, il formidabile reddito di cittadinanza, altre volte con cicli di rifiuti virtuosi in sei mesi, a volte con reti ferroviarie superveloci nei tempi e nella realizzazione. Noi, invece, abbiamo apprezzato in questi anni il lavoro dei Governi, fatto, come dire, di virtù antieroiche ma operose, e quindi oggi siamo assediati da molte domande.

Dal 1° luglio, per esempio, 700 mila famiglie avranno il reddito di inclusione: succederà qualcosa prima che il roboante annuncio contenuto nel contratto di Governo venga realizzato? Sarebbe doveroso chiarire, anche “riconsiderare”, se volete, ma non lasciamo il sud ad un destino opaco, solito in tante fasi della storia nazionale, un destino che magari galleggia solo nei fosforescenti e drammatici flutti del Mediterraneo e magari è sostituito in termini di strategie e di propaganda da ben altra propaganda. La solita secondarietà nella storia nazionale del Mezzogiorno? È inutile ricordare che l'Italia, senza il sud, riduce la sua forza e rinuncia ad una buona parte del suo futuro. Voi avete avuto una vasta rappresentanza da quelle parti, avete il diritto e il dovere di indicare la strada. Fatelo nella replica o nella risoluzione finale.

La seconda parola, più brevemente, è “implicitamente”, un avverbio. Anche per i non esperti di filologia, questa parola la troviamo nel vostro contratto, nel capitoletto sul Sud: pagina 48, paragrafo 25, più o meno sette righe, poco più di 500 battute. Mi verrebbe da dire: sic transit gloria mundi, siamo passati dalla questione meridionale o dalla provincia subordinata o, come veniva indicata a volte, l'altra Europa da tanta storiografia italiana ed estera, al Sud implicito. Quando si parla di reddito o di pensioni, di investimenti o di ambiente, come riportato nel contratto, sarebbe tutto implicito. L'impostazione, devo dire, è straordinaria nella sua novità: merita, mi creda, signor Ministro, sottosegretari, di essere chiarita, esplicitata, resa trasparente. Come è noto, al Sud potrà essere utile nei prossimi anni non solo un'ecologia ambientale, ma anche linguistica, perché, come ci ha insegnato qualcuno, molte delle volgarità attuali della cronaca, della storia e della politica, che tutti combattiamo, come spero, ci derivano proprio dall'incuria delle parole.

Una parola di chiarezza, veramente, per sconfiggere quella lobby potente, che non è quella finanziaria, ma è quella delle cartine geografiche, che vede al Sud solo tundre desolate e a volte malavitose: ci serve semplicemente almeno una parola! Cominciate con qualche verbo chiaro, fatelo almeno nella replica o nella risoluzione finale, perché fino ad ora il mistero ci fa sprofondare nel buio, come viandanti senza rotta.

Vorrei dire al Ministro Salvini, con molto rispetto per quello che dice la Costituzione: siamo forse tutti quanti un po' rom(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cattaneo. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CATTANEO (FI). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, oggi iniziamo a discutere finalmente di provvedimenti che segnano certamente le tecnicalità attorno al Documento di economia e finanza, ma anche che danno un tratto politico di un'idea di Paese, di una visione di società, che questo Governo incomincia a proporre al Parlamento.

Sappiamo che avete ereditato questo DEF in larga misura, ma ci aspettiamo dei segni che comincino a dare un'idea di ciò che avete in mente; e quindi poi verremo anche a quella visione, che noi di Forza Italia abbiamo ben chiara in mente, di Paese. Però, nel contempo, l'urgenza dei tempi ci induce a chiedervi garanzie sulle domande che ci fanno tutti gli italiani quando ci incontrano: disattiverete le clausole di salvaguardia relative all'aumento dell'IVA e delle accise? Ridurrete la pressione fiscale per le famiglie e le imprese attraverso l'introduzione, ora, subito, urgente, che noi chiediamo a gran voce, della flat tax? Rivedrete il codice degli appalti, che è un danno per tante piccole e medie aziende che non riescono a fare impresa come vorrebbero? E quante risorse metterete (a me verrebbe da dire: butterete) nel reddito di cittadinanza? E come deciderete di intervenire sul deficit: fare più debito per cosa? Per investimenti fruttuosi in infrastrutture o per alimentare spesa corrente improduttiva?

Ebbene, noi, in base a ciò che risponderete a queste domande, incominceremo ad avere un'idea di ciò che avete in mente; e, al momento, queste idee ci sembrano confuse e spesso in contraddizione. Ho sentito parlare questa mattina di “fattore felicità”, addirittura: fattore felicità da inserire al posto del PIL, così proponeva un onorevole dei 5 Stelle; ho paura che il fattore felicità, l'unica felicità che genererà sarà l'ilarità nei consessi internazionali, e a piangere però purtroppo saranno gli italiani, e di questo siamo molto preoccupati, di idee come queste.

Noi di Forza Italia le idee invece le abbiamo chiare, sulla politica economica e su una visione di Paese: sono quelle idee che abbiamo portato avanti negli anni, sono quell'idea di impronta liberale, che ancora una volta abbiamo proposto agli elettori il 4 marzo e su cui abbiamo ottenuto con un centrodestra unito la maggioranza del consenso degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Noi rimaniamo baluardo di quei valori di identità liberale, noi rimaniamo sentinelle attente ed autentici interpreti di quelle idee.

E per questo diciamo a gran voce che c'è bisogno non di decisioni ordinarie, ma di decisioni straordinarie. Serve uno shock, serve un vero shock fiscale; e ne dico tre: la flat tax subito, il federalismo fiscale (mi fa piacere parlarne ha due amministratori che conosco e stimo come Garavaglia e Bitonci) e la semplificazione della macchina burocratica, drastica, immediata, senza se e senza ma. Però dobbiamo interrogarci su quale idea, appunto, di Paese!

Chi fa politica persegue il bene comune. Bene comune significa mettere a fuoco l'interesse pubblico; ma troppe volte in quest'Aula ultimamente, soprattutto dai 5 Stelle, sento l'equazione “bene pubblico uguale statalismo”. Questo è un errore mortale! Guai a pensare che solo lo Stato possa perseguire l'interesse pubblico: questa è una visione superata dal tempo, sconfitta dalla storia, che mortifica la competitività. Più spesa pubblica non significa affatto miglior qualità dei servizi resi. Glielo spieghi, Garavaglia: laddove c'è più spesa pubblica… Basta guardare quello che succede nella sanità, nelle regioni: spesso si annida più inefficienza.

Noi abbiamo un altro modello di riferimento e per questo la nostra urgenza, la nostra prima richiesta, è quella di un shock fiscale attraverso la flat tax. Flat tax per noi vuol dire incoraggiare i cittadini e le imprese ad investire, a intraprendere azioni di crescita; flat tax significa equità, emersione del sommerso. È una scommessa per il futuro, certo; però può innescare un circolo virtuoso, rappresentato da minori tasse, più investimenti e consumi, più crescita e minore deficit. Ci vuole coraggio e noi quel coraggio lo avremo e lo vogliamo adesso garantire a chi deciderà di intraprendere questa strada.

Il secondo shock, lo dicevo prima, è il federalismo fiscale: ne sentiamo parlare troppo poco! La nostra idea di uno Stato federale è la nostra idea di uno Stato più equo, più efficiente: federalismo fiscale vuol dire meno spesa pubblica. Certo, anche per questo ci vuole coraggio, ma federalismo fiscale per noi è nel DNA dei Governi Berlusconi, è stato chiesto da milioni di cittadini in Veneto e Lombardia, è stato chiesto da molti governatori: facciamolo in fretta, facciamolo subito, perché allora sì che questo significherà uno scatto di mentalità, un modo diverso di interpretare anche la finanza locale.

E poi, infine, il terzo shock: la semplificazione. Tutti vogliono la semplificazione, tutti vogliono meno burocrazia; certo è che, se le ricette sono quelle dei 5 Stelle, per i quali, quando ci si siede a un tavolo, il pregiudizio è che ci sia sempre un corrotto e un corruttore… Ma voi davvero immaginate che ci attende un periodo di minore burocrazia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? Quando la vostra idea è di inserire un agente provocatore…

PRESIDENTE. Deve concludere, deputato.

ALESSANDRO CATTANEO (FI). Concludo. …un agente provocatore all'interno degli uffici comunali, secondo voi ci sarà più o meno burocrazia? Ci sarà più o meno capacità di investire? Chiedetelo agli 8 mila sindaci italiani; anzi, chiedetelo ai vostri sindaci, cari 5 Stelle, quanto è facile prendere un avviso di garanzia, e poi cambiate idea su quello che proponete al Paese! Perché noi siamo liberali, noi siamo dalla parte di chi ha fiducia nell'impresa, nella capacità degli italiani di liberare energie positive. E allora non vi è democrazia…

PRESIDENTE. Deve concludere.

ALESSANDRO CATTANEO (FI). …se non vi è anche libertà economica.

Lo dobbiamo quindi oggi al nostro Paese, lo dobbiamo noi di Forza Italia agli elettori che ci hanno votato il 4 marzo, e lo dobbiamo domani ai nostri figli. Portiamo avanti le nostre battaglie liberali (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente- Congratulazioni)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Silvestroni. Ne ha facoltà.

MARCO SILVESTRONI (FDI). Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, il Governo precedente ha dato più di una spallata alla famiglia; o meglio, i Governi precedenti. Potrei iniziare da ancora prima, ma sicuramente da Monti, da Letta e dal Governo Renzi, sicuramente dai Governi a guida a Partito Democratico. Ed è quindi lecito oggi attendersi da questo Governo un cambio di rotta: partendo dalle tante imprese familiari presenti nel territorio nazionale, prevedendo per loro una tassa unica al 15 per cento su quanto hanno dichiarato rispetto al 2017. Potrebbe essere un primo passo, immediatamente realizzabile e con le necessarie coperture, che già sono state individuate.

Ed è proprio parlando di famiglia, Presidente, che il Governo non può lasciare indietro i nonni, gli anziani in generale perché, vedete, chi ha contribuito con il lavoro, pagando le tasse e facendo sacrifici per una vita intera per il benessere della propria famiglia e della patria, deve avere riconosciuta la possibilità di una vecchiaia serena e dignitosa (Applausi del deputato Cannatelli). Pertanto chiediamo al Governo di adottare provvedimenti che supportino con concrete agevolazioni fiscali i pensionati a basso reddito riconosciuti bisognosi di accompagno, sgravandoli totalmente dai contributi fiscali che oggi versano a favore di chi gli garantisce la indispensabile assistenza.

Presidente, se gli anziani hanno diritto all'assistenza, ancora di più ne hanno i giovani che devono essere messi in condizione di costruire il proprio futuro in modo sicuramente più agevole di quanto è stato fatto finora. Pertanto le proposte concrete che fanno parte della risoluzione che sarà presentata da Fratelli d'Italia, che sono state da tempo avanzate da Fratelli d'Italia e da Giorgia Meloni e fanno parte del programma presentato dal centrodestra che ha vinto le elezioni, riguardano sostanzialmente tre filoni. Il primo filone riguarda l'imposizione fiscale generale che va spostata dalla persona al nucleo familiare; l'aumento dell'assegno familiare va reso proporzionale all'aumentare dei figli e i beni per la prima infanzia vanno esclusi dal campo IVA. Il secondo filone consiste in incentivi alle aziende che hanno il coraggio di assumere una donna in età fertile e in strumenti che rendono agevole tale assunzione. Il terzo filone, Presidente, consiste nell'introduzione del reddito per l'infanzia ovvero un sostegno di 400 euro mensili per i primi tre anni di vita dei bambini delle famiglie in difficoltà. Concludo, Presidente, e vado più veloce. Altro punto su cui il Governo deve dare prova di discontinuità è rappresentato dalle grandi opere legate alla mobilità. Le contraddizioni emerse all'interno del Governo - parlo ad esempio della TAV - spero siano presto superate dai fatti …

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARCO SILVESTRONI (FDI). Concludo, Presidente. Vedete da qualche mese molti dei neoparlamentari affrontano l'esperienza di raggiungere la capitale e forse solo adesso si rendono conto di cosa devono sopportare qualche centinaio di migliaia di persone che devono raggiungere Roma tutti i giorni per lavorare o per studiare. Con tutto il rispetto, Roma non può stare tra le migliori capitali del Nord Africa ma deve diventare di nuovo una delle grandi capitali europee. Per questo la città metropolitana di Roma capitale deve essere dotata di una mobilità degna di questo nome. È giunto il momento di tirare fuori dai cassetti, di finanziarie e finalmente realizzare i progetti aventi ad oggetto il prolungamento e l'ammodernamento delle linee metropolitane di Roma e nello specifico porto l'esempio della linea metropolitana A rispetto alla viabilità dei Castelli Romani.

PRESIDENTE. Deve concludere.

MARCO SILVESTRONI (FDI). Concludo per davvero, Presidente. Si è avuto il terrore di ospitare le Olimpiadi che saranno sicuramente servite allo scopo ma non possiamo aspettare che qualcuno trovi il coraggio e le competenze che non ha per modernizzare e rendere realmente accessibile una delle più belle città del mondo, per me la più bella città del mondo. Per tale motivo invito a votare la risoluzione presenta da Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gusmeroli. Ne ha facoltà.

ALBERTO LUIGI GUSMEROLI (LEGA). Grazie, Presidente. Membri del Governo, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, il Documento di economia e finanza rappresenta il più importante documento di programmazione della politica economica italiana. Il Documento individua gli impegni e gli indirizzi in una prospettiva temporale di medio e lungo termine sul piano di consolidamento delle finanze pubbliche adottati dal nostro Paese per il rispetto del Patto di stabilità e crescita e il raggiungimento degli obiettivi di crescita sostenibile e solidale definiti nella strategia Europa 2020. Il DEF si articola in tre sezioni e, stante il momento di transizione poiché il Governo si è insediato da quindici giorni, non contempla alcun impegno per il futuro.

La maggioranza che governa il Paese ha però preso un impegno davanti a tutti gli italiani con il contratto di Governo del cambiamento. Il DEF si limita alla descrizione dell'evoluzione economica e finanziaria internazionale, all'aggiornamento delle previsioni macroeconomiche, alla tendenza futura del quadro di finanza pubblica. Nel periodo di previsione considerato dal DEF il PIL dovrebbe crescere nel 2018 dell'1,5 per cento e nel 2019 dell'1,4 per cento, inferiore alle medie europee e in calo. La disoccupazione nel 2018 si attesterebbe intorno al 10,7 per cento e nel 2019 al 10,2. Il debito pubblico dal 2011 al 2017 è salito di 355 miliardi di euro, attestandosi alla cifra record di 2.263 miliardi di euro. Il debito pubblico ha beneficiato della forte contrazione del debito degli enti locali - regioni, province e soprattutto comuni - a differenza dell'aumento del debito pubblico statale. La diminuzione della spesa pubblica degli enti locali è però servita solamente ad aiutare il contenimento del debito totale, impoverendo in generale il Paese. Gli enti locali hanno fatto fronte ai bisogni dei cittadini con estrema difficoltà e in certi casi hanno dovuto tagliare alcuni servizi, dovendo diminuire le opere pubbliche generatrici di sviluppo economico. Nel solo 2017 il debito degli enti locali è diminuito di 3 miliardi; viceversa quello dello Stato è aumentato di 39,6 miliardi di euro. Gli enti locali, soprattutto i comuni, hanno fatto la loro parte e sostenuto il nostro Paese. Lo Stato invece per sette anni, malgrado i proclami di contenimento della spesa dei diversi Governi, ha continuato a spendere e spesso a sperperare. In futuro bisognerà dare spinta al Paese proprio utilizzando la leva degli investimenti dei 7.950 comuni italiani e delle diverse regioni virtuose che, quando possono realizzare opere pubbliche, generano lavoro, occupazione, incasso IVA per lo Stato e pagamento di imposte dirette sugli utili delle imprese appaltatrici. Il rapporto debito-PIL è fermo da alcuni anni a circa 132 per cento contro un valore fissato dalle regole europee al 60 per cento. L'indebitamento netto nel 2017 si è attestato al 2,3 per cento: al netto degli interventi per 20 miliardi di euro sul sistema bancario sarebbe stato dell'1,9 per cento. Questo ci deve far riflettere sul costo sociale di quanto successo a causa delle crisi bancarie del Monte Paschi, delle banche venete, Etruria, Marche, Chieti e Ravenna. Con la crisi delle banche hanno perso tutti: risparmiatori, azionisti, obbligazionisti ma anche il cittadino che non aveva alcuna azione, obbligazione o denari depositati in quelle banche.

La pressione fiscale è stata calcolata per il 2017 al 42,5 per cento: un valore che dire insopportabile è veramente un eufemismo. Il contratto di Governo vedrà la realizzazione di interventi già subito nelle prossime settimane come enunciati dal bravo Viceministro Massimo Garavaglia con l'obiettivo di ridurre la pressione fiscale in primo luogo con l'ampliamento della platea di piccole e medie imprese e dei professionisti che possono rientrare nei meccanismi di contabilità forfettaria al 15 per cento, in modo da rilanciare i consumi con l'emersione del sommerso e, quindi, i conseguenti incassi di imposte indirette e dirette. Evitare l'aumento dell'IVA è assolutamente essenziale per non deprimere ulteriormente i consumi. Bisogna smetterla con manovre recessive: i consumi devono invece essere rilanciati proprio con la diminuzione della pressione fiscale.

La politica buonista di accoglienza indiscriminata di questi anni e la gestione economica dei migranti con l'utilizzo dello strumento dei 35 euro al giorno alle cooperative ha generato non solamente allarme sociale, tensione e guerra tra poveri ma anche un costo economico di circa 5 miliardi di euro l'anno, sottratti sia alla diminuzione del debito sia al rilancio dell'economia, sia all'aiuto nei Paesi del Terzo Mondo. L'Italia rischia una forte crescita della povertà e dell'esclusione sociale: il divario tra ricchi e persone povere in questi sette anni di Governi si è ampliato. Nel 2017 la spesa per le prestazioni sociali in denaro è aumentata rispetto al 2016 dell'1,7 per cento ma non è sufficiente. In conclusione, in questi sette anni di Governi tecnici e del Partito Democratico non sono state colte opportunità uniche e forse irripetibili per il nostro Paese come la situazione di tassi di interesse bassi, quando non addirittura zero, il prezzo del petrolio, anch'esso ai minimi, il quantitative easing della Banca europea, il rapporto di cambio euro-dollaro che favoriva le esportazioni.

