XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 606 di lunedì 19 marzo 2012

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 14,05.

MICHELE PISACANE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 marzo 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Caparini, Cicchitto, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, De Biasi, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Leone, Mecacci, Migliori, Milanato, Moffa, Mogherini Rebesani, Leoluca Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, Rigoni e Stefani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ventisei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente (ore 14,09).

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 15 marzo 2012, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze):
«Conversione in legge del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, recante norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni» (5052) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Discussione del disegno di legge: S. 3110 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (Approvato dal Senato) (A.C. 5025) (ore 14,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività. Pag. 2
Ricordo che nella seduta del 13 marzo 2012 è stata respinta la questione pregiudiziale Dozzo ed altri n. 1.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5025)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico, Italia dei Valori e Lega Nord Padania ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni VI (Finanze) e X (Attività produttive) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la maggioranza per la VI Commissione (Finanze), onorevole Ventucci, ha facoltà di svolgere la relazione.

COSIMO VENTUCCI, Relatore per la maggioranza per la VI Commissione. Signor Presidente, colleghi, il provvedimento al nostro esame, che nel testo originario si componeva di 98 articoli, nel corso dell'esame al Senato si è arricchito di altri contenuti - giungendo a contare ben 119 articoli che intervengono su più settori - e si articola in tre titoli, recanti rispettivamente: misure in materia di concorrenza, di infrastrutture e misure per consentire l'armonizzazione dell'ordinamento interno alla disciplina europea.
Secondo le intenzioni programmatiche dichiarate dal Governo nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione presentato al Senato, l'intervento normativo è complessivamente orientato all'obiettivo di promuovere le condizioni per la ripresa economica del Paese, attraverso la rimozione di quegli ostacoli che caratterizzano storicamente il sistema sociale ed economico italiano e che si sostanziano in norme protezionistiche o, comunque, di ostacolo allo sviluppo delle iniziative imprenditoriali.
In tale prospettiva, il decreto-legge intende rivedere il quadro normativo, eliminando gli ostacoli ingiustificati all'accesso al mercato e le rendite di posizione esistenti, ampliando le opportunità di lavoro e rafforzando le prospettive di mobilità e di promozione sociale.
È un condivisibile tentativo per intercettare i flussi commerciali inerenti a beni e servizi, per far crescere la domanda interna e facilitare l'interesse degli investitori stranieri.
Tengo a precisare, signor Presidente, che ho ridotto la descrizione dell'articolato di mia competenza; ma il tempo dell'illustrazione, pur se superficiale, è abbastanza lungo. Quindi, per un maggiore approfondimento delle norme, rimando alla mia relazione nelle Commissioni riunite VI e X, pubblicata sul resoconto delle Commissioni di mercoledì 7 marzo 2012.
Passando alla descrizione delle singole disposizioni, per quanto riguarda gli ambiti di competenza della VI Commissione (Finanze), che investono gli articoli dal 27 al 35, dal 59 al 61 e dal 90 al 97-bis si segnala, in primo luogo, l'articolo 3 che introduce nel codice civile un nuovo articolo, il 2463-bis, il quale prevede la nuova figura di società semplificata a responsabilità limitata che può essere costituita con contratto o atto unilaterale da persone fisiche che non abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione e dove, tra l'altro, è previsto un ammontare del capitale sociale pari almeno ad un euro. L'atto costitutivo e l'iscrizione nel registro delle imprese sono esenti dall'imposta di bollo e dai diritti di segreteria e non sono dovuti gli onorari notarili.
Inoltre, il comma 5 dell'articolo 1 è di interesse e di competenza della Commissione finanze in quanto esclude dall'ambito di applicazione delle misure di semplificazione e di abbreviazione di norme autorizzative, limitative, restrittive o comunque condizionanti l'attività imprenditoriale, alcuni servizi fra i quali quelli finanziari.
L'articolo 9 interviene sulla disciplina delle professioni, con particolare riferimento alla regolamentazione del tirocinio e abrogando le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico. Pag. 3
L'articolo 9-bis novella le disposizioni della recente legge di stabilità 2012 che prevedono la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate. In particolare, si prevede che, se la società tra professionisti assume la forma cooperativa, essa debba essere costituita da un numero di soci non inferiore a tre e impone di prevedere nell'atto costitutivo la stipula di una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell'esercizio dell'attività professionale.
L'articolo 10 integra l'articolo 39, comma 7, del decreto-legge n. 201 del 2011 che ha consentito l'ingresso nel capitale sociale dei confidi e delle banche cooperative di garanzia collettiva dei fidi anche alle imprese non finanziarie di grandi dimensioni e agli enti pubblici e privati, anche in deroga alle disposizioni di legge che prevedono divieti o limiti di partecipazione.
L'articolo 12 aumenta di 500 posti la tabella notarile, che determina il numero e la residenza dei notai all'interno dei cosiddetti distretti notarili, e specifica che la distribuzione dei nuovi posti nei distretti e nei comuni dovrà essere effettuata da un decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. Delinea, inoltre, la tempistica per l'espletamento delle procedure di concorso per la nomina di oltre 1.500 notai. Concluse le procedure e assegnati i posti banditi, la tabella notarile dovrà essere aggiornata ogni tre anni e annualmente dovrà essere bandito un concorso per la copertura dei posti disponibili.
L'articolo 25 reca norme in materia di promozione della concorrenza nei servizi pubblici locali. Tra le novità principali introdotte troviamo l'obbligo di organizzazione dei servizi per ambiti territoriali di estensione almeno provinciale da parte delle regioni entro giugno 2012. È riconosciuta alle regioni la possibilità di derogare alla dimensione provinciale, a condizione che la scelta sia motivata in base a criteri di differenziazione territoriale, socioeconomica e rispetto a specifiche caratteristiche del servizio quali la valutazione dell'offerta in sede di affidamento del servizio mediante procedura ad evidenza pubblica con la circostanza che siano stati adottati strumenti di tutela dell'occupazione, l'introduzione di un parere preventivo, obbligatorio e non vincolante, dell'Autorità garante del mercato nel procedimento che gli enti locali devono effettuare per verificare le condizioni di affidamento in esclusiva piuttosto che di liberalizzazione dei servizi, la riduzione da 900 mila a 200 mila euro del valore economico massimo dei servizi che è possibile affidare in house, la proroga dei termini di scadenza degli affidamenti in house non conformi, con possibilità di circostanziate deroghe e prescrizione della continuità nel servizio delle gestioni in scadenza, l'estensione della normativa sui servizi pubblici locali al trasporto ferroviario regionale e fissazione delle scadenze degli affidamenti in essere non conformi alla nuova disciplina.
L'articolo 27 proroga al 1 giugno 2012 il termine per definire le regole generali di riduzione delle commissioni per transazioni effettuate con carte di pagamento. Per effetto delle modifiche operate, si prescrive la gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti destinati all'accredito e al prelievo di pensioni ammontanti sino a 1.500 euro mensili. È fissato al 31 maggio 2012 il termine per attuare la disciplina sugli affidamenti e sconfinamenti bancari, ancorando a tale scadenza i termini per adeguarvi contratti in corso.
In conseguenza delle nuove soglie di utilizzo del contante, fino a 1000 euro, i commi da 3 a 8 dell'articolo 12 hanno demandato ad una apposita convenzione il compito di definire le caratteristiche di un conto corrente di base o di un conto di pagamento di base che le banche sono tenute ad offrire senza prevedere costi di gestione.
L'articolo 27-bis dispone la nullità delle clausole, comunque denominate, inserite nei contratti bancari che prevedono commissioni a favore delle banche a fronte di: concessione di linee di credito; messa a Pag. 4disposizione delle medesime e loro mantenimento in essere; utilizzo di linee di credito anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido. La norma è volta a diminuire i costi di tali servizi per i clienti.
L'articolo 27-ter semplifica le procedure per estinzione delle ipoteche iscritte a garanzia dei mutui, modificando a tal fine l'articolo 40-bis del testo unico bancario.
L'articolo 27-quater modifica i principi cui devono conformarsi gli statuti delle fondazioni bancarie al fine di definire l'assetto organizzativo, intervenendo sul dettato dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 153 del 1999.
L'articolo 27-quinquies innova la disciplina del danno risarcibile per ritardato perfezionamento delle procedure di surrogazione dei finanziamenti bancari.
L'articolo 28, comma 1, stabilisce che, qualora le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari condizionino l'erogazione di un mutuo alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita, sono obbligati a sottoporre al cliente almeno due preventivi. La disposizione specifica che i due preventivi devono essere di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari stessi. Il cliente può, in ogni caso, scegliere sul mercato una polizza più conveniente, che la banca (o l'intermediario finanziario) è obbligata ad accettare senza variare le condizioni offerte per l'erogazione del mutuo.
Dall'articolo 29 all'articolo 34-ter è inserita una nuova normativa che riguarda il codice delle assicurazioni finalizzata al controllo dei costi dei rimborsi, del costo delle polizze e all'individuazione delle frodi, demandando all'ISVAP l'applicazione normativa dei controlli. È previsto anche l'uso di meccanismi elettronici che registrino l'attività del veicolo e ne consentano il monitoraggio. Le spese e il montaggio di questi meccanismi sono a carico dell'assicurazione.
Sono previste inoltre forti sanzioni anche per i sanitari che attestino falsi danni biologici e invalidità permanenti. A questo proposito tengo a rilevare che molte delle norme incluse nel presente decreto riguardanti il comparto delle assicurazioni sono state approvate il 30 giugno 2011 dalla Commissione finanze della Camera dei deputati in un disegno di legge trasmesso tempo fa al Senato.
L'articolo 35, commi da 1 a 3-bis, reca interventi normativi finalizzati all'estinzione dei debiti pregressi dei ministeri per l'acquisizione di servizi e forniture, anche attraverso l'assegnazione di titoli di Stato su richiesta dei soggetti creditori, entro l'importo complessivo di 4,7 miliardi di euro, nonché per debiti relativi a spese per consumi intermedi, rientranti tra le regolazioni debitorie pregresse, maturati alla data del 31 dicembre 2011, entro l'importo di 1 miliardo di euro.
I commi 11 e 12 modificano la disciplina relativa al sistema di tesoreria unica mista prevista per gli atenei, sostanzialmente riportando i dipartimenti e i centri dotati di autonomia gestionale amministrativa delle università nel sistema di tesoreria unica statale e prevedendo che, al massimo dal 1 gennaio 2014, tutte le risorse liquide delle università sono gestite in maniera accentrata. Viene dunque meno la possibilità per i dipartimenti di utilizzare le proprie entrate per i pagamenti senza versarle nella tesoreria statale.
I commi da 8 a 10 e il comma 13 prevedono la sospensione, fino al 31 dicembre 2014, del regime di tesoreria unica cosiddetto misto, introdotto per regioni, enti locali, enti del comparto sanità, università e dipartimenti universitari - secondo il quale gli enti sono tenuti a versare in tesoreria unica soltanto le entrate provenienti dal bilancio dello Stato e non anche le entrate proprie - e il ripristino dell'originario regime di tesoreria unica. Conseguentemente si dispone il versamento delle liquidità di tali enti, depositate presso il sistema bancario, sulle contabilità speciali fruttifere e infruttifere della tesoreria statale.
L'articolo 40, al comma 1, definisce una tempistica graduale per il rilascio della Pag. 5carta d'identità elettronica a partire dai comuni che dovranno essere identificati con decreto interministeriale; al comma 2, si prevede che le carte di identità elettroniche devono essere munite anche della fotografia, come è ovvio, e delle impronte digitali della persona cui si riferiscono.
L'articolo 41, comma 1, sostituisce l'articolo 157 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, contemplando la possibilità, per le società di progetto e le società titolari di un contratto di partenariato pubblico-privato, di emettere obbligazioni e titoli di debito al fine di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità.
L'articolo 54 aggiunge un nuovo comma 1-bis all'articolo 35 della legge n. 724 del 1994 che disciplina l'emissione di titoli obbligazionari da parte di enti territoriali, introducendo in sostanza un'ulteriore tipologia di prestito obbligazionario che si aggiunge a quelle già previste dal predetto articolo 35. La nuova disposizione autorizza gli enti locali ad attivare prestiti obbligazionari «di scopo», garantiti da un apposito patrimonio formato da immobili disponibili di proprietà degli enti locali, per un valore almeno doppio dell'emissione obbligazionaria.
L'articolo 56 introduce una nuova ipotesi di riduzione facoltativa dell'aliquota dell'imposta municipale propria, l'IMU, consentendo ai comuni di ridurre fino allo 0,38 per cento l'aliquota di base dell'imposta, con riferimento agli immobili costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e gli immobili non siano in ogni caso locati. La norma specifica che detta riduzione deve essere comunque limitata ad un periodo non superiore a tre anni dalla data di ultimazione dei lavori.
L'articolo 57, al fine di ridurre gli oneri per le imprese edili estendendo il beneficio della compensazione dell'IVA, reca una serie di modifiche dirette ad assoggettare all'imposizione IVA le operazioni relative ad interventi su fabbricati destinati ad alloggi sociali.
L'articolo 59 novella l'articolo 18 della legge di stabilità per il 2012, al fine di attribuire alle società di progetto, in aggiunta ai benefici fiscali già previsti dallo stesso articolo 18, anche una percentuale del 25 per cento del maggior gettito IVA relativa alle operazioni di importazione riconducibile all'infrastruttura portuale oggetto dell'intervento, per un periodo non superiore a 15 anni.
L'articolo 59-bis estende alle strutture dedicate alla nautica da diporto le previsioni del codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, relativo alle procedure della finanza di progetto.
L'articolo 59-ter inserisce nel codice della nautica da diporto di cui al decreto legislativo n. 171 del 2005, un nuovo articolo 49-bis che istituisce l'attività di noleggio occasionale.
L'articolo 60, attraverso una modifica dell'articolo 36 del testo unico doganale, esclude le navi da diporto costruite all'estero o provenienti da bandiera estera, dall'obbligo di iscrizione nelle matricole o nei registri per la destinazione al consumo nel territorio doganale. La disposizione specifica che le navi da diporto si intendono destinate al consumo dentro e fuori il territorio doganale su semplice dichiarazione, rispettivamente, di importazione definitiva o di esportazione definitiva da parte dell'armatore.
L'articolo 60-bis apporta una serie di modifiche alle disposizioni recate dall'articolo 16, commi da 2 a 10, del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha introdotto una tassa sulle unità da diporto. In particolare, l'articolo in oggetto, al comma 1, lettera a), modifica il comma 2 dell'articolo 16 citato, stabilendo che la decorrenza per il pagamento della tassa non sia più il 1 maggio 2012 ma il 1 maggio di ogni anno e stabilendo per le unità da diporto il pagamento di una tassa annuale in luogo di una tassa giornaliera di stazionamento.
L'articolo 61 consente agli autotrasportatori di anticipare le richieste di rimborso relative agli incrementi dell'aliquota delle accise sul gasolio per autotrazione, prevedendo Pag. 6che la dichiarazione necessaria per fruire del necessario credito di imposta sia presentata al competente ufficio, a pena di decadenza, entro il mese successivo alla scadenza di ciascun trimestre solare e non più fissato entro il 30 giugno successivo alla scadenza di ciascun anno solare.
L'articolo 66 introduce una nuova normativa in materia di alienazione in via prioritaria ai giovani agricoltori dei terreni agricoli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici nazionali non utilizzabili per altre finalità istituzionali.
L'articolo 67-bis che interviene sulla disciplina inerente alla dismissione di bandiera per vendita della nave a stranieri o per demolizione, dispone al comma 1 che l'accertamento circa l'avvenuto pagamento di tutti i crediti contributivi relativi agli equipaggi della nave interessata dalla dismissione di bandiera debba essere obbligatoriamente effettuato entro un mese dalla data della richiesta.
L'articolo 76 disciplinante il procedimento e i principi per la determinazione dei diritti aeroportuali, stabilisce che l'Autorità di vigilanza predisponga specifici modelli tariffari calibrati sulla base del traffico annuo di movimenti passeggeri registrato nell'aeroporto, al fine di assicurare che i diritti applicati agli utenti rispondano ai principi di cui al comma 1 del successivo articolo 80.
L'articolo 80 interviene sulla disciplina delle gestioni aeroportuali in cui le infrastrutture e i servizi sono offerti in regime di esclusiva e non vi sono quindi alternative per gli utenti che utilizzano le infrastrutture o richiedono i servizi.
L'articolo 88 dispone l'applicazione del regime ordinario di deducibilità degli interessi passivi anche nei confronti delle società prevalentemente pubbliche fornitrici di acqua, energia e teleriscaldamento, nonché di servizi di smaltimento e depurazione, in luogo del previgente regime agevolato di deducibilità limitata delle componenti negative.
L'articolo 90 opera alcune modifiche all'articolo 31 del decreto-legge n. 98 del 2011, il quale esenta da imposizioni i proventi derivati dalla partecipazione ai fondi di venture capital specializzati nelle fasi iniziali di avvio delle imprese, a condizione che le società destinatarie dei fondi abbiano sede operativa in Italia e le relative quote o azioni siano direttamente detenute, in via prevalente, da persone fisiche.
L'articolo 91 riguarda gli effetti tributari del trasferimento all'estero della residenza dei soggetti che esercitano imprese commerciali e, al fine di consentire la chiusura della procedura di infrazione da parte dell'Unione europea, si consente ai soggetti che trasferiscono la residenza, ai fini delle imposte sui redditi, in Stati dell'Unione europea o del SEE (Spazio economico europeo) inclusi nella lista dei cosiddetti Paesi white list con i quali l'Italia abbia stipulato un accordo sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari, di chiedere la sospensione degli effetti del realizzo ivi previsto.
L'articolo 91-bis prevede, al comma 1, che dal 2013 l'esenzione dall'IMU (ex ICI) per gli immobili di enti non commerciali adibiti a specifiche attività sarà applicabile solo nel caso in cui le predette siano svolte con modalità non commerciali.
L'articolo 92 reca norme volte a predisporre una tutela procedimentale per l'operatore doganale nel caso di controlli eseguiti successivamente all'effettuazione dell'operazione doganale. In particolare, il comma 1 inserisce un nuovo comma 4-bis all'articolo 11 del decreto legislativo n. 374 del 1990, che disciplina l'istituto della revisione dell'accertamento doganale.
L'articolo 93 modifica l'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, prevedendo che il contribuente, a seguito del pagamento dell'imposta sul valore aggiunto o della maggiore imposta, abbia il diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti del cessionario o committente se viene garantita l'integrità del gettito IVA, vale a dire solo a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. Pag. 7
L'articolo 94 consente il ricorso alla competente commissione tributaria avverso i provvedimenti di diniego di rimborso, di sgravio, di non contabilizzazione a posteriori dei dazi doganali adottati dall'autorità doganale, anche nelle ipotesi in cui la decisione sia stata trasmessa alla Commissione europea per le decisioni di competenza, ai sensi degli articoli 871 e 905 del regolamento CEE n. 2454/1993.
L'articolo 95 modifica in più parti l'articolo 2 del decreto legge n. 138 del 2011 con il quale è stata disposta l'unificazione dell'aliquota sulle rendite finanziarie. In particolare i redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria non sono più esclusi dalla applicazione della disposizione di cui al comma 6 del medesimo articolo 2, che ha unificato la tassazione delle rendite finanziarie all'aliquota del 20 per cento, mentre sugli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella cosiddetta white list si applica l'aliquota ridotta.
Poi abbiamo gli articoli 96 e 97. Richiamo infine l'articolo 97-bis, l'ultimo, che impone agli enti territoriali, al fine di favorire la razionalizzazione e il contenimento delle spese degli enti territoriali, l'obbligo di pubblicare sui propri siti istituzionali i canoni di locazione.

PRESIDENTE. Il relatore per la maggioranza per la X Commissione, onorevole Scarpetti, ha facoltà di svolgere la relazione.

LIDO SCARPETTI, Relatore per la maggioranza per la X Commissione. Signor Presidente, il decreto-legge all'esame si caratterizza per la presenza di disposizioni cosiddette di liberalizzazione e di apertura alla concorrenza dei mercati, che hanno l'obiettivo di incidere su determinati settori finora protetti, a cui si aggiungono poi disposizioni orientate a favorire lo sviluppo infrastrutturale del Paese.
L'obiettivo del provvedimento esaminato congiuntamente dalle Commissioni VI e X della Camera è quello di introdurre dinamiche concorrenziali tali da favorire vantaggi per gli utenti e per le imprese in termini di qualità ed efficienza dei servizi di riduzione dei costi e dei prezzi.
Come è stato detto il provvedimento è stato oggetto di notevoli e consistenti interventi emendativi in sede di esame al Senato. Nella mia relazione esporrò sinteticamente (e anche per l'economia dei nostri lavori consegnerò eventualmente una assai più dettagliata e puntuale relazione, articolo per articolo, delle disposizioni di competenza della nostra Commissione), in primo luogo, i temi che riguardano direttamente le competenze della nostra Commissione (la X Commissione attività produttive), parlando poi anche di altri punti del provvedimento.
Per conformare l'ordinamento ai principi di libertà individuale ed economica e di concorrenza, sanciti dalla Costituzione e dal diritto dell'Unione europea, si disciplina una nuova procedura per l'abrogazione delle norme che pongono limiti all'avvio delle attività economiche, prevedendo che gli enti locali si adeguino a tali principi.
Vengono introdotte alcune disposizioni a tutela della correttezza dei mercati e si attribuisce alla Presidenza del Consiglio il compito di raccogliere le segnalazioni delle autorità indipendenti sulle restrizioni della concorrenza e sugli impedimenti al corretto funzionamento dei mercati per le opportune iniziative.
Si prevede una tutela amministrativa contro le clausole vessatorie attribuendone la competenza all'Antitrust, cui viene anche riconosciuta una nuova modalità di finanziamento a carico delle imprese. Si estendono alle microimprese gli strumenti di tutela nei confronti delle pratiche commerciali ingannevoli ed aggressive.
Sempre allo scopo di favorire il libero esplicarsi della concorrenza e la creazione di nuove imprese, vengono liberalizzate le attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore. Vengono poi semplificate le procedure a carico dei prestatori di servizi provenienti da altro Stato membro e dei consulenti proprietari industriali nell'ambito Pag. 8dell'Unione europea. Si disciplinano, infine, gli aiuti de minimis a favore delle piccole e micro imprese operanti nell'ambito dei territori della regione Abruzzo interessati dagli eventi sismici del 2009.
Il provvedimento contiene numerose disposizioni in materia di energia; alcune riguardano il gas naturale e mirano a ridurre il prezzo per i clienti vulnerabili (famiglie e strutture sociali) e per le imprese, accrescendo la possibilità di accesso agli stoccaggi e di acquisizione mediante infrastrutture d'importazione dall'estero.
Si intende, inoltre, assicurare la piena terzietà della società Snam Spa che gestisce i servizi regolati di trasporto, di stoccaggio, di rigassificazione e di distribuzione del gas nei confronti della maggiore impresa di produzione e vendita di gas, cioè l'ENI, nonché delle imprese verticalmente integrate di produzione e di fornitura di gas naturale e di energia elettrica.
Altre disposizioni riguardano, invece, l'energia elettrica; per contrastare la tendenza alla crescita dei prezzi, si attribuisce al Ministero dello sviluppo economico il compito di definire un atto di indirizzo per una revisione complessiva della disciplina di riferimento per il mercato elettrico. Si punta, inoltre, ad accelerare i tempi di approvazione del piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale predisposto annualmente da Terna Spa.
Viene regolata la distribuzione dei carburanti, con i seguenti obiettivi: promuovere lo sviluppo di operatori indipendenti e impianti multimarca, agendo anche sulla diversificazione delle tipologie contrattuali che legano produttori e distributori di carburante; favorire una più generale liberalizzazione delle attività svolte dai gestori di impianti di distribuzione di carburanti; incentivare la diffusione degli impianti automatizzati; accrescere la concorrenza; favorire una potenziale diminuzione dei prezzi; agevolare e promuovere l'uscita dal mercato degli impianti di distribuzione meno efficienti.
Si riduce, poi, l'incentivazione degli impianti fotovoltaici in ambito agricolo per evitare la sottrazione di rilevanti aree a vocazione agricola con ricadute negative, sia sul mercato degli affitti, che sull'assetto paesaggistico-territoriale.
Vengono introdotte, infine, alcune disposizioni riguardanti la disattivazione degli impianti nucleari e il conferimento dei rifiuti radioattivi per la messa in sicurezza e lo stoccaggio al deposito nazionale.
Per quanto attiene alla materia ambientale, il provvedimento reca misure volte a disciplinare sistemi di gestione autonoma nel settore degli imballaggi e modifica la normativa in materia di dragaggio. Il Dipartimento della protezione civile, inoltre, non potrà più utilizzare i poteri straordinari previsti dall'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 con riferimento ai grandi eventi.
Sono introdotte, infine, importanti disposizioni in materia di contratti pubblici, tra le quali si segnalano la disciplina delle emissioni di obbligazioni da parte delle società di progetto e del contratto di disponibilità, la previsione del project financing per la realizzazione delle infrastrutture carcerarie e ulteriori innovazioni concernenti le concessioni.
Diverse disposizioni, inoltre, riguardano il settore dei trasporti. Di particolare rilievo è l'istituzione dell'Autorità di regolazione dei trasporti, autorità indipendente alla quale viene attribuita la competenza nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori.
Per promuovere la concorrenza e la liberalizzazione del settore, l'Autorità dovrà anche definire gli ambiti del servizio pubblico ferroviario e le modalità di finanziamento dello stesso. Entro il 30 giugno 2013 dovrà analizzare l'efficienza delle diverse modalità di separazione tra infrastruttura e impresa ferroviaria, riferendone al Parlamento. Il provvedimento dispone anche l'attribuzione all'Autorità di regolazione dei trasporti, sentita l'agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali, del potere di definire, nella progettazione dell'autostrada, le modalità di previsione delle relative pertinenze.
Viene introdotta una nuova disciplina in materia di diritti aeroportuali in attuazione Pag. 9della direttiva comunitaria 2009/12CE ispirata a criteri della trasparenza e della parità di trattamento tra operatori.
Si dispone, infine, il superamento dell'affidamento diretto a Poste italiane spa della gestione informatizzata di tutti i pagamenti connessi alle pratiche di motorizzazione e l'affidamento del medesimo servizio, allo scadere dell'attuale convenzione, mediante procedura di gara nel rispetto della normativa dell'Unione europea.
Il decreto-legge prevede, inoltre, l'istituzione del tribunale delle imprese, ampliando in misura significativa la sfera di competenza delle attuali sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale. Le sezioni specializzate in materia di impresa, se non già previste, sono con specifiche eccezioni istituite presso tutti i tribunali e corti d'appello con sede nei capoluoghi di ogni regione.
Viene introdotto nel codice civile il nuovo articolo 2463-bis avente ad oggetto la società semplificata a responsabilità limitata che può essere costituita da persone fisiche che non abbiano compiuto i 35 anni di età.
Si interviene ampiamente sulla formulazione dell'articolo 140-bis del codice del consumo relativo all'azione di classe a tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti. La novella, in particolare, definisce l'ambito della tutela giudiziale attuabile attraverso l'azione di classe, prevedendo la necessaria omogeneità dei diritti che si intendono far valere e la legittimazione ad agire anche delle associazioni dei consumatori.
Riguardo alle professioni regolamentate si prevede l'abrogazione del sistema tariffario delle professioni ordinistiche stabilendo l'obbligo di rendere nota al cliente la misura del compenso professionale al momento del conferimento dell'incarico con un preventivo di massima. Il professionista deve altresì indicare al cliente i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attività.
Viene poi modificata la disciplina del tirocinio per l'accesso alle professioni, escluse quelle sanitarie, prevedendone una durata non superiore a 18 mesi. Al tirocinante, dopo i primi sei mesi di tirocinio, è riconosciuto il rimborso spese forfettariamente concordato.
Si modifica, inoltre, la disciplina sulle società tra professionisti richiedendo che l'eventuale presenza di soci di capitale sia minoritaria rispetto ai soci professionisti. La disposizione prevede, inoltre, un minimo di tre soci per la scelta del modello cooperativo; che la società tra professionisti abbia una polizza a copertura della responsabilità civile per i danni al cliente; che il segreto professionale debba essere garantito anche all'interno della società.
Si dispone, infine, che per realizzare le strutture necessarie al superamento dell'emergenza derivante dal sovraffollamento delle carceri si debba ricorrere prioritariamente alla finanza di progetto di cui all'articolo 153 del codice dei contratti pubblici.
Vengono stabiliti nuovi criteri per l'apertura e l'assegnazione delle farmacie, aumentandone il numero.
Sono disciplinati gli obblighi del medico e del farmacista nella prescrizione e vendita dei farmaci. Viene estesa la vendita dei farmaci nelle parafarmacie. Si riformula, inoltre, la disciplina di alcuni oneri finanziari a carico dei soggetti produttori o distributori di dispositivi medici.
Una novità rilevante in modo particolare per il comparto agricolo è data dall'introduzione di una disciplina dei contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari conclusi tra i diversi operatori della filiera agroalimentare: a pena di nullità le norme impongono la forma contrattuale scritta ed indicano il contenuto obbligatorio. Il nuovo regime è volto a garantire maggiore trasparenza nei rapporti fra i diversi operatori della filiera agroalimentare.
Viene data attuazione, infine, ad una decisione della Commissione europea, con l'obiettivo di agevolare l'accesso delle imprese ai finanziamenti bancari, contrastando la carenza di utilità e consentendo in particolare la realizzazione dei programmi di sviluppo rurale. Pag. 10
Concludendo, signor Presidente, vorrei fare una considerazione di carattere più generale: nella discussione che si è sviluppata in sede di Commissioni congiunte VI e X e anche nel dibattito pubblico si è detto che si poteva fare di più, un ragionamento, questo, che certamente ha ragione di essere.
Del resto, il testo a cui si è approdati è stato frutto di un confronto ampio nella discussione al Senato, che in alcuni punti ha reso più timido lo stesso testo del Governo. Probabilmente, se il prodotto finale fosse stato opera delle singole forze che sostengono il Governo, sarebbe stato diverso, a seconda delle idee dei singoli partiti, così come è opinione assai diffusa nei partiti e mi pare nello stesso Governo che il provvedimento in esame non sia esaustivo del tema.
Tuttavia, non si può non riconoscere che da qui viene una spinta forte al cambiamento, in un Paese che per troppo tempo - esclusa una significativa e sostanziale parentesi, con una serie di provvedimenti che vengono ricordati e che sono passati alla storia della politica come le cosiddette «lenzuolate» - è stato fermo, per troppo tempo ha consentito il prevalere di interessi particolari, di chiusura alla concorrenza, di oscuramento del merito e delle capacità, tutto questo a scapito delle nuove generazioni, della modernità e della competitività del Paese.
Con il provvedimento in esame certo non tutto è risolto, ma è certo anche che, dopo un lungo periodo di rendite di posizione, dopo l'approvazione del provvedimento in esame possiamo dire di aver fatto un passo importante nella giusta direzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Scarpetti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore di minoranza per la Commissione finanze, onorevole Barbato, ha facoltà di svolgere la relazione.

