XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 659 di martedì 3 luglio 2012

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 10,05.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 28 giugno 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Bongiorno, Boniver, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Galletti, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, Lupi, Antonio Martino, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Paniz, Pecorella, Pisacane, Pisicchio, Stefani, Stucchi e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 28 giugno 2012, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla XII Commissione (Affari sociali): «Conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria» (5323) - Parere delle Commissioni I e V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 28 giugno 2012, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VII Commissione (Cultura): S. 3305 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana Pag. 2e periodica e di pubblicità istituzionale» (approvato dal Senato) (5322) - Parere delle Commissioni I, II, III, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XII e XIV.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Assegnazione alla V Commissione (Bilancio) dei disegni di legge relativi al rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2011 e all'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2012.

PRESIDENTE. Comunico che, a norma del comma 1, articolo 72, del Regolamento, i seguenti disegni di legge sono assegnati alla V Commissione (Bilancio), in sede referente, con il parere di tutte le altre Commissioni permanenti e della Commissione parlamentare per le questioni regionali: «Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2011» (5324); «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2012» (5325).
Ricordo che il calendario dei lavori dell'Assemblea prevede che la discussione sulle linee generali di tali disegni di legge abbia inizio nella seduta di lunedì 23 luglio 2012. Le Commissioni dovranno pertanto concluderne l'esame in sede consultiva e in sede referente compatibilmente con i tempi previsti dal calendario per l'esame da parte dell'Assemblea.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,10).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo.

ILEANA ARGENTIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, mi rivolgo a lei per un fatto gravissimo che sta avvenendo in queste ultime ore. È uscito un sito che si chiama www.umoremaligno.it, all'interno del quale tutte le fasce deboli vengono messe in discussione nel modo peggiore. Le dico che per quanto riguarda i disabili si parla addirittura del fatto che debbano essere uccisi nel momento in cui nascono e si parla di violenza ai danni di ragazzine disabili, incapaci di intendere e volere, con descrizioni minuziose e in cui si racconta addirittura il tipo di violenza fatta a queste ragazzine di 16 o 18 anni. Chiedo a lei, Presidente, l'oscuramento immediato del sito, se lei può aiutare in questa cosa non solo me ma tutto il nostro Paese, perché è una vergogna che si parli in questo modo del corpo di una donna incapace di intendere e di volere e soprattutto se ne parli di fronte ai genitori che le lasciano nelle mani degli operatori. E proprio tra questi operatori, molte volte, anche se per il 99 per cento sono persone perbene, poi si scopre che c'è quell'uno per cento che violenta le figlie di queste persone.
Inoltre le dico che il fatto che un genitore debba leggere che il proprio figlio deve essere ucciso soltanto perché ha una patologia, ritengo sia cosa gravissima. Questa gente ritiene di fare una satira, una satira eccessiva, ma io più che satira definirei senz'altro reato questo atteggiamento culturale, non proprio di un Paese civile. Soprattutto le assicuro che per noi disabili, che da sempre meditiamo e facciamo Pag. 3battaglie per la conquista dei nostri diritti, leggere frasi di quel tipo significa proprio perdere il contatto con una realtà che sembra non solo non conquistata, ma veramente lontana. Proprio per questo ci tengo a concludere il mio intervento parlando di oscuramento, ovviamente, del sito (farò anche una denuncia penale, mi pare ovvio), ma ci tengo a dire che noi disabili siamo felici di essere in questo mondo e ci dispiace molto per chi non è convinto di questo. Ma questo rimane un problema loro, non nostro. Non solo siamo felici di vivere, ma ogni giorno, aprendo gli occhi, vedendo il sole o la pioggia, dico sempre: grazie a mia madre e a mio padre di avermi messo al mondo. Per questo insisto e dico, mi dispiace per loro che non provano la stessa felicità, ma noi ci siamo e siamo contenti di esserci (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Argentin, la ringrazio per l'intervento e anche per la serenità con cui lo ha svolto. Oltre naturalmente a fare tutti i passi che lei riterrà di fare, la invito anche a presentare un atto di sindacato ispettivo per portare all'attenzione del Governo e dell'intero Parlamento la questione da lei posta.

MAURO PILI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, stamane il Capo dello Stato rievoca nell'isola di capo Caprera, nell'isola di La Maddalena, nell'isola di Sardegna, la figura del generale Giuseppe Garibaldi, Eroe dei due mondi, principale protagonista dell'Unità d'Italia e deputato di questo Parlamento. Userò, onorevole Presidente, pochi attimi per ricordare oggi in questa Aula uno degli episodi più significativi della vita politica di Garibaldi, le dimissioni dalla Camera dei deputati nel lontano 1868. Garibaldi, dimettendosi da deputato, in una accorata lettera ai suoi colleghi, esortandoli a proseguire nella difesa della Sardegna, ebbe a dire: «vorrei poter non addossare lo stato infelice della Sardegna a cui appartengo oggi a questo inqualificabile Governo; voglio però non mentire davanti alla mia coscienza, quindi debbo, in ossequio al vero, attribuire allo stesso ogni danno che qui succede».
Parole dure e senza ritorno pronunciate dal padre dell'Unità d'Italia in difesa di quella che lui definisce la sua terra sarda. In tempi meno lontani, il 21 febbraio del 2012, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano compiva una visita ufficiale in Sardegna. Il quotidiano La nuova Sardegna titolava sugli impegni del Capo dello Stato: crisi sarda, entro quattro settimane un decreto. Il quotidiano L'unione sarda era ancora più esplicito con un confidenziale: una speranza chiamata Giorgio. Tali affermazioni hanno costituito per il popolo sardo l'ulteriore ed ennesimo impegno dello Stato nei confronti della Sardegna. A distanza di quasi cinque mesi, e a tempi ormai abbondantemente scaduti, il Presidente della Repubblica ritorna stamane in Sardegna, ritorna cioè nei luoghi dove il Comandante dei Mille decise di lasciare il Parlamento in aperta contestazione con lo Stato e un Governo che avevano reso infelice la Sardegna.
Non corro dunque il rischio di rendere inopportuno questo mio richiamo al Presidente della Camera, perché voglia chiedere al Governo immediatamente di dare risposta agli atti parlamentari di sindacato ispettivo che denunciano un più ampio quadro di violazioni costituzionali e del principio della leale e corretta collaborazione tra gli organi costituzionali. Ad oggi nessuna vertenza della Sardegna è risolta, e tutte, dalla prima all'ultima, appaiono votate a restare insolute per l'incapacità del Governo in carica di mantenere fede agli impegni sottoscritti e proporre adeguate soluzioni. Ricordo brevemente soltanto le principali di esse e i relativi atti di sindacato ispettivo, per i quali chiedo appunto e sollecito una risposta: la mancata emanazione del decreto attuativo sulla misurazione dell'insularità, misurazione e compensazione in base all'articolo 22 della legge n. 42 del 2009; il mancato rispetto dell'articolo 8 dello Statuto in materia di competenze e di entrate per la regione Sardegna; la mancata attuazione Pag. 4di una corretta continuità territoriale tra la Sardegna e il continente; il riequilibrio del costo energetico sardo al resto del Paese e dell'Europa; la soluzione delle vertenze di Alcoa, Eurallumina, Ottana Energia, Porto Torres e Carbosulcis per evidenti responsabilità e complicità dell'ENEL, dell'ENI e di Terna. Ci sono poi due atti esplicitamente voluti da questo Governo e avallati anche dal Capo dello Stato che rappresentano di fatto e di diritto una vera e propria secessione al contrario in danno della Sardegna e dei sardi. Mi riferisco al Documento di programmazione economica e finanziaria del 2012, che esclude la Sardegna da tutte le opere infrastrutturali strategiche e prioritarie del Paese, e al decreto che ha introdotto, anche nelle regioni a statuto speciale, l'IMU violando le norme costituzionali e statutarie. Due atti che costituiscono da soli un vero e proprio attentato all'unità e alla coesione nazionali. L'appello, signor Presidente, è forte e chiaro, al Governo e al Capo dello Stato: revocate quei provvedimenti, date le risposte che la Sardegna si attende. L'isola infelice che portò alle dimissioni di Giuseppe Garibaldi dal Parlamento non può più aspettare e non aspetterà.

PRESIDENTE. La Presidenza provvederà alle sollecitazioni e alle richieste.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 10,30.

La seduta, sospesa alle 10,20, è ripresa alle 10,35.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3284 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica (Approvato dal Senato) (C. 5273-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica (C. 5273-A).
Ricordo che nella seduta del 28 giugno 2012 si è conclusa la discussione sulle linee generali e i relatori e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 5273-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 5273-A)approvato dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 5273-A) nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 5273-A). Ricordo che gli emendamenti presentati sono riferiti agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 5273-A).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, l'emendamento Borghesi 5.9, già dichiarato inammissibile in sede referente, che affida al commissario compiti in materia di riduzione della spesa non riconducibili alle finalità del decreto.
La Presidenza non ritiene altresì ammissibile l'emendamento Barbato 5.53, in quanto nella parte riferita al Segretariato generale della Presidenza della Repubblica è tale da incidere sull'autonomia funzionale del Presidente della Repubblica, costituzionalmente garantita.
Avverto altresì che le Commissioni hanno presentato gli emendamenti 1-bis.100, 5.100 e 13-ter.100, che sono in distribuzione ed in relazione ai quali risulta alla Presidenza che i gruppi abbiano convenuto sulla rinunzia ai termini per la presentazione dei subemendamenti.
Avverto inoltre che, prima dell'inizio della seduta, gli emendamenti Mura 5.4 e 5.10, Favia 5.5, Donadi 5.17 sono stati ritirati dai presentatori.
Avverto infine che l'emendamento Baretta 12.53, a pagina 19 del fascicolo, sarà posto Pag. 5in votazione prima dell'emendamento Nannicini 12.54, a pagina 18 del fascicolo.
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ed il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, come relatore per la I Commissione (Affari costituzionali), renderò i pareri per gli articoli dall'1 al 6, quindi il capo I del provvedimento in oggetto, con una breve premessa: la nostra scelta, rispetto agli emendamenti, potrebbe sembrare, ad una prima visione, draconiana. In realtà si tratta di una scelta motivata dal fatto che il provvedimento oggi in esame sulla spending review, non è che l'inizio di un percorso di revisione e razionalizzazione della spesa. È un provvedimento che contiene in particolare disposizioni inerenti all'organigramma che dovrà sovraintendere alla spending review, ai poteri del commissario e dei subcommissari, all'acquisto di beni e servizi da parte di centrali di committenza e al relativo risparmio sull'acquisto di beni e servizi medesimi, e ad alcune modalità di risparmio e di contenimento energetico da parte della pubblica amministrazione.
Ciò premesso, inizierò l'esame degli emendamenti. Signor Presidente, vuole che indichi tutti i presentatori o solo il primo presentatore?

PRESIDENTE. Solo il primo.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Mura 1.3.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Borghesi 1.4.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Borghesi 1.52.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Favia 1.5.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Bragantini 1.13.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Bragantini 1.10.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Bragantini 1.03.
Le Commissioni raccomandano l'approvazione del proprio emendamento 1-bis.100.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento La Loggia 2.54.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Lanzillotta 2.50.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Raisi 2.53.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Lanzillotta 2.51.
Le Commissioni invitano, inoltre, al ritiro dell'emendamento Volpi 2.55 per aver recepito il senso dell'emendamento 5.100 delle Commissioni, riferito all'articolo 5, comma 2, secondo periodo, in cui si propone di sostituire le parole: «devono attenersi nell'ambito», con le seguenti: «si attengono nell'esercizio».
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Zeller 2.4 e 2.3, nonché sull'articolo aggiuntivo Dal Lago 2.050 e sull'emendamento Bragantini 3.2.
Le Commissioni raccomandano l'approvazione del proprio emendamento 5.100.
Ricordo che l'emendamento Mura 5.10 è stato ritirato e che l'emendamento Borghesi 5.9 è stato dichiarato inammissibile.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento D'Amico 5.18.
Ricordo che l'emendamento Mura 5.4 è stato ritirato.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sui successivi emendamenti Vanalli 5.34, Moroni 5.51, Favia 5.11 e Donadi 5.12. Pag. 6
Ricordo che l'emendamento Favia 5.5 è stato ritirato.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sui successivi emendamenti Barbato 5.50, Mura 5.6, Borghesi 5.15, Mura 5.14 e Borghesi 5.16.
Ricordo che l'emendamento Donadi 5.17 è stato ritirato.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Borghesi 5.13.
Ricordo che l'emendamento Barbato 5.53 è stato dichiarato inammissibile.
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sui successivi emendamenti Barbato 5.52, Mantovano 5.39, Borghesi 5.7, Mura 5.8, Mantovano 5.40 e Simonetti 5.19, nonché sull'articolo aggiuntivo Mura 6.02.
Signor Presidente, con questo ho concluso, ribadendo, appunto, che si tratta di soluzioni spesso comprensibili, ma non ricomprese nell'ambito di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Sta bene. Prego, onorevole Occhiuto.

ROBERTO OCCHIUTO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, io esprimerò, dunque, i pareri dall'articolo 7 in poi. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti D'Amico 7.52 e Bitonci 7-bis.50, nonché sull'articolo aggiuntivo Moroni 7-bis.02 e sull'emendamento Favia 10.3.
Signor Presidente, vi sono alcuni emendamenti simili riferiti all'articolo 12. La questione posta da tali emendamenti a questo articolo è stata oggetto di approfondimento nelle Commissioni competenti e in Aula. I pareri dei relatori sono stati espressi in ragione di un documento del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) che, sebbene non «bollinato» dalla Ragioneria generale dello Stato, attesterebbe un effetto negativo sulla finanza pubblica pari a ben un miliardo e 200 milioni di euro.
Noi relatori abbiamo chiesto al Governo, nelle Commissioni, per le vie brevi, un ulteriore approfondimento. Se il Governo, all'esito di un ulteriore approfondimento, ritiene che non vi siano effetti apprezzabili sulla finanza pubblica, non avremmo difficoltà ad esprimere parere favorevole sugli emendamenti che seguono. Tuttavia, allo stato, in assenza di un chiarimento da parte del Governo, l'indicazione dei relatori sugli emendamenti, che ora indicherò, è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario. Si tratta degli emendamenti Nannicini 12.54, Baretta 12.53, Borghesi 12.50 e Nannicini 12.51.

PRESIDENTE. Quindi, questi sono i pareri, salvo melius re perpensa in seguito all'intervento del Governo.

ROBERTO OCCHIUTO, Relatore per la V Commissione. Sì, signor Presidente, salvo un ulteriore approfondimento da parte del Governo, che ci rassicurasse in ordine all'irrilevanza degli effetti sulla finanza pubblica.
Le Commissioni, inoltre, invitano al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Borghesi 13-bis.9, Ciccanti 13-bis.50, Palomba 13-bis.8 e Borghesi 13-bis.7.
Le Commissioni invitano, altresì, al ritiro dell'articolo aggiuntivo Calderisi 13-bis.01, ma l'invito al ritiro è reso sulla base del fatto che il Governo assumerebbe l'impegno a fare oggetto del decreto sviluppo anche la materia posta da Calderisi e Ravetto in questo emendamento. Quindi, per ora, comunque, il parere è di invito al ritiro o, altrimenti, contrario.
Le Commissioni invitano, quindi, al ritiro dell'articolo aggiuntivo Moroni 13-bis.050.
Le Commissioni raccomandano, infine, l'approvazione del proprio emendamento 13-ter.100 e invitano al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Borghesi 14.2 e 14.4.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo conferma e converge con le posizioni espresse dai relatori. Pag. 7Non so se sia questo il momento di fornire i chiarimenti richiesti in merito agli emendamenti relativi all'articolo 12.

PRESIDENTE. Sulla questione posta dall'onorevole Occhiuto? Prego.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Desidero ricapitolare una vicenda che è risultata abbastanza complessa e che ha visto un tentativo, da parte del Governo, di venire incontro alle richieste di diversi componenti della maggioranza.
Nel corso dell'iter del provvedimento, tanto al Senato quanto alla Camera, il Governo ha espresso sugli emendamenti presentati anche pareri contrastanti. Siamo, tuttavia, arrivati alla formulazione del testo delle Commissioni e, a questo punto, il Governo non può che confermare l'equilibrio che si è realizzato all'interno delle Commissioni riunite e, quindi, esprimere un parere a favore del testo così come è stato approvato dalle Commissioni.
Vorrei ricordare brevemente come è nata questa vicenda. Il contrasto sul comma 3 dell'articolo 12 è nato all'interno delle Commissioni parlamentari, prima al Senato e poi alla Camera. Originariamente, il comma 3 era stato sottoposto a delibera del Consiglio dei ministri; era stato, quindi, inserito direttamente nel decreto-legge e poi sottoposto al vaglio prima dell'emanazione del decreto-legge stesso.
Successivamente, nel corso dell'esame presso la Commissione bilancio del Senato, si era verificato un primo contrasto tra i due relatori: il relatore per la I Commissione aveva proposto la soppressione del comma 3, mentre il relatore per la V Commissione aveva, a sua volta, contrapposto la necessità di respingere l'emendamento soppressivo. Di conseguenza, il Governo si era pronunciato a favore del mantenimento del testo, essendo il testo stesso - come ho detto all'inizio - contenuto nel decreto-legge iniziale.
Successivamente, nel corso del dibattito in Aula, vi è stato un ripensamento da parte del Governo, che si è espresso a favore della soppressione del medesimo comma: così è passato il provvedimento, quando è arrivato nella discussione alla Camera.
Alla Camera si è riproposta la questione e, in quel caso, il Governo ha mantenuto la posizione che aveva assunto in Aula al Senato, ossia a favore della soppressione del comma 3. Vi è stata, quindi, una votazione presso le Commissioni che ha determinato, invece, il ripristino sostanziale della norma contenuta originariamente nel decreto-legge. Questa è la cronistoria.
Emerge dunque che vi era un contrasto valutativo all'interno della maggioranza e, quindi, alla fine il Governo non può che rimettersi ai risultati e agli esiti della votazione intervenuta.
Naturalmente, nel corso della discussione sono stati presentati una serie di argomentazioni e di documenti, dai quali emergeva il fatto che l'eventuale soppressione della norma avrebbe comportato maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Non si trattava di una vera e propria relazione tecnica, ma di acquisizioni da parte del Ministero dell'economia e delle finanze.
L'elemento di novità è che io adesso ho i pareri della Ragioneria generale dello Stato sulle proposte emendative presentate, e cito soltanto quelli relativi agli emendamenti Baretta 12.53 e Borghesi 12.50, per i quali vi è un parere espresso, che vorrei leggere, al fine di evitare qualsiasi equivoco in materia. Dice la Ragioneria generale dello Stato (il dispositivo è identico, quindi ne leggerò uno solo): «Parere contrario, in quanto la proposta comporta il venir meno del regime transitorio dell'applicazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 12, con cui viene sancita la regola dell'apertura in seduta pubblica dei plichi contenenti le offerte tecniche, determinando una situazione di incertezza per le procedure svolte prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, da cui potrebbe Pag. 8verosimilmente scaturire un rilevante contenzioso con conseguenti effetti negativi sulla finanza pubblica».
Quindi, alla luce di queste considerazioni e sulla base della scorta di quello che è intervenuto, il Governo, che è rispettoso della volontà del Parlamento, non può che confermare il testo così come uscito dalle Commissioni.

PRESIDENTE. Quindi, sottosegretario, il parere del Governo è contrario.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le chiedo scusa; non per fare i formalisti, ma siccome non è facile lavorare in queste condizioni - e non mi riferiscono alla confusione, ma al fatto che abbiamo molti decreti e molte norme, ed è un problema che riguarda tutti i parlamentari - e poiché il sottosegretario ha detto che è favorevole al testo delle Commissioni, penso sia necessario, perché qualche volta è anche accaduto che il Governo esprimesse un parere diverso rispetto agli emendamenti delle Commissioni, che il sottosegretario esprimesse il parere anche sugli emendamenti delle Commissioni, perché il testo delle Commissioni non prevede gli emendamenti che le Commissioni hanno preparato. Se il Governo è favorevole al testo significa che è contrario a tutti gli emendamenti, ivi compresi quelli delle Commissioni. Non so se mi sono spiegato.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, stiamo parlando solamente dell'articolo 12, per il resto il sottosegretario ha detto che il parere era conforme a quello espresso dai relatori.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, può darsi che abbia capito male - cosa che mi accade spesso -, ma il sottosegretario ha affermato, nell'esprimere il parere sulle proposte emendative, così come hanno fatto i due relatori - e il sottosegretario Polillo lo potrà confermare - che il parere è contrario agli emendamenti perché favorevole al testo del provvedimento, non di un emendamento, approvato dalle Commissioni.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, vorrei solo dirle che vi era una premessa, che tutto ciò che ha detto si riferiva all'articolo 12.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, credo allora che il sottosegretario debba esprimere il parere anche sugli altri emendamenti. Come vede è difficile.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, sugli altri emendamenti il sottosegretario ha espresso un parere conforme a quello delle Commissioni, e poi sull'articolo 12 fa fatto quei rilievi e ha precisato la posizione del Governo.
Comunque, tagliamo la testa al toro: sottosegretario, oltre a ciò che abbiamo sentito sull'articolo 12 in maniera molto, molto chiara, sul resto delle proposte emendative qual è il parere del Governo?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo concorda, su tutti gli emendamenti, con il parere espresso dai relatori, e ha fornito i chiarimenti richiesti dai relatori sugli emendamenti relativi all'articolo 12, i cui pareri sono contrari.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, questo lo avevamo capito, però il sottosegretario ha sostanzialmente motivato le ragioni per cui non accoglie gli emendamenti dei colleghi del PD sull'articolo 12 sostenendo che si è raggiunto un equilibrio sul testo delle Commissioni, relativamente non solo all'articolo 12, ma a Pag. 9tutti gli articoli. Evidentemente il testo delle Commissioni è quello pubblicato in calce al testo della...

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, non è così. L'equilibrio non è stato raggiunto tra il 12 e...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, capisco che lei deve dirigere l'Assemblea, ma non credo risponda anche per conto del Governo; semmai la pregherei di esplicitare ulteriormente al Governo quello che le stiamo chiedendo.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, a me interessano i pareri dei relatori, i pareri del Governo e poi vado avanti! Non mi interessa nient'altro.
Se il parere del Governo è conforme a quello dei relatori su tutti e ha chiarito sugli emendamenti all'articolo 12 le motivazioni in base alle quali non vi è un cambiamento del parere, così come richiesto dall'onorevole Occhiuto, mi sembra che si possa andare tranquillamente avanti. Non c'è relazione tra i pareri...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, c'è una precisa relazione. Il Governo ha sostenuto che non si deve cambiare nulla degli equilibri che sono rappresentati all'interno del testo che ci hanno consegnato le Commissioni.

PRESIDENTE. Va bene, ce lo chiarisce il Governo, per cortesia?

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, mi fa finire? Qui ci sono due emendamenti delle Commissioni che modificano il testo, quindi vuol dire che il Governo si è trovato di fronte, adesso, ad una realtà diversa da quella del testo che ci è stato consegnato dalle Commissioni. Quindi il Governo può anche riconsiderare l'atteggiamento con il quale è venuto in Aula dicendo che quello è l'equilibrio che non bisogna toccare, perché le Commissioni hanno presentato due emendamenti e probabilmente, se del caso, nel corso della discussione in Aula le Commissioni possono anche fare propri o riformulare totalmente anche emendamenti relativi all'articolo 12.
Se il Governo dice di non toccare nessun articolo, non si capisce perché le Commissioni, attraverso un emendamento, riformulano il testo che è delle Commissioni medesime. Questo è il punto, signor Presidente.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Non è proprio così, onorevole Quartiani, perché il testo già nelle Commissioni è stato modificato. Oggi sono stati approvati dalle Commissioni due emendamenti di carattere formale e ce ne sarà uno ulteriore che il Comitato dei diciotto ha avuto modo di vedere, il cui parere la collega Bernini ha già espresso all'articolo 5.
Credo che l'interpretazione - ma ce lo dirà il Governo - è nel senso di dire che i pareri già dati dal precedente Comitato dei diciotto - salvo quelli su cui le modifiche sono intervenute - rimangono fermi, per cui a quel testo altre modifiche, oltre a queste - lo ripeto - di carattere formale, mi pare che non ce ne siano. Questo è il perimetro entro cui stiamo lavorando.

PRESIDENTE. Il Governo vuole chiarire, per cortesia, il suo intendimento?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sì, Signor Presidente. Gli emendamenti presentati dalle Commissioni, che sono stati discussi e approvati in sede di Comitato dei diciotto, sono puramente e semplicemente di carattere formale e recano modifiche che si potevano fare anche in sede Pag. 10di coordinamento formale del testo, quindi non spostano molto il discorso che abbiamo fatto.

PRESIDENTE. Va bene, possiamo andare avanti.

PIER PAOLO BARETTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, qualche minuto fa nel Comitato dei diciotto non c'era nessuna relazione tecnica e nessun parere della Ragioneria generale e, alla luce di quello, il Governo aveva confermato l'opinione politica precedente, salvo affidarsi al parere dei relatori. Adesso il Governo esibisce in Aula - legittimamente - un parere della Ragioneria, di cui noi non abbiamo avuto conoscenza, e motiva il suo parere contrario sulla base di questa novità, che non è stata esibita prima e di cui pregherei di avere anche conoscenza nel dettaglio.
Aggiungo anche che, da quanto il sottosegretario ci ha letto, il parere della Ragioneria è semplicemente il riconoscimento che c'è un contenzioso, cosa che sapevamo tutti, perché è esattamente quello di cui si sta discutendo. Non c'è nessuna quantificazione degli oneri finanziari, quindi mi pare che siamo in una situazione che francamente va oltre il contenuto e il merito. Quindi, chiedo che su questo punto ci sia un ulteriore approfondimento, anche perché - lo ripeto - questo è un parere solo su due emendamenti e non su tutti quelli all'articolo 12.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, però, onorevole Borghesi, stiamo facendo una discussione sull'articolo 12.

ANTONIO BORGHESI. Sì, Signor Presidente, ma credo che sia una discussione che va fatta ora, perché questa improvvisa uscita della Ragioneria contiene un ragionamento senza quantificazione, in cui si dice semplicemente che ci possono essere costi a carico della finanza pubblica.
Però non si dice se, rifacendo la gara, ci sarebbero vantaggi per la finanza pubblica, che pure è nelle possibilità. Per cui si tratta di una dichiarazione che francamente non modifica per nulla il senso della discussione che abbiamo svolto su questo punto, prima in Commissione e poi in sede di Comitato dei diciotto.

AMEDEO CICCANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, durante il Comitato dei diciotto, non si è discusso di questo aspetto nuovo della relazione della Ragioneria generale dello Stato, ancorché non si tratta di una cosiddetta «bollinatura», dovendosi acquisire una relazione tecnica che non è stata mai emessa. Pertanto, signor Presidente, le chiedo, come parlamentare e membro del Comitato dei nove, di poter acquisire questo parere della Ragioneria, che non è agli atti e che non è di secondaria importanza per noi per meglio valutare l'articolo 12 quando verrà esaminato.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, il sottosegretario ne ha dato lettura e può tranquillamente acquisirlo, è in Aula.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, ho ascoltato le argomentazioni sviluppate dai colleghi. Tuttavia dobbiamo dare contezza all'Aula di due fatti sostanziali, che sono quelli che sono. Qualora, cioè, si dovessero annullare queste gare, sicuramente il ribasso medio, pari quasi al 16 per cento, calcolabile già sin da adesso in diverse centinaia di milioni di euro, rappresenta un dato di fatto. I colleghi obiettano che probabilmente, Pag. 11qualora si dovessero andare a rifare delle nuove gare, il ribasso potrebbe essere maggiore ma potrebbe esser anche uguale o minore. Questo è un dato di fatto.

PRESIDENTE. Onorevole Marinello, noi stiamo entrando nel merito dell'articolo 12, ma non siamo ancora arrivati all'esame dell'articolo 12. Per cortesia, non mi costringa a toglierle la parola e concluda.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Intervengo sulla relazione tecnica. La relazione tecnica in realtà c'è, signor Presidente, ed è quella di accompagnamento del decreto-legge, così come elaborato dal Governo, perché di fatto il testo della Commissione riporta il testo del Governo alla ratio originaria. Quindi, di fatto già c'è una relazione tecnica.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, anche dopo aver ascoltato le motivazioni del collega del Popolo della Libertà, rimango della convinzione che, poiché, come ha detto il Governo, qui si tratta di un equilibrio complessivo, noi non possiamo rinviare la verifica e lo studio della documentazione, che ci è stata qui fornita anche attraverso il Governo, della Ragioneria generale dello Stato, che è un fatto nuovo che interviene complessivamente su equilibri che evidentemente sono equilibri che devono riguardare l'intera maggioranza e devono riguardare l'intero provvedimento.
Quindi, proprio in funzione del fatto che bisogna dare, almeno al Comitato dei diciotto, la possibilità a tutti i componenti di verificare di cosa si tratta per ristabilire gli eventuali equilibri necessari e per sapere esattamente su quali equilibri andiamo a discutere e votare in Aula, le chiedo formalmente di procedere ad una sospensione di almeno mezz'ora. Evidentemente, se i relatori non sono d'accordo, le chiedo anche di mettere ai voti la proposta di sospensione.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, vuole intervenire? È stata chiesta una sospensione dei lavori.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, noi ancora dobbiamo iniziare l'esame del provvedimento. Stanno chiedendo una sospensione sull'articolo 12 ...

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, ne hanno fatto una questione pregiudiziale perché si ritiene che ci siano degli equilibri che riguardano l'intero testo.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Tuttavia una sospensione in questa fase credo che proprio non abbia senso perché abbiamo tanti articoli da votare. Poi, in sede di esame dell'articolo 12, vedremo a che punto saremo, quali sono le assicurazioni che potrà dare il Governo, dopodiché ci regoleremo di conseguenza.

PRESIDENTE. Poiché vi è stata una richiesta di sospensione, formalizzata dal collega Quartiani, la porrò in votazione. Darò la parola ad un deputato a favore e ad uno contro. Prendo atto che un intervento a favore già c'è stato. C'è qualcuno che vuole intervenire contro? Prendo atto che non vi sono richieste di intervento contrario.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta dell'onorevole Quartiani di sospensione della seduta per 30 minuti.
(È respinta).

La Camera respinge per 53 voti di differenza. Pag. 12
Passiamo all'emendamento Mura 1.3. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, con questo emendamento noi chiediamo che tra i criteri guida per il taglio delle attività e dei servizi della pubblica amministrazione ci sia la salvaguardia delle prestazioni che per precetto costituzionale ineriscono i diritti civili e sociali e che debbono essere garantite su tutto il territorio nazionale in modo tale che uguali risultino essere il diritto di accesso e l'utilizzo delle prestazioni medesime.
A noi pare una riaffermazione di diritti garantiti dalla Costituzione e che dovrebbero essere trasfusi anche nell'attività di spending review. Per questo chiediamo che si voti nonostante il parere contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mura 1.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Saltamartini, Frassinetti, Adornato, D'Antoni, Craxi e Giammanco...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 424
Votanti 377
Astenuti 47
Maggioranza 189
Hanno votato
16
Hanno votato
no 361).

Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Borghesi 1.4 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore e insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 1.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Romani, Sardelli, Cassinelli, Coscia e Rao.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 423
Votanti 374
Astenuti 49
Maggioranza 188
Hanno votato
17
Hanno votato
no 357).

Passiamo all'emendamento Borghesi 1.52. Chiedo ai presentatori se accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, come è noto, viene istituito un comitato e il testo non esclude la corresponsione di compensi e di rimborsi ai membri del comitato. Poiché la relazione tecnica afferma che il provvedimento non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, a noi pare che dovrebbe essere esplicitato il fatto che ai membri del comitato non sono corrisposti compensi o rimborsi. Poiché parliamo di spending review per ridurre le spese pubbliche, sarebbe davvero - permettetemi di dirlo - ridicolo se prevedessimo poi un comitato al quale corrispondere indennità, compensi o rimborsi di sorta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 1.52, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Dionisi, D'Antoni, Castagnetti, Coscia... Pag. 13
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 425
Votanti 423
Astenuti 2
Maggioranza 212
Hanno votato
64
Hanno votato
no 359).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 1.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Leo, Mura, Scilipoti, Paladini, Ronchi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 420
Votanti 373
Astenuti 47
Maggioranza 187
Hanno votato
17
Hanno votato
no 356).

Passiamo all'emendamento Bragantini 1.13.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Bragantini 1.13 formulato dal relatore.

PIERGUIDO VANALLI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, l'emendamento vorrebbe portare l'attenzione sul fatto che, secondo noi, la spesa e gli sprechi maggiori di questo Stato non sono sicuramente nelle amministrazioni locali, perlomeno non in tutte le amministrazioni locali, ma sicuramente negli apparati dello Stato centrale. Infatti, tutti possono verificare quanto di buono gli enti locali, i comuni e le province, siano riusciti a fare negli ultimi anni razionalizzando le spese e contenendole, offrendo servizi sempre migliori e facendo in modo che raggiungessero il maggior numero di cittadini possibile ad un costo minore. Abbiamo poi soprattutto al nord esempi di comuni particolarmente virtuosi che potrebbero benissimo essere presi come riferimento per l'individuazione dei famosi costi standard, ai quali far riferimento per tutta la spesa pubblica e non solo per quella sanitaria. Quindi, per quanto riguarda la spesa sanitaria, ci sono le regioni, ma ci sono anche gli enti locali da usare come parametro di riferimento per il numero dei dipendenti, che è oggetto in questi giorni di dibattito pubblico: l'eccessivo numero di dipendenti soprattutto in alcuni enti. In questo caso, gli enti locali del nord potrebbero benissimo insegnare come si può ben gestire e bene utilizzare fondi pubblici, rendendo servizi ai cittadini in maniera ottimale con un numero sicuramente minore di dipendenti rispetto alla maggior parte degli enti locali del sud. Quindi, il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, secondo noi, dovrebbero essere centrati e concentrati in particolare sulla spesa delle amministrazioni centrali dello Stato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bragantini 1.13, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cesa, Sardelli, Garagnani, Mazzuca, Marchignoli, Dima...
Dichiaro chiusa la votazione. Pag. 14
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 427
Votanti 425
Astenuti 2
Maggioranza 213
Hanno votato
62
Hanno votato
no 363).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Bragantini 1.10.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Bragantini 1.10, formulato dal relatore.

MATTEO BRAGANTINI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, rimango veramente stupito dal parere contrario dato su questo emendamento e spero che i colleghi lo leggano, anzi, ve lo leggo io. Questo emendamento prevede una cosa semplicissima: le risorse ricavate dalla riorganizzazione e revisione della spesa delle amministrazioni pubbliche sono destinate prioritariamente, insieme a quelle derivanti dal contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, alla riduzione della pressione fiscale, in particolare sui redditi da lavoro e da impresa.
Dunque, semplicemente, questo emendamento prevede che, se riusciamo e dobbiamo fare risparmi sulla burocrazia, questi risparmi dobbiamo immediatamente girarli alle nostre imprese e ai nostri lavoratori, in modo da dare maggiore liquidità ai nostri cittadini e dare loro la possibilità di poter arrivare a fine mese, fare delle spese e avere una vita dignitosa.
Dunque, non riesco a capire il perché di questa contrarietà. Dovremmo essere tutti favorevoli in merito al fatto che, quando si va a contrastare l'elusione e l'evasione fiscale e quando si vanno a tagliare gli sprechi, le risorse immediatamente vengano girate ai nostri cittadini, che hanno già fatto troppi sacrifici.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 11,15)

MATTEO BRAGANTINI. Anche perché, in una situazione di ristagno economico, è meglio ed è importante dare liquidità al sistema, e dunque dare la possibilità ai nostri cittadini di poter spendere e di poter vivere in modo tranquillo, in modo da far girare ancora di più l'economia.
Dunque, spero veramente che i colleghi abbiano letto e capito questo emendamento, che è veramente solo di buonsenso, che risolve dei problemi concreti e che veramente, forse, può dare una mano a risolvere questa crisi economica, non alzando le tasse, ma ridando, finalmente, i soldi ai cittadini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, noi dell'Unione di Centro votiamo contro questo emendamento, e spieghiamo il perché. Noi ci siamo trovati, con la manovra estiva, di fronte a un buco di 20 miliardi, perché il Governo sostenuto dalla Lega Nord aveva «cifrato» così la riduzione delle detrazioni fiscali per famiglie ed imprese, che il Governo Monti, con il decreto «salva Italia», ha dovuto coprire con un aumento dell'IVA, a decorrere dall'ottobre del 2012, pari a due punti percentuali, dal 21 al 23 per cento.
Il ricavato della spending review, nella misura di 4,2 miliardi, dovrebbe servire per non gravare famiglie ed imprese di questo aumento dell'IVA del 2 per cento, e si cifra, si è detto, in 4,2 miliardi di euro.
Noi non vogliamo smentire questo programma proprio nell'interesse dell'economia reale, che già vive una situazione di depressione economica, e vogliamo, pertanto, Pag. 15mantenerlo e invitare a votare contro questo emendamento, che prevede ben altre cose.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bragantini 1.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 431
Votanti 430
Astenuti 1
Maggioranza 216
Hanno votato
62
Hanno votato
no 368).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare e che la deputata Ferranti ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'articolo aggiuntivo Bragantini 1.03.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Bragantini 1.03, formulato dal relatore.

FABIO MERONI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO MERONI. Signor Presidente, signor sottosegretario, a differenza del mio collega Bragantini io penso che, forse, qualcuno non abbia letto bene tutti gli emendamenti presentati, visto che ne è stato chiesto il ritiro o è stato dato parere contrario.
Cosa dice l'articolo aggiuntivo in esame? Dice di aggiungere, dopo l'articolo 1, l'1.1 secondo cui «Nell'ambito della razionalizzazione della spesa pubblica, il Governo provvede alla soppressione e messa in liquidazione degli enti pubblici inutili e degli altri enti, autorità, agenzie, organismi, uffici o soggetti pubblici comunque denominati e sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale».
Signor Presidente, in sede di discussione sulle linee generali, che si è svolta giovedì scorso, abbiamo già avuto modo di dire che non si vuole andare ad incidere laddove si potrebbe. Come Governo, come parlamentari, siamo andati all'Assemblea dell'UPI - che non è, come è stato scritto, un'assemblea di Lupi il vicepresidente, ma dell'Unione province italiane - a dire che stiamo pensando di presentare un disegno di legge per sopprimere magari anche qualche prefettura! Vi è, sul tema, un disegno di legge presentato al Senato a firma di deputati della Lega Nord Padania, del Popolo della Libertà, del Partito Democratico!
Eppure, vi sono tante proposte emendative di buonsenso, come, ad esempio, quelle presentate dall'amico Crosetto, dove si chiedeva di controllare gli invalidi; oggi abbiamo ancora la riprova che qualche invalido continua a percepire pensioni che non gli spettano di diritto. Vi sono altre proposte emendative, come quelle dell'onorevole Giovanelli, dichiarate addirittura irricevibili, che si occupavano della necessità di chiudere gli enti che sono solo uno sperpero di denaro pubblico. Ecco perché io penso che tanti emendamenti di buonsenso meriterebbero, perlomeno, una lettura.
Il gruppo della Lega Nord Padania voterà a favore dell'articolo aggiuntivo in esame (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, credo che l'articolo aggiuntivo in esame sia inutile, perché già al primo comma dell'articolo 1 si spiega che il compito del Comitato è non solo quello di Pag. 16indirizzo e coordinamento, ma anche di ridimensionamento delle strutture che producono spesa. Quindi, trattandosi di una norma programmatica, implicitamente, attraverso questa funzione di coordinamento, si farà anche ciò che è richiesto dall'articolo aggiuntivo in oggetto presentato dalla Lega Nord Padania.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Bragantini 1.03, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sardelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 439
Votanti 437
Astenuti 2
Maggioranza 219
Hanno votato
63
Hanno votato
no 374).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1-bis 100 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Gava...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 443
Votanti 396
Astenuti 47
Maggioranza 199
Hanno votato
383
Hanno votato
no 13).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Scilipoti ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Passiamo all'emendamento La Loggia 2.54.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento La Loggia 2.54 formulato dal relatore.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro formulato dal relatore e trasformerò l'emendamento in esame in un ordine del giorno.
Spiegherò poi, nel momento in cui potrò farlo, le ragioni per le quali accedo all'invito al ritiro e preferisco presentare un ordine del giorno, fornendo all'Assemblea i dati dell'ultimo decennio che giustificherebbero una così forte riduzione della spesa pubblica.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Lanzillotta 2.50.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Lanzillotta 2.50 formulato dal relatore.
Prendo atto che l'onorevole Lanzillotta non è presente in Aula, quindi l'emendamento Lanzillotta 2.50 si intende ritirato.
Passiamo all'emendamento Raisi 2.53.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Raisi 2.53, formulato dal relatore.

ENZO RAISI. Signor Presidente questo emendamento voleva sopprimere l'emendamento votato nelle Commissioni, cui peraltro mi risulta il Governo fosse contrario.
Sostanzialmente vi si dice che la spending review viene applicata a tutte le società a partecipazione pubblica ed alle loro controllate, tranne che a quelle che non hanno registrato perdite negli ultimi tre esercizi. Mancava scrivere nome e cognome, perché tanto sono solo due queste società: Poste italiane e Ferrovie dello Stato.
L'emendamento soppressivo che io ho presentato intendeva proprio cercare di Pag. 17capire e di rinserire un principio per cui tutte le società partecipate debbano sottostare alla spending review.
Il fatto che il relatore non abbia spiegato dal punto di vista del diritto perché il mio emendamento non può essere accettato e soprattutto il fatto che il Governo si sia adeguato alla proposta del relatore, fanno sì che per responsabilità - essendo io componente della maggioranza, e certamente non intendendo mettere in difficoltà né la mia maggioranza né il mio Governo - io ritiri il mio emendamento.
Sono consapevole, però, che si permette un atto abominevole, perché si continua ancora una volta, anche di fronte ad un importante scelta come quella della spending review, a permettere che in questo Paese vi siano delle repubbliche indipendenti, ovvero delle società che possono fare quello che vogliono senza poter essere controllate (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Lanzillotta 2.51 formulato dal relatore.
Prendo atto che l'onorevole Lanzillotta non è presente in Aula, quindi l'emendamento Lanzillotta 2.51 si intende ritirato.
Passiamo all'emendamento Volpi 2.55.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Volpi 2.55 formulato dal relatore.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, abbiamo proposto quest'emendamento con la specifica intenzione di chiarire una situazione che secondo noi è profondamente sbagliata. Non è nemmeno una posizione politica che esprimiamo. Esprimiamo piuttosto una posizione di buon senso sull'impossibilità che, attraverso strumenti diversi, si intervenga su società per azioni, obbligando le stesse a fare determinate cose.
Su questo aspetto, signor Presidente, c'è stata una posizione assolutamente ferma del Governo, secondo noi contro ogni logica. Non so come farà un commissario ad andare a dire all'amministratore delegato di una Spa cosa debba comprare. Lo sa solo il sottosegretario Polillo come funzionerà.
Su questo punto, c'è stata adesso una proposta di riformulazione da parte della relatrice Bernini, che però non riguarda questo articolo, ma riporta una specificazione all'articolo 5. La riformulazione, devo dire - e non si offenda certamente la relatrice - non mi convince assolutamente, in senso completo. Ciò detto, però, il lavoro che i relatori hanno svolto in questo senso, è utile per riuscire a portare questo provvedimento al di fuori dell'Aula in tempi ragionevoli.
Accettiamo l'invito al ritiro del nostro emendamento, affidandoci alla cura dei relatori, che hanno avanzato una proposta intelligente, a differenza di quello che non ha fatto il Governo, non recependo una cosa logica.
Chiedo però un chiarimento, perché il Governo prima è intervenuto, nel momento in cui ha dato i pareri, parlando di tutti gli emendamenti e specificando la sua contrarietà unicamente ad un emendamento delle Commissioni, che riguardava una particolare situazione. Sottintendo, quindi, che l'emendamento proposto in maniera verbale - sarà poi ovviamente formalizzato - da parte dei relatori alla specifica situazione indicata nel mio emendamento, ottenga il parere favorevole del Governo.
Infatti è evidentemente una riflessione che credo sia necessaria nel momento in cui accediamo all'invito al ritiro.

PRESIDENTE. Prendo atto che il sottosegretario Polillo non intende intervenire e che i presentatori dell'emendamento Volpi 2.55 accedono all'invito al ritiro.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Zeller 2.4 accedono all'invito al ritiro.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Zeller 2.3 accedono all'invito al ritiro.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Dal Lago 2.050. Pag. 18
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Dal Lago 2.050 formulato dal relatore.

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, evidentemente non ritiro il mio articolo aggiuntivo, anche perché qui stiamo approvando un decreto-legge sulla spending review, che significa revisione della spesa, ma che, nell'intenzione di revisione, è uguale a risparmio di spesa, data la situazione economica del Paese. Mi pare, quindi, non comprensibile che non sia stato accettato un emendamento che semplicemente preveda che laddove arrivano soldi pubblici, nessuno possa prendere uno stipendio - penso anche ai funzionari del Parlamento, penso ai funzionari dei Ministeri, penso a tanti presidenti di consigli di amministrazione di società di proprietà, in particolar modo, pubblica - che superi la cifra presa dai parlamentari. I parlamentari in questo periodo hanno in parte diminuito ciò che loro spetta. Sono stati dai cittadini considerati una casta. «Casta» significa: coloro che prendono tanto, che prendono troppo. Noi abbiamo dato un esempio, ritengo comunque che ciò che ci rimane sia un'ottima indennità. Credo corretto che tutti diano l'esempio, tutti, anche coloro che siedono nei banchi del Governo e cercano comunque di mantenere le prebende che hanno nei vari Ministeri, adeguandosi a quella che è considerata dai cittadini italiani una super-prebenda, quella della cosiddetta «casta». Ecco i motivi per cui, signor Presidente, non ritiro la mia proposta emendativa e sarà mia premura far sapere ai cittadini chi sono coloro che voteranno contro questa proposta emendativa.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, chiedo di poter apporre la mia firma all'articolo aggiuntivo Dal Lago 2.050, anche a un nome di tutto il gruppo dell'Italia dei Valori.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Dal Lago 2.050, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 451
Votanti 441
Astenuti 10
Maggioranza 221
Hanno votato
76
Hanno votato
no 365).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Bragantini 3.2 formulato dai relatori.

MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, questa proposta emendativa è molto semplice e molto precisa: siccome stiamo parlando di spending review, siccome stiamo dicendo che bisogna diminuire le spese della pubblica amministrazione, soprattutto gli sperperi e i costi, noi invitiamo a dare immediatamente l'esempio. Siccome andiamo a prendere un'ulteriore persona esterna alla pubblica amministrazione - va benissimo, prendiamo un altro tecnico, non c'è solo il Governo che è fatto di tecnici - ma diamogli al massimo l'80 per cento del trattamento complessivo spettante alla carica di dirigente generale. Questo per dare un segnale. Se dobbiamo prendere uno che deve andare a far vedere dove sono gli sprechi e dove bisogna andare a tagliare, soprattutto per quando riguarda i maxicompensi e i benefit che ci sono nella pubblica amministrazione, costui è il primo che deve dare il buon esempio e dunque deve avere non dico zero lire o zero euro, ma al massimo l'80 Pag. 19per cento. Così dopo potrà dire immediatamente: tagliamo tutto e riportiamo tutto al mio livello. Questo è un esempio per andare veramente a tagliare gli sperperi e quello che non funziona in questo Stato, i maxistipendi che ci sono nella pubblica amministrazione a livello apicale. Dunque noi veramente invitiamo tutti i colleghi. Insomma, ci continuano a dire che noi parlamentari siamo strapagati e straricchi e poi ci sono tutti i funzionari che prendono dieci volte quello che prendiamo noi.
Cominciamo ad abbassare lo stipendio anche a questi funzionari che non sono eletti, che non devono mettere la loro faccia sui giornali, ma che sono solo pagati più di noi e non hanno responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bragantini 3.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 434
Astenuti 20
Maggioranza 218
Hanno votato
57
Hanno votato
no 377).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.100 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 447
Astenuti 7
Maggioranza 224
Hanno votato
435
Hanno votato
no 12).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Ricordo che l'emendamento Mura 5.10 è stato ritirato e che l'emendamento Borghesi 5.9 è inammissibile. Passiamo all'emendamento D'Amico 5.18. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento D'Amico 5.18 formulato dal relatore.