È stata scelta e favorita una politica recessiva con nessun controllo sulla spesa, nessun taglio del costo della burocrazia e nessun rilancio degli investimenti pubblici, con una pressione tributaria insostenibile e una burocrazia fiscale che allontana gli investimenti dall'estero. Ricordiamo che una qualsiasi piccola azienda che voglia aprire un'attività in Italia va incontro a oltre 70 adempimenti burocratici fiscali all'anno, quasi uno ogni cinque giorni. Quando in questi sette anni si è parlato di semplificazione il peso della burocrazia a carico delle piccole e medie imprese è solamente aumentato. Pensiamo allo “spesometro”, alla comunicazione dei dati IVA, alla fattura elettronica, agli adempimenti per la privacy e così via. Le nostre aziende sono soffocate da Equitalia, che ha solamente cambiato nome, ma anche e soprattutto dagli adempimenti e dalla burocrazia.

La rivoluzione fiscale prevista dal contratto Lega-MoVimento 5 Stelle porterà a semplificare gli adempimenti, a permettere alle imprese di dedicare più tempo a produrre e meno tempo agli adempimenti burocratici, con la possibilità di veder crescere i consumi grazie all'introduzione della flat tax che restituirà ai cittadini soldi da poter spendere. Una sfida ci attende e le sfide si vincono quando si raccolgono con coraggio, con cuore e credendoci, perché l'Italia e gli italiani non sono secondi a nessuno. Noi ci crediamo sostenendo il nuovo Governo e il programma del contratto del cambiamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier -Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marattin. Ne ha facoltà.

LUIGI MARATTIN (PD). Grazie, Presidente. Signor Ministro, onorevoli colleghi, di solito si sa che il DEF ha un po' una testa rivolta all'indietro e una testa rivolta avanti. C'è la parte all'indietro che è appunto il tendenziale, che ci dà una rappresentazione di cosa è successo nel Paese dal punto di vista macroeconomico; e poi c'è la parte rivolta avanti sul programmatico che, per gli eventi noti, quest'anno non si è svolta ma che, se vogliamo, nella discussione di oggi sulle risoluzioni in qualche modo ha una sua dignità. Anche nel mio intervento dividerò il mio pensiero in due parti: la parte con la testa rivolta all'indietro e la parte con la testa rivolta avanti.

Veniamo alla prima. Che cosa è successo nell'economia di questo Paese negli ultimi quattro anni? Noi venivamo, nel 2014, da un doppio colpo mortale: uno choc congiunturale, una caduta di 25 punti della produzione industriale, una perdita di più di un milione di occupati, una perdita di diversi punti di PIL, quella che recentemente la Banca d'Italia ha riconosciuto essere la più grave crisi economica della storia italiana, superiore anche a quella del 1929. Quello era lo choc congiunturale e in più venivamo da un problema strutturale: in questo Paese da metà degli anni Novanta la produttività, che è il motore definitivo dell'economia nel lungo periodo, non cresceva più e rimaneva ferma o addirittura in diminuzione.

In mezzo a queste due tipologie di problemi, quello strutturale, che viene da lontano, e quello congiunturale, l'influenza momentanea, avevamo il problema delle banche, che era un po' tutt'e due: era un po' un problema congiunturale, perché è evidente che quando sei colpito dalla più grave recessione della tua storia le aziende di credito vanno in sofferenza perché fanno fatica a rientrare dai prestiti, ma avevamo anche un problema strutturale dovuto a come le nostre banche erano gestite. In questo Paese fino a vent'anni fa, che in tempo storico non è nulla, le banche erano enti di diritto pubblico, dove per aspettare il nome dell'amministratore delegato non bisognava aspettare l'esito di un concorso internazionale ma bisognava aspettare l'esito di un congresso di partito, con tutte le scelte e le distorsioni derivanti da queste sbagliate scelte di allocazione del credito.

Questo era il Paese che il Partito Democratico ha preso in mano nel 2013 e nel 2014. Che Paese riconsegna, certificato dai conti di questo DEF? Riconsegna un Paese in cui il PIL cumulativamente in questi anni guadagna tre punti e mezzo, non ancora quelli che ha perso durante la più grave crisi della sua storia, ma ha ripreso a mettersi in moto; l'occupazione ritorna ai livelli precedenti la crisi, con il guadagno di un milione e duecento mila occupati. Vorrei dire all'onorevole Mollicone, che parla dei giovani precari, delle angherie, eccetera, che in questo Paese nel 2014, nel febbraio 2014, la disoccupazione giovanile era al 43 per cento e adesso è al 32 per cento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), e se mi ritirate ancora di fuori la storia dei lavori di uno o due ore io dico che forse in tv non c'è questo obbligo ma in quest'Aula l'obbligo di aprire bocca soltanto quando si sa quello che si dice dovrebbe esserci (Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché se voi guardate i dati Istat questi vi dicono quante sono le persone che lavorano da una a dieci ore settimanali; ebbene, nel 2014 erano il 3 per cento degli occupati mentre adesso sono il 2,5 per cento degli occupati.

PRESIDENTE. Per favore, facciamo continuare l'intervento

LUIGI MARATTIN (PD). Quando lei viene in quest'Aula e cita dei dati apra la bocca sapendo quello che dice e non a caso (Commenti del deputato Mollicone)!

PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza e non direttamente al gruppo politico.

LUIGI MARATTIN (PD). Alla Presidenza e, per suo tramite, all'onorevole Cantalamessa della Lega, che dice che in questi anni invece ci sono stati, anzi non ho finito: gli investimenti privati in questo Paese cumulativamente in questi anni si sono ripresi quasi del 10 per cento, del 9,5; il deficit in rapporto al PIL si è dimezzato, dal 3 per cento all'1,6 previsto quest'anno, e il debito pubblico che, lo ripeto, non va misurato in valori assoluti mentre voi continuate a dire 300 miliardi, 200 miliardi, il debito in valori assoluti cresce sempre finché c'è un deficit positivo, ma il debito va misurato in rapporto al PIL e in rapporto al PIL si è stabilizzato al 131,8 per cento, anche se è un valore molto alto.

L'onorevole Cantalamessa - Presidente, glielo riferisca quando lo vede - dice che invece in questi anni ci sono stati tagli alla sanità e agli enti locali. La sanità nel 2014 aveva un finanziamento di 109 miliardi di euro; quest'anno è superiore ai 116 miliardi di euro. Ma di quali tagli stiamo parlando? Forse stiamo parlando della spesa in rapporto al PIL, perché adesso vi piace questo indicatore. Ma io vi chiedo: perché la spesa sanitaria deve essere misurata in rapporto al PIL? Il debito va misurato in rapporto al PIL perché è chiaro che il fardello che ho sulle spalle dipende dalla mia capacità di ripagarlo; le tasse vanno misurate in rapporto al PIL, perché è evidente che altrimenti più guadagno più in valore assoluto pago tasse. Ma che cosa vuol dire esattamente che la spesa sanitaria in rapporto al PIL deve crescere? Pensatelo su un individuo: ma è vero che quanto più divento ricco più devo spendere in sanità? Non è un indicatore giusto. È l'unico che potete usare, perché in valore assoluto cresce la spesa sanitaria in questi anni, ma non è un valore corretto. La spesa sanitaria cresce se la popolazione invecchia, non se il PIL diventa maggiore.

Vengo poi gli enti locali. Ma in che mondo stiamo vivendo? L'ultimo taglio ai comuni in questo Paese c'è stato nel 2014, con effetto sul 2015. Da allora non è stato tolto più un euro di spesa corrente ai comuni. E io vi chiedo (Commenti dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier)… ma perché fai così? Ma vai a controllare i dati (Commenti dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier). Io voglio sapere a che punto della storia la politica è diventata quella cosa in cui i fatti sono soggetti…

PRESIDENTE. Per favore!

LUIGI MARATTIN (PD). …alla forza di chi ha vinto. Cioè, sembra che, siccome il 4 marzo il Partito Democratico ha preso il 18 per cento, i fatti misurati dalle agenzie indipendenti e dai numeri delle leggi di bilancio non valgono più. Ma a che punto della storia la politica è diventata una cosa in cui i rapporti di forza legittimi, misurati nelle urne, ci portano a guardare indietro e a non vedere la situazione che è ma quella che noi vorremmo che fosse, perché più funzionale alle nostre esigenze di propaganda? Non è questo il dibattito pubblico che vogliamo e non credo sia questo il dibattito pubblico che i cittadini ci chiedono.

Ora tocca a voi. Non c'è un DEF programmatico, c'è una risoluzione che richiama gli impegni che questo Governo ha assunto nelle sue comunicazioni della settimana scorsa e in quelle comunicazioni c'era scritta la flat tax, richiamata da molti in questo intervento. Nelle dichiarazioni giornalistiche ho letto che la flat tax forse viene fatta entro agosto, e lo diceva il Vice Ministro Garavaglia, probabilmente. Il Presidente Conte, durante il dibattito sulle comunicazioni del Governo per la fiducia, a una sollecitazione specifica ha risposto che la flat tax verrà intesa come un sistema di aliquote con no-tax area e progressivo. E io ho cercato impunemente di chiedere in che cosa un sistema di aliquote con no-tax area e progressivo si differenzi dalla situazione attuale. Viene continuato a dire che la flat tax verrà inserita sulle imprese, dimenticando che esiste da tempo, ma viene detto: “No, va bene esiste da tempo ma noi la mettiamo al 15 per cento”. Per scendere dal 24 al 15 per cento di IRES servono 13,2 miliardi. Io non ho ancora capito dove li andate a prendere. Onorevole Centemero, la statistica che lei citava - il 64 per cento - è il total tax rate della Banca mondiale, a onor del vero calcolato da Banca mondiale e PricewaterhouseCoopers. È riferita all'anno 2015. Se lei va a guardare - a meno che anche questo sia stato cancellato dal 4 marzo -, ma se voi andate a guardare lo stesso rapporto della Banca mondiale e di PricewaterhouseCoopers per il 2016 quel numero è al 48 per cento, inferiore a Francia e Germania, cioè il peso delle tasse e dei contributi su una piccola e media impresa rappresentativa.

Per quanti anni continueremo a citare il 64 per cento, dimenticandovi che, nel frattempo, qualcosa è successo in questo Paese e quel numero un po' è sceso? Avete detto che volete fare la pace fiscale, cioè un condono, perché avete letto che ci sono mille miliardi di crediti in pancia all'Agenzia delle entrate dal 2000 al 2016, ma vi siete scordati di leggere la riga sotto di quel rapporto della Corte dei conti che dice che la maggior parte di quelli sono riferiti ad attività produttive non più esistenti e che di esigibili ce ne sono circa ancora 60. E state dicendo che, applicando un'aliquota che non ho capito, del 20 o 25 per cento, su quei 60 ne ricavate 50? Di che cosa esattamente stiamo parlando? Non parlo neanche dell'effetto negativo che ha il condono sulla futura compliance, cioè sui futuri incassi fiscali, ma mi volete spiegare come si fa ad applicare un'aliquota di sconto su una cartella vecchia, che ammonta a 60 miliardi di euro, e ricavarne 50, applicando un'aliquota di sconto del 20 per cento? A casa mia il 20 per cento di 60 miliardi non fa 50 miliardi!

Gli impegni programmatici di questo Governo sulla finanza pubblica variano a seconda dei giorni pari e dei giorni dispari. Nei giorni dispari si dice che il debito va cancellato, che non è un problema, perché, spendendo di più, tanto il PIL cresce e il rapporto debito/PIL scende. Poi qualcuno vi avverte che non è esattamente la cosa da dire, anche per rassicurare chi ci presta 400 miliardi all'anno, e nei giorni pari, oggi è un giorno pari, no, il contrario, dite e scrivete nella risoluzione che farete tutto nel rispetto degli impegni europei.

Nella risoluzione di maggioranza avete scritto che rispettate gli impegni europei. Non so se, mentre lo scrivevate, avevate presente quali fossero questi impegni europei. Questi impegni europei vi obbligano a raggiungere fra due anni, non fra vent'anni, il pareggio di bilancio nominale, cioè scendere dall'1,6 del PIL di deficit previsto per quest'anno allo zero nel 2020. Quindi, voi ci state venendo a dire che, nei prossimi due anni, ridurrete il deficit di quanto noi abbiamo fatto in quattro anni? E come finanzierete tutte le cose che avete promesso agli italiani e sulle quali avete raccolto il vostro legittimo consenso? Le priorità non sono queste, signor Presidente; le priorità sono andare in Europa con cognizione di causa. Noi siamo stati in Europa e il Ministro Padoan è stato in Europa in questi anni, proponendo concretamente come cambiare le regole fiscali.

In Europa si va dicendo qualche “no”, ma dicendo qualche “sì” e facendo le alleanze giuste in un contesto intergovernativo complicato come è l'Unione a 28 o a 27. In Europa si va con proposte chiare e concrete su come modificare le regole fiscali, su come dire “sì” al Fondo monetario europeo e su quali concessioni politiche fare per raggiungere quell'obiettivo nell'interesse di tutti. Le priorità sono gli investimenti privati. Le aziende di questo Paese ancora aspettano di sapere se e come gli incentivi agli investimenti selettivi sull'innovazione, iper ammortamento e super ammortamento, ma ci aggiungo anche gli incentivi alla contrattazione di secondo livello per la produttività, se e come verranno confermati e resi strutturali, perché l'aumento di quasi 10 punti degli investimenti privati occorso in questi anni, grazie anche ai nostri Governi, non può fermarsi. L'investimento, per definizione, è un'attività che guarda al futuro: se un imprenditore non ha certezze su come sarà il trattamento fiscale di questi investimenti, smette di investire subito.

L'anno prossimo fanno dieci anni dalla legge sul federalismo fiscale, la legge n. 42, che io considero uno dei fallimenti di centrodestra e di centrosinistra della cosiddetta Seconda Repubblica. Ci prendiamo l'impegno, a dieci anni da quella legge, di farne un'altra migliore? Presidente, dica all'onorevole Cattaneo, abbia pietà, federalismo significa…

PRESIDENTE. Non devo dirglielo, può ascoltare.

LUIGI MARATTIN (PD). …meno spesa pubblica, federalismo significa autonomia fiscale e meno spesa pubblica. Non so se si è messo d'accordo con il presidente Zaia, che, nel motivare la sua richiesta di autonomia fiscale, ha chiesto, invece, più soldi. Cioè, dice: datemi quelle funzioni, ma calcolatemele non al costo storico, ma al costo dei fabbisogni standard, di modo che io possa avere più risorse. Quindi, è evidente che così il giochino non si tiene. Mettiamoci d'accordo: se il federalismo in questo Paese significa che ognuno può spendere di più senza vincoli, quello non è federalismo. Federalismo, come lo intendiamo noi, è l'accoppiata di autonomia e responsabilità, e in questo Paese chi vuole essere autonomo non vuole essere responsabile e chi è responsabile non vuole essere autonomo. Solo se combiniamo questi due pezzi di ragionamento facciamo un buon servizio al Paese. La priorità è il welfare, signor Presidente. Per la povertà abbiamo presentato una proposta per l'estensione del REI, senza voli pindarici. Mi riferisco anche all'occupazione femminile, perché sono quei dieci punti in meno di tasso di occupazione femminile che abbiamo rispetto all'Europa che ci danno quel gap di crescita strutturale, mentre la mancanza di investimenti pubblici ci dà il gap di crescita congiunturale. Questi sono i bubboni sui quale agire e in fretta. La priorità è continuare il processo di riduzione del cuneo contributivo per i lavoratori a tempo indeterminato. L'OCSE ci mette dietro la lavagna da questo punto di vista. Il cuneo contributivo, la differenza fra quanto costa un lavoratore all'impresa e quanto entra in busta paga, nonostante i nostri sforzi, è ancora il terzultimo, vado a memoria, d'Europa, è ancora troppo alto.

Quindi, la priorità è concentrare le risorse su quel punto. Tutti impegni che abbiamo scritto nelle nostre risoluzioni. Un'ultima cosa sul Sud: va benissimo il Sud, va benissimo maggiore attenzione, va benissimo la clausola del 34 per cento degli investimenti ordinari, ma cerchiamo anche, se vogliamo essere responsabili e non fare comizi in quest'Aula, di ricordarci che il problema del Sud sta anche nel fatto che i comuni del Mezzogiorno spendono riguardo alle funzioni generali di amministrazione molto più del loro fabbisogno standard e sulla spesa sociale molto meno del loro fabbisogno standard. Quindi, il primo problema sta nell'allocazione della spesa degli amministratori di alcune regioni, che, evidentemente, preferiscono concentrare le risorse in eccesso rispetto al loro fabbisogno standard in funzioni, quelle generali, che forse danno più consenso politico, e meno del proprio fabbisogno standard per quanto riguarda la spesa sociale.

Questa è la priorità, e, mentre dedichiamo maggiore attenzione al Mezzogiorno, non scordiamoci anche qui il concetto di più autonomia e più responsabilità, altrimenti un sistema federale non sta in piedi. Signor Presidente, avete utilizzato un termine orribile, non lei direttamente, non voi direttamente, ma il Ministro dell'interno Salvini, nei giorni scorsi, nei confronti di 629 disperati su una nave: è finita la pacchia. Noi vi diciamo che la pacchia è finita per voi (Commenti dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier). È finita la campagna elettorale, è finita la pacchia di poter chiacchierare senza un riscontro con la realtà o uno scontro con la realtà; da oggi in poi, da questa risoluzione che presentate, è finita la pacchia e comincia il duro ma bellissimo sacrificio di governare. Mentre vi auguriamo nuovamente buon lavoro, vi ricordiamo che per il Governo è molto difficile fare un comizio in campagna elettorale, in televisione o anche parlare in quest'Aula senza avere la minima idea di quello che si sta dicendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Porchietto. Ne ha facoltà.

CLAUDIA PORCHIETTO (FI). Presidente, vorrei riportare l'Aula non ai comizi, come precedentemente il collega ha detto, ma ad alcuni fatti oggettivi, che riteniamo importanti rispetto a un'analisi approfondita del DEF. Parlando delle infrastrutture, è un tema che in questi giorni è stato fortemente toccato anche dai giornali, ma soprattutto dal Ministro che ne ha competenza, ma è un tema che non ha sottolineato abbastanza quanto una data, che è fondamentale per i programmi comunitari e per i programmi a scala mondiale, che è quella del 2020, ancora una volta non verrà rispettata rispetto ai programmi di Governo. Mi riferisco in particolare ad alcuni dei programmi, tra cui il programma delle reti TEN-T, dove, escluso il nuovo tunnel ferroviario del San Gottardo, tutte le altre opere che sono fondamentali e strategiche per lo sviluppo del nostro Paese non riusciranno a rispettare quelle che sono state le date che molti Governi degli ultimi anni, soprattutto degli ultimi cinque anni, e anche questo Governo, non saranno in grado di rispettare.