FRANCESCO BARBATO, Relatore di minoranza per la VI Commissione. Deputato Presidente, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 1 del 2012 sarebbe potuto nascere per consentire la liberalizzazione dell'economia del nostro Paese e, soprattutto, per creare le condizioni affinché vi fosse uno sviluppo delle attività produttive. Tuttavia, allo stato dell'arte ad oggi possiamo dire - ahinoi - che così non è, perché il provvedimento in esame sicuramente non consente maggiore spazio alla concorrenza, né tanto meno liberalizza il mercato. Addirittura ci accorgiamo che non è neanche idoneo a farci pervenire ad una riduzione delle tariffe e dei prezzi. Insomma, con il provvedimento in discussione sicuramente non si porta alcun vantaggio ai consumatori e ai cittadini. Infatti resta ancora fortissimo il gap tra i cosiddetti poteri forti e i consumatori, quelli che stanno in una posizione di svantaggio rispetto a questi poteri forti. Tra questi poteri forti i primi che si devono indicare sono sicuramente le banche, i banchieri.
Noi abbiamo presentato 137 proposte emendative, perché volevamo cercare di rendere questo provvedimento davvero utile per gli italiani: volevamo davvero concorrenza, volevamo davvero mercato libero, volevamo davvero tariffe e prezzi più bassi per gli italiani. Per questa ragione, in modo costruttivo e propositivo, abbiamo formalizzato 137 proposte emendative, ma le avete tutte spazzate via. Questa è la ragione per la quale siamo oggi qui a svolgere la funzione di relatori di minoranza, perché vogliamo dimostrarvi che, se aveste utilizzato le nostre proposte emendative, avremmo fatto un provvedimento davvero utile per gli italiani.
Ad esempio, il primo emendamento è quello con il quale chiedevamo che almeno la metà dell'immensa liquidità che le banche italiane hanno ricevuto in prestito dalla BCE ad un tasso eccezionale dell'un per cento - quella massa enorme di Pag. 11liquidità pari a 139 miliardi di euro - venisse destinata alle famiglie e alle piccole e medie imprese italiane, e che, in un momento eccezionale come questo di crisi economico-finanziaria, venisse applicato un certo tasso d'interesse. A tal riguardo, ricorderanno soprattutto gli italiani l'inchiesta che ho realizzato qui in Parlamento, con la quale ho fatto emergere le condizioni di privilegio della «casta»: ebbene, in questo Paese, vi è chi, con riferimento ai mutui delle banche, gode di tassi pari all'1,57 per cento.
Ebbene, la denuncia che abbiamo fatto come Italia dei Valori non è solo volta ad evidenziare queste situazioni scandalose, ma a cercare di dare, qui nel Palazzo, nel Parlamento, condizioni di favore e di estenderle poi a tutti gli altri. Insomma, vogliamo estendere una par condicio a chi non ha i benefici che, invece, alcuni, ad oggi, hanno? Pertanto, abbiamo chiesto di concedere i mutui agli italiani ad un tasso analogo a quello che viene concesso qui nelle banche del Parlamento, cioè all'1,57 per cento. Abbiamo chiesto che queste condizioni venissero allargate alle famiglie e alle piccole e medie imprese, perché chi vuole fare una politica seria e aiutare davvero le famiglie e le piccole e medie imprese, deve, poi, tradurre queste enunciazioni in atti e fatti concreti. E noi lo abbiamo fatto con atti parlamentari e con emendamenti, ma nulla da fare.
Allo stesso modo, non c'è stato nulla da fare, quando abbiamo evidenziato come, con riferimento ai management delle banche e ai consigli amministrazione che sono ai vertici della gestione delle banche stesse, vi fosse una netta incompatibilità non solo tra i consigli di amministrazione delle fondazioni e delle banche connesse, ma anche con il resto delle imprese, con le imprese concorrenti. Insomma, non vogliamo vedere, come purtroppo è capitato di vedere, vicende come quella in cui l'attuale Ministro Passera, quando era alla guida di Banca Intesa, non solo partecipava con Banca Intesa al 20 per cento del capitale di NTV (Nuovo trasporto viaggiatori) di Montezemolo e company, ma, addirittura, si prestava, nella qualità di garante e di fideiussore, fino a circa 500 milioni di euro, per fare acquisti ed investimenti.
Quindi, vi sono questo tipo di promiscuità e questo abuso di relazioni che sono alla base di un sistema italiano, che stiamo vedendo quanto è corrotto e quanti danni produce ogni giorno. È proprio questo che volevamo eliminare: volevamo eliminare che vi fosse questo intreccio perverso tra chi è in consiglio di amministrazione di fondazioni di banche e le imprese, perché è questa promiscuità, è questo intreccio perverso che fa male all'economia e alla sana imprenditoria del nostro Paese.
Purtroppo, però, dobbiamo vedere e verificare, a tutt'oggi, come intendete il sistema bancario creditizio e il sistema finanziario. Infatti, la dice lunga ciò che abbiamo appreso questa mattina e, cioè, che Alessandro Profumo andrà alla presidenza del Monte dei Paschi di Siena. È mai possibile, in relazione a chi è stato lo scandalo per aver ricevuto una liquidazione di 40 milioni di euro, che proprio nel momento in cui viene liquidato, le azioni di Unicredit valevano 1,9 euro, mentre, nel 2008, valevano cinque volte di più? Andando più indietro, nel 2005, le azioni valevano, comunque, 6 euro.
È mai possibile che il responsabile di un disastro economico-finanziario di ingenti dimensioni, venga premiato con una liquidazione scandalosa di 40 milioni di euro ed oggi, addirittura, questa persona, che all'epoca hanno preso a calci nel sedere e hanno cacciato da UniCredit, venga riportato alla presidenza del Monte dei Paschi di Siena? È questa una grande vittoria del PD, del sindaco di Siena; e capisco, allora, il «papa nero» di cui aveva bisogno il PD; capisco oggi che cosa sia il PD dei banchieri e mi chiedo come pensino di governare il sistema economico-finanziario di questo Paese se continuano a portare avanti delle operazioni che sono davvero immorali. Mi dispiace e rimpiango il grande Enrico Berlinguer che della questione morale aveva fatto la ragione principe della sua politica; invece ci troviamo, oggi, a tenere in questa maggioranza PD, PdL e UdC e si va avanti con queste Pag. 12modalità. Modalità veramente insopportabili, ormai, per il nostro Paese; modalità insopportabili soprattutto perché, rispetto ai milioni che regalate a persone immorali, invece per i giovani, per esempio per i tirocinanti degli avvocati, prevedete un rimborso pari a zero euro per i primi sei mesi. È una vergogna! È una vergogna pure non aver fatto, seriamente, le liberalizzazioni per farmacie e notai; era quello il modo per dare spazio, davvero, ai giovani.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO BARBATO. Relatore di minoranza per la VI Commissione. Siamo a sei minuti e ne ho sette a disposizione, signor Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, mancano 1 minuto e 30 secondi.

FRANCESCO BARBATO. Relatore di minoranza per la VI Commissione. Mi avvio, allora, alle conclusioni parlando dell'articolo 28 dove si affronta il tema dei mutui che le banche concedono pretendendo un'assicurazione. Ebbene, stasera vi farò vedere, su Telelombardia - perché vado a Milano, nel cuore dell'economia, dove più si produce - e vi darò la prova provata di come gli istituti bancari continuino a rimanere del tutto liberi da qualsiasi vincolo posto a tutela degli utenti. Ma non solo, vi voglio parlare, successivamente, spero di poterne avere il tempo, di norme inapplicabili come, per esempio, l'articolo 34 che prevede le tre proposte, i tre preventivi assicurativi che un intermediario deve fare. Con questa norma voi state palesemente violando una direttiva comunitaria, la 2002/92/CE e, addirittura, i regolamenti n. 5 e n. 35 dell'Isvap che prevedono che un intermediario assicurativo debba essere a conoscenza e quindi debba avere una corretta informazione da girare all'assicurato che ha di fronte, al consumatore. Invece, con questa norma, nel momento in cui voi gli chiedete di presentare tre preventivi, allora, delle due l'una: se violerà l'obbligo della corretta informativa da dare al cliente che ha davanti va incontro ad una contravvenzione, a una sanzione; se invece non fa i tre preventivi è la stessa cosa. Quindi, queste sono solo delle norme propaganda che non servono assolutamente agli italiani.
La stessa cosa vale a proposito della scatola nera dove c'è l'ennesima operazione che viene fatta per Octo Telematics di Montezemolo; è sempre lui, con i poteri forti, che sarà l'unico a trarre dei vantaggi dalla scatola nera prevista nell'articolo 32 relativo alle assicurazioni.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Barbato.
Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza per la X Commissione, onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO, Relatore di minoranza per la X Commissione. Signor Presidente, naturalmente continuo la filippica del collega Barbato. Credo che il collega Barbato sia stato anche abbastanza chiaro su alcuni temi e qualche condivisione c'è l'abbiamo anche noi rispetto a tali argomenti. Non mi dimentico e non mi stancherò mai, come ho già fatto di persona con il Presidente del Consiglio Monti in Commissione, di ringraziare questo Governo per la dignità ritrovata nel mondo, rispetto a tutto quello che era successo prima; quindi, su questo vi è il grande riconoscimento mio e anche, credo, di parecchi italiani.
Tuttavia, il problema più grave, per il nostro Paese, oggi, è il lavoro e l'economia e noi su questo dobbiamo dare risposte, senza dimenticare, signor sottosegretario, che nel nostro Paese esiste un altro problema di emergenza gravissima di cui, oggi, non siamo in grado e non possiamo occuparci: il problema della sicurezza. Da noi succedono rapine, furti, omicidi, tutti i giorni, scippi; e questo è un problema che però, di fronte all'economia, al lavoro e alla mancanza di risorse diventa di secondo grado. Primum vivere, dopodiché ci occuperemo di questo problema che sta diventando un'emergenza nazionale su tutto il territorio, soprattutto al nord. Pag. 13
Questo provvedimento arriva da noi alla Camera dopo giorni di lavoro al Senato e oramai siamo abituati, da tempo, con questo Governo, alla fiducia; purtroppo, il nostro sistema bicamerale perfetto è saltato, non esiste più. Noi non abbiamo avuto alcuna possibilità - come ricordava prima il collega Barbato - di illustrare i nostri emendamenti, nonostante ne avessimo presentati 137, credo anche migliorativi. Non chiedo di entrare nel merito degli stessi, ma almeno di dargli un'osservazione, guardarli. Per cui non vi è stato il tentativo da parte del Governo di trovare una soluzione che potesse mediare o medicare questo provvedimento arrivato dal Senato. È saltato il nostro sistema bicamerale. A questo punto dobbiamo dire «basta», dobbiamo dire «basta», anche il Governo se ne renda conto, anche se andiamo avanti a colpi di fiducia.
Il vostro Governo tecnico voluto dal Capo dello Stato fortemente - noi avremmo certamente scelto le elezioni, l'abbiamo detto da subito -, presieduto dal professor Monti, ha pervaso il Paese di un nuovo entusiasmo. Finalmente le persone giuste al posto giusto: questo era ciò che diceva la gente in giro per l'Italia. Nel nostro Parlamento, come spesso abbiamo denunciato noi dell'Italia dei Valori, secondo la legge «porcellum» abbiamo solo dei nominati: vi prego, prima che vi mandino a casa, mettete mano alla riforma elettorale, perché di questo più nessuno parla, e non vorrei finisse la legislatura e ritornassimo al voto con la vecchia legge elettorale, che non ha portato niente di buono.
La speranza che Monti ha suscitato nell'opinione pubblica deriva soprattutto dal suo lavoro di Commissario europeo contro i grandi gruppi di potere, contro la grande concorrenza, e io credo che lì lui abbia acquisito «quest'approccio magnetico» rispetto a tutto il mondo della finanza, nazionale e mondiale. Ma il primo decreto del dicembre scorso, convertito in legge dal Parlamento, ha raffreddato gli animi di tutti gli italiani. La chimera «liberalizzazioni» in Italia continuerà ad essere tale, non è finita, persino con e dopo Monti, uno di cui si dirà: mangiava pane e concorrenza; prima, però, da Commissario, oggi, da Presidente del Consiglio, probabilmente qualche laccio e qualche vincolo, i partiti che lo sostengono, gli mettono.
Le uniche liberalizzazioni del decreto «salva Italia» riguardavano gli orari degli esercizi commerciali; liberalizzazioni che, tra l'altro, erano già in corso, perché si era già pronunciato, ad esempio, il TAR della Liguria, che aveva già liberalizzato, per i paesi turistici, libertà di orario e di aperture. Per cui, niente di nuovo.
I preannunciati provvedimenti sulle licenze dei taxi e delle farmacie si sono bloccati senza avere alcuna concreta ragione reale. Le corporazioni hanno lavorato meglio del Governo. Le misure sulle professioni: bocciate, rimandate di un anno; ma non è un buon segnale pensando al tempo, perché probabilmente voi più di un anno non avrete, per cui su questo non saremo in grado di mettere più mano e di vedere una riforma che si possa definire tale. A chi la responsabilità di queste retromarce? Questa è la copertura del Governo tecnico. Il Governo tecnico ha questa possibilità: far nascondere i partiti, perché così nessuno riesce a risalire a quale partito attribuire la responsabilità delle non riforme, delle non liberalizzazioni delle professioni. Dietro questo si mascherano, perché, contrariamente, di fronte ad un Governo politico, del Partito Democratico o del PdL o chi per esso, avremmo individuato di chi fosse stata la responsabilità, e in fase elettorale, poi, gli elettori se ne sarebbero ricordati e gliene avrebbero fatto pagare il prezzo.
Salvate l'Italia e non trovate di meglio che aumentare la benzina. Il primo provvedimento che avete adottato, neanche il tempo di annunciarlo che la benzina era già aumentata, così come le accise su altri prodotti di monopolio.
Che delusione per gli italiani fiduciosi! Questi sono segnali neanche particolarmente innovativi. Da voi ci saremmo aspettati veramente qualcosa di più. Che dire poi dell'aumento annunciato dell'IVA? Avete intenzione di portare l'IVA al Pag. 1423 per cento e forse anche di più. Non sono laureato alla Bocconi, ma più modestamente alla Statale di Milano e non in una laurea economica, ma giuridica; credo, tuttavia, che non occorra essere laureati alla Bocconi per capire che, se si aumenta l'IVA al 23 o al 24 per cento, si ha una contrazione dei consumi.
Chi paga? Sempre i più deboli. Il Governo tecnico non ha trovato il coraggio di liberalizzare, né di ridurre le spese. È il caso delle missioni militari all'estero: neanche una lira in meno, missioni che non possiamo più permetterci. Sono state rifinanziate tutte, senza nessuna riduzione, ma non possiamo più. Non parliamo poi delle spese folli per l'acquisto di aerei che non ci servono, perché abbiamo emergenze diverse, abbiamo necessità più importanti.
A proposito, signor Presidente, faccio presente che ho sottoscritto una proposta di legge, di cui l'onorevole Pisicchio - che ringrazio - è primo firmatario, per l'istituzione di una Commissione di inchiesta sugli stipendi pubblici nel nostro Paese, dal nord al sud, dalla periferia al centro. Infatti, non si può pensare di fare tagli trasversali o orizzontali senza sapere dove e come. Prima dobbiamo avere una mappatura chiara su come funziona, perché c'è molto spesso anche l'impossibilità di sapere quanto. Ci sono dati nascosti. Le autorità competenti non riescono ad averli, per cui è necessaria l'istituzione di una Commissione che studi dall'anno zero ad oggi quanti sono gli stipendi pubblici, a chi vanno e dove sono nascosti. Molto spesso qui si annidano sprechi dilaganti e nascosti. Solo così avremo un quadro e solo così potremo agire di conseguenza.
Torniamo a noi, ossia al secondo decreto, quello «cresci Italia», varato dal Governo Monti. Anche qui vi sono molte criticità, nonostante le pubbliche dichiarazioni dei vari Ministri; tutto ciò anche grazie alle varie modifiche e alle pressioni delle lobby durante i lavori al Senato.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GABRIELE CIMADORO. Relatore di minoranza per la X Commissione. Molte misure sono rinviate a regolamenti, decreti e disposizioni quasi tutte già varate senza efficacia dal Parlamento. Un esempio: la libertà di iniziativa economica era già stata richiamata nella «direttiva servizi», nello statuto delle imprese, nel «salva Italia», nel «cresci Italia» e nel «semplifica Italia». Stiamo girando intorno al problema senza risultato, con la volontà di abrogare norme che vincolano l'attività economica. Questo mondo modo di legiferare crea solo confusione, ma lascia spazio all'interpretazione e credo che vada corretto.

PRESIDENTE. Deve concludere.

GABRIELE CIMADORO. Relatore di minoranza per la X Commissione. Concludo, signor Presidente.
Nelle misure adottate non ci sono i presupposti di una istruttoria meditata, non c'è tempo per acquisire dati ed esaminare eventuali criticità. Vi sono troppi enunciati normativi ripetuti e mancanza di istruttoria adeguata. Tutto ciò ci porta a risultati legislativi con assenza di analisi del mercato e lontani dalle reali esigenze. Con questo provvedimento, poi, si fa una svolta nel passato e, in violazione dei contenuti del Titolo V della Costituzione, si ritorna alla gestione centralizzata delle risorse degli enti locali. Sul tema delle...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cimadoro.

GABRIELE CIMADORO. Relatore di minoranza per la X Commissione... sul tema dei taxi e sul tema delle autorità sindacali...

PRESIDENTE. Non è colpa mia, voi vi richiamate sempre al Regolamento e lei ormai è trenta secondi oltre.

GABRIELE CIMADORO. Relatore di minoranza per la X Commissione. Volevo segnalare alcuni passaggi significativi...

PRESIDENTE. Non può più farlo. La ringrazio, onorevole Cimadoro. Pag. 15
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Giulietti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, intanto vorrei ringraziare il Governo e, attraverso lei, la Presidenza della Camera perché la scorsa settimana ponemmo in Aula il tema dei funerali di Stato non solo per Lamolinara, ma anche per Placido Rizzotto. Il Governo lo ha accolto con grande sensibilità e mi sembra corretto darne atto all'Aula, perché fu una richiesta avanzata da migliaia di persone di ogni fede e di ogni colore. Mi auguro che quei funerali si possano celebrare proprio a Corleone, laddove fu ammazzato, affinché ciò abbia un grande significato simbolico per tutta l'Italia civile.
Questo mi pareva giusto dirlo in apertura. Il nostro sarà anche un «sì», a nome di una rete di associazioni che si occupano di concorrenza e libertà di informazione, a questo provvedimento, perché è un provvedimento che promuove competizione e concorrenza. Abbiamo detto che ogni provvedimento di questo genere avrebbe trovato il nostro favore. Non ci sono ragioni di merito per non votarlo perché esso determina comunque un'apertura dei mercati, anche se mi permetto di segnalare al Governo alcuni elementi di contraddizione e di confusione che andrebbero affrontati rapidamente con provvedimenti di legge. Mi riferisco, ad esempio, alla grande confusione in materia di diritto d'autore e di diritti connessi, al doppio regime tra la SIAE e l'IMAIE, all'abolizione del Fondo di previdenza per i settori legati alla SIAE (sono questioni delicatissime perché riguardano il mondo della produzione culturale), ad una certa approssimazione grave nell'affrontare i temi dell'editoria, delle edicole e della distribuzione. Non si può intervenire provvedimento per provvedimento. Coordinatevi tutti con il sottosegretario Peluffo, che sta preparando una proposta. Lo dico perché in queste ore stanno chiudendo molti giornali. Vi sono crisi che riguardano Il Riformista, Liberazione, Il Manifesto. Quanto meno vi sia un'azione attiva verso le proprietà, siano informate che è in atto un'azione di riforma. Non si diano alibi, si raccolga l'appello del Presidente Napolitano sulla tutela integrale del pluralismo in un settore che già è povero di pluralismo.
Sono partito da un giudizio positivo. Mi consentirà però il Governo anche di segnalare alcune questioni: ossia che quanto più vi è un clima di adesione, tanto più non possono essere cancellate. Lo dico anche al Presidente Lupi: Presidente, il ricorso continuo ai voti di fiducia, anche se vi potranno essere mille giustificazioni, rischia di logorare il ruolo del Parlamento. Chi si è opposto alle ripetute questioni di fiducia anche con il Governo Berlusconi non può far finta di nulla, perché il voto di fiducia non può diventare un dato ordinario. C'è un rischio di un commissariamento, c'è un rischio di una riduzione a pochi delle decisioni. Io non voterei mai una questione di fiducia se venisse posta sulla questione del mercato del lavoro, magari condividendola. Ci sono questioni che non possono essere risolte per via breve.
Mi consentiranno però i sottosegretari, perché conosco la loro esperienza in materia, di segnalare qualcosa che ancora non c'è nelle liberalizzazioni e sulla quale vorrei delle risposte in corso di discussione nelle prossime settimane. Vi è un grande settore, il settore delle telecomunicazioni, che continua ad essere una foresta pietrificata, che continua ad essere dominata da interessi di pochi. Allora chiedo, continuiamo a chiedere in molti, che l'asta per le frequenze si faccia entro maggio e che il ricavato di quell'asta sia usato per l'Agenda digitale, per l'innovazione, per il Fondo per la cultura e l'editoria. Non ci può essere giustificazione per un ulteriore rinvio dell'asta. Ciò creerebbe soggetti diversi sul mercato (Applausi del deputato Cambursano). Non si può affermare il mercato e avere paura.
Con riguardo al tema delle autorità di garanzia, so che è un tema che non si vuole sollevare in questo periodo. Tra Pag. 16breve si rinnoverà l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l'Antitrust e l'Autorità per la privacy. Chiedo al Governo: ci sarà una discussione preventiva? Si discuterà seriamente del ruolo e delle funzioni? Basta la riduzione a cinque o va indicato che servono arbitri forti, autorevoli, magari studiosi di economia dei media? Io non ho nomi da indicarvi, ma il cognome sì: liberalizzazione e concorrenza anche in questo settore. Non si può arrivare all'ultimo secondo ciascuno ad indicare il suo commissario in Aula. Il Governo Monti ha l'obbligo in questo caso di chiedere che si discuta apertamente di questo tema.
E vengo su un altro punto che non c'è, ma deve esserci a giorni. Si può immaginare liberalizzazione e concorrenza, lasciando la più grande azienda del Paese, la RAI, in questa condizione penosa, prefallimentare? Ho sentito parlare di ipotesi di commissario. Io sono favorevole al commissario, al questore e al prefetto e sono favorevole che scegliate in assoluta autonomia. Quanto più il Governo Monti non utilizzerà la legge Gasparri e non ascolterà nessuno, tanto più avrà il consenso di tutte le associazioni del mondo della comunicazione di questo Paese (Applausi del deputato Cambursano).
Non vi è alcuna contrattazione da fare, tuttavia si può porre una richiesta: intanto applichiamo la legge che c'è. La legge finanziaria per il 2008 e la legge in materia di stabilizzazione finanziaria del 2010 già prevedevano la riduzione a cinque dei consiglieri di amministrazione. Non c'è da fare nulla di nuovo, si può procedere all'immediata riduzione come si è fatto per le Authority. Ciò indicherebbe un cambiamento e costringerebbe tutti a cambiare vecchie e sbagliate abitudini.
La domanda che pongo al Governo e anche alla Presidenza è: si può almeno discutere in quest'Aula di quale è la missione che verrà assegnata al commissario o al consiglio di amministrazione o all'amministratore delegato? Si può discutere in un'Aula del Parlamento delle questioni vere, che non sono i consiglieri di amministrazione o i nomi dei direttori? La domanda è: l'azienda RAI dovrà assomigliare alla BBC o alla televisione pubblica russa di Putin? Dovrà tornare a competere con il concorrente o dovrà avere il freno a mano tirato? Dovrà essere un'azienda che ricerca talenti, gusto, stile, cultura, sobrietà o dovrà essere un'azienda imbavagliata?
È questa la grande questione. Dovrà essere il motore dell'Agenda digitale o dovrà essere un'azienda che guarda al passato? Allora, va bene non discutere i nomi, ci mancherebbe. Ma la missione la può discutere il Parlamento? Può essere impegnato in una grande discussione culturale? Può essere questa la sede di una richiesta formale? Si esca dalla clandestinità sulle authority e sulla RAI! Si discuta della missione pubblica in questo grande settore delle comunicazioni! Si discuta del bene comune! Credo che questa sia una cosa che debba essere condivisa.
Concluderò ricordando che il Presidente Monti, quando venne in quest'Aula, disse con un certo coraggio che lo chiamavano il «Saddam dell'antitrust» per le modalità con le quali ha contrastato Bill Gates. Secondo me è più semplice contrastare Bill Gates in Europa che non contrastare il conflitto di interessi in Italia, ma la richiesta è molto semplice: il Presidente del Consiglio porti fino in fondo le dichiarazioni programmatiche su questo terreno. Le dirò che non serve fare il «Saddam». Basta un modesto, moderato, ordinato e liberale europeo per mettere ordine in modo radicale in un settore che dorme ormai da troppi anni.
Concludo, con una citazione, signor Presidente, che invece riguarda tutt'altro argomento e che segnalo al Governo. Oggi è una giornata particolare perché sulla rete da migliaia e migliaia di persone vengono ricordati gli italiani sequestrati. Non solo Rossella Urru, ma anche gli altri. Lo fanno con garbo perché non è un'azione contro, ma anzi è di sostegno al lavoro continuo e paziente che stanno svolgendo in terreni difficilissimi gli uomini dei servizi e del Ministero degli esteri. La richiesta molto semplice è quella di tenere informate le Commissioni competenti del Parlamento rispetto a ciò che Pag. 17accade costantemente, senza lasciare mai una zona di silenzio, nella speranza che si possa concludere positivamente. Ovviamente non dobbiamo essere noi i primi ad essere informati, ma soprattutto ci auguriamo che possano e debbano essere i familiari delle persone sequestrate (Applausi del deputato Cambursano).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI. Signor Presidente, con questo provvedimento che stiamo esaminando si segna un punto importante dell'azione del Governo, che noi sosteniamo. Si tratta, infatti, di un provvedimento lungo la strada di rendere il Paese più forte, più aperto e più competitivo; un Paese che allarghi le opportunità soprattutto alle giovani generazioni e che insieme sia più attento e rigoroso nel tutelare, con la libera concorrenza e con un autentico rispetto delle regole del mercato, i diritti dei consumatori, degli utenti e dei cittadini.
In questo senso, credo che questo provvedimento, che fissa disposizioni per la concorrenza, lo sviluppo e la competitività, possa e debba essere letto insieme agli altri che il Governo ha già assunto insieme al Parlamento nelle scorse settimane. Mi riferisco al cosiddetto decreto-legge «salva Italia» e all'altro che riguarda le semplificazioni. Questo insieme di decisioni ha consentito in questi primi mesi di attività dell'Esecutivo di allontanare l'Italia dal baratro. Certamente questo è avvenuto - dobbiamo ricordarlo - anche con scelte difficili e anche dolorose, alcune delle quali noi del Partito Democratico vogliamo che siano ancora emendate e cambiate per un'elementare senso di giustizia.
Mi riferisco, per esempio, ad alcune situazioni di lavoratori in attesa di pensione e a certe situazioni che riguardano il mondo della scuola, ma non c'è dubbio che queste iniziative del Governo hanno consentito al Paese di recuperare immagine e credibilità internazionale. Sto parlando di quella credibilità che avevamo perso, che pesa sui mercati e che consente di svolgere - una volta riacquisita - un ruolo incisivo nelle dinamiche e nelle scelte di fondo europee e globali. Tali scelte hanno evitato il fallimento dell'Italia, che sarebbe la cosa che più negativamente peserebbe sulle fasce più deboli della nostra società.
Noi consideriamo questi passaggi fondamentali, anche se sappiamo bene come si sia soltanto iniziato un cammino e riaperto un cantiere, dopo anni di immobilismo sulla strada di garantire all'Italia quella modernizzazione e quelle riforme che non ha mai conosciuto. Ci attendono quindi nelle prossime ore e nelle prossime settimane altre decisioni fondamentali. Penso al confronto, in atto in queste ore, sulla riforma del mercato del lavoro, che ci auguriamo possa al più presto pervenire ad una soluzione positiva, il più possibile condivisa, innovativa e in grado di dare risposte soprattutto ai milioni di giovani che sono condannati al precariato. Ma deve essere un confronto che preveda anche tutele reali e concrete al lavoro, ai lavoratori e alla stessa impresa. Penso poi ai provvedimenti legati all'esercizio della delega fiscale, strategici per invertire una rotta che condanna l'Italia alla vergogna di un sistema fiscale che pesa in maniera insopportabile ancora sul lavoro dipendente, sulle imprese e sulle famiglie e ancora troppo poco sulle rendite e sui grandi patrimoni. È un sistema fiscale «azzoppato» anche da un livello di evasione e di elusione che, prima ancora di essere un freno alla crescita e allo sviluppo, sono una vergogna etica e morale. Penso, infine, a provvedimenti contro la corruzione, che costituiscono per il Partito Democratico un punto centrale insieme a quelli legati al funzionamento della giustizia. Sono anche questi temi centrali: la corruzione diffusa e la giustizia lenta ed inefficiente non soltanto sono fattori che abbassano con l'etica pubblica anche il rating morale internazionale dell'Italia, ma rappresentano un freno allo sviluppo e alla crescita. Ancora una volta le parole pronunciate dal Presidente Napolitano vanno a interpretare questa esigenza. Sviluppo e crescita, crescita ed equità sociale Pag. 18sono le parole che il Presidente Monti in questa Aula pronunciò al momento del suo insediamento. Noi crediamo - e lo diciamo anche alla luce del provvedimento sulle liberalizzazioni - che l'intreccio tra queste parole, tra tutte tre queste parole, sia fondamentale. La crisi e la recessione che stiamo vivendo, i segnali drammatici che ogni giorno vengono dalla vita quotidiana delle famiglie, dal mondo del lavoro e dall'impresa devono fare in modo che Governo, Parlamento e parti sociali insieme dedichino ogni sforzo a questi obiettivi: rigore (abbiamo già dato), crescita ed equità. Per questo apprezziamo i contenuti del provvedimento che stiamo discutendo. Li apprezziamo perché vanno nella direzione giusta e perché come Partito Democratico - lo vogliamo dire - abbiamo contribuito, con proposte che in parte significativa sono state recepite, ad introdurre importanti miglioramenti. Del resto, in un Paese come l'Italia, dove in tanti, troppi, in questi anni si sono proclamati a favore di un'idea davvero liberalizzatrice - e questo non vuol dire senza regole - il Partito Democratico - crediamo di poterlo dire obiettivamente - ha sempre avuto le carte in regola, una coerenza obiettiva. Mi riferisco ai provvedimenti adottati durante il Governo Prodi dall'allora Ministro Bersani. Mi riferisco al nostro programma elettorale del 2008 e ai disegni di legge che in questo Parlamento il Partito Democratico ha presentato fin dall'inizio della legislatura. Su alcuni punti - lo diciamo - avremmo voluto un testo più coraggioso e più innovativo; tuttavia non dobbiamo sottovalutare importanti risultati per la competitività del sistema che sono contenuti nel provvedimento. Viene finalmente sciolto il nodo della separazione della proprietà e della gestione della rete di distribuzione del gas, dando a questa tempi e orizzonti certi. Così viene rafforzata una positiva concorrenza nel settore e insieme si assegna una soggettività industriale più marcata alle politiche di sviluppo del Paese, soggettività che potrà crescere ulteriormente se la rete gas sarà in prospettiva legata a quella elettrica. C'è poi la partenza rapida dell'Authority per i trasporti, che rappresenta un altro presupposto necessario per la concorrenza in un settore strategico. Più coraggio - lo diciamo anche questo francamente - avremmo voluto che fosse esercitato per quanto riguarda il campo delle professioni. Dicevo più coraggio, più voglia di futuro, tuttavia anche qui si introducono regole più innovative e, in definitiva, si aprono prospettive per più posti di lavoro per i giovani professionisti.
Particolarmente rilevanti sono per noi anche le norme - penso al settore bancario o a quello delle assicurazioni - che offrono migliori opportunità e tutele agli utenti, innanzitutto alle fasce più deboli, agli anziani, ma non solo. Penso a tutti quei milioni di cittadini che, nel momento in cui andranno a stipulare una polizza o a contrattare un mutuo, saranno più difesi e più liberi, meno stretti da quella sorta di forme «prendere o lasciare» che sono insopportabili ed anacronistiche.
Voglio aggiungere un solo concetto, avviandomi a concludere, legato al settore bancario, che consideriamo decisivo per il futuro dell'Italia. Vogliamo un settore bancario che sia solido, affidabile e trasparente, che sostenga la crescita, l'impresa diffusa, gli investimenti, i giovani. Oggi non è così!
Noi difendiamo il senso e la sostanza delle norme approvate anche al Senato, che riguardano la poca trasparenza delle commissioni in alcune banche per la concessione di una linea di credito e la necessità, conseguente, di tutelare i cittadini. Non vi era alcuna volontà punitiva e vedremo cosa Governo e Parlamento, insieme, potranno eventualmente fare per migliorare gli effetti di quella norma per le banche che non garantiscono trasparenza, ma ormai è chiaro come in questo Paese si sia aperto un tema di fondo, che, al di là del decreto-legge, non può e non deve essere eluso: distinguere nella regolazione del sistema le banche commerciali da quelle che, invece, lavorano sul settore degli investimenti.
Concludendo, voglio ribadire come secondo noi si sia di fronte a norme che, nel complesso, vanno nella direzione giusta, Pag. 19che è poi l'unica possibile, quella di rendere l'Italia un Paese più aperto e insieme regolato, più competitivo e più trasparente, un Paese credibile, nel quale sia possibile e affidabile investire.
Questi provvedimenti, lo sappiamo, non avranno tutti effetti immediati e per noi sono, tra l'altro, una partenza, o meglio, una ripartenza lungo la strada che dovrà conoscere, in prospettiva, altre innovazioni coraggiose; tuttavia, gli effetti sul medio termine saranno presto visibili. Del resto, è stato ricordato, chi investe sull'Italia, gli investitori stranieri, e chi investe sui nostri titoli di Stato, per esempio, calcola gli effetti di queste intraprese non sull'immediato, ma sulla base di quelle che prevedibilmente saranno le condizioni del Paese alla scadenza di quegli stessi investimenti.
E se è vero, come è vero, che tutte le indagini, da quella della Banca d'Italia a quella dell'OCSE, ci dicono che nel medio periodo un programma di apertura di mercati chiusi, che penalizzano la concorrenza e i consumatori, può aiutare a ottenere risultati in termini di crescita, allora si capisce ancora di più l'importanza di questo disegno.
L'altro giorno, nelle Commissioni riunite finanze e attività produttive, il Presidente del Consiglio ha affermato la necessità di questi provvedimenti: non solo, ha detto, perché l'Europa ce lo chiede, ma per la convinzione ragionata che il nostro Paese non abbia alternative concrete, perché sono elementi costitutivi di una rinnovata autorevolezza dell'Italia, grazie alla quale quest'ultima potrà essere a pieno titolo protagonista in sede europea delle necessarie riforme.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Verini.