CLAUDIO D'AMICO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, abbiamo capito che con questo primo provvedimento di spending review si sono voluti creare il Comitato interministeriale e il Commissario e dargli i poteri, però noi riteniamo fondamentale inserire già alcune delle priorità che il Commissario ed il Comitato dovranno portare avanti e perseguire. Una di queste priorità (tra le altre, perché ne abbiamo già sottolineate alcune) è quella di andare a verificare e a contenere i costi del personale delle regioni. Noi abbiamo regioni virtuose e regioni molto, molto meno virtuose. Abbiamo un rapporto tra cittadino e dipendente regionale che può variare anche di dieci volte in più o in meno a seconda della regione interessata. Quindi, senza andare a toccare le regioni a statuto speciale, sulle quali ci sarebbe da fare un grossissimo ragionamento (basti vedere la Sicilia, il cui numero dei dipendenti è più di 15 volte la Lombardia), si voleva almeno dare un segnale per le regioni a statuto ordinario. Allora noi cosa abbiamo detto? Prendiamo la media del dipendente regionale per abitante, facciamo la media, e le regioni che superano questa media si devono adeguare Pag. 20a questo indice. È una sacrosanta misura che va nella linea del contenimento dei costi e sopratutto andrebbe a sanare uno dei grossi problemi che riguardano alcune regioni che, visto che poi pagava Pantalone, e da Roma i soldi venivano trovati per ripianare i debiti, si permettevano in passato continuamente di assumere personale.
Penso che questa sia un'indicazione importante, ed è giusto inserirla già in questo primo provvedimento di spending review, senza aspettare. Ci sono cose che non possono aspettare, dobbiamo farle subito. Questo servirebbe anche a dare indicazione a chi sta discutendo in questi giorni sulla seconda fase di spending review. Quindi chiediamo un voto favorevole da parte dell'Aula, anche se il Governo inspiegabilmente ha dato parere contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, vorrei intervenire su questo emendamento per farne capire anche ai colleghi la portata.
Con il presente emendamento si cerca di unificare i costi della pubblica amministrazione. Vorrei sapere se quest'Italia è veramente unita, non solo nel momento del calcio che, per carità, al di là della passione, ci unifica, ma anche quando c'è da pagare il numero dei dirigenti. Vorrei sapere perché in alcune regioni, di un colore o dell'altro, per esempio in Emilia-Romagna e in Lombardia, c'è un dirigente della regione ogni 10-12-20 mila abitanti e, in altre regioni, dove c'è un po' più caldo, un po' meno nebbia e dove magari la vita, tutto sommato, non ha i ritmi frenetici di altre, ce n'è uno ogni 1.000-1.500 abitanti. Questo dice l'emendamento, non è un emendamento divisorio, è un emendamento che ai nostri cittadini è particolarmente caro.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Amico 5.18, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 448
Votanti 427
Astenuti 21
Maggioranza 214
Hanno votato
54
Hanno votato
no 373).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Ricordo che l'emendamento Mura 5.4 è stato ritirato.
Passiamo all'emendamento Vanalli 5.34. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, il presente emendamento voleva cercare di chiarire un aspetto di questo articolo, dove si afferma, cioè, che il commissario propone ad alcuni organi dello Stato, alle regioni, alle province e al sindaco di sospendere, revocare o annullare d'ufficio singole gare o procedure relative all'acquisto di beni e servizi.
Ricordo a tutti che le gare per affidamenti di servizi o per qualsiasi altro genere di necessità degli enti locali, ma non solo, non sono di competenza del sindaco, ma vengono svolte direttamente dai funzionari, ai quali spetta, grazie alle riforme Bassanini, questo ingrato compito. Prevedere che sia il sindaco a revocare direttamente una gara che è stata già affidata o, comunque, che è in corso, la trovo una questione abbastanza complicata, se non impossibile.
Se, poi, addirittura, diamo come motivazione dell'annullamento ragioni di opportunità, voglio vedere cosa succede se il sindaco per un'opportunità - tutti sapete cosa vuol dire un'opportunità, può essere qualunque cosa - revoca o annulla una gara. Pag. 21Voglio vedere cosa succede in quel caso. La proposta, quindi, è che i motivi per i quali una gara possa essere revocata non siano di opportunità, ma per lo meno siano motivi evidenti e comprovati, proprio in ragione della necessità per la quale la gara deve essere annullata, altrimenti avremmo un'infinità di ricorsi e controricorsi e metteremmo in piedi un casino che non finisce più, perché qualcuno per opportunità ritiene che magari l'amico giusto non abbia vinto una gara.
Invitavo, quindi, a riflettere su questo aspetto. Che il commissario possa proporre a qualche organo dello Stato di rivedere una gara perché ritiene che qualcosa non abbia funzionato ci può anche stare, ma le modalità di come la revisione, la revoca o l'annullamento avvengono devono essere e sono definite da leggi che già esistono, dalle riforme Bassanini e non solo, e solamente per ultimo direi di lasciare in mano a qualcuno l'opportunità di poterlo fare così, a suo piacimento. Altrimenti, possiamo benissimo cancellare il codice degli appalti e tutto quello che abbiamo fatto negli ultimi vent'anni perché basta, come dovrebbe in teoria bastare, la buona volontà degli amministratori locali di fare le cose con coscienza e intelligenza. Quindi, tutte le norme che ci stiamo dando da sempre in questa Camera valgono per quel che valgono perché, dato per scontato che tutti sono bravi, intelligenti e onesti, tutte le gare non verranno mai annullate per nessun motivo di opportunità e perché diamo per scontato che vengono svolte con correttezza.
Quindi l'invito è quello innanzitutto a ragionare sul provvedimento, quindi magari rivederlo al Senato, perché non può esistere che sia il sindaco a revocare una gara già indetta. Magari il sindaco può invitare gli uffici a rivedere questa gara, quindi praticamente il sindaco prende il posto del commissario, però - lo ripeto - per lo meno le motivazioni per le quali eventualmente una gara viene revocata non possono essere semplicemente di opportunità, ma più sostanziali e di necessità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Laura Molteni. Ne ha facoltà, per un minuto.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, voglio ricordare ai colleghi che hanno fatto parte della Commissione di indagine e di inchiesta sugli errori sanitari e disavanzo spesa pubblica il caso della regione Calabria e la relazione, che è stata approvata dalla Commissione, dalla quale si evincevano situazioni molto inquietanti, addirittura relative a certe fatturazioni false. Allora io credo che sia importante, soprattutto nelle regioni dove vi è il disavanzo - e qui si parla di saldi negativi al 2009 di 1.000 milioni di euro per la regione Calabria, 1.600 milioni di euro per la regione Lazio, 1.000 milioni di euro per la regione Campania, 100 milioni di euro per la regione Molise ed altri saldi negativi ancora -, indagarne le ragioni per fare chiarezza.
Dunque, chiedo agli stessi colleghi che hanno votato quella relazione, che è stata licenziata dalla Commissione il 14 luglio di un anno fa, di valutare attentamente l'emendamento in esame e di votare a favore. Differentemente contraddirebbero loro stessi e la linea politica di rigore portata avanti in Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vanalli 5.34, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 448
Astenuti 6
Maggioranza 225
Hanno votato
47
Hanno votato
no 401). Pag. 22

Prendo atto che i deputati Cimadoro e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che l'emendamento Moroni 5.51 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Favia 5.11. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per dire che con l'emendamento in esame volevamo ampliare i poteri del commissario nell'ambito del contrasto all'evasione ed elusione fiscale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 5.11, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Di Stanislao...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 455
Votanti 402
Astenuti 53
Maggioranza 202
Hanno votato
16
Hanno votato
no 386).

Prendo atto che il deputato Tullo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Donadi 5.12. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, anche qui segue un altro emendamento. Ce ne saranno alcuni che sono tesi ad ampliare i poteri del commissario, in questo caso per quanto riguarda le procedure di scioglimento effettivo di enti già disciolti e che continuano a sopravvivere da decine d'anni. A noi sembra che anche su questo punto sia necessario porre finalmente la parola «fine»: visto che c'è un commissario che potrebbe finalmente farlo, noi chiediamo che gli si diano i poteri per agire in questo senso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Donadi 5.12, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 452
Votanti 445
Astenuti 7
Maggioranza 223
Hanno votato
60
Hanno votato
no 385).

Prendo atto che il deputato Tullo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Ricordo che l'emendamento Favia 5.5 è stato ritirato.
Passiamo all'emendamento Barbato 5.50.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Barbato 5.50 formulato dai relatori.

FRANCESCO BARBATO. No, signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor deputato Presidente, con questo emendamento vorrei ridisegnare una burocrazia pubblica tendente verso l'efficienza; soprattutto, vorrei una burocrazia repubblicana, cioè sottoposta solo alla legge e non al politico Pag. 23o al potente di turno. Per questa ragione, occorre costruire una burocrazia pubblica per meriti, per competenze, per professionalità e non con consulenze esterne e collaborazioni.
Alla pubblica amministrazione bisogna accedervi mediante concorsi pubblici: dunque, per questa ragione, noi riteniamo che sia necessario eliminare le consulenze esterne. Le consulenze, infatti, servono per far arrivare persone senza capacità, senza meriti e senza titoli, ma che sono, probabilmente, le amanti di turno, gli attaché di qualche partito, insomma la solita palude che conosciamo fin troppo.
Con le consulenze esterne, mi sono recato davanti a Palazzo Chigi: con la mia lavagnetta feci vedere come alla Presidenza del Consiglio dei ministri vi fossero, addirittura, quattro capi dipartimento che erano consulenti esterni. Mi fa piacere che, in seguito, il Presidente Monti li abbia estromessi da Palazzo Chigi e mi fa piacere che la stampa abbia dato al Presidente Monti questo merito, benché, insieme al presidente Di Pietro, sollevammo noi il caso in Parlamento.
Con questo mio emendamento, vorrei modificare soprattutto il decreto legislativo n. 165 del 2008 concernente gli incarichi nelle funzioni dirigenziali. Domenica scorsa, è venuta a casa mia una delegazione di giovani che ha partecipato ad un concorso pubblico per 157 posti nella Marina militare. Lo Stato bandisce questo concorso pubblico, ma poi cosa fa? Ne assume solo 80, mentre agli altri 77 dice: guardate, c'è da spending review e, quindi, dobbiamo tagliare i costi del Ministero della difesa. Questo è uno Stato che non mantiene la sua parola, perché, se pubblica un bando per 157 posti, deve assumere 157 concorrenti vincitori.
Al contrario, giovedì scorso, durante la celebrazione del 238 anniversario della Guardia di finanza, a L'Aquila, mi tocca vedere un generale con la divisa dell'Esercito a 73 anni. Se non sbaglio, se non ricordo male, nell'Esercito, i dirigenti e i livelli apicali devono andare in pensione a 63 anni, dopodiché ci sono solo cinque anni di regime ausiliario, cioè possono essere richiamati solo nei cinque anni successivi. E siamo arrivati a 68 anni. Come fa, allora, il generale Mosca Moschini a stare con la divisa militare? Perché è ancora in divisa il generale Mosca Moschini a 73 anni, quando non ha più titolo per tenere la divisa militare (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)?

PRESIDENTE. Onorevole Barbato...

FRANCESCO BARBATO. La divisa bisogna metterla a quei 77 giovani che hanno vinto il concorso nella Marina militare. È a loro che dobbiamo dare la divisa, non a chi ha 73 anni! La divisa militare va a quei giovani che hanno vinto il concorso e che sono stati estromessi ed esclusi e, così, sono stati...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, il suo tempo è terminato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbato 5.50, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 452
Votanti 401
Astenuti 51
Maggioranza 201
Hanno votato
13
Hanno votato
no 388).

Prendo atto che il deputato Baretta ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Mura 5.6 formulato dai relatori.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, enfatizziamo l'idea che tra le attività Pag. 24relative alla spending review vi debbano essere, in particolare, quelle relative ai costi per consulenze e collaborazioni esterne. Ora noi apprendiamo da notizie di stampa - perché poi di preciso non sappiamo ancora nulla - che nel prossimo decreto attuativo del Governo sulla spending review, si interverrebbe anche su questi argomenti.
Allora mi chiedo: posto che il Governo intende intervenire, per quale motivo nella legge cornice della spending review non dobbiamo dirlo e non dobbiamo accettare che si scriva che, in particolare, sulle consulenze e sulle collaborazioni esterne bisogna puntare per dare attuazione agli interventi di spending review? Per questo motivo proponiamo questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mura 5.6, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 451
Votanti 447
Astenuti 4
Maggioranza 224
Hanno votato
62
Hanno votato
no 385).

Prendo atto che il deputato Distaso ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Borghesi 5.15 formulato dai relatori.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo di esplicitare, come aree di intervento per la spending review, quelle che riguardano gli uffici di supporto all'attività dei presidenti di regione e di provincia, dei sindaci, nonché degli assessori delle giunte regionali, provinciali e comunali.
Negli studi che abbiamo considerato, ad esempio, con la nostra proposta di legge per l'abolizione delle province, abbiamo potuto quantificare un costo, per il supporto alle attività del presidente di provincia, del consiglio e degli assessori, che complessivamente ammonta a 2 o 3 miliardi di euro: è una follia e per questo abbiamo chiesto di abolire le province.
Perché allora non dobbiamo dire al commissario di andare a mettere il naso, in particolare, dentro a costi di questo tipo, che sono i veri costi della politica sui quali bisognerebbe agire? Possiamo anche pensare che vi sia un nodo che riguardi i dipendenti pubblici, ma prima di andare a toccare questi ultimi, andiamo a guardare dentro questi costi della politica, oppure rifiutiamo di farlo? A me pare che in un provvedimento di legge che riguarda il metodo e l'applicazione della spending review non dovrebbe mancare un'indicazione di questo tipo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 5.15, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 404
Astenuti 50
Maggioranza 203
Hanno votato
18
Hanno votato
no 386).

Prendo atto che il deputato Realacci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che la deputata Golfo ha segnalato che non è riuscita a votare. Pag. 25
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Mura 5.14 accedono all'invito al ritiro.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Borghesi 5.16 formulato dai relatori.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, ancora una volta sostengo che una delle aree dei costi della politica più odiose, per la gente che sta al di fuori di qui, è quella dell'uso e del ricorso alle auto di rappresentanza, le auto blu. Ancora una volta leggiamo da agenzie stampa che il Governo sta immaginando, nell'ambito del decreto che adotterà sulla spending review, di intervenire su questo argomento. Non sono il solo a sostenere ciò, ma anche il Ministro Brunetta, che a su tempo, facendo un'indagine, era arrivato a quantificare in 4 miliardi di euro all'anno la spesa per auto blu, nel nostro Paese, da parte delle pubbliche amministrazioni. Ma cosa ci costa indicare in questo provvedimento tale area fra una di quelle sulle quali si dovrà agire per tagliare i costi odiosi della politica, invece di far finta di niente e non dire nulla? A noi pare che non farlo sia sbagliato, anche per il rispetto dei cittadini e dell'opinione pubblica, che su questi temi ha una grande sensibilità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 5.16, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 458
Votanti 454
Astenuti 4
Maggioranza 228
Hanno votato
64
Hanno votato
no 390).

Prendo atto che la deputata Golfo ha segnalato che non è riuscita a votare.
Ricordo che l'emendamento Donadi 5.17 è stato ritirato. Passiamo alla votazione dell'emendamento Borghesi 5.13.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, anche qui sottolineiamo l'area delle spese di rappresentanza delle amministrazioni come una di quelle sulle quali intervenire in modo molto preciso e penetrante e, quindi, chiediamo sia inserita nel provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 5.13, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 460
Votanti 454
Astenuti 6
Maggioranza 228
Hanno votato
65
Hanno votato
no 389).

Prendo atto che i deputati Pompili e Servodio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Ricordo che l'emendamento Barbato 5.53 è inammissibile.

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, intervengo proprio in ordine all'inammissibilità del mio emendamento 5.53. Con esso chiedevo che per la Presidenza del Consiglio dei ministri, dove vi sono Pag. 26come comandati addirittura 400 unità che fanno parte delle forze dell'ordine e delle forze di polizia - parliamo di carabinieri, di agenti di pubblica sicurezza e polizia penitenziaria -, fossero riassorbite queste forze, considerato che non è possibile fare neanche il turn over per polizia e carabinieri nella misura massima del 20 per cento. Chiedo, quindi, di applicare la spending review anche a palazzo Chigi e al Quirinale. Non è possibile che a palazzo Chigi abbiamo 4.200 unità. Il Governo statunitense, Obama, ha 460 unità, e noi 4.200. La Presidenza della Repubblica tedesca ha 166 unità, mentre il Presidente omologo italiano ne ha 2.187, questo è lo spread! In questi palazzi bisogna applicare la spending review, per questo chiedevo di rivedere il giudizio di inammissibilità del mio emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, io le ho dato la parola sull'ordine dei lavori, lei non può illustrare nuovamente un emendamento che è stato dichiarato inammissibile.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, io chiedevo che potesse essere rivisto il giudizio di inammissibilità, perché è lì che la spending review deve arrivare.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, adesso è più chiaro. Chiedo un attimo di attenzione ai colleghi. L'emendamento dell'onorevole Barbato 5.53 prevede che tra le misure di razionalizzazione della spesa pubblica che il commissario straordinario può segnalare alle amministrazioni pubbliche vi sia anche quella della riduzione del personale comandato presso il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica.
Il riferimento alla Presidenza della Repubblica e la possibilità di ridurre il personale comandato presso la Presidenza stessa, e segnatamente di ridurre quello dello staff del Capo dello Stato che è disciplinato dal relativo regolamento interno, è ad avviso della Presidenza suscettibile di incidere sulla funzionalità, e quindi sulla autonomia, di un organo costituzionale. È la ragione per la quale non posso che confermarle le motivazioni alla base della dichiarazione di inammissibilità dell'emendamento.
Tuttavia, qualora lei accetti, l'emendamento può essere posto in votazione togliendo comunque il riferimento al Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, per cui si intende che l'emendamento termini con le parole «la Presidenza del Consiglio dei ministri». Se accetta lo pongo in votazione, in caso contrario è inammissibile.

FRANCESCO BARBATO. Grazie, signor Presidente, accetto la sua riformulazione e che venga posto in votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbato 5.53, come modificato, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Perina... Cazzola...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 467
Votanti 459
Astenuti 8
Maggioranza 230
Hanno votato
67
Hanno votato
no 392).

Passiamo all'emendamento Barbato 5.52. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Barbato 5.52 formulato dal relatore.

FRANCESCO BARBATO. Deputato Presidente, con questo emendamento vorrei far eliminare la possibilità di dare le funzioni commissariali degli enti territoriali (comuni, regioni, eccetera) a dirigenti, funzionari e prefetti in quiescenza. Signor Presidente, ieri lo abbiamo sentito: l'Italia Pag. 27è un Paese di vecchi; l'Italia è un paese vecchio perché funziona così purtroppo.
Come si va in pensione, anziché mettere in moto questa catena che dia spazio ai giovani, piuttosto che immettere giovani leve anche nella pubblica amministrazione, ci sono questi «parrucconi» che continuano ad occupare questi posti nella pubblica amministrazione. Ma è mai possibile? Al comune di Siena, dove è arrivato il commissario - perché il collega Ceccuzzi si è dimesso - chi nominano commissario? Un certo Laudanna che è andato in pensione il primo giugno 2012.
Cioè, appena vai in pensione, il primo regalo che ti fanno è che ti danno un altro incarico. Non solo devono avere la loro bella pensione - ed è questo l'aspetto che più fa rabbia, perché qui ci sono persone che hanno avuto il piacere di avere una pensione, anzi una pensione d'oro - ma la pubblica amministrazione che fa? Gli dà anche un secondo piatto, un altro emolumento molto significativo.
I casi non terminano mai e sono di grande attualità. Vedo, ad esempio, che nel marzo 2012 al comune di Caserta vengono nominati dei commissari, perché è stato dichiarato il dissesto finanziario del comune. I commissari liquidatori chi sono? C'è un prefetto in quiescenza, a Caserta, Roberto Aragno (13 dicembre 2011). Invece a Castelvolturno viene nominato un altro dirigente generale in quiescenza come commissario.
Allora vorrei sapere: ma i giovani italiani, i professionisti, i laureati, i diplomati, quando entreranno nella pubblica amministrazione? Quando diventeranno commissari? Quando percepiranno danaro pubblico e verranno pagati per il loro lavoro?
O questi soldi devono finire nel «magna magna» di questa palude, di questa burocrazia marcia? Infatti, questi sono usurati nel girare da un posto all'altro. I giovani italiani chiedono questo ed io, in questo momento, voglio portare tale richiesta in Parlamento, scuotervi e dirvi che bisogna smetterla con questi incarichi commissariali a soggetti che sono andati in quiescenza, hanno preso una pensione, una pensione d'oro: se ne vedessero bene, ma lasciassero spazio agli altri, facessero lavorare gli altri.
I giovani italiani chiedono questo alla politica e sono stufi di questo modo di andare avanti ancora oggi, perché abbiamo visto come il PD ed il PdL votano, come vogliono portare avanti questa palude, questa gestione (Commenti).
La spending review è per gli italiani, non per i palazzi pubblici (Commenti).

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. Anzi voglio dire una cosa, a nome di tutti i giovani italiani, a questa maggioranza: avete rotto i «coglioni» ai giovani italiani (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato! Onorevole Barbato, lei non può usare un linguaggio da trivio in quest'Aula. La prego di uscire dall'Aula. La prego di abbandonare l'Aula (Applausi - Si grida: «Fuori, fuori»).
Onorevole Barbato, si allontani per favore (Il deputato Barbato ottempera all'invito del Presidente - Applausi).

ANDREA LULLI. Vergognati (Il deputato Barbato rivolge un gesto irriguardoso all'indirizzo dei banchi del gruppo del Partito Democratico - Vive proteste)!

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, esca dall'Aula! Onorevole Barbato!
Il Collegio dei questori valuterà ovviamente e sottoporrà all'Ufficio di Presidenza le misure da adottare.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi scuso con tutti i colleghi per uno spettacolo francamente indecoroso (Applausi).

Pag. 28

PRESIDENTE. A questo punto, l'onorevole Barbato è l'unico firmatario dell'emendamento Barbato 5.52, il gruppo non lo firma. Non essendo presente, si intende decaduto.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Mantovano 5.39, formulato dal relatore.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, non ho difficoltà a raccogliere l'invito dei relatori e del Governo a ritirare questo emendamento, come anche il successivo che reca la firma mia e dell'onorevole Pagano, l'emendamento 5.40. Tuttavia vorrei capire qual è la ragione di questo invito al ritiro, Presidente.
Come già emerso, il comma 7 dell'articolo che si sta esaminando prevede che, nell'ambito delle misure di razionalizzazione della spesa, il commissario segnali anche l'attivazione e lo sviluppo di centrali regionali di acquisto. Evidentemente ciò tende a rendere più funzionali e meno lunghe le procedure di acquisto medesimo. Nella medesima logica i due emendamenti prevedono la facoltà, non l'obbligo, di attivare, se necessario - vi è questa precisazione -, centrali di acquisto su base provinciale.
Il riferimento è a quelle regioni particolarmente grandi e popolate, come la Lombardia, la Sicilia, il Lazio e la Campania, per le quali ci potrebbero essere analoghi meccanismi di complicazione. Se però per i relatori e per il Governo ci sono ragioni che inducono a ritirare questi emendamenti, io li ascolto con attenzione e ovviamente darò seguito.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, l'invito al ritiro nasce dal fatto che, da una valutazione fatta dalla Ragioneria generale dello Stato, l'emendamento può comportare oneri in quanto rappresenta duplicazioni di strutture.
Questo è il motivo per cui, a nome del Governo, invito i presentatori al ritiro dell'emendamento Mantovano 5.39.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Mantovano 5.39 accedono all'invito al ritiro e non insistono per la votazione.
Chiedo ai presentatori dell'emendamento Borghesi 5.7 se accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, chiediamo di sostituire una possibilità con una certezza, cioè «può autorizzare» con «autorizza». Noi vorremmo che i poteri sostitutivi nei confronti di coloro che non hanno adottato le misure di razionalizzazione indicate e individuate dal commissario sia un automatismo e non una possibilità.
A noi sembra giusto che quando il soggetto destinatario dell'invito a razionalizzare le misure non l'abbia fatto ci sia un immediato potere sostitutivo che automaticamente faccia ciò che l'interessato non ha fatto. Mi pare assolutamente normale, corrente e giusto se si vuole che la spending review non diventi ancora una volta un libro dei sogni anziché un qualche cosa di efficace e pratico.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 5.7, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 457
Votanti 452
Astenuti 5
Maggioranza 227
Hanno votato
19
Hanno votato
no 433).

Chiedo ai presentatori dell'emendamento Mura 5.8 se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Pag. 29

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, nella stessa direzione chiediamo che sia lo stesso commissario a poter esercitare il potere sostitutivo. Questo renderebbe rapidissima la possibilità di costringere l'amministrazione che non ha fatto quello che doveva fare (o l'amministratore che non ha fatto quello che doveva fare) ad intervenire - grazie al fatto che il commissario avrebbe la capacità e tutto ciò che serve - immediatamente e senza indugio.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mura 5.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 465
Votanti 460
Astenuti 5
Maggioranza 231
Hanno votato
21
Hanno votato
no 439).

Prendo atto che i presentatori hanno ritirato l'emendamento Mantovano 5.40.
Chiedo ai presentatori dell'emendamento Simonetti 5.19 se accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, un mese fa - proprio in anticipo rispetto alla proposta di questo decreto-legge da parte del Governo - il Ministro Giarda ha informato le Camere, attraverso le competenti Commissioni bilancio di Camera e Senato, di una propria relazione che faceva chiarezza su quali sono, secondo lo spirito del Governo e del Ministro Giarda, i punti critici delle spese dello Stato italiano. Nella relazione che presentò all'Aula del Senato c'è la spesa legata ai dipendenti pubblici del settore della scuola e dell'istruzione. Infatti, lo stesso Ministro Giarda scrive nella relazione che «la distribuzione dell'organico dei docenti per regioni è squilibrata in conseguenza del calo demografico e per altri fattori. Contenimenti di spesa rilevanti sono, quindi, possibili attraverso una razionalizzazione del servizio scolastico per plessi e attraverso un'unità organizzativa elementare di fruizione del servizio».
Questo sta nella relazione del Ministro Giarda che vede - oltre ad una ottimizzazione e, quindi, una diminuzione delle spese - la ricerca di una razionalizzazione dell'utilizzo del personale, in modo tale da spalmare tutti i dipendenti pubblici in funzione, quindi, di parametri nuovi che non siano solo la residenza o la vicinanza a qualche politico che riesce a dare il comando attraverso degli spostamenti dell'ufficio scolastico.
L'emendamento che propongo, quindi, è certamente in linea con la relazione di Giarda e con l'intenzione del Governo, che è quella di ottimizzare la spesa, e quindi di cercare, attraverso un'analisi regionale, una individuazione metodologica migliore per la dislocazione dei dipendenti pubblici legati al mondo della scuola, attraverso due indicatori, costituiti dal rapporto tra alunni e classi e dal rapporto tra alunni e posti di docenza. Non fa altro che essere in linea con la relazione di Giarda e, quindi, invito tutta l'Assemblea a votare a favore di questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 12,20)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Simonetti 5.19, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Calvisi, Rubinato, Mondello, Froner, Gregorio Fontana, Biasotti... Pag. 30
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 463
Votanti 439
Astenuti 24
Maggioranza 220
Hanno votato
47
Hanno votato
no 392).

Prendo atto che il deputato Vessa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'articolo aggiuntivo Mura 6.02.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Mura 6.02 formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, qui noi chiediamo alcuni interventi per abbattere i costi delle pubbliche amministrazioni e delle società controllate. Sappiamo che il prossimo decreto-legge del Governo dovrebbe, o ha l'idea di intervenire, anche su questo. Noi diciamo però che, trattandosi di società pubbliche, ci sono situazioni a dir poco vergognose, con soggetti che occupano più poltrone in enti comunque di natura pubblica. Quindi, noi proponiamo che i componenti dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali degli enti pubblici non possano far parte contemporaneamente di più di due consigli o di due collegi, così come proponiamo che il trattamento economico dei presidenti e dei componenti dell'organo amministrativo, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche delle società a totale o prevalente partecipazione pubblica, non possa superare il trattamento annuo lordo spettante ai membri del Parlamento. Prima abbiamo votato un emendamento analogo, proposto - mi pare - dai colleghi della Lega Nord Padania. Credo che sia un atto di responsabilità che altri Paesi hanno già fatto e che potrebbe senz'altro abbattere fortemente, attraverso l'azione della spending review, i costi delle pubbliche amministrazioni e delle società controllate.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mura 6.02, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Golfo, Margiotta, Lusetti, Moles, Tortoli, Pagano...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 461
Votanti 457
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato
72
Hanno votato
no 385).

Prendo atto che il deputato Vessa ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Baretta ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento D'Amico 7.52.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento D'Amico 7.52 formulato dal relatore.

CLAUDIO D'AMICO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, noi abbiamo proposto non molti emendamenti. È per questo che siamo rimasti poco soddisfatti dall'atteggiamento del Governo, che su questi temi ha operato una chiusura. Pag. 31
Anche in questo caso, si tratta di un emendamento dettato dal buonsenso. Infatti, con esso chiediamo che, per evitare penalizzazioni per le piccole e medie imprese, siano escluse dall'obbligo di approvvigionamento attraverso le convenzioni quadro con la Consip Spa, le procedure di aggiudicazione di appalti che risultino di entità inferiore alla soglia di rilievo comunitario, pur nell'osservanza dei prezzi medi forniti da Consip Spa.
Questo darebbe la possibilità alle imprese locali di accedere con più facilità a forniture che le potrebbero permettere di sostenere anche il lavoro di tante persone e di piccole imprese. Questo potrebbe essere un incentivo, in un momento di difficoltà delle nostre piccole e medie imprese, a collaborare e a prestare forniture agli enti locali e alla pubblica amministrazione.
Per gli importi più bassi si chiedeva di dare una maggiore flessibilità, sempre, però, rimanendo, se non al di sotto, al massimo, entro i valori stabiliti da Consip. Quindi, con questo emendamento vi può anche essere un prezzo migliorativo rispetto a quelli forniti da Consip.
Per questo, se il Governo non volesse cambiare il proprio parere, chiediamo una valutazione positiva da parte dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, questa è una battaglia che abbiamo sempre fatto. Stiamo parlando della matita, della penna, della risma di carta, del piccolo acquisto della seggiola o di quant'altro del piccolo comune di 1.500 abitanti o altro. Per un piccolo importo, ci sembra un po' complicato costringere sempre il povero amministratore, che prende, magari, 600 euro in uno, due o tre mesi, a passare da Consip e quant'altro.
Si tratta di un minimo di buonsenso: la penna, probabilmente, può comprarla anche ad un prezzo ragionevole dal tabacchino o dal venditore sotto il comune. Non credo che si andrebbe a spendere di più. Sarebbe un minimo di libertà sia per il comune sia per il piccolo commerciante o per il piccolo imprenditore locale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Amico 7.52, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Scilipoti, Lusetti, Golfo, Carfagna, Formichella...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 464
Votanti 438
Astenuti 26
Maggioranza 220
Hanno votato
70
Hanno votato
no 368).

Prendo atto che il deputato Vessa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Bitonci 7-bis.50.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Bitonci 7-bis.50, formulato dal relatore.

MASSIMO BITONCI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, questo è un emendamento soprattutto di buonsenso, perché, se questa è una spending review che si basa sul contenimento dei costi, soprattutto per quanto riguarda la riduzione dei prezzi unitari, quando parliamo di rinegoziazione dei contratti della pubblica amministrazione, sarebbe importante inserire anche il project financing. Pag. 32
Quest'ultimo viene utilizzato molto nella pubblica amministrazione. Si tratta di operazioni di finanziamento a lungo termine in cui il ristoro del finanziamento è garantito da flussi di cassa previsti dalla gestione dell'opera; quindi, è una finanza di progetto, che è stata molto utilizzata in Veneto, soprattutto durante la gestione del governatore Galan, per realizzare opere pubbliche, ma, soprattutto, ospedali e plessi ospedalieri.
Questi contratti, con l'aumento dei tassi di interesse, non sono più allineati alle esigenze di mercato, e quindi, con i tassi crescenti, non sono certamente più vantaggiosi.
Quello che si chiede con l'emendamento in esame - lo dico al sottosegretario e al Governo - è che venga valutato. Infatti, se vi fosse la possibilità di rivedere il project financing nel settore ospedaliero, si potrebbero rinegoziare quei contratti che, attualmente, non sono vantaggiosi per la pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere l'emendamento in esame perché ha ragione il collega che mi ha preceduto.
I project financing rappresentano quella finanza creativa presente non solo nella regione Veneto; infatti, come Commissione d'inchiesta, abbiamo trovato in Toscana un project financing per la costruzione degli ospedali, con dei prezzi di ristoro del finanziamento che sono addirittura il doppio o il triplo delle medie nazionali.
È vero che i servizi vengono gestiti per oltre diciannove anni senza alcuna comparazione, senza alcuna regola. I project financing sono stati scelti senza una gara e bypassando le gare pubbliche, ovviamente con soggettività, per poi affidare, per diciannove e più anni, il ristoro per l'investimento che il privato ha fatto. Di questo ristoro si trovano di gran lunga ricompensati.
Quindi, credo che si debba inserire, oltre ai contratti, anche i project financing. Facciamo un'opera di giustizia e riportiamo quello che è uscito dalla porta, facendolo rientrare dalla finestra, di modo che chi ha lucrato con il project financing abbia delle regole certe da seguire, come tutti i contratti pubblici prevedono. Li riportiamo nel solco della legalità, ma, soprattutto, in termini economici, all'interno dei prezzi medi a livello nazionale o regionale.
Invito quindi i colleghi a votare a favore dell'emendamento in esame, proprio per quanto è emerso anche dal lavoro della Commissione d'inchiesta sugli errori e gli sperperi in campo sanitario, dove avevamo trovato grossi sperperi proprio attraverso il project financing.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Martini. Ne ha facoltà.

FRANCESCA MARTINI. Signor Presidente, anch'io sottoscrivo e condivido fortemente l'emendamento Bitonci 7-bis.50, perché oggi molte regioni, anche la nostra, si trovano strette in situazioni finanziarie che espongono le regioni stesse per moltissimi anni, quindi anche per le gestioni di governo a seguire.
Quindi, la ricontrattazione, in un momento di crisi finanziaria e di altissimo debito per il nostro Paese - che non possiamo dimenticare -, impone, se vogliamo parlare veramente di una razionalizzazione della spesa pubblica, una revisione anche dei progetti in corso e un controllo fermissimo su quanto potrà essere fatto in futuro.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bitonci 7-bis.50, non accettato dalla Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Coscia, Vico, Meloni...
Dichiaro chiusa la votazione. Pag. 33
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 462
Votanti 458
Astenuti 4
Maggioranza 230
Hanno votato
93
Hanno votato
no 365).

Prendo atto che il deputato Vessa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'articolo aggiuntivo Moroni 7-bis.02.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Moroni 7-bis.02 formulato dal relatore.

CHIARA MORONI. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro formulato dal relatore perché, certamente, sono stati fatti dei passi avanti con la previsione di un impianto con una ragione un po' diversa rispetto al contenimento della spesa e alla fissazione dei parametri sugli acquisti dei beni e servizi della sanità.
Colgo, però, l'occasione per fare presente al Governo, ed anche ai colleghi che, in un momento così critico, in cui si compiono azioni sostanziali rispetto al contenimento della spesa pubblica, alla razionalizzazione e soprattutto all'acquisto di beni e servizi, noi dobbiamo avere il coraggio di adottare delle azioni forti su una delle voci più forti di spesa del bilancio dello Stato, che è la sanità.
E dobbiamo avere il coraggio - io credo - di ripensarvi, senza steccati ideologici e senza neanche affezioni rispetto a misure che abbiamo votato ed a leggi che abbiamo adottato. Sia da una parte che dall'altra, dobbiamo ripensare seriamente anche al meccanismo dell'aziendalizzazione nella normativa sulla sanità (decreto legislativo n. 502 del 1992 e decreto legislativo n. 229 del 1999), perché ha dato origine probabilmente ad un sistema che non ha fornito risposte nelle direzioni in cui avevamo pensato, ma viceversa ha determinato un aumento esponenziale della spesa sanitaria e spesso anche elementi di corruttela e malversazioni.
Dobbiamo ripensare anche - lo dico in questa sede - alla regionalizzazione della sanità e riportare in capo allo Stato la competenza di programmazione, pianificazione e controllo della spesa sanitaria. La regionalizzazione ha dato origine ad un aumento esponenziale ed incontrollato della spesa sanitaria. Dico anche al Governo, che sta stendendo il decreto attuativo della spending review, che la spesa farmaceutica, che si accinge a toccare in maniera sostanziale, è la cosa più facile da tagliare, perché dà un riscontro di cassa immediato. Ricordiamoci, però, che la spesa farmaceutica corrisponde al 14 per cento, mentre il restante 86 per cento della spesa sanitaria - che è quella che più pesa, che più ormai è irrazionale dal punto di vista anche della tutela della salute dei cittadini e della risposta al bisogno di sanità dei cittadini e che va ripensata nella logica di un mondo moderno anche da un punto di vista della logistica che è cambiato e dell'evoluzione del progresso scientifico che necessita di organizzazioni diverse - va affrontato con serietà, senza steccati ideologici e nella direzione di fornire risposte ai cittadini, ma anche risposte al contenimento di una delle più rilevanti voci di spesa del bilancio pubblico.

LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere e condividere quanto la collega Moroni ha testé detto.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Barani, ma se non sbaglio l'onorevole Moroni ha ritirato il suo emendamento. Lo ha dichiarato all'inizio, quindi non si può sottoscrivere. Vale anche per lei, onorevole Borghesi.
Passiamo all'emendamento Favia 10.3.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Favia 10.3 formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, pur considerando alcuni dubbi - Pag. 34peraltro si tratta di un'interpretazione autentica introdotta dal Senato - sul venir meno del pagamento dei diritti nel caso in cui vi sia stata la richiesta di consulenza o di chiarimenti a DigitPA - problema che credo la stessa relatrice avesse inizialmente sollevato - e augurandoci che non vi siano poi dei contenziosi e che effettivamente si permetta, comunque, di ridurre i costi, ritiriamo il nostro emendamento.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, prima di iniziare la votazione dell'articolo 12, alcuni colleghi avevano avanzato la richiesta di un ulteriore approfondimento. Io avevo chiesto invece che si iniziasse a votare, ma visto che siamo arrivati all'articolo 12, credo sia doveroso da parte nostra, come Comitato dei diciotto, chiedere un'interruzione per dare la possibilità a tutti i gruppi di approfondire meglio quell'aspetto che mi sembra ancora, fino a questo momento, il Governo ha chiarito, ma che forse nel Comitato dei diciotto può meglio rappresentare.
Pertanto, il Comitato dei diciotto è convocato mezz'ora prima della ripresa pomeridiana dei lavori dell'Aula presso la I Commissione affari costituzionali e le chiedo, a questo punto, una sospensione dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, sospenderei la seduta fino alle 13,30.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, ho chiesto che il Comitato dei diciotto possa riunirsi mezz'ora prima della ripresa pomeridiana dei lavori dell'Aula, che poi sarà lei a decidere.

PRESIDENTE. Dunque, si tratta di un'interruzione vera e propria, non di una sospensione. Sta bene.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15.

La seduta, sospesa alle 12,40, è ripresa alle 15,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bongiorno, Caparini, Cicchitto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Lombardo, Milanato, Misiti, Moffa, Pisacane, Paolo Russo e Valducci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione (ore 15,11).

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato da ultimo ritirato l'emendamento Favia 10.3.

(Ripresa esame articolo unico - A.C. 5273-A)

PRESIDENTE. Dovremmo passare quindi agli emendamenti riferiti all'articolo 12. A tale proposito chiedo al relatore di riferire sugli esiti della riunione del Comitato dei diciotto.

ROBERTO OCCHIUTO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, nel Comitato dei diciotto appena concluso e convocato dai presidenti Bruno e Giorgetti proprio per approfondire le questioni relative agli emendamenti all'articolo 12, i relatori hanno ribadito di essere vincolati nell'espressione del loro parere ai documenti forniti dal Governo e, in particolare, alla comunicazione del MEF che quantificherebbe Pag. 35un effetto negativo sulla finanza pubblica addirittura di un miliardo e 200 milioni e al parere della Ragioneria dello Stato letto questa mattina dal sottosegretario Polillo in Aula, che attesterebbe un rilevante effetto finanziario derivante dal contenzioso che l'approvazione di questi emendamenti potrebbe generare. Il Governo, nel Comitato dei diciotto, non ha cambiato avviso e i relatori hanno espresso in modo conforme al Governo un parere contrario sugli emendamenti all'articolo 12. Nel Comitato dei diciotto, inoltre, i relatori hanno registrato le posizioni dei diversi gruppi parlamentari in ordine agli emendamenti all'articolo 12 proposti e i gruppi si sono espressi anche attraverso il voto con il criterio della ponderazione, delegando i relatori a esprimere per conto della Commissione un parere contrario, conforme a quello del Governo, sugli emendamenti presentati all'articolo 12 del testo.

PRESIDENTE. Come già ricordato l'emendamento Baretta 12.53 verrà posto in votazione prima dell'emendamento Nannicini 12.54. Si tratta di due emendamenti interamente sostitutivi dell'articolo 12 che nel testo adottato dal Governo recava, al comma 3, una disposizione transitoria soppressa nel corso dell'esame presso il Senato e successivamente reintrodotta dalla Camera in sede referente nell'ambito dei commi 1 e 2. Poiché l'emendamento Nannicini 12.54 reca, al comma 3 una disciplina transitoria, seppur con la data del 28 luglio anziché con quella del 9 maggio, analoga a quella già contenuta nei commi 1 e 2, laddove l'emendamento Baretta 12.53 non reca alcuna previsione di tale natura, il secondo risulta essere più lontano rispetto al testo e, quindi, ai sensi dell'articolo 87, comma 3 del Regolamento, deve essere posto in votazione per primo.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Baretta 12.53 formulato dal relatore.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, abbiamo proposto l'emendamento in esame per ristabilire una condizione che il Senato aveva saggiamente prodotto, vale a dire quella di evitare una sanatoria sulla situazione che si era creata a seguito del comma 3 dell'articolo 12. Infatti, nonostante una sentenza del Consiglio di Stato che, a luglio dell'anno scorso, ha stabilito una regola esplicita per l'apertura di tutte le buste in seduta pubblica, si sono, invece, verificate varie situazioni anomale nelle quali sono state effettuate aperture in seduta non pubblica e di conseguenza si sono realizzate assegnazioni di appalti prima, durante e dopo la data stabilita e alcune anche a ridosso del decreto-legge così come era stato approvato dal Consiglio dei ministri e prima che venisse emendato dal Senato.
Nel corso della discussione alla Camera si sono realizzati progressive discussioni e aggiustamenti e noi abbiamo cercato in tutti i modi una mediazione, se era possibile, ma è chiaro che, trattandosi di materia delicata, il termine «mediazione» è solo compatibile con i principi di riferimento generali, che non possono essere messi in discussione. Perché noi parliamo di sanatoria? Perché è evidente che, se si accetta il principio che c'è una deroga alle gare che sono state aperte con busta chiusa e successivamente assegnate e che quelle gare sono considerate valide, si ha una situazione per la quale alcuni sono penalizzati, perché sono costretti, avendo aperto soltanto in situazioni regolari, ad accettare quello che la legge prevede, ma finiscono per essere penalizzati, nel momento in cui c'è un privilegio per quelli che invece hanno avuto la possibilità di godere di una condizione particolare.
La sanatoria è sbagliata, non è corretta, è meglio essere trasparenti e limpidi su questo punto. A questa soluzione di trasparenza era arrivato il Senato. Noi abbiamo provato a mantenerla e nel frattempo cosa è emerso? È emerso - credo che questo sia importante sottolinearlo - che non esiste nessuna relazione tecnica, né quella fatta al Senato, né quella successiva, compresa quella presentata questa mattina correttamente in Aula dal sottosegretario, che quantifichi qual è l'onere finanziario. Pag. 36Usare la locuzione «rilevanti oneri» a fronte di contenziosi, contenziosi che si sa che esistevano comunque, da parte della Ragioneria dello Stato è inusuale, nel senso che la Ragioneria dello Stato a volte noi la critichiamo per eccesso di pedanteria, ma normalmente ci fornisce numeri al dettaglio, con le virgole - e giustamente così deve fare - che giustificano le posizioni.
Devo dire quindi che mi pare un po' superficiale - lo dico con grande rispetto sia del Governo sia dei relatori - che sulla base di una dichiarazione, prima una dichiarazione del MEF, adesso una dichiarazione della Ragioneria, che non conferma la quantificazione di oneri, ma semplicemente dice che ci potrebbero essere, si sia dato un parere negativo sull'emendamento in esame. È evidente che quindi c'è una posizione diciamo così precostituita. Ne prendiamo atto. Da questo punto di vista la nostra opinione è che sarebbe utile che la Camera ripristinasse le condizioni del Senato, in modo da distinguere le proprie responsabilità politiche da quelle dei contenziosi della magistratura. Per questo motivo io chiedo che l'emendamento in esame trovi il massimo sostegno da parte dell'Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, l'emendamento soppressivo del comma 3 ci richiama a come ci si deve attenere rispetto a delle sentenze, in particolar modo quella del Consiglio di Stato in riunione plenaria del 28 luglio 2011. È chiaro che se noi aggiungiamo al comma 1 e al comma 2 il comma 3, che dice che vale solo dal 9 di maggio del 2012, sterilizziamo una sentenza del Consiglio di Stato. Non è corretto che i legislatori vadano a sterilizzare una sentenza di un organo dello Stato. Dobbiamo essere autonomi rispetto a questo. E aver sentito dire che noi del Partito Democratico tifiamo per i secondi, per quelli che sono secondi nelle gare, è un'assurdità e Consip ed il Ministero dell'economie e delle finanze non fanno una bella figura rispetto a questo.
Infatti, Consip non deve quantizzare gli oneri, non può dirlo, perché poteva benissimo allinearsi alla sentenza del 28 luglio ed espletare le gare, rendendo trasparenti le proposte tecniche, perché le proposte tecniche fanno parte anche delle gare a riduzione del prezzo.
Dunque, con riferimento a questo, si tratta di una sterilizzazione di una norma del Consiglio di Stato: invito tutti i parlamentari a considerare con attenzione questo elemento, perché andiamo di nuovo sulla stampa per la nostra arroganza, l'arroganza di Consip e di alcuni funzionari del Ministero dell'economia e delle finanze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, proverò a confutare le argomentazioni testè audite provenienti da parte del collega Baretta e del collega Nannicini. Intanto, non è assolutamente vero che con il testo attuale si parli di sanatoria. È giusto che l'Aula sappia che tutti i contenziosi in atto e in essere non vengono assolutamente aboliti o abrogati: quindi, il testo di legge che ci accingiamo ad approvare, così come licenziato dalle Commissioni, da questo punto di vista non produce alcun effetto. Pertanto, coloro i quali parlano di sanatoria, evidentemente, o non hanno compreso la portata della norma o cercano un po' di confondere - mi dispiace dirlo - le idee a quest'Aula.
Ma vi è un altro argomento più importante, cioè quello relativo alla cosiddetta relazione tecnica, che vorrei provare qui a riassumere. C'è un testo base, che è il testo proveniente dal Governo - quindi, il testo originario del decreto-legge -, munito di relazione. Questo testo viene modificato dai lavori dell'altra Camera, cioè dal Senato, e giunge qui alla nostra attenzione. Pag. 37Innanzitutto, arriva sprovvisto di una nuova relazione tecnica che doveva, di fatto, essere allegata conseguentemente ai lavori del Senato. Quindi, la prima osservazione da svolgere non è tanto relativa alla mancanza della relazione tecnica ora, quanto alla mancanza della relazione tecnica sul testo emendato dal Senato.
Le Commissioni, recependo una serie di emendamenti presentati da diversi gruppi parlamentari, di fatto, hanno ristabilito un testo molto vicino, molto simile a quello proveniente dal Governo, rifacendosi quindi alle esigenze della relazione tecnica. In più, durante i lavori dell'Aula, in due diversi momenti, il Governo ha letto un parere autorevole proveniente dal MEF e, in particolare dall'ufficio legislativo, che paventava, qualora si fosse dato parere positivo agli emendamenti proposti dai colleghi del Partito Democratico, e anche di altri gruppi, notevoli danni per l'erario. Abbiamo oggi ascoltato anche il parere proveniente dalla Ragioneria generale dello Stato che, al di là della questione puramente tecnica e formale dell'esatta quantificazione di eventuali oneri e di eventuali risparmi, di fatto, acclara che la formulazione trovata dalle Commissioni è una formulazione virtuosa.
Pertanto, sarebbe assolutamente singolare far passare qui, attraverso una serie di ragionamenti e di cavilli, un'ipotesi, una tesi completamente diversa dal testo. Infatti, in un provvedimento denominato spending review - che, di fatto, serve da battistrada ad una sorta di rivisitazione virtuosa degli ordinamenti -, sarebbe assolutamente singolare che questo Parlamento votasse una norma che di fatto è onerosa, che di fatto non ha copertura, che di fatto produce danni per le risorse dello Stato.
E sarebbe assolutamente singolare che il Governo si prestasse ad una deriva di questo genere, perché capisco - vivaddio - la ragion di Stato, capisco - vivaddio - gli interessi di una grande forza politica, che probabilmente sono dettati non tanto da amore per la questione giuridica, ma da altre spinte e da altre pressioni. Tuttavia, in un momento in cui si chiede rigore, in un momento in cui si chiede assoluta coerenza da parte della politica e dei legislatori, andare a creare una condizione di questo genere per rispondere, magari, all'interesse di qualche gruppo autorevole e potente dell'Italia centrosettentrionale...

TERESA BELLANOVA. Ma che stai dicendo?