Per le altre opere, a parte quella che ho già citato, che è quella del San Gottardo, siamo in presenza soltanto di un avvio delle opere, un avvio neanche concreto nel processo realizzativo; un processo che andrà ben oltre i 15 o 20 anni che già sono stati prospettati. Perché riporto questo? Perché ricordo, Presidente, che, in termini di costo per la nostra logistica, questo significa perdere 60 miliardi di euro l'anno, 700 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, e credo che il nostro Paese questo non se lo possa permettere. E attenzione, la cosa che preoccupa maggiormente Forza Italia in questo momento è anche il fatto che il concetto di medio-lungo periodo, una visione pluriennale nell'attuazione dei programmi, la capacità di disegnare un impianto infrastrutturale in grado di rispondere alle esigenze della domanda di trasporto che il nuovo sistema logistico mondiale ha già definito, non mi pare sia nelle corde del MoVimento 5 Stelle, che è rappresentato dal Ministro Toninelli in questo caso.

Un movimento che si basa su un assunto, che noi non accettiamo, vale a dire che le grandi infrastrutture sono il brodo ideale per la corruzione e, soprattutto, sono nella maggior parte dei casi inutili. Il Ministro Toninelli, in tutte le interviste di questi primi giorni di Governo, ha sostenuto che in questa fase vorrà approfondire le varie proposte progettuali e che utilizzerà per ognuno dei vari interventi l'analisi costi-benefici. Mi piacerebbe, però, ricordare a quest'Aula che molto spesso l'analisi costi-benefici per opere importanti e strategiche, non solo per l'Italia, ma per il livello internazionale, non sono il miglior approccio. E, soprattutto, la valenza geo-economica di queste opere denuncia una redditività solo dopo tanti anni ed è una redditività che diventa difficile a priori valutare, perché ci sono ritorni di investimento imprevedibili e non misurabili, ma che sono strategici per la crescita del contesto economico che le circonda. Meditare ancora una volta sulle scelte progettuali che sono state fatte dai precedenti Governi significa fare quello che ha fatto il Governo Renzi, vale a dire bloccare gli investimenti della legge obiettivo, che era stata fortemente voluta dal Governo Berlusconi.

Pensate, colleghi, che soltanto in questi quattro anni gli stati avanzamento lavori non hanno superato i 3 miliardi e mezzo, mentre invece in passato, sempre nello stesso arco temporale, si attestava su un valore di circa 20 miliardi di euro. E stia attento il MoVimento 5 Stelle - lo dico con preoccupazione - perché la miopia strategica rischia di incrinare, giorno dopo giorno, anche le forme di consenso più consolidate. Continuare a inseguire i No Tav e a assecondare i No Tap è un'attività che paga solo quando si è opposizione: non produce né crescita né sviluppo per il Paese (Applausi dei deputati del gruppoForza Italia-Berlusconi Presidente).

Mi permetto di fare ancora una riflessione sulle infrastrutture portuali importanti. Spesso ci chiediamo come mai le realtà portuali del nostro Paese ipotizzino piani pluriennali, privi di ogni certezza e di una corretta previsione. Forse perché negli ultimi anni nessuno ha pensato che garantire itinerari completi delle merci movimentate è il futuro per i nostri porti. Possibile, allora, che non ci si ponga nella condizione di comprendere come mai, molto spesso, le merci che sono movimentate nei grandi interporti di Bologna, di Padova e di Verona scelgano, non i nostri porti, ma scelgano i porti del Mare del Nord, che preferiscano fare migliaia di chilometri su ferro e su gomma, anziché utilizzare la Spezia, Genova e Livorno? Spiegateci questo perché, perché ce lo dovrete spiegare. Sembra davvero impossibile che il nostro Paese abbia dato origine ad una fase così carica di ignoranza strategica, di ignoranza pianificatoria e, soprattutto, di ignoranza socio-economica.

Sono sufficienti pochi esempi, Presidente, per misurare e capire questo stato di sconforto naturale, che assilla tutti coloro che per anni hanno invece cercato, come abbiamo fatto noi, di riportare all'interno del Paese una serie di pilastri concettuali, capaci di garantire la crescita e lo sviluppo dell'intero Paese, di rendere possibile un'interazione funzionale tra il Paese e l'intero sistema comunitario e di garantire una concreta ottimizzazione dell'intero sistema logistico.

PRESIDENTE. Concluda.

CLAUDIA PORCHIETTO (FI). Concludo Presidente, dicendo soltanto una cosa. È ancor più grave non tenere conto che la scelta di interrompere alcune opere possa diventare per noi l'anticamera di un'asfissia economica (Applausi dei deputati del gruppoForza Italia-Berlusconi Presidente-Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gemmato. Ne ha facoltà.

MARCELLO GEMMATO (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il DEF (Documento di economia e finanza) è il principale strumento di programmazione economica per l'Italia. È il testo con cui ogni Governo in carica pianifica spese ed investimenti per i tre anni successivi. Lo scenario…

PRESIDENTE. Per favore, il suo collega sta intervenendo. Grazie.

MARCELLO GEMMATO (FDI). Lo scenario esposto nel DEF 2018 stima una crescita per l'anno in corso pari all'1,5 per cento, invariata rispetto al 2017. Risultato esaltato come positivo, ma invece assolutamente modesto, se rapportato alla crescita dell'economia globale, in cui il PIL è passato dal 3,2 per cento del 2016 al 4 per cento del 2017, picco massimo dell'ultimo decennio. Anche nell'area euro siamo al di sotto quasi di un punto della media del 2,4 per cento.

Ancor peggio, il DEF fissa al ribasso la crescita dell'Italia negli anni a venire: 1,4 nel 2019; 1,3 nel 2020; 1,2 nel 2021, previsioni, purtroppo, confermate al ribasso anche dalla Commissione europea.

Nello scenario economico italiano drammaticamente si pone la questione di una nazione ancorata a due velocità di sviluppo, con l'evidente inasprimento delle differenze tra le regioni settentrionali e quelle meridionali. Il tutto emerge nei dati relativi alla disoccupazione giovanile, al reddito, alla povertà, alla migrazione verso le regioni e verso l'estero. È di tutta evidenza che la ripresa del Mezzogiorno non passa solo dall'entità dei trasferimenti pubblici, ma anche e soprattutto dal grado di efficienza delle istituzioni e dalla capacità di mobilitare le risorse disponibili.

Il masterplan per il Mezzogiorno, i Patti per il Sud, ad esempio, assegnano alle città metropolitane risorse cospicue, senza considerare, tuttavia, il sostanziale impoverimento strutturale ed organizzativo delle ex province, derivante dalla riforma Delrio. Mi chiedo: con quali strumenti oggi le città metropolitane riusciranno a gestire milioni di euro, con tutte le specificità che un piano operativo comporta? Le stesse città metropolitane necessitano di un serio rafforzamento di personale specializzato e qualificato.

Il Consiglio d'Europa ha inviato una raccomandazione al Governo e al Parlamento italiano, esprimendo testualmente preoccupazione per la generale carenza di risorse finanziarie degli enti locali ed in particolare delle province.

I Patti per il Sud assegnano miliardi di euro direttamente al territorio, tuttavia, dal 2015 ad oggi, non si evince: 1) l'andamento della spesa in ogni singolo patto; 2) la specifica relativa ai termini entro i quali devono essere impegnate e spese le risorse. Il tutto, quindi, è molto fumoso e poco concreto.

Per questo chiediamo al nuovo Governo una maggiore attenzione per il Sud, in primo luogo rendendo operative le ZES, in secondo luogo individuando con rapidità quei comuni che abbiano i requisiti per costruire al proprio interno le zone franche urbane, di cui alla legge n. 244 del 2007, mitigando gli effetti dell'embargo russo, che colpisce l'export italiano per 200 milioni di euro, immaginando un trattamento fiscale differenziato per i pensionati stranieri che si trasferiscano in aree del Meridione, che può costituire un efficace strumento di sostegno all'economia generale del nostro Paese, attraverso l'attivazione di un processo virtuoso di sviluppo locale, in ultimo attivandosi a livello europeo per scongiurare il taglio della PAC, che per l'Italia e per il Meridione significherebbe minori risorse, per circa 1,8 miliardi di euro.

In conclusione, grande è l'attenzione del popolo italiano e meridionale nei confronti del vostro

Governo. Non traditelo. Accettate le nostre proposte e i nostri suggerimenti e ci troverete sempre pronti e collaborativi; diversamente, saremo dall'altra parte della barricata (Applausi dei deputati del gruppoFratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pella. Ne ha facoltà.

ROBERTO PELLA (FI). Signor Presidente, onorevoli membri del Governo, onorevoli colleghi, vorrei dirlo subito e chiaramente: il DEF non mostra particolare attenzione alle problematiche degli enti territoriali, nonostante dovremmo essere tutti ben consapevoli che i fattori di crisi, che attraversano il mondo delle autonomie territoriali, devono essere affrontati, pena l'inefficacia delle stesse politiche di sviluppo.

È doveroso in premessa sottolineare l'entità dello sforzo richiesto ai comuni negli ultimi sette anni, pari a circa 9 miliardi di euro di tagli, a cui si sono aggiunti maggiori vincoli di finanza pubblica, per ulteriori 3,3 miliardi dell'intero periodo. Questo per metà è stato a carico degli enti territoriali. Tale dato appare sorprendente, soprattutto se si considera che il comparto dei comuni pesa in percentuale sulla spesa dell'intera pubblica amministrazione per il 7 per cento e per il solo 1,8 sul debito pubblico. Il contributo richiesto per il risanamento dei conti pubblici, gli effetti restrittivi della nuova contabilità, il congelamento della manovrabilità della leva tributaria locale e il concomitante avvio della perequazione hanno concorso a una forte compressione dell'autonomia politico-amministrativa dei comuni e hanno altresì richiesto uno sforzo eccezionale, tuttora in atto, pur in assenza di ulteriori tagli alle risorse per l'adeguamento a nuovi paradigmi di armonizzazione contabile (e mi riferisco in particolare al Fondo crediti di dubbia esigibilità).

Onorevoli colleghi, va quindi, in primo luogo, rivista la fiscalità comunale e metropolitana, in modo da recuperare autonomia finanziaria e responsabilità, in un'ottica di semplificazione per il contribuente.

Tali esigenze possono oggi essere affrontate rimuovendo principalmente alcuni ostacoli quali la duplicazione dei prelievi IMU e Tasi, il blocco della manovrabilità sulle aliquote e le tariffe e l'ingente ammontare di trasferimenti statali compensativi di gettiti aboliti che comprimono i margini di autonomia finanziaria e aumentano il grado di dipendenza della finanza statale.

Anche l'impianto del sistema perequativo deve essere profondamente rivisto, stretto com'è da un meccanismo unico al mondo di autoalimentazione orizzontale esclusivamente basato su risorse proprie del comparto. I piccoli comuni, enormemente penalizzati, ma vera ossatura del Paese e del suo assetto amministrativo necessitano un intervento urgente; nel 2019 verrà a scadenza il taglio a suo tempo disposto dal decreto legislativo n. 63, circa 560 milioni di euro; queste risorse potranno costituire un primo nucleo di fondo perequativo verticale in grado di finanziare una parte della perequazione.

La ricostruzione di un assetto organico e stabile della fiscalità comunale non può però prescindere da due questioni: la revisione degli estimi catastali, senza aggravi nella pressione fiscale, e il riordino della riscossione locale, che va semplificata ed adottata la peculiarità delle entrate locali articolate in molte quote di piccolo valore unitario. Due riforme in stallo da troppo tempo da attuare con il pieno coinvolgimento degli enti locali e delle loro associazioni. In secondo luogo, il peso degli oneri del debito degli enti locali sul complesso delle spese comunali: è incredibile, signor Presidente, che nelle attuali condizioni di mercato il tasso sia del 5 per cento.

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

ROBERTO PELLA (FI). È urgente dare una risposta positiva alle soluzioni proposte da ANCI: un percorso di ristrutturazione complessiva per le grandi città mediante dispositivi del tutti simili a quelli già utilizzati per la restituzione del debito regionale, che il Vice Ministro Garavaglia conosce bene, e una rimodulazione per gli enti minori che sia in linea con il mercato, che conosce l'ex sindaco Bitonci. Ridurre il peso, quindi, del debito permettendo inoltre percorsi graduali di rientro anche per gli enti in condizione di dissesto e pre-dissesto.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ROBERTO PELLA (FI). È poi necessario rafforzare il politico sostegno degli investimenti locali - e finisco, Presidente - al fine di assicurare un supporto stabile ai segnali di ripresa. Su questo, penso al libero utilizzo dell'avanzo di amministrazione, che è ormai di fatto sancito dalla Corte costituzionale. Si tratta di almeno 4 miliardi che potrebbero essere utilizzati a sostegno degli investimenti e della messa in sicurezza degli edifici e del territorio per i servizi ai cittadini che ne beneficerebbero immediatamente e tangibilmente. Colleghi, necessita infine un intervento di riforma per quello che compete alle città metropolitane. Si deve fare tabula rasa dell'attuale intreccio di contributi e prelievi e si devono stabilire le funzioni operative strategiche in modo univoco, sulla base di congrue risorse proprie derivate anche attraverso il ricorso a fabbisogni…

PRESIDENTE. Deve concludere.

ROBERTO PELLA (FI). Infine, Presidente, la contabilità economico-patrimoniale. Credo che su questa vada fatto un forte cammino di tagli e di riduzione, sicuramente per agevolare la sburocratizzazione che è quello che oggi fortemente colpisce i comuni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Risoluzioni - Doc. LVII, n. 1)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le seguenti risoluzioni, che sono in distribuzione: Fornaro ed altri n. 6-00001 (Nuova formulazione); D'Uva e Molinari n. 6-00002 (Nuova formulazione); Gelmini, Lupi ed altri n. 6-00003; Rampelli ed altri n. 6-00004; Boccia ed altri n. 6-00005 (Vedi l'allegato A).

(Repliche e parere - Doc. LVII, n. 1)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, deputato Mandelli. Prendo atto che il relatore Mandelli rinuncia alla replica. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, deputato D'Incà.

FEDERICO D'INCA', Relatore per la maggioranza. Presidente, colgo l'occasione per ringraziare i colleghi di maggioranza e d'opposizione per gli interventi. Mi sono annotato quanto indicato per poter discutere nei prossimi passi anche con il Governo, in modo da poter migliorare, già nella Nota di aggiornamento al DEF, questo nostro DEF. In particolare, voglio ringraziare il collega Brunetta, che giustamente, inizialmente, ha definito una richiesta rivolta nei confronti della Nota di aggiornamento al DEF. Voglio anche però rispondere ad alcuni colleghi che hanno discusso di alcune problematiche inserite all'interno dei nostri interventi in Aula. In particolare, al collega Russo Paolo, di Forza Italia, ad esempio, che critica profondamente il reddito di cittadinanza. Beh, io non prendo altro che un intervento fatto dal Presidente Berlusconi il 27 dicembre 2017, il quale dice che, contro il dramma della povertà, conta di mettere in campo, in caso di vittoria alle prossime elezioni, misure di emergenza, per cui ci ha spiegato, ai microfoni di Radio 101: abbiamo pensato a una misura drastica proposta da Milton Friedman. Lui la chiamava imposta negativa sul reddito, io preferisco chiamarla reddito di dignità. Per chi è sotto una certa soglia, che potrebbe essere di 1.000 euro al mese, per chi guadagna meno di 1.000 euro al mese, in base al programma tracciato dal leader di Forza Italia, non solo non dovrà pagare alcuna tassa, ma, al contrario, sarà lo Stato a versare la somma necessaria per poter arrivare a questo livello di dignità. Quindi, di fatto, Berlusconi parlava di reddito di dignità tre mesi fa, in campagna elettorale. Quindi, è giusto anche ricordarlo al collega Russo, prima di intervenire contro il reddito di cittadinanza.

Altra indicazione che vorrei dare è al collega Zucconi Riccardo, il quale ha parlato di un nostro intervento in cui si citavano le parole “decrescita felice”, ma - ho cercato di poter avere un riscontro attraverso l'intervento del collega Sodano - non ho trovato nessuna parola del genere. Quindi, prego gli uffici del resoconto stenografico di poterne dare copia al collega Zucconi, in modo da poter fare accertare anche a lui la mancanza di queste parole all'interno dell'intervento del collega del MoVimento 5 Stelle. Altro intervento che prendo in considerazione è quello del collega Cattaneo, il quale definisce il problema della felicità. Sembra quasi impossibile poter parlare di felicità in quest'Aula, invece io credo che sia importante parlarne e discuterne, perché il nostro Governo vuole assolutamente fare tornare la felicità all'interno del nostro Paese e per gli italiani. In particolare, visto che Forza Italia sembra l'unico partito liberale che esista, voglio anche dire che vi sono Paesi che ciò l'hanno inserito all'interno della Costituzione; ne prendo uno che secondo me del senso liberale ha fatto la sua forza nel corso degli anni e che ha inserito appunto la felicità all'interno dalla Costituzione, gli Stati Uniti d'America, i quali definiscono che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, che fra questi sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità. Quindi, credo che di fatto questo prossimo Governo abbia tutta l'intenzione di costruire al meglio una prossima legge di bilancio per il 2019 che abbia la capacità di ridare felicità al nostro Paese. Per questo io ringrazio il Ministro oggi presente e tutti i membri del Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che invito a dichiarare quale risoluzione intenda accettare.

GIOVANNI TRIA, Ministro dell'Economia e delle finanze. Presidente, il Governo intende accettare la risoluzione di maggioranza D'Uva e Molinari n. 6-00002 (Nuova formulazione).

PRESIDENTE. Ministro, vuole anche replicare?

GIOVANNI TRIA, Ministro dell'Economia e delle finanze. Sì, grazie.

PRESIDENTE. Prego. Ne ha facoltà.