WALTER VERINI. Ho finito, signor Presidente. Credo che queste parole del Presidente Monti siano giuste. Noi del Partito Democratico ci riconosciamo in queste, con le nostre idee e con la volontà di aiutare l'Italia ad affrontare un tornante tra i più difficili della sua storia. Lo facciamo sostenendo lealmente il Governo e questo provvedimento, contribuendo a migliorare in ogni occasione i contenuti delle varie disposizioni di un Governo che, secondo noi, ancora di più deve lavorare, come sta facendo, con serietà, nell'interesse generale del Paese, che è la stessa bussola che riguarda anche l'azione del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

ANGELO CERA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, questo decreto-legge, che è il n. 1, non è solo il primo intervento legislativo del 2012 del Governo Monti, ma è anche il primo atto di quella nuova fase di misure legislative finalizzate alla crescita, ossia allo sviluppo del nostro sistema economico attraverso la modernizzazione delle infrastrutture materiali ed immateriali e i livelli di competitività delle attività economiche.
La nuova fase obbliga il nostro Paese ad uno sviluppo senza il tradizionale deficit spending, ossia attraverso investimenti pubblici effettuati con risorse procurate a debito.
Qualche settimana fa la Camera ha approvato in terza lettura la modifica dell'articolo 81 della Costituzione, che obbliga al pareggio di bilancio con fonte di rango costituzionale. Con il decreto-legge n. 138 del 31 agosto 2011, ossia con la seconda manovra estiva, il pareggio di bilancio è stato anticipato dal 2014 al 2013. Il six pack, definito nel marzo 2011 e il nuovo trattato sul fiscal compact, firmato da 25 Stati su 27 dell'Unione europea - che recupera e contiene il six pack, elevandolo al rango di norma primaria con vincolo di accordo internazionale - obbliga l'Italia e gli Stati membri dell'Unione europea ad una disciplina di bilancio rigorosa, trasparente e sempre più europea piuttosto che nazionale.
Le politiche fiscali dell'Italia dovranno essere, pertanto, modellate sulla logica del pareggio nel 2013 e sull'azzeramento, quindi, del disavanzo nel 2013, attraverso la riqualificazione della spesa pubblica e Pag. 20attraverso un livello di entrate che garantisca un avanzo primario di almeno il 5 per cento.
Sul lato della spesa pubblica il Ministro Giarda ha già completato con la sua Commissione il primo rapporto sullo spending review che è all'esame del Parlamento per meglio definire metodi e priorità di intervento. Se le idee sono chiare già nel Programma di stabilità, da definire entro il 30 aprile prossimo, possono essere definiti i tagli alla spesa pubblica prevedendone la destinazione nel Piano nazionale delle risorse, al fine di renderli concreti con la legge di stabilità a settembre prossimo, sulla base degli obiettivi di finanza pubblica definiti con il Documento di economia e finanza del prossimo luglio.
In tale ambito si potrà anche misurare la possibilità di ridurre la pressione fiscale, giunta oggi al 45 per cento con l'approvazione del decreto-legge cosiddetto «salva Italia» che, insieme all'aumento dei costi dei fattori energetici, colpisce fortemente il sistema produttivo e del servizio offerto dalle micro e piccole imprese, già fortemente indebolite dal credit crunch delle banche, dovuto alla grave congiuntura finanziaria dell'Occidente e dell'Europa.
Questo Governo si sta muovendo su due fronti. Il primo è volto a garantire la sostenibilità dell'alto debito pubblico italiano, pari nel 2011 al 120 per cento del PIL, e lo ha fatto con la prima manovra del decreto-legge «salva Italia» che ha messo in sicurezza i conti pubblici. Il secondo è volto a ridurre i costi dell'infrastrutturazione burocratica, sia nei tempi sia nei costi dell'erogazione dei servizi, e a migliorare gli incrementi di produttività, oggi condizionanti dagli assetti dei mercati di riferimento influenzati da regole produttive.
Per quanto riguarda il primo fronte, il decreto sulle semplificazioni amministrative, già in Gazzetta, ed il decreto sulla semplificazioni fiscali, in corso di esame al Senato, rappresentano una prima concreta risposta all'esigenza del perseguimento dell'obiettivo dell'aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione, tra l'altro auspicata anche dalla BCE con la nota lettera di Trichet e Draghi dello scorso 5 agosto 2011.
Sul secondo fronte siamo alle conclusioni con l'esame in seconda lettura di questo decreto sulle cosiddette liberalizzazioni e tra qualche settimana dovremmo chiudere il primo cerchio con la riforma del mercato del lavoro.
Si tratta di riforme strutturali che migliorano la produttività totale dei fattori, rendendo più efficiente, e quindi meno costoso, il sistema economico italiano, qualificandolo come più competitivo sulla scena dei rapporti commerciali europei e globali.
Nel 2012, secondo i più accreditati organismi di valutazione italiani, europei e mondiali, la nostra economia dovrebbe avere una flessione negativa del PIL tra l'1,2 e l'1,5 per cento, per recuperare nel 2013 con un aumento dell'1 per cento. La prevista recessione nell'anno in corso pone seri problemi di tenuta della coesione sociale, stante l'estendersi di più larghe sacche di povertà e marginalità sociale, soprattutto in parti significative del Paese, come il Mezzogiorno, e il nostro primo pensiero va a quella parte del nostro territorio tanto dimenticato da tutti, da tutti.
Il senso della responsabilità dimostrato dalle forze sociali e la difficile intesa tra le maggiori forze politiche del Parlamento, da anni auspicata e sostenuta dall'Unione di Centro per il Terzo Polo, rappresentano un forte deterrente verso tentazioni di speculazione politica ed elettorale sulle difficoltà del Paese, ma ciò non basta. Occorre anche dare risposte immediate ed equilibrate e sicuramente questo decreto è una risposta immediata sul lato dell'efficienza economica del Paese; ma mentre gli effetti positivi saranno visti a medio termine, quelli negativi saranno registrati a breve termine. È vero che alcune misure sulla liberalizzazione si tradurranno in una maggiore concorrenza e quindi comporteranno una riduzione dei costi di produzione di beni e servizi, con un conseguente abbassamento di prezzi e tariffe. È vero pure, però, che molti soggetti Pag. 21economici non reggeranno il mercato e saranno costretti a chiudere, con preoccupanti e non stimati effetti sociali per quanto riguarda l'occupazione.
Sarà pertanto necessario accompagnare questo provvedimento, che mi auguro sia il primo di una serie di misure di tal tipo e significato che meglio spiegherò, con strumenti di accompagnamento sul piano della sicurezza sociale, ossia con ammortizzatori sociali che si facciano carico delle cosiddette vittime di quella «distruzione creativa» di cui parlava Shumpeter. Non concordo quindi con quanti giudicano «povero» questo provvedimento perché ha tradito le aspettative di chi credeva in una rivoluzione liberale. Certo, si poteva fare di più e meglio, ma comunque si è fatto molto rispetto a tre anni di inerzia e silenzio su questi temi. Basterebbe riflettere solo sull'articolo 1, che rende più incisivo il disposto dell'articolo 41 della Costituzione sull'iniziativa privata e sulla libertà economica. L'abrogazione di norme incompatibili, irragionevoli e non proporzionate, che pongono limiti, programmi e controlli all'iniziativa economica privata, purché non sia in contrasto con altre esigenze di tutela costituzionale, è già di per sé un grande passo in avanti che spazza via autorizzazioni, licenze e nulla osti inutili, che ritardano e frenano l'iniziativa di impresa e lo sviluppo economico. Il fatto che dallo Stato questa norma di principio si trasferisca anche a province e comuni, qualificando «virtuoso» chi si adegua, con risvolti positivi per derogare parzialmente agli attuali vincoli del Patto di stabilità interno, è un ulteriore motivo di soddisfazione.
La preoccupazione che tale importante norma non si applichi al trasporto di persone e cose su autoveicoli non di linea, ai servizi finanziari e di comunicazione, e alle attività sottoposte alla regolazione da parte delle Autorità indipendenti, è questione più dialogica che concreta, così come pure la riserva espressa sul buon funzionamento dell'esercizio dei poteri sostitutivi del Governo verso quelle realtà di enti locali che non si adeguino all'articolo 1 richiamato. Non condivido nemmeno il pessimismo con il quale alcuni «leggono» la possibilità che si è riservata il Governo di emanare entro l'anno i regolamenti che esplicitano le attività per le quali permarrà l'atto preventivo di assenso da parte della pubblica amministrazione, che deroga in tutto o in parte alla nuova norma, perché tale pessimismo risente più di una visione ideologica di un'economia senza regole, che di un sistema dove le regole garantiscono invece le posizioni più deboli, soprattutto sul piano sociale e ambientale.
Di questo decreto voglio segnalare la norma che ritengo più importante: la separazione proprietaria di Snam Rete Gas dall'ENI, che dovrà essere meglio disciplinata da un decreto del Presidente del consiglio dei ministri da emanarsi entro sei mesi. Spero anche che i sei mesi non diventino nove anni. Infatti già nel 2003 venne stabilito che nel 2007 la società controllante non poteva detenere più del 20 per cento del capitale sociale delle società controllate operanti nel mercato dell'energia elettrica e del gas. Poi però le finanziarie del 2006 e del 2007 hanno rinviato l'applicazione di tale norma di ventiquattro mesi, legandola all'emanazione di un DPCM mai emanato. Speriamo che questa sia la volta buona, signor sottosegretario.
Molto importante invece, se la si considera come primo passo, è la norma che disciplina il mercato dei carburanti. L'alto costo del gasolio e della benzina, che si avvicina ormai ai due euro al litro, pesa sui bilanci delle famiglie e delle imprese in modo incisivo. Abbiamo raggiunto un limite insopportabile. Chiediamo al Governo di studiare soluzioni che ne blocchino ulteriori aumenti, soprattutto sganciando l'accisa sulla benzina dalle forme di finanziamento degli interventi a seguito delle calamità naturali. Questo primo passo segna però l'avvio del superamento del vincolo di esclusiva tra gestore e compagnia di bandiera. In pratica si fissano i presupposti per il riscatto degli impianti diversi dalle cosiddette pompe bianche. Solo quando i gestori saranno autonomi dalle compagnie petrolifere, che regolano i prezzi secondo logiche oligopoliste (sfruttando Pag. 22tra l'altro gli stessi gestori) potremo avere un vero mercato libero della benzina, a vantaggio dei consumatori. Stiamo però andando nella direzione giusta.
Un altro punto su cui si discute, riguarda i servizi pubblici locali, in particolar modo la gestione in house. Il parere obbligatorio ma non vincolante dell'Antitrust non risolve il problema della fattibilità e convenienza della soluzione, dal momento che se il parere fosse negativo l'ente pubblico di controllo proseguirebbe sulla sua strada, ancorché non conveniente sul piano economico e commerciale. A questo punto la domanda: a che servirebbe una norma di liberalizzazione? A questa debolezza della norma andrà posto riparo, magari in un secondo tempo. Capiamo infatti gli interessi in gioco di migliaia di ex municipalizzate, in mano sia al PD che al PdL, oltre che alla Lega, dal momento che controllano il 90 per cento degli enti locali. Quello a cui plaudiamo è il recupero dei bilanci delle aziende speciali nel Patto di stabilità interno, cosicché finisce la furberia di costruire società formalmente esterne per nascondere o sottrarre le spese sostenute al sistema di contabilità nazionale.
Positivo è il tribunale delle imprese, con sede però almeno in tutte le corti di appello. Molti investimenti non vengono fatti a causa della lunghezza dei processi civili (oltre 600 giorni in Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Cera...

ANGELO CERA. Presidente, parlo solo io per l'Unione di Centro per il Terzo Polo, mi faccia finire.

PRESIDENTE. Onorevole Cera, volevo solo darle i tempi, ci mancherebbe altro. Ascolto volentieri, finisca.

ANGELO CERA. Signor Presidente, la certezza del diritto in economia è fondamentale per il libero svolgimento delle attività commerciali e contrattuali. L'Italia è penultima nell'Eurozona per gli investimenti stranieri, soprattutto nel Mezzogiorno, proprio per l'area di illegalità e non legalità che caratterizza la vita civile delle comunità locali. Favorire la giustizia civile in breve termine significa agevolare l'insediamento e lo svolgimento di attività produttive che creano occupazione e benessere. Sappiamo, però, che non bastano le sezioni specializzate di alcuni tribunali per risolvere i ritardi della giustizia, ma occorre la riforma dei codici e lo snellimento dei processi. Un capitolo a parte meriterebbe la questione della riforma delle professioni. Mi dispiace che il Parlamento sia tornato indietro rispetto all'abolizione dei minimi tariffari, ripristinandoli. Le questioni della riforma degli ordini professionali e l'ampliamento della tipizzazione delle materie di competenza degli ordini si portano avanti senza soluzione da oltre un decennio senza risultati. Noi dell'UdC chiediamo che sul punto si facciano passi avanti decisi, in linea con la normativa europea, ossia con la direttiva servizi, e con gli altri Stati con i quali dobbiamo competere. Il preventivo della parcella e il pagamento del tirocinante rientrano in quel processo di trasparenza che spetta a tutti gli operatori economici.
Per concludere, signor Presidente, dico che ci affidiamo ad una seconda tornata di liberalizzazioni, soprattutto ricorrendo allo strumento legislativo previsto, la legge annuale sulla concorrenza. Abbiamo nella Presidenza del Consiglio dei ministri il numero uno nella materia della concorrenza, Catricalà, già presidente dell'Antitrust. A lui chiediamo una marcia in più. La chiediamo anche sui servizi postali, con la privatizzazione dell'azienda pubblica e la restrizione della riserva legale. Inoltre, chiediamo la privatizzazione di Trenitalia con la separazione della rete ferroviaria affinché il servizio non venga svolto in condizione di monopolio. E noi del sud lo conosciamo questo monopolio mortificante per tutte le aree del sud. Servono contratti di servizio affidati con gare su un mercato più ricco di offerta. Chiediamo anche che Telecom Italia liberi l'ultimo miglio e che le frequenze liberate dal digitale terrestre siano affidate con gara ad evidenza pubblica coinvolgendo i gestori della telefonia mobile. Pag. 23
Signor Presidente, signor sottosegretario, abbiamo ancora molta strada da fare e la vogliamo fare assieme, con l'UdC disposta a spingere in avanti. Siamo soddisfatti di quello che è stato fatto, perché abbiamo visto che molti frenavano. Per ora, a noi basta così (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, personalmente prima che fosse varato avevo riposto una grande fiducia in questo provvedimento. Il professor Monti, infatti, il giorno che si era presentato in Parlamento per chiedere la fiducia aver fatto un discorso molto onesto, apprezzabile; ci aveva detto che la situazione del Paese era davvero grave e che avevamo un obiettivo difficile da raggiungere entro il 2014 e che gli strumenti per raggiungerlo erano essenzialmente due: agire con una «cura da cavallo» sui conti pubblici tagliando la spesa e, considerata l'emergenza, anche mettendo mano alla leva fiscale, ma pure agire vigorosamente sul fronte della crescita. Poiché il nostro obiettivo è quello di raggiungere certamente il pareggio di bilancio, ma anche quello di far rientrare in determinati parametri il rapporto deficit-PIL, va da sé che se il nostro PIL non cresce, le lacrime e sangue richieste con le manovre economiche agli italiani diventano in gran parte inutili.
A fronte di un ragionamento tanto franco da poter addirittura apparire ruvido e soprattutto in considerazione del curriculum del professor Monti e anche della natura tecnica di questo Governo, ero certa che il provvedimento varato sulle liberalizzazioni avrebbe costituito finalmente quell'input alla crescita e quel grimaldello che avrebbe scardinato le tante catene che fino ad oggi hanno rappresentato un vero ostacolo alla concorrenza. Un intervento che rivedesse in maniera seria la miriade di ordini professionali, che altro non sono che l'evoluzione della specie delle corporazioni medievali. Una riforma drastica del sistema bancario, in particolare per quanto riguarda il credito, che rimettesse finalmente al centro del sistema il cittadino, l'imprenditore vero, piccolo, medio, grande che sia, e una rottura di quelli che non possono esser definiti monopoli, ma che sono dei cartelli, dei trust a dirla in inglese, che nei fatti negano la concorrenza e danneggiano il consumatore. Purtroppo nel decreto-legge varato dal Governo non c'è stato nulla di tutto questo e la delusione è stata grande. Il «suk» di modifiche che si è verificato al Senato - perché alla fine al testo originario sono state apportate circa 140 modifiche - in molti casi addirittura ha peggiorato la situazione iniziale. Tutto questo, signor rappresentante del Governo, è francamente inspiegabile, perché quella attuale era la condizione favorevole per realizzare tutte quelle riforme che sino ad oggi non è stato possibile fare. Un Governo di emergenza, di profilo tecnico, che può contare su una maggioranza parlamentare smisurata, che gode del sostegno ampiamente maggioritario dell'opinione pubblica, ma che soprattutto può lavorare senza preoccuparsi dei riflessi elettorali delle proprie azioni, costituiscono una situazione unica che difficilmente si potrà riprodurre nella politica italiana.
Al netto della propaganda, le famose lenzuolate dell'allora Ministro Bersani furono ben più coraggiose e soprattutto molto più avanzate, viste le condizioni date. Ricordo che nella scorsa legislatura intervenni in quest'Aula nel dibattito sulla fiducia e sul decreto Bersani, perché ero membro della Commissione attività produttive e ricordo che il Ministro in Aula doveva difendere il suo provvedimento in primo luogo dalla sua stessa maggioranza, che annoverava almeno dieci sigle, ognuna delle quali pretendeva qualcosa, ma poi doveva anche difenderlo dal rigurgito corporativista che per settimane - perché tanto duravano gli esami in quest'Aula la scorsa legislatura - ha visto sfilare davanti a Montecitorio tutte le categorie, dai notai agli impiegati del PRA. Ora, gran parte di quelle misure, soprattutto quelle inserite Pag. 24nei disegni di legge, furono stravolte in Parlamento ma, per portare soltanto due esempi, se gli italiani per la prima volta hanno avuto il diritto di chiudere un conto corrente bancario senza pagare un centesimo per prendere i loro soldi e spostarli su un prodotto più vantaggioso, se gli automobilisti hanno potuto conservare la classe di merito nei passaggi da assicurazione ad assicurazione e per la stipula di un contratto relativo a un familiare, il merito è stato del Governo Prodi e dell'allora Ministro Bersani che - si deve ricordare - ogni volta che entravano in quest'Aula o nell'Aula del Senato, si trovavano nella situazione del domatore che entra nella gabbia del leone, però praticamente erano disarmati, senza frusta e senza sgabello. In proporzione, signori rappresentanti del Governo, questo Esecutivo ha fatto molto meno ed è stato di gran lunga più pavido, e voi ci dovreste spiegare il motivo, invece che mettere la fiducia tra poche ore.
Il decreto-legge si compone di più di cento articoli: dunque di materia per parlare ce ne sarebbe a iosa e questo sarebbe stato il mio intento. Purtroppo però non posso entrare nel merito del provvedimento prima di aver posto alcune importanti questioni di natura procedurale, regolamentare e credo anche con profili di rilievo costituzionale e mi rivolgo a lei, Presidente Lupi, affinché sottoponga quanto sto per dire all'attenta valutazione del Presidente Fini. Presidente Lupi, mi dispiace disturbarla, ma dicevo che vorrei che lei prestasse attenzione a quanto sto per dire affinché possa sottoporre alla valutazione del Presidente Fini quanto sto per esporre. L'articolo 81, quarto comma, della Costituzione impone l'obbligo di copertura finanziaria per le norme di spesa. La Commissione bilancio della Camera dedica gran parte della sua attività all'esame dei provvedimenti in sede consultiva proprio per garantire il rispetto di questa disposizione costituzionale. Il decreto in esame è stato licenziato dalle Commissioni di merito senza alcuna modifica rispetto al testo approvato dal Senato.
Ciò anche perché, come il Governo ha reso noto fin dall'inizio dell'esame in Commissione e lo stesso Presidente Monti ci ha confermato nell'audizione del 15 di marzo, il testo è considerato immodificabile per evitare una terza lettura al Senato, che lo esporrebbe al rischio di decadenza dei termini per la conversione. Ciò detto, sempre in data 15 marzo, è stata depositata in Commissione bilancio la relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato sul decreto in esame. In questa relazione la Ragioneria non dà parere positivo in merito alle coperture finanziarie degli articoli 24-bis, comma 1, dell'articolo 56, comma 1-bis, dell'articolo 71, comma 3-bis, dell'articolo 76, comma 2 e dell'articolo 35, comma 3-bis.
Già il fatto che il decreto sia oggi in Aula, prima ancora che la Commissione bilancio abbia espresso il parere, è chiaro che denota quantomeno una certa anomalia nelle procedure seguite, però anticipo la risposta che mi darà sicuramente il Presidente Lupi, riconoscendo che forzature di questo tipo non è la prima volta che succedono, nel senso che in via di prassi il parere della Commissione bilancio può succedere che venga espresso dopo la discussione generale. Tuttavia il problema che io voglio porre a lei, signor Presidente, ed anche ai rappresentanti del Governo, è il seguente: dalla nota del servizio Assemblea noi sappiamo già che domani mattina l'Aula è convocata alle ore 10, con inizio della votazione alle ore 11. Ebbene, io mi chiedo: ma la Commissione bilancio avrà il tempo necessario per entrare nel merito delle importanti rilevazioni fatte dalla relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato.? Non solo: ci sarà poi la libertà di assumere quegli atti che sembrano non solo consequenziali, ma anche doverosi? Non so che parere voterà la Commissione bilancio, come non so quando il Governo porrà la questione di fiducia, ma mi sembra scontato che la fiducia del Governo non possa essere posta prima del parere della Commissione bilancio, per evitare di comprimere e mortificare ulteriormente le prerogative della Camera dei deputati. Pag. 25
Comunque, proprio perché rimanga agli atti dell'Aula, cito testualmente le motivazioni addotte dalla Ragioneria generale dello Stato in base alle quali non è stata concessa la «bollinatura» degli articoli che ho elencato. All'articolo 24-bis, comma 1, dove si prevede l'incremento di 40 unità nella dotazione organica per l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, la relazione dice testualmente: «Per quanto riguarda i profili di copertura di detta spesa non vi è alcuna coerenza tra la relazione tecnica ed il contenuto delle disposizioni; inoltre, non vengono quantificati i nuovi oneri derivanti dall'incremento della dotazione organica. Per quanto concerne poi le risorse di copertura, viene fatto genericamente presente che le stesse deriverebbero o dall'adozione di misure di razionalizzazione, e in tal caso non sarebbero idonee a fronteggiare oneri di personale avente carattere permanente, ovvero eventualmente dall'innalzamento dell'aliquota del contributo a carico degli operatori del settore, ovvero ancora con l'allargamento della platea dei contribuenti riguardanti i soggetti del settore idrico. Anche in questa ultima ipotesi, non vi è quantificazione delle maggiori entrate».
Articolo 35, comma 3-bis, ovvero quello che consente alle pubbliche amministrazioni comporre bonariamente i propri debiti: «(...) comporta un impatto negativo sui saldi di finanza pubblica, in mancanza dell'esplicita previsione di apposita disposizione che eviti un ricorso generalizzato alle procedure di compensazione crediti-debiti ivi previsti del seguente tenore: con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, sono stabilite le modalità per l'attuazione della disposizione».
Ancora, articolo 56, comma 1-bis, quello relativo alle permute di immobili dello Stato. «La disposizione è suscettibile di comportare maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, non quantificati né coperti. Infatti la stessa è contraria addirittura alla ratio dell'articolo 6, comma 6-ter, del decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011, che ha come obiettivo la riduzione degli oneri tramite permuta per affitti passivi delle amministrazioni statali e si pone altresì in contrasto con il processo di razionalizzazione degli spazi in uso alle medesime perseguito dal quadro normativo vigente».
Evito di citare i rilievi posti dalla Ragioneria generale dello Stato sugli altri due articoli e, più precisamente, sull'articolo 71, comma 3-bis, e sull'articolo 76, comma 2, per non tediarvi troppo e per ragioni di brevità, tuttavia, mi sembra che il concetto sia abbastanza chiaro, signor Presidente e signori rappresentanti del Governo. Se vogliamo attenerci al Regolamento della Camera, ma, soprattutto, alla Costituzione, alcuni articoli di questo provvedimento vanno assolutamente cambiati. Certo, dispiace, per il Presidente Monti, che sobriamente ha speso la sua autorevolezza, ed anche il suo volto, per venire qui a dire che di questo decreto non si dovrebbe cambiare assolutamente una virgola, per le ragioni che ho appena detto; ma non dovrebbe essere così.
Certo, anche nella relazione svolta dallo stesso Presidente - mi riferisco sempre al Premier - vi è stato un passaggio che ha dato la cifra del modo un po' leggero con cui l'esame di questo decreto è stato affrontato in questo ramo del Parlamento. Riferendosi alla nuova Autorità per i trasporti, il Premier ha sottolineato che non comporterà oneri per la finanza pubblica. Allora, ci dovrebbe spiegare il perché, per quella stessa autorità, il decreto-legge prevede una spesa di 5 milioni di euro per il 2012.

PRESIDENTE. Onorevole Mura...

SILVANA MURA. Mi vuole fermare, signor Presidente? Credo di avere tempo a sufficienza.

PRESIDENTE. Assolutamente sì. Lei si era impegnata a restare in un certo tempo, ma sta finendo un ragionamento e, quindi, l'ascoltiamo con attenzione.

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SILVANA MURA. La ringrazio, signor Presidente, come al solito, per la sua gentilezza. Io non ho il dono della preveggenza, dunque, non so cosa potrà succedere domani, ma anche sul presente qualcosa da discutere ritengo che ci sia. Penso, ad esempio, al parere espresso dal Comitato per la legislazione, in cui sono tante le condizioni poste ai fini di una modifica, soprattutto, per quanto riguarda l'omogeneità del testo e l'efficacia delle norme, un testo che, se fosse approvato nella formulazione attuale, arriverebbe a mettere in serio imbarazzo il Presidente della Repubblica all'atto della promulgazione. Queste sono parole, signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, messe a verbale non dai soliti rozzi estremisti dell'Italia dei Valori, bensì da un valente collega come l'onorevole Duilio che, nella scorsa legislatura, ricopriva un incarico di assoluta responsabilità, come la presidenza della Commissione bilancio.
Ognuno per i rispettivi profili di responsabilità e di competenza, riflettiamo seriamente se vi siano i presupposti minimi, al di là di ogni considerazione politica, per approvare un testo come quello che è giunto in Aula; e mi sembra evidente che non vi siano. La lettera inviata dal Presidente della Repubblica non si limita a parlar chiaro, ma, in questo caso, urla ai troppi contenuti, ad un punto tale che, se tutto rimarrà immutato, egli non potrà promulgare un provvedimento, che è una presa in giro nei suoi confronti, oltre che della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei fare un richiamo all'articolo 24, e relativi, del Regolamento. Lei mi scuserà, sarò molto rapido. Vorrei, intanto, ringraziare i relatori presenti, in particolare, i relatori per la maggioranza, Ventucci e Scarpetti, ed anche uno dei due relatori di minoranza, l'onorevole Cimadoro, che ringrazio molto. Tuttavia, le pongo un problema, signor Presidente, con riferimento alla funzione di relatore. Spesso e volentieri, vediamo che i deputati che intervengono minacciano addirittura di interrompere il proprio discorso se non sono presenti i relatori, che normalmente sono di maggioranza, perché è giusto che gli stessi ascoltino ciò che emerge dal dibattito. Fare il relatore è sicuramente un onore, ma comporta, o dovrebbe comportare, anche degli oneri. Cosa accade, signor Presidente? Che, normalmente, quando i deputati parlano, se non vi è il relatore, si chiede addirittura la sospensione dei lavori dell'Aula, perché il relatore è giusto che abbia anche l'onere di seguire tutti gli interventi.
Signor Presidente, le pongo questo problema, perché non è regolato dal nostro Regolamento fino in fondo, ed è un po' una prassi, ma, forse, è il caso di trasferirlo anche nell'ambito delle modifiche regolamentari che andremo a fare. Può apparire un fatto assolutamente marginale, ma, dal punto di vista anche della qualità del nostro lavoro, non lo è. Signor Presidente, le pongo il problema relativo ad uno dei due relatori di minoranza, che, peraltro, è lo stesso deputato che, ogni tanto, viene qui, interviene, parla e se ne va, per spiegarci che siamo pochi qui dentro e che un determinato intervento dovrebbe essere seguito di più.
È esattamente ciò che l'onorevole Barbato ha fatto anche in questa occasione con l'aggravante però che, questa volta, è relatore di minoranza. Signor Presidente, non le chiedo di interrompere la seduta perché manca il relatore di minoranza però vorrei che lei stigmatizzasse l'assenza del collega, anche dal punto di vista della correttezza parlamentare, visto che questa non è solo una vetrina nella quale si viene, si parla e poi se ne va, soprattutto se ripetutamente si richiama il fatto che quest'Aula è vuota quando parla un deputato semplice. Ebbene, vorrei che qualcuno avvisasse l'onorevole Barbato che, almeno quando è relatore di minoranza, sarebbe bene che, anziché parlare e andarsene magari denunciando fuori che qui Pag. 27dentro non c'è nessuno, seguisse diligentemente i lavori dell'Aula, cosa che stanno facendo, diligentemente, oltre i colleghi qui dentro anche i due relatori di maggioranza e uno dei relatori di minoranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Cambursano).

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, lei stesso ponendo la questione si è dato ovviamente una risposta. Il Regolamento prevede che sia presente il relatore di maggioranza e non sono previste altre regole riguardo ai relatori di minoranza; in ogni caso si chiede sempre che la Commissione sia rappresentata. È evidente che lei sta ponendo una questione legata alla responsabilità e alla sensibilità di ogni singolo parlamentare.

GABRIELE CIMADORO, Relatore di minoranza per la X Commissione. Personale!

