XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 414 di giovedì 23 aprile 2015

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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

La seduta comincia alle 9,05.

VALERIA VALENTE, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amendola, Amici, Bonafede, Michele Bordo, Bratti, Caparini, Costa, Di Lello, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fontanelli, Gitti, Lauricella, Manciulli, Pes, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Scalfarotto, Schullian, Speranza, Tabacci, Tofalo, Villecco Calipari e Vitelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente centoquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del Documento di economia e finanza 2015 (Doc. LVII, n. 3) (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Documento di economia e finanza 2015.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 14 aprile 2015.
Ricordo che ai sensi del comma 2 dell'articolo 118-bis, le risoluzioni riferite al Documento di economia e finanza devono essere presentate nel corso della discussione.

(Discussione – Doc. LVII, n. 3)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.

PAOLA DE MICHELI, Sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, buongiorno. Il Documento di economia e finanzia, il DEF, è il documento programmatico per eccellenza del Paese. Viene indirizzato al Parlamento, all'Europa e anche, ovviamente, parla ai singoli cittadini. Si compone di tre sezioni: il programma di stabilità, il programma nazionale di riforme e una parte di dettaglio sulla finanza pubblica. Dopo l'approvazione con risoluzione da parte del Parlamento, sarà inviato in Europa, come parte essenziale del cosiddetto semestre europeo, entro la scadenza del 30 aprile.
Nel corso degli ultimi mesi si è determinato un deciso miglioramento del contesto macroeconomico, caratterizzato dalla riduzione del prezzo del petrolio, dal deprezzamento Pag. 2del tasso di cambio dell'euro e dal graduale dispiegarsi degli effetti del quantitative easing sui tassi di interesse e sui mercati finanziari.
Il DEF prende atto del contesto più favorevole, che determinerà, nel corso dei prossimi anni, una ripresa più rapida e una maggiore crescita rispetto al previsto. Si prevede, quindi, una crescita del prodotto interno lordo di 0,7 punti percentuali nel 2015 e, per i due anni successivi, di 1,4 e di 1,5 per cento.
Le nuove condizioni costituiscono un terreno più favorevole per il dispiegarsi degli effetti delle riforme. Il DEF testimonia la volontà e la capacità del Governo di essere all'altezza della sfida e il suo impegno a proseguire con decisione nell'attuazione della strategia concepita a partire dal 2013, volta a ridare slancio all'economia italiana.
Le politiche di riforme strutturali e di bilancio agiranno congiuntamente, ponendo le condizioni per un aumento sostenibile e duraturo della crescita economica, grazie ad un aumento del prodotto potenziale. Le migliori e più stabili prospettive garantiranno anche un deciso recupero dell'occupazione nel prossimo triennio.
La politica di bilancio sarà volta, in primo luogo, a sostenere la ripresa, evitando qualsiasi aumento del prelievo fiscale e rilanciando gli investimenti pubblici. Al contempo, collocherà il rapporto tra il debito pubblico e il PIL su un sentiero discendente. Si rafforzeranno, comunque, le aspettative di un raggiunto consolidamento della finanza pubblica italiana e migliorerà ulteriormente l'atteggiamento degli investitori internazionali nei confronti dell'Italia. Un ritrovato clima di fiducia favorirà anche una più decisa ripresa della domanda interna.
Gli obiettivi di saldi di bilancio, assunti in occasione della Nota di aggiornamento al DEF e puntualizzati all'interno del draft budget plan, inviato alla Commissione europea, sono confermati. Pertanto, gli obiettivi di indebitamento netto sono pari al 2,6 per cento del PIL nel 2015, 1,8 per cento nel 2016, 0,8 per cento nel 2017 e un saldo nullo nel 2018.
Nel 2019 è atteso un surplus nominale pari allo 0,4 per cento del PIL. Allo stesso tempo, è confermato l'obiettivo di raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali nel 2017.
Per quanto riguarda il 2015, il saldo tendenziale dell'indebitamento netto si collocava al 2,5 per cento, evidenziando un miglioramento rispetto all'obiettivo scelto. La differenza, pari ad un decimo di punto di PIL, riguarda misure che avranno effetti temporanei sui saldi di bilancio, afferenti soltanto, quindi, al 2015, ma saranno, comunque, coerenti con il processo di riforme intrapreso. Nell'anno sarà, comunque, garantita una variazione positiva del saldo strutturale rispetto al 2014, pari a circa 0,2 punti di PIL percentuali, supportata nel biennio 2014-2015 da una riduzione media dell'aggregato di spesa, pari allo 0,6 per cento in termini reali.
Per il 2016, il Governo intende avvalersi della flessibilità prevista dalla legislazione nazionale (articolo 3, comma 4, della legge n. 243 del 2012) e dai regolamenti europei (articolo 5, del regolamento n. 1466 del 1997), a favore dei Paesi che stanno attuando ambiziosi interventi strutturali. Pertanto, l'obiettivo programmatico del deficit nominale è fissato ad un livello superiore rispetto alla stima tendenziale per circa 0,4 punti percentuali di PIL.
Al contempo, il Governo si impegna a disattivare l'entrata in vigore della clausola di salvaguardia posta a garanzia dei saldi di finanza pubblica dalla legge di stabilità 2015 per circa lo 0,8 per cento del PIL, sia di quella prevista dalla legge di stabilità del 2014, che era nell'ordine di 0,2 per cento del PIL.
Il percorso di avvicinamento all'obiettivo del pareggio di bilancio strutturale proseguirà con ulteriori interventi di revisione della spesa pubblica e altri risparmi, per complessivi 0,6 punti percentuali di PIL.
Il rapporto tra il debito e il PIL crescerà nel 2015 da 132,1 per cento a 132,5 per cento, per poi scendere significativamente Pag. 3nel biennio successivo a 130,9 per cento e 127,4 per cento, anche grazie al contributo delle privatizzazioni, pari a circa 1,3 per cento di PIL, tra il 2016 e il 2018. Questo consentirà di rispettare la regola del debito prevista dalla normativa europea e anche nazionale.
Nell'ambito della strategia complessiva disegnata nel DEF, il Governo sta realizzando un ampio programma di riforme strutturali, che attiveranno interazioni favorevoli con la politica di bilancio. Le riforme opereranno lungo alcune direttrici fondamentali. La prima: l'innalzamento della produttività del sistema, mediante la valorizzazione del capitale umano. Rientrano in quest'ambito la riforma del mercato del lavoro e la sua attuazione, il provvedimento della «Buona scuola» e il Programma nazionale per la ricerca.
In secondo luogo: la diminuzione dei costi per le imprese connessi agli adempimenti burocratici, all'attività della pubblica amministrazione. Si intende procedere in tale direzione, favorendo la semplificazione e la maggiore trasparenza delle burocrazie. Saranno, quindi, determinanti la riforma della pubblica amministrazione, gli interventi anticorruzione e l'attuazione della riforma fiscale.
In terzo luogo, la riduzione dei margini di incertezza relativi all'assetto giuridico. Si agirà sia dal punto di vista della disciplina generale sia dal punto di vista degli strumenti che ne assicurano l'efficacia. Aspetti pregnanti saranno la nuova disciplina dei rapporti di lavoro e la riforma della giustizia civile.
Gli effetti del programma di riforme risultano potenziati dagli interventi istituzionali, volti a riformare la legge elettorale, differenziare le funzioni tra Camera e Senato, accelerare il processo decisionale di approvazione delle leggi. L'impatto delle riforme strutturali messe in campo dal Governo sconta un profilo prudenziale, assumendo un effetto crescente nel tempo. A regime, gli effetti cumulati sono in linea con le previsioni formulate dalle principali organizzazioni internazionali e comportano un sostanziale incremento del prodotto interno lordo, superiore a 3 punti percentuali di PIL e un sensibile miglioramento dei saldi strutturali di finanza pubblica.
Ovviamente, Presidente, mi riservo, poi, un ulteriore intervento a seguito del dibattito.

PRESIDENTE. Grazie, sottosegretaria Paola De Micheli.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Paolo Tancredi.

PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza. Grazie, signora Presidente. Mi soffermerò più su alcuni aspetti di carattere e indirizzo generali, lasciando, a chi lo vorrà, l'approfondimento dei dettagli e dei dati alla relazione scritta allegata al fascicolo della seduta odierna.
Il Documento di economia e finanza, comunque, costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio e traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche e gli indirizzi sul versante delle diverse politiche pubbliche adottate dall'Italia per il rispetto del Patto di stabilità e crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020.
Tre sezioni compongono il Documento: il Programma di stabilità, che contiene gli elementi e le informazioni richieste dai regolamenti dell'Unione europea; l'analisi e le tendenze della finanza pubblica, che indicano le regole generali dell'evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche; infine, nella terza sezione, viene riportato il Programma nazionale di riforme, che definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali delineati dalla Strategia Europa 2020.
Il DEF, innanzitutto, nel Programma di stabilità, espone l'analisi del quadro macroeconomico italiano relativo all'anno 2014 e le previsioni per l'anno in corso e per il periodo 2016-2019. Esse riflettono i primi segnali di graduale ripresa dell'economia, nonostante gli elementi di incertezza Pag. 4che ancora caratterizzano le prospettive di crescita globale.
Ripeto, non mi soffermo sui dati dell'evoluzione della dinamica dei principali indicatori, quali il PIL, che viene dato già in aumento nel 2015 e in progressione negli anni successivi, così come gli altri indicatori importanti, anche ai fini della convergenza della politica economica e finanziaria all'interno dell'Unione europea, quali l'indebitamento netto, perché essi sono contenuti nella relazione scritta.
Ci tengo, invece, a mettere in evidenza come il quadro previsionale e di contesto contenuto all'interno del DEF ad opera del Ministero dell'economia e delle finanze sia perfettamente inserito all'interno del quadro previsionale delle principali istituzioni indipendenti che analizzano i numeri di finanza pubblica e i valori dell'economia nel Paese.
In particolare, l'Ufficio parlamentare di bilancio ha fatto uno studio sul quadro previsionale e sulla collocazione all'interno di esso delle previsioni all'interno del DEF ed esse sono stimate come prudenziali. Esiste, Presidente, nella dinamica della formazione della dinamica del PIL un'interpretazione e una spinta del Documento di economia e finanza sulle componenti interne della formazione del prodotto interno lordo.
È questa, forse, la previsione più forzata o più ottimistica all'interno del quadro previsionale, ma anch'essa è stata validata dall'Ufficio parlamentare di bilancio e costituisce uno dei principali assi portanti della struttura su cui si poggia questo Documento di programmazione economica e finanziaria. Infatti, esso lega i dati ottimistici di crescita e di riduzione dell'indebitamento e sull'avanzo primario a riduzione del debito dei prossimi anni poggiandoli più sulla domanda interna che non sulla domanda esterna, sull’export, a fattori indipendenti dal quadro economico internazionale, che potrebbe essere legato ad alcune questioni variabili che sono state messe in evidenza da tutti gli interlocutori che la Commissione ha audito in questi giorni in preparazione di questa discussione. Infatti, essi sono – ripeto – all'interno di questo quadro previsionale.
I dati di finanza pubblica riportati nel DEF 2015, relativi al consuntivo 2014, esprimono un risultato dell'indebitamento netto pari al 3 per cento del PIL, in lieve incremento rispetto all'anno precedente, ma comunque in linea con l'obiettivo programmatico esposto nelle stime contenute nella nota di aggiornamento del DEF 2014 dello stesso settembre. Rispetto all'anno precedente il modesto peggioramento del rapporto indebitamento-PIL deriva da una dinamica delle entrate che, pur in crescita di 0,1 punti percentuali quota PIL, è stata inferiore alle spese finali, aumentate di 0,2 punti percentuali.
Il nuovo quadro programmatico presentato nel programma di stabilità 2015, nel confermare gli obiettivi di indebitamento netto indicati per il quinquennio 2014-2018 dal DPB... peraltro in lieve miglioramento... Presidente, avrei bisogno di una pausa.

PRESIDENTE. Onorevole Tancredi, non si sente bene ? Chiamiamo subito qualcuno, per favore, dall'infermeria. Avete suonato ? Prenda tutto il suo tempo, onorevole Tancredi.
Sospendo la seduta, che riprenderà appena possibile.

La seduta, sospesa alle 9,30, è ripresa alle 9,35.

PRESIDENTE. A questo punto do la parola al presidente Boccia. Prego, presidente.

FRANCESCO BOCCIA, Presidente della V Commissione. Presidente, il relatore per la maggioranza Tancredi ha consegnato la sua relazione affinché sia pubblicata in calce al resoconto stenografico (La Presidenza lo consente sulla base dei consueti criteri) e, ovviamente, per ogni evenienza e ogni necessità mi faccio carico delle eventuali integrazioni o correzioni possibili che possono venir fuori dal dibattito in corso.

PRESIDENTE. D'accordo. La ringrazio, presidente Boccia. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, D'Incà.

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FEDERICO D'INCÀ, Relatore di minoranza. Grazie Presidente, colleghi, attraverso la nostra relazione di minoranza, abbiamo evidenziato come il Governo pensi di disinnescare l'aumento dell'IVA, inserito dal Governo stesso nella precedente legge di stabilità, grazie sostanzialmente a due fattori, che sono, il primo, la potenziale crescita economica del Paese e, il secondo, la potenziale capacità di riduzione degli sprechi della pubblica amministrazione. Ma questa è una strategia del tutto fantasiosa e per di più pericolosa. Non vedo il Governo...

PRESIDENTE. Sì, stavo facendo chiamare, infatti.

FEDERICO D'INCÀ. Vuole che aspettiamo ?

PRESIDENTE. Era in Aula, si sarà allontanata. La stiamo cercando. Eccola. Prego, deputato D'Incà.

FEDERICO D'INCÀ, Relatore di minoranza. Infatti, per misurare la crescita potenziale del Paese il Governo usa il PIL quale parametro di riferimento, ipotizzando una sua crescita futura. Peccato che, da sette anni a questa parte, le previsioni dei Governi, ivi compreso quello attuale, sono rilevate, in modo spropositato, ottimistiche e del tutto false. L'anno scorso, ad esempio, era prevista una crescita del PIL reale dello 0,8 per cento che, poi, nella Nota di aggiornamento al DEF, si è trasformata in un meno 0,3 per cento. Per quanto attiene alla capacità di questo Governo di ridurre gli sprechi, basta pensare a come stanno riducendo, invece, i servizi ai cittadini partendo dalla sanità. Per non parlare, poi, di tutti i fenomeni di cattiva gestione e corruzione che vedono coinvolti o hanno visto coinvolti le forze di maggioranza di quest'Aula o lo stesso Governo. Basti pensare ai casi Mose, Expo e, non ultimo, le dimissioni di Lupi, mancate di credibilità.
Denunciamo con forza la pericolosità di affidare la disattivazione dell'aumento dell'IVA alle fantasiose previsioni di crescita di questo Governo e alla sua capacità di combattere contro gli sprechi che lui stesso genera. Purtroppo, due sono gli scenari che si prospettano dinanzi a noi: il primo, è che vi saranno tagli ai servizi ai cittadini, unica vostra arma per disabilitare le clausole di salvaguardia; il secondo, l'innesco delle clausole di salvaguardia che uccideranno per sempre il futuro del nostro Paese. Inoltre, l'effetto delle clausole di salvaguardia e dell'alternativa riduzione dei servizi ai cittadini sarà più ampio di quello da voi individuato. Stiamo parlando di miliardi e miliardi di euro. Infatti, dall'audizione della Corte dei conti del 21 aprile emergono chiare critiche agli effetti della clausola di salvaguardia. Per valutare le dimensioni di tale manovra, il DEF fa riferimento al mero valore facciale, dimenticandosi come l'IVA sia una delle imposte su cui l'evasione incide in maniera preponderante e, quindi, un aumento dell'aliquota potrebbe facilmente tradursi in un ingiusto aggravio fiscale per quella parte di popolazione, composta soprattutto da pensionati e dipendenti, ligia ai propri obblighi fiscali e notoriamente tartassata dalle varie manovre. Si tradurrebbe in un deterioramento ulteriore della produttività dell'imposta e, quindi, minor gettito causato dall'evasione e dall'elusione della stessa per chi solitamente è familiare con tali ignobili pratiche.
Avete l'obbligo di riagganciarvi alla realtà e di affrontare seriamente i problemi. Ogni anno vi ricordiamo quanto già espresso in precedenza dal MoVimento 5 Stelle attraverso le mozioni a prima firma Castelli, ovvero che il vostro tanto caro PIL non è lo strumento adatto per misurare il benessere del Paese e dei cittadini. Quest'anno, finalmente, anche il Governo ammette quanto precedentemente espresso dal MoVimento 5 Stelle sull'inutilità del PIL e fa focus sul report ISTAT del progetto BES per misurare il benessere equo e sostenibile, ovvero su indici più mirati delle rispettive tematiche. Purtroppo, tale approccio resta relegato a una mera citazione, mentre, invece, andrebbe fattivamente perseguita questa direzione e, quindi, andrebbero finalmente usati degli Pag. 6indici alternativi al PIL per delineare le politiche macroeconomiche che facciano evolvere il Paese in una situazione di benessere dei cittadini. Inoltre, con la riclassificazione del PIL, utilizzando il SEC 2010, sono stati inseriti elementi distorsivi nel calcolarlo, rendendo anti-economico il debellamento di fenomeni quali la criminalità organizzata e lo sfruttamento della prostituzione.
Dallo scoppio della crisi gli investimenti produttivi in Italia, sia pubblici sia privati, sono diminuiti significativamente rispetto alla media europea e ci fa anche piacere che avete ripreso, sia pure in modo maldestro, quanto già indicato in passato dal MoVimento 5 Stelle ovvero che, durante una crisi prolungata della domanda aggregata, i moltiplicatori di bilancio tendono ad assumere valori più elevati e che l'Italia è tra i Paesi europei in cui è maggiore il bisogno di un sostenuto rilancio degli investimenti sia pubblici sia privati. Eppure la legge di stabilità per il 2015 era carente nel capitolo relativo agli investimenti pubblici. Restiamo quindi basiti di come il Governo accolga in maniera favorevole il Piano Juncker quale volano per il rilancio degli investimenti in Italia, quasi come se fosse una soluzione salvifica dei problemi italiani, rimarcando persino un deciso impulso per l'attivazione del Piano durante il semestre di Presidenza italiana del Consiglio europeo, semestre di Presidenza rivelatosi del tutto fallimentare. Sfugge però al Governo che, per come è strutturato il Piano, non vi è alcuna previsione che tali fondi ricadano in Italia o comunque lì dove servono in quanto, benché non siano ancora chiariti i principi (e sarebbe il caso di pressare per poterli avere) con i quali verranno accettati i progetti, è chiaro che non vi saranno né principi di carattere regionale né di carattere sociale bensì verteranno su principi di convenienza economica e, quindi, saranno i progetti dei Paesi più economicamente redditizi – faccio un nome a caso, la Germania – ad avvantaggiarsene. In questo quadro non va dimenticato che la disoccupazione di lunga durata è in aumento e la povertà e l'esclusione sociale stanno continuando a crescere come rimarcano anche gli indicatori BES 2014 dell'ISTAT. I poveri nel nostro Paese sono 10 milioni e qualcuno forse non riflette ancora abbastanza su questa cifra. L'allegato infrastrutture 2015 indica 25 opere definite prioritarie sulle quali il Governo intende puntare per l'adeguamento infrastrutturale del nostro Paese. Il nuovo programma per le infrastrutture taglia drasticamente l'impegno finanziario pubblico previsto, da 383 miliardi a meno di 70 miliardi di euro. L'elenco delle opere strategiche viene drasticamente tagliato, passando dalle 419 previste dalla legge obiettivo alle 25 su cui il Governo Renzi ha deciso di investire ma potremmo mettere una mano sul fuoco che molte di queste sono accantonate per momenti migliori in cui potrebbe tornare a far credere agli italiani della necessità di tutto questo cemento. Questa revisione del faraonico piano delle opere pubbliche non tiene conto di una visione basata sulle reali necessità del Paese e contiene ancora opere inutili e costose che andrebbero espunte dall'elenco individuato ovvero di tali opere se ne evidenziano alcune dalla dubbia importanza oltre che utilità sociale e dall'elevato impatto ambientale quali, ad esempio, un nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, la linea ad alta velocità Milano-Venezia, il terzo valico dei Giovi, la autostrada A4 Venezia-Trieste, la pedemontana veneta, la pedemontana lombarda, la tangenziale esterna di Milano nonché il Mose in cui abbiamo reinvestito 5,6 miliardi di euro in vent'anni, costruito per l'86 per cento e che è già stata la mangiatoia dei partiti politici, tra i quali anche Giancarlo Galan, riguardo al quale ho scritto molte volte alla Presidenza e che ci troviamo ancora ad avere come presidente della Commissione cultura (tra l'altro dovrebbe essere ogni giorno sui giornali per riuscire finalmente a poterlo mandar via, anche dal punto di vista etico, sociale e morale, ma, di fatto, è ancora presidente della Commissione cultura). Non riusciamo neanche a muovere questa persona dalla presidenza dalla Commissione cultura, figuriamoci il resto. Il costo Pag. 7complessivo del Mose ammonta a più di 16 miliardi di euro: è impellente valutare un diverso e più utile utilizzo delle risorse che si libererebbero, evitando il cieco e sterile perseguimento di tali opere.
L'ennesima fandonia detta dal Governo riguarda il cosiddetto «tesoretto». Infatti, il modo in cui l'operazione è stata congegnata appare come un mero artificio contabile dal quale non è affatto detto che discenda una reale dote di 1,7 miliardi di euro, come il Governo vorrebbe far credere. Il calcolo delle risorse è stato fatto sulla base del rapporto deficit-PIL previsto per quest'anno al 2,5 per cento e viene alzato con un tratto di penna al 2,6 per cento. Non solo, questo tesoretto da 1,7 miliardi di euro, in gran parte, se ne è già andato, se non del tutto. Se, come largamente previsto, la Commissione dell'Unione europea boccerà il nuovo regime dell'IVA della grande distribuzione, incluso nella legge di stabilità per il 2015, nei conti di quest'anno si aprirà un buco da 730 milioni di euro che potrebbe arrivare a 1,7 miliardi se la Commissione bocciasse anche lo split payment dal quale doveva arrivare ancora un miliardo. Se l'Europa non dovesse dare il via libera, il Governo ha già previsto un aumento delle accise sulla benzina e sul gasolio dal 1 luglio per lo stesso importo – 1,7 miliardi l'anno – solo che, per recuperare quella cifra in soli sei mesi, l'aumento dell'imposta sui carburanti dovrebbe essere pesantissimo. Ecco perché il Governo si affaccia all'idea di conservare piuttosto che spendere, solo per questo motivo.
Il Documento contiene dei riferimenti al percorso di privatizzazione posti in essere dal Governo per le società a partecipazione diretta interessate da questa manovra: rientrano Poste italiane, con l'alienazione del 40 per cento, Enav, con il 49 per cento, oltre che il gruppo Ferrovie dello Stato e Grandi Stazioni.
Poiché risulta essere totalmente assente una politica seria di lungo periodo legata all'abbattimento del debito pubblico, tali interventi di privatizzazione rischiano di non essere risolutivi ed essere piuttosto controproducenti, raggiungendo risultati effimeri e assolutamente limitati dal punto di vista temporale.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FEDERICO D'INCÀ, Relatore di minoranza. Inoltre, mentre l'Italia persegue le suddette scellerate privatizzazioni, negli altri Stati europei – in particolare, Francia, Germania e Inghilterra – emerge un trend di riappropriamento da parte del pubblico di asset importanti e strategici, come la gestione dell'acqua, dell'elettricità, del trasporto pubblico e dei rifiuti, motivati, per la maggior parte, dalla fallimentare gestione privata e dalla riduzione dei costi, nonché da un miglioramento dei servizi per i cittadini.
Il DEF di quest'anno è pieno di mancanze, bugie ed errori, ormai ce lo siamo detti. Per la salvezza del Paese, il Governo deve svincolarsi dalle deleterie politiche di austerity e, quindi, deve promuovere, in ogni sede, la rivisitazione dei trattati internazionali, in particolare il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e la governance nell'Unione europea. Il Governo non deve considerare in nessun caso come vincolante l'obiettivo di medio termine, ma bensì puntare a fare utili investimenti pubblici, a non tagliare servizi ai cittadini. Il Governo deve smetterla di inserire elementi distorsivi nel calcolo del prodotto interno lordo, che rendono antieconomico il debellarli, nonché a non considerare come attività svolte, consensualmente, le attività realizzate in uno stato di sostanziale incapacità di volere, quali la prostituzione e l'assunzione di sostanze stupefacenti. Presidente, tutto ciò non è accettabile per un Paese civile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza Melilla.

GIANNI MELILLA, Relatore di minoranza. Grazie, signora Presidente, il Documento di economia e finanza consta di millecinque pagine in due ricchi tomi, su cui il Parlamento si è dovuto esprimere in Pag. 8due settimane. Questa velocità, naturalmente, provoca anche improvvisazione e rischi di propaganda, come è successo all'inizio del dibattito, nella prima settimana, su questo fantomatico «tesoretto», molto elettorale, che il Presidente del Consiglio dei ministri aveva scoperto all'ultimo secondo; «tesoretto» che, naturalmente, in materia di consultazione, è stato demolito, nel senso che non esiste affatto.
Nella relazione di minoranza è contenuta un'analisi molto diversa da quella che ci propone il Governo. Essendo molto dettagliata, anch'io, come il relatore per la maggioranza, rimando alla sua lettura per avere un quadro economico e sociale su cui inseriamo più compiutamente la nostra proposta alternativa di politica economica basata su una semplice parola: «lavoro». Il lavoro è il grande assente in questo DEF, anche perché c’è un eccesso di ottimismo che poggia su fragilissime fondamenta. Purtroppo, la disoccupazione in Italia continuerà a crescere, come sta facendo da alcuni anni a questa parte, in particolare, quella giovanile.
Secondo le previsioni di molti, in particolare quelle della BCE, pubblicate a metà marzo, l'economia dell'Eurozona dovrebbe tornare gradualmente al suo indice di crescita storica – come è noto, il cosiddetto potenziale – del 2 per cento, nel 2017. Ma, se si guarda all'ultima riga della tabella pubblicata dalla BCE, c’è un numero che getta un'ombra nera su questa ripresa: nel 2017, il tasso di disoccupazione sarà del 9,9 per cento, quindi, solo due punti più in basso rispetto ad oggi.
Lucrezia Reichlin, sul Corriere della Sera del 27 marzo, ha scritto che: Poiché questo corrisponde alla crescita potenziale, la previsione implica che, nell'Eurozona, il cosiddetto tasso «naturale» di disoccupazione, cioè quello che si realizzerà quando tutti gli occupabili avranno trovato lavoro, è quasi del 10 per cento. Questo 10 per cento, quindi, non scomparirà con la ripresa e, per quanto definito naturale nel linguaggio tecnico e arido degli economisti, di naturale ha ben poco.
Se a questo 10 per cento si aggiungono le persone che non cercano un impiego attivamente in quanto scoraggiate, e si considera che questo numero è composto in gran parte di disoccupati da lungo tempo, stiamo quindi dicendo che la zona euro – una delle più ricche economie del pianeta – dovrà imparare a convivere con un esercito di esclusi dal mercato del lavoro. E se questi sono i dati dell'eurozona – nord, sud, est, ovest – l'Italia è messa peggio. La crisi per noi è stata molto costosa: dal 2007 il numero dei disoccupati è praticamente raddoppiato, passando da 1,76 milioni a 3,4 milioni; si tratta del doppio, e questa realtà purtroppo drammatica riguarda prevalentemente, come è noto, i giovani.
È facile parlare. Un nostro grande sindaco, Giuliano Pisapia, per me un riferimento politico e culturale, nel suo libro che ha recentemente pubblicato, nell'ultimo capitolo conclude, dicendo che parlare è facile, costruire è difficile, mentre criticare e fare opposizione è non solo più facile, ma anche più divertente. Proprio perché io sono d'accordo con la pazienza di chi deve governare una realtà, sia essa locale o nazionale, ritengo che non possiamo limitarci soltanto alla critica e all'analisi impietosa di una realtà che peraltro parla da sola. Come diceva Shakespeare, l'angoscia della realtà non può essere incantata dalle parole; è necessario che anche noi dall'opposizione facciamo delle proposte e mi sembra che la proposta per una linea alternativa di politica economica centrata su una manovra keynesiana, sul lavoro, su una forte ripresa degli investimenti pubblici è oggetto di un dibattito. Non è vero che non ci siano alternative a questa politica economica che si chiama austerità e che, purtroppo, prosegue da molti anni a questa parte in Europa e in Italia.
Nell'audizione, il sindacato CGIL ha proposto, ad esempio, una ricetta alternativa, ma le ricette, per essere valide, devono essere sostenute dalle risorse necessarie a finanziare una nuova politica economica. La CGIL, ad esempio, rappresentando un punto di vista particolare, Pag. 9quello del lavoro e della parte più debole, quella che ha pagato di più la crisi economica di questi anni, ha avanzato una ricetta, per quanto riguarda il reperimento delle risorse, sicuramente di parte, ma su cui è necessario che il Parlamento rifletta, poi dirò quali sono le proposte che come SEL avanziamo per reperire risorse necessarie a finanziare una politica alternativa di Governo. La CGIL propone il varo di tre misure: innanzitutto l'introduzione di un'imposta sulle grandi ricchezze finanziarie per recuperare le risorse utili a realizzare un piano straordinario per l'occupazione giovanile e femminile. Praticamente la CGIL dice di tassare solo il cinque per cento delle famiglie italiane finanziariamente più ricche con un'aliquota progressiva per la parte eccedente i 350 mila euro e il gettito potenziale sarebbe di dieci miliardi l'anno: non una tantum, ma misure strutturali. Secondo, propone un aumento della tassazione sulle successioni per adeguarlo al livello europeo, per sostenere quindi, attraverso questo aumento della tassazione sulle successioni oltre una certa cifra, una politica che eviti ulteriori tagli al welfare, in particolare alla sanità pubblica. Il gettito potenziale sarebbe, anche qui non una tantum, di circa quattro miliardi di euro l'anno. Infine, una proposta molto interessante che ci viene da più parti e non solo dalla sinistra del dibattito economico, è l'utilizzo dei fondi pensione dei lavoratori anche per lo sviluppo del Paese, con l'effettivo coinvolgimento delle parti sociali e l'individuazione da parte di Cassa depositi e prestiti di strumenti finanziari specifici, affinché i fondi rappresentino anche uno strumento per rilanciare politiche di creazione, di occupazione e di sostegno allo sviluppo infrastrutturale, sociale e produttivo del Paese, tutelando meglio il risparmio previdenziale e garantendo la redditività dei patrimoni gestiti in orizzonti temporali di lungo periodo, perché solo in orizzonti temporali di lungo periodo è possibile utilizzare al meglio questa massa che abbiamo di alcune centinaia di miliardi di euro.
Come Sinistra Ecologia Libertà, proponiamo il varo di alcune misure, secondo noi ragionevoli, di buonsenso, per reperire risorse necessarie al finanziamento di questa politica per il lavoro. Innanzitutto, la Tobin tax. Qualcuno se n’è dimenticato. Il presidente della Commissione bilancio, che è stato un protagonista del dibattito sull'introduzione della Tobin tax in Italia, sa benissimo che l'attuale versione che noi abbiamo scelto è una versione assolutamente light: vengono tassate le transazioni finanziare relative a solo poco più del 3 per cento delle azioni e solamente il saldo di fine giornata. Passando invece alla tassazione di tutti i prodotti finanziari, a partire dai derivati, e tassando le singole operazioni di natura speculativa e non solo il saldo di fine giornata, con una modestissima aliquota dello 0,01 per cento, si potrebbero recuperare 3,5 miliardi di euro. Poi proponiamo di recuperare 6 miliardi di euro rinunciando agli inutili e costosi F-35 e alla TAV Lione-Torino. Nel settembre 2014, la Camera dei deputati ha approvato una mozione che impegna il Governo a dimezzare la spesa per gli F-35: che fine ha fatto questo impegno ? Poi, anche noi proponiamo una patrimoniale di 5 miliardi sulle ricchezze finanziarie, escludendo ovviamente tutte le fasce oltre una certa quota. Poi proponiamo di ottenere alcuni miliardi di euro applicando in modo anche graduale le misure di contrasto all'evasione dell'IVA proposte dal centro studi Nens. Concludo rimandando alla lettura della mia relazione per completare questo discorso propositivo. Noi non ci limitiamo soltanto a dire di no, noi proponiamo delle misure alternative, perché è possibile una politica economica diversa da quella che l'Unione europea continua ancora a dettarci (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

PRESIDENTE. La ringrazio, deputato Melilla. È iscritto a parlare il deputato Giampaolo Galli. Ne ha facoltà.

Pag. 10

GIAMPAOLO GALLI. Signora Presidente, il Documento di economia e finanza delinea un sentiero stretto fra esigenze diverse. Da un lato, vi è l'esigenza di rilanciare la crescita in tempi brevi, sfruttando le condizioni favorevoli del quadro internazionale, dall'altro vi è l'esigenza altrettanto cogente di contenere e piegare la dinamica del debito pubblico. Si tratta appunto di un sentiero stretto, di un equilibrio difficile, rispetto al quale non ci sono bacchette magiche o ricette semplicistiche. La scelta di fondo fatta dal Governo, che noi condividiamo, è quella di attenersi alle regole europee, utilizzando i margini di flessibilità consentiti nella misura massima possibile. Alcuni dicono che possiamo fare a meno di quelle regole – l'abbiamo sentito anche questa mattina – o di violarle. Su questo mi sentirei di dire e di fare una considerazione: si può essere d'accordo o non d'accordo con quelle regole – che peraltro sono state approvate da tutti i Governi e i Parlamenti dei Paesi membri – ma allora è necessario essere chiari sulle conseguenze di scelte alternative. Ci si deve chiedere ovviamente cosa succederebbe al nostro debito pubblico e ai nostri tassi di interesse senza l'ombrello europeo: temo che sarebbe un problema serio, specie alla luce di quello che succede del mondo, nel Mediterraneo, nel Medio Oriente, nel Nord Africa, in Ucraina, in Grecia. Ma sul piano politico ci si deve chiedere se oggi sarebbe in corso un Consiglio europeo in cui noi chiediamo solidarietà all'Europa sui temi del Mediterraneo e dell'immigrazione. Avremmo lo stesso ascolto, grande o piccolo che sia, se fossimo un Paese che mette a rischio le regole a cui altri Paesi evidentemente tengono tanto, altrimenti non ci sarebbero ?
Mi permetto di dubitarne. Quindi noi pensiamo che dobbiamo attenerci alle regole europee, ma dobbiamo fare anche un uso intelligente dei margini di flessibilità e questo comporta che le riforme cui ci siamo impegnati vengano fatte. Alcune le abbiamo in gran parte già realizzate: Jobs Act, riduzione del costo del lavoro, componente IRAP, decontribuzione, finanziate prevalentemente con riduzioni di spesa. Altre sono avviate: le riforme istituzionali, la lotta alla corruzione, la riforma della PA, fisco e lotta all'evasione, giustizia, scuola, concorrenza. Occorre grande determinazione per proseguire sulla strada delle riforme.
Non è vero, comunque io non concordo con ciò che abbiamo sentito, che questo DEF, proprio in quanto fedele alle regole europee delinei un percorso restrittivo, di ulteriore austerità. Non è vero perché nel DEF il bilancio pubblico muove verso il pareggio, che viene raggiunto nel 2018, non perché si facciano politiche restrittive, ma perché si riducono i tassi di interesse e vi è la ripresa del PIL. Ciò significa che l'orientamento della politica di bilancio non è restrittivo. Questo ci dice, peraltro, l'Ufficio parlamentare di bilancio quando spiega che il miglioramento del disavanzo complessivo è dovuto a fattori esogeni rispetto alla politica di bilancio, ossia ci dice che non vi è una stretta di bilancio. Al contrario, credo si possa tranquillamente affermare che l'orientamento complessivo della politica economica è di sostegno all'attività. Uno, perché pieghiamo la dinamica del debito, è questo l'elemento chiave, assolutamente decisivo per recuperare la fiducia di chi consuma e investe in questo Paese. Due, perché riduciamo la pressione fiscale, calcolata opportunamente, ossia tenendo conto degli 80 euro, che vanno a regime nel 2015, e del fatto che vengono disinnescate, questo è l'impegno chiaro, scritto, evidente, nel DEF, le clausole di salvaguardia. Con la pressione fiscale eravamo al 43,4 per cento nel 2013, siamo scesi al 43,1 per cento nel 2014, scendiamo al 42,1 nel 2017 e sotto il 42 per cento negli anni successivi. Si tratta di una riduzione molto, molto significativa. Tre, dopo anni di riduzione si programma una ripresa degli investimenti pubblici, di cui il Paese ha certamente un grande bisogno. Infine, l'orientamento delle politiche è espansivo perché facciamo le riforme che servono a semplificare la vita a chi vuole lavorare e fare impresa in questo Paese. Ovviamente, per ridurre il peso della pressione fiscale dobbiamo ridurre il Pag. 11peso della spesa pubblica, la spesa corrente primaria scende in misura considerevole fra il 2014 ed il 2018, si tratta di quasi tre punti percentuali, una riduzione anch'essa molto significativa.
Alcuni commentatori hanno detto che la riduzione è insufficiente, altri, i più, fanno notare che i tagli alla spesa sono rilevanti per due motivi. Primo, ci sono importanti componenti della spesa che non sono comprimibili e, anzi, hanno una tendenza non evitabile al rialzo: le pensioni, su cui pesa la demografia, oltre all'esigenza di affrontare il problema degli esodati e gli ammortizzatori sociali, che dipendono dall'andamento dell'occupazione e su cui l'Italia è piuttosto indietro rispetto all'Europa. Due, non è vero ciò che spesso si dice, ossia che la spesa non è stata controllata negli ultimi anni. Si possono criticare i tagli, si può criticare come essi sono stati fatti, il fatto che siano stati lineari, ma è sbagliata la rappresentazione, mi sia consentito, un po’ da talk show di un Paese capace solo di promettere riduzioni di spesa e mai capace di farle. Non è così, riduzioni anche assai dolorose sono state fatte già fatte da tutti i governi degli ultimi anni. Proprio per questo ci troviamo oggi di fronte alle difficoltà emerse nel dibattito di questi giorni e che riguardano molti punti: gli enti locali, le province, le politiche del welfare e di assistenza, gli investimenti pubblici, che riprendono, come dicevo, nel DEF, ma forse non nella misura che sarebbe necessaria alle esigenze di questo Paese.
A queste difficoltà cerchiamo di ovviare con un forte rilancio della spending review, sappiamo però che si tratta di una sfida difficile, irta di spine.
Una sfida che affrontiamo nella serena consapevolezza che non ci sono alternative credibili perché non possiamo rinunciare a fermare la dinamica del debito e non possiamo aumentare le tasse. Infine c’è chi dice – mi avvio a concludere – che sì, è vero, dati i vincoli europei non possiamo fare altro, ma quei vincoli e l'insieme delle politiche messe in atto dall'Europa ci portano lungo un sentiero che sarebbe – cito – tecnicamente insostenibile, ossia un sentiero che porterebbe secondo alcuni o alla rottura dell'euro oppure al default del debito pubblico. Da quando ho l'onore di prendere la parola in quest'Aula cerco di argomentare che entrambe queste prospettive non solo non sono una soluzione dei nostri problemi economici e soprattutto sociali, ma ne provocherebbero un drammatico aggravamento. Oggi vorrei dire una cosa diversa, vorrei dire che quelle prospettive drammatiche che da alcuni vengono paventate sono assolutamente evitabili, non l'avrei detto forse con la stessa convinzione due anni fa, un anno e mezzo fa, oggi lo dico con grande convinzione: non siamo in una condizione insostenibile, siamo su un crinale sottile, come uno scalatore che può mettere il piede nel punto giusto del crinale ed arrivare tranquillamente in vetta oppure può mettere il piede nel punto sbagliato e farsi molto male. Il crinale è sottile, il sentiero è stretto, ma oggi ci sono le condizioni nazionali e internazionali per farcela, per uscire dalla recessione e ricominciare a crescere. Tutto dipende dalla capacità che avremo di fare le riforme che abbiamo concordato, fra queste – corre l'obbligo di ricordarlo – ci sono anche le riforme istituzionali che sono presenti nel PNR perché la disfunzionalità della nostra democrazia è evidente a tutti gli osservatori nazionali e internazionali. Ovviamente la stabilità di Governo, di un Governo che non sta fermo ma che ha un ambizioso programma di riforma è una condizione necessaria perché si consolidi la fiducia nell'economia italiana e si realizzi lo scenario delineato nel DEF, ad altri scenari non vorremmo neanche pensare, sono certo che tutti noi, collettivamente, sapremo essere all'altezza del compito.

PRESIDENTE. È iscritto parlare il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

GIANLUCA VACCA. Signor Presidente, prima di entrare nel merito, mi permetto una premessa sull'ennesima grave forzatura da parte della maggioranza e del Governo, sulla quale abbiamo chiesto un Pag. 12intervento sia della Presidenza che della Giunta per il Regolamento. Il Governo infatti ha collegato a posteriori la decisione di bilancio ad alcuni provvedimenti di particolare interesse per la Commissione cultura, quali il disegno di legge di riforma della scuola, attualmente all'esame della Commissione, e il disegno di legge concernente il cinema e lo spettacolo dal vivo, però non ancora presentato. Il disegno di legge scuola invece è stato presentato alla Camera senza il collegamento al DEF, collegamento annunciato dalla presidenza della Commissione quando era già stata fissata la scadenza emendamenti, una forzatura che non ha precedenti in questa Camera dei deputati perché non si è mai visto che per un provvedimento annunciato come scollegato da un documento economico sia stato successivamente annunciato il suo collegamento. La cosa dal nostro punto di vista ha una sola motivazione, ovvero quella di introdurre un'ulteriore ghigliottina da parte della Commissione bilancio su un provvedimento che invece richiederebbe un'attenzione particolare da parte di questo Parlamento. A parte questa premessa, in merito alle innumerevoli criticità sia nel metodo che nel merito sulla parte riguardante il disegno di legge istruzione – anzi, mi verrebbe da chiamarlo, distruzione dell'istruzione pubblica – e che si possono sintetizzare in un pasticciato intervento caratterizzato dall'esiguità delle risorse previste dall'introduzione di un modello aziendalistico di scuola, rimando direttamente alla frettolosa discussione in corso in Commissione e poi a quella che avverrà in Aula. Un accenno però ai tagli, anche per smontare la retorica governativa sul fatto che questo Governo è tornato a investire nel comparto.
Non è assolutamente vero, come noi andiamo dicendo da mesi, perché come ben sappiamo a fronte del miliardo messo nel documento di bilancio del 2015, nella legge di stabilità, sul comparto istruzione e sul cosiddetto capitolo «Buona scuola», ci sono un miliardo e 400 milioni di tagli allo stesso comparto. Quindi è il gioco delle tre carte: non c’è nessun investimento aggiuntivo da parte di questo Governo sull'istruzione e, come poi andremo a vedere, questo è certificato nello stesso Documento di Economia e Finanza.
Il Documento, per il 2015, a fronte dei gravissimi ritardi accusati dal nostro Paese per una completa realizzazione degli obiettivi, prevede – al di là della retorica e della falsa propaganda governativa – oltre allo stanziamento di risorse assolutamente insufficienti, anche la totale assenza di una programmazione chiara e univoca.
Dal DEF ci si sarebbe aspettata una più responsabile azione volta davvero a promuovere l'investimento nell'istruzione e nella formazione, così come indicato nella strategia di Lisbona, e nei beni culturali, in quanto in un'epoca di flessione economica, non solo europea ma mondiale, è essenziale che ci si avvalga della potenzialità di ciascun individuo e che si continui a promuovere un investimento più importante, più efficace e mirato all'istruzione e alla formazione di qualità, nonché alla valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese.
Non si intravedono invece interventi capaci di rilanciare il settore, e tantomeno di risolvere gli innumerevoli problemi che attanagliano il mondo dell'istruzione, dell'università e della ricerca. E le misure adottate, e le relative risorse, sono ben lontane da rappresentare l'inversione di tendenza pubblicizzata dal Governo.
Risulta evidente la mancanza di volontà di superare i limiti di scelte politiche risultate fallimentari, come ad esempio la quota premiale prevista per le università, che si basa sul meccanismo di premialità con criteri che inevitabilmente penalizzano le università più deboli, proprio quelle che avrebbero bisogno di un intervento da parte dello Stato e di risorse maggiori rispetto al sistema attualmente vigente. Non si ravvisa, infatti, alcun tipo di premialità nello stanziamento di una quota che verrà, di fatto, sottratta al fondo di finanziamento ordinario delle università, quest'anno in misura pari al 30 per cento.Pag. 13
Risulta sempre più chiara, quindi, la volontà di creare un distaccamento tra atenei, affinché solo alcuni di essi possano raggiungere i livelli di eccellenza, a danno di tutti gli altri che inevitabilmente regrediranno sia economicamente che qualitativamente, fino a raggiungere un punto di non ritorno. È forse questa la volontà del Governo Renzi ? A giudicare dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio e dei membri del Governo, e da quanto si evince da questi atti normativi, sembrerebbe proprio di sì: creare università di serie A e università di serie Z, per poi evidentemente chiudere alcune di queste. Analoghe considerazioni valgono per il fondo premiale, a valere sul FOA degli enti di ricerca, il quale prevede anche per quest'anno, una ripartizione di circa l'8 per cento delle risorse sulla base dei risultati della ricerca VQR e su specifici progetti innovativi. Anche qui pochi rilievi, se non di natura assolutamente negativa, possono essere fatti: anche il FOA, infatti, perde una quota di ordinario funzionamento per una redistribuzione delle risorse sulla base di una valutazione della qualità della ricerca datata di almeno cinque anni, quindi sull'analisi di progetti e risultati oramai superati.
È altrettanto evidente che non si affrontano nodi cruciali del mondo accademico nazionale, come il sostegno al diritto allo studio, uno dei capitoli dolenti: siamo lontanissimi dall'obiettivo del 40 per cento di laureati che ci chiede l'Europa, anche a causa di una altissima tassazione universitaria e di un carente sistema di sostegno agli studi. Ebbene, qual è la risposta del Governo paventata nel DEF ? Non maggiori investimenti, ma ricorso al prestito d'onore; uno strumento fallimentare già sperimentato non solo nel mondo ma anche da alcune regioni d'Italia, con esiti catastrofici. Un altro regalo alle banche che il Governo, in continuità con quelli del passato, vorrebbe mettere a sistema in Italia.
C’è il capitolo sui docenti universitari, sull'invecchiamento e il ricambio del corpo docente; c’è il capitolo sulla ricerca, con il continuo delle politiche fallimentari della precarizzazione dei ricercatori italiani e un basso livello di finanziamento della ricerca italiana.
La sintesi del nostro giudizio per quanto riguarda il comparto istruzione e formazione è che non c’è nessuna inversione di tendenza checché ne dica il Governo: nel DEF questo è certificato. A fronte di una media europea di investimenti in rapporto al PIL del 5 per cento, con punte dell'8 e del 9 per cento, l'Italia spende per il comparto istruzione e ricerca soltanto il 3,7 per cento, con una previsione per il 2020 del 3,5 per cento.
Dov’è l'inversione di rotta ? Dove sono gli investimenti aggiuntivi ? Non ce ne sono, purtroppo. Ci sono soltanto menzogne e la volontà politica di continuare quel percorso di indebolimento dell'istruzione e della ricerca pubblica italiana. D'altronde, il messaggio che il Premier ha lanciato, parlando retoricamente di eccellenze italiane dalla Bocconi, un'università che, invece, in base ai parametri e alle valutazioni dell'ANVUR sarebbe un'università di serie B e non di serie A, sono chiare: continuare a distruggere il sistema d'istruzione pubblica italiano.

PRESIDENTE. Deputato Vacca, solo una specifica, però, perché rimanga agli atti. Non vi sono impedimenti, anche se un disegno di legge è stato presentato prima, di collegarlo al DEF. Questo perché sia chiaro, e ci sono anche precedenti su questo. Quindi, a onor del vero, ci tengo a lasciare, appunto, inserita agli atti questa specifica.

SIMONE VALENTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Prego, deputato Simone Valente. A che titolo ?

SIMONE VALENTE. Grazie, Presidente. Intervengo sull'ordine dei lavori. Mi permetta solo di specificare alcune cose, in quanto capogruppo in Commissione cultura. I precedenti citati, anche durante l'Ufficio di Presidenza, non corrispondono alla stessa fattispecie del caso del disegno di legge sulla «Buona Scuola».Pag. 14
Inoltre, lei ben sa come abbiamo denunciato tutti i comportamenti scorretti...

PRESIDENTE. Però, mi scusi. Qui non stiamo parlando, adesso, di questo provvedimento. Non vorrei aprire un dibattito su questo, deputato.

SIMONE VALENTE. Mi permetta solo di specificare alcune cose, Presidente, perché questo è un atto gravissimo, su cui lei dovrebbe intervenire.

PRESIDENTE. Ma non adesso. Avremo modo di farlo sicuramente quando ci occuperemo del provvedimento.

SIMONE VALENTE. Presidente, noi attendiamo che lei prenda provvedimenti e intervenga il prima possibile, perché tutte le procedure sono state violate in Commissione cultura.

PRESIDENTE. Sì, ho visto anche la lettera.
È iscritto a parlare il deputato Mario Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Grazie, Presidente. Per il processo verbale, semplicemente Bruno.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa. Nella lista degli iscritti a parlare le hanno dato un'altra identità.

BRUNO TABACCI. Va bene, non c’è problema.

PRESIDENTE. Certamente, mi sono resa conto anche io poi che non era lei.