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. ...non voglio pensare ad esempio a qualche grande gruppo cooperativo. Sarebbe una vergogna e una «megamarchetta» (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, il gruppo Italia dei Valori voterà a favore di questo emendamento. Siamo consapevoli che c'è stato un bel pasticcio, fatto sicuramente dal Governo, in questa vicenda, a partire dal provvedimento iniziale fino alle modifiche apportate al Senato. Certamente, il testo attuale si presta a una chiara mancanza di trasparenza che porta persino al nome e cognome di qualche personaggio che sarà beneficiato dalla dizione attuale di tale articolato. Crediamo che, perciò, sia giusto dare piena trasparenza; abbiamo assistito, stamattina, ad una innovazione assoluta: può darsi che io non sia da tanti anni in questo Parlamento ma, mai, ho visto una relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato che non quantifica le somme di cui si parla. Mai! Sempre, infatti, la Ragioneria generale dello Stato quando ha fatto una relazione tecnica «bollinata» ha scritto esattamente le cifre; così come mi rifiuto di pensare che la Ragioneria non consideri soltanto gli eventuali oneri, che peraltro non quantifica, e non consideri i risparmi a cui si potrebbe andare incontro rifacendo quelle gare che attualmente verrebbero salvate e che potrebbero tranquillamente Pag. 38controbilanciare gli eventuali, maggiori oneri. Quindi, è una situazione di per sé oscura e poco trasparente; per questo motivo non c'è dubbio che il voto del nostro gruppo sarà favorevole all'emendamento. Peraltro, ne abbiamo proposto uno anche noi che sarà votato per terzo e che ripristina esattamente il testo così come era stato modificato al Senato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, intervengo anch'io su questa questione; ne abbiamo parlato anche durante la discussione sulle linee generali e quindi riprenderò brevemente cose già dette però, prima di tutto, vorrei che sgombrassimo il campo, in questa sede, da allusioni - uso questo termine non casualmente - relative a presunti interessi che si vorrebbero tutelare sostenendo un emendamento che ripristina quella che è la situazione che si è determinata al Senato dopo l'approvazione del comma 3, soppresso in quella sede.
Vorrei ricordare - è già stato detto, mi sembra, in modo assolutamente chiaro dal nostro capogruppo - che la questione qui, proprio in omaggio ai principi di trasparenza evocati da più parti, si configura in termini semplici, lineari e lo dico anche all'indirizzo del Governo. In altre parole, c'è stata una sentenza del Consiglio di Stato che diceva: per aggiudicare le gare bisogna che si prendano in considerazione sia gli elementi di ordine amministrativo con relativa offerta, sia i plichi di carattere tecnico. Dopo questa sentenza doveva essere pacifico, ispirandosi a questi criteri di trasparenza, che si tenesse conto della sentenza e quindi si procedesse coerentemente.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LINO DUILIO. Mi avvio a concludere, signor Presidente; ma ciò di cui sopra non è avvenuto. Peraltro, ricordo che nella relazione tecnica che ha accompagnato il testo originariamente al Senato è scritto esplicitamente che quella norma era una norma, ed è una norma, procedurale a cui non sono ascritti effetti finanziari, questo lo dico a beneficio del collega Marinello. Dopodiché, il comma 3, che è stato soppresso, che cosa prevedeva? Prevedeva, signor Presidente, quella che noi consideriamo una sanatoria tombale - così l'ho definita in sede di discussione sulle linee generali - perché dice - o per lo meno io declino così - che nonostante ci si sia comportati non correttamente rispetto a quanto previsto dalla sentenza del Consiglio di Stato, chi ha aperto le buste anche non in seduta pubblica comunque ha titolo perché la gara sia ritenuta aggiudicata. Questa che cos'è se non una sanatoria? Quindi, rovescio quelle che sono le argomentazioni, non entro nel merito di eventuali allusioni e chiedo all'Aula che si sostenga questo emendamento per una logica di trasparenza, di moralità nell'assegnazione delle gare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, voteremo contro questo emendamento e ne spiego le ragioni.
Noi ci troviamo di fronte ad una situazione che vedeva la giurisprudenza amministrativa, come è stato ricordato, prima del 28 luglio 2011, ondeggiare tra una tesi che prevedeva che tutte le gare al massimo ribasso che prevedevano l'apertura dei plichi in sede riservata fossero ritenute legittime da alcune sezioni del Consiglio di Stato e dai TAR; parimenti, la stessa giurisprudenza amministrativa dei TAR e del Consiglio di Stato ritenevano invece legittimo doversi aprire i plichi di offerta tecnica in seduta pubblica. Quindi, vi erano opposte tesi. L'adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 28 luglio ha sancito che bisogna far prevalere il principio della trasparenza, per cui i plichi delle offerte tecniche devono essere aperti in Pag. 39seduta pubblica. Questo è il punto dirimente. Da quel momento tutte le gare svoltesi dopo il 28 luglio dovevano vedere i plichi di offerte tecniche aperti in seduta pubblica, e chi ha fatto diversamente è soggetto ad impugnazione davanti agli organi giurisprudenziali amministrativi. Qual è il problema, però? Che per tutte le gare che si sono svolte prima del 28 luglio, in virtù della sentenza del Consiglio di Stato, che ha natura interpretativa con effetto retroattivo, vengono rimesse in discussione tutte le aggiudicazioni, anche quelle per le quali sezioni del Consiglio di Stato avevano ritenuto doversi aprire i plichi delle offerte tecniche in sede riservata.
Allora si è chiesto al legislatore di evitare che vi fossero - come è stato dichiarato dalla Ragioneria generale dello Stato e riferitoci dal sottosegretario Polillo nella seduta del 26 giugno 2012 delle Commissioni riunite - rilevanti contenziosi che vedevano tutti coloro che avevano perso le gare prima del 28 luglio impugnare le relative aggiudicazioni già in corso. Quindi, per evitare questo disastro, il Governo aveva presentato una normativa transitoria. Tuttavia, il Senato ha eliminato il comma 3, che faceva giustizia in materia e, chiaramente, ha creato un vulnus, perché ha ripristinato l'interpretazione in senso retroattivo delle sentenze e, quindi, ha aperto una voragine nel contenzioso delle aggiudicazioni delle gare. A quanto ammonta il valore delle aggiudicazioni delle gare? Secondo la Consip, con un ribasso medio del 15,44 per cento, il risparmio ottenuto è di 321 milioni di euro, ma tutte queste gare rischiano di essere rimesse in discussione se vi sarà un effetto retroattivo. Bisognerebbe ripetere tutte le gare e laddove addirittura le aziende sono già al lavoro dovrebbero avere proroghe e dovrebbero tenersi nuove procedure.
La procedura di cui si discute è durata un anno e mezzo, ma bisognerebbe ripetere le gare, che dureranno altri due anni. Noi stiamo approvando una spending review che agisce proprio sulla fornitura dei beni e servizi, ma laddove abbiamo ottenuto 321 milioni di euro di ribasso sui beni e servizi, oggi dovremmo decidere, secondo questo emendamento, che non è vero niente e che bisognerà ripetere tutte le gare. È un assurdo, è un danno all'Erario! Pur non condividendo a pieno - e concludo, signor Presidente - la soluzione che è stata in qualche modo data, a parer mio, vi era un emendamento Nannicini, che è stato ritirato, che invece avrebbe sistemato in moto equo tutte le situazioni a partire dal 28 luglio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, vorrei riprendere le valutazioni che faceva ora l'onorevole Ciccanti e ricordare che l'emendamento Nannicini è stato ritirato...

PRESIDENTE. Non è stato ritirato l'emendamento Nannicini.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, se si era espressa questa volontà era solamente perché in sede del Comitato dei diciotto si era espresso parere contrario a tutti gli emendamenti, compreso l'emendamento Nannicini.
E se si vuole fare ciò che dice l'onorevole Ciccanti, basta accogliere quell'emendamento, poiché quest'ultimo prevede che per tutto ciò che è avvenuto prima del 28 luglio valgono le regole precedenti, mentre dal 28 luglio valgono le regole stabilite dalla sentenza del Consiglio di Stato.
Noi, invece, scriviamo - nel testo che viene all'esame dell'Aula - la data del 9 maggio 2012 e non del 28 luglio 2011, quindi facciamo di fatto una sanatoria (Applausi del deputato Nannicini). Questa è la realtà, quindi credo di poter respingere qualsiasi sospetto rispetto a quanto noi abbiamo proposto, in quanto vogliamo semplicemente che venga affermato fino in fondo il principio che è stato affermato dalla sentenza del Consiglio di Stato.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

Pag. 40

MAINO MARCHI. Solo un secondo, signor Presidente. Dal punto di vista finanziario la relazione tecnica che accompagna il decreto-legge originario su tutto l'articolo 12 dice che non ci sono effetti finanziari e che si tratta di norme procedurali, quindi cambiarle non determina effetti finanziari.

PRESIDENTE. Prima di passare al voto, avverto che è stato presentato dalle Commissioni l'emendamento 13-bis.100 (Vedi l'allegato A - A.C. 5273-A), che è in distribuzione, con riferimento al quale risulta alla Presidenza che i rappresentanti di tutti i gruppi abbiano rinunziato alla fissazione del termine per la presentazione dei subemendamenti.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le chiedo scusa anticipatamente, perché questo è obiettivamente un mio problema. Siccome l'argomento è molto delicato, vorrei essere confortato da lei su come procediamo. Mi pare di aver capito che, in ragione di una valutazione fatta sugli emendamenti, voteremo prima l'emendamento Baretta 12.53, poi, poiché non sono stati ritirati, gli altri emendamenti presentati dai miei colleghi. Ora volevo intanto sapere questo: presumo che, ove fosse approvato l'emendamento Baretta 12.53, decadrebbero gli altri emendamenti. È così?

PRESIDENTE. Sì, è così, sarebbero preclusi gli altri.

ROBERTO GIACHETTI. La mia domanda è questa (anche per venire in aiuto dei colleghi che poi dovranno decidere): qualora venga approvato l'emendamento Baretta 12.53, se i miei colleghi - Nannicini in particolare - avessero voluto trasformare il loro emendamento in un ordine del giorno, questa possibilità sarebbe preclusa perché la materia è stata già decisa dalla Camera? Oppure ciò è possibile, che passi o meno l'emendamento Baretta 12.53? In altre parole, la preclusione dell'emendamento preclude anche la facoltà nostra di poter presentare gli ordini del giorno su quella materia su cui ha deliberato la Camera? Le chiedo scusa, ma ovviamente ci interessa anche per questo capire qual è la situazione.

PRESIDENTE. Non sarebbe preclusa la possibilità di presentare un ordine del giorno, purché l'ordine del giorno non sia in contrasto con il testo dell'emendamento che è stato approvato e che ha determinato la preclusione degli emendamenti successivi. Faccio un esempio: se l'ordine del giorno aggiunge qualcosa è un conto; se invece è in contrasto con quello che viene approvato, è chiaro che non può essere presentato, anche perché la prescrizione basilare è quella di portare al voto o meno quell'emendamento. Poi c'è l'integrazione legata alla contrapponibilità del testo dell'ordine del giorno rispetto all'emendamento. Quindi è possibile.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Baretta 12.53, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Goisis, Gelmini, Rugghia, Pezzotta, Margiotta, Pili...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 491
Votanti 439
Astenuti 52
Maggioranza 220
Hanno votato
209
Hanno votato
no 230).

Prendo atto che i deputati Monai e Sposetti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole. Pag. 41
Passiamo all'emendamento Nannicini 12.54.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento formulato dal relatore.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, io credo che su questa vicenda dobbiamo darci reciproca stima, ma anche aprire una polemica su chi si comporta in modo non coerente rispetto alle proprie funzioni. Mi riferisco a Consip dopo la data del 28 luglio, dopo che la sentenza del Consiglio di Stato ha chiarito che, con riguardo all'aggiudicazione di appalto in applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, le buste della proposta tecnica - se metto l'anti muffa, se do una vernice, se ne do due mani o tre mani -, al di là della proposta vantaggiosa, vanno aperte in trasparenza nella gara pubblica. Anche le buste o la proposta tecnica devono essere aperte davanti ai concorrenti per dare a quell'atto giuridico la valenza della pubblicità. Si tratta di una sentenza annunciata, di una sentenza sacrosanta e tale sentenza è stata recepita dall'articolo 12 del provvedimento in discussione.
Quindi, il provvedimento in discussione interviene e pone al comma 1 e al comma 2 il recepimento della sentenza per evitare che tutti i secondi o i terzi debbano fare ricorso in termini giurisdizionali alla giustizia amministrativa e la fa divenire norma legislativa. Si tratta di una grande iniziativa del Parlamento e del Governo.
Il comma 3 sterilizza la sentenza e dice che per tutte quelle buste non aperte prima del 9 maggio, data del decreto del 2012, non si applicano il comma 1 e il comma 2 dell'articolo 12. Quindi, siamo un Parlamento che si pone il tema di modificare delle sentenze. Quanto sarebbe stato più corretto che a tutte le gare aggiudicate prima del 28 luglio venga data valenza giuridica, ma per quelle aggiudicate e non corrispondenti all'articolo 12, comma 1 e comma 2, dopo il 28 luglio si adotti il metodo dell'attuazione dell'articolo 12.
Se Consip, emanazione del Ministero dell'economia e delle finanze, pensa di acquistare la fiducia di questo Parlamento nel suo rafforzamento delle competenze sulle gare, con questa vicenda Consip non ha la nostra fiducia, almeno la mia personale. Infatti, non si può scrivere che l'eventuale annullamento di tali gare in seguito alla soccombenza del citato contenzioso, con conseguente necessità di bandire ex novo le procedure, avrebbe rilevanti impatti sulla finanza pubblica.
Per quanto concerne Consip Spa, onorevole Marinello ascolti con la dovuta diligenza e intelligenza, la soppressione della disposizione incide sulle gare aggiudicate per l'affidamento dei servizi di facility management (uffici, pulizia, manutenzione ed altri servizi) per le amministrazioni pubbliche centrali e territoriali (ometto i nomi perché a me non interessano le aziende, ma ciò che dice Consip) e per la fornitura di reti locali (cablaggi ed altro per uffici, scuole e altri uffici della pubblica amministrazione).
Che un organismo tecnico dello Stato voglia salvare le sue gare anche dopo il 28 luglio è una pretesa che questo Parlamento non può giustificare, perché questo Parlamento si mette a discutere dei primi e dei secondi. All'onorevole Marinello piace molto discutere di questo, ma a noi del Partito Democratico non piace discutere né dei secondi, né dei terzi. Piace tenere con coerenza un atteggiamento rispetto ad una sentenza.

PRESIDENTE. Onorevole Nannicini, la prego di concludere...

ROLANDO NANNICINI. Quindi, la data del 9 maggio è un'invenzione e, signor Presidente, vorrei dare anche questi dati, verbali e pareri dei tecnici (non del Governo tecnico, ma dei tecnici del Ministero dell'economia). Li metto a disposizione di questo mio intervento perché si deve capire con trasparenza come si nascondono le norme e come si vuole sanare.

PRESIDENTE. Onorevole Nannicini, la ringrazio...

Pag. 42

ROLANDO NANNICINI. Quindi, io non ritiro alcun emendamento e chiedo un parere diverso del relatore e del Governo per andare a porre in votazione un emendamento che siamo costretti a presentare perché noi siamo contro la mediazione ed eravamo per sopprimere il comma 3 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nannicini 12.54, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sereni... Onorevole Garavini... Onorevole Andrea Orlando... Onorevole Cosenza... Onorevole Ronchi... Onorevole Ciccioli... Onorevole Servodio... Onorevole Perina...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 498
Votanti 445
Astenuti 53
Maggioranza 223
Hanno votato
212
Hanno votato
no 233).

Prendo atto che i deputati Monai e Sposetti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Consolo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori dell'emendamento Borghesi 12.50 se accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, noi ripristiniamo esattamente il testo del Senato con il nostro intervento e, quindi, anche questo va nel senso di non creare quella sanatoria che altrimenti si crea con il testo attuale al di là delle dichiarazioni e delle parole che vengono dette circa la trasparenza, che in questo caso non ci sarebbe.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 12.50, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Murer... Onorevole Andrea Orlando...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 492
Votanti 443
Astenuti 49
Maggioranza 222
Hanno votato
209
Hanno votato
no 234).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Consolo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Chiedo all'onorevole Nannicini se accede all'invito al ritiro formulato dal relatore per il suo emendamento 12.51.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, chiedo coerenza all'onorevole Ciccanti, perché ha illustrato il mio emendamento e spero proprio che lo voti. Infatti, il collega ha detto di sostituire il 9 maggio con il 28 luglio e il mio emendamento dice questo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, sono coerente e chiedo anche al collega Nannicini di esserlo, perché per una settimana abbiamo cercato di trovare un punto di incontro proprio su quell'emendamento. Pag. 43Però, mi sono sentito dire, fino ad un quarto d'ora fa, che questo emendamento, a firma Nannicini, dallo stesso sarebbe stato ritirato.
È stato dichiarato nelle Commissioni congiunte, nel Comitato dei diciotto, dal capogruppo del Partito Democratico presso la Commissione bilancio che questo emendamento sarebbe stato ritirato. Non possiamo cambiare le carte in tavola venendo in Aula e facendo i «giochini». Noi siamo venuti in Aula con un parere del Governo, delle Commissioni e di una maggioranza che già si è espressa un quarto d'ora fa. Cambiare le carte non si può fare all'ultimo minuto. Bisogna essere seri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, risolvo subito il problema personale, perché non ho mai detto che ritiravo emendamenti dell'onorevole Nannicini, perché può farlo solo l'onorevole Nannicini.
Replico all'onorevole Ciccanti dicendo che, se il gruppo del Partito Democratico presenta una serie di emendamenti, alcuni abrogativi e altri, invece, interpretativi e i relatori esprimono parere contrario su tutti gli emendamenti, sia su quelli abrogativi sia su quelli interpretativi, è evidente che non siamo noi a non cercare la mediazione o l'intesa.
È esattamente una settimana che stiamo aspettando un segnale di disponibilità. Abbiamo realizzato questa disponibilità da soli, presentando emendamenti abrogativi ed emendamenti interpretativi. Questo emendamento dell'onorevole Nannicini interpreta esattamente, nello spirito maggioritario sul quale si era mossa la Commissione in queste ore. Chiedo al Governo, su questo punto, e ai relatori di cambiare parere e di tener conto del dibattito che vi è stato in Commissione. È una soluzione che arriva troppo tardi? Se è troppo tardi, la responsabilità ce la prendiamo tutti e non giochiamo a scaricabarile.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo solo per poche parole. Approfitto del fatto che oltre all'onorevole Ciccanti è presente anche il presidente Casini, che spesso ci richiama alla concretezza. Capisco tutto, però se un gruppo e una forza politica sono d'accordo sul merito di un emendamento, non è che poi, magari perché si dice di ritirarlo o di non ritirarlo, si cambia il giudizio se quell'emendamento non viene ritirato. Se si è d'accordo su quell'emendamento, presumo che lo si condivida, altrimenti, dovremmo pensare che l'onorevole Ciccanti si è espresso favorevolmente su quell'emendamento perché sapeva che lo avremmo ritirato. Questo mi sembra eccessivo.
Non so se sia possibile, ma se il gruppo dell'Unione di Centro per il Terzo Polo è d'accordo su quell'emendamento, al di là del fatto che sia o meno ritirato, che si voti sulle questioni, senza fare, in un certo senso, punizioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, innanzitutto vorrei aggiungere la mia firma a questo emendamento.
Poi, se mi permette, signor Presidente, per quanto riguarda questo emendamento, alla luce di quello che ha detto il collega Ciccanti, credo che nell'Aula ci si debba pronunciare, allorché si approvano testi normativi, con riferimento al contenuto sostanziale delle norme. Altrimenti, sfioreremmo il paradosso, se non ho inteso male quello che diceva il collega Ciccanti, perché saremmo d'accordo sulla sostanza, relativa alla modifica sul 28 luglio, ma, poiché fino a mezz'ora fa questa cosa sembrava non delinearsi, allora per coerenza rispetto a ciò che si affermava mezz'ora fa diciamo di «no» anche se siamo d'accordo. Mi sembra veramente un modo di legiferare assurdo! Pag. 44
Quindi, rimanendo alla sostanza della questione, che è molto delicata, chiederei quantomeno che questo emendamento si possa accantonare, per chiarirci se sia possibile, ovvero, altrimenti, di modificare il parere già espresso.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole Nannicini, non posso dare la parola né a lei né all'onorevole Ciccanti poiché avete già parlato!

ROLANDO NANNICINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Aspetti! Non la sente nessuno, collega. Prego, ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, avendo votato prima l'emendamento a firma del collega Baretta, è chiaro che non ritiro il mio emendamento. Se si fosse votato prima il mio emendamento l'avrei ritirato.

PRESIDENTE. Sta bene. È chiara la situazione?

ROLANDO NANNICINI. Quindi, mi scuso per la confusione. I rapporti con l'onorevole Ciccanti sono ottimi, quindi, se vuole votare l'emendamento, lo voti perché non ho ritirato l'emendamento da me sottoscritto.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, capisco che giustamente la Presidenza non dia la parola all'onorevole Ciccanti, però evidentemente resto a quanto questi ha prima dichiarato.
L'onorevole Ciccanti ha detto che era in corso un tentativo di mediazione sull'emendamento Nannicini. Quindi, anche al fine di determinare i nostri lavori, non è ininfluente conoscere l'opinione del «commissario» Ciccanti perché, nel caso in cui dichiarasse di votare a favore dell'emendamento Nannicini, evidentemente occorrerebbe capire qual è l'orientamento del Governo. Diversamente, l'onorevole Ciccanti ha parlato a vuoto, nel senso che ha dato la responsabilità ad un gruppo parlamentare di avere presentato una serie di emendamenti - come ha avuto modo di dire anche l'onorevole Baretta - e sostanzialmente di non aver messo un altro gruppo nelle condizioni di votarlo. In realtà, non è così: l'altro gruppo, che l'onorevole Ciccanti rappresenta, può benissimo votare l'emendamento Nannicini 12.51, che non è mai stato ritirato, quindi, a questo punto, se effettivamente si tratta di una mediazione possibile, lo dica, in modo tale che, anche eventualmente attraverso una sospensione o un accantonamento, il Governo sia in grado di rivedere la sua posizione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, credo che siamo tutti in buona fede. Capisco le ragioni del Partito Democratico, capisco lo sforzo che l'onorevole Nannicini ha fatto presentando questo emendamento e, nel principio, possiamo anche condividerlo, però vi è un parere contrario del Governo che ci dice, nonostante questa mediazione, rispetto all'emendamento che abbiamo votato prima, che si tratta di un emendamento costoso perché, ogni volta che andiamo a rifare delle gare ed otteniamo su queste un ribasso, dovendole rifare, rinunciamo a questo ribasso per almeno due anni, forse tre.
Per queste considerazioni, ci sembra opportuno mettere il risparmio di bilancio - che sapete oggi essere una priorità per questo Paese - davanti anche alle considerazioni, seppure giuste, dell'onorevole Nannicini. Quindi noi voteremo contro questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Pag. 45
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nannicini 12.51, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Mazzuca, Perina, Tortoli, Mondello, Costa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 510
Votanti 458
Astenuti 52
Maggioranza 230
Hanno votato
213
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Borghesi 13-bis.9 formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, con questo emendamento il nostro gruppo si propone di intervenire sulla possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di rilasciare una certificazione che permetta poi alle imprese di chiedere alle banche di poter avere il controvalore attraverso una cessione pro soluto.
Per quanto riguarda la copertura finanziaria, l'istituto della certificazione non è suscettibile di generare crediti ulteriori rispetto a quelli già esistenti e quindi, da questo punto di vista, non si genera neppure la trasformazione dei debiti commerciali in debiti finanziari, per cui non deriva alcuna ristrutturazione delle posizioni debitorie oltre il termine temporale di 12 mesi, né delegazioni di pagamento e non si determinano, pertanto, effetti finanziari.
Credo che sia una necessità assoluta delle imprese perché siamo di fronte a problemi che tutti conoscono - quindi non mi dilungo - per risolvere l'annoso problema dei pagamenti in ritardo da parte delle pubbliche amministrazioni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 13-bis.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Volete togliere la tessera affianco all'onorevole Barani...di chi è? È De Luca? State a posto, ognuno stia al proprio posto, non si vede...

LUCIO BARANI. Signor Presidente, è tutto regolare!

PRESIDENTE. Va bene, è tutto regolare. Andiamo avanti. Onorevole Dal Lago...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 505
Votanti 453
Astenuti 52
Maggioranza 227
Hanno votato
20
Hanno votato
no 433).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Ciccanti 13-bis.50 formulato dal relatore.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, questo emendamento fa riferimento al sistema delle certificazioni che riguardano le imprese per poter scontare in banca, nella forma del pro solvendo, i loro crediti anche verso la pubblica amministrazione. Noi con l'emendamento che abbiamo presentato come Unione di Centro per il Terzo Polo avevamo stabilito una semplificazione nel senso che si doveva Pag. 46distinguere i certificati di pagamento, che derivano dall'esecuzione di lavori pubblici, dai certificati di pagamento, che invece derivano dalla fornitura di beni e servizi.
La manovra estiva dell'anno scorso, il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, invece di distinguerli, li ha sommati, per cui oggi chi ha svolto un lavoro pubblico e vuole essere pagato, per esempio per gli stati di avanzamento lavori, rispetto ai 75 giorni che aveva rispetto al regolamento dei lavori pubblici, passa a 165 giorni, sommando i 90 giorni dell'ulteriore certificazione che è stata prevista per forniture di beni e servizi - si badi bene - quindi si sono sommate le due procedure.
È chiaro che questo tipo di sistema produce un danno enorme alle imprese; il Governo ha proposto una riformulazione che invece, pur semplificando, in realtà pregiudica rispetto alle imprese il canale di pagamento di quei crediti che si possono avere con il sostegno del Fondo di garanzia. Riteniamo questo dannoso per le imprese, però ci fa presente il Governo che si tratta di un emendamento oneroso. È chiaro che, a questo punto, ritiro l'emendamento, trasfondendone il contenuto in un ordine del giorno e riservandomi di riproporlo con il decreto-legge sviluppo. Riteniamo così di rendere un servizio alle imprese come Unione di Centro per il Terzo Polo.

PRESIDENTE. Sta bene.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Palomba 13-bis.8 formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, anche questo emendamento riguarda l'annoso problema del pagamento dei debiti da parte delle pubbliche amministrazioni; qui lo facciamo in modo esteso al fine di consentire la compensazione totale tra crediti e debiti da parte delle imprese creditrici. Troviamo che sia scandaloso che si continui a non permettere a chi ha un debito nei confronti dell'erario di poterlo compensare con dei crediti commerciali verso le pubbliche amministrazioni.
Capisco che vi sia un problema di copertura. Noi l'abbiamo trovata e l'abbiamo indicata in un aumento dell'imposta sostitutiva sui giochi. Più volte in passato lo stesso Governo Monti ha utilizzato questo tipo di copertura per fronteggiare altre esigenze, per il reperimento di risorse per altri provvedimenti. Si può fare ed è ora che le imprese smettano di fallire e che gli imprenditori smettano di suicidarsi perché il Governo e il Parlamento non affrontano radicalmente questo problema. Chiediamo a tutti qui dentro di valutare con serenità questo emendamento e di valutare il fatto che la copertura è trovata in un'attività come il gioco d'azzardo, sul quale forse aumentare il prelievo non è sbagliato in questo momento. Quindi, chiediamo a tutti i colleghi di fare una valutazione attenta ed una seria riflessione prima di votare questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Palomba 13-bis. 8, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Garagnani, Bianconi, Della Vedova, Cesa, De Poli...Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 507
Votanti 459
Astenuti 48
Maggioranza 230
Hanno votato
22
Hanno votato
no 437).

Passiamo all'emendamento Borghesi 13-bis. 7.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Borghesi 13-bis. 7 formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Pag. 47

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, con questo emendamento modifichiamo il decreto-legge n. 78 del 2010, che pone attualmente un divieto in materia di compensazione di somme iscritte al ruolo con crediti erariali. In sostanza, sopprimiamo la disposizione che aveva introdotto il divieto di compensazione. Anche questo è un altro inqualificabile scandalo, perché pone lo Stato e i cittadini su piani radicalmente diversi. È ora di finirla con lo Stato che considera i cittadini come dei sudditi. Pregherei questo Parlamento di un sussulto di dignità e di votare a favore di questo emendamento, eliminando questa assoluta e inutile discriminazione a danno della gente, dei cittadini e degli imprenditori.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 13-bis. 7, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Paolini, Moles, Mazzuca...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 512
Votanti 507
Astenuti 5
Maggioranza 254
Hanno votato
69
Hanno votato
no 438).

Prendo atto che il deputato Raisi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento 13-bis. 100 delle Commissioni.
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo accetta l'emendamento 13-bis. 100 delle Commissioni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13-bis. 100 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Galletti, Cesa, Moles, Migliavacca, Marchioni, Stefani, Zeller, Garofani...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 510
Votanti 502
Astenuti 8
Maggioranza 252
Hanno votato
487
Hanno votato
no 15).

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Calderisi 13-bis.01, formulato dal relatore.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, questo articolo aggiuntivo propone di modificare la legge fallimentare con un'interpretazione autentica, nel senso che non costituisca manifestazione di insolvenza la crisi finanziaria dell'imprenditore dovuta esclusivamente a inadempimento delle proprie obbligazioni pecuniarie da parte della pubblica amministrazione. Il tema è, evidentemente, di grande rilevanza. Il Governo, già nelle Commissioni, ha manifestato l'intenzione di affrontare la questione nell'ambito del decreto sviluppo. Quindi, in questo senso, accedo all'invito al ritiro dei relatori a ritirare il mio articolo aggiuntivo e a trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno, contando, evidentemente, sul fatto che il Governo confermi quello che ha detto nelle Commissioni, e quindi accetti l'ordine del giorno.

Pag. 48

PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Moroni 13-bis.050, formulato dal relatore.

CHIARA MORONI. Signor Presidente, chiederei al Governo un supplemento di riflessione su questo articolo aggiuntivo, perché, nella logica dell'ottimizzazione delle risorse e della trasparenza, il mio articolo aggiuntivo vuole, in qualche modo, restringere il più possibile gli affidamenti diretti, cosiddetti in house, degli appalti per beni e servizi strumentali delle amministrazioni locali e regionali, renderli trasparenti e, laddove vengano affidati in maniera diretta, farlo con una motivata e dettagliata relazione, con un parere vincolante dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Mi sembra, come dire, il minimo, in un momento in cui si va nell'ottica di ottimizzare le risorse e di rendere tutto trasparente, che tutto quello che è possibile mettere a gara con evidenza pubblica segua quella logica, riducendo così eventuali possibilità anche clientelari, che, purtroppo, sono all'ordine del giorno. Chiederei, quindi, al Governo un supplemento di riflessione, se possibile, su questo articolo aggiuntivo.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, in effetti abbiamo valutato con grande attenzione l'articolo aggiuntivo dell'onorevole Moroni. Siamo contrari a mantenerlo in questo decreto-legge per questioni di carattere sistematico. Infatti, nel prossimo decreto sulla spending review noi tratteremo ampiamente tutta la materia; di conseguenza, in quella sede potrà trovare posto in misura migliore l'articolo aggiuntivo che è stato appena presentato.
Quindi, confermo l'invito al ritiro, con l'idea di accogliere il contenuto di questo articolo aggiuntivo, nella nuova formulazione, nel nuovo provvedimento che il Governo si appresta a varare.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore dell'articolo aggiuntivo Moroni 13-bis.050 accede all'invito al ritiro.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, chiedo di fare proprio l'articolo aggiuntivo Moroni 13-bis.050.

PRESIDENTE. Sta bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, vorrei che noi riflettessimo sul contenuto e sulla portata di questo articolo aggiuntivo, che è palesemente contrario alla normativa europea che permette l'affidamento in house per soglie così basse. L'approvazione di un articolo aggiuntivo di questo genere significherebbe bloccare un sacco di operazioni di importi molto limitati, del tipo manutenzioni ordinarie di strade, edifici, trasporti scuolabus per piccoli importi, pulizia delle strade, opere di bonifica ambientale, che sono tutte cose che un piccolo comune - i piccoli comuni in Italia sono molti - attualmente fanno senza particolare aggravio.
Immaginare una norma come questa significa caricare i comuni dell'obbligo di una relazione che dovrebbe spiegare quale potrebbe essere il motivo, attraverso una dettagliata relazione, per non fare ricorso al mercato, da un lato, e, dall'altro, caricare l'Autorità garante della concorrenza e del mercato per delle operazioni di alcun significato economico, la cui rilevanza sarebbe del tutto trascurabile.
Quindi, facciamo una norma che aggrava il lavoro e l'impegno degli enti locali, aggrava il lavoro dell'Autorità garante Pag. 49della concorrenza e del mercato, senza alcun beneficio concreto se non quello di mettere in difficoltà comuni e imprese che svolgono le attività di fornitura di servizi strumentali alle attività degli enti che, invece, è importante possano continuare ad andare avanti così come fino ad oggi. Ricordo a tutti che stiamo parlando di lavori che sono sotto la soglia dei 40 mila euro e, quindi, stiamo parlando di operazioni microscopiche.

CHIARA MORONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI. Signor Presidente, giusto perché io, ovviamente, avevo accolto l'invito al ritiro del Governo, accogliendo anche l'impegno del Governo alla trasformazione in un ordine del giorno impegnativo per il prossimo decreto sulla spending review. Poiché l'Italia dei Valori ha deciso di fare suo l'articolo aggiuntivo, quantomeno vorrei spiegare la ratio della proposta emendativa, perché non è quello che dice l'onorevole Bressa, nel senso che il mio articolo aggiuntivo novella il decreto Bersani sugli affidamenti diretti in house semplicemente restringendo un po' di più la possibilità di affidare direttamente gli appalti in via cosiddetta in house, presentando una relazione dettagliata e motivata delle motivazioni per cui l'amministrazione locale fa l'affidamento in house e chiedendo un parere preventivo e vincolante all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Questo non impatta in alcun modo sul codice degli appalti, che già prevede tutta una serie di soglie legate esattamente a quello che diceva l'onorevole Bressa, e che consente alle amministrazioni locali di fare affidamenti diretti per piccoli importi che vanno nella direzione di risolvere i problemi amministrativi e urgenti delle amministrazioni locali senza ricorrere alle gare.
La normativa prevista dal decreto Bersani, che disciplina gli affidamenti in house, tiene già conto del codice degli appalti. Qui si aggiunge, semplicemente, una relazione dettagliata sulle motivazioni per cui l'amministrazione locale decide di affidare in house e si chiede un parere preventivo e vincolante all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Quindi, impatta solamente rispetto all'evidenza pubblica, alla trasparenza e alle motivazioni che inducono l'amministrazione a dare l'affidamento diretto, non impatta su quello che citava l'onorevole Bressa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, volevo ricordare che, comunque, anche gli affidamenti di lavori e servizi sotto soglia, anche non a società in house, sono consentiti già oggi dalla norma sui servizi e sugli appalti pubblici. Il fatto che i piccoli comuni ogni tanto, diciamo così, se ne avvantaggiano è proprio perché sono state create queste norme per consentire, quando gli interventi sono di poco conto, una celerità nell'affidamento, un'efficacia ed efficienza della pubblica amministrazione e così via, come da vent'anni a questa parte ci diciamo tutte le volte.
Quindi, questo significa aggiungere un ulteriore adempimento ad una norma che già oggi funziona bene, ammesso e non concesso che i piccoli comuni abbiano ancora delle possibilità economiche e quindi delle risorse da spendere, obbligarli ad indicare anche in una relazione le motivazioni per le quali ricorrono ad una possibilità già prevista per legge, dover aspettare 60 giorni che qualcun altro, oberato di un sacco di altri adempimenti, gli risponda anche e, se non risponde, è parere negativo. Quindi, tutte le agevolazioni che la norma attuale consente ai piccoli e non piccoli comuni sotto soglia di potere avere adesso, con le norme esistenti, verrà vanificata.
Quindi, io invito al Governo a respingere questo emendamento adesso, ma a non pensare neanche di metterlo in un altro provvedimento, perché il risultato finale sarebbe mortificare ulteriormente le attività dei piccoli comuni che sulle piccole cose cercano di fare il possibile.

Pag. 50

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Moroni 13-bis.050, ritirato dal presentatore e fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 509
Votanti 504
Astenuti 5
Maggioranza 253
Hanno votato
43
Hanno votato
no 461).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13-ter.100 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole D'Antoni... onorevole Galletti... onorevole Madia... onorevole Cesaro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 507
Votanti 500
Astenuti 7
Maggioranza 251
Hanno votato
484
Hanno votato
no 16).

Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Borghesi 14.2, formulato dai relatori.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, con questa proposta emendativa proponiamo che la gestione negli interventi di efficientamento energetico degli edifici pubblici rimanga in capo all'Agenzia del demanio, come è già, ma che le linee guida per questi interventi siano definite dai Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico, cosa che, per altro, sarebbe già prevista dal decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5. Chiediamo quindi che siano, come dicevo prima, i Ministeri a dettare le linee guida, e questo serve anche per risolvere un'apparente contraddizione che altrimenti noi andiamo a creare all'interno della legge.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 14.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Galletti... onorevole Garagnani... onorevole Colaninno... onorevole Gregorio Fontana...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 509
Votanti 503
Astenuti 6
Maggioranza 252
Hanno votato
25
Hanno votato
no 478).

Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Borghesi 14.4, formulato dai relatori.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, con questa proposta emendativa chiariamo quali dovrebbero essere gli interventi minimi di riqualificazione energetica previsti negli immobili pubblici, che devono consentire un miglioramento sensibile dell'indice di prestazione energetica. Il rendimento energetico degli immobili deve essere chiaramente poi documentato dall'attestato di certificazione energetica, nulla dicendosi si va a correre il rischio che vengano fatti interventi che realmente poi non apportano significative modifiche Pag. 51all'indice e quindi all'indicatore e che quindi di fatto poi non rappresentano quell'efficienza necessaria oggi per razionalizzare la spesa pubblica anche sotto questo profilo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 14.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Bressa... onorevole Pepe Mario (PD)... onorevole Zeller... onorevole Di Stanislao...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 512
Votanti 460
Astenuti 52
Maggioranza 231
Hanno votato
22
Hanno votato
no 438).

Avverto che, recando il disegno di legge un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5273-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5273-A).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, i seguenti ordini del giorno, in quanto estranei rispetto al contenuto del provvedimento: Scilipoti n. 9/5273-A/32, limitatamente al secondo impegno del dispositivo, in materia di eliminazione dalle cartelle esattoriali delle somme dovute come sanzioni pecuniarie, di contenuto analogo all'emendamento Cicu 6.01, già dichiarato inammissibile in sede referente; Bitonci n. 9/5273-A/34; Meroni n. 9/5273-A/35; Rainieri n. 9/5273-A/36 e Volpi n. 9/5273-A/37, che intervengono in materia di imposta municipale unica.
Avverto inoltre che è in distribuzione la nuova formulazione dell'ordine del giorno Dima n. 9/5273-A/13.
L'onorevole Vanalli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5273-A/33.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, l'ordine del giorno si riferisce alla questione dei commissari ad acta e IMU. Abbiamo detto in tutti i modi, in tutte le opportunità che abbiamo avuto, in tutte le occasioni che la questione IMU, così come è stata impostata da questo Governo e sostenuta da questa maggioranza, è stato un incredibile colpo alle tasche dei cittadini, alle imprese, alle attività artigianali e commerciali che lavorano sul territorio e che proprio in questo momento, con la grave crisi che c'è, non avevano certo bisogno di un ulteriore prelievo forzato dalle loro tasche. Come ho già avuto modo di dire, non ritengo corretto che il Governo si sia comportato in questo modo, utilizzando tra l'altro una dizione che apparteneva, per così dire, alla norma sul federalismo fiscale. Infatti ha fatto passare questo ulteriore prelievo forzato quasi come una misura ineludibile e già prevista dal precedente Governo e in special modo dalla Lega, dando ad intendere che - avete visto! - è colpa del federalismo fiscale: non è vero che porta benefici, in realtà vi toglie soldi dalle tasche.
Poiché questo non è assolutamente vero e perlomeno negli ultimi giorni si comincia a capire, qualcuno se ne sta rendendo conto e sta cambiando idea rispetto al voto a favore del Governo di qualche mese fa, mi sono permesso di avanzare una proposta: in qualità di sindaco, di non applicare le aliquote IMU e fare in modo che siano i prefetti e, quindi, i rappresentanti del Governo a livello territoriale a venire Pag. 52nel mio comune - invitavo gli altri sindaci a fare lo stesso - come negli altri comuni per applicare le aliquote IMU. Ora il prefetto mi ha detto che appena ci sarà la scadenza dell'obbligatorietà della redazione del bilancio, che adesso è stata posticipata all'ultimo giorno di agosto, sicuramente darà corso a questa che è una previsione di legge già esistente.
Con l'ordine del giorno chiedevo qualcosa di più. Considerato che è stato il Governo a volere l'introduzione di questa IMU, chiedevo l'impegno del Governo affinché potesse dare l'ok al fatto che non solamente i funzionari delle prefetture possano andare nei comuni a redigere i bilanci ma possano farlo anche altri funzionari dello Stato. Anzi, a dire la verità, mi ero spinto a chiedere che anche i Ministri, qualora avessero tempo libero, potessero farlo (mi era sembrato di capire che, ad esempio, il Ministro Giarda avesse un po' di tempo libero, perché vedo che è sottoutilizzato dal Governo per le sue competenze). Mi chiedevo perché mai il Governo non possa autorizzare i prefetti a dare la possibilità, ad esempio al Ministro Giarda, di venire nel comune di Pontida ad applicare lui le aliquote IMU che ha studiato quando le ha stabilite come membro del Governo. Quindi, il mio ordine del giorno prevede tale richiesta e dà questa possibilità, ad esempio, al Ministro o comunque ad altri funzionari o ad altri Ministri del Governo, a sottosegretari (anche D'Andrea, che mi sembra particolarmente ferrato sulla questione): fate vedere, come Governo, che siete in grado di andare nei comuni, anche nei piccoli comuni, ad applicare l'IMU.
Spiegate ai cittadini che è una cosa nobile e giusta, che non è per niente vessatoria, che anzi aiuterà lo sviluppo, che sarà tutto il bene possibile come state dicendo da un mese a questa parte. Ditelo direttamente ai cittadini dei nostri comuni e così vediamo come potranno essere le risposte direttamente dalla base territoriale dalla quale i soldi vengono prelevati.

PRESIDENTE. È evidente che è una provocazione politica, perché quello che risulta dal testo dell'ordine del giorno è diverso rispetto a quello che ha detto.
L'onorevole La Loggia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5273-A/28.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, se potessi avere solo per due minuti l'attenzione del Governo, del sottosegretario Polillo...

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, per cortesia. Onorevole Marinello, per cortesia.

ENRICO LA LOGGIA. L'ordine del giorno in esame, come ben ricorderà il sottosegretario, nasce dall'invito al ritiro del mio emendamento 2.54 in ordine alla riduzione dell'ammontare dei costi relativi all'acquisto di beni e servizi della pubblica amministrazione. È bene ricordare, signor Presidente - ma lo ricordo anche al Governo ed ai colleghi che avessero l'amabilità di ascoltare - che nell'anno 2000 la voce per la spesa complessiva della pubblica amministrazione per l'acquisto di beni e servizi aumentava ad 87 miliardi di euro. Dieci anni dopo, nel 2010, la cifra è lievitata sino a 137 miliardi di euro, con un aumento del 55 per cento. Secondo l'ISTAT e l'indice di aumento dei prezzi, non avrebbe dovuto esserci un aumento superiore al 15 per cento. La domanda è (ma la lascio all'immaginazione, più che alla coscienza di ciascuno di noi): dov'è finito l'altro 40 per cento? Non si anniderà lì per caso il vero costo della politica? Sono ben 40 miliardi che sono stati buttati via, probabilmente finiti nelle tasche di qualcuno, probabilmente attraverso le amministrazioni locali, periferiche e centrali, alle quali hanno dato per così dire risposta tutte le forze politiche e tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni. Da questa constatazione viene, da parte mia e da parte nostra, il forte invito al Governo a rimodulare questa previsione di spesa. Infatti basterebbe soltanto riportarla ai livelli di qualche anno fa (mettiamo 2007, 2008, 2006), per poter avere immediatamente disponibile una somma Pag. 53non inferiore a 20 miliardi. Altro che IMU sulla prima casa, altro che aumento di due punti di IVA: 20 miliardi, che sarebbero facilmente reperibili attraverso soltanto questa accorta gestione della spesa pubblica.
Allora l'ordine del giorno volge in questa direzione, così come voleva ancora meglio un emendamento, per dire: «Caro Governo, nel prossimo decreto sulla spending review sarà possibile immaginare di prevedere una così modesta, tutto sommato, riduzione rispetto ai 40 miliardi buttati via negli ultimi 10 anni? E non sarebbe il caso, magari nel decreto sviluppo, di prevedere che questi 20 miliardi possano essere utilizzati a beneficio dei cittadini italiani e non per le tasche capienti di qualche corrotto amministratore?» Questa è la domanda ed è anche la denuncia che io faccio qui, con tutta chiarezza ed assumendomi la responsabilità di quello che dico. Peraltro le cifre che riferisco risultano ufficialmente fornite dalle relazioni della CONSIP e quindi sono facilmente riscontrabili. Chiedo al Governo con forza che accolga l'ordine del giorno in esame e non lo butti in un cassetto, come spesso accade a tutti gli ordini del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5273-A/4.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, vorrei illustrare brevemente questo ordine del giorno, che prende atto della legge 14 dicembre 2011, n. 148, concernente la delega al Governo anche in merito alla riduzione degli uffici giudiziari di primo livello. In questo ordine del giorno, mettiamo in evidenza la specificità e la peculiarità della situazione che attraversa la regione Calabria, dove gli uffici giudiziari sono stati da sempre ritenuti presidi di legalità e di contrasto alla criminalità organizzata, quindi non solo alla 'ndrangheta, ma ad ogni tipo di associazione criminogena che esiste nella regione.
Certamente, noi consideriamo lo spirito della delega: il Governo si appresta a formulare una proposta che definisca ed individui la linea e la geografia giudiziaria all'interno del nostro Paese; tuttavia, attraverso questo nostro ordine del giorno, chiediamo una rivisitazione per quanto riguarda proprio la regione Calabria e, quindi, il mantenimento di tutti gli uffici giudiziari di primo livello. Credo, infatti, che oggi, in questo momento, vi sia una maggiore forza, una maggiore attenzione della criminalità organizzata, ma anche una risposta altrettanto forte ed adeguata per sconfiggere e contrastare la criminalità organizzata stessa.
Signor Presidente, noi siamo reduci da due audizioni in cui sono stati ascoltati il procuratore della Repubblica presso la Corte d'appello di Catanzaro, il procuratore della Repubblica di Catanzaro, il procuratore aggiunto Borrelli; e proprio qualche ora fa, abbiamo ascoltato il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, con i procuratori Prestipino e Gratteri. Io ritengo che si sia delineata, anche in questa audizione, una forte e una grande capacità da parte della magistratura e delle forze dell'ordine per sconfiggere sempre di più la criminalità e raggiungere risultati apprezzabili. Come dicevo poc'anzi, anche se non si può parlare proprio di sconfitta, ritengo che ci debba essere una grande mobilitazione. L'eliminazione di un ufficio giudiziario, dunque, creerebbe qualche sconcerto, qualche alterazione sul piano di una valutazione oggettiva da parte della comunità e, soprattutto, avrebbe effetti psicologici dannosi. Ecco perché noi sottoponiamo all'attenzione del Governo queste nostre ragioni.
Mi auguro che, poi, il Governo, signor Presidente, ascolti le nostre ragioni, quando avrà avuto qualche percezione di ciò che stiamo dicendo. Questo per onor di cronaca e per evitare che il suo sforzo, signor Presidente, nel governare - si dice così - i lavori dell'Assemblea, non si riduca...

PRESIDENTE. Colleghi, volete togliere l'assedio ai rappresentanti del Governo, per cortesia, anche per dar modo di ascoltare le parole dell'onorevole Tassone?

Pag. 54

MARIO TASSONE. ... ad un fatto solamente formale. Pertanto, pregherei il sottosegretario D'Andrea, visto e considerato che è stato attento, di rileggere il dispositivo di questo ordine del giorno. Egli avrà saputo e saprà certamente anche le ragioni che abbiamo evidenziato. È l'ordine del giorno n. 4, e chiedo un'attenzione al riguardo: c'è scritto tutto, c'è una valutazione, e se il Governo me lo chiederà, anche in separata sede, glielo spiegherò. Ma loro non hanno motivo e non hanno bisogno di spiegazioni, perché sono abbastanza attrezzati, anche se hanno i paraventi e le blindature che vengono fatte da parte dei colleghi.
Signor Presidente, credo che questo sia - e ho concluso - un argomento serio e molto delicato. Ecco perché noi vogliamo una risposta altrettanto seria rispetto alla delicatezza e alla gravità dell'argomento. Credo che anche con riferimento a questo, un ordine del giorno abbia una sua valenza e un suo significato: ritengo che gran parte della Calabria guardi con molta attenzione a questo ordine del giorno.
La Calabria che anela alla legalità, alla civiltà, al progresso di avere, come dicevo poc'anzi, le strutture, le forze di presidio perché la legalità possa prevalere sull'illegalità e sull'antistato.

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5273-A/58.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, ho proposto un ordine del giorno che, pur facendo salve le competenze delle regioni in materia sanitaria, si preoccupa, però, di garantire il diritto universale alla salute di tutti i cittadini innanzitutto per quanto riguarda l'acquisto dei farmaci per gravi patologie, che è diverso da regione a regione; non si capisce perché in alcune regioni alcuni farmaci siano utilizzati e in altre siano negati, ovviamente, nella constatazione che costano troppo. Ciò è stato riferito ed è stato riportato anche dai giornali. Credo che il diritto alla salute, essendo universale debba prevedere la possibilità di fruire dei farmaci in modo analogo una volta, ovviamente, verificata la serietà, la congruità dei medesimi al risultato finalizzato. In secondo luogo, nella prescrizione e nell'acquisto dei farmaci ritengo che un ruolo maggiore debba essere riservato ai medici. Non tanto ai funzionari burocratici della regione, ma ai medici. In questo contesto, l'ultima valutazione espressa in quest'ordine del giorno invita, proprio in materia di razionalizzazione della spesa pubblica, ad utilizzare in modo diverso il Servizio Sanitario Nazionale per quanto riguarda l'utilizzo del pronto soccorso nel presupposto che, in molte realtà, questo servizio così delicato, così incisivo, così prezioso, viene utilizzato per altri scopi che potrebbero essere benissimo affrontati a livello territoriale dai medici territoriali. Anche questo problema è un'emergenza vera e propria e non si tratta di negare il presupposto al quale prima facevo riferimento, cioè il diritto alla salute, ma di definirlo meglio nell'interesse di tutti per qualificarlo meglio.