GIOVANNI TRIA, Ministro dell'Economia e delle finanze. Presidente, onorevoli deputati, il Documento di economia e finanza, al quale si riferiscono le risoluzioni oggi in discussione, come più volte ricordato, espone il solo quadro a legislazione vigente, ed è stato trasmesso al Parlamento dal Governo precedente. Conseguentemente, al Consiglio europeo e alla Commissione europea sono state inviate le versioni a legislazione vigente del Programma di stabilità, sezione prima del DEF, e del Programma nazionale delle riforme, sezione terza. Sarà ora l'attuale Esecutivo a predisporre il quadro programmatico e a trasmetterlo al Parlamento a settembre, e poi, ad ottobre, alle istituzioni europee.

Il quadro macroeconomico tendenziale contenuto appunto nel DEF presentato prevede una crescita del PIL pari all'1,5 per cento nell'anno in corso, 1,4 nel 2019, 1,3 nel 2020 e 1,2 nel 2021. Come è già stato ripetuto e ricordato, questo quadro macroeconomico è stato a suo tempo validato dall'Ufficio parlamentare di bilancio in base a informazioni che sembrano ormai obsolete.

Si tratta di uno scenario di crescita moderata, che la politica economica dei prossimi anni avrà il compito di irrobustire. Il quadro macroeconomico programmatico che il Governo presenterà a settembre terrà conto delle scelte di politica economica, così come delle più recenti evoluzioni della congiuntura internazionale e nazionale.

Al riguardo, va sottolineato che le tensioni protezionistiche emerse negli ultimi mesi hanno già rallentato la forte crescita del commercio internazionale registrata nel 2017 e raffreddato la fiducia delle imprese manifatturiere europee e asiatiche. In Italia, la crescita del PIL è proseguita nel primo trimestre, ma a un ritmo congiunturale e tendenziale inferiore a quello medio del 2017. Vi risparmio i dati, perché già li conoscete.

Anche nell'area Euro il PIL, nel primo trimestre, ha decelerato allo 0,4, in termini congiunturali e dallo 0,7 del quarto trimestre 2017. La crescita del PIL reale dell'Italia, nel secondo trimestre, è attualmente prevista in linea con il ritmo registrato nei primi tre mesi dell'anno. Il raggiungimento della crescita media proiettata nel DEF per il 2018 richiede, quindi, evidentemente, un'accelerazione del ciclo, nella seconda metà dell'anno.

Per quanto riguarda il 2019 e gli anni seguenti, i tassi di crescita previsti nel DEF a legislazione vigente sono ancora alla nostra portata, ma richiedono un'adeguata strategia di politica economica, cioè, non corrispondono più a un quadro tendenziale, soprattutto se le preoccupazioni circa gli effetti diretti e indiretti sulla nostra economia di un'eventuale inasprimento delle tensioni protezionistiche trovassero conferma.

Per quanto concerne la finanza pubblica, il DEF 2018 a legislazione vigente, che è stato trasmesso al Parlamento, prevede, come è stato più volte qui ricordato, un calo dell'indebitamento netto, dal 2,3 del 2017 all'1,6 dell'anno in corso, per poi scendere allo 0,8 il prossimo anno e raggiungere il pareggio di bilancio nel 2020. Alla luce di questa valutazione del deficit, il rapporto debito-PIL, certo, inizierebbe un chiaro percorso discendente. È un'evoluzione che è bene non mettere a repentaglio, perché il consolidamento di bilancio e una dinamica decrescente del rapporto debito-PIL sono condizioni necessarie per mantenere e rafforzare la fiducia dei mercati finanziari; fiducia che è imprescindibile per la tutela delle nostre finanze pubbliche, dei risparmi degli italiani, nonché per la stabilità della crescita.

L'aumento dei tassi di interesse sul debito pubblico verificato nelle ultime settimane è stato, larga parte, conseguenza fisiologica di una fase di osservazione di una transizione politica la cui soluzione positiva ha già prodotto i primi positivi effetti. Nell'interesse del Paese, è compito e intenzione del Governo agire in modo da prevenire ogni aggravio per la finanza pubblica.

In sintesi, la ripresa dell'economia italiana continua, ma a ritmi più contenuti che nel 2017. Gli sviluppi degli ultimi mesi, in particolare a livello internazionale, potrebbero configurare prospettive di crescita e di finanza pubblica meno favorevoli all'atto di formulare il nuovo scenario programmatico. Una fase di lancio è tuttavia alla nostra portata.

Come già detto, la versione programmatica del DEF 2018 verrà presentata a settembre; non sono ancora in grado, quindi, di illustrarvi i numeri macroeconomici, quelli su PIL, occupazione, inflazione, e i dati di finanza pubblica, indebitamento netto, avanzo primario, deficit strutturale, rapporto debito-PIL, necessariamente connessi al nuovo quadro programmatico in fase di elaborazione. Tuttavia, permettetemi di illustrarvi il contesto economico che ci troviamo di fronte e le linee di politica economica che informeranno le scelte del Governo. La crisi drammatica iniziata dieci anni fa, che ha investito il Paese facendo perdere fino al 9 per cento del prodotto interno lordo, si è scaricata su un'economia che soffriva e soffre, da troppi anni, di significativi problemi strutturali. Una governance dell'eurozona incompleta e inadeguata ha aggravato l'impatto della crisi finanziaria, incidendo sul tessuto produttivo e sociale. Dopo dieci anni, siamo ancora lontani dai livelli pre-crisi, a differenza della quasi totalità degli altri Paesi membri dell'area euro. La produzione industriale è 17 punti percentuali sotto il livello raggiunto nel 2008, il tasso di disoccupazione è più di 5 punti superiore al punto di minimo pre-crisi, la diseguaglianza è sensibilmente aumentata. E permettetemi di ricordare che, oggi, a un dato livello di occupazione corrisponde un numero di ore lavorate sensibilmente inferiore rispetto a dieci anni fa. Questi sono dati Istat.

Il debito, in rapporto al PIL, è cresciuto meno che in altri Paesi, ma rimane molto alto. Il dato generale è che il tasso di crescita dell'economia italiana è rimasto sensibilmente e costantemente al di sotto della media europea. Gli aumenti e le diminuzioni del nostro tasso di crescita, così come l'alternarsi del suo segno da negativo a positivo e viceversa, di cui abbiamo molto sentito parlare, hanno sostanzialmente corrisposto, negli anni post-crisi fino ad oggi, alle variazioni della congiuntura europea, ma il divario negativo è rimasto sostanzialmente costante negli anni. Obiettivo prioritario del Governo è, quindi, aumentare il tasso di crescita potenziale dell'economia e chiudere questo divario di crescita. Dobbiamo accrescere la competitività del nostro sistema produttivo e la dinamica della produttività.

La strategia per raggiungere questo obiettivo richiede di muoversi su due fronti: da una parte, attuare le riforme strutturali previste nel programma di governo, dall'altra, attivare uno stimolo endogeno di crescita, per non limitarci a subire passivamente gli shock positivi o negativi che vengono dalla congiuntura internazionale. Questo stimolo endogeno deve essere rappresentato dal rilancio degli investimenti pubblici, che hanno continuato a diminuire, anche negli ultimi anni, nonostante la flessibilità di bilancio contrattata con la Commissione europea. Sui motivi di questo risultato deludente tornerò tra poco, perché essi saranno al centro delle prime azioni di Governo.

Consentitemi, tuttavia, di dire immediatamente che gli investimenti pubblici materiali e immateriali dovranno essere la chiave per ottenere quel di più di crescita che permetterà di conciliare l'attuazione del programma di riforme strutturali, annunciato dal Governo, con un quadro di finanza pubblica coerente con l'obiettivo di diminuzione progressiva del rapporto debito-PIL, sul quale il Governo si è impegnato.

Gli investimenti pubblici impattano positivamente e in maniera rilevante sulla domanda aggregata di breve termine, ma, soprattutto, sul potenziale dell'economia. Inoltre, in questa fase macroeconomica, è ragionevole assumere che gli investimenti abbiano un moltiplicatore particolarmente elevato che, indirettamente, ne finanzierebbe parte dei costi di bilancio, anche in ragione degli effetti positivi sugli investimenti privati.

Il Governo è determinato, quindi, ad invertire il calo degli investimenti pubblici in atto dall'inizio della crisi, invertendo anche, in tal modo, il deterioramento della composizione della politica di bilancio, che ha visto, anche negli ultimi anni, favorire la spesa corrente a scapito della spesa in conto capitale. Vorrei anche affermare che quando si parla di crescita è bene qualificarla. Noi parliamo di crescita inclusiva ed equa, non sempre la crescita economica lo è. Essa deve essere inclusiva ed equa guardando sia alle generazioni presenti, in particolare a quelle più giovani, sia alle generazioni future. Puntare su uno stimolo endogeno alla crescita, basato sugli investimenti pubblici e su quelli privati, trainati dai primi, significa affrontare il tema dell'occupazione di oggi e, al tempo stesso, costruire la capacità produttiva addizionale di cui beneficerà il lavoro delle generazioni future. Ciò si lega ai motivi per i quali dobbiamo mantenere un percorso di riduzione del nostro debito e, soprattutto, evitare ulteriore indebitamento volto a finanziare spesa corrente. Un livello più basso di debito pubblico riduce la spesa per interessi, liberando margini di bilancio per rafforzare la crescita e l'inclusione sociale. In particolare, sottolineo come i mercati finanziari reagiscano soprattutto alla percepita dinamica del debito, piuttosto che al suo livello, per quanto elevato. Un programma di finanza pubblica che ponga il debito su un percorso decrescente farebbe ridurre i rendimenti che il Tesoro paga sui nostri titoli sovrani; la differenza può essere molto rilevante. Tali considerazioni diventano ancor più rilevanti alla luce della prospettata normalizzazione della politica monetaria.

In conclusione, il mantenimento dell'impegno di riduzione del debito è condizione di stabilità finanziaria essenziale all'operare fruttuoso del nostro sistema produttivo e del nostro sistema creditizio. Esso sarà, inoltre, la condizione di forza per rivendicare non solo per l'Italia, ma per tutta l'Europa, una svolta decisiva che consenta di considerare la spesa per investimenti diversamente dalla spesa corrente, anche ai fini degli obiettivi di indebitamento. Si tratta di una svolta europea ormai matura, che deve portare ad un significativo piano europeo per gli investimenti, di cui l'Italia è da sempre promotrice.

Ai motivi economici e finanziari fin qui descritti a sostegno dell'obiettivo di finanza pubblica vorrei aggiungere anche motivi di equità, soprattutto di equità intergenerazionale: io appartengo alla generazione chiamata dei baby boomers; ebbene, sono consapevole del fatto che il debito, che opprime da vari decenni le nuove generazioni, soprattutto quella che viene definita dei millennials, debito che ostacola pesantemente un aumento del loro reddito, risalga ai comportamenti di quella generazione, della mia generazione.

Parte integrante della strategia macroeconomica illustrata e condizione essenziale per la sua praticabilità è la realizzazione, progressiva e programmata, delle riforme strutturali annunciate nel programma di Governo. Sono riforme che riguardano, come è noto, il sistema fiscale, il sistema pensionistico, il sistema del welfare, sulle quali ampia informazione è stata data dal Presidente del Consiglio, in quest'Aula. Da parte mia, voglio rilevare che la semplificazione del sistema fiscale e anche la progressiva riduzione della pressione fiscale, programmate in linea ad un andamento coerente della spesa pubblica, sono da tempo considerate parte essenziale della creazione di un ambiente pro-crescita ed anche in linea con le raccomandazioni generali più volte espresse da OCSE e Commissione europea. Voglio altresì ricordare che assicurare un reddito dignitoso a chi è temporaneamente in stato di disoccupazione o che, per vari motivi, ha difficoltà a entrare, o rientrare, proficuamente in un impiego è condizione essenziale per consentire, in un quadro di stabilità sociale, i necessari processi di innovazione tecnologica e ristrutturazione produttiva dettati dalle sfide del progresso scientifico e della salvaguardia ambientale.

Sappiamo tutti, inoltre, che il mantenimento di mercati aperti è connesso alla capacità dei sistemi di welfare di co-fronteggiarne le complesse implicazioni. Un ruolo centrale, in questa strategia, avrà il reddito di cittadinanza, volto a contrastare le sacche di povertà presenti in Italia tramite interventi non assistenziali, bensì indirizzati all'integrazione nel mercato del lavoro.

Tra le riforme strutturali che avranno un impatto cruciale per la strategia economica delineata, voglio qui richiamare l'intervento immediato e deciso per la rimozione degli ostacoli che hanno impedito fino ad oggi di tradurre in azione effettiva i programmi di rilancio degli investimenti pubblici in termini quantitativi, così come qualitativi. Purtroppo, negli ultimi anni questi ostacoli non solo non sono stati rimossi, ma sono stati rafforzati e – consentimi di dire – a volte, in modo sconsiderato. Il Governo è infatti consapevole che i maggiori ostacoli alla spesa pubblica per investimenti non vengono dalla carenza di risorse finanziarie, bensì dalla perdita delle competenze tecniche e progettuali delle amministrazioni pubbliche, dalla spesso difficile interazione tra le amministrazioni, sia centrali sia territoriali, e dagli effetti, non voluti, del recente codice degli appalti. Verrà istituita una task force all'interno del Governo, con l'intento di affrontare tali temi in maniera rapida ed organica.

Gli interventi relativi alle riforme strutturali sulle quali il Governo è impegnato, sia dal lato fiscale sia dal lato della spesa pubblica, andranno adeguatamente coperti. Sarà compito del quadro programmatico di finanza pubblica, che presenteremo a settembre, individuare le opportune coperture, nell'ambito della strategia complessiva di crescita e di finanza pubblica sopra delineate. Ogni proposta di riforma sarà attentamente articolata in considerazione dei suoi effetti sulla crescita, sull'equità e sulla dinamica di breve e lungo termine delle finanze pubbliche.

Parte centrale della strategia di politica economica del Governo è, come già più volte ho sottolineato, la dinamica dell'indebitamento netto e del debito pubblico. Lo scenario tendenziale dell'indebitamento netto sarà oggetto di seria riflessione in sede di predisposizione del quadro programmatico, in stretta collaborazione con la Commissione europea e, nel rispetto degli impegni europei e della normativa italiana, si individuerà il percorso più adeguato all'attuale contesto economico e anche al perseguimento dell'obiettivo di contenimento e riduzione del rapporto debito/PIL.

La nostra azione in Europa deve essere volta verso una profonda riforma delle istituzioni economiche che governano l'eurozona; non è questa la sede per approfondire il tema, ma permettetemi di sottolineare le gravi inadeguatezze che caratterizzano l'attuale equilibrio istituzionale europeo. L'area dell'euro è dotata di una politica monetaria unica e con obiettivi limitati, alla quale non corrisponde una capacità di bilancio in grado di sfruttare le economie di scala a livello europeo e di fare fronte agli shock macroeconomici particolarmente forti, compresi quelli di natura asimmetrica tra i Paesi membri.

Il sistema delle regole di bilancio non favorisce le spese per investimenti pubblici, mentre consente persistenti squilibri di partite correnti, dannosi al funzionamento dell'intera area. In generale, vi sono chiari problemi sul piano del coordinamento necessario tra politica monetaria e politiche di bilancio. In sintesi, è necessario che l'architettura economica che governa l'area valutaria comune sia indirizzata alla crescita e alla convergenza: ne beneficerebbe la politica monetaria, che potrebbe raggiungere con più facilità e meno distorsioni il suo obiettivo di inflazione, che, a sua volta, favorirebbe un'evoluzione virtuosa del rapporto debito-PIL. Sono convinto che da questa strategia riformatrice trarrebbero beneficio tanto il nostro Paese, quanto l'intera Eurozona.

In conclusione, il quadro programmatico che il Governo trasmetterà al Parlamento nella Nota di aggiornamento al DEF 2018 si comporrà delle scelte di finanza pubblica e della versione programmatica del Programma nazionale di riforme. Seguendo le linee programmatiche illustrate dal Presidente del Consiglio, sarà possibile conciliare crescita e occupazione con la sostenibilità del debito.

Inoltre, contiamo di presentare gli scenari programmatici, come è stato già ricordato, relativi ad un primo gruppo di indicatori di benessere equo e sostenibile. L'Italia, ripeto, come è stato già ricordato, è il primo Paese che si darà obiettivi in tema di equità, istruzione, salute, inclusione del mercato del lavoro, ambiente, sicurezza ed efficacia della giustizia civile. Si tratta di un'innovazione ambiziosa, in quanto cerca di stimolare una politica economica e sociale non incentrata esclusivamente sul PIL.

Lo stimolo del Parlamento e dei media sarà cruciale per portare il tema all'attenzione dei cittadini in maniera informata e costruttiva. Il Ministero dell'economia e delle finanze e le altre amministrazioni centrali coinvolte dovranno, a tal fine, rafforzare le loro competenze tecniche in aree che sono ad oggi largamente inesplorate.

Vi ringrazio per l'attenzione e per le osservazioni che avete argomentato durante questo dibattito. Per parte mia, mi impegno ad essere sempre aperto ad un confronto costruttivo con il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stellee Lega-SalviniPremier).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 13,03).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto - Doc. LVII, n. 1)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fusacchia. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Signor Ministro, colleghi, non ci convince la risoluzione della maggioranza. Sono chiari i limiti oggettivi di una discussione sul DEF che doveva avvenire tempo fa, e sappiamo che non è stato possibile per i tempi occorsi per la formazione del Governo. Prendiamo pure atto, però, che la risoluzione della maggioranza non è riuscita a produrre granché, se non una generica richiesta al Governo di individuare gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche.

Ora, se il rimando che sa fare la maggioranza parlamentare è solo al contratto di governo, senza dare un segnale di attenzione su alcuni temi cruciali, noi possiamo solo continuare a pensare ciò che abbiamo già dichiarato col voto di fiducia. Non vediamo le ricette giuste per rimettere in moto l'economia e non vediamo, soprattutto, le scelte necessarie che servirebbero per aumentare la mobilità sociale.

In quel programma del cambiamento e in questa risoluzione non vi è un cenno sull'innovazione, su come costruire un tessuto produttivo che scommette sull'innovazione e su come rilanciare la ricerca. Lo dico al collega D'Incà, di cui conosco e apprezzo la sensibilità su questo fronte, e lo dico ai colleghi del MoVimento 5 Stelle: ma non poteva essere, proprio questa risoluzione, la prima occasione per mandare un segnale correttivo proprio sull'innovazione? Mostrare che il contratto di governo aveva solo peccato per una macroscopica svista e non per una volontà deliberata?