BRUNO TABACCI. Grazie, Presidente. Senza trionfalismi, ma si può riconoscere che il clima economico in Europa appare cambiato, anche se permangono diversi elementi di incertezza per i conflitti in aree del pianeta, per non parlare della delicatezza estrema della realtà in Libia e, quindi, nel Mediterraneo, e poi, con riguardo all'area dell'euro, la situazione della Grecia.
Nel mutato clima in Europa, Draghi e la BCE, il 22 gennaio, hanno potuto ampliare il programma di acquisto di titoli dell'Eurozona, proprio per scongiurare uno scenario di deflazione. Ciò ha portato il deprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro e delle altre principali valute, condizione che si era già avviata dalla primavera del 2014, avendo i mercati scommesso sull'apprezzamento del dollaro in relazione, soprattutto, alle manifeste intenzioni del Presidente Draghi.
Di questo ha beneficiato l'economia italiana, con effetti sul PIL, frutto di una crescita delle esportazioni e con i primi segnali positivi sulla domanda interna. Tra l'altro, la crescita prudenziale dello 0,7 per cento del PIL è anche la conseguenza delle correzioni delle previsioni ottimistiche di questi anni, che sono state sbagliate per diversi punti, e questo suggeriva di non ripetere questi errori che si sono rivelati molto pesanti.
Lo scenario favorevole, descritto nel DEF, appare verosimile, anche se il sentimento di fiducia deve consolidarsi e permane alta l'incertezza per le trattative sul programma di riforme del Governo greco. Va detto, a questo proposito, che un eventuale default, per il quale noi non facciamo il tifo, non avrebbe, però, le stesse conseguenze che avrebbe avuto nel 2011, a seguito delle politiche di sicurezza introdotte dalla BCE. Però, inducono anche ad un'altra lezione: le elezioni, quando si tengono, non devono puntare a raccontare ai popoli delle promesse vuote.
Il messaggio di Tsipras, se fosse copiato anche da noi – e ahimè qualcuno punta a copiarlo – tende a determinare una condizione oppiacea, non certo a dare delle soluzioni efficienti. Per mesi siamo stati indotti a credere che bastasse cambiare il nome della troika per risolvere d'incanto le questioni strutturali. C’è bisogno, altresì, che rimangano favorevoli le condizioni dei mercati finanziari, le quotazioni del greggio stabile e i livelli minimi riscontrati negli ultimi mesi. E se dovessero mutare queste condizioni ? Anche per questo è giusto l'impegno del Governo di accelerare sul terreno delle riforme e il Parlamento Pag. 15deve assecondare questo sforzo, un po’ come hanno fatto i tedeschi con Schröder entrando nell'euro, dal mercato del lavoro al sistema educativo, dagli investimenti pubblici – e qui è decisiva l'iniziativa dei comuni, anche di quelli piccoli, delle istituzioni locali, in materia di investimenti di opere – alle politiche di coesione, dalla delega fiscale alla credibilità del sistema giustizia.
Va decisamente rafforzato il provvedimento per promuovere la concorrenza. Ci sembra troppo debole e parziale quello presentato dal Governo. E poi c’è una certa lentezza nell'attuazione della delega fiscale, anche con riguardo alle questioni che vengono poi ricordate nella risoluzione che approveremo nel pomeriggio, anche con riferimento al tema centrale di sommerso e di evasione. Devo ricordare che l'Italia è seconda solo alla Grecia su questo, che non è propriamente un record di alto civismo.
La piena realizzazione delle riforme è fondamentale per rafforzare la potenzialità di crescita dell'economia. E questa strategia è speculare al consolidamento dei conti pubblici e alla riduzione del debito. Forse sul debito è necessario fare qualcosa di più del rispetto della regola, perché il suo ridimensionamento può metterci al riparo da eventuali cambiamenti del sentimento dei mercati. E non perché ce lo chiede l'Europa, ma per collocarci in una condizione di sicurezza. Ma qui ha ragione Galli: ma che ne sarebbe del nostro debito se non ci fosse l'ombrello europeo ? Eppure, gran parte del dibattito è occupato dalla prospettiva che noi potremmo impunemente uscire dall'Europa oppure dall'euro. Ma sono delle politiche totalmente fuorvianti che possono forse portare alla disperazione di un popolo che vota pensando davvero che ci siano degli spazi di furbizia, così come già li abbiamo sperimentati nell'ormai lontano 1991-92, quando credevamo di poter superare le difficoltà con atti di furbizia. Poi non andò così, e la pressione sulla lira fu drammatica.
Desta preoccupazione, invece, la debolezza del piano Juncker, per i tempi e per la consistenza, che fa emergere una relativa solitudine della BCE, impegnata in una politica coraggiosa che appare in parte surrogatoria della stessa politica della Commissione.
Conclusivamente, anche se i miglioramenti percepiti devono essere consolidati, sia nell'Eurozona che nel nostro Paese si sono rafforzati i segnali di ripresa a seguito delle politiche della Banca centrale europea. E così l'occupazione, dopo la pericolosa discesa di questi anni, è andata stabilizzandosi, anche con l'aumento dei contratti a tempo indeterminato e con una sostituzione, quindi; e ci auguriamo che già quest'anno possa riprendere a crescere, anche grazie agli sgravi contributivi che, per il futuro, vanno rimodulati, dopo aver determinato un effetto di slancio iniziale. E qui bisogna evitare di ritenere che essi possano essere riproposti nella stessa misura, ma debbono essere rimodulati alla luce dell'esperienza che stiamo compiendo nel corso di questo anno, non solo per ragioni di bilancio, ma anche per ragioni molto concrete e pratiche.
E così il DEF utilizza i margini derivanti dal miglioramento macroeconomico complessivo rispetto sia alle previsioni dell'autunno scorso che della flessibilità conquistata in Europa, per realizzare quest'anno le riforme strutturali perseguite e per evitare nel 2016 l'inasprimento delle imposte indirette. Sul DEF c’è questo punto, che è tutt'altro che scontato: il fatto di evitare l'aumento dell'IVA diciamo che sta alla base della filosofia complessiva di questo DEF.
E tutto questo diventa essenziale unitamente ad una radicale revisione della qualità della spesa, su cui è bene che il Governo continui a mantenere alta l'attenzione, per mettere l'economia italiana in una posizione di sicurezza.
Il gruppo Per l'Italia-Centro Democratico si riconosce nella relazione del collega Tancredi, a cui auguro un pronto ristabilimento, e anticipa il proprio voto favorevole alla risoluzione presentata dai gruppi Pag. 16di maggioranza; lo espliciterà nel suo intervento per dichiarazione di voto il collega onorevole Federico Fauttilli (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paglia. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Noi, se quest'Aula permette, proveremmo a prenderla da un punto di vista un po’ diverso da quello che ho sentito fino a questo momento, e credo che sarebbe, poi, il punto di vista da cui, in realtà, dovrebbe prenderla l'intero Parlamento e, soprattutto, il Governo, nel momento in cui, con il DEF, viene in qualche modo a raccontare a noi, al Paese e all'Europa le priorità nella programmazione dei prossimi tre anni, quali sono e come intende affrontarle.
Perché dico che la prenderemo da un punto di vista un po’ diverso ? Perché, anziché partire dai grandi elementi delle variabili e delle compatibilità macroeconomiche di finanza, preferirei partire da altri due dati. Il primo è quello sulla disoccupazione in questo Paese, che continua ad essere a livelli record, sopra il 12 per cento: l'ultimo rilevamento parla del 12,7 per cento, ma, soprattutto, parla di una disoccupazione giovanile che continua ad essere all'indecente livello del 42 per cento, senza accennare in alcun modo a calare o ad avere delle varianze significative verso il basso.
L'altro elemento che credo dovremmo avere sempre ben presente ogni volta che parliamo di economia pubblica, di programmazione, e quindi di intervento della politica in materia economica, è quello sulla povertà. Ricordo sempre a questo Parlamento – lo abbiamo già fatto molto volte – che sono oltre sei milioni le persone in condizione di povertà assoluta in questo Paese.
Quindi, quando pensiamo alle soluzioni, a quelli che pensiamo debbano essere gli obiettivi di economia politica, noi pensiamo sempre, assolutamente, a queste due cose: da un lato, la disoccupazione, che deve a tutti i costi calare e tornare ad essere compatibile con un ordinario regime democratico e sociale, ma, soprattutto, compatibile con la Costituzione, fondata sul lavoro, all'articolo 1, e, dall'altro, quello della povertà, che grida vendetta, perché sei milioni di poveri, in un Paese come l'Italia, non sono semplicemente un problema statistico, ma sono un'urgenza improrogabile di dramma e di solitudine sociale in questo Paese.
Perché dico che è un problema politico ? Perché la domanda da cui dovremmo partire è se l'Italia sia un Paese povero. L'Italia non è un Paese povero: questo continua ad essere un angolo di mondo in cui soggiace il 5,7 per cento, secondo gli ultimi dati, della ricchezza mondiale. Noi siamo l'1 per cento della popolazione a questo mondo, produciamo il 3 per cento del reddito, abbiamo il 5,7 per cento della ricchezza: una massa enorme rispetto a quello che siamo.
Quindi, quando si è ricchi, quando si produce molto più reddito di quello che sarebbe il proprio ruolo nel mondo, ma si ha un'altissima disoccupazione e un'altissima povertà assoluta, questo significa che vi è un problema esattamente di scelte politiche; vi è un problema di scelte politiche, vi è un problema legato al dramma della disuguaglianza.
Noi sappiamo che tutte le scelte politiche fatte dagli ultimi Governi, sia stato il Governo Berlusconi, sia stato il Governo Monti, sia stato il Governo Letta, sia stato il Governo Renzi, altro non hanno fatto – ce lo dicono, anche qui, i dati, le statistiche: non è una nostra invenzione – che alimentare, volenti o nolenti, la disuguaglianza. La disuguaglianza, in questo Paese, è sempre cresciuta, e con la disuguaglianza sono cresciute, non a caso, sia la povertà sia la disoccupazione. Quindi, davanti a questo DEF, noi ci chiediamo se si vada ad invertire, finalmente, questa tendenza, e la risposta, purtroppo, è «no».
Per invertire questa tendenza, bisognerebbe fare quello che Sinistra Ecologia Libertà propone, ovvero un grande piano diverso sulle entrate – adesso proverò a dire qualcosa – che vada a prendere le risorse laddove ci sono, cioè o negli sprechi Pag. 17veri, come le spese militari in questo Paese, che sono uno spreco, oltre che economico, anche morale, devo dire, oppure su quella che è la grande ricchezza immobilizzata, e non a caso noi proponiamo una patrimoniale sulle ricchezze finanziarie, una piccola patrimoniale, oltre i 100 mila euro, e crescente, che potrebbe produrre cinque miliardi di entrate di gettito.
Altri 6 miliardi potremmo recuperarli, appunto, dalla rinuncia agli F35 e ad alcune grandi opere, su cui fortunatamente pare si sia aperto un dibattito all'interno del Governo, non sufficiente però, se è vero che per esempio l'alta velocità Torino-Lione continua ad essere, contro ogni evidenza e contro ogni necessità, considerata una priorità per questo Paese. Se facessimo una Tobin tax decente in Italia, non quella che abbiamo adesso introdotta da Monti, che è una finta e che di fatto è un aggravio di tassazione anche sui piccoli risparmi, ma una Tobin tax vera, che vada a colpire la speculazione finanziaria reale, potremmo trovare altri 3,5 miliardi. Altri 8 miliardi si potrebbero trovare facendo una cosa coraggiosa, cioè mettendo in discussione fino in fondo – fino in fondo – i parametri di Maastricht e gli obblighi che il fiscal compact ci dà, arrivando semplicemente ad utilizzare tutto lo spazio fino al 3 per cento. Infatti c’è una scelta di politica economica coraggiosa, che in Europa si può fare e cioè dire: lo spazio fino al 3 per cento lo abbiamo, lo utilizziamo, perché noi vogliamo crescere, perché abbiamo un problema sociale drammatico, che non si risolve se non con il lavoro e con politiche pubbliche. Oppure si può fare quello che fa il Governo e su cui dirò qualcosa fra pochi minuti, cioè prendere un pezzettino, uno 0,1 per cento, e incamerare 1,6 miliardi da destinare presumibilmente semplicemente a propagande elettorali di basso, bassissimo livello.
Con le nostre proposte si troverebbero quasi 24 miliardi che si potrebbero utilizzare per due interventi equivalenti sul piano del costo, 12 e 12, diciamo. Da un lato ci vorrebbe un piano straordinario per il lavoro, attraverso il lavoro diretto ma soprattutto indiretto, in un piano di manutenzione del territorio, di efficientamento energetico e di diffusione delle energie rinnovabili, anche pubbliche, in una vera lotta al dissesto idrogeologico e in una vera messa in sicurezza delle scuole. Sono le emergenze che tutti voi a giorni alterni – la domenica di solito nei convegni – indicate esattamente come noi come priorità per il Paese, senza poi però fare nulla, anzi in questo DEF, per quanto riguarda la manutenzione delle scuole, andate a togliere 486 milioni di euro, anziché metterne. Noi credo che ristruttureremmo e metteremmo in sicurezza l'Italia e contemporaneamente, secondo le nostre stime – che non sono particolarmente ottimistiche – genereremmo 3 milioni di posti di lavoro. Di questo ha bisogno l'Italia: 12 miliardi. Gli altri 12 miliardi servirebbero per l'introduzione di un reddito minimo garantito per chi è in condizioni di disoccupazione e per chi perde il lavoro. Questa è una grande, vera urgente manovra, non solo contro la povertà, perché non è semplicemente un tema di povertà, ma contro l'esclusione sociale. Infatti, c’è una cosa che è molto peggiore della povertà, ed è l'esclusione sociale, ovvero il fatto che chi è povero venga messo in una condizione in cui non può godere fino in fondo dei diritti civili, politici e sociali in questo Paese. Chi è povero non ha la cittadinanza piena e anche qui si esce dalla Costituzione, perché la nostra Costituzione non prevede che possano esserci cittadini di «serie A» e cittadini di «serie B» sulla base del censo. Questa sarebbe la nostra manovra economica, questo sarebbe il nostro DEF.
Invece cosa dobbiamo leggere ? Su cosa si continua ad andare avanti ? Si va avanti su una strada che è sempre fondata su assi fondamentali quali le privatizzazioni e i tagli, i tagli e le privatizzazioni. Si inventa un ottimismo di carta, per cui si scrive che noi cresceremo dello 0,7, dell'1,5, dell'1,6 per cento, sempre qualche punto in più di quello che indicano le grandi organizzazioni internazionali, siano il Fondo monetario, sia l'Unione europea. Come dicevo Pag. 18prima, si arriva ad inventare un bonus DEF, francamente buono per un hashtag, buono per la propaganda, ma anche abbastanza miserabile.
Penso a cosa ho dovuto leggere – lo dico con franchezza – ad un certo punto, tra le varie idee che sono state lanciate da Ministri, che hanno parlato ciascuno in libertà, per così dire. Infatti questo è un Paese in cui, quando si buttano le briciole, evidentemente la politica ha sempre l'abitudine di buttarsi come i pesci. Quindi è arrivata la briciola del bonus DEF e ognuno ha potuto dire la sua. Tra le varie abbiamo anche dovuto sentire una specie di bonus di 20 euro al mese per chi è sotto la soglia di povertà. Sotto la soglia di povertà vuol dire fondamentalmente non avere abbastanza reddito per permettersi un tetto e alimentazione sufficiente. Venti euro al mese sono sessantasei centesimi al giorno. Se quello che questo Governo pensa come lotta alla povertà è l'elemosina di Stato, noi non potremo mai essere d'accordo, anche perché chi ha vissuto la povertà, come i nostri nonni in un altro momento culturale di questo Paese, ci ha insegnato che anche quando si è poveri l'elemosina si rifiuta.
Infatti, non è mai una questione di elemosina, ma è sempre una questione di giustizia sociale, che è esattamente quello che in questo momento manca e continua a mancare in questo Paese.
Cosa fa il Governo ? È interessante capire da cosa deriverebbe questa crescita nei prossimi anni superiore al punto percentuale, come sostiene il Governo. Non sono cifre eccezionali, lo ricordo sempre en passant. Quando si discuteva in un altro contesto economico, gli economisti suggerivano – per la verità, l'ha continuato a ripetere e l'ha ripreso recentemente Lucrezia Reichlin che, evidentemente, continua ad avere una memoria – che, per generare occupazione nel mondo attuale, è necessaria una crescita almeno del 2 per cento, altrimenti si è stabili dove si è. Essere stabili al 12 per cento di disoccupazione non è evidentemente un punto in cui si possa stare. Il che significa – ma, giustamente, anche il DEF lo dice – che con la crescita prevista noi di occupazione aggiuntiva in questo Paese non ne avremo. E, infatti, come ripeto, il DEF questo lo scrive. Ma la crescita da cosa dovrebbe derivare ? Cito esattamente com’è riportato nei vostri documenti: per lo 0,6 per cento dal Jobs Act, per lo 0,4 per cento dalla riforma della pubblica amministrazione e da presunti interventi per la competitività, per lo 0,3 per cento della riforma della buona scuola e per lo 0,1 per cento dalla riforma della giustizia.
Ora, quale sia l'impatto sulla crescita del Jobs Act credo che qualcuno qui dovrebbe avere la bontà di venircelo a spiegare, perché il primo impatto sull'occupazione l'abbiamo visto e, se non ricordo male, è quantificato in 13 posti di lavoro; non in 13 mila, ma in 13 posti di lavoro aggiuntivi. Dopodiché, siamo tutti d'accordo: meglio l'occupazione stabile dell'occupazione precaria; meglio un contratto a tempo indeterminato, almeno quelli che c'erano fino al 7 marzo, di un contratto a termine, anche se, vedete, quando il contratto a tempo indeterminato deriva solo ed esclusivamente da una sostituzione, dovuta, a sua volta, alla droga iniettata nel sistema dai contributi per la decontribuzione di tre anni, il rischio che quei contratti non siano realmente a tempo indeterminato, ma in realtà siano a termine, è una cosa che possiamo immaginare.
Ma qual è l'impatto sulla crescita ? L'impatto sulla crescita non c’è, perché il lavoro è lavoro e qui non c’è lavoro aggiuntivo. Quando non c’è lavoro aggiuntivo, non ci si può immaginare crescita. E, francamente – in conclusione, perché poi altro diranno i miei colleghi –, come la «Buona scuola» possa impattare per lo 0,3 per cento sulla crescita del PIL, nei tre anni – e non nella prospettiva di lunghissima durata, perché migliori studenti avranno migliore produttività –, questo è tutto da vedere. Anche perché, a proposito di buona scuola, insegnanti, genitori e tutto il popolo della scuola ci stanno dicendo – e ce lo diranno nello sciopero del 5 maggio – che lì non c’è niente di buono, ma c’è molto di cattivo e c’è un depauperamento ulteriore della formazione Pag. 19nel nostro Paese e poche risorse. E, se l'aiuto all'economia deve derivare dal fatto che dei ragazzi vadano a lavorare gratuitamente in estate, francamente anche da questo punto di vista non ci siamo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il giudizio complessivo di Scelta Civica sul DEF per il 2015 è positivo e su tutti gli indicatori che segnano un andamento positivo nei prossimi anni ci troviamo d'accordo. Ci troviamo d'accordo anche con tutte le voci che sono incluse nel documento che andremo ad approvare. Quindi, complessivamente, riteniamo che ci sia un andamento migliore che negli anni scorsi e che alcune delle riforme che sono state fatte abbiano portato a dei risultati e che, dunque, il Documento possa essere soddisfacente.
Detto questo, anche perché poi i miei colleghi interverranno successivamente in dichiarazione di voto su altri punti, vorrei toccare due aspetti che, a nostro modo di vedere, richiederanno interventi ancora più incisivi e che, forse, sono trattati in maniera non sufficientemente approfondita nel Documento.
Il primo ha a che fare con il taglio della spesa. Nel Documento si parla di un taglio della spesa dello 0,6 per cento nel 2016 e di un approccio al taglio alla spesa che dovrebbe essere, come si dice, sugli stessi binari degli anni precedenti. Alcune delle voci sono sicuramente corrette: si parla del taglio alle partecipate, si parla della revisione degli incentivi, si parla delle centrali di acquisto. Ecco, però, su questi argomenti noi crediamo che si debba intervenire in maniera più organica di quella che oggi è indicata o delineata, in particolare per quel che riguarda la struttura della pubblica amministrazione.
Arriverà presto il disegno di legge delega sulla pubblica amministrazione, che prevede una serie di interventi. Alcuni sono anche accennati nel DEF. Noi crediamo che, per poter avere reali risparmi di spesa, la pubblica amministrazione vada rivista nelle sue funzioni, non solo nella sua organizzazione a funzioni correnti. Non si fa quasi dall'unità d'Italia una revisione delle funzioni. In molti casi, non si sa neanche cosa la pubblica amministrazione faccia. Sicuramente fa troppo, sicuramente ci sono moltissime duplicazioni e sicuramente i nostri cittadini e le nostre imprese vivono una situazione nella quale il rapporto con la pubblica amministrazione è complesso, se non misterioso, determinate volte perché non si riesce neanche a capire chi debba fare cosa, perché lo debba fare, perché lo Stato debba interferire su una serie di attività che potrebbero benissimo essere libere.
Noi presenteremo delle proposte specifiche su questo e pensiamo che tutta la pubblica amministrazione debba essere rivista e ridotta. Infatti, è verissimo quello che ha detto poco fa il collega Paglia, dicendo che, con la ricchezza dei nostri Paesi, è inammissibile che vi siano livelli di povertà come quelli che ci sono in Italia, ma la redistribuzione non è soltanto una redistribuzione di redditi, è anche una redistribuzione di spesa. Il nostro Paese, il nostro Stato, le nostre amministrazioni locali spendono magari non per loro colpa, ma semplicemente per un problema di loro organizzazione, enormemente di più di quello che potrebbe spendere uno Stato e delle istituzioni ben organizzate. Lo dimostra il fatto che, tagliando come si prevede oggi la spesa pubblica nel DEF, se si va a vedere l'andamento delle spese correnti che è riportato nel DEF, si vede che, nell'arco di quattro anni, la spesa cresce di una quarantina di miliardi. Questo a fronte di tagli della spesa, perché semplicemente la struttura stessa della nostra pubblica amministrazione non è controllata e non è controllata perché in molti casi fa cose che non c’è bisogno che faccia.
È ovvio che questo può portare anche a una riorganizzazione dal punto di vista del lavoro. È indubbio che è così e quelli andranno gestiti con adeguati ammortizzatori, Pag. 20ma noi abbiamo Stato e pubblica amministrazione inutili in una quantità di aspetti della vita dei cittadini e delle imprese.
Uno di questi aspetti è quello delle partecipate pubbliche degli enti locali, sulle quali Scelta Civica dall'inizio della legislatura ha presentato emendamenti. Finalmente nella legge di stabilità sono state fatte delle cose, ma sono state fatte delle norme che non sono sufficientemente dure nell'imporre la chiusura di società inutili, nell'imporre il ritiro dello Stato e del pubblico da attività che non dovrebbe svolgere, nell'imporre l'eliminazione di enti, imprese e società che servono solo a dare posti a qualcuno.
Noi nel disegno di legge cosiddetto Madia, quando arriverà quel dibattito, presenteremo delle proposte molto più drastiche di quelle che sono state approvate e contiamo che il Governo, che ha manifestato l'intenzione di agire in maniera radicale su questo aspetto, ci sostenga. Anche perché il punto centrale per poter avere ricchezza è quello di crearla. La produzione di ricchezza, la creazione di ricchezza parte dal nostro sistema di imprese, il nostro sistema di imprese ha un enorme problema di competitività e di concorrenza ed è assurdo che, in un Paese in cui esiste un enorme problema di concorrenza, uno dei problemi più grandi che le nostre aziende hanno in una serie di settori è la concorrenza di aziende pubbliche. In moltissimi casi – parlo di tutti i servizi pubblici locali, ma anche di altre attività che con i servizi pubblici locali non hanno niente a che vedere – noi ci troviamo imprese private che si trovano a competere in condizioni di chiara sproporzione, per non dire scorrettezza in molti casi, con aziende pubbliche, che sono state create spesso dagli enti locali solo per gestire interessi molte volte politici.
Questa è una situazione che non può continuare. Ci sono situazioni nelle quali società pubbliche distribuiscono dividendi dopo aver raccolto tariffe sui servizi pubblici altissime. Quelle sono tasse, perché quei dividendi vengono poi spesi per la gestione degli enti locali e allora tanto vale chiamarle tasse. Ci sono situazioni di attività immobiliari, di attività commerciali di tutti i tipi, supermarket, farmacie, tutti gestiti dal nostro settore pubblico, peraltro male, spesso in perdita.
Senza intervenire su questo, senza una maggiore concorrenza, senza una liberalizzazione dei nostri mercati, non si può chiedere alle nostre imprese di fare molto di più, perché si scontrano continuamente con un settore pubblico che, di fatto, ancora rappresenta una grandissima parte della nostra economia.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Concludo sulle tasse, dicendo che per noi è fondamentale la revisione del nostro sistema fiscale, che si sarebbe dovuto parlare di più, nel DEF, di imprese e, soprattutto, che si dovrà arrivare, prima o poi, sì ad una revisione degli incentivi alle imprese, come ha previsto lo stesso Governo nel Documento di programmazione economica, ma quella revisione degli incentivi deve essere utilizzata tutta per ridurre l'imposizione ordinaria delle imprese. Solo così si può pensare di rilanciare la competitività, di creare più ricchezza e di distribuirla (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il quadro macroeconomico descritto nel DEF, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 10 aprile nella sua versione programmatica, risulta venato da una notevole dose di ottimismo, com’è dimostrato dal confronto con le previsioni di tutte le principali istituzioni internazionali, dal Fondo monetario internazionale alla Commissione europea. La stessa Banca d'Italia, proprio in questi giorni, nel suo Bollettino Economico, ne ha notevolmente ridimensionato le pretese, proprio a partire dall'anno in corso, con evidenti Pag. 21effetti immediati negli anni successivi. Tutte le audizioni hanno, sostanzialmente e in maniera significativa, con varie argomentazioni, con vari modelli statistici, con vari riferimenti, segnalato questo eccesso di ottimismo, soprattutto, nelle previsioni programmatiche di finanza pubblica, dei conti pubblici del Paese.
Gli andamenti del primo trimestre, che dovrebbero portare ad una crescita del PIL dello 0,1 per cento, sono coerenti con questi elementi di preoccupazione, considerato che l'acquisito per l'anno in corso – tutto il dato acquisito – è pari a meno dello 0,1 per cento. Ne deriva che, per realizzare gli obiettivi indicati dal Governo, l'economia dovrebbe crescere nei prossimi mesi dello 0,7 per cento: prospettiva senza dubbio auspicabile, ad avviso di Forza Italia, ma altrettanto improbabile e non solo per noi.
Si potrebbe ancora forzare il sentiero dello sviluppo, ma questa strategia richiederebbe una politica economica ed una visione che mancano nell'ordine del giorno del Governo, che si limita solo ad incassare il dividendo che deriva dalle migliorate condizioni internazionali, sempre che le turbolenze legate al caso della Grecia non siano destinate a mutarne radicalmente il clima. La verità è che il tema di come fare sviluppo in una situazione caratterizzata dalla scarsità delle risorse pubbliche a disposizione rimane la grande incognita, rispetto alla quale il Governo si trova impotente.
Al fine di individuare i possibili meccanismi autopropulsivi dello sviluppo, sarebbe necessario avviare un grande confronto con tutte le forze presenti in Parlamento, puntare sul dialogo e l'inclusione. Il Governo segue, invece, una linea opposta: quella dell'uomo solo al comando, con un continuo restringimento della sua base parlamentare e il tentativo di stabilire un rapporto diretto e non mediato con l'elettorato, utilizzando lo strumento della spesa pubblica, il cosiddetto tesoretto come semplice «carota» per convincere i perplessi.
A tal proposito, signora Presidente, io richiamo fortemente la sua attenzione sul problema della situazione del cosiddetto tesoretto, perché noi in audizione, in Commissione bilancio, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare il presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio; non solo abbiamo ascoltato il presidente – ma quella è l'istituzione, dal punto di vista istituzionale, a cui noi dobbiamo fare, per forza, riferimento –, ma anche, poi, i dati della Corte dei conti e della Banca d'Italia. In sostanza, questa possibilità viene ritenuta non solo imprudente, ma, a nostro avviso, non praticabile dal punto di vista della correttezza dell'ordinamento contabile della finanza pubblica rispetto alle vigenti norme nel corso dell'esercizio finanziario.
Noi neanche abbiamo concluso i quattro mesi di questo esercizio finanziario: come si fa a prevedere che possa esserci, entro il 31 dicembre di quest'anno, con le varie turbolenze che sono corso, la possibilità di utilizzare 1,6 miliardi di euro ?
Questa operazione, secondo le regole della contabilità e anche del buonsenso, ha solo due possibilità: la prima, che il Governo si impegni, di modo e di fatto, nella risoluzione che presenterà ad attuare una variazione di bilancio. Potrebbe farlo tranquillamente, sarebbe una strada corretta: fa una variazione rispetto all'attuale bilancio dello Stato. Peraltro, anche la Commissione bilancio ieri si è pronunciata dicendo che la condizione è questa, ossia che può essere fatto questo provvedimento, se il Governo se ne assume la responsabilità e la necessità e se vengono utilizzate le risorse attualmente presenti nel bilancio dello Stato come competenza e cassa. Questa è una cosa corretta.
Se, invece, si vuole scegliere un'altra strada, allora, come dice il presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, bisogna quanto meno utilizzare la rispondenza delle eventuali entrate fiscali della fiscalità generale (quindi, siamo già a giugno o luglio, con il 730 e il 740) e correttamente in sede di assestamento di bilancio.
L'Ufficio parlamentare di bilancio – signora Presidente, io richiamo la sua attenzione formalmente – ha l'obbligo di vigilare su questo aspetto, perché non Pag. 22esiste al mondo che sul problema della risoluzione, che sarà presentata... Noi faremo la risonanza magnetica alla risoluzione su questo aspetto, così come l'Ufficio parlamentare e anche l'ufficio di bilancio della Camera preposto devono fare la risonanza magnetica, perché colpi di mano o artifici contabili, al di fuori di quello che prevedono le norme contabili e la legge di contabilità n. 196 del 2009, non possono essere fatti, occorre che ci sia la certezza delle entrate.
Se il Presidente del Consiglio e il Governo ritengono di fare e di adottare questa procedura del tesoretto e quant'altro, si devono assumere la responsabilità di fare una variazione di bilancio. Questa è la situazione corretta, non che ci sono degli artifici in giro, secondo le voci che io mi auguro non siano riscontrate. In queste ore, mentre noi parliamo, c’è uno scontro non di poco conto tra la Ragioneria generale dello Stato e la Presidenza del Consiglio, perché dalla Presidenza del Consiglio giunge voce che vorrebbero utilizzare una specie di anticipazione sul risparmio. Dove sta il risparmio ? Dove sta la certezza delle entrate ?
Eppure, l'esperienza storica dovrebbe illuminare. Quando si ricorre a strumenti di questo tipo, invece di mobilitare le risorse di una sana economia, i risultati non possono che essere deludenti. Lo si è visto con l'elargizione a pioggia degli 80 euro: dovevano determinare un impatto immediato sulla crescita del PIL e, invece, i risultati a consuntivo ne dimostrano tutta l'inadeguatezza. Da un lato, quasi 10 miliardi di spese in più, oltre lo 0,6 per cento del PIL; dall'altro, un impatto sul PIL che le valutazioni più ottimistiche stimano nello 0,1 per cento dello stesso aggregato.
Ripetere l'esperimento utilizzando nuove risorse per un valore pari a 1,6 miliardi di euro non sarebbe solo sbagliato, ma una perseverazione diabolica nell'errore, oltre che essere contro le leggi dello Stato. Le proposte governative rischiano pertanto di creare un buco nell'acqua e di sprecare le opportunità di una situazione internazionale che non può durare all'infinito. La caduta del prezzo del petrolio, l'erosione del cambio, il quantitative easing rappresentano quella finestra, come più volte indicato dal Ministero dell'economia, destinata a chiudersi prima o poi.
Anche il Presidente della Banca centrale europea ha detto che l'attuale fase economica favorevole per le condizioni esogene – non certo per merito del Governo – è del tutto passeggera e che, invece, bisogna cercare interventi strutturali, che ancora noi non vediamo da nessuna parte descritti, se non accennati, evocati, annunciati come sempre in questo DEF. Non approfittarne con politiche ambiziose, focalizzate sul mercato e sui suoi meccanismi di funzionamento non può che comportare un tragico errore, l'ennesima occasione persa da parte del Governo del Paese.
La dimostrazione di quanto appena detto la si ritrova nelle previsioni dei principali organismi internazionali. Secondo il Fondo monetario internazionale nei prossimi cinque anni (traguardo 2020) l'Italia crescerà a ritmo più basso di tutti i Paesi dell'Eurozona.
Le stime parlano di uno sviluppo medio dell'1 per cento contro l'1,6 per cento dell'Eurozona. Meglio dell'Italia non farà solo la Germania ma la Francia, la Spagna, e anche la Grecia, il Portogallo, Cipro e la Slovenia, ovvero Paesi che hanno subito una crisi finanziaria che li ha portati sull'orlo del default. Se questo dovesse essere l'effettivo orizzonte, l'Italia, una volta risorsa dell'intera l'Europa, diverrà il suo principale problema. Alla crescente insostenibilità del suo debito sovrano, checché ne dica il Ministro dell'economia, si accompagnerà un'anemia produttiva destinata a far risaltare ancora di più lo squilibrio nei suoi fondamentali. Si aprirebbe in questo caso uno scenario insolito. Negli anni Ottanta, infatti, il debito, per motivi complessi in parte legati ai mutamenti intervenuti nella politica monetaria americana (la cosiddetta rivoluzione di Paul Volcker, allora Presidente della FED), cresceva in modo preoccupante, ma il ritmo di sviluppo dell'economia italiana era tra i più alti in Europa. Pag. 23L'asimmetria di questi andamenti contribuiva ad evitare effetti cumulativi che, altrimenti, avrebbero determinato – come poi avvenne nel 1992, a seguito della riunificazione tedesca, che alimentò la crisi dello SME – effetti distruttivi.
Memori quindi dell'esperienza storica più recente, è bene guardare al futuro con meno beota incoscienza e più determinazione. Il Governo punta a far crescere il potenziale produttivo italiano attraverso le riforme ipotizzate, che, tuttavia, come ricordava la Banca d'Italia, non basta annunciare. La contraddizione di questa prospettiva con il breve periodo è evidente. I loro effetti, se mai si verificheranno nella dimensione più volte enunciata e altrettanto rimaneggiata, si avranno nell'arco di quattro, cinque anni o forse mai. Nel frattempo, come sarà cambiata la situazione internazionale ? Il rischio di un amalgama non riuscito è del tutto evidente. Ragioni di prudenza, miste al realismo, richiederebbero pertanto una riflessione più approfondita sui dati forniti dal Governo nella sua previsione. Secondo i valori indicati, la crescita per l'anno in corso dovrebbe essere alimentata in parte dalla domanda interna, che dovrebbe contribuirvi per lo 0,4 per cento, ed in parte dall'estero per il restante 0,4, mentre dalle scorte si dovrebbe avere un effetto negativo dello 0,1 per cento. Lo scorso anno la forte compressione del PIL (meno 0,4 per cento) è stata determinata, in misura rilevante, dalla compressione della domanda interna (consumi delle famiglie ed investimenti), con una caduta, in termini di contributi alla crescita del PIL dello 0,6 per cento. È realistico ipotizzare un vero e proprio ribaltamento, che dovrebbe avere la dimensione di 1 punto di PIL, per far quadrare la previsione. Qualche sintomo di risveglio si intravede ma finora i consumi delle famiglie, in leggera ripresa, si sono concentrati solo sui beni durevoli, fatto fisiologico, dopo tre lunghi anni di contenimento. Ciò che ancora manca è la diffusione del fenomeno ai beni comuni, che rappresentano il pavimento indispensabile per una loro ripresa duratura. Gli altri elementi della previsione non sfuggono alla critica. Nel DEF non viene fatta alcuna differenza tra investimenti pubblici e privati. Si prevede una loro ripresa, con un contributo alla crescita del PIL dello 0,2 per cento, ma Banca d'Italia ha dimostrato che, mentre le uscite in conto capitale resterebbero sostanzialmente stabili, le uscite primarie crescerebbero dell'1,3 per cento. Quindi, la ripresa degli investimenti è affidata solo al settore privato, dove, tuttavia, esiste una grande capacità produttiva inutilizzata. Forse, le imprese che operano sui mercati internazionali si muoveranno secondo le indicazioni fornite, ma si tratta, pur sempre, di una massa critica (circa il 30 per cento delle imprese italiane, in termini di valore aggiunto) limitata. Se non ripartirà la domanda interna è difficile che il processo possa avere la diffusione ipotizzata.
Sul fronte dell'estero, la previsione è più realistica. Lo scorso anno esso ha contribuito per lo 0,3 per cento ad arrestare la maggiore caduta del PIL; allora le previsioni di crescita del commercio internazionale erano del 3 per cento. Per l'anno in corso è previsto un leggero miglioramento: 4 per cento, tutto qui. Il dato fornito dal Governo ha quindi una sua coerenza ma con una grande controindicazione. Il contributo dell'estero è dato dalla differenza tra export ed import. L'anno passato il suo contributo alla crescita del PIL scontava una forte compressione della domanda interna. Se quest'ultima dovesse crescere, secondo le ottimistiche previsioni del Governo – noi siamo convinti purtroppo del contrario –, le importazioni seguirebbero una traiettoria diversa dal passato e quindi quell'attivo dello 0,4 per cento, in termini di contributi alla crescita del PIL, risulterebbe fortemente ridimensionato. Quindi, sono aleatori i numeri che il Governo propone. Soffermarsi su un quadro macroeconomico è stato importante a causa delle conseguenze che il Governo attribuisce alla sua evoluzione. Nel 2016, come indicato nello stesso documento, occorrerà trovare le risorse indispensabili per far fronte alle clausole di salvaguardia previste nelle passate leggi di stabilità, per un Pag. 24valore pari ad 1 punto di PIL. Le risorse indispensabili per indicare questo traguardo sono state indicate, per 0,4 punti di PIL, nel miglioramento del quadro economico e per il restante 0,6 per cento, grazie ad un'ipotetica spending review di cui non si conosce la relativa specifica.
Se le cose dovessero risultare peggiori di quanto previsto, ed i margini di incertezza ai quali si è accennato non lasciano dormire sonni tranquilli, l'intervento, in termini finanziari, dovrebbe essere ancora più massiccio. Ed i dubbi che sono stati avanzati nei vari interventi, durante le audizioni parlamentari, relativi all'andamento del deficit strutturale, della regola della spesa e del contenimento del rapporto debito pubblico – in altri termini del rispetto delle regole europee – diverrebbero certezze. Purtroppo certezze negative, sulle quali, fin da ora, pesa la spada di Damocle della Commissione europea. Il Presidente Renzi nel semestre di Presidenza italiana non è riuscito ad ottenere nulla, non è riuscito a concretizzare in un impegno l'auspicio della cosiddetta flessibilità, neanche per la nettizzazione dei fondi strutturali europei rispetto alla richiesta di nettizzazione sul patto di stabilità interno in riferimento agli investimenti. Di questo chiaramente nel DEF non vi è traccia.
Si spiegano così le critiche unanimi, che sono state rivolte, rispetto all'ipotesi di un utilizzo preventivo di un presunto «tesoretto», a cui, signora Presidente, accennavo all'inizio del mio intervento, che al momento esiste solo nei computer di via XX Settembre. Se mai dovesse essere accertato, in sede di analisi del bilancio di assestamento e non prima, sulla sua possibile destinazione si dovrebbe discutere, tenendo conto del quadro complessivo dell'economia italiana. Resistendo alla tentazione di un uso solo politico del medesimo. È questione di serietà: di fronte all'opinione pubblica e all'Europa. Le risorse a disposizione possono essere usate solo quando sono state definitivamente accertate, secondo procedure e metodologie rigorose. Altrimenti si contribuisce solo ad alimentare lo sconcerto e il disincanto. Dalla Banca d'Italia e dalla Corte dei conti viene lo stimolo e l'indicazione, ove dovesse concretizzarsi l'eventualità di poter utilizzare quelle risorse, di destinarle alla riduzione del debito pubblico.
Il gruppo parlamentare Forza Italia, nella sua riflessione critica del DEF, ha rinunciato alla facile demagogia, facendo emergere preoccupazioni che sono reali, quale premessa che può essere foriera di ulteriori sviluppi e confronti parlamentari, dai quali non intende sottrarsi, nella consapevolezza dei rischi prospettici che gravano sulla società italiana. Da più parti si sono suggerite anche proposte alternative da contrattare in Europa, nel contesto di ciò che esiste all'interno dell'Europa. Altro che semestre europeo ! Nel semestre europeo il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto mettere in mora l'Europa, perché anch'essa è inadempiente rispetto al Patto di stabilità e crescita. Dopo circa 13 anni di moneta unica del Patto di stabilità e crescita purtroppo non abbiamo la stabilità finanziaria e della crescita non si vede l'ombra, perché anche il cosiddetto Piano Juncker è soltanto un'illusione. Meglio di niente, meglio feriti che morti, ma non porterà veramente dei risultati.
È necessario, pertanto, che il Governo soprassieda da qualsiasi decisione circa l'ulteriore distribuzione a pioggia di risorse che non sono state contabilmente certificate, impostando, al tempo stesso, una strategia di politica economica che non rimandi ad un tempo indefinito, e comunque disallineato dalle dinamiche della congiuntura internazionale, le necessarie misure da intraprendere. L'obiettivo è uscire dalla genericità delle enunciazioni circa la necessità di un maggiore sviluppo, indispensabile per arrestare i fenomeni di ulteriore arretramento rispetto alla realtà internazionale. Non dimenticando che, a differenza della maggior parte dei Paesi dell'Eurozona, l'Italia deve ancora recuperare circa 9 punti di PIL, per ritornare alla situazione del 2007. Ed è questo il duro fardello che deve essere rimosso, nel tempo più breve possibile. Pag. 25
Signora Presidente, mi limito ora ad illustrare ciò su cui in sede di dichiarazione di voto il mio gruppo tornerà una volta fatta la verifica rispetto a ciò che viene proposto nella risoluzione da parte del Governo in merito alle perplessità che ho evidenziato poco fa. Non è solo un fatto politico, nella maniera più assoluta, perché il Governo se vuole prendere quella strada può farlo tranquillamente assumendosene la responsabilità, purché lo faccia nella correttezza e nel rispetto delle leggi. Procedesse ad operare la variazione di bilancio, perché quella è la manovra corretta e noi non tollereremo che alla vigilia delle elezioni si faccia un decreto, che magari viene prima nascosto, perché mi rifiuto di credere che la Ragioneria generale possa bollinare una cosa diversa da quella, per poi scoprire, a risultato delle elezioni già acquisito, che il tesoretto in effetti non c'era e si debbono prendere altre risorse da poter essere utilizzate a pioggia per comprarsi il consenso elettorale (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto parlare il deputato Bernardo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Signora Presidente, sottosegretaria De Micheli, onorevoli colleghi, innanzitutto un riferimento al nostro amico e collega Paolo Tancredi che in questo momento si sta sottoponendo a degli esami all'ospedale Gemelli però ci fa stare anche sereni rispetto a quello che è accaduto di prima mattina.
Entrando nel merito, io, come Area Popolare, ma per quello che mi e ci riguarda, rispetto al Documento di economia e finanza, mi ritrovo nelle parole di coloro che si sono espressi prima di me, che vedono in questo atto un indirizzo importante per il sistema Paese, nelle regole europee, anche con riferimento a quegli organismi che, da anni, tracciano un percorso: i Governi immagino che in quel percorso debbano rispettare, sì, i conti, ma modificare il leitmotiv ricorrente nel parlare di austerità per il rilancio e la crescita. Allora, noi, come forze che stanno al Governo, siamo dell'idea che la strada è tracciata da alcuni anni a questa parte; i segnali, seppur contenuti, di ripresa economica del nostro Paese, con particolare ringraziamento alle famiglie italiane, al mondo delle imprese italiane, trovando necessariamente un momento di sponda, un sostegno vero e reale con le riforme che si stanno facendo in questo Paese, mi portano ad essere anche ottimista e a dare quel clima di speranza, certamente prudente, per i prossimi anni. Io credo che, da questo punto di vista, non vada dimenticato che, dal 2011 in poi, quelle che storicamente erano forze politiche culturalmente distanti (e, laddove si andava alle scadenze elettorali, si ritrovavano su fronti opposti), oggi, da diversi anni, cambiando i Capi di Governo, si ritrovano a condividere un percorso, a elaborare delle ricette di politica economica assieme, quindi a pensare che ricette miracolose non esistano rispetto allo stato di salute del nostro Paese, all'idea di dare un contributo importante alla comunità europea, nel rispetto della specificità della nostra Italia. Ciò, certamente, ci fa dire che non ci sono strade alternative, anche perché, per chi ci ascolta e segue da anni il dibattito parlamentare, anche al di fuori dei Palazzi, nel momento di confronto con gli economisti e con il mondo delle imprese, c’è quel rito – che io mi augurerei sempre fosse superato – secondo il quale, a seconda del momento storico in cui si è stati assieme o dal momento in cui si è all'opposizione, direi temporaneamente (e, se andassimo a vedere, anche gli ultimi vent'anni), la cosa che accadeva è che difficilmente venissero confermate quelle formazioni che governavano. Di fatto, noi abbiamo tracciato un percorso al di là dell'impostazione culturale e, ritrovandoci poi assieme come aree culturali diverse, come succedeva fino ad alcuni anni fa, abbiamo elaborato un rilancio del Paese importante e i dati macroeconomici che ci vengono dati dagli organismi internazionali, da quel tessuto produttivo che rende ricca l'Italia, ci fanno ben sperare. Certo, sono in corso d'opera alcuni ritocchi, alcune Pag. 26modifiche. Sappiamo bene che il Documento di economia e finanza contiene temi ma soprattutto argomenti che riguardano la legge di stabilità, le linee di indirizzo, quello che è il Piano nazionale di riforme.
E, allora, voglio mettere in risalto quanto ad oggi abbiamo fatto, quello che accade nelle Commissioni competenti. Infatti, tutti quanti sappiamo bene che il dibattito vero non è quello che facciamo in occasioni come quella di oggi, ma è quel momento in cui ci ritroviamo nelle Commissioni competenti, dove gli argomenti si approfondiscono, diamo vita ad audizioni importanti con quelle realtà, quei gangli, che alimentano e animano il dibattito economico-finanziario del nostro Paese, realizziamo quell'ascolto necessario, che ci fa correggere anche la rotta. E dopo arriviamo, come succede oggi, al voto finale e assumiamo quegli atti guida, quelle linee guida di indirizzo, che andranno poi a dare delle risposte.
Non vanno dimenticate le diverse riforme che noi abbiamo condiviso, stando al Governo, cercando anche di attingere alle opposizioni, in quell'ascolto giusto, legittimo, necessario, anche quando lo scontro è duro, e cercando di avere un dibattito costruttivo nell'interesse generale.
Chiudo, quindi, ricordando le riforme sul sistema bancario – quello che leggevamo oggi sui giornali economici – e in materia di lavoro, ricordando quando il Ministro di allora si chiamava Maurizio Sacconi – oggi presidente della Commissione lavoro del Senato – e quelle ricette, che già alcuni anni fa decidemmo di fare nostre – e in parte ci riuscimmo – e che oggi decidiamo di condividere.
Ecco perché noi riteniamo che ci debba essere quell'aspetto di positività, tale da far credere ai nostri concittadini convintamente che questa sia la strada della ripresa, per quanto ci sia ancora ovviamente da fare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Busto. Ne ha facoltà.

MIRKO BUSTO. Grazie, Presidente. Sono chiamato qui a fare un'analisi della parte ambientale di questo Documento. Non è un compito facile, perché in effetti la prima cosa che mi viene da dire è che, in realtà, manca una visione ambientale compiuta in questo Documento. C’è poco, quel poco che c’è è «fuffa», parole. Manca, per l'appunto, la consapevolezza del momento storico in cui viviamo.
In realtà, una cosa positiva l'abbiamo trovata e voglio cominciare con questa: le infrastrutture strategiche sono diminuite, passando da oltre 400 a 25. Però, quello che viene da pensare è che è cambiata la strategia, è cambiato il numero delle infrastrutture strategiche, ma le altre ci sono ancora, sono ancora lì che aspettano tempi migliori. E tra queste, che invece verranno portate avanti con priorità, c’è ancora il TAV, c’è ancora il MOSE – l'abbiamo visto citare prima –, ci sono tante opere per un costo anche molto significativo, di oltre 16 miliardi.
Qual è il punto ? Il punto è che, in realtà, questo Paese avrebbe bisogno di grandi opere, però non di quelle che proponete voi, perché la visione che state portando avanti è una visione che andava bene all'inizio di questo secolo, è una visione futurista: i treni veloci, le autostrade...
Invece questo è un tempo diverso, è un tempo in cui dovremmo parlare di dissesto idrogeologico: se ne sente parlare tutti i giorni qua dentro, ogni volta che c’è un'emergenza, se ne parla. Adesso è il momento di metterci dei soldi e di farlo in maniera pianificata, per il futuro. E in questo caso, come al solito, si fa fatica. Si fa fatica a pianificare sul breve, sul medio e sul lungo periodo, un problema così importante, che costa ogni anno alle casse dello Stato milioni e milioni di euro.
Vi sono poi gli interventi antisismici per gli edifici pubblici, che sono legati a tanti problemi di questo Paese, che abbiamo visto, ad esempio, quando si parlava prima di scuola.
Ma un altro problema enorme è quello delle bonifiche: questo è un Paese in cui sono presenti larghissime parti del territorio Pag. 27completamente inservibili, che provocano un danno ambientale e alla salute dei cittadini italiani.
Le bonifiche, peraltro, sarebbero, insieme anche agli interventi per il dissesto idrogeologico, un volano enorme per generare e per creare occupazione, che si dice, giustamente, manchi tanto in questo Paese. E, peraltro, sono interventi che hanno un elevato numero di posti di lavoro per capitale investito, molto, molto di più rispetto alle infrastrutture stradali o ferroviarie.
Perché ? È semplicissimo: perché noi diamo da lavorare a piccole-medie imprese, piccole-medie imprese che utilizzano il capitale per remunerare le persone e non gli azionisti. Quindi, essendoci una catena più diretta tra soldi investiti e posti di lavoro generati, è più facile occupare le persone e, peraltro, magari occupare persone del territorio, persone che lavorano sul territorio e, quindi, generare di nuovo un'economia locale più forte.
Poi, manca il parlare seriamente di mobilità sostenibile. E anche qui noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo scritto diverse proposte di legge sulla mobilità sostenibile. Io sono il primo firmatario di una sulle green ways, le autostrade verdi. Il discorso è che l'Italia è un Paese ricco, ricchissimo di cultura, ricchissimo di cultura enogastronomica, ricchissimo di paesaggio. E la naturale modalità di esplorare questo Paese sarebbe un turismo dolce, un turismo ciclistico, un turismo di qualità, dove le strutture ricettive, diffuse sul territorio, potrebbero, appunto, fare apprezzare la nostra biodiversità culturale, oltre che naturale. Per questo è importante investire in questo settore. È drammatico pensare solo ad una stupidaggine: gli italiani vanno a fare cicloturismo, sì, ma vanno a farlo in Germania, in Olanda, e non lo fanno in Italia. Io sono un ciclista e sappiamo che in Italia un ciclista rischia di fare il morto più che il turista, turista della corporeità.
Quindi, ciò detto mi chiedevo prima il perché questo momento è un momento storico, in cui noi dovremmo affrontare questi problemi in maniera compiuta. Perché in questo DEF si parla anche di cambiamento climatico. Ora, io voglio ricordare a quest'Aula, dove la discussione non avviene più da tanto tempo, che noi ci avviciniamo a un momento difficile, probabilmente. L'IPCC, il pannello intergovernativo sul cambiamento climatico, ci sta dicendo una cosa preoccupante: ci sta dicendo che stiamo seguendo il peggiore scenario emissivo tra quelli che sono stati proposti. Si chiama RCP8.5 e porterà a un aumento di temperatura di oltre 4 gradi, anche 6, entro la fine del secolo.
Ora, una contingenza come questa, con 4-6 gradi in più, vuol dire cambiare radicalmente il mondo rispetto a come lo conosciamo. Questo è risaputo, al punto che a Parigi, come sapete, si terrà la COP, la conferenza delle parti, per negoziare le riduzioni necessarie per stare sotto i 2 gradi. Quindi, noi avremmo adesso oltre 4 gradi. In questa contingenza è indispensabile che un documento come questo parli di economia circolare, di utilizzare le risorse. Ma non solo ne parli, ma li renda atti normativi, perché oggi noi vediamo in questo documento citare il collegato ambientale, che era appunto collegato alla legge di stabilità del 2013, dove noi abbiamo fatto un bel lavoro, anche in Commissione, inserendo dei contenuti, dibattendo, inserendo delle parti importanti, secondo noi, ma questo è insabbiato, è fermo al Senato. Allo stesso modo sono ferme tante proposte di legge che vengono citate, dei cui problemi si parla nel DEF. Per esempio, il provvedimento sul consumo di suolo. Anche questo è fermo. Poi ci sono il provvedimento sulle agenzie ambientali e quello sui reati ambientali. Tutto fermo, mentre quello che va avanti, a prescindere dalla «fuffa» che si legge in questo Documento, sono sempre gli «sblocca Italia», i decreti, i decreti che parlano di cementificazione, che parlano di inceneritori, che parlano di trivelle e di petrolio, mentre abbiamo questo problema, questa enorme emergenza del cambiamento climatico.
Quindi, occorre trasformare in realtà gli atti, le idee che vengono descritte qui sopra. Si parla di fiscalità ambientale, di Pag. 28togliere la tassazione dal lavoro e di spostarla verso le risorse naturali. Ma da quanto tempo io lo sento dire ? Da quanto tempo si sente parlare di questo in questo Palazzo ? È difficile, ma il problema è che o lo affrontiamo o ne verremo sommersi.

PRESIDENTE. Concluda, deputato.

MIRKO BUSTO. Quindi, adesso concludo dicendo soltanto una frase. Stavo leggendo un rapporto sull'economia circolare di Wichmann, che è uscito ad aprile 2014, e c’è una frase interessantissima che dice che l'economia circolare è importante perché, per produrre le risorse naturali, noi occupiamo tre quarti dell'energia totale, mentre creiamo soltanto un quarto dei posti di lavoro. Quindi, dematerializzare, trasformare e riutilizzare le risorse naturali europee è indispensabile per un'economia diversa e circolare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Misiani. Ne ha facoltà.

ANTONIO MISIANI. Grazie, Presidente, noi discutiamo questo Documento di economia e finanze in una congiuntura eccezionalmente favorevole: il prezzo del petrolio è crollato ai minimi da molti anni a questa parte; il quantitative easing della Banca centrale europea ha ridotto quasi a zero i tassi di interesse e sta comportando una forte svalutazione dell'euro rispetto al dollaro e alle altre valute; vi è un primo, seppur timido, allentamento delle politiche europee di austerità. Tutti questi fattori, Presidente, stanno favorendo la ripresa dell'economia e stanno migliorando i conti pubblici del nostro Paese, ma gran parte di questi fattori – non ce lo dobbiamo dimenticare – sono inevitabilmente transitori. Il quantitative easing è un programma a tempo e il petrolio potrebbe risalire, le condizioni favorevoli potrebbero diventare meno favorevoli nel giro di non molto tempo e i rischi all'orizzonte sono rilevanti, come ci hanno ricordato la Banca d'Italia e altri interlocutori che abbiamo ascoltato in Commissione bilancio in questi giorni. Lo sono innanzitutto a livello internazionale, dalle crisi geopolitiche in Africa e Medio Oriente, dal possibile cambio di rotta della politica monetaria della FED, fino all'incubo, che speriamo tutti di scongiurare, di un possibile default della Grecia. E c’è un rischio tutto interno, Presidente, per la tenuta dei conti pubblici, che il Governo deve affrontare rapidamente, ed è la situazione difficilissima dell'Agenzia delle entrate, dopo la recente sentenza della Corte costituzionale, che mette a rischio miliardi di euro di entrate fiscali e rende un pochino surreale – lasciatemelo passare – ogni discussione sul presunto tesoretto del 2015.
Allora, in questo contesto, che è molto favorevole, ma con le incognite che ricordavo, fare un passo più lungo della gamba sarebbe un errore, sarebbe un errore dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista politico. Noi stiamo superando l'Europa dell'austerità: il piano Juncker, da una parte, la nuova flessibilità delle regole di bilancio, dall'altra, sono interventi che derivano, in primo luogo, dall'iniziativa del Governo italiano. Sono ancora lontani da quanto sarebbe necessario fare e ha fatto bene il Presidente del Consiglio, incontrando il Presidente Obama, ad evidenziare la differenza tra la politica che hanno seguito gli Stati Uniti in questi anni e l'austerità recessiva, che ha dominato in Europa dal 2010 in avanti.
Noi, però, dobbiamo andare avanti sulla strada del superamento dell'Europa dell'austerità. Possiamo farlo, però, possiamo avere in Europa la credibilità per chiedere all'Europa stessa di archiviare la stagione del rigore, se andiamo avanti, da una parte, con la prudenza di bilancio necessaria per un Paese che ha il quarto debito pubblico del mondo, e, dall'altra, con il coraggio riformista. Ci dobbiamo muovere su un sentiero stretto, insomma, e la nostra sfida, anche con questo DEF, è quella di trovare il punto di equilibrio più avanzato, date queste condizioni, utilizzando tutti gli spazi di flessibilità, per aiutare la nostra economia a rialzarsi, ma Pag. 29facendolo rispettando gli impegni che abbiamo assunto in Europa e tenendo conto dei rischi che ricordavo in precedenza.
Il programma di politica economica scritto in questo Documento di economia e finanza va esattamente in questa direzione: è una manovra moderatamente espansiva rispetto al quadro tendenziale, che evita l'aumento dell'IVA e delle accise, riduce la pressione fiscale e la spesa corrente primaria e aumenta gli investimenti pubblici dopo anni di riduzione. Fa tutto questo e programma tutto questo, confermando, però, il percorso verso il pareggio strutturale stabilito nell'autunno scorso.
Gli spazi di flessibilità negoziati, ottenuti, con l'Unione europea sono decisivi, naturalmente, in questo quadro. Noi intendiamo sfruttarli; sono strettamente connessi, però, alle riforme strutturali. Ora, questo Governo ha avviato un cantiere riformatore di grandi dimensioni e di grandi ambizioni. Questi mesi – questi, non i prossimi dieci anni, ma questi mesi – sono decisivi per attuare una gran parte di queste riforme.
Mi riferisco alle riforme istituzionali, dalla legge elettorale alla revisione della Costituzione, alle riforme della scuola e del terzo settore. Mi riferisco all'attuazione del Jobs Act e della delega fiscale, fino agli interventi sulla finanza locale che stiamo discutendo con le mozioni presentate alla Camera dei deputati, fino alle misure sulle partite IVA, che il Governo si è impegnato ad adottare nell'orizzonte della prossima manovra.
Signor Presidente, spendo qualche parola in più su due grandi riforme strutturali che credo debbano essere oggetto di una forte accelerazione. La prima si chiama trasparenza della vita pubblica, dalla lotta alla corruzione e alle infiltrazioni criminali fino alla legge attuativa dell'articolo 49 della Costituzione e alla regolamentazione della rappresentanza di interessi, delle lobby. L'opacità e l'illegalità corrodono da dentro la nostra democrazia, alimentano la sfiducia e il populismo: combatterle è una grande priorità nazionale. Il Governo ha fatto tanto, in questo anno, su questo versante; dobbiamo andare avanti, approvando le riforme che sono via via in discussione in Parlamento.
La seconda grande riforma strutturale su cui vorrei spendere qualche parola è la lotta alla povertà, Presidente. In Italia, tra il 2007 e il 2013, le persone in condizioni di povertà assoluta sono passate da due milioni e 400 mila a sei milioni. Le famiglie con figli minori in condizioni di povertà assoluta, e cioè che non hanno i soldi per i bisogni essenziali di una famiglia, sono passate dal 4 ad oltre il 12 per cento nello stesso periodo. L'Italia è l'unico Paese europeo, insieme a Grecia e Ungheria, a non avere uno strumento universalistico per aiutare queste famiglie, per aiutare le famiglie che non ce la fanno.
Noi abbiamo avviato delle sperimentazioni: lo ha fatto il Governo Letta, ha proseguito questo Governo. Credo, però, che il tempo delle sperimentazioni debba lasciare il posto all'introduzione di un vero e proprio reddito di inclusione sociale. È questa una delle sfide più importanti che credo il Governo debba porsi per tirare fuori l'Italia dalla crisi e per costruire un Paese più coeso dal punto di vista sociale. Signor Presidente, ho terminato. In questi mesi l'Italia ha cambiato passo: non è un'affermazione propagandistica, lo dicono tutti gli interlocutori internazionali, dall'OCSE alla Commissione europea, al Fondo monetario.
Non è stato facile, non è facile e non sarà facile implementare quel programma di riforme, ma dobbiamo proseguire lungo questa strada, con il coraggio, con la determinazione, ma anche con la capacità di dialogo necessari per concludere questo percorso di riforme. E lo dobbiamo fare non perché ce lo chiede l'Europa, ma perché ce lo chiedono gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto gli alunni e anche i docenti del Liceo «Giudici Saetta e Livatino» di Ravanusa, in provincia di Agrigento, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Bene arrivati (Applausi) !Pag. 30
È iscritto a parlare il deputato Diego De Lorenzis, che, però, non è presente in Aula. Andiamo avanti.
È iscritto a parlare il deputato Pierpaolo Vargiu. Ne ha facoltà.

PIERPAOLO VARGIU. Presidente, colleghi parlamentari, è difficile, su questo Documento di economia e finanza, non esprimere, per chi lo valuta sotto l'ottica liberale, un giudizio che non sia positivo. Però, a fianco del giudizio positivo, sicuramente è altrettanto facile predisporre una serie di suggerimenti, una serie di consigli al manovratore, che devono essere, a nostro avviso, tenuti in debito conto, perché possono essere utili per migliorare l'efficacia con cui, poi, questo Documento si proporrà come cornice per l'attuazione degli interventi specifici di settore.
In altre parole, se noi potessimo dare al Presidente del Consiglio un suggerimento, questo non sarebbe certo di essere cauto rispetto a ciò che è scritto all'interno del DEF, ma, semmai, quello di sollevare l'asticella delle scommesse per il Paese.
Questo non è un Paese che ha tempo davanti e che ha la capacità di fare le cose con lentezza. Questo è un Paese che ha bisogno di un elettroshock, soprattutto per quanto riguarda le regole e l'economia.
Daremo quindi il suggerimento al Presidente del Consiglio di essere coraggioso nelle liberalizzazioni, di essere coraggioso nella concorrenza, coraggioso nell'istruzione e nella competitività, coraggioso nella burocrazia, che deve essere fatta dimagrire, con meccanismi che aiutino chi è oggi dipendente del pubblico impiego a ricordarsi che è al servizio del cittadino, non uno stipendiato. Dovrebbe essere coraggioso nella pubblica amministrazione, cercando di renderla competitiva e cercando di dare certezza ai diritti del cittadino con risposte quanto più possibile compatibili con i tempi economici della vita.
Dovrebbe essere anche più coraggioso in sanità, un tema sul quale, come presidente della Commissione XII, cerco di avere un'attenzione specifica e particolare. Viene annunciata una riduzione del Fondo sanitario nazionale di 2.352 milioni di euro. Sono soldi in meno, soldi in meno che possono arrivare nel corpo dell'Italia in due modi diversi, o a casaccio – e allora sarebbe davvero una tragedia – oppure andando a tagliare l'inappropriatezza, la corruzione, gli sprechi. Il Presidente del Consiglio ha da poco rilasciato una dichiarazione, con cui esprimeva sconcerto e disappunto, perché in Italia c’è una regione che ha sette province e ventidue ASL. Ebbene, al Presidente Renzi potrei dire che c’è una regione, la mia, la Sardegna, che ha otto province e undici aziende sanitarie, per 1 milione 600 mila abitanti.
Allora il tema è quello che probabilmente, per potere garantire diritti di salute ai cittadini (a tutti i cittadini), dobbiamo ridurre i privilegi che ancora alcuni hanno, che sono oggi non difendibili e non difendibili in particolare in un settore delicato, qual è quello del diritto alla salute. Il tema complessivo, che ritorna sempre per quanto riguarda la sanità, è quello della scelta del modello di governance, cioè capire se il modello a cui vogliamo fare riferimento è un modello burocratico, oppure è il modello aziendale che noi abbiamo adottato nel 1992 con la coraggiosa riforma De Lorenzo, ma che ancora oggi è in mezzo al guado e che ha mille contraddizioni nella sua capacità di esercizio. Noi dobbiamo avere un'attenzione ovviamente al risultato economico di gestione, ma dobbiamo sapere che il risultato economico di gestione non può essere quello di un modello burocratico assistenziale, che non è sufficiente per dare delle risposte. È un modello che serve il diritto del cittadino, quindi è un modello al quale dobbiamo applicare delle logiche di misurazione che in Italia sono spesso lontane dalla testa di chi decide in politica e dobbiamo applicare le logiche di policy evaluation, che in questo Paese fanno sempre paura e si tende sempre a differire al giorno dopo.
Questa è la sfida liberale che il gruppo di Scelta Civica propone ed è la sfida Pag. 31liberale al Presidente del Consiglio Renzi, non certo a tenere bassa l'asticella, ma ad alzarla sempre più e ad avere un grande coraggio ad andare avanti e in fretta nelle riforme strutturali, di cui questo Paese ha bisogno come dell'aria che respira.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Grillo. Ne ha facoltà.