PRESIDENTE. L'onorevole Scilipoti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5273-A/32.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, una parte del mio ordine del giorno dichiarata inammissibile - ritengo che non dovesse esserlo, ma ciò nonostante è stata dichiarata inammissibile - pone l'attenzione e l'accento su un argomento che non solo i cittadini chiedono a gran voce, ma di cui gran parte dei colleghi parlamentari si sono fatti carico e lo sentono come argomento da trattare e da risolvere. Questo è un argomento che affligge le piccole e medie imprese e le famiglie e cioè la questione che riguarda le cartelle esattoriali. A proposito delle cartelle esattoriali di Equitalia - quando parliamo di Equitalia parliamo dello Stato, parliamo del Governo, perché ne è il maggiore azionista - non solo i cittadini ma anche molti parlamentari all'interno di quest'Aula e fuori hanno sempre manifestato che l'atteggiamento utilizzato da Equitalia non è un atteggiamento molto buono Pag. 55nei confronti di coloro i quali devono pagare queste cartelle esattoriali. Parto dal presupposto che molti cittadini e molte piccole e medie imprese che hanno dichiarato determinate somme da versare e poi non sono stati in condizioni di versarle, si sono trovati in grande difficoltà e queste difficoltà che hanno attraversato e che stanno attraversando li ha portati e li porterà a ricevere delle cartelle esattoriali che li metteranno ancor di più in grande difficoltà. Allora, in questa seconda parte dell'ordine del giorno, chiedevo al Governo di prendere in considerazione la possibilità di emanare un decreto-legge o di far sì che si metta in moto un meccanismo che preveda l'eliminazione o la riduzione dalle cartelle esattoriali; innanzitutto della sanzione pecuniaria che in questo momento è del 30 per cento o una riduzione della stessa dal 30 per cento al...

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, questa è la parte dichiarata inammissibile, perché espunta dal testo.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, sto illustrando quello che è stato tolto dal mio ordine del giorno...

PRESIDENTE. Non può essere oggetto di illustrazione.

DOMENICO SCILIPOTI. ...stavo cercando di fare una riflessione ad alta voce...

PRESIDENTE. Non può farla.

DOMENICO SCILIPOTI. ... per poi concludere sull'ordine del giorno nel suo complesso. Stavo quindi parlando della riduzione relativa alla seconda sanzione pecuniaria. Inoltre, chiedevo la riduzione dell'aggio che è a carico del debitore del 9 per cento e l'abbattimento della percentuale molto alta di interessi che vi è all'interno di questa cartella. Perciò, ritengo - e ritenevo fino a qualche minuto fa - che questa parte del mio ordine del giorno poteva essere presa in seria considerazione e, consequenzialmente, non dichiararla illegittima, ma valida, perché poteva essere accettata dal Governo.
Per quanto riguarda la prima parte, di cosa parlo? Della possibilità di far sì che il Governo valuti attentamente l'acquisizione di tutti quei patrimoni statali che in questo momento non sono dello Stato, ma in una via di mezzo tale che non si capisce di chi sono e chi li dovrebbe gestire, nonché la possibilità, per alcuni di questi patrimoni dismessi, di venderli e di capitalizzare, per poter utilizzare questa capitalizzazione a favore di coloro i quali si trovano in difficoltà. In più, aggiungo, all'interno di questo ordine del giorno, che vi dovrebbe essere una revisione della spesa, affinché questa sia molto più contenuta.
Ritenevo e ritengo che questo ordine del giorno, complessivamente, poteva essere accettato, perché non diceva nient'altro che quello che ha sostenuto il Governo fuori da quest'Aula, quello che sostengono altri colleghi parlamentari come me, o comunque molti, e quello che sostengono tutti i cittadini in questa nostra Italia.

PRESIDENTE. Onorevoli Scilipoti, le confermo solo l'inammissibilità della seconda parte del suo ordine del giorno, perché estranea al contenuto del provvedimento. Non vi sono altre richieste di illustrazione e prendo atto che il rappresentante del Governo chiede una breve sospensione prima di esprimere i pareri sugli ordini del giorno. Pertanto, sospendo la seduta fino alle ore 17.

La seduta, sospesa alle 16,50, è ripresa alle 17.

PRESIDENTE. Ricordo che prima della sospensione della seduta si sono conclusi gli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno.
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

Pag. 56

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, se mi permette, vorrei fare una breve premessa, perché abbiamo avuto pochissimo tempo per esaminare gli ordini del giorno e quindi il parere che darò risponde a un duplice parametro: da un lato, la natura dell'ordine del giorno, ma anche, quando sarà un parere contrario, a volte lo sarà non tanto per il contenuto dell'ordine del giorno, quanto per la sproporzione dei temi affrontati dall'ordine del giorno e lo strumento utilizzato.
Vi sono cioè degli ordini del giorno che hanno una portata talmente vasta che è difficile poter esprimere un parere sul contenuto del dispositivo. Quindi spero che i presentatori non se ne vorranno anche qualora esprimessi un parere contrario che, per l'appunto, non è una valutazione negativa del contenuto del dispositivo dell'ordine del giorno.
Comincerei, signor Presidente, dicendo che il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Lo Presti n. 9/5273-A/1, Mantovano n. 9/5273-A/2 e Pagano n. 9/5273-A/3. Sull'ordine del giorno Tassone n. 9/5273-A/4 inviterei il presentatore a modificare leggermente il dispositivo in questo senso: impegna il Governo a valutare l'opportunità (invece di far sì) che per le evidenti ragioni legate alla specificità territoriale e all'impatto della criminalità organizzata si possa operare (non una deroga ma) una riorganizzazione degli uffici provinciali in Calabria, mantenendo in vita i più importanti presidi di legalità nell'interesse dei cittadini. Altrimenti dovrei esprimere un parere contrario.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Ciccanti n. 9/5273-A/5. Vi è poi tutta una serie di ordini del giorno che presentano un identico contenuto. Non so se sarebbe il caso di accorparli tutti in un unico ordine del giorno a più firme.

PRESIDENTE. No, signor sottosegretario. Non dipende né da me, né da lei.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Si tratta degli ordini del giorno Bonciani n. 9/5273-A/6, Fogliardi n. 9/5273-A/7, Alberto Giorgetti n. 9/5273-A/8, Mario Pepe (Misto) n. 9/5273-A/9, Ravetto n. 9/5273-A/10, Buonfiglio n. 9/5273-A/11, Aniello Formisano n. 9/5273-A/22 e Pini n. 9/5273-A/45. Questi ordini del giorno sono accettati dal Governo.

PRESIDENTE. Quindi, il parere è favorevole su tutti questi ordini del giorno appena richiamati: Bonciani n. 9/5273-A/6, Fogliardi n. 9/5273-A/7, Alberto Giorgetti n. 9/5273-A/8, Mario Pepe (Misto) n. 9/5273-A/9, Ravetto n. 9/5273-A/10, Buonfiglio n. 9/5273-A/11, Aniello Formisano n. 9/5273-A/22 e Pini n. 9/5273-A/45.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo formula un invito al ritiro dell'ordine del giorno Nastri n. 9/5273-A/12, mentre sull'ordine del giorno Dima n. 9/5273-A/6/13 (Nuova formulazione) propone la stessa formulazione fatta in precedenza, per quanto riguardava la Calabria, all'ordine del giorno Tassone n. 9/5273-A/4.

PRESIDENTE. Quindi, c'è una riformulazione?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. L'invito è a riformulare, altrimenti il parere è contrario, analogamente all'ordine del giorno Tassone n. 9/5273-A/4.
Sull'ordine del giorno Catanoso n. 9/5273-A/14 il Governo propone la seguente riformulazione: impegna il Governo a valutare la possibilità di procedere nelle necessarie opere di razionalizzazione affinché vengano conseguiti tutti i risparmi di spesa. Altrimenti il parere è contrario.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Bertolini n.9/5273-A/15 a condizione che sia riformulato con la soppressione nel dispositivo della parola «immediatamente».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Cossiga n.9/5273-A/16 a condizione che sia Pag. 57riformulato, sopprimendo le parole «entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Bocciardo n.9/5273-A/17 a condizione che sia riformulato, con la stessa condizione del precedente ordine del giorno, ossia sopprimendo le parole «entro un anno dalla data di approvazione della legge di conversione del presente decreto».
La stessa condizione vale per l'ordine del giorno Stracquadanio n. 9/5273-A/18, pertanto il Governo accetta tale ordine del giorno a condizione che sia riformulato.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Di Biagio n.9/5273-A/19, Calderisi n.9/5273-A/20, Gelmini n.9/5273-A/21 e Aniello Formisano n.9/5273-A/22.
Il Governo formula un invita al ritiro sull'ordine del giorno Di Stanislao n.9/5273-A/23.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Laffranco n.9/5273-A/24 a condizione che sia riformulato con la soppressione del secondo periodo del dispositivo, ossia con la soppressione delle parole «viceversa, riconsiderare gli effetti positivi sui salari, sul PIL e di conseguenza sulle entrate, che si produrrebbero incrementando l'aumento del valori esenti da imposizione da 5,29 a 8 euro».
Il Governo accetta gli ordini del giorno Cesare Marini n.9/5273-A/25, Marinello n.9/5273-A/26, Moroni n.9/5273-A/27, La Loggia n.9/5273-A/28 e Raisi n.9/5273-A/29.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Mario Pepe (PD) n.9/5273-A/30 a condizione che sia riformulato con la soppressione delle parole da «che deve essere affrontato» fino alla fine del periodo.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Giovanelli n.9/5273-A/31 a condizione che sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di predisporre». Quindi, la riformulazione del Governo prevede di aggiungere nel dispositivo le parole «a valutare l'opportunità di».
Con riguardo all'ordine del giorno Scilipoti n.9/5273-A/32, il Governo accetta la prima parte del dispositivo mentre il secondo impegno del dispositivo è inammissibile.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Vanalli n.9/5273-A/33 nella formulazione da ultimo proposta dallo stesso presentatore.
Gli ordini del giorno Bitonci n.9/5273-A/34, Meroni n.9/5273-A/35, Rainieri n.9/5273-A/36 e Volpi n.9/5273-A/37 sono inammissibili.
Il Governo formula un invito al ritiro sugli ordini del giorno Pastore n.9/5273-A/38, Bonino n.9/5273-A/39 e Crosio n.9/5273-A/40.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Simonetti n.9/5273-A/41.
Il Governo formula un invita al ritiro sugli ordini del giorno Fogliato n.9/5273-A/42, Comaroli n.9/5273-A/43 e Dal Lago n.9/5273-A/44.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Pini n.9/5273-A/45 e Polledri n.9/5273-A/46.
Il Governo formula un invito al ritiro degli ordini del giorno Fedriga n.9/5273-A/47 e D'Amico n.9/5273-A/48.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Bragantini n.9/5273-A/49.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Allasia n. 9/5273-A/50, a condizione che venga riformulato il dispositivo nel senso di eliminare le ultime due righe dalle parole: «anziché degli enti territoriali» fino alla fine del periodo.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Desiderati n. 9/5273-A/51, a condizione che venga riformulato nel senso di premettere al dispositivo le parole: «a valutare l'opportunità di considerare».
Il Governo formula un invito al ritiro ai presentatori degli ordini del giorno Munerato n. 9/5273-A/52, Callegari n. 9/5273-A/53, Laura Molteni n. 9/5273-A/54 e Maggioni n. 9/5273-A/55.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Consiglio n. 9/5273-A/56, a condizione che venga riformulato nel senso di inserire, all'inizio del dispositivo, dopo le parole «a valutare» le parole «la possibilità che».
Il Governo accetta gli ordini del giorno Borghesi n. 9/5273-A/57, Garagnani n. 9/5273-A/58, Pag. 58Patarino n. 9/5273-A/59, Forcolin n. 9/5273-A/60, Fugatti n. 9/5273-A/61 e Rubinato n. 9/5273-A/62.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Costa n. 9/5273-A/63, a condizione che venga riformulato nel senso di sostituire le parole «ad adottare» con le parole «a valutare».

FABIO MERONI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO MERONI. Signor Presidente, ci sono stati degli ordini del giorno giudicati inammissibili che riguardano specialmente l'IMU. Fra l'altro, in alcuni di questi chiedevamo solo ed esclusivamente di rendere noti i dati della prima rata dell'IMU su base regionale e, quindi, di non sapere solo quanto hanno versato i cittadini, ma di avere anche la certezza di quali e che regioni hanno pagato l'IMU per poter poi - sa benissimo - vedere se i comuni riescono a diminuire la tassa applicata sul proprio comune. Quindi, è solo una richiesta per sapere la ragione per cui non possono essere giudicati ammissibili, dal momento che non riguardavano nient'altro che l'IMU.

PRESIDENTE. Onorevole Meroni, il parametro dell'ammissibilità è legato al contenuto del provvedimento in riferimento al quale l'ordine del giorno viene presentato. L'IMU è materia estranea al provvedimento. Non c'è nessun comma o articolo che prevede provvedimenti in ordine all'IMU. Questa è la ragione dell'inammissibilità.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, nella concitazione vorrei tornare sull'ordine del giorno Nastri n. 9/5273-A/12 e modificare il parere. Il Governo accetta l'ordine del giorno Nastri n. 9/5273-A/12.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lo Presti n. 9/5273-A/1, accettato dal Governo.
Onorevole Mantovano, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5273-A/2, accettato dal Governo?

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, ringrazio il Governo e chiedo che il mio ordine del giorno sia sottoposto a votazione, perché questo ordine del giorno punta ad avere chiarezza sulla disponibilità del Fondo unico giustizia, nel momento in cui si stanno per fare dei tagli consistenti anche nei settori della sicurezza e della giustizia. Credo che il Parlamento debba essere messo nelle condizioni di conoscere quale sia la disponibilità di un Fondo che è alimentato con il cash e con i titoli monetizzabili sequestrati e, soprattutto, confiscati alla criminalità mafiosa e, in modo particolare, debba essere messo nelle condizioni di sapere se la consistenza di questo Fondo può, per lo meno in parte, evitare i tagli della spending e, quindi, rendere più funzionale il sistema di sicurezza e giustizia.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, siccome la proposta del collega Mantovano è estremamente importante, chiedo a lui e all'Aula di poter apporre la mia firma anche a nome dell'Italia dei Valori.

AMEDEO CICCANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 59

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, anche noi dell'Unione di Centro apponiamo la firma.

ALDO DI BIAGIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, anche noi, deputati del gruppo parlamentare Futuro e Libertà per il Terzo Polo, chiediamo di apporre la firma all'ordine del giorno Mantovano n. 9/5273-A/2.

PRESIDENTE. Ovviamente, l'apposizione della firma è sempre individuale.
Prendo atto che gli onorevoli Marinello, Fallica, Barani, Gioacchino Alfano, Luciano Rossi, Moles, Antonio Pepe, Malgieri, Barbieri, Mazzuca, Pizzolante, Ceroni, Vanalli e Mura chiedono di apporre la propria firma all'ordine del giorno Mantovano n. 9/5273-A/2.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, faccio alzare 200 deputati per apporre la firma!

PRESIDENTE. È estemporanea la cosa, onorevole Giachetti!
Onorevoli colleghi, chi non è riuscito a segnalare l'apposizione della firma all'ordine del giorno Mantovano n. 9/5273-A/2 può comunicarlo, entro la fine della seduta, agli uffici.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mantovano n. 9/5273-A/2, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Ghiglia, De Poli, Castagnetti, Fioroni, Frassinetti, Cesaro, Servodio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 508
Votanti 500
Astenuti 8
Maggioranza 251
Hanno votato
497
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che il deputato Graziano ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Pagano n. 9/5273-A/3, accettato dal Governo.
Onorevole Tassone, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/5273-A/4, accettato dal Governo, purché riformulato?

MARIO TASSONE. Signor Presidente, intanto devo ringraziare per l'attenzione da parte del Governo. Per restare sull'argomentazione in termini generali che abbiamo fatto nella fase dell'illustrazione - e che è quella che poi è contenuta anche nella premessa dell'ordine del giorno, ossia nella parte che precede il dispositivo - quando diciamo «impegna il Governo a valutare ... la possibilità» su questo punto, ovviamente, la seguo. Sono d'accordo anche quando si parla di deroga e così possiamo espungere anche il riferimento alla deroga.
Quello che voglio sommessamente sottoporre all'attenzione del Governo, che si accompagna ad una sollecitazione forte al sottosegretario Polillo e al sottosegretario D'Andrea, è di evitare questa valutazione comparata che in qualsiasi realtà - non soltanto nella mia regione ma in qualsiasi realtà - stride un po' rispetto a quello che è uno sforzo che può essere fatto da parte di un Governo che valuta certamente nella sua libertà.
Dunque, rispetto alla riformulazione proposta dal Governo manterrei soltanto in vita l'espressione «i presidi importanti (...)»

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, non può riformulare il suo ordine del giorno n. 9/5273-A/4. La riformulazione deve essere proposta dal Governo!

Pag. 60

MARIO TASSONE. Signor Presidente, metterei soltanto l'espressione «i presidi di legalità». Dunque, manterrei in vita soltanto l'espressione «i presidi di legalità».

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, il Governo può informalmente fare propria la formulazione da lei suggerita. In ogni caso, lei può o meno accettare la riformulazione proposta dal Governo.
Signor sottosegretario, non sia indeciso. Fa propria la riformulazione dell'ordine del giorno Tassone n. 9/5273-A/4, nel senso indicato dallo stesso onorevole Tassone?
Signor sottosegretario, lei può proporre la riformulazione dell'ordine del giorno Tassone n. 9/5273-A/4, sulla scorta di quello che ha testé detto l'onorevole Tassone?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, chiedo scusa ma vorrei avere un testo.

PRESIDENTE. Non può avere un testo.
Onorevole Tassone, vuole ripetere il suggerimento?

MARIO TASSONE. Signor Presidente, il testo del mio ordine del giorno dovrebbe essere il seguente, per quanto riguarda la parte riformulata dal Governo. Nelle ultime due righe del mio ordine del giorno lascerei l'espressione «i presidi di legalità nell'interesse dei cittadini». Pertanto, espungerei le parole: «i più importanti».

PRESIDENTE. Va bene, onorevole Tassone, il suggerimento mi pare che sia stato fatto proprio dal Governo.

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo per garantire - sicuramente anche lei lo vorrà - che questo non costituisca un precedente nella prassi parlamentare.

PRESIDENTE. Onorevole Polledri, mi sembra che sia stato chiaro.
Prendo quindi atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Tassone n. 9/5273-A/4, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Ciccanti n. 9/5273-A/5, Bonciani n. 9/5273-A/6, Fogliardi n. 9/5273-A/7, Alberto Giorgetti n. 9/5273-A/8, Mario Pepe (Misto-R-A) n. 9/5273-A/9, Ravetto n. 9/5273-A/10 e Buonfiglio n. 9/5273-A/11 accettati dal Governo. Prendo altresì atto che l'onorevole Nastri non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5273-A/12, accettato dal Governo. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Dima n. 9/5273-A/13 (Nuova formulazione), accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Catanoso n. 9/5273-A/14, accettato dal Governo, purché riformulato.

BASILIO CATANOSO. No, signor Presidente, non accetto la riformulazione ed insisto per la votazione dell'ordine del giorno da me sottoscritto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Catanoso n. 9/5273-A/14, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Capodicasa, Scanderebech, Tortoli, Di Stanislao...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni). Pag. 61

(Presenti 511
Votanti 502
Astenuti 9
Maggioranza 252
Hanno votato
211
Hanno votato
no 291).

Prendo atto che il deputato Lovelli ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione rispettivamente degli ordini del giorno Bertolini n. 9/5273-A/15, Cossiga n. 9/5273-A/16, Bocciardo n. 9/5273-A/17 e Stracquadanio n. 9/5273-A/18 accettati dal Governo, purché riformulati.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione rispettivamente degli ordini del giorno Di Biagio n. 9/5273-A/19, Calderisi n. 9/5273-A/20, Gelmini n. 9/5273-A/21 e Aniello Formisano n. 9/5273-A/22, accettati dal Governo.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5273-A/23 formulato dal Governo.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, colleghi, è ben strano il comportamento del Governo perché - rispetto al tema della riduzione della spesa - lo diciamo in italiano - se abbiamo di fronte un Paese che impegna e spende per il 2010 oltre 20 miliardi di euro per gli armamenti e se poi la nota aggiuntiva del Ministero per il 2012 prevede 21 miliardi e più per gli armamenti, evidentemente si pone un problema di merito, di metodo, di coscienza, di risorse, ma anche di prospettiva.
È semplice: come potete mettere in campo un'idea di riarmamento quando il nuovo Ministro Di Paola ha messo in campo la revisione dello strumento militare? Senza obiettivi su dove si va, con chi si va e cosa si fa, voi impegnate già risorse che sono nella prospettiva. E non lo diciamo noi dell'Italia dei Valori, ma il SIPRI, che è uno strumento di analisi internazionale e che prevede che, da qui ai prossimi anni, a cominciare dal 2011, impegneremo 34 miliardi e mezzo di euro in questa realtà tutta nazionale. Per andare nella prospettiva dei prossimi dodici anni - diciamocela tutta, in modo che lo sappiano anche i colleghi parlamentari di ogni schieramento - a sostegno della spesa militare andremo verso i 230 miliardi che sono forse bazzecole per voi, ma che impegnano invece gran parte di un bilancio serio di uno Stato che si impegna a fare qualcosa di diverso.
Guardate che l'articolo 11 della Costituzione, declinato nei commi 1, 2 e successivi dice proprio che noi siamo impegnati a fare tutto meno che l'offesa. Dobbiamo fare sicurezza e difesa nazionale, internazionale e missioni, ma sempre di pace, nella prospettiva del peace keeping, cosa che non stiamo facendo più e abbiamo abbandonato.
Detto ciò - non vado oltre perché vorrei richiamarmi anche all'articolo 1 dell'impegno che si è preso nella revisione dello strumento militare, ma taccio su questo perché penso che lei lo sappia benissimo meglio di me - noi abbiamo impegnato il Governo a fare una cosa semplicissima, cosa che stanno facendo anche gli altri Governi a livello mondiale, anzi, gli altri hanno abbandonato completamente questa prospettiva perché non era una prospettiva ma un vicolo cieco, un viale del tramonto rispetto alla prospettiva degli armamenti.
Abbiamo detto che vi impegniamo - voi e anche la maggioranza che sostiene il Governo - «ad assumere iniziative volte a cancellare i finanziamenti previsti per il 2012» di quest'anno, io ho fatto la battaglia in Commissione su questo «per la produzione dei 4 sommergibili FREMM» che non servono assolutamente a nulla, perché se riconvertiamo i sommergibili FREMM, che valgono 1 miliardo e 400 milioni, in attività civili e industriali, avremmo un effetto moltiplicatore che va oltre i 10 miliardi di impegno, dando anche soddisfazione occupazionale e non solo ai livelli più bassi - parliamo dei cacciabombardieri F-35 e delle 2 fregate Orizzonte - con un risparmio previsto per Pag. 62questo anno corrente di 783 milioni di euro, bazzecole per voi ma saranno importantissimi per fare quello che stiamo chiedendo a tutti gli italiani, non solo i sacrifici.
Inoltre, abbiamo chiesto di «rivalutare completamente il quadro delle spese militari, ridimensionando i programmi di acquisto in essere, valutando la possibilità dell'impiego di tali risorse in ambiti di maggiore urgenza e necessità»; l'urgenza e la necessità sceglietela voi, non ve lo diciamo neanche noi, ormai sanno tutti quali sono le urgenze e le necessità.
Da ultimo, ma non per ultimo, «a ridurre le spese per l'acquisto di sistemi d'arma ed armamenti e valutare la possibilità di ottenere un risparmio di oltre 10 miliardi previsti nei prossimi anni per i 90 cacciabombardieri F-35 JSF e di ben 1,4 miliardi previsti per le missioni all'estero».
Ma è così difficile da comprendere e da capire? L'hanno capito tutte le altre nazioni compresi gli Stati Uniti, solo l'Italia si ostina in questo atteggiamento becero e «quarantottesco» che non ci appartiene più (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5273-A/23, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Ronchi, Perina...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 501
Votanti 451
Astenuti 50
Maggioranza 226
Hanno votato
49
Hanno votato
no 402).

Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Laffranco n. 9/5273-A/24, accettato dal Governo, purché riformulato.

PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, poiché questo ordine del giorno mira a ottenere un impegno - ringrazio il Governo - per escludere quello di cui si è parlato fin troppo sulle cronache di tutti i quotidiani, anche stamattina, ovvero la riduzione del cosiddetto «buono-pasto» per i dipendenti pubblici, io, per un verso, accetto la riformulazione, ma per l'altro chiedo che questo impegno così importante venga sancito dall'Aula con un voto.

PRESIDENTE. Onorevole Laffranco, quindi lei accetta la riformulazione e vuole la votazione per parti separate?

PIETRO LAFFRANCO. Accetto che venga riformulato, sopprimendo il secondo periodo del dispositivo, come era previsto, quello che credo abbia detto il sottosegretario.

PRESIDENTE. Onorevole Laffranco, vuole chiarire...

PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, chiedo che venga votato così come riformulato su proposta del Governo.

PRESIDENTE. Quindi accetta la riformulazione e chiede che venga posto in votazione.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Laffranco n. 9/5273-A/24, nel testo riformulato, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Garagnani, Galletti, Di Stanislao, Damiano, Goisis, Della Vedova...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni). Pag. 63

(Presenti 507
Votanti 438
Astenuti 69
Maggioranza 220
Hanno votato
414
Hanno votato
no 24).

Prendo atto che la deputata Golfo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere il voto.
Sottosegretario Polillo, vi è un dubbio sull'ordine del giorno Marini n. 9/5273-A/25. C'è una proposta di riformulazione o il parere è favorevole?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è favorevole.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Marini n. 9/5273-A/25, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione rispettivamente degli ordini del giorno Marinello n. 9/5273-A/26, Moroni n. 9/5273-A/27, La Loggia n. 9/5273-A/28 e Raisi n. 9/5273-A/29, accettati dal Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Mario Pepe (PD) n. 9/5273-A/30, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Giovanelli n. 9/5273-A/31, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione, per la parte residua, dell'ordine del giorno Scilipoti n. 9/5273-A/32, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Vanalli n. 9/5273-A/33, accettato dal Governo.
Passiamo all'ordine del giorno Pastore n. 9/5273-A/38, su cui il Governo ha formulato un invito al ritiro. L'emendamento richiamato dal sottosegretario non risulta in contrasto: era stato presentato in Commissione, non è stato ripresentato in Aula e non c'è stata la votazione. Chiedo al rappresentante del Governo se mantenga l'invito al ritiro.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, se non ricordo male risulta già nel testo del provvedimento come modificato dalla Commissione. Comunque, visto che in qualche modo richiama un emendamento già approvato, non ho problemi ad esprimere un parere favorevole.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'ordine del giorno Pastore n. 9/5273-A/38 è stato ritirato.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Bonino n. 9/5273-A/39 non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bonino n. 9/5273-A/39, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 501
Votanti 496
Astenuti 5
Maggioranza 249
Hanno votato
90
Hanno votato
no 406).

Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Crosio n. 9/5273-A/40 non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Crosio n. 9/5273-A/40, non accettato dal Governo. Pag. 64
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 484
Votanti 479
Astenuti 5
Maggioranza 240
Hanno votato
65
Hanno votato
no 414).

Prendo atto che il deputato Scanderebech ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto contrario, che la deputata Zampa ha segnalato di non essere riuscita a votare e che il deputato Cesario ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Simonetti n. 9/5273-A/41, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Fogliato n. 9/5273-A/42 non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fogliato n. 9/5273-A/42, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mondello, Grassi, Sardelli, Di Stanislao, Cesario...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 507
Votanti 502
Astenuti 5
Maggioranza 252
Hanno votato
59
Hanno votato
no 443).

Prendo atto che il deputato Morassut ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Grassi ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Comaroli n. 9/5273-A/43 non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Comaroli n. 9/5273-A/43, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cassinelli, Mazzuca, Moles, Mondello, Granata, Cesaro, Vignali, Romani...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 510
Votanti 505
Astenuti 5
Maggioranza 253
Hanno votato
73
Hanno votato
no 432).

Prendo atto che il deputato Grassi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Dal Lago n. 9/5273-A/44 non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Dal Lago n. 9/5273-A/44, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sardelli, Scilipoti, Moles, Cesaro, Tortoli, Della Vedova, Lehner, Mario Pepe (PD)...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni). Pag. 65

(Presenti 508
Votanti 503
Astenuti 5
Maggioranza 252
Hanno votato
72
Hanno votato
no 431).

Prendo atto che il deputato Grassi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Pini n. 9/5273-A/45 e Polledri n. 9/5273-A/46, accettati dal Governo.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Fedriga n. 9/5273-A/47 non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fedriga n. 9/5273-A/47, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Grassi, Pezzotta...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 509
Votanti 486
Astenuti 23
Maggioranza 244
Hanno votato
59
Hanno votato
no 427).

Prendo atto che il deputato Grassi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno D'Amico n. 9/5273-A/48 formulato dal Governo.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, intervengo perché, in questo caso, il Governo si è rimangiato la parola che aveva dato quando, in Commissione bilancio, avevamo trattato, il mese scorso, un provvedimento di riorganizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute.
In quell'occasione il Ministro della salute decise di riorganizzare i propri uffici senza risparmiare neanche un centesimo. Mi venne detto, di fronte alle rimostranze della Lega Nord Padania, che chiedeva di ridurre le spese, ad esempio, del nucleo di valutazione, che ha una spesa folle come ufficio di diretta collaborazione di 530 mila euro - pensate che vi sono 110 persone con incarichi di diretta collaborazione - di fronte alle nostre richieste di riorganizzazione, ma con una riduzione, nell'ottica di una spending review, di quegli uffici di diretta collaborazione: non lo possiamo fare adesso, lo faremo con il provvedimento sulla spending review.
Con questo ordine del giorno chiedo che anche gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, che sono quegli uffici che vengono creati, in parte, con persone esterne, che vengono prese di volta in volta, partecipino alla riduzione della spesa, con una riduzione del 20 per cento rispetto all'anno precedente.
In quel caso mi fu detto: lo faremo in occasione della spending review. Adesso stiamo esaminando il provvedimento sulla spending review, vi è un ordine del giorno, chiedo al Governo di rivalutare il suo parere contrario. Altrimenti, si fa proprio il contrario di quello che si era detto, il contrario della vera riduzione della spesa.
Se non riduciamo la cosa più semplice da ridurre, che sono le spese degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, composti, in buona parte, da persone che sono anche esterne alla pubblica amministrazione, che cosa riduciamo? Su questo, chiedo al Governo di rivedere il suo parere. In caso contrario, chiedo all'Assemblea un voto favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno D'Amico n. 9/5273-A/48, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 66

Onorevole Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 508
Votanti 479
Astenuti 29
Maggioranza 240
Hanno votato
76
Hanno votato
no 403).

Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Bragantini n. 9/5273-A/49, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Allasia n. 9/5273-A/50 e Desiderati n. 9/5273-A/51, accettati dal Governo, purché riformulati.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Munerato n. 9/5273-A/52 non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Munerato n. 9/5273-A/52, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sardelli, Della Vedova, Mondello, Fallica...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 508
Votanti 481
Astenuti 27
Maggioranza 241
Hanno votato
61
Hanno votato
no 420).

Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Callegari n. 9/5273-A/53 non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Callegari n. 9/5273-A/53, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Gelmini, Tortoli, Cosentino, Renato Farina, Gasbarra, Scanderebech, Capodicasa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 509
Votanti 504
Astenuti 5
Maggioranza 253
Hanno votato
58
Hanno votato
no 446).

Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Laura Molteni n. 9/5273-A/54 non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Laura Molteni n. 9/5273-A/54, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Lussana, Mondello, Scilipoti, Sanga, Servodio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 507
Votanti 501
Astenuti 6
Maggioranza 251
Hanno votato
55
Hanno votato
no 446).

Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Maggioni n. 9/5273-A/55 Pag. 67non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Maggioni n. 9/5273-A/55, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Mazzuca, Cesa, Gasbarra, Pes, Tortoli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 503
Votanti 497
Astenuti 6
Maggioranza 249
Hanno votato
53
Hanno votato
no 444).

Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Consiglio n. 9/5273-A/56, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Borghesi n. 9/5273-A/57, Garagnani n. 9/5273-A/58, Patarino n. 9/5273-A/59, Forcolin n. 9/5273-A/60, Fugatti n. 9/5273-A/61 e Rubinato n. 9/5273-A/62, accettati dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Costa n. 9/5273-A/63, accettato dal Governo, purché riformulato.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, chiederei al rappresentante del Governo di rivedere la sua opinione.
È un ordine del giorno, questo, sottoscritto dai capigruppo in Commissione giustizia di tutti i gruppi, di maggioranza e di opposizione, e ha una sua pregnanza in quanto applicato nella sua dizione letterale. Quindi, chiederei, per cortesia, al rappresentante del Governo di rivalutare la sua espressione di parere o, quanto meno, di rimettersi all'Aula nel giudizio.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, va bene, il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Costa n. 9/5273-A/63, sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Andrea Orlando... onorevole Giorgio Conte... onorevole Ferranti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 514
Votanti 504
Astenuti 10
Maggioranza 253
Hanno votato
493
Hanno votato
no 11).

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5273-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro. Ne ha facoltà.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, intervengo per ribadire il nostro «no» ad un provvedimento che riteniamo Pag. 68non risolva in alcun modo i problemi e gli sprechi della pubblica amministrazione.
Cari signori del Governo, innanzitutto volevo chiedervi perché utilizzate nomi inglesi per definire questo provvedimento e non utilizzate la lingua italiana, come sarebbe più giusto in un Parlamento italiano che legifera per gli italiani. Per non parlare poi della definizione del famoso spread, che è servito per far cadere il precedente Governo e a far venire voi, salvatori della Patria, per risolvere i problemi di un'Italia che va sempre più giù.
Devo ribadire il nostro «no» in attesa che questo Governo si decida a ridare una speranza, specie ad una parte del Paese, il Sud, che è stata tagliata fuori, che serve solo a pagare le tasse e che non ha più quel poco di economia che c'era, e questo da quando ci siete voi. Sono fermamente convinto che è bene che ritorni la politica, quella che voi avete distrutto, con le condizioni che avete creato in questa Aula, l'azzeramento della politica, destra e sinistra unite per sostenere un Governo che sta facendo solo danni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori sottosegretari, la riconquista di un protagonismo europeo ed internazionale garantita al nostro Paese con la ferma e competente azione del capo del Governo e l'apertura di un disegno nuovo dell'Europa, fino a ieri costruita attorno all'idea di un nord egemone, oggi invece qualificata dalla proposta dei grandi Paesi mediterranei, rappresentano l'elemento di svolta che questo Governo è stato capace di imprimere all'Unione europea in ragione di una forte credibilità affermata con l'azione rigorosa di risanamento dei conti nel nostro Paese.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,50)

PINO PISICCHIO. Dobbiamo dunque proseguire sulla strada virtuosa che ha caratterizzato la prima fase dell'attività di Governo, muovendoci sul terreno delle riforme strutturali, anche per poter sollevare il pedale della pressione fiscale sul mondo produttivo e sulle famiglie.
In questo contesto, allora, si iscrive il provvedimento sulla revisione della spesa pubblica, il primo degli interventi che il Governo ha assunto e che si appresta ancora ad assumere, e che non rappresenta soltanto uno strumento tecnico volto a recuperare nuove risorse per alleggerire gli oneri fiscali, ma si propone anche come modello di etica pubblica, perché la lotta allo spreco, la riscoperta dell'etica del risparmio, con cui la politica dei nostri padri ha costruito la grandezza del nostro Paese, rappresenta in sé un valore da tutelare. La spending review, allora, rappresenta un provvedimento necessario per avviare la nuova fase dello sviluppo nella stagione del Governo Monti, evocato ed atteso dal Paese. Certo, esistono settori nei quali desideriamo comprendere quali interventi concreti saranno realizzati: parliamo in particolare dell'eliminazione delle province o della loro forte riduzione.
Ed esistono interventi che andranno realizzati con grande senso di equità. Penso al capitolo relativo allo snellimento dei dipendenti del pubblico impiego, che vedremo nel prossimo tempo. Pertanto occorrerà operare avendo piena consapevolezza di avere a che fare con persone e non con una contabilità astratta da considerare in modo ragionieristico. Tuttavia, abbiamo piena la consapevolezza che quella intrapresa dal Governo rappresenti la strada giusta ed anche l'unica possibile per rimettere i conti in salvo. Per questo dichiaro, anche a nome dei colleghi deputati di Alleanza per l'Italia, che voteremo a favore del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fallica. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FALLICA. Signor Presidente, Grande Sud voterà a favore di Pag. 69questo provvedimento. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Fallica, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, in sede di discussione sulle linee generali, avevo preavvertito che il nostro voto sarebbe dipeso dall'andamento della discussione in Aula e in particolare dalla questione dell'articolo 12. La questione non è stata risolta. Noi pensiamo che per il resto il provvedimento sia la costruzione di un buon metodo di spending review. Come tutti i metodi, sarà necessario vedere che uso ne farà il Governo. Dobbiamo dire, inoltre, che alcuni suggerimenti anche del nostro gruppo sono stati accolti, in particolare uno che riguarda la spesa sanitaria e che avrà effetti di non poco conto, se ben applicato. Naturalmente c'è la macchia nera di questa sorta di condono, di sanatoria che è stata fatta per le gare di appalto. Questo è un elemento che non ci permette di dare un voto diverso, se non un voto negativo, sul provvedimento, pur trovando il resto del provvedimento stesso assolutamente positivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesario. Ne ha facoltà.