PRESIDENTE. Onorevole Cimadoro, lei è relatore di minoranza e vedo che con responsabilità è qui, quindi la responsabilità è evidentemente ed eminentemente personale.
La sottolineatura riguarda l'onorevole Barbato e quindi non può che essere una sottolineatura di tipo personale - ci sono anche delle classi di alunni che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune - e, ovviamente, lavoriamo tutti per la dignità dei lavori dell'Aula e dell'istituzione del Parlamento. Onorevole Giachetti, il suo non può che essere un richiamo che viene registrato ma poi è lasciato, come sempre, alla responsabilità, in questo caso, dell'onorevole Barbato.
L'onorevole Mura ha posto delle questioni; si era rivolta al Presidente di turno, immagino che poi, nel prosieguo del dibattito, le stesse questioni potranno essere riproposte all'atto dell'eventuale posizione della questione di fiducia. Quindi, il Presidente Fini o la Presidenza in quanto tale darà risposte puntuali riguardo alle osservazioni che saranno poste in Aula o in sede diversa e in momenti diversi dell'iter dell'esame del provvedimento.
È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, affrontiamo oggi questo decreto-legge sulle liberalizzazioni. Questo è un tema relativamente recente che ha campeggiato, nell'agenda politica italiana, nel corso degli ultimi anni, in maniera carsica nel senso che, spesse volte, è stato posto all'attenzione come tema centrale, altre volte è scomparso dall'agenda politica lasciando spesso spazio a uno scontro tra posizioni politiche, tra gruppi, tra schieramenti, assai duro, spesse volte anche violento. Tale questione ha distratto l'attenzione della politica, dei partiti, dei soggetti sociali, dei movimenti, dei sindacati, dei datori di lavoro, di tutti i soggetti che partecipano alla vita sociale, economica del Paese, da quello che è un tema di modernizzazione del Paese stesso, di competitività del sistema.
Spesso, all'ombra di uno scontro politico duro, senza esclusione di colpi, spesso anche con colpi bassi veri e propri, sono proliferate incrostazioni, rendite di posizioni, posizioni dominanti. Per tali ragioni il tema delle liberalizzazioni viene ripreso in questa fase politica della storia del nostro Paese che è, obiettivamente, una fase in cui lo scontro politico acerrimo ha lasciato il campo ad una riflessione, per alcuni versi più serena e pacata, per altri aspetti più drammatica, su ciò che è necessario fare per tirare fuori il Paese dal tunnel della crisi, per innescare un meccanismo di crescita e non di recessione, per ridurre il nostro grande problema del debito pubblico e per rimettere in carreggiata il nostro Paese, in un quadro di crisi internazionale a cui, non solo i singoli Stati, ma l'Europa stessa, cerca di dare risposte il più possibile convincenti e di sistema.
In questo quadro, il dibattito sulle liberalizzazioni, per un verso, ha sempre suscitato e continua a suscitare facili entusiasmi e slanci di liberismo - a volte neanche troppo giustificati, se si guarda magari alla storia personale e politica di chi, di questi slanci, si fa protagonista - o, Pag. 28a volte, dei veri e propri istinti punitivi nei confronti di questa o quell'altra categoria che viene interessata dall'attenzione e che viene messa sotto i riflettori delle liberalizzazioni e di questo dibattito.
Per altri aspetti vi sono resistenze a volte di carattere corporativo e tanto «benaltrismo». Vorrei sottolineare anche il gesto di responsabilità del Presidente del Consiglio Berlusconi di farsi da parte, qualche mese fa, di fronte ad una situazione di speculazione internazionale gravissima, per permettere, da parte del primo partito di maggioranza di questo Paese di aprire una fase nuova, difficile, per tanti aspetti complessa.
Questo ci porta oggi ad aver affrontato - con diversi decreti e con un'intensità di decreti anche forse maggiore rispetto a quella sostenuta e portata avanti dal Governo Berlusconi, non appena aveva vinto le elezioni e si era insediato con un consenso amplissimo degli elettori - questa fase con una forte spinta di emergenza, e quindi con una decretazione d'urgenza giustificata, e che poi affronteremo in un quadro più ampio, se si vuole anche a fronte delle riforme che il Parlamento - il Senato per un verso, la Camera per un altro - sta mettendo in campo sulle proprie regole di funzionamento.
Tuttavia, al di là di ciò, oggi ci si trova in questa fase ad affrontare un decreto sulle liberalizzazioni frutto di una buona volontà del Governo, di un clima favorevole e - sottolineo - anche del gesto importante di responsabilità di Berlusconi, per il quale si è potuto innescare e togliere di mezzo lo scontro politico quotidiano tra maggioranza e opposizione, tra centrodestra e centrosinistra, tra una parte e l'altra.
Egli ha lasciato, in qualche modo, spazio con senso di responsabilità, obbligato anche, da parte di tutti gli altri, sulle cose da fare. Ci troviamo ad affrontare questo nodo nella concretezza, con una quantità di temi importanti che sono stati toccati, con delle iniziative che sono state, in qualche modo, per stessa ammissione di alcuni componenti, anche autorevoli, del Governo, trovate nei cassetti dei vari Ministeri, già istruite e preparate dai predecessori dei componenti del Governo attuale - cioè dai componenti del Governo Berlusconi - o, in altri casi, già lavorate - e penso alla disciplina sulle assicurazioni - dalle Commissioni di questo ramo del Parlamento o dell'altro, così come, per quanto riguarda la disciplina assicurativa, penso al lavoro importante compiuto dalla Commissione finanze della Camera.
Ci troviamo a dover avviare un lavoro parlamentare, anch'esso importante, di affinamento su un decreto che contiene una disciplina francamente smisurata: oltre 100 articoli, sui temi più disparati, comprese le libertà economiche, e in questo senso non posso non sottolineate l'iniziativa, anche su ciò, del Governo Berlusconi di riforma dell'articolo 41 della Costituzione, nel senso di andare verso un obiettivo che dichiarasse esplicitamente legale tutto quello che non veniva esplicitamente proibito dalle leggi e, quindi, di disinnescare tutti quei paletti, tutti quei lacci e tutti quei vincoli che limitavano l'intrapresa libera in un Paese come l'Italia che, di questo, evidentemente, aveva bisogno se proprio l'articolo 1 di questo provvedimento ne fa menzione in qualche modo e va in quel solco ed in quella direzione.
Lo ripeto, si tratta di una disciplina smisurata, che va dalla libertà economica alla nautica da diporto, dalla separazione ENI-Snam agli interventi sui settori bancari e assicurativi.
È una disciplina che norma taxi, farmacie e ampliamento del numero dei notai, che istituisce i tribunali per l'impresa, regola nuovamente alcuni aspetti delle discipline professionali. Si tratta, dunque, di una eterogeneità e grande varietà di argomenti e di interventi voluti dal Governo e dal Parlamento.
Mi domando se rientra in un quadro di liberalizzazioni anche l'obbligo della carta di identità con le impronte digitali, sulla quale personalmente ho delle perplessità di fondo anche nel quadro d'insieme di un provvedimento del genere. Ma, al di là di aspetti residuali o marginali, è evidente che ci si trova di fronte ad uno sforzo importante su norme buone, migliorate in Pag. 29molti casi dall'intervento parlamentare e da un lavoro che è stato fatto dai componenti delle Commissioni e dai relatori, ma anche dai gruppi parlamentari.
I gruppi parlamentari del PdL di Camera e Senato, con grande trasparenza, hanno incontrato le categorie e i gruppi interessati a questo provvedimento e con altrettanta trasparenza hanno depositato, sostenuto e votato degli emendamenti che intervenivano a correggere queste norme e, a nostro avviso, per tanti aspetti a migliorarle.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, affrontiamo oggi questo decreto-legge sulle liberalizzazioni. Questo è un tema relativamente recente che ha campeggiato, nell'agenda politica italiana, nel corso degli ultimi anni, in maniera carsica nel senso che, spesse volte, è stato posto all'attenzione come tema centrale, altre volte è scomparso dall'agenda politica lasciando spazio a uno scontro tra posizioni politiche, tra gruppi, tra schieramenti, assai duro, e in aluni casi perfino violento. Tale scontro ha distratto l'attenzione della politica, dei partiti, dei soggetti sociali, dei movimenti, dei sindacati, dei datori di lavoro, di tutti i soggetti che partecipano alla vita sociale, economica del Paese, da quello che è un tema di modernizzazione del Paese stesso, di competitività del sistema.
Spesso, proprio all'ombra di una contrapposizione politica dura, senza esclusione di colpi, spesso anche con colpi bassi veri e propri, sono proliferate incrostazioni, rendite di posizioni, posizioni dominanti. Per tali ragioni il tema delle liberalizzazioni viene ripreso in questa fase politica della storia del nostro Paese che è, obiettivamente, una fase in cui il conflitto politico acerrimo ha lasciato il campo ad una riflessione, per alcuni versi più serena e pacata, per altri aspetti più drammatica, su ciò che è necessario fare per tirare fuori il Paese dal tunnel della crisi, per innescare un meccanismo anticiclico di crescita e non di recessione, per ridurre il nostro grande problema del debito pubblico e per rimettere in carreggiata il nostro Paese, in un quadro di crisi internazionale a cui, non solo i singoli Stati, ma l'Europa stessa, cerca di dare risposte il più possibile convincenti e di sistema.
In questo quadro, il dibattito sulle liberalizzazioni, per un verso, ha sempre suscitato e continua a suscitare facili entusiasmi e slanci di liberismo - a volte neanche troppo giustificati, se si guarda magari alla storia personale e politica di chi, di questi slanci, si fa protagonista - o Pag. 28dei veri e propri istinti punitivi nei confronti di questa o quell'altra categoria che viene messa sotto i riflettori delle liberalizzazioni e di questo dibattito.
Per altri aspetti vi sono resistenze a volte di carattere corporativo e tanto «benaltrismo». Vorrei sottolineare anche il gesto di responsabilità del Presidente del Consiglio Berlusconi di farsi da parte, qualche mese fa, di fronte ad una situazione di speculazione internazionale gravissima, per permettere, da parte del primo partito di maggioranza di questo Paese di aprire una fase nuova, difficile, per tanti aspetti complessa.
Questo ci porta oggi ad aver affrontato - con diversi decreti e con un'intensità di decreti anche forse maggiore rispetto a quella sostenuta e portata avanti dal Governo Berlusconi, non appena aveva vinto le elezioni e si era insediato con un consenso amplissimo degli elettori - questa fase con una forte spinta di emergenza, e quindi con una decretazione d'urgenza giustificata, tema che poi affronteremo in un quadro più ampio, se si vuole anche a fronte delle riforme che il Parlamento - il Senato per un verso, la Camera per un altro - sta mettendo in campo sulle proprie regole di funzionamento.
Tuttavia, al di là di ciò, oggi ci si trova ad affrontare un decreto sulle liberalizzazioni frutto di una buona volontà del Governo, di un clima favorevole e - sottolineo - anche del gesto importante di responsabilità di Berlusconi, per il quale si è potuto disinnescare lo scontro politico quotidiano tra maggioranza e opposizione, tra centrodestra e centrosinistra, tra una parte e l'altra.
Egli ha lasciato, in qualche modo, spazio con senso di responsabilità, un senso di responsabilità obbligato anche da parte di tutti gli altri, sulle cose da fare. Ci troviamo ad affrontare questo nodo nella concretezza, con una quantità di temi importanti che sono stati toccati, con delle iniziative che sono state, per stessa ammissione di alcuni componenti, anche autorevoli, del Governo, trovate nei cassetti dei vari Ministeri, già istruite e preparate dai predecessori dei componenti del Governo attuale - cioè dai componenti del Governo Berlusconi - o, in altri casi, già lavorate - e penso alla disciplina sulle assicurazioni - dalle Commissioni di questo ramo del Parlamento o dell'altro, così come, per quanto riguarda la disciplina assicurativa, penso al lavoro importante compiuto dalla Commissione finanze della Camera.
Ci troviamo a dover terminare un lavoro parlamentare, anch'esso importante, di affinamento su un decreto che contiene una disciplina francamente smisurata: oltre 100 articoli, sui temi più disparati, comprese le libertà economiche, e in questo senso non posso non sottolineare l'iniziativa del Governo Berlusconi di riforma dell'articolo 41 della Costituzione, nel senso di andare verso un obiettivo che dichiarasse esplicitamente legale tutto quello che non veniva esplicitamente proibito dalle leggi e, quindi, di disinnescare tutti quei paletti, tutti quei lacci e tutti quei vincoli che limitavano l'intrapresa libera in un Paese come l'Italia che, di questo, evidentemente, aveva bisogno se proprio l'articolo 1 di questo provvedimento ne fa menzione in qualche modo e va in quel solco ed in quella direzione.
Lo ripeto, si tratta di una disciplina smisurata, che va dalla libertà economica alla nautica da diporto, dalla separazione ENI-Snam agli interventi sui settori bancari e assicurativi.
È una disciplina che norma taxi, farmacie e l'ampliamento del numero dei notai, che istituisce i tribunali per l'impresa e regola nuovamente alcuni aspetti delle discipline professionali. Si tratta, dunque, di una eterogeneità e grande varietà di argomenti e di interventi voluti dal Governo e dal Parlamento.
Mi domando se rientri in un quadro di liberalizzazioni anche l'obbligo della carta di identità con le impronte digitali, sulla quale personalmente ho delle perplessità di fondo anche nel quadro d'insieme di un provvedimento del genere. Ma, al di là di aspetti residuali o marginali, è evidente che ci si trova di fronte ad uno sforzo importante su norme buone, migliorate in Pag. 29molti casi dall'intervento parlamentare e da un lavoro che è stato fatto dai componenti delle Commissioni e dai relatori, ma anche dai gruppi parlamentari.
I gruppi parlamentari del PdL di Camera e Senato, con grande trasparenza, hanno incontrato le categorie e i gruppi interessati a questo provvedimento e con altrettanta trasparenza hanno depositato, sostenuto e votato degli emendamenti che intervenivano a correggere alcune norme e, a nostro avviso, per tanti aspetti a migliorarle.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

Testo sostituito con errata corrige volante SIMONE BALDELLI. Credo che su questo percorso per forza di cose - anche perché siamo di fronte a norme con un'entrata in vigore in alcuni casi immediata, in altri differita, in altri ancora progressiva - vada realizzato un tagliando a breve e a medio periodo, perché con questo provvedimento la partita delle liberalizzazioni è definitivamente considerata aperta.
Queste norme andranno seguite e monitorate con il contributo fattivo dei gruppi politici rappresentati in questo Parlamento, nonché delle categorie al di fuori di questo Parlamento, perché il significato vero di queste liberalizzazioni non è la norma in quanto tale, ma il risultato che essa produce.
Allora, in tutti i settori dove si interviene con principi e norme di liberalizzazione è di tutta evidenza che, qualora il cittadino, il consumatore, l'utente otterranno un beneficio in termini di tariffe e di prezzi, allora si sarà realizzato un meccanismo di concorrenza virtuosa; laddove questo non accadrà, è evidente che si imporrà un correttivo, un ripensamento, un miglioramento o, addirittura, in alcuni casi, ove questo sarà necessario, probabilmente anche un'inversione di marcia.
Si poteva fare di più? Forse sì, certo che sì. Si poteva fare di meno? Forse meno di così non si poteva fare. Si poteva essere più ambiziosi? Non lo so. La partita resta aperta, l'ambizione non manca a nessuno, né al Governo, né alle forze che lo sostengono, né alle forze di opposizione che credono di poter dare un contributo fattivo o costruttivo su una partita che rimane aperta da oggi per gli anni a venire, una partita di modernità su cui ci si confronterà anche dal punto di vista parlamentare ed elettorale, come io credo.
Infatti, quelli delle liberalizzazioni e della competitività saranno sempre settori su cui ci si dovrà confrontare. Ci sono settori che sono rimasti fuori da questo provvedimento, ma saranno affrontati specificatamente. Pensiamo alla cosiddetta competitività o liberalizzazione, se si vuole utilizzare questo termine che piace molto oggi, del mercato del lavoro. Crediamo che siano sfide che gruppi responsabili che sostengono questo Governo e che vogliono tirare fuori il Paese da questo momento di grave difficoltà devono caricarsi sulle spalle a testa alta e con la schiena dritta. Per questo, il 21 gennaio di quest'anno il segretario politico del PdL, Angelino Alfano, ebbe a dichiarare «noi siamo pronti al sostegno a questo provvedimento sulle liberalizzazioni». Eccoci qua quest'oggi, arrivando all'ultima lettura e dunque alla conclusione dell'iter di questo provvedimento, a dichiararci in quest'Aula ancora una volta, così come ha dichiarato il segretario politico del PdL, Angelino Alfano, pronti al sostegno a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
SIMONE BALDELLI. Credo che su questo percorso per forza di cose - anche perché siamo di fronte a norme con un'entrata in vigore in alcuni casi immediata, in altri differita, in altri ancora progressiva - vada realizzato un tagliando a breve e a medio periodo, perché con questo provvedimento la partita delle liberalizzazioni è definitivamente considerata aperta.
Queste norme andranno seguite e monitorate con il contributo fattivo dei gruppi politici rappresentati in questo Parlamento, nonché delle categorie al di fuori di questo Parlamento, perché il significato vero di queste liberalizzazioni non è la norma in quanto tale, ma il risultato che essa produce.
Allora, in tutti i settori dove si interviene con principi e norme di liberalizzazione è di tutta evidenza che, qualora il cittadino, il consumatore, l'utente otterranno un beneficio in termini di tariffe e di prezzi, allora si sarà realizzato un meccanismo di concorrenza virtuosa; laddove questo non accadrà, è evidente che si imporrà un correttivo, un ripensamento, un miglioramento o, addirittura, in alcuni casi, ove questo sarà necessario, probabilmente anche un'inversione di marcia.
Si poteva fare di più? Forse sì, certo che sì. Si poteva fare di meno? Forse meno di così non si poteva fare. Si poteva essere più ambiziosi? Non lo so. La partita resta aperta, l'ambizione non manca a nessuno, né al Governo, né alle forze che lo sostengono, né alle forze di opposizione che credono di poter dare un contributo fattivo e costruttivo su una partita aperta per gli anni a venire, una partita di modernità su cui ci si confronterà anche dal punto di vista parlamentare ed elettorale, come io credo.
Infatti, quelli delle liberalizzazioni e della competitività saranno sempre settori su cui ci si dovrà confrontare. Ci sono settori che sono rimasti fuori da questo provvedimento, ma saranno affrontati specificatamente. Pensiamo alla cosiddetta competitività o liberalizzazione, se si vuole utilizzare questo termine che piace molto oggi, del mercato del lavoro. Crediamo che siano sfide che gruppi responsabili che sostengono questo Governo e che vogliono tirare fuori il Paese da questo momento di grave difficoltà devono caricarsi sulle spalle a testa alta e con la schiena dritta. Per questo, il 21 gennaio di quest'anno il segretario politico del PdL, Angelino Alfano, ebbe a dichiarare «noi siamo pronti al sostegno a questo provvedimento sulle liberalizzazioni». Eccoci qua quest'oggi, arrivando all'ultima lettura e dunque alla conclusione dell'iter di questo provvedimento, a dichiararci in quest'Aula ancora una volta, così come ha dichiarato il segretario politico del PdL, Angelino Alfano, pronti al sostegno a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scanderebech. Ne ha facoltà.