GIULIA GRILLO. Grazie, Presidente. Presidente, colleghi, questo è il DEF: sono 780 pagine. In 780 pagine di DEF, nella sanità ci sono dieci pagine: dieci pagine ! Dieci pagine per tagliare 2,5 miliardi, perché evidentemente questo Stato, perché evidentemente questo Governo ha deciso che quello è il luogo in cui bisogna tagliare, nonostante i cittadini la paghino e la paghino cara, Presidente, perché ricordo che in molte regioni d'Italia noi cittadini paghiamo l'aliquota massima dell'Irpef per avere i servizi sanitari.
Noi tagliamo 2 miliardi e mezzo di euro alla sanità con un atto di ipocrisia mostruoso fatto dal Governo Renzi. Cerco di non agitarmi, perché poi mi fa male alla salute, però ricordo che nella legge di stabilità la sanità è stata finanziata – prendo il dato esatto perché non voglio dare i numeri come fate voi – per 112 miliardi di euro. Quindi, noi due mesi fa abbiamo votato una legge di stabilità in cui abbiamo detto che il Servizio sanitario nazionale era finanziato per 112 miliardi di euro. Si sono levati scudi da parte anche della maggioranza, che diceva che i 4 miliardi di euro di tagli alle regioni non avrebbero comportato tagli alla sanità – non sia mai ! –, tant’è che era quella la quota di finanziamento.
Dopo due mesi miracolosamente la Conferenza Stato-regioni si riunisce con il Ministro Lorenzin. Evidentemente si tratta di una decisione presa da qualche altra parte, perché se la Lorenzin va in Conferenza Stato-regioni qualcuno ha deciso che debba andare la Lorenzin e che, quindi, si debba tagliare nella sanità. Quindi, vorremmo anche capire queste decisioni dove sono state prese. Il Ministro va in Conferenza Stato-regioni e dice: «No, signori, qui dobbiamo tagliare». E le regioni, che ovviamente non vogliono neanche parlare di tagliare i loro privilegi, dicono: «Va bene, tagliamo sulla sanità», tanto ci sono i cittadini che pagano, lavorano, pagano, pagano le tasse per non avere servizi.
Per il MoVimento 5 Stelle questo comportamento è inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questi DEF sono diventati veramente dei «pallottolieri», cioè luoghi dove letteralmente vengono dati i numeri. Vi faccio un esempio, perché si devono anche confrontare i DEF degli altri anni per capire se queste previsioni hanno un senso o no, e non ce l'hanno. Infatti, il DEF del 2013 diceva che la sanità, nel 2015, doveva essere finanziata con 115 miliardi di euro. Poi questi 115 miliardi di euro, nel DEF del 2014, sono scesi a 113 miliardi di euro (quindi, 2 miliardi di euro in meno). Nel DEF di oggi, addirittura, nel 2015 diventano 109 miliardi di euro.
Quindi, noi approviamo i DEF e scriviamo 800 pagine di frottole, perché poi puntualmente vengono smentite. Allora, io non so veramente se questo è un modo di governare il Paese. A me sembra un modo di sprecare il tempo nostro, di noi cittadini che lavoriamo e che paghiamo le tasse, e anche vostro, visto che producete dati che poi non siete in grado in alcun modo di rispettare.
Ma poi io voglio anche dire un'altra cosa. Tutti si stracciano le vesti per dire che dobbiamo tagliare sulla sanità, ma la sanità non è la voce di costo più importante di questo Paese. Infatti, sulla spesa pubblica di 830 miliardi di euro, spendiamo per la sanità, come ho appena detto, 109 miliardi di euro, spendiamo meno di tutti gli altri Paesi europei. Certo, la Grecia spende di meno. Emergency ha aperto ambulatori anche in Italia perché i cittadini non riescono ad accedere al diritto alla salute. Quindi, Emergency non ha gli ambulatori solamente in Africa, li ha anche in Italia. E questo succede perché già spendiamo il minimo indispensabile per la sanità.Pag. 32
Allora, perché bisogna continuare a tagliare sulla sanità quando siamo un Paese che, per le stime della Corte dei conti, ha un costo causato dalla corruzione altissimo, addirittura computato in 60 miliardi di euro ? Io questa la chiamo o ignoranza o incapacità oppure totale malafede. Oppure si tratta di un bel mix di tutte e tre, che mi sembra che questo Governo e anche quelli precedenti sappiano rappresentare in toto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Detto questo, voglio anche ricordare che, oltre alla sanità, esiste anche una cosa che si chiama «sociale», che è proprio un attimino importante, perché è tutto quel settore che consente alla gente di non finire in mezzo alla strada. Lo so che non è un argomento che vi interessa molto, visto l'ostruzionismo che ci fate sul reddito di dignità, però così vi informo. E vi informo anche sul fatto che i fondi per le politiche sociali, da una parte, e il fondo per la non autosufficienza, dall'altra, sono fondi che in dieci anni sono stati prosciugati, prosciugati.
Voi state stanziando, per quest'anno, 400 milioni di euro nel Fondo per la non autosufficienza e 250 milioni di euro a partire dal prossimo anno. Ma come pensate che i cittadini italiani debbano continuare a sostenere una pressione fiscale da Paesi del nord Europa quando gli date servizi che sono paragonabili a Paesi neanche del Terzo mondo ? Com’è possibile ? Ho sentito il collega parlare di liberalizzazioni. Ma noi non siamo l'America, non abbiamo una tassazione al 18 per cento. Scusate, ma questo concetto lo capite, o no ? In altre parole, se noi paghiamo delle tasse per dei servizi pubblici, quei servizi ce li dovete dare. Non è che noi possiamo pagare le tasse solamente perché voi fate debito e non siete in grado di aumentare il PIL perché non avete una politica economica seria (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e perché vi siete schiavizzati all'Europa e avete preso questa bellissima decisione di entrare nell'euro svendendo la proprietà della moneta in questa maniera. Non è così che si può ripagare il debito; non è così che si può stare nei parametri, tagliando la spesa pubblica e vessando i cittadini. Allora, la sanità, se è pagata, deve rimanere pubblica, altrimenti leviamo la tassazione al 40 per cento, la portiamo al 18 per cento e i cittadini che possono, se la pagano, e quelli che non possono, non se la pagano. Ci vuole coerenza ! Io, da cittadina, mi sono francamente scocciata di questi politici che parlano di privatizzare con i miei soldi. C’è un corto circuito. Omettete di informare quando parlate, sia qua in Aula, che in televisione. Siamo tassati per avere servizi pubblici e, quindi, dateci i servizi pubblici, punto, non c’è discussione. Se non ce la fate a stare nei parametri europei, avreste dovuto dirlo durante il semestre europeo, come hanno fatto altri Paesi e come ha fatto la Francia. Se sfora la Francia, possiamo sforare pure noi, se non addirittura decidere, come dice, invece, il MoVimento 5 Stelle, di fare una politica monetaria diversa e di riprenderci la sovranità monetaria. Sono collegati come argomenti. Mi dispiace, ma sono collegati perché le politiche di austerità che stanno tagliando le spese pubbliche nei Paesi europei sono politiche che vengono da questa decisione folle di non avere più la nostra sovranità e, quindi, di non poter battere la nostra moneta quando le nostre esigenze lo richiedono e, soprattutto, di metterla nell'economia reale e non nel circuito finanziario.
Poi, ovviamente, nel DEF, come ho già detto, su ottocento pagine, ce ne sono solo cinque sulla sanità, nonostante sia il comparto che è stato maggiormente penalizzato. Dico l'ultima cosa. Nonostante non ci sia praticamente scritto nulla, ancora si fanno promesse. Allora, io ricordo che il Patto della salute prevedeva una scadenza al 31 dicembre 2014. Di queste scadenze non ne è stata rispettata neanche una. Ieri, con il mio collega Villarosa, abbiamo presentato un'interrogazione, durante la fase del question time, per chiedere che venisse prorogata di un mese la possibilità per i comuni di presentare i rendiconti consuntivi.

Pag. 33

PRESIDENTE. Concluda.

GIULIA GRILLO. Ai comuni un mese non gliel'avete dato, mentre voi vi prendete tutto il tempo del mondo e la gente ancora aspetta che adempiate ai vostri obblighi. Detto questo, ovviamente è un DEF...

PRESIDENTE. La ringrazio, ma deve concludere. È già fuori dal suo tempo, grazie.

GIULIA GRILLO. ... inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Grazie Presidente, siamo in presenza di un quadro internazionale, dal punto di vista dell'economia, estremamente favorevole. Ci sono tre fattori importanti e favorevoli che già possono giocare a nostro favore: il cambio euro-dollaro basso, che favorisce inevitabilmente il nostro export, soprattutto noi che esportiamo, rispetto anche ai tedeschi, meno verso l'Unione europea e più verso le altre economie mature; il prezzo del petrolio basso; la presenza di importanti politiche europee per stimolare la crescita. Penso soprattutto al quantitative easing e al Piano Juncker. A fronte di questa congiunzione astrale estremamente favorevole, la domanda vera che dobbiamo porci è cosa facciamo noi per non perdere questa occasione straordinaria per uscire definitivamente dalla crisi. Da questo punto di vista, io ritengo che ci sia soltanto un obiettivo che dobbiamo avere in mente, che è quello della crescita, nel senso di puntare sulla creazione di ricchezza. Sostenere chi crea ricchezza, perché solo se creeremo ricchezza saremo in grado di redistribuirla. Politiche redistributive adesso sarebbero quantomeno inefficaci.
Quelle che sono state fatte non hanno aumentato i consumi interni, quelle che sono andate sulla crescita – penso in particolare ai provvedimenti del Governo sul lavoro e sulla decontribuzione per le nuove assunzioni – hanno dimostrato di creare un effetto che è anche favorevole dal punto di vista del welfare, perché non dobbiamo mai dimenticare che il primo e più importante welfare si chiama lavoro. Da questo punto di vista, dal punto di vista programmatico, io credo che la prima e importante cosa da fare sia quella di favorire gli investimenti. Sono gli investimenti che trainano la crescita, che trainano l'occupazione in particolare per l'economia ma anche questo vale anche per il sud. Da questo punto di vista credo che mai come ora servirebbe un provvedimento come una super-DIT, eliminando praticamente la tassazione degli utili reinvestiti senza dire agli imprenditori dove reinvestirli. Ci sono imprese che hanno bisogno di incrementare il capitale umano, imprese che hanno bisogno di aumentare il capitale tecnologico, imprese che hanno bisogno di aumentare il capitale finanziario ma lo sanno gli imprenditori ed è bene che siano loro a decidere. L'importante è che lasciamo lì le risorse che servono alla crescita. Ripeto che, quando è stato fatto, gli imprenditori hanno dimostrato di sapere rispondere.
Secondo passaggio, visto che è un tema di cui si parla ma molte volte senza guardare bene gli effetti, credo che sarebbe utile rivedere i criteri della tassazione locale. Il criterio del metro quadro è un criterio veramente incredibile nel senso letterale della parola. Penalizza il manifatturiero, penalizza l'artigianato, penalizza i servizi soprattutto quelli legati al turismo che è uno dei settori su cui dovremo puntare. Credo che forse sarebbe il caso di avviare una riflessione sul parametro da utilizzare. Credo che, oltre che più costituzionale, sarebbe molto più equo utilizzare il criterio del lavoro aggiunto. Ci sono piccoli esercizi ad altissimo valore aggiunto che non pagano praticamente tasse comunali. Ci sono servizi a basso valore aggiunto che hanno bisogno di grandi spazi e ne pagano oggettivamente troppe e sono in grandissima difficoltà.
L'altra linea che credo importante per muovere il PIL, per far crescere il PIL sia quella di intervenire sul mercato immobiliare: Pag. 34su quello privato, non soltanto sugli investimenti pubblici nelle opere pubbliche. Primo perché la filiera immobiliare è la filiera più lunga di questo Paese ed è quella che è anche più reattiva, quella che si muove più velocemente, ma anche perché un mercato immobiliare fermo è un mercato che non esiste. Un mercato che non esiste è un mercato nel quale i beni che sono ricollocati non hanno valore. Da questo punto di vista, essendo la ricchezza degli italiani soprattutto nelle loro case, rischiamo veramente che questo porti ad un impoverimento eccessivo delle nostre famiglie. L'altro fronte sarebbe quello di mettere le banche in condizione di erogare più facilmente mutui, anche trovando altre forme, ad esempio estendendo il leasing alle persone fisiche ma a fisco di mutuo.
Ma c’è un altro fronte che riguarda di più l'attività del Governo. Credo che questa non sia una politica che costa, non è una norma da mettere in legge di stabilità. Credo che dobbiamo lavorare a tutti livelli, dal G20 al Consiglio europeo, al Parlamento europeo, alla Commissione e ad ogni livello rispetto ad un tema che viene oggi molto sottovalutato, ossia le nuove norme in gestazione riguardo al sistema bancario, la cosiddetta Basilea 4. Sono misure che potrebbero annullare definitivamente tutti gli sforzi fatti dalla BCE, chiederebbero alle banche una nuova capitalizzazione che limiterebbe il credito in modo pesantissimo soprattutto alle PMI che sono quelle che ne hanno più bisogno in tutta Europa ma soprattutto da noi dove le piccole e medie imprese hanno una dimensione inferiore a quella europea. E, da questo punto di vista, c’è anche da fare un lavoro proprio in Europa perché noi non possiamo avere delle istituzioni che si occupano di finanza, che hanno come missione la sola stabilità come, ad esempio, tutte le istituzioni dell'Unione bancaria. Questo non va bene perché di sola stabilità si può morire. La stabilità senza crescita è un'illusione: è come pensare di stare in bicicletta in equilibrio stando fermi. È impossibile: inevitabilmente si cade.
Il posto più stabile del mondo è il cimitero: evitiamo di rendere l'economia dell'Unione europea un cimitero. Ma anche i nostri conti saranno a posto se lavoreremo sul numeratore: per questo – ribadisco e concludo –, mettiamo a fuoco, innanzitutto come priorità assoluta, la creazione di ricchezza. Ripeto: solo da questa potranno venire le risorse per poter anche redistribuire a chi è più in difficoltà. Mettere la redistribuzione prima della creazione di ricchezza può portare veramente, nella migliore delle ipotesi, alla perdita di questa condizione straordinaria dell'economia internazionale, e, dall'altra parte, invece, può risultare veramente disastrosa per tutta la nostra economia (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI. Grazie, signora Presidente. Vi è una domanda che emerge dal Paese, una domanda di legalità, una richiesta sempre più pressante di lotta alla corruzione, una richiesta di certezza e di riduzione dei tempi di realizzazione delle opere pubbliche e di contestuale diminuzione dei costi.
Questo Documento che oggi il Governo sottopone all'esame del Parlamento, dal nostro punto di vista, inizia a dare delle risposte concrete al di là delle declamazioni e degli slogan, perché pone un tema che è centrale rispetto alla capacità di dare una risposta alle legittime e alle giuste domande che emergono dal Paese e, cioè, quello della revisione sostanziale della normativa in materia di contratti e di appalti pubblici, sapendo che questa strada è sostanzialmente imperniata su due presupposti: il primo – mi verrebbe da definirlo così – è un presupposto che non può essere affidato al semplice esercizio del legislatore. È un tema più complesso, di recupero di ethos, cioè di capacità morale, di competenze, di conoscenza.

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PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 11,50)

ENRICO BORGHI. Se complessivamente le classi dirigenti del Paese non lavoreranno su questo recupero, il tema della legalità, della lotta alla corruzione, dell'evitare il dispendio di risorse pubbliche rischia di essere un tema avviato alla sconfitta.
Poi, certamente, vi è la seconda questione: il tema dell'armonizzazione, della modernizzazione, dell'adeguamento della nostra normativa in materia di appalti e di contratti. Su questo vi è un dato importante in questo DEF: l'obiettivo che l'Italia si pone è quello dell'attuazione delle nuove direttive dell'Unione europea. Su questo mi permetterei una battuta: attuiamo le nuove direttive europee in maniera europea, non in maniera «italiana»: cioè non complichiamo, non facciamo superfetazioni, non facciamo ridondanze nel percorso di applicazione delle direttive, che sono gli strumenti importanti con i quali corrispondere a quelle legittime esigenze che emergono dal Paese.
All'interno di questo versante del tema dei lavori pubblici e dell'ambiente, c’è un secondo aspetto che crediamo sia importante da dover sottolineare ed enfatizzare: perché dietro alla scelta che il Governo fa di rifinanziare il programma quinquennale dell'ANAS per il periodo 2015-2019, vi è un altro elemento che noi crediamo debba essere sottolineato e, cioè, l'esigenza di un rilancio molto forte del tema della manutenzione ordinaria e straordinaria della rete stradale del nostro Paese.
Infatti, la compressione della finanza pubblica di questi anni sta determinando un grado di deterioramento e di assenza di manutenzione della rete stradale, che rischia, nel medio periodo e nel tendenziale, di aumentare i costi: perché una rete stradale manutenuta e ben tenuta consente di risparmiare e di evitare dispendi, oltre che, naturalmente, intervenire in tema di sicurezza, di diritto alla mobilità e di sostegno alla piccola e media impresa nel nostro Paese.
Con uno slogan molto opportuno che è stato lanciato nei giorni scorsi dal Ministro Delrio, è tempo di passare dalle grandi opere alle opere utili. E questo crediamo sia un elemento importante che è caratterizzato anche nella scelta delle priorità che sono contenute all'interno di questo DEF, che vanno nel corso di corrispondere alle esigenze di collegamento con i corridoi europei e con la possibilità di mettere in campo azioni già cofinanziate e in grado di essere semplificate.
C’è un altro tema che è stato richiamato anche nel dibattito odierno: il tema del cambiamento climatico e dell'innovazione sotto questi versanti.
Bene, anche qui abbiamo bisogno di uscire dagli slogan e di guardare ai numeri, perché ci sono casi di successo che Parlamento e Governo hanno fatto e che stanno dando delle positive risposte su questo versante. È il tema dell'ecobonus, che noi crediamo debba diventare stabile e strutturale; le agevolazioni fiscali di riqualificazione e di efficienza energetica hanno dato risposte importanti al Paese: solo lo scorso anno, oltre un milione e mezzo di domande per 28 miliardi spesi, per 283 mila posti di lavoro creati, che diventano 424 mila con l'indotto e, soprattutto, lo spostamento del comparto edilizio dal nuovo al riuso e al recupero, che oggi rappresenta il 70 per cento del mercato.
È questa una tendenza da incoraggiare e da sostenere fiscalmente, spingendo il comparto dell'edilizia verso l'alto valore aggiunto e il basso impatto ambientale, che rappresenta uno dei versanti importanti con i quali è possibile realizzare azioni di politiche attive, di quello che noi vorremo chiamare di «fisco buono», già peraltro previsto dall'articolo 15 della legge n. 23 dello scorso anno, che stabilisce modalità di fiscalità ambientale che crediamo debbano essere strutturate, oggi presenti all'interno di questo DEF, all'interno della legge di stabilità.
Poi, un capitolo importante è la riapertura del tema della legge obiettivo, che noi crediamo debba essere rivista e ristrutturata, perché questa stagione è terminata; e non lo dicono le declamazioni di Pag. 36natura ideologica, lo dicono i numeri: se, a fronte di 136 miliardi complessivi di opere pubbliche, solo l'8,4 per cento risulta essere ultimato e ben il 58 per cento risulta essere ancora in progettazione, è evidente che c’è qualcosa che non funziona in questo meccanismo.
Così come crediamo che questo DEF positivamente si ponga l'obiettivo di invertire il trend degli investimenti, oggi maggiormente concentrati per il 51 per cento sulla rete stradale e solo per il 34 per cento sulla rete ferroviaria e il 6,3 per cento sulle metropolitane. Spostare la mobilità di merci e di persone dalla gomma al ferro è uno degli obiettivi importanti sui quali si realizza anche concretamente un'azione di politica e di sostegno ambientali.
Da ultimo, signora Presidente, vi è all'interno di questo documento un'azione importante per le città e per i piccoli comuni, che si sostanzia con il finanziamento della strategia nazionale delle aree interne: 180 milioni per le aree prototipo, che crediamo debbano essere ulteriormente rafforzate e allargate, per andare nel solco di quell'equilibrio di coesione sociale e territoriale in grado di evitare e impedire rotture fra il centro e le periferie e di consentire che l'esplicazione dei diritti di cittadinanza possa avvenire sull'intero territorio nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Anna Giacobbe. Ne ha facoltà.

ANNA GIACOBBE. Grazie, signora Presidente. Nel parere approvato in Commissione lavoro abbiamo posto questione che poi riassumerò brevemente, che partono dalla convinzione che il DEF e la politica economica siano chiamati oggi a dare conto, dopo la crisi che abbiamo attraversato, dei primi segnali, per quanto ancora fragili, di ripresa del ciclo economico, ma anche di indicare come sia possibile sostenere la ripresa economica con una politica di bilancio orientata alla crescita e con azioni capaci di trasferire sulla vita delle persone, sul loro livello di benessere e di autonomia, i primi frutti di una stagione che può essere diversa dal passato.
Il nostro Governo ha lavorato per ottenere un cambiamento degli orientamenti di politica economica e monetaria delle istituzioni europee in senso meno restrittivo. Questo può creare i presupposti per l'avvio di una fase nuova. Ma c’è bisogno che le decisioni su come usare le risorse che si generano facciano i conti con un fatto: l'aumento dell'occupazione, della sua qualità e sicurezza e di quello che ciò significa per la coesione sociale, per la ripartenza di una fiducia vera nel futuro non arrivano spontaneamente, vanno sostenuti con investimenti e con politiche che devono accompagnare il rilancio della domanda interna e la modernizzazione dei fattori che incidono sulla crescita.
Minore spesa per interessi e maggiori entrate derivanti dal miglioramento del ciclo economico renderanno disponibili risorse preziose. Usarne parte per evitare di dover applicare le pause di salvaguardia non significa – non deve significare – non porsi il problema di investire anche su altro: sulla creazione di lavoro e sulla sua protezione, su interventi per riportare un po’ di giustizia dove ingiustizie si sono create negli anni duri della crisi più profonda e degli interventi pesanti per impedire il disastro che quella crisi, insieme ai mali antichi del nostro Paese avrebbe potuto provocare.
Si tratta, per una parte, di andare avanti su strade già imboccate, rendere strutturali le misure di sgravi contributivi per i nuovi contratti a tempo indeterminato, oggi previste solo per le assunzioni nel corso del 2015; riconsiderarne la configurazione per renderli più efficaci nel creare posti di lavoro stabili; rafforzare gli strumenti per far crescere l'occupazione delle donne.
Non è solo un problema di genere, ma di sostegno alla crescita del tasso di attività della popolazione.
C’è, più in generale, da dare attuazione alla legge delega sul lavoro. Rendere sul serio lo spostamento di garanzie e tutele dal luogo di lavoro al mercato del lavoro Pag. 37– per dirla modo un po’ schematico – richiede ammortizzatori forti e universali e servizi qualificati che accompagnino le persone verso un nuovo impiego. Quindi, occorre intanto prevedere il finanziamento a regime degli interventi che ora sono finanziati solo in via sperimentale, compresi gli interventi a sostegno della conciliazione fra impegni di cura, di vita e di lavoro, che devono diventare una strategia di sistema. D'altra parte, per dare forza a politiche attive è necessario dare ai servizi pubblici per l'impiego un assetto istituzionale definito e un progetto.
Ci sono altre quattro questioni rilevanti. In sintesi, la prima: i problemi del lavoro autenticamente autonomo sotto il profilo fiscale e contributivo sono solo tamponati nella legge di stabilità 2015. La seconda: il rinnovo dei contratti nella pubblica amministrazione per investire sulle risorse umane e sulla modernizzazione dei servizi e degli interventi delle procedure. La terza: all'interno del grande tema del contrasto alla povertà, da affrontare con interventi di sistema e non con la logica del bonus, la questione delle persone che sono povere perché perdono il lavoro e non riescono a trovarne un altro, spesso per la loro età, non solo perché il lavoro è poco.
Infine, il nodo previdenza: mettere in sicurezza il sistema rendendolo sostenibile è un interesse di tutte le generazioni. È un sistema a ripartizione, ma deve essere sostenibile economicamente e socialmente. Invece, in questi anni sono accadute due cose: il ritardato pensionamento delle persone più mature costituisce un serio impedimento all'accesso al lavoro dei più giovani e si sono prodotte ingiustizie. L'innalzamento dei requisiti di accesso alla pensione per le donne, oltre a non avere alcuna gradualità, nega una differenza che permane nel lavoro di cura e nelle carriere lavorative e quindi contributive delle donne, con un sistema di regole immotivatamente rigide e penalizzanti.
Dunque, nell'ambito della legge di stabilità 2016 vanno previsti interventi per completare la salvaguardia di tutti i lavoratori cosiddetti esodati, l'introduzione in via strutturale di elementi di flessibilità per l'età di accesso alla pensione, interventi per attenuare il peso delle regole per il pensionamento sulle donne.
La manovra di risparmio sulle pensioni è stata una delle componenti fondamentali dell'operazione di risanamento finanziario di fine 2011, con un risultato molto superiore alle previsioni di allora, come si può dimostrare. Una quota del frutto della riduzione del costo del debito e della ripresa economica che ne è derivato deve poter tornare nel sistema previdenziale, per sanare qualche ingiustizia, dare certezze e una prospettiva previdenziale a tutti, anche ai più giovani.
Per concludere torno al punto: essere capaci di attuare una politica di bilancio, certo rigorosa e consapevole dei vincoli, ma in grado di trasferire sulla vita delle persone – in modo che li possano percepire – i primi frutti di una stagione che può essere diversa dal passato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giacobbe.
È iscritto a parlare il deputato Stefano Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA. Grazie, Presidente. La discussione intorno al Documento di economia e finanza per il 2015 è partita in modo anomalo, condizionata dal dibattito sul «tesoretto»; un dibattito che, invece di concentrarsi sulla sequela di manovre recessive programmate per il prossimo triennio, si è cimentato in una competizione su come spendere 1,5 miliardi disponibili soltanto per il 2015.
Nonostante l'ordine del discorso pubblico, però, sono il DEF e il Programma nazionale di riforme i documenti programmatici ai quali prestare attenzione. Allora, qual è lo scenario programmatico del DEF ? Purtroppo, l'impianto è in continuità con il passato, nonostante i risultati prodotti; e vorrei invitare i colleghi, che prima di me sono intervenuti a sottolineare l'importanza delle regole europee, a leggere i dati sulla dinamica del debito Pag. 38pubblico segnata dall'applicazione responsabile proprio delle regole europee. La strada per la crescita tratteggiata dal DEF è, purtroppo, sempre la stessa, sempre caratterizzata da tre pilastri principali. Il primo: l'austerità, raccontata in modo amichevole attraverso la spending review. Un termine di moda, però troppo spesso utilizzato per coprire tagli al welfare e servizi fondamentali e presentarli come neutrali per l'impatto macroeconomico.
Il secondo pilastro sono naturalmente le riforme strutturali, mitiche levatrici di crescita, in particolare quando colpiscono le condizioni della persona che lavora. Terzo pilastro, gli investimenti, a carico però del settore privato, che grazie alla liberazione degli animal spirits determinata dalle regole sui licenziamenti comincia ad investire. Gli investimenti pubblici, purtroppo rimangono ai minimi storici, mentre sullo sfondo viene trionfalmente ricordato il Piano Juncker, che certo rappresenta un passo avanti teorico, ma è assolutamente inadeguato alla gravità della malattia dell'eurozona.
È vero, e va riconosciuto, qualche aggiustamento è stato fatto ai parametri dell'econometria istituzionale, dopo un decennio di imbarazzanti errori nelle previsioni, anche a breve, ottenute sostanzialmente con lo stesso modello mainstream condiviso da Commissione europea, Fondo monetario, OCSE, Banche centrali e Governi nazionali: si assume un moltiplicatore fiscale meno irrealistico e si ridimensiona per i primi anni di vigenza l'effetto delle riforme strutturali. Tuttavia, il paradigma di riferimento rimane il mercantilismo liberista dei trattati e dell'agenda dell'eurozona: si eliminano lacci e lacciuoli e arriva la ripresa.
Il driver della crescita, oltre alle esportazioni, è un'ottimistica domanda privata trainata dalla fiducia. La fatina della fiducia, come la chiama Paul Krugman. Ancora una volta. È questo l'elemento decisivo, viene lasciata ai margini la domanda aggregata, sostenuta da investimenti pubblici e dal miglioramento del potere di acquisto delle famiglie, soprattutto quelle con propensione al consumo più elevata, quindi quelle in condizioni di povertà.
Gli obiettivi di deficit per il 2016, sono i numeri a dirlo, disegnano una manovra restrittiva di circa un punto di PIL, nonostante la ripresa in corso sia anemica e frutto di fattori esogeni e transitori. Per il prossimo anno il saldo di bilancio è programmato a -1,8 per cento di PIL, ovvero un punto di PIL in meno rispetto a quanto realisticamente previsto e prevedibile per l'anno in corso. In termini di avanzo primario – che è quello che conta, perché le famiglie non fanno la spesa con il tendenziale e le imprese non fanno gli investimenti con il tendenziale di finanza pubblica – vuol dire una sottrazione di 16 miliardi di euro all'economia reale. Vuol dire che diventa irrealistica, ancora una volta, come negli anni che abbiamo alle spalle, la previsione del PIL, vuol dire che la discesa del rapporto debito pubblico-PIL verrà ancora una volta rinviata, vuol dire che l'occupazione aggiuntiva rimarrà largamente sulla carta. Lasciamo poi stare gli anni successivi, il 2017 ed il 2018, costruiti intorno ad un riferimento assolutamente irraggiungibile, finanche autolesionistico: un avanzo primario nell'ordine del 4 per cento del PIL. Nel merito della composizione dell'impianto previsto per la prossima legge di stabilità – perché è di questo che stiamo parlando, stiamo parlando della prossima legge di stabilità – il DEF continua a proporre una lettura infondata dei tagli di spesa. Si eliminerebbero gli sprechi e la corruzione, si aumenterebbe l'efficienza, cosicché con minori risorse si forniscono gli stessi servizi. Purtroppo non può essere così, la spesa primaria corrente negli ultimi anni è stata significativamente ridotta. Certo, se la guardiamo in rapporto al PIL non ce ne accorgiamo, perché, proprio a causa di quei tagli di spesa e di aumenti di entrate, il PIL è crollato di dieci punti percentuali, quindi in rapporto al PIL la spesa primaria corrente non scende, e, tuttavia, in termini nominali è scesa. Soltanto per il pubblico impiego di dieci miliardi. Come Pag. 39abbiamo ascoltato nelle audizioni, vi sono molti enti territoriali, comuni e province, al dissesto finanziario.
Come sapete – è stato ricordato –, lo scenario tendenziale prevede ulteriore contrazione. Allora, dobbiamo chiamare le cose con il loro nome: i tagli previsti implicano riduzione di quantità e di qualità di servizi fondamentali per i cittadini, oppure, come hanno riconosciuto sindaci, presidenti di provincia e presidenti di regione, aumento di tariffe o imposte a livello territoriale.
Ovviamente questo non vuol dire che non dobbiamo fare la spending review, ma il punto è che le risorse che recuperiamo dagli sprechi che ci sono, dalla corruzione che c’è, vanno reinvestite su programmi di spesa che sono in condizioni drammatiche. In particolare, le misure di contrasto alla povertà, gli investimenti, le misure per ridurre le chilometriche liste d'attesa, che stanno escludendo fasce crescenti anche di classe media da servizi sanitari essenziali. Insomma, dobbiamo cambiare registro.
Sul piano delle analisi, dobbiamo riconoscere che l'agenda dell'Eurozona è insostenibile. Nel dibattito pubblico dobbiamo cominciare a dire che la regola del debito scritta nel fiscal compact va sospesa e rinegoziata, perché è dannosa e irrealistica. Dobbiamo spingere per disconoscere rilevanza politica e di policy all’output gap e alle variabili definite in termini strutturali. Dobbiamo aprire una controffensiva culturale, per archiviare il paradigma neoliberista, ingiusto e fallimentare vettore di politiche di svalutazione del lavoro.
Allora – mi avvio a concludere –, che cosa avremmo potuto fare ? Avremmo potuto programmare obiettivi di finanza pubblica moderatamente espansivi o almeno neutri in termini di impatto macro-economico, quindi di sostegno o di non ostacolo alla ripresa. Avremmo potuto, nel rispetto del vincolo del 3 per cento nel rapporto fra deficit e PIL, utilizzare quelle risorse dall'1,8 fino al 2,8 per cento per finanziare appunto programmi che sono sottofinanziati. Avremmo potuto quindi migliorare l'equità e allo stesso tempo sostenere l'economia.
Concludo, Presidente, con un appello: non è vero che non ci sono alternative per la politica economica, come ho sentito in tanti interventi. Se non ci fossero alternative, non ci sarebbe la politica, potremmo chiamare qua il ragioniere generale dello Stato ad applicare le regole di Bruxelles.
Le alternative ci sono. Correggiamo la rotta per evitare un altro anno di galleggiamento, portiamo finalmente nella discussione a Berlino, a Francoforte, a Bruxelles parole di verità sull'insostenibile agenda dell'Eurozona. Accontentarsi della comunicazione sulla flessibilità della Commissione o del fantastico Piano Juncker vuol dire continuare a ingannare le opinioni pubbliche sulla gravità della situazione.
Cito le parole del Presidente Prodi, certamente non sospettabile di antieuropeismo o di essere un «no euro»: «Le politiche europee del Governo tedesco meritano oggi un biasimo e probabilmente produrranno risultati irreparabili. L'Italia non sarà la prima ad affondare, ma è solo questione di tempo. Se non cambia integralmente politica su scala europea, saremo travolti tutti». È il Presidente Prodi.
Allora – e chiudo –, cogliamo la drammatica vicenda greca per andare all'attacco, il Governo italiano, con uno scatto di autonomia culturale e politica, spinga la famiglia socialista europea e le istituzioni europee a riconoscere che su Atene il problema non è l'indisciplinato paziente, ma è la medicina della troika che, per salvare le banche internazionali, in primis quelle tedesche, ha aggravato e aggrava la malattia. Dobbiamo riconoscere i dati di realtà, è condizione necessaria per correggere la rotta. Nella gabbia mercantilista dell'euro il Titanic Europa va a fondo. Il Governo italiano faccia la sua parte.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Taranto. Ne ha facoltà.

LUIGI TARANTO. Signora Presidente, signora sottosegretario, colleghe e colleghi, abbiamo a disposizione una speciale finestra di opportunità per riprendere a crescere Pag. 40a un ritmo sostenuto e porre il rapporto tra debito e PIL su un sentiero discendente.
Non possiamo assolutamente permetterci di sprecarla: sono queste le considerazioni di esordio delle pagine di premessa del Documento di economia e finanza per il 2015. Vale la pena di ricordarle, perché tali considerazioni registrano, certo, l'impatto positivo sulla dinamica attesa della crescita del nostro Paese di rilevanti variabili esogene – quantitative easing, riduzione dello spread, deprezzamento dell'euro, caduta del prezzo del petrolio, prospettive del commercio mondiale – ma, insieme, esprimono la consapevolezza del fatto che – come il Presidente Draghi ha avuto modo di sottolineare anche in occasione della sua ancora recente audizione presso questa Camera – da sola, la politica monetaria non può assicurare una ripresa stabile e duratura.
Essa è, piuttosto, «opportunità»: opportunità per la realizzazione e l'implementazione delle riforme strutturali da parte dei governi dell'Eurozona, opportunità per il decollo del Piano di investimenti per l'Europa e del Fondo europeo per gli investimenti strategici.
Valorizzare la finestra di opportunità significa, allora, massimizzare le interazioni positive tra politica di bilancio e riforme strutturali. Il che si traduce – nell'impianto di fondo del Programma di stabilità – nella decisione di scongiurare l'attivazione delle clausole di salvaguardia per il 2016 e nella scelta di avvalersi della flessibilità connessa all'utilizzo della clausola europea sulle riforme.
Scelta da cui deriva la possibilità di un più graduale percorso di miglioramento del saldo strutturale e, dunque, la possibilità ancora di configurare, per il periodo 2015-2019, una correzione prudentemente espansiva dell'andamento dei conti pubblici, per come essa emerge dal confronto tra indebitamento netto tendenziale e programmatico e tra saldo primario tendenziale e programmatico.
Quanto, poi, al disegno riformatore (il monitoraggio della cui attuazione, attraverso un dettagliato piano strutturale di medio periodo, diviene davvero cruciale e giusta l'attivazione della clausola sulle riforme), il Programma nazionale di riforma conferma le ragioni di una strategia fondata su responsabilità fiscale ed attenzione alla crescita, quest'ultima anzitutto perseguita per via di innalzamento della produttività.
Resta, comunque, determinante l'efficace integrazione tra impulsi delle politiche macroeconomiche a vantaggio della domanda interna ed estera ed il rafforzamento del potenziale produttivo a particolare vantaggio della ripresa dell'occupazione.
Così pure torna ad emergere, in questo scenario, l'esigenza di un più marcato incremento della spesa in conto capitale, accompagnato da qualità progettuale e da trasparenza del percorso degli investimenti pubblici. Un percorso la cui riconosciuta bassa efficienza conduce il PNR ad insistere giustamente sulla necessità di «un cambio di passo», che richiede, tra l'altro, un piano di investimenti realistici e maturi, fermo restando che «nel rispetto delle regole europee» – la citazione testuale è qui davvero utile – «precondizione per l'attuazione efficace dell'ampio programma di spesa sostenuto dai fondi strutturali è la possibilità di utilizzare gli spazi di flessibilità nell'applicazione del Patto di stabilità e crescita».
Cambio di passo ed agibilità di flessibilità si pongono, inoltre, come insegna del perseguimento di una maggiore efficacia delle politiche di coesione e della ripartenza della macro area territoriale del Mezzogiorno, a partire dal rifiuto di «un paravento»- per dirla con la felice espressione di Gianfranco Viesti – «che ci fa chiamare Mezzogiorno tutto ciò che non ci piace dell'Italia».
Per quel che più direttamente riguarda la strategia per il rafforzamento della competitività delle imprese, merita di essere almeno rammentata l'insistenza del PNR sulle leve dell'innovazione e dell'internazionalizzazione, nonché sulla risposta all'esigenza di strutture finanziarie d'impresa sufficientemente solide per sostenere un nuovo ciclo d'investimenti.Pag. 41
Ne deriva l'utilità degli interventi volti al superamento – o, almeno, all'attenuazione – del banco-centrismo del modello italiano di finanza d'impresa, ma anche del prospettato, ulteriore potenziamento del Fondo centrale di garanzia e del sostegno agli investimenti in beni strumentali.
Sul versante dell'innovazione e dell'internazionalizzazione particolare attenzione viene riservata alla valorizzazione del modello di organizzazione dell'impresa diffusa italiana per reti e per cluster tecnologici, al recupero di quote di export nei settori dei beni scambiabili e, sul piano delle infrastrutture, alla piattaforma di investimenti per le smart cities, all'Agenda digitale.
Infrastrutture essenziali, del resto, per «favorire il passaggio – così si annota nel programma nazionale di riforma – da un'economia a baricentro manifatturiero a una pienamente industriale, nella quale la ricerca e lo sviluppo, l'innovazione, il digitale, i servizi che gravitano intorno al manifatturiero assumono un ruolo e una centralità davvero strategici».
Concetto – aggiungo – che potrebbe essere allora assunto tanto tra i criteri di riferimento per il concorso realistico della razionalizzazione degli incentivi alle imprese rivolti al conseguimento degli impegnativi obiettivi quali-quantitativi della spending review, quanto come cifra di una più proattiva stagione delle politiche industriali e per i servizi. Stagione e politiche di cui, ad esempio, sia il preannunciato Green Act, sia la manifestata intenzione del Governo di dare continuità all'integrazione delle politiche in materia di cultura e di turismo potrebbero essere, allora, eccellente banco di prova. Tanto più – e concludo – in combinazione con la ripartenza di politiche per la concorrenza, di cui la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza, al cui esame la Camera si accinge, costituisce buon auspicio.
Anche qui, le opportunità vi sono. Non sprecarle – e torno all'esordio del DEF – è anzitutto responsabilità politica.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Covello. Ne ha facoltà.

STEFANIA COVELLO. Grazie, signora Presidente. Signora sottosegretario, colleghe e colleghi, il DEF 2015 ci consegna un Paese che, dopo la crisi economica più lunga e duratura conosciuta nel dopoguerra, sta uscendo dalla recessione, come fatto registrare già in occasione dell'ultimo trimestre 2014.
È un documento a cui il Governo affida il compito di consolidare i primi segnali di crescita e in cui si certifica finalmente il cambio di clima rispetto al futuro, non solo in Italia ma in tutta l'area dell'Euro. Un clima favorito anche dal varo del «Piano Juncker» e, come diceva bene il collega Taranto poc'anzi, dal quantitative easing del Presidente della BCE, Mario Draghi. Il piano della Banca centrale europea, infatti, ha come obiettivo quello di consentire una ripresa del credito, rafforzando investimenti e consumi.
Non che manchino rischi, in questo contesto, come ci dimostra l'evolversi della situazione greca, che ha determinato anche nuove e significative oscillazioni dello spread. E, tuttavia, l'Italia giunge a questo passaggio con un processo di riforme che si sta realizzando e con una legge di stabilità, quella varata per l'anno in corso, che si è sviluppata lungo una direttrice diversa dal passato. Infatti, come ha sostenuto lo stesso Presidente del Consiglio, nel 2015 puntiamo a ridurre le tasse per 18 miliardi, più l'eliminazione dei 3 miliardi di clausole. Questo DEF non è, quindi, una manovra che toglie i soldi dalle tasche degli italiani, ma sta in linea, appunto, con quanto previsto dalla legge di stabilità.
Rilanciamo il taglio delle spese, come ha detto il Ministro dell'economia e delle finanze Padoan e come è stato ribadito dalla sottosegretaria De Micheli, e nel corso di quest'anno il PIL tornerà a crescere dello 0,7 per cento, dell'1,4 nel 2016 e dell'1,5 nel 2017. La flessione del prezzo del petrolio, come appunto anche avevano detto i colleghi che mi hanno preceduto del Partito Democratico, favorisce il miglioramento Pag. 42delle condizioni di scambio, l'aumento del reddito disponibile delle famiglie e dei conti delle imprese.
Nel 2014 il Governo ha puntato a rilanciare l'economia attraverso il cosiddetto bonus degli 80 euro per i redditi medi o, meglio, medio-bassi e smaltendo i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, il tutto senza indebolire il percorso di risanamento e consentendo al Paese di fare rimanere l'indebitamento netto comunque entro la soglia del 3 per cento. Il percorso riformatore ha riguardato, in particolare, il mercato del lavoro, con l'approvazione del Jobs Act, i cui decreti delegati entro il prossimo mese di giugno saranno tutti varati. E i primi segnali occupazionali, tenendo presente che il primo decreto legislativo, quello sulle tutele crescenti, è entrato in vigore solo lo scorso 7 marzo, sono dati incoraggianti.
Con ottimismo, senza essere visionari, ma con ottimismo dobbiamo avere la visione che il momento sta cambiando. Siamo in presenza di un significativo incremento delle assunzioni a tempo indeterminato rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente.
Parliamo di un più 30 per cento, numeri importanti visti gli ultimi anni, che avevano visto sempre un saldo negativo. L'osservatorio del lavoro della CNA, che, mensilmente, monitora un campione di oltre 20 mila 500 imprese, che occupano circa 127 mila persone, ha visto nel mese di marzo un più 8,6 per cento – sottolineerei – di assunzioni rispetto allo stesso mese del 2014: 3.245 assunzioni, 1.337 delle quali a tempo indeterminato. Non sono statistiche, sono numeri e, aggiungerei, sono persone. È l'effetto combinato del Jobs Act, entrato in vigore il 7 marzo, e della decontribuzione inserita nella legge di stabilità.
Ma, oltre alla valorizzazione del capitale umano, il Governo si è mosso su un disegno complessivo di riforme, a partire dalla razionalizzazione degli assetti istituzionali, dalla sburocratizzazione e snellimento della pubblica amministrazione, fino ad arrivare ad una vera riforma della giustizia civile. E per sostenere ripresa ed occupazione il Governo intende (perché, come dice anche il Premier Renzi, non basta solo il segno più sul PIL, ma è necessario il segno più sull'occupazione, e di questo si sta occupando il Governo) evitare qualsiasi aumento del prelievo fiscale, rilanciare gli investimenti pubblici e rafforzare le tutele sociali, ma anche rimediare rispetto ad alcune situazioni che meritano attenzione, e con grande sensibilità il Governo sta lavorando su questo, come nel caso dell'IMU agricola, così come sugli enti locali e le regioni sono sicura che il Governo saprà confrontarsi, come sempre ha fatto, e trovare le soluzioni a questioni oggettivamente serie e delicate, che spesso vedono gli amministratori su una frontiera difficile.
Mi avvio alla conclusione. È un documento che evidenzia anche uno scarto tra l'andamento del deficit tendenziale e quello programmatico nel 2015, che resta fissato al 2,6 per cento, che può portare il nostro Paese ad avere una disponibilità di quello che i media hanno chiamato tesoretto e che, in verità, sono risorse quantificabili in 1 miliardo e 600 milioni. L'obiettivo è lavorare tutti insieme.
Voglio, infine, evidenziare la necessità che venga data organicità e che si consolidino i segnali di attenzione che questo Governo ha dato fino ad ora al Mezzogiorno. Perché è sul sud che il Paese gioca la principale carta per il rilancio dell'intera economia, con le opere pubbliche, con le infrastrutture – oggi il Ministro Delrio si trova in Calabria con la commissaria Cretu – con i servizi, con una vera inversione di tendenza rispetto al tessuto industriale. Fino ad ora si è ragionato con la logica dell'emergenza e del pronto soccorso, oggi invece della programmazione socio-economica e finanziaria. Continuare ad iniettare fiele nelle vene di questo Paese non contribuisce a guadagnare la riva di questo difficile guado, dopo gli anni di crisi. Quindi, ieri i riflessi sociali, auspicare il fallimento del Governo, ieri sull'immigrazione, oggi sul DEF, domani sulla legge elettorale, dopodomani sulla pubblica amministrazione, è sicuramente un Pag. 43messaggio pericolosissimo. Alziamo le visiere e cerchiamo di lavorare tutti insieme per la vera ripresa economica di questo nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Casati. Ne ha facoltà.

EZIO PRIMO CASATI. Signora Presidente, colleghi e colleghe, membri del Governo, io soffermerò il mio intervento per quel pezzo di competenza del DEF che richiama alla sanità e alle politiche sociali.
Il Documento di economia e finanza pubblica per il 2015 si sviluppa, per quanto riguarda la previsione di spesa della sanità e delle politiche sociali, sulla base del Patto per la salute e delle disposizioni recate dalla legge di stabilità del 2015. Il Documento ribadisce i contenuti e gli impegni di spesa che qui si riassumono. Per quanto riguarda la sanità, nella sezione III, parte I, il DEF attribuisce un rilievo centrale al tema della sostenibilità finanziaria del Servizio sanitario nazionale nel medio-lungo periodo, e ciò attraverso il rafforzamento delle politiche legate alla prevenzione, anche alla luce dell'intesa sul piano nazionale di prevenzione 2014-2018, approvata in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
Il Documento conferma i dati contenuti nell'intesa approvata in sede di Conferenza Stato-Regioni e province autonome del 26 febbraio scorso, che ridimensiona la posta di bilancio prevista in 2.352 milioni di euro, portando così la previsione programmatica a 109,7 miliardi per il 2015 e a 113,1 miliardi per il 2016. Alla collega Grillo, che prima interveniva, basando il suo proprio intervento quasi esclusivamente non tanto sulla qualità e sulla quantità dei servizi, ma su quanto viene «stanziato per», voglio ricordare che gli organismi internazionali riconoscono alla sanità pubblica italiana il terzo posto nella classifica mondiale. Quindi, qualche valore aggiunto c’è, oltre a quello che riguarda le poste di bilancio.
È chiaro che auspico la possibilità che, in futuro, con la concretizzazione della crescita del PIL stimato, possano anche trovare risposta quelle nuove esigenze di aumento delle poste economiche a sostegno del Servizio sanitario nazionale. Tra le misure più propriamente organizzative non inserite nella legge di stabilità 2015, il Patto per la salute prevede il riordino della rete ospedaliera e il consolidamento in tutte le regioni delle forme di aggregazione di medicina territoriale. Anche questa è un'innovazione importante come medicina territoriale e di base.
Il Governo segnala, altresì, che è in corso di approvazione il regolamento per la definizione degli standard qualitativi strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera. Il Piano nazionale di riforme, PNR, evidenzia la necessità di costruire strumenti di monitoraggio sistematico dei livelli essenziali di assistenza. Nella sezione I, parte IV, oltre alla revisione dei LEA, è stata programmata la revisione del prontuario farmaceutico, nonché del sistema di compartecipazione del cittadino al finanziamento delle prestazioni sanitarie.
I costi standard sono considerati dal DEF come strumenti positivi per il contenimento della spesa sanitaria, non certo a discapito della quantità e della qualità. Per quanto riguarda il capitolo delle politiche sociali, la sezione III, parte I, del DEF sottolinea come la legge di stabilità del 2015 abbia segnato una forte inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti, nel senso di rendere la spesa sociale un investimento a supporto di una crescita inclusiva.
In tale direzione si confermano gli stanziamenti previsti. Vengono ribaditi gli stanziamenti per il Fondo nazionale per le politiche sociali, per la non autosufficienza, per i servizi socioeducativi, per la prima infanzia, il rifinanziamento della carta acquisti, l'introduzione di contributi a sostegno della natalità ed altre misure a favore della famiglia. Il Governo e il Parlamento hanno considerato importanti le misure contenute nella legge delega di riforma del terzo settore, appena approvata dalla Camera dei deputati ed inviata ora al Senato, e sostenuta anche da uno Pag. 44stanziamento nella legge di stabilità 2015. Ricordo, infatti, che con tale provvedimento è stata autorizzata per la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale la spesa di 50 milioni di euro per l'anno corrente, di 140 milioni per l'anno 2016 e di 190 milioni a decorrere dall'anno 2017.
Quello che mi preme raccomandare al Governo e al Parlamento sono alcuni punti. Chiedo al Governo di chiarire se fra i provvedimenti previsti nella razionalizzazione della tax expenditure siano inclusi i riordini della spesa riguardanti il settore delle politiche sociali, per esempio la riduzione delle detrazioni fiscali per la non autosufficienza e il piano di rafforzamento della rete degli asili nido. Se così fosse, chiedo di guardare con particolare attenzione alla valenza sociale di tali provvedimenti e di provvedimenti di questo tenore.
Altra raccomandazione al Governo riguarda l'emendamento al regolamento per la definizione degli standard relativi all'assistenza ospedaliera. Non si privilegi il versante della revisione della spesa a scapito di quello della salvaguardia della qualità dei servizi erogati ai cittadini. Ritengo opportuno porre altre due segnalazioni. La prima affinché il Governo, nel PNR, inserisca anche il riferimento alle proposte di legge, in corso di esame alla Camera dei deputati, in materia di assistenza alle persone disabili prive di sostegno familiare, il cosiddetto «dopo di noi», e i provvedimenti riguardanti l'autismo ora in via di definizione.
Vado a concludere. Evidenziamo dal DEF che, a fronte di un minore deficit, si sono materializzate risorse pari a circa 1,6 miliardi. Mi permetto di suggerire che tali risorse vengano impegnate in misura unitaria, unica, in contrasto alla povertà e in particolare alla povertà estrema.
Il giudizio generale sul DEF mi soddisfa e – sottolineo – va nella direzione auspicata dalla strategia Europa 2020, ribadisce gli impegni della legge di stabilità e di quanto contenuto dagli accordi con gli enti territoriali, incrocia innovazione e impegno alla standardizzazione della spesa ed al mantenimento e all'efficientamento dei servizi. Siamo sulla giusta strada: continuiamo a percorrerla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO. Grazie Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il documento sul quale siamo chiamati ad esprimere il parere è un testo di grande rilevanza. Come noto, è un atto di programmazione che serve a gettare le basi per indicare la rotta verso cui il Governo e il Parlamento vogliono indirizzare il Paese nei prossimi anni e nei prossimi mesi. Si tratta di un testo coerentemente inserito nel solco che abbiamo cominciato a tracciare fin dall'inizio di questa legislatura, ossia sull'equilibrio tra il rispetto dei parametri contabili e finanziari, concordati a livello europeo, e il sostegno concreto e reale ad una ripresa economica, che oggi possiamo ragionevolmente considerare più vicina rispetto a qualche tempo fa.
Il dato principale di questo Documento di economia e finanza è rappresentato, infatti, dalla previsione di un ritorno alla crescita già a partire da quest'anno, pur con stime saggiamente prudenziali, benché confortate da una serie di indicatori macroeconomici che indicano una chiara inversione di rotta rispetto alla recessione registrata negli ultimi anni.
Il Documento di economia e finanza punta a innescare una serie di azioni virtuose, che consentano all'Italia di beneficiare non solo degli effetti importanti derivanti dalle riforme attuate, da quelle in corso e da quelle programmate per gli anni e per i mesi a venire, ma anche di sfruttare la congiuntura internazionale favorevole e la coraggiosa politica minoritaria adottata dalla Banca centrale europea, misure che tra l'altro hanno notevolmente rafforzato la dotazione di liquidità per le banche italiane, da cui ci si attende una maggiore propensione all'erogazione di credito nei confronti di famiglie e imprese, contribuendo così in maniera concreta al ritorno alla crescita della nostra economia.Pag. 45
Quello che ci convince maggiormente di questo Documento di economia e finanza è la conferma di una nuova politica economica di bilancio che il nostro Governo ha assegnato all'Italia e che ha prodotto risultati concreti anche nel contesto europeo durante il semestre di Presidenza a guida italiana, abbandonando la sola e rigida austerità di bilancio e puntando, invece, sulla flessibilità dei parametri europei per attivare investimenti pubblici e privati, capaci di stimolare la ripresa. Si tratta di una politica che ha favorito la nascita, per la prima volta, di un piano europeo degli investimenti che, seppure limitato nella cifra assoluta messa a disposizione, potrà generare un positivo effetto leva nel settore privato. Questa doppia dinamica, rispetto dei conti e una nuova politica di investimenti, favorirà il ritorno alla crescita e porterà con sé anche un miglioramento del nostro indebitamento. A ciò si aggiunge anche la previsione di una progressiva riduzione della pressione fiscale, soprattutto in forza delle iniziative programmate, che consentiranno di disattivare le clausole di salvaguardia, fissate da Governi precedenti a questo, che altrimenti andrebbero ad aumentare la pressione fiscale sui contribuenti, sui cittadini e sulle imprese.
È particolarmente apprezzabile anche l'impostazione di politica tributaria, che il Documento di economia e finanza fissa per i prossimi anni, mirando all'obiettivo fondamentale di ridurre il carico fiscale sul lavoro per favore gli investimenti sulla produzione e la generazione di nuovi posti di lavoro. Si tratta di un obiettivo reso possibile dalla conferma di misure già adottate, quale il bonus Irpef di 80 euro, la deduzione dall'IRAP del costo del lavoro, la decontribuzione per i nuovi assunti, il nuovo regime agevolato dei minimi, l'anticipo del TFR in busta paga per i lavoratori dipendenti e del settore privato, la nuova disciplina del credito d'imposta per ricerca e sviluppo, il regime opzionale di tassazione agevolata per i redditi derivanti da opere dell'ingegno, brevetti e marchi d'impresa, il prolungamento delle agevolazioni fiscali per i lavoratori qualificati che rientrano in Italia e anche le detrazioni per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, di riqualificazione energetica e di adeguamento antisismico.
Un capitolo importante delle politiche future è rappresentato, però, dalla lotta all'evasione e all'elusione fiscale nonché da una complessiva e organica riforma del fisco, su cui questo Parlamento, in particolare la Commissione finanze, è impegnato fin dal primo giorno della legislatura. Uno sforzo che ha portato, tra l'altro, all'approvazione della legge delega di riforma del sistema fiscale, il cui cantiere si è positivamente riaperto in questi giorni con l'approvazione di altri tre decreti delegati da parte del Consiglio dei ministri.
Su questo fronte molte sono le iniziative già intraprese e in previsione, ma c’è un nodo che va sciolto e sul quale vogliamo accendere i riflettori: è quello rappresentato dalla condizione di disordine e di disagio organizzativo in cui si trovano le Agenzie fiscali (entrate, territorio, dogane e monopoli) a seguito della recente sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità delle norme in base alle quali l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli hanno attribuito incarichi dirigenziali a tempo determinato ai propri funzionari. Non vogliamo entrare nel merito della sentenza, perché non ci compete e non è questa la sede, ma non possiamo non sollecitare un intervento concreto e urgente per riparare la situazione che si è venuta a creare, mettendo a rischio, peraltro, la piena operatività di questi bracci operativi.
Peraltro, il supporto che queste Agenzie offrono all'economia reale (come, ad esempio, il processo dei rimborsi IVA, il rallentamento dell'attività doganale, l'efficacia delle norme virtuose sul rientro dei capitali e gli accordi bilaterali in campo fiscale) rischia di essere compromesso proprio per effetto di questo disordine organizzativo.
È, quindi, urgente e non più rinviabile un intervento, anche di tipo normativo, che affronti l'emergenza e non comprometta Pag. 46le previsioni di gettito che sono alla base di questo Documento di economia e finanza; intervento cui dovrà poi seguire una complessiva riforma di queste Agenzie con criteri e modalità che siamo pronti a discutere, anche con proposte concrete che possiamo fornire al Governo.
Consideriamo molto positivo l'impegno, già fissato per il 2015, di racchiudere in un'unica tassa locale IMU e Tasi, nonché quello di semplificare il numero di tasse comunali attraverso un unico contributo o canone che racchiuda in sé imposte e tasse minori e/o canoni esistenti a livello locale.
Questo Documento di economia e finanza delinea in maniera chiara, coerente ed efficace, in linea con le indicazioni pervenute dall'Unione europea e con gli impegni assunti al momento dell'insediamento di questo Governo, una prospettiva credibile di crescita per il nostro Paese, incoraggiando investimenti, restituendo credibilità e autorevolezza sul piano internazionale e restituendo fiducia nel futuro. Ed è proprio la fiducia nel futuro il motore che dobbiamo riattivare e portare a pieni giri per riportare linfa vitale alla nostra economia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Dario Parrini. Ne ha facoltà.