BRUNO CESARIO. Onorevoli colleghi, sappiamo bene che la recessione economica impone delle manovre di finanza pubblica di natura straordinaria, dolorose per i cittadini e le imprese, ma necessarie per la sostenibilità finanziaria del nostro Paese. Il recente vertice di Bruxelles e le conseguenti decisioni per il rilancio dell'Europa dimostrano che la strada intrapresa dal Governo è nella giusta direzione. Quattro le decisioni chiave adottate: scudo anti-spread, unione bancaria, unione economica, pacchetto crescita.
Con il decreto spending review si tenta di scongiurare l'aumento dell'IVA in calendario per ottobre dal 21 al 23 per cento e di dimezzare l'aumento dell'imposta a partire dal gennaio 2013, con la speranza di poter cancellare anche questo ritocco grazie ai successivi risparmi. Una costosa manovra su tutti i principali capitoli di spesa in cui si alternano indicazioni per la revisione qualitativa delle uscite, ma anche più tradizionali tagli lineari.
Come movimento, abbiamo sempre accolto con grande senso di responsabilità le precedenti misure che questo e il precedente Governo sono stati costretti a varare in condizioni di vera e propria emergenza, misure senza le quali era a rischio la tenuta dei nostri conti pubblici. Occorre, tuttavia, sottolineare che non è possibile continuare ad accettare passivamente qualunque provvedimento di contenimento della spesa pubblica che abbia come unico obiettivo il mero azzeramento di determinate voci di spesa. Con la contrazione della spesa pubblica, infatti, si sta rallentando l'economia del nostro Paese, e sappiamo bene che non ci potrà essere alcuna ripresa economica senza una certa dose di spesa pubblica. Questo vale soprattutto per il Mezzogiorno, senza il contributo del quale l'Italia sarà costretta a recitare un ruolo marginale nello scenario internazionale. Per questo accogliamo con favore gli sforzi che il commissario Bondi sta facendo nella direzione della riqualificazione della spesa, ma siamo fortemente critici nei confronti degli effetti che tali tagli potranno avere sulla ripresa economica. Pur non avendo modo di leggere la bozza di decreto-legge su cui si sta lavorando, sembra che i tagli non riguarderanno soltanto gli sprechi o i privilegi, come inizialmente annunciato, ma anche i servizi essenziali per i cittadini come la sanità o i trasferimenti nei confronti degli enti territoriali.
Sia chiaro: ben vengano i provvedimenti di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione, attraverso Pag. 70un miglioramento delle procedure di acquisto Consip; ben venga la riduzione degli oneri economici sostenuti dalle amministrazioni per la pubblicazione dei bandi di gara sui giornali mediante pubblica evidenza; ben vengano i provvedimenti di e-procurement per la razionalizzazione degli approvvigionamenti; si tratta di misure che consentono un miglior utilizzo delle risorse pubbliche e che condividiamo appieno, così come condividiamo i provvedimenti di rinegoziazione dei canoni di locazione passiva e le agevolazioni in favore delle amministrazioni dello Stato nell'utilizzo di immobili in locazione passiva, l'uso gratuito allo Stato di beni di proprietà degli enti territoriali e viceversa. Tuttavia occorre prestare la massima attenzione quando si pensa di mettere in liquidazione e vendita le società in house che svolgono servizi nei confronti della sola pubblica amministrazione, quando si riducono i buoni pasto ai dipendenti statali, quando si riduce ulteriormente la spesa per l'università pubblica - meno 200 milioni a decorrere dal 2013 - e contemporaneamente si favoriscono le scuole non statali - più 200 milioni di euro a decorrere dal 2013 - e soprattutto quando si autorizza la spesa di 10 milioni di euro per le università non statali, da cui una parte importante degli esponenti di questo Governo proviene.
Sempre in questi giorni sembra che il commissario, professor Giavazzi, abbia ultimato un lavoro dal quale sarebbero previsti ulteriori tagli dei trasferimenti nei confronti delle imprese. Gli organi di informazione parlano di cifre comprese tra i 3 e i 10 miliardi di euro di risorse, che andrebbero sottratte al sistema produttivo del nostro Paese. Ebbene, onorevoli colleghi, come la nostra economia potrà sopportare il contraccolpo di un sistema nel quale di fatto non circola più liquidità e nel quale la propensione al consumo dei cittadini ormai è stata completamente erosa dall'aumento delle tariffe e dalla pressione fiscale? Per questo riteniamo - e concludo - che nel pacchetto di misure allo studio dovrebbe trovare spazio anche qualche misura per la crescita del Paese e del Mezzogiorno. Se vogliamo un'amministrazione più leggera e meno onerosa dobbiamo anche suggerire un modello di sviluppo alternativo, in grado di valorizzare determinate aree del Paese, che altrimenti saranno costrette a vivere in condizioni di marginalità economica e sociale.
Ai fini dell'individuazione di risorse per lo sviluppo, teniamo a sottolineare l'importanza di alcune nostre proposte, quali quella relativa ad una corretta vendita del patrimonio pubblico per il tramite della Cassa depositi e prestiti ed una misura finanziaria che promuova gli investimenti nell'ambito dell'utilizzo di parte dei fondi della previdenza complementare.
Sappiamo che questi elementi sono all'attenzione del Governo ed alcuni già inseriti nel decreto sviluppo. Il nostro auspicio è che la loro approvazione possa accompagnare l'azione di contenimento della spesa pubblica, di cui oggi approviamo una prima, parziale parte (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI. Signor Presidente e onorevoli colleghi, annuncio il voto favorevole di Futuro e Libertà a questo provvedimento di spending review, che è certamente positivo, è un iniziale e permettetemi anche timido passo nella direzione di questo processo di spending review, di cui in questo Paese si parla ben dal 1981. Infatti, fu il Ministro del tesoro Nino Andreatta che cominciò a parlare di spending review, istituendo una commissione tecnica sulla spesa pubblica. Dunque oggi, dopo 31 anni, iniziamo un processo che certamente deve poi essere più coraggioso. Recentissimi dati del Ministero dell'economia e delle finanze ci dicono che degli 800 miliardi di spesa pubblica dell'anno 2011 sei sono le voci più importanti. A tal proposito, la voce relativa agli stipendi è bloccata fino al 2014, quella relativa alle pensioni è stata messa sotto controllo con il decreto salva Italia e quella relativa agli interessi salirà verso i 100 miliardi di euro, date Pag. 71le condizioni di debito e quelle dei mercati finanziari.
La quarta voce è data dagli investimenti pubblici, che sono passati, negli ultimi cinque anni, da 60 a 30 miliardi di euro, con un taglio del 50 per cento.
Restano, quindi, due voci importanti: gli acquisti di beni e servizi, per 140 miliardi di euro, e i fondi perduti, per quasi 90 miliardi di euro; e fuori bilancio, come ricordato dalla Corte dei conti, vi sono oltre 5 mila Spa afferenti a 7 mila enti pubblici, in particolare locali e regionali, che sono oggetto di sperperi, malversazioni e corruzione, come nel caso di consigli di amministrazione, di consulenze e quant'altro.
Ebbene, colleghi, io credo che il processo di spending review non possa essere e non debba essere - perderemmo un'occasione - solo un esercizio tecnico e nemmeno che si possa fermare, dopo 31 anni, a tagliare 4 miliardi di euro per spostare l'aumento di IVA da ottobre a gennaio. Deve essere un processo coraggioso, in cui si costruisca un nuovo patto sociale tra la politica e i cittadini, in cui si riscopra anche una nuova etica pubblica del risparmio e dell'ottimizzazione delle risorse. Un processo in cui - diciamocelo chiaramente - si superi quel periodo, durato così tanti anni in questo Paese, in cui il pubblico impiego è stato una forma di ammortizzatore sociale e il debito pubblico una forma di deresponsabilizzazione collettiva.
Bisogna affrontare i tagli con serietà, non in modo lineare. Ci auguriamo che il Presidente Monti dimostri sulla spending review la stessa determinazione che ha dimostrato in Europa, raggiungendo un risultato, sul piano della credibilità internazionale e anche dei risultati concreti per il nostro Paese, incredibilmente rilevante. Bisogna farlo con grande coraggio, sapendo che ciò comporta dei sacrifici, ma che compete alla politica scegliere, soprattutto nei momenti difficili, e fare scelte impopolari. Infatti, se si tagliano i buoni pasto dei dipendenti pubblici, non si può accettare che arrivino in Parlamento decreti in cui qualche Ministro aumenta gli emolumenti dei suoi uffici di diretta collaborazione. Per questo auspichiamo altresì che il Presidente Monti sia veramente determinato anche rispetto alle legittime e comprensibili, ma non giustificabili in questo momento, ritrosie dei Ministri, a tutela non già di giardinetti, ma di una stratificazione storica di spesa e di spreco.
Vorrei citare solo un aspetto: una delle grandi voci della spesa del bilancio è la sanità. Leggiamo dalle cronache dei giornali che, nel prossimo decreto attuativo della spending review, una grande parte sarà dedicata alla sanità. Certamente, una grande parte è stata fatta sull'acquisto di beni e servizi, ma non è sufficiente: bisogna fare di più rispetto all'acquisto di beni e servizi, bisogna farlo stabilendo costi standard e prezzi di riferimento; ma - permettetemi - bisogna anche riportare in capo allo Stato la competenza sulla pianificazione e sul controllo della spesa sanitaria.
Dunque noi, insieme, con grande serietà e con grande libertà di giudizio, senza steccati ideologici e neanche affezioni rispetto a ciò che ognuno di noi, anche in quest'Aula, o qualsiasi forza politica ha sostenuto per anni, dobbiamo rivedere, oggi, alcune scelte passate. Ciò, a partire dall'aziendalizzazione delle aziende sanitarie locali e degli ospedali, che non ha portato i benefici sperati; dalla regionalizzazione e, quindi, dalla competenza della sanità delle regioni; dalla spesa regionale più in generale, prendendo dei parametri di riferimento: i costi standard, il numero dei dipendenti, i prezzi di riferimento, per esempio, per il pagamento del DRG, il numero degli ospedali presenti sul territorio -, pensando ad una ricognizione rispetto alla garanzia di tutela della salute dei cittadini, ma anche di economicità del sistema.
Questo perché, in un momento in cui, in qualche modo, le risorse sono scarse, è richiesto, dai cittadini alla politica, di spenderle bene, garantendo i livelli essenziali, garantendo la qualità dei servizi, garantendo l'economicità degli stessi perché solo l'economicità e l'ottimizzazione delle risorse può garantire anche una Pag. 72equità rispetto ai servizi che lo Stato dà ai suoi cittadini. Va fatta una spending review coraggiosa, che liberi le risorse da investire negli incentivi allo sviluppo, nella riduzione della pressione fiscale. Sono di questa mattina i dati che ci dicono che il 25 per cento degli anziani, in Italia, vive con meno di 500 euro. Credo che tutta la politica e noi che siamo qui non possiamo permetterci di tollerare ulteriori sprechi della macchina dello Stato quando ci sono cittadini anziani che vivono con meno di 500 euro in questo Paese, quando ci sono moltissimi giovani che non trovano un lavoro, che non sono in condizioni di costruire una famiglia, un progetto di vita perché non hanno, non la certezza del posto fisso, ma la certezza di poter spendere bene il proprio talento e di poter realizzare le proprie capacità in un Paese che gli dà opportunità. Allora, ci vuole un nuovo patto collettivo, ci vuole un nuovo patto sociale in un mondo che sta cambiando, in cui non possiamo innescare il meccanismo del «chi va punito prima» o del «chi ha sbagliato di più» o «dell'io prima dell'altro», ma «io e l'altro» dobbiamo ritrovarci in un percorso comune di sviluppo della società italiana sapendo che le cose sono cambiate non solo in Italia, che sono cambiate nel mondo e che forse siamo di fronte a un salto di paradigma; lo siamo per la società e lo siamo, ancora di più, per la politica. La politica se saprà governare questo processo saprà riacquistare la fiducia dei cittadini; lo deve fare con delle scelte impopolari. I partiti hanno dato mandato ad un Governo tecnico di fare delle scelte impopolari perché svincolato dal meccanismo stringente del consenso; il Governo deve fare queste scelte, i partiti lo devono appoggiare; questo è un passo importante; ci auguriamo che a questo passo importante ne seguano altri, coraggiosi, che diano una prospettiva di sviluppo a questa nazione, a questa società e a tutti gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame è intitolato alla razionalizzazione della spesa pubblica e avrà il voto favorevole e convinto del gruppo Unione di Centro. Dopo i lusinghieri successi del vertice europeo di Bruxelles, grazie all'azione determinante del Presidente Monti e del Governo, prima dell'esame, da parte delle Camere, del nuovo provvedimento sulla crescita e lo sviluppo e accanto alle riforme istituzionali all'attenzione del Senato, questo è oggi il nostro Paese: un cantiere al lavoro su molti fronti, come è giusto che sia dinanzi alle difficoltà. Basta tirare a campare, ha detto in queste ore il Presidente del Consiglio e noi siamo con lui; con la necessaria responsabilità che devono avere le forze politiche parlamentari in un impegno riformatore incessante e determinato da una forte volontà. Valuteremo nei prossimi giorni se le misure del Governo, e in particolare del commissario Bondi, saranno tali da incidere negativamente sul disagio sociale diffuso di cui occorre tenere il massimo rispetto. Certo è che un gioco preventivo di veti incrociati, slogan del tipo «giù le mani dal pubblico impiego», o la meno declamata ma incisiva azione per la concreta conservazione anche dell'ultimo tribunale di periferia, non aiuterebbero un impegno che deve essere serio, efficace e nazionale. Per evitare l'aumento dell'IVA, per gli esodati, per i giovani presso cui la disoccupazione cresce, occorre redistribuire la spesa pubblica secondo equità. Questo è il vero significato, la traduzione politica di spending review, un espressione anglofila, spesso abusata.
Sì, certo, la spending review è una tecnica già introdotta in Italia, poi sospesa in favore dei tagli lineari alla Gordon Brown e alla Tremonti, ma è anche una notevole ipocrisia, perché forse è meglio chiamare le cose con il loro nome noto, se vogliamo farci intendere, ossia: revisione Pag. 73della spesa pubblica attraverso tagli intelligenti, a partire dagli intollerabili sprechi. È un'azione virtuosa, necessaria, come sanno bene le famiglie italiane nei momenti di difficoltà, ed anche complessa e difficile. È la prima volta che si pongono le basi giuridiche ed istituzionali per rendere stabile una tale politica. Con il decreto-legge al nostro esame viene istituito il Comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica, peraltro ora previo parere delle Commissioni parlamentari; viene istituito un commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi; viene definito per legge il programma di spending review e stabilito l'obbligo di relazione periodica al Parlamento; vengono determinati i costi e i fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province, recuperando buona parte del lavoro fatto con la legge n. 42 del 2009 sul federalismo.
Vengono fortemente razionalizzate le procedure di acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, con particolare riguardo per i sistemi informativi automatizzati e il mercato elettronico; viene meglio definita l'offerta economicamente più vantaggiosa negli appalti; vengono assunte misure per la riduzione dei consumi di energia ed il migliore efficientemente energetico e, inoltre, ci piace sottolinearlo per il particolare impegno avuto dal gruppo dell'Unione di Centro, vengono introdotte disposizioni in materia di certificazione e compensazione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle pubbliche amministrazioni, dando così risposta ad una grande ingiustizia. Si gettano in tal modo, onorevoli colleghi, le basi per un'azione stabile, organica, che già con i primi risparmi intende evitare l'aumento dell'IVA in autunno, e che si articola in tre fasi: la prima con i risparmi immediati sugli acquisti con l'estensione del «metodo Consip» e con la riduzione della spesa sui farmaci; la seconda e la terza con le misure sul pubblico impiego, l'accorpamento delle province e degli uffici territoriali del Governo, la manovra sulla sanità e i tagli ai Ministeri, fermo restando ciò che oggi ci conferma l'istituto di ricerca sulle pubbliche amministrazioni, ossia che, dopo il nuovo Titolo V della Costituzione, si registra un aumento della spesa in periferia, mentre resta pressoché invariato il numero del personale al centro.
Insomma, un effetto perverso da affrontare con coraggio, anche perché, se è vero che è diminuito di quasi 15 miliardi di euro il fabbisogno statale nei primi sei mesi dell'anno - e questo è un dato certamente positivo -, è anche vero che per l'ISTAT la disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni è salita alla cifra davvero preoccupante del 36,2 per cento. Ed è dunque per i giovani, per il sostegno alla crescita, per le piccole e medie imprese italiane, per le famiglie in difficoltà, che abbiamo il dovere di razionalizzare e contenere la spesa pubblica improduttiva, a partire dagli sprechi. Le resistenze sono comprensibili, ma il rischio è chiaro. Come dicono i francesi: tout comprendre c'est tout pardonner. No, onorevoli colleghi, basta tirare a campare, cambiamo l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Amico. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, avrei voluto dire: Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi; ma il Presidente del Consiglio, nonché Ministro dell'economia e delle finanze, non è qui.
Mi dispiace molto non vedere venire in Aula quasi mai il Presidente del Consiglio, nonché Ministro dell'economia, soprattutto su un provvedimento che è stato considerato di così grande importanza. Però questo è quanto. Siamo abituati ormai ad essere poco considerati in Parlamento e quindi non ci stracciamo le vesti e andiamo avanti.
Da quando il Governo Monti si è insediato, numerosi provvedimenti - in modo particolare decreti-legge - sono stati riferiti a materie economiche ed in modo Pag. 74specifico si è toccato solamente il versante delle entrate, aumentando sensibilmente la cifra che ogni famiglia, ogni lavoratore, ogni cittadino, in modo particolare del nord, deve versare allo Stato.
A questo proposito ricordiamo l'IMU e l'aumento dell'IVA che colpiscono il nord, in quanto al nord tutte le case sono accatastate e l'evasione dell'IVA è molto bassa, mentre in altre regioni non è proprio così. Questa azione di aumento della pressione fiscale ha causato l'inizio di una fase di recessione che sta compromettendo ancora di più i conti pubblici.
Secondo noi, prima di aumentare le tasse, bisognava seguire la linea della riorganizzazione dello Stato, partendo dal federalismo fiscale che invece è stato stupidamente arenato nelle sabbie mobili romane. Con il federalismo lo Stato funzionerebbe meglio e si risparmierebbero un sacco di soldi, anche perché con il federalismo anche il sud verrebbe responsabilizzato.
Per questo riteniamo che il processo di revisione della spesa, iniziato solo ora, sia - oltre che tardivo - anche non risolutivo. Il decreto-legge che ci accingiamo a convertire è poi solo l'inizio di un processo che non si sa quando e come finirà, in quanto per ora si vanno a creare un Comitato interministeriale ed un commissario che dovranno arrivare ad una proposta reale di diminuzione della spesa pubblica, ma come le agenzie stampa ci segnalano il percorso sembra pieno di ostacoli.
Per ora l'unica certezza che questo provvedimento ci dà è quella dei costi del commissario: 233 mila euro l'anno. Ma era proprio necessario? Forse un componente del Governo avrebbe potuto svolgere lo stesso incarico senza costi aggiuntivi e probabilmente anche il Comitato avrà dei costi ancora non quantificati.
Viene, inoltre, considerato il settore dei beni e servizi e si è visto che su questo punto la sua maggioranza, Presidente Monti, si è totalmente spaccata. Noi, signor Presidente, siamo per tagliare gli sprechi e per questo, anche se non condividiamo in toto il percorso intrapreso, abbiamo cercato di essere propositivi, collaborativi ed abbiamo proposto alcuni emendamenti migliorativi.
In modo particolare, è stato approvato l'articolo 1-bis che prevede che, come stabilito dai decreti sul federalismo fiscale, si debbano pubblicare i dati relativi ai costi e ai fabbisogni standard e degli obiettivi di servizio entro la fine dell'anno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e che l'attuazione dei decreti sui costi e fabbisogni standard avvenga entro il primo quadrimestre del 2013.
Vogliamo fatti, non parole. Abbiamo così riportato in carreggiata uno dei provvedimenti necessari all'attuazione del federalismo fiscale, superando finalmente il meccanismo perverso della spesa storica, meccanismo che ha continuato a permettere di pagare una siringa pochi centesimi da una parte e dieci volte di più in un'altra provincia.
Questa, Presidente, è l'unica parte importante e caratterizzante di questo provvedimento, perché per il resto non si è voluto intervenire davvero sulla spesa, ma si è demandato al Comitato e al commissario il prosieguo dell'azione dei tagli. Ma Presidente, per noi si doveva intervenire subito, senza aspettare. Si doveva intervenire subito sulla riduzione della spesa dei Ministeri, ad esempio con un bel taglio agli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, come quello per la salute.
Ricordo che il Governo prese un impegno in Commissione bilancio sulla riduzione del costo degli uffici di diretta collaborazione, in modo particolare su quello del Ministro della salute. Non è stato rispettato. Anzi, probabilmente si dovevano tagliare i Ministeri ormai inutili, ad esempio, sempre per tornare sulla salute, il Ministero della salute, quando sapete tutti che la sanità è demandata quasi in toto alle regioni. Bisognava anche ripristinare il percorso di semplificazione che lo scorso Governo aveva iniziato con risultati assolutamente positivi e che ha già portato grandi risparmi.
Signor Presidente, si doveva già ora prevedere riduzioni della spesa del personale delle regioni. Non si può più tollerare che Pag. 75il Veneto abbia 2 mila dipendenti e la Sicilia ne abbia 20 mila, più 27 mila tra precari e progetti di pubblica utilità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Non so quanto sia pubblica questa utilità, secondo me è un'utilità personale di quei 27 mila che hanno questo incarico.
Non è più tollerabile che mantenere un dipendente della regione Lombardia costi 23 euro ad ogni cittadino lombardo e un dipendente della Campania o della Calabria ne costi 66 euro. Non è possibile che, con il 3,7 per cento di tutti gli occupati italiani, l'agricoltura assorba il 22,5 per cento della spesa per indennità di disoccupazione e quasi tutta al sud.
Sapete quanti sono i beneficiari dei trattamenti di disoccupazione agricola nelle regioni meridionali? Lo scorso anno erano 412.288, cioè il 79,6 per cento del totale nazionale, ossia 23 volte in più che nel nord-ovest, dove sono solo 17 mila, 8 in più che nel nord-est, dove sono 51 mila, e 11 in più che nel centro Italia, dove sono 37 mila. Su 100 occupati nel settore agricolo, il 60,9 per cento ha un trattamento di disoccupazione. Nel sud c'è addirittura il 97,5 per cento, il che significa che pressoché tutti i lavoratori agricoli del Mezzogiorno percepiscono un sussidio spettante a chi resta senza lavoro.
Queste sono cose, Presidente, che non si possono più tollerare. Quindi, questi sono solo alcuni esempi, ma molto significativi, di come questo sistema non funzioni. Bisogna far sì che queste ingiustizie centraliste - come le chiamerei io - vengano cancellate. In Germania, Stato federale, dallo Stato dipende l'11 per cento dei dipendenti, da noi è il 56 per cento.
Ci sono regioni del sud che spendono in maniera smisurata. La Calabria ha una spesa pubblica che arriva al 70 per cento del PIL, mentre in Veneto è al 31 per cento. Se è vero che la Costituzione dovrebbe trattarci tutti allo stesso modo, bisogna risolvere questi problemi, Presidente.
Voglio concludere citando il presidente di Unioncamere del Veneto che dice: noi siamo un grande nuotatore che nuota velocissimo; potrebbe superare tutti in Europa il nuotatore veneto, lombardo, emiliano, potrebbe essere il più veloce di tutti, invece ha un cappio al collo con un masso che diventa sempre più grande, sempre più pesante; fino adesso ha resistito nuotando sempre più veloce per rimanere a galla, ma il peso crescente del masso lo sta trascinando verso il fondo.
Quindi, per concludere, signor Presidente, la soluzione con il federalismo della questione settentrionale è fondamentale per i conti pubblici perché, se il nord affonda, affonda tutto il Paese. La Lega Nord, quindi, si asterrà su questo provvedimento in quanto è vero che questo provvedimento è stato rimesso in carreggiata dall'approvazione del nostro emendamento sui costi standard, ma purtroppo tutto quello che è elencato è negativo e, quindi, questo pregiudica un voto favorevole della Lega Nord su questo provvedimento.
Rimarremo vigilanti su quello che farà, auspicando che il processo federalista continui come il Governo precedente aveva imbastito (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, l'onorevole D'Amico ha fatto un elenco e si è anche tradito: ha detto solo ora. Ma dove eravate quando si poteva predisporre prima un'agenda di lavoro concreta come ci ha proposto il Governo?
Noi del Partito Democratico non vediamo formule miracolistiche: a questo provvedimento riserviamo lo spazio che, già con le direttive di maggio, il Governo stesso aveva previsto. In altre parole, il Governo non sostituirà la legge di stabilità, non rifarà il patto di stabilità con la spending review. Dovremo ridiscutere nel Parlamento, alla luce dei buoni risultati (ma non mitizziamoli e basta, illustriamoli e valutiamoli) del Consiglio europeo del 30 giugno, che ci ha dato tutta la misura dello sforzo del nostro Paese nei confronti di un Pag. 76quadro di fare i compiti a casa e di riuscire a riavere in Europa la base essenziale per l'area europea della crescita e della ricerca dell'uscita di questa area così importante del mondo da una crisi che la attanaglia da molto tempo.
Quindi, su questo noi inquadriamo la revisione e la razionalizzazione della spesa pubblica. Non la carichiamo di tutti i risultati (via le province, via meno regioni, il Senato federale), non la carichiamo di tanto, la carichiamo nell'ambito del bilancio dello Stato rispetto a quello che le direttive di maggio ci hanno detto: revisione dei programmi di spesa e dei trasferimenti destinati alle imprese, razionalizzazione dei servizi e delle attività, ridimensionamento delle strutture, riduzione delle spese per l'acquisto di beni e servizi, ottimizzazione dell'uso degli immobili.
La direttiva di maggio dà anche degli elementi più precisi: si segnala (porto un esempio classico) che, nonostante tutto il patrimonio pubblico che noi abbiamo a disposizione, spendiamo 718 milioni di euro l'anno di affitti passivi della pubblica amministrazione e abbiamo dal mercato privato - per utilizzare i nostri beni - 116 milioni di euro. L'Agenzia del demanio si deve dare da fare, si deve muovere, si debbono ottimizzare questi elementi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Non si possono solo fare progetti di dismissione. Possiamo fare subito delle cose certe e attente. Non c'è bisogno di richiamare «sciogliamo il mondo e rivoluzioniamo con la spending review». La spending review è un'attenzione rispetto ai tagli lineari, che abbiamo conosciuto. È uguale ad un esercito: teniamo mille soldati e gli diamo 150 fucili. Non funziona! Non funziona! Deve essere messo insieme, deve essere un moto armonico rispetto alla condivisione della spesa.
Quindi, su questi principi noi abbiamo condiviso la partenza. La seguiremo e la stimoleremo anche di elementi di approdo e di discussione successiva, non come una legge finanziaria, ma per quello che è. È una revisione degli acquisti. È una revisione nei capitoli. È un accorpamento degli elementi essenziali, e ricordo a tutti noi che il conto economico consolidato della pubblica amministrazione, tutti gli anni il 10 febbraio attraverso l'ISTAT per fare i nostri consuntivi e verificare il nostro deficit e la nostra condizione della spesa, si divide in amministrazione centrale, enti locali e previdenza.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 18,30)

ROLANDO NANNICINI. Se andiamo a disarticolare questo, ci rendiamo conto che la spesa degli enti locali, sempre presentata come eccessiva da una certa pubblicistica, deve essere valutata con molta più attenzione, perché quando andiamo a sottrarre dei servizi ai cittadini in un periodo di crisi dobbiamo essere attenti. Non vogliamo scaricare da un'altra parte la cosa, ma dobbiamo essere puntuali nelle risposte. Attenti! Non si sono fatti gli asili nido e nella spesa statale si è avuta contrazione nell'istruzione, nella materna e nell'elementare con riduzioni di organici, ma in questo periodo di crisi come Paese reale non possiamo più sopportare tutto ciò.
Attenti!
Si può lavorare su altri settori. Si può lavorare su altri settori, perché su questi vi sono già stati i tagli lineari che hanno già determinato alcune difficoltà del Paese.
Quando discutiamo di spesa sanitaria dobbiamo anche essere capaci di non vedere solo gli sprechi e le inutilità di alcuni servizi e di alcuni scandali all'interno, come le cozze pelose, all'interno del servizio sanitario. Dobbiamo interrogarci quanto costa, per ogni cittadino, la solidarietà di cui disponiamo. Da zero a cento anni costa 1.750 euro a cittadino, 1.750 euro pro capite, in termini di assicurazione generale. Se qualcuno di noi si arrabbia nella discussione, arriva un'ambulanza e ci porta via, ci portano in un UTIC e non spendiamo. Questa è solidarietà, questa è integrazione dei servizi. Se poi vi siano delle regioni che non hanno saputo compensare questo, su questo bisogna essere Pag. 77decisi e precisi, ma non mettere via tutta la sanità. Se rifletto su quanto costa l'assicurazione della mia auto, che è fatta di meccanismi semplici, meccanici, rilevo che mi costa tanto rispetto a quello che è il costo pro capite del servizio sanitario italiano. Quindi, non dobbiamo cedere a facile sirene, non dobbiamo caricare il provvedimento di tutto e della vendicazione di tutto. Dobbiamo stare nella razionalizzazione della spesa pubblica, l'eliminazione dei tagli lineari e vedere anche quello che succede, in generale, in tante strutture.
Le amministrazioni centrali - e concludo, Signor Presidente - sono così suddivise: Presidenza del Consiglio dei ministri, su cui vi è un progetto preciso in cui entro il 31 dicembre ogni Ministro - e li vediamo già al lavoro -, con coerenza e attenzione, presenta il programma della revisione di spesa; organi costituzionali e di rilievo costituzionale, sui quali già il nostro ramo del Parlamento - entrambi i rami del Parlamento - hanno già dato un esempio di come si lavora sui bilanci pubblici e qual è l'attenzione sui bilanci pubblici. Cito per tutti «un formaggio puzzolente al servizio mensa». Quindi, si sta agendo sul risparmio. Poi vi sono le Agenzie fiscali. L'Agenzia del demanio non fa bella figura in questo. L'Agenzia del demanio è sempre in ritardo, presenta sempre progetti di dismissione mai realizzati e non vi è mai un'attenzione su quello che può rendere il patrimonio pubblico. L'Agenzia del territorio è attiva, l'Agenzia delle dogane abbiamo visto quello che ci sta dando su vari aspetti e poi vi è l'Agenzia delle entrate. Ma gli enti di regolazione delle attività economiche - Agenzia italiana del farmaco, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), Agenzia nazionale per la sicurezza e non voglio continuare, sebbene l'elenco sia questo - devono essere accorpate, si deve trovare la capacità di mettere insieme delle funzioni, delle specialità, degli aspetti che servano al Governo, all'Italia e al Parlamento. Non si può, per ogni esigenza, creare sempre un'agenzia, perché ad ogni nome dobbiamo necessariamente - non è fattore di spreco e non voglio intervenire solo pensando a una panacea - dare la spesa, il personale, i risultati e le relazioni. Vi è, poi, l'Agenzia per gli investimenti dall'estero in Italia. Cosa ha fatto? Quanti investimenti si sono portati dall'estero in Italia, grazie a questi servizi?

PRESIDENTE. Onorevole Nannicini, la prego di concludere.

ROLANDO NANNICINI. Quindi, siamo coerenti rispetto al programma e al progetto del Governo. Lo sosteniamo, votiamo a favore anche se vi è stato l'incidente dell'articolo 12, su cui abbiamo dato tutta la nostra possibilità anche di una mediazione successiva. Stavamo per sopprimere il comma 3, perché le sentenze si attuano e non ci sono scappatoie sulle sentenze che vengono emanate. Però, è chiaro che, con convinzione, sosteniamo il primo provvedimento con tutta la sua articolazione e vogliamo dire la nostra sul provvedimento più importante, quello che è successivo e che è anche previsto in questa organizzazione legislativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, voglio qui ricordare, nell'occasione del voto di conversione del decreto-legge recante: «Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica» che, di fatto, andiamo a votare un provvedimento che è frutto della manovra del Governo Berlusconi dell'estate del 2011 con la quale si era disposto, a decorrere dal 2012, l'avvio di un ciclo di revisione della spesa per definire i fabbisogni standard delle amministrazioni centrali dello Stato.
In particolare, mi riferisco al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, ed al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138. Quelle norme prevedevano che, entro il 30 novembre del 2011, Pag. 78doveva essere presentato al Parlamento un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica ed il decreto, di fatto, doveva anche dar corso all'impegno comunitario di avviare un processo di spending review in maniera da fissare un nuovo ordine di priorità della spesa favorevole alla crescita economica. Orbene, devo rilevare che, da un certo punto di vista, siamo in ritardo da diversi mesi, in attesa - a dire la verità - di provvedimenti più corposi da parte del Governo. Ci troviamo oggi qui a valutare - e quindi a convertire in legge - un provvedimento, tutto sommato, povero dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Infatti, gli articoli al nostro esame, dal 2 al 6, su un totale di 20 articoli - 16 originari e 4 aggiuntivi - sono destinati all'istituzione di un commissariato che avrebbe come scopo la disamina del funzionamento della macchina pubblica ai fini di controllare l'andamento della spesa pubblica.
Gli articoli invece da 7 a 13, con esclusione del 12, del quale parlerò alla chiusura del mio intervento, riguardano la razionalizzazione di procedure d'acquisto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione.
Noi avevamo presentato - come gruppo - una serie di emendamenti - secondo noi attinenti al provvedimento. Alcuni di questi, seppure molto importanti, sono stati dichiarati inammissibili e, nonostante questo, siamo riusciti comunque a migliorare il testo. In particolare, voglio ricordare qui l'articolo 1-bis sulla necessità di una rapida individuazione di costi standard di comuni e province, il comma 2-bis dell'articolo 6, che prevede la possibilità per le ONLUS, per le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri istituiti dalle regioni, di accedere per l'acquisto di beni e servizi, alle convenzioni stipulate dalla Consip e, all'articolo 7, la norma che riguarda la rinegoziazione dei contratti dei fornitori delle ASL, qualora i prezzi risultino significativamente differenti rispetto ai prezzi pagati dalle centrali regionali per gli acquisti.
Devo anche considerare in maniera assolutamente positiva l'inserimento, all'articolo 2, della norma che esclude le società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi di interesse generale su tutto il territorio nazionale, dagli obiettivi di razionalizzazione del decreto, qualora non abbiano registrato perdite negli ultimi tre esercizi. Questa è una norma estremamente importante, che noi abbiamo voluto con forza perché convinti che grandi aziende di interesse nazionale, che espletano un servizio su tutto il nostro territorio, su tutto il nostro Paese, e che agiscono secondo le regole del mercato e della concorrenza, non potevano assolutamente essere imbrigliate da norme restrittive. Quindi, questa è volta a tutelare, non solo la maggiore economicità di queste aziende, ma anche dei servizi ottimali che queste aziende rendono, sempre in concorrenza rispetto ad altri gruppi di interesse, tra cui alcuni grossi gruppi stranieri. A mio avviso, questa norma - da noi voluta ed inserita nel testo - lo migliora e lo qualifica significativamente.
Vorrei anche qui dire che volevamo riscrivere completamente l'articolo 1 per dare maggior corpo all'indicazione comunitaria di avviare un processo di spending review, in modo da fissare un nuovo ordine di priorità della spesa favorevole alla crescita economica, in quanto siamo convinti che la riqualificazione della spesa non può essere costituita soltanto da tagli e riduzioni della spesa pubblica.
Soprattutto la qualificazione della spesa sta nel migliorare l'indirizzo strategico della spesa medesima in maniera tale da indirizzarla verso quelle misure di sostegno dell'economia, di cui tanto si parla, ma di cui ancora oggi si vede ben poco.
Infine, un altro punto sul quale voglio concentrare la nostra attenzione è la polemica relativa alla soppressione del comma 3 dell'articolo 12 che riguarda l'esclusione dell'applicazione di norme sull'apertura in seduta pubblica delle buste per l'assegnazione degli appalti nelle procedure già concluse prima del 9 maggio 2012, cioè prima della entrata in vigore del decreto-legge in esame. Sappiamo come questa norma di fatto, contenuta nel decreto-legge Pag. 79originale, quindi così come licenziato dal Consiglio dei Ministri e come emanato in sede di verifica dalla Presidenza della Repubblica, era stata soppressa da un emendamento fortemente voluto dai colleghi del Partito Democratico al Senato, evidentemente - o almeno voglio sperarlo - esclusivamente per motivi di moralità pubblica.
Orbene, durante il dibattito in Commissione è emerso che gli uffici del coordinamento legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze, dopo aver sentito la Ragioneria generale dello Stato, hanno di fatto rilevato che tale soppressione avrebbe comportato possibili costi valutabili in oltre un miliardo di euro, in quanto la situazione di incertezza che ne sarebbe derivata avrebbe comportato la necessità di annullare tutte le procedure in corso che avevano superato tale fase, con inevitabili ricorsi giudiziari di tutte le imprese ed i gruppi di imprese interessati. Fortunatamente alla Camera abbiamo ovviato a tale problema reinserendo nei commi 1 e 2 quanto era stato cancellato nel comma 3.
Vorrei pertanto invitare, illustri colleghi, ad evitare le astratte applicazioni di principi morali se non addirittura di vere e proprie impostazioni ideologiche quando si parla invece di problemi reali, di problemi sicuramente complessi ma che a mio avviso caratterizzano la variegata e multiforme realtà economica del nostro Paese, senza prima aver valutato appieno, conseguentemente, le evenienze economiche di quanto loro proposto e sostenuto nel dibattito sia in Commissione che in Aula. Questo avvertimento vale ovviamente anche con riferimento alla necessità di indirizzare la spesa con modalità di maggiore efficienza e non esclusivamente secondo le proprie impostazioni culturali che spesso sono ben distanti dalle necessità economiche del Paese.
Per queste brevi riflessioni esprimeremo convintamente il nostro voto favorevole sul provvedimento, nella speranza che nei provvedimenti, che oggi sono all'esame del Consiglio dei Ministri e che sono oggetto di una verifica con le parti sociali ma anche di una verifica e di un confronto con le componenti politiche che sostengono la maggioranza parlamentare di Camera e Senato in favore del Governo Monti, le nostre istanze riusciranno a trovare un momento di confronto che deve essere scevro da demagogia e che deve tener conto della realtà del Paese, delle reali condizioni del Paese.
Concludo il mio intervento con una valutazione: noi non vorremmo che tecnici e teorici tentassero di approfittare della loro momentanea esperienza di Governo cercando di immaginare un modello teorico di Paese che non c'è (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), perché questo creerebbe sicuramente gravi guasti al Paese reale. La forza della politica è invece la conoscenza del tessuto reale, sociale, economico e culturale del Paese e, quindi, la forza della politica è partire da quella conoscenza, da quei dati, per tentare di migliorare le condizioni reali del Paese.
Pertanto siamo convinti che da queste nostre impostazioni e convinzioni possa derivare un sereno confronto e noi ci auguriamo che, con l'aiuto delle altre forze politiche presenti in Parlamento e soprattutto con la buona volontà e disponibilità del Governo, si arrivi a concreti e positivi risultati (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e del deputato Mario Pepe (Misto-R-A)).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, rivolgo solo un rapidissimo ringraziamento agli uffici per la solerte e perita assistenza. Naturalmente, a nome del collega Occhiuto, relatore per la V Commissione, oltre che della sottoscritta, rivolgo un ringraziamento a tutti i colleghi commissari Pag. 80della I e della V Commissione, che hanno reso possibile un esame e una discussione di un provvedimento complesso in tempi molto contenuti. Rivolgo un ringraziamento ai presidenti della I e della V Commissione per l'impeccabile conduzione delle sedute.

(Coordinamento formale - A.C. 5273-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5273-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 5273-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Tortoli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 3284 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica» (Approvato dal Senato) (5273-A):

Presenti 454
Votanti 407
Astenuti 47
Maggioranza 204
Hanno votato 387
Hanno votato no 20
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese (A.C. 5312) (ore 18,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 5312: Conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese.

(Esame di una questione pregiudiziale - A.C. 5312)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la questione pregiudiziale Dozzo ed altri n. 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 5312).
Avverto che a norma del comma 3 dell'articolo 40 e del comma 3 dell'articolo 96-bis del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
L'onorevole Fava ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Dozzo ed altri n. 1, di cui è cofirmatario.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, ci troviamo ad illustrare questa questione pregiudiziale in un contesto nell'ambito del quale dobbiamo dire di essere rimasti sostanzialmente sconcertati per i contenuti di quello che doveva essere un provvedimento che andava nella direzione di quella che è stata pomposamente definita la crescita sostenibile, che il Governo ha tentato di realizzare fin dal suo insediamento, perlomeno che il Governo ha cercato di raccontarci che avrebbe voluto realizzare. Dico che siamo un po' sconcertati, perché i contenuti di questo provvedimento sostanzialmente ci lasciano del tutto insoddisfatti, perché non riteniamo che possano effettivamente portare quei benefici che da più parti vengono strombazzati come le soluzioni dei problemi di un sistema industriale che in questo momento si presenta asfittico. Pag. 81
Signor Presidente, riteniamo che vi sia un problema fondamentale che attanaglia il mondo delle imprese e che anche stavolta, per l'ennesima volta, in questo provvedimento non viene affrontato: il tema del credito alle imprese. Non si può pensare di poter mettere mano ad un provvedimento, che di fatto dovrebbe risolvere i problemi dello sviluppo, senza che le imprese vedano risolto il principale dei problemi che attanaglia la loro vita quotidiana, cioè la capacità di poter ottenere credito e di poter ottenere quella liquidità che è necessaria per la vita e la sopravvivenza delle stesse quotidianamente. Allora, un provvedimento che non parla di soldi, che non parla di risorse e che non parla di finanza, di cosa altro parla? Parla di cose che probabilmente dal nostro punto di vista hanno poco a che vedere con il tema dello sviluppo in sé. Noi ci siamo trovati a dover far fronte all'analisi di un primo testo. Peraltro, ad oggi non sono ancora state nemmeno distribuite le schede di lettura in questo Parlamento. Vi lascio immaginare quindi quali siano le modalità con le quali si opera all'interno di questo Parlamento, in un contesto in cui in un mese dovremmo addirittura sbrogliare tredici decreti-legge, fino a prova contraria.
Ebbene, la cosa che balza agli occhi è che, anche in questo caso, il Governo non si emancipa rispetto ad una visione antica del problema e ad una ricetta che è altrettanto superata. L'idea di poter risolvere i problemi della nostra economia, partendo da un rilancio della cosiddetta edilizia, soprattutto dell'edilizia privata, è un'idea che, secondo noi, appartiene ad un'altra era geologica.
È l'idea che ha spinto la bolla speculativa ed è l'idea che ha spinto molti Paesi ad avere la maggior parte dei problemi che vediamo; perché oggi è come se noi pensassimo che il Governo spagnolo invece di intervenire direttamente, come ha fatto, con risorse fresche, immettendole nelle imprese e utilizzando anche delle forme poco ortodosse di interventi pubblici... Abbiamo visto in queste settimane come, rispetto ai licenziamenti dell'Iveco, qualcuno si sia inalberato, perché ha scoperto che il gruppo si trasferirà in larga misura proprio in Spagna, laddove esiste la volontà del Governo di intervenire con aiuti di Stato per il risanamento delle imprese.
Noi fronteggiamo quel tipo di atteggiamento molto aggressivo con una formula morta e sepolta, quella del rilancio dell'edilizia privata, che non sappiamo cosa porti, stante il fatto che credo che oggi il principale problema dell'edilizia sia di riuscire a risolvere il problema di quella grande quantità di alloggi realizzati e invenduti che ormai caratterizza la gran parte delle periferie urbane del nostro Paese.
In un contesto nell'ambito del quale non si risolvono i problemi del credito, si introducono dei meccanismi che dovrebbero agevolare l'edilizia privata, sapendo che l'edilizia privata è qualcosa che comunque non può essere considerata una soluzione di sistema, in un contesto nell'ambito del quale si estende quel paradosso che abbiamo già vissuto, cioè il paradosso delle cosiddette Srl a capitale minimo di un euro, che, fino a ieri, nel decreto sviluppo precedente e nel decreto sulle liberalizzazioni, erano state sbandierate come la grande innovazione che avrebbe avvicinato i giovani alle imprese.
Si era detto: noi diamo la possibilità a tutti coloro che hanno meno di 35 anni di impiantare un'impresa con un solo euro. Oggi si estende il principio a tutti: tutte le società a responsabilità limitata, potenzialmente, potrebbero essere, d'ora in avanti, con un capitale sociale di un euro. Mentre registriamo che dall'Unione europea, dalla Banca centrale europea, ci è arrivato un monito molto chiaro nei mesi scorsi, che ci diceva che uno dei più grossi problemi delle nostre imprese è la sottocapitalizzazione, noi, anziché spingere nella direzione di una maggiore capitalizzazione delle imprese, incentiviamo un sistema che, addirittura, annulla la capitalizzazione delle imprese stesse. Una serie di provvedimenti contraddittori!
Ma perché abbiamo pensato di presentare una questione pregiudiziale in questo frangente? Lo abbiamo pensato per due Pag. 82ordini di motivi, che, da un punto di vista tecnico, corrono lungo un filo comune. Il primo è legato alle competenze dello Stato.
Noi abbiamo un meccanismo che è assolutamente accentratore e figlio di una concezione burocratica della cosa pubblica. Cito anche un altro esempio: l'idea di istituire questo fondo per lo sviluppo, che rastrella, sostanzialmente, tutti i sistemi incentivanti che vi sono in giro nel Paese, tutti i meccanismi di incentivi che andavano in direzione delle imprese - si parla di quasi 30 miliardi di euro, cifre consistenti - per raggrupparli in un fondo unico che sia gestito dallo Stato, dal Governo e dal Ministro. Questo vi dà l'idea di quanto sia forte in questo Governo il senso di divisione dei compiti e dei ruoli, del federalismo, di tutto ciò che va nella direzione opposta rispetto a quella per cui noi, da anni, stiamo svolgendo battaglie di un certo livello.
Vi dico che vi sono anche altri provvedimenti che vanno in una direzione totalmente opposta. In particolare, faccio riferimento all'articolo 37, quello che parla delle concessioni idroelettriche, cioè l'idea che vengano superate le competenze delle regioni, dei comuni e delle province, che vengano annientati con un colpo di spugna i risultati di anni di battaglie autonomiste, per le autonomie e per il potere decisionale su quei territori, concentrando e avocando al Governo la possibilità non solo di individuare quali possano essere gli impianti, ad esempio, in materia idroelettrica, convenzionabili e assoggettabili a concessione, ma, addirittura, di stabilire quali siano le tariffe stesse delle concessioni. Nulla di più centralista, nulla di maggiormente contrario al rispetto delle autonomie locali previsto dalla Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Un'altra questione che ci ha molto incuriosito è la seguente: mi domando cosa c'entrino in questo provvedimento gli articoli che parlano di giustizia. Insomma, qualcuno lo dovrà spiegare. Come si può pensare di spiegare ai cittadini, ai mercati, al resto d'Europa che ci guarda che, riducendo la capacità di ricorrere in appello che le imprese e i cittadini hanno, quindi riducendo i diritti dei cittadini, si ottenga un beneficio perché si semplifica la vita a qualcuno, che un giudice possa fare da filtro e che a suo insindacabile giudizio possa stabilire quali ricorsi in appello possano essere degni di accoglimento e quali no, a prescindere dal fatto che si entri nel merito? Questa è un'altra delle tante bizzarrie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Quindi, anche in questo caso, sappiamo che avete violato i diritti costituzionali dei cittadini stessi. Credo che questo sia condiviso e sarebbe meglio, forse, che la spiegaste a qualcuno che, al contrario mio, non si occupa di imprese. Mi dispiace che qualcuno che vorrebbe occuparsi in questo Parlamento di imprese sia costretto, in un provvedimento che parla di sviluppo, a dover discutere di una modalità del sistema giudiziario che tutto è tranne una modalità che possa portare benefici al sistema economico e, tanto meno, allo sviluppo del Paese, che langue.
Ebbene, noi crediamo che vi sia una serie di vizi di legittimità, vizi di motivazione, che hanno spinto il Governo a procedere a suon di decreti-legge, come sempre accade. Tra l'altro in alcuni casi in modo anche bizzarro perché non si capisce per quale motivo si debba provvedere con decreto-legge in questo momento e, quindi, quali siano le motivazioni di urgenza che vi spingono all'istituzione della Fondazione della grande Brera, prevista dall'articolo 19, o alla creazione della Fondazione di studi universitari e di perfezionamento sul turismo. Mi chiedo come si possa decretare su queste materie, come si possa pensare che il Parlamento non abbia la minima credibilità, capacità e sovranità per poter disporre di strumenti legislativi idonei in materie di questo tipo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Allora, continuiamo a pensare che questo tipo di atteggiamento sia sbagliato, che le soluzioni poste in essere non porteranno ad alcun tipo di risultato, ma che, soprattutto, siano stati violati i principali meccanismi che regolano i rapporti tra lo Pag. 83Stato e le regioni, che regolano i rapporti tra il Governo e il Parlamento. Quindi, per questo motivo, chiediamo che non si proceda all'esame dell'atto Camera in oggetto perché riteniamo che non rispetti i requisiti minimi previsti dalla Costituzione vigente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà per cinque minuti.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dovremmo accettare, anche noi, l'invito che ci viene rivolto in letteratura e impegnarci a fare una buona manutenzione delle parole. Anche nel nostro caso, definire questione pregiudiziale di costituzionalità un insieme un po' caotico di critiche politiche al provvedimento al nostro esame somiglia piuttosto ad un abuso del linguaggio e al ripetersi di una cattiva prassi parlamentare.
Legittime le critiche politiche, un po' meno l'arroccamento, quasi ostruzionistico, di alcune forze politiche in una fase così delicata per il Paese. Qui non vi è alcuna incostituzionalità e sull'eterogeneità delle materie nella decretazione d'urgenza la giurisprudenza della Corte costituzionale ha più volte indicato i principi e sorvegliato i confini. Anche la recente richiamata sentenza n. 22 della Corte stessa si riferisce alla sostanziale omogeneità delle materie, ma avverte soprattutto il legislatore di non aggiungere materie estranee o ultronee in sede di conversione dei decreti-legge.
Certo, non neghiamo, né siamo insensibili in generale, dinanzi ai rischi che la fase di emergenza che stiamo attraversando comporta, rischi di ricorso ad un'eccessiva decretazione d'urgenza, di squilibri tra Governo e Parlamento, di ipertrofia normativa a scapito della sistematicità, coerenza e conoscibilità delle leggi e dell'auspicata semplificazione. Attraversiamo, però, una fase di pericolo per l'Italia e per l'Europa e occorre andare avanti, dopo il successo del vertice di Bruxelles, per il quale ringraziamo ancora il Presidente Monti e il Governo. Bisogna andare avanti nella navigazione, aguzzando la vista per evitare gli scogli e i pericoli.
Il decreto crescita va in direzioni molto precise e tende ad introdurre nel sistema maggiori risorse di concorrenza a partire dal settore bancario, a una politica energetica in linea con le direttive dell'Unione europea, fondata sull'efficienza e sul risparmio energetico e sulla diversificazione delle fonti, alla riallocazione delle energie lavorative sui livelli più alti della filiera produttiva e più raffinati dal punto di vista tecnologico, ad un effettivo snellimento burocratico, alla riduzione del carico fiscale e contributivo per liberare risorse da destinare alla produzione e al lavoro, all'accelerazione dei tempi di pagamento della pubblica amministrazione e all'allentamento del Patto di stabilità interno per rilanciare in particolare il settore dell'edilizia, nonché a un migliore utilizzo dei Fondi strutturali europei. È esattamente la direzione verso cui va il decreto-legge n. 83 del 2012 al nostro esame, intervenendo nelle diverse materie in funzione della crescita con coerenza, coraggio e innovazione.
Discuteremo meglio del merito nel corso dell'esame, se necessario migliorandolo, ma ad una seria azione per la crescita e all'equità sociale certo non possiamo rinunciare. Al contrario, occorre fare di più. Altro che pregiudiziali contro. Ai populisti di ieri e di oggi diciamo anzi: giovani, lavoro, crescita, lotta agli sprechi, serietà nell'azione di Governo, sono queste le nostre pregiudiziali che noi dell'Unione di centro vi invitiamo a votare nell'interesse superiore dell'Italia, rinunciando alle vostre.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Froner. Ne ha facoltà per cinque minuti.

LAURA FRONER. Signor Presidente, nella questione pregiudiziale si sostiene che le misure fin qui adottate dal Governo sul tema della crescita e dello sviluppo hanno avuto solo il risultato di creare maggiori incombenze d'oneri per famiglie Pag. 84ed imprese, senza meglio precisare a cosa ci si riferisca. Vorrei ricordare ai colleghi della Lega che uno dei fallimenti che hanno portato alla caduta del Governo Berlusconi, di cui eravate parte, è stato proprio il decreto-sviluppo, la cui bozza venne presentata nel Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2011 e non fu approvata. Il momento per il Paese era terribile. Il 23 ottobre, durante il vertice di Bruxelles, Nicolas Sarkozy e Angela Merkel avevano imposto un ultimatum all'Italia. In quel periodo nell'Unione europea eravamo un sorvegliato speciale, un ospite non ammesso al salotto buono.
Ma torniamo al decreto legge n. 83 del 2012. L'obiettivo prioritario è quello di riuscire a fare ripartire la crescita con un pacchetto contenente un ventaglio di misure urgenti e strutturali. In una situazione di indubbia crisi economica e finanziaria, il provvedimento vuole attivare molteplici leve utili per stimolare il rafforzamento della competitività, la ripresa della domanda, lo stimolo al dinamismo imprenditoriale. Le misure vanno dalla attrazione di capitali privati, all'accelerazione e semplificazione delle procedure per recuperare il ritardo infrastrutturale accumulato, dal rilancio dei settori dell'edilizia e delle costruzioni, alle misure per lo sviluppo dei porti; ed ancora, dalla costituzione del Fondo per la crescita sostenibile - grazie al riordino e alla semplificazione degli strumenti di incentivazione alle imprese - al credito di imposta per le assunzioni di personale altamente qualificato; dall'introduzione di nuovi strumenti di finanziamento e accesso al credito per le imprese alle misure volte a facilitare la risoluzione in continuità delle crisi aziendali. Vi sono misure per il sostegno all'internazionalizzazione e alla realizzazione delle infrastrutture energetiche e provvedimenti per ridurre i tempi della giustizia civile. Vi sono poi misure a favore del lavoro e per lo sviluppo dell'occupazione nella green economy ed ancora l'innalzamento delle soglie di detrazione IRPEF al 50 per cento per interventi di ristrutturazione edilizia per lavori fino a 96 mila euro e il proseguimento degli interventi di riqualificazione energetica.
Ma come dicevo, il decreto-legge si propone anche di introdurre nella giustizia civile un filtro di inammissibilità dell'appello, un filtro che avviene sulla base di una prognosi rimessa alla discrezionalità dello stesso giudice del gravame, basata sulla ragionevole fondatezza dell'impugnazione. La pregiudiziale sostiene l'incostituzionalità di tale intervento, ma la norma è prevista dal decreto in esame pienamente nella legittimità costituzionale, perché in Costituzione non vi è la garanzia del doppio grado per i giudizi civili. Il legislatore può quindi disporne fino a negarlo.
La pregiudiziale illustrata dal collega della Lega sostiene poi che è dubbia l'opportunità di inserire in un decreto-legge che ha come obiettivo la crescita e lo sviluppo del sistema economico, norme che vanno a modificare il sistema della giustizia civile.
Siamo sinceramente perplessi, molto perplessi per questa critica, poiché arriva da colleghi che facevano parte della maggioranza che ha sostenuto il precedente Governo per il quale il ricorso al metodo oggi criticato rappresentava la regola. Vogliamo ricordare, in particolare, quanto la disciplina sul filtro in Cassazione fu inserita in un collegato alla finanziaria approvato a maggio 2009 che recava norme per lo sviluppo e la competitività delle imprese. Il gruppo del PD, oggi come allora, assume un atteggiamento di critica costruttiva, volto a verificare se sia possibile apportare correttivi alle norme previste dal decreto-legge ma è certo che esso si muove nella direzione giusta. Nessuno, infatti, può mettere in dubbio la bontà dello scopo, che è quello di ridurre l'arretrato nei tribunali e soprattutto il numero inconcepibile di ricorsi pendenti nelle corti d'appello e in Cassazione. Per questi motivi, quindi, riteniamo che la direzione dell'intervento del Governo sia quella giusta e voteremo contro la questione pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 85

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, il gruppo per il Partito del Sud-Noi Sud, voterà a favore della pregiudiziale di costituzionalità, ma perché riteniamo che c'è all'origine una pregiudiziale di costituzionalità rispetto a questo Governo che si è insediato non in virtù di un voto popolare. Il primo articolo, l'articolo 1, della nostra Costituzione, recita che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Abbiamo un Governo che non ha ottenuto il consenso popolare, gli manca la condizione fondamentale per assumere decisioni, quando queste decisioni vanno contro quello che recita la Costituzione. Infatti, questo decreto-legge ha molti punti che non prevedono i requisiti di necessità e urgenza inseriti nell'articolo 77 della Costituzione. Al di là del merito, di cui discuteremo, è evidente che questo decreto avrebbe dovuto essere approvato come disegno di legge per consentire al Parlamento un confronto ampio e democratico.
Vorrei aggiungere che questo decreto-legge - concludo, signor Presidente - va contro anche l'articolo 3 della nostra Costituzione, che prevede che bisogna mettere i cittadini in una condizione di parità e di equilibrio. Non c'è alcuna misura che va a favore degli interessi dei cittadini del Sud, che questo Governo continua, illegittimamente, a calpestare.

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulla questione pregiudiziale. Nessun altro nessun altro chiedendo di intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale Dozzo ed altri n. 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mondello...onorevole Ciccanti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 431
Votanti 428
Astenuti 3
Maggioranza 215
Hanno votato 64
Hanno votato no 364
(La Camera respinge - Vedi votazioni).

Prendo atto che i deputati Laboccetta, Scelli, Rampi e Madia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

Discussione della mozione Dozzo, Donadi ed altri n. 1-01074, presentata a norma dell'articolo 115, comma 3, del Regolamento, nei confronti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, professoressa Elsa Fornero (ore 19,12).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Dozzo, Donadi ed altri n. 1-01074, presentata a norma dell'articolo 115, comma 3, del Regolamento, nei confronti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, professoressa Elsa Fornero (vedi allegato A - Mozione).
Avverto che l'organizzazione dei tempi per l'esame della mozione è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione presentata.
È iscritto a parlare l'onorevole Fedriga, che illustrerà anche la mozione Dozzo, Donadi ed altri n. 1-01074, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà, per un massimo di 30 minuti.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, ci troviamo oggi a discutere la mozione, che la Lega ha presentato in quest'Aula, di sfiducia al Ministro Fornero.