Un altro punto riguarda gli investimenti, e lo dico al Ministro, prima di tutto: non capisco esattamente cosa voglia fare la maggioranza al riguardo e mi pare che sia, in realtà, schiacciata tra reddito di cittadinanza da una parte e flat tax dall'altra.

Il Ministro Tria ha appena parlato di una task force per rilanciare gli investimenti, nel contratto di Governo si parla di agenti sabotatori, vorrei capire, alla fine, qual è la priorità: se facciamo una task force per ristrutturare le competenze nelle amministrazioni locali e la progettualità, oppure se ci concentriamo su un altro approccio.

Noi pensiamo che innovazione e investimenti, questo diverso rilancio della pubblica amministrazione, sia una chiave per far nascere nuove aziende di un certo tipo e soprattutto per far crescere le aziende che abbiamo, perché solo aziende che sono in grado di stare sul mercato, internazionalizzarsi e, quindi, fare formazione dei propri lavoratori, e solo aziende di una certa taglia e di una certa ambizione possono assumere i nostri giovani ingegneri, i giovani chimici, i giovani matematici, i giovani designer, i giovani laureati in economia.

Noi siamo convinti che partire per un'esperienza fuori dal Paese sia qualcosa di positivo, ma qui il problema è che i ragazzi che lasciano l'Italia, la lasciano senza speranza di rientro e allora ci chiediamo: come facciamo a contrastare questa fuga, che non è più una fuga di cervelli, è una fuga di una generazione intera - e non penso lo vogliamo fare chiudendo le frontiere -, se non investendo su innovazione, investimenti e crescita delle aziende? Il Ministro ha detto: la fiducia si è raffreddata; io temo che, se continuiamo così, finiamo congelati tutti quanti.

Non c'è una parola su come aiutiamo i sindaci a creare spazi sui loro territori, che mettano insieme riqualificazione urbana, cultura, formazione e imprenditorialità, e a fare in modo che si ricostruisca a livello locale il contratto sociale, il tessuto sociale, l'ascensore sociale. Non c'è una parola su come contrastiamo le rendite. Il rapporto dell'OCSE pubblicato qualche giorno fa ha parlato di mobilità sociale: cinque generazioni, servono cinque generazioni perché un bambino nato in Italia in una famiglia a basso reddito raggiunga il reddito medio nazionale.

Chiudo con un appello ai colleghi del MoVimento 5 Stelle: non vi aspettate che qualcosa possa venire da Salvini, che ci pare troppo occupato a far riabbassare la testa a chi prova ad alzarla; in questo momento e con questo Governo, tocca a voi, deputati Cinque Stelle, ricordarvi del perché siete finiti in Parlamento. Qual è il vostro mandato? Non la repressione, ma l'emancipazione. Usate i numeri che avete in quest'Aula, non diventate ancillari, non diventate complici di un Paese che esaspera le proprie paure e che non affronta le proprie preoccupazioni, che rarefà l'aria nella stanza e punta sulla claustrofobia, invece che dare respiro e ossigeno. Votatela questa risoluzione, che chiede di individuare gli interventi prioritari, ma fate in modo che questi interventi siano quelli che servono, non per inchiodarci sotto casa, ma per portarci lontano (Applausidei deputati dei gruppi Misto-+Europa-Centro Democraticoe Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Grazie, signor Presidente. Intanto, essendo la prima volta che il Ministro dell'economia fa il suo intervento in Aula, auguri di buon lavoro. Lei sa la stima che abbiamo nei suoi riguardi e, tra l'altro, l'intervento che ha fatto conferma la serietà e la responsabilità del suo ruolo. Tuttavia, fatta questa premessa non formale, le dico già sin d'ora che il nostro gruppo parlamentare non voterà la risoluzione presentata dalla maggioranza – ha sottoscritto la risoluzione presentata dal gruppo di Forza Italia – e non la voterà per una semplice ragione: non tanto per la sua replica, perché la sua replica indica una strada e forse i colleghi del MoVimento 5 Stelle o il mega Ministro dello sviluppo economico e del lavoro o il Ministro delle infrastrutture, Di Maio e Toninelli, dovrebbero ascoltare e rileggersi la sua replica, perché lei con serietà, facendo riferimento al programma di Governo, ha posto con molta chiarezza e ripetutamente due vincoli che sono fondamentali nell'azione di un Governo: il primo, quello della crescita, e qui la discussione e il confronto ci deve essere, non possiamo non crescere e i fattori della crescita non possono che essere l'attenzione a impresa, lavoro, famiglia, investimenti pubblici, welfare, equità sociale; il secondo, un elemento fondamentale per il nostro sistema Paese, che lei ha ribadito più volte, rassicurando giustamente e parlando, non solo ai mercati, al nostro Paese e ai vertici europei: si chiama debito pubblico, si chiama indebitamento netto, si chiama rispetto dei vincoli europei.

Cioè, è tutto quello che noi abbiamo continuato a ripetere e che non si trova ovviamente nella dichiarazione e nelle azioni del Vicepresidente del Consiglio Di Maio, nel programma del MoVimento 5 Stelle e nelle dichiarazioni che continua a fare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Qual è la ragione per cui noi non voteremo la risoluzione di maggioranza? Per due elementi fondamentali, e su questo chiediamo a lei… Tra l'altro, mi fa anche piacere che sia stato nominato sottosegretario all'economia e alle finanze - e mi auguro Viceministro - l'onorevole Garavaglia, perché ha fatto egregiamente il lavoro di assessore al bilancio in regione Lombardia e capisce e comprende quanto stiamo dicendo.

Primo elemento: se non bisogna aumentare la spesa corrente e bisogna finanziare le spese per investimenti, l'unica cosa che non dobbiamo fare è finanziare carrozzoni! Se dobbiamo rilanciare il lavoro, il lavoro lo rilanciano le imprese, il lavoro viene dato dalle imprese; e da questo punto di vista, correttamente, l'abbassamento della pressione fiscale, correttamente la semplificazione. Ma come si fa, nel programma annunciato dal Presidente del Consiglio e dal MoVimento 5 Stelle, a dire che si finanziano ogni anno, come spesa corrente, 2 miliardi di euro per i centri per l'impiego, che la stampa recentemente ha dimostrato che in questi anni hanno dato lavoro solo al 3 per cento delle domande che sono state presentate? Si chiamano carrozzoni di Stato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI e di deputati Forza Italia-Berlusconi Presidente)! Abbiamo già avuto l'esperienza dei centri di collocamento negli anni Ottanta, ma rispetto a questo torniamo indietro. Come si fa, e lo ha sottolineato lei in maniera molto chiara? È chiaro che l'apporto degli investimenti pubblici è fondamentale nella crescita, ha fatto bene a sottolinearlo.

La Banca d'Italia, nelle audizioni in Commissione, ha detto che gli investimenti pubblici sono diminuiti del 5,6 per cento nell'anno precedente e che l'apporto alla crescita… Pensate qual è il problema della grande discussione che abbiamo fatto: cresciamo dell'1,7, 1,6; lo scorso anno i lavori pubblici e l'area dei lavori pubblici hanno dato un contributo solo del 2 per cento del PIL, tra i più bassi contributi di tutta l'Europa; e ci chiamiamo Italia! Quando il Presidente del Consiglio ha avuto il coraggio di dire che il codice degli appalti andava rivisto, che non è più accettabile che ogni singola amministrazione pubblica, che oggi deve prendere una decisione, prima di prendere quella decisione debba alzare il telefono e rivolgersi all'Autorità anticorruzione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 13,10)

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Perché questa è l'impasse del sistema: l'Autorità anticorruzione è fondamentale, ma, quando si delega, non si semplifica, si introduce un provvedimento che non porta all'assunzione di responsabilità, si bloccano gli investimenti, non c'è più nulla che viene portato avanti nelle nostre pubbliche amministrazioni. Quando questo è stato dato detto con semplicità in quest'Aula, ovviamente solo dopo 30 secondi si è dovuta smentire questa affermazione per lesa maestà nei confronti del presidente dell'Autorità anticorruzione.

Non è la strada dove andare! Perché la strada dove andare è esattamente quella legata a sviluppo, impresa e lavoro. Il lavoro lo danno le imprese; se il reddito di cittadinanza costa 15 miliardi, 15 miliardi destiniamoli a dare lavoro, alle imprese, quelle piccole, quelle medie, quelle grandi. Chi è senza lavoro vuole la dignità di un lavoro, non la carità di un'assistenza! Poi bisogna aiutarli: gli strumenti esistono e vanno nella direzione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Le famiglie: i consumi riprendono solo se si aiuta (e concludo) con forza la centralità della famiglia e l'aiuto alle nascite. Da questo punto di vista c'è un Ministero per la famiglia e le disabilità nel vostro Governo: ci auguriamo che nell'aggiornamento del Documento di economia e finanza (e concludo) a settembre la famiglia ritorni ad avere centralità, non solo a parole, ma nella sostanza.

Infine, evitiamo - e so che lei su questo per la sua esperienza un contributo lo potrà dare certamente - i carrozzoni pubblici. Le banche di Stato sono già una vecchia esperienza drammatica del passato.

PRESIDENTE. Grazie.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Ritornare a sentire questi ruoli: pubblico, pubblico, pubblico! È sparita la parola “privatizzazione”.

PRESIDENTE. Grazie, presidente Lupi.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Se si vuole abbattere (e concludo) il debito pubblico, bisogna avere il coraggio che lo Stato faccia lo Stato, e che lasci la possibilità a chi può fare meglio di fare meglio. Grazie: questo è l'auspicio, buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Presidente, lo dico con grande rispetto per tutti i colleghi che sono intervenuti in discussione generale: a me pare che ci sia ancora un deficit di consapevolezza delle difficoltà nelle quali si muovono il nostro Paese, l'Unione europea e l'Eurozona; ho trovato, invece, su tali punti, passaggi molto condivisibili da parte del Ministro Tria nella sua replica.

Credo che dovremmo cominciare a dirci, anche se sono dolorose, delle amare verità. La prima amara verità ha a che fare con il quadro regolativo, con l'assetto istituzionale del mercato unico e dell'Eurozona: dobbiamo riconoscere che tale quadro consolidato rende impraticabile il sollievo di quegli interessi economici e sociali che tanto hanno sofferto in questi anni; e mi riferisco, in particolare, a quelli legati alla domanda interna, alle microimprese, al commercio, all'artigianato, ai lavoratori precari dei servizi che ad essi fanno riferimento. È un quadro insostenibile, che poi genera conseguenze perverse!

Guardate, in questi settimane tutti i Governi europei hanno attaccato le scelte protezionistiche dell'amministrazione degli Stati Uniti, ma il protezionismo è l'altra faccia del mercantilismo estremo. Quando tu hai un avanzo commerciale dell'8 o del 9 per cento, che non è fatto soltanto da capacità innovativa, ma è fatto di dumping salariale, non ti puoi permettere, non hai le carte in regola per attaccare chi mette i dazi, perché protezionismo e mercantilismo sono due facce della stessa medaglia.

Seconda amara verità: il quadro tendenziale che abbiamo ereditato dal Governo precedente è un quadro tendenziale insostenibile sul piano economico e sociale, irrealistico e pericoloso, se i dati di previsione diventano obiettivi di deficit.

La spesa corrente… Vi invito a guardarla, colleghi, perché sento in quest'Aula dei riferimenti come se fossimo agli anni Ottanta: siamo ai livelli più bassi dell'Unione europea in termini di spesa per la sanità, di spesa per la scuola, di spesa per le politiche sociali! Quel quadro a legislazione vigente è insostenibile.

La sanità: noi non vogliamo che la spesa sanitaria aumenti in rapporto al PIL; vogliamo che non diminuisca, com'è invece nel quadro di previsione.

Sugli investimenti non dico nulla, i colleghi Conte ed Epifani mi hanno preceduto e hanno argomentato bene: siamo alla metà, siamo al livello più basso della storia dell'Italia repubblicana, nel Mezzogiorno mai così basso. Su questo ho apprezzato l'intervento del Ministro, concentrato sugli investimenti; avrei voluto che il Ministro uscente avesse avuto la stessa attenzione agli investimenti pubblici che ha avuto il Ministro Tria, invece sono stati portati al livello più basso della storia dell'Italia repubblicana.

Le amare verità ci portano a dire - e questo riguarda i colleghi della maggioranza - che semplicemente, per raggiungere i dati di deficit tendenziale, servirebbe una manovra per il 2019 di 18 miliardi di euro, che diventano circa 30 nel 2020 semplicemente per sostituire le clausole di salvaguardia, finanziarie la spesa e le entrate a politiche invariate e per fare fronte agli aumenti della spesa per interessi.

La terza amara verità, e vado a concludere: sono necessarie delle forzature rispetto al Fiscal compact e rispetto alle norme consolidate dell'Unione europea e dell'Eurozona, forzature significative, ma forzature ragionevoli. In che senso? Lo diciamo nella nostra risoluzione: obiettivo di deficit per il triennio di fronte a noi, 2019-2021, al 2 per cento del PIL; non il pareggio di bilancio dal 2020, non lo 0,8 al 2019, ma il 2 per cento di obiettivo di deficit sul PIL. Per fare che cosa? Disinnescare le clausole di salvaguardia, l'avete detto tutti, l'abbiamo detto tutti! Ma, attenzione, ormai è consolidata l'evidenza empirica: se finanzi un mancato aumento di entrate attraverso tagli di spesa, gli effetti recessivi sono maggiori.

Cioè non è che se aumenti l'IVA, colpisci i commercianti e, invece, se tagli in modo corrispondente la spesa, non succede nulla. Gli effetti del moltiplicatore della spesa sono da due a tre volte superiori rispetto al moltiplicatore delle entrate. Quindi, le clausole di salvaguardia vanno disinnescate in deficit: quel 2 per cento di obiettivo nel triennio va utilizzato per finanziare investimenti pubblici in particolare nel Mezzogiorno e poi stabilizzare la spesa sanitaria. Con altre misure - è dettagliato nella nostra risoluzione - recuperiamo entrate, ad esempio, da una vera web tax che intervenga sulle imprese che non hanno stabile organizzazione in Italia con un intervento anche anti-evasione e recuperiamo risorse per intervenire sulla spesa pensionistica: quota 100, opzione donna, i quarantun anni, il sostegno fiscale alle pensioni delle generazioni più giovani. Inoltre, devono essere previsti investimenti che servono all'occupazione, in particolare all'occupazione femminile che rimane drammaticamente bassa e che condiziona la qualità, oltre che la quantità, della crescita e dello sviluppo nel nostro Paese.

Infine, c'è un capitolo - torno alla prima amara verità - che riguarda l'Unione europea. Non è vero che non c'entra niente con la nostra discussione: c'entra moltissimo. Spero che al prossimo vertice e all'Ecofin a cui parteciperà il Ministro si incominci a dire in modo serio che non possiamo andare avanti nell'Eurozona con un Paese che realizza avanzi commerciali dell'8-9 per cento perché svolge una funzione deflattiva per tutti ed esporta disoccupazione. Vogliamo dire che al parametro dell'avanzo commerciale deve essere attribuita la stessa importanza politica che viene attribuita al deficit sul PIL? Possiamo dire che mettiamo una regola del 3 per cento anche sugli avanzi commerciali e che le correzioni siano correzioni simmetriche che riguardano quelli che sono in deficit, ma anche quelli che sono in avanzo? Altrimenti chiacchieriamo sulla possibilità di ripresa e alimentiamo le spinte protezionistiche che ci sono in giro per il mondo, a cominciare dagli Stati Uniti.

Sul debito pubblico è fondamentale un'iniziativa europea che non vuol dire che i tedeschi pagano i debiti italiani. Ci sono tante modalità per fare in modo di stabilizzare il debito pubblico postquantitative easing senza chiedere soldi ad altri contribuenti. C'è un capitolo che riguarda le direttive europee, a cominciare dalla direttiva Bolkestein, che incidono sulle performance reali perché determinano svalutazione del lavoro, contrazione della domanda interna e, quindi, poi effetti sul debito in rapporto al PIL. È stato importante che il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali abbia iniziato il suo mandato sottolineando l'indisponibilità del Governo alla ratifica del CETA.

Sulla base di tali valutazioni, Presidente, noi voteremo “no” alla risoluzione del Governo per una ragione semplice: perché sembra scritta dal Governo Monti. Ve lo dico con sofferenza, alla lettera c) scrivete che rispetterete gli impegni europei sui saldi di bilancio 2019-2021. Ma, se è così, non si potrà dare alcuna risposta alle drammatiche condizioni economiche e sociali che hanno portato tanti cittadini italiani a votare per voi. Delle due l'una: con questo punto voi negate alla radice la possibilità di una svolta e per questo non possiamo dare il nostro consenso. Mi permetto un'ultima considerazione…

PRESIDENTE. La prego di concludere.

STEFANO FASSINA (LEU). …trenta secondi, Presidente. Da molti anni dalle fila della Lega e dei 5 Stelle è arrivato alla sinistra un rimprovero spesso beffardo: rassegnata impotenza da parte della sinistra sul terreno economico e sociale e attenzione esclusiva ai diritti civili. Mi pare che vi state muovendo in modo sempre più scomposto sullo stesso spartito ma con un segno drammaticamente regressivo: rabbiosa impotenza sul terreno economico e sociale come indicato alla lettera c) della risoluzione che ci presentate e un accanimento contro gli ultimi…

PRESIDENTE. Grazie.

STEFANO FASSINA (LEU). …per provare a coprire l'incapacità, l'inefficacia…

PRESIDENTE. …grazie, onorevole Fassina.

STEFANO FASSINA (LEU). … la rassegnazione rabbiosa sul terreno economico e sociale. Ecco, per questo non possiamo dare il consenso alla vostra risoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.