DARIO PARRINI. Grazie, Presidente. Operiamo in un quadro economico in cui cominciano a manifestarsi, dopo una lunga recessione, sviluppi favorevoli. Non sono, tuttavia, scomparsi rischi e incognite. In una situazione del genere, l'ultima cosa che possiamo permetterci è collocare la nostra discussione sul terreno, retoricamente redditizio, ma politicamente infido, degli euroscettiscismi di maniera, degli esercizi di stile accademici, degli svolazzi oratori e delle chimere, oppure dell'elencazione sconclusionata e disorganica di problemi di ogni ordine e grado, senza che tale elencazione sia accompagnata da proposte minimamente praticabili e credibili. Incursioni su questo terreno, politicamente infido – lo ripeto –, non sono mancate nemmeno oggi in questa nostra discussione. Non è ciò che serve al Paese.
Siamo tenuti a fare i conti con la realtà, senza imboccare la pericolosa scorciatoia della dilatazione del deficit e della spesa pubblica, in fondo alla quale non ci sarebbero che un livello più alto di tassi di interesse e la necessità di sottoporre la nostra economia a interventi bruscamente e scompostamente restrittivi.
Siamo tenuti, quindi, a fare i conti con la realtà. Ovviamente non dobbiamo far coincidere il realismo con l'immobilismo e, anzi, dobbiamo partire dalla presa d'atto dei vincoli oggettivi entro i quali agiamo per alimentare iniziative in grado di decidere i nodi strutturali che da troppo tempo nel nostro Paese tengono prigioniero il cambiamento.
Da un anno a questa parte il Governo sta praticando, con una incisività senza eguali in tempi recenti, una politica di innovazione responsabile e di lotta senza tregua al paralizzante groviglio di manchevolezze e ritardi formatosi negli ultimi decenni e per troppo tempo non fatto oggetto di robusti e convincenti tentativi di dipanamento.
Anche il dato di oggi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che parla di un differenziale positivo a marzo pari a 90 mila posti di lavoro tra assunzioni e cessazioni, con un aumento della quota dei contratti a tempo indeterminato, ci dice che questo tentativo, se portato avanti in maniera organica, può ottenere dei risultati. Il DEF di cui si discute oggi è la naturale prosecuzione del lavoro di cui ho appena parlato. Un lavoro difficile, di riduzione del divario che separa le nostre prassi dalle migliori pratiche europee. La sua finalità di fondo è indicare attraverso quali vie si può dare continuità e stabilità alle scelte di svolta compiute nella legge di stabilità 2015 detassando il lavoro, riducendo i costi di impresa, dando nuovo slancio alla revisione della spesa pubblica e alla lotta all'evasione fiscale.
Nel perseguire questi obiettivi, non dobbiamo lasciarci sfuggire nessuna delle Pag. 47
occasioni offerteci dal nuovo contesto macroeconomico, di cui anche oggi in questo dibattito molti colleghi hanno parlato. Non ci nascondiamo i fattori di preoccupazione. Per esempio, una ancora non sufficiente solidarietà intra-europea per la correzione degli squilibri macroeconomici, oppure un impegno per gli investimenti pubblici che è superiore al passato, ma non ancora ampio quanto sarebbe necessario. Tuttavia, siamo consapevoli del fatto che riusciremo a cogliere queste occasioni solo se sapremo mantenerci fermi nella volontà di coniugare una gestione rigorosa della finanza pubblica con una politica di crescita che punti a ridurre, nel segno dell'equità, tasse, spesa pubblica, burocrazia e a rendere possibile un salto di qualità nel campo delle infrastrutture materiali e immateriali.
Il DEF in discussione oggi disegna una cornice che rende tutto ciò possibile e, per questo, merita un giudizio positivo da parte nostra. Importante è la scelta di non prevedere nuove tasse; importante è la decisione di disattivare le clausole di salvaguardia e di disinnescare gli aumenti dell'IVA utilizzando a questo scopo il dividendo del buon Governo dell'ultimo anno, che si presenta sotto forma di aumento del tasso di crescita e di riduzione dei tassi di interesse. E anche utilizzando i frutti di un'ulteriore accelerazione dell'opera di riduzione della spesa pubblica, possibile senza penalizzare i servizi se continueremo a prosciugare le ancora troppo numerose arretratezze e inefficienze che condizionano parti rilevanti della nostra pubblica amministrazione.
Certo saremo all'altezza del nostro compito se, al di là di ogni stucchevole e inconsistente schermaglia polemica sui tesoretti, riusciremo a costruire le premesse per arricchire le scelte già compiute con misure di flessibilizzazione in uscita sul fronte delle pensioni, con misure di prolungamento oltre il 2015 della decontribuzione per i neo assunti a tempo indeterminato, con interventi di riordino della fiscalità locale a invarianza di gettito e con misure di sostegno delle fasce più vulnerabili della popolazione.
Dunque, concludendo, altro che improvvisazioni e ottimismi di carta; altro che «fuffa», come ho sentito anche oggi dire da qualche baldanzoso e incauto collega; altro che menzogne e disattenzione al lavoro; altro che assenza di una seria politica di lungo periodo ! Una seria politica di lungo periodo, nutrita con i valori, con l'energia, con la passione di cui ho parlato in questo intervento, è esattamente ciò che caratterizza e anima il nostro sforzo di Governo e di cambiamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Risoluzioni – Doc. LVII, n. 3)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Marcon ed altri n. 6-00131, Guidesi ed altri n. 6-00132, Brunetta n. 6-00133, Rizzetto ed altri n. 6-00134, D'Incà ed altri n. 6-00135 e Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Pisicchio, Alfreider e Di Gioia n. 6-00136, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Risoluzioni).

(Repliche dei relatori e del Governo – Doc. LVII, n. 3)

PRESIDENTE. Avrebbero facoltà di replicare i relatori che, a dire il vero, non vedo. Immagino, quindi, che abbiano rinunciato a replicare. Ha facoltà di replicare la sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze, Paola De Micheli, che invito, altresì, ad esprimere il parere sulle risoluzioni presentate.

PAOLA DE MICHELI, Sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze. Grazie Presidente, ringrazio anche il relatore per la maggioranza Tancredi, al quale, ovviamente, vanno i nostri più cari auguri di pronta guarigione, per il lavoro svolto fino a questa mattina. E ringrazio soprattutto Pag. 48i colleghi che sono intervenuti nel ricco dibattito di stamane in merito ai contenuti del DEF. Non ruberò tempo a quest'Aula, ma mi sia consentito di puntualizzare alcune questioni che sono emerse dal dibattito prima di dare i pareri del Governo sulle risoluzioni presentate.
Innanzitutto in merito a quelle che sono state definite anche dal Governo le condizioni transitorie che consentono in questa fase una accelerazione della crescita, della quale speriamo di vedere anche gli effetti concreti quanto prima, occorre puntualizzare che le attività di quantitative easing messe in campo dalla Banca centrale europea in realtà avranno anche effetti di medio periodo. Magari la questione delle condizioni transitorie è molto più legata al tema del prezzo del petrolio. Credo che però, proprio perché alcune di queste condizioni macroeconomiche internazionali sono da riconoscersi come transitorie, un'accelerazione sulle riforme strutturali, non solo in termini economici ma rispetto a tutto l'elenco che viene riportato nel DEF, si renda ancora più necessaria per poter approfittare al massimo e potenziare al massimo gli effetti positivi di queste condizioni internazionali così favorevoli.
Sulla questione degli spazi di flessibilità dei quali il Governo sì è servito e alle condizioni generali del rapporto con l'Europa, crediamo che questo Documento di economia e finanza segni un punto di non ritorno rispetto al rapporto con l'Europa e rispetto anche alle decisioni dell'Europa. La battaglia che i Governi italiani di questi ultimi anni hanno condotto in Europa proprio per riuscire a costruire spazi di flessibilità e rendere meno austera, seppur rigorosa, la politica economica europea, credo che cominci a dare i propri frutti. Questo ci consente di approfittare di alcuni spazi di flessibilità ma sono anche molto cambiate le condizioni generali con le quali l'Europa si muove nei confronti degli Stati nazionali e credo che sia anche da ascrivere alla battaglia di qualche anno che l'Italia ha portato avanti nelle sedi proprie.
Rispetto ai giusti timori espressi in quest'aula sulle clausole di salvaguardia contenute nelle leggi di stabilità, che potrebbero diventare operative se non si arrivasse al risultato relativo ai tagli di spesa, in realtà confermiamo anche in questo DEF che neutralizzeremo le clausole di salvaguardia in corso e lo diciamo con una certa autorevolezza perché quelle precedenti sono state neutralizzate e, quindi, lo diciamo con una certa autorevolezza ed una certa convinzione perché questo è un impegno che ci siamo presi già precedentemente e che abbiamo realizzato e quindi in qualche modo daremo anche seguito a impegni che hanno già avuto una concreta realizzazione. Qualcun altro, invece, sottolineava un eccesso di ottimismo rispetto ad alcuni numeri, ad alcuni indicatori che sono presenti in questo DEF. In realtà questi indicatori sono tutti confermati dagli osservatori nazionali e internazionali più importanti per quel che riguarda l'Italia e anzi c’è stato anche un dibattito da parte di alcuni degli organismi auditi all'interno della Commissione bilancio rispetto, invece, all'altro eccesso cioè ad un eccesso di prudenza. Riteniamo che, soprattutto sul tema del prodotto interno lordo, il Governo abbia fatto una scelta equilibrata rispetto a quelle che sono le certificazioni che importanti organismi nazionali ed internazionali danno in questa fase rispetto al tema della crescita.
Sulla questione degli investimenti sul quale ha concentrato il proprio intervento anche il collega Borghi, credo che debba esservi una forte spinta sul Piano Juncker e anche sugli strumenti privatistici di cui nessuno parla ma che proprio nel semestre italiano hanno visto la luce con la realizzazione di un regolamento che passerà nel Parlamento europeo su quelli che possono essere fondi privati che vanno ulteriormente a sostenere i piani degli investimenti degli Stati membri. Credo che tutto quel pacchetto, del quale peraltro abbiamo anche discusso in Commissione bilancio, in realtà anche per l'Italia possa rappresentare sicuramente un passaggio molto importante. Ma sicuramente in questo DEF c’è un cambio di rotta sugli investimenti pubblici da realizzare in Italia con risorse italiane. Credo che si incomincino Pag. 49ad avvertire all'interno di quelli che sono i numeri legati al PIL anche un'inversione di rotta rispetto a quelli che sono gli investimenti privati.
Uno dei problemi che noi abbiamo avuto negli ultimi anni è stato proprio il crollo della quota privata degli investimenti e misure come l'intervento sull'IRAP, che sono misure molto forti, possono consentire alle imprese private – non possono, consentono – di avere risorse che possono, poi, essere destinate agli investimenti privati, che sono un aspetto fondamentale e dirimente per realizzare le giuste ambizioni di questo Paese di tornare a crescere.
Certo è che la politica di riforma rispetto agli enti locali che il Governo ha intenzione di mettere in campo, soprattutto per quel che riguarda la fiscalità locale quest'anno, consentirà ulteriori spazi, soprattutto, per quella tipologia di investimenti, perché l'obiettivo della nuova regolamentazione fiscale locale è anche quello di dare margini di autonomia ai sindaci e agli enti locali per poter destinare le risorse della fiscalità locale.
Concludo su un passaggio al quale tengo molto: il contrasto all'evasione fiscale. Io credo che dall'inizio di questa legislatura, e dalla fine della precedente legislatura, siano state, in realtà, intraprese tantissime misure molto serie, che sfruttano al massimo anche, ovviamente, la tecnologia, per intervenire contro una piaga che ha anche determinato una distorsione della redistribuzione della ricchezza in questo Paese molto grave; una piaga che è anche alla base dell'allargamento della forbice tra categorie di lavoratori.
Credo che l'elenco di queste misure – il lungo elenco – cominci a dare i primi effetti. Non è un caso che, proprio l'anno scorso, l'Agenzia delle entrate abbia raggiunto il massimo di recupero di evasione fiscale, superando abbondantemente i 14 miliardi 200 milioni. È questa una delle ragioni per le quali credo che le giuste richieste, peraltro previste anche nella risoluzione di maggioranza sostenuta dall'onorevole Misiani e dall'onorevole Di Maio, d'intervento rapido per quello che è accaduto dopo la sentenza della Corte costituzionale per dare il massimo di garanzia alla funzionalità dell'Agenzia delle entrate – e, in generale, delle agenzie fiscali, perché è coinvolta anche l'Agenzia delle dogane –, a maggior ragione, rappresentino un impegno che questo Governo intende assolutamente prendersi.
Un'ultima battuta: tutte le cose che ci siamo detti e anche tutto questo DEF, in realtà, è orientato maniacalmente all'obiettivo di produrre lavoro. Questi sono gli strumenti che il Governo ha intenzione di mettere in campo con grande determinazione, con un piano di riforme ambiziose a al quale tutto il Parlamento ha richiesto di partecipare, con proposte, e alcune sono emerse anche oggi credo molto interessanti. Ma è tutto l'obiettivo della politica economica di questo Governo ad essere orientato al lavoro, perché anche la crescita è seria ed è credibile se garantisce una ripresa dei posti di lavoro ed una riduzione di quella che, per noi, sicuramente è una piaga, che è rappresentata dalla disoccupazione, così cresciuta in questi ultimi anni di crisi.
Rispetto anche a quello che ho appena detto, volevo inoltre esprimere i pareri rispetto alle risoluzioni che sono state presentate. Il Governo esprime parere favorevole solo sulla risoluzione dei colleghi Marchi, Tancredi, Librandi ed altri n. 6-00136, mentre esprime parere contrario sulle risoluzioni Marcon ed altri n. 6-00131, Guidesi ed altri n. 6-00132, Brunetta n. 6-00133, Rizzetto ed altri n. e 6-00134 e D'Incà ed altri n. 6-00135.

PRESIDENTE. Poiché a norma dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento si vota per prima la risoluzione accettata dal Governo, è chiaro che abbiamo capito qual era il termine. Io non avevo ancora chiesto al Governo di dichiarare quale risoluzione intendesse accettare, ma la sottosegretaria mi ha anticipato.
Ricordo che, in caso di approvazione della risoluzione accettata dal Governo, risulteranno precluse le altre risoluzioni presentate.

Pag. 50

(Dichiarazioni di voto – Doc. LVII, n. 3)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà. Prego, onorevole.

LELLO DI GIOIA. Grazie signora Presidente, signora sottosegretaria, è certo che non siamo usciti definitivamente dalla spirale difficile di crisi che abbiamo vissuto in questi anni, ma sicuramente le riforme che sono state approvate stanno delineando un aspetto positivo e la possibilità di fare in modo che il nostro Paese assuma una posizione importante per ciò che riguarda la crescita, lo sviluppo e quindi anche l'occupazione nel prossimo futuro.
Certo, in questo Documento vi sono degli elementi interessanti, che riguardano soprattutto la questione dell'indebitamento netto e la riduzione nel tempo del debito pubblico; vi sono però alcune questioni, che io credo debbano essere valutate con estrema attenzione, che riguardano sia l'avanzo primario – che a me pare non in una situazione non estremamente brillante, anche se nel 2018 si pensa di arrivare al 4 per cento – ma soprattutto riguardano gli investimenti.
Io credo che noi abbiamo bisogno di poter intervenire sugli investimenti e non semplicemente con gli strumenti tradizionali, cioè semplicemente i finanziamenti dalle banche, anche perché sappiamo benissimo che in questo periodo vi è poco credito da parte delle banche. Abbiamo ulteriori strumenti, che questo Governo purtroppo non mette in campo per una questione che non si riesce ancora a capire, quando altre nazioni e altri Paesi del mondo occidentale li stanno utilizzando. Mi riferisco soprattutto ai fondi pensione, che possono essere utilizzati per finanziare investimenti, per finanziare aziende e per finanziare quella che è l'economia reale di questo Paese.
Lo sviluppo si ha sviluppando l'economia reale, e per tutta risposta questo Governo continua a non prenderla in considerazione, anzi sta facendo in modo che i fondi pensione non soltanto non vengano ad essere utilizzati, ma non vengano ad essere espansi. C’è quindi una concezione culturale che credo debba essere superata da parte del Governo per capire che vi sono altri strumenti per finanziare lo sviluppo di questo Paese.
La nota negativa però – e mi avvio alle conclusioni – è che vediamo anche in questa nota le difficoltà del mondo del lavoro, le preoccupazioni che si hanno per l'occupazione, perché non si abbassa l'occupazione, perché non ci sono interventi che vanno a determinare una condizione diversa sull'occupazione, e il problema vero è il Mezzogiorno d'Italia, un Mezzogiorno che soffre, un Mezzogiorno che aumenta la sua disoccupazione, un Mezzogiorno che ormai è arrivato al limite della sostenibilità sociale. C’è bisogno che il Governo prenda coscienza, al di là di quello che oggi può essere l'inaugurazione di una strada che può fare il Ministro delle infrastrutture, si prenda coscienza che vi è bisogno di una politica forte per il Mezzogiorno e con il Mezzogiorno, perché il problema del Mezzogiorno non è un problema del Mezzogiorno, ma è un problema dell'Italia e dell'Europa. Se vogliamo sviluppare questo Paese, credo che prima ci debba essere il problema del Mezzogiorno per ridare fiducia e occupazione ai giovani del Mezzogiorno stesso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ottobre. Ne ha facoltà.

MAURO OTTOBRE. Grazie Presidente, signora sottosegretaria, condividiamo gli obiettivi strategici delineati dal Documento di economia e finanza in termini di crescita economica e di consolidamento dei conti pubblici che possiamo riassumere nella volontà di non aumentare la pressione fiscale e di favorire le riforme istituzionali della pubblica amministrazione e della giustizia, del mercato del lavoro e del sistema fiscale, come ragioni di competitività del sistema Italia.
Il quadro macro economico che il DEF indica conferma come il Paese sia uscito Pag. 51da una lunga fase recessiva e possa ora guardare a previsioni di crescita del PIL già nel 2015, destinate a rafforzarsi nel 2016-2019.
Occorre una politica di bilancio coerente con le esigenze di risanamento ma sostenibile per l'economia reale del Paese. Ciò è possibile con il miglioramento dei conti pubblici e la conseguente ripresa della crescita del nostro sistema economico produttivo. Non vi sono altre condizioni per una politica di bilancio e di sostegno alla crescita nel rispetto del miglioramento dei saldi. Lo dimostra anche l'andamento del debito, che si stabilizza nel 2015 e il prossimo anno e continua a scendere a tassi sostenuti. L'Italia, come ha affermato il Ministro Padoan, è pienamente nell'ambito delle regole europee. Il nostro Paese ha come obiettivo una maggiore crescita, riforme strutturali, tagli alle tasse, in particolare sui salari medi e bassi e per le imprese, e un profilo del debito sostenibile. Il DEF conferma come queste scelte strategiche siano fattibili ed efficaci. Nel semestre a guida italiana, il confronto in ambito europeo ha avuto cambiamenti significativi che hanno compreso come le politiche di crescita debbano costruire la condizione per sostenibili scelte di rilancio. È merito del Governo italiano aver lavorato per l'adozione di un Piano di investimenti per l'Europa e la creazione del Fondo per gli investimenti strategici. L'adozione del Piano Juncker per gli investimenti deriva da tale svolta. La realizzazione dei quattro corridoi multimodali che attraversano l'Italia e dei corridoi di trasporto TEN-T è un fattore decisivo ai fini della concorrenzialità del sistema Italia. In quest'ambito riteniamo importante, come peraltro ribadito dalla legge stabilità 2015, la garanzia della continuità del progetto e dei lavori relativi alla Galleria del Brennero e alle sue tratte d'accesso. È importante che il Governo operi coerentemente nei confronti della Commissione UE affinché il progetto sia inteso e finanziato nel suo complesso, comprese dunque le tratte d'accesso alla Galleria, al fine di ottenere un aumento del 40 per cento dei Fondi europei che cofinanziano quest'opera cardine ai fini dei collegamenti del nord e del sud d'Europa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barbanti. Ne ha facoltà.

SEBASTIANO BARBANTI. Grazie, Presidente. In questo DEF ancora una volta il Meridione è la parte del Paese che subisce i danni maggiori; li ha subiti e continuerà a subirli. Si pensi, ad esempio, alla sanità, che assorbe quasi tutto il bilancio delle regioni, che non funziona neanche bene e che, quindi, fa fare i viaggi della speranza alle persone. Proprio ieri, un Governo neo-insediato, ma già immobile come i più vecchi Governi della Calabria, in questo caso, ha varato una manovra da 4,9 miliardi di euro, di cui il 66 per cento investito nella sanità, che funziona male. Non per niente, su 570 casi di malasanità nella nazione, 107 sono della Calabria, 87 i morti. Di «liberi» ci sono soltanto 650 milioni di euro, il 13 per cento, ma devono servire per le spese di funzionamento della regione. Questo vuol dire che la Calabria non ha più soldi. La Calabria è la nostra Grecia, è sull'orlo del default. E il Governo cosa fa ? Il Governo fa una spending review tutta all'italiana, in cui – la Svimez lo riporta – i tagli, ancora una volta, colpiscono maggiormente il sud, con un taglio del 6,2 per cento rispetto all'2,9 del centronord. Insomma, questo taglio penalizza il sud soprattutto per quanto riguarda gli investimenti pubblici, che è una componente della spesa pubblica più colpita e che una delle componenti più sane della domanda di beni e servizi, capace di generare lavoro, in grado di stimolare la ripresa nell'economia meridionale. Ci saremmo aspettati, insomma, una riduzione delle spese improduttive, invece si toglie il necessario e si lascia il superfluo. Vorremmo – lo auspichiamo; lo scriviamo nella risoluzione – che nei prossimi documenti del Governo sia dedicato un capitolo apposito per il sud, sia fatto un focus per il sud, un vero e proprio DEF per il sud, in cui ci sia scritta la situazione Pag. 52macroeconomica del sud, dove siano stimati gli impatti delle varie manovre del Governo specificamente sul sud e dove ci siano dei provvedimenti specifici e tarati per il sud, perché o il Mezzogiorno si riprende o tutta l'Italia va a fondo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente. Sottosegretario De Micheli, a nome della componente politica di Alternativa Libera ci sentiamo di dirle che all'interno di questo DEF ci sono numerose riflessioni critiche. Ricordo sempre e volentieri un maestro della scuola austriaca di economia, von Hayek – di stampo keynesiano, tra l'altro – che diceva che in tempi di spesa pubblica democrazia vuol dire libertà economica. E quale contingente è più utile nel ricordare queste parole anche all'interno del Documento di economia e finanza ? Mi riferisco innanzitutto, sottosegretario, al problema del lavoro e delle dinamiche salariali. Analizzando i numeri del DEF emerge una realtà drammatica. Se la situazione sociale non è completamente degenerata lo si deve più al caso – sfortunatamente – che non all'azione del Governo.
Nonostante ciò, quelle che voi dite essere le vostre azioni, i disoccupati hanno raggiunto la percentuale del 12,7 per cento, con un aumento ulteriore rispetto al 2014. Donne, giovani e sud, come detto prima dal collega, sono le fasce che soffrono di più questo sistema. Si sta consumando di fatto il risparmio dei cittadini italiani per sopravvivere. Il 3 per cento delle famiglie italiane, lo ricordiamo, non riesce a far fronte neanche alle spese più elementari, come cibo, abiti e bollette.
Tra l'altro, se leggiamo bene le oltre 100 tabelle del DEF, ci attendono tempi molto, molto, duri, la ricerca di un reddito sarà difficile. Infatti, solo nel 2019, rispetto alla tabelle di cui sopra, si stima un incremento degli occupati pari allo 0,9 per cento in più, mentre per attendere la crescita del PIL dobbiamo attendere il 2020, quando toccheremo qualche quota percentuale interessante, ma tagliamo le spese degli enti locali a scapito dei servizi.
Questo DEF, questo libro dei sogni, non lascia presagire a nulla di buono, nessuna speranza di rapida ripresa, nessun aumento delle produzione, nessun aumento dei consumi, anche virtuosi, nessun aumento dell'occupazione, o ben poco, mentre ci si impegna in riforme manifesto che tralasciano i cosiddetti fondamentali della politica. Pur ritenendo, tra l'altro, un passaggio interessante, il vero cuore pulsante della manovra di riforma del mercato del lavoro, il jobs act, il nuovo contratto a tutele crescenti, vi incastrate in una dialettica particolare che sostiene un aumento dell'occupazione con nuovi contratti a tempo indeterminato. Ebbene, il nuovo contratto a tutele crescenti non ha nulla di indeterminato.
Passando poi alla vera e propria colonna vertebrale portante del paese, ovvero alle partite Iva, le piccole e medie imprese, i liberi professionisti, persone e aziende ancora una volta lasciate sole da questo documento, cosa si è fatto per loro ? Signor sottosegretario il regime dei minimi va ulteriormente rivisto.
Molto spesso, troppo spesso le casse integrazioni sono diventate non un sostegno ma un preoccupante specchio delle chiusure aziendali. Per quanto invece riguarda le aziende che sono fallite non per loro colpe, ma, ad esempio, per una evidente crisi di liquidità del sistema bancario, abbiamo degli imprenditori in Italia che non riusciranno più, dopo il fallimento, a riaprire le proprie aziende.
A questo punto speriamo in Draghi, speriamo che questi 60 miliardi di euro di iniezione, in Italia arriveranno 7 miliardi e mezzo, vadano veramente alle imprese e al sociale e non si fermino nell'ambito del sistema bancario.
In una situazione così degenerata la riforma del welfare è assolutamente necessaria. Passando dal modello attuale, che non garantisce tutti i cittadini, ad un welfare generativo, passando ad un welfare redistributivo, con politiche pubbliche di inclusione sociale e non di esclusione Pag. 53sociale: innovazione, start up, superamento del digital divide, la piena attuazione dell'Agenda digitale, la regolamentazione, come prima ricordato da qualche collega, della concorrenza tra aziende pubbliche e aziende private. In Italia oggi, Presidente, abbiamo un'azienda in parte partecipata al 25 per cento dallo Stato, che si chiama Enel, che sta andando a fare una concorrenza del tutto sleale nei confronti di coloro che sono artigiani, professionisti, rivenditori.
È particolarmente urgente ottenere un'equa redistribuzione del carico fiscale, perché è del tutto evidente che quando in Italia vi sono aziende che pagano sino al 60-65 per cento di tasse è un qualcosa che non va bene e che porta necessariamente al fallimento o alla chiusura delle nostre imprese.
Non ho mai visto, sottosegretario, negli ultimi vent'anni un Governo che non abbia annunciato tagli di spesa, aumenti di PIL, riduzione del debito pubblico: lo state facendo anche voi.
Chiudo ricordando Maffeo Pantaleoni, uno dei primi ad applicare la logica economica alla politica. Egli era un senatore del Regno d'Italia ed ebbe il coraggio di sostenere, durante l'approvazione delle leggi di bilancio, che le scelte di politica economica e fiscale dipendono dall'intelligenza media del Parlamento, ovvero dell'organo che è deputato a fare le leggi. Auguro a noi tutti che l'intelligenza media dei presenti in questa Aula sia adeguata alle difficoltà e all'impegno necessario per fare uscire il paese dalle sabbie mobili nelle quali è stagnante, per conquistare un futuro migliore e che per l'operato nostro possa indurre il Governo a modificare in corsa questa terribile strada intrapresa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Taglialatela. Non è in Aula, s'intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fauttilli. Ne ha facoltà.

FEDERICO FAUTTILLI. Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, sottosegretari, credo che sia ormai evidente a tutti, meno forse a chi volutamente non vuole vedere, che con il DEF 2015 si interrompe un lungo elenco negativo di numeri e percentuali che aveva contraddistinto cinque trimestri consecutivi e i precedenti Documenti di economia e finanza, con una previsione di rialzo del tasso di crescita del PIL sulla quale concordano tutti le principali istituzioni europee ed internazionali.
Diciamo che è sicuramente migliorato lo scenario delle condizioni interne ed internazionali nelle quali anche la finanza pubblica si trova ad operare, ma, più che nei valori, è stato colto il positivo segnale di inversione di una tendenza che aveva instillato negli operatori un forte clima di sfiducia, che oggi sembra invece vacillare di fronte alle nuove prospettive.
Ovviamente il realismo ha contraddistinto questo approccio favorevole, nel senso che tutti hanno premesso il carattere fortemente volatile dei fattori esogeni che hanno impattato positivamente sul ciclo economico. Il combinato disposto, infatti, del deprezzamento dell'euro sul dollaro, unitamente all'attivazione del quantitative easing da parte della BCE, che ha prodotto un abbassamento dei tassi di interesse e messo in circolazione una maggiore liquidità, e la contemporanea discesa del prezzo del petrolio rappresenta un unicum da cogliere al volo per invertire definitivamente il ciclo economico.
Non possiamo nemmeno dimenticare il ruolo che potranno avere, da una parte, l'avvio del Piano Juncker, a patto che si realizzi in tempi brevi e si traduca effettivamente in una leva di investimenti aggiuntivi rispetto a quelli che potrebbero essere garantiti dalle esigue risorse messe a disposizione, e, dall'altra, dall'approvazione della legge sulla concorrenza, che consentirà di liberare risorse finanziarie ed imprenditoriali e aumentare la competitività delle nostre imprese attraverso un serio programma di liberalizzazioni in mercati sempre più contraddistinti da posizioni di monopolio ancora dure da scalfire a tutto vantaggio dei cittadini consumatori.Pag. 54
Si è parlato molto, in questi giorni anche del tesoretto da 1 miliardo e 600 milioni, spuntato nelle pieghe del DEF. Siamo convinti che sia prematuro oggi immaginare i diversi impieghi possibili di tale somma che rinviene dall'utilizzo del margine dello 0,1 per cento di deficit che potrebbe esserci concesso dall'Unione europea. Se lo scenario prefigurato di miglioramento delle nostre prospettive economiche è plausibile, i pericoli sono sempre dietro l'angolo. Non si tratta di pessimismo, ma di realismo. Il rischio di una «Grexit» è ancora vivo e questo potrebbe incidere sullo spread, come dimostrato dall'andamento fibrillante dei mercati dei titoli pubblici e azionari degli ultimi giorni, che ha attutito l'effetto positivo dello stesso quantitative easing.
Tornando sempre al tesoretto, come sottolineato anche dalla Banca d'Italia, forse sarebbe meglio destinarlo al riequilibrio della finanza pubblica, dando così un segnale forte all'esterno nel volere con fermezza perseguire il riequilibrio dei conti pubblici, tanto più che si tratta di risorse che potrebbero essere destinate solo a misure una tantum e non strutturali. Non abbiamo bisogno di ulteriori mance. Le risorse vanno ricercate, se necessarie, altrove, e anche qui occorre essere chiari. La spesa corrente aggredibile è stimata in circa 100 miliardi, senza intaccare i servizi essenziali e il welfare, quindi senza intaccare la spesa sociale. Il tesoretto non risolverà i problemi: dobbiamo puntare ad un rafforzamento della spending review per scongiurare soprattutto l'attivazione delle clausole di salvaguardia, al momento rinviata, ma i cui effetti negativi sul potere di acquisto dei bilanci delle famiglie e sulla domanda interna sono noti a tutti.
Da questo percorso non si può deviare e, anche se è vero che nel 2016 le previsioni segnano un aumento dei tassi di crescita del PIL e che i conti miglioreranno, grazie a maggiori entrate tributarie e contributive e a una minore spesa per interessi, non dobbiamo mai dimenticare che gli occhi delle istituzioni europee e dei mercati finanziari saranno sempre puntati su di noi e, quindi, non dobbiamo assolutamente cadere nella tentazione di allegre politiche di bilancio espansive.
Riqualificare quindi una spending review che non sia di tagli lineari – che nell'esperienza passata hanno dimostrato di avere effetti fortemente recessivi – a partire da quella finora attuata nei confronti soprattutto dei comuni, che rappresentano solo il 7,2 per cento della spesa pubblica totale e ai quali si è richiesto uno sforzo di risanamento non proporzionato all'entità delle risorse gestibili dagli stessi. Ciò ha prodotto un drastico ridimensionamento delle funzioni di spesa di quelli che rappresentano, pur sempre, la principale stazione appaltante del Paese.
Meno spesa, quindi, o meglio una spesa più razionale e rivitalizzazione della domanda interna, perché puntare unicamente sull’exploit delle esportazioni non porta lontano e perché questa è la migliore via per sostenere il debito pubblico. Quindi, avanti tutta con le riforme strutturali, le uniche in grado di creare nuova occupazione.
Ed è necessario procedere spediti nella loro attuazione, come è avvenuto, per esempio, per il Jobs Act, mentre, purtroppo, così non si può dire per la delega fiscale, della quale si sente un gran bisogno: un mosaico a cui mancano ancora molte tessere, delle quali si auspica un rapido recepimento, a partire dalla codificazione dei reati tributari o dalla codificazione del diritto tributario generale, della riscossione locale, per non parlare della riforma della tassazione immobiliare. Non dimentichiamoci che oggi la pressione fiscale sugli immobili, compresa la prima abitazione, ha raggiunto livelli di allarme sociale e ciò sia considerando le patrimoniali sia le imposte sui trasferimenti.
Un'altra leva importante è quella del credito: l'azione messa in campo dalla BCE non ha avuto un impatto significativo sulle condizioni di accesso al credito da parte delle imprese e questo rischia di rappresentare un freno alla ripresa dell'economia. Su questo c’è ancora molto da lavorare e il Governo dovrebbe impegnarsi in tal senso con il sistema bancario al fine Pag. 55di garantire un adeguato flusso di finanziamenti all'economia reale e nuova benzina per una ripresa degli investimenti, il cui valore rimane inferiore di mezzo punto alla media dell'Unione europea, nonostante rappresentino una componente fondamentale del PIL, fungano da traino per tutti i settori di importanza strategica e, di conseguenza, rappresentino una leva fondamentale per la crescita. Una crescita che – si badi bene – necessita anche e soprattutto di un assetto istituzionale solido e di un assetto giuridico certo, soprattutto in alcuni settori, come quello della pubblica amministrazione, rispetto alla quale molto si è avviato e molto altro si sta ancora approfondendo, per eliminare i famosi «colli di bottiglia» che rappresentano e hanno sempre rappresentato i principali ostacoli all'efficienza della pubblica amministrazione, a partire dal contrasto alla corruzione nel settore pubblico.
Senza dimenticare, ancora, il nodo importante della riforma della giustizia, sia civile che penale, il cui completamento rappresenterà l'altro tassello essenziale, nel settore pubblico, per colmare quel ritardo di efficienza che impatta negativamente sui cittadini e sulle imprese e rappresenta il vero primo ostacolo all'ingresso di capitali stranieri. I provvedimenti finora varati dal Governo sono stati interventi di manutenzione, piuttosto che di vera e propria riforma strutturale.
Per questo, bisogna che il disegno di legge delega relativo al processo civile, varato nel febbraio 2015 dal Consiglio dei ministri, inizi a marciare speditamente per migliorare l'efficienza, la qualità e la rapidità della giustizia civile, sia in chiave di spinta economica che in chiave di certezza del diritto, e lo stesso dicasi per il pacchetto di riforme sul fronte della giustizia penale.
Infine, la recessione in questi anni ha prodotto una povertà senza riscontri nel passato, un problema divenuto una questione nazionale, interessando circa 6 milioni di persone nel 2013.
Certo, il Governo – e concludo – è intervenuto con strumenti tra lo sperimentale e la progettazione pilota, con bonus e altre misure varie, ma, seppur migliorata, la situazione è ancora grave. Ecco che allora, se proprio si deve destinare il «tesoretto» per un ulteriore bonus destinato ai redditi più bassi, è necessaria l'attuazione di un piano per i poveri, un piano per la povertà, in particolare per le famiglie numerose.
Concludendo, il gruppo Per l'Italia-Centro Democratico voterà, così come già preannunziato nella discussione sulle linee generali dal collega Tabacci, a favore della risoluzione della maggioranza, condividendo pienamente gli impegni rivolti al Governo, al quale garantiamo il nostro sostegno nel processo di riforme avviate, affinché diventino realmente operative e possano garantire quel bonus extra, che Bruxelles potrà concederci a fine anno, da usare – questo sì – per lo sviluppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Guidesi. Ne ha facoltà.

GUIDO GUIDESI. Grazie, Presidente. Ascoltando sia gli interventi nel corso della discussione sulle linee generali, sia alcuni interventi in sede di dichiarazione di voto ci si accorge che quei fasti, con i quali è stato presentato questo DEF dal Presidente del Consiglio, non sono poi così veritieri, ma ci sono anche alcune valutazioni negative da parte di componenti della maggioranza, iniziando da quel famoso «tesoretto», presentato ancora una volta in pompa magna, che effettivamente, invece, non c’è, per il momento non esiste. Non stiamo comunque parlando di nuove risorse, ma di una possibilità, all'interno dei margini concessi dall'Unione europea, di realizzare maggior deficit, semmai lo si possa fare. Tant’è che tutti coloro i quali sono stati auditi hanno consigliato di evitare cosiddette misure elettoralistiche, forse presi anche da esperienze precedenti da parte del Presidente del Consiglio.
E nonostante il Documento di economia e finanza contenga e sostenga la messa in atto di una politica di contenimento del debito, la Banca d'Italia, in uno Pag. 56dei rapporti statistici, ci dice che a febbraio 2015 il debito pubblico è aumentato di 3 miliardi 300 milioni rispetto a gennaio 2015, salendo a circa 2.169 miliardi e raggiungendo l'ennesimo massimo storico di questo Governo.
Il Documento di economia e finanza non prevede alcuna revisione dei tagli previsti per gli enti locali e territoriali, che aumentano complessivamente, tra il 2011 e il 2015, dalla prima manovra di Monti all'ultima legge di stabilità del Governo Letta, ad almeno 25 miliardi di euro e stanno determinando, nelle prossime settimane, la dichiarazione di default per molte province, il blocco totale degli investimenti, di cui abbiamo parlato, per il territorio e l'impossibilità di adempiere ai servizi pubblici per tutti gli enti.
Non si affronta, altresì, il tema urgente della revisione dei parametri del Patto di stabilità interno, nonostante le numerosissime dichiarazioni dall'inizio della legislatura, che bloccano l'attività dei comuni, soprattutto di quelli virtuosi, uccidendo, di fatto, le autonomie locali e scaricando sugli enti locali il ruolo di esattori per lo Stato, di tagliatori di servizi e di punto di sfogo del risentimento popolare, nonostante non siano né coinvolti né responsabili dei tagli, imposti anche e soprattutto da questo Governo.
Dal 2010 ad oggi, tra taglio dei trasferimenti e Patto di stabilità, i soli comuni hanno fatto sacrifici per 17 miliardi di euro, nonostante incidano solo per il 2,5 per cento sul totale del debito pubblico e solo per il 7,6 per cento sul totale della spesa pubblica. Dal 2011 i decreti che hanno cambiato le regole di bilancio per i comuni sono stati ben 64, rendendo impossibile alcuna programmazione. Nello stesso periodo, le amministrazioni centrali dello Stato hanno operato tagli molto inferiori e, addirittura, il taglio delle spese dello Stato, previsto del 3 per cento in legge di stabilità (altra promessa non mantenuta), è stato ridimensionato al solo 1 per cento, con un contestuale – e sottolineo «contestuale» – aumento dei costi della Presidenza del Consiglio.
Le previsioni positive dell'andamento dell'economia, contenute nel DEF, poggiano in larga parte su condizioni esogene al Paese; tuttavia, in base a recenti ricerche, come quelle della fondazione per la sussidiarietà, si dimostra che con più federalismo il prodotto interno lordo crescerebbe in misura maggiore, come del resto avviene, ad esempio, in Germania.
Il Governo ha tradito lo spirito del federalismo fiscale, forzando il proprio ruolo di coordinamento della finanza pubblica. L'ultimo rapporto del COPAFF dimostra che agli enti locali è stato chiesto uno sforzo di risanamento non proporzionato all'entità delle loro risorse, con un atteggiamento del tutto sperequato rispetto alle amministrazioni statali, per le quali non è stata mai nemmeno pensata la definizione di parametri analoghi ai fabbisogni e ai costi standard.
E poi veniamo alle clausole di salvaguardia, che tanto ci preoccupano e che anche dovrebbero preoccupare voi. Il Documento di economia e finanza non chiarisce come potranno essere evitate le clausole di aumento di IVA e taglio delle detrazioni, già legiferate con la scorsa legge di stabilità. Si tratta di ben 16 miliardi, cioè dieci volte lo sbandierato tesoretto.
Il Governo si limita a ribadire che si opererà una spending review compensativa, già prevista dalla stessa legge di stabilità, ma addirittura riducendola dai 16 miliardi necessari ai soli 10 miliardi, senza spiegare come e cosa si taglierà. Gli altri 6 miliardi mancanti nella previsione del Governo dovrebbero arrivare spontaneamente e miracolosamente dalle casse dello Stato, dalla crescita e dal calo dello spread, tutti elementi ciclici per definizione, mentre la riduzione della spesa dovrebbe essere strutturale per essere efficace. Noi siamo estremamente convinti che la priorità che voi date alla legge elettorale è forse causata anche dalle clausole di salvaguardia che avete inserito.
Il Governo è stato smentito anche dagli annunci relativi alla diminuzione della pressione fiscale. L'ISTAT ha tombalmente affermato che il peso fiscale si mantiene Pag. 57nel 2015 allo stesso livello del 2014, al 43,5 per cento, aumenta di sei decimi di punti nel 2016, circa 10 miliardi di euro di nuove tasse.
In questo documento si annuncia per l'ennesima volta una riforma della tassazione locale sugli immobili, più volte promessa da questo Governo fin dal suo insediamento. Tenuto conto dell'attuale carico di imposizione fiscale, è necessario evitare che la nuova riformulazione possa diventare l'occasione per un ulteriore aumento della tassazione, quanto piuttosto lo strumento per rivedere al ribasso l'imposizione fiscale. È necessario dare un segno tangibile veramente percepibile ai cittadini, al fine di rifondare in loro fiducia nelle pubbliche amministrazioni, specie quelle locali, spesso ingiustamente e strumentalmente ritenute responsabili dell'aggravio fiscale.
Il Governo sottolinea fortemente l'uscita del Paese dalla recessione, basata principalmente sulla ripresa dell’export, favorita da un deprezzamento dell'euro e dalla diminuzione del costo delle materie prime, nonché dalla politica monetaria della BCE. Il quantitative easing, in particolare, seppure abbia prodotto effetti positivi sulla riduzione del costo per il finanziamento del debito, dall'altro lato, non ha provocato un impatto significativo sull'accesso al credito da parte delle imprese, con riguardo a quelle di piccole e medie dimensioni. Voi avete creato i nuovi esodati di questi ultimi anni: la piccola e media impresa e le partite IVA, che hanno maggiormente avvertito la crisi di liquidità legata alla contrazione dei finanziamenti bancari nei loro confronti. Gli ultimi dati della Banca d'Italia indicano, infatti, un calo su base annua del 3 per cento del finanziamento alle imprese.
Il Governo non è stato in grado fino ad ora di dare risposte concrete al tessuto della piccola e media impresa, che ancora oggi si rende protagonista della flebile ripresa del Paese, l'80 per cento dell'economia italiana, continuando ad investire in Italia e creando occupazione.
Poco o nulla, infatti, è stato fatto per garantire loro un più facile accesso al credito e una riduzione dei carichi fiscali, sociali e burocratici. A queste difficoltà si aggiunge lo sproporzionato carico fiscale che grava sulle imprese, dovuto ad un sistema tributario vessatorio che impone alle imprese una tassazione di gran lunga superiore sia alla media dell'Eurozona che a quella dell'intera Unione europea.
Lascio perdere i dati, ma, in conclusione, noi vi chiediamo se avete trovato qualcuno, qualche persona, qualche impresa, qualche lavoratore, qualche anziano in giro per questo Paese, che sia contento e soddisfatto di questa vostra pseudo ripresa economica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie Lega dei Popoli – Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Librandi. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO LIBRANDI. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, Scelta Civica si appresta ad esprimere un giudizio favorevole rispetto al Documento di economia e finanza attualmente all'esame di quest'Aula; un Documento che riflette l'immagine di un Paese che ha sofferto ed ancora sta soffrendo, ma che, finalmente, comincia a registrare deboli, ma concreti, segnali di ripresa; un Documento, e mi preme sottolinearlo, che certifica la volontà di questo Governo di agire, anche se, sotto certi aspetti, con un po’ di timidezza, affinché queste luci, oggi ancora deboli ed esitanti, possano rafforzarsi e consolidarsi nel prossimo anno.
Ma veniamo ai contenuti propri del DEF. Cosa posso dire in più, con la dichiarazione di voto di Scelta Civica, rispetto a quanto non sia già stato espresso da illustri e competenti analisti, che, nei giorni scorsi, hanno già fornito il loro parere ? Mi riferisco all'Ufficio Parlamentare di Bilancio, alla Banca d'Italia, alla Corte dei Conti, con le sue giuste raccomandazioni, alla Confindustria, all'ISTAT, che ha sviscerato ogni 0,1 per cento in più o in meno.
Forse posso provare a fare un'analisi, partendo da quelli che erano gli obiettivi Pag. 58del DEF dell'anno scorso, verificando le strategie messe in campo e analizzando i risultati raggiunti per decidere come proseguire nell'azione di Governo, per definire quali sono le priorità che dobbiamo seguire per creare ricchezza, perché la ricchezza, prima di essere giustamente ridistribuita, deve essere creata.
Dunque, il DEF del 2014 si muoveva lungo alcune ben definite linee: dare sostegno, nel breve periodo, alla ripresa attraverso sgravi fiscali alle famiglie, il pagamento dei debiti commerciali e nuovi investimenti pubblici, far riconquistare competitività e sostenere la crescita attraverso misure strutturali ed il taglio del cuneo fiscale, mantenere credibilità e disciplina nei conti pubblici per limitare il costo del debito.
Nel corso dell'anno appena trascorso abbiamo raggiunto risultati importanti, ma non sempre completamente soddisfacenti. L'erogazione del bonus degli 80 euro, diventato, nel corso dell'anno, definitivo, ha dato sostegno a tante famiglie, ma non, come Scelta Civica ha più volte sottolineato, a pensionati o alle partite IVA.
Il pagamento dei debiti arretrati della pubblica amministrazione, il cui ritardo ha creato tanti problemi di liquidità alle nostre aziende, ha avuto certamente una forte accelerazione, ma, a fronte degli oltre 91 miliardi di debiti stimati dalla Banca d'Italia, solo 36,5 risultano ad oggi pagati. Gli investimenti fissi, pur incentivati da misure di recupero fiscale, sono diminuiti del 3,3 per cento nel 2014, con un picco del 4,9 per cento che ha riguardato la componente «costruzioni», un decremento del 2,7 per cento degli investimenti in macchinari e dell'1,2 per cento dei mezzi di trasporto.
La crescita e l'occupazione sono state promosse dalla riduzione dell'IRAP a carico delle aziende e dalla condivisa approvazione del Jobs Act, ma ancora molto resta da fare. Abbiamo solo parzialmente realizzato un piano di privatizzazioni da 12 miliardi, su cui sarà bene ora accelerare, e non abbiamo concretizzato il piano di liberalizzazione. Anche sulla revisione della spesa si è scelta una linea soft, che non ci ha consentito di reperire maggiori risorse per una più netta riduzione della pressione fiscale.
Considerata questa situazione di partenza, Scelta Civica esprime sul DEF 2015 tre considerazioni fondamentali: il primo assunto del DEF 2015 è il segno «più» del PIL. Anni di sacrifici e riforme serie, compiuti dagli italiani e dai Governi dall'autunno del 2011 in poi, hanno condotto l'Italia fuori dal baratro. Ci sentiamo pienamente protagonisti di questo lungo tragitto fuori dal tunnel.
Saremo altrettanto protagonisti della ripresa economica, che per realizzarsi ha bisogno di un alto tasso di riformismo.
Sul PIL, apprezziamo che il Governo abbia scelto stime prudenziali, perché le sensazioni positive inducono a sperare in performance anche migliori, ma esse vanno contemperate con i rischi: il cambio euro-dollaro potrebbe essere più volatile di quanto stimiamo; il prezzo del petrolio stabile nel DEF a 57 dollari al barile è un auspicio, non una certezza; gli effetti di eventuali degenerazioni dello scacchiere internazionale vanno sempre considerati.
Il secondo fatto è che, considerando il bonus Irpef da 80 euro, il bonus bebé e il credito d'imposta per la ricerca come riduzioni di imposta, finalmente nel 2015 la pressione fiscale resta invariata; dal 2016 in poi, si assiste ad una graduale seppur modesta diminuzione. Perché questo avvenga, tuttavia, c’è bisogno che si realizzi un obiettivo fondamentale: il disinnesco di quella bomba ad orologeria che sono le clausole di salvaguardia delle imposte indirette. Scelta Civica – lo diciamo con estrema chiarezza – non accetterà nemmeno un euro di tasse in aumento. Esprimiamo dunque la nostra avversione all'ipotesi che i tagli di spesa corrente necessari ad evitare le clausole di salvaguardia si traducano nell'eliminazione delle deduzioni e delle agevolazioni fiscali per i cittadini e le imprese. Il riordino della giungla di deduzioni e agevolazioni è infatti un obiettivo sacrosanto, per il quale non mancherà il sostegno di Scelta Civica, ma solo se esso verrà fatto per ridurre le aliquote fiscali generali, non Pag. 59se sarà realizzato in sostituzione anche parziale di veri tagli di spesa improduttiva.
La terza considerazione riguarda la prudenza con cui nel DEF è affrontata la madre di tutte le battaglie: la riduzione delle tasse. Non basta evitare ulteriori e letali aumenti di pressione fiscale. Per rilanciare concretamente e in modo duraturo l'economia italiana, occorre più coraggio, serve una scossa di libertà, un significativo abbattimento delle tasse sui produttori e sui creatori di ricchezza. C’è grande bisogno nel nostro Paese di creare ricchezza, perché solo creandola potremo poi ridistribuirla. Noi siamo convinti che gli strumenti migliori da utilizzare per raggiungere questo obiettivo siano l'impresa, l'artigianato, il commercio, il terzo settore. E allora è necessario, come Scelta Civica ha più volte sottolineato, mettere il mondo produttivo nella migliore condizione per potere creare benessere, riducendo con costanza una pressione fiscale ormai non più sopportabile, tagliando tutte le catene burocratiche che impediscono alle nostre aziende di crescere, favorendo l'accesso al credito, agevolando con contratti flessibili l'entrata dei giovani e dei meno giovani nelle nostre aziende.
Serve e non è più rinviabile un riordino e uno snellimento della spesa che assicuri risparmi profondi, necessari per un serio e significativo abbattimento delle tasse. A questo proposito, come Scelta Civica ha sempre sottolineato, un impegno prioritario dovrà essere una seria azione di razionalizzazione e riordino delle partecipazioni pubbliche.
E allora la domanda fondamentale diventa: il DEF che oggi stiamo analizzando si muove in questa direzione ? È questo un DEF finalizzato a sostenere l'impresa, a favorire la creazione di ricchezza da ridistribuire sotto forma di salari, di welfare, di pensioni, di sanità e di tanto altro ? Sì, si tratta di un DEF positivo, però noi di Scelta Civica, che fin dall'inizio abbiamo voluto assumere il ruolo di propositori del Governo, siamo convinti che, pur condividendo i contenuti del DEF 2015, si possa e si debba fare di più.
Il Presidente Renzi e il Ministro Padoan sanno, come tutti noi, che i tesoretti non esistono. Esistono le scelte concrete di politica economica: un leggero aumento deliberato del deficit per il 2015 permette di destinare 1,6 miliardi di euro ad un obiettivo specifico. Sarebbero soldi sprecati se li trasformassimo in un'agevolazione a favore di qualcuno piuttosto che di qualcun altro. Il vero tesoretto deriverà invece dagli effetti positivi, in termini di output potenziale, che un buon utilizzo di quelle risorse può produrre.
Personalmente ho proposto di usare quei fondi per un irrobustimento del bonus ricerca, magari tarato sui settori particolarmente avanzati e innovativi, oppure per finanziare l'incentivo fiscale a favore delle aziende che trasformano contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, come previsto dal Jobs act. Toglieremmo un problema al Ministro del lavoro e aiuteremmo centinaia di migliaia di lavoratori in più ad avere finalmente un contratto di lavoro stabile e duraturo.
Concludo con una riflessione di prospettiva.
Abbiamo lavorato a lungo e a fondo negli ultimi due anni per rendere di nuovo l'Italia pienamente sovrana e artefice del proprio destino. I conti strutturalmente in ordine e l'economia in ripresa fanno sì che la Repubblica italiana oggi non sia più soggetta al rischio di speculazioni sui mercati finanziari. Abbiamo lavorato a lungo, ma siamo ormai tornati pienamente artefici del nostro futuro. Dopo una crisi durata più della Seconda Guerra Mondiale, tocca a noi costruire un altro miracolo economico. Se avremo coraggio, se sapremo proseguire senza timori sulla strada della modernizzazione e delle riforme, l'Italia tornerà ad essere una terra di opportunità e prosperità.
Per concludere, seppure con le osservazioni precedentemente svolte e il nostro giudizio positivo sul Documento di economia e finanza, preannunzio il voto favorevole di Scelta Civica in conformità ai pareri resi dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giulio Marcon. Ne ha facoltà.