Pag. 86

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 19,15)

MASSIMILIANO FEDRIGA. Ci troviamo a discuterne, dopo un inizio di scelte fatte da questo Ministro che ha visto subito un indirizzo che va contro l'interesse del Paese e dei lavoratori. Voglio ricordare - e lo ricordo a lei, signor Presidente, perché purtroppo non vedo fra i banchi del Governo nessun rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) - solamente iniziando a parlare delle dichiarazioni che il Ministro Fornero ha fatto ed ha puntualmente smentito con i fatti. Infatti, per introdurre questa discussione, il Ministro Fornero, parlando della riforma del mercato del lavoro, il 1 dicembre dello scorso anno, dichiarava che nella riforma del lavoro sarebbe stato garantito il reddito minimo. Non ne abbiamo visto traccia. Il 20 dicembre dello scorso anno il Ministro Fornero dichiarava che bisogna aumentare i salari, perché sono bassi e bisogna in questo modo sfuggire alla crisi. Nella riforma del lavoro, signor Presidente, non ce n'è traccia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Il 20 dicembre del 2011 il Ministro Fornero dichiarava che nella riforma del lavoro ci sarebbe stato l'abbattimento del cuneo fiscale e la riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente. Signor Presidente, non ce n'è traccia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Il 21 dicembre 2011 lo stesso Ministro dichiarava che le donne devono trovare gli stessi diritti degli uomini nella progressione di carriera e nelle retribuzioni, un altro passaggio di cui nella riforma del lavoro non v'è traccia. Saluto il Ministro Fornero, che vuole così ascoltare anche gli interventi di un'opposizione che forse a volte può essere utile per migliorare alcuni provvedimenti (lo ricordiamo agli altri Ministri anche, visto che abbiamo delle riforme importanti in questo periodo). Il 23 gennaio del 2012 il Ministro Fornero dichiarava: «La riforma del mercato del lavoro è ambiziosa, ma il Governo non ha la pretesa di farla senza largo consenso delle parti sociali. Tutte le parti sociali, datoriali e sindacali, si sono schierate fermamente contro questa riforma del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Il 24 gennaio del 2012 il Ministro Fornero dichiarava sempre che non si può concludere la riforma senza le parti sociali. Non solo: il 2 febbraio il Ministro Fornero era riuscita a dichiarare che grazie alla sua riforma del lavoro sarebbe diminuito lo spread. Vediamo la risposta dei mercati internazionali, che dal 2 febbraio hanno visto lo spread innalzarsi a livelli allarmanti e che hanno preoccupato l'intera Europa, non solamente il nostro Paese. Non solo, andiamo avanti: il 20 febbraio il Ministro Fornero dichiarava di rendere più conveniente la stabilizzazione dei lavoratori. Signor Ministro, lei ha fatto l'esatto opposto: ha reso sconvenienti tutti gli altri tipi di contratto. Questo non è sviluppo, questo non è aiutare l'occupazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Il 13 marzo il Ministro Fornero dice: «È chiaro che se si comincia a dire di no, perché dovremmo mettere una paccata di miliardi?». Qui ha detto una cosa vera: non sono stati messi i soldi necessari per fare una vera riforma del lavoro, signor Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Lei ha utilizzato il ricatto, il ricatto dei soldi per i nostri lavoratori, affinché le parti sociali firmassero un accordo, cosa che puntualmente non è avvenuta. Il 14 marzo 2012 ha dichiarato che le risorse a disposizione sono abbastanza per fare una buona riforma degli ammortizzatori sociali.
Signor Ministro, la sua stessa maggioranza, che ha votato la riforma, ha chiesto di modificare la parte degli ammortizzatori sociali. Tutte le parti sociali hanno chiesto di rimandarne l'entrata in vigore perché, anche in questo caso, c'è una riduzione delle garanzie date ai lavoratori. Lei porta a 12 mesi le tutele per i lavoratori che prima erano a 36 mesi, e a 18 mesi quello che prima era a 48 mesi. Pag. 87
Signor Ministro, poi, ha voluto comunicare al Paese fatti per i quali lei non è mai intervenuta. Ha parlato più volte della disoccupazione in generale e, in particolar modo, di quella giovanile. Mi dice cosa c'è in questa riforma del lavoro per aiutare l'occupazione giovanile? Lei, anzi, ha alzato il costo e ha diminuito la flessibilità in ingresso nel mondo del lavoro. Questo porterà alla diminuzione delle opportunità occupazionali per i giovani. I dati di oggi ci dicono che più del 36 per cento dei giovani non trova lavoro, e lei, con questa riforma, andrà ad aumentare, peggiorare questo drammatico dato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Sempre il 2 febbraio, signor Ministro, lei ha dichiarato che la riforma del lavoro ha obiettivi generali e condivisi e, in particolare, contrastare la disoccupazione, cosa di cui, come ho detto, non c'è traccia; in particolar modo, ha voluto sottolineare, addirittura, quella giovanile. Questo è al centro dell'attenzione dell'Unione europea. Io vorrei sapere l'Unione europea cosa ha pensato veramente di questa riforma del lavoro, perché, oggi, il Presidente Monti dice che è stata più apprezzata in Europa che nel nostro Paese. Di questo ne sono sicuro, perché in Europa non hanno e non dovranno vivere le drammatiche situazioni che comporterà questa riforma del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). È molto facile parlare dall'esterno, quando non si vive in prima persona l'aumento del costo delle imprese, l'aumento dei costi per le partite IVA, l'aumento dei costi per le attività produttive del nostro Paese e, dunque, la diminuzione delle possibilità di trovare un posto di lavoro.
Signor Ministro, il 9 maggio, addirittura - la data si avvicina -, lei dichiara: poca attenzione ai più deboli, c'è il rischio che aumenti il lavoro nero. Ma sa queste dichiarazioni fatte da lei a cosa si riferivano? Alla sua riforma del lavoro! Le domando: è accettabile che un Paese abbia un Ministro che propone una riforma del lavoro e che lo stesso esponente che la propone dichiari che aumenterà il lavoro nero?
Signor Ministro, l'11 giugno, lei dice che la riforma del lavoro è stata fatta con un dialogo e non con la concertazione, a differenza di quanto dichiarava all'inizio, e cioè che senza un accordo delle parti sociali non ci sarebbe stata la riforma. Ha detto che non ce lo potevamo permettere. Ma tutto questo è stato condito da una sua dichiarazione in cui ha detto che se un medico deve amputare una gamba, non può più fare tanti conciliaboli, deve agire. Cioè, lei ha considerato i nostri lavoratori e il taglio alla spesa come amputare una gamba?
Signor Ministro, poi, ha voluto anche parlare delle ricongiunzioni, che devo dire sono state toccate erroneamente dallo scorso Governo, per un errore che il gruppo della Lega, anche quando era maggioranza - dunque nessuno ci può imputare di non aver agito in modo tempestivo -, voleva cambiare, e sta cercando ancora di cambiare. Le ricongiunzioni onerose, per i colleghi che non lo sapessero, comportano il fatto che i lavoratori che dovrebbero andare in pensione si trovano a pagare, per avere semplicemente il diritto come i loro colleghi di andare con il sistema che spettava loro in quel momento, 100-150-200 mila euro. E lei, signor Ministro, in questa situazione, ha dichiarato che le persone andavano, è vero, in pensione con il sistema retributivo, ma con 1.100- 1.200 euro al mese, e dunque, le ha considerate privilegiate. Signor Ministro, mi permetta, ma i privilegiati, forse, sono i sottosegretari del Governo che prendono 500 mila euro all'anno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), non i lavoratori che, con 1.100-1.200-1.300 euro al mese, mantengono se stessi, le loro famiglie e, magari, quel 36 per cento dei loro figli che non trova lavoro.
Su tutto ciò, lei ha avuto oltretutto un accanimento terapeutico incredibile: bloccare le indicizzazioni, ovvero l'aumento della pensione, rispetto al costo della vita. Un pensionato che prende 1.100 euro al mese netti si trova bloccata l'indicizzazione della pensione. Non solo, se lei ha fatto un breve calcolo e se entrerà in Pag. 88vigore l'aumento dell'IVA, solo con queste due misure - blocco dell'indicizzazione e aumento dell'IVA al 23 per cento -, nel 2013, è come se un pensionato, che prende 1.100-1.200 euro al mese, avesse una mensilità in meno di pensione.
Mi dice come faranno a vivere queste persone? Non considerando, poi, l'aumento sulla benzina, non considerando l'IMU.
Ministro, il 6 dicembre, poi, ha incominciato a parlare e ha voluto illuminarci con la questione degli esodati. Questo è il fatto più drammatico, e non vuole essere una speculazione politica, Ministro, ne sia certa, vuole essere una tutela per quelle centinaia di migliaia di persone che rischiano di rimanere senza un soldo da portare a casa, senza un soldo con cui fare la spesa, senza un soldo con cui mantenere i propri figli. Ministro, il 6 dicembre lei diceva che 65 mila è il numero degli esodati e che tutti sarebbero stati coperti. Ministro, il 3 maggio lei ribadiva che questi lavoratori sono stati identificati nel numero di 65 mila. Ministro, dopo si è dovuta risvegliare e confrontare con la realtà; la realtà dei numeri. E la realtà dei numeri ci è stata data, prima di tutto, dai sindacati quando, in tempi in cui ancora l'INPS non si era espressa, quantificavano il numero degli esodati all'incirca in quattrocentomila. Non a caso, i dati INPS che, fortunatamente, e diligentemente, i dirigenti dell'ente hanno voluto dare al Parlamento e all'opinione pubblica hanno quantificato il numero degli esodati in 390 mila 200. Le strade sono due, Ministro; innanzitutto poteva trovare una copertura quando ha fatto la riforma delle pensioni, perché quando si fanno scaloni così ampi in così poco tempo non si può pensare di lasciare una fascia della popolazione così drammaticamente colpita totalmente scoperta e senza certezze per il futuro, infatti non è solamente la questione se questo Governo o i futuri Governi troveranno la copertura, cosa che ovviamente è la questione fondamentale, ma anche l'incertezza che lei sta dando alle famiglie. Entro pochi mesi, le persone non sanno se avranno di che mangiare; ed è inutile, devo dirlo anche ai colleghi della maggioranza e in particolar modo a quelli del PD, che il segretario del Partito Democratico dichiari negli incontri pubblici e utilizzi queste parole: «gliel'avevamo detto», riferito, appunto a lei, Ministro. « Gliel'ho detto in cinese - dice Bersani - che sulla riforma delle pensioni c'era un buco». Vorrei che anche i colleghi del Partito Democratico comunicassero al loro segretario che non serve andare nelle piazze e nei comizi a dire che l'avevano comunicato al Ministro, bastava e basta votare i provvedimenti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Siamo in Parlamento per votare delle leggi e scegliere il futuro del Paese, non siamo in Parlamento per fare una cosa qui dentro e poi andare sulle piazze per dire l'esatto opposto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ministro, persino il Partito Democratico, uno dei principali partiti che l'appoggia dichiara che, malgrado diminuisca il numero degli esodati, rispetto alle stime dell'INPS, sono circa trecentomila gli esodati; lei, invece, continua ad insistere sulla sua linea dicendo che sono 65 mila e proprio se ci fa una concessione, includendo i sessantaduenni, si arriva a 120 mila. Ciò vuol dire che anche nella migliore delle ipotesi lei lascerebbe scoperti 280 mila lavoratori. Su questo, Ministro, le abbiamo chiesto più volte, anche con spirito collaborativo, nelle diverse occasioni, sia in Commissione bilancio, sia in Commissione lavoro, sia in Aula che, tramite appelli esterni, forti, fatti dalla Lega, in appoggio a tutte le altre forze sociali del Paese, di rivedere le sue posizioni. Lei ha voluto, invece, rimanere ferma, non muoversi di un millimetro e utilizzare i soldi dei pensionati e i soldi dei lavoratori per eseguire gli ordini di fare cassa con i soldi della gente che ha lavorato una vita (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Il Ministro del lavoro dovrebbe essere quella persona che, in primo luogo, si fa difensore di questi diritti, dovrebbe essere quella persona che, in prima linea, si schiera dalla parte soprattutto di quei Pag. 89lavoratori più deboli. Io le voglio ricordare che il suo Governo, in più occasioni, mentre votavate queste cose, ha dato parere contrario a emendamenti della Lega che prevedevano il tetto agli stipendi d'oro e il blocco alle pensioni d'oro. Anche questa mattina! Anche questa mattina (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Quindi, Ministro, per questo noi abbiamo presentato questa mozione, e domani ovviamente nella dichiarazione di voto finale, la Lega esprimerà con chiarezza, nuovamente, questa posizione e non lo diciamo nell'interesse di parte perché posso capire la posizione di altri colleghi della maggioranza che, a differenza nostra, e secondo noi sbagliando, vogliono tenere in piedi questo Governo.
Ma un Ministro non è tutto il Governo, e penso che prima di un Ministro vengano gli interessi tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
È per questo che abbiamo presentato, e siamo orgogliosi di averlo fatto - e ringraziamo i colleghi parlamentari dell'Italia dei Valori e anche quei colleghi coraggiosi del Popolo della Libertà che hanno voluto firmare -, questa mozione di sfiducia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, le mozioni di sfiducia individuale nei confronti dei Ministri hanno avuto in quest'Aula una storia articolata, alcune volte di difficile comprensione. Ricordo alcune vicende che hanno caratterizzato i lavori dell'Aula quando sono state avanzate e poste in essere alcune mozioni di sfiducia nei confronti dei Ministri in carica. In alcuni casi erano rivolte certamente alla persona per fatti particolari, a volte anche personali, che coinvolgevano il comportamento di alcuni Ministri nell'ambito del Governo. Qui vi è, invece, una mozione di sfiducia che oserei definire atipica, tanto per riferimento alle cose dette dal collega Fedriga. Perché atipica? Perché nel parlare del Ministro del lavoro si fa riferimento alla politica complessiva del Governo all'interno del nostro Paese, alla politica che viene portata avanti.
Si può essere d'accordo come non si può essere d'accordo delle politiche, ma non per questo si presenta una mozione di sfiducia individuale nei confronti di un Ministro. Vi sono una valutazione e un giudizio complessivo nei confronti del Governo, e questo Governo ha avuto, volta per volta, delle fiducie, anche per quanto riguarda la politica del lavoro e la manovra economica. Infatti, l'altro giorno abbiamo votato ben quattro questioni di fiducia e, quindi, vi è un giudizio e una valutazione complessiva da parte dell'Aula, da parte del Parlamento. Quindi, se vi è una fiducia data al Governo, cosa significa questa mozione di sfiducia nei confronti di un Ministro, se non il tentativo di scorporare il comparto lavoro rispetto a quella che è la complessità della politica posta in essere dal Governo?
Noi vogliamo svolgere una riflessione molto forte, una riflessione che certamente non sfugge anche ad assumersi delle responsabilità: la riforma del lavoro è stato un elemento fondamentale della politica di questo Governo (Commenti del deputato Polledri)... Sì, onorevole Polledri, e grazie anche alla manovra economica il Governo ha avuto le carte in regola e avuto le credenziali per andare in Europa ad acquisire quell'affermazione e quel successo che noi abbiamo sempre indicato e sottolineato. Non vi è dubbio che qui stiamo facendo un processo e vogliamo un giudizio che vale su tutto il Governo. Quindi, qui si disconoscono anche i meriti e i risultati raggiunti dal Governo pur di puntare alcuni momenti e alcuni fatti che riguardano il Ministro del lavoro. Ma per quanto riguarda l'attività del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, quando si parla di marcato il lavoro, quando si parla di disoccupazione, quando si parla di lavoro nero, non voglio fare polemiche, ma questi problemi non è che siano sorti oggi, anzi, questo Governo sta tentando di rompere il circuito perverso del precariato con grande forza, questo precariato che è stato Pag. 90arricchito, enfatizzato e certamente portato verso situazioni e verso confini inesplicabili, ma soprattutto insopportabili, non certamente da questo Governo.
Il precariato è dannoso, corrode l'economia e lascia incerti anche quelli che sono i giudizi che riguardano i diritti dei cittadini e dei lavoratori e la tutela di questi ultimi. Poi, quando si fa riferimento alla problematica degli ammortizzatori sociali, c'è una situazione di disfunzione, ma soprattutto di vuoto degli ammortizzatori sociali all'interno del nostro Paese, ma questa vicenda è nata oggi? È nata con la professoressa Fornero o esiste da anni la vicenda degli ammortizzatori sociali, dell'insufficienza e dell'assenza di politiche nei confronti degli ammortizzatori sociali?
Ma che siamo nati oggi, stiamo camminando in questo momento o c'è anche un pregresso negativo di cui dobbiamo assumerci le responsabilità con molta chiarezza? Anzi, per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, c'è un tentativo di andare avanti. Non accetto quello che ha detto il collega precedentemente. C'è uno studio, un lavoro e c'è anche una scelta fatta dal Ministro Fornero per quanto riguarda le imprese in crisi e per quanto riguarda le imprese fallite, per cui è difficile fare il discorso dei 12 mesi, dei 36 mesi o dei 40 mesi.
Bisogna non prendere degli scampoli, ma avere una visione complessiva e comprendere quelle che sono oggi le politiche che bisogna portare avanti. Ma poi c'è il pezzo forte per quanto riguarda la vicenda degli esodati. Non c'è dubbio che tutta la mozione presentata dai colleghi della Lega punti sugli esodati. Ci sono stati un dibattito, un confronto, uno scontro e una polemica molto vivaci, ma ritengo che questo significa porre in essere un problema come lo abbiamo posto noi, come lo ha posto l'UdC.
Noi abbiamo molto a cuore la vicenda degli esodati. Attraverso lo strumento del sindacato ispettivo abbiamo richiamato fortemente l'attenzione del Governo su una problematica che certamente va risolta in fretta. C'è stato certamente il balletto dei numeri: 65 mila unità di esodati come prima lettura, poi c'è stata una diversa valutazione e poi ci sono stati una decisione da parte del Ministro ed un impegno da parte del Presidente del Consiglio dei ministri attraverso una Commissione per una indagine conoscitiva molto più appropriata per avere un quadro complessivo di quello che è il volume degli esodati all'interno della nostro Paese.
Certo che il problema degli esodati non riguarda una parte del Parlamento, non una parte del Paese; non riguarda alcuni, ma riguarda tutto il Parlamento, riguarda credo tutto il Paese nel momento in cui ci sono delle situazioni che devono essere portate avanti. Sento le battute che si fanno sullo spread. Ma le vicende dello spread non sono nate con il Governo Monti. Non sono un difensore d'ufficio, ma lo spread non è nato con il Governo Monti.
Questo Governo non è nato per una volontà impositiva divina, ma è nato sulle macerie di una difficoltà di un Governo di mettere su un giudizio, soprattutto una realtà economica credibile. Non è nato dal nulla (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). È nato perché esistevano i presupposti e le condizioni. È nato questo Governo e ritengo che i risultati, anche per quanto riguarda lo spread (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)...
Non ti capisco, per cui non ti posso rispondere. Ti chiedo scusa se non ho la capacità di rispondere e di poter quanto meno essere gentile nei tuoi confronti.

PRESIDENTE. Per cortesia. Onorevole Tassone, è pregato di rivolgersi alla Presidenza.

MARIO TASSONE. Io ho ascoltato tranquillamente loro, certamente c'è una battuta che non capisco. Poi potremo anche discuterne e aprire un confronto...

PRESIDENTE. In un'altra sede, onorevole Tassone.

MARIO TASSONE. Non c'è dubbio che la vicenda dello spread non è nata soltanto Pag. 91in questo momento. Lo spread è certamente indicativo di una vicenda e di una storia dei mercati che ha creato e crea delle condizioni di malessere dell'economia. Se ci sono oggi dei risultati e ci sono dei processi che ci portano ad andare avanti, certo questa è una valutazione oggi ampiamente positiva di cui dobbiamo prendere atto.
Ecco perché non crediamo nelle motivazioni - che sono motivazioni di parte, politiche e del tutto particolari - della mozione che nasce certamente per dare senso e significato ad una opposizione democratica che, per avere dignità, deve portare elementi diversi e un contributo diverso.
Ma un'opposizione democratica sa che un Governo che ha avuto la fiducia e ha il conforto della maggioranza e della stragrande maggioranza dell'Assemblea non può essere sfiduciato surrettiziamente con una posizione e soprattutto con un atteggiamento nei confronti di un proprio Ministro. Questo lo dico con molta cortesia e con molta correttezza, come fair play parlamentare, ai colleghi della Lega.
Ecco perché noi dell'Unione di Centro siamo per respingere questa mozione, riuscendo a capire e a comprendere che esistono certamente i problemi del lavoro. Voi non potete immaginare quanto io viva i problemi del lavoro nella mia regione, in Calabria, la grande disoccupazione, il lavoro nero, la criminalità organizzata che è anche nelle imprese surrettizie, nascoste. Certo, sono problemi che esistono e che preesistevano e, se c'è la volontà, dobbiamo certamente accompagnare lo sforzo di questo Governo anche della dialettica, anche nella opposizione, anche nel confronto, anche nella critica, ma in termini di grande serietà e di grande coerenza.
Per questi motivi, signor Presidente, noi, come dicevo poc'anzi, respingiamo questa mozione di sfiducia. Poi il nostro gruppo ha affidato all'onorevole Pezzotta la dichiarazione di voto che renderà domani mattina (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, signor Ministro, io credo che la storia parta da lontano e non deve essere dimenticata per poi arrivare al presente e valutare le azioni che questo Governo e che lei, Ministro, state portando avanti. Si parte in quel lontano 5 agosto 2011, quando giunse da Bruxelles una lettera con delle prescrizioni per l'Italia.
È una lettera che non si è mai capito da chi e da dove veniva, però prevedeva alcune cose: liberalizzazioni, rimettere l'Italia in sesto, riforma della contrattazione salariale, facilità nei licenziamenti. Prevedeva sostanzialmente una shock economy che consentisse di provocare dei momenti indotti di shock economico generale al fine di realizzare riforme difficili da far recepire alla collettività. Il settore del lavoro ovviamente era pregnante, era il settore principale e, quindi, era su quello che bisognava incidere.
Voi siete partiti giù duro su quello, ma non con quelle riforme che dovevano rimettere in sesto il settore e agevolare il lavoro e l'occupazione nel nostro Paese, perché la macchina, Ministro, la si mette in moto solo se riparte l'economia. L'economia non riparte in Italia se è più facile licenziare, ma se è possibile rendere conveniente agli investitori investire in Italia, se è possibile far pagare in Italia le tasse che si pagano nel resto d'Europa.
Infatti, se un'impresa italiana paga il 48 per cento di tasse mentre un'impresa in Europa ne paga il 21 per cento, lei pensa che non investe per l'articolo 18? Non investe perché non vuole pagare il 25 per cento di tasse in più. Hai voglia ad assumere con quel 25 per cento! Ma voi niente, vi siete concentrati sull'articolo 18 e avete provocato instabilità nei rapporti di lavoro favorendo i licenziamenti.
Avrebbe dovuto creare occupazione tutto questo, Ministro, secondo i vostri ragionamenti. A fronte di ciò, invece, è accaduto l'esatto contrario. È proprio di oggi il dato che è venuto fuori. Lei si è dimostrata preoccupata, ma, Ministro, è Pag. 92inutile che lei si preoccupi, lei non deve condividere le preoccupazioni, lei deve trovare le soluzioni, soprattutto perché lei è un tecnico. Invece, lei oggi si è limitata a prendere atto che c'è in Italia una disoccupazione giovanile, dei giovani da 15 a 24 anni, e non parliamo di giovani studenti ma parliamo di giovani che non studiano, che cercano lavoro e non lo trovano.
Nel nostro Paese - e il dato è di oggi - sono il 36,2 per cento - è il dato peggiore degli ultimi vent'anni, lei dovrebbe saperlo bene - rispetto ad una media europea del 22,7 per cento, cioè 14 punti in meno di noi. Immagini che segnale diamo. Non parliamo, tra l'altro, dei dati degli anni precedenti. C'è stata una crescita esponenziale. Altro che creare nuove opportunità di lavoro. Ma d'altronde, se noi non consentiamo di andare in pensione e continuiamo a far lavorare chi in pensione non ce la fa ad andare, è ovvio che i giovani non riusciamo ad assumerli.
E così cinque anni fa la disoccupazione giovanile nel nostro Paese era al 19,5 per cento, l'anno scorso al 27,5 per cento, quest'anno al 36,2 per cento. Abbiamo un ottimo, in senso negativo, più 9 per cento. Quindi, il 9 per cento in più dei giovani italiani non trova occupazione seguendo la vostra ricetta.
Infatti, signor Ministro, non ci siete da poco, ma ormai da dieci mesi e il tempo massimo vi dà altri tre mesi. Quindi, se non siete riusciti ad innescare un meccanismo virtuoso che porti l'Italia fuori dalle secche delle difficoltà, francamente credo che di fallimento si debba cominciare a parlare.
È per questo che noi abbiamo presentato la mozione di sfiducia nei suoi confronti non solo per un singolo episodio (perché c'è un excursus di episodi che si sono susseguiti nel suo mandato), ma perché proprio abbiamo ritenuto che la politica del lavoro perpetrata da questo Governo sia fallimentare. Il vostro obiettivo, signor Ministro, è stato quello nei fatti di selezionare la razza sulla base del portafoglio. Questo è stato fatto oggi: ve la siete presa con i più deboli, li avete tassati al massimo della disperazione. Avete detto - ci sono dichiarazioni del Presidente del Consiglio in questo senso - che nei momenti difficili e di crisi economica anche i più deboli debbono fare sacrifici.
Signor Ministro, ma si rende conto? Ma chi sono i più deboli nel nostro Paese? Sono i pensionati con il minimo della pensione a 400 euro. Sono le persone che non trovano lavoro. Sono gli esodati: ebbene, a questi che sacrifici dobbiamo chiedere? E poi, di contro, lasciamo indisturbati gli evasori fiscali, la corruzione nel nostro Paese... e anche i tagli. Infatti, da quando vi siete insediati, come qualcuno diceva prima, utilizzate termini anglosassoni, ma nella sostanza poi risultato non ce n'è; parliamo di prima spending review, poi di seconda, di terza, di quarta... Non so, andremo all'infinito, ma ancora un taglio vero non è stato fatto e non parlo del taglio solito degli impiegati ai quali ridurre gli stipendi, signor Ministro. Parlo dei tagli degli enti inutili, degli uffici che non servono, dei privilegi che ci sono. Su quelli dovete incidere, però ancora - anche lì - nulla avete fatto.
Avete salvaguardato sostanzialmente chi è forte nel nostro Paese. Avete salvaguardato anche rispetto alle imprese: le imprese che dovevano andare via se ne sono andate. Nel nostro Paese, chi aveva la forza di delocalizzare se n'è andato e ha già abbandonato il nostro Paese. Altro che creare economia! Poi dobbiamo sentirci anche la ramanzina e i consigli di Marchionne, che ha chiuso Termini Imerese e dà lavoro agli americani e ci deve dire come dobbiamo fare in Italia? Oppure, ancora peggio, Montezemolo fa il testimonial del made in Italy nel mondo e poi si fa fare i treni in Francia. È questa categoria che voi state tutelando, quelli che sono già andati fuori e che torneranno ad acquistare le macerie italiane.
Il piccolo e medio imprenditore, quello che resiste sul nostro territorio, che dà lavoro, che cerca di tutelare il nostro Paese, voi lo state mettendo in crisi totale con tassazioni esasperate e inique, che nessuno riesce più a sopportare. La verità, Pag. 93signor Ministro, è che c'è un direttorio «eurobancario» che sta gestendo il nostro Paese. Sta uccidendo l'economia del nostro Paese - diciamocelo francamente - e lei è stata messa lì per fare l'esecutore materiale. Infatti, non si spiega diversamente: chiunque si renderebbe conto che in questo momento di grave difficoltà dobbiamo rafforzare la possibilità di lavorare degli italiani, aumentando la capacità di acquisto perché solo così metti in moto la macchina, non raschiando dalle tasche dei portafogli gli ultimi spiccioli rimasti.
Poi vogliamo parlare, signor Ministro, delle sue esternazioni. Non ne cito tante perché il collega della Lega, che ha firmato insieme all'Italia dei Valori la mozione di sfiducia, ne ha citate diverse e non mi ripeterò. Ne cito una soltanto, anglosassone anche questa, quella che lei ha rilasciato il 27 giugno al Wall Street Journal, quando disse: «Work isn't a right». Signor Ministro, lei ha detto: «Il lavoro non è un diritto». Signor Ministro, lei lo sa che la nostra Costituzione, all'articolo 1, prevede espressamente tra i principi fondamentali che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro?
Signor Ministro, lei ha violato la nostra Costituzione nello svolgimento del suo mandato. Credo che questo sia un fatto grave che non può essere sottovalutato e sugli esodati - signor Ministro, è stato citato, ma va ridetto - lei ha dato i numeri e non è tollerabile che si diano i numeri sulla pelle della gente e sulla vita delle persone e delle famiglie. Il 29 dicembre 2011 - lo voglio ricordare perché non è un'esternazione, ma sono sue dichiarazioni e fatti che sono venuti fuori - nel commentare il decreto-legge milleproroghe si disse che all'interno ci sono 75 mila esodati. Poi, però, l'11 aprile 2012 in una audizione in Commissione lavoro il direttore dell'INPS disse che erano 130 mila.
Il 12 aprile successivo lei, invece, smentì l'INPS, dicendo che erano diventati 65 mila, salvo poi - non cito i sindacati - l'11 giugno 2012, nel documento dell'INPS, diventare 390 mila, smentendo platealmente quello che lei, Ministro, aveva detto e, tra l'altro, specificandolo. Infatti, non è che quel documento diceva, in termini generici, che ci sono forse 390 mila. No! Li ha specificati e glieli voglio ricordare: 133 mila persone autorizzate a lasciare il lavoro nate dopo il 1946. Erano 133 mila per l'INPS, per lei sono 10.250. Ci sono, poi, 180 mila cessati dal lavoro e usciti per dimissioni e licenziamenti tra il 2009 e il 2011, con un'età superiore a 53 anni. Per lei erano 6.890. Ci sono 45 mila lavoratori in mobilità. Per lei, 29.050 salvaguardati. Signor Ministro, non ne coincide uno di dato! Quindi, qualcosa ci deve essere che non funziona. Ci sono 26.200 situazioni collegate ai fondi di solidarietà. Per lei sono 17.710. Da ultimo, ma non ultimo in importanza anche per la particolarità dei lavoratori, ci sono 3.330 beneficiari di congedo straordinario per l'assistenza ai figli gravemente disabili. Per lei, 150 persone.
Ancora più grave, Ministro, è che questi dati lei li conosceva e invece di fare un mea culpa e dire «forse abbiamo sbagliato e dobbiamo rivedere la nostra posizione» lei se l'è presa con il direttore dell'INPS, che si era permesso di rendere pubblici questi dati. Ministro, ma qui siamo in uno Stato trasparente. Il nostro palazzo dovrebbe essere - ce lo contestano i cittadini - veramente di cristallo, dove si può vedere all'interno. Non si devono occultare dati, Ministro! Questo faceva parte della vecchia politica. Ai tecnici non fa onore tutto questo, anzi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e Lega Nord Padania)! Eravate stati chiamati per rendere trasparente quello che non lo era. State adottando, invece, i vizi pessimi di chi vi aveva preceduto.
Al direttore dell'INPS lei ha detto: «È grave e irresponsabile il fatto che lei abbia pubblicato questo documento. Lo ha fatto con dolo e lo ha fatto per danneggiare il Governo». Mi scusi, Ministro: ma perché l'INPS dovrebbe danneggiare il Governo dando dei dati veri, che poi sono stati anche confermati? In realtà, è il Governo che non era in grado di affrontare un'emergenza così grave. Il direttore dell'INPS Pag. 94ha detto la verità, lei lo sa bene, e non le ha retto il gioco. Per questo se l'è presa.
Ministro, lei sa chi sono gli esodati? Certe volte dalle sue dichiarazioni, dai numeri dati, si ha la sensazione che lei non abbia la percezione di quello che è il dramma che vive un esodato, chi da un lato non può più lavorare e, dall'altro, non può avere una pensione. Sostanzialmente, un esodato è una persona che non ha più di che vivere e lei ha giocato sui numeri con questa gente, penalizzando chi invece diceva la verità.
Non ritenete, Ministro, che sia ora di finirla con questo tecnocinismo? Questo vi ha caratterizzato fino a oggi, condito da lacrime di occasione. Ogni tanto qualche lacrima, ma sempre in un'unica direzione: danneggiare i più deboli, favorire gli speculatori e gli evasori, che continuano indisturbati la loro opera nel nostro Paese, perché nulla nei loro confronti è stato fatto. Sono i dati della Corte dei conti. Li conoscerà anche lei, Ministro, e se non li conosce glieli dico io. La Corte dei conti ha dichiarato, in questi giorni, che nel nostro Paese l'incidenza dell'evasione è di 135 miliardi l'anno e che l'incidenza della corruzione è di 65 miliardi l'anno. Ministro, ma forse non era meglio prendersela con gli evasori e debellare la corruzione anziché prendersela con i lavoratori dipendenti e fare in modo che venissero facilmente licenziati? Noi questo vi contestiamo, con molta forza. Voi avete soltanto fatto in modo di favorire qualcuno facilitando il licenziamento di qualche altro.
Ministro, gli italiani onesti non ne possono più e credo che dobbiate rendervene conto. Non è possibile che non lo capiate. Calano i consumi anche se, però, le vostre dichiarazioni sembrano non comprendere assolutamente quello che sta succedendo nel nostro Paese, le tragedie quotidiane che nel nostro Paese si consumano. Calano i consumi perché vi siete resi conto che vi è stato meno introito dell'IVA. Avete dichiarato che «sono calati i consumi. Ci costringerete, se non troviamo altri soldi, ad aumentare l'IVA». Ma come? I consumi calano non per l'evasione ma perché la gente non ha più soldi da spendere e voi che fate? Li tassate ancora di più?
E dei dati dell'IMU, Ministro, ne vogliamo parlare? Non sono venuti fuori i dati dell'IMU e il perché lo sapete bene.
Con l'IMU avete preso meno del 40 per cento delle somme che speravate di prendere, ma non perché la gente ha evaso, ma perché la gente non ce l'ha fatta a pagare e voi non sapete più come fare. Cosa fate? Mettete in vendita l'Italia attraverso Equitalia? Credo che rischiamo grosso, che il nostro Paese stia rischiando veramente grosso. A dicembre, rispetto all'IMU, caro Ministro, lei sa perfettamente che incombe la seconda rata, che sarà ancora più alta perché ci saranno le addizionali dei comuni. Che facciamo? Cosa faranno gli italiani? Aspetteranno ancora che un Governo tecnico, a quel punto veramente agli sgoccioli, trovi la soluzione? Ministro, non ci crede più nessuno e, secondo me, non ci crede nemmeno la maggioranza che vi sta sostenendo e che non può più fare altro, non sa più che fare e annaspa nel tentativo di tenervi a galla.
Ministro, noi abbiamo presentato la mozione di sfiducia. Ci sono state altre mozioni di sfiducia in questo Parlamento: ne cito una per tutte, presentata dal Partito Democratico nel 2010 contro l'allora Ministro Bondi. Il Partito Democratico presentò una mozione di sfiducia, che noi abbiamo sostenuto, perché era crollato nell'armeria dei gladiatori a Pompei un muro e chiese la sfiducia di un Ministro. Lì non c'era responsabilità soggettiva, Ministro, ma c'era una responsabilità oggettiva o di altro genere, ma certamente quanto avvenuto non era addebitabile, nonostante fossimo avversari politici - e lo siamo ancora - alla responsabilità del Ministro Bondi.
Invece, lei, Ministro, ha una responsabilità personale. La invito a guardare con serenità a quello che sta accadendo in questo momento, a comprendere che lei non ce l'ha fatta, Ministro, e che il Governo, sulla politica del lavoro, ha miseramente fallito. Le abbiamo offerto un'occasione, Ministro: non se la lasci sfuggire. Pag. 95Ne approfitti e vada a casa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Questa sarebbe la prima cosa positiva del suo mandato. Le garantisco che i lavoratori onesti, gli imprenditori onesti, gli esodati - nel numero giusto, non in quello che pensa lei - i pensionati, i precari ed i disoccupati le saranno veramente riconoscenti (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, anche in questa vicenda il gruppo del Popolo della Libertà, non può che riconfermare una linea coerente che ha sempre tenuto. Non confondiamo il dibattito politico - anche aspro - il dissenso politico - anche radicale - con l'attacco alla persona, che si nasconde dietro la pratica della mozione di sfiducia.
In passato, siamo state vittime di questa pratica anche quando era assolutamente evidente la strumentalità dell'iniziativa. Noi abbiamo criticato alcuni aspetti della riforma pensionistica e ci siamo battuti - e continuiamo a farlo - perché venga risolta la questione degli esodati, ma soprattutto siamo stati indotti a votare la riforma del mercato del lavoro, a sua firma, signor Ministro Fornero, soltanto quando il Governo, prima, ed il Premier, poi, hanno assunto l'impegno a modificare tempestivamente il provvedimento se la Camera esaudiva la richiesta di votarlo senza modifiche prima della data «magica» del 28 giugno, data del Consiglio dell'Unione europea.
Ma il nostro voto contrario alla mozione di sfiducia non si fonda solo sulle questioni di metodo a cui mi riferivo prima. Basta leggere il testo della mozione, presentata dalla Lega Nord e dall'Italia dei Valori, per rendersi conto della discutibile consistenza dei motivi per cui ella, signor Ministro, sarebbe meritevole di sfiducia.
Emerge, ancora una volta, un ulteriore capitolo di quella guerra dei numeri in materia di esodati che ci trasciniamo appresso da mesi. Noi abbiamo criticato una limitata trasparenza ed attendibilità dei dati che, se ci fossero state sin dall'inizio, avrebbero evitato tante polemiche strumentali e non. Sarebbe stato opportuno, infatti, chiarire le diverse platee ed i diversi periodi di tempo, che riguardano i dati del Ministero e quelli attribuiti all'INPS. Ma da un Governo non dobbiamo attenderci che dia i numeri, ma che risolva i problemi, così come si è impegnato a fare.
È su questo impegno che noi misureremo la fiducia non solo nei sui confronti, signor Ministro, ma anche nei confronti dell'intero Esecutivo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, la parte più rilevante delle manovre messe in campo dal Governo in questi mesi ha riguardato temi di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali: la riforma della previdenza, il mercato del lavoro e la fusione degli enti previdenziali. In questa azione si sono indubbiamente sovrapposte - potremmo dire, affastellate - esigenze strutturali e necessità di bilancio; ne è risultata, a volte, una non sufficiente linearità delle riforme, ed è lecito pensare che chi si occupa della cassa abbia avuto spesso il sopravvento sul merito. Ad essere onesti però dobbiamo dire che le drammatiche esigenze di bilancio hanno convinto anche tanti di noi a superare eventuali obiezioni di merito e i nostri voti alle proposte legislative che sono arrivate dal Ministro Fornero sono lì a testimoniarlo.
È in questo quadro, io credo, che dobbiamo inquadrare l'azione del Ministro e mi sembra abbastanza incomprensibile il tentativo di isolare l'azione del Ministro Fornero dall'azione più complessiva del Governo. Proviamo a guardare: il Ministro Fornero è stata reticente, non trasparente nei confronti del Parlamento? È colpevole perché è stata incapace di opporre le ragioni del merito, come dicevamo, alle Pag. 96ragioni di cassa? Un Ministro vittima della Ragioneria generale dello Stato e dell'organo monocratico che governa l'INPS o l'interprete fedele della linea rigorista del Governo? Un rigore interpretato con eccessiva rigidità o una rigorosa e intransigente tenuta delle posizioni che venivano dettate dall'emergenza? Un Ministro insensibile alle ricadute sulle persone in carne ed ossa? Qualcuno è arrivato a dire: un Ministro senza cuore.
Non me ne voglia, Ministro Fornero, non mi interessa francamente sapere quanto è coinvolta emotivamente o meno, mi sembra che questo insieme di domande che io leggo anche nella mozione di sfiducia e che trovo alla base di questa mozione di sfiducia sia ben lontano dai nostri interessi concreti e reali, dai nostri interessi politici. Oggi quello che importa - o almeno che importa a noi del Partito Democratico - è sanare rapidamente i problemi più rilevanti lasciati aperti, qualcuno potrebbe dire aperti con le riforme, e mi riferisco, com'è ben chiaro, agli esodati e agli ammortizzatori. Non rifaccio la storia degli esodati, è indubbio che abbiamo assistito a sottovalutazioni, può venire il dubbio che abbiamo assistito all'idea di piegare delle esigenze e dei diritti di persone alle esigenze e alle disponibilità del bilancio, questo sì. Sugli ammortizzatori abbiamo applaudito la Ministro Fornero quando è venuta in Commissione a dirci che gli ammortizzatori sociali universali sono l'elemento che renderà chiara la tenuta di tutta l'operazione che va dalla riforma delle pensioni a quella del mercato del lavoro. Ci siamo rimasti in mezzo, signora Ministro, non siamo riusciti ad arrivare ad un risultato.
Capisco la situazione difficile del nostro bilancio, dobbiamo prendere atto che la crisi è più lunga e più dura del previsto e quindi dobbiamo - io credo - porre rimedio al fatto che non possiamo abbandonare la vecchia strada per una nuova che ancora non è matura, ma su questi due temi io credo che restiamo saldamente ancorati alle prese di posizione e agli impegni che in quest'Aula ha preso il Presidente del Consiglio l'ultima volta in cui è venuto a parlarci di come sarebbe andato il vertice europeo. Quegli impegni per noi sono l'elemento chiave; sul raggiungimento o meno di quegli obiettivi noi misureremo non solo e non tanto il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ma misureremo l'intero Governo, di questo potete star certi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Ministro per i rapporti con il Parlamento, professore Dino Piero Giarda.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, il Governo è presente per testimoniare il suo pieno appoggio al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e per respingere le motivazioni e i contenuti della mozione di sfiducia che è stata presentata. Mi riservo di reintervenire domani mattina, prima delle dichiarazioni di voto, per precisare alcune considerazioni che sono state sollevate dagli interventi che hanno illustrato la mozione.

PRESIDENTE. Signor Ministro, francamente la Presidenza trova questo abbastanza inusuale. Ritenevamo che questo fosse il momento nel quale intervenire. La pregherei di svolgere il suo intervento adesso.

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, è ovvio che il Ministro conosce sicuramente la prassi parlamentare, per cui sa che l'intervento di domani non Pag. 97attiene alla replica alla discussione sulle linee generali, ma soltanto al fatto se approva o meno le mozioni. Quindi, lei domani potrà dare solamente indicazioni di voto. Noi saremmo molto ansiosi di ascoltare la replica. Intanto apprezziamo il fatto che sia presente il Ministro Fornero. Magari in altri momenti replicherà direttamente il Ministro interessato. Troviamo che questa sia una prassi collegiale, però la pregheremmo, per rispetto dei colleghi che sono intervenuti, di voler intervenire sulla discussione, cioè sulle cose sentite in Aula. Domani potrà dire la sua sulla mozione.

PRESIDENTE. Prego, Ministro Giarda.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, la questione di fondo che è contenuta nella mozione di sfiducia riguarda la questione dei soggetti che si trovano in condizioni di difficoltà per effetto della fase transitoria della riforma delle pensioni, che è stata approvata nello scorso mese di novembre. In particolare, è stata sollevata la questione della coerenza dei contenuti del decreto con il quale è stata data, ai sensi del comma 15 dell'articolo 24 della legge n. 214 del 2011, la prima attuazione alle normative e ai contenuti del comma 14 dell'articolo 24 della stessa legge. A questo riguardo, è stato sottolineato che i contenuti del decreto avrebbero ristretto il numero di soggetti che invece avrebbero avuto diritto di essere ammessi ai benefici definiti dal comma 14. È certamente vero che i contenuti delle disposizioni del comma 14 sono più generali di quelli che sono stati utilizzati nella stesura e nella formazione del decreto ministeriale. Voglio solamente lasciare una traccia delle ragioni di questa differenza, che sono originate da qualche forma di incomprensione forse della natura del decreto rispetto ai contenuti delle disposizioni di legge.
Per valutare la natura delle differenze tra le tipologie del comma 14 della legge e quelle del decreto ministeriale bisogna considerare il fatto che il comma 15 della legge prevede che il decreto, o i decreti che sarebbero stati necessari, di attuazione, rispetti i vincoli finanziari invalicabili fissati dallo stesso comma, vincoli che si sono trasformati in un numero massimo di soggetti ammessi ai benefici della legge, e che, a maggior garanzia, gli enti previdenziali effettuino un monitoraggio sugli andamenti dell'ammissione al beneficio e non accolgano ulteriori domande di pensionamento una volta raggiunti i limiti quantitativi.
In sede di formazione del decreto risultò chiaro che l'utilizzo dei criteri e tipologie di soggetti indicati dal comma 14 avrebbe comportato l'ammissione ai benefici di un numero di soggetti superiore a quello compatibile con le risorse finanziarie indicate dal comma 15. Si rivelò, quindi, necessario qualificare le tipologie di beneficiari rispetto a quelle indicate dal comma 14 per renderle compatibili con il vincolo delle risorse finanziarie. Diverse opzioni vennero considerate e, in conclusione, si decise di regolare l'ammissione in modo da garantire le persone che si sarebbero trovate in condizione di disagio economico nel corso del 2013. Questa scelta era orientata dall'obiettivo di finalizzare le risorse disponibili verso i casi più urgenti, rinviando, quindi, la soluzione dell'ammissibilità ai benefici per i soggetti che sarebbero entrati in condizione di disagio negli anni successivi. In questo senso - una scelta precisa, diretta a finalizzare le risorse alle situazioni di maggiore criticità - le tipologie individuate dal decreto sono più restrittive di quelle previste dalla legge. Gli altri soggetti non rientranti nell'applicazione del primo decreto sarebbero stati trattati in atti successivi, quando fossero state, così si ritenne, acquisite le risorse finanziarie necessarie. E non è detto anche che non sia necessario avere più di un ulteriore provvedimento. Quello che è certo è che con il decreto ministeriale non è possibile, non è stato possibile, non sarà possibile cambiare una legge. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Governo sono stati ben consapevoli che ciò non può essere fatto. Pag. 98
Possiamo chiederci cosa sarebbe successo se il decreto avesse recepito pienamente le tipologie definite dalla legge senza apportare le modifiche necessarie per contenere l'onere finanziario entro il tetto fissato dalla legge stessa. Sarebbe scaturita la conseguenza paradossale di scaricare sugli enti previdenziali l'onere di respingere le domande di pensionamento provenienti da lavoratori rientranti nelle tipologie ammesse al beneficio, ma pervenute dopo che fosse stato raggiunto un numero massimo fissato in attuazione della legge. Avremmo, cioè, avuto un modello di intervento «a rubinetto», già sperimentato in altre fattispecie, ma che è stato ritenuto improprio se riferito alla materia previdenziale, dove si ha a che fare con diritti soggettivi perfetti di cui è titolare una platea vasta di singoli individui.
La scelta operata dal decreto ha lasciato indeterminata la definizione delle corrispondenti risorse di bilancio che dovranno essere previste per consentire anche ad altri lavoratori, rientranti nelle previsioni del comma 14, di accedere al pensionamento. Il decreto, cioè, non si è presentato come una attuazione definitiva della riforma pensionistica, ma ne rappresenta solo la prima attuazione diretta ad affrontare, nel quadro delle risorse finanziarie messe a disposizione dalla legge, le situazioni di maggiore urgenza. Forse sarebbe stato opportuno rendere, nel testo del decreto, più esplicito questo carattere che il decreto aveva assunto e che aveva bisogno, quindi, di interventi successivi che dovevano trovare copertura finanziaria. Ritengo, però, che questa natura di provvedimento iniziale, diretto a dare attuazione ai contenuti del comma 14, sia evidente da una lettura sistematica del provvedimento.
Le differenze, quindi, tra le previsioni della legge e quelle del decreto nascono dalla necessità di dover fissare requisiti che consentissero il riconoscimento delle agevolazioni pensionistiche in quelle situazioni nelle quali le condizioni di difficoltà del lavoratore apparivano già essere imminenti e, quindi, era urgente definire per loro un meccanismo che consentisse di affrontare tali situazioni. Questa scelta, naturalmente, presupponeva e presuppone la necessità che si effettui un'azione di monitoraggio per verificare le possibilità che insorgano nel corso dei prossimi anni ulteriori situazioni di disagio, le quali dovranno essere, come il Presidente del Consiglio ha avuto modo di puntualizzare, affrontate predisponendo allo scopo il quadro delle necessarie risorse finanziarie.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, credo che lei abbia fatto molto bene a ricordare al Ministro Giarda che la fase della replica in sede di discussione sulle linee generali è quella di adesso, dove ovviamente si può argomentare.
È utile ricordare anche all'onorevole Polledri che non esiste prassi parlamentare nella quale il Governo, su una mozione individuale, esprime un parere, perché non vi è.
È altresì utile, però, ricordare al Governo e a noi stessi che, comunque, a prescindere dalla replica in sede di discussione sulle linee generali, in qualunque momento il Governo può prendere la parola e fare delle dichiarazioni, così come previsto dall'articolo 37 del Regolamento. Faccio presente ai colleghi della Lega che ci siamo trovati in una singolare situazione, nella quale il Ministro Calderoli, un giorno, ha parlato dopo che un provvedimento era stato approvato, quindi quando non c'era più l'oggetto del contendere, per rendere alla Camera delle dichiarazioni. Quello è stato sicuramente un precedente, figuriamoci se non c'è un'occasione nella quale, se il Governo intende dare delle precisazioni, non possa darle.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giachetti, per aver ricordato all'onorevole Polledri che, trattandosi di una mozione di sfiducia individuale, non è prevista l'espressione del parere del Governo sulla mozione Pag. 99stessa, così come la ringrazio per aver ricordato al Governo che può intervenire in qualunque momento. Tuttavia, all'interno della prassi del procedimento che stiamo esaminando, la replica era prevista questa sera ed era giusto che si svolgesse questa sera.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha così completato il suo intervento in sede di replica. Nella seduta di domani, mercoledì 4 luglio, a partire dalle ore 10, avranno pertanto luogo le dichiarazioni di voto, alle quali seguirà la votazione per appello nominale. Il seguito della discussione è quindi rinviato alla seduta di domani.

Discussione del disegno di legge: S. 3304 - Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 58, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione di osservatori militari delle Nazioni Unite, denominata United Nations Supervision Mission in Syria (UNSMIS), di cui alla Risoluzione 2043 (2012), adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Approvato dal Senato) (A.C. 5287) (ore 20,16).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 58, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione di osservatori militari delle Nazioni Unite, denominata United Nations Supervision Mission in Syria (UNSMIS), di cui alla Risoluzione 2043 (2012), adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5287)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Le Commissioni affari esteri e difesa si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la Commissione affari esteri, onorevole Tempestini, ha facoltà di svolgere la relazione.