DEODATO SCANDEREBECH. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, lo scopo di questo provvedimento è aumentare la libertà dell'economia. Mi pare che la percentuale del dieci per cento di crescita del PIL che qualcuno ha legato a questo decreto sia un po' sovrastimata.
Sono passati 124 giorni dall'insediamento del Governo Monti e da quel momento la differenza di rendimento tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi si è ridotta di molto. I cittadini tutti ricordano con angoscia quei giorni in cui i rendimenti dei nostri BTP sono volati sopra il 7 per cento, soglia oltre la quale Grecia, Pag. 30Irlanda e Portogallo sono stati costretti a ricorrere all'aiuto dell'Unione europea, del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea. Da allora, grazie ad una serie di provvedimenti importanti, voluti dal Governo e approvati dal Parlamento a larghissima maggioranza, siamo scesi al di sotto della soglia critica dei 370 punti di spread, indicata dalla Commissione europea come il confine per la stabilità futura del Paese.
È cambiato il giudizio dell'Europa sull'Italia. Oggi, possiamo dirlo proprio per quello che è accaduto, è cambiato questo giudizio non solo per i meriti del Presidente Monti e del suo Governo, ma anche per quelli del Parlamento e dei partiti che lo sostengono: non più forze precarie, non più forze complemento. Attorno al tema della liberalizzazione si è incrociato il dibattito politico. I media si sono appassionati a tante questioni piccole e grandi, anche perché questo provvedimento dovrebbe essere il primo di una serie che prelude ad interventi sulla crescita, cioè la grande scommessa del Governo dopo aver messo a posto i conti, e i dati di questi giorni confermano un trend positivo sulla loro tenuta.
Il problema è quindi la crescita: senza una vera crescita e una vera politica dello sviluppo anche le politiche di finanziamento del debito non sono sostenibili se non ad un prezzo gravissimo sul piano della tenuta sociale e della nostra coesione sociale. Siccome questo Governo ha fatto della questione sociale e dell'equità uno dei pilastri fondamentali, credo che una politica della crescita adeguata debba essere perseguita.
Che cosa significa parlare di liberalizzazioni e cosa comportano le liberalizzazioni dell'economia? Più concorrenza e, quindi, tariffe più basse per i cittadini in quanto utenti pubblici, servizi ai consumatori nonché più apertura dei settori chiusi. Soprattutto per i giovani liberalizzazione significa potenzialmente più lavoro e rotture di equilibri apparentemente insuperabili e di corporazioni apparentemente invalicabili da parte della volontà generale.
Il provvedimento in esame è sicuramente un grande passo nella vita della società italiana, infatti esso mira ad incidere profondamente nella qualità quotidiana dei cittadini. Non affronta solo tematiche economiche, ma cambia radicalmente l'approccio sui temi più differenti e i rapporti fra gli individui e lo Stato. Dico subito che il giudizio del gruppo Futuro e Libertà è positivo anche se chiedevamo di più. D'altra parte, pure in assenza di ritorni concreti che per questioni di tempo non erano possibili, la febbre del malato, ossia l'economia italiana, cioè lo spread, è scesa e l'Italia, grazie alla cura del Presidente Monti, oggi è indicato come un modello da perseguire.
Purtroppo il testo in esame è stato scritto, e non poteva che essere così, negli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, dove i funzionari sono sempre gli stessi con una continuità che, tra un Governo e l'altro, deve essere garantita, in un burocratese che ha fatto sì che il testo assomigli più ad una legge finanziaria del passato che non ad uno snello testo moderno, con disposizioni chiare, semplici e facilmente leggibili. Infatti, molte sono state le osservazioni e gli elementi di criticità riscontrati dal Comitato per la legislazione, di cui mi onoro di far parte.
Avremmo perciò apprezzato di più che, in tema di liberalizzazione, si andasse ben oltre il segnale dato dal Governo con lo sforzo complessivo e l'indicazione di un percorso su questioni fondamentali, come il credito e i pagamenti alle imprese. Per essere libero un mercato deve contare necessariamente su questi due elementi che sono fondamentali soprattutto per le piccole e medie imprese, spesso troppo piccole per riuscire a sopravvivere ed evitare il fallimento.
La nostra impressione è che poca liberalizzazione sia stata fatta e molte chiacchiere siano state spese su questioni certamente importanti, ma in definitiva marginali perché non rilevanti su crescita e prezzi, ad esempio le questioni legate alle licenze dei taxi o all'aumento del numero delle farmacie. Il testo licenziato nelle Commissioni, secondo noi, è infatti peggiorato Pag. 31nella parte riguardante la regolazione dei processi di produzione, commercializzazione e distribuzione dei farmaci.
Non è, infatti, solo il contingentamento delle farmacie il problema, ma l'intera catena del farmaco che non va bene, perché continua a mantenere grosse rendite cui corrispondono costi eccessivi per le famiglie italiane, in un momento di crisi come questo.
Ci saremmo augurati, inoltre, di trovare maggiore considerazione per le libere professioni che non hanno bisogno di essere tutelate con piccole battaglie di retroguardia, ma sostenute e rafforzate per renderle competitive sul mercato europeo delle professioni. In Italia ci sono i migliori professionisti d'Europa, ma non li stiamo aiutando a competere. Li stiamo proteggendo male, chiudendoli sempre più nel recinto italiano e facendo del numero chiuso un'arma barbarica di difesa, oltre che un costosissimo fattore di immobilità sociale. Le professioni sono una risorsa e non un ostacolo, per questo vanno riformate e modernizzate e lo abbiamo fatto, ma senza distruggerle.
Sul provvedimento in materia di semplificazioni, crediamo che il Governo avrebbe dovuto essere più coraggioso e il Parlamento più determinato nell'alleggerire la società italiana da questo gravame insopportabile. Inoltre, non consideriamo secondaria, nel processo volto a garantire la crescita e lo sviluppo del nostro Paese, la riforma del sistema fiscale. Suggeriamo che una parte delle entrate che derivano dalla lotta all'evasione vada a finanziare una politica di sostegno ai redditi più bassi: in questo Paese i redditi delle fasce più povere sono troppo bassi.
In Italia aumenta sempre di più la povertà: ben 8,3 milioni di persone sono in difficoltà e i giovani pagano il prezzo più alto. Dal punto di vista dell'equità, sarebbe correttissimo che una parte dei proventi della lotta a quella fraudolenta azione di alcuni cittadini, che è l'evasione, sia utilizzata per sostenere i redditi, e quindi anche i consumi, rilanciando i consumi interni del Paese attraverso un sostegno, appunto, ai redditi più bassi. Consideriamo un po' troppo preoccupante l'idea di inasprire ulteriormente l'IVA, poiché un eventuale inasprimento avrebbe oggettivamente un effetto recessivo.
Nei giorni scorsi la Banca centrale europea ha prestato altre centinaia di miliardi alle banche. In Italia, nella prima e nella seconda tranche dei prestiti della Banca centrale europea, sono arrivati alle nostre banche 139 miliardi di euro. Speriamo che buona parte di questi soldi vadano alle famiglie e alle imprese che ne hanno bisogno, con gli stessi tassi agevolati della BCE. Siamo lieti che sia stato introdotto, anche su nostra proposta in Senato, così come voluto dal mondo delle imprese, un rating di legalità a favore di quelle aziende che si rendono impermeabili al malaffare e alle collusioni mafiose.
Ci sarebbe piaciuto trovare qualcosa di più incisivo in tema di servizi pubblici locali. È positivo, invece, che l'Autorità dei trasporti sia una delle acquisizioni più importanti dell'iter legislativo; è molto importante che si sia arrivati alla separazione di SNAM Rete Gas dall'ENI. Tutto ciò, però, deve avvenire prima della fine della legislatura. Quei 18 mesi non ci piacciono, perché pensare che si possa andare oltre la conclusione di questa legislatura è già un elemento preoccupante.
Avremmo apprezzato nel processo di liberalizzazione una maggiore attenzione per le famiglie, quelle numerose in particolare, e per i giovani. Per questo pensiamo che il provvedimento sul quale oggi voi chiedete la fiducia non possa che essere un primo importante passo di un irreversibile processo di modernizzazione del mercato. Oltre ai nodi ancora irrisolti di cui ho parlato, occorre infatti affrontarne altri, a partire dai servizi bancari ed assicurativi che costano troppo alle famiglie italiane.
Per questo dobbiamo fare altri provvedimenti con dosi sempre più massicce di liberalizzazioni, anche perché gli effetti di tali provvedimenti si spiegano in tempi medio-lunghi e, quindi, più ne ritardiamo l'introduzione, più saranno ridotti gli effetti positivi sulla nostra economia. Pag. 32
L'Italia ha bisogno insieme di più mercato e di migliori tutele, di condizioni concorrenziali che incentivino gli investimenti ed accrescano il potenziale di crescita del Paese. A proposito di interessi localistici, mi veniva da pensare alle tante comunità che rifuggono da investimenti strategici di grandi infrastrutture.
In questi giorni, però, il Governo fa scelte diverse: quando la gente protesta anche violentemente, fatto che va assolutamente contrastato, poiché la violenza non è mai tollerabile, quando comunità importanti contestano un intervento come la TAV, il Governo ne conferma il valore strategico. Si tratta di una scelta confermata proprio ieri a Torino dal Presidente Monti, il quale ha affermato: La Tav va fatta. Cavour vedeva l'importanza delle ferrovie come strumento di libertà.
A questa serie di riforme dobbiamo, però, associare anche e soprattutto la riforma del mercato del lavoro. Non è più possibile, infatti, che l'alta flessibilità per i giovani, che hanno contratti indecenti di tre o sei mesi, rinnovabili per anni, conviva con una inaccettabile rigidità di una parte sempre più piccola e protetta della popolazione, i cui salari seguono l'anzianità anziché la produttività. Questo sistema è ingiusto, perché scarica tutto il peso sui giovani. In Italia, sono proprio gli ultimi arrivati a pagare il prezzo più alto, con la disoccupazione che tra gli under venticinque è salita al 31 per cento. Così come è preoccupante la condizione femminile, soprattutto al Sud. Ecco che non stupisce se, nel 2010, circa un quarto della nostra popolazione era a rischio povertà ed esclusione sociale, valore più elevato della media europea. È necessario, quindi, promuovere un mercato del lavoro che offra opportunità di occupazione e che favorisca livelli di maggiore partecipazione per giovani, donne e lavoratori anziani. Riteniamo, quindi, opportuna l'iniziativa assunta dal Governo italiano, capofila dei dodici Paesi dell'Unione europea, per mettere al centro dell'agenda europea, non solo le politiche di rigore e di disciplina di bilancio, adottate con il fiscal compact, ma anche l'individuazione di misure tempestive ed efficaci per la crescita e l'occupazione. Se, però, lo chiediamo all'Europa, dobbiamo essere in grado di farlo con eguale coraggio anche nel nostro Paese. Non vorrei, colleghi del Governo, che questo provvedimento fosse il primo e l'ultimo in materia di liberalizzazioni e frutto di un accordo al ribasso tra i maggiori partiti il cui epilogo potrebbe essere una flebile riforma del mercato del lavoro. Ciò di cui ha veramente bisogno l'Italia in questo momento è l'esatto opposto: coraggio, determinazione, equità, senza guardare in faccia a nessuno, perché l'interesse generale del Paese viene prima dell'interesse legittimo di questa o quella categoria sociale e produttiva e i cittadini aspettano delle risposte concrete dalla politica. E chi si attarda a tutelare il particolare, concorre a costruire una società chiusa, che nel tempo è destinata solo ad impoverirsi perché elimina ogni stimolo a produrre reddito e ricchezza per tutti. Noi siamo convinti che questo Governo intenda proseguire sulla strada giusta delle riforme e della crescita. Il nostro voto di fiducia serve, quindi, ad incoraggiare il presidente Monti e il suo Governo a fare passi avanti e a non fermarsi qui e questo lo vogliamo per il bene di tutti gli italiani. In questa prospettiva, chiediamo al Governo di attivarsi affinché l'obiettivo del rigore finanziario sia accompagnato con decisione da un progetto complessivo di crescita della nostra economia, da cui non si può prescindere, come è stato detto dal Presidente Monti più volte, ma rispetto al quale aspettiamo ancora atti concreti. Con il Governo Monti il nuovo parametro di valutazione della politica non è più l'appartenenza, ma un metro molto più pragmatico e cioè proprio quello della crescita. Siamo tutti consapevoli che solo se centreremo questo obiettivo sarà possibile riequilibrare anche territorialmente l'Italia e dare, quindi, alla nostra comunità il senso di coesione nazionale che essa merita. Siamo perciò convinti che la strada intrapresa sia quella giusta e che le riforme debbano essere ancora più forti di quelle che già oggi approviamo, per questo non faremo mancare il nostro appoggio al Pag. 33Governo e il nostro voto favorevole. E allora il nostro è un «sì» convinto, è un «sì» di sfida e di stimolo. Rivendichiamo le norme che hanno reso più forte questo provvedimento e ci rammarichiamo di qualche esitazione. Infine, a questo Governo voglio far presente che noi di Futuro e Libertà ci siamo, a differenza di altri, senza tapparci il naso, ma promuovendo l'azione di governo, come dimostrano i sondaggi di oggi su la Repubblica, in cui viene evidenziato che l'elettorato di FLI, con il 91,8 per cento è al primo posto nel consenso espresso per il gradimento del Governo Monti. Concludendo, faccio presente che il progetto di Futuro e Libertà è proprio quello di modernizzare la Repubblica. Per questo siamo favorevoli a questo provvedimento e sollecitiamo il presidente Monti e il suo Governo ad andare avanti e a non fermarsi per il bene dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, intanto faccio un'osservazione rispetto a quanto è stato detto a proposito dei lavori della V Commissione. Ho qui il verbale della seduta di giovedì, dove si è convenuto all'unanimità - sottolineo all'unanimità - di procedere all'espressione del parere, come richiesto dal relatore, soltanto nella seduta di martedì, che sarebbe domani.
Quindi, in riferimento a quanto è stato detto in merito agli aspetti di non copertura o di insufficiente copertura, essi non sono stati bypassati dalla Commissione: non si arriva qui con un'espressione difforme all'interno della Commissione, ma tutte le forze politiche si sono espresse per il rinvio a domani.
Venire, quindi, a speculare su questo, lascia il tempo che trova, così come bene ha fatto chi mi ha preceduto a ricordare come stava questo Paese non più tardi di tre mesi e mezzo fa, quando i nostri titoli di Stato venivano quotati con uno spread superiore ai 575 punti base, e oggi, invece, siamo al di sotto dei 300 punti base. Se questo è accaduto, sicuramente è il frutto di un combinato disposto di operazioni a livello europeo e, soprattutto, di un'azione forte fatta da questo Governo.
E a chi, eventualmente, ancora non sapesse cosa vuole dire non pagare tassi di interesse così elevati, come si pagavano, per l'appunto, due mesi fa, voglio ricordare che 300 punti base in meno significa, sostanzialmente, un risparmio di 15 miliardi di euro di interessi.
Quindi, ben venga, e bene è venuto, il «salva Italia»; al riguardo, ricordo qui un'azione personale di dissenso totale dal mio gruppo, o meglio, dall'allora mio gruppo, perché ritenevo, e i fatti hanno dato ragione al sottoscritto, che quel decreto-legge, pur con tutti i limiti che aveva, dovesse essere assolutamente convertito, così come deve essere convertito, anche se venisse posta la questione di fiducia, questo decreto-legge chiamato «cresci Italia».
Entriamo nel merito: nel 2011 il quadro di apertura dei 16 principali settori dell'economia italiana - elettricità, gas, telecomunicazioni, ferrovie e così via - era stimato al 49 per cento; quindi, il nostro mercato era chiuso. Tutte le indagini sul campo, da quella della Banca d'Italia a quella dell'OCSE, registrano che, nel medio periodo, un coraggioso programma di apertura dei mercati chiusi può ottenere risultati importanti in termini di maggiore crescita, che, in alcuni casi, sono pressoché immediati e, in altri, si ottengono nel tempo.
Ma prima si parte, prima si incasseranno i dividendi. In ogni caso, vi sono risultati immediati per la reputazione del sistema Paese, ed è esattamente quello che dicevo prima. Chi compra oggi i titoli poliennali del nostro debito pubblico valuta il rischio e decide il prezzo guardando a come sarà il Paese al momento della scadenza del titolo. Buone politiche fanno, perciò, scontare oggi effetti positivi o negativi, che si potranno avere nel medio periodo.
Buone liberalizzazioni sono quelle che vanno anche oltre quelle che, in modo talora superficiale, godono o hanno goduto Pag. 34dell'attenzione dei media; quelle che si pongono dalla parte del consumatore, perché possa avere migliori servizi ad un prezzo inferiore o una maggiore libertà di scelta; quelle che offrono l'apertura di mercati protetti, di aree di monopolio, di ingiustificate esclusive, offrendo occasioni di lavoro, particolarmente ai giovani che entrano in settori che si aprono.
Buone liberalizzazioni sono quelle che guardano alla vitalità delle aziende, offrendo nuovi mercati e nuove opportunità di lavoro. Buone liberalizzazioni sono quelle che si muovono con equilibrio, agendo sulle diverse parti delle filiere produttive e delle aree commerciali, senza riguardi per la componente più forte della filiera.
Ancora, buone liberalizzazioni sono quelle che non hanno come ambizione centrale un approccio punitivo nei confronti delle categorie, ma, piuttosto, puntano a porsi dalla parte di chi in quel settore professionale o in quel segmento di mercato vuole portare nuove esperienze, nuove energie e un più forte spirito innovativo. Due sono le filiere di liberalizzazioni toccate da questo provvedimento. La prima riguarda alcuni grandi e forti settori dell'economia: le reti.
Le reti sono monopolio naturale: sia quella elettrica che quella ferroviaria o la rete del gas sono un monopolio e, quindi, vanno separate dalla gestione. È ovvio che occorre un'autorità di controllo. La separazione della rete SNAM dall'ENI deve essere fatta, ma entro questa legislatura, l'ultima data utile è quella del 28 febbraio 2013, come ho proposto con il mio emendamento. Stesso discorso vale per la rete ferroviaria. Riteniamo positiva la costituzione entro maggio dell'autorità dei trasporti, ma non possiamo esimerci dal denunciare la presenza di un tarlo, cioè che essa debba ricorrere al TAR e che il suo parere non sia vincolante. Mi riferisco al caso ben noto, di cui hanno parlato i media, dei taxi.
Un altro grande settore di riforma strutturale è quello delle ex municipalizzate ovvero la miriade di Spa degli enti locali. Sciolto l'IRI, abbiamo «irizzato» il territorio. La Corte dei conti è andata giù dura contro quest'area definita grigia, fatta di sprechi e ricettacolo di raccomandati. Su questo fronte il Parlamento non ha dato un bel segnale, peggiorando il testo del Governo.
La seconda filiera riguarda invece le «micro» liberalizzazioni, apparentemente meno rilevanti al fine della vita quotidiana di decine di milioni di cittadini, di famiglie e di imprese. Questa seconda filiera non ha molto a che vedere con le strutture del mercato in quanto tali, ma con un problema di equità tra le generazioni e di apertura delle professioni ai giovani. Penso alle farmacie, ai notai, agli avvocati e in parte anche ai tassisti.
Il principio liberale stabilisce che non può essere il principe a fare le concessioni, ma che il cittadino, una volta che lo Stato riconosce la qualifica, deve essere libero di avviare la propria attività. Va bene l'aumento del numero delle farmacie, ma non può essere stabilito il rapporto con il numero dei cittadini. Se così fosse, mi chiedo perché non si faccia altrettanto, per esempio, con il negozio di frutta e verdura o con quello di abbigliamento e di scarpe.
Tuttavia, nonostante questi limiti, il testo è arrivato dal Senato. È un provvedimento forte che incide sull'economia e sulla società italiana. Gli obiettivi sono sostanzialmente rispettati. Quali erano e quali sono? Primo, creare le condizioni di concorrenza sui mercati, che consentano di contenere i prezzi di beni e servizi. Secondo, rilanciare la competitività del sistema produttivo italiano. Terzo, creare un ambiente di mercato più favorevole affinché le imprese possano esprimere la loro capacità imprenditoriale, ma anche affinché siano, per così dire, pressate dalla concorrenza a migliorare l'efficienza e ad aumentare la produttività, che è il tema centrale per il futuro della nostra economia e, quindi, del nostro Paese. Come ben sappiamo tutti noi, è da troppi anni che la produttività del Paese ristagna. Dobbiamo a tutti i costi sbloccare questa situazione.
Il quarto obiettivo è quello di eliminare la barriera all'entrata dei mercati: consentire a tutti coloro che hanno idee, energie Pag. 35e capacità di esprimerle in tutti i settori. Dobbiamo aprire in tutti i campi. Lo dobbiamo fare per il futuro dei nostri giovani.
Compito principale di questo Parlamento non è quello di difendere e tutelare interessi di parte, ma di avere il coraggio di dire «no» ad alcuni interessi particolari, che da anni tengono in ostaggio il nostro Paese. Questo coraggio lo chiediamo anche al Governo, l'unico in grado di riscattare questo Paese. È un coraggio supportato da una larghissima maggioranza.
Sappiamo di dover riservare o riscrivere insieme al Parlamento le politiche del lavoro e del welfare, dopo avere riscritto anche le regole della previdenza. A proposito di welfare, l'articolo 11 consente di coniugare la confezione del farmaco al percorso terapeutico. Questo è senza dubbio importante, ma non è ancora sufficiente per un reale risparmio. Il medico deve indicare sulla ricetta la posologia e la durata, come abbiamo proposto con un nostro emendamento. In concreto, significa quanti farmaci e per quanti giorni il cittadino sarebbe potuto andare in farmacia, ricevere quanto necessario alla sua terapia con risparmi consistenti per la spesa sanitaria. Il potere di interdizione delle aziende farmaceutiche, purtroppo, ha prevalso ancora in parte. In Italia è inconsistente la cultura della concorrenza con il risultato che la politica non sempre riesce ad incidere sulle lobby portatrici di privilegi e finisce per penalizzare la stragrande maggioranza dei cittadini utenti.
Nel comparto delle professioni viene confermata l'abolizione del principio delle tariffe minime, lasciando così aperta l'opzione della contrattazione tra le parti dell'onorario da corrispondere, ma viene eliminato un caposaldo quale l'obbligo per il professionista di fornire un preventivo scritto delle spese che l'utente dovrà sostenere, e anche su questo è stata presentata da parte nostra una proposta emendativa.
Intervenire con un unico provvedimento legislativo su energia, banche, infrastrutture - di cui dirò tra poco - assicurazioni, trasporti, farmaci, carburante, servizi pubblici locali, professioni e commercio, non è stato semplice, ma bene ha fatto il Governo ad agire a trecentosessanta gradi. La sfida era proprio questa: agire contemporaneamente su una platea vasta di settori le cui dinamiche concorrenziali erano deboli o del tutto assenti. È bene quindi che si vada avanti senza tentennamenti sulla strada della concorrenza, che è competitività, che fa l'interesse del sistema produttivo, ma fa anche l'interesse della collettività attraverso i benefici che produce sull'occupazione ma anche sui consumatori, sui clienti, sugli utenti e sui pazienti.
Einaudi diceva che la libertà economica è la condizione necessaria della libertà politica. Sottolineo con soddisfazione la norma generale, l'articolo 1, che rovescia la filosofia che si è spesso seguita nel nostro Paese; si tratta della norma che riduce, o intende eliminare, tutte le restrizioni all'accesso e allo svolgimento dell'attività economica. Il mercato, come diceva ancora Einaudi - era nel 1943 e si trovava in Svizzera - è come un mercato in piazza: arrivano i venditori e i consumatori. In quel mercato ci sono regole per il venditore per restare sul mercato, e i compratori arrivano numerosi per cercare la migliore offerta. L'Italia è un Paese che non è cresciuto negli anni, perché non ha fatto lavorare abbastanza il mercato: di ciò hanno pagato un prezzo altissimo i cittadini.
Prima di concludere volevo ancora toccare tre temi che mi stanno particolarmente a cuore. Il primo, l'ho anticipato prima, è quello delle infrastrutture, che sono parte consistente di questo provvedimento. Con l'articolo 41 abbiamo creato il presupposto affinché anche le imprese che fanno investimenti infrastrutturali in Italia possano emettere project bond, anticipando in qualche modo la stessa Unione europea che, come sanno i colleghi, si sta orientando in questa direzione insieme alla Banca europea per gli investimenti (BEI). Ho presentato, però, una proposta emendativa che apre ulteriormente questa possibilità di finanziare infrastrutture Pag. 36attraverso i project bond, facendo in modo che il trattamento fiscale sui project bond sia equivalente, se non identico, a quello dei titoli di Stato.
Il secondo tema è quello della tesoreria unica, che può essere sacrosanto, ai fini del controllo dei saldi e delle giacenze, tuttavia si dovrebbe realizzare solo dopo avere stabilito per tutte le pubbliche amministrazioni il vincolo sulle voci in conto competenza e non per cassa, dove si nasconde la corruzione. Infatti, non basta chiudere il rubinetto della cassa ed accentrare tutto: così si farebbe sostanzialmente solo morire il federalismo fiscale, che è ancora di là da venire, perché la radice del male, come dicevo, sta nel dilagare delle spese su quelle voci in conto competenza e allora, prima o poi, bisognerà evitare il pagamento a piè di lista, ex post, e predisporre un budget che, a partire dalla spesa storica dall'anno precedente, indichi il tetto di spesa per l'anno successivo nelle responsabilità di quelle singole amministrazioni.
Il terzo ed ultimo tema è quello delle banche. Quanto è successo al Senato non sta in cielo né in terra, permettetemelo. Un servizio deve essere pagato se vogliamo che il sistema Italia non si blocchi, penalizzando le banche. Le nostre piccole e medie imprese - ce lo hanno detto in audizione qualche giorno fa illustri conoscitori della materia -, spina dorsale del sistema produttivo italiano, dipendono dalle banche. Le grandi aziende, come sanno i colleghi, vanno a finanziarsi direttamente sul mercato, mentre le piccole e medie aziende sono bancocentriche, quindi se penalizziamo le prime, ahimè, indirettamente, rischiamo di penalizzare le seconde.
Per cinque anni - ci è stato detto ancora la settimana scorsa - le banche non faranno più utili e si stanno affidando ai cosiddetti ricercatori di efficienza, che si possono chiamare tagliatori di teste, tagliatori di costi, per ridurre le filiali, ridurre gli sportelli, tagliare il personale.
Concludo Presidente. Viviamo tempi che richiedono a tutti, e alla politica in particolare, di saper guardare alla realtà con occhi nuovi, fare le cose non perché si è sempre fatto così, ma perché servono per una nuova fase della vita sociale.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, ruberò pochi attimi a lei e ai colleghi. Ho un dubbio di carattere regolamentare, ma può darsi che derivi semplicemente dalla mia inesperienza e quindi lo sottopongo a lei. Mi riferisco all'applicazione dell'articolo 16-bis del Regolamento, concernente il Comitato per la legislazione. Il Comitato fa le sue considerazioni e non intendo entrare nel merito di quanto ha scritto in questo caso. Sappiamo che in questo caso vi sono comunque delle condizioni espresse. Ai sensi del comma 6 dell'articolo 16-bis, «qualora le Commissioni che procedono in sede referente non intendano adeguare il testo del progetto di legge alle condizioni contenute nel parere del Comitato debbono indicarne le ragioni nella relazione per l'Assemblea».
È anche vero che tale articolo conseguentemente riguarda gli altri strumenti legislativi, richiamandosi comunque alla parte attuativa e di effetto del comma 6 citato. Può anche darsi che, anzi sicuramente i colleghi hanno consegnato parte dei loro interventi rispetto alla relazione all'Assemblea, ma io non ho trovato nessun richiamo alle motivazioni per le quali non c'è stata una espressa applicazione di quanto previsto dal Comitato per la legislazione. Le pongo anche un problema di anticipazione, Presidente. È evidente che in sede di proposizione di emendamenti in Commissione sono state presentate delle proposte che comunque avrebbero in parte corretto o assorbito quanto suggerito anche sotto forma di condizione espressa dal Comitato. Ovviamente questo non è stato preso in considerazione, per la scelta del Governo di non apprezzare le proposte emendative del Parlamento, e comunque per voto legittimo (se c'è stato) da parte dei componenti della Commissione. Pag. 37
Questa è la prima questione. La seconda è che è evidente che in questo articolo del Regolamento si pone la responsabilità del Parlamento rispetto alla non assunzione di un suggerimento forte quale è la condizione da parte del Comitato per la legislazione. Quindi le anticipo una questione. Qualora il Governo ponesse la questione di fiducia (per cui il Parlamento non avrebbe modo anche nell'ultima fase del procedimento emendativo di assumere quanto suggerito dal Comitato per la legislazione) rimane comunque ancora la responsabilità del Parlamento, delle Commissioni e dei parlamentari tutti, o è responsabilità del Governo che, apponendo la questione di fiducia, non consente di assumere una posizione importante come quella del Comitato per la legislazione?

PRESIDENTE. Onorevole Volpi, lei stesso è stato molto corretto nell'illustrare con il suo richiamo al Regolamento l'articolo 16-bis, comma 6 del Regolamento, e devo dire che si è già dato in parte la risposta nel suo intervento. Infatti, come lei ha detto, qualora le diverse Commissioni non dovessero tener conto del parere del Comitato per la legislazione, devono ovviamente darne motivazione. Questa motivazione può essere data per iscritto oppure oralmente. Le Commissioni hanno chiesto alla Presidenza l'autorizzazione a riferire oralmente, ed è quanto è avvenuto. La Presidenza ovviamente non è andata a sindacare se i due relatori abbiano tenuto conto di tale parere, in quanto, a fronte della sua osservazione, possono in sede di replica dire la ragione per cui non si è tenuto conto dell'eventuale parere del Comitato per la legislazione.
Questo mi sembra, quindi, il punto. È ovvio che siamo in una fattispecie diversa dall'eventuale parere negativo espresso dalla Commissione bilancio ai sensi dell'articolo 81 del Regolamento. Lei ha posto la questione, l'ha posta correttamente e la Presidenza credo le abbia fornito una risposta adeguata.
È iscritto a parlare l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, egregi sottosegretari, il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, cosiddetto decreto-legge liberalizzazioni, reca disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività e nasce con lo scopo di traghettare il Paese fuori dalla fase di recessione e di metterlo sui binari della crescita attraverso l'apertura alla concorrenza di diversi settori economici. Credo che basti aver sentito oggi l'intervento dei colleghi per comprendere che avete partorito un topolino. Dovete prendere atto che tutte le forze di maggioranza che sono intervenute fino ad adesso, hanno detto che in esso non c'è nulla. Tutta aria fritta; non si fa assolutamente crescita, non si fa assolutamente concorrenza. Dovete prendere atto di quello che sostiene il Parlamento, anche perché, benché i tempi siano ristretti, abbiamo visto quello che è successo nelle Commissioni: un decreto-legge che conteneva poco o nulla, ma su cui tutti i gruppi parlamentari avevano espresso disponibilità a migliorarlo, facendo un ottimo lavoro; tuttavia, il Governo ha deciso che c'è già il bicameralismo modificato, come era previsto nella devolution, sostenendo che avendo il Senato già lavorato sul testo, non c'è più margine per modificarlo, approntando così un decreto-legge che non serve al Paese. È questa la grandissima responsabilità che vi siete assunti voi, Governo dei cosiddetti tecnici, dei professori, di quelli capaci. Non avete rispetto del Parlamento, ma, soprattutto, non avete rispetto dei cittadini, delle aziende e di quelli che veramente si aspettano le riforme. E dagli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, dovete prendere atto che non c'è nulla nel provvedimento. Dovevate avere più coraggio, prendete atto di questo. Nelle Commissioni la Lega Nord Padania, e non solo nella discussione di questo provvedimento, ma di tutti quelli presentati da quando siete al Governo, ha dimostrato buon senso, ha dimostrato di lavorare presentando degli emendamenti che andavano sul merito, non assolutamente ostruzionistici. Ne abbiamo presentati, sul decreto-legge liberalizzazioni, Pag. 38350 e vi abbiamo dato fin da subito la disponibilità a ridurli per entrare nel merito, ma questo non l'avete voluto. Abbiamo svolto una battaglia coraggiosa nelle Commissioni, da soli perché, come già abbiamo sottolineato, l'Italia dei Valori ha condotto un'opposizione di facciata. Li abbiamo presentati, siamo intervenuti e siamo ancora qui per dire che questo decreto-legge è sbagliato e non risolve i problemi del Paese. Mi auguro, in parte anche grazie agli ordini del giorno, che la maggioranza capisca dove ci sta portando questo Governo e che, quindi, si riescano a risolvere tutta una serie di problematiche inserite nel presente decreto-legge, come pure nei precedenti.
Passiamo ai temi più caldi in discussione. Innanzitutto, l'articolo 1, dove si parla di liberalizzazione di tutte le attività economiche. È uno dei tanti principi in cui voi togliete autonomia agli enti locali, per esempio relativamente all'apertura dei negozi. Per il nostro Paese, che è costituito per il 95 per cento di imprese medio-piccole e di tanti commercianti che sono in difficoltà, avete deciso la liberalizzazione totale, non sapendo che le regioni, come è sancito in Costituzione, hanno la competenza esclusiva in materia. C'è stato un ricorso al TAR e attendiamo di vedere come si esprimerà la Corte di cassazione in merito, ma la competenza è sempre stata delle regioni, anche perché pensiamo che sia giusto che ognuno, all'interno delle proprie realtà, possa capire quelle che sono le esigenze del territorio. Ci siete passati sopra dando sicuramente una mano ai grandi centri commerciali, ma affosserete e distruggerete - questa è la vostra responsabilità, del Governo, e dei partiti che lo sostengono - tantissimi commercianti e tantissime famiglie che vivono delle proprie attività facendo tanta fatica.
Non pensate che aprendo ventiquattro ore su ventiquattro si aumentino i consumi. I consumi sono sempre quelli. Non ci sono soldi: sono sempre quelli. Aumenteranno i costi e a beneficio dei sempre soliti noti, ma non dei piccoli, che non difendete.
Con l'articolo 2 avete istituito il tribunale delle imprese: venti nuovi tribunali per seguire soltanto le pratiche delle imprese. Andiamo a risolvere i problemi che già ci sono. Andiamo a risolvere e a definire le circoscrizioni giudiziarie, tenendo in piedi magari le sezioni distaccate dei tribunali, quelli di dimensioni importanti, oltre i 300 mila abitanti. Su questo era stato presentato un nostro emendamento. Tutti i gruppi, in sede di Commissione, hanno detto che questa è una proposta che non serve. Non risolverete i problemi delle cause tra imprese, ma mantenete aperte le realtà che già ci sono e funzionano. Infatti questo è il principio che deve passare, anche in questo decreto liberalizzazioni: ciò che funziona bene non si deve cancellare. E voi a questi richiami siete assolutamente sordi, ma fate le liberalizzazioni.
L'articolo 3: chi pensate di prendere in giro? Le Srl per i giovani a un euro. Ma pensate di far crescita costituendo una società con un euro di capitale e poi, quando vanno in banca, cosa danno di garanzia: 50 centesimi? Le banche vorranno garanzie personali o dei coobbligati, ma sicuramente non è da lì che si fa crescita in questo Paese.
Con l'articolo 9 eravate partiti con la battaglia contro i professionisti. Giustamente, i professionisti con la «p» maiuscola hanno fatto e hanno portato avanti le loro questioni. È stato tolto il preventivo scritto. Avete inserito una norma che ritengo sia il primo caso in cui un lavoratore per legge non viene pagato: chi fa il tirocinio verrà pagato dopo sei mesi. Penso che sia assolutamente anticostituzionale, ma certificate che un giovane lavora per sei mesi a zero euro. Non si dà così una mano ai giovani.
Nell'articolo 10 avete ripescato un errore, una mancanza del passato su un emendamento che la Lega aveva fatto approvare nel salva Italia sui confidi ai professionisti ed è stato ripristinato perché, in questa difficile situazione economica, i confidi che stanno funzionando è buona cosa che ci siano anche sui professionisti. Pag. 39
L'articolo 11 riguarda le farmacie: una grande battaglia. Pensiamo che aprendo molte più farmacie si risolva la crescita del Paese? Avete messo un limite di 3.300 abitanti, non tenendo conto del territorio. Avete inserito l'obbligo di una dotazione minima di personale. Pensate a quelle realtà nei piccoli paesi di montagna, che già fanno fatica oggi a tenere aperto, gli mettete anche l'obbligo minimo del personale. Anche su queste disposizioni erano stati presentati degli emendamenti di buon senso perché le realtà di questo Paese, degli 8 mila comuni sono assolutamente diverse, ma assolutamente ve ne siete infischiati.
L'articolo 12 prevede 1.500 nuovi notai. Su esso moltissimi erano gli emendamenti, di tutti i gruppi politici. Avremmo preferito un incremento del numero dei notai, ma anche una decurtazione dei tempi in base ai quali verranno svolti i concorsi e su questo penso che sia giusto aprire un capitolo per quanto riguarda il concorso di notaio, considerato quanto è accaduto in passato, magari cominciando a farli a livello di zone e non più come avviene tuttora.
L'articolo 5 prevede un altro provvedimento sbandierato dal Governo come innovativo, la separazione ENI-SNAM. Mi pongo una domanda: siamo così sicuri che mettendo in vendita, separando ENI da SNAM, ne avrà beneficio il Paese? Sappiamo già a chi andrà in mano: a proprietà straniere in uno degli assi strategici del nostro territorio. Non pensiamo assolutamente che questo vada a beneficiare il cittadino, le aziende, ma continuiamo invece nell'attività di smembrare le nostre attività più importanti, le nostre aziende più importanti.
L'articolo 24 riguarda i servizi in house. Ho sentito anche dei colleghi intervenire. Più volte, già anche con il Governo precedente, avevamo preso degli impegni su cui poi sono stati presi anche dei provvedimenti normativi che avevano, come ho detto prima, una logica sola. Ci sono sicuramente moltissime municipalizzate in questo Paese, ma vogliamo per una volta distinguere gli enti, i comuni, le province, le municipalizzate ben gestite dai carrozzoni?
Lo proviamo a fare quel dato? Si scoprirà quello che è questo Paese: diviso da nord a sud. Per carità, ci sono anche nel Nord dei carrozzoni che è giusto eliminare, ma distinguiamo le società che hanno bilanci inutili, che fanno servizi ai cittadini a tariffe migliori sul territorio.
C'è stato un referendum: non tenete neanche conto del voto di 26 milioni di cittadini? Almeno quello! Infatti, il referendum non parlava solo di acqua, ma parlava dei servizi pubblici locali, per cui oltre all'acqua c'è anche la gestione dei rifiuti e su questo ci sono tante società ben gestite. Pertanto sicuramente è un passo indietro, una norma su cui tra l'altro il Parlamento e la maggioranza - e qui faccio anche un richiamo al PdL, che sembra non si ricordi più quello che ha votato qualche mese fa - avevano stabilito una determinata soglia, che era quella di elevare fino a 900 mila euro, per cui le realtà più piccole, almeno quelle che hanno più difficoltà a fare le gare, avevano la possibilità fino a 900 mila euro di fare gli affidamenti in house. L'avete ridotto a 200 mila e ciò significa togliere completamente le attività e le realtà più piccole. Secondo noi questo è uno sbaglio grandissimo: non si va a migliorare il bilancio degli enti, non si vanno a migliorare i servizi ai cittadini e chi ha fatto questo, a livello del nostro Paese e anche a livello europeo, ha visto negli ultimi anni una continua crescita dei costi e della tassazione dei cittadini. L'abbiamo visto in Toscana, abbiamo visto la città di Parigi, che aveva esternalizzato i servizi e che poi è rientrata a gestirli direttamente. Pertanto è un invito. Noi ci proporremo, anche nei decreti che arriveranno qui in Parlamento più avanti, di ripristinare questo vincolo, quanto meno di una soglia minima per gli affidamenti in house.
L'articolo 27 lo conoscono tutti, perché è sulle cronache di tutti i giorni: riguarda le banche e le commissioni bancarie, su cui vi è molta confusione nel Governo e su cui è stata inserita una norma al Senato Pag. 40molto interessante e molto buona, che è quella che non vi siano le commissioni sui fidi, sugli scoperti, votata dal Parlamento, mi sembra di aver capito con il Governo contrario. Oggi c'è l'impasse delle dimissioni annunciate di tutta l'ABI, che attualmente le ha sospese perché un sottosegretario dice che ci si farà un decreto e verrà eliminato l'emendamento del Senato, verranno ripristinate le commissioni. Tuttavia un altro sottosegretario, De Vincenti, presente in Aula, dice che non è assolutamente vero. Anche oggi su tutta la stampa dicono che si sta studiando il modo. Le banche calcolano 10 miliardi in meno di utili. Noi diciamo che sono 10 miliardi in meno di costi per le aziende e i cittadini, soprattutto in questo momento, in cui il credito è sicuramente in difficoltà per le aziende. Si farà una mozione, si farà un ordine del giorno, un disegno di legge. Nessuno ha il coraggio di fare questo, sembra, in Parlamento: lo farà il Governo. Noi diciamo che diamo un messaggio forte alle banche, soprattutto in questi momenti di difficoltà economica. Più tardi si discuterà anche la mozione sulle aste della BCE. La BCE, nel dicembre e nel febbraio di quest'anno, ha dato 1.050 miliardi di euro alle banche europee, il 25 per cento a quelle italiane, a tre anni, all'1 per cento. Noi diciamo: quei soldi lì li dovete dare alle aziende e ai cittadini. Questo è quello che ci aspettiamo dal Governo e dal Parlamento, questa sarà la nostra mozione.
L'articolo 28 riguarda sempre le banche e riguarda anche qui una cosa che comunque è stata sistemata al Senato, per fortuna, rispetto al provvedimento che aveva fatto il Governo, che regalava centinaia di milioni di euro alle banche, che era quello dell'obbligo, per chi fa un finanziamento bancario, di avere un'assicurazione. È stata modificata, inserendo e lasciando i due preventivi, e lasciando la facoltà al cliente, al cittadino di rivolgersi dove vuole per fare l'assicurazione, ma senza l'obbligo. Non so se qualcuno di noi fa come noi, che gira sul territorio, ma andate a parlare con qualche assicuratore. La norma che avete inserito prevede che, se un cittadino va da un assicuratore a farsi la polizza, l'assicuratore gli deve dare tre preventivi di altre assicurazioni. Provate a parlare con qualcuno che lo fa di attività. Voi siete solo lì, molti venite dagli uffici dei Ministeri, qualcuno viene dalla Bocconi, altri vengono dalle banche: ma andate sul territorio. La norma sui commercianti: andate a parlarne con i commercianti. La norma sulle assicurazioni: andate da qualche assicuratore, che oltretutto è monomandatario, per cui c'è un problema proprio di legge.
Ma voi pensate che questa norma inserita nel decreto migliori e abbassi le polizze dei cittadini? No: si abbasseranno solo applicando quella che è la risoluzione della Commissione finanze e, soprattutto, andando a trovare le frodi che, anche in questo caso, sappiamo in quali parti di questo Paese sono. Così si abbasseranno le polizze, e non sicuramente con la norma che avete inserito in questo provvedimento.
Con riferimento all'articolo 35, concernente la tempestività dei pagamenti della pubblica amministrazione e la tesoreria unica, voi avete rubato i soldi degli enti locali ben gestiti. Invece di proseguire nel percorso già iniziato del federalismo, che era quello della responsabilità, agli enti locali ben gestiti, da nord a sud, al di là del colore politico, che, con quella norma assurda del Patto di stabilità, in questi anni, hanno accantonato dei soldi in banca, in un colpo, cosa fate? Prendete 9 miliardi di euro degli enti locali, dei comuni, delle province, delle regioni ben gestiti e glieli portate via in un colpo solo, dopo trent'anni! Bisogna vergognarsi, bisogna vergognarsi di questa cosa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Tutti si sono lamentati, tutti i sindaci e tutti i presidenti di provincia, non c'è colore politico. Infatti, con questo messaggio voi dite: voi sindaci, voi presidenti di provincia, che avete ben gestito, avete sbagliato: dovevate fare come gli altri. È questo il messaggio, indegno, che fate passare, e su cui tutti hanno presentato delle proposte alternative. Ma voi, niente: dite che non si può. Ritengo che sia una Pag. 41cosa inaccettabile. Molti enti locali, di centrosinistra e di centrodestra, hanno già presentato dei ricorsi, perché ciò li riguarda, al di là del contrasto con l'articolo 119 della Costituzione che mi sembra che non conosciate tanto. Esso stabilisce l'autonomia finanziaria degli enti locali e su questo - e su altri punti - avevamo presentato anche una questione pregiudiziale; ma andate avanti lo stesso. Fino a che punto? Fino a che punto?
Avete inserito una norma che prevede che gli enti locali, gli enti territoriali debbano versare entro il 29 di febbraio il 50 per cento dei soldi in tesoreria ed entro il 28 aprile l'altro 50 per cento, calcolandoli in 8,6 miliardi di euro. Vedremo come andranno i ricorsi. Ma è una norma che era stata fatta anni fa e su cui tutto il Parlamento si è espresso; anche in Commissione, tutti i colleghi hanno detto che era una norma sbagliata, a cui assolutamente bisogna cercare di porre rimedio. Ma l'assurdo è - prima citavo il Patto di stabilità - che prendete 9 miliardi di euro dagli enti locali. Uno può pensare che, almeno, così si migliora il Patto di stabilità, per quali enti? Per gli enti virtuosi: avete risparmiato dei soldi e ve li lascio spendere, potete pagare i fornitori, visto che oggi, anche se li avete, non potete farlo. Invece, no: togliete i soldi agli enti locali ben gestiti per pagare il debito dello Stato, per pagare i debiti dello Stato. E lo Stato non paga quei debiti, ma emette ancora titoli di Stato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! State distruggendo tutti i comuni, in maniera costante e continua.
Vi erano anche emendamenti concernenti il limite di indebitamento degli enti locali: anche in questo caso, si vanno a colpire quelli ben gestiti. Non si può più andare avanti così. Gli enti locali, in questi anni, anche a causa dei tagli del Governo precedente, non ce la fanno più, ma questa è la mazzata definitiva che date ai comuni; ma, soprattutto - e in questo decreto-legge si vede come negli altri -, l'unica cosa che si doveva fare per salvare questo Paese non erano norme tutte centraliste, bensì l'applicazione piena ed immediata dei costi standard fin da subito. Da lì vengono fuori le risorse per salvare questo Paese.
L'ultima considerazione, che ho lasciato per ultima perché è una barzelletta, è che, a nostro avviso, si tratta di una norma incostituzionale. C'è stata una sentenza il 22 febbraio, che diceva che i decreti-legge vengono fatti d'urgenza, ma non ci può andare di tutto. A voi è consentito tutto: c'è un arbitro che non è più imparziale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) che, fino a settembre, sui provvedimenti che voleva fare il Governo diceva: no, le semplificazioni fatte da Calderoli non possono essere fatte con decreto-legge, perché non vi è urgenza. L'avete fatto voi, molto peggio. Su questa cosa avete fatto lo stesso.
Mi spiegate cosa c'entra, al di là della crescita, nel decreto-legge sulle liberalizzazioni la residenza fatta in due giorni? Cosa c'entra? Nulla! Nulla, in primis; e la crescita? Nulla! Pertanto, andate in qualsiasi comune d'Italia, da Belluno alla Sicilia, e chiedete se è possibile fare una residenza in due giorni. Anche io faccio il sindaco, se mi fanno la domanda di residenza io mando i vigili a verificare se uno ci abita, in quel posto. Cosa cambia? Si può fare in quindici giorni, in venti giorni, in trenta giorni; anche qui abbiamo proposto emendamenti di buonsenso. Pensate che tutti gli enti locali di questo Paese abbiano i software aggiornati e siano in collegamento? Non ci sono! Perciò voi sbandierate tantissimi provvedimenti, come hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto, ma non c'è quasi nulla di liberalizzazione; avete sicuramente le televisioni e la stampa dalla vostra parte, ma non avete il Paese, perché i cittadini non sono stupidi, si accorgono di queste cose.
Signor Presidente, per concludere, visto che abbiamo citato il «salva Italia», ricordo che sono sì calati gli spread, finché qualcuno compra i titoli di Stato, ma io leggo al Governo i dati di quello che ha fatto in tre mesi: oggi la regione Veneto ha verificato i provvedimenti che sono stati fatti in questi mesi. «Salva Italia», «semplifica Italia», «cresci Italia» è quello di Pag. 42oggi, rappresentano una manovra che, complessivamente, sta pesando sulle famiglie e sulle imprese venete per 1,6 miliardi di euro, 320 euro pro capite. Il Veneto, già oggi, ha un surplus tra quello che dà e quello che riceve pari a 14 miliardi di euro; un miliardo 600 milioni la botta dei vostri provvedimenti: IMU, IRPEF, carburanti, pensioni, enti locali, IVA, crediti delle banche!
La stretta è stata in tutti i settori, con una spinta centralista che uccide il federalismo. La manovra del Governo, più che salvare l'Italia, aumenta in maniera pesantissima il prelievo fiscale ai soliti noti, tassando in maniera ragionieristica e lasciando prevedere, proprio alla luce della mancata riduzione, l'ansia di nuovi sacrifici a breve. Un impatto devastante, che strozza di più chi più ha sempre dato e non ha più margine per fare ulteriori tagli. Per il Veneto avremo 197 milioni di euro di maggiore tassazione alle imprese per l'IMU, 253 milioni di euro dalle famiglie per l'imposta sulla prima casa, 208 milioni di euro dall'aumento dell'addizionale IRPEF; 293 milioni di euro dagli aumenti dell'IVA; 360 milioni di euro dall'accisa sui carburanti; 125 milioni di euro dalla mancata indicizzazione delle pensioni; 147 milioni di euro dai tagli a province e comuni. La manovra è costituita per l'80 per cento da maggiori entrate facendo schizzare al 44,8 per cento la pressione fiscale sul PIL, aumentando del 55 per cento le tasse alle aziende, ritardando la pensione per 13 mila lavoratori e riducendo i prestiti alle industrie e alle aziende, con un impatto sul PIL dell'1,1 per cento.
Il conto che le famiglie venete dovranno pagare, simulando un nucleo tipo di tre componenti, con un reddito di 40 mila euro l'anno, dà 628 euro pro capite, frutto dei 132 euro di maggior aliquota IRPEF, 150 euro di IMU sulla prima casa, 141 euro di aumenti dell'IVA, 205 di incremento dell'accisa sui carburanti. Questo è quello che avete fatto in questi tre mesi: dei disastri! Qui non si salva più nessuno; solo l'applicazione piena ed immediata del federalismo può riuscire a riportare il Paese dov'era qualche anno fa. Voi non lo volete fare, questa maggioranza neppure, ma i cittadini capiranno ben presto e l'autonomia ed indipendenza se le faranno i cittadini stessi con il supporto della Lega (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Marchioni. Ne ha facoltà.