GUIDO CROSETTO (FDI). Grazie, Presidente. Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, rappresentanti del Governo siamo arrivati in un momento di noia mortale all'approvazione di un atto che dovrebbe essere l'atto principale che viene discusso durante l'anno dal Parlamento, l'atto in cui la politica può manifestarsi e prospettare al Paese quali sono le sue idee per la costruzione del futuro del Paese. Il DEF è composto di due parti ma noi purtroppo oggi abbiamo la sfortuna di vederne solo una: quella che ci rappresenta la fotografia dell'esistente o del passato. Non ci è dato di capire oggi, se non nelle dichiarazioni del Ministro in conclusione, quella che è l'idea del Governo sul futuro. Abbiamo avuto una fotografia del passato che è desolante ma non è desolante perché io do un giudizio negativo. Voglio tirarmi fuori dalla sterile polemica politica sugli ultimi cinque anni o sugli ultimi dieci o sugli ultimi quindici. Sono stati desolanti e tristi i DEF degli ultimi vent'anni di questo Paese. I DEF degli ultimi vent'anni sono stati desolanti perché si è manifestata una cosa che il Ministro ha ripreso: il deficit tra la crescita del nostro Paese e tutti gli altri Paesi. Anno dopo anno negli ultimi vent'anni abbiamo dovuto prendere atto che noi crescevamo meno degli altri anche quando siamo cresciuti. Abbiamo vissuto quasi negli ultimi cinque anni in condizioni per così dire esogene straordinarie: la diminuzione del prezzo del petrolio, il quantitative easing, la ripresa mondiale, il 4,3 per cento di crescita dell'ultimo periodo. Nonostante quello, nonostante la crescita di tutti, noi ancora una volta siamo cresciuti meno. È diminuita la disoccupazione? Sì, ma è diminuita meno. Io non ne sono felice, non lo uso come una clava contro il Governo che mi ha preceduto perché so che tra tre anni probabilmente faremo lo stesso discorso del Governo che attualmente inizia a governare il Paese. Il dramma nostro è capire perché c'è questo deficit, perché continua nonostante cambino i Governi e cambino le politiche con cui viene affrontato il deficit di crescita rispetto agli altri Paesi. Le risposte le sentiamo e le sappiamo tutti: c'è un problema fiscale? Ce lo diciamo da decenni e abbiamo sempre provato ad affrontarlo, sempre diminuendo un pochino. Per questo consideravo l'idea della flat tax - chiamiamola tassa piatta che io considero una detassazione alle imprese - un elemento fondamentale della politica del nuovo Governo non perché fossi innamorato dell'idea, non perché pensassi al reaganismo, non per altro ma perché mi sono convinto negli anni che quello che conta della crescita di un Paese non è quello che succede all'interno ma il raffronto fra le condizioni interne e quelle esterne. Succede alle imprese quello che succede ai negozi di quartiere: è difficile vendere le mele a 5 euro se il tuo vicino le vende a 4 e nel mondo in cui viviamo, in un mondo aperto, è difficile che le aziende sopravvivano con la tassazione al 24, anche al 23, anche al 22 se basta scavalcare il confine e la trovi al 10, al 5, a zero per cinque anni, al 12,50 o al 15. È difficile che un Paese abbia prospettive quando la più grande industria del Paese nel silenzio totale trasferisce la sede fiscale e legale ad Amsterdam e a Londra, non alle Cayman: Amsterdam e Londra. È difficile pensare a questo gap di crescita che sta uccidendo la ricchezza degli italiani; infatti, abbiamo perso il 25 per cento di ricchezza rispetto agli altri europei negli ultimi anni. Informo tutti noi che, come PIL pro capite, siamo nella parte bassa della media europea: abbiamo raggiunto l'obiettivo di essere sotto la media europea di PIL. Non voglio scaricare la colpa di questo su un Governo o un altro: prendo atto di un malessere che affligge da oltre vent'anni questo Paese e in cui in qualche modo bisogna che qualcuno si prenda la responsabilità di dare delle risposte.

Perché da anni parliamo di problema di tassazione, di problema di burocrazia, di mille problemi, ma mai siamo intervenuti e abbiamo cambiato, mai abbiamo provato veramente e radicalmente a cambiare queste cose.

Parliamo di problema di burocrazia ma poi aumentiamo sempre di più le competenze dei funzionari, nella ricerca di una legalità che sembra impossibile da raggiungere e pensiamo di raggiungerla non dando più libertà, premiando, ma aumentando i doveri che loro hanno e, quindi, impedendo sempre più che svolgano il loro lavoro.

Forse dobbiamo proprio cambiare prospettiva, forse abbiamo sbagliato negli ultimi vent'anni la prospettiva con cui abbiamo affrontato i problemi. Per questo io penso che la tassazione non vada affrontata guardando all'impatto che ha nel bilancio ma nella necessità di far crescere le imprese. Io non posso chiedere alle imprese quanto voglio che loro mi diano, quanto loro devono contribuire al bilancio dello Stato, ma devo dare loro una tassazione che consenta loro di sopravvivere e di vincere la sfida con i loro competitor che stanno al di fuori di questo Paese, perché se io non cambio il modo di visione probabilmente continuo nello stesso errore. Se io continuo ad affrontare i problemi come li abbiamo affrontati - cambiando leggermente degli ultimi anni - come abbiamo fatto negli ultimi venti anni, allora siamo destinati a morire lentamente.

E ha ragione Fassina, da cui mi divide la visione del mondo, nel dire che è impossibile pensare - per questo criticherò la risoluzione di maggioranza - di intervenire mantenendo le regole che abbiamo contestato fino a ieri. È impossibile pensare che si possa fare un intervento sugli investimenti, come il Ministro ha detto, che sono necessari per sviluppare questo Paese, mantenendo i parametri europei e le regole, come è stato detto e come viene detto nella risoluzione di maggioranza. Lo sappiamo tutti che è impossibile.

Abbiamo capito dalle parole del Ministro che però non è questo l'appuntamento, che dovremo aspettare la Nota di integrazione al DEF. Per motivi indipendenti dalla volontà della maggioranza ci troviamo a discutere in questo modo surreale un DEF che non esiste, preparato da un Governo che usciva e su cui il Governo che entra non ha voglia di dire nulla, perché deve scrivere un programma. Dunque, aspetteremo quella data.

Oggi dovremo far finta di votare contro, nel nostro caso, su una cosa perché non c'è contenuto. Prenderemo visione di dati che sappiamo sono sbagliati, perché la mia grande preoccupazione oggi nei vostri confronti - perché oggi voi siete il Governo del mio Paese, voi oggi siete il mio Governo - è che i dati contenuti nel DEF purtroppo per noi sono sbagliati. Manca la valutazione e l'impatto del quantitative easing che cesserà a dicembre, mancano le previsioni al ribasso della nostra crescita economica, mancano le previsioni al ribasso della crescita economica mondiale e di quella europea, mancano le previsioni dell'impatto di un aumento del costo del petrolio, manca la previsione di un impatto, di uno scontro commerciale che si sta aprendo nel mondo, partendo da Trump e con la risposta della Cina, manca totalmente l'impatto di politiche esogene da cui noi da troppo tempo siamo fuori, perché noi non possiamo pensare al nostro futuro e dimenticarci che, mentre noi siamo qui a parlare di DEF, la Francia e l'Inghilterra stanno portando via quella piccola parte di risorse petrolifere - cito un esempio ma ne potrei fare mille - che dalla Libia arrivano qui dopo la guerra.

Ricordo a ognuno di noi che il 70 per cento del nostro fabbisogno petrolifero arrivava dalla Libia prima della guerra; adesso arriva al 20 e pare che, se continuiamo così, arriverà al 5. E siccome il futuro del mondo, il futuro anche delle nostre aziende e il nostro, è al di fuori delle discussioni, delle piccole discussioni che stiamo facendo in quest'Aula su piccole cose ma rientra proprio nella capacità del nostro Paese di giocare le sfide, dal punto di vista del confronto col mondo ma anche di politica internazionale e di posizionamento, allora io dico al Ministro, che adesso mi dispiace sia andato via, che abbiamo preso atto di molte delle sue parole che sono positive - non le abbiamo trovate scritte nel DEF, le abbiamo sentite ma già una speranza possono darla - però l'appuntamento è rimandato a settembre con la Nota di aggiornamento. Allora capiremo cosa vorrà fare il Governo. Non ce ne voglia, ma visto quello che c'è oggi non possiamo che votare contro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mandelli. Ne ha facoltà.

ANDREA MANDELLI (FI). Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, noi voteremo contro sulla risoluzione della maggioranza con cui questa Assemblea si accinge ad approvare il DEF redatto dal Governo Gentiloni, un DEF limitato alla sola descrizione dell'evoluzione economico-finanziaria internazionale, all'aggiornamento delle previsioni macroeconomiche e al quadro di finanza pubblica tendenziale. Il documento non contiene - ed è logico fosse così - alcun nuovo obiettivo di politica economica né ha ipotizzato nuovi impegni.

Il precedente Esecutivo ha lasciato a voi e alla vostra maggioranza l'onore e l'onere di riempire con i vostri contenuti programmatici e con la vostra visione del futuro del Paese quei capitoli rimasti in bianco.

A noi già le previsioni contenute nel quadro macroeconomico del “DEF Gentiloni” sembrano essere eccessivamente positive. Tanto le stime di crescita sul PIL, inflazione e tasso di disoccupazione, quanto quelle sui saldi di finanza pubblica e sulla componente di interessi ci sembrano troppo ottimistiche rispetto allo stato attuale dell'economia italiana.

Sull'incertezza delle previsioni grava indubbiamente la situazione internazionale. All'orizzonte si intravedono nuvole scure che preoccupano gli organismi internazionali a cominciare dall'FMI, nuvole che hanno a che fare con le restrizioni dei flussi finanziari e con i rischi di fuga dei capitali dei mercati emergenti e, in generale, con il deterioramento della fiducia globale anche per il modo in cui le istituzioni multilaterali stanno operando.

Il disastroso epilogo del G7, caratterizzato dal colpo di scena del Presidente Trump e le incognite relative ai venti di guerra commerciali potrebbero rallentare la crescita mondiale e quella italiana, in particolare.

Con la fine del quantitative easing dal 1° gennaio, annunciata da Draghi, e con la riduzione degli acquisti di titoli dal prossimo 15 ottobre, il mercato dei BTP dovrà fare a meno di un grosso compratore, stabile, abitudinario e disinteressato rispetto a tutto l'andamento dello spread, che garantiva, quindi, uno scenario di stabilità monetaria compatibile con la necessità di un Paese, come il nostro, con una crescita bassa e un alto debito.

In questi giorni i vice Primi Ministri di questo Esecutivo si sono prodigati dinanzi alle più diverse platee a denunciare questo o quel provvedimento auspicato dagli auditori del momento. Sembrava di essere ancora immersi nella campagna elettorale, ma ora non è più il periodo delle promesse: è l'ora dei fatti.

La politica degli annunci l'abbiamo già sperimentata la scorsa legislatura e non ha portato fortuna a chi l'ha perseguita. Ci saremmo aspettati, quindi, una risoluzione di maggioranza in cui ritrovare qualche indicazione in più su quando e come vorrete mettere a posto questo contratto di cambiamento inserendolo nel programma.

Forza Italia, nel testo che ha proposto come primo atto di indirizzo, ha voluto rispettare il voto dei suoi elettori offrendo all'Esecutivo i punti caratterizzanti il programma che tutto il centrodestra ha sottoscritto prima delle elezioni del 4 marzo e che ha ottenuto il consenso del 37 per cento degli elettori, a partire dall'introduzione della flat tax, quella con una sola aliquota per intenderci, come unico mezzo serio per riformare il sistema tributario, semplificandolo e riducendo la pressione fiscale per famiglie e imprese. Uno shock fiscale, dunque, per rendere più competitivo il Paese, che vede via via affievolirsi la debole ripresa a cui abbiamo assistito negli scorsi mesi.

Abbiamo chiesto al Governo di impegnarsi nella tutela del risparmio degli italiani, ribadendo che mai e poi mai dovrà diventare fonte di eventuale finanziamento di manovre economiche emergenziali. Vi abbiamo proposto quelle che per noi sono le priorità da seguire per far riprendere l'economia e, quindi, l'occupazione del Paese. Un contratto, il vostro, in cui non c'è traccia di un progetto organico e coerente di crescita e di sviluppo, in cui non è declinata, neppure anche sommariamente, una visione di medio e lungo periodo di quella che la vostra maggioranza ritenga dover essere la politica industriale di questo Paese. Nessuna attenzione alla cultura di impresa, anzi per essere sinceri vediamo qualche diffidenza verso chi fa impresa.

Per questo nella nostra risoluzione abbiamo inserito misure volte a sostenere gli imprenditori che tenacemente lavorano, investono e creano posti di lavoro: detassazione e decontribuzione per sei anni delle nuove assunzioni, revisione del codice degli appalti, priorità per i cantieri immediatamente eseguibili, rendere strutturale il credito d'imposta per le spese di formazione previste dal Piano Impresa 4.0, prevedere il rifinanziamento delle agevolazioni previste dallo stesso Piano, ridurre il gap competitivo delle imprese italiane.

Abbiamo voluto ribaltare la prospettiva della “riforma Fornero” occupandoci dei lavoratori ingiustamente penalizzati, ma tenendo conto dell'imperativo di garantire per i nostri giovani un rischio di non poter avere un'adeguata copertura pensionistica. Volevamo impegnarvi su un grande piano strategico per il Sud, lontano dalle vecchie logiche assistenzialiste, un piano che riconosce il ruolo trainante per l'economia che potrebbe avere il Mezzogiorno e che, attraverso un rilancio dello sviluppo infrastrutturale e industriale, riesca a catalizzare risorse private e pubbliche, in grado di risolvere le non più tollerabili criticità connesse alla disoccupazione giovanile e femminile nel Meridione.

Al di là dei proclami e degli atti eclatanti, sicurezza significa, in primo luogo, adeguare ai parametri medi occidentali gli stanziamenti per la difesa e, quindi, reperire risorse necessarie per assunzioni aggiuntive di personale a tempo indeterminato nell'ambito delle Forze armate e di polizia, data la necessità di rendere più efficace il controllo sul territorio e la tutela dell'ordine pubblico e adeguare, contestualmente, i miglioramenti economici per il personale, come pure adeguare le dotazioni dei mezzi tecnologici.

Infine, l'unico punto su cui tutti in quest'Aula siamo d'accordo: scongiurare l'attivazione delle clausole di salvaguardia relative all'aumento dell'IVA. Non ci dite come e dove volete trovare le coperture. Noi una cosa, invece, ve la vogliamo dire: no al ricorso a fonti di finanziamento fantasiose, no a patrimoniali più o meno mascherate (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). La strada maestra deve essere una riduzione della spesa pubblica di tipo selettivo, che non incide sull'erogazione dei servizi assistenziali della persona e sia orientata al proseguimento di una gestione più efficiente delle risorse pubbliche. La risoluzione di maggioranza, invece, non contiene nulla di tutto ciò; rimanda semplicemente alle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio, che, come una matrioska, rimandano a loro volta al contenuto del vostro contratto.

Forza Italia si è già espressa negativamente in quest'Aula su quel programma. Per noi non basta inserire questo o quel punto del programma del centrodestra per avere il nostro consenso: occorre che nell'insieme vi sia coerenza, vi sia una comune visione del Paese sul futuro, e quindi gli strumenti adeguati da mettere in campo per passare dagli slogan ai fatti. Forza Italia tutto questo non lo aveva trovato due settimane fa e meno che mai lo trova oggi nella vostra risoluzione. Continuiamo a ritenere il vostro programma un miscuglio eterogeneo di elementi differenti tra loro, che tenderanno ben presto a separarsi, palesando le intrinseche contraddizioni alla base della formazione di questo Esecutivo. Oggi, nel concreto, nell'attività di Governo, dopo più di tre mesi di paralisi istituzionale, avevate la possibilità, se non il dovere, di definire nei dettagli o quanto meno iniziare a declinare in un semplice atto di indirizzo i punti del vostro contratto per il cambiamento. Avete, invece, scelto di rimandarvi a settembre, in clima quindi scolastico, in occasione della Nota di aggiornamento al DEF.

Ne prendiamo atto e staremo a vigilare. Nel frattempo, ascolteremo attentamente i singoli ministri - ho finito, Presidente - quando verranno nelle Commissioni a illustrare le linee programmatiche dei loro dicasteri. Vi attenderemo a breve sull'Ilva, un problema che non riguarda solo Taranto, perché da questo dipenderà il futuro dell'intera industria dell'acciaio dell'Italia, ma ancora più aspetteremo il vostro programma nazionale per le riforme, la vostra Nota di aggiornamento al DEF, per comprendere davvero i dettagli delle vostre proposte, il cronoprogramma delle stesse e le priorità. A quel punto non avrete né alibi né scuse. Per questo, signor Presidente, per tutte le ragioni che hanno riportato anche i colleghi in Aula, Forza Italia voterà contro la risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA (PD). Grazie, Presidente. Il Documento di economia e finanza che l'Aula si appresta a votare ci consegna, signor Presidente, il primo ossimoro di questa legislatura. Ci ritroviamo di fronte ad un legame molto stretto tra il Governo Conte e il DEF Gentiloni, e io mi sarei aspettato un gesto di buonsenso questa mattina dal relatore e dal Governo, che, penso sbagliando, ha dato parere favorevole ad una risoluzione che è piena di contraddizioni. Presidente, il DEF non ha all'interno tutte le sezioni, lo ricordava il collega Crosetto poco fa; e non ce le ha per scelta della maggioranza, non delle opposizioni. Ho sentito in discussione sulle linee generali alcuni colleghi, probabilmente informati male dai rispettivi gruppi parlamentari, che il Documento di economia e finanza sarebbe arrivato tardi, sarebbe stato trasmesso tardi alle Camere. Il Documento di economia e finanza era pronto dalla settimana precedente la propria scadenza, il 10 aprile, ed è arrivato tardi semplicemente perché non c'era una maggioranza e, per un corretto rispetto istituzionale, il Presidente Gentiloni ha aspettato che quella maggioranza nascesse.Ha dovuto prendere tempo, quel tempo è stato concordato con Bruxelles, e, quando il quadro tendenziale, il quadro a legislazione vigente, è stato trasmesso alle Camere, c'era tutto il tempo per trasformare il cosiddetto contratto di Governo in un programma, e quindi trasformare quel quadro tendenziale in un quadro programmatico. Avete deciso di non farlo: assumetevene la responsabilità di fronte al Paese ed evitate di far sì che questa cortina fumogena che avete deciso di tenere in vita fino a settembre nasconda le contraddizioni che oggi quest'Aula si ritrova davanti.

La maggioranza voterà il tendenziale del Governo Gentiloni. E ora arrivo sul passato, perché oggi è stato detto di tutto e il contrario di tutto. Non riprenderò le argomentazioni utilizzate dal collega Marattin, perché penso non lascino spazio a grandi interpretazioni. La maggioranza vota un tendenziale che, di fatto, vi sta consegnando un Paese preso all'inizio della scorsa legislatura, e vorrei che questi numeri restassero impressi nella mente di tutti: i portoni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica la scorsa legislatura si sono aperti con il Paese a meno 2.8 e si sono chiusi con il Paese a più 1.5. Lo dico a tutti i colleghi che hanno parlato della complessa validazione del bilancio di previsione 2018-2020, lo ribadiamo qui, oggi, in quest'Aula: vi stiamo consegnando il Paese a più 1.5.