FRANCESCO TEMPESTINI, Relatore per la III Commissione. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, già approvato all'unanimità dal Senato, concerne la partecipazione italiana alla missione di osservatori militari della Nazioni Unite, di cui alla risoluzione 2043, adottata dal Consiglio di sicurezza lo scorso 21 aprile, per monitorare il rispetto del cosiddetto Piano Annan proposto dall'inviato dell'ONU Kofi Annan e dalla Lega araba e accettato dal Governo siriano per il ritiro delle truppe e delle armi pesanti dai centri abitati e quindi teso ad evitare l'uso sproporzionato della forza contro la popolazione siriana. Il Piano Annan, articolato in sei punti, prevede il riconoscimento delle aspirazioni del popolo siriano, la cessazione della violenza, l'assistenza umanitaria alle aree coinvolte dai combattimenti, il rilascio delle persone arbitrariamente arrestate, la libertà dei movimento dei giornalisti, la libertà di associazione e manifestazione pacifica.
La missione consiste nell'invio di 300 osservatori militari non armati, provenienti da 37 Paesi, tra cui la Russia e la Cina. Essa ha per obiettivo la fine di ogni violenza e violazione di diritti umani, la garanzia di accesso agli aiuti umanitari nelle zone interessate dal conflitto, l'agevolazione della transizione politica in Siria verso un regime democratico e pluralista. L'articolo 1 autorizza la spesa per l'operazione e definisce la normativa applicabile al personale; l'articolo 2 individua la copertura finanziaria, operata con una corrispondente riduzione della spesa per la missione UNIFIL in Libano. L'articolo 3 disciplina l'entrata in vigore del provvedimento.
L'Italia, per la presenza in Libano, per i suoi tradizionali legami con gli Stati e le popolazioni del Medio Oriente, anzitutto con la Siria, non poteva non aderire alla missione. Il contributo non serve a rivendicare solo un qualche ruolo nazionale, quanto a rendere più credibile la nostra posizione Pag. 100internazionale di fronte alla crisi siriana, orientandola, accanto alla tutela della popolazione civile, verso una strategia che renda possibile una transizione democratica. Purtroppo, nelle ultime settimane, è apparso con sempre maggiore chiarezza che quanto accade in Siria è ormai guerra civile, con un numero di morti superiore a 15 mila e una situazione sul terreno difficilmente decifrabile e per questo, forse, ancora più grave. Anche il contesto regionale si è andato ulteriormente complicando, come è stato dimostrato dall'abbattimento dell'aereo dell'aviazione turca da parte dei siriani, con un conseguente dispiegamento di forze militari al confine tra i due Paesi e con una immanenza del ruolo della NATO.
La riunione dei Ministri degli esteri del Gruppo di azione incaricato dell'attuazione del Piano Annan e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza svoltosi a Ginevra lo scorso 30 giugno, ha risposto, a quello che sembra, e ha fornito soltanto ipotesi interlocutorie. Appare sicuramente condivisibile l'auspicio per la formazione di un Governo di transizione, ma la necessità di evitare una rottura con Russia e Cina ha prodotto una dichiarazione finale che non chiarisce il futuro ruolo ipotizzato per la famiglia Assad.
Come emerso a chiare lettere anche in occasione della missione svolta dalla Commissione esteri, resta centrale un coinvolgimento della Russia in un processo che porti al superamento della attuale leadership siriana, accompagnato da garanzie per coloro che attualmente sono schierati a favore del regime. Il gruppo di azione sulla Siria, al quale partecipano i Governi dei cinque membri permanenti - Cina, Francia, Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti - e la Turchia, ha partecipato alla riunione di Ginevra, alla quale sono stati invitati anche i segretari generali dell'ONU e della Lega araba e l'Alto rappresentante dell'Unione europea, nonché i Ministri di Iraq, Kuwait e Qatar. Alla riunione di Ginevra non hanno preso parte importanti attori dello scenario regionale, quali Iran e Arabia Saudita. D'altra parte, ad ulteriore complicazione dello scenario complessivo, in reazione alla posizione di Teheran sulla questione nucleare, il 1 luglio scatteranno le nuove sanzioni dell'Unione europea sull'embargo petrolifero ed un ulteriore problema è rappresentato dal fatto che l'opposizione siriana resta altamente frammentata e non esiste al momento una sua leadership universalmente riconosciuta, malgrado gli sforzi profusi in primo luogo dal Governo turco in tal senso e come dimostrano i dissensi rispetto alla riunione di ieri al Cairo dell'opposizione siriana.
Fino ad oggi la reazione dell'Unione europea è stata alquanto flebile. Bruxelles ha reagito alla repressione delle proteste antigovernative chiedendo, in più occasioni, attraverso l'Alto rappresentante, la fine delle violenze ed il ritiro dell'esercito siriano dalle città e dai villaggi occupati, ma ha circoscritto la sua azione all'adozione di misure di embargo ed al sostegno delle risoluzioni dell'ONU. Il bilancio della missione oggetto del presente decreto-legge non è stato sinora incoraggiante. Com'è noto, le operazioni sul campo sono al momento sospese per mancanza delle più elementari condizioni di sicurezza. Tuttavia, alla luce dei ripetuti sforzi della comunità internazionale per far cessare le violenze e della necessità di mantenere alta la pressione sul regime siriano, è opportuno mantenere l'ampiezza operativa e la consistenza della missione UNSMIS. In questo quadro, è importante che il nostro Paese mantenga gli impegni assunti e contribuisca a rendere disponibile il contingente di osservatori. Sarebbe, inoltre, opportuno approfondire il tema, da molti sollevato, dell'apertura di corridoi umanitari ed è questo probabilmente materia di una possibile nuova risoluzione delle Nazioni Unite. Il dibattito parlamentare svoltosi due settimane fa sulle mozioni ha, peraltro, fatto registrare una larga convergenza sul fatto che l'escalation della crisi siriana imponga una linea d'azione determinata da parte della comunità internazionale.
Riteniamo, perciò, che la conversione senza modifiche del decreto-legge in esame, con la più ampia maggioranza Pag. 101parlamentare, dia un segnale, particolarmente in questo difficile contesto, dell'attenzione che il Parlamento italiano riserva alla crisi siriana e dell'impegno del nostro Paese per contribuire ad individuare una soluzione che cerchi di bloccare il protrarsi delle ingenti perdite umane ed assicuri un avvio di stabilità alla regione.

PRESIDENTE. Il relatore per la Commissione difesa, onorevole Cicu, ha facoltà di svolgere la relazione.

SALVATORE CICU, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il provvedimento in oggetto, approvato in prima lettura dal Senato, reca disposizioni per assicurare la partecipazione dell'Italia alla missione di osservatori militari delle Nazioni Unite in Siria. Com'è noto, la missione è nata con il compito di monitorare e supportare la piena attuazione della proposta di Kofi Annan in qualità di inviato speciale congiunto delle Nazioni Unite e della Lega dei Paesi Arabi. Il collega Tempestini ha già espresso articolate valutazioni sul difficile contesto geopolitico in cui opera la missione e sulle problematiche relative alle prospettive di un tale intervento. Siamo consapevoli del fatto che un grande Paese come l'Italia non può certo sottrarsi alle sue responsabilità in campo internazionale e, in questo senso, esprimo da subito una posizione favorevole sulla conversione del decreto-legge in esame.
Non possiamo, però, sottacere le preoccupazioni per la situazione in cui si svolge la missione, peraltro denunciate dagli stessi osservatori, che hanno lamentato in più occasioni l'assenza di condizioni minime per poter adempiere fino in fondo al loro mandato. Eppure, la necessità di un'iniziativa internazionale è innegabile. In Siria da lungo tempo è infatti in atto una repressione violenta di ogni manifestazione di dissenso, con particolare accanimento nelle città centrali di Homs e di Hama, nonché nella capitale e nell'area meridionale di Daraa. Il regime di Assad non ha, fino ad ora, effettuato alcun passo sostanziale verso una pacificazione del Paese.
La promessa, già nel mese di febbraio del 2011, di un referendum su un progetto di nuova Costituzione e le elezioni politiche del maggio scorso hanno addirittura inasprito la situazione interna. Non sono state sufficienti le reazioni dei Paesi occidentali che pure hanno tempestivamente varato sanzioni sempre più aspre contro il regime di Assad, ciò anche in ragione del fatto che Russia e Cina si sono mostrate particolarmente caute nel consentire il dispiegarsi di piani di intervento internazionali. Le due risoluzioni approvate all'unanimità dal Consiglio di sicurezza dell'ONU scontano questo limite, ma costituiscono pur sempre un tentativo di stimolare un processo di pacificazione della Siria.
La prima risoluzione 2042 conferiva, unitamente alla Lega araba, l'incarico all'ex segretario dell'ONU Kofi Annan di intraprendere un'iniziativa diplomatica a tutto campo per avviare un processo di transizione politica e consentire una supervisione delle Nazioni Unite sul rispetto del «cessate il fuoco» e il ritiro delle forze militari dei centri abitati.
La seconda risoluzione 2043 - da cui il decreto-legge in esame prende le mosse - istituisce appunto la presente missione in Siria, guidata dal generale norvegese Robert Mood, della durata iniziale di 90 giorni e composta da un contingente di 300 osservatori militari disarmati.
Pur dopo l'inizio della missione di osservatori dell'ONU, la situazione nel Paese è rimasta difficile e si sono susseguite le notizie di atroci massacri. Dopo la strage di Hula, cittadina della provincia di Homs, dove pesanti bombardamenti di artiglieria hanno provocato più di cento morti, e tra questi moltissimi bambini, Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito hanno deciso di espellere i rappresentanti diplomatici siriani. Altrettanto hanno fatto Stati Uniti, Canada e Australia.
Il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon, ha affermato che regime di Damasco ha ormai perso ogni legittimità. La Francia è tornata con forza, per bocca Pag. 102del Ministro degli esteri Fabius, a invocare un intervento basato sul capitolo VII della Carta dell'ONU, che consentirebbe di armare coloro che vengono inviati sul campo. Inoltre, Fabius è tornato a ventilare l'opportunità di imporre una parziale no-fly zone sui cieli siriani, a protezione dei civili delle zone più martoriate.
Frattanto l'intera area mediorientale non appare certo immune da conseguenze. Particolarmente preoccupanti per l'Italia - data la presenza del suo contingente - è lo spettro di propagazione del conflitto siriano in Libano, con rinnovati scontri tra gruppi sunniti e alawiti.
Altrettanto preoccupante è la vicenda del velivolo militare turco abbattuto mentre si trovava in volo a sud del confine turco-siriano, considerato dalla Turchia alla stregua di un atto ostile e come tale denunciato in sede NATO.
Pertanto esprimo il parere favorevole e per quanto riguarda gli aspetti tecnici deposito l'ulteriore prosecuzione della relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Cicu, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, io poi mi riservo di consegnare l'intera relazione, ma pur nella brevità di questo mio intervento voglio sottolineare alcune questioni che hanno a che fare con l'umanità, hanno a che fare con la comunità siriana, hanno a che fare con le persone in carne ed ossa, hanno a che fare con tutto quel movimento che si ricollegava e si riconosceva nella «Primavera araba» e che aveva contagiato fortemente la comunità siriana e che aveva non un sussulto, ma un anelito di voglia di libertà e di cambiamento, cosa che ha lasciato a quel tempo - diciamocela tutta e diciamolo francamente in quest'Aula - gli osservatori internazionali con il fiato sospeso. Più che pensare a questa grande novità in termini positivi e propositivi, hanno sentito il fiato sospeso sul come, quando e perché intervenire, senza rompere quegli equilibri che in quella zona e in quell'area del Medio Oriente, così cruciale, fondamentale, sensibile e particolare, avrebbe poi in qualche modo potuto determinare alcune rotture di equilibri che nel tempo si sono consolidati, a torto o ragione, in maniera positiva o negativa.
Credo che dal nostro punto di vista siano delle situazioni fortemente cristallizzatesi, che nulla hanno avuto a che fare con la voglia di libertà e di cambiamento non di qualche facinoroso, ma di un'intera comunità che pensava di poter utilizzare la «Primavera araba» anche in quel contesto per poter portare degli elementi di libertà, di democrazia e di cambiamento. Rispetto a questo che cosa è successo? Che il Governo di Damasco ha sentito non la presenza forte ed immediata della comunità internazionale, e ha risposto prima con la forza. Non contento, perché la forza non è bastata, perché quando tu non hai la forza delle idee ma imponi idee con la forza, evidentemente vai oltre e ti spingi alla violenza, sempre più cruda, sempre più reiterata.
E alla richiesta di cambiamento è arrivata una violenza che non ha paragoni in quel contesto, una violenza che ha portato oltre 14 mila vittime e 30 mila persone a fuggire negli Stati circostanti, che sta rendendo quasi impossibile la presenza delle ONG e di tutti gli osservatori in quell'area. Rispetto a questo, si è consolidata, invece, in questo periodo, purtroppo, l'impotenza della comunità internazionale divisa e incapace di scegliere una strada per reagire. Certo, poi, la risoluzione ha aiutato ad uscire fuori, in qualche modo, dalla palude in cui ci si era trovati, tuttavia, credo che, rispetto al dato della situazione sempre più allarmante, sempre più degradata, sempre più sanguinosa e sempre meno a contatto con la realtà e la volontà di cambiamento, abbia prodotto la situazione in cui si è cacciata la Siria, con il contesto intorno. Pag. 103
È evidente che quanto dice il Ministro Terzi di Sant'Agata è totalmente da condividere, quando parla di un'Italia che sostiene pienamente l'inviato dell'ONU, Kofi Annan; non ripeto i sei punti che ha esposto benissimo ed autorevolmente il collega Tempestini nel suo intervento. Mi trovo anche d'accordo con le considerazioni svolte dal collega Cicu, perché, in questi momenti, bisogna avere il coraggio, in un Parlamento come quello italiano - che è stato sempre la punta avanzata in termini di democrazia e di cambiamento, di volontà di mettere in pratica percorsi innovativi di democrazia in quelle realtà -, di essere qui tutti uniti, con elementi che accentrano di più alcune situazioni che riguardano anche un'analisi più critica, più diretta sui ritardi e sui non interventi, che hanno fatto di quel contesto più un elemento di cultura e di pedagogia, piuttosto che un intervento forte, immediato ed anche risolutivo.
Infatti, io credo che di fronte a tante migliaia di vittime, di fronte all'uccisione di tanti bambini inermi, che nessuna colpa hanno se non quella di non avere possibilità di potersi imporre in maniera diversa, evidentemente, bisognava essere più pronti e più diretti, per mandare un segnale a chiunque volesse e voglia ancora continuamente usare la forza che non c'è possibilità di farlo, perché la comunità internazionale, oltre ad essere un recinto istituzionale nel quale si producono iniziative, risoluzioni e quant'altro, è in grado anche di intervenire per impedire la barbarie che si determina, di volta in volta, anche in questa nostra epoca.
Dunque, sui ritardi che hanno innestato situazioni di insofferenza, un controllo esasperato l'uno verso gli altri, evidentemente, noi abbiamo qualcosa in più di diverso da dire: bisogna fare in modo che tutte quelle persone che sono state barbaramente trucidate e tutti quei bambini che hanno avuto la vita spezzata e il futuro troncato abbiano almeno una soddisfazione nel ricordo e nella memoria di trovare, finalmente, un Paese libero e democratico, che possa guardare con fiducia al prossimo futuro.
È evidente che non basta tutto quello che abbiamo detto. L'Italia dei Valori non ha mai taciuto la propria contrarietà ad azioni di tipo militare e per questo motivo abbiamo appoggiato questo provvedimento, ancorché già sostanzialmente superato dai fatti. Proprio per consentire che il nostro Paese potesse contribuire a supportare - e non a sopportare come hanno fatto i soggetti della comunità internazionale - un'azione di politica internazionale molto, molto delicata - ce lo siamo detti ed è inutile nasconderlo - senza l'uso della forza per la proposizione della democrazia, come si è potuto fare anche in altre realtà, a partire dall'Afghanistan.
Sappiamo che in Siria non ci sono il gas e il petrolio che ci sono in Libia, ma la comunità internazionale ha il dovere di tutelare la popolazione siriana, così come proviamo a tutelare tutte le altre popolazioni in Libano, in Kosovo, in Africa e in altri teatri in cui il supporto dei Paesi democratici è efficace contro la proliferazione della violenza. Nel frattempo, non dimentichiamo che torna a montare la tensione tra Ankara e Damasco dopo l'abbattimento del jet turco la scorsa settimana. E, in questo momento, sul fronte diplomatico, lo scenario non migliora, nonostante l'accordo raggiunto a Ginevra dal Gruppo di azione sulla Siria.
Le questioni sono costantemente in evoluzione e hanno bisogno di trovare un'intesa più complessiva che dia tranquillità, serenità e che rimetta le cose nei giusti tasselli, che dia la possibilità di guardare, con tranquillità, ad una prospettiva più importante e che garantisca quello che si è detto e che noi condividiamo e cioè che, oltre al sostegno all'inviato dell'ONU e della Lega araba, vi sia anche l'attuazione dei principi reali, concreti, concordati a Ginevra per una reale transizione in Siria. In una nota, il nostro Ministro ha sottolineato l'importanza che la comunità internazionale anzitutto, e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite poi, si mantengano coesi e continuino a tenere alta la pressione per favorire l'applicazione Pag. 104dell'intesa raggiunta, a cominciare dalla cessazione dell'inaccettabile violenza.
Credo che questo sia il senso, il tema, il percorso da seguire e credo che questo processo sia anche da governare sino in fondo, affinché si raggiunga il risultato sperato e si facciano sentire i Parlamenti, come quello italiano, finalmente in grado di incidere e di cambiare lo stato di cose esistenti. Infatti, lì, in quelle situazioni, in quelle comunità, c'è grande attenzione verso i Parlamenti che hanno una storia politica forte, una storia istituzionale importante come il Parlamento italiano nel quale non si può più fare melina, né si può più fare pedagogia, né si può più fare cultura; bisogna mettere in campo azioni anche innovative che fino ad ora non si sono pensate, perché la tutela delle persone, dei bambini, delle donne di intere comunità rappresenta la possibilità di un futuro per la nostra nazione, per l'Unione europea e per la comunità internazionale. Su questi temi noi ci stiamo misurando; come Italia dei Valori abbiamo dato la completa disponibilità e siamo convinti che, se andiamo ancora più a fondo della questione, saremo in grado di trovare soluzioni concrete, immediate ed urgenti e saremo in grado di far diventare queste risoluzioni elementi di praticabilità e di cambiamento perché ciò è quello che finalmente vuole la comunità siriana ed è quello che si auspicano la comunità internazionale e l'Unione europea.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo ovviamente non deve suonare come una deminutio per il sottosegretario D'Andrea, ma non nascondo che avrei gradito la presenza del Ministro degli esteri o di un suo sottosegretario perché assistiamo spesso a dichiarazioni anche molto forti del Ministro degli esteri italiano alle quali, poi, non corrisponde una politica omologa in ambito europeo. Siamo favorevoli, lo siamo stati e ne abbiamo discusso - tra l'altro condivido le relazioni che hanno qui tenuto i colleghi Tempestini e Cicu - a questa nostra missione che è una missione importante, doverosa, e che ribadisce l'intenzione dell'Italia di avere un proprio ruolo in ambito internazionale anche in omaggio e in ossequio alla Risoluzione 2043 adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Quindi, l'Italia deve esserci, perché l'Italia ha un ruolo storico e tradizionale in quelle regioni e deve esserci con i propri osservatori militari, non armati, come è stato riconosciuto e sottolineato, per questo piano di Kofi Annan che è un piano che stenta un po' a prendere corpo, a decollare e ad avere risultati proprio sul piano dell'assistenza umanitaria, della garanzia della libertà di manifestazione pacifica del pensiero, degli aiuti umanitari. Si ha, cioè, la sensazione di una certa impotenza nello svolgersi di una guerra civile vera e propria combattuta dalle due parti.
Da una parte vi è il regime di Assad, che sicuramente in un contesto così duro e difficile ha perso anche di legittimità, però non dimentichiamo che non è solo quello che sta accadendo, non è solo la reazione spietata di un tiranno contro un popolo inerte: in Siria si sta combattendo una vera e propria guerra civile, con gruppi armati e alimentati nei propri armamenti contro le truppe governative. Questa è una situazione alimentata per interessi politici e strategici da altri Paesi. Perché dicevo - e mi avvio velocemente a concludere - della presenza del Ministro degli affari esteri? Perché a volte abbiamo la sensazione che vi sia una specie di appiattimento, in certi tipi di dichiarazione, con le posizioni di alcuni Paesi che vorrebbero, anche se non lo dicono, un intervento militare in Siria - cosa che è contrastata poi da altri Paesi, in primis la Russia -, immaginando di poter avere e Pag. 105conquistare, poi, da un intervento militare in forze nel terreno siriano, un'influenza non solo politica in quel Paese, che oggi invece non hanno.
Allora, credo che la posizione ufficiale italiana debba essere molto prudente e molto attenta, perché sappiamo che interventi armati, che peraltro non sono mai stati previsti dagli organi di tutela internazionale e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in primis, riecheggiano nelle dichiarazione di alcuni importanti capi di nazioni del mondo occidentale. Credo che su questo dobbiamo stare molto ben attenti, perché quella davvero sarebbe una grande avventura, e difficilmente queste divisioni, che sono in parte etniche, in parte tribali e in parte religiose che si combattono sul terreno siriano, si placheranno con un intervento militare. È accaduto in forma molto chiara anche e addirittura in Libia, benché lo schema fosse più noto e più conosciuto, soprattutto a noi italiani, ma in quella regione sicuramente questo non placherebbe questi tipi di scontri. Allora, la comunità internazionale deve agire con molta saggezza, con molta misura, con molta cautela, anche se dobbiamo intensificare gli sforzi di politica economica e di politica estera e anche di controllo militare, non escludendo, per esempio, quella che il collega Cicu ha chiamato l'ipotesi della no fly zone. Ma certo non possiamo coltivare l'idea o assecondare il desiderio di coloro che credono che questa crisi siriana si risolva manu militari. Io su questo nutro forti dubbi. Ecco perché, invece, la missione che oggi andiamo a discutere e poi ad approvare va nella direzione di questa prudenza, di questa attenzione e di queste valutazioni, esclusivamente umanitarie, alle quali noi partecipiamo convinti e partecipiamo con forza. Vogliamo esserci, perché l'Italia, come Paese importante, non solo nell'ambito di tutte le missioni internazionali, non può certo essere assente dalla Siria (Applausi).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Porfidia che era iscritto a parlare. Si intende che vi abbia rinunziato. È iscritto a parlare l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo convertendo in legge testimonia ancora una volta due tratti salienti della politica estera del nostro Paese. Il primo è rappresentato dal forte senso di responsabilità con il quale l'Italia assolve al suo ruolo - che noi vogliamo sempre più centrale - nella comunità internazionale. Ancora una volta, di fronte alla chiamata delle Nazioni Unite, di fronte alle richieste di un impegno per favorire la pace e la soluzione delle crisi internazionali, il nostro Paese ha confermato la sua disponibilità. Abbiamo trovato gli uomini e le risorse per dare il nostro contributo a una missione di osservazione disarmata che si preannunciava - così come poi è stato - delicata e difficile.
Il secondo tratto importante è l'aumento graduale, ma significativo, del nostro ruolo politico e della nostra presenza sui tavoli internazionali che riguardano il Mediterraneo, al quale dobbiamo guardare sempre con maggiore attenzione e sul quale dobbiamo concentrare le nostre forze e la nostra presenza diplomatica, istituzionale e quella delle nostre Forze armate a sostegno della pace. L'area del Mediterraneo è sempre di più il nostro primo cerchio di interesse geopolitico e di sicurezza. Il nostro Paese deve riuscire a riguadagnare posizioni importanti nella dinamica politica del mondo arabo, in profonda trasformazione dopo i rivolgimenti di questi ultimi anni. Gli uomini che abbiamo destinato alla missione in Siria provengono - e non è un caso - dalle truppe di stanza in Libano, dove l'Italia partecipa con ruoli di assoluta preminenza ad un'altra essenziale missione di peacekeeping.
Siamo convinti che possiamo dare un contributo serio e costruttivo alla difficile situazione delle crisi del Mediterraneo, per la nostra particolare situazione di vicinanza e profondo radicamento nella storia e nella geografia dell'area, nel contempo per una certa distanza da passati coloniali Pag. 106che pesano su altri partner europei dagli schieramenti ideologici e per una tradizione di equilibrio e dialogo con tutto il mondo arabo.
Purtroppo, oggi parlare di Siria vuol dire parlare di un tragico numero di vittime. Le uccisioni di civili, di cui è responsabile il regime del Presidente Assad, sembrano non fermarsi di fronte alle minacce, alle condanne e alla riprovazione della comunità internazionale. I Paesi europei, e non solo, hanno ritirato i propri ambasciatori e hanno espulso quelli di Damasco dalle proprie capitali. L'Unione europea ha approvato sanzioni sempre più dure e la stessa Lega araba ha avanzato la proposta di un'inchiesta internazionale sui crimini contro i civili commessi, in particolare, nelle città di Homs e poi anche nella città di Hula.
Tutto questo non è stato ancora sufficiente. Non è una situazione nuova la tragedia che vediamo, purtroppo, consumarsi a Damasco e nelle altre città siriane. Abbiamo già visto la stessa situazione in Libia e l'abbiamo già vista in Egitto. Ancora una volta, contro il popolo che protesta e chiede il cambiamento, la libertà e la democrazia viene esercitata una folle e cieca violenza. Alle nostre coscienze di democratici appare doveroso intervenire per porre fine ad una violazione così intollerabile dei diritti dell'uomo, a una violenza così indiscriminata nei confronti dei propri cittadini. Eppure, proprio a noi che siamo convinti della nostra responsabilità e di dover tutelare pace e diritti, viene chiesto anche di mostrare ancora più equilibrio e un supplemento di saggezza e riflessione. Ci viene chiesto di valutare le diverse situazioni politiche e di renderci conto della praticabilità delle diverse soluzioni. Quello che è stato possibile in un luogo potrebbe non essere replicabile in un altro. Noi sappiamo bene che la Siria non è la Libia. L'opposizione al regime di Assad è altamente frazionata e priva di basi territoriali. Nessun tipo di intervento, poi, sarebbe approvato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, per il veto di Russia e Cina, e inoltre una missione come quella per la Libia non avrebbe il sostegno, in questo caso, della Lega araba.
La crisi siriana si iscrive in un contesto regionale assai critico. Si pensi alla polveriera libanese dove, come ricordavo prima, abbiamo impegnati migliaia di nostri soldati, al conflitto israelo-palestinese, alla tensione strategica tra sunniti e sciiti, finanche ai rivolgimenti politici epocali in Egitto, con l'assoluta novità di un dominio politico delle forze religiose tradizionaliste.
L'abbattimento del caccia turco ha acuito una situazione già incandescente tra i due Paesi, al punto che il Premier turco Erdogan ha valutato le ipotesi di creare una zona cuscinetto al confine con la Siria in presenza di un consistente flusso di immigrati, con il rischio di vedere rilanciato il terrorismo secessionista del PKK. In Libano dal mese di maggio si sono verificati episodi di propagazione del conflitto siriano e, nello scorso mese di giugno, nella città di Tripoli, vi sono stati quattordici morti, più di trenta feriti e rinnovati scontri tra gruppi sunniti e alawiti.
La crisi siriana ha un'influenza diretta sulla stabilità interna libanese, dove hezbollah non ha mai fatto mancare il suo sostegno ad Assad e dove parte del Free Syrian Army ha trovato, nella regione settentrionale, un retroterra logistico dal quale far partire gli attacchi nei confronti dei lealisti e ottenere armi attraverso le vie del contrabbando. In Giordania è enorme la presenza dei profughi siriani, che hanno toccato le 100 mila unità, mettendo a repentaglio un equilibrio sempre più instabile vista la pressione demografica della popolazione palestinese.
Lo scontro tra il regime di Assad, il Consiglio nazionale siriano e il Free Syrian Army condiziona la dialettica politica di tutti i Paesi della regione mediorientale e ciò porta a molte complicazioni la ricerca di una soluzione diplomatica che non veda un intervento significativo dei Paesi occidentali. Qualsiasi intervento internazionale altererà le forze sul grande scenario mediorientale, in cui è in corso una redistribuzione Pag. 107di ruoli e pesi politici. È un gioco che si incrocia con le trattative sul nucleare iraniano e i cui protagonisti sono, oltre a Iran, Israele e i Paesi sunniti, la Russia, gli Stati Uniti, con l'Europa nel ruolo di comparsa e l'Italia esclusa dal formato negoziale «cinque più uno» che include, oltre a Parigi, Londra e Berlino, ma esclude Roma. Per affrontare la crisi siriana è necessario costruire la compattezza della comunità internazionale, a partire dal coinvolgimento di tutti gli attori dello scenario, compresa la Russia e l'Iran, per separare Assad dai suoi alleati.
Da una parte, se la Russia vuole mantenere le aspirazioni di un ruolo di primo piano in Medio Oriente non può continuare con un sostegno acritico e incondizionato al presidente Assad, dall'altra l'Iran ha la possibilità di iniziare a dimostrare di essere un attore regionale disposto a contribuire per riequilibrare le forze in gioco nel grande confronto tra sunniti e sciiti senza destabilizzare ulteriormente l'area mediorientale.
In questo scenario complicatissimo, la mossa che ha giocato la politica è quella dell'inviato speciale Kofi Annan, ex Segretario Generale delle Nazioni Unite, che ha provato a stilare un piano in sei punti per congelare il conflitto e provare a prendere più spazio per la diplomazia. La missione dei nostri osservatori è nata dal coraggioso tentativo di verificare l'implementazione di quel piano, un piano che è sempre sul punto di fallire definitivamente. La stessa missione di cui stiamo parlando è stata sostanzialmente sospesa, perché le condizioni minime di operatività non appaiono sufficienti e il regime di Assad non si mostra disponibile al contenimento dell'uso della forza previsto dal piano Annan. Ciò non toglie che il senso della missione degli osservatori resta intatto a chi vuole dare una chance alla pace. L'unico lume nel buio di questo tragico conflitto rimane l'azione di Annan, che a Ginevra, solo qualche giorno fa, ha di nuovo rilanciato il processo politico di transizione, considerando possibile un coinvolgimento di esponenti dell'attuale regime siriano e ha di nuovo rilanciato il proprio piano in un vertice i cui esiti sono del tutto incerti, ma che almeno non ha visto una definitiva scollatura tra le parti.
Per la prima volta, il 30 giugno a Ginevra, nell'incontro tra i cinque Paesi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Turchia, Qatar, Kuwait, Nazioni Unite, Lega araba e Unione europea), si è affermata l'esigenza di realizzare in Siria la transizione politica, per porre fine alle violenze e agli scontri. Pure tra profonde divergenze, il filo della trattativa e della diplomazia continua ad essere tessuto. La missione dei nostri osservatori, fino a quando avrà il sostegno e il consenso delle Nazioni Unite, aiuterà a tessere quel filo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, il decreto-legge, come hanno ampiamente illustrato i relatori, prevede disposizioni volte ad assicurare la partecipazione italiana alla missione in Siria di osservatori militari.
Conferma, inoltre, l'impegno dell'Italia in campo internazionale con la presenza media di dieci militari italiani sino al 31 dicembre 2012, che devono operare in una realtà molto complessa e molto difficile.
Qualche giorno fa il capo della missione ONU in Siria, infatti, ha affermato: «Negli ultimi dieci giorni c'è stata una intensificazione delle violenze armate in tutta la Siria. Questa ulteriore escalation limita la nostra capacità di osservare, verificare e riferire, come pure è limitata la possibilità di fornire assistenza per il dialogo e per i piani di stabilità». Ha aggiunto: «Ogni giorno sono uccisi civili inermi, donne, anziani e bambini e anche gli osservatori ONU sono sottoposti a rischi notevoli». Infatti, dopo 16 mesi dall'inizio della protesta, si sono raggiunti livelli di massima violenza. È una guerra civile, con l'esercito che usa l'artiglieria alle porte di Damasco.
Le accuse di violenze, torture e uccisioni sono reciproche da parte del regime Pag. 108e degli insorti. Le uccisioni continuano e ormai hanno superato le 16.500 dall'inizio della rivolta. Il bilancio delle ultime settimane è molto pesante e ogni giorno si superano le 100 vittime. Il rapporto di Human Rights Watch afferma che la Siria è un arcipelago della tortura, un regime di crimini contro l'umanità con 27 centri dove migliaia di detenuti vengono torturati.
Se questa è la situazione sul terreno, la realtà politica e diplomatica è precaria. Sembra già sterile la prospettiva diplomatica del gruppo di azione sulla Siria, che si è svolta a Ginevra il 30 giugno scorso. Kofi Annan ha specificato, come esito dei lavori del gruppo, che si formerà un governo di transizione che potrà includere membri dell'attuale Governo, dell'opposizione e di altre formazioni, che sarà formato sulla base del reciproco consenso delle parti in tempi prefissati. La bozza iniziale, come sappiamo, prevedeva l'esclusione di rappresentanti dell'attuale regime. Però non sarebbe stata approvata dalla Russia che, con la deterrenza del veto, ha imposto la modifica e, quindi, l'accordo non implica le dimissioni di Assad.
Adesso, recentemente - è una nota di qualche minuto fa - Ban Ki-moon ha rilanciato gli accordi di Ginevra, sottolineando che quegli impegni vanno rispettati e bisogna lavorare per una transizione politica in Siria ed evitare una ulteriore militarizzazione del conflitto. Anche la Repubblica popolare cinese ha auspicato la fine delle violenze, ma ha sottolineato che nessuno dall'esterno può prendere decisioni che spettano al popolo sovrano.
L'opposizione siriana è divisa tra le correnti che hanno base all'estero e gli attivisti insorti che operano sul terreno. Questi ultimi hanno boicottato la riunione del 2 luglio scorso, quella di ieri, del consiglio nazionale siriano che si sta svolgendo al Cairo. Il libero esercito siriano ha diffuso un comunicato nel quale afferma il rifiuto di dialogo e negoziato e non consente a nessuno di imporre alla Siria e al suo popolo l'agenda voluta dalla Russia o dall'Iran.
L'accordo di Ginevra è comunque osteggiato da tutta l'opposizione siriana, sia quella che si trova all'estero che quella che opera in Siria, perché consente - affermano - al regime di Assad di avere il tempo per reprimere la rivoluzione popolare e farla tacere con la violenza e le uccisioni. Intanto, la tensione con la Turchia si acuisce dopo l'abbattimento dell'aereo turco dello scorso 22 giugno, anche se oggi, qualche ora, fa Assad ha tentato la carta della distensione con la Turchia, dicendosi dispiaciuto per l'abbattimento dell'aereo ed esprimendo le condoglianze alla famiglia dei piloti turchi. A questo riguardo, la Russia ha affermato di avere le prove che l'aereo aveva violato lo spazio aereo siriano. La stessa Russia ha annunciato che il prossimo venerdì, però, a Parigi non parteciperà all'incontro del gruppo «Amici della Siria».
Il segretario di stato Hillary Clinton, successivamente alla conclusione dei lavori del gruppo di azione sulla Siria, aveva affermato che Assad ha i giorni contati e ieri la stessa Clinton ha detto con molto rammarico che non c'è garanzia che il nuovo accordo relativo alla transizione politica possa porre fine alle violenze.
Infine, occorre sottolineare, in questa situazione così complessa, una dichiarazione del segretario generale della NATO, Rasmussen, che ha affermato la necessità di applicare il piano di Ginevra per dare una soluzione politica alla crisi. Il regime siriano è durato troppo a lungo e troppe vite umane sono state perdute. La NATO non ha intenzione comunque di intervenire.
Dicevo che è una situazione complessa alla quale bisogna aggiungere l'eterogeneità dei vari soggetti siriani, la complessità etnico-religiosa tra sunniti e alawiti e il fatto che la Siria sia anche il crocevia di scontro tra mondo arabo sannita e sciita. Vi è una complessa rete di relazioni che vedono in Damasco la pietra angolare.
Inoltre, la Russia ha in Tartous l'unico porto di approdo nel Mediterraneo.
Vi è anche una situazione sociale complessa, esplosiva, preoccupante, con un milione di rifugiati sunniti, successivamente Pag. 109alla guerra in Iraq e alla diaspora palestinese, con oltre due milioni di rifugiati alla periferia di Damasco. In ragione di questa complessità e anche delle posizioni sia geografiche sia politiche sembra ancora vera la frase di Kissinger, quando disse: «Non si può fare nessuna pace in Medio Oriente senza l'assenso della Siria».
La comunità internazionale, oltre al piano di Kofi Annan che al momento, appunto, si sta dimostrando inefficace, ha anche operato un embargo petrolifero, decretato dall'Unione europea, e anche l'espulsione, lo scorso 29 maggio, attraverso un'azione coordinata da parte di Italia, Francia, Germania, Spagna e Inghilterra, dei rappresentanti diplomatici siriani, considerate persone non grate. A questa azione hanno fatto seguito analoghe decisioni di Stati Uniti, Canada e Australia. Bisogna pure dire che queste misure complesse, le risoluzioni delle Nazioni Unite, sia dell'Assemblea generale di condanna sia del Consiglio di sicurezza, si sono dimostrate insufficienti ed incapaci di risolvere la situazione siriana, che si trova in una situazione di drammatico impasse.
Non vi è dubbio che Assad e il suo regime godono dell'appoggio, anche in ambito delle Nazioni Unite, della Repubblica popolare cinese, delle Federazione russa e anche dell'Iran. Oltre al ruolo che questi due Paesi - Russia e Repubblica popolare cinese - possono far valere in ambito di Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il loro sostegno al regime siriano è stato confermato anche il 1 giugno scorso, quando non hanno votato a favore della risoluzione di condanna del massacro di Hula in ambito di Consiglio delle Nazioni Unite sui diritti umani.
A livello internazionale ed, in particolare, sul piano europeo si possono notare notevoli divergenze di posizioni circa gli atteggiamenti e le misure da prendere. Il Belgio sostiene la possibilità di un intervento armato; il Presidente Hollande non la esclude del tutto; la Germania chiede una soluzione politico-diplomatica; anche il nostro Governo esclude l'esistenza di un qualsiasi piano per un intervento internazionale armato, precluso, peraltro, attualmente da un possibile veto cinese o russo in ambito del Consiglio di sicurezza.
L'Unione europea, come alcuni miei colleghi hanno già evidenziato, non ha avuto univoci intenti e la sua azione è stata debole e incapace di indurre i grandi attori internazionali, compresi la Repubblica popolare cinese e la Russia, ad atteggiamenti responsabili, volti all'uscita di scena di Assad e a porre fine alle violenze, ai massacri e alle torture di quel regime.
Altra carenza dell'Unione europea è quella per il momento di non aver assunto, di fronte alla nuova situazione dei Paesi della riva sud del Mediterraneo successiva alla caduta dei regimi non democratici, una politica globale per seguire i complessi fenomeni sociali e politici che si manifestano in quegli stessi Paesi e, più in generale, nel mondo arabo. Questo è il punto fondamentale. Questa carenza europea deve essere colmata e l'Unione europea deve poter agire in modo coeso, in uno scacchiere strategico e vitale qual è il Mediterraneo e il Medio Oriente, attraverso intese capaci di affrontare le sfide della sicurezza, dello sviluppo, dell'arricchimento culturale e dell'evoluzione democratica, nelle istituzioni e nelle società di quell'area. L'Unione europea dovrebbe essere promotrice di intese più ampie, che avrebbero anche l'opportunità di aggregare attori importanti, quali la Turchia e, soprattutto, la Federazione russa, indispensabile per affrontare concretamente la soluzione di una crisi complessa e difficile come quella siriana, oltre alla possibilità di normalizzare un'area quanto mai strategica come quella del Mediterraneo e del Medio Oriente. Ho citato la Russia, signor Presidente, perché è necessario e indispensabile un suo maggiore coinvolgimento e una sua maggiore responsabilizzazione nelle decisioni relative a queste aree, così strategiche e vitali.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Pianetta.

ENRICO PIANETTA. Ho concluso, signor Presidente. Bisogna ritornare ad un Pag. 110approccio più collaborativo tra NATO e Russia e rinvigorire operativamente il Consiglio NATO-Russia, istituito nel 2002 a Pratica di Mare, che deve essere un luogo dove discutere e adottare decisioni su base paritaria relativamente ai temi fondamentali della convivenza mondiale, quali la lotta al terrorismo e, appunto, agli interventi nelle crisi regionali.
Concludo dicendo che l'Italia vive immersa nel Mediterraneo e noi abbiamo il dovere di promuovere, nelle sedi competenti, una serie di iniziative che dimostrino la coesa volontà dell'Europa. Abbiamo il dovere di pretendere, così come sono stati richiesti sacrifici economici, l'affermazione di una politica estera e di difesa a tutti gli effetti comune in Europa (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, preannunzio che consegnerò per intero il testo del mio intervento. Con il decreto-legge n. 58 del 15 maggio scorso, il nostro Paese ha ulteriormente accresciuto il profilo del proprio coinvolgimento nella gestione della crisi insorta in Siria circa 17 mesi fa.
Nello specifico, il provvedimento ha disposto il conferimento di 10 osservatori italiani disarmati alla missione UNSMIS, promossa dalle Nazioni Unite, sulla base della risoluzione n. 2043, varata dal Consiglio di sicurezza all'indomani dell'accettazione del cessate il fuoco mediato dall'ex Segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, nel frattempo fallito.
Gli oneri finanziari sono nulli perché è previsto che il nuovo intervento sia coperto riducendo parallelamente le spese per la missione in Libano. Gli uomini conferiti all'UNIFIL II sono stati infatti contestualmente ridotti, seppur modestamente, da 1.100 a 1.094, permettendo un risparmio di quasi 476 mila euro, insieme agli oneri logistici connessi, che dovrebbero diminuire di altri 350 mila euro.
Al Senato, il provvedimento è stato approvato all'unanimità, ma nel frattempo, in seguito all'aggravarsi della situazione sul terreno, la missione è stata interrotta, determinando anche nelle Commissioni esteri e difesa della Camera dei malumori e dei dubbi circa l'opportunità di andare avanti. Come Lega Nord, abbiamo in proposito anche presentato un emendamento teso proprio ad accorciare alla metà di questo mese la durata dell'autorizzazione chiesta dal Governo.
Oggi, come allora, nutriamo dubbi e perplessità sull'aderenza al vero della narrativa prevalente concernente la guerra in corso, nella quale riscontriamo certamente violenze ed abusi gravissimi, che tuttavia non possono essere ricondotti ad una sola delle parti in lotta.
Al contrario di quanto si vorrebbe far credere, pensiamo altresì che sia tempo di riflettere e che un sostegno incondizionato, occidentale, europeo ed italiano alle ultime manifestazioni, che deriva dalla cosiddetta Primavera Araba, vada ponderato sopratutto alla luce di quanto sta accadendo in Egitto, dove il neo eletto Presidente Mohammed Morsi, esponente dei Fratelli musulmani, nel presentarsi ai suoi elettori ed al mondo, non ha trovato nulla di meglio da fare che promettere il proprio impegno per ottenere la scarcerazione del jihadista che, per primo, nel 1993, tentò di abbattere le torri gemelle di New York.
La crisi in atto in Siria sta certamente aggravandosi e internazionalizzandosi progressivamente, come prova il controverso episodio culminato nell'abbattimento da parte della contraerea di Damasco di un caccia ricognitore Phantom, che era penetrato nello spazio aereo siriano.
Di qui, il nostro orientamento ad esprimere cautelativamente un voto contrario. Tra l'altro - e vogliamo farlo notare anche in quest'Aula - la scelta di partecipare all'UNSMIS non risulta neanche essere stata preventivamente discussa con il Parlamento, che è stato invece interessato soltanto a decisione ormai assunta dal Consiglio dei ministri, contrariamente alla prassi in uso dal 2001 e finora rispettata tanto dai Governi di centrodestra, quanto da quelli di centrosinistra. Pag. 111
Mentre preannuncio il nostro voto contrario, chiediamo comunque al Governo di informare tempestivamente il Parlamento di qualsiasi novità rilevante si verifichi in relazione al conflitto civile in atto in Siria, soprattutto se dovesse derivarne un orientamento ad interpretare nuovi impegni militari.
Concludendo, noi non vogliamo altri blitz.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Allasia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 5287)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori per le Commissioni Affari esteri e Difesa, onorevoli Tempestini e Cicu, ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Proposta di assegnazione a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge.

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, che proporrò alla Camera a norma del comma 1 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla I Commissione (Affari costituzionali):

D'ALEMA ed altri: «Modifiche alla legge 3 agosto 2007, n. 124, concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e la disciplina del segreto» (5284) - Parere delle Commissioni II, III, IV (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V e IX.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 4 luglio 2012, alle 10:

(ore 10 e ore 16)

1. - Seguito della discussione della mozione Dozzo, Donadi ed altri n. 1-01074 presentata a norma dell'articolo 115, comma 3, del Regolamento, nei confronti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, prof.ssa Elsa Fornero.

2. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge C. 5284.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3304 - Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 58, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione di osservatori militari delle Nazioni Unite, denominata United Nations Supervision Mission in Syria (UNSMIS), di cui alla Risoluzione 2043 (2012), adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Approvato dal Senato) (C. 5287).
- Relatori: Tempestini, per la III Commissione; Cicu, per la IV Commissione.

4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dalla Camera, modificato dal Senato, nuovamente modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (C. 2326-E).
- Relatori: Angela Napoli, per la II Commissione; Mecacci, per la III Commissione.

(ore 15)

5. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Pag. 112

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA
I Commissione (Affari costituzionali):
D'ALEMA ed altri: «Modifiche alla legge 3 agosto 2007, n. 124, concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e la disciplina del segreto» (C. 5284).
Parere delle Commissioni II, III, IV (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V e IX.

La seduta termina alle 21,15.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO GIUSEPPE FALLICA SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5273-A.