ELISA MARCHIONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi siamo chiamati a discutere un provvedimento molto importante: il decreto-legge n. 1 del 2012, che ha un valore anche simbolico, è il primo decreto di quest'anno che ci indica anche una direzione di marcia. Un decreto che, ovviamente, prende le mosse dalla situazione che conosciamo e che, cari colleghi della Lega, è anche quella che ci ha lasciato in eredità il Governo precedente e dalla quale era impossibile prescindere.
È un provvedimento che va nella direzione di eliminare alcune rendite di posizione, di rendere il mercato più aperto per chi vuole entrare, più favorevole alle imprese che vogliono crescere e sanno intraprendere, che pone sulle stesse condizioni di partenza chi vuole operare, con il risultato finale di offrire più servizi al minor prezzo per i cittadini, non a scapito della qualità, ma eliminando i blocchi che troppo spesso hanno impedito lo sviluppo di intere aree di servizi nel nostro Paese. Quello di oggi è un provvedimento importante, di amplissimo respiro, che tocca temi che vanno dall'energia alle banche, dalle assicurazioni alla professioni: ambiti strategici per far crescere il nostro Paese. Inoltre, esso pone un contributo alla crescita del nostro sistema economico, fa ripartire il processo di liberalizzazioni avviato dal Governo Prodi e ci porta a rispettare gli impegni assunti in Europa.
Come ha ricordato il Presidente Monti giovedì scorso in Commissione, siamo fuori - cito dalla sua relazione - dalla situazione di massimo pericolo, ma non possiamo certo permetterci di allentare la tensione. Non è in gioco tanto la sopravvivenza di un Governo, quanto la credibilità e l'affidabilità dello Stato italiano e Pag. 43della sua forza di trovare, senza necessità di ricorrere ad aiuti esterni, la via per l'indispensabile risanamento.
Questo provvedimento è dunque molto importante, e lo voteremo convintamente, perché vi sono dei contenuti che condividiamo, ma anche perché rappresenta qualcosa in più dei singoli contenuti. Condividiamo quello che vi è scritto - lo avremmo, anzi, voluto rafforzato -, ma siamo anche convinti che rappresenti un indispensabile punto di partenza, non l'approdo di un percorso. Non è un mistero, infatti, che su alcuni punti, in particolare, il Partito Democratico ha chiesto più coraggio e avrebbe osato di più. Si è visto respingere, infatti, in Senato, una serie di emendamenti che puntavano anche proprio a una maggiore apertura di questo provvedimento, ma vararlo ha il valore di intraprendere un percorso, lanciando, oltre alle regole che vi sono contenute, anche un messaggio politico chiaro.
Per un'Italia più libera di crescere servono norme certe che aiutino tutti a poter concorrere a parità di strumenti. Non meno regole, quindi, o l'allentamento delle regole, ma regole che consentano a tutti di giocare a parità. Per rilanciare l'economia serve quindi che tutti ne siano consapevoli, rinunciando a rendite di posizione e a piccoli egoismi di parte, di territorio e di categoria. Ciò è un elemento dirimente, perché dalla crisi usciremo davvero tutti più poveri - e non solo economicamente - se la crisi riuscirà a rompere quei legami di coesione e di solidarietà sociale che rendono una società capace di riconoscersi nei suoi valori fondanti e di ricominciare senza lasciare indietro nessuno.
Questo provvedimento - mi preme sottolinearlo - è stato seguito con un'attenzione, da parte dei cittadini e da parte anche dei mass media, molto alta, in ogni fase dell'iter. Questo dimostra che tipo di attesa vi fosse dietro a quanto vi è contenuto. Ciò davvero segnala, ogni oltre possibile dubbio, quanta attesa vi fosse per un provvedimento che segnasse, finalmente, l'inizio di una nuova fase per l'Italia, perché un Paese bloccato e che non cresce è un Paese privo di futuro. Questo provvedimento è così importante - ed è, appunto, un punto di partenza, non l'approdo di un percorso - che ora arriva alla Camera per la conferma di quanto è stato discusso e modificato e allargato in Senato, dove il Partito Democratico ha contribuito a migliorarlo.
Alla Camera la nostra responsabilità non si è espressa nel contributo di idee e proposte per il decreto «cresci Italia»; si esprime nell'accogliere, però, positivamente, l'appello del Presidente del Consiglio Monti, che ha ribadito che la priorità di questo momento è la conversione in legge del decreto, e che la modifica ed il miglioramento di singole disposizioni potrà essere rinviato a futuri interventi. Questo è l'atteggiamento di responsabilità che risponde ai cittadini: non una rinuncia ad esercitare il proprio ruolo, ma la capacità di decidere quale sia l'urgenza che richiede, da parte nostra, maggiore attenzione.
Non dobbiamo dimenticare neppure per un istante, infatti, che le leggi che discutiamo sono strumenti regolativi che poniamo alla base della convivenza civile, perché sia più equa. Crescere con equità è la necessità più importante che il Paese ci pone. Abbiamo di fronte un Paese spaventato, dove la crisi economica si fa sentire e dove troppe persone hanno perso fiducia nella politica e nella capacità della politica di essere ancora quella forza che sostiene tutti e ciascuno, fino ad uscire insieme dalle situazioni difficili ed estreme in cui ci si viene a trovare.
Allora con questo decreto dobbiamo dire che, invece, la politica non si arrende, e sa cercare e partecipare delle decisioni che servono. Questo provvedimento crediamo sia un passo in questa direzione, per il lavoro del Governo e con il contributo del Parlamento e del Partito Democratico.
Questo decreto propone, lo dicevo in apertura, in un unico provvedimento legislativo interventi su molti ambiti e su settori strategici dell'economia del nostro Paese. In Senato gli interventi proposti dal Partito Democratico sono stati significativi; Pag. 44una quarantina di emendamenti sono stati accolti e tutti mirati ad accelerare i tempi di attuazione e di efficacia degli effetti.
Sono interventi in particolare nei settori delle banche, delle assicurazioni, dei trasporti dell'energia, dei farmaci e della tutela dei consumatori per ampliare la platea dei beneficiari e accelerare gli effetti. Cito solo alcuni dei temi più propri della mia Commissione, la Commissione attività produttive: l'energia e le imprese.
Per le imprese nel provvedimento sono contenute misure che garantiscono i pagamenti da parte della pubblica amministrazione, che disciplinano l'istituzione del tribunale delle imprese (che sostituisce le dodici sezioni specializzate), le competenze in materia di controversie tra imprese e la possibilità di fare impresa a un euro per i giovani che vogliono intraprendere un'attività. Inoltre, vi sono misure volte a favorire l'afflusso di capitale di rischio verso le imprese italiane e misure a favore dell'energia.
Già molti colleghi hanno ricordato la separazione, auspicata e condivisa, tra ENI e SNAM e poi il provvedimento prevede la semplificazione delle procedure di autorizzazione per realizzare nuovi impianti di distribuzione di carburanti e per adeguare quelli esistenti, e reca misure per promuovere l'uso del metano come carburante per autotrazione anche nelle aree geografiche dove tali impianti siano presenti in misura limitata. È un aspetto importante per contenere le emissioni che derivano dall'uso di altri carburanti.
Ci sono ovviamente altri interventi importanti, quelli per esempio sulle banche, con interventi volti ad alleviare gli oneri diretti e indiretti nella gestione dei rapporti bancari. Sottolineo, in particolare, la misura significativa che riguarda i conti correnti gratuiti per i pensionati fino ai millecinquecento euro, come voglio sottolineare - è una misura che condividiamo - la limitazione dell'uso dei contanti entro i mille euro per rendere più trasparente la tracciabilità dei pagamenti.
C'è un tema di accompagnamento e di tempi di questo decreto, che dovrà essere accompagnato e monitorato, perché richiede oltre 40 provvedimenti attuativi tra decreti ministeriali, regolamenti, delibere, pareri e convenzioni. Ciò significa che quello che oggi variamo richiederà attenzione e monitoraggio proprio per la piena attuazione in tempi certi e rapidi.
Ho detto che si sarebbe potuto forse osare di più e forse si poteva fare meglio su alcuni aspetti. Si poteva incidere di più e chiedere tempi più veloci, ma con questo provvedimento abbiamo accettato e vinto una sfida, sia da parte del Governo, sia della maggioranza che lo appoggia. Abbiamo iniziato un percorso e ci accingiamo a varare un provvedimento di ampio respiro, infrangendo il tabù di toccare temi intoccabili che da anni aspettavano invece di essere toccati.
Come Partito Democratico abbiamo partecipato e contribuito a renderlo ancora più incisivo sulla strada di una crescita equa che il Paese chiede e la nostra responsabilità impone. Ci sono altre sfide importanti che ci attendono e che sono attese dagli italiani per una crescita che sconfigga le ombre paurose della recessione. Ci vorranno altri interventi, ci vorranno risorse.
Ci sono poi le riforme del lavoro, della fiscalità e della legge elettorale. Ci siamo e ci saremo ancora per dare il nostro contributo per accompagnare questa e le prossime tappe del percorso che l'approvazione di questo provvedimento apre (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Era in Aula...
È iscritto a parlare l'onorevole Monai... È iscritta a parlare l'onorevole Comaroli. Ne ha facoltà.

MANUELA DAL LAGO. Quando uno non c'è, va eliminato.

PRESIDENTE. Presidente, utilizzare la parola «eliminare» ... al massimo può «decadere». Prego, onorevole Comaroli.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Signor Presidente, sottosegretario, onorevoli Pag. 45colleghi, il titolo di questo decreto-legge, che il Parlamento si appresta a convertire in legge probabilmente con l'ennesima fiducia, è «disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività». Il titolo è bello e da un titolo così ci si attende molto. È un titolo che risolverà tutti i problemi dell'Italia. La parola liberalizzazioni è musica per le orecchie di quasi tutti noi.
È una sorta di medicina benefica, una pozione magica in grado di risolvere tutti i mali, e lo sarebbe purché fosse vera liberalizzazione. In realtà questo Governo e la maggioranza che lo sostiene stanno facendo passare per tale una serie di garbugli confusi e spesso anche poco liberali. Con questo provvedimento state facendo una sorta di: «Volevate le liberalizzazioni? Tenetevi queste cose che sanno di dirigismo, di centralismo e anche di peggio».
In primo luogo, liberalizzare non significa togliere ogni regola e controllo. Può forse andar bene lasciare, ad esempio, grande flessibilità negli orari dei negozi, ma questo non deve significare la distruzione del piccolo commercio, l'abbattimento dei livelli di sicurezza e dignità del lavoro, la totale consegna del mercato alle grandi strutture, alla manovalanza straniera e, in definitiva, alla malavita organizzata. In secondo luogo, liberalizzare le professioni non significa togliere limiti e responsabilità lasciando tutto alla discrezionalità e all'avventurismo, facendo del dumping che porta ad un iniziale ribasso dei costi ma ad un definitivo affossamento della qualità delle prestazioni.
In terzo luogo, che razza di liberalizzazioni sono quelle gestite da un potere centrale che tratta allo stesso modo tutte le diverse realtà? Non c'è niente di meno liberale di uno Stato, come quello italiano, che ha una lunga e ininterrotta tradizione di centralismo, dirigismo disastrato e fallimenti. Come può lo Stato meno liberale del mondo occidentale, con le sue pesanti incrostazioni di socialismo reale, fare il liberalizzatore? Si sente puzza di bruciato.
Il punto fondamentale è che non si possono fare liberalizzazioni economiche se prima non si sono fatte quelle istituzionali, se prima non si sono restituiti poteri e attribuzioni agli enti, alle comunità locali e ai cittadini. Non ci può essere liberismo senza la giusta dose di autonomia, di federalismo vero. La gestione dei rapporti comunitari e, quindi, anche delle liberalizzazioni e delle regolamentazioni sono parte fondamentale dell'autonomia locale. Ogni comunità deve liberamente gestirsi i fatti suoi in funzione delle sue esigenze, della sua ricchezza, delle sue aspirazioni, delle sue tradizioni e della sua identità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Non si possono imporre regole identiche ai tassisti di Milano e di Napoli o all'unico tassista di Soncino. Gli ordini professionali hanno una loro reale utilità sociale solo se sono davvero rapportati alle comunità in cui operano: la loro prima essenziale liberalizzazione è la regionalizzazione o macro regionalizzazione. Negozi, farmacie e tutto il resto devono trovare regole che vadano bene alle comunità locali, invece, qui, chi pretende di decidere è sempre più lontano, più in alto, oggi è a Roma, domani sarà a Bruxelles e dopo anche peggio. Il potere deve scendere verso il basso, avvicinarsi ai cittadini e, invece, se ne va sempre più lontano, è sempre meno controllabile e più costoso. Altro che liberismo, qui si è sempre più statalisti e centralisti.
La prima liberalizzazione vera è istituzionale: liberalizziamo lo Stato italiano. La prima vera liberalizzazione è l'indipendenza. Se per liberalizzare, che di per sé sta a significare meno restrizioni, meno burocrazia, meno orpelli legali che imbavagliano chi fa impresa, il Governo produce un malloppo da 200 pagine, composto da 116 articoli, siamo a posto. Ma, nel dettaglio, con questo provvedimento il Governo che cosa si è proposto di fare? Crea nuove Authority, nuove assunzioni. Allora ci chiediamo: a che cosa servono i Ministeri? Al Senato è stato presentato un emendamento della Lega Nord dove si diceva che, se si prevede l'Autorità dei Pag. 46trasporti, almeno si chiuda l'ufficio del Ministero che si occupa di quella materia. Comunque questo non è un problema.
Si fa l'Autorità dei trasporti? Cento milioni di euro, tanto pagano le imprese e, quindi, i cittadini.
Si fa l'autorità della concorrenza? Altri cento milioni di euro, triplicando il contributo unificato, tanto pagano le imprese. Si prevede una percentuale sul fatturato, una mini-IRPEF? No problem, tanto pagano sempre i cittadini. Si fanno venti tribunali per le imprese? Venti tribunali che fanno le cose che già fanno i tribunali esistenti e costringeranno gli imprenditori di Sondrio a scendere a Milano anche per cause di piccola entità. È, quindi, una misura abbastanza inutile. Nuove assunzioni? No problem, tanto pagano le imprese. Viene raddoppiato il costo per le imprese che vanno in tribunale e, quindi, pagano nuovamente i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Addirittura, si assumono - questa è bella - 32 ingegneri per controllare le dighe. Possibile che su tre milioni e mezzo di dipendenti della pubblica amministrazione non ci siano 32 ingegneri (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Su questo decreto-legge c'è una confusione totale del Governo e della maggioranza che lo sostiene, però c'è un'unica certezza: l'aumento delle tasse per le imprese. Se così stanno le cose, non può che stupire il silenzio delle associazioni di categoria in proposito. Innalzamento della pressione fiscale per le imprese: viene fissato per legge un contributo di un importo pari allo 0,08 per mille del fatturato risultante dall'ultimo bilancio approvato dalle società di capitali con ricavi superiori ai 50 milioni di euro. Si tratta di un contributo che servirebbe a coprire il funzionamento dell'autorità.
Sempre con questo decreto-legge si è voluto vendere fumo ai cittadini; infatti, questo Governo ha voluto far credere che le liberalizzazioni produrranno un aumento di PIL del 10 per cento. Formidabile! Un vero peccato non averlo fatto prima, se è così facile trasformare una nazione in recessione in una in crescita più della Cina. Perché il Governo crea tanta confusione ed inganna i cittadini? Perché deve passare l'idea che l'impedimento alla crescita della nazione non dipende dall'esuberante e soffocante presenza dello Stato, ma per colpa dei privati che operano con corporazioni e lobby sataniche? Chi sono? Tassisti, avvocati, notai, farmacisti, grandi produttori di generi di consumo, come tutti sanno.
Si badi bene: il problema non è togliere gabbie di rendite, ma farle passare per la causa dei problemi che hanno natura ben diversa. Sono tutti settori che nulla hanno a che fare con lo Stato e la politica. Ciò che appare come primario a questo Governo è salvare lo Stato, cioè se stesso, ad ogni costo. Ma quel che più fa rabbrividire del Presidente del Consiglio dei ministri è che non viene mai messo in discussione il ruolo dello Stato e soprattutto degli statali: i loro privilegi, la loro funzione e la loro utilità. Perché questo Governo non continua l'azione dell'introduzione dei costi standard nella spesa pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Alcuni giorni fa un rapporto della CGIA di Mestre evidenziava che l'unica via d'uscita dalla recessione dell'Italia è l'applicazione dei costi standard nella spesa pubblica. Signori, non è solo la Lega che lo dice, ma anche questo importante ente apolitico e riconosciuto da tutti per l'attendibilità delle sue ricerche.
Poi in questo decreto-legge c'è una cosa assurda da non crederci. La sostanza è questa: prima con il Patto di stabilità i comuni virtuosi sono stati costretti a non spendere i propri soldi. Adesso quei quattrini se li prende lo Stato per depositarli nella propria tesoreria, caso mai che a qualche sindaco venisse in mente di utilizzarli. Così gli amministratori locali oculati e capaci finiscono «cornuti e mazziati».
Il linguaggio dell'articolo relativo è ovviamente burocratico, ma la sostanza è questa: in nome della tutela dell'unità economica della Repubblica, i soldi degli enti locali depositati presso le tesorerie Pag. 47comunali (ad eccezione dei quattrini derivanti da mutui e da prestiti) debbono essere trasferiti in due tranche del 50 per cento. La prima c'è già stata e il restante deve essere trasferito a marzo presso la tesoreria statale. Se, inoltre, gli enti locali hanno risorse depositate presso soggetti diversi, che non siano le tesorerie, li devono far rientrare assolutamente entro il 15 marzo in modo che poi possano essere trasferiti alla tesoreria statale.
In altri termini, lo Stato mette le mani sui soldi di tutti i comuni e lo fa fino al dicembre 2014, alla faccia del federalismo, definito una necessità anche dal Presidente della Repubblica. Qui siamo alla rapina a mano armata, che non danneggia solo gli enti locali, ma anche le banche del territorio, che svolgono le funzioni di tesoreria, le quali si vedono costrette a trasferire tutto a Roma. Questo provvedimento è una vera e propria presa per i fondelli, essendo stato inserito nel cosiddetto decreto-legge liberalizzazioni. È una manovra centralista di bieco stampo sovietico. Cosa diranno ai loro cittadini i sindaci di qualunque colore e di qualunque latitudine? Diranno che non hanno più i soldi perché Roma glieli ha rubati. Ci rapinano i soldi dalle nostre banche. Praticamente, i sindaci non sono più padroni della cassa dei loro comuni, perché lo Stato si finanzia con i soldi dei comuni virtuosi. Guarda caso in maggioranza sono al nord. Con tanta fatica i sindaci hanno messo i conti in ordine: mai una volta in anticipazione di cassa, fornitori pagati al massimo a quarantacinque giorni. Adesso, con un decreto-legge da fare invidia a qualunque sistema dittatoriale, ci portano via i nostri soldi, quindi, per pagare i fornitori e gli stipendi, i sindaci dovranno chiedere autorizzazione alla tesoreria dello Stato, a Roma, affinché per cortesia trasferiscano i quattrini sul conto dei dipendenti o delle ditte che lavorano per i comuni. Questa - lo ripeto - è una rapina ai danni dei contribuenti locali. Se da Roma poi decidessero di ritrasferire solo in parte l'ammontare di ciò che hanno prelevato in nome dell'unità economica della Repubblica? A questo punto tutto è possibile, perché se viene minata la già ristretta autonomia finanziaria dei comuni, vuol dire che non solo è sospesa la democrazia, ma che di fatto in Italia i comuni sono praticamente commissariati. Il Governo tecnico Monti ha poco di tecnico. A livello nazionale, l'unica forza politica che si è mossa contro il provvedimento è stata la Lega Nord, alla quale si sono aggiunti negli ultimi giorni, quando ormai la stalla si stava per chiudere e i buoi erano scappati, amministrazioni locali di vari colori. C'è chi ha provato mozioni, chi si è rivolto al giudice ordinario, chi ha fatto ricorso al TAR. Ma abbiamo tanto l'impressione che la cosa si sia risolta nella classica bolla di sapone, in attesa dei tempi biblici della giustizia ordinaria e amministrativa. La Lega Nord è stata comunque l'unico partito a muoversi in forze sull'argomento e Roberto Maroni ha parlato della possibilità di avviare una class action a difesa dei soldi degli enti locali virtuosi. Adesso si sono svegliati proprio tutti e comuni, regioni e province fanno fronte unico contro la tesoreria unica, introdotta dal Governo con l'articolo 35. L'ANCI esprime al Governo, attraverso il suo presidente Del Rio, tutto il suo fastidio per essere trattati come i bambini monelli che hanno sperperato e ha ribadito dai microfoni di Tgcom 24 che il danno è morale e costituzionale, perché si lede l'autonomia finanziaria dei comuni. Non è portando via i fondi dagli enti locali alla tesoreria unica - avverte - che si esce dalla crisi. Dalla tesoreria unica prende le distanze anche il Presidente della Conferenza delle regioni, Vasco Errani, che al termine di un confronto con il Premier Monti ha detto che la norma va ridiscussa e cambiata, ma soprattutto che bisogna trovare un altro modo per affrontare il problema e bisogna che lo si faccia tutti insieme. Il presidente dell'UPI Castiglione ha detto che il provvedimento va cancellato perché incostituzionale e lede l'autonomia di regioni, province e comuni. Rispondendo indirettamente al Governo, chiarisce che non servono piccole modifiche se non si vogliono provocare effetti devastanti non solo sulle amministrazioni Pag. 48locali, ma su tutti i sistemi economici dei territori, commissariando nei fatti regioni e province e comuni. Questo Governo è nominato da un nominato e questo lo rende diverso da un Governo legittimato dall'elezione dei cittadini. Con il piglio del grande salvatore che cosa ha imposto il Presidente Monti? Il primo atto è stato il decreto-legge «salva Italia» e già il nome è una menzogna, perché si dovrebbe chiamare, per coerenza con la motivazione con cui è stato giustificato, «salva statali». Infatti, è stato detto che, senza il decreto, non si sarebbero potuti pagare gli stipendi agli statali - parole del Premier - a meno che per il Presidente del Consiglio dei ministri statali e Italia coincidano.
Si badi, il decreto-legge è tale da non avere avuto ancora alcun impatto sulla vita degli italiani che non vivono grazie allo Stato, perché il drenaggio della ricchezza è rimandato al pagamento delle tasse di metà anno. Ricordiamo, ad esempio, l'IMU a livelli esorbitanti, che metterà in ginocchio le piccole realtà produttive, che già non vivono nell'alloro.
È stato garantito che ciò avverrà, e sarà brutale, per coloro che la ricchezza la producono, e non solo la consumano. Questo è bastato a rassicurare chi di dovere, per dare il permesso allo Stato italiano di continuare a spendere come d'abitudine, peraltro per un tempo illimitato.
Oltre alla certezza che la ricchezza generata dai produttori sarà ulteriormente falcidiata, si è fatta venir meno l'onorabilità degli impegni contrattuali che, a suo tempo, lo Stato aveva assunto per il futuro previdenziale delle popolazioni che vivono del loro lavoro, e non da salariati di Stato, e che hanno consegnato in obbligo parte del frutto di questo lavoro, affinché fosse restituito il reddito per la vecchiaia.
Si badi bene, non era un contratto vantaggioso, ma poggiava la sua forza sull'obbligatorietà dei versamenti e sulla certezza del recupero, almeno in parte, di quanto versato, che questo obbligo sottendeva. Ed ora ci si propone, con questo provvedimento, di attuare le liberalizzazioni che ridaranno crescita all'Italia e la faranno uscire dal tunnel della crisi economica. Ora, se liberalizzare è sinonimo di lasciar fare, Monti ha perso un'altra occasione per disincrostare un Paese ingessato e in caduta libera, che si regge sulla corruzione, sul favoritismo, sulle peggio lobby e sul mercantilismo, tanto caro a Confindustria.
Se andassimo a vedere quante volte ricorrono le parole «obbligo», «costringere», «dovere», «stabilire per legge», «l'Esecutivo deciderà», tutte parole contenute in questo decreto-legge, si evincerà che sono moltissime, e quindi, se la lingua italiana ha un senso, corrispondono all'esatto contrario di liberalizzazioni.
Le cosiddette liberalizzazioni - la parola magica del momento - tanto invocate da chi le vuole applicare come principio ideologico, e non dopo averne valutata l'effettiva utilità, sono un'ulteriore limitazione alle libertà tradizionali. Se è vero che attaccano privilegi e caste, vere o presunte, in realtà questi interventi finiscono per essere un'ulteriore gabbia di vincoli per i popoli che le subiscono d'autorità, senza una preventiva valutazione di un rapporto costo-beneficio dell'operazione.
Domani saranno il grimaldello per far saltare ogni particolarità culturale, in nome della razionalizzazione, dell'equità, della modernizzazione, concetti sempre presentati, ovviamente, in senso positivo. Mentre il Governo Monti ottiene la massima esposizione mediatica e ha continui scrosci di applausi, grazie ai quattro pannicelli caldi impropriamente definiti liberalizzazioni, la vera partita sulla crisi economica si gioca in Europa, non a Roma.
La Banca centrale europea, per la seconda volta, ha iniziato ad offrire fondi illimitati triennali alle banche per frenare la stretta creditizia dell'area euro e sostenere i titoli di Stato dei Paesi ad alto rischio, che, tradotto, significa che Draghi stampa moneta per sostenere gli insostenibili debiti dei Paesi con maggiori difficoltà.
Ovviamente, le banche italiane saranno nuovamente in prima linea nell'accaparrarsi Pag. 49i fondi, spinte da Bankitalia, e saranno protagoniste, insieme alla Spagna, a gennaio, di acquisti record dei titoli di Stato nazionali. Si è bissato il long term refinancing operation con cui la BCE, al tasso agevolato dell'1 per cento, offre agli istituti di credito tutto il denaro che questi chiedono, con scadenza triennale, in cambio di titoli dati a garanzia, la cui platea è stata allargata in modo da dare ossigeno anche alle banche minori.
L'asta è la seconda nel suo genere nella storia della BCE, preceduta soltanto dalle operazioni di dicembre con cui sono stati sborsati ben 490 miliardi di euro. Le banche italiane e quelle spagnole con maggior bisogno di ossigeno hanno partecipato con volumi importanti e parteciperanno, probabilmente, anche a questa. A dicembre del 2011 le banche tricolori hanno chiesto ben 116 miliardi, un quarto dell'ammontare totale.
Il presidente della BCE, Mario Draghi, esulta: si è evitato un credit crunch ancora maggiore.
Sarà così, ma tra gli operatori economici, cioè le imprese, non si ravvisa l'ottimismo che sprigiona Draghi. La Banca centrale europea ha fatto quello che non aveva mai fatto, ossia ha immesso liquidità nel sistema economico. Noi crediamo che il Governo, se voleva veramente promuovere la crescita - come ha inserito nel titolo di questo provvedimento e come ha sbandierato ai quattro venti - doveva fare una norma affinché quella liquidità venisse utilizzata per darla alle imprese, quelle piccole e medie imprese che possono realizzare veramente la ripresa economica, ed alle famiglie. Quella liquidità non doveva, invece, essere trattenuta dalle banche o usata semplicemente per acquistare titoli di Stato.
Ayn Rand, grandissima romanziere americana, scriveva: quando vedete che per produrre avete bisogno di un permesso da chi non produce, quando vi rendete conto che il denaro si dirige verso chi sa gestire rapporti politici e non verso chi commercia, quando vedete che gli uomini diventano più ricchi rubando e costringendo, piuttosto che lavorando, e che le leggi proteggono loro da voi e non voi da loro, allora capirete che la società è condannata (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.
Onorevole Pili, l'abbiamo recuperata.