GIULIO MARCON. Grazie, signora Presidente. Signora sottosegretaria, colleghi e colleghe, il Documento di economia e finanza del 2015 è un documento, a nostro giudizio, senza qualità, senza prospettive, senza una strategia di politica economica capace di far uscire il Paese dalla crisi. A nostro giudizio, è un documento ingiustificatamente ottimistico, a tratti trionfalistico, poco prudenziale, senza scelte di natura realmente espansiva, di sostegno alla domanda e ai redditi.
Da una parte, è un documento che fotografa burocraticamente l'esistente e non ci sono grandi novità. Dall'altra, il DEF dà l'impressione di una politica economica che fa galleggiare il Paese su un'onda – non sappiamo quanto lunga – di alcuni fattori esogeni che giocano a nostro favore: il calo del prezzo del petrolio, la svalutazione dell'euro, la diminuzione dello spread, l'impatto del quantitative easing della BCE.
È un documento che va valutato per quello che c’è, ma anche – forse soprattutto – per quello che non c’è. Non c’è una politica della domanda e non c’è un impianto espansivo della politica economica. Non c’è una politica attiva per il lavoro, ma solo della sua precarizzazione. Non c’è una politica degli investimenti pubblici, tutta praticamente schiacciata sui supposti effetti benefici del piano Juncker.
È un documento che si affida anche per i prossimi anni agli effetti benefici delle cause esogene o ai fattori esogeni, forse in modo irrealistico, come se il prezzo del petrolio e il rapporto euro/dollaro rimanessero a questo livello fino al 2019. È impensabile. Il fattore «C» di Arrigo Sacchi ha funzionato in passato per le partite della nazionale, ma farne affidamento per le crescita dell'economia del nostro Paese ci sembra un po’ da irresponsabili e non pensiamo che il Ministro Padoan voglia essere paragonato all'ex allenatore della nazionale di calcio.
E sempre al Ministro Padoan dobbiamo ricordare che le misure benefiche della BCE si esauriranno nell'ottobre del 2016, che basta un po’ di turbolenza tra la Grecia e l'Eurogruppo per far aumentare di 50 punti lo spread, che basta il ritorno di una guerra – che noi ovviamente scongiuriamo – per fare aumentare il prezzo del petrolio. Pensare che le attuali condizioni favorevoli internazionali continuino fino al 2019, fondando su di esse le previsioni dell'andamento della nostra economia, ci sembra molto azzardato. Noi non facciamo i gufi, voi però non fate gli struzzi.
E quando il Ministro Padoan e il Governo nel DEF dicono che siamo usciti dalla recessione ci vorrebbe prudenza, intanto perché tecnicamente non siamo usciti dalla recessione. Il quarto trimestre del 2014 che formalmente ha il segno zero, in realtà ha il segno meno zero virgola zero zero qualcosa. Quindi, c’è ancora il segno negativo. Inoltre, il dato del primo trimestre del 2015 ancora non è noto, lo avremo solamente l'11 maggio. Pensare di arrivare allo 0,7 per cento di aumento del PIL a fine anno, con una previsione, come si dice, dello 0,1 per cento per il primo trimestre, è un'impresa assai ardua.
È un documento, questo Documento di economia e finanza, che sopravvaluta esageratamente l'impatto delle riforme strutturali. Si pensi a quel 2,4 per cento di PIL in più stimato dall'impatto sul lungo periodo dei nuovi provvedimenti sulla scuola, mentre lo stesso DEF ci dice contemporaneamente che la spesa per l'istruzione calerà in quindici anni dal 3,7 per cento del PIL al 3,3 per cento: significa 6 miliardi e mezzo di euro in meno.
È un documento che, invece, tratta, nel programma nazionale di riforma, come una sorta di gadget gli obiettivi di Europa 2020. L'Europa ci chiede di arrivare a stanziare nel 2020 il 3 per cento del PIL in ricerca e innovazione e noi rispondiamo che a malapena arriveremo all'1,5 per cento. L'Europa ci chiede di portare il numero di laureati nel 2020 al 40 per cento e noi gli rispondiamo che arriveremo al 26 per cento.Pag. 61
L'Europa ci chiede di portare nel 2020 il tasso di abbandono scolastico sotto il 10 per cento e noi le rispondiamo, nel DEF, che arriveremo al massimo al 16 per cento. L'Europa ci chiede, con Europa 2020, di portare il tasso di occupazione nel 2020 al 75 per cento e noi, nel DEF, le rispondiamo che al massimo sarà il 66 per cento. Quando si tratta di scuola, di lavoro, di ricerca, di ambiente, i vincoli europei per l'Italia non contano nulla; possiamo non rispettarli ed eluderli e non c’è alcuna sanzione e possiamo dimenticarcene. Nessuno parla mai di questi obiettivi, ma anche queste sono delle riforme strutturali ed il Governo se ne dimentica, soprattutto quando si tratta di orientare la spesa pubblica e gli investimenti in questa direzione.
Il Governo ci ha detto che c’è un tesoretto, anzi ha inaugurato un nuovo sport: la caccia al tesoretto. Non si sa dove sia, quando sarà disponibile e a che cosa dovrà servire. La realtà è che il tesoretto ancora non c’è e questo Governo anche su questo fa della propaganda, fa del marketing. È un documento, questo del DEF, che si intestardisce a rispettare i vincoli di politiche europee insostenibili. Le regole europee della riduzione del debito e del deficit sono impraticabili, irrealizzabili. Il Governo non mostra il coraggio, anche con questo DEF, che bisognerebbe avere in questo momento così drammatico: quello di rimettere in discussione i parametri dei trattati europei. Non si fa. E il motivo è che Renzi, nonostante i molti proclami, è ancora subalterno alle politiche dell'austerità. E così il Documento di economia e finanza è in sostanziale continuità con le politiche neoliberiste e di austerità dei Documenti degli anni precedenti. Non assicura una svolta espansiva alla politica economica del nostro Paese e non prospetta i cambiamenti necessari per far uscire il Paese dalla crisi. Stagnazione e depressione economica, una volta svaniti gli effetti della buona contingenza internazionale, sono assicurate.
Altre sono le scelte che secondo Sinistra Ecologia Libertà si sarebbero dovute fare. Primo, portare il rapporto deficit-PIL dal 2,5 al 3 per cento, sfruttando tutti i margini esistenti previsti dai trattati e recuperando in questo modo 8 miliardi di euro da utilizzare per il lavoro e gli investimenti. Si dice che dobbiamo rispettare le regole. Ma la Germania li rispetta i trattati, visto che ha un surplus della bilancia commerciale al 7,5 per cento quando i trattati ci dicono che non dovrebbe superare il 6 per cento ? E la Francia, le rispetta le regole, visto che il prossimo anno prevede un rapporto deficit-PIL al 4,1 per cento ? Secondo, bisogna mettere in campo una politica di giustizia fiscale più progressiva e redistributiva, prefigurando nel DEF, come, invece, purtroppo non è stato fatto, una riforma delle aliquote più accentuate per le classi di reddito più alte, rivedendo l'imposta di successione in modo tale che siano colpiti maggiormente i lasciti milionari, introducendo una tassa patrimoniale per le ricchezze finanziarie superiori al milione di euro, introducendo una vera Tobin tax che colpisca tutti i prodotti finanziari. Terzo, tagliare la spesa pubblica, ma non la spesa sociale e per l'istruzione, bensì la spesa per le grandi opere, come la TAV, e le spese militari come gli F35. Il Governo si era impegnato a presentare, o con il Libro bianco per la difesa o con il DEF, il piano per il dimezzamento della spesa degli F35, come prevedeva la mozione Scanu. Il Governo è venuto meno a questo impegno. Questo è un fatto gravissimo per il quale stamattina Sinistra Ecologia Libertà ha chiesto le dimissioni della Ministra Pinotti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), Ministra che, per l'ennesima volta, è venuta meno al rispetto degli impegni con il Parlamento. Quarto, bisogna varare un piano straordinario del lavoro, fondato su un programma di investimenti pubblici, che creino lavoro, occasione per le imprese e risposte ai bisogni sociali su ambiti come quelli delle piccole opere, della lotta al dissesto idrogeologico, della messa in sicurezza delle scuole, delle energie rinnovabili, del welfare. Quinto, il varo di un reddito di cittadinanza che non sia una toppa assistenzialistica e compassionevole, ma un diritto sociale e civile, un Pag. 62diritto all'esistenza, un diritto per l'appunto di cittadinanza, che sia il perno del patto sociale, della convivenza, della democrazia di questo Paese.
Queste misure non ci sono nel DEF. Ci sono, invece, 10 miliardi di euro di tagli alla spesa pubblica, agli enti locali e ai servizi sociali. Ci sono più di 25 miliardi di euro di privatizzazioni del patrimonio pubblico, soldi che non saranno utilizzati per gli investimenti, ma per la riduzione del debito. C’è l'aumento della pressione fiscale che, nel 2016, aumenterà di 6 punti decimali. C’è la riduzione degli stanziamenti in percentuale sul PIL per l'istruzione: in quindici anni, 6,5 miliardi in meno di euro. Si dice e l'ha detto Renzi che questo DEF non contiene né tagli, né tasse. È una grande bugia: ci sono, sia i tagli, che le tasse. È un DEF in continuità con le politiche neoliberiste di questi anni, un DEF che non ci fa uscire dalla palude e che si limita a sfruttare un po’ di vento buono che ci viene dalla fortunata congiuntura internazionale.
È un DEF dalla parte dei mercati finanziari e non dalla parte del lavoro, dalla parte dell'austerità e non dalla parte dello sviluppo, dalla parte dei tagli e non dalla parte degli investimenti, dalla parte degli interessi privati e non dalla parte della redistribuzione della ricchezza. È un DEF che prosegue sulla solita strada, una strada che si è dimostrata non più percorribile, quella strada che abbiamo percorso in questi anni e in sei anni di crisi è aumentato il debito pubblico di 30 punti, la disoccupazione di 5 punti e la capacità produttiva è calata di 25 punti. È una strada che continua a portarci verso una condizione economica e sociale non più sostenibile. Ecco perché annunciamo il voto contrario di SEL alla risoluzione del Governo e presentiamo la nostra risoluzione alternativa dalla parte del lavoro e dei diritti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie signor Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi...

PRESIDENTE. Onorevole Buttiglione, anche a lei chiedo di chiamarmi «signora Presidente» vista l'amicizia che ci lega. Grazie.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signora Presidente, credo che o la lingua ha ingannato me o l'orecchio ha ingannato lei...

PRESIDENTE. Può darsi la seconda e allora io mi scuso.

ROCCO BUTTIGLIONE. ... perché è esattamente ciò che ho detto, il mio incipit è stato «signora Presidente». Può darsi che vi sia un mio difetto di pronuncia, può darsi che l'Aula non abbia portato bene i suoni sino alle sue orecchie. Quello che oggi ci apprestiamo a votare è un Documento economico-finanziario di svolta, è il Documento economico-finanziario di un Paese che ha risanato la finanza pubblica e torna alla crescita. In questi anni si è giocata una grande scommessa. Molti nel Paese e anche in quest'aula hanno scommesso sulla sconfitta dell'Italia, sul crollo della nostra economia sotto il peso del debito, sulla nostra espulsione dall'Europa e dall'euro. Chi ha fatto questa scommessa ha perso. Ha vinto l'Italia e ha vinto l'Europa. Gli italiani hanno accettato sacrifici pesanti per risanare la finanza pubblica, per rendere il Paese più competitivo in Europa e nel mondo. Abbiamo vinto la nostra battaglia del Piave e lo dobbiamo a Monti (so che non è popolare pronunciare questo nome in quest'aula ma sono notoriamente politicamente scorretto), lo dobbiamo a Letta e lo dobbiamo a Renzi. Lo dobbiamo ai Capi del Governo che non hanno avuto paura di chiedere al Paese sacrifici pesanti. Potevamo scivolare nel Terzo mondo, siamo rimasti in Europa. Abbiamo vinto la nostra battaglia del Piave. I disfattisti, quelli che volevano arrivare al potere sulle macerie di un Paese avvilito e sconfitto, rabbioso e violento hanno perso la loro scommessa e la Pag. 63loro battaglia. Ai colleghi grillini che ci proponevamo il cammino della decrescita felice, diciamo che gli italiani la decrescita l'hanno sperimentata e non l'hanno trovata felice. Gli italiani hanno caparbiemente cercato e infine trovato il cammino dello sviluppo. Ai colleghi della Lega che volevano uscire dall'Europa diciamo: ma vi sentireste sicuri in questo Mediterraneo così agitato e pericoloso se non fossimo saldamente ancorati all'Europa ? Una volta, nel secolo IX, l'integralismo islamico è giunto fino a Ostia ad un passo da Roma. È stato respinto dall'alleanza tra un Papa italiano e un imperatore tedesco. Così è nata l'Europa: quell'Europa che voi volevate abbandonare e noi abbiamo difeso. Ha vinto l'Italia e ha vinto l'Europa. Dirò un'altra verità impopolare: le politiche di austerità hanno funzionato, hanno funzionato in Irlanda, hanno funzionato in Portogallo, hanno funzionato in Spagna e avrebbero funzionato anche in Grecia se non fosse andato al potere un Governo che sta vanificando i risultati degli enormi sacrifici fatti dal popolo greco. L'Europa adotta oggi una politica di bilancio più flessibile e una politica monetaria espansiva. Lo fa anche per l'impulso dato dal Governo italiano. È però sbagliato opporre la politica espansiva di oggi alle politiche di austerità di ieri.
Possiamo voltare pagina oggi, perché la pagina dell'austerità l'abbiamo scritta ieri fino in fondo. Area Popolare rivendica i propri meriti e il proprio ruolo decisivo in questo processo di risanamento: senza i nostri voti questo non sarebbe stato possibile. Se, nel momento in cui Forza Italia ha rotto la grande coalizione per la salvezza nazionale non ci fossero stati i nostri voti a sostenere il cammino del risanamento, saremmo andati ad elezioni anticipate in una situazione di caos interno e sfiducia dei nostri alleati e dei mercati. Allora sì che il Paese sarebbe andato a fondo, sarebbe uscito dall'euro e le forze populiste e disfattiste avrebbero vinto la loro scommessa !
Tutto bene, dunque ? No, non proprio. Un affare si chiude e un altro si apre. Torniamo a crescere, ma cresciamo poco e la ripresa è debole ed incerta. Possiamo essere contenti di una crescita dello 0,7 per cento ? A questi ritmi, torneremo ai livelli di benessere precedenti in una decina d'anni. Ci va bene ? Lasciamo perdere la Germania, ma la Spagna cresce ad un livello quattro volte più rapido: 2,8 per cento. Allora la crescita è possibile: perché loro sì e noi no ?
Per di più, questa crescita è una crescita drogata: drogata dal quantitative easing, drogata dal basso prezzo del petrolio, drogata da un insieme di circostanze favorevoli che non dureranno a lungo: abbiamo una finestra di opportunità che durerà tre, forse, quattro o cinque anni. Siamo come un paziente al quale hanno dato la morfina: nel lungo periodo, la morfina uccide; nel breve periodo, la morfina consente di fare operazioni dolorose, che, altrimenti, sarebbero impossibili. Allora, queste operazioni dolorose noi le dobbiamo fare, le dobbiamo fare adesso, le dobbiamo fare senza perdere tempo e senza tardare.
Dobbiamo portare rapidamente a termine il cammino delle riforme, delle riforme istituzionali, ma, soprattutto, quello delle riforme economiche. Se vogliamo che l'Italia cominci a correre, la prima cosa da fare è abbattere il carico fiscale: possiamo, dobbiamo far cadere la pressione fiscale. E non dirò che la facciamo cadere al 15 per cento del PIL – come ha detto pure qualcuno in quest'Aula –, sappiamo che è pura demagogia, però l'obiettivo di un punto di PIL di meno ogni anno, per arrivare a fine legislatura sotto il 40 per cento del PIL, è un obiettivo ambizioso, ma realistico. Dobbiamo ridurre le tasse, cominciando da quelle delle imprese, che creano occupazione e lavoro, che fanno ricerca scientifica e innovazione, che reggono la competizione internazionale, perché il primo diritto dei lavoratori è quello di lavorare, e lo ha detto bene l'onorevole Bernardo prima di me.
La seconda cosa che dobbiamo fare è riattivare l'investimento pubblico per facilitare e permettere l'investimento privato. Se facciamo una vera digitalizzazione del nostro territorio, apriamo enormi possibilità Pag. 64di iniziativa per tantissime piccole e medie imprese, che potranno entrare nell'economia della conoscenza. Se valorizziamo la piattaforma logistica italiana nei rapporti fra l'Oriente e l'Europa, creiamo lavoro e possibilità di sviluppo.
La terza cosa che dobbiamo fare è dare a chi investe, produce e lavora un diritto certo e rapido: le lentezze, le incertezze del nostro sistema giudiziario sono diventate un ostacolo primario allo sviluppo del Paese.
La quarta cosa da fare – ma, in realtà, è la prima – è tagliare la spesa pubblica. Non basta dire che bisogna tagliare gli sprechi, che pure ci sono e sono scandalosi, ma i discorsi ripetitivi, ormai un po’ noiosi sugli sprechi, sono, in realtà, il modo per non dirci che per ridurre il carico fiscale nel modo in cui deve essere ridotto dobbiamo ridefinire il perimetro dello Stato. Abbiamo bisogno di uno Stato che faccia meno cose e le faccia meglio; abbiamo bisogno di uno Stato che incoraggi, sostenga, appoggi, allochi risorse di più e gestisca di meno; abbiamo bisogno di deburocratizzare l'apparato dello Stato.
Su questi temi noi vogliamo qualificare la seconda parte della legislatura, in un dialogo amichevole ma fermo, con quelle forze di sinistra che, anche nella maggioranza, a volte con grande lucidità intellettuale – e ne rendo merito all'onorevole Fassina – dicono esattamente il contrario.
Dobbiamo farlo in un dialogo amichevole, ma fermo perché non possiamo tornare al mondo di ieri; viviamo in un mondo in cui la competizione mondiale è cresciuta, la radice vera della crisi è che non siamo abbastanza competitivi e che Paesi più giovani, che hanno tanta gente giovane e pronta a tutto pur di affermarsi, ci fanno una concorrenza a cui dobbiamo far fronte con più ricerca, più innovazione, più lavoro e più creatività. Questo è il problema d'Italia, questo è il problema dell'Europa.
C’è una poesia di Borges che dice: «Entre las cosas hay una de la que no se arrepiente nadie en la tierra. Esa cosa es haber sido valiente»: c’è una cosa di cui non si pente nessuno nella vita, questa cosa è aver avuto coraggio. Area Popolare voterà questo DEF e contemporaneamente invita il Presidente Renzi ad avere coraggio e ad affrontare insieme con noi questa sfida dalla quale dipende il futuro dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-CDU)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, Forza Italia esprime con forza e convinzione alcune argomentazioni, così come ha fatto in Commissione, così come questa mattina in discussione generale, ora in dichiarazione di voto nei confronti di un DEF completamente inadeguato.
Iniziamo dall'argomento principale, che è passato sotto il nome di «tesoretto», ma noi riteniamo che sia effettivamente quello che alcuni giornalisti mediaticamente, ma anche nel merito, hanno definito come «distrazione di massa», e di questo si tratta.
Sulla situazione del «tesoretto» occorre dire in maniera molto chiara come stanno le cose in quest'Aula perché non è detto che si realizzino quelle condizioni dal punto di vista finanziario. Si tratta di un'operazione quanto meno imprudente nel corso dell'esercizio finanziario, così come ha espresso il presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio nelle audizioni, così come è stato espresso anche dai rappresentanti della Banca d'Italia e della Corte dei conti, che hanno fatto una doppia censura, una dal punto di vista della certezza delle entrate e l'altra dal punto di vista della registrazione contabile rispetto alle norme di contabilità pubblica che esistono in questo Paese, nel nostro Paese e anche per la possibilità di utilizzo, perché tutti hanno concordato che, ove fosse presente veramente questo «Tesoretto» e si realizzassero queste condizioni, andrebbero utilizzate non per mance e per comprare il consenso elettorale rispetto alle elezioni regionali che sono in corso Pag. 65(Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente), ma per diminuire il debito pubblico o la pressione fiscale, perché di questo si tratta.
Apprendiamo, signora Presidente, che, a seguito anche delle vibranti proteste fatte dal nostro gruppo nella discussione generale, la risoluzione che è stata proposta dalla maggioranza corregge il tiro, ma va spiegata perché in questa proposta che viene fatta c’è scritto in maniera chiara che attualmente le risorse non sono disponibili, che prudenzialmente andrebbero reperite con l'assestamento di bilancio e quindi, se il Presidente del Consiglio e il Governo dovessero procedere per decreto, in questo senso, dovrebbero tagliare dei capitoli attualmente presenti nel bilancio dello Stato come competenza e cassa, per poi eventualmente ripristinarli.
Ma se quelle condizioni non si realizzeranno, è fin troppo evidente che, o i ministeri da cui vengono prelevati quei capitoli dovranno mettersi l'anima in pace, che non avranno il ripristino di quelle risorse, o peggio ancora, come la sinistra è abituata a fare, saranno aumentate le solite accise o le solite tasse (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
Noi riteniamo che queste cose vadano dette e denunciate al Paese e all'opinione pubblica. Si è detto da più parti – è acclarato – che il problema vero del Paese in riferimento alle riforme strutturali, il riferimento agli investimenti e alla ripresa riguarda il fatto che, nel contesto della zona euro, siamo il Paese in cui sono crollati gli investimenti; la spesa per gli investimenti è crollata ed è crollata la crescita.
Allora, noi riteniamo che, nel contesto del DEF, vada anche sottolineato – e per questo motivo c’è tutta la nostra critica – che, aldilà di quello che viene previsto, se c’è una certezza rispetto alle condizioni di finanza pubblica, quella sta nei fondi strutturali e nelle risorse che sono stanziate nei fondi strutturali, sia come competenza, sia come cassa, all'interno stesso del bilancio dello Stato.
A questo punto vorrei capire dove sono finiti quei proclami del Presidente del Consiglio rispetto all'auspicata flessibilità conquistata nel semestre europeo, che è stato un semestre bianco per il nostro Paese, in riferimento alla flessibilità e, soprattutto, in riferimento alla possibilità di nettizzazione nel Patto di stabilità delle quote di cofinanziamento nazionale dei Fondi strutturali, anche integrando queste risorse, come diceva il Presidente del Consiglio qui, tempo fa, in Aula, con le altre spese pubbliche per l'investimento del bilancio dello Stato. Niente di tutto questo, nessuna cosa è stata realizzata ! In più, noi dobbiamo denunciare questo contesto proprio dei fondi strutturali, nonostante questa fantomatica Agenzia della coesione, che è stata individuata con una legge del 2013, ma che penso ancora non funzioni o se funziona, funziona male. Al di là di tutto, noi rischiamo di perdere risorse dai fondi 2007-2013, anche per responsabilità di spese che non vengono effettuate nei tempi certi, sia come quantità, sia come qualità, dai Ministeri. Riteniamo che il nostro Paese possa correre il rischio di perdere 6-7 miliardi di euro a fine anno. Ma la cosa peggiore, signora Presidente, è che nell'ultimo periodo il Governo utilizza come bancomat queste risorse ed è ancora più censurabile la circostanza che queste risorse che vengono prelevate come bancomat dal Governo per qualsiasi tipo di utilizzazione non vengono utilizzate per spese di investimento, ma peggio ancora, per spesa corrente. Per non parlare poi del ritardo, ad oggi, dopo 16 mesi, dell'utilizzo delle risorse del 2014-2020, altre risorse disponibili sui fondi strutturali, avvenuto per colpa del Governo che ancora non ha definito neanche la delega per un balletto di contrattazione di poltrone all'interno della maggioranza (non si sa dove andrà a finire questa competenza che era prima del sottosegretario Delrio). Noi riteniamo che ci sia questa colpevole ritardo da parte del Governo sull'utilizzazione di questi fondi, perché poi, alla fine, come Paese, le pagheremo tutte queste situazioni.
Per non parlare di tutto ciò che sta succedendo sulla spending review. Sulla Pag. 66spending review noi sappiamo perfettamente che c’è da agire, non solo in riferimento agli sprechi, alla razionalizzazione, alle riforme strutturali, ma anche per quello che riguarda l'acquisizione di beni e servizi. Il Governo non cita per niente la possibilità di ampliare l'azione della Consip rispetto a quelle risorse che possono essere utilizzate sia come risparmi e sia come economie di scala.
Anche sull'altro aspetto che riguarda le privatizzazioni, nonostante sia stato sollecitato da me personalmente il Ministro dell'economia durante le audizioni, nessuno ci ha spiegato questo cambio di marcia sulle privatizzazioni. Nella contrattazione che c'era stata perché il nostro Paese potesse uscire dalla procedura di debito eccessivo con l'Europa, c'era anche questo, un piano decennale di 0,7 per cento per anno di privatizzazioni per diminuire il debito pubblico. Si è passati allo 0,4 per cento. Dove recupereremo questi 6 miliardi di differenza che debbono essere per forza poi cercati, quando saranno verificati all'interno della Commissione europea ?
Passando alle clausole di salvaguardia, che sono legate alla spending review, siamo arrivati a 16 miliardi. Non si vede ancora luce rispetto a tutta questa situazione che si è determinata. Non ci può essere un'enunciazione e basta. Si rimanda e si rinvia anno, per anno, anche questo tipo di impostazione, questo tipo di interventi.
Per quanto riguarda gli effetti finanziari derivanti dalle riforme calcolati in 6,4 miliardi, tutti, Banca d'Italia in testa, ma non solo, anche i sindacati, hanno posto l'indice su questo tipo di situazione, perché anche le riforme che vengono fatte, non vengono attuate. Si parla di riforme strutturali senza dire quali sono e, comunque, si quantificano in 6,4 miliardi di euro. Il totale per l'esercizio finanziario di previsione del 2016 ammonta a 28,4 miliardi di euro, questo c’è scritto nel DEF.
Poi abbiamo sollecitato il Governo perché ci fosse anche una verifica della spending review, da Monti e ad oggi, perché quando, e se, l'Europa (speriamo che non lo faccia o lo faccia il più tardi possibile) andrà a verificare se e quanto abbiamo ricontrattato, quanto è riportato nelle leggi a partire dal Governo Monti ad oggi (giuste o sbagliate le misure che ci sono), quali effetti finanziari hanno prodotto, noi avremo amare sorprese, perché non si è fatto niente per le partecipate, non si è fatto niente per gli enti inutili e, peggio ancora, non si è fatto niente per le province.
Anzi, a tal proposito, si è amplificata la spesa pubblica all'interno delle province e si è creato il caos con una riforma che noi abbiamo avversato in tutti termini e in tutte le occasioni, perché sapevamo che sarebbe andata a finire così. L'Unione europea ci aspetta su questo punto, perché la contrattazione per uscire dal debito eccessivo, alla voce province c'era «abolizione» e meno un miliardo di euro, invece noi abbiamo sicuramente definito tutto questo.
Le stime: 1, 3 per cento del PIL sul 2016, speriamo, ma anche in questo c’è stata sicuramente una situazione di troppo ottimismo. Noi, come Forza Italia, certamente auspichiamo che possa esserci una crescita di questo genere, ma tutti gli indicatori delle istituzioni e delle agenzie proposte ci dicono esattamente il contrario, dal Fondo monetario internazionale, alla Banca d'Italia, alla BCE e quant'altro. C’è l'aumento del debito pubblico e poi la ciliegina sulla torta è la local tax. Signora Presidente, noi diciamo al Governo e alla maggioranza: sulla local tax abbiate almeno il buonsenso di mettere un vincolo, che non debba essere superato il livello di tassazione locale esistente.
Carenza totale sugli investimenti, carenza sulle misure per stimolare la domanda interna, per diminuire la spesa pubblica, per diminuire il debito pubblico; la certezza che abbiamo è quella del mantenimento delle tasse, se non il loro aumento, come sempre: più tasse e le tasse sono chiaramente tutto quello che riguarda l'aspetto peggiore per il nostro Paese e per i cittadini. Il Governo si contraddistingue per scaricare tagli agli enti locali e alle regioni, un'azione di Pag. 67Governo che è sempre di più, nella tradizione della sinistra, nella genetica della sinistra...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Palese.

ROCCO PALESE. Vittima è la tasca del cittadino, per questo noi siamo contro e denunciamo che, nonostante il Presidente della Banca centrale europea sia venuto qui in audizione per dirci che questa congiuntura non è per meriti del nostro Governo, ma per una congiuntura internazionale (petrolio, tassi di interesse, cambio, più il piano Junker e le misure della BCE), che era solamente transitoria e ci volevano riforme strutturali, il Governo non le fa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sorial. Ne ha facoltà.

GIRGIS GIORGIO SORIAL. Grazie, Presidente...

PRESIDENTE. Colleghi, fate parlare anche l'onorevole Sorial, prego.

GIRGIS GIORGIO SORIAL. Sapete, Governo, di stare aumentando le tasse e lo sapete perché pure nel 2016 non scenderanno, ma aumenteranno al 44,1 per cento, in aumento rispetto al 2015: è scritto a pagina 65, nero su bianco, sul Documento di economia e finanza che Renzi ha presentato, Padoan ha firmato e il PD ha sottoscritto. Aumentate le tasse e le imposte e lo fate anche nelle regioni che governate. Lo scrivete, ma poi avete l'arroganza di dire il contrario, parlate di crescita del PIL – che sarà secondo voi lo 0,7 per cento nel 2015, l'1,4 per cento nel 2016 e l'1,5 per cento nel 2017 – ma il vostro PIL aumenta solo quando aumentano le multe e le sanzioni, perché le inserite nel conteggio con il nuovo sistema di contabilità economica Sec 2010.
Il vostro PIL si basa sulle azioni economiche illegali come l'acquisto, la vendita e lo scambio di droghe o di beni rubati, il contrabbando e la prostituzione. Il vostro PIL non tiene conto della situazione degli italiani, ma conteggia la tratta degli esseri umani, attività illegale i cui proventi voi avete inserito nel PIL. Il vostro PIL è criminale. Chiedete agli imprenditori di contabilizzare in bilancio le perdite e pagare un'imposta ingiusta come l'IRAP, poi invece voi drogate il bilancio dello Stato con i proventi di attività illecite.
L'anno scorso, esattamente il 17 aprile, Padoan venne qui in Aula a presentare il DEF e dichiarava che il Paese l'anno scorso sarebbe cresciuto con un PIL dello 0,8 per cento. In Aula avevamo detto che non era corretto, lui non ci diede ascolto, ma il 6 agosto, meno di quattro mesi dopo, l'ISTAT dichiarò che il Governo Renzi aveva sbagliato: il Paese non cresceva dello 0,8, ma perdeva meno 0,3 per cento. Padoan dovette venire in Aula il 7 agosto a correggere i suoi errori e in quella sede chiedemmo al Ministro di chiedere scusa agli italiani, perché il vostro errore (dallo 0,8 a meno 0,3 per cento) ci costa 17 miliardi di euro.
A dicembre dicemmo a questo Governo come fare per non aumentare le tasse, presentando la nostra legge finanziaria, la finanziaria buona, ma voi l'avete aumentate comunque di 25 miliardi. Lo dissi a Padoan il 7 agosto qui in Aula ed ora lo ridico a voi: siete Ministri della Repubblica italiana, dipendenti della collettività e pesate sulle spalle della collettività. I vostri errori pesano su di noi, sulle tasche di noi tutti cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Diciassette miliardi di euro avete sbagliato, ma se ci sono 17 miliardi di euro per i vostri errori, perché 17 miliardi di euro non dovrebbero esserci per il reddito di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? L'anno scorso dichiaravate crescita e pochi mesi dopo tutta l'Italia ha scoperto che era un falso. Avete detto che abbassavate le tasse ma poi a dicembre le avete aumentate. In questi giorni dite che si starà meglio: vi Pag. 68abbiamo detto che avete sbagliato ancora i conti e solo ieri Banca d'Italia e Corte dei conti hanno confermato tutto ciò. È noioso, estremamente noioso, avere sempre ragione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 14,20)

GIRGIS GIORGIO SORIAL. Poi, da due settimane a questa parte il Governo Renzi ha smesso di avere un Ministero del tesoro ed ha iniziato a condurre la caccia al tesoretto. Un consiglio: smettete di cercarlo, non esiste. Ve lo abbiamo detto subito, ma insistete, ed oggi siete costretti ad incassare la figuraccia che Corte dei conti e Bankitalia vi hanno fatto fare dicendo proprio che non sono risorse esistenti. Altro che 1,6 miliardi di euro ! Ci sarà un'altra stangata di tasse da 16 miliardi di euro. Vi comunico anche che oggi è stato bocciato il vostro reverse-charge quindi dovrete trovare altri 1,7 miliardi di euro, voi che ignorate cosa voglia dire vivere oggi in Italia. Il Governo sta mettendo in atto il piano per far fallire il Paese, con un Ministro che è un esperto in materia di fallimenti. Padoan è responsabile dell'Argentina per conto degli aguzzini del Fondo monetario internazionale nell'anno di grazia in cui il Paese sudamericano dichiarò il default. Il PD ha quindi un Ministro che è direttore esecutivo per l'Italia del Fondo monetario internazionale, che era responsabile anche su Grecia e Portogallo. Grecia, Portogallo, Argentina e oggi anche l'Italia ! Padoan, il vostro Ministro, il Ministro del PD che pubblicamente ha dichiarato poco tempo fa: «la riforma Fornero è stato un passo importante per la risoluzione dei problemi dell'Italia». Questo è il PD (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
A stare qui a parlarvi, stare qui e ricordarci che stiamo parlando con persone come voi, che parliamo di PIL, di tesoretto, di crescita, ci si rende conto che poi ci troviamo a dover parlare qui a voi usando dei termini che in realtà non significano niente e sono termini criminali; con persone che hanno portato in default il Paese intero. Io strappo il mio intervento per il quale ho fatto un lavoro parlando di temi economici, indicatori, numeri, PIL, ma non serve assolutamente a niente. L'economia è una cosa completamente differente. L'economia che voi basate sul PIL in realtà è un'economia che dovrebbe conteggiare la prosperità, è un'economia in cui bisognerebbe fare una transizione tra un modello che è basato sul costo del petrolio e sulla produzione a un modello che non si basa più sull'energia in questo modo ma si basa su altri tipi di risorse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Si chiama transizione, non la conoscete, ve la possiamo spiegare. Ma smetto anche di parlare con voi e cerco di parlare con i miei colleghi e con le persone che sono a casa. Parlo con le persone che ci seguono parlando di una cosa che avete dimenticato e che non conosce nemmeno: la sovranità agroalimentare. Viviamo in un Paese in cui fino a poco tempo fa c'erano 80 mila specie di alimenti, di piante che erano utilizzate per l'alimentazione, oggi vengono prodotte meno di 150 di queste e solo 12, in realtà, contribuiscono alla nostra alimentazione. Abbiamo smesso di produrre in Italia tutti quegli alimenti, quelle piante che in realtà erano e garantivano la nostra sovranità agroalimentare e garantivano una biodiversità alimentare, cosa che voi non conoscete (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Vogliamo un modello di economia che non si basa sul PIL, sulla crescita, che ogni anno fa previsioni che non esistono ! Prevedete cose che non esistono ! Vogliamo delle banche che sono completamente differenti da quelle che intendete voi. Avete fatto una riforma sulle banche popolari ma le banche devono servire alla comunità locale e reinvestire i soldi nella comunità locale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Abbiamo bisogno di una economia che si basi sul territorio, che si basi sulle comunità locali e permetta alle comunità di lavorare e all'agricoltura di produrre, Pag. 69mentre voi il 25 marzo di questo anno avete reso definitiva l'IMU sui terreni agricoli, considerando una serie di terreni montani, che in realtà montani non sono e viceversa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Questo siete voi, ma tanto voi non lo capite. Io lo spiego agli italiani, perché voi fermate sul PIL, sulla crescita, sugli zero virgola, sulle percentuali, non avete capito un bel niente. Introducete nel PIL la prostituzione, la droga e la tratta degli essere umani, cose che voi utilizzate per fare sporchi affari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Vogliamo la cosiddetta economia della felicità, forse non riuscite a capire, un'economia dove non si tagliano i soldi alla sanità, perché non c’è bisogno di una sanità che cura i tumori che create attraverso gli inceneritori e attraverso decreti come lo Sblocca-Italia, che autorizzano trivellazioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), ma una sanità che in realtà prevede, che mette in condizione il cittadino di avere benessere, mentre voi tagliate di 2,1 miliardi di euro la sanità pubblica. Vogliamo un modello completamente differente, voi questo non lo capirete mai, ma questa è una cosa che si crea solo dal basso, un'economia di questo tipo arriva solo dal basso, arriva solo se nei comuni, nelle regioni, a livello locale, i cittadini si uniscono per trovare e far salire insieme questa economia locale, lavorando come una comunità, una parola che voi molte volte usate a vanvera perché non sapete cosa voglia assolutamente dire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Noi, oggi, a livello mondiale produciamo. Bisogna sfatare anche un mito: che la povertà sia dovuta al fatto che non vi siano risorse. Si produce per 11 miliardi e se ne consumano solo 6 miliardi, vuol dire che i beni che ci sono, il problema è che non si riescono a redistribuire in tutte quelle aree in cui bisognerebbe distribuirle e questo provoca la situazione politica in cui siamo.
Concludo, perché per voi il tempo è importante, per voi il tempo è denaro, mentre per noi il tempo è ancora più importante, il tempo è vita ! La settimana scorsa voi avete dimostrato che si possono approvare velocemente disegni di legge per inserire un'altra giornata della memoria, che in realtà abbiamo capito che è inutile e controproducente. Allora il tempo si può utilizzare salvando delle vite. Per noi il tempo è vita, perché ogni giorno che ci separa dall'approvazione del reddito di cittadinanza sono giorni di vita per le persone che oggi in Italia si suicidano per mancanza di risorse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. La ringrazio...

GIRGIS GIORGIO SORIAL. Non ho ancora concluso, non ruberò altro tempo, non si preoccupi...

PRESIDENTE. Il suo tempo è concluso, deputato Sorial.

GIRGIS GIORGIO SORIAL. Non prenderò altro tempo, l'unica cosa che vi chiedo è di andare subito e permetterci di presentare una cosa che ha il reddito di cittadinanza, non è il DEF di tre lettere, ma sono tre parole, reddito di cittadinanza, che permettono oggi alle persone di vivere veramente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. La ringrazio deputato Sorial. Ha chiesto di intervenire per dichiarazione di voto il deputato Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Grazie, Presidente. Ringrazio il relatore Tancredi, a cui auguro pronta guarigione, il Governo e tutti i colleghi intervenuti. È comprensibile lo spiazzamento politico delle opposizioni rispetto al DEF presentato dal Governo. Ci si aspettava uno scenario diverso sul nostro rapporto con la Commissione europea, sulla pressione fiscale, sulle clausole di salvaguardia, sulle riforme, sulle previsioni del quadro macroeconomico. Ci si rifugia allora nelle solite litanie: libro dei sogni, eccesso di ottimismo, avvenirismo, Pag. 70aleatorietà, oppure nell'assegnare meriti ai soli fattori esogeni, cioè a ciò che dipende da come va il mondo e non dalle nostre politiche, anche se non va mai dimenticato che nel mondo ci siamo anche noi. Oppure ci si accusa di far finta, come è successo in questi giorni per la giustizia. In due anni abbiamo approvato questioni come il miglioramento del 416-ter sul voto di scambio, l'autoriciclaggio, il falso in bilancio, il reato di tortura.
Ma secondo il MoVimento 5 Stelle avremmo sempre fatto finta, perché secondo loro c’è sempre qualche cavillo che annulla tutto. Evidentemente non è così, ma è solo negando alla radice anche le cose migliori che fa questo Parlamento che si può continuare con la manfrina ormai quasi penosa del tutti a casa. La realtà è diversa, il DEF mette in risalto i risultati positivi delle politiche del Governo e le potenzialità di tali politiche per il futuro. Un quadro di continuità ed evoluzione delle politiche in un contesto di discontinuità positiva rappresentato dal superamento della recessione e dall'avvio della crescita. Trovare chi sia contento che non peggiori ancora la situazione, onorevole Guidesi, ma stia iniziando a riprendersi è difficile, ma è la condizione per quei progressi che possono far stato meglio tutti domani. Voglio partire dalle politiche europee, la critica sulla politica economica asfittica e sull'austerità che frena lo sviluppo e non permette nemmeno di raggiungerlo gli obiettivi di finanza pubblica è una critica che il Partito Democratico non ha espresso a bassa voce ma con forza e con l'autorevolezza del suo ruolo in Italia e nel partito del socialismo europeo, rafforzata dal consenso alle elezioni europee. Il contesto politico complessivo uscito da quelle elezioni non è purtroppo favorevole per il cambiamento, non si può non vedere però che i cambiamenti ci sono stati, soprattutto per l'azione dell'Italia nel Semestre, prima e dopo. Una politica più orientata alla crescita e all'occupazione è in atto, dal piano Juncker per investimenti pubblici e privati con tutti i limiti che quel piano ha, ma certamente è un primo passo. Flessibilità nell'applicazione delle regole europee, una flessibilità di cui l'Italia ha già beneficiato e che intende utilizzare anche per il futuro. Lo stesso quantitative easing sarebbe stato possibile senza la messa in discussione delle politiche di austerità come ha fatto l'Italia ? E su questo punto dell'Europa, su cui si sono valutazioni sul rapporto con l'Europa, diverse anche al nostro interno ma questa è la ricchezza del Partito Democratico, vorrei fare tre osservazioni. La prima riprende una proposta di SEL, a sua volta ripresa dalla CGIL, sulla tassazione su patrimoni, sulla ricchezza mobile e le successioni. Ci si richiama molto a Piketty, economista che anch'io richiamo spesso nel dibattito nel mio partito, ma le proposte di Piketty sui patrimoni e le ricchezze, a mio avviso condivisibili quelle proposte, anche perché con aliquote più basse di quelle ho sentito in questi giorni, si basano sul presupposto di intese se non mondiali almeno su regioni vaste come può essere l'Europa. La ricchezza mobile più di tanto – e molte cose sono già state fatte in Italia – non si può tassare in non solo Paese, sennò va da un'altra parte. Quindi lo decide l'Europa o è improponibile e così anche per la Tobin tax e d'altra parte anche Tsipras fa come si può, se si parla di utilizzare le risorse nelle casse degli enti locali. La seconda è che capisco la delusione delle opposizioni per le mancate bocciatura dell'Europa, ve lo aspettavate sulla legge di stabilità e invece ha superato gli esami; ve lo aspettate ora sull'utilizzo della flessibilità legata alle riforme ma già i primi giudizi in sede europea confermano quelle scelte. D'altra parte l'insieme delle riforme su cui lavorano Governo e Parlamento è senza precedenti, se non forse nel periodo 1996-2001, e intervengono su tutti gli aspetti relativi alle politiche di crescita, certo con realismo negli obiettivi da raggiungere perché bisogna tener conto del punto di partenza e noi non promettiamo miracoli. Sono conseguenti le scelte sui collegati, su cui decide il Parlamento con le risoluzioni, e la scuola, che è un punto centrale delle riforme, è giusto che sia fra collegati, scuola sulla quale stiamo mettendo un Pag. 71miliardo in più quest'anno e tre in più del 2016 e non minori risorse e tagli. Terzo, sul cosiddetto tesoretto. Non c’è nessuna fandonia...

PRESIDENTE. Colleghi, scusate, è possibile avere un po’ di silenzio ? È veramente difficile per il collega fare il proprio intervento e per noi ascoltare, per favore.

MAINO MARCHI. Siamo abituati, Presidente, a fare l'ultima dichiarazione sempre in queste condizioni... o manovra elettorale. Se di fronte a un miglioramento del quadro economico e quindi del rapporto deficit/PIL non utilizzassimo quel margine per rafforzare le politiche per la crescita verremmo accusati di rigorismo eccessivo.
E non si fa maggior deficit, onorevole Guidesi, ma quello previsto. Se lo facciamo, ci si accusa di elettoralismo. Anche qui, la realtà è semplice. Nel DEF c’è una scelta di fondo: fare politiche non restrittive, fare una politica espansiva rispetto alla legislazione vigente e ai tendenziali, e confermando gli obiettivi definiti in ottobre, rispettare le regole europee – cosa che avviene puntualmente. Cosa che è richiesta ancora di più a chi ha un debito elevato come l'Italia.
Un utilizzo di risorse che avverrà con tutte le cautele del caso per il 2015; nessun colpo di mano, artificio contabile né imprudenza. Nella risoluzione non diciamo niente di diverso da ciò che è già scritto nel DEF, onorevole Palese. E per il 2016 contribuirà a disinnescare le clausole di salvaguardia, ad evitare l'aumento dell'IVA e delle accise; contribuirà, insieme alla spending review e ad interventi sulle agevolazioni fiscali, sapendo che la spesa è stata messa sotto controllo in Italia in questi anni e non è vero che non si è fatto nulla; così come va sempre più fatta una vera spending review, interventi mirati, salvaguardando il welfare.
Sulla pressione fiscale ci si arrampica sugli specchi con le critiche: sta calando e calerà contabilizzando gli 80 euro per quel che sono realmente, una riduzione delle tasse per una parte dei lavoratori dipendenti, e disinnescando le clausole di salvaguardia.
Quindi chi dice che il Governo prevede un aumento della pressione fiscale, dice il falso. Onorevole Sorial, legga meglio a pagina 65, e il suo 44,1 in realtà nel 2016 è 42,6. Il Governo ha già operato e prevede un'ulteriore riduzione della pressione fiscale.
A questo quadro concorrono fattori esogeni, certo, ma nel DEF le previsioni di crescita dell'Italia, molto prudenziali – a volte c’è stato detto troppo prudenziali – sono legate a questi fattori: deprezzamento dell'euro, flessione del prezzo del petrolio, misure della BCE, solo per il breve periodo. Nel medio periodo diventano prevalenti quelli legati alla domanda interna, connessi con la politica economica del Governo. È stato dimostrato a più riprese nel corso delle audizioni in questi giorni. E per questo si mettono in atto azioni su vari piani – e nella risoluzione indichiamo come rafforzarle – per gli investimenti pubblici e privati, in particolare nel Mezzogiorno, con i fondi strutturali e con gli interventi locali, oltre che con la ripresa del credito alle imprese e la riduzione delle tasse sulle imprese, come per quanto riguarda l'IRAP.
Quindi non puntiamo solo sulle esportazioni; puntiamo sulla domanda interna e per questa via si può avere un miglioramento dell'occupazione, quantitativo e qualitativo.
Quantitativo: non è che ci vada bene arrivare solo un po’ sotto al 10 per cento di disoccupazione. Certo, si deve puntare ad andare a livelli pre-crisi, ma la crisi è stata lunga e il ritorno non avviene in tempi brevi. Il Jobs Act contribuirà, con gli ammortizzatori sociali, ad intervenire a favore di chi perde il lavoro e contribuirà per favorire le nuove assunzioni.
Qualitativo: è già fortemente in atto il passaggio da contratti flessibili a contratti stabili. Non è irrilevante, con tutto quello che si è detto sulla precarietà. Stabili fino a che punto ? Siamo consapevoli che gli incentivi e gli sgravi contributivi non possono finire, ma in altre forme dovranno avere una continuità e lo diciamo nella risoluzione. E occorre rafforzare ulteriormente gli interventi per la povertà.Pag. 72
E infine, non voglio sfuggire a uno dei temi più complessi; d'altra parte, l'abbiamo già fatto con il question time del 4 marzo e con la mozione su cui è già avviata la discussione in aula: regioni ed enti locali. Si tratta di un elemento essenziale del sistema della Repubblica e devono avere più autonomia, devono avere una fiscalità locale più chiara e semplificata, devono essere in condizione di poter fare investimenti; la solidarietà verso gli enti a più bassa fiscalità non può essere solo tra comuni, ma anche lo Stato deve fare la sua parte. Va evitato il dissesto di province e città metropolitane, vanno in sostanza risolti i problemi più rilevanti emersi nel confronto in atto tra Governo e regioni ed enti locali, ANCI, e penso che presto avremo un decreto-legge proprio per affrontare questi temi.
Quindi, e concludo, ribadendo che il Partito Democratico esprime il suo convinto sostegno al DEF presentato dal Governo e alla risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. A questo punto do la parola al deputato Taglialatela per consentirgli di consegnare il suo intervento, perché prima, quando lo abbiamo chiamato per lo svolgimento della dichiarazione di voto, lui non c'era.

MARCELLO TAGLIALATELA. Presidente, esattamente. Preannunziando il voto contrario di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, consegno il testo del mio intervento.
Chiedo, dunque, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,40).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Nel centesimo anniversario del genocidio del popolo armeno.

PRESIDENTE. A questo punto, cari colleghi e care colleghe, io vorrei attirare la vostra attenzione (si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea e i membri del Governo).
Colleghi e colleghe, è stato chiesto di ricordare anche in quest'Aula il centesimo anniversario del genocidio del popolo armeno, che ricorrerà domani, 24 aprile. La vicinanza del Parlamento italiano al popolo armeno sarà confermata dalla presenza delle delegazioni delle Commissioni affari esteri della Camera e del Senato alla commemorazione del «Grande Male», che si svolgerà dopodomani a Yerevan.
Proprio la scorsa settimana il Parlamento europeo, nel richiamare un suo precedente pronunciamento del 1987, ha approvato, a larga maggioranza, una risoluzione con cui ha reso omaggio alla memoria delle vittime armene e ha proposto l'istituzione di una Giornata europea nel ricordo dei genocidi, al fine di sottolineare il diritto di tutti i popoli e di tutte le nazioni alla pace e alla dignità.
In uno spirito di solidarietà tra i popoli e nel ricordo di quei tragici eventi, che hanno condotto alla morte di oltre un milione e mezzo di persone innocenti, invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio).
Vi ringrazio (Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).
Colleghi, ora ci sono degli interventi da parte dei rappresentanti dei gruppi. Ha chiesto di parlare la deputata Piccoli Nardelli. Ne ha facoltà.

FLAVIA PICCOLI NARDELLI. Gentile signora Presidente, colleghi tutti, le celebrazioni che si stanno tenendo per commemorare Pag. 73il centenario della Prima Guerra Mondiale in tutta Europa ricordano le tragedie che coinvolsero i popoli belligeranti. In questo si deve comprendere la tragica vicenda del popolo armeno, che ebbe il suo inizio a Costantinopoli il 24 aprile 1915, quando furono deportati e uccisi oltre un milione e mezzo di armeni dei territori dell'ex impero ottomano, sotto gli occhi impotenti delle grandi nazioni europee.
Religione e cultura sono sempre stati segni distintivi degli armeni, che per la loro diversità dalla popolazione circostante furono oggetto di pogrom ricorrenti per quasi tutto il diciannovesimo secolo.
L'Italia tra tutte le nazioni europee ha avuto da sempre un rapporto privilegiato con il popolo armeno fin dal I secolo avanti Cristo. Accolse generosamente i profughi dello sterminio del 1915 e ospita ancora oggi un'importante comunità armena, che costituisce un caso esemplare di integrazione pacifica. Gli italiani di origine armena con il proprio lavoro e il proprio impegno hanno concorso al progresso e allo sviluppo del nostro Paese.
Auspichiamo che la Turchia, che aspira a diventare un Paese membro dell'Unione europea, come noi ci auguriamo e come giustamente ha sottolineato il Ministro Gentiloni, saprà trovare, nell'ammissione delle responsabilità storiche, un elemento di sostegno a questa ambizione, come richiedono gli atti del Parlamento europeo e come testimoniano le iniziative recenti di intellettuali e di esponenti della società civile turca. La serena valutazione della verità storica contribuisce a rendere più forti il senso della giustizia e il valore della pace, la tutela dei diritti e il rispetto delle minoranze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Scagliusi. Prendo atto che vi rinunzia.
Ha chiesto di parlare il deputato Picchi. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO PICCHI. Grazie, Presidente. Il genocidio armeno non è una questione che deve essere lasciata agli storici; è un fatto storico accertato che continua a produrre effetti negativi. C’è uno Stato che deve fare i conti con il proprio passato, uno Stato che, se arriverà a riconoscere il genocidio armeno, potrà porre fine alle conseguenze politiche che questo riconoscimento produce. Queste conseguenze politiche sono due cose molto precise: la chiusura dei confini tra Armenia e Turchia da parte turca e la non ratifica dei Protocolli del 2008, che sono già stati ratificati da parte armena.
Il Parlamento italiano, in tempi non sospetti, ha riconosciuto il genocidio armeno, il 16 novembre del 2000, con una mozione che fu approvata all'unanimità, con il sostegno di tutti i gruppi, su iniziativa – lo ricordo – dei colleghi Pagliarini e Mussi.
Recentemente, anche il Parlamento europeo ha ripreso la propria risoluzione degli anni precedenti. Il riconoscimento del genocidio armeno è uno dei pochissimi fatti che vede d'accordo Unione europea, Stati Uniti e Russia. Questo fatto è importante e fa sì che l'impegno del Governo italiano, per essere ponte e riuscire a far sì che il riconoscimento del genocidio armeno avvenga in Turchia, debba essere importante.
Pertanto, come gruppo di Forza Italia, abbiamo depositato una mozione. In questa mozione chiediamo tante cose, ma tra l'altro chiediamo che il Governo italiano sia rappresentato ai massimi livelli alla commemorazione a Yerevan tra due giorni. Il genocidio armeno si capisce bene per chi come me ha visitato il memoriale a Yerevan, lì si può capire fino in fondo cosa è avvenuto più di cento anni fa. L'Italia, il Parlamento italiano e tutti noi dobbiamo fare la nostra parte affinché il genocidio armeno venga riconosciuto e si riapra un grande dialogo tra Oriente e Occidente e tra l'Unione europea e la Turchia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il presidente Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Presidente, onorevoli colleghi, con il presidente della Pag. 74Commissione affari esteri del Senato, Casini, ci recheremo, da oggi a domani, in Armenia per testimoniare la nostra profonda solidarietà.
Il genocidio armeno è un genocidio che è scomparso per molti anni e solo adesso riemerge nella memoria. Esso è provato dai documenti. Voglio qui leggere un testo, che risale al 29 settembre del 1915, del Ministero degli interni turco, che recitava: «Come precedentemente comunicato dal Governo, si è deciso di sterminare gli armeni abitanti in Turchia. I funzionari che si opporranno a questo ordine non potranno far parte dell'amministrazione».
E il Ministro degli interni dell'epoca, Talaat, diceva: «Noi abbiamo già liquidato la posizione di tre quarti degli armeni. Bisogna che la finiamo con loro, altrimenti dovremo temere la loro vendetta. Non vogliamo più vedere armeni in Anatolia. Possono vivere nel deserto, ma in nessun altro luogo». Ecco, quello è stato il primo genocidio di quel secolo terribile che è stato il XX secolo.
Un genocidio certamente realizzato con tecniche assolutamente rudimentali: una lunga marcia nel deserto, dove la gente moriva, oppure delle fucilazioni. Poi, come sappiamo, la pratica del genocidio ha avuto, addirittura, una dimensione tecnologica, come è avvenuto con la Shoah e con i lager. Ma non dobbiamo neanche dimenticare la carestia provocata in Ucraina e i gulag per il genocidio dei dissenzienti. Noi abbiamo il dovere morale di ricordare questo e di augurarci che gli amici turchi facciano i conti con questa pagina drammatica della loro storia e siano in grado, davvero, di dare il loro contributo alla ricostruzione della storia (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Michele Piras. Ne ha facoltà.

MICHELE PIRAS. Presidente, colleghi, noi attribuiamo un significato non rituale, profondo invece, alla commemorazione dei fatti che si svolsero alla fine dell'Ottocento e che poi arrivarono alla soluzione finale del genocidio nel biennio del 1915-1916; al ricordo dei pogrom, delle marce della morte, dei massacri che coinvolsero il popolo armeno e che portarono alla morte per armi, per fame, per malattie, di centinaia di migliaia di persone.
Il genocidio degli armeni è l'immagine indelebile del mostro che si annida nell'animo umano, quando esso pretende di piegare il diritto alla vita alle ragioni del potere, le ragioni dei popoli a quelle del dominio. Le recenti parole di Papa Francesco hanno sollecitato un nervo ancora scoperto nella storia turca e hanno generato un dibattito surreale, nel quale vi è chi pretende di negare ogni evidenza storica e che ci dice, innanzitutto, che non dovremmo mai abbassare la guardia di fronte alla menzogna dei negazionismi.
Così, anche noi, per primi, non dovremmo mai dimenticare, tanto meno alla vigilia del 25 aprile, che cosa è stata la barbarie nazista e fascista. Ogni epoca storica, del resto, è stata segnata dalla logica del nemico interno. Ogni epoca di crisi genera l'occasione per alcuni di indicare all'opinione pubblica una minoranza alla quale ascrivere le responsabilità dei mali della patria. Così fu per gli ebrei nella Spagna del 1492, nella Germania nazista per questi, per i rom, per gli omosessuali; così, appunto, per gli armeni in Turchia durante la Prima guerra mondiale.
Nel ricordare quel genocidio, vorremmo dire che, anche oggi, nuove pulsioni, pericolosissime, xenofobe, attraversano la nostra società. Vorremmo che ognuno condannasse con più forza chi le aizza e le alimenta per fini propagandistici e per un volgare calcolo elettorale. In una società ferita dalla crisi, le barriere culturali che sorreggono la dimensione civile tendono ad essere più fragili, sormontate dalla paura e dall'egoismo.
Proprio per questo, la politica dovrebbe per prima respingere ogni segnale, lieve o forte che sia, di barbarie. Mai giocare con le viscere di un popolo in difficoltà e di una società in crisi. Non solo un momento della memoria, ma un preciso impegno sociale, culturale e politico, quindi, affinché Pag. 75ogni forma di xenofobia, di intolleranza e di insorgente razzismo possa essere sconfitto, cancellato dalla storia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dambruoso. Ne ha facoltà.

STEFANO DAMBRUOSO. Grazie Presidente, anche noi di Scelta Civica evidentemente abbiamo già rappresentato la nostra vicinanza in un giorno in cui si commemora un fatto che storicamente viene negato prevalentemente soltanto dalla Turchia. L'Unione europea nella sua complessità, in più di una circostanza, ha già dato segnali forti di volontà di giungere ad un riconoscimento condiviso per le vicende che hanno rappresentato per il popolo armeno una totale e completa attività di genocidio.
È il genocidio subìto agli inizi del secolo, del secolo trascorso, che ha portato ad una frattura forte proprio in quell'area tra una moltitudine di comunità musulmane, che nella loro maggior parte sono assolutamente vicine alla multi-religiosità e alla condivisione di spazi territoriali dove tutte le religioni possono convivere, rispetto invece a quanto il popolo turco nel 1915 fece, organizzò e che oggi continua a non volere riconoscere.
Come partito abbiamo già dato, in sedi meno ufficiali, segnali di forte vicinanza all'ambasciatore armeno qui presente a Roma, in Italia. Con la nostra testimonianza odierna vogliamo ribadire che quegli episodi per noi rappresentano davvero un fatto intollerabilmente dimenticato. Dobbiamo ribadire che vogliamo che vi sia un riconoscimento ufficiale anche dalla parte migliore del popolo turco (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Busin. Ne ha facoltà.

FILIPPO BUSIN. Grazie Presidente, gli armeni sono un popolo straordinario, che ha vissuto per oltre tremila anni nell'altopiano dell'Anatolia fino alla pianura di Ararat e alle pendici del Piccolo Caucaso. Si tratta di un popolo colto e intelligente, che ha introdotto nella sua lingua indoeuropea i principali testi greci e che ha anticipato con i suoi monumenti religiosi importanti stili architettonici, che poi si sono affermati in Europa, come lo stile romanico.
È stato il primo popolo ad adottare, nel 300 dopo Cristo, la religione cattolica e proprio per questo ha goduto di un diritto di cittadinanza minore nell'impero ottomano (sono stati tollerati quasi come dei cittadini di serie B), fino a subire nel corso del XIX secolo numerosi pogrom da parte dei turchi, che sono sfociati nel genocidio, che commemoriamo domani, del 1915: 700 mila armeni morirono massacrati nelle loro città; 600 mila furono deportati fino a morire di stenti nel deserto siriano, con scuse poco credibili, come quella di sedare una rivolta da parte dei turchi; 200 mila sono scappati verso il Caucaso; 150 mila hanno trovato rifugio anche in parti di Europa, tra cui in Italia, dove hanno stabilito intense relazioni religiose, culturali e commerciali con il nostro popolo.
Voglio ricordare la presenza dei padri mechitaristi nell'isola di San Lazzaro di Venezia. Di 1 milione e 800 mila armeni, ne restano meno di 150 mila nell'altopiano dell'Anatolia. È stato un vero e proprio genocidio, acclarato e ricordato recentemente anche nelle parole di Papa Francesco, che ha ricordato quelle precedentemente pronunciate dal Patriarca Karekin e da Papa Giovanni Paolo II.
Questa è l'occasione non solo per ricordare le indicibili sofferenze di questo popolo e per non dimenticare le sue sofferenze, ma anche per ricordare la grandezza e il valore straordinario del popolo armeno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gigli. Ne ha facoltà.