Ve lo consegniamo sperando che abbiate la stessa cura che è stata avuta in questi anni. La verità di oggi è che in questi impegni del DEF, di fatto, siamo d'accordo su due punti su tre, e cioè il disinnesco delle clausole di salvaguardia. Ve l'abbiamo proposto nella prima seduta della Commissione speciale; ci siamo sentiti dire per 40 giorni che non era una priorità. Così come vi abbiamo proposto il secondo punto degli impegni, e cioè di mantenere la stessa formula che i Governi precedenti avevano utilizzato con Bruxelles, e cioè la possibilità di utilizzare gli spazi di flessibilità. Presidente, questi aspetti sono fondamentali per evitare che la cortina fumogena cancelli tutto.

Ho sentito il Ministro Tria raccontare all'Aula che è necessario continuare il percorso di consolidamento dei conti pubblici. Rispetto a questo punto non possiamo non sottolineare il lavoro straordinario fatto dal Ministro Padoan in questi anni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Se il Paese è in queste condizioni è perché per cinque anni, come le formichine - e vi consiglio di non interpretare la vita come le cicale, perché questo sì potrebbe essere un problema molto serio, collega Borghi - sono stati messi da parte, giorno dopo giorno, i viveri per i tempi più complessi. Se siamo qui a parlarne con il Paese stabile sul piano finanziario è perché il debito è stato sempre sotto controllo, ed è stato sotto controllo per un mix di politiche pubbliche e di politiche economiche coerenti. A chi nella maggioranza ha rivendicato la necessità di dare una risposta a questo mix che facciamo fatica a capire come potrà rivelarsi, il mix di più investimenti pubblici, meno riduzione della pressione fiscale, più sostegno ai redditi bassi, o ci dite come si fa o state prendendo in giro prima il Parlamento e poi il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). O ci spiegate come si fa, e lo dite qua, o continuate a raccontare al Paese cose irrealizzabili. Potevate farlo: avete deciso di non farlo. Avremmo aspettato un'altra settimana per leggere il quadro programmatico del Governo Conte; avete deciso che non era ancora il tempo e abbiamo scoperto oggi che il tempo sarà a settembre.

Il Ministro Tria ci ha ricordato, molto opportunamente, gli impegni in Europa. Signor Presidente, gli ultimi atti della legislatura che abbiamo alle spalle sono stati il “no” al recepimento del fiscal compact e il “sì” ad una serie di proposte della Commissione a certe condizioni.

Tra queste, lo ha ricordato il collega Marattin, c'è il Fondo monetario europeo. Mi auguro che la maggioranza, dopo aver detto che in Europa non funziona nulla e che vorranno cambiare tutto, si ricordi di partecipare ai tavoli del negoziato sul Fondo monetario europeo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché, se non dovesse andarci, se dovessimo dire, attraverso le posizioni del cosiddetto contratto di programma, che non ci piace nulla, occhio perché decideranno gli altri per noi, occhio che decideranno i tedeschi per noi.

E sarà complicato, poi, far sì che quel Fondo monetario europeo, che inevitabilmente è il punto d'approdo nella stagione successiva al quantitative easing, possa essere utile per un Paese come l'Italia. Dipende da cosa si scrive oggi, ma, per far sì che si scrivano cose coerenti, l'Italia deve essere su quel tavolo e deve esserci in maniera autorevole.

Concludo, Presidente, facendo riferimento alle sfide che abbiamo di fronte. Noi abbiamo di fronte sfide straordinarie. Il Ministro Tria ha richiamato la complessità della condizione in cui siamo, parlando della diminuzione di ore lavorate e di un PIL che ha una congiuntura davanti complessa, che dovrà inevitabilmente essere condizionato alle politiche pubbliche.

Bene, noi auspichiamo che qualcuno di voi, ad un certo punto, si confronti davvero con la realtà e spieghi al Vicepresidente Salvini che le politiche di Trump, quelle sui dazi, che a lui tanto piacciono, sono le stesse che ha criticato oggi il Ministro Tria molto opportunamente. Noi siamo d'accordo con Tria. Quando Tria ci ricorda che le politiche protezionistiche hanno fatto sì che la congiuntura diventasse sfavorevole, dice una cosa sulla quale siamo d'accordo. Peccato che è uno degli assi su cui è nato l'accordo di programma, uno dei punti fermi del programma economico della Lega Nord. E rispetto a questo, ad un certo punto, il nostro Paese in Parlamento dovrà fare i conti con le politiche protezionistiche di Trump. Su questo io mi aspetto la verità, una voce di verità anche dentro i partiti che compongono la maggioranza.

Concludo, signor Presidente, ricordando semplicemente che questa rivoluzione capitalistica moderna che viviamo, la cosiddetta rivoluzione digitale, per la prima volta ci porta di fronte ad un tema al quale non eravamo abituati: può crescere il PIL con grandi difficoltà, ma può anche non esserci un correlato gettito fiscale. Ci vuole coraggio, signor Presidente. Ci vuole coraggio che queste forze politiche non hanno dimostrato di avere nel cosiddetto contratto di programma.

Su fintech, logistica, commercio, privacy, sicurezza, vorremmo parole chiare, parole chiare di forze politiche, che non possono dipendere né da forze esterne né da lobby esterne. Vogliamo parole chiare su come questo Governo interpreta la rivoluzione moderna e il capitalismo al tempo del digitale, con alle spalle gruppi che di chiaro non hanno nulla (Applausidei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Claudio Borghi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO BORGHI (LEGA). Onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, rappresentanti del Governo - e quanto mi fa piacere vedere questi rappresentanti del Governo seduti in quei banchi (Applausidei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier) - stiamo discutendo del documento di programmazione futura, ma, come abbiamo visto, il documento di programmazione futura sarà racchiuso nel nostro programma.

Soffermiamoci un secondo sul punto di partenza, quello che il collega Boccia ha appena definito come il regalo: vi consegniamo il Paese che cresce all'1,5 per cento, abbiamo fatto le formichine, il debito è contenuto. Ma è così? Guardiamo, vediamo che cosa significano questi numeri, perché le previsioni per l'economia dipendono in genere da due fattori: dipendono dalle politiche economiche attuate e dalla congiuntura.

È evidente che, se si incappa in situazioni disastrose, per quello che riguarda l'economia internazionale, uno può avere fatto delle previsioni ottimistiche, ma tutto deve essere riconsiderato. Se, invece, ci sono delle condizioni favorevoli, a quel punto, anche se si è incapaci, si viene tirati dal vento. Vediamo che cosa è successo e per vedere cosa è successo basta fare una cosa. Andiamo a prendere il DEF del 2015. Vediamo nel DEF del 2015 che cosa era stato scritto come previsione dal Governo che ci ha preceduto. Vediamolo!

Il DEF del 2015 prevedeva, come rapporto debito-PIL, per l'anno appena chiuso, 127,4; e un deficit, per il 2016 e per il 2017, di 0,8 e 1,8. Come è andato il vento dell'economia internazionale? Saranno stati frenati da qualche crisi, da qualche problema? No! Ci sono stati quattro rialzi consecutivi delle stime per l'economia dell'Unione europea (rialzate le stime al febbraio 2016; rialzate le stime a novembre 2016; rialzate le stime al febbraio 2017; rialzate le stime a novembre 2017)! Saranno andati molto meglio i numeri, grazie all'enorme perizia del Governo precedente! Oltretutto il Governo precedente diceva che questi numeri erano prudenziali. Diceva che questo 127,4 era frutto di stime molto cautelative. Quindi, stime cautelative, miglioramenti durante tutto il periodo del DEF, e cos'è risultato? Beh, il debito PIL è 131,8, invece di 127,4. Questi sono i numeri, non sono le chiacchiere (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier)! È una differenza - in rapporto al PIL, non in valore assoluto - di 4,4 punti. In pratica, stiamo parlando di 70 miliardi di differenza.

Quindi, questo bellissimo documento, che nel 2015, probabilmente in una discussione come questa, era stato presentato dal Ministro Padoan, con tutta la pompa che l'occasione meritava, simpaticamente indicava dei numeri che non esistevano, indicava dei numeri falsi. Questa è l'eredità.

E poi ci sarebbe da dire anche sul fatto che cresciamo dell'1,5 per cento. Benissimo: prendo i dati del Fondo monetario internazionale! Il Fondo monetario internazionale fa semplicemente un elenco di come stanno andando tutte le economie in giro per il mondo. Bene, saremo noi primi. Ma no, primi no, c'è sempre qualcuno che è un po' meglio: saremo terzi o quarti, se il Partito Democratico ha governato così bene; saremo a centro classifica, perché siamo un po' penalizzati, abbiamo dei problemi. No, signori! Siamo ultimi! Ultimi!

Ve li leggo. Economie avanzate, media 2,3. Stati Uniti 2,3; euro area 2,3; Germania 2,5; Francia 1,5; Spagna 3,1; Giappone 1,7; Inghilterra 1,4; Canada 3, altre economie avanzate 2,7. Lasciamo perdere il resto del mondo, perché tutte le altre economie di mercato hanno come media una crescita del 4,8. Bene, ci avete lasciato un'Italia ultima al mondo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle)! Ultima (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle)!

Questa è la vostra eredità! Ci avete lasciato un'Italia dove il risparmio non è più sicuro. Ci avete lasciato un'Italia dove le banche, per la prima volta, hanno azzerato i risparmi degli obbligazionisti. Questo è quello che ci avete lasciato (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Colleghi, colleghi!

CLAUDIO BORGHI (LEGA). Io richiamo quanto c'è nella nostra risoluzione ed è la centralità del programma. Significa che noi, insieme con gli amici del MoVimento 5 Stelle, abbiamo faticato per trovare una sintesi di programmi diversi, che possano portare finalmente sul percorso della crescita, che è quello che ci manca, perché senza crescita il debito non è sostenibile, con la crescita il debito non conta nulla (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

Ed è per questo che io ho molto apprezzato, nell'intervento del Ministro, il suo richiamo all'investimento pubblico, perché un Paese che non investe è un Paese che non cresce. Un Paese che continua a tagliare è un Paese che si ripiega su se stesso.

Un Paese dove una scuola diventa pericolante perché bisogna rispettare chi sa quale parametro chissà dove, è un Paese che non ha capito nulla del proprio futuro! Un Paese dove le infrastrutture vengono messe per ultime perché non ci sono soldi, perché non si può investire, questo è un Paese che non va da nessuna parte! Il nostro Paese deve ripartire da lì, deve ripartire dall'investimento, deve ripartire dalla crescita, e bisogna riconsiderare - opportunamente l'ha fatto il Ministro nella sua replica - l'effetto dei moltiplicatori. In questo momento l'Italia è in una situazione in cui siamo molto lontani da una fase di crescita e in cui i tassi sono ancora a zero: bene, tutta la letteratura scientifica ci indica che questi sono i casi in cui i moltiplicatori sono più alti, per cui un investimento genera un ritorno superiore a quello che viene messo. È questa la maniera di far diminuire il rapporto debito-PIL.

Vorrei oltretutto ricordare perché la centralità del programma è importante: perché il DEF ai cittadini non interessa. Se voi prendete un cittadino che in questo momento è disoccupato, un cittadino che è incerto per il proprio futuro, un “azzerato”, uno che aveva i risparmi che gli sono stati cancellati da decreti governativi, a loro delle tabelle del DEF poco importa. Il nostro DEF sarà il DEF della vita dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Le differenze si vedranno lì, non su una tabella!

Forse sarà il caso di approfittare di questo momento anche per smitizzare una cosa che ho sentito in tanti interventi: tagliamo la spesa e tagliamo le tasse. Beh, tagliare la spesa e tagliare le tasse è una bellissima cosa, ma tante volte porta a somma zero. È come dire: apriamo il rubinetto e apriamo lo scarico, non sempre il livello della vasca dopo sale.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO (ore 14)

CLAUDIO BORGHI (LEGA). Gli investimenti devono essere ad alto moltiplicatore e la pressione fiscale deve scendere: solo con queste due leve noi riusciremo ad avviarci verso il meccanismo della crescita (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

Quindi, nel programma di Governo ci sono tutte le risposte, c'è quello che si deve fare, e la nostra risoluzione richiama il programma di Governo per un motivo molto semplice, perché il programma di Governo è stato deciso dai cittadini, perché ricordiamo che è una sintesi di programmi che sono stati presentati e votati, non è stato inventato dopo. Il programma di Governo - e ve lo dico io che c'ero, quando è stato messo assieme (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) - era ed è stato congegnato come sintesi di programmi votati dai cittadini. Questa è democrazia. La democrazia…

PRESIDENTE. Deputato, deve concludere.

CLAUDIO BORGHI (LEGA). La democrazia deve essere superiore rispetto al vincolo...

PRESIDENTE. Concluda, perché è finito il tempo.

CLAUDIO BORGHI (LEGA). Il richiamo a riformulare…

PRESIDENTE. Lasciamo concludere il deputato. Per favore, un po' di silenzio.

CLAUDIO BORGHI (LEGA). Il richiamo a riformulare la nostra posizione alla luce del programma è fondamentale, perché, ricordatevi una cosa, prima viene la democrazia, poi vengono tutti quelli che stanno all'esterno e che fino ad adesso ci hanno sempre fatto fare il contrario di quello che doveva essere fatto (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Faro. Ne ha facoltà.

MARIALUISA FARO (M5S). Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il Documento di economia e finanza che abbiamo preso in esame si è limitato a fotografare il nuovo quadro macroeconomico, che certifica per il 2018 una crescita reale del PIL pari all'1,5 per cento, mentre evidenzia un rallentamento negli anni a venire.

Il Governo si occuperà di costruire il quadro programmatico in coerenza con le linee di indirizzo individuate dal Presidente del Consiglio nel discorso di insediamento davanti alle Camere. Dalla relazione del nostro relatore, Federico D'Incà, si evince l'intento di fornire una solida base previsionale per la Nota di aggiornamento di settembre, superando pratiche del passato che sovrastimavano la crescita per poi ridimensionarla subito dopo l'estate. Il collega ha evidenziato alcuni rischi per la crescita futura, tra questi lo stop al quantitativeeasing, prospettato per la fine dell'anno, che potrebbe produrre un aumento dei tassi di interesse e quindi del costo del nostro debito pubblico. In ogni caso, il MoVimento 5 Stelle è pronto a reagire alla fine delle manovre monetarie espansive di Mario Draghi, perché un'economia non può vivere di solo credito e stimoli monetari, ma piuttosto ha bisogno di uno Stato innovatore, di investimenti pubblici e privati coordinati tra loro, di innovazione e ricerca, valorizzazione e sviluppo del capitale umano, di politiche industriali a supporto di uno sviluppo coerente, sostenibile e di qualità. Lo faremo prima di tutto attraverso una banca di investimenti che finanzia a tassi agevolati le piccole e medie imprese e indirizzi lo sviluppo economico. Mi preme sottolineare, tuttavia, che il DEF non tiene conto di variabili influenti come un eventuale rialzo del cambio euro-dollaro, che potrebbe danneggiare le esportazioni europee, o la questione relativa al prezzo del petrolio, che dipende dall'evoluzione di un quadro geopolitico ad oggi molto imprevedibile.

Veniamo ora ad un tema su cui il relatore D'Incà ha giustamente concentrato l'attenzione. Si tratta dell'occupazione, che è segnalata in leggera crescita, anche nei primi mesi del 2018, ma i dati raccontano di un aumento di contratti a termine, di una precarizzazione del mercato del lavoro che dobbiamo assolutamente combattere, una piaga per un'intera generazione. Occorre voltare pagina, sostenere la strategia del Governo e realizzare misure che limitino i danni arrecati dal JobsAct ai giovani italiani. Faremo una guerra al precariato, metteremo fine ai licenziamenti selvaggi, avallati dai Governi passati. La linea del Governo è chiara: daremo stabilità a chi vuole crearsi una famiglia e un futuro migliore qui in Italia (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-SalviniPremier).

In questo senso, deve far riflettere il quadro relativo ai cosiddetti NEET, giovani che, tra i diciotto e i ventiquattro anni, non studiano, non si formano e non lavorano. Purtroppo, i dati certificano che abbiamo il primato negativo europeo. Deve far riflettere ugualmente il dato riguardante l'emigrazione: gli italiani che sono andati all'estero per cercare un futuro che qui nessuno gli ha garantito sono poco meno di 300.000 all'anno; le partenze hanno raggiunto livelli post-bellici. Peraltro il 30 per cento degli emigrati sono laureati. Quindi, qui formiamo i nostri ragazzi e permettiamo ad altri Paesi di sfruttarne il loro potenziale. Ciò non deve più accadere (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-SalviniPremier)! Per quanto riguarda la questione fiscale, condividiamo con il relatore l'urgente obiettivo di disinnescare le clausole di salvaguardia fissate dai precedenti Governi, le quali porterebbero l'aliquota IVA ordinaria dal 22 per cento attuale al 25 e quella agevolata dal 10 al 12 per cento nel 2021. Bloccare gli aumenti IVA è la priorità assoluta del nuovo quadro programmatico, perché un aumento dell'IVA - che ricordo essere la più regressiva delle imposte - creerebbe disagi alla domanda interna, mettendo maggiormente in crisi le fasce di reddito medio-basse.

Sul lato dei servizi pubblici mi sembra decisivo il tema sanità: la continua discesa della spesa sanitaria rispetto al PIL rischia di pregiudicare sempre più il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, considerando anche l'invecchiamento generale della popolazione italiana.

Milioni di italiani rinunciano ogni anno alle cure. Sta al nuovo Governo implementare il Fondo sanitario nazionale e rilanciare gli investimenti in un settore penalizzato dai tagli lineari dei precedenti Governi.