MAURO PILI. Signor Presidente, chiedo scusa. Purtroppo la Sardegna non è più collegata come un tempo e un'assemblea nella fabbrica Alcoa ci ha impedito di essere puntuali. Chiedo quindi perdono ai colleghi ed alla Presidenza per questo ritardo.
Intervengo a titolo personale su questo decreto ma non mi dilungherò oltre alcune questioni puntuali. Il decreto recita: concorrenza, sviluppo delle infrastrutture e competitività. È un titolo ambizioso, come tutti noi possiamo comprendere, anche se è evidente che mancano alcune misure, che reputo assolutamente prioritarie, rispetto ad una politica realmente concorrenziale di sviluppo delle infrastrutture e di competitività.
Quale è la sostanza che manca e che rischia di creare nel Paese un ulteriore divario? Mancano gli obiettivi della coesione e del riequilibrio. Si tratta di elementi fondamentali rispetto ad azioni che devono unire il Paese e che devono creare le condizioni per recuperare quel divario, che molto spesso non viene messo all'attenzione delle azioni legislative e tanto meno a quelle di Governo.
Noi festeggiamo il 150 anniversario dell'Unità di Italia - e mi rivolgo all'autorevole rappresentante del Governo - ben sapendo che i proclami in questo anno si sono prodigati con impegni e promesse rispetto a quei divari sostanziali tra il nord del Paese ed il Mezzogiorno e, come in particolar modo sottolineato dal Presidente della Repubblica nell'ultima visita in Sardegna, rispetto al divario sostanziale e misurabile dell'insularità.
Se realmente si vuole porre il problema di competere e di rendere la concorrenza elemento cardine dello sviluppo, l'obiettivo è anche restringere quella forbice di quel Pag. 50divario che caratterizza storicamente il nostro Paese.
Nel decreto - questo va detto con chiarezza - vi sono alcuni obiettivi che vengono puntualmente perseguiti. C'è l'obiettivo strategico del sistema Paese: accelerare, velocizzare, modernizzare il sistema della pubblica amministrazione e porre sostanzialmente il nostro Paese in condizioni di non attardarsi in lacci e laccioli, che hanno condizionato su alcuni versanti importanti il sistema economico.
Questo è un passaggio non solo condivisibile, ma rientra in quel solco tracciato dal Governo Berlusconi, un solco programmatico che anche con grandi difficoltà si è cercato di perseguire, nonostante i tanti ostacoli incontrati. È altrettanto vero che c'è, però, un altro passaggio. Qui vengo alle dolenti note, agli obiettivi che avrei ritenuto opportuni ed ai pericoli di questo decreto rispetto ad alcune questioni.
La prima questione: le infrastrutture. Il tema fondamentale delle infrastrutture del nostro Paese è che non ci possono essere locomotive e vagoni, ma occorre che il Paese funzioni tutto come una locomotiva, senza che la locomotiva stessa sia rallentata dai tanti vagoni, che sono per esempio l'assenza di riequilibrio e di competitività nelle regioni del Mezzogiorno e mi riferisco in particolar modo alle regioni insulari.
C'è un combinato disposto che mi permetto di definire «pericoloso», quello del decreto cosiddetto «salva Italia» e il decreto legge in esame. È stato infatti introdotto nel decreto cosiddetto «salva Italia» un passaggio in cui si dice che tutte le opere infrastrutturali strategiche del nostro Paese devono essere riprogrammate. In quel passaggio, in maniera puntuale e quasi subdola, il Governo ha detto sostanzialmente che la priorità numero uno è che le opere infrastrutturali strategiche devono avere una compartecipazione privata e in base a quella avranno la priorità del finanziamento e dell'approvazione da parte del CIPE. Io sono assolutamente d'accordo che i privati abbiano un ruolo strategico nella infrastrutturazione del Paese, ma è altrettanto vero che, se non si riesce ad individuare e a pianificare il tipo di opere e soprattutto a farsi carico di un obiettivo strategico, che è appunto quello dell'equilibrio infrastrutturale, che è posto anche alla base dell'articolo 22 della legge 5 maggio 2009, n. 42 sul federalismo fiscale, rischiamo di separare, spaccare, dividere ancora di più l'Italia, non mettendoci nelle condizioni di gestire un passaggio fondamentale che è funzionale non alle regioni del Mezzogiorno o a quelle insulari, ma è funzionale al sistema Paese, perché, se qualcuno corre troppo e qualcuno invece non corre per niente, si finisce per rallentare l'intero sistema Paese. Orbene, in questo decreto-legge si punta tutto sull'aspetto della privatizzazione o meglio dell'intervento delle banche che diventano l'interlocutore unico ed esclusivo e, in qualche modo è scritto anche nel decreto-legge in esame, privilegiato per la definizione di quelle opere da sottoporre poi a tariffa gestionale, tariffa che ovviamente non può essere proposta in alcune realtà del Paese; cito per tutte quelle insulari dove le tariffe, per esempio per le reti infrastrutturali, sarebbero un aggravio ulteriore ad un differenziale oneroso che porta il costo del trasporto nelle regioni insulari al 20-30 per cento di costo aggiuntivo, per non parlare poi di quello energetico dove ormai il dato è del 60-70 per cento superiore a quello delle regioni italiane. Non aver indicato quindi in questo passaggio strategico...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAURO PILI. ... la coesione e l'equilibrio pone assolutamente un limite rilevante. Così come non si toccano - mi avvio alla conclusione, signor Presidente - gli interessi del monopolista che lo stesso Governo ha individuato come tale rispetto anche a sanzioni comunitarie: mi riferisco all'ENEL. L'ENEL sta aggravando il sistema economico del Paese e sta soprattutto, per quanto riguarda le regioni insulari, creando condizioni assolutamente insostenibili che stanno portando alla chiusura del sistema industriale della Sardegna. Pag. 51Mi riferisco, in particolare, alla vicenda di queste ore, alla fabbrica Alcoa, che vede costretta quella azienda a chiudere perché il costo energetico in Sardegna è superiore del 60-70 per cento. Ecco, in un processo di privatizzazione del sistema e di liberalizzazione, avremmo auspicato che il Governo sapesse intervenire in maniera puntuale anche rispetto a questi temi.
C'è il tema finale - concludo davvero - riguardo ai diritti aeroportuali. Anche al riguardo mi permetto di dire che vanno fatti dei distinguo o forse sarebbe stato meglio, anche in questo caso, che il Governo pensasse alla coesione territoriale e all'unità del nostro Paese che in questo decreto-legge molto spesso vengono meno. Quindi, l'auspicio è che il Governo tenga conto anche di queste riflessioni per eventuali modifiche che auspico per migliorare il decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori abbiamo pensato fin dall'insediamento del Presidente del Consiglio che quel Governo dovesse avere un obiettivo prioritario oltre a quello dei conti, ovvero quello del rilancio della nostra economia. Noi abbiamo sempre detto che parte importante, significativa e necessaria di questo rilancio dovesse essere un intervento per dare più mercato alla nostra economia in alcuni settori dove il mercato è in realtà chiuso.
Quindi avremmo voluto supportare questo Governo proprio nell'iniziativa sulle liberalizzazioni, ma avevamo anche detto che si doveva trattare di liberalizzazioni vere, con palesi ed evidenti vantaggi per i cittadini, e quindi noi ci aspettavamo conseguentemente interventi significativi, non solo laddove aveva totalmente fallito il Governo Berlusconi, ma anche in quei settori che erano sempre stati considerati tabù e nei quali non vi era mai stato alcun reale intervento per cambiare le cose, per creare più mercato. Mi riferisco in particolare al settore bancario, a quello assicurativo, a quello dei servizi pubblici, a quello dell'energia. Già nel momento in cui il decreto-legge è uscito, è apparso evidente che in realtà si trattava di un provvedimento molto carente, molto parziale, direi quasi minimale. In esso venivano riproposti alcuni interventi che non si erano realizzati prima su attività rispetto alle quali certamente di mercato ce n'era poco (taxi, farmacie, notai, professionisti ed altro); veniva sì in qualche modo confermata questa separazione della rete SNAM dall'ENI, che poteva essere un passaggio importante, ma realmente c'era praticamente il nulla in settori come quello bancario e assicurativo, dove è evidente che mercato ce n'è poco e in cui siamo in presenza di cartelli veri e propri, che in un Paese come gli Stati Uniti verrebbero spazzati via in quattro e quattro otto (perché quando tre banche controllano il 60 per cento del credito - com'è in Italia - vuol dire che mercato non c'è).
L'iter di questo decreto-legge però ha portato persino ad un grave peggioramento rispetto a come esso era all'inizio. Intanto vorrei dire che in molti casi le misure sono state rinviate a regolamenti, decreti e convenzioni, ma in molti altri casi sono diventate delle ripetizioni rabberciate di disposizioni che il Parlamento aveva già in parte varato. La stessa relazione illustrativa del decreto-legge presenta delle carenze evidenti, perché ci si aspetta che contenga una analisi dell'evoluzione dei vari settori economici investiti dalle liberalizzazioni, che dovrebbe essere il presupposto per spiegare il perché degli interventi (e questo non è stato).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 18)

ANTONIO BORGHESI. Andiamo a vedere. Sul tema delle farmacie ci si è limitati prevedere per decreto-legge di aprire una farmacia ogni tremila e 300 abitanti, ma sulla questione farmaci non si è minimamente intervenuti, e lì c'è tutta quella vicenda relativa ai farmaci di fascia C, per cui durante il precedente il Governo Pag. 52si era fatto saltare tutto rimettendo di fatto in mano a quelli che erano direttamente interessati a vendere nelle farmacie i farmaci, la decisione su quali farmaci potessero essere venduti anche con canali alternativi. Lì non è cambiato praticamente nulla. Persino su un tema minimale, veramente minimale, come quello dei taxi, non si è fatto nulla. Continueranno ad essere i comuni a decidere il numero delle licenze con un parere che non è più vincolante, ma semplicemente obbligatorio, della Autorità per la regolamentazione del trasporti.
La separazione strutturale tra ENI e SNAM viene rinviata a quando questo Governo non ci sarà più, e quindi è tutta da ridere e da decifrare, perché se c'era una possibilità che tale separazione fosse realizzata, era che fosse questo Governo tecnico a farlo, e invece non sarà così.
Sono state persino azzerate le sanzioni minime previste a carico degli assicuratori RC-auto che non informano in modo chiaro il cliente sulle tariffe. Nemmeno questo siete riusciti a fare e anche su tale questione avete fatto marcia indietro.
Per non parlare poi del fatto che ci vuole altro per poter creare il mercato del credito, per renderlo competitivo e concorrenziale e per obbligare le imprese finalmente ad agire in concorrenza l'una con l'altra. E idem nel mercato assicurativo: non è certo obbligando, come si voleva fare, a fornire un preventivo in più, che cambiano le cose.
Persino sui professionisti si è fatto marcia indietro su quasi tutto. Non parliamo poi dell'approccio confusionario che è risultato dagli interventi del Senato in materia di trasporti, con questa nuova autorità i cui compiti si intrecceranno con l'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali, il cui statuto andrà approvato entro il 31 luglio, secondo quanto era già stato stabilito dal decreto-legge cosiddetto «milleproroghe».
L'unico aspetto positivo che contiene il decreto-legge in oggetto, anch'esso però da valutare nel prosieguo, è il fatto di avervi inserito, sebbene fosse forse estraneo agli argomenti e alle questioni contenute nel decreto-legge stesso, l'emendamento che prevede l'imposizione dell'IMU sulle attività non esclusivamente commerciali della Chiesa Cattolica, anzi del terzo settore, anche se dovremo capire poi come la cosa evolverà.
Inoltre, c'è da capire anche che fine farà la norma, che certamente i risparmiatori hanno visto positivamente dal loro punto di vista, che prevede il divieto di imposizione di clausole che portino commissioni per le linee di credito concesse dalle banche. Vi è poi l'argomento del conto corrente senza spese per determinati tipi di risparmiatori, che ha sollevato delle questioni, e che noi non sappiamo ancora come andrà a finire.
Signor Presidente, signor sottosegretario, noi siamo tra coloro che pensano che non sia quello il modo per creare un mercato del credito. Non è intervenendo a gamba tesa nel fissare il prezzo del servizio che si risolve il problema; voi, però, non fate nulla per intervenire realmente, per creare mercato e fare in modo che le banche siano in competizione l'una con l'altra e non siano invece un cartello strutturato che si comporta, nei confronti del cliente, come una spugna da cui prelevare commissioni ed entrate e non, invece, come un soggetto da servire e a cui fornire servizi per la soddisfazione dei bisogni delle imprese. È chiaro che è lì che si dovrebbe intervenire.
Noi abbiamo proposto anche delle soluzioni semplici e ovvie che, però, non avete ritenuto nemmeno di considerare. Vi abbiamo proposto un indicatore che permettesse di confrontare immediatamente tutti i servizi delle banche, grazie al quale, per un cliente che deve scegliere, sarebbe stato sufficiente entrare in una o in un'altra banca e farsi dare quel saggio o quell'indicatore, e gli sarebbe stato possibile capire benissimo e immediatamente chi pratichi le condizioni migliori. Ma anche su questo avete detto di no. Lo avete detto in campo bancario e in campo assicurativo, così come avete detto di no alla proposta, che poteva creare un mercato, di permettere a me che sto in Italia, di stipulare una polizza direttamente a Pag. 53Berlino, piuttosto che a Londra o a Madrid, dove trovo le condizioni migliori. Ma voi non lo permettete perché, anziché creare un vero mercato europeo anche delle assicurazioni, va bene a tutte le assicurazioni nazionali essere qui, cosicché l'assicurazione straniera, che potrebbe essere più efficiente, si guarderà bene dall'intervenire direttamente se non venendo su questo mercato, perché poi guadagna di più. Questa è la situazione e questi sono i temi veri delle liberalizzazioni su cui avreste dovuto intervenire e che, invece, per non toccare gli interessi consolidati, avete lasciato come stanno.
Questa è la sintesi del giudizio che Italia dei Valori dà su questo decreto-legge «liberalizzazioni» ed è evidente che, con un giudizio di questo tipo, possiamo già dire che non potremo che votare contro un decreto-legge che - ripeto - aveva qualche piccolo elemento positivo, su cui però c'è stata una totale marcia indietro da parte del Governo, perché evidentemente le lobby che sono presenti ancora in questo Parlamento, sono più forti di un Governo tecnico; e un Governo tecnico che non riesce a superare neanche questo limite dovrebbe trarne, a nostro giudizio, alcune evidenti conseguenze (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, il provvedimento in esame, il decreto-legge sulle liberalizzazioni, è una legge-manifesto. Vale a dire un provvedimento che non produrrà effetti se non per le dichiarazioni che sono state rese con eccessivo entusiasmo da parte del Presidente del Consiglio e di qualche esponente del Governo, i quali hanno sostenuto che miracolosamente, con il decreto-legge sulle liberalizzazioni, il PIL in Italia avrebbe avuto un balzo in avanti, su cui sono stati forniti molti numeri.
Il Governo dei tecnici, che avrebbe dovuto brillare per sobrietà, serietà e approfondimento scientifico, ha dato tanti numeri quando è stato approvato questo decreto-legge, per cui ne abbiamo ricavato l'impressione che il PIL italiano si sarebbe messo a correre con la velocità di quelle nazioni che stanno crescendo di più.
Perché un provvedimento-manifesto? Perché dopo aver approvato il decreto-legge cosiddetto «salva-Italia», che è stato un provvedimento dannoso per le famiglie e per le imprese, che ha introdotto nuove tasse e ne ha reintrodotto altre, occorreva agitare una bandiera e il Governo, forte di quanto dettato dall'Europa, ma più precisamente da Francia e Germania, ha puntato sulle liberalizzazioni. In realtà cosa sta accadendo nel nostro Paese? Cosa sta accadendo in Italia? L'unico indice che questo Governo può indicare come risultato positivo non della propria azione ma della propria presenza, è l'abbassamento dello spread che, in realtà, non è dovuto alle scelte sbagliate di questo Governo, ma alle azioni che sono state portate avanti dalla Banca centrale europea che ha cominciato a distribuire soldi alle banche, a finanziare gli istituti di credito, i quali a loro volta hanno cominciato a riacquistare il debito sovrano con un vantaggio notevole, perché, ricevendo denaro ad un tasso dell'1 per cento, con una semplice partita di giro, ricavano di fatto dai 4 ai 5 punti percentuali, superando quindi una fase di difficoltà. Non accetto che vi sia questa sorta di dialettica tra chi sostiene che questo decreto-legge liberalizza poco e chi sostiene che questo decreto-legge liberalizza tanto.
Noi siamo in una fase così delicata per il nostro Paese, che avremmo dovuto aprire un'altra riflessione, e cioè: lo Stato può ritornare ad essere il regolatore di alcuni processi all'interno del nostro sistema economico? Uno Stato può recuperare la sua funzione di indirizzo e di programmazione, non affidandosi solo all'irrazionalità del mercato? In realtà, con questo decreto non si tiene nessun risultato, né si interviene liberalizzando quei settori che sono i veri settori sui quali avreste dovuto intervenire (le banche e le assicurazioni), né tantomeno recuperate una funzione regolatrice dello Stato per Pag. 54restituire serenità alle famiglie italiane. E ancora di meno questo decreto produce effetti su quella parte del nostro Paese, il Sud Italia, che ha sofferto ancora di più per una situazione di crisi economica e finanziaria.
Sarebbe interessante sapere adesso, dopo che svariati giornali, quelli che vi hanno spinto a sedervi su quelle poltrone e che ora cominciano a verificare che il crac non solo non l'avete evitato, ma lo state precipitando, cosa scriveranno quei giornali che hanno scritto di recente che in virtù delle vostre manovre - sostanzialmente di quella di dicembre - se tutto andrà bene, per modo di dire, il PIL avrà una flessione del 2 per cento; se andrà male il PIL avrà una flessione del 4 per cento. Questo significa che il pareggio di bilancio, obiettivo ambizioso che si è posto solo l'Italia, perché altri Paesi stanno tranquillamente viaggiando in un regime di deficit, non ci sarà. Allora noi ci chiediamo (ed oggi il Governo ce lo potrà dire, ce lo dirà, visto che porrà per l'ennesima volta la questione di fiducia, facendo un ulteriore strappo rispetto al rapporto che ci deve essere, di confronto e dialettico, tra il Governo e l'Assemblea parlamentare): quali sono gli effetti positivi di queste liberalizzazioni? Il PIL che balzo in avanti farà? Quali sono i risultati che voi vi attendete?
Noi ci ritroviamo con il fardello di un Governo tecnico, che rappresenta un'anomalia assoluta in un sistema democratico - c'è solo in Italia, almeno nella configurazione che ha l'attuale Governo - per cui ci troviamo in una condizione di democrazia di fatto sospesa, senza aver avuto alcun beneficio. Parliamo dell'economia reale, onorevole rappresentante del Governo, non dello spread o del fatto che quando andate in Europa la Merkel, in maniera abbastanza ipocrita, vi accoglie con più calore. Non è questo che segna il recupero di prestigio di un Paese a livello internazionale: anche questa è una sorta di favola alimentata dalla grancassa mediatica che accompagna con favore questo Governo.
Gli indici veri, al di là dello spread, quali sono? La condizione di vita delle famiglie, il tasso dei disoccupati; se riusciamo ad attrarre investitori stranieri; se l'inflazione, invece di galoppare verso il 4 per cento, si arresta; se i giovani trovano lavoro; se si riduce il divario tra il nord e il sud del Paese. Questi sono gli indici concreti che dovrebbero segnare positivamente l'azione di un Governo, che io mi auguro vi siano. Pur essendo all'opposizione, io mi auguro che questo Governo ottenga questi risultati. Il problema di fronte al quale ci troviamo è che stiamo andando in una direzione opposta.
E allora, noi vi chiediamo di aprire gli occhi, di non innamorarvi troppo delle vostre tesi, inseguendo un'Europa che gli italiani avvertono sempre più lontana rispetto alle proprie esigenze. Facciamo gli interessi del nostro Paese, non inseguiamo alcuni club europei, non inseguiamo, in modo particolare, questa linea rigorista della Germania, che impone ricette ad altri, che non applica in patria, e che producono risultati disastrosi. Noi riteniamo che questo Governo debba recuperare un senso di direzione di marcia che guardi agli interessi veri degli italiani.
Questo decreto liberalizzazioni, mi sia consentito di dirlo, è un decreto che non produrrà alcun effetto; è un decreto inutile, è un decreto che dà l'idea di voler fare qualcosa, ma che, in realtà, non produce alcun risultato positivo per la nostra economia. Noi chiediamo al Governo, quindi, di abbandonare le bandiere. Siamo molto preoccupati per questa volontà di voler procedere alla modifica e alla riforma del mercato del lavoro senza la concertazione delle parti sociali. Ma dove andate? Dove andate senza il consenso delle parti sociali? In quale direzione volete andare, contro la volontà di chi difende i diritti sacrosanti dei lavoratori?
Noi siamo una formazione politica - può sembrare un paradosso - che è contro la patrimoniale, che voi avete imposto attraverso la reintroduzione dell'ICI sulla prima casa e siamo, al contempo, contro una modifica dell'articolo 18 che riduca i diritti dei lavoratori. Non fate credere cose Pag. 55che non sono vere, che la flessibilità in uscita vuol dire aumentare la possibilità di occupazione per i giovani. La possibilità di occupazione per i giovani vi sarà se crescerà la nostra economia; se favorirete gli investimenti; se sarete a fianco degli imprenditori; se difenderete l'Italia in Europa; se non vi farete ricattare dalla Germania, che, in cambio dei prestiti e del salvataggio, ha imposto alla Grecia forniture militari; se non vi farete imporre ricette che distruggeranno la nostra identità di Paese manifatturiero e industriale. Siamo al secondo posto in Europa, ma la Francia ci incalza, perché i vostri provvedimenti stanno mettendo in ginocchio l'economia italiana. Veniamo alle banche. Bastava occuparsi di questi due aspetti, onorevole rappresentante del Governo: banche e assicurazioni.
Sono queste le questioni principali, insieme all'energia, ma non risolvete il problema dei costi separando la rete dalla proprietà; non lo risolvete così. Invece il problema sono le banche, che non danno credito o se lo danno, lo danno ad un tasso elevato perché, per quanto si liberalizzi in quel settore, le banche poi fanno cartello - e allora bisogna veramente che le autorità vigilanti facciano il loro dovere fino in fondo - e le assicurazioni, che stanno massacrando le famiglie italiane su un bene fondamentale per poter accedere al proprio luogo di lavoro.
Quindi, su tutto il resto avete alimentato lo scontro tra le categorie: ve la siete presa con i professionisti, ve la siete presa con i tassisti, ve la siete presa con i farmacisti, ve la siete presa con i notai, ve la siete presa con una serie di categorie, ma tutti i provvedimenti che avete preso non produrranno alcun risultato. Vi richiamo, allora, ad un senso di maggiore concretezza e di maggiore pragmatismo: fate le cose che realmente sono utili per il Paese. Se è vero che non avete ambizioni politiche - ma ho molti dubbi su questo, la strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni, si dice di non voler fare una cosa, ma si pensa esattamente l'opposto - e se è vero che questo Governo vuole raggiungere un risultato, fate le cose che realmente sono utili per il Paese e ascoltate di più il Parlamento. Non è più tollerabile che si pongano tante questioni di fiducia; non è più tollerabile che ci sia un commissariamento, di fatto, del Parlamento; che si siano resi inutili il ruolo e la funzione del parlamentare. Abbiamo ascoltato, in passato, tanti richiami alla centralità del Parlamento, interventi del Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera, dei partiti, di alcuni partiti che erano all'opposizione prima di questo Governo, che si stracciavano le vesti perché il Governo precedente, guidato da Berlusconi, rispetto ad una palese volontà ostruzionistica, era costretto a porre la questione di fiducia per evitare che i decreti-legge decadessero. Voi, rispetto ad un uso disinvolto e, aggiungo, spregiudicato della questione di fiducia, state penalizzando fortemente l'azione del Parlamento.
Noi non voteremo questo provvedimento non perché sia proposto da un Governo che noi riteniamo un corpo estraneo alla nostra democrazia, ma perché lo riteniamo del tutto inutile. Non cambierà nulla; dopo le nefandezze dei provvedimenti contenuti nel cosiddetto decreto «salva Italia», avete solo voluto dare l'idea di fare qualcosa per la crescita. Non con queste ricette crescerà il Paese; questo nostro Paese crescerà innanzitutto se vi impegnerete sulla vera, grande questione nazionale: la questione del Sud. Questo grande divario che c'è tra un'area del Paese che comunque continua a garantire lavoro e sviluppo e un'area del Paese che è senza infrastrutture, senza una adeguata qualità dei servizi e che ha più del 50 per cento dei giovani disoccupati. Portate in Parlamento provvedimenti che affrontino questa grande questione; non ignoratela come ha fatto il Presidente Monti nella conferenza di fine anno quando non ha pronunciato, una sola volta, la parola «Sud». Noi siamo pronti a votare i provvedimenti che andranno in questa direzione. L'Italia cresce se cresce il Sud.
Allora portate provvedimenti in Aula, non finti provvedimenti, come quello sulle semplificazioni o questo sulle liberalizzazioni, Pag. 56ma portate provvedimenti che riducano il divario fra il Nord ed il Sud del Paese, che consentano all'Italia del Sud di dare lavoro ai propri giovani, che consentano al Sud di recuperare il divario infrastrutturale rispetto al Nord, e allora noi affronteremo in Parlamento una sfida che siamo pronti a raccogliere. Ma con provvedimenti di questo tipo, purtroppo, ci dispiace dirlo, l'Italia sarà costretta a vivere ancora grandi difficoltà, momenti di difficoltà dal punto di vista dello sviluppo economico. Abbiamo tentato di migliorarlo, questo provvedimento, non è stato possibile. Per queste ragioni, signor Presidente, anticipando quello che sarà il voto del mio gruppo, del gruppo Noi Sud, esprimiamo un giudizio fortemente negativo su un provvedimento che non produrrà alcun beneficio alla nostra economia (Applausi di deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, colleghi, il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, per i dieci deputati di Grande Sud rappresenta un primo passo verso una maggiore modernità, e come tale i suoi contenuti non riguardano ancora tutte le possibili liberalizzazioni, ma certamente una parte cospicua. Alcune di esse vengono accolte con sollievo e (spesso) entusiasmo dai cittadini; altre, pure importanti, sono di più difficile accettazione. Un primo tema affrontato è quello della trasformazione delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale esistenti presso i tribunali e le corti d'appello in tribunale delle imprese. Il personale, purtroppo, è quello delle sezioni e, quindi, non cresce come numero, il che richiede una verifica sperimentale se sia possibile avere il tribunale delle imprese e non incrementare un po' il personale specializzato.
La società a responsabilità limitata semplificata, per persone con età minore di 35 anni, che possono costituire una di queste società con 1 euro di capitale senza passare per le forche caudine del notaio, è una buona cosa, che potrà incentivare molte attività su iniziativa dei giovani a cui è negata, dalle leggi vigenti, questa possibilità. Ciò favorirà proprio quei giovani diplomati e laureati che nel Mezzogiorno d'Italia hanno molta voglia di intraprendere.
Viene anche consentita all'Antitrust la potestà declaratoria della vessatorietà delle clausole dei contratti fra professionisti e consumatori, con relative sanzioni in caso di inottemperanza. La stessa Autorità, insieme ai Ministeri della giustizia e dell'interno, può elaborare un rating della legalità per le imprese, il che aiuta lo sviluppo in alcune zone più sfortunate del nostro Paese, in particolare nel Mezzogiorno d'Italia. Vi è, poi, il codice del consumo per la tutela delle microimprese da pratiche commerciali ingannevoli, microimprese che vanno sostenute.
Altra questione importante è quella relativa alla disciplina delle società tra professionisti, il cui capitale in maggioranza deve essere sempre assicurato dai professionisti che devono conservare il segreto professionale anche all'interno delle stesse società.
I temi, poi, delle farmacie e dei notai hanno avuto grande rilevanza durante la preparazione del provvedimento e la discussione in Senato. Non possiamo nasconderci dietro a un dito: su questi temi non c'è stato un successo pieno. Le resistenze alle liberalizzazioni hanno portato a un successo solo parziale. È aumentato il numero delle farmacie, ma i farmaci da banco si vendono solo lì e nelle cosiddette parafarmacie e non, ad esempio, nei supermercati o in altri luoghi, come avviene in altri Paesi europei e negli Stati Uniti d'America almeno per alcuni farmaci.
Si fanno i concorsi in cui, a parità di punteggio, sono favoriti gli under 40. Il Senato ha introdotto delle modifiche, come ad esempio che presso l'ENPAF, ossia l'ente nazionale di previdenza dei farmacisti, si costituisca un fondo di solidarietà per i comuni con meno di mille Pag. 57abitanti. Sui notai pure non si semplifica molto, né si liberalizza, ma solo si aumenta l'organico di 500 unità. Si fa il concorso e la nomina si fa entro un anno; meglio questo che, evidentemente, niente.
Vi è poi un tentativo lodevole, in questi tempi di aumenti disordinati dei prezzi dei carburanti, che prevede il prezzo medio del lunedì e potenzia il fondo per la razionalizzazione della rete, favorendo l'uscita dal mercato degli impianti meno efficienti e stimolando così la riduzione dei prezzi. Tutto bene, però qui ci vuole più coraggio nel ridurre le tasse man mano che cresce il prezzo del petrolio, altrimenti i risultati saranno deludenti per i cittadini.
Sui prezzi del gas c'è un intervento tendente alla difesa dei cosiddetti «clienti vulnerabili», cioè le famiglie, le strutture sociali e così via, avvicinando il prezzo ai livelli medi europei. Si interviene sui rapporti tra ENI e SNAM Spa per separare, entro 18 mesi, la proprietà di SNAM da parte dell'ENI.
Alcune disposizioni riguardano il mercato elettrico che va regolato con una revisione complessiva della disciplina di riferimento. A tal fine, l'autorità di riferimento dovrà definire un apposito atto di indirizzo e in questo quadro l'Autorità per l'energia elettrica e il gas sarà finanziata anche da soggetti esercenti servizi idrici, con un contributo di importo non superiore all'uno per mille dei ricavi dell'ultimo esercizio, con un aumento dell'organico di 40 posti.
Il settore idrico è, però, il più povero di quelli regolati da questa autorità e pertanto va monitorato il sistema, al fine di verificare se in futuro sia possibile ridurre questo contributo. Interventi molto positivi sono riferiti agli altri servizi pubblici locali, in merito ai trasporti pubblici locali, oppure all'erogazione di servizi di gestione integrata dei rifiuti urbani da assegnare rispettando la normativa europea e nazionale.
In particolare, la gestione e l'erogazione del servizio può essere comprensiva della realizzazione degli impianti. La raccolta, commercializzazione e smaltimento di tutti i rifiuti solidi urbani e assimilati prodotti all'interno devono essere svolte all'interno dell'ambito territoriale ottimale (ATO). Sono norme chiave per superare le varie emergenze pluriennali di alcune regioni.
Sono inoltre previsti servizi bancari gratuiti per i pensionati con una pensione minore di millecinquecento euro - misura che mi pare confermata dal provvedimento - annullando clausole di contratti vessatori. Vi sono norme per cancellare le ipoteche perenti, un altro degli argomenti che viene sempre discusso dai cittadini e vi è il tentativo benemerito di contrastare la contraffazione dei contrassegni delle assicurazioni RC-auto.
Quindi, il provvedimento comprende le ispezioni del veicolo, la scatola nera, l'attestato di rischio e la liquidazione dei danni. Vi è anche l'Istituto per la vigilanza delle assicurazioni private e di interesse collettivo. La tempestività dei pagamenti della pubblica amministrazione statale è vista anche come una novità attraverso l'assegnazione di titoli di Stato nel limite massimo di due miliardi di euro con possibilità di incrementarli. I titoli non sono computabili nei limiti delle emissioni di titoli di Stato indicati nelle leggi di bilancio. Le pubbliche amministrazioni possono anche onorare il debito attraverso l'istituto della compensazione e questa è una vera novità positiva introdotta all'articolo 35 del decreto-legge.
Entro tre mesi poi, per i trasporti, l'Autorità che verrà istituita sarà formata da tre membri scelti tra persone di indiscussa moralità e indipendenza, professionalità e competenza nei settori in cui opera, ossia nel settore aeroportuale (direttiva 2009 del Parlamento, approvata nel marzo 2009), nel settore ferroviario, in cui per adesso si è dimostrato, anche in questo decreto-legge, poco coraggio nella separazione tra RFI e Trenitalia, e nel settore dei taxi, dove chiaramente è prevalsa l'idea che le tariffe venissero assegnate ai comuni e alle regioni su parere dell'Autorità dei trasporti. Comuni e regioni, quindi, acquisito il parere di questa Autorità, possono adeguare il servizio dei Pag. 58taxi. Si è tanto parlato, e alla fine si è scelta la via giusta, della primaria responsabilità dei comuni in questo caso, che non possono ignorare il parere però dell'Autorità.
Alcune specificazioni sulla riforma dell'ANAS sono essenziali e mi pare che vanno nella direzione giusta. In particolare, la specificazione che l'istituenda Agenzia per le strade e autostrade acquisisca la possibilità di approvare i progetti delle strade in gestione diretta e anche quella delle concessionarie autostradali, lasciando ad ANAS Spa la funzione essenziale di costituire la nuova concessionaria pubblica di gestione delle strade e delle autostrade. Vi sono norme sulla vendita della stampa quotidiana e periodica, sui rapporti tra edicolanti e fornitori, su cui non mi dilungo perché altri interventi autorevoli, in particolare del gruppo Misto, hanno messo in rilievo le implicazioni sul pluralismo informativo, che è fondamentale in una democrazia avanzata come la nostra.
È molto positiva l'esclusione della Protezione civile dalla gestione dei grandi eventi che tante distorsioni ha provocato in passato in un decennio di validità. In materia di infrastrutture il provvedimento stabilisce una buona novità. Le società di progetto private possono emettere obbligazioni e titoli di debito onde favorire l'utilizzo di risorse finanziarie private per costruire opere pubbliche. Le garanzie saranno fornite dal sistema finanziario, da fondazioni, da fondi privati, secondo modalità definite dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tuttavia, per le grandi opere, quelle definite strategiche, non credo bastino queste garanzie, ci vuole direttamente la garanzia dello Stato. Per queste sono previste dall'articolo 42 delle semplificazioni notevoli.
Non ci sono solo quindi le carceri per il project financing, ma possono essere utilizzati nuovi strumenti per i porti, gli aeroporti, le autostrade e in futuro anche per le ferrovie. Altro strumento importante è il cosiddetto contratto di disponibilità, che è un contratto presente nella legislazione di altri Paesi e che consente la costruzione e la messa a disposizione di un immobile privato a favore della pubblica amministrazione, destinato al pubblico servizio. Ci possono essere contributi pubblici fino al 50 per cento. Si riduce il generico 2 per cento per le opere d'arte fino allo 0,5 per cento per importi superiori a 20 milioni di euro, cosa che effettivamente in pratica è stata già fatta in passato, ma solo in pratica. Spesso non si sono utilizzate queste somme derivanti dal 2 per cento.
È importante il capitolo sui dragaggi dei porti, che finalmente escono da un'impasse pericolosa che ha bloccato molti porti per lunghi mesi e spesso anche per anni. L'uso del materiale dragato, se non inquinato o trattato se inquinato, può essere usato in modo diverso e più razionale rispetto al passato, come pure il materiale di scavo (terre e rocce) classificati come sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006. Altro tema importantissimo riguarda l'attenzione alla vigilanza e al controllo delle grandi dighe e le opere di derivazione a valle.
Questi, in sintesi, insieme ad altri che non vado ad elencare, ma che senz'altro sono di fondamentale importanza per il nostro Paese, sono i temi trattati in questo provvedimento. Non si comprende, quindi, come non si possa considerare un provvedimento da approvare dall'insieme del Parlamento. È per questo che credo che sarebbe stato quanto mai utile se tutto il Parlamento, tutti i deputati di quest'Aula che hanno a cuore la situazione del nostro Paese - che conoscono e vivono ogni giorno l'arretratezza anche delle impostazioni della stessa pubblica amministrazione costretta a gestire burocraticamente leggi antiquate che purtroppo noi stessi abbiamo approvato in passato -, approvassero, qualora ci fosse un'attenzione maggiore, questo primo ma fondamentale passo per la ripresa dell'Italia, auspicando un nuovo inizio in cui il merito abbia un peso reale e rilevante.
Il decreto-legge, quindi, va ad incidere su aspetti chiave della vita economica, Pag. 59puntando sulla liberalizzazione delle attività produttive e commerciali e ad un generale miglioramento del funzionamento del mercato. Pertanto, Grande Sud approva con convinzione questa prima parte delle liberalizzazioni e auspica che altri provvedimenti simili e incisivi - forse ancora di più di questo - verranno presentati dal Governo in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, il provvedimento che oggi la Camera discute e che, aderendo alla richiesta fortemente argomentata dal Presidente del Consiglio, la Camera stessa approverà presumibilmente senza modifiche, credo che rappresenti innanzitutto una svolta culturale nella politica economica italiana e forse nella politica italiana tout court. Il fatto che, al culmine di una crisi finanziaria drammatica e di fronte ad un'incombente crisi recessiva, il Governo decida di avviare con una forte accelerazione misure di liberalizzazione e punti sull'apertura di mercati chiusi, sull'integrazione del mercato unico europeo dei servizi, sulla modernizzazione di settori professionali la cui crescita è bloccata da modelli ormai superati, è il segno di una visione che fino ad oggi i Governi di centrosinistra e di centrodestra avevano talvolta predicato in teoria, ma mai avuto il coraggio di praticare nei fatti.
È una visione del mercato e della concorrenza in un quadro di efficiente regolazione come strumenti di crescita, ma anche di equità, cioè come leve per consentire alle nuove generazioni di accedere a professioni chiuse, di godere delle opportunità create dalla attivazione di nuove imprese in settori oggi dominati dai monopoli. Una visione, una politica che assume come propri referenti non più o non solo gli interessi organizzati nelle corporazioni o quelli rappresentati nei sistemi associativi (che sono ovviamente soggetti degni e significativi della dinamica sociale, ma che ineluttabilmente sono destinati a difendere ciò che esiste e se stessi dai nuovi entranti), ma una politica che ha come punto di riferimento gli interessi generali, gli esclusi, le giovani e le future generazioni e come obiettivo prioritario la crescita della produzione e l'aumento dell'occupazione. Ha come obiettivo quello di rimettere in moto l'ascensore sociale e ridare speranza e fiducia nella possibilità di ciascuno di realizzarsi e crescere.
Da questo punto di vista, è molto significativo ed espressivo di questa visione, di un indirizzo politico che segna una netta discontinuità rispetto al passato, il fatto che questo decreto-legge rappresenti il secondo pilastro dell'azione intrapresa dal Governo per riportare l'Italia ad essere protagonista non solo sul piano dell'autorevolezza istituzionale, ma anche su quello del ruolo e del peso economico in Europa e nel mondo.
D'altra parte, i due elementi, quello del profilo istituzionale e quello del ruolo economico dell'Italia, sono fortemente intrecciati, perché non vi è dubbio che, proprio grazie all'autorevolezza con cui il Presidente Monti sta riuscendo a ridare una bussola all'Europa, lo stesso Presidente Monti ha potuto promuovere quel documento, sottoscritto da undici Capi di Governo europei, che indica una strategia per la crescita, tutta centrata sulla costruzione del mercato unico, sul rafforzamento delle politiche dell'Agenda 2020, per un'Europa competitiva che costruisca il suo futuro puntando alla ricerca, all'innovazione e allo sviluppo dell'economia digitale.
È un'agenda che credo possa essere la base culturale e programmatica della liberaldemocrazia europea per i prossimi dieci anni. Ovviamente questo provvedimento è il primo passo di una politica per la concorrenza e per il mercato che certo non può esaurirsi nel pacchetto di misure, pure importanti, che vi sono contenute, ma che dovrà riempire l'agenda dei prossimi mesi ed anni. Quando mi riferisco alla svolta culturale, credo che bisogna ricordare che il fatto che un'economia puntata sulla libertà di impresa e sulla Pag. 60regolazione di mercati aperti sia un fattore di crescita non è così scontato. Anche solo qualche giorno fa autorevolissimi commentatori hanno sostenuto che la liberalizzazione nei settori pubblici non porti necessariamente crescita e occupazione, ma riduzione dell'occupazione. Io mi sento di dover contraddire questa impostazione che, tra l'altro, contiene una argomentazione che ha spesso dissuaso, operando come elemento di terrorismo sociale per bloccare politiche di liberalizzazione, ricordando che sicuramente le liberalizzazioni riducono la cattiva occupazione, quella cioè prodotta dall'inefficienza e del clientelismo. Lo vediamo, per esempio, nel settore dei servizi pubblici locali, dove questo avviene e dove perciò si resiste alla liberalizzazione, ma sicuramente essa produce buona occupazione in settori che i monopoli bloccano nella loro espansione e che, invece, la liberalizzazione consente di espandere con nuovi investimenti, creazione di nuove imprese e creazione di occupazione. Basta ricordare in Italia il settore delle telecomunicazioni e quello dell'energia, dove appunto si sono verificati esattamente questi effetti virtuosi, anche ovviamente molto sensibili nel settore delle telecomunicazioni e meno sensibili in quella dell'energia, a causa del carico fiscale che preme sulle tariffe. Ma in generale questi processi hanno anche determinato fortissime riduzioni delle tariffe per gli utenti.
Ecco perché aver puntato su questo secondo pilastro segna - io credo - un passaggio molto importante nella cultura politica italiana e segna un punto di non ritorno anche per i Governi futuri. Ricordo infatti che anche i Governi recenti, che avevano ascritto alla propria identità la rivoluzione liberale, hanno tradito queste aspettative. Ovviamente la liberalizzazione dei mercati richiede un'efficiente e trasparente regolazione e da questo punto di vista credo che il Governo sia chiamato ad essere misurato in un appuntamento che si porrà tra breve. Si aprirà tra poco una stagione di nomine, non tutte dipendenti dal Governo, ma che il Governo sicuramente è in grado di influenzare ed orientare. La qualità delle persone che saranno chiamate ad esercitare questo ruolo, che devono essere caratterizzate da professionalità, competenza e indipendenza, segnerà anche la credibilità del complesso della politica di liberalizzazione del Governo. Quindi, credo che questo sia un passaggio che non vada sottovalutato. Ovviamente, in questo provvedimento ci sono misure molto importanti.
Mi soffermerò solo su alcuni punti segnalati dai gruppi del Terzo Polo: si tratta di questioni chiave di un provvedimento che intende porre in essere, in termini di discontinuità, misure su una molteplicità di settori, e come tale viene percepito, intervenendo non solo su settori, come quelli professionali, con riferimento ai quali vi sono anche piccoli operatori, che si sentono, in qualche modo, ingiustamente colpiti, ma anche su settori significativi dell'economia nazionale, i settori cosiddetti forti, che hanno una potenzialità ancora maggiore degli altri sia in termini di espansione economica sia in termini di vantaggi che possono determinare per l'utenza.
Soprattutto, l'approccio olistico, come quello contenuto in questo provvedimento, che riguarda il sistema economico nel suo complesso, consente a ciascuno di sentirsi penalizzato, ma di percepire anche la prospettiva del beneficio che deriverà dalla liberalizzazione di altri settori. Mi riferivo prima ai punti chiave su cui abbiamo richiamato l'attenzione del Governo e che dobbiamo in gran parte realizzare.
Il primo è quello della separazione societaria della rete del gas. È una questione che «vaga» in vari testi normativi da alcuni anni e che, ogni volta, compare e scompare, chiaramente come effetto dell'esercizio di pressioni fortissime da parte del monopolista. Bene, questo testo indica un percorso molto netto, ma richiamerei i rappresentanti del Governo ad un'esigenza che noi porremo, probabilmente, in un ordine del giorno, perché non si aspettino i 18 mesi indicati nel testo per il completamento del processo di separazione societaria, Pag. 61ma ci si impegni affinché questo processo sia completato entro la durata del mandato di questo Governo.
Infatti, il Governo assume un impegno di cui deve onorare l'effettiva realizzazione, perché «scavallare» le elezioni e rinviare tutto ad una successiva legislatura rischia di fare entrare nella dinamica politica, ancora una volta, quelle pressioni e quelle torsioni che hanno impedito fino ad oggi di realizzare questo obiettivo, che è la condizione necessaria per ottenere che la liberalizzazione del gas, fatta a suo tempo dal Governo Prodi, ottenga i suoi benefici per i consumatori. Infatti, sappiamo che il prezzo si impenna alle barriere quando scatta il controllo del monopolista sulla rete di distribuzione. Il secondo punto su cui avevamo richiamato l'attenzione del Presidente Monti è quello della rete ferroviaria.
Al riguardo, vi sono molti elementi di complessità, che non neghiamo. Bene l'istituzione dell'Autorità per i trasporti, che noi avevamo sollecitato già nell'ambito del primo provvedimento «cresci Italia», e bene l'attribuzione all'Autorità per i trasporti anche delle competenze in materia di concessioni stradali; tuttavia, la questione della separazione della rete ferroviaria deve avere anch'essa una scansione temporale un po' più serrata di quella indicata dall'articolo 37 del provvedimento, che tende a diluirla nel tempo e rischia di far invadere ancora una volta questo processo dalle pressioni, anche qui, molto forti del monopolista, che abbiamo visto esercitare una forte ostilità, una pesante contrarietà e lo fa, agendo su vari tavoli, che sono quelli del Governo, del Parlamento e delle regioni, affinché, sia sulle tratte nazionali sia sulle tratte locali, non si vada ad una vera liberalizzazione e, soprattutto, a procedure che consentano, per esempio a livello regionale, di avere un benchmarking dei costi e dei ricavi che evidenzi il livello di inefficienza relativa del gestore monopolista.
Altro punto su cui richiamo l'attenzione del Governo, che mi sta particolarmente a cuore, è quello dei servizi pubblici locali. In questo testo si perfeziona la normativa, ovviamente entro i limiti imposti dall'esito referendario, e, tuttavia, apprezzo le modifiche che sono state introdotte. Faccio alcune osservazioni, che credo dovranno essere oggetto di una riflessione.
Innanzitutto, mi pare che il testo si focalizzi sui servizi a rete, tralasciando tutta un'area, che ha, peraltro, un valore economico molto rilevante, che oscilla tra i 6 e i 10 miliardi di euro, che riguarda i servizi a rilevanza economica non a rete, dove operano società in house che esercitano direttamente i servizi assegnati dagli enti locali proprietari e che, allo stesso tempo, operano, con asimmetrie competitive derivanti da questo privilegio dell'affidamento in house, sui mercati aperti.
Questo è un punto che l'articolo 13 del cosiddetto decreto-legge Bersani aveva cercato di disciplinare. Però ogni volta, in questo settore, quando si caccia qualcosa dalla porta, poi rientra inesorabilmente dalla finestra.
Credo allora che, in questa materia, dobbiamo certamente regolare, ma anche avere un approccio un po' più drastico, perché è da tanti anni che si tenta di introdurre una normativa. Alcune normative sono state introdotte, ma i termini vengono sempre rinviati e, soprattutto, la molteplicità dei soggetti che operano impedisce una reale verifica dell'attuazione di questi provvedimenti.
Per prima cosa credo vi debba essere per gli enti proprietari il vincolo a non attivare i poteri fiscali e tariffari laddove non sia rispettato l'obbligo di affidamento mediante gara, come dire che gli utenti e i contribuenti possono pagare più tasse solo se gli enti locali hanno esercitato tutte le opzioni per realizzare una maggiore efficienza nella gestione dei servizi.
Occorre, inoltre, che si attivino poteri ispettivi molto stringenti per la vigilanza sull'attuazione del principio di concorrenza, che rientra nell'ambito della competenza esclusiva dello Stato. C'è una norma che opera per quanto riguarda il monitoraggio della legislazione e credo che i poteri ispettivi debbano riguardare anche l'esercizio dell'attività amministrativa. Pag. 62
Infine, è necessario che si preveda l'obbligo della cessione delle quote delle società detenute in ogni caso, allorché vi sono dei debiti delle amministrazioni proprietarie che possono essere pagati solo attraverso dismissioni di aste patrimoniali. Questo deve rappresentare un vincolo e un'accelerazione, perché la questione dei debiti della pubblica amministrazione è un'emergenza. Credo non si possano tenere aste societarie nelle amministrazioni che hanno stock di debiti molto consistenti.
Vi sono altri punti che credo potranno essere oggetto di un confronto e di un approfondimento nei prossimi mesi. Mi auguro, come ha detto il Presidente del Consiglio Monti intervenendo nelle Commissione riunite, che lo strumento della legge annuale della concorrenza sarà attivato in via ordinaria e che quello strumento raccoglierà tutte le indicazioni che provengono non solo dall'Antitrust, ma anche dall'esperienza di governo a livello statale e regionale, accogliendo quindi tutte le evoluzioni normative che, via via, si renderanno necessarie per perfezionare, a livello di regolazione legislativa, un sistema di mercato efficiente nei vari settori.
Indico fin d'ora alcuni punti che dovranno essere trattati. Innanzitutto vi è il settore postale, che per il momento non viene considerato. Poi mi permetto di prospettare al Governo l'opportunità di una riflessione in tutti quei settori cosiddetti contingentati, dove cioè si opera una regolazione attraverso un numero di soggetti operatori limitato dalla regolazione e dalla legge. Credo che questa linea vada superata e che la norma, che era stata adottata in uno degli ultimi decreti mai convertito effettivamente in legge, e cioè la norma sull'eliminazione dei vincoli numerici all'attività di impresa, debba essere sviluppata e che gli ordini professionali debbano evolvere via via anche loro verso un sistema competitivo, trasformandosi in associazioni anche multiple, che si guadagnano, con la credibilità nei confronti dei soci e dei consumatori, il proprio ruolo.
Ecco, penso che una strada sia aperta. Un forte segno di discontinuità per l'impegno in prima persona del Presidente del Consiglio su queste politiche è stato dato e soprattutto è cambiata la percezione dell'opinione pubblica. L'opinione pubblica sente ormai il processo di liberalizzazione come una leva per realizzare equità, opportunità e tutela del consumatore. Questo aspetto credo vada sviluppato e capitalizzato dalla politica.
Ci accingiamo quindi con soddisfazione a sostenere questo decreto, sperando che sia solo il primo passo di un percorso che si svilupperà nel corso degli anni. Non credo, infatti, che sarà sufficiente solo l'arco di questa legislatura per completare quel cambiamento profondo che il Presidente del Consiglio Monti ha annunciato e credo che molto dipenderà dalla serietà e dall'incisività dei processi di liberalizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 5025)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza per la VI Commissione, onorevole Barbato.