GIAN LUIGI GIGLI. Grazie Presidente, la ringrazio per avere accolto la richiesta Pag. 76del gruppo Per l'Italia – Centro democratico di commemorare in quest'Aula il centesimo anniversario del «Grande male», il primo genocidio del XX secolo.
Quasi 2 milioni di persone della prima nazione a diventare cristiana furono uccise o morirono di fame, malattie o stenti durante la deportazione. Tra i primi ad essere colpiti vi furono anche alcuni delegati al Parlamento.
Il movimento dei Giovani turchi sognava allora uno Stato turco etnicamente e religiosamente omogeneo.
Proprio per questo la memoria del genocidio armeno può essere un potente antidoto ai nuovi genocidi su base etnica e alle nuove persecuzioni su base religiosa che il fondamentalismo islamico sta portando avanti.
Papa Francesco e il Parlamento europeo hanno compiuto significativi gesti nei giorni scorsi e proprio ieri un'iniziativa importante è stata assunta dal Parlamento austriaco. In tutti questi casi, dalla Turchia sono venute solo reazioni scomposte, fino a minacciare l'espulsione di massa degli armeni ancora presenti in territorio turco. Ancora oggi in Turchia a parlare di genocidio si rischia la reclusione fino a tre anni, come hanno avuto modo di sperimentare il Nobel per la letteratura Pamuk e lo storico Akç am.
Per fortuna proprio oggi, mentre la Chiesa armena stasera canonizza i martiri del genocidio, il Presidente armeno Sargsyan ha auspicato l'apertura, senza precondizioni, di relazioni diplomatiche con la Turchia. Si tratta di un importante gesto di riconciliazione. Auspichiamo analoga volontà di riconciliazione da parte della Turchia, mentre procedono i negoziati per l'adesione all'Unione europea. L'adesione ai valori fondanti dell'UE non sarebbe, infatti, convinta se non passasse attraverso una rivisitazione della propria storia, superando ogni tentazione negazionista.
Riconoscere la verità storica e il male compiuto serve a prevenire che esso possa oggi ripetersi in altri contesti. «Vivere senza menzogna» era l'invito di Solzenicyn. La menzogna prevale solo se si riesce a soffocare la verità, ma quando questo accade muore anche la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia - Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. Sono trascorsi cento anni da quando le autorità turche diedero inizio al progetto per eliminare il popolo armeno. Nella notte del 24 aprile 1915 furono arrestati e giustiziati tutti i capi e gli intellettuali armeni. Era la prima tappa di quello che in seguito verrà definito il primo genocidio del XX secolo.
Le autorità turche, dopo aver arruolato tutti gli armeni dai 16 ai 40 anni, li disarmarono e li assegnarono ai reggimenti di lavori forzati e li annientarono, spesso dopo aver fatto scavare loro le fosse che li avrebbero ospitati. Dopo questa breve fase di terrore di Stato, iniziarono le deportazioni di massa per le persone rimaste, che erano anziani, donne e bambini.
Scortate dai soldati turchi, le colonne dei deportati da tutte le province e città furono convogliate verso i deserti siriani e iracheni, dove non vi erano condizioni di vita nemmeno per le piante e nemmeno per gli animali. E appena fuori dalle città, le colonne venivano attaccate da truppe di irregolari armati che uccidevano indisturbati, rubavano, stupravano o rapivano le ragazze e portavano via i bambini in tenera età per educarli da mussulmani o venderli alle famiglie turche.
Parecchi furono rinchiusi in grotte e uccisi per asfissia. E non a torto si è parlato di prototipo di quello che fu lo sterminio del popolo ebraico. E non a caso molti alti gradi tedeschi presenti all'epoca in Turchia come alleati saranno, anni dopo, al fianco di Hitler per riproporre il modello.
Perirono così un milione e mezzo di armeni, tre quarti della popolazione. Non sono state molte le voci di condanna e, da laica, non posso non sottolineare che le più significative furono quelle di due Papi: Pag. 77il primo, Papa Benedetto XV, che cento anni fa scrisse al sultano turco per chiedere di porre fine all'ecatombe, e oggi quella di Papa Francesco, che, usando il linguaggio della chiarezza, nel ricordare quei morti, ha scatenato le proteste dell'attuale Governo turco, che ancora oggi nega il genocidio.
Ho finito. Questo è un lato oscuro della storia turca, cui si aggiunge ora, oggi, lo scarso rispetto dei diritti civili – e non solo dei diritti civili –, fatto con il quale la Turchia, se vorrà far parte della famiglia europea – come mi auguro – dovrà prima o poi fare i conti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI. Presidente, dopo un secolo siamo ancora qui a discutere, dopo le giuste e corrette parole del Papa, del genocidio armeno, da molti definito il primo vero genocidio del 1900, ma, in realtà, anche l'ultimo del 1800, perché sono eccidi che si sono consumati, sia sotto l'Impero Ottomano, sia con l'avvento dei Giovani turchi. Eccidi o genocidi che hanno riguardato in realtà non solo gli armeni all'epoca, ma anche, ad esempio, i greci d'Anatolia che furono sfollati da quel luogo per ritornare nella loro patria natia. C’è un però: non ci si può nascondere – e qui mi rivolgo a tutti – dietro mere parole di circostanza, per favorire delle manovre economiche con la Turchia. Non ci possono nemmeno essere opere di negazionismo, perché parliamo di negazionismo in questo caso, da parte del Governo italiano. Ed è assurdo, a nostro parere, ancora oggi, dopo più di cento anni, che tale questione sia uno dei punti di attrito tra l'Unione europea il Governo turco, oggi, dopo cento anni. Non mi interessa in questo momento fare parallelismi con altri eccidi o genocidi, ma mi sembra giusto che ognuno di noi pensi in silenzio a ciò che è successo nel passato per evitare che questi accadimenti si verifichino di nuovo nel futuro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Si riprende la discussione.

(Votazione – Doc. LVII, n. 3)

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico. Passiamo ai voti. Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Pisicchio, Alfreider e Di Gioia n. 6-00136, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Colonnese, Stumpo, Benedetti, Amendola, Giorgio Piccolo, Pisano, Cariello, Ginoble, Rostellato, Damiano...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti 487
Maggioranza 244
Hanno votato 328
Hanno votato no 159.

La Camera approva (Vedi votazioni).

(Le deputate Rocchi e Marzano hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole).

Con questo risultato, sono precluse tutte le altre risoluzioni presentate, Colleghi, a questo punto i lavori riprenderanno alle ore 16, la seduta, quindi, è sospesa.

La seduta, sospesa alle 15,10, è ripresa alle 16.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Pag. 78Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Boschi, Bratti, Bressa, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Costa, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Guerra, Lupi, Madia, Manciulli, Migliore, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Speranza, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito e Zanetti sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente centosette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

In ricordo dell'onorevole Renato Altissimo (ore 16,02).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e la rappresentante del Governo). Colleghi, come sapete, lo scorso 17 aprile è venuto a mancare, dopo una lunga malattia, Renato Altissimo, già membro della Camera dei deputati nella VI, VIII, IX, X e XI legislatura.
Nato a Portogruaro il 4 ottobre 1940, laureato in scienze politiche, dirigente d'azienda, esponente di primissimo piano del Partito liberale italiano, del quale è stato segretario dal 1986 al 1993, ha fatto più volte parte del Governo, in qualità di Ministro della sanità e di Ministro dell'industria, commercio e artigianato.
Politico esperto e appassionato, è stato uno dei protagonisti della stagione della vita politica e istituzionale dei Governi di coalizione, succedutisi fino ai primi anni Novanta.
La Presidenza, anche a nome dell'Assemblea, desidera manifestare ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio – Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Gregorio Fontana. Ne ha facoltà.

GREGORIO FONTANA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio la Presidenza per aver ricordato il profilo politico ed istituzionale di Renato Altissimo. Io che sono stato suo collaboratore e amico vorrei aggiungere soltanto poche considerazioni.
Renato era un uomo che amava appassionatamente la vita: l'ha vissuta fino alla fine con intensità, cogliendone la bellezza, la ricchezza, senza mai rinunciare al garbo e al sorriso. Come tutti gli uomini davvero grandi, non si prendeva troppo sul serio e con una battuta, spesso, sapeva sdrammatizzare i momenti difficili.
C'erano però alcune cose sulle quali Renato Altissimo non scherzava affatto: una era il valore di questo Parlamento, del quale fu membro per molte legislature e dal quale uscì sull'onda delle vicende di Tangentopoli, che pure lo avevano appena sfiorato. Da quel momento, decise che non sarebbe mai più entrato a Palazzo Montecitorio per nessuna ragione fino a quando non fosse stata fatta giustizia, non fosse stata ristabilita la verità storica e restituito l'onore a lui e ai liberali. Era un suo grande atto di amore e rispetto verso il Parlamento. In qualche modo, riportando oggi il suo nome nelle Aule parlamentari saniamo questa ferita, che era stata così lacerante nella sua vita.
Renato Altissimo non era un uomo che viveva di politica: era un imprenditore che alla politica sacrificò tempo, denaro, fatica. Rinunciò alla facile carriera in Confindustria – ne fu presidente a poco più di trent'anni – per dedicarsi ad un piccolo partito dalle grandi idee e dalle grandi tradizioni. Quel Partito liberale del quale rappresentava molto bene le caratteristiche ed anche i difetti: cultura, garbo, tolleranza, rispetto per le idee degli altri, una certa ascetica pigrizia e, naturalmente, la grande religione della libertà insegnata da Benedetto Croce.
Da Croce ad Altissimo, attraverso Einaudi, Villabruna, Malagodi, Bignardi, Zanone, Biondi, una tradizione di gentiluomini dei quali Renato fu l'ultimo degnissimo rappresentante. Dopo di lui un altro Pag. 79grande liberale, Raffaele Costa, ebbe purtroppo solo il tempo di gestire la chiusura di quella stagione politica.
Nella casa liberale, che in molti immaginano come dignitosa ma un po’ polverosa, Altissimo portò una ventata di freschezza e di novità, nei modi e nelle idee. Questo era Renato, un uomo che investì molto sui giovani, che ebbe il coraggio di nominarli – me ed altri – a ruoli di grande responsabilità nel partito.
Altissimo in politica fu un anticipatore, fu il primo a parlare di privatizzazioni, di riduzione del carico fiscale, di riforme istituzionali. Parlò del superamento del proporzionale, della necessità di un sistema politico bipolare, ben sapendo che per i liberali avrebbe significato la fine della rendita di posizione garantita dal 2 per cento.
Le sfide politiche e umane non gli facevano paura; lo dimostrò unendosi ai partigiani anticomunisti in Afghanistan, recandosi in Israele nei giorni della prima guerra del golfo, quando lo stato ebraico era sotto attacco degli scud di Saddam, andando a Bucarest nei giorni della caduta di Ceausescu. Non smise mai di appassionarsi alla politica; sognò negli ultimi anni di poter ricostruire un soggetto liberale autonomo, ma per Silvio Berlusconi e per noi di Forza Italia fu sempre un amico prodigo di consigli e di affetto.
Tutto questo e molto altro ancora rende davvero difficile commemorare un uomo che guardava avanti e che non conosceva i rimpianti, le recriminazioni e le malinconie di chi ha esercitato un ruolo nel passato. Un uomo con il quale sarebbe naturale dialogare e fare progetti sul futuro.
È davvero difficile per me, molto doloroso, pensare che non ci sia più. Rinnovo il cordoglio alla famiglia presente in Aula in tribuna, certo che le sue idee, il suo stile e anche il suo sorriso rimarranno per sempre. (Applausi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pierpaolo Vargiu.

PIERPAOLO VARGIU. Grazie Presidente. Caro Renato, le commemorazioni profumano di ipocrisia e di morte. Tu eri schietto e ti piaceva la vita, per cui ti parlo da vivo.
Il mio è il ricordo commosso di uno dei tanti giovani liberali di Renato Altissimo. Quando, nel 1979, sei stato eletto per la prima volta in questo Parlamento, ero poco più che maggiorenne, ed ero orgoglioso di voi che eravate le nostre bandiere. Rileggo il nome dei deputati del partito liberale di allora, che vennero eletti insieme a te: Aldo Bozzi, Antonio Baslini, Alfredo Biondi, Raffaele Costa, Giorgio Ferrari, Egidio Sterpa, Cesare Zappulli, Valerio Zanone. In questi nomi non c’è solo la storia di un piccolo partito, del mio piccolo partito, c’è un pezzo della storia più nobile del nostro paese. Ma caro Renato, tra questi nomi per noi giovani liberali il tuo era speciale.
Sei diventato ministro a 39 anni, giovanissimo, eri giovane quasi quanto noi ed eri sfacciatamente abbronzato, in tutte le stagioni dell'anno. Come per dire che per fare politica non era obbligatorio essere tristi. Una piccola grande rivincita di modernità e di dinamismo per noi giovani liberali, perché – come tu ricorderai – essere giovani liberali allora mica era uguale ad esserlo adesso. Non che adesso l'Italia sia diventata un paese liberale – manco per sogno – ma almeno non è più vergogna definirsi liberali; allora lo era. Il metodo liberale non era cultura di minoranza, era una vera e propria astronave del pianeta Marte, atterrata in un paese che viveva la realtà del compromesso storico e della pace sociale in capo alle leggi di spesa e al debito pubblico. E noi eravamo gli alieni di quell'astronave. Giovanni Malagodi, che avvertiva che il benessere un po’ finto di quegli anni l'avrebbero pagato le generazioni future, veniva trattato da Cassandra, e a te quasi risero in faccia gli altri leader del pentapartito quando, il 10 novembre del 1987, a fronte dell'ennesima legge finanziaria che sembrava la festa delle tasse e del debito Pag. 80pubblico, annunciasti l'uscita solitaria della pulce con la tosse – il PLI – dal Governo. E ti ricordi perché il PLI voleva uscire dal Governo ? Certo che te lo ricordi: perché chiedeva la riduzione dell'IRPEF e di millecinquecento miliardi di debito pubblico. Sembra oggi. Ci avessero dato ascolto, allora, a noi giovani liberali !
Ti saluto Renato, arrivederci. La mia commemorazione è finita, ma qui non ci sono morti: ciascuno di noi è vivo fino a che ci sono le gambe e i cuori con cui camminano i suoi valori.
L'ultima volta che ci siamo visti lo scorso anno, per l'ennesima rifondazione liberale, ci avevi salutato ridendo scanzonato: beh ragazzi, si torna a casa, la ricreazione è finita. Bene, Renato, noi ci siamo, ci proviamo, speriamo che tu non debba vergognarti di noi neanche adesso che siamo giovani liberali con i capelli bianchi (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grassi. Ne ha facoltà.

GERO GRASSI. Signor Presidente, la commemorazione di un deputato defunto è, da un lato, il bisogno di ricordarlo, dall'altro, è un calcio alla damnatio memoriae che colpisce il nostro Paese. Parlare di Renato Altissimo, protagonista della politica degli anni Ottanta, oggi sembra parlare di secoli fa. Un personaggio di grandissima cultura, una persona in grado di dissacrare i rivoli negativi della stessa politica. Altissimo era il politico più abbronzato, era spesso ricordato così, un misto di Croce e D'Annunzio, nato a Portogruaro, aveva poi lavorato per tanti anni nella provincia di Torino con un'industria che lavorava per la FIAT, vicepresidente di Confindustria, protagonista di una sigla che ormai conoscono in pochi, la Gioventù liberale, segretario di un partito che aveva nell'emblema la bandiera italiana, prosecutore a distanza di tanti anni di quel Partito Liberale che con Cavour aveva riunificato l'Italia. Io voglio ricordare l'onorevole Altissimo, già più volte Ministro dell'industria e della sanità negli anni del pentapartito, con una frase che lui ripeteva spesso e che, secondo me, era un po’ l'emblema della sua vita, una frase di Benedetto Croce, quando diceva che la vita è più inevitabile della morte e, quindi, deve essere bella. Altissimo aggiungeva spesso: deve essere anche vissuta bene.
Credo che con questo ricordo in positivo di un uomo che, come spesso capita, fuori dalla politica viene dimenticato da moltissimi, quando i riflettori si sono spenti, da questo punto di vista, quest'Aula lo debba ricordare in positivo. Grazie ad Altissimo per il suo impegno (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, Renato Altissimo è stato parlamentare, Ministro, leader del Partito Liberale, industriale di successo e politico per passione civile. Esprimeva una signorilità naturale, era un amico. Credeva ancora ci fosse nel tempo presente lo spazio per un'area politica liberaldemocratica, non solo in Europa, ma anche in Italia. Lo ricordiamo con simpatia come un protagonista della cosiddetta prima Repubblica, che, anche alla luce delle evoluzioni successive della politica italiana, va indubbiamente riconsiderata e non liquidata con il marchio della corruttela. Con Renato Altissimo rendiamo omaggio ad un pezzo di storia importante del nostro Paese e al pensiero liberale, che nel raccordo tra Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi, ebbe grande parte nella ricostruzione civile e morale del nostro Paese (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Grazie Presidente, mi ha colpito nella commemorazione della figura di Renato Altissimo anche in questa sede ma nei giorni scorsi, sui mezzi di informazione, un sentimento, che direi è stato unanime, che è quello del rispetto, un riconoscimento esteso senza distinzioni di parte politica e non si tratta di un tema scontato perché si sono espressi in questo modo tutti: da coloro che sono stati al suo Pag. 81fianco nel piccolo Partito Liberale e anche coloro che nel Partito Liberale avevano delle tesi diverse dalle sue, ma anche i tanti che avevano delle visioni ideologiche diverse e il ricordo va ad una persona che ebbe alti incarichi sia di Governo sia politici nell'ambito del partito e nei quali recò sempre una coerenza, un entusiasmo, una capacità e un impegno.
Aveva la dote di trasmettere agli altri uno degli aspetti migliori del suo carattere e della sua personalità: la voglia di vivere, il dinamismo, l'ottimismo. Ebbene penso che i suoi meriti di imprenditore si fossero già affermati quando si impegnò in politica. Credeva nella libertà, credeva nel mercato e nella concorrenza e questi valori li portò avanti nella sua esperienza di Governo. Dovette, ad esempio, applicare una riforma sanitaria alla quale il suo partito ero stato ostile ma lo fece al meglio avviando una macchina complessa. Quello che è successo dopo con la spesa e l'organizzazione sanitaria ha dato ragione alle previsioni del Partito Liberale, ma l'attuazione ha confermato il valore e l'azione fuori dall'ordinario di Altissimo. Lui voleva modernizzare la società, voleva liberare le istituzioni da vincoli anacronistici e voleva introdurre nella vita politica e nella società quanto più ampi margini di libertà possibile. E propugnava liberalizzazioni in un periodo in cui lo Stato dominava l'industria, dominava il credito, dominava la società civile. Comprendeva come fosse indispensabile operare in una prospettiva continentale, anzi mondiale. Va poi ricordato il tratto umano di Renato Altissimo, la sua capacità di discutere, la sua disponibilità ad affrontare ogni tema senza pregiudizi e la sua capacità anche di discutere con i singoli elettori. Erano pochi gli elettori del Partito Liberale, però c'era un confronto sempre dinamico da parte di Renato che distingueva molto il suo tratto e la sua figura (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Melilla. Ne ha facoltà.

GIANNI MELILLA. Grazie Presidente, non sarei sincero se non dicessi che noi di Sinistra Ecologia Libertà apparteniamo sicuramente ad una tradizione politica diversa, molto diversa da quella del Partito Liberale. Ciò nondimeno mi piace mettere in rilievo l'estrema coerenza personale di Renato Altissimo che fino all'ultimo è rimasto liberale. A me non piace chi cambia facilmente casacca politica. Renato, liberale fino all'anno scorso; quindi, pochi mesi prima di lasciarci, era impegnato nell'ennesimo tentativo di rimettere in piedi la cultura e la politica dei liberali italiani. Voglio ricordare anche due episodi che dimostrano come alla coerenza Renato Altissimo univa anche una grande dose di coraggio, coraggio personale. Appena eletto segretario del Partito Liberale, Renato Altissimo come sua prima uscita pubblica andò in Afghanistan a solidarizzare con la Resistenza afgana contro l'invasione sovietica. Certo, Renato Altissimo non poteva immaginare che qualche decennio dopo quei mujaheddin sarebbero stati dei feroci criminali terroristi e avrebbero dato vita ad uno Stato, quello dei talebani, all'insegna della violenza e della dittatura più feroce. Ma lui andò lì animato da un sincero spirito di libertà.
Voglio anche dire che Renato Altissimo è stato uno dei pochi politici italiani di quel livello, con responsabilità di Governo e di partito ai massimi livelli, ad aver pagato di persona quelle inchieste di Tangentopoli per un reato che oggi è anche stato depenalizzato, un reato di finanziamento illecito al suo partito, il Partito Liberale.
Ecco, noi dovremmo riflettere serenamente e laicamente anche su quella stagione che ha privato l'Italia di persone per bene come Renato Altissimo (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie Presidente. Se ieri Renato Altissimo fosse stato in vita avrebbe festeggiato con noi l'approvazione della legge sul divorzio breve. Altissimo e il Partito Liberale, infatti, sono stati nel tempo con i socialisti e i radicali tra i principali sostenitori delle battaglie Pag. 82per i diritti civili che hanno reso il nostro Paese più laico e più moderno.
Fu un innovatore, un liberale, non un liberista, protagonista del tanto vituperato pentapartito che invece rappresenta, secondo noi, uno dei momenti più felici della storia della nostra Repubblica, anche mettendo fine all'egemonia democristiana.
Renato Altissimo credeva nella compatibilità tra valori e principi socialisti e quelli liberali. Un socialismo moderno, un socialismo che, appunto, socializza i valori liberali che un tempo erano riservati solo ad una élite rendendoli disponibili per tutti: per tutti la libertà di decidere del proprio destino, di valorizzare i propri talenti, accedere alle massime cariche nella vita pubblica, fare carriera nella vita privata grazie al merito, merito determinato dall'essere e dalle qualità personali e non dall'avere, cioè dal patrimonio. Sono idee elaborate da Carlo Rosselli sintetizzate nella parola lib-lab, sviluppata in Gran Bretagna dalla scuola Fabiana, quel laboratorio culturale e politico nel quale le idee riformiste di socialisti e liberali avevano casa comune.
Questa nostra sintonia fu confermata nell'estate del 1979, quando la delegazione liberale guidata da Altissimo incontrò Bettino Craxi, incaricato dal Presidente Pertini di formare il Governo. Renato Altissimo espose il programma: atlantismo in politica estera, rigore in politica economica e finanziaria, garantismo a favore dei cittadini per contrastare il corporativismo di certa magistratura. Il programma fu accolto dal Presidente incaricato con grande favore, ma l'incarico a Bettino Craxi non ebbe successo e la modernizzazione del Paese dovette aspettare ancora qualche anno (Applausi).

Sull'ordine dei lavori (ore 16,25).

ANNALISA PANNARALE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà

ANNALISA PANNARALE. Grazie Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Abbiamo appena appreso la tragica notizia della morte del cooperante italiano Giovanni Lo Porto. Giovanni era stato rapito tre anni fa in Afghanistan, di lui non avevamo avuto più notizie e oggi apprendiamo che sarebbe stato ucciso nel gennaio scorso in un raid aereo, in un'operazione aerea gestita dagli Stati Uniti.
Chiediamo, attraverso lei, che il Ministro Gentiloni venga urgentemente a riferire in Aula su questa vicenda drammatica ed esprimiamo tutto il nostro cordoglio alla sua famiglia.

PRESIDENTE. Grazie, ovviamente la Presidenza si unisce al cordoglio alla famiglia e si farà tramite della richiesta del suo gruppo presso il Governo.
Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo statale «Guglielmo Marconi» di Martina Franca, in provincia di Taranto, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Brunetta. Ne ha facoltà.

RENATO BRUNETTA. Presidente, mi associo anch'io alla richiesta che il Governo venga a riferire immediatamente in Aula sulla tragica e inquietante notizia che abbiamo ricevuto or ora. Non è possibile che a distanza di mesi si venga messi a conoscenza di un fatto di questa gravità. Per cui, chiediamo che il Governo immediatamente venga a riferire in Parlamento.

PRESIDENTE. La ringrazio, presidente Brunetta. Ovviamente la risposta è la medesima.

CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Immagino anche lei su questo argomento. Ne ha facoltà.

CARLO SIBILIA. Grazie, Presidente. In realtà, come gruppo del MoVimento 5 Stelle vorremmo anche aggiungere che sembra che il vero e proprio omicidio dell'ostaggio Gianni Lo Porto sia avvenuto Pag. 83a seguito di un'operazione, un raid, fatto da droni statunitensi. A questo punto, siccome anche il Presidente Renzi è stato recentemente in visita negli Stati Uniti, oltre alla richiesta della presenza del Ministro, penso sia opportuno che a riferire in Aula sia proprio il Primo Ministro in carica, quindi proprio Renzi. Credo sia effettivamente necessario. Se non ci dovesse essere questa eventualità, evidentemente avremmo delle informazioni parziali. Quindi, il MoVimento 5 Stelle richiede la presenza del Primo Ministro a riferire in Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Va bene. Vale anche per la richiesta che lei ha formulato la stessa risposta, nel senso che la Presidenza si farà tramite presso il Governo di rappresentare queste esigenze.

ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Presidente, intervengo per rappresentare naturalmente anche da parte del Partito Democratico, come ha fatto per prima la collega di SEL, il cordoglio del nostro gruppo, del grosso partito, per quanto accaduto e per ritenere che sia giusto che ci sia un'informativa da parte del Ministro a quest'Aula sui questi fatti importanti, su cui, peraltro, proprio in questi minuti sta intervenendo anche il Presidente Obama per esprimere le sue valutazioni.
Riteniamo che la nostra presenza in Afghanistan sia una presenza complessa, lo sappiamo, ne abbiamo discusso a lungo in quest'Aula. Il supporto che il nostro Paese vuole dare al mondo della cooperazione, che ogni giorno rappresenta il nostro Paese e si occupa dei problemi di quei Paesi in difficoltà, in guerra, sia un fatto importante di cui è bene che quest'Aula sia sempre informata, in particolare sui fatti gravi che sono accaduti. Quindi, anche noi faremo presente al Governo la necessità che ci sia un'informativa precisa, ma il Governo ha già annunciato, nei colloqui che ci sono stati proprio venendo in quest'Aula, la sua intenzione di essere disponibile a relazionare e a dare tutte le informazioni che il Parlamento ritiene.

Seguito della discussione delle mozioni Speranza, Dellai, Gelmini, De Girolamo, Scotto, Guidesi, Catania, Rostellato, Schullian, Pastorelli ed altri n. 1-00769 e Benedetti ed altri n. 1-00778 concernenti iniziative in merito alla cosiddetta Carta di Milano, in relazione ad Expo 2015 (ore 16,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Speranza, Dellai, Gelmini, De Girolamo, Scotto, Guidesi, Catania, Rostellato, Schullian, Pastorelli ed altri n. 1-00769 (Nuova formulazione) e Benedetti ed altri n. 1-00778 concernenti iniziative in merito alla cosiddetta Carta di Milano, in relazione ad Expo 2015.
Ricordo che nella seduta dell'8 aprile 2015 si è svolta la discussione sulle linee generali delle mozioni Speranza, Dellai ed altri n. 1-00769, Scotto ed altri n. 1-0776, Benedetti ed altri n. 1-00778, Gelmini ed altri n. 1-00779 e Guidesi ed altri n. 1-00780 ed è intervenuto il rappresentante del Governo.
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, è stata presentata la mozione De Girolamo ed altri n. 1-00782.
Avverto, inoltre, che nella giornata di ieri è stata presentata una nuova formulazione della mozione Speranza, Dellai ed altri n. 1-00769, che è stata sottoscritta anche, tra gli altri, dagli onorevoli Gelmini, De Girolamo, Scotto, Guidesi, Catania, Schullian e Pastorelli e, contestualmente, le mozioni Zaccagnini ed altri n. 1-00776, Gelmini ed altri n. 1-00779, Guidesi ed altri n. 1-00780 e De Girolamo ed altri n. 1-00782 sono state ritirate dai presentatori.
Avverto, infine, che in data odierna è stata presentata un'ulteriore nuova formulazione della mozione Speranza, Dellai, Pag. 84Gelmini, De Girolamo, Scotto, Guidesi, Catania, Rostellato, Schullian, Pastorelli ed altri n. 1-00769. Il relativo testo è in distribuzione.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito la rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni.

SESA AMICI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Lei ha annunciato poc'anzi una nuova riformulazione che vede un ampio schieramento di forze aver sottoscritto e unificato le varie mozioni: il Governo ringrazia di questo lavoro che è stato svolto. Lo faccio io anche a nome del Ministro Martina, perché, aver avuto un così ampio consenso intorno ad una mozione, che rappresenta, all'indomani dell'apertura dell'Expo, un'approvazione così ampia dello schieramento politico, è una questione molto importante per lo stesse Paese. Del resto, però, ringrazio anche il MoVimento 5 Stelle, che ha mantenuto la propria mozione sulla quale poi darò una serie di pareri, perché, pur nella dialettica, ha testimoniato un lavoro di merito e di dibattito che si è svolto. Anche per questo va ad esso il nostro ringraziamento. Quindi, esprimo parere favorevole alla mozione Speranza, Dellai, Gelmini, De Girolamo, Scotto, Guidesi, Catania, Rostellato, Schullian, Pastorelli ed altri n. 1-00769 (Ulteriore nuova formulazione).
Chiedo solo un attimo di pazienza per quanto riguarda la mozione dei colleghi del MoVimento 5 Stelle che, essendo molto articolata, avrà dei pareri a cui si chiedono anche delle riformulazioni che, qualora fossero accettate, portano a un parere favorevole sulle premesse, mentre altrimenti si intendono pareri contrari.
Quindi, per quanto riguarda le premesse, al terzo capoverso si propone una riformulazione, sostituire le parole: «una sorta di protocollo sul cibo» con le seguenti: «un documento di impegno sul cibo».
Al capoverso n. 6 il parere è contrario. Al capoverso 11 il parere è contrario perché nella frase «l'Expo delle idee è stato avviato l'8 dicembre» c’è un errore sulla data; qualora i colleghi del MoVimento 5 Stelle si limitassero ad accettare la correzione della data, il parere diventerebbe favorevole.
Al capoverso n. 13, espungere le parole «l'uso sempre più frequente di fitosanitari in agricoltura specialmente se usati in maniera massiccia, può comportare danni alla salute»; si chiede, al riguardo, una riformulazione che potrebbe prevedere semplicemente che l'uso in agricoltura di fitosanitari può rappresentare un danno alla salute.
Sul capoverso n. 14 il parere è contrario, così come sul capoverso n. 15 e sul capoverso n. 18.
Sugli impegni. Si chiede di sostituire le parole: «al fine di ottenere il reale consumo di suolo zero» con le seguenti: « in coerenza con gli obiettivi fissati in sede europea di un consumo di suolo nel 2050».
La lettera b) va riformulata nel seguente modo: «a valutare la possibilità di promuovere ogni possibile metodo alternativo». Sull'altro impegno, invece, il parere è favorevole, si tratta della lettera c). Contrario sulle lettere d) ed e). Riformulare poi il capoverso che recita: «ad intraprendere ogni utile azione» facendolo precedere dalle parole: «a valutare la possibilità».
Il successivo capoverso di impegno è favorevole con questa riformulazione: sostituire la parola: «padiglioni» con la seguente: «spazi». Sul successivo impegno il parere è contrario. Favorevole l'ultimo impegno se riformulato nel modo seguente: «a valutare la possibilità di promuovere in sede di Unione europea».

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastorelli. Ne ha facoltà.

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ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mozione che ci accingiamo a votare oggi costituisce un importante momento di indirizzo della Camera nei confronti del Governo, il quale sarà a breve chiamato ad aderire per l'Italia alla Carta di Milano. Personalmente ho sempre creduto nell'importanza che l'agricoltura, specie quella di tipo ecosostenibile, ricopre per le sorti del nostro pianeta e dell'umanità e sono felice che questa convinzione abbia oggi trovato un'autorevole conferma nel progetto della Carta di Milano. C’è, infatti, un grande bisogno di nuove politiche globali, sovranazionali e nazionali, in tema di cibo, di educazione alimentare e ambientale, di agricoltura come volano di una nuova economia, solidale ed attenta alle esigenze del tessuto sociale nel quale opera. Finalmente appare chiaro a tutti che dal successo e dalla serietà di queste politiche dipende il futuro dell'uomo e del mondo e in questo dibattito l'Italia, ospitando l'Expo, si accinge a ricoprire un ruolo centrale rispetto al quale non possiamo farci trovare culturalmente e politicamente impreparati. Rilevo poi con soddisfazione come molti degli impegni richiesti al Governo con la presente mozione coincidono con altrettante politiche per le quali io e tutta la componente socialista ci siamo battuti in questa legislatura.
Dalla lotta agli sprechi alimentari all'implementazione delle esperienze di agricoltura sociale, sino allo sviluppo di modelli di azienda agricola ecosostenibile. In questo quadro aggiungo peraltro che resta fondamentale puntare sui giovani, sui giovani agricoltori, su questa nuova generazione preparata ed entusiasta.
Per questo, sono necessarie, accanto a dichiarazioni solenni come la Carta di Milano, delle misure di sostegno specifiche per le nuove generazioni, perché i loro sforzi imprenditoriali in agricoltura producano risultati durevoli nel tempo.
La mozione presentata e da noi sottoscritta, rispetto alla quale la componente socialista esprime parere favorevole, costituisce quindi un ottimo mezzo per cominciare a riflettere a livello nazionale su temi di portata globale, quale quello del cibo, la cui soluzione non può non passare attraverso il riconoscimento del valore strategico della green economy.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rostellato. Ne ha facoltà.

GESSICA ROSTELLATO. Signor Presidente, dichiaro il nostro voto favorevole sulla mozione.
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fauttilli. Ne ha facoltà.

FEDERICO FAUTTILLI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, sottosegretario, il gruppo Per l'Italia-Centro Democratico ha condiviso il fatto di anticipare il dibattito sui contenuti e sugli obiettivi che l'evento Expo si prefigge e che sono inseriti nella Carta di Milano che sarà varata il prossimo 28 aprile.
Oggi non vi è la percezione, specie tra le giovani generazioni, di cosa significhi alimentazione; consideriamo naturali ed immutevoli gesti come aprire un rubinetto, sicuri che l'acqua scorrerà sempre, o aprire un frigorifero, certi che vi sarà sempre all'interno del cibo a sufficienza per poterci sfamare.
Eppure le cifre parlano di altro. La popolazione mondiale ha superato già i 7 miliardi ed il trend è in continua crescita. Con questi ritmi la FAO stima che il fabbisogno di cibo crescerà del 70 per cento e non potrà essere certamente soddisfatto, stante il combinato disposto dell'inutilizzazione del suolo per eventi climatici (siccità, alluvioni, incendi) e del suo consumo per finalità diverse da quelle prettamente agricole, non ultimo quello per fini energetici.
Aggiungiamo anche il fatto che, sempre secondo la FAO, nel 2013 lo spreco di cibo Pag. 86ammontava a circa 1,3 miliardi di tonnellate, pari a circa un terzo (il 33 per cento) della produzione totale destinata al consumo umano, e che per produrre questo cibo sono utilizzati 250 chilometri, non metri, ma chilometri cubi di acqua e 1,4 miliardi di ettari di terreno e immessi in atmosfera all'anno 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra.
Solo in Italia frutta e ortaggi gettati via nei punti vendita hanno comportato, nel 2011, il consumo di più di 73 milioni di metri cubi d'acqua in un anno, l'utilizzo di risorse ambientali pari a quasi 400 metri cubi equivalenti e l'emissione in atmosfera di più di 8 milioni di chilogrammi di anidride carbonica equivalente.
Si tratta di uno scandaloso paradosso, quel «paradosso dell'abbondanza» stigmatizzato da Papa Francesco durante la visita alla FAO, in cui ha sottolineato come «nonostante il moltiplicarsi delle organizzazioni e i differenti interventi della comunità (...) c’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l'uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi», a fronte di circa un miliardo di persone denutrite sulla terra, senza contare, come detto, che questi sprechi alimentari danneggiano il clima ed erodono risorse idriche e superfici coltivabili.
Così riteniamo che bisogna essere chiari in materia di OGM: è vero che il nostro sistema agroalimentare italiano non si concilia con quelli a cui si applicano gli organismi geneticamente modificati, essendo il nostro un sistema di alto livello qualitativo, fortemente diversificato e saldamente legato al territorio, ed è giusto che gli agricoltori, ma anche i consumatori italiani (molto sensibili a questo argomento) si battano per mantenere questa qualità e diversità che potrebbe essere alterata dall'introduzione di questi OGM nell'agricoltura e nell'allevamento italiano.
E mettiamoci anche che l'Unione europea non ha risolto completamente i problemi legati a questa problematica, ma tutto questo non deve costituire un ostacolo alla ricerca in ambito genetico, e accumulare ritardi significa alzare ancora un muro ai progressi in un settore che richiede sì prudenza, ma anche attenzione, perché ciò che vale, come detto, per altri sistemi agroalimentari, domani potrebbe essere valido e non in contrasto con il nostro sistema produttivo.
Quindi, con la mozione anche da noi sottoscritta vogliamo alzare il livello e l'attenzione sugli argomenti che verranno affrontati nel corso dello svolgimento di Expo a pochi giorni dalla sua inaugurazione, e lo facciamo chiedendo al Governo di non perdere un'occasione unica per imprimere un cambiamento vero nell'approcciare la problematica, che sia di mentalità e non soltanto tecnico.
La Carta di Milano è stata una felice intuizione del nostro Governo, che ha, per la prima volta, voluto collegare l'evento Expo agli impegni dell'agenda internazionale. Con questo protocollo tutti i Paesi, le associazioni, i soggetti istituzionali, ma anche i visitatori dell'Esposizione che decideranno di aderirvi, saranno chiamati a sottoscrivere un impegno sul diritto al cibo, la lotta allo spreco e la sostenibilità ambientale. Un protocollo che verrà consegnato al Segretario dell'ONU come contributo alla discussione globale delle Nazioni Unite per la definizione dei nuovi Obiettivi del Millennio: non cogliere questa opportunità sarebbe sicuramente imperdonabile.
«Nutrire il pianeta» recita lo slogan di Expo, e noi ci auguriamo che da questo appuntamento e dalla Carta di Milano che verrà approvata emergeranno quei nuovi diritti e nuovi doveri che diventeranno patrimonio di ogni cittadino e grazie ai quali, e al coinvolgimento e alla collaborazione di tutti gli attori in campo, dalle istituzioni ai singoli agricoltori, dal mondo della ricerca a quello dell'industria, potrà essere garantito a tutti cibo sano e sicuro, senza sprechi e sufficiente per tutti.
Auspichiamo, quindi, che, con il voto favorevole sulla mozione su cui il Governo ha dato parere positivo, venga quella spinta, quell'impulso a cogliere pienamente questa occasione, e che senza ritardi si proceda per fornire una nuova Pag. 87visione dell'alimentazione, un diverso atteggiamento sui progressi della scienza in questo settore, una maggiore consapevolezza di quello che sta dietro al cibo che arriva sulle nostre tavole e una presa di coscienza vera sui problemi dell'alimentazione nelle aree svantaggiate (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia – Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Expo 2015 è un evento di eccezionale importanza, in quanto mette in risalto l'alimentazione e il suo valore, nonché una straordinaria occasione per il rilancio economico e turistico del nostro Paese. Il tema «Nutrire il pianeta, energia per la vita» è interamente dedicato alle questioni relative alla qualità e alla sicurezza alimentare e alla distribuzione ottimale del cibo.
Expo 2015 deve essere soprattutto un evento in grado di rilanciare l'economia agricola italiana e promuovere l'immagine del made in Italy agroalimentare sui mercati internazionali. L'agricoltura ha un ruolo fondamentale nella tutela dell'ambiente e nello sviluppo sostenibile del territorio. L'azienda agricola deve non solo offrire al consumatore la qualità e la sicurezza dei prodotti agroalimentari, ma anche conservare il più possibile il livello qualitativo e quantitativo delle risorse naturali.
Expo 2015 sarà un evento dove l'agricoltura, il cibo e l'alimentazione giocheranno un ruolo da protagonista. Con Expo avremmo la possibilità di incidere sulle politiche dell'agroalimentare e del territorio con una modalità mai vista prima e per il nostro Paese sarà un'occasione unica per affrontare i temi dei problemi legati alla filiera agricola e mettere in risalto le qualità e il valore delle produzioni enogastronomiche del nostro territorio.
Obiettivo principale di questa Esposizione Universale è quello di stimolare il dibattito sull'alimentazione e sul cibo, una vera e propria sfida che coinvolge tutti i soggetti partecipanti, inclusi i visitatori che si interrogheranno sulle conseguenze delle proprie azioni per le prossime generazioni. Occorre mettere al centro la necessità di porre un freno allo spreco di cibo ed incentivare un uso più consapevole dello stesso, attraverso campagne di educazione, a partire proprio dalle scuole, laddove si deve sviluppare il senso più profondo del valore legato alla nutrizione.
Sarebbe opportuno rilanciare la filiera corta di produzione, creando una relazione diretta tra il produttore e il consumatore, che significa, prima di tutto, prodotti sempre freschi, genuini e di maggiore qualità, con dei costi molto contenuti e con un'attenzione anche all'ambiente.
Il consumo di prodotti tipici e del territorio è riconosciuto come funzionale al mantenimento di un buono stato di salute ed è, pertanto, particolarmente indicato per i bambini, ai fini di una corretta educazione alimentare. È necessario approfittare di Expo 2015 affinché i consumatori siano sensibilizzati ed educati, per l'approvvigionamento degli alimentari, ad acquisire prodotti provenienti dal territorio da reperire, principalmente, attraverso modalità finalizzate a favorire l'avvicinamento tra la fase produttiva agricola e quella di consumo.
Abbiamo chiesto al Governo un impegno affinché siano previste condizioni adeguate per i nostri produttori di filiera corta, in modo che siano in grado di presentarsi nel modo migliore al pubblico internazionale e dare, quindi, l'occasione alle nostre qualità di arrivare anche sui mercati esteri.
Expo deve essere anche un'occasione per mettere al centro dell'attenzione internazionale la tutela del cibo dalle sofisticazioni. All'estero il vero nemico sono le imitazioni low cost dei cibi nazionali che non hanno alcun legame con il sistema produttivo del nostro Paese. Le frodi e le contraffazioni nel settore agricolo e agroalimentare rappresentano un fenomeno preoccupante e, nonostante l'intensificarsi dei controlli, continuano a svilupparsi in maniera crescente e ci fanno perdere risorse Pag. 88che servono a creare indispensabili rapporti commerciali che sono fondamentali per l'economia del territorio.
La Carta di Milano, da sola, non è sufficiente, ma è necessario mettere in campo riforme strutturali di aiuto per l'agricoltura. Dobbiamo impegnarci perché la Carta di Milano non sia solo un documento pomposo e vuoto e che non abbia come esclusivo e giusto intendimento quello di educare le generazioni future ad una corretta cultura alimentare e alla prevenzione dello spreco di cibo ed offrire suggerimenti su come ridurlo, ma affinché contenga anche proposte concrete ai problemi dell'agricoltura, in quanto questa svolge una funzione fondamentale di tutela dell'ambiente e sviluppo sostenibile del territorio.
Abbiamo, infatti, impegnato il Governo affinché metta in evidenza nella Carta di Milano l'ingente danno causato alla nostra economia dai falsi prodotti, nonché le scelte che possano valorizzare davvero il nostro made in Italy affinché Expo sia una importante occasione per indicare impegni precisi da parte dei Paesi partecipanti, atti a contrastare il dilagante fenomeno della contraffazione e delle sofisticazioni in campo agroalimentare.
Il modello OGM è del tutto contrario e controproducente per gli interessi del settore agroalimentare del nostro Paese, che si basa sulla tipicità e sulla qualità. Per l'Italia, gli OGM in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico del made in Italy.
È per questo che abbiamo chiesto al Governo di prevedere il divieto dell'uso di OGM nelle produzioni agroalimentari e forestali in campo aperto, poiché il valore aggiunto delle nostre produzioni è dato dalla loro specificità ed una contaminazione OGM porterebbe alla distruzione del sistema agroalimentare italiano così come lo conosciamo oggi, con le sue eccellenze, le sue varietà e le sue tipicità.
Il regolamento europeo in tema di etichettatura prevede che non sia più obbligatoria l'indicazione in etichetta dello stabilimento di produzione e confezionamento dei prodotti alimentari. La non obbligatorietà dell'indicazione dello stabilimento di produzione comporta un grave danno al nostro made in Italy in quanto si rischia di lasciare la libertà al produttore di produrre in qualunque sede europea, o extraeuropea, danneggiando ulteriormente le migliori produzioni nazionali.
È necessario, quindi, considerare la possibilità di reintrodurre il vincolo, per le aziende produttrici, di scrivere sulle etichette lo stabilimento di produzione e di confezionamento dei prodotti alimentari allo scopo non solo di tutelare la salute e la sicurezza alimentare dei consumatori, ma anche di permettere loro di scegliere un alimento rispetto a un altro anche in base al Paese o alla regione dove questo è prodotto, per la tutela anche del made in Italy.
Agli agricoltori che oggi soffrono della crisi, vessati da imposizioni fiscali pesantissime, come l'IMU sui terreni agricoli, che fanno i conti con il latte a 35 centesimi al litro, con listini del mais a 15 euro al quintale, che li porta a non riuscire a pagare il gasolio per innaffiare, vuoi anche per l'aumento dell'aliquota di riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato per uso agricolo operata da ultimo dalla legga di stabilità, non gli si può rispondere solo con la Carta di Milano che ribadisce un concetto sacrosanto, quanto ovvio, cioè il valore universale dell'accesso al cibo, ma è necessario inserire in essa precisi impegni a tutela di quei prodotti che garantiscono qualità e sicurezza alimentare; altrimenti questa Carta rischia di risultare una risposta anacronistica e priva di significato.
A nome del gruppo della Lega Nord e Autonomie – Lega dei popoli – Noi con Salvini annuncio il voto favorevole alla mozione unitaria Speranza ed altri che abbiamo sottoscritto, in quanto sono stati accolti alcuni dei nostri impegni che riteniamo importanti per sostenere l'agricoltura e i nostri agricoltori (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini).

Pag. 89

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Falcone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FALCONE. Signor Presidente, sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, la Carta di Milano realizzata da grandi esperti in materia, sintesi di confronti e di idee sui temi della sostenibilità e della cultura del cibo e sugli sviluppi delle città, rappresenta un importante innovativo lascito di Expo 2015.
La sfida alimentare mondiale è una partita su cui si gioca il destino della nostra umanità. Se finora la globalizzazione ha mitigato nei Paesi di prima industrializzazione il problema della sicurezza alimentare, consentendo attraverso il mercato un agile approvvigionamento dei beni di consumo non disponibili all'interno dei confini nazionali, nei Paesi non industrializzati ciò evidentemente non è possibile. Il sistema, tuttavia, si regge sull'assunto che qualcuno su scala globale sia in grado di produrre indefinitivamente surplus agricolo da immettere sul mercato, un assunto fragile, messo in crisi dall'incremento demografico e dalla crescita sempre più forte del potere di acquisto dei Paesi emergenti.
Quando si parla di sprechi alimentari molti pensano ad un problema di poco conto senza gravi conseguenze. Niente di più falso. Lo spreco alimentare è una delle maggiori emergenze, uno dei maggiori problemi che coinvolgono la nostra società, il nostro Paese, e che genera costi enormi, legati non solo alla questione dello smaltimento dei rifiuti, ma anche allo spreco di energie utilizzate per la produzione, la distribuzione e lo smaltimento degli alimenti, circa il 3 per cento del consumo totale del nostro Paese. Contrastare quest'enorme spreco è una sfida che può essere vinta solo se affrontata da tutti: Governi, gruppi industriali, commercianti, cittadini.
La Carta di Milano rappresenta un patto sul cibo per vincere tale sfida. Essa, infatti, vedrà protagonisti i cittadini, la società civile e le imprese, che saranno chiamate il 1 maggio a sottoscrivere la Carta, assumendosi la responsabilità di dare attuazione a precisi impegni. La Carta, infatti, conterrà una serie di impegni per cittadini, società civile e imprese contro lo spreco alimentare, per l'alimentazione sostenibile, per il diritto alla nutrizione, contro l'uso scorretto del suolo e delle risorse naturali.
Saranno poi i cittadini, la società civile e le imprese a chiedere ai Governi e ai Parlamenti di tutto il mondo di assumere ulteriori impegni giuridici e politici puntualmente indicati dalla Carta. In questo senso la Carta rappresenta un modello del tutto innovativo di protocollo per il cibo: non sono i Governi ad imporre dall'alto gli impegni, ma sono cittadini, società civile e imprese ad impegnarsi in prima persona e a chiedere ai Governi di impegnarsi per raggiungere gli obiettivi del millennio.
Dai dati raccolti nel rapporto 2013 di Waste Watcher, l'osservatorio sugli sprechi alimentari delle famiglie italiane, appare evidente il rapporto tra lo spreco alimentare e lo stile di vita delle persone. Chi ha una vita molto attiva è a rischio maggiore di generare sprechi, come chi usualmente porta a casa grandi quantità di spesa è di solito chi appartiene a fasce di reddito medio-alte. Di contro, si registra un minore spreco nelle fasce di reddito più basse e con l'aumentare dell'età dei consumatori.
L'emergenza riguarda anche la filiera agro-alimentare, dalla produzione alla trasformazione del prodotto, sino alla sua distribuzione.
Lo strumento per combattere questa emergenza è sensibilizzare i cittadini e tutti coloro che partecipano alla filiera produttiva, anche se, grazie alla forte crisi economica mondiale, si è registrata negli ultimi anni una maggiore attenzione agli sprechi in generale, tra cui quelli alimentari. Una sempre più alta percentuale di italiani dichiara, infatti, di essere a conoscenza del problema e di gettare sempre meno alimenti. È importante, inoltre, promuovere l'integrazione del tema del benessere animale, come delineato nelle politiche dell'Unione europea, nel contenuto della Carta di Milano.Pag. 90
Quello degli sprechi alimentari è un tema che indubbiamente ha assunto negli ultimi decenni un'importanza crescente in tutti i Paesi industrializzati. Questo è anche un tema molto sfaccettato, perché riguarda i comportamenti di diversi attori della filiera. Abbiamo una problematica dello spreco alla fase della produzione, sia nelle aziende agricole sia nelle industrie alimentari. Abbiamo una problematica nella catena della distribuzione dei prodotti alimentari. E abbiamo, infine, anche una problematica che è quella posta in essere dai comportamenti dei consumatori, che in molti casi anch'essi producono in modo importante quantità di sprechi non recuperabili.
Expo 2015 sarà un'occasione importante sotto molti aspetti per il nostro Paese. Il Ministro delle politiche agricole Martina, che ha la delega alla manifestazione, ha dedicato tanto impegno ed energia all'organizzazione e alla gestione dell'evento e tutti dobbiamo augurarci la buona riuscita e il successo dell'esposizione, anche per le ingenti risorse, non solo economiche, che sono state investite.
Scelta Civica esprime il suo voto favorevole sulla mozione a prima firma Speranza, da noi condivisa. È importante che ci sia un'azione davvero decisa e continuativa perché si possa porre rimedio in maniera definitiva a questa problematica di interesse nazionale.

PRESIDENTE. Saluto gli insegnanti e gli studenti dell'Istituto comprensivo statale Sarnelli-De Donato-Rodari di Polignano a Mare in provincia di Bari, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccagnini. Ne ha facoltà.

ADRIANO ZACCAGNINI. Presidente, colleghi, la politica è quel terreno in cui si dovrebbe avere la capacità di superare gli steccati ideologici, quello spazio in cui esercitare il confronto con l'altro, con il diverso, per confrontarsi sulle idee e sulle soluzioni punto per punto, per il bene comune della comunità che si rappresenta.
Nell'affrontare la Carta di Milano, ovvero nel momento in cui il Parlamento discute finalmente di quale modello agricolo globale adottare per un mondo che sia realmente ecocompatibile, in cui le risorse del pianeta siano redistribuite in modo sufficiente, affinché ci sia più uguaglianza per tutti, noi non ci sottraiamo nel partecipare a questa discussione e nel dare il nostro contributo per le competenze alla visione strategica di cui siamo portatori.
È un momento storico di importante e anche drammatica trasformazione quello in cui affrontiamo il tema dell'impatto dell'agricoltura sull'ambiente e sulle vite delle persone, sia perché l'agricoltura è la prima voce che impatta sul surriscaldamento del pianeta sia perché è il tempo in cui l'impatto delle attività antropiche è aumentato esponenzialmente e sta modificando in peggio la ricchezza di biodiversità del pianeta.
Troppa superficialità c’è nella direzione presa dalla crescita del mercato libero senza limite, senza regole. Questo modello non è sostenibile, crea disuguaglianze e, più semplicemente, non è sostenibile perché le risorse di cui disponiamo sono limitate. Si agisce come se avessimo a disposizione le risorse di tre, quattro pianeti. Forse la tecnologia e l'innovazione ci potranno aiutare ancora, ma non fino a pensare di sterilizzare il pianeta e riprodurlo in provetta.
E in realtà questo è il modo in cui agisce l'agroindustria: sterilizza il terreno con i pesticidi e gli erbicidi e pianta semi modificati geneticamente, che resisteranno – per poco tempo in realtà – per poche generazioni alle fitopatie. Fitopatie e attacco di parassiti che naturalmente sono la risposta ecologica della vita all'artificiosità della coltivazione monocolturale e alle coltivazioni fatte in terreni privi di fertilità e predatori naturali, usurati dallo sfruttamento e caratterizzati dalla perdita dell'originale microbiologia del suolo.
Siamo parte di un ecosistema all'interno del quale abbiamo acquisito grandi capacità di controllo della genetica e della vita in generale. Siamo nel tempo della biopolitica, in cui il diritto di morte del Pag. 91potere è stato sostituito dal potere sulla vita dei cittadini e di tutti gli altri esseri viventi. Abbiamo un grande potere e una grande responsabilità, troppo grande probabilmente, perché il nostro buonsenso è ancora troppo scarso e debole. C’è poco equilibrio nelle scelte strategiche che prendiamo per noi e per le future generazioni. Siamo incapaci di gestire a livello globale gli strumenti tecnologici in modo equilibrato e socialmente equo.
E in questo tempo dovremmo considerare maggiormente le preoccupazioni degli scienziati e degli studiosi del clima che affermano che questo sistema di sviluppo non è sostenibile per tutti noi e per il pianeta e che stiamo modificando con il nostro impatto la temperatura. Quello dell'agroindustria è un sistema che va bene per pochi chiusi in fortezze, per la riproduzione di un moderno latifondismo, cibo genuino a costi elevati per pochi, roba da Eataly, per intenderci, e per gli altri cibo spazzatura. Un mondo governato troppo spesso solo da un'oligarchia di multinazionali e Governi sempre più post-democratici, come è evidente con il TTIP. Un pianeta in cui le risorse e il disporne sono ritenuti una questione privata di alcuni, proprietà privata e non parte di quella categoria che sono i commons, ovvero i beni comuni. Le risorse primarie come acqua, terra fertile per fare cibo, ma anche buona parte del resto delle risorse essenziali sono beni comuni e di questa categoria giuridica si dovrebbe dotare il nostro ordinamento, la nostra Costituzione, per rigenerare un sistema impostato ideologicamente sulla proprietà privata e su quella pubblica statalista.
Oggi ancora la nostra civile società europea beneficia del neocolonialismo per l'approvvigionamento, o meglio la sottrazione ad altri popoli delle risorse energetiche e non c’è da stupirsi se il fenomeno dell'emigrazione aumenta a dismisura. Le centinaia di migliaia di profughi delle guerre sono vittime anche di conflitti ambientali, guerre per l'acqua e deportazioni di intere comunità locali per la costruzione di dighe senza criterio; guerre per la terra, deforestazione, saccheggio da parte delle multinazionali del bene primario per agroenergie o monoculture devastanti. Purtroppo, potremmo renderci presto drammaticamente conto come questo sistema di sviluppo esaurisce le fonti di sostentamento primarie, non solo quelle energetiche non rinnovabili, ma anche quelle come acqua e terra fertile, senza tener conto del riciclo naturale delle risorse, senza equilibrio sistemico. Acqua e terra sono i nuovi asset su cui sta investendo la Cina; ma non ci dovrebbe dire qualcosa di grave tutto questo, nel momento in cui la Cina acquista intere regioni di Stati africani, milioni di ettari per produrre cibo da riportare nel proprio mercato interno ? La terra viene letteralmente strappata alle popolazioni locali da Governi locali corrotti. Dovremmo cominciare a tremare se avessimo coscienza perché è partita una corsa alla terra che non sembra potersi arrestare se non con la cooperazione politica. Qui è in gioco il rispetto dei diritti umani essenziali di sussistenza nel momento in cui il land grabbing, l'accaparramento di terra, è un fenomeno non più sporadico, ma sistemico. E come non porre veramente al centro la questione della sicurezza alimentare dei popoli e superare l'ipocrita propaganda di chi dice che dovremmo sfamare il mondo con questa crescita ? Questo tipo di crescita è il modello di sviluppo che ha creato squilibri ecologici devastanti e che non sembra arrestarsi.
Crediamo, quindi, che un mondo attraversato da così grandi trasformazioni, anche demografiche, abbia bisogno di una profonda riflessione per il riequilibrio delle disuguaglianze, a partire dalla questione della terra. Crediamo che ci si debba fermare a riflettere e a riprogettare. Crediamo che non sia possibile continuare ad avallare il modello dell'agroindustria, degli OGM e dell'utilizzo massiccio di fitofarmaci. Il modello della Cola Cola e del McDonald's è sano ? No, non lo è e, quindi, ci chiediamo e chiediamo a tutti voi: qual è il modello che porta avanti Expo, se questi soggetti sono parte di Expo con tutti gli onori ? Qual è il criterio per la concessione degli stand ? Non è altro Pag. 92che la riproduzione della disuguaglianza del liberismo sfrenato. E il contraltare di McDonald's che propone Expo, qual è ? Eataly ? L’Eataly di Farinetti ? Ma non sarà certo Farinetti a sfamare il mondo. E, allora, qual è il modello che Expo presenta ? Sembra un modello già visto, quello in vigore; sembra l'edulcorazione e il greenwashing di qualcosa che in realtà è indigeribile, ma che aspira a divenire modello per sfamare il mondo. Sembra un'ottima operazione di marketing, ma una proposta ipocrita per le ingiustizie del presente.
Vedremo Expo, non siamo fiduciosi, perché i contadini non saranno i protagonisti della kermesse, ma comparse in una narrazione che si appropria indebitamente di contenuti discordanti con le pratiche agricole dei grandi gruppi dell'agroindustria che sono i veri protagonisti di Expo. È necessaria una profonda autocritica riguardo al modello agricolo che abbiamo adottato. Anche qui in Italia non siamo esenti da errori e da visioni strategiche legate solo alla massimizzazione dei profitti, piuttosto che alle ricadute sociali sul nostro sistema Paese. Riguardo proprio all'Italia, è possibile immaginare che l'Italia divenga da Paese produttore di eccellenze alimentari un mero trasformatore di derrate alimentari importate da Paesi extraeuropei ? Un Paese che mette solo un bel bollino made in Italy e fa ripartire queste merci per il mondo ? Comodo sì, ma ciò non ha una capacità nel medio-lungo periodo di essere sostenibile. Serve ripensare quale sistema è realmente sostenibile per l'agricoltura del pianeta e, in definitiva, quale sistema è veramente economicamente sostenibile. Il riferimento qui è alle esternalità negative che questo sistema di sviluppo crea: inquinamento e costi ambientali e sanitari, squilibri sociali globali, che non danno il quadro di un modello che si regge in piedi sostenibilmente.
Non è qualcosa che ha una sua intrinseca coerenza, che si autosostiene, ma che piuttosto rastrella risorse, saccheggia il presente e il domani di tutti noi.
Se mettiamo nel conto le esternalità negative e la contabilità energetica, oltreché economica, comprendiamo come questo modello di sviluppo crea ricchezza immediata solo per pochi a danno degli altri, intaccando irreversibilmente le risorse comuni e deturpando il bene comune del pianeta e della collettività.
Crediamo sia di fondamentale importanza delineare quali principi generali possono veramente darci la possibilità di vivere in un mondo globalizzato meno arraffatore nel quale invece la distribuzione delle risorse sia più equa. Noi ci siamo a ragionare in maniera sistemica su come correggere o radicalmente invertire determinati settori di questo modello di sviluppo. Una crescita che troppo spesso si contraddistingue solo per creare disuguaglianza e un impatto ecologico insostenibile. Saremo presenti nel dibattito della Carta per promuovere le buone pratiche che sono la vera alternativa al cibo spazzatura. Crediamo che fissare alcuni punti di merito sia fondamentale affinché il dibattito riesca veramente a decollare ed incidere nelle dinamiche dei fenomeni socialmente ed ambientalmente insostenibili.