GIUSEPPE FALLICA. Il provvedimento in esame con i suoi articoli, incide sostanzialmente sulla disciplina dell'organizzazione degli organi di Governo e sul settore delle spese e degli acquisti delle pubbliche amministrazioni, recando misure complessivamente volte a razionalizzare e contenere la spesa pubblica, sia sul versante della riduzione dei costi per l'acquisto di beni e servizi che in relazione all'eliminazione degli sprechi nell'uso delle risorse assegnate.
I termini di intervento sono articolati e incentrati sul tema della razionalizzazione dei processi di bilancio, sul vincolo della disciplina fiscale, e sull'esigenze di controllo della qualità della spesa e dell'efficienza dell'allocazione finanziaria.
Gli obiettivi che si pone il provvedimento sono da considerarsi necessari per superare la criticità nella produzione e nell'erogazione dei servizi pubblici e ad ottenere risorse da destinare alla crescita, anche attraverso la soppressione di tutta una serie di enti pubblici non elettivi ed attraverso una razionalizzazione degli uffici periferici dello Stato.
Condivisibile l'obiettivo perseguito, tra gli altri, dal provvedimento di rafforzare ed ampliare la disciplina in materia di certificazione dei crediti vantati nei confronti delle Amministrazioni pubbliche, e quindi il meccanismo di compensazione tra tali crediti e le somme dovute dalle imprese a titolo di tributi e contributi a seguito di iscrizione a ruolo, aspetto che potrebbe contribuire a risolvere il grave problema dei ritardi nei pagamenti alle imprese, questione, quest'ultima, che assume particolare rilevanza nell'attuale situazione di crisi economica, di restrizione del credito bancario alle attività produttive e di riduzione della liquidità finanziaria delle imprese di rilevanza fondamentale per la sopravvivenza del sistema imprenditoriale nazionale.
Al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi di questo provvedimento, è auspicabile che le norme organizzative contenute nel decreto-legge possano in seguito tradursi in puntuali interventi di riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture della pubblica amministrazione, in generale, e, in particolare, dell'amministrazione finanziaria, attraverso le quali realizzare una complessiva riduzione della spesa pubblica, riducendo il peso delle strutture burocratiche, per raggiungere più elevati livelli di efficienza nell'azione delle pubbliche amministrazioni e liberare risorse da destinare al rilancio dell'economia nazionale ed al sostegno delle fasce più deboli.
Al contempo è necessario aprire dialoghi con le autonomie territoriali in relazione all'esigenza di una efficace modulazione degli interventi volti alla razionalizzazione Pag. 113della spesa pubblica di Regioni ed enti locali, in quanto le Regioni dovrebbero svolgere una più incisiva funzione nel processo di attuazione della razionalizzazione della spesa pubblica.
I tagli saranno effettuati nel campo della sanità dei ministeri ed in particolare di quello della giustizia. A proposito del Ministero della giustizia è pericolosissimo operare tagli sulla geografia giudiziaria. Bisogna stare attenti al Sud dove la chiusura degli uffici giudiziari - tribunali procure e quant'altro - può procurare notevoli problemi poiché questi territori sono invasi dalla malavita e proprio per questo bisogna maggiormente essere sul territorio in maniera capillare.
La Spending Review deve essere un cantiere aperto e continuare la sua efficacia guardando sempre ed in continuazione agli sprechi.
Grande Sud ha seguito con attenzione la costruzione di questa Spending Review ma ritiene che non si dovrà fermare a questi primi interventi, ma bisognerà considerarlo come un cantiere aperto e continuare ad incidere sulla sua efficacia, guardando in continuazione agli sprechi.
L'operazione di Spending Review non è una nuova manovra di finanza pubblica ma una operazione strutturale che mette in azione un processo diretto a migliorare la macchina statale nella gestione della spesa pubblica attraverso l'analisi delle strutture organizzative e delle procedure e l'attivazione di decisioni.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO SALVATORE CICU IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5287

SALVATORE CICU, Relatore per la IV Commissione. Il provvedimento in oggetto, approvato in prima lettura dal Senato, reca disposizioni per assicurare la partecipazione dell'Italia alla missione di osservatori militari delle Nazioni Unite in Siria, denominata UNSMIS (United Nations Supervision Mission in Syria).
Come noto, la missione è nata con il compito di monitorare e supportare la piena attuazione della proposta di Kofi Annan, in qualità di inviato speciale congiunto delle Nazioni Unite e della Lega dei Paesi arabi.
Il collega relatore per la Commissione affari esteri ha già espresso articolate valutazioni sul difficile contesto geopolitico in cui opera la missione e sulle problematiche relative alle prospettive di un tale intervento.
Siamo consapevoli del fatto che un grande Paese come l'Italia non può certo sottrarsi alle sue responsabilità in campo internazionale. In questo senso esprimo da subito una posizione favorevole sulla conversione del decreto in esame.
Non possiamo però sottacere le preoccupazioni per la situazione in cui si svolge la missione, peraltro denunciate dagli stessi osservatori, che hanno lamentato, in più occasioni, l'assenza di condizioni minime per poter adempiere fino in fondo al loro mandato. Eppure la necessità di un'iniziativa internazionale è innegabile.
In Siria, da lungo tempo è infatti in atto una repressione violenta di ogni manifestazione di dissenso, con particolare accanimento nelle città centrali di Homs e Hama, nonché nella capitale e nell'area meridionale di Daraa. Il regime di Assad non ha fino ad ora effettuato alcun passo sostanziale verso una pacificazione del Paese. La promessa - già nel mese di febbraio del 2011 - di un referendum su un progetto di nuova Costituzione e le elezioni politiche del maggio scorso hanno addirittura inasprito la situazione interna.
Non sono state sufficienti le reazioni dei paesi occidentali, che pure hanno tempestivamente varato sanzioni sempre più aspre contro il regime di Assad. Ciò anche in ragione del fatto che Russia e Cina si sono mostrate particolarmente caute nel consentire il dispiegarsi di piani di intervento internazionali.
Le due risoluzioni approvate all'unanimità dal Consiglio di sicurezza dell'ONU scontano questo limite, ma costituiscono pur sempre un tentativo di stimolare un processo di pacificazione della Siria. Pag. 114
La prima risoluzione 2042 conferiva, unitamente alla Lega araba, l'incarico all'ex segretario dell'ONU Kofi Annan di intraprendere un'iniziativa diplomatica a tutto campo per avviare un processo di transizione politica e consentire una supervisione delle Nazioni Unite sul rispetto del cessate il fuoco e il ritiro delle forze militari dai centri abitati. La seconda Risoluzione (2043) - da cui il decreto-legge in esame prende le mosse - istituisce la missione UNSMIS - United Nations Supervision Mission in Syria, guidata dal generale norvegese Robert Mood, della durata iniziale di novanta giorni e composta da un contingente di trecento osservatori militari disarmati.
Pur dopo l'inizio della missione di osservatori dell'ONU, la situazione nel paese è rimasta difficile e si sono susseguite le notizie di atroci massacri. Dopo la strage di Hula, cittadina della provincia di Homs, dove pesanti bombardamenti di artiglieria hanno provocato più di cento morti, e tra questi moltissimi bambini, Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito hanno deciso di espellere i rappresentanti diplomatici siriani. Altrettanto hanno fatto Stati Uniti, Canada e Australia.
Il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon, ha affermato che il regime di Damasco ha ormai perso ogni legittimità. La Francia è tornata con forza, per bocca del ministro degli esteri Fabius, a invocare un intervento basato sul capitolo VII della Carta dell'ONU, che consentirebbe di armare coloro che vengono inviati sul campo. Inoltre, Fabius è tornato a ventilare l'opportunità di imporre una parziale no fly zone sui cieli siriani, a protezione dei civili delle zone più martoriate.
Frattanto l'intera area mediorientale non appare certo immune da conseguenze. Particolarmente preoccupante per l'Italia - data la presenza del suo contingente - è lo spettro di propagazione del conflitto siriano in Libano, con rinnovati scontri tra gruppi sunniti e alawiti. Altrettanto preoccupante è la vicenda del velivolo militare turco abbattuto mentre si trovava in volo a sud del confine turco-siriano, considerato dalla Turchia alla stregua di un atto ostile e come tale denunciato in sede NATO.
Vengo quindi ad illustrare le caratteristiche peculiari della nuova missione UNSMIS, come delineate dal decreto-legge, che non ha subito modifiche né al Senato né durante la fase referente presso le Commissioni Esteri e Difesa.
Il provvedimento, all'articolo 1, comma 1, autorizza una spesa - per il periodo dal 14 maggio 2012 al 31 dicembre 2012 - pari a 826.686 euro.
Dalla relazione illustrativa si apprende che i costi della missione, calcolati con riferimento ad una presenza media in teatro di 10 unità, sono stati quantificati per sette mesi al fine di allinearne la scadenza a quella delle altre missioni (già autorizzate dal decreto-legge n. 215 del 2011). L'Italia ha assicurato, fin dal 15 maggio la partecipazione di 5 osservatori militari, nonché il trasporto aereo di mezzi ed equipaggiamenti, già realizzato con i velivoli della quarantaseiesima Brigata Aerea di Pisa.
Ai sensi dell'articolo 2, comma 1, alla copertura degli oneri si provvede mediante corrispondente riduzione delle spese previste per la partecipazione alla missione UNIFIL in Libano riferite sia al personale ivi impiegato (ridotto da 1.100 unità/anno a 1094 unità/anno) sia alle spese di funzionamento relative al supporto logistico. Sul punto, ricordo che in Commissione Bilancio, il rappresentante del Governo ha confermato l'adeguatezza della restante quota degli stanziamenti per la copertura dei fabbisogni minimi di supporto logistico per la missione UNIFIL.
L'articolo 1, comma 2 estende al personale che partecipa alla missione UNSMIS le norme che i decreti-legge di proroga delle missioni internazionali di volta in volta dispongono per il personale inviato in missione.
In particolare, la lettera a) stabilisce che al citato personale si applica quanto recato dall'articolo 3, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 9 della legge n. 108 del 2009.
Con riferimento all'indennità di missione essa è computata nella misura intera Pag. 115incrementata del trenta per cento, calcolata sulla diaria prevista con riferimento ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman, se non usufruisce, a qualsiasi titolo, di vitto e alloggio gratuiti. Nella relazione illustrativa si precisa che tale indennità è calcolata sulla medesima diaria presa a base di riferimento per il computo delle indennità percepite dal personale delle missioni ISAF e UNIFIL.
Le ulteriori disposizioni in materia di personale concernono anch'esse il trattamento economico, definito in modo del tutto analogo a quello riservato al personale che partecipa alle altre missioni internazionali.
Si dispone, in particolare: la non applicabilità della riduzione del 20 per cento disposta dal decreto-legge n. 223 del 2006 sull'indennità di missione; la corresponsione dell'indennità di impiego operativo in maniera uniforme; il trattamento economico complessivo da erogare nei casi in cui si attribuiscano incarichi di vertice; la valutazione dei periodi di comando; il richiamo di talune norme del decreto-legge n. 451 del 2001 concernenti la corresponsione dell'indennità, il trattamento assicurativo e pensionistico, lo stato di prigionia e il personale disperso, le utenze telefoniche e l'orario di lavoro, il personale civile, la partecipazione ai concorsi interni.
La lettera b) reca, invece, la disciplina penale riferita al personale in missione. Sono richiamate anche in questo caso le disposizioni già vigenti per le altre missioni internazionali cui l'Italia partecipa.
Si tratta degli articoli 5, commi 1, 2 e 3 del decreto-legge n. 209 del 2008 e dell'articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies del decreto-legge n. 152 del 2009, ossia le norme relative all'applicazione del codice penale militare di pace, alla punibilità dei reati commessi dallo straniero nel territorio in cui si svolgono le missioni ed alla non punibilità del militare che, nel corso delle operazioni, ordina di fare o fa uso delle armi nel rispetto delle regole di ingaggio e degli ordini legittimamente impartiti.
L'articolo 3 disciplina, da ultimo, l'entrata in vigore del provvedimento.
Ricordo, infine, che in sede di Commissioni riunite non si sono registrati voti contrari nel conferimento del mandato ai relatori e che le Commissioni in sede consultiva si sono espresse favorevolmente.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI AUGUSTO DI STANISLAO E STEFANO ALLASIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5287

AUGUSTO DI STANISLAO. Il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione di osservatori militari delle Nazioni Unite, denominata United Nations Supervision Mission in Syria (UNSMIS), di cui alla Risoluzione 2043 (2012), adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Si tratta di una missione di supervisione delle Nazioni Unite, sotto il comando di un Capo degli osservatori militari, per un periodo iniziale di novanta giorni, con un dispiegamento iniziale fino a trecento osservatori militari disarmati e di un'adeguata componente civile, avente il mandato di monitorare la cessazione della violenza armata in ogni forma e da parte di tutte le parti in causa; di monitorare e sostenere la piena attuazione del piano in sei punti dell'Inviato Speciale congiunto di Nazioni Unite e Lega araba, accettato dal governo siriano, che si prefigge, tramite l'instaurazione di un dialogo tra governo siriano e l'intero spettro dell'opposizione siriana, di porre immediatamente fine a qualsiasi violenza e violazione dei diritti umani, garantendo piena autonomia alle operazioni umanitarie, e agevolando la transizione politica a guida siriana verso un sistema politico democratico e pluralista, che rispetti l'uguaglianza dei cittadini a prescindere da affiliazioni politiche, etniche e religiose.
I paesi contributori sono attualmente: Argentina, Bangladesh, Belgio, Benin, Brasile, Burundi, Burkina Faso, Ciad, Cina, Croazia, Danimarca, Equador, Egitto, Finlandia, Germania, Ghana, Guatemala, Indonesia, Irlanda, Italia, Giordania, Malawi, Pag. 116Mauritania, Marocco, Nepal, Niger, Norvegia, Kenya, Kyrgyzistan, Paraguay, Filippine, Russia, Senegal, Sud Africa, Svizzera, Yemen, Uruguay. L'Italia ha assicurato la partecipazione di personale militare (in data 15 maggio sono partiti i primi 5 osservatori militari) nonché il trasporto aereo di mezzi ed equipaggiamenti destinati alla missione in Siria, già realizzato con i velivoli della quarantaseiesima Brigata Aerea di Pisa. Il Governo ha reso poi noto che per il momento, si tratta «dell'invio di cinque militari, selezionati dal Dipartimento per le operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite fra i nostri diciassette candidati. È possibile, tuttavia, che altri dei restanti dodici vengano inviati in un successivo momento.
Il 26 aprile vi è stata l'uccisione di undici bambini nel bombardamento di un palazzo a Hama - ma il governo ha attribuito l'esplosione all'attività di terroristi che preparavano ordigni -, nelle stesse ore in cui la Turchia ha ventilato la possibilità di portare in sede NATO la situazione di tensione del proprio confine con la Siria, oggetto nei giorni precedenti di ripetute violazioni durante l'inseguimento di profughi. Il giorno successivo un attentato suicida ha colpito il centro di Damasco, confermando che il cessate il fuoco viene sostanzialmente violato, con conseguente fallimento del piano di Kofi Annan, come già rilevato dalla Francia ed a seguire dagli USA.
Quando il 30 aprile diverse esplosioni hanno colpito la città nord-occidentale di Idlib, solo da un mese ritornata sotto il controllo del regime di Assad, il Governo ha avuto buon gioco nell'attribuire la morte di non meno di otto persone ai «terroristi». Gli oppositori hanno tuttavia rigettato ogni responsabilità sulle autorità siriane, accusate di organizzare attentati - come alcuni episodi recenti dimostrano - per poter presentarsi quali vittime del terrorismo agli occhi della Comunità internazionale. Del resto anche l'arrivo degli osservatori della Lega araba nello scorso dicembre era stato accompagnato, sempre secondo gli oppositori, da una serie di attentati.
Il 3 maggio sono stati gli studenti universitari di Aleppo, solo da poco tempo unitisi alla contestazione del regime siriano, ad essere vittime della repressione, con una massiccia irruzione delle forze di sicurezza nei dormitori del campus, danneggiando suppellettili, procedendo ad arresti e - secondo quanto riferito - uccidendo due dei giovani ospiti del campus. Nel contempo si è diffusa la notizia dell'arresto di due figli del noto dissidente Fayez Sara, fondatore della Lega dei giornalisti siriani. Il portavoce della UNSMIS ha in effetti rilevato che non vi era ancora il completo rispetto del cessate il fuoco. Nemmeno le elezioni politiche del 7 maggio hanno segnato una ricomposizione dei contrasti: piuttosto, esse sono state boicottate anche da forze di opposizione moderata non colpite finora dalla repressione, in quanto giudicate solo un'operazione cosmetica del regime, il cui controllo sul Parlamento - già di per sé scarsamente incidente sulla vita politica siriana - non viene meno per la sola fine del monopolio politico del Partito Baath, giacché esso continuerà a designare oltre la metà dei deputati su base corporativa, mentre il divieto della formazione di partiti a sfondo etnico o confessionale ha reso possibile solo la presentazione di liste di candidati indipendenti piuttosto omogenei tra loro. Inutile dire che le elezioni sono state bollate alla stregua di una farsa dalle opposizioni più radicali.
L'8 maggio Kofi Annan rilevava come gran parte del suo piano per il cessate il fuoco non fosse stata attuata, ma esprimeva fiducia nell'azione dei trecento osservatori che entro la fine di maggio sarebbero stati verosimilmente tutti al lavoro in Siria - e tra loro un nucleo di osservatori italiani, dei quali 5 in imminente partenza, come deciso dal Governo l'8 maggio e comunicato il giorno successivo in un'informativa alle Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera. Il pessimismo sul destino della missione ONU si è accresciuto il 9 maggio, quando un attentato ha sfiorato addirittura un convoglio di osservatori che si dirigeva verso Daraa, e soprattutto il giorno successivo, Pag. 117con la morte di oltre 50 persone - tra cui 11 bambini - e il ferimento di trecento in un duplice attacco di kamikaze a Damasco. L'attentato è stato rivendicato due giorni dopo da un gruppo fondamentalista sunnita poco conosciuto, il Fronte della vittoria, che già si era attribuito in gennaio un analogo ma meno sanguinoso atto terroristico nella capitale.
Il 13 maggio il Ministro degli Esteri Giulio Terzi ha ricevuto a Roma il capo del Consiglio nazionale siriano Burhan Ghalioun, proprio nella capitale italiana impegnato dal giorno precedente in un incontro del Segretariato del Cns. Proprio tale riunione ha contribuito a sancire le perduranti divisioni nel fronte che si contrappone al regime di Assad, scosso da polemiche politiche e rivalità personali tra i dissidenti all'estero e quelli in patria - questi ultimi, riuniti in maggioranza nella Commissione per il coordinamento nazionale (Ccn). Gli esponenti della Ccn accusano il Cns di essere diretto solo da esponenti di élite espatriati, pur avendo un importante seguito di militanti all'interno della Siria. I dissidi interni alle opposizioni siriane si sono acuiti dopo la rielezione di Ghalioun nella riunione di Roma, ove ha sconfitto il candidato Sabra, cristiano e più legato all'opposizione operante all'interno della Siria, tanto che lo stesso Ghalioun si è detto pronto alle dimissioni per scongiurare il completo fallimento dei tentativi di unificare il fronte delle opposizioni, e si è dopo pochi giorni effettivamente dimesso, criticando anche le divisioni tra laici e islamici in seno allo stesso Cns. Frattanto si sono verificati, a partire dalla metà di maggio, casi di propagazione del conflitto siriano in Libano, che hanno destato comprensibilmente una grande preoccupazione sia nelle locali autorità che nella Comunità internazionale. Il 18 maggio lo stesso segretario generale dell'ONU, a seguito di prove presentategli dal rappresentante siriano alle Nazioni Unite, ha riconosciuto la presenza di al Qaida in Siria e l'elevata probabilità che abbia portato a termine gli attentati di Damasco del 10 maggio. Nella stessa giornata del 18 maggio si è svolta ad Aleppo - seconda città della Siria -, in concomitanza con il venerdì di preghiera, la più massiccia manifestazione di contestazione al regime dall'inizio delle proteste nel 2011.
Il 25 maggio i carri armati del regime siriano sono entrati per la prima volta anche ad Aleppo, ma, soprattutto, va segnalato il massacro di Hula, cittadina della provincia di Homs, dove pesanti bombardamenti di artiglieria attribuiti dagli osservatori dell'ONU ai carri armati delle forze governative - che peraltro hanno negato ogni responsabilità, attribuendola a forze terroristiche impegnate in un complotto straniero - hanno provocato più di cento morti, e tra questi moltissimi bambini. Tra le reazioni indignate della Comunità internazionale spicca quella del Ministro degli esteri italiano Giulio Terzi, il quale, incontrando a Roma il nuovo capo della diplomazia francese Laurent Fabius, ha richiesto una nuova riunione del Gruppo degli Amici della Siria, per valutare ulteriori iniziative in sede ONU anche al di là del piano Annan, e definito inaccettabile Io sviluppo degli eventi in Siria. D'altra parte, il massacro di Hula ha fatto sì che l'Esercito libero siriano, essenzialmente composto da militari disertori, abbia dichiarato la fine del piano Annan, esortando le Nazioni Unite e i paesi amici dell'opposizione siriana a lanciare raid aerei contro le forze del presidente Assad, e preannunciando una escalation militare contro le forze governative, suscettibile di configurare sempre più la crisi siriana come una vera e propria guerra civile. La Russia peraltro ha continuato a puntare con forza sulla riuscita del piano Annan, mettendo in luce come le responsabilità delle violenze siano ormai condivise dal regime e dall'opposizione siriani, e non sembra disponibile ad accogliere una soluzione - che piacerebbe invece agli USA - come quella che nello Yemen ha portato all'allontanamento dal potere del presidente Saleh, mantenendo però alla direzione del paese buona parte del suo entourage politico.
Il 28 maggio Kofi Annan è tornato a Damasco, lanciando un appello per l'effettiva applicazione del piano di pace da Pag. 118lui stesso formulato, soprattutto con la fine delle violenze da chiunque perpetrate. La reazione alla strage consumatasi a Hula ha raggiunto il 29 maggio un momento di coordinamento a livello europeo, con la decisione di Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito di espellere i rappresentanti diplomatici siriani nelle rispettive capitali, dichiarandoli persone non grate. Altrettanto hanno fatto gli Stati Uniti, il Canada e l'Australia: i capi delle diplomazie europee hanno chiuso in modo apparentemente irrevocabile ogni possibilità per Assad di rimanere alla guida della Siria, e anche il Premier turco Erdogan ha parlato di situazione ormai giunta al limite da parte del regime di Assad. La Russia, invece, ha proseguito nel sostegno al regime siriano, continuando a lanciare appelli alla fine delle violenze a tutti gli attori del conflitto, ed esortando l'ONU a condurre un'inchiesta imparziale sui fatti di Hula, sui quali è stato peraltro reso noto dall'Alto commissariato ONU per i diritti umani che i resti delle vittime dimostrerebbero come solo una piccola parte di esse sia stata provocata dai colpi di artiglieria, mentre quattro quinti dei morti sarebbero stati uccisi in un secondo tempo, in vere e proprie esecuzioni, anche con armi da taglio, da parte dei miliziani filogovernativi - questo tragico cliché si sarebbe poi ripetuto nei giorni successivi in varie circostanze.
Rilevato come le divisioni nel seno dell'opposizione al regime di Assad proseguano e semmai si aggravino - i vertici all'estero dell'Esercito di liberazione siriano (Els) non hanno condiviso l'ultimatum di 48 ore lanciato il 30 maggio dai ribelli operanti all'interno della Siria perché il regime di Assad applichi finalmente tutti i punti del piano Annan -; e segnalato come, in modo abbastanza strumentale, la questione siriana sia ormai entrata pienamente anche nella campagna per le presidenziali americane, con il candidato repubblicano Romney che ha accusato il Presidente Obama di consentire il massacro siriano rifiutandosi di armare i ribelli, mentre l'Amministrazione in carica ribatte che, per le divisioni al loro interno e le loro caratteristiche ancora in buona parte non chiarite, sarebbe troppo rischioso consegnare armamenti alle numerose fazioni dell'opposizione; anche sul piano europeo si rilevano notevoli divergenze di posizione, con il Belgio quale unico sostenitore della prospettiva di intervento armato in Siria - ma il neopresidente francese Hollande non ha escluso a sua volta del tutto tale eventualità -, mentre la Germania, ad esempio, affida solo alla via dei negoziati e della politica la soluzione del rebus di Damasco.
Ciò ha consentito al Presidente russo Putin, teoricamente in difficoltà per il costante appoggio alla permanenza del regime siriano, di affrontare senza troppe difficoltà il doppio vertice del 1 giugno a Berlino e del 2 giugno a Parigi, rispettivamente con la Cancelliera Merkel e il Presidente francese, facendo valere l'approccio più morbido della Germania nei confronti di una Francia per la quale è assolutamente improponibile l'ipotesi di una permanenza di Assad al potere. In tal modo, comunque, né la Germania né la Francia sono riuscite ad ottenere alcun cedimento russo sulla prospettiva, perlomeno, di un inasprimento sanzionatorio nei confronti di Damasco.
Il ruolo di sostegno al regime siriano da parte di Cina e Russia è stato confermato anche il 1 giugno, quando il Consiglio delle Nazioni Unite sui diritti umani ha approvato a Ginevra una risoluzione di condanna del massacro di Hula, con una maggioranza nella quale non figuravano né Mosca né Pechino. Il 2 giugno, mentre una sessione straordinaria della Lega araba convocata in Qatar sollecitava nuovamente al rispetto del piano di pace di Kofi Annan, minacciando in caso contrario l'uso della forza, lo stesso Kofi Annan paventava la prospettiva di una guerra a tutto campo ormai imminente in Siria. Inoltre, il 2 e 3 giugno il conflitto siriano è tornato a riecheggiare anche nel Nord del Libano, dove nella città di Tripoli vi sono stati 14 morti e più di trenta feriti in rinnovati scontri tra gruppi sunniti e alawiti. Nemmeno l'intervento di Assad in Parlamento (3 giugno) ha offerto speranze Pag. 119di una qualche evoluzione positiva della situazione: il presidente siriano è tornato ad accusare forze straniere e terroristiche per l'escalation delle violenze, incluso il massacro di Hula, e in tal senso ha escluso qualsiasi possibilità di dialogo con il Consiglio nazionale siriano. Dure critiche ha destato il discorso di Assad da parte dell'Arabia Saudita - il cui capo della diplomazia ha auspicato la creazione in Siria di una zona-cuscinetto - e della Turchia, per bocca del Premier Erdogan. Il Vertice tra Russia ed Unione europea svoltosi nei pressi di San Pietroburgo e concluso il 4 giugno non ha portato novità in riferimento alla tragedia siriana: le parti hanno sì convenuto sulla necessità di sostenere ulteriormente l'attuazione del Piano Annan, ma hanno confermato le divergenze già registrate in ordine al livello di pressioni da esercitare sul regime siriano e sul suo capo Bashar al-Assad - la cui permanenza al potere, tuttavia, la Russia ha precisato subito dopo e nello stesso senso si è espressa Pechino - non è una priorità inderogabile. All'interno della Siria è apparso poi con chiarezza il superamento della tregua che i ribelli avevano accettato all'inizio dell'applicazione del Piano Annan: soprattutto dopo il massacro di Hula essi hanno dichiarato di voler riprendere i combattimenti a protezione delle popolazioni siriane attaccate dal regime, mentre chiedono a gran voce l'intervento armato della Comunità internazionale. Occorre altresì rilevare, a riprova di quanto il conflitto siriano precipiti sempre più in una sorta di guerra civile, il relativo calo del numero dei civili uccisi, accompagnato dal netto incremento delle vittime tra i governativi e i ribelli in armi. Il 5 giugno, come ritorsione all'espulsione degli ambasciatori siriani decretata il 29 maggio in diversi Paesi occidentali, la Siria ha dichiarato indesiderati 17 diplomatici. Il 6 giugno - mentre a Damasco è stato incaricato un ex ministro dell'agricoltura di dar vita al nuovo governo dopo le contestate elezioni legislative del mese precedente - si è svolto il Vertice russo-cinese a Pechino, dal quale è venuta la proposta di una Conferenza internazionale per garantire l'attuazione del Piano Annan. Parallelamente, paesi occidentali e arabi si sono ritrovati a Istanbul nell'ambito del gruppo degli Amici della Siria, e si sono espressi per nuove sanzioni contro Damasco e per il deciso avvio di un processo di transizione. A quest'ultima prospettiva sembrano però opporsi le gravi divisioni interne al fronte degli oppositori del regime di Assad, come anche i rischi di degenerazione in uno scontro confessionale aperto tra sunniti e alawiti in Siria e nel vicino Libano. La prospettiva della Conferenza lanciata da Russia e Cina sembra invece improbabile poiché Mosca e Pechino desidererebbero vi partecipasse anche l'Iran, paese indubbiamente in grado di premere sugli attori della crisi siriana, ma, secondo il resto della Comunità internazionale, in senso negativo. Il 6 giugno vi è stata anche una nuova strage di civili ad opera dell'artiglieria governativa e delle milizie lealiste alla periferia di Hama: il bilancio è stato di circa cento vittime, di cui venti bambini. La nuova strage ha fatto dichiarare apertamente il giorno dopo al segretario generale Ban Ki-moon, davanti all'Assemblea generale dell'ONU, che il regime di Damasco ha ormai perso ogni legittimità.
Segnali di ricompattamento delle opposizioni al regime siriano si sono avuti il 10 giugno, quando il Consiglio nazionale siriano, nella riunione di Istanbul, ha eletto il nuovo leader, nella persona del curdo lungamente esiliato in Svezia Abdelbasset Sied, una figura potenzialmente capace di coinvolgere maggiormente le minoranze etniche e religiose della Siria nell'opposizione ad Assad. Sied ha subito annunciato che il Cns assumerà la direzione dei ribelli armati operanti all'interno del paese, inquadrati nell'Esercito libero siriano. Sied, inoltre, è tornato a lanciare un vibrante appello alla Comunità internazionale perché, ai sensi del Capitolo VII della Carta dell'ONU, autorizzi un intervento armato a protezione dei civili siriani.
L'11 giugno gli osservatori della missione ONU in Siria hanno fatto rilevare una ulteriore escalation da parte del regime di Assad, con l'uso di elicotteri militari Pag. 120contro le basi della ribellione armata, e nel mezzo del conflitto sempre più numerosi sono i civili che restano intrappolati e privi anche dei più elementari mezzi di sussistenza. Non a caso gli stessi osservatori si sarebbero impegnati nell'evacuazione di un gran numero di civili, fra cui naturalmente anche donne e bambini, intrappolati nella città di Homs. Un rapporto sempre di fonte ONU ha subito dopo evidenziato gli orrori nei quali vengono coinvolti in Siria i bambini, uccisi, incarcerati e fatti oggetto di ogni forma di violenza, fino a utilizzarli come scudi umani nei convogli di soldati governativi.
Anche i ribelli, tuttavia, si sarebbero resi responsabili di tali atrocità, con il reclutamento e l'uso in combattimento di numerosi bambini. Sempre a proposito dei ribelli va segnalato, secondo testimoni citati dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, che il massacro di Hula del 25 maggio andrebbe addebitato invece che al regime alle opposizioni, stante il fatto che la maggior parte delle vittime sarebbero stati alawiti e non sunniti. Il 13 giugno la Francia è tornata con forza, per bocca del ministro degli esteri Fabius, a invocare un intervento delle Nazioni Unite basato sul capitolo VII della Carta dell'ONU, che consentirebbe di armare coloro che vengono inviati sul campo. Inoltre, Fabius è tornato a ventilare l'opportunità di imporre una parziale no fly zone sui cieli siriani, a protezione dei civili delle zone più martoriate. È emerso intanto il raccapricciante assassinio di una madre e di cinque figli tutti di età non superiore a sei anni in una zona a Nord di Aleppo a maggioranza curda, nelle stesse ore nelle quali l'esercito governativo assumeva il controllo della cittadina di Haffe, nella regione costiera di Latakia, popolata da sunniti e cristiani, ma circondata da villaggi alawiti. Parallelamente al rilancio francese in direzione di una possibilità almeno parziale di intervento armato delle Nazioni Unite - che Parigi ha poi ulteriormente corroborato annunciando la fornitura ai ribelli di mezzi di comunicazione -, gli Stati Uniti hanno accentuato la pressione su Mosca, accusata anche di fornire al regime siriano gli elicotteri militari utilizzati già più volte nella repressione: il ministro degli esteri russo Lavrov, in visita a Teheran, ha respinto ogni accusa, asserendo che Mosca fornirebbe a Damasco esclusivamente armamenti difensivi, confermando la propria opposizione ad ogni ipotesi di ricorso all'intervento armato in Siria e rigettando le accuse nel campo statunitense, con l'accusa a Washington di fornire armamenti ai ribelli siriani. Il capo della missione di osservatori delle Nazioni Unite ha accusato il 15 giugno sia i governativi che i ribelli di limitare il lavoro della UNSMIS a causa della escalation delle violenze: il giorno successivo le operazioni sono state sospese e gli osservatori militari si sono ritirati nelle loro basi, disposti a riprendere il proprio lavoro solo quando le condizioni di sicurezza miglioreranno. Ciò non sembra tuttavia imminente, in quanto è in corso un nuovo assedio di Homs, e nella città vi sarebbero almeno un migliaio di civili letteralmente intrappolati. Il Consiglio nazionale siriano ha richiesto l'invio di una missione ONU più numerosa e armata, in grado di proseguire nella propria opera nonostante le violenze.
Le rivolte della cosiddetta «Primavera araba», all'inizio dello scorso anno, avevano subito contagiato anche la Siria, lasciando gli osservatori mondiali col fiato sospeso, data l'importanza di quel Paese per gli equilibri del Medioriente. Il Governo di Damasco ha, purtroppo, risposto alle legittime richieste di cambiamento con un uso sproporzionato della forza militare e con la sua tipica, spietata durezza: si contano ormai oltre 14 mila vittime, secondo parziali stime di Amnesty International ma anche secondo l'Onu, oltre a un numero non quantificabile, ma elevato, di feriti. Per quanto riguarda i rifugiati, i dati ufficiali dei paesi limitrofi e le cifre sulla registrazione dell'UNHCR indicano che sono circa 30.000 le persone che sono fuggite negli stati circostanti, cui si aggiunge una rilevante quantità di siriani che si ritiene siano sfollati all'interno del paese. Nell'ultimo anno gli operatori dell'UNHCR in Giordania, Libano e Turchia Pag. 121(ma è il Governo turco a fornire gran parte dell'assistenza ai rifugiati) si sono impegnati per sostenere i Governi e le organizzazioni non governative (ONG) nel fornire alloggi, assistenza e protezione ai rifugiati.
Ma la comunità internazionale ha continuato ad assistere impotente, divisa, incapace di scegliere una strada per reagire. Lo scorso 27 maggio, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite si è riunito a porte chiuse per una riunione di emergenza dopo l'ennesimo massacro avvenuto a Houla, costato la vita a 108 persone, fra cui 49 bambini (anche se, dopo questa, sono seguite altre efferate stragi, come nella città martire di Homs, e altre purtroppo ne seguiranno, pur non augurandosele ovviamente). Al termine della riunione, i membri del Consiglio hanno emesso il consueto e inconcludente (forse è meglio dire, impotente) comunicato di condanna per la strage, in cui accusano le forze del governo siriano per i bombardamenti. I dubbi sulle responsabilità, sollevati soprattutto dalla Russia, hanno tuttavia reso più difficili i lavori.
Ma occorre anche vedere in faccia la realtà: l'intervento in Siria è complicato, problematico e, di fatto, non lo vuole nessuno. Si teme che un attacco sunnita al regime di Assad possa accendere la scintilla che potrebbe provocare una guerra regionale e forse anche tracimare, coinvolgendo così l'Occidente. La Russia, sappiamo bene, non aveva particolarmente condiviso la risoluzione Onu che aveva dato il via all'intervento della Nato in Libia per proteggere i cittadini libici dal proprio regime, proprio perché aveva portato al cambiamento del regime di Gheddafi. E la Russia, attualmente, il cambiamento in Siria, cioè la cacciata di Assad, non lo vuole. E nemmeno la Cina, per non parlare dell'Iran.
Il piano in 6 punti di Kofi Annan (la cessazione delle violenze e il rilascio delle persone arbitrariamente arrestate; il riconoscimento delle legittime aspirazioni del popolo siriano; l'assistenza umanitaria alle aree coinvolte nei combattimenti; la concessione della legittima libertà di riunirsi e dimostrare pacificamente; consentire ai giornalisti di poter documentare liberamente), come è noto è naufragato.
Le misure finora adottate dalla comunità internazionale (due risoluzioni a breve distanza l'una dall'altra: la 2042 del 14 aprile e la 2043 del 21 aprile) si sono dimostrate insufficienti e così poco incisive con l'invio di osservatori Onu (disarmati) contro i quali sono stati anche sparati colpi di arma da fuoco, il che ha costretto, tra l'altro, il capo degli osservatori Onu, il norvegese Robert Mood, a sospendere le operazioni degli osservatori, a causa dei gravi rischi per la loro incolumità sul campo. Siamo dunque chiamati a convertire in legge il decreto-legge n. 58 del 15 maggio 2012 per la partecipazione italiana di osservatori militari delle Nazioni Unite, già approvato dal Senato il mese scorso. Ma, come abbiamo avuto modo di vedere, tutto ciò non ha scosso più di tanto il regime di Assad, malgrado anche la Lega Araba lo abbia ormai abbandonato, ancorché contraria a eventuali prove di forza.
La missione deliberata (UNSMIS - United Nations Supervision Mission in Syria), della durata iniziale di novanta giorni e sulla quale già in precedenza le Nazioni Unite avevano firmato un protocollo d'intesa con il governo siriano, sarà soggetta a una frequente periodica valutazione da parte del Segretario generale dell'ONU che riferirà al Consiglio, soprattutto in ordine all'effettivo rispetto - finora solo parziale - del cessate il fuoco.
Più di 16.500 persone sono morte nelle violenze in Siria dall'inizio della rivolta contro il regime di Bashar al Assad nel marzo 2011, secondo l'Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo, con base in Gran Bretagna. Almeno 11.486 civili, 4.151 governativi e 870 disertori sono stati uccisi secondo la ong, che conta su una vasta rete di informatori nel paese. Il bilancio delle ultime settimane è fra i più pesanti degli ultimi 15 mesi, superando regolarmente le cento vittime al giorno.
Intanto, l'Unicef fa sapere che mancano 11,4 milioni di euro sui 20 necessari per far fronte alle necessità di un numero Pag. 122crescente di bambini e adolescenti rifugiati. «Abbiamo urgente bisogno di ulteriori finanziamenti per poter continuare a portare avanti e ad espandere il programma di aiuti per tutti i bambini siriani in difficoltà?», ha dichiarato Giacomo Guerrera, Presidente Unicef Italia. «Per questo - ha aggiunto - anche Unicef Italia si sta mobilitando a favore dei piccoli rifugiati siriani. Non possiamo dimenticarli». Finora sono 86mila i siriani registrati come rifugiati in quattro Paesi: di questi, il 50 per cento sono bambini e giovani - si legge nel Piano rivisto di risposta regionale per la Siria coordinato dall'Unhcr - in cui si prevede che il totale dei rifugiati salirà a 185 mila entro dicembre 2012.
L'Italia dei Valori non ha mai taciuto la propria contrarietà ad azioni di tipo militare e per questo motivo abbiamo appoggiato questo decreto, ancorché già sostanzialmente superato, proprio per consentire che il nostro Paese potesse contribuire a supportare un'azione di politica internazionale molto delicata, senza l'uso della forza per l'esportazione della democrazia come si è preteso di fare, irresponsabilmente in Afghanistan.
Sappiamo che in Siria non ci sono il gas e il petrolio che ci sono in Libia, ma la comunità internazionale ha il dovere di tutelare la popolazione siriana, così come proviamo a tutelare altre popolazioni in Libano, in Kosovo, in Africa e in altri teatri in cui il supporto dei Paesi democratici è efficace contro la proliferazione della violenza.
Nel frattempo, non dimentichiamo che torna a montare la tensione tra Ankara e Damasco dopo l'abbattimento del jet turco la scorsa settimana e questo mentre sul fronte diplomatico lo scenario non migliora, nonostante l'accordo raggiunto a Ginevra dal 'Gruppo di Azione sulla Siria'.
Ecco gli aggiornamenti sulla riunione del 30 giugno a Ginevra del Gruppo di Azione sulla Siria, secondo le agenzie stampa.
I paesi del Gruppo d'azione sulla Siria, riuniti a Ginevra, hanno raggiunto un accordo sui principi e le linee guida di una transizione politica a Damasco.
Lo ha detto Kofi Annan, inviato delle Nazioni Unite e della Lega araba, leggendo il comunicato finale della riunione. L'accordo prevede che il governo di transizione possa includere membri dell'attuale governo siriano e dell'opposizione.
I paesi presenti a Ginevra (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, più Qatar, Turchia, Kuwait e Iraq) hanno anche identificato le misure necessarie per garantire l'applicazione del piano Annan in sei punti per la risoluzione della crisi (entrato in vigore il 12 aprile ma mai rispettato) e le risoluzioni 2042 e 2043 del Consiglio di Sicurezza. Alla riunione di Ginevra hanno partecipato anche i segretari generali di Lega Araba e Nazioni Unite e l'Alto rappresentante Ue per la Politica estera, Catherine Ashton.
Annan ha aggiunto che spera di vedere risultati concreti «entro un anno» augurandosi che le parti collaborino perché, ha proseguito, «il forte vento della trasformazione non potrà resistere a lungo».
L'inviato di Onu e Lega Araba ha chiarito che il governo di transizione «potrebbe includere membri dell'attuale governo e dell'opposizione e di altre formazioni e che sarà formato sulla base del reciproco consenso» tra le parti, «in tempi fissati». La bozza iniziale di Annan prevedeva l'esplicita esclusione di esponenti dell'attuale regime, un'espressione che automaticamente avrebbe previsto la deposizione di Assad.
Annan ha concluso annunciando che il Gruppo di Azione si riunirà nuovamente ma non ha fissato una data. I russi avevano proposto un nuovo vertice a Mosca, a breve, ma stavolta con la presenza di esponenti del governo siriano e dell'opposizione.
Il Segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha affermato che si lavorerà a una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza che appoggi la dichiarazione di Ginevra Pag. 123e preveda «conseguenze vere e leali», sanzioni incluse, in caso di mancato rispetto.
Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha «ribadito il pieno sostegno dell'Italia all'Inviato dell'Onu e della Lega Araba, Kofi Annan, anche per la fase di attuazione dei principi concordati a Ginevra» per una transizione in Siria. In una nota Terzi ha sottolineato «l'importanza che la comunità internazionale, anzitutto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, si mantenga coesa e continui a tenere alta la pressione per favorire l'applicazione dell'intesa raggiunta, a cominciare dalla cessazione delle inaccettabili violenze».
Il Gruppo di Azione riunito sabato a Ginevra ha stilato una proposta che prevede un governo di unità nazionale in Siria, con membri del governo e dell'opposizione. L'accordo raggiunto dalle potenze mondiali, Russia compresa, è stato però criticato sia dal regime che dall'opposizione; il Cns, Consiglio nazionale siriano, in particolare, ha chiesto «azioni più serie ed efficaci».
Intanto, ha preso avvio, il 2 luglio, al Cairo la due giorni di colloqui dei principali gruppi di opposizione al regime siriano. Obiettivo dell'incontro, arrivare ad una visione comune sulla transizione politica in Siria, dopo l'accordo raggiunto dalle grandi potenze a Ginevra - Russia compresa - per la formazione di un governo di unità nazionale.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, Signori rappresentanti del Governo, con il decreto-legge n. 58 del 15 maggio scorso, il nostro Paese ha ulteriormente accresciuto il profilo del proprio coinvolgimento nella gestione della crisi insorta in Siria circa 17 mesi fa.
Nello specifico, il provvedimento ha disposto il conferimento di dieci osservatori italiani disarmati alla missione UNSMIS, promossa dalle Nazioni Unite sulla base della Risoluzione 2043, varata dal Consiglio di Sicurezza all'indomani dell'accettazione del cessate-il-fuoco mediato dall'ex Segretario Generale dell'Onu, Kofi Annan, nel frattempo fallito. Gli oneri finanziari sono nulli, perché è previsto che il nuovo intervento sia coperto riducendo parallelamente le spese per la missione in Libano. Gli uomini conferiti all'Unifil II sono stati infatti contestualmente «tagliati», seppur modestamente, da 1.100 a 1.094, permettendo un risparmio di quasi 476mi1a euro, insieme agli oneri logistici connessi, che dovrebbero diminuire di altri 350mila euro.
Al Senato, il provvedimento è stato approvato all'unanimità, ma nel frattempo, in seguito all'aggravarsi della situazione sul terreno, la missione è stata interrotta, determinando, anche nelle Commissioni Esteri e Difesa della Camera, dei malumori e dei dubbi circa l'opportunità di andare avanti. Come Lega Nord, abbiamo in proposito anche presentato un emendamento teso proprio ad accorciare alla metà di questo mese la durata dell'autorizzazione chiesta dal Governo.
Materialmente, il decreto-legge n. 58/2012 oggetto del procedimento di conversione in atto consta di tre articoli. Con il primo si autorizza l'invio in Siria di un contingente di personale militare disarmato con lo scopo di prender parte, dalla metà di maggio sino alla fine dell'anno, alla missione di monitoraggio condotta dalle Nazioni Unite e nota come UNSMIS, deliberata con la Risoluzione 2043 del Consiglio di Sicurezza approvata il 21 aprile scorso.
Si estende contestualmente ai monitors italiani una serie di disposizioni concernenti il trattamento economico e lo status giuridico attualmente applicato ai militari impegnati in altri interventi all'estero.
Il secondo quantifica gli oneri connessi allo svolgimento dell'intervento, che si prevede saranno pari ad oltre 826mi1a euro. Si precisa altresì come la somma venga attinta dal cespite di spesa previsto per l'alimentazione delle missioni militari internazionali, senza esborsi finanziari netti supplementari, perché parte delle risorse sarà coperta, come si è già osservato, da una riduzione del personale Pag. 124assegnato all'UNIFIL II in Libano ed il rimanente dalla compressione dei connessi oneri logistici.
Il terzo dispone il meccanismo di immediata entrata in vigore del provvedimento all'atto della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
È evidente che il nodo più serio è rappresentato dalle effettive intenzioni del nostro Governo relativamente alla Siria, che sono motivo per noi di inquietudine.
È noto infatti che mentre veniva varata questa missione, il Ministro Terzi preannunciava l'invio di un ospedale da campo in Giordania, ad immediato ridosso della frontiera siriana, zona dove tra l'altro sono stati mandati anche 47 militari delle forze speciali italiane, con lo scopo di permetterne la partecipazione ad una complessa esercitazione internazionale, la Lion Eager svoltasi in maggio, che secondo diversi analisti stranieri sarebbe servita a preparare un futuro attacco contro Damasco.
Sempre Terzi, all'indomani della visita a Roma del Premier turco Erdogan, aveva chiesto l'aumento degli osservatori dai 300 previsti attualmente ad almeno 3mila, nonché il loro contestuale armamento, in modo tale da consentirne l'utilizzo anche per creare dei corridoi umanitari o delle zone rifugio a profitto degli insorti che combattono contro Assad.
Anche in questi giorni, specialmente a ridosso della conferenza internazionale convocata da Kofi Annan a Ginevra lo scorso 30 giugno, la Farnesina non ha perso tempo ed occasione per ribadire l'orientamento dell'Italia a schierarsi tra i Paesi favorevoli alla defenestrazione del Presidente siriano Assad.
Si tratta, evidentemente, di un sentiero assai pericoloso, in quanto potrebbe anche preludere, qualora se ne determinino le condizioni nel più ampio contesto internazionale, ad una partecipazione italiana alle operazioni che venissero decise per proteggere l'insurrezione in atto contro il regime di Damasco, come avvenne lo scorso anno per la Libia.
Oggi come allora, noi nutriamo dubbi e perplessità sull'aderenza al vero della narrativa prevalente concernente la guerra in corso. Nella quale si riscontrano certamente violenze ed abusi gravissimi, che tuttavia non possono essere ricondotti ad una sola delle parti in lotta, al contrario di quanto si vorrebbe far credere. Pensiamo altresì che sia tempo di riflettere e che un incondizionato sostegno occidentale, europeo ed italiano alle ultime manifestazioni e derive della cosiddetta Primavera Araba vada ponderato, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo in Egitto, dove il neoeletto Presidente Mohammed Morsi, esponente della Fratellanza Musulmana, nel presentarsi ai suoi elettori ed al mondo non ha trovato nulla di meglio da fare che promettere il proprio impegno per ottenere la scarcerazione del jihadista che per primo, nel 1993, tentò di abbattere le Torri Gemelle di New York.
La crisi in atto in Siria sta certamente aggravandosi ed internazionalizzandosi progressivamente, come prova il controverso episodio culminato nell'abbattimento da parte della contraerea di Damasco di una caccia ricognitore Phantom che era penetrato nello spazio aereo siriano.
È in ragione di queste preoccupazioni che noi non riteniamo opportuno che la missione dei nostri ispettori disarmati prosegua sino alla fine dell'anno. Non vorremmo infatti che aprisse la porta ad un successivo impegno militare italiano nei confronti della Siria, che sarebbe verosimilmente assai più gravoso ed incerto di quello sostenuto lo scorso anno contro il regime libico del colonnello Gheddafi.
Di qui il nostro orientamento ad esprimere, cautelativamente, un voto contrario. Tra l'altro, e vogliamo farlo notare anche in quest'Aula, la scelta di partecipare all'UNSMIS non risulta neanche essere stata preventivamente discussa con il Parlamento, che è stato invece interessato soltanto a decisione ormai assunta dal Consiglio dei Ministri, contrariamente alla prassi in uso dal 2001 e finora rispettata tanto dai Governi di centrodestra quanto da quelli di centrosinistra. Pag. 125
Mentre dichiariamo il nostro voto contrario, chiediamo comunque al Governo di informare tempestivamente il Parlamento di qualsiasi novità rilevante si verifichi in relazione al conflitto civile in atto in Siria, soprattutto se dovesse derivarne un orientamento ad intraprendere nuovi impegni militari.
Non vogliamo altri blitz.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 5273-A - em. 1.3 424 377 47 189 16 361 35 Resp.
2 Nom. em. 1.4 423 374 49 188 17 357 35 Resp.
3 Nom. em. 1.52 425 423 2 212 64 359 35 Resp.
4 Nom. em. 1.5 420 373 47 187 17 356 35 Resp.
5 Nom. em. 1.13 427 425 2 213 62 363 34 Resp.
6 Nom. em. 1.10 431 430 1 216 62 368 34 Resp.
7 Nom. articolo agg. 1.03 439 437 2 219 63 374 33 Resp.
8 Nom. em. 1-bis. 100 443 396 47 199 383 13 33 Appr.
9 Nom. articolo agg. 2.050 451 441 10 221 76 365 32 Resp.
10 Nom. em. 3.2 454 434 20 218 57 377 32 Resp.
11 Nom. em. 5.100 454 447 7 224 435 12 32 Appr.
12 Nom. em. 5.18 448 427 21 214 54 373 32 Resp.
13 Nom. em. 5.34 454 448 6 225 47 401 31 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 5.11 455 402 53 202 16 386 31 Resp.
15 Nom. em. 5.12 452 445 7 223 60 385 31 Resp.
16 Nom. em. 5.50 452 401 51 201 13 388 31 Resp.
17 Nom. em. 5.6 451 447 4 224 62 385 32 Resp.
18 Nom. em. 5.15 454 404 50 203 18 386 32 Resp.
19 Nom. em. 5.16 458 454 4 228 64 390 32 Resp.
20 Nom. em. 5.13 460 454 6 228 65 389 32 Resp.
21 Nom. em. 5.53 rif. 467 459 8 230 67 392 32 Resp.
22 Nom. em. 5.7 457 452 5 227 19 433 32 Resp.
23 Nom. em. 5.8 465 460 5 231 21 439 32 Resp.
24 Nom. em. 5.19 463 439 24 220 47 392 30 Resp.
25 Nom. articolo agg. 6.02 461 457 4 229 72 385 30 Resp.
26 Nom. em. 7.52 464 438 26 220 70 368 30 Resp.
INDICE ELENCO N. 3 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 7-bis.50 462 458 4 230 93 365 30 Resp.
28 Nom. em. 12.53 491 439 52 220 209 230 25 Resp.
29 Nom. em. 12.54 498 445 53 223 212 233 25 Resp.
30 Nom. em. 12.50 492 443 49 222 209 234 25 Resp.
31 Nom. em. 12.51 510 458 52 230 213 245 24 Resp.
32 Nom. em. 13-bis.9 505 453 52 227 20 433 23 Resp.
33 Nom. em. 13-bis.8 507 459 48 230 22 437 23 Resp.
34 Nom. em. 13-bis.7 512 507 5 254 69 438 23 Resp.
35 Nom. em. 13-bis.100 510 502 8 252 487 15 23 Appr.
36 Nom. articolo agg. 13-bis.050 509 504 5 253 43 461 23 Resp.
37 Nom. em. 13-ter.100 507 500 7 251 484 16 23 Appr.
38 Nom. em. 14.2 509 503 6 252 25 478 23 Resp.
39 Nom. em. 14.4 512 460 52 231 22 438 23 Resp.
INDICE ELENCO N. 4 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 52)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nom. odg 9/5273-A/2 508 500 8 251 497 3 23 Appr.
41 Nom. odg 9/5273-A/14 511 502 9 252 211 291 23 Resp.
42 Nom. odg 9/5273-A/23 501 451 50 226 49 402 23 Resp.
43 Nom. odg 9/5273-A/24 rif. 507 438 69 220 414 24 23 Appr.
44 Nom. odg 9/5273-A/39 501 496 5 249 90 406 24 Resp.
45 Nom. odg 9/5273-A/40 484 479 5 240 65 414 24 Resp.
46 Nom. odg 9/5273-A/42 507 502 5 252 59 443 24 Resp.
47 Nom. odg 9/5273-A/43 510 505 5 253 73 432 24 Resp.
48 Nom. odg 9/5273-A/44 508 503 5 252 72 431 24 Resp.
49 Nom. odg 9/5273-A/47 509 486 23 244 59 427 23 Resp.
50 Nom. odg 9/5273-A/48 508 479 29 240 76 403 23 Resp.
51 Nom. odg 9/5273-A/52 508 481 27 241 61 420 23 Resp.
52 Nom. odg 9/5273-A/53 509 504 5 253 58 446 23 Resp.
INDICE ELENCO N. 5 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 53 AL N. 57)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
53 Nom. odg 9/5273-A/54 507 501 6 251 55 446 22 Resp.
54 Nom. odg 9/5273-A/55 503 497 6 249 53 444 22 Resp.
55 Nom. odg 9/5273-A/63 514 504 10 253 493 11 22 Appr.
56 Nom. Ddl 5273-A - voto finale 454 407 47 204 387 20 22 Appr.
57 Nom. Ddl 5312 - quest. pregiudiz. 431 428 3 215 64 364 22 Resp.