Passando alla III Sezione del DEF, il Programma nazionale di riforma, mi interessa, soprattutto, riflettere su alcuni temi: la riduzione dei crediti deteriorati nel sistema bancario; da una parte, si registra il loro graduale smaltimento, dall'altra, però, va detto che se si accelerasse troppo questo processo si metterebbero in difficoltà sia i debitori che i bilanci bancari stessi, con rischi connessi per la crescita economica. Il sostegno alle imprese è sempre stata una priorità del MoVimento 5 Stelle; le misure contenute nel DEF sono in larga parte proroghe e revisioni di interventi varati con il Piano Industria 4.0. Non bastano! Alle imprese italiane serve una riduzione urgente del carico fiscale e una drastica semplificazione dei rapporti col fisco. La parola d'ordine è semplificazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Torniamo ancora sul tema lavoro. Il DEF ricorda gli incentivi per l'occupazione approvati negli ultimi anni; incentivi che, però, dopo un iniziale e rapido aumento dei contratti a tutele crescenti, si sono esauriti, lasciando il posto alla crescita quasi esclusiva dei contratti a termine. Sulle politiche sociali e sulle misure di sostegno al reddito, il Documento richiama il reddito di inclusione, il Rei; lo abbiamo sempre detto, il Rei non è minimamente sufficiente, data l'esplosione della povertà assoluta e relativa negli ultimi anni di crisi. La nostra battaglia storica riguarda un sostegno al reddito ben più corposo e condizionato al reinserimento lavorativo, tramite un preventivo rafforzamento dei centri per l'impiego; in poche parole, Presidente, il reddito di cittadinanza.

In conclusione, rispetto a un DEF che si limita al quadro tendenziale, essendo stato preparato dal precedente Esecutivo, e per dotare il Paese, al più presto possibile, di un quadro programmatico in linea con il Governo del cambiamento, è sotto gli occhi di tutti la preparazione e l'autorevolezza con cui il nostro Presidente, Giuseppe Conte, ha affrontato i primi vertici internazionali. L'Italia, finalmente, potrà indirizzare l'agenda internazionale su temi che per anni sono stati irresponsabilmente e colpevolmente dimenticati, relegando il nostro Paese a un mero esecutore di decisioni altrui. L'Italia è tra i Paesi fondatori dell'Unione europea, l'Italia è un grande Paese. Noi abbiamo non solo il diritto, ma anche il dovere di guidare l'Europa fuori dalle oppressioni delle politiche d'austerità e dentro un nuovo processo di politiche espansive, di economia circolare, di rilancio delle nostre imprese e ciò si dovrà fare, impostando, anche in Europa, un confronto nuovo sul tema della flessibilità di bilancio, superando la logica del fiscal compact, per garantire maggiori spazi di manovra, soprattutto per le spese produttive (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). I primi passi del Governo Conte dimostrano che siamo e saremo protagonisti, che in una prospettiva razionale di compromesso imporremo la nostra linea, perché siamo convinti che sarà il bene dell'Italia insieme alla Comunità europea. Per questo motivo è con grande orgoglio e convinzione che annuncio il voto favorevole alla risoluzione di maggioranza da parte del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Signor Presidente Fico, signori del Governo, signori colleghi, ho pochissimo tempo a disposizione; ricordo che ho firmato, con molto, anzi, moltissimo entusiasmo, il referendum promosso dagli amici della Lega per cancellare la riforma Fornero (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier), ma sono preoccupato, perché nel programma del Governo c'è un breve accenno - in questo DEF non c'è nulla - al fatto che, rebus sic stantibus, così stando le cose, le donne continuano a restare lontane dalla pensione fino a 67 anni di età, mentre la Fornero riportava, se fosse stata abrogata, i sessant'anni.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

CARLO FATUZZO (FI). Gli uomini che dovevano ritornare a 65 anni di età vanno a 67 anni, le persone che riscuotono l'assegno sociale…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione - Doc. LVII, n. 1)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione D'Uva e Molinari n. 6-00002 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.

Ricordo che, in caso di approvazione di tale risoluzione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento, risulteranno precluse le altre risoluzioni presentate.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 1) (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier).

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 14 giugno 2018, il deputato Riccardo Molinari ha reso noto che l'assemblea del gruppo parlamentare Lega-Salvini Premier ha proceduto, in pari data, alla sua elezione a presidente del gruppo ed ha eletto vicepresidente vicario il deputato Fabrizio Cecchetti, in sostituzione, rispettivamente, dei deputati Giancarlo Giorgetti e Nicola Molteni, chiamati a ricoprire incarichi governativi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

In morte dell'onorevole Benedetto Cottone.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Benedetto Cottone, già membro della Camera dei deputati nella II, IV, V e VI legislatura. La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari l'espressione della più sentita partecipazione al loro dolore che desidera, ora, rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Interventi di fine seduta (ore 14,20).

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare il deputato Panizzut. Ne ha facoltà. Intanto, chiedo un po' di silenzio mentre uscite, per favore.

MASSIMILIANO PANIZZUT (LEGA). Grazie, signor Presidente, colleghi e colleghe, l'argomento che volevo trattare: le foibe e l'esodo da Istria e Dalmazia, un popolo abbandonato, tradito dimenticato, per troppi anni. Per farlo, inizio con il dato di legge: il giorno del ricordo è una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno, istituita con legge 30 marzo 2004, n. 92. Vuole conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe. Con sconcerto, apprendiamo che a Genova l'associazione Osservatorio antifascista permanente intende organizzare una serata dal titolo: «Foibe, la grande menzogna» e con sottotitolo ad effetto: «La bugia è come una palla di neve: più rotola, più si ingrossa». È un'iniziativa impresentabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

Come immaginerete, a noi residenti in Friuli Venezia Giulia questo tema è particolarmente caro. Personalmente, anche lo stesso mio nonno materno ha rischiato di finire in foiba, e riuscì a scappare in quanto la nave che trasportava i prigionieri è saltata su una mina. Ovviamente, dopo lui si è fatto due anni e mezzo di campo di concentramento dei partigiani comunisti jugoslavi, luoghi che per certi aspetti non avevano nulla di meno rispetto ad altri campi di concentramento dell'epoca (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier). Il tutto ovviamente perché era accusato di insegnare l'italiano, lui era maestro elementare. Addirittura, alcuni siti web di sinistra definiscono il suo diario di prigionia una mia invenzione letteraria. Allora, mi farebbe piacere essere un gran scrittore, però davvero basta, basta. Basta infangare la memoria di decine di migliaia di italiani massacrati dai partigiani comunisti jugoslavi. È inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

Queste associazioni, quando si comportano così, devono avere il totale dissenso di ogni amministrazione, a qualsiasi livello. Nessuno deve concedere spazi pubblici a queste associazioni di mistificatori della verità. Massimo onore alla memoria di chi veniva prelevato di notte da casa, legato ai polsi col filo di ferro ad altri prigionieri, messo ai bordi di una foiba e trascinato giù dal peso del corpo dei primi della fila, che venivano uccisi con un colpo in testa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier). Tutti questi episodi devono avere il massimo ricordo e rispetto, proprio per evitare che fatti simili si ripetano. Perciò chiedo a chi organizza tematiche contro vicende storiche che la legge italiana, quindi, non noi, la legge italiana, riconosce essere vere, che tali tematiche vengano trattate e segnalate come fuorilegge. Se il negazionismo sull'Olocausto in certi Paesi è punito a norma di legge, lo sia anche in Italia, e anche quello sulle foibe e sull'esodo. Mio nonno diceva sempre: perdonare, ma non dimenticare (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mulè. Ne ha facoltà.

GIORGIO MULE' (FI). Signor Presidente, in un mondo che innalza muri, che spesso ha paura dell'integrazione, voglio ricordare, nella solennità di quest'Aula, un grande italiano che ha speso una vita per unire popoli, cercare concordia e costruire pace. È scomparso Giovanni Tumbiolo presidente del distretto della pesca e crescita blu di Mazara del Vallo. È stato giustamente sottolineato come Tumbiolo sia stato un uomo simbolo della rinascita della pesca in Sicilia, stimato da tutti, in particolare dalle alte cariche dello Stato, dai principali rappresentanti delle attività agro-ittico-alimentari del Mediterraneo e dell'Africa subsahariana. Ci ha lasciato ad appena sessant'anni, ha dedicato la sua vita a tessere relazioni internazionali. A lui si riconoscevano le doti della mediazione e, infatti, fu più volte chiamato a ricomporre situazioni di crisi in Tunisia, Libia, Malta, Libano, Egitto. Ci lascia un compito impegnativo, che fu la sua grande intuizione: l'ideazione e la promozione di Blu Sea Land, expo dei cluster del Mediterraneo, Africa e Medioriente, che ha ricevuto numerosi e importanti riconoscimenti; su tutti, la medaglia della Presidenza della Repubblica italiana, anche e soprattutto per la capacità di favorire il dialogo interreligioso tra culture profondamente diverse. Tumbiolo era un ambasciatore senza feluca, era però un uomo che basava la sua credibilità, l'autorevolezza sulla sua capacità di essere un uomo d'onore nella migliore accezione del termine. Giovanni Tumbiolo era un disinteressato uomo di pace e di dialogo; vogliamo ricordarlo così, mentre rivolgiamo commossi il nostro pensiero alla moglie Daniela Grimaudo, ai figlio Marco e Vittoria, facendo tesoro del suo insegnamento e della sua vita (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Il Partito Pensionati, di cui sono segretario nazionale, è vicino all'agente di polizia che non è stato considerato dalla Corte di cassazione oltraggiato come pubblico ufficiale nel momento in cui, trovandosi in un locale pubblico, ha visto un ubriaco che stava prendendo l'automobile e, partendo, gli ha consigliato di fermarsi ed ha ricevuto come risposta l'epiteto «sbirro di m…», immaginate tutti cosa voglia dire. Tutta la mia solidarietà e sicuramente di tutta l'Aula verso non solo gli agenti di polizia, ma di tutte le Forze dell'ordine che, quando sono fuori servizio, svolgono egualmente il loro meritevole lavoro per la nostra sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bond. Ne ha facoltà.

DARIO BOND (FI). Signor Presidente, volevo oggi ricordare una persona semplice, un lavoratore che una settimana fa si è tolto la vita in Friuli in una rotativa, in una fabbrica che produce giornali, quando gli hanno comunicato che il suo posto di lavoro se ne stava andando. È un segno molto forte di disagio di tutto il comparto dell'editoria. Un gruppo importante, il gruppo Finegil ha fatto anche sciopero nelle giornate successive, ma altri gruppi solo molto preoccupati rispetto ai tagli che si stanno prospettando. Il Gazzettino di Venezia prospetta un taglio fortissimo per quanto riguarda i collaboratori precari, molte televisioni private e molte radio hanno decurtato o tagliato a metà, o anche addirittura ridotto del 70 per cento, gli emolumenti, i pagamenti degli articoli, i servizi che i giornalisti precari tutti i giorni fanno. Allora, la richiesta che faccio a lei, che so che è sensibile a questi argomenti, è quella di cercare, nei prossimi periodi, nei prossimi anni, anche nel prossimo futuro, di occuparsi di un problema importante, che è la precarietà di tutto il mondo dell'editoria e di tutti i giornalisti, più o meno giovani, che vengono pagati pochissimo, che sono pagati sempre meno e che purtroppo non trovano più nessun tipo di collocazione, perché i giornali continuano a tagliare. La richiesta che le faccio, ma è l'impegno che farò anche io, è di cercare, in qualche maniera, di incidere sulla legge del contributo sull'editoria di tutti i gruppi editoriali, perché una parte di questi precari possano essere aiutati, possano essere, in qualche maniera, stabilizzati.

Noi parliamo di tutto, però ci dimentichiamo di una parte della democrazia, che è quella di tutti i giorni che viene descritta in termini di giornalismo, di giornalismo di tutti i tipi, dalle radio alle televisioni, ai giornali e che sempre di più viene messa in un angolo. Sempre di più queste persone se ne vanno, sempre di più queste persone non possono lavorare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Paxia. Ne ha facoltà.

MARIA LAURA PAXIA (M5S). Grazie, Presidente. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, durante la giornata di ieri, nell'ambito di un'inchiesta condotta dalla Procura di Enna, la polizia ha condotto un'operazione denominata Letal Weapon contro un traffico di armi on line acquistate all'estero. Gli investigatori di 48 squadre mobili, coordinati dal Servizio centrale operativo, hanno effettuato decine di perquisizioni in diverse località della Penisola, indagando settantotto persone con l'accusa di acquisto di armi, per corrispondenza e detenzione illegale di armi comuni da sparo e armi clandestine. Secondo quanto ricostruito dalle Forze dell'ordine, gli indagati, tra il 2016 e il 2017, avrebbero acquistato on line armi da fuoco ad aria compressa con potenza superiore ai limiti consentiti dalla legge italiana. Gli acquisti venivano effettuati tramite un sito polacco. La collaborazione tra magistratura polacca e italiana ha portato complessivamente a settantotto perquisizioni, all'identificazione di oltre novanta soggetti, con settantotto denunce e al sequestro di novantadue armi di svariati modelli di fabbricazione straniera.

Quello a cui abbiamo assistito è solo la punta dell'iceberg di un più grande traffico illegale che si svolge sul web. Infatti, in tutta Europa – e non solo – assistiamo alla vendita di farmaci, giocattoli, ricambi auto, software – e altro di più svariato e illegale – tramite piattaforme social e Internet, che nuocciono alla salute dei cittadini, oltre che al libero commercio e al principio di legalità. Quanto accaduto deve far certamente riflettere, infatti ci troviamo di fronte ad una situazione in cui il traffico illecito on line è fuori controllo e serve una seria regolamentazione, che possa andare a scoraggiare e reprimere definitivamente tale condotta.

Infine, onorevole Presidente, volevo ringraziare tutte le Forze armate che, di concerto con la magistratura, tutelano i nostri interessi quotidianamente, nonostante i pochi strumenti messi a loro disposizione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Nesci. Ne ha facoltà.

DALILA NESCI (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo per portare alla sua attenzione, all'Aula tutta e, quindi, anche al Governo, la vicenda che sta interessando interi territori della Calabria, ovvero di un violento nubifragio che ha interessato il vibonese, ma anche il catanzarese, il cosentino e il reggino. In particolare, nel vibonese ci sono intere comunità che sono assolutamente isolate, mi riferisco a Nicotera e a Joppolo. In Calabria, purtroppo, scontiamo un forte ritardo in merito ai cantieri di messa in sicurezza del territorio, in particolare nel vibonese, ma purtroppo è una condizione diffusa della Calabria, non c'è stata abbastanza prevenzione contro il dissesto idrogeologico.

Allora, auspico intanto che la regione velocemente faccia una conta dei danni per dichiarare lo stato di emergenza, perché ci sono ingenti danni alle coltivazioni, alle infrastrutture viarie, addirittura ci sono ferrovie isolate e strade interrotte, danni alle abitazioni e agli esercizi commerciali. Come sapete, quella è una zona - che tra l'altro è anche quella di riferimento in cui anche vivo - che vive di turismo e quando si parla di turismo si deve parlare davvero di servizi essenziali, che quando poi arrivano questi nubifragi sono assolutamente interrotti.

Allora, un appello anche al Governo affinché, di concerto con la regione, possa garantire alla Protezione civile tutta l'assistenza e i mezzi di cui ha bisogno e poi un appello a tutta l'Aula a non occuparsi di Calabria e di sud solo quando si viene in vacanza, ma ad occuparsene ogni giorno negli atti e nei provvedimenti, e questo sarà anche compito nostro.

Auspico, quindi, che tutti quanti noi parlamentari collaboreremo per approvare la legge sul consumo di suolo, che, come sappiamo, è direttamente collegata a queste vicende (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Galantino. Ne ha facoltà.

DAVIDE GALANTINO (M5S). Grazie, Presidente. Oggi vorrei chiedere a lei e a quest'Aula di esprimere solidarietà, non solo a parole, ma con azioni precise, ad un uomo coraggioso, che le istituzioni prima di noi hanno abbandonato: sto parlando dall'appuntato scelto Riccardo Casamassima, che ha denunciato i suoi colleghi perché sulla morte di Stefano Cucchi sapevano più di quello che avevano detto. Riccardo è uno dei militari che ha fatto riaprire l'inchiesta sulla morte del ragazzo. Casamassima si fidò delle istituzioni e ricorda che le più alte cariche dello Stato dissero «Chi sa, parli». «Io ho parlato», dice, «ma sono diventato carne da macello».

Ebbene sì, Riccardo riceve pressioni per il suo gesto e noi abbiamo il dovere di tutelare chi alza la testa con coraggio per difendere i più deboli. Dobbiamo proteggere lui e tutte le Forze dell'ordine che denunciano comportamenti del genere, come fatto, con la legge sul whistleblowing di Francesca Businarolo del MoVimento 5 Stelle, legge che tutela il dipendente che segnala illeciti.

Io conosco personalmente la gravità di questa situazione, nei miei vent'anni con indosso un'uniforme ho visto fare carriera a chi ha parlato poco o a chi non ha creato problemi. Sono indubbiamente parole forti, ma non sono venuto qui a Roma per fare una gita, sono venuto per cambiare questo Paese. Anch'io sono stato demansionato solo perché mi sono permesso di dire la mia, solo che poi sono stato eletto deputato, ma a tutti gli altri che cosa succede? In molti casi continuano a subire ritorsioni ed io voglio bene alle donne e agli uomini che indossano la divisa, voglio tutelarli dalle mele marce, voglio bene ai miei concittadini e voglio che provino stima per le Forze dell'ordine, che non si sentano minacciati, ma protetti. Per questo denunciare e proteggere chi lo fa è importante per tutti noi. Facciamo qualcosa per Riccardo Casamassima e per tutti i nostri rappresentanti in divisa dalla schiena dritta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Uva. Ne ha facoltà.

FRANCESCO D'UVA (M5S). Grazie, Presidente. Io faccio un intervento abbastanza breve, solo per stringermi attorno alla famiglia e alla città di Messina per la morte di Francesco Filippo e Ranieri, i due fratellini che sono morti nel rogo che c'è stato recentemente e che ha scosso tutta la cittadinanza messinese, e non solo. Queste sono tragedie veramente terribili, non ci sono parole per descriverle. A nome personale ma - sono certo - anche di tutto il gruppo parlamentare, esprimiamo cordoglio alla famiglia e alla cittadinanza tutta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 20 giugno 2018 - Ore 9,30:

(ore 9,30 e ore 16)

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 297 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 aprile 2018, n. 38, recante misure urgenti per assicurare il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali facenti capo ad Alitalia S.p.A (Approvato dal Senato). (C. 675)

Relatrice: SALTAMARTINI.

2. Dimissioni del deputato Guido Crosetto.

(ore 15)

3. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 14,35.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 il deputato Dall'Osso ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Doc. LVII, n. 1 - ris. 6-00002 576 572 4 287 330 242 13 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.