PRESIDENTE. Concluda.

ADRIANO ZACCAGNINI. In particolare, siamo promotori di un'agricoltura basata sulle relazioni umane perché quello che l'agricoltura fa è un'opera socialmente utile a tutti. La cura del territorio e i servizi ambientali che l'agricoltore produce, oltreché il cibo, sono necessari e insostituibili per la nostra società, o meglio per una società che non voglia fare di ogni acquazzone una catastrofe, per una società che vuole cibo sano per i nostri figli e membri, per una società che pratica la giustizia sociale e ambientale.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare, l'onorevole Binetti. Chiedo scusa, onorevole Binetti, prima c'era la richiesta del Governo di intervenire per una precisazione su un parere, credo in relazione al testo del gruppo del MoVimento 5 Stelle ?

Pag. 93

SESA AMICI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Sì, grazie Presidente, avevo detto in premessa che era abbastanza complicato. Al capoverso 6 delle premesse il parere diventerebbe favorevole con riformulazione. La piccola agricoltura contadina sposa pienamente il tema dell'Expo 2015, poiché ha come obiettivi quello di valorizzare le colture locali, anche attraverso incentivi ai prodotti provenienti dalla filiera corta. Qualora si accettasse questa riformulazione, il parere diventerebbe favorevole.
Mentre al punto 8 il parere è contrario e al capoverso 11 il parere sarebbe favorevole cambiando la data perché è sbagliata – quindi, il 7 febbraio –, ma l'ultimo capoverso «... malgrado l'ambizione i gruppi di lavoro non hanno individuato un panel...». Siccome a noi risulta che questi gruppi di lavoro sono stati messi in essere, questa parte andrebbe tolta, quindi a questo punto il parere diventerebbe favorevole. Qualora invece i colleghi non accettassero di togliere l'ultimo capoverso il parere rimarrebbe contrario, anche se cambiato dalla data perché sbagliata.

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà, e mi scusi ancora.

PAOLA BINETTI. La Carta di Milano vuole essere una reale assunzione di responsabilità da parte degli Stati e di tutti i cittadini per garantire il diritto ad un cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti. Un'eredità di contenuto e di sostanza, immateriale nella sua definizione, ma concreta, operativa e tangibile nella sua attuazione, questo ha affermato più volte il Ministro Martina.
Pensiamo alla differenza con la mancata Esposizione universale del 1942 a Roma, il suo simbolo è ancora visibile e tangibile, un intero quartiere costruito in una zona totalmente nuova di Roma per celebrare la memoria di un popolo e di una città di antiche tradizioni culturali.
Oggi la Carta di Milano rappresenta in larga parte la sua antitesi e offre la sua immaterialità culturale come segno e simbolo di una società liquida, fragile e confusa, che però vuole fare della solidarietà tra i Paesi diversamente sviluppati e dell'affermazione del diritto al cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti una manifestazione esplicita del diritto alla vita e alla salute, del diritto alla propria dignità di essere umano, mai indifferente ai bisogni degli altri.
La Carta nasce dalla sintesi di un percorso di ricerca, di confronto di idee e di culture sul tema dell'Expo 2015: nutrire il pianeta, energie per la vita.
Un percorso iniziato nel 2013 e culminato il 7 febbraio del 2015 nell'ambito dell'Expo delle idee.
Percorso articolato in quattro aspetti molto concreti, sintetizzabili con quattro parole chiave: sviluppo, cultura del cibo (con la sua lettura reciproca anche, che è il cibo della cultura), agricoltura e città umana. La versione finale della Carta verrà presentata il 28 aprile, e quindi veramente tra pochi giorni, che è il motivo per cui – immagino – urge questa nostra approvazione, oggi, e sarà poi condivisa, il 4 giugno 2015 con i Ministri dell'agricoltura di 147 Paesi partecipanti all'Expo, per essere poi presentata il 16 ottobre al Segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon. La Carta rappresenta un percorso innovativo, a carattere ascendente, che comincia laddove nascono e si sperimentano i bisogni e vede come protagonisti i cittadini, la società civile, le imprese, chiamate a sottoscrivere la Carta assumendosi la responsabilità di darne attuazione con precisi impegni contro lo spreco alimentare, per l'alimentazione sostenibile, per il diritto alla nutrizione, contro l'uso scorretto del suolo e delle risorse naturali.
Di fatto, con la Carta di Milano, il Governo italiano fa propria la sfida di un sistema alimentare globale, sostenibile attraverso azioni mirate a combattere lo spreco di cibo, favorire l'agricoltura e contrastare fame e obesità. Il punto di forza della Carta di Milano è proprio l'equilibrio, un equilibrio tra opposte tendenze, un equilibrio tra una lettura che mette in primo piano la ricerca scientifica, Pag. 94la sperimentazione di nuove tecnologie, ma a un certo punto dice anche «no», dice «no» agli OGM dice «no» ad un altro tipo di sperimentazione. Un punto di equilibrio complesso, che non sarà facile difendere, proprio per la sua delicatezza e per la sua dinamicità, ma che vale la pena comunque mettere a fuoco in tutti i suoi aspetti, anche quelli apparentemente tendenti a una scivolatura contraddittoria.
Di fatto, la Carta di Milano dice un «no» chiaro e fermo all'illegalità e alle frodi alimentari, dal momento che negli ultimi anni il settore agroalimentare è divenuto terreno di numerose illegalità, gestite anche dalla criminalità organizzata, ma nello stesso tempo propone un ambito di sperimentazione scientifica, dal campo biologico a quello sociale, dai modelli organizzativi agli stili di vita. È interessante la prospettiva che assume sull'agricoltura: noi abbiamo parlato tanto di terzo settore, e l'agricoltura è il primo settore, sta tornando al centro dell'attenzione del dibattito politico. Di fatto, l'agricoltura può diventare un'importante prospettiva di futuro per il nostro pianeta, sul piano economico-ambientale, ma anche culturale e sociale. Questo è possibile se si valorizzano le pratiche agricole sostenibili, che da anni dimostrano non solo di essere efficaci, ma anche di rappresentare una valida alternativa se si favorisce la diffusione di un modello di agricoltura a misura d'uomo, per esempio rilanciando la filiera corta di produzione, con tutti i suoi vantaggi, che sono prodotti di maggiore qualità, costi contenuti, attenzione all'ambiente. Il consumo dei prodotti tipici e di qualità concorre al mantenimento di forme di agricoltura ancorate al territorio e, quindi, alla tutela e allo sviluppo dei valori economici, sociali e culturali propri dei territori. Sono temi di Expo 2015 e su questi temi tutto il mondo è chiamato a dare un contributo, perché l'Expo è per definizione un incrocio di culture. Per questo parliamo di un'Expo universale, che serve a far incontrare culture, etnie e comunità nazionali. I 147 Paesi sono stati raggruppati in modo, in questo caso, abbastanza originale: non per criteri geografici, ma secondo identità tematiche e filiere alimentari; riso, cacao, caffè, frutta, legumi, spezie, cereali, tuberi. È così che definiscono quella che è l'area del bio-Mediterraneo, le sue isole, il mare, il cibo, le zone aride, anche che lo caratterizzano.
Se si guarda il sistema alimentare globale ci si accorge di tre grandi paradossi del nostro tempo, sempre riferiti al cibo: a fronte di un numero elevatissimo di persone che non hanno ancora accesso al cibo, c’è un terzo della produzione del mondo destinata ad alimentare gli animali e una quota crescente di terreni agricoli è dedicata alla produzione di biocarburanti per alimentare le auto, e, a fronte di quasi un miliardo di persone al mondo che patiscono la fame e sono malnutrite, circa un miliardo e mezzo soffre le conseguenze dell'eccesso di cibo, aumentando il rischio di diabete, tumori e patologie cardiovascolari.
Nei Paesi in via di sviluppo le perdite più significative si concentrano nella prima parte della filiera agroalimentare soprattutto a causa dei limiti nelle tecniche di coltivazione, raccolta e conservazione o per la mancanza di adeguate infrastrutture per il trasporto e l'immagazzinamento. Nei Paesi industrializzati, invece, la quota maggiore degli sprechi avviene nella fase filiale della filiera agroalimentare con un consumo domestico e ristorazione in particolare in cui veramente molti cibi vanno sprecati. In questa chiave anche si segnala l'importanza del Women for Expo che parla di nutrimento mettendo al centro la cultura femminile con la convinzione che la sostenibilità del pianeta passa attraverso una nuova alleanza tra cibo e cultura e che le artefici di questo nuovo sguardo e il nuovo patto per il futuro possono e debbono essere le donne.
La Carta di Milano è l'occasione per definire strategie di sviluppo scientifico di cui sono parole chiave la biodiversità, la sicurezza alimentare, la lotta alle frodi e alla contraffazione ma anche e soprattutto l'educazione alimentare, senza dubbio un investimento importante per il futuro. Un'alimentazione corretta è il principale Pag. 95alleato nella prevenzione di malattie cardiovascolari e di tumori, malattie da cui deriva peraltro la maggior parte della spesa sanitaria. In questo contesto la dieta mediterranea, patrimonio culturale e materiale dell'Unesco, costituisce un vero e proprio stile di vita che incorpora saperi, sapori, elaborazioni, prodotti alimentari, coltivazioni e spazi sociali legati ai territori. Ma proprio sulla dieta mediterranea, patrimonio dell'umanità e dell'Unesco, a cui è dedicata un'intera settimana dal 14 al 20 settembre 2015, vorrei soffermarmi un attimo. Stiamo parlando di dieta mediterranea non di dieta italiana e dieta mediterranea fortunatamente non vuol dire solo dieta italiana anche se il made in Italy in questo caso campo ha una sua specifica leadership.
Significa politiche consolidate condivise con tutti i Paesi dell'area mediterranea e il termine «Mediterraneo» in questo modo non sarà più identificabile soltanto con le tragedie di questi giorni. Dobbiamo riportare benessere e cultura anche negli altri Paesi dell'area mediterranea e, da questo punto di vista, è importante che la Carta di Milano sia il luogo di assunzione di impegni e di buone pratiche, di modelli sostenibili in termini di politiche non solo agricole ma anche sociali e di integrazione. Varrebbe veramente la pena che approfittassimo della Carta di Milano, che approfittassimo di questo riferimento così forte alla dieta mediterranea, alla settimana dedicata alla dieta dei Paesi dell'area mediterranea, per lanciare nuovi modi di dialogo con questi Paesi, per fare nostre esperienze diverse e, in qualche modo, per valorizzare non solo la biodiversità ma anche la diversità culturale di abitudini, la diversità culturale nel proprio stile di vita. Vorrei concludere dicendo che nella pluralità degli impegni che la mozione sottopone all'approvazione del Governo e su cui il Governo ha già dato parere positivo è importante che non rimangano solo parole sulla carta. Proprio perché la Carta di Milano ha un valore immateriale è importante che diventi straordinariamente...

PRESIDENTE. Concluda.

PAOLA BINETTI. ... materiale la concretezza degli impegni (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gelmini. Ne ha facoltà.
Salutiamo gli studenti dell'Istituto comprensivo «Guglielmo Marconi» di Martina Franca, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

MARIASTELLA GELMINI. Silvia Presidente, onorevoli colleghi, per comprendere l'importanza della Carta di Milano credo sia indispensabile ripercorrere le ragioni che hanno portato l'assegnazione di Expo proprio a Milano avendo la meglio su Smirne e su altre città candidate. E le ragioni stanno nello slancio innovatore del dossier di candidatura. In quel dossier, presentato da Letizia Moratti e da una squadra di lavoro che riuniva il meglio delle competenze professionali italiane, c'era una concezione nuova dell'esposizione universale. Un'Expo che non doveva essere una passerella ma un laboratorio per la messa in rete delle competenze, delle progettualità sul tema dell'accesso al cibo e all'acqua per i popoli della Terra. L'eredità di Expo, si leggeva nel dossier, non sarà come nelle esposizioni precedenti una struttura fisica ma un centro per lo sviluppo sostenibile nel quale il lavoro di Expo possa continuare.
Dalla presentazione del dossier in poi, fino ad oggi, vi è già stata la sottoscrizione di centinaia di progetti di co-sviluppo che hanno stimolato la partecipazione e le relazioni tra università, scuole, centri di ricerca e ONG di diversi Paesi. Credo che oggi se l'Italia vuole avvantaggiarsi dall'esposizione e dalla presenza a Milano dell'esposizione universale non si debba perdere lo spirito innovativo di Expo, l'originalità vincente della sua concezione e il modo per farlo è non creare carrozzoni, non spendere una patina di antico formalismo e di vecchia retorica su ciò che è per definizione innovativo e internazionale.
Uno dei punti che hanno qualificato Expo fin dall'inizio è anche la partecipazione Pag. 96dei cittadini. Expo deve essere un orgoglio per Milano e per l'Italia, deve essere uno strumento per accrescere il nostro senso di appartenenza e d'identità. I cittadini non sono ospiti ad Expo, non devono essere spettatori; Expo non può e non deve essere la vetrina delle élite, sia pure scientifiche e tecnologiche, ma un luogo in cui queste élite si aprono ai cittadini in un luogo di democrazia e di confronto.
Con Expo vince Milano, vince l'Italia, un'Italia che sa parlare al mondo senza mettere in secondo piano la solidarietà e la cooperazione con i Paesi che soffrono. Ma accanto al grande evento c’è l'insieme delle iniziative che Expo può promuovere a sostegno dei valori condivisi. Inserire nella Costituzione italiana il diritto al cibo è un'idea positiva che trova il nostro assenso, tuttavia non basta. La Costituzione non è un passepartout per i problemi del mondo. Mettere in Costituzione qualcosa sembra ormai una moda, per chi è in buona fede, la panacea di tutti i mali, per chi non lo è, è un modo elegante per relegare un problema nel limbo delle affermazioni.
La nostra proposta di mozione ha un intendimento più concreto, vuole impegnare il Governo a valorizzare e promuovere le originarie intuizioni di Expo e quindi l'innovazione, la ricerca, la capacità di mettere a sistema tutte le espressioni dell'innovazione culturale e scientifica con il sistema produttivo, senza mettere in secondo piano la solidarietà e la cooperazione.
Tra gli obiettivi di Expo c’è quello di promuovere la Carta di Milano, documento che offre un'importante opportunità di riflessione sui temi dell'alimentazione e del cibo a livello planetario. Alla Carta di Milano hanno lavorato eminenti personalità del mondo della ricerca e dell'alimentazione. L'obiettivo deve essere quello di tradurre in concretezza il loro impegno, sia nel nostro Paese, sia a livello internazionale. Quest'iniziativa ha un significato indiscusso, poiché va nella direzione auspicata di un patto per il cibo, della valorizzazione delle peculiarità dei territori, dell'equa distribuzione delle risorse, del risparmio per evitare lo spreco. Anche l'industria agricola e agroalimentare deve basare la sua attività su un utilizzo razionale delle risorse.
Expo 2015 dovrebbe, inoltre, essere una straordinaria occasione per sensibilizzare l'intero pianeta rispetto al dramma che si verifica in molti Paesi dell'impiego dei bambini nei conflitti da parte di alcune realtà locali che approfittano dello stato di indigenza nel quale essi vivono. Utilizzare i giovani e gli adolescenti nei conflitti, nelle guerre o nelle faide religiose, oltre ad essere un crimine è un gesto che va contro la natura stessa dell'uomo e ci propone l'obiettivo «cibo non guerra».
Per tutte queste ragioni riteniamo di impegnare il Governo a valorizzare Milano anche dopo Expo, in tutte le sue manifestazioni e le sue eccellenze, a promuovere il made in Italy, a promuovere il modello di Expo nella solidarietà e nella cooperazione internazionale, a promuovere migliori stili di vita con riferimento ai problemi dei Paesi sviluppati, a promuovere l'educazione alimentare, a coinvolgere in tutti i progetti futuri sul cibo le realtà produttive agricole, alimentari e distributive della Lombardia e dell'Italia. Sono, quindi, molte le ragioni per le quali il gruppo di Forza Italia esprime parere favorevole alla mozione (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Area Popolare (NCD-UDC)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti. Ne ha facoltà.

SILVIA BENEDETTI. Grazie, Presidente. Stiamo ancora lavorando su queste mozioni su questa Carta di Milano, perché ? Perché noi, come MoVimento 5 Stelle, non abbiamo problemi ad assumere una posizione più decisa. Non abbiamo problemi ad avere una direzione diversa, a proporre finalmente un paradigma diverso con cui muoversi per quanto riguarda l'agricoltura.
La Carta di Milano è una Carta su cui ci siamo già confrontati nei giorni scorsi, Pag. 97sulla quale oggi ci esprimiamo con il voto e ha un obiettivo ambizioso, che è quello di mettere in gioco questioni di prima grandezza. Infatti, è la Carta che vorrebbe proporre i prossimi obiettivi del Millennio. Sono questioni che vanno oltre l'individuale, sono però questioni che riguardano ciascuno di noi, cioè il fatto che ciascuno di noi possa avere accesso al cibo, che ciascuno di noi possa avere accesso all'acqua, che ciascuno di noi, insomma, possa avere quelle cose che sono necessarie per la vita di ogni uomo. Questo si traduce appunto anche in un pianeta sano dove possiamo vivere, un pianeta dove sia garantito l'accesso al cibo e un'agricoltura sostenibile. Sancire questo patto per il cibo da consegnare al mondo intero in occasione dell'evento di Expo 2015, che ha come filo conduttore l'intento di nutrire il pianeta e di favorire le energie per la vita, non è una cosa di poco conto.
È per questo che il Parlamento italiano deve dimostrare di essere all'altezza di questo compito. Io dico che ha fatto bene il Ministro Martina, sia in questa sede sia in Commissione, a sottolineare l'alto valore di questo protocollo. È una proposta che noi vogliamo fare al mondo, giusto ? Quindi, ha un alto valore. È un protocollo innovativo, inoltre, perché non viene calato dall'alto dei Governi ma dalla società civile, che lo dovrebbe poi proporre ai Governi. Ma proprio perché non può sfuggirci che questa è un'opportunità storica per provare a cambiare il corso degli eventi in un mondo in cui milioni di persone muoiono di fame, un mondo sommerso di veleni, un mondo in cui il profitto e la ricchezza di pochi valgono più del benessere e della salute di tutti, proprio perché sono queste le questioni che fanno da sfondo alla nostra discussione, il senso di responsabilità deve assolutamente orientarci oggi, al momento del voto. Deve essere un senso di responsabilità massimo. È per questo che non possiamo nemmeno, con questo senso di responsabilità, essere d'accordo con il tacere su alcuni fatti macroscopici che sono gravi e che rischiano di neutralizzare la potenzialità e il messaggio contenuti nella Carta di Milano.
C’è poco da dire che Expo e la Carta di Milano non sono la stessa cosa: non è vero, sono comunque interconnesse ! Un'esposizione internazionale è interconnessa con il protocollo che si vuole proporre a livello mondiale, per cui non si può far finta, che si neghi, ad esempio, che ci sono delle contraddizioni, delle incongruenze. Non capiamo perché il Ministro abbia omesso totalmente nei suoi interventi le incongruenze di questa Expo 2015. Ha negato l'evidenza che, invece, è sotto gli occhi di tutti, l'evidenza che è spesso oggetto di protesta da parte dei vari comitati che sono sorti contro Expo.
Esiste persino un movimento «No Expo»: ci sarà un motivo se esiste un movimento «No Expo» ! Il Ministro ha perfino negato la cementificazione massiccia avvenuta sui terreni prevalentemente agricoli per costruire la struttura di Expo. Come fate, nella Carta di Milano, a parlare di difesa del suolo, di suolo a «consumo zero» e allo stesso tempo continuare a cementificare ? Voglio ricordare le opere connesse con Expo: la TEM, la BreBeMi, la pedemontana; anche lì, tutto suolo agricolo cementificato. Come si fa a non dire che erano disponibili altre strutture in cui poter organizzare questa esposizione e andare a testa alta, perché proponevamo al mondo una Carta di Milano che era coerente con quello che stavamo facendo qui (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Parliamo anche della questione dei tavoli di lavoro sulla Carta di Milano: invito il Ministro a dirmi dove sia il tavolo di lavoro sul consumo di suolo. Io guardo l'elenco dei tavoli di lavoro e non lo leggo. Anche durante l'audizione in merito, il professor Veca, che era Ambassador di «Expo Milano 2015», il curatore di «Laboratorio Expo», annuiva alla nostra puntualizzazione sulla mancanza del tavolo di lavoro sul consumo di suolo.
Quindi, come si fa a non vedere questa contraddizione enorme per cui l'Expo 2015 rischia di trasformarsi nella paradossale vetrina delle multinazionali che sono tra i primi colpevoli della crescita della fame nel mondo ? Quale credibilità Pag. 98avrete nell'affrontare i temi della redistribuzione della ricchezza, della sovranità alimentare, dell'autodeterminazione dei territori, del diritto al cibo sano, dell'accesso all'acqua come bene comune, quell'acqua dove l'Italia, porca miseria, ha fatto un referendum che ancora non è rispettato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? E noi potremmo essere un esempio nel mondo per questo ! Invece si continua a fare finta di niente, si tagliano gli allacciamenti all'acqua.
Come si fa a proporre questi temi e mettere in testa il cappello della Coca Cola, di McDonald's, della Nestlé ? La Nestlé, porca miseria ! Bottigliette di acqua della Nestlé distribuite in tutto il mondo con il logo di Expo, ma che coerenza è (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Non c’è nulla da spiegare, non ve lo dovrei nemmeno spiegare io, lo capisce anche un bambino delle elementari, non ve lo dovrei spiegare io. Per promuovere la sicurezza alimentare ed impedire lo spreco di cibo questo Parlamento deve dare un segnale chiarissimo che sia antitetico, antitetico, contrario al modello seguito sinora dalle multinazionali e un modello che invece privilegi l'agricoltura tradizionale e biologica, le colture OGM free, limiti l'uso dei fitofarmaci, di fitofarmaci non ne parla nessuno, è un problema, è un problema, bisogna affrontarlo questo problema, non si può continuare ad andare avanti a suon di raccomandazioni, a valutare la possibilità di. Che possibilità di ? Quanto tempo abbiamo, quanto «cazzo» vogliamo aspettare ? Scusatemi la parolaccia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Chiedo scusa per la parolaccia.

PRESIDENTE. Bah, accettiamo le scuse, si contenga.

SILVIA BENEDETTI. È un tema che mi tocca, per cui mi sono lasciata andare, chiedo scusa a voi e ai cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Grazie.

SILVIA BENEDETTI. Però, nel merito nessuno mi può dar torto.

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, se riusciamo a prendere posto.

SILVIA BENEDETTI. Se Expo diventa la fiera delle meraviglie, nega il valore che vogliamo dare a questa Carta di Milano, lo smentisce nei fatti clamorosamente. La fiera invece doveva essere costruita come esposizione che traduce nei fatti ciò che voi dite a parole. Deve, quindi, offrire spazio soprattutto a quelle realtà che operano nei settori che ho appena menzionato. Avere come principali protagonisti coloro che ogni giorno con le loro azioni difendono il pianeta, producono cibi sani, lottano contro gli sprechi e contro il potere delle multinazionali, contro il land grabbing, che non è solo una questione di Paesi in via di sviluppo, attenzione, perché succede anche qui, nell'Europa. Quindi, dobbiamo dare merito alle piccole aziende agricole, ai contadini che lavorano la terra. Quindi, belli gli impegni della vostra mozione, bellissimi e condivisibilissimi nel merito. Ma viste le premesse, con una maggioranza perennemente in melina per decidere sul consumo di suolo zero, per applicare il PAN, il Piano d'azione nazionale per la riduzione dell'impatto dell'utilizzo dei pesticidi sulla salute umana e sull'ambiente, sempre in melina per assumere una posizione decisa sull'alimentazione sostenibile, sempre in melina per fermare la speculazione degli impianti a biogas e biomasse e per smarcarsi dal modello che assoggetta il cibo al libero mercato come sta succedendo con il TTIP, perennemente in melina. Come fa questa maggioranza a farsi promotrice di un confronto mondiale su questi argomenti, come fa ad essere credibile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Perciò, rispetto agli impegni che proponete, belli – ripeto – gli impegni, bellissimi, penso che non ci sarebbe nessuno al mondo che vi direbbe che non sono condivisibili. Però, ci asteniamo; ve li voteremo favorevolmente ex post, quando dimostrerete di attuarli davvero. Quando Pag. 99davvero darete la possibilità all'Italia di essere un esempio positivo e innovativo per tutto il mondo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Busto. Ne ha facoltà.

MIRKO BUSTO. Signor Presidente, io intervengo soltanto in merito a due punti che ho chiesto di inserire nella Carta di Milano, perché a monte di alcuni interessantissimi aspetti che sono trattati in questa Carta, ambiziosi, molto ambiziosi riguardo al creare un modello di alimentazione sostenibile ed equo ed un uso efficiente delle risorse del pianeta. Si parla di temi grandi, di temi enormi come il land grabbing, quindi a monte di questo c’è una grossa mancanza, perché, vedete, si parla di riduzione degli sprechi, giustamente questa è una cosa fondamentale, gli sprechi vanno ridotti ed è una buona cosa che sia stato inserito questo tema. Però manca un'altra parte, allora io devo fare una piccola introduzione su questo tema. Il settore dell'allevamento è uno dei settori più emissivi o comunque tra quelli più importanti per quanto riguarda, per esempio, le emissioni di gas serra.
La FAO, nel 2009, ha quantificato le emissioni di gas serra totali del settore dell'allevamento pari al 14,5 per cento. C’è da considerare che questo conteggio è stato ottenuto con un calcolo che appunto tiene conto non soltanto dell'allevamento stesso, ma anche della produzione di mangimi.
Ora, la nostra richiesta, quella che abbiamo inserito in questa mozione, è infatti quella di introdurre all'interno della Carta di Milano il concetto di portare avanti politiche di riduzione dei consumi. Perché parliamo di riduzione dei consumi ? Perché ogni italiano nel 1960 consumava mediamente 38 chilogrammi all'anno di carne; oggi siamo a circa 87, quindi abbiamo quasi, un po’ meno, triplicato. Questo stesso trend sta avvenendo in tanti altri Paesi, anche in Paesi emergenti, come la Cina, come il Brasile, con trend di crescita analoghi, ma ovviamente in tempi più rapidi, perché lo vediamo negli ultimi dieci, quindici o vent'anni.
Questo sta portando una pressione enorme, sia dal punto di vista dell'emissione di gas serra, sia dal punto di vista della pressione sulle risorse, perché dobbiamo ricordarci che la produzione di alimenti di origine animale è una produzione inefficiente dal punto di vista dell'uso delle proteine. Mediamente, per esempio facendo il caso più lampante, cioè quello del manzo, per un chilogrammo di manzo sono necessari ventidue chilogrammi di proteine vegetali; quindi, in un mondo con risorse finite e limitate, è necessario pervenire ad un uso più efficiente, quindi una produzione alimentare come quella degli alimenti di origine animale risulta più inefficiente.
È importante cominciare a discutere di questo tema. Questo tema deve fare il pari con la riduzione degli sprechi, ma anche con la promozione di stili di vita con un consumo ridotto di questi alimenti, sia per un fattore ambientale, ma anche per un fattore salutistico, perché abbiamo visto che, nello stesso tempo in cui sono aumentati in maniera drammatica i consumi, sono aumentate anche di pari passo delle patologie, come le patologie cardiocircolatorie e le patologie tumorali. Non si può sempre fare una correlazione diretta, però la letteratura scientifica ci pone alcune correlazioni, per esempio con il consumo di carni rosse, lavorate e insaccati. Quindi, le correlazioni in realtà ci sono.
Quello che vorrei aggiungere, ancora, è che questa proposta non è stata presa in considerazione, o meglio c’è stata offerta una riformulazione che nel suo senso e nella sua elaborazione toglieva completamente questo principio, cioè il principio della necessità di messa in discussione degli stili alimentari anche nell'ottica di avvicinarci a quella che noi sbanderiamo come la nostra dieta mediterranea, che sbanderiamo in giro per il mondo come quella più utile per il mantenimento e il raggiungimento della salute. Ebbene, se noi consideriamo quant’è il consumo di alimenti di origine animale legato alla Pag. 100dieta mediterranea vediamo che assomiglia di più al consumo che avevamo negli anni Sessanta rispetto a quello che abbiamo oggi.
È difficile parlare qui dentro, posso dirlo ? Pazienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, sto dicendo una cosa che può sembrare strana perché stiamo parlando di cosa mangiamo e la politica tende a non occuparsi di quello che mangia la gente e dice: ci pensi il mercato. Il problema è che, quando si tratta delle scelte individuali, o noi riusciamo a dare delle linee-guida – e voi tenete presente che le linee-guida salutistiche internazionali sono tutte in favore di una riduzione dei consumi, tutte quante e tutte quelle americane ci dicono che dobbiamo ridurre della metà i consumi – e quindi, o noi facciamo questa cosa, oppure succede quello che è stato previsto dalla letteratura scientifica. Per esempio, un paper dell'anno scorso, pubblicato su Climate Science dice che, da sole, le emissioni di gas serra correlate all'alimentazione umana e la grande crescita dovuta al consumo di alimenti di origine animale, nel 2070, ci porteranno oltre i due gradi, senza l'energia.
Ciò vuole dire che, anche se noi trasformassimo completamente il nostro sistema energetico in un sistema a emissioni zero, questo non sarebbe lo stesso sufficiente, perché l'agricoltura e l'allevamento, da soli, ci porterebbero sopra i due gradi. Ora, vengo da un convegno, eravamo qui, nella Sala della Regina, vi era il direttore della FAO e si parlava anche di emissioni da agricoltura e allevamento. Da più parti ci arriva questo invito: dobbiamo parlare di politiche di riduzione.
Era in quest'ottica che abbiamo fatto questo invito e questo punto. Ora, penso che questo mio discorso, poco ascoltato, non possa cambiare la vostra decisione, ma, d'altra parte, vi invito a riflettere sui modelli alimentari che stiamo definendo come sostenibili e come da proporre a questo pianeta, perché, come diceva la collega Benedetti poco fa, il problema è globale.
Il modello alimentare che noi abbiamo adottato è quello che viene utilizzato come modello dai Paesi in via di sviluppo. Essi ambiscono al nostro modello di sviluppo e anche al nostro modello alimentare, ed è quello che sta avvenendo nei Paesi emergenti. Quindi, come nel caso dell'energia, dare un esempio in termini di efficienza energetica, sì, ma anche di riduzione dei consumi, ha un valore molto elevato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, il Partito Democratico voterà la mozione a prima firma Speranza con la consapevolezza della ragione e la forza della speranza. Abbiamo voluto portare qui, in Aula, temi e contenuti che riteniamo strategici, e non solo per l'Italia. È stato detto da Lester Brown che il cibo ha assunto la stessa importanza del petrolio. Chi ne controlla le dinamiche produttive, chi possiede la terra, chi ha accesso alle tecnologie, controlla un bene strategico in chiave geopolitica, al pari degli idrocarburi e delle risorse minerarie.
Il panorama mondiale è, a dir poco, allarmante. Circa un terzo del cibo prodotto nel mondo, secondo la FAO, non arriva nel piatto dei suoi abitanti. Il quadro aggiornato sul fenomeno della perdita di cibo che si riscontra durante la fase di produzione e quello che si perde nella fase di consumo è agghiacciante: lo spreco è pari a 1,3 miliardi di tonnellate di cibo all'anno, per un valore di 750 miliardi di dollari. Per contro, la fame nel mondo è ancora una piaga che interessa milioni di persone: oltre 800 milioni di uomini e donne, quasi una persona su otto, soffrono cronicamente la fame e non dispongono di cibo sufficiente per condurre una vita attiva.
La regione più colpita è l'Africa, dove una persona su quattro è sottoalimentata. Un miliardo e mezzo di persone soffrono di anemia. Sono 165 i milioni di ragazzi Pag. 101che soffrono di malnutrizione. Il paradosso è sotto gli occhi di tutti, perché, intanto, in Italia, come negli altri Paesi avanzati, si mangia, invece, come nessuna generazione ha mai potuto fare prima.
In questi Paesi, la produzione agricola è passata da 1,8 miliardi di tonnellate di cibo nel 1960 ai 4,4 miliardi di oggi, ovvero il 138 per cento in più. In Italia, ogni anno, prima che giunga nei nostri piatti, si perde una quantità di cibo tale da soddisfare i fabbisogni alimentari per l'intero anno di tre quarti della popolazione nazionale. Sul versante dell'obesità infantile, i dati parlano da soli: il 32,3 per cento dei bambini italiani è in sovrappeso o obeso.
È da qui, da questo inaccettabile paradosso, che deve farsi strada la forza della speranza, che non è passiva attesa di un domani migliore, ma azione concreta verso nuovi modelli di sviluppo.
Questo è lo spirito che deve animare l'Expo ! Ed infatti non sarà sfuggito a nessuno che per la prima volta un'Esposizione universale aggreghi oltre le 140 nazioni e più di settanta grandi associazioni, una straordinaria sfida che coinvolge interessi e aspettative per milioni di persone, tracciando un percorso di promozione di modelli alternativi e di gestione delle risorse alimentari e idriche.
È, dunque, indispensabile stimolare il dibattito sull'alimentazione e sul cibo, in particolare sulle azioni chiave che dovrebbero caratterizzare il nuovo millennio, che sono quelle finalizzate a ridurre lo spreco alimentare, a combattere la fame nel mondo, a salvaguardare la biodiversità, a promuovere l'accesso al cibo ed alla terra, a ispirare stili di vita più sani, a stimolare il risparmio idrico e pratiche di contrasto ai cambiamenti climatici, a tutelare l'ambiente, attraverso il presidio del suolo.
Signor Presidente, è in questi termini che qui parliamo di Carta di Milano, e non di diavolerie delle multinazionali, e su questi temi vogliamo impegnare il Governo. La mozione a prima firma Speranza, che è condivisa da tutte le forze politiche, ad eccezione del MoVimento 5 Stelle, pone all'attenzione dell'opinione pubblica i temi del lavoro, dello sviluppo, della crescita, andando ben al di là delle sterili e inutili polemiche, in un momento storico di grande rilevanza che pone il nostro Paese all'attenzione del mondo intero, rendendolo, con il voto di oggi, più forte ed autorevole, partendo da un presupposto fondamentale e cioè che la Carta di Milano non è un libro dei sogni, e non può essere l'utopia di un giorno che verrà; deve, invece, porsi come un programma tangibile, su cui tutti spendano il proprio impegno, le proprie competenze, le proprie responsabilità. Una Costituzione sul diritto alla buona alimentazione, alla salute pubblica, alla crescita sostenibile, questo deve essere la Carta, uno strumento di cittadinanza globale che dà al nostro Paese il protagonismo geopolitico che merita.
Istituzioni, politica e società sono chiamate a collaborare su obiettivi che non escludono la responsabilità di nessuno. Il grave fenomeno degli sprechi alimentari rende evidente la profonda distorsione derivante da un modello di sviluppo sbagliato fondato sull'eccessivo consumo di risorse non rigenerabili. Gli sprechi alimentari gravano sul clima, sulle risorse idriche, sul suolo e sulla biodiversità. Molte sono le diete sostenibili nel mondo. In Italia ne abbiamo una, quella mediterranea che dobbiamo promuovere con iniziative specifiche.
La sfida è soprattutto culturale, per questo dobbiamo coinvolgere le scuole con campagne di educazione alimentare e iniziative informative sulla conservazione dei prodotti. Per questo dobbiamo chiedere alle imprese di incentivare modalità di confezionamento differenziato. Per questo dobbiamo cercare di istituzionalizzare il recupero di alimenti da destinare agli indigenti. È un lavoro da svolgere, innanzitutto, nel nostro Paese, ma che non può prescindere da una armonizzazione fra gli Stati. Una dimensione comune, che, porti anche ad un più stringente divieto di operare speculazioni su derrate alimentari di primaria necessità.
L'Expo rappresenta una straordinaria occasione per lavorare su questi temi. Ci si muove, dunque, nella direzione di una casa comune, con percorsi e obiettivi condivisi; Pag. 102come ha indicato Papa Francesco, in questo «cambio d'epoca» vanno avviati processi partecipativi. Bisogna esaltare il ruolo della società civile e del lavoro, perché esiste una naturale continuità di interessi tra chi la terra la lavora e chi ne recepisce i frutti. Un accordo nel segno della qualità del cibo, della salute, della salvaguardia paesaggistica. Obiettivi di tale rilevanza da non poter essere appannaggio esclusivo delle istituzioni.
In questo senso, bisogna rafforzare quelle forme di cooperazione capaci di contemperare processi innovativi con modelli di aggregazione sociale e di economie di scala.
Deve, soprattutto, essere assicurata una più equa distribuzione dei redditi e delle opportunità, cominciando dal mettere al centro i bisogni delle realtà sociali e geografiche più deboli. È importante, è un'impostazione glocal, la chiave di volta di un nuovo modello di sviluppo che deve muovere verso la valorizzazione della qualità e dare pieno sviluppo alle interazioni tra l'agricoltura e il territorio e tra l'agricoltura e il contesto economico-sociale locale. E ciò è quanto di più lontano dal localismo, è una politica nazionale composta da un mosaico ben organico di modelli di sviluppo rurale differenti di luogo in luogo. Coesione e cooperazione sociale sono i binari su cui far rinascere questo nuovo patto in Europa, come in Italia.
Siamo convinti che il Governo Renzi abbia i numeri e le competenze per guidare la buona battaglia della promozione dal basso di modelli alternativi e solidali di gestione delle risorse alimentari e idriche.
Signor Presidente, sto per concludere. Colleghi, la piramide va invertita secondo un modello bottom up, che metta al centro la persona e la sua capacità associativa, le competenze della società civile e il suo enorme inespresso potenziale nell'elaborazione di una strategia di sviluppo innovativa, multisettoriale, integrata e solidale, un compito complesso, difficile, ma che riteniamo essere improcrastinabile e alla portata di un Governo e di un Paese che hanno nel proprio codice genetico queste priorità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Dopo questa ovazione, ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, che ha chiesto la parola per una precisazione.

ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Grazie Presidente, soltanto davvero una piccolissima precisazione, in merito alla mozione a prima firma dell'onorevole Benedetti. Al capoverso tredicesimo delle premesse, chiediamo l'espunzione delle seguenti parole. Ripeto, mi riferisco all'avvio del punto tredicesimo: «l'uso sempre più frequente di fito-sanitari in agricoltura». Noi chiediamo l'espunzione delle parole «sempre più frequente». Infatti, da parte del nostro Esecutivo non vi è riscontro di un maggiore utilizzo di fitofarmaci in Italia, anzi si assiste alla tendenza contraria. Quindi, mentre il problema esiste certamente, non è che in particolare rilevi questo aspetto di maggiore gravità nel nostro Paese in questi anni.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Vi prego di prendere posto. Come da prassi le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Speranza, Dellai, Gelmini, De Girolamo, Scotto, Guidesi, Catania, Rostellato, Schullian, Pastorelli ed altri n. 1-00769 (Ulteriore nuova formulazione), con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Ci sono colleghi che non riescono a votare ?
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 103
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 387
Votanti 332
Astenuti 55
Maggioranza 167
Hanno votato
331
Hanno votato
no 1).

Passiamo alla votazione della mozione Benedetti ed altri n. 1-00778.
Avverto che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo relative ai capoversi terzo, sesto e tredicesimo della premessa, nonché ai capoversi primo, lettere a) e b), secondo, terzo e quinto del dispositivo, mentre non hanno accettato la riformulazione proposta dal Governo relativa all'undicesimo capoverso della premessa e, pertanto, su tale capoverso il parere deve intendersi contrario.
Avverto, altresì, che è stata chiesta la votazione per parti separate nel senso di votare: dapprima i capoversi della premessa su cui il Governo ha espresso parere favorevole; a seguire i capoversi della premessa su cui il Governo ha espresso parere contrario; quindi i capoversi del dispositivo su cui il Governo ha espresso parere favorevole; infine, ciascuno dei capoversi del dispositivo su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Benedetti ed altri n. 1-00778, limitatamente alla premessa, ad eccezione dei capoversi ottavo, undicesimo, quattordicesimo, quindicesimo e diciottesimo, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Abbiamo votato tutti ? Togliete quelle palline da lì dentro, votiamo con le dita, per favore, sennò veramente facciamo notte. Forza ! Onorevole Gasparini, provi a votare con le dita, grazie. Di Lello, Sorial...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 390
Votanti 137
Astenuti 253
Maggioranza 69
Hanno votato
132
Hanno votato
no 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Benedetti ed altri n. 1-00778, limitatamente ai capoversi ottavo, undicesimo, quattordicesimo, quindicesimo e diciottesimo della premessa, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Greco.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 388
Votanti 371
Astenuti 17
Maggioranza 186
Hanno votato
73
Hanno votato
no 298).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Benedetti ed altri n. 1-00778, limitatamente al dispositivo, ad eccezione dei capoversi primo, lettere d) ed e), e quarto, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 389
Votanti 127
Astenuti 262
Maggioranza 64
Hanno votato
115
Hanno votato
no 12).

Pag. 104

(La deputata Nardi ha segnalato che non è riuscita a votare e che avrebbe voluto astenersi dal voto).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Benedetti ed altri n. 1-00778, limitatamente al primo capoverso, lettera d), del dispositivo, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Bianchi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 387
Votanti 366
Astenuti 21
Maggioranza 184
Hanno votato
75
Hanno votato
no 291).

(La deputata Terzoni ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Benedetti ed altri n. 1-00778, limitatamente al primo capoverso, lettera e), del dispositivo, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Terzoni, Pilozzi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 386
Votanti 376
Astenuti 10
Maggioranza 189
Hanno votato
83
Hanno votato
no 293).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Benedetti ed altri n. 1-00778, limitatamente al quarto capoverso del dispositivo, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Sorial.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 386
Votanti 370
Astenuti 16
Maggioranza 186
Hanno votato
75
Hanno votato
no 295).

Sull'ordine dei lavori (ore 18).

MAURIZIO BERNARDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Grazie, Presidente. Intervengo per porle una richiesta rispetto alla mozione che dovremmo affrontare in materia di enti locali e di trasferimento di risorse in materia socio-assistenziale. Infatti, gli argomenti sono particolarmente delicati, riguardano un tema importante, dal momento in cui si entra nel merito delle risorse e delle esigenze che hanno i nostri concittadini.
Pertanto, la richiesta che faccio alla Presidenza è di poter chiedere un approfondimento adeguato e una discussione adeguata rinviando questo punto alla settimana prossima.

PRESIDENTE. Su questa proposta di rinvio ad altra seduta del seguito dell'esame delle mozioni concernenti i trasferimenti di fondi agli enti locali, io do la Pag. 105parola ad un oratore a favore e ad un oratore contro. Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Castelli. Colleghi, per favore, al termine di questi interventi ci sarà un voto procedurale, credibilmente. Vi invito, quindi, a rimanere in Aula e a stare in silenzio per far parlare chi sta intervenendo. Prego, onorevole Castelli, ha facoltà di intervenire.

LAURA CASTELLI. Presidente, questa richiesta ci lascia stupiti e a bocca aperta, anche se abbiamo imparato in questi due anni a non stupirci per niente della vostra (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Colleghi, per favore ! Onorevole Castelli, mi perdoni. Colleghi, non c’è interlocuzione tra un collega che parla e altri che urlano. Il collega che parla finisce e poi c’è un altro collega che ha un parere diametralmente opposto e che prenderà la parola. Per entrambi, chiedo che diate rispetto.

LAURA CASTELLI. Dicevo, Presidente, che questa richiesta ci lascia veramente stupiti e a bocca aperta, anche se in questi due anni ci avete insegnato che voi le cose normali non le fate e stupite il popolo italiano giorno per giorno. Siamo assolutamente contrari...

PRESIDENTE. Onorevole Castelli, le ricordo che lei si rivolge alla Presidenza...

LAURA CASTELLI. Siamo assolutamente contrari a rimandare...

PRESIDENTE. Onorevole Castelli, le ricordo che si sta rivolgendo alla Presidenza. Quindi, quando lei dice voi, lei parla con la Presidenza.

LAURA CASTELLI. Presidente, io mi rivolgo a lei perché lei dovrebbe tutelare quello che è il calendario; dovrebbe tutelare la scelta di mettere in questa settimana questa discussione.

PRESIDENTE. Onorevole Castelli, io tutelo la sovranità dell'Aula. Le sto dando la parola e, quindi, lei faccia il suo intervento. Prego.

LAURA CASTELLI. Se non mi interrompe, io proseguo nell'intervento.

PRESIDENTE. Sì, io la interrompo quando ritengo che sia necessario. Prego.

LAURA CASTELLI. Se potesse aspettare la conclusione, grazie. Siamo assolutamente contrari perché in questo momento, come sapete tutti e come sa questo partito chiamato NCD e come sa il Partito Democratico, in Italia tutti i sindaci italiani aspettano questa mozione (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Allora, avete paura...

PRESIDENTE. Colleghi, per favore !

LAURA CASTELLI. ... rispetto alle prossime elezioni di dire ai vostri sindaci che non siete in grado di tutelarli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e che non siete in grado di tornare indietro rispetto a dei tagli che mettono in ginocchio anche i vostri sindaci e i cittadini italiani. Tagli ai servizi essenziali, comuni che non sanno da dove prendere i soldi. Siete responsabili di questo andamento se non discutete questa mozione. Vi dirò di più e le dirò di più, Presidente: gli impegni della mozione in oggetto, oggi erano presenti nella nostra risoluzione. Quindi, noi già oggi possiamo dire al popolo italiano e ai sindaci, soprattutto a quelli che portano il vostro simbolo, che questo Governo non vuole assolutamente provare a ragionare sul ripristino dei tagli dei fondi agli enti locali. E, guardate, il problema non è il colore politico, perché fuori, in alcuni comuni, certo nei buoni comuni, non esiste più il colore politico, non esiste più da tempo, ed è questo il momento di fare questa mozione. Qualcuno ha detto che questa mozione non risolve politicamente i problemi dei sindaci. Ebbene, voi li avete creati questi problemi e noi li dovremo risolvere, Pag. 106perché noi siamo in grado di governare questo Paese, non voi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore della proposta dell'onorevole Bernardo, l'onorevole Marchi. Prego, ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Presidente, condivido la proposta dell'onorevole Bernardo perché credo da una parte che quando affronteremo questo tema ci sarà bisogno del massimo di attenzione, che oggi è stata messa sul DEF, che ha affrontato questo tema. Nella risoluzione di maggioranza c’è una parte ampia dedicata a questa questione, che è stata una di quelle maggiormente evidenziate nel corso delle audizioni. Non abbiamo certamente paura di affrontare il tema anche relativamente al 2015. Abbiamo una mozione di maggioranza presentata in questo senso. Però, io credo anche che ci sia un altro aspetto da valutare. Quello che si attendono davvero i sindaci è l'esito del confronto in atto, che certamente è stato sollecitato da varie parti. Noi abbiamo fatto il question time con il Ministro Padoan il 4 marzo su questo tema. Quindi, non è che siamo venuti dopo altri. Quello che si aspettano è l'evoluzione del confronto in atto tra Governo, ANCI, UPI e regioni, che ogni giorno sta compiendo dei passi avanti. Anche oggi ce n’è stato uno per quanto riguarda le città metropolitane.
Quindi credo che noi abbiamo bisogno di avere anche nella prossima settimana, anche in base all'evoluzione di questo confronto, un confronto in Aula sulle mozioni che possa essere fatto nel momento migliore in cui avremo anche certamente un esito più avanzato della trattativa tra comuni, ANCI, province, regioni e Governo. Quindi per questo motivo credo che, visto che la questione è stata trattata nelle sue linee generali con la risoluzione al DEF, si possa andare alla prossima settimana.

PRESIDENTE. Onorevole Crippa, lei chiede di parlare per un richiamo al Regolamento ? Prego, ne ha facoltà.

DAVIDE CRIPPA. Grazie Presidente, sì vorrei fare un richiamo al regolamento, all'articolo 24, comma 3. Io ricordo a tutti, in primis – come dite voi – a me stesso, che quando vengono stabilite delle quote in capo alla minoranza, credo che si tratti di un diritto contenuto e sancito dal Regolamento. E se questa mozione era in capo alla minoranza, aver forzato la mano, e le spiegazioni del collega che mi ha preceduto sicuramente non sono convincenti, nel merito della questione e ancor di più nel metodo, perché nel momento in cui un'opposizione ritiene questo un argomento fondamentale da discutere ed è calendarizzato in determinati periodi di tempo, che sono quelli che il Regolamento permette ai gruppi di minoranza di poter avere in discussione, qui oggi siamo di fronte al fatto compiuto che queste scelte vengono bypassate a colpi di maggioranza anche quando delle quote teoricamente dovrebbero spettare di diritto alla minoranza. Questo comportamento sicuramente non permetterà di proseguire su nessuna richiesta in modo sereno perché non avete la serietà di mantenere gli impegni presi, e verbalizzati, all'interno della Conferenza dei presidenti di gruppo. Questa mozione doveva essere votata oggi e ricordo a tutti che abbiamo iniziato le votazioni in Aula mercoledì, questa settimana e giovedì alle diciotto diciamo di no ad una operazione che eventualmente ci porterebbe fino alle venti. Per due ore oggi voi state creando un problema in fatto di rapporti tra minoranza e maggioranza ai sensi dell'articolo 24, comma 3 del Regolamento, non rispettate gli accordi presi in Conferenza dei presidenti di gruppo. E al collega Rosato dico che credo debba in qualche modo riflettere sul fatto che la sua parola non valga mai nulla. Grazie

PRESIDENTE. Onorevole Crippa, rispetto la posizione politica, ma dal punto di vista regolamentare, la procedura è ineccepibile perché il calendario prevede che si fissino i giorni di inizio del punto Pag. 107ma l'Aula ha sempre la disponibilità di poter rinviare qualsiasi punto e le garantisco, essendo stato io all'opposizione, che è tutt'altro che scritto nel calendario che si debba votare qualunque provvedimento anche in quota alle opposizioni. Questa è cosa che attiene ai rapporti tra maggioranza e opposizione e ai rapporti intercorsi, io non metto bocca, ma questa è una procedura assolutamente regolare e il plenum dell'Aula ha facoltà di disporre sempre dell'ordine del giorno.
A questo punto, avendo fatto un intervento a favore e un intervento contro, io pongo in votazione la richiesta avanzata dall'onorevole Bernardo, su cui appunto si sono espressi già i due oratori, di rinvio ad altra seduta del punto all'ordine del giorno.
Onorevole Palese, chiede di intervenire ? No ?
Allora passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta formulata dal deputato Bernardo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione)

Avverto che la votazione avrà luogo a scrutinio palese, per l'appunto. Onorevole, il suo nome è apparso sul tabellone. Ricordo che è una votazione senza registrazione dei nomi. Ci sono colleghi che non riescono a votare ? Giuliani.
Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva con 134 voti di differenza.
Onorevole Palese, non intende più intervenire, immagino.

ROCCO PALESE. No, grazie, Presidente. Volevo intervenire sull'argomento precedente perché c'era la possibilità di fare una cosa molto più civile, non è stato possibile, pazienza.

PRESIDENTE. La richiesta era abbastanza diretta ed esplicita, si erano già pronunciati i due oratori.

Comunicazioni del Presidente ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1 del Regolamento.

PRESIDENTE. Comunico, ai sensi del comma 1 dell'articolo 123-bis del Regolamento, la decisione in merito ai seguenti disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica:
«Delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile» (2953);
«Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» (2994).

Alla luce dei pareri espressi in data odierna dalla V Commissione (Bilancio) ed esaminati i predetti disegni di legge, la Presidenza comunica che gli stessi non recano disposizioni estranee al loro oggetto, come definito dall'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento.

Annunzio di una informativa urgente del Governo.

PRESIDENTE. Avverto che domani, alle ore 10 avrà luogo un'informativa urgente... colleghi, per favore, visto che molti gruppi l'hanno richiesta... del Governo sulle recenti notizie relative all'uccisione dell'operatore umanitario Giovanni Lo Porto, avvenuta ai confini tra Pakistan e Afghanistan.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo.

ERASMO PALAZZOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO. Io non conoscevo personalmente Giovanni Lo Porto, aveva poco più dei miei anni, e veniamo Pag. 108dalla stessa città, avevamo qualche amico in comune, e magari ci saremo incontrati in una delle tante manifestazioni per la pace che hanno attraversato la città di Palermo all'inizio della guerra in Afghanistan.
Condividevamo lo stesso amore per la pace e per l'umanità. Giovanni è vittima del terrorismo ed è anche vittima di una guerra ingiusta, di un mondo che volevamo cambiare. Giovanni faceva parte di quell'esercito silenzioso che combatte con le armi della solidarietà e che voleva cambiare il mondo con quelle armi. Io non so che cosa avrà pensato Giovanni sentendo il rumore degli aerei, forse che qualcuno andava a liberarlo. Giovanni è stato ucciso da fuoco amico, nel silenzio delle istituzioni; è stato uno dei rapiti, delle vittime del terrorismo che è stato circondato dal silenzio più grande e più assordante delle istituzioni. Ed io oggi, da questi scranni voglio manifestare la vicinanza alla famiglia di Giovanni, ai suoi amici, che con grande dignità e sobrietà hanno sofferto in questi anni; è a loro che va tutta la nostra solidarietà, la vicinanza e le condoglianze.
Oggi, con Giovanni, muore una parte di noi, muore una parte del Paese, quella migliore. Ciao Giovanni.

GIANNI MELILLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNI MELILLA. Grazie Presidente. Vorrei inviare gli auguri più sinceri alla «ragazza del secolo scorso» Rossana Rossanda, che oggi compie 91 anni. Penso a lei, a Parigi, al suo inconfondibile neo, su una sedia purtroppo con le ruote, e la ricordo con la gratitudine e la tenerezza con cui si amano le persone che ti hanno dato tanto e ora ti appaiono fragili per i tanti anni che sono passati. Divenne comunista nel 1943, a Milano, e subito fu partigiana nella capitale morale dell'Italia antifascista e della insurrezione, di cui tra pochi giorni festeggeremo il settantesimo anniversario. Partigiana mentre studiava con il suo professore di estetica, il filosofo Antonio Banfi. Togliatti la nominò responsabile culturale del Partito Comunista, perché per lei la cultura e la politica erano la stessa cosa, la stessa scelta di vita. E oggi, a 91 anni, lei è ancora comunista. Naturalmente il comunismo non autoritario e sovietico, ma il comunismo della libertà e dell'uguaglianza di Marx e Gramsci, che ancora oggi hanno molto da dire ai moderni proletari del nostro tempo.

SILVIA CHIMIENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVIA CHIMIENTI. Intervengo per sollecitare la risposta alla mia interrogazione n. 5-04593 depositata in data 27 gennaio 2015. Come sapete in Commissione cultura è in corso l'esame del disegno di legge sulla scuola che prevede, tra le altre cose, un piano assunzionale straordinario per l'anno 2015-2016. Questo piano di assunzioni, oltre ad essere caotico ed iniquo, poiché esclude moltissimi docenti che avrebbero diritto all'immissione in ruolo, costituisce motivo di grande angoscia anche per i docenti già immessi in ruolo in una provincia lontana da quella di residenza i quali temono una saturazione dei posti disponibili e una conseguente impossibilità di esercitare il proprio legittimo diritto alla mobilità, restando confinati lontano da casa anche per molti anni.
Dal momento che abbiamo appreso da indiscrezioni giornalistiche che il Governo sta ipotizzando un piano straordinario di mobilità preventivo al piano assunzionale chiediamo che il Ministro Giannini palesi le sue intenzioni e dia urgentemente risposta alla nostra interrogazione perché si tratta di un problema enorme e spinoso che noi stiamo da tempo, da molti mesi ponendo all'attenzione del Governo. Non vorremmo che, come sempre, si agisse in tutta fretta e senza un'attenta pianificazione delle operazioni di un'eventuale mobilità, considerato anche che i tempi per l'immissione in ruolo sono ormai strettissimi a causa dell'ostinazione del Governo che non ha voluto separare le assunzioni dal disegno di legge sulla scuola.

Pag. 109

MONICA GREGORI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONICA GREGORI. Signor Presidente, intervengo questa sera perché finalmente dopo due anni si conclude una storia che ha visto il nostro Paese nei giornali internazionali, ha visto il nostro Paese riaprire le tensioni con il popolo etiope. Oggi finalmente la Giunta regionale del Lazio, insieme al lavoro che è stato fatto con il Parlamento ed il Governo, dopo ben due anni ha ritirato quello che era il finanziamento concesso dalla ex giunta Renata Polverini per la realizzazione del mausoleo a Rodolfo Graziani. Penso che questa sia stata una giornata importante perché non si è permesso da una parte di distorcere la storia e non si è permesso dall'altra parte ad una pubblica amministrazione di commettere un abuso su soldi pubblici.
Più volte avevamo ripetuto che quella poteva essere una situazione di carattere privato, avvenire in situazioni private ma non certo con dei fondi pubblici. Per noi oggi questo è un risultato importante, soprattutto alla vigilia del 25 aprile e qui voglio ringraziare tutti i colleghi parlamentari della regione Lazio e non solo che insieme a me presentarono due anni fa un'interpellanza urgente su questo fatto. Ringrazio tutti i sindaci della Valle dell'Aniene in provincia di Roma che si sono adoperati, che hanno manifestato contro quello scempio. Ringrazio i cittadini, ragazzi e ragazze, che hanno creduto in questa battaglia e che oggi sono arrivati con noi alla vittoria di questa battaglia. Sicuramente il 25 aprile nella Valle dell'Aniene avrà un significato ancora più profondo dopo questa vittoria e questa vittoria oggi la voglio dedicare ad un compagno con il quale iniziai la battaglia e che oggi purtroppo non c’è più. La voglio dedicare a Franco Perozzi e dirgli: ce l'abbiamo fatta, ora e sempre, Resistenza.

LAURA CASTELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAURA CASTELLI. Signor Presidente, vogliamo raccontare a questa Assemblea quello che ci è successo in questi giorni. Un gruppo parlamentare che rappresenta 9 milioni di voti chiede all'associazione ANCI l'elenco delle e-mail di tutti i sindaci italiani per poter comunicare a tutti i sindaci italiani di una propria iniziativa. L'ANCI si rifiuta di comunicare al gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle l'elenco delle e-mail ufficiali dei sindaci d'Italia. Noi ci chiediamo com’è possibile che un'associazione che ha come obiettivo quello di mettere in contatto i sindaci dei comuni italiani con le istituzioni si rifiuti di darci questo elenco. Ci chiediamo anche che cosa ne fa dei soldi che i nostri sindaci italiani gli danno, visto che sono tanti e, di questi tempi, anche faticosi, e soprattutto ci chiediamo se Fassino è il presidente dell'ANCI o è solo il sindaco del PD. Noi a quest'Aula vogliamo comunicare che ci stiamo stupiti di questo rigetto rispetto alla nostra richiesta e che andremo avanti perché troviamo veramente assurdo che una forza politica non possa ottenere dall'ANCI, un'associazione ormai riconosciuta, l'unica che parla, pare, con il Governo di alcuni temi, si rifiuti di darci dei contatti, e-mail, nel 2015 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ovviamente la sua dichiarazione resta agli atti, ma su questo la Presidenza non ha alcuna facoltà di intervento, come è ovvio.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Grazie, Presidente, è di queste ore la notizia secondo la quale il DAP starebbe per trasferire in Sardegna circa cento capimafia – articolo 41-bis, che disciplina questa detenzione – nelle carceri sarde; cento potrebbero essere trasferiti già nei prossimi giorni. Si tratta di un fatto di una gravità inaudita, perché il DAP e il Ministero della giustizia pianificano di trasferirne più di duecento, cioè un terzo dei 41-bis italiani. Mi pare una notizia assolutamente gravissima per quanto sta avvenendo, una follia sul piano Pag. 110tecnico. Tutti i tecnici internazionali dicono che concentrare i capimafia in un'unica località è demenziale, è una follia pura. La mia richiesta, l'esortazione è che si blocchi questo gesto così grave da parte del Ministero della giustizia, ma soprattutto si venga in Aula a rispondere alle decine di interrogazioni rimaste senza risposta su una scelta che fa della Sardegna una cayenna di Stato che, per quanto mi riguarda, non è assolutamente accettabile e che sarà contrastata in tutti i modi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vacca, no c'era prima l'onorevole Di Benedetto. Ne ha facoltà.

CHIARA DI BENEDETTO. Grazie Presidente, per avere rispettato i turni. Presidente, per sollecitare la risposta ad una mia interrogazione, la n. 5-04685 che ho presentato diversi mesi fa e per cui avevo già fatto un sollecito. Sollecito ora in virtù del fatto che appena dieci giorni fa la Corte di Cassazione ha convalidato la custodia cautelare in carcere nei confronti di Buzzi e degli altri principali soggetti coinvolti nell'inchiesta «Mafia Capitale», quindi conferma l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso che non può essere derubricata ad associazione a delinquere semplice.
Siccome la mia interrogazione al Ministero si basava su delle dichiarazioni che erano state fatte dal procuratore generale della Corte dei conti, Nottola, all'interno di una scuola di Roma, un liceo di Roma, mi sembra opportuno, in vista di questi aggiornamenti, richiedere una risposta, anche veloce, sperando che questa volta questo sollecito serva a qualcosa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.

GIANLUCA VACCA. Grazie Presidente, abbiamo appreso oggi da organi di stampa che in Abruzzo il presidente della regione avrebbe, anzi ha, perché lo ha confermato, querelato, o meglio, ha chiesto un risarcimento danni ad un nostro consigliere regionale di 200 mila euro per una critica politica che gli è stata mossa, un intervento politico del nostro consigliere.
È l'ennesimo attacco alla democrazia che viene compiuto da esponenti politici locali della nostra regione, l'Abruzzo, dopo quello che si è svolto anche da parte di Teodoro nei confronti della nostra consigliera comunale Enrica Sabatini; ed è un attacco indecente che noi respingiamo al mittente, in considerazione del fatto che non si può attaccare la democrazia chiedendo dei soldi o arrivando a chiedere un risarcimento danni in questa maniera.
Se qualcuno pensa che gli esponenti del Movimento 5 Stelle si facciano intimidire da queste azioni vergognose si sbaglia di grosso: la più totale solidarietà ai nostri consiglieri regionali e alla nostra consigliera comunale che sono vittime di queste aggressioni e a tutti gli eletti del Movimento 5 Stelle che, per difendere gli interessi dei cittadini, subiscono queste angherie da parte di una classe politica e da parte di partiti che ormai non sanno più a quale santo appellarsi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE D'AMBROSIO. Grazie Presidente, quando mi ha chiesto l'argomento di questo intervento le ho riferito del reddito di cittadinanza. Noi continuiamo a ritenere questo argomento fondamentale: era al primo punto del nostro programma, il prossimo mese speriamo di calendarizzarlo al Senato, perché siamo stanchi di ricevere notizie come quella ricevuta in data odierna dal sottoscritto.
Ieri a Lucera, in provincia di Foggia, un uomo si è impiccato. Si è impiccato su un albero di ulivo all'interno della città. Nemmeno ha avuto la possibilità di allontanarsi, perché, avendo perso il posto di lavoro ed essendo terminata la cassa integrazione, non aveva nemmeno la possibilità di spostarsi lontano.
La persona in questione è un papà di famiglia con due figli; lascia due figli e una moglie. Noi riteniamo che questo non sia da Paese civile; un Paese civile dove si Pag. 111piangono i morti di un barcone ma dove bisogna piangere anche questi morti che ogni giorno – ogni giorno ! – perdono la propria dignità a causa della perdita del posto di lavoro e non hanno alcuna tutela da parte dello Stato. Presidente, concludo questo intervento dicendo che, in realtà, questo fatto, che è già triste, diventa ancora più triste nel momento in cui mi viene raccontato, quale portavoce, da un ragazzo – un ragazzo di nome Marco, sempre di Lucera, giovanissimo – che dice: «ero indeciso se andare via o no dall'Italia. Dopo aver visto questo, vado via dall'Italia» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

NICOLA BIANCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICOLA BIANCHI. Grazie, signor Presidente. Apprendiamo da organi di stampa che il PM ha chiesto il rinvio a giudizio per il sottosegretario Barracciu. Il sottosegretario alla cultura dovrà presentarsi davanti al GUP il 24 giugno. Per noi è davvero una cosa indecente, indecorosa, che, per l'ennesima volta, un sottosegretario risulti indagato, in questo caso addirittura rinviato a giudizio. Renzi, il rottamatore che dovrebbe rottamare, non rottama però gli indagati e i condannati che fanno parte di questo Governo. Quindi, veramente chiediamo con forza le dimissioni del sottosegretario Barracciu (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Grazie, Presidente. Intervengo solo perché rimanga agli atti. Prima è stato detto in un intervento che il Governo si ostina a non portare avanti lo stralcio dell'assunzione dei precari dal DDL scuola. Volevo solo precisare che è una volontà esplicita della maggioranza della Commissione VII, che ha votato contro lo stralcio per un semplice motivo, che però va sottolineato: questo DDL non è fatto per l'assunzione dei precari, ma l'assunzione è funzionale alla realizzazione del progetto sull'autonomia scolastica. Quindi, stralciare le assunzioni dal progetto in sé e dal suo impianto non garantirebbe il buon esito del disegno che abbiamo in mente.

PRESIDENTE. La ringrazio. Abbiamo così concluso anche gli interventi di fine seduta. No, non ne prendo altri, colleghi, per favore.

Per un richiamo al Regolamento (ore 18,28)

PRESIDENTE. C’è solo l'intervento dell'onorevole Sibilia sul Regolamento, e poi annunciamo l'ordine del giorno della seduta di domani. Prego, onorevole Sibilia.

CARLO SIBILIA. Signor Presidente, intervengo dal momento che abbiamo proceduto ad una votazione per il rinvio della mozione che aveva proposto il MoVimento 5 Stelle per ripristinare quelli che sono stati i tagli agli enti locali e l'avevamo presentata in questo momento proprio perché afferente anche al Documento di economia e finanza, una mozione quindi in favore degli enti locali i quali si stanno lamentando del fatto di non avere certezza delle risorse a loro disposizione per garantire i servizi sociali.
Come dicevo, dal momento che questa mozione è stata rinviata dalla maggioranza ed è stata spostata ad altra seduta, vorremmo che fosse rispettato il fatto che, siccome è stata rinviata dalla seduta odierna, venisse rispettata la priorità in caso di ricalendarizzazione futura. Se ciò non dovesse accadere, sono qui già ad informarvi che il MoVimento 5 Stelle avanzerebbe tale richiesta in Conferenza dei presidenti di gruppo, vale a dire l'ammissione con priorità della mozione oggi calendarizzata, rinviata dalla maggioranza. Questo semplicemente per essere chiari e trasparenti e capire che noi abbiamo una Pag. 112grossa intenzione di discutere questa mozione che, per noi e per tutti gli enti locali, è fondamentale.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 24 aprile 2015, alle 10:

1. – Informativa urgente del Governo sulle recenti notizie relative all'uccisione dell'operatore umanitario Giovanni Lo Porto, avvenuta ai confini tra Pakistan e Afghanistan.

2. – Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 18,30.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO PAOLO TANCREDI IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2015 – DOC. LVII, N. 3

PAOLO TANCREDI, Relatore di maggioranza. Il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio che traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020.
Il predetto Documento si compone di tre sezioni e di una serie di allegati.
La prima sezione espone lo schema del Programma di stabilità, che contiene gli elementi e le informazioni richieste dai regolamenti dell'Unione europea.
La seconda contiene l'Analisi e le tendenze della finanza pubblica, che indica le regole generali sull'evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche.
Nella terza sezione viene riportato il Programma Nazionale di riforma (PNR), che definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali delineati dalla Strategia «Europa 2020».
Il DEF 2015 espone l'analisi del quadro macroeconomico italiano relativo all'anno 2014 e le previsioni per l'anno in corso e per il periodo 2016-2019, che riflettono i primi segnali di graduale ripresa dell'economia, nonostante gli elementi d'incertezza che ancora caratterizzano le prospettive di crescita globali.
Con riferimento al 2014, il DEF evidenzia come nella seconda metà dell'anno siano emersi i primi segnali di stabilizzazione del quadro economico italiano; nel quarto trimestre dell'anno, in particolare, si è interrotta la caduta dei livelli generali d'attività dopo tre flessioni trimestrali consecutive.
Nel complesso, tuttavia, nel 2014 il PIL ha registrato una contrazione dello 0,4 per cento, su cui ha inciso in maniera rilevante – si osserva nel DEF – la debolezza della domanda interna, ed in particolare degli investimenti. Un apporto positivo è, invece, disceso dalla domanda estera. Le esportazioni hanno infatti beneficiato della favorevole dinamica della domanda mondiale e del miglioramento di competitività indotto, a fine 2014, dal deprezzamento dell'euro.
Con riferimento alle prospettive di crescita, il DEF evidenzia come nel 2015 l'economia italiana sia entrata in una fase di moderata ripresa.
I dati congiunturali disponibili confermano il superamento del punto di minimo del ciclo economico e l'avvio di una fase ciclica moderatamente espansiva, che sta beneficiando di diversi fattori quali il deprezzamento dell'euro e l'ampia flessione del prezzo del petrolio. Inoltre, nel medio termine, il complesso delle misure espansive implementate dalla BCE dovrebbe favorire una ripartenza del credito al settore privato e, conseguentemente, la Pag. 113crescita di consumi e investimenti e una graduale risalita dell'inflazione al consumo verso l'obiettivo di medio termine. I livelli degli indicatori di fiducia, in particolare, si sono portati nel corso degli ultimi mesi su livelli storicamente elevati.
In considerazione di ciò, il DEF fissa le stime tendenziali di crescita del PIL allo 0,7 per cento per il 2015 e all'1,3 per,cento per il 2016, al rialzo rispetto alle previsioni programmatiche indicate ad ottobre 2014 nel Documento programmatico di bilancio (DPB).
Per gli anni successivi, il DEF prevede una crescita tendenziale del PIL più contenuta, pari nel 2017 all'1,2 per cento e pari in media all'1,1 per cento nel biennio successivo. Tale flessione, tuttavia, non discenderebbe da considerazioni negative circa l'andamento dell'economia italiana, ma riflette – secondo quanto illustrato nel DEF – un principio di cautela circa la valutazione delle principali variabili di finanza pubblica. In particolare, il Governo ha sottratto dalla previsione del tasso di crescita tendenziale del PIL l'impatto positivo sulla crescita che il Governo stima provenire da alcune riforme strutturali. Tale impatto è stato, invece, considerato nella formulazione delle previsioni programmatiche di crescita a partire dal 2018.
A questo riguardo, si ricorda che l'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), nel validare le previsioni tendenziali per gli anni 2015-2019, ha evidenziato che esse si collocano nell'intervallo accettabile allo stato delle informazioni attualmente disponibili e che il principale fattore di rischio delle previsioni del quadro macroeconomico tendenziale riguarda la crescita del PIL per il 2016, come detto pari all'1,3 per cento, ossia appena al di sotto del limite superiore (1,4 per cento) dell'insieme di previsioni elaborate dagli istituti consultati dall'UPB.
Lo scenario previsivo tendenziale è affiancato nel DEF dallo scenario programmatico che, ferme restando le componenti derivanti dagli andamenti economici internazionali (vale a dire le cosiddette variabili «esogene internazionali» considerate nel quadro tendenziale: commercio internazionale, prezzo del petrolio e cambio dollaro/euro), include gli effetti sull'economia prodotti dalle politiche governative previste nel Documento.
Ne deriva un andamento programmatico del PIL che per il primo anno del periodo di previsione – il 2015 – conferma il risultato del tendenziale, mentre risulta più elevato per il periodo successivo, rispettivamente di 0,1, 0,3, 0,3 e 0,2 punti percentuali di PIL per ciascuno degli anni 2016-2019. L'incremento del PIL deriva da un andamento più positivo, rispetto al tendenziale, di pressoché tutte le componenti, che si riflette su una più favorevole dinamica dell'occupazione e su un minor livello di disoccupazione nel periodo considerato. Risulta più sostenuta, tranne che nell'anno terminale, la dinamica dei prezzi.
Per quanto concerne, in particolare, il mercato del lavoro, il DEF evidenzia come nel corso del 2014 l'andamento dell'occupazione ha rappresentato una sorpresa positiva: l'occupazione, misurata in termini di unità di lavoro (ULA), nel 2014 è infatti aumentata dello 0,2 per cento. Dopo la consistente perdita di posti di lavoro nel 2012 e nel 2013, il numero degli occupati si è dunque sostanzialmente stabilizzato nel 2014. Anche il tasso di disoccupazione è tuttavia aumentato nel 2014, al 12,7 per cento (dal 12,2 per cento del 2013), in conseguenza di una maggiore partecipazione al mercato del lavoro.
A partire dal 2015, il DEF prevede una ripresa del tasso di occupazione (+0,6 per cento nel 2015 e +0,9 per cento nel 2016) ed una graduale riduzione del tasso di disoccupazione, dal 12,3 per cento del 2015 fino al 10,9 di fine periodo.
Tuttavia, il miglioramento delle prospettive di occupazione e di ripresa, cui dovrebbe conseguire un incremento più deciso della partecipazione al mercato del lavoro, potrebbe portare ad una discesa più contenuta del tasso di disoccupazione rispetto a quella sperata.
I dati di finanza pubblica riportati nel DEF 2015, relativi al consuntivo 2014, espongono un risultato dell'indebitamento Pag. 114netto pari al 3 per cento del PIL, in lieve incremento rispetto all'anno precedente ma comunque in linea con l'obiettivo programmatico esposto nelle stime contenute nella Nota di aggiornamento del DEF 2014 dello scorso settembre (poi confermate dalla Nota tecnico-illustrativa – NTI – alla legge di stabilità 2015).
Rispetto all'anno precedente il modesto peggioramento del rapporto indebitamento/PIL deriva da una dinamica delle entrate che pur in crescita di 0,1 punti percentuali in quota PIL è stata inferiore a quella delle spese finali, aumentate di 0,2 punti percentuali.
Il nuovo quadro programmatico presentato nel programma di stabilità 2015, nel confermare gli obiettivi di indebitamento netto indicati per il quinquennio 2014/2018 dal Documento programmatico di Bilancio (Draft Budgetary Plan, DBP) inviato alla Commissione europea lo scorso Ottobre – peraltro con un lieve miglioramento (0,2 punti percentuali di PIL) nel 2018 e con un ulteriore miglioramento nell'anno successivo, nel quale il saldo risulta positivo per 0,4 punti di PIL – espone un percorso di conseguimento dell'obiettivo di medio termine (MTO) previsto per l'Italia dalle regole europee, vale a dire il pareggio strutturale del bilancio, che utilizza i margini di flessibilità consentiti dalle riforme strutturali in corso.
A tal fine, pur risultando conseguibile l'obiettivo di medio termine già dal 2016, anno in cui sussisterebbe uno spazio di bilancio per portare al pareggio il saldo strutturale, viene invece confermato l'obiettivo in questione al 2017, confermando la previsione contenuta nel Documento programmatico di bilancio.
Infatti, il quadro programmatico determina, rispetto al quadro tendenziale, un peggioramento dei saldi – con riguardo sia all'indebitamento netto che al saldo primario – di 0,1 punti di PIL nel 2015; 0,4 punti di PIL nel 2016; 0,6 punti di PIL nel 2017 e 0,5 punti di PIL in ciascun anno dell'ultimo biennio. Peggioramento che corrisponde ad una azione espansiva di pari valore che, cifrata in termini assoluti (rispetto al PIL nominale stimato per gli anni di riferimento) si sostanzia in circa 1,6 miliardi di euro per il 2015, 6,7 miliardi di euro per il 2016, 10,4 miliardi di euro per il 2017) e 9,0 miliardi di euro nel 2018.
In relazione a tale aspetto nel DEF viene precisato, quanto ai due anni (2015 e 2016) di avvicinamento all'obiettivo del pareggio strutturale di bilancio, che, per il 2015, viene comunque assicurato un miglioramento dell'indebitamento netto strutturale di 0,2 punti percentuali di PIL rispetto al dato 2014 (da -0,7 a -0,5 per cento), così da essere coerente, unitamente ad una riduzione media per il biennio 2014-2016 dell'aggregato di spesa rilevante in sede europea ai fini della regola della spesa di 0,6 punti percentuali, con l'aggiustamento fiscale richiesto agli Stati membri ad alto debito in presenza di condizioni economiche severe. Inoltre, anche per il 2016, pur in presenza di una revisione al rialzo (-0,4 per cento) dell'indebitamento netto rispetto al quadro tendenziale, viene comunque previsto un miglioramento (0,1 punti percentuali di PIL) dell'indebitamento netto strutturale.
In sostanza, in coerenza con gli impegni di bilancio assunti dal Governo e approvati dal Parlamento, sono confermati (quando non migliorati) gli obiettivi in termini nominali e strutturali di indebitamento netto per l'intero periodo di programmazione.
Nell'anno in corso in particolare, le risorse conseguenti al miglioramento del quadro macroeconomico potranno essere utilizzate per l'adozione di specifiche misure coerenti con le finalità previste nel Programma Nazionale di Riforma ed entro gli spazi già autorizzati dal Parlamento. Nelle more della emersione in bilancio dei miglioramenti tendenziali, da registrare con il provvedimento di assestamento, il finanziamento di tali misure potrà avvenire con utilizzo delle disponibilità di bilancio. In coerenza con gli obiettivi programmatici, il medesimo provvedimento di assestamento potrà provvedere a reintegrare le risorse anticipate.
Dal 2016, è altresì intenzione del Governo utilizzare, nel rispetto degli obiettivi Pag. 115programmatici di finanza pubblica e delle regole di contabilità e finanza pubblica, i margini di miglioramento per eliminare l'effetto delle cosiddette clausole di salvaguardia. Ossia di quelle misure di variazione delle aliquote d'imposta e di riduzione delle agevolazioni e detrazioni vigenti, previste dalla legge di stabilità 2014, e di incremento delle aliquote IVA e delle accise disposte, con la legge di stabilità per il 2015, per garantire il raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica per il successivo triennio di programmazione. A tal fine, per tale anno viene inoltre segnalato come il Governo intenda avvalersi della possibilità offerta dalla flessibilità prevista dalle regole di bilancio definite dal Patto di stabilità e crescita per gli Stati che stanno attuando riforme strutturali importanti, con effetti diretti positivi di lungo periodo sul bilancio. In particolare si ricorda che, in base alla suddetta flessibilità, può essere concessa una deviazione temporanea dall'MTO o dal suo percorso di avvicinamento, fino a un massimo di 0,5 per cento del PIL nell'anno successivo a quello di pubblicazione del Programma di Stabilità; questa deviazione deve essere tuttavia riassorbita entro l'orizzonte temporale del Programma.
Quanto al debito, dopo una ulteriore crescita nel 2015 che ne porta il livello al 132,5 per cento del PIL – dato comunque inferiore al 133,1 per cento stimato nel DBP, sulla base di una serie di fattori esposti nel DEF – dal 2016 si avvia la fase di discesa, con una prima riduzione di 1,6 punti percentuali rispetto all'anno precedente: la discesa prosegue nel 2017 e nel 2018, rispettivamente per circa 3,5 e 4 punti di PIL, fino a raggiungere il livello del 120 per cento nell'anno terminale del periodo di previsione, con una riduzione complessiva nel periodo medesimo di oltre 12 punti percentuali.
In proposito, nel DEF si rileva come tale andamento sia coerente con il rispetto della regola del debito per il triennio 2015-2018, precisandosi nel contempo come tale risultato sia condizionato al conseguimento degli avanzi primari indicati nel quadro programmatico e ad introiti da privatizzazioni per gli anni dal 2015 al 2018 pari rispettivamente a 0,4, 0,5, 0,5 e 0,4 punti di PIL.
Il Programma Nazionale di Riforma (PNR) ha, da un lato, la funzione di verificare – in termini di effetti, portata e conformità con gli obiettivi europei – le riforme intraprese dopo l'approvazione del PNR dello scorso anno e, dall'altro, di prospettare un'agenda di interventi per il futuro funzionali al conseguimento degli obiettivi della Strategia «Europa 2020» e all'attuazione degli indirizzi sulle politiche pubbliche che le istituzioni comunitarie, nel quadro della nuova governance economica europea, hanno diretto all'Italia. Con riferimento al PNR in esame, tali indirizzi sono individuabili nelle Raccomandazioni (CSR – Country Specific Recommendation) rivolte all'Italia dal Consiglio UE l'8 luglio 2014, a chiusura del Semestre europeo 2014, sulla base delle valutazioni della Commissione sul PNR e sul Programma di stabilità contenuti nel DEF 2014.
Le Raccomandazioni si riferiscono ad otto ambiti di intervento: sostenibilità delle finanze pubbliche, tramite il rafforzamento delle misure di bilancio per gli anni 2014 e 2015; sistema fiscale, trasferendo ulteriormente il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente, assicurando neutralità in termini di gettito e proseguendo la lotta all'evasione fiscale; potenziamento degli sforzi intesi a far progredire l'efficienza della pubblica amministrazione; sistema finanziario, evidenziando la necessità di rafforzare la resilienza del settore bancario e di promuovere l'accesso delle imprese, soprattutto piccole e medie, ai finanziamenti non bancari; mercato del lavoro, richiedendo, tra l'altro, di operare per una più globale tutela sociale dei disoccupati, limitando tuttavia l'uso della cassa integrazione guadagni, per facilitare la riallocazione dei lavoratori, e di rafforzare il legame tra le politiche del mercato del lavoro attive e passive ed intervenire concretamente per aumentare il tasso di occupazione femminile; istruzione e formazione, Pag. 116richiamando la necessità di rendere operativo il sistema nazionale per la valutazione delle scuole, anche per ridurre i tassi di abbandono, di rafforzare sia il collegamento fra scuola e lavoro sia l'istruzione terziaria professionalizzante, nonché di istituire un registro nazionale delle qualifiche, per garantire un più ampio riconoscimento delle competenze; semplificazione e concorrenza, richiamando la necessità di promuovere l'apertura del mercato e rimuovere gli ostacoli rimanenti e le restrizioni alla concorrenza nei settori dei servizi professionali e dei servizi pubblici locali, delle assicurazioni, della distribuzione dei carburanti, del commercio al dettaglio e dei servizi postali; potenziare l'efficienza degli appalti pubblici, specialmente tramite la semplificazione delle procedure attraverso l'uso degli appalti elettronici, la razionalizzazione delle centrali d'acquisto e la garanzia della corretta applicazione delle regole relative alle fasi precedenti e successive all'aggiudicazione; infrastrutture, richiedendo, tra l'altro, il potenziamento della gestione portuale e dei collegamenti tra i porti e l'entroterra.
Si consideri che la «Relazione per paese relativa all'Italia 2015» della Commissione europea, del 18 marzo 2015, ha successivamente rilevato come nel complesso l'Italia abbia compiuto qualche progresso nel dar seguito alle raccomandazioni del 2014, in quanto: è stato ridotto in misura significativa l'onere fiscale sul lavoro; la riforma in corso del mercato del lavoro potrebbe consentire di risolvere antiche rigidità e di migliorare l'allocazione delle risorse; qualche progresso è stato compiuto nel miglioramento del sistema dell'istruzione, nonché della governance e della resilienza del settore bancario; sono stati presi primi provvedimenti per semplificare le istituzioni e l'amministrazione e, nel febbraio 2015, il Governo ha adottato un disegno di legge in materia di concorrenza.
Ne derivano alcune importanti sfide politiche: il risanamento di bilancio favorevole alla crescita; l'attuazione delle riforme strutturali per accrescere la produttività; il superamento delle strozzature infrastrutturali; una maggiore efficienza del sistema fiscale e della pubblica amministrazione, ivi compreso il sistema giudiziario.
Lo strumento delle privatizzazioni, al quale si fa espresso riferimento anche nella Raccomandazione n. 1 della Commissione, rientra nell'ambito delle misure volte alla sostenibilità delle finanze pubbliche, con particolare riguardo alle politiche volte alla riduzione del debito.
Nel percorso di riduzione del debito esposto nel quadro programmatico del DEF, che nel quadriennio 2015-2018 è previsto decrescere di oltre 9 punti percentuali di PIL (dal 132,5 al 123,4 per cento), è infatti previsto un significativo concorso dei proventi da privatizzazioni pari, per ciascuno degli anni considerati, rispettivamente allo 0,41, 0,5, 0,5 e 0,3 per cento di PIL, attestandosi complessivamente nel periodo ad una cifra di poco inferiore ai 30 miliardi di euro.
Va rammentato come il conseguimento degli obiettivi programmatici affidati allo strumento in esame non sia risultato esente da difficoltà negli ultimi anni, atteso che il DEF 2013 includeva nel percorso di riduzione del debito ivi previsto un concorso delle privatizzazioni per il quinquennio 2013-2017, pari a circa 1 punto percentuale di PIL annuo; successivamente nel DEF 2014 tale concorso veniva diminuito a 0,7 punti percentuali di PIL per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017, obiettivo poi ulteriormente circoscritto (nella Nota di aggiornamento) per il 2014 ad un importo pari a poco meno dello 0,3 per cento ed ora ridimensionato dal DEF in esame per il periodo 20152017 ai livelli sopra indicati. Va segnalato come tale livello sia inferiore a quello cui fa riferimento la Relazione della Commissione sugli squilibri macroeconomici, nella quale si rileva come il programma di privatizzazioni, sebbene abbia subito ritardi di attuazione, dovrebbe registrare un'accelerazione nel 2015 e generare proventi pari allo 0,7 per cento di PIL all'anno nel triennio 2015-2017.
Nell'ambito del potenziamento degli sforzi intesi a far progredire l'efficienza Pag. 117della pubblica amministrazione, la Raccomandazione n. 3 segnala espressamente la necessità di garantire una migliore gestione dei fondi dell'UE attraverso un'azione risoluta di miglioramento della capacità di amministrazione, della trasparenza, della valutazione e del controllo di qualità sia a livello nazionale che a livello regionale, specialmente nelle regioni meridionali.
La necessità del rafforzamento della capacità amministrativa nella gestione dei fondi europei – soprattutto alla luce delle difficoltà e dei ritardi che hanno caratterizzato l'attuazione delle politiche di coesione nel precedente ciclo di programmazione 2007-2013 – ha portato alla definizione di un nuovo quadro di governance istituzionale per le politiche di coesione, delineata dall'articolo 10 del decreto-legge n. 101 del 2013, che ha affidato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e alla nuova Agenzia per la coesione territoriale, sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio, l'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione. Tra i compiti assegnati all'Agenzia figura anche il monitoraggio sistematico e continuo dei programmi operativi e degli interventi della politica di coesione, attraverso specifiche attività di valutazione e verifica, ferme restando le funzioni di controllo e di monitoraggio attribuite alla Ragioneria generale dello Stato.
Nell'impostazione strategica della politica di coesione il PNR sottolinea la rilevanza della Strategia nazionale per le aree interne del Paese, definite come quelle aree più lontane dai servizi di base, che interessano oltre il 60 per cento del territorio nazionale ed il 7,6 per cento della popolazione italiana. La Strategia – che dovrebbe prendere avvio nel corso dell'anno con la sottoscrizione di Accordi di Programma Quadro entro il 30 settembre 2015, sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, che da risorse nazionali (circa 180 milioni di euro messi a disposizione dalle ultime due leggi di stabilità) – rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza tali aree.
Come già avvenuto per il DEF relativo al 2014, anche in questo Documento di Economia e Finanza la revisione della spesa pubblica viene ritenuta una delle più significative azioni strutturali di policy, sia sotto il profilo dell'efficienza nell'impiego delle risorse disponibili, sia al fine di realizzare risparmi di carattere permanente da destinare alla riduzione del carico fiscale. L'azione sulla spesa risulta inoltre in linea con le indicazioni della Commissione europea circa la sostenibilità delle finanze pubbliche, laddove viene raccomandato un aggiustamento di bilancio «basato sui significativi risparmi annunciati che provengono da un miglioramento duraturo dell'efficienza e della qualità della spesa pubblica a tutti i livelli di governo». La necessità del conseguimento di riduzioni di spesa risulta inoltre rafforzata dalla presenza, sia nella legge di stabilità per il 2014 che in quella per il 2015, di clausole di salvaguardia incentrate sull'incremento delle entrate qualora non intervengano nuovi risparmi di spesa per il conseguimento degli obiettivi dei saldi finanziari programmati nei documenti di finanza pubblica.
In ordine agli obiettivi quantitativi dell'operazione, l'iniziale target di risparmi cifrato dalla legge di stabilità 2014, pari rispettivamente a 3,6 miliardi nel 2015, 8,3 miliardi nel 2016 ed 11,3 miliardi dal 2017, in coerenza con gli analoghi importi previsti nel Programma di lavoro presentato a novembre 2013 dal Commissario straordinario per la spending review, è stato successivamente incrementato dal DEF 2014, che oltre a programmare risparmi (per 4,5 miliardi) anche per il 2014, ha incrementato gli obiettivi per gli anni successivi, portandoli a 17 miliardi per il 2015, ed a 32 miliardi per ciascuno degli anni 2016 e 2017.
Parte degli importi programmati sono stati conseguiti sulla base di disposizioni intervenute nel corso dell'anno, ad opera in particolare dei decreti legge n. 4 e n. 66 Pag. 118del 2014 , nonché secondo un più complessivo intervento contenuto nella legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014).
Come detto, inoltre, l'attività di revisione della spesa ha anche la finalità di evitare il ricorso alle clausole di salvaguardia recate dalle ultime due leggi di stabilità, clausole che come detto non sarebbero attuate (o lo sarebbero solo in parte) qualora intervenissero risparmi di spesa equivalenti agli obiettivi di gettito affidati alle clausole medesime. Tali clausole sono costituite, in primo luogo, dall'articolo 1, comma 430, della legge n. 147 del 2013, con cui si prevede entro il 15 gennaio 2015 un DPCM recante variazioni di aliquote d'imposta e riduzione di agevolazioni e detrazioni fiscali per un gettito di 3 miliardi nel 2015, 7 miliardi nel 2016 e 10 miliardi dal 2017. In secondo luogo, dall'articolo 1, commi 718 e 719, della legge n. 190 del 2014, recante un aumento dell'aliquota Iva ridotta del 10 per cento per 2 punti dal 2016 ed 1 punto dal 2017 e di quella ordinaria di 2 punti dal 2016, 1 punto dal 2017 e 0,5 punti dal 2018, per un gettito di 12,8 miliardi dal 2016, 19,2 miliardi dal 2017 e 21,9 miliardi dal 2018.
Com’è evidente, si tratta di importi consistenti, la cui neutralizzazione, necessaria per evitare l'intervento della clausola sul piano dell'imposizione fiscale, «prenota» parte non secondaria dei possibili risultati dell'intervento sulla spesa. Intervento che peraltro, rileva il DEF, è stato alla base della parziale neutralizzazione della clausola posta dalla legge n. 147 del 2013, al cui riguardo l'articolo 1, comma 207, della legge n. 190 del 2014 ha eliminato gli effetti da essa previsti per il 2015 e ne ha ridotto di 3,7 miliardi gli importi iscritti a decorrere dal 2016.
Alla luce di questa prima sterilizzazione, al fine di evitare del tutto l'operare delle due clausole sopradette, risulterebbero affidate all'attività di revisione della spesa risparmi pari complessivamente a circa 16,1 miliardi nel 2016, 25,5 miliardi nel 2017 e 28,3 miliardi a decorrere dal 2018.
Quanto al proseguimento dell'attività di revisione, necessaria per evitare l'operare delle clausole in questione già per il 2016 – quando le stesse determinerebbero, se attuate, un aumento del prelievo pari al suddetto importo di 16,1 miliardi, vale a dire 1 punto percentuale di PIL – nel DEF viene osservato che ciò verrà evitato per l'operare di tre fattori, costituiti: dal previsto miglioramento del quadro macroeconomico a decorrere dal 2015, che si rifletterà in un aumento di gettito; dalla flessione della spesa per interessi rispetto alle previsioni esposte nel Documento programmatico di Bilancio dello scorso autunno. Da tali due primi fattori deriverà un effetto complessivo valutato in circa 0,4 punti di PIL; da misure di revisione della spesa, per un importo pari allo 0,6 del PIL (circa 10 miliardi).
Tale ultimo importo deriverà da misure da definire nel corso del 2015, secondo le seguenti linee di intervento: attuazione della delega prevista per il completamento della riforma del bilancio che, ponendo al centro della programmazione di bilancio l'intervento pubblico nella sua interezza, piuttosto che gli interventi marginali adottati annualmente, supera l'approccio della spesa storica, spostando le priorità sui programmi di spesa: ciò consente una miglior valutazione del costo/opportunità ed il livello del finanziamento da assegnare a ciascuna politica, favorendo una efficiente riallocazione di risorse; per quanto gli enti territoriali, l'intervento di razionalizzazione della gestione contabile previsto dalla nella legge di stabilità 2015 per gli enti locali verrà esteso anche alle regioni e alle aziende sanitarie, provvedendo ad utilizzare i sistemi di costi standard e fabbisogni standard (o livelli di servizio) per determinare le risorse disponibili alle singole amministrazioni, rendendo disponibili on line e facilmente consultabili i dati di performance e di costo delle singole amministrazioni ed, infine, allineando le regole del patto di stabilità interno a quelle europee; per quanto riguarda le aziende pubbliche partecipate si attueranno, a valle della valutazione dei piani di razionalizzazione consegnati dai singoli enti locali, interventi legislativi mirati a un'ulteriore razionalizzazione e miglioramento dell'efficienza Pag. 119delle aziende partecipate; per quanto riguarda le amministrazioni centrali le priorità saranno: a) una revisione approfondita e analitica dei circa 10.000 capitoli di spesa, verificandone l'utilità ed efficienza di spesa; b) la riorganizzazione delle strutture periferiche dello stato centrale, operando sul disegno di legge per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche in corso d'esame al Senato, creando un nuovo modello di servizio più efficiente ed efficace; uno specifico intervento è inoltre previsto, sulla base di disposizioni già vigenti (tra cui il decreto-legge n. 92 del 2010 e la legge n. 244 del 2012) con riferimento alla revisione della spesa pubblica nel settore della difesa, in cui si prevede una graduale riduzione del personale militare e civile di tale Dicastero necessaria a contenere, alla data del 1 gennaio 2016, le relative unità di personale entro il termine massimo, rispettivamente, di 170.000 e 27.800 unità; per quanto riguarda gli acquisti della PA si procederà a completare il processo di razionalizzazione delle stazioni appaltanti e delle centrali d'acquisto definito nel decreto-legge n. 66 del 2014; con riferimento, infine, ai profili fiscali, per il recupero del tax gap e delle tax expenditures le priorità sono: a) il completamento dell'attuazione della delega fiscale, con particolare attenzione alla creazione di un sistema di tracciabilità telematica delle transazioni di business (fatture e corrispettivi giornalieri); b) la razionalizzazione delle tax expenditures, demarcando chiaramente le aree politicamente aggredibili. Si procederà altresì ad effettuare una ricognizione e una razionalizzazione degli incentivi alle imprese.
In questo quadro, il DEF considera collegati alla manovra di finanza pubblica i seguenti provvedimenti: Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (A.C. 2093); Disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività agricole del settore agricolo, agroalimentare e della pesca (A.S. 1328); Delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile (A.C. 2953); Misure di semplificazione per l'avvio delle attività economiche per i finanziamenti e le agevolazioni alle imprese; Riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche (A.S. 1577); Revisione della spesa, promozione dell'occupazione e degli investimenti nei settori del cinema e dello spettacolo dal vivo; Delega per la revisione dell'ordinamento degli enti locali; Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni vigenti (A.C. 2994).
Con la risoluzione si impegna il Governo a conseguire i saldi di finanza pubblica in termini di indebitamento netto rispetto al PIL, nonché il rapporto programmatico debito/PIL, nei termini indicati nel quadro programmatico del Documento di economia e finanza, in particolare a realizzare un rapporto tra deficit e prodotto interno lordo pari al 2,6 per cento nel 2015, all'1,8 per cento nel 2016 e allo 0,8 per cento nel 2017, con il raggiungimento del pareggio in termini nominali nel 2018, utilizzando nel 2015 lo spazio di manovra rispetto all'andamento tendenziale dei conti pubblici per rafforzare l'implementazione delle riforme strutturali già avviate, nel limite dell'obiettivo programmatico indicato, e disponendo, prudenzialmente e in attesa di registrare tale margine con la presentazione del disegno di legge di assestamento, l'accantonamento di corrispondenti risorse nel bilancio dello Stato; ad avvalersi per il 2016 della flessibilità concessa nel caso di implementazione di significative riforme strutturali ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, e dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento Europeo 1466/97 (cosiddetta «Clausola delle riforme»); a neutralizzare l'entrata in vigore delle clausole di salvaguardia poste a garanzia dei saldi di finanza pubblica dalle due precedenti leggi di stabilità attraverso i maggiori spazi finanziari derivanti dalla citata Clausola sulle riforme, pari a 0,4 punti percentuali di PIL, e misure di revisione della spesa pubblica e delle agevolazioni fiscali per un ammontare pari a 0,6 punti di PIL nel 2016, assicurando comunque che le riduzioni di spesa non incidano sulla spesa Pag. 120sociale e sui servizi ai cittadini, in particolare a livello locale, e che la revisione delle agevolazioni fiscali sia rivolta esclusivamente a quelle non giustificate da esigenze sociali o economiche o che costituiscono una duplicazione, salvaguardando in ogni caso la tutela dei redditi da lavoro dipendente e autonomo, dei redditi di imprese minori e dei redditi di pensione; a considerare collegati alla manovra di finanza pubblica i seguenti provvedimenti: «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali» (A.C. 2093); «Disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività agricole del settore agricolo, agroalimentare e della pesca» (A.S. 1328); «Delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile» (A.C. 2953); «Misure di semplificazione per l'avvio delle attività economiche per i finanziamenti e le agevolazioni alle imprese»; «Riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche» (A.S. 1577); «Revisione della spesa, promozione dell'occupazione e degli investimenti nei settori della cultura e del turismo»; «Delega per la revisione dell'ordinamento degli enti locali»; «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni vigenti» (A.C. 2994); «Legge annuale per il mercato e la concorrenza» (A.C. 3012); a proseguire l'iter delle riforme strutturali, con particolare riferimento a quelle riguardanti le istituzioni, la scuola, il mercato del lavoro, il sistema fiscale, la pubblica amministrazione, la giustizia civile e a dare piena attuazione alle azioni contenute nel Programma nazionale di riforma per il rilancio dell'economia nazionale e della competitività delle imprese, con particolare riguardo alle politiche industriali, rafforzando il sistema di garanzie per gli investimenti; ad adoperarsi affinché il quantitative easing della BCE rappresenti una occasione per la piena ripresa del credito per cittadini e imprese e per tale via di decisa ripresa dei consumi e degli investimenti; a tal fine, ad adottare misure per favorire lo smaltimento dei crediti deteriorati che gravano sui bilanci delle banche italiane e rendono più costosa e difficile la trasmissione all'economia reale della liquidità monetaria creata dagli acquisti della BCE; a cogliere appieno tutte le opportunità connesse alle risorse finanziarie che saranno poste a disposizione dal Piano Juncker, realizzando ogni possibile sinergia tra interventi nazionali e interventi comunitari e promuovendo in sede europea la possibilità di scomputare dal calcolo del saldo di finanza pubblica ai fini del Patto di stabilità e crescita tutto il flusso annuale di cofinanziamenti nazionali; a dedicare specifica attenzione al rilancio delle aree sottoutilizzate, segnatamente nel Mezzogiorno, in considerazione del fatto che il differenziale di livello di sviluppo che caratterizza le zone del Centro-Nord rispetto a quelle del Meridione costituisce un elemento di debolezza intrinseco che deve essere superato, con un più efficiente e rapido utilizzo delle risorse dei fondi strutturali attraverso la predisposizione di interventi volti a rafforzare la capacità progettuale, la trasparenza nelle procedure, la governance e i processi di valutazione ex-ante ed ex-post dei progetti; a proseguire e completare il processo di pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese; a proseguire e a rafforzare il percorso di sostegno e rilancio dei programmi di investimento degli enti locali considerando anche l'importante volano di sviluppo rappresentato dalle piccole e medie opere rapidamente cantierabili, al fine di soddisfare esigenze fondamentali di tutela del territorio, di miglioramento della qualità della vita delle comunità, di rilancio delle economie locali; a garantire agli enti locali un reale autonomia, continuando il percorso per il superamento del patto di stabilità interno, limitandosi ad indicare il quantum degli obiettivi di contenimento della spesa da realizzare e lasciando la definizione delle modalità attuative alla responsabilità dei singoli enti, definire un assetto complessivo della finanza locale caratterizzato da semplicità, chiarezza, equità, responsabilità e trasparenza nei meccanismi redistributivi e da certezza sulle risorse in modo da consentire l'effettiva possibilità di programmazione virtuosa Pag. 121degli impegni; a realizzare una definitiva revisione del sistema di tassazione locale sugli immobili, senza innalzare in alcun modo il suo livello attuale, dando stabilità a un settore che costituisce uno snodo strategico nei rapporti tra cittadini e fisco e che ha conosciuto troppe modifiche nel corso degli ultimi anni, perseguendo gli obiettivi prioritari di semplificazione del quadro dei tributi locali sugli immobili, certezza ai comuni circa le risorse derivanti da tale fonte di entrata e responsabilizzazione nelle loro scelte di politica tributaria in tale campo; in tale contesto, a rivedere l'imposta municipale sui terreni agricoli, estendendo l'ambito di esenzione a quelli siti in aree svantaggiate e tenendo conto dell'effettiva redditività dei terreni; a valutare l'opportunità di mantenere anche successivamente all'anno 2015 misure di sgravio contributivo con riferimento ai nuovi contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, eventualmente modificando l'entità del beneficio e l'area di applicazione; a provvedere al finanziamento a regime degli interventi adottati in attuazione delle deleghe legislative di cui alla legge n. 183 del 2014, con particolare riferimento all'assegno di disoccupazione (ASDI), all'indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa – DIS-COLL, nonché alle disposizioni di carattere oneroso contenute nello schema di decreto legislativo recante misure di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro (Atto n. 157), attualmente all'esame del Parlamento; a migliorare l'efficacia dei regimi di sostegno alla famiglia, in coerenza con quanto indicato nelle Raccomandazioni del Consiglio dell'8 luglio 2014 su PNR 2014; ad adottare ulteriori interventi di contrasto alla povertà, a partire dall'estensione dell'attuale regime sperimentale del SIA; a rifinanziare le misure di detassazione della parte di retribuzione, entro i limiti di durata normale della prestazione, legata agli incrementi di produttività, contrattata al livello aziendale; a valutare l'opportunità di promuovere, nell'ambito della legge di stabilità per il 2016 e del quadro delle compatibilità finanziarie individuate in quella sede, interventi in materia previdenziale volti a introdurre elementi di flessibilità per quanto attiene all'età di accesso al pensionamento, anche attraverso l'introduzione di meccanismi di incentivazione e disincentivazione; a proseguire e concludere, confermando il metodo di stretto confronto collaborativo tra Parlamento e Governo finora seguito, il processo di attuazione della delega per la riforma del sistema fiscale, la quale costituisce lo strumento fondamentale per dare risposta a molte delle raccomandazioni espresse dall'Unione europea e ai prioritari obiettivi di riforma in questo campo indicati dal PNR; a realizzare tutte le misure necessarie a raggiungere l'obiettivo strategico del contrasto e della riduzione dell'evasione fiscale, dando pienamente attuazione a quanto previsto nella citata delega fiscale e dei conseguenti decreti legislativi; al fine di garantire l'effettivo raggiungimento degli obiettivi di gettito indicati nel Documento, a definire in tempi brevi la questione relativa alle posizioni dirigenziali nelle Agenzie fiscali, individuando soluzioni di carattere amministrativo e, se necessario, normativo, che, nel pieno rispetto dei principi di legalità, trasparenza e promozione del merito, e di quelli dettati dalla corte costituzionale, consentano di assicurare la piena efficacia nell'azione delle Agenzie; ad accelerare la revisione sostanziale della normativa in materia di appalti pubblici, anche nella prospettiva dell'attuazione delle nuove direttive europee in materia, al fine di perseguire efficacemente gli obiettivi della tutela della legalità, della lotta più efficace alla corruzione, dell'efficienza amministrativa, della certezza e della riduzione dei tempi, nonché della diminuzione dei costi delle opere pubbliche, destinando alla crescita le risorse sottratte al circuito dell'economia illegale; a destinare maggiori risorse agli interventi di sicurezza dell'edilizia scolastica, di messa in sicurezza del territorio e di contrasto del dissesto idrogeologico, nonché di efficientamento energetico, accelerando nel contempo la concreta attuazione dei relativi strumenti di programmazione.

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TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO MARCELLO TAGLIALATELA SUL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2015 – DOC. LVII, N. 3

MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Documento Economico e Finanziario rappresenta gli impegni che uno Stato assume di fronte alla sua gente e all'Unione Europea, ormai dominus incontrastato del destino dei popoli. Il Governo, con la stesura di questo DEF, ha l'opportunità di invertire la rotta, di indirizzare le risorse disponibili al sostegno alle imprese e alle troppe famiglie italiane in difficoltà invece che ai soliti amici dei potentati finanziari.
Perfino Enrico Letta, autorevolissimo esponente del Partito Democratico repentinamente sfrattato da Palazzo Chigi dal suo stesso partito per fare posto a Matteo Renzi, con vergognosi giochi di Palazzo effettuati sulla pelle degli italiani, ha detto che «il Premier descrive una Nazione che non esiste. È come se somministrasse del metadone per fare stare meglio». Già, perché a leggere i commenti delle istituzioni finanziarie preposte e degli osservatori, anche questo DEF narra delle favole che mirano a edulcorare una realtà ben diversa e drammatica.
Partiamo dal presunto tesoretto di 1,6 miliardi di euro, risorse disponibili sulla fiducia perché assenti nella sostanza. Su questa cifra c’è già una notevole quantità di opinioni autorevoli su come andrebbe impiegata: Bankitalia suggerisce che la somma «sia utilizzata per accelerare il riequilibrio della finanza pubblica», cioè la riduzione del deficit. Il Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, afferma che è quantomeno prematuro dare per acquisite risorse che ancora non lo sono e ipotizzarne un qualunque utilizzo. Dice Pisauro: «Una decisione presa ad aprile di spendere nell'anno corrente l'effetto del miglioramento del quadro macro rispetto alla previsione dell'autunno precedente, senza attendere prima che tale miglioramento si materializzi, sembra contraria a considerazioni di prudenza». Anche sulle previsioni di crescita, Pisauro ha invocato cautela perché rischiano di essere «ottimistiche, e sul ritmo di espansione pesano variabili esterne quali l'andamento del prezzo del petrolio e del cambio». La Corte dei Conti, invece, da un lato conferma i dubbi di Pisauro («le stime di gettito fiscale indicate nel DEF potrebbero risultare sovradimensionate»), dall'altro il Presidente Raffaele Squitieri reputa che le risorse del «tesoretto» dovrebbero essere usate per dare una spinta alle riforme e alla crescita. Come vedete, cari colleghi, anche le favole possono avere finali diversi.
Un'altra storia è quella sui risparmi che si dovrebbero avere con la riforma della Pubblica Amministrazione curata dal ministro Madia, riforma che dovrebbe incidere non poco nella spending review, oggi affidata a un duumvirato evidentemente più fedele ai desiderata governativi rispetto al professor Cottarelli. Infatti, la riforma della PA segna decisamente il passo: visti i tempi finora impiegati, per il 2016 sembra veramente difficile avere a disposizione i 3-4 miliardi di risparmi previsti proprio dalla riforma Madia.
Siamo curiosi di sapere poi se i concessionari delle slot machines verseranno entro il 30 aprile l'acconto di 200 milioni sui 500 di tasse previsti per le macchinette collegate. I concessionari, è notizia di oggi, hanno già detto che potranno versare al massimo il 40-50 per cento di quella cifra. Memori delle esperienze passate, dubitiamo che la cosa potrà avere un felice esito. Aspettiamo al varco il Governo per verificare se anche questa volta riserverà loro un trattamento di favore.
Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale reputa fondamentale tagliare la spesa pubblica, soprattutto per quanto riguarda gli odiosi sprechi e privilegi che ancora imperversano in tutti gli ambiti, a cominciare dalle pensioni d'oro.
Chiediamo l'abolizione delle Regioni, centri di spesa ormai da tempo fuori controllo. Abbiamo depositato in merito una proposta di legge, sulla scorta degli studi della Società Geografica Italiana, che Pag. 123può costituire una buona base di discussione per modificare l'architettura istituzionale nell'ambito degli Enti Locali.
Abolizione totale della tassazione sulle nuove assunzioni: solo incoraggiando le imprese ad assumere, soprattutto le piccole imprese e i laboratori artigianali, veri centri di diffusione di saperi e professionalità, si può sperare di recuperare produttività e livelli occupazionali. L'abbassamento della pressione fiscale sulle aziende e sul lavoro servono anche per evitare le delocalizzazioni e favorire gli investimenti in Italia.
Occorre inoltre completare il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione alle imprese, ed adottare delle normative che consentano alle aziende creditrici dello Stato di ottenere il giusto riconoscimento di questi crediti in ogni fase del proprio rapporto con il fisco; in questo senso abbiamo già depositato una proposta di legge, attraverso la quale intendiamo consentire alle imprese di compensare il proprio eventuale debito derivante dai mancati incassi che le spettano dalle PA al netto di sanzioni, interessi di mora e aggio. Altro punto che Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale reputa fondamentale per il rilancio dell'Italia e il risanamento dei conti pubblici, è la lotta alla grande evasione: si ha notizia di pesanti multe e di chiusure di attività per la mancata emissione di scontrini del valore di 90 centesimi, quando lo Stato «dimentica» di incassare miliardi di euro, tra evasione fiscale e sanzioni, da chi promuove e trae immenso profitto da piaghe sociali come la ludopatia.
In conclusione, ritenendo insufficienti e inique le misure contenute nel Documento di Economia e Finanza del Governo, Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale annuncia il suo voto contrario al Documento stesso e invita il Governo a rivedere con realismo i provvedimenti da assumere, tenendo presente quella che deve essere la priorità per tutti noi: l'interesse di tutti gli italiani, soprattutto quelli in difficoltà, e non dei gruppi di potere che sostengono il vostro Esecutivo.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DELLA DEPUTATA GESSICA ROSTELLATO SULLE MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MERITO ALLA COSIDDETTA CARTA DI MILANO, IN RELAZIONE AD EXPO 2015

GESSICA ROSTELLATO. La Carta di Milano verrà presentata il prossimo 28 aprile e sarà poi condivisa con i ministri dell'agricoltura dei 147 paesi che parteciperanno all'Expo.
Essa vuole essere un documento di sensibilizzazione e potrà essere integrata nel corso dell'Expo.
Sono certa che tutti avremmo voluto che questo Expo fosse stato un Expo diverso, magari in un luogo diverso, magari senza arresti e corruzione, magari con i lavori conclusi a pochi giorni dall'avvio della manifestazione, e avremmo voluto che qualcosa fosse lasciato al paese dopo questo evento, invece probabilmente poco o nulla rimarrà di concreto perché molte delle opere che dovevano essere collegate all'Expo non vedranno mai la luce, ma sarebbe importante che almeno questo documento, la Carta di Milano, rimanesse come una eredità non materiale, ma morale.
È assurdo che viviamo in un mondo in cui ci sono persone che muoiono di fame e altre che muoiono per il troppo cibo.
Non possiamo più accettare che 20.000 persone al giorno (la maggior parte bambini sotto i cinque anni) muoiano di fame e contemporaneamente noi sprechiamo cibo.
La Carta di Milano vuole essere uno strumento per promuovere la consapevolezza del diritto al cibo e una mobilitazione partecipata di cittadini, aziende e associazioni per sensibilizzare tutti a ridurre gli sprechi alimentari sia in fase di coltivazione e lavorazione che in fase di consumo.
Per questo voteremo a favore di tutte le mozioni presentate in quanto riteniamo auspicabile qualunque azione che vada a favorire il contrasto alla fame e che riduca gli sprechi alimentari.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 342-B

Pdl n. 342-B – Delitto contro l'ambiente

Discussione generale: 7 ore.

Relatore di maggioranza 15 minuti
Relatore di minoranza 10 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 2 minuti
Partito Democratico 32 minuti
MoVimento 5 Stelle 30 minuti
Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 30 minuti
Area Popolare (NCD - UDC) 30 minuti
Sinistra Ecologia Libertà 30 minuti
Scelta civica per l'Italia 30 minuti
Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 30 minuti
Per l'Italia – Centro Democratico 30 minuti
Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 30 minuti
Misto: 30 minuti
Alternativa Libera 12 minuti
Minoranze Linguistiche 7 minuti
Partito Socialista Italiano (PSI) – Li berali per l'Italia (PLI) 6 minuti
MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 5 minuti

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Doc. LVII, n. 3 – risoluz. 6-136 487 487 244 328 159 48 Appr.
2 Nom. Moz. Speranza e a. n. 1-769 u.n.f. 387 332 55 167 331 1 96 Appr.
3 Nom. Moz.Benedetti e a. n.1-778 I p. 390 137 253 69 132 5 96 Appr.
4 Nom. Moz.Benedetti e a. n.1-778 II p. 388 371 17 186 73 298 96 Resp.
5 Nom. Moz.Benedetti e a. n.1-778 III p. 389 127 262 64 115 12 96 Appr.
6 Nom. Moz.Benedetti e a. n.1-778 IV p. 387 366 21 184 75 291 96 Resp.
7 Nom. Moz.Benedetti e a. n.1-778 V p. 386 376 10 189 83 293 96 Resp.
8 Nom. Moz.Benedetti e a. n.1-778 VI p. 386 370 16 186 75 295 96 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). – C = Voto contrario (in votazione palese). – V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). – A = Astensione. – M = Deputato in missione. – T = Presidente di turno. – P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. – X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.