ROBERTO GIACHETTI. ... il quale è assente!

PRESIDENTE. Si intende vi abbia rinunciato.
Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza per la X Commissione, onorevole Cimadoro, anch'egli assente: si intende vi abbia rinunciato.
Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la VI Commissione, onorevole Ventucci, il quale è presente. Prendo atto che vi rinuncia.
Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la X Commissione, onorevole Scarpetti, anch'egli presente. Prendo atto che vi rinuncia. Pag. 63
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. Prendo dunque atto che il Governo si riserva di intervenire in un'altra fase della discussione e che pertanto rinunzia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Boccia ed altri n. 1-00902 concernente iniziative relative alla delimitazione dei soggetti titolati a partecipare alle aste della Banca centrale europea (ore 19,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Boccia ed altri n. 1-00902 concernente iniziative relative alla delimitazione dei soggetti titolati a partecipare alle aste della Banca centrale europea (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 15 marzo 2012 (vedi resoconto stenografico).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Comaroli ed altri n. 1-00931, Iannaccone ed altri n. 1-00936, Corsaro ed altri n. 1-00937, Borghesi ed altri n. 1-00938 e Cambursano e Brugger n. 1-00939 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto altresì che la mozione Boccia ed altri n. 1-00902 è stata sottoscritta anche dagli onorevoli Galletti, Calgaro, Ciccanti, Occhiuto e, conseguentemente, con il consenso del primo firmatario e degli altri sottoscrittori, l'ordine dei firmatari si intende così modificato: Boccia, Galletti, Ventura, Maran, Baretta, Fluvi, Lulli, Gozi, Causi, Misiani, Marchi, Occhiuto, Ciccanti e Calgaro.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Causi, che illustrerà anche la mozione Boccia ed altri n. 1-00902 di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, le operazioni di rifinanziamento che la Banca centrale europea ha iniziato a varare a partire dalle ultime settimane dell'anno scorso, attuando quella che viene definita una politica monetaria non convenzionale, sono operazioni che hanno una grandissima importanza. I vertici europei dell'estate scorsa avevano infatti stabilito di rafforzare i meccanismi come le FSF, di andare avanti nella costruzione del nuovo meccanismo di stabilità europeo ma, purtroppo, la scarsa velocità ed efficacia con cui i governi dell'Unione si sono mossi su quel versante hanno determinato negli ultimi mesi dell'anno dei serissimi problemi di vera e propria crisi sul mercato della liquidità interbancaria. Grazie quindi alle operazioni di rifinanziamento della BCE questa crisi si è potuta evitare e si è potuto evitare un vero e proprio collasso del sistema bancario europeo. In questa fase, perlomeno fino a quando l'Unione europea non si doterà di reti di salvataggio proprie per risolvere la crisi dei debiti sovrani, le operazioni di rifinanziamento della Banca centrale tengono in piedi l'afflusso di liquidità alle banche del continente. Anche in base ai dati più recenti sappiamo, per esempio, che ben più della metà, quasi il 70 per cento, della liquidità disponibile oggi nel sistema bancario italiano deriva da questa fonte dunque molto importante. Tuttavia, le notizie che abbiamo ricevuto sono che i criteri di accesso e quindi di accreditamento per la Pag. 64partecipazione da parte degli operatori finanziari e intermediari creditizi a queste aste sono poco trasparenti.
Non capiamo bene e questo è il motivo di fondo di questa mozione; vorremmo, pertanto, chiedere al Governo innanzitutto di spiegare con chiarezza e con piena trasparenza come funziona il meccanismo dell'accreditamento e dell'accesso per gli operatori dell'intermediazione finanziaria a queste aste. Inoltre, ha molto colpito il firmatario di questa mozione il fatto che alcuni di questi operatori finanziari siano strettamente legati a grandi gruppi industriali. Ci sembra che consentire l'accessibilità alle aste di rifinanziamento a operatori finanziari che sono posseduti a loro volta da grandi imprese industriali rappresenta un modo in cui indirettamente queste imprese (parliamo di alcuni grandi gruppi industriali sia francesi che tedeschi) ottengono delle condizioni, non solo indirette ma addirittura in questo caso dirette, di maggior favore per l'approvvigionamento del credito. Quindi, in sostanza - concludo - la richiesta al Governo è quella di discutere con maggiore trasparenza, anche nelle sedi europee, i sistemi di accreditamento per l'accesso alle aste di rifinanziamento della BCE, e di verificare e valutare, se possibile, nelle sedi regolamentari proprie ed in quelle proprie della vigilanza, la possibilità di definire criteri di accesso che privilegino l'operatività degli intermediari bancari e creditizi puri rispetto ad intermediari che hanno forti legami di collegamento con grandi gruppi industriali.
Abbiamo visto, anche da parte di tutti gli altri gruppi politici presenti in Parlamento, che queste preoccupazioni e questa domanda di trasparenza e di intervento nelle adeguate sedi europee sono condivise. Pertanto, auspichiamo anche questo in caso che si possa addivenire ad una mozione unitaria che impegna il Governo a lavorare nelle adeguate sedi europee affinché sia dato maggiore spazio all'attività di intermediazione creditizia pura, come quella che svolgono le banche italiane, rispetto ad altre attività finanziarie integrate con grandi gruppi industriali.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Montagnoli, che illustrerà anche la mozione Comaroli ed altri n. 1-00931, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, penso che sia il problema dei problemi quello di cui stiamo discutendo, ovverosia il finanziamento alle piccole e medie imprese e ai cittadini. Abbiamo presentato una mozione, diversa rispetto al tema proposto dal collega Boccia e illustrato dall'onorevole Causi, diretta a far sì che questo finanziamento della BCE non venga dato solo alle banche ma anche a società automobilistiche o ad altro. Però farei prima una premessa. La BCE il 28 febbraio scorso ha effettuato un maxi prestito di tre anni per 529 miliardi di euro a 800 banche. Questo segue il finanziamento che era già stato fatto a fine anno di altri 489 miliardi per 523 banche.
Si tratta, in quasi tre mesi, di più di mille miliardi di euro che la BCE ha messo a disposizione di tutte le banche a tre anni ad un tasso dell'1 per cento. Noi diciamo che è una buona cosa per sostenere il sistema finanziario, manca però l'aspetto fondamentale: che questi soldi dati alle banche poi devono andare al mondo delle imprese e ai cittadini. In questa maniera si riprende, si fa crescita e si sviluppano i territori, ma questo non sta succedendo. Teniamo conto del fatto che di questi mille e 50 miliardi una buona parte sono andati alle banche italiane (139 nell'ultima asta di febbraio). Per quanto riguarda le banche italiane, Banca Intesa ha ottenuto 24 miliardi, Unicredit 12,4, MPS 10, UBI 15, Banco Popolare 3,5. L'asta di febbraio ha determinato una iniezione di liquidità superiore alle attese della vigilia, di cui hanno beneficiato questa volta non solo i grandi colossi ma anche le banche di piccole dimensioni. In audizione in Commissione Bilancio il direttore generale dell'ABI, Giovanni Sabatini, ha garantito - cito testualmente - che la liquidità verrà utilizzata per finanziare imprese e famiglie. Pag. 65
E anche il Viceministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli, ha dichiarato che lo scopo dell'operazione della BCE è dare liquidità al sistema che, viste le incertezze, si sta avvitando verso il completo congelamento della liquidità stessa. Quello che, però, non è successo, rispetto a ciò che essi hanno detto, è che, all'indomani di questo maxiprestito della BCE, le banche hanno depositato in un solo giorno 300 miliardi di euro presso la BCE medesima, cioè buona parte dei 530 miliardi di euro erogati dalla stessa Banca centrale europea. Si tratta di fatto di una partita di giro e questo sta a significare che quello che hanno detto in Commissione sia il direttore generale dell'ABI che il Viceministro, non è successo. La BCE, quindi, ha messo a disposizione tantissima liquidità, ossia 1.000 miliardi di euro a 3 anni e all'1 per cento, ma le banche, invece di concederla alle imprese, hanno rimesso tale liquidità nei cassetti della BCE. Infatti, come riporta anche Wall Street Italia, Morgan Stanley ha calcolato che gli istituti che operano in Italia e in Spagna che hanno aderito al tale iniezione di liquidità, potranno risparmiare 120 miliardi di euro all'anno, con un aumento dei profitti di circa il 10 per cento nel 2010. Le banche possono così ottenere denaro ad un tasso basso e poi prestarlo a molto di più.
Nell'impostazione della nostra mozione gradirei - e ne discuteremo con i colleghi - che si andasse a risolvere il vero problema che c'è oggi, che è quello del sostegno del credito alle imprese e ai cittadini, altrimenti l'economia non ripartirà mai. Oggi c'è una grandissima carenza di liquidità. Questo problema non si sta risolvendo e, infatti, prima si diceva che grazie al Governo Monti sono calati gli spread; ma essi sono calati solamente per questa iniezione di liquidità con cui le banche hanno acquistato i titoli di Stato. Per cui mi auguro che la mozione che verrà approvata da quest'Aula, sia un forte segnale di tutto il Parlamento a sostegno del mondo delle imprese e dei cittadini.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00936. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, con la nostra mozione ci proponiamo di raggiungere un obiettivo che riteniamo molto importante in un momento come questo e, cioè, che le banche italiane che ottengono prestiti dalla Banca centrale europea, immettano questa liquidità sul mercato per dare sostegno alle famiglie e alle imprese e operino quindi in una direzione che favorisca anche una riduzione del divario presente, a svantaggio chiaramente del Sud, dei tassi di interesse. Al Sud, infatti, gli interessi bancari sono molto più elevati e c'è una maggiore difficoltà di accesso al credito. Noi, fin da quando è stata avviata questa prassi delle aste con una forte immissione di liquidità da parte della Banca centrale europea, abbiamo evidenziato che c'era il rischio, come poi è avvenuto, che questa liquidità venisse utilizzata dalle banche esclusivamente per acquistare debito pubblico e, quindi, non per dare sostegno all'economia. Sostanzialmente cosa è accaduto? Che, prestando ad un tasso di interesse molto vantaggioso ingenti quantità di denaro alle banche, si sono finanziate di fatto le banche medesime e, nello stesso tempo, si è finanziato il debito sovrano. Ci sarebbe da chiedersi per quale ragione la Banca centrale europea non acquisti direttamente titoli di debito sovrano evitando questa partita di giro che si traduce in un costo aggiuntivo e in un favore reso alle banche.
Siccome le banche ottengono di fatto questo favore, allora chiediamo che il Governo adotti ogni possibile iniziativa per fare in modo che si eroghino questi prestiti a istituti bancari che assumano l'impegno a concedere prestiti alle imprese, a favorire la concessione di mutui con un tasso agevolato, in modo particolare alle giovani coppie, e che si operi in modo tale da favorire una riduzione del divario esistente tra i tassi di interesse nel nord e nel sud del Paese, divario che di fatto mette in difficoltà una parte di territorio che in virtù della crisi sta subendo conseguenze Pag. 66molto più gravi rispetto al resto del Paese. Inoltre si è verificato nella seconda asta un fenomeno distorsivo rispetto alle finalità che voleva ottenere la Banca centrale europea e cioè si sono approvvigionati di liquidità, ad un tasso di particolare favore, società finanziarie che sono controllate da alcune grandi aziende, in modo particolare una società finanziaria legata alla Peugeot, che ha chiaramente fatto ricorso a questo credito non per poi favorire le famiglie e favorire i cittadini ma esclusivamente per soddisfare un proprio bisogno di liquidità, utilizzando i tassi particolarmente vantaggiosi praticati dalla Banca centrale europea ed introducendo fenomeni distorsivi nell'ambito degli stessi meccanismi di concorrenza tra le diverse aziende che operano in questo settore.
Quindi chiediamo al Governo, attraverso la nostra mozione, di concentrare la propria attenzione e di assumere tutte le iniziative possibili per evitare che in futuro queste finanziarie, che non siano istituti bancari nel senso stretto del termine, si approvvigionino di risorse che vengono sottratte alle finalità che la Banca centrale europea voleva raggiungere e che gli stessi istituti di credito, che accedono a queste aste, rispondano a determinati requisiti e cioè che si impegnino a erogare credito a famiglie e imprese, e che attraverso questo meccanismo si riduca il divario nei tassi d'interesse sfavorevole per il sud del Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ventucci, che illustrerà anche la mozione Corsaro ed altri n. 1-00937, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

COSIMO VENTUCCI. La lunga discussione su «Basilea 3» e le decisioni dell'European Banking Authority (EBA) sulla ricapitalizzazione del sistema bancario europeo, susseguente alle cicliche crisi del sistema ultraliberista degli Stati Uniti, hanno ampiamente chiarito come le regole che sostengono l'Unione Europea siano da tempo cristallizzate e non riescano a sostenere l'economia reale fortemente aggredita dai Paesi cosiddetti emergenti.
La politica della Francia, e soprattutto quella della Germania, creano una perversione gestionale dell'Unione europea, ferma dal 1989, anno della conclusione operativa del mercato comune con l'apertura delle frontiere avvenuta nel gennaio del 1993. Allora furono gettate le basi di una Unione fondata sui tre noti pilastri essenziali per la costruzione di una società comune, immaginata dopo la Seconda guerra mondiale come soluzione che spazzava via tutte le diatribe del passato fra popoli che si arrogavano il diritto di una primazia socio-politica nel mondo moderno.
Il fallimento della Costituzione europea, chiamato poi Trattato, già mostrava i limiti di questa tesi quando alcuni ritenevano inopportuno riconoscere, in quell'ambito, che l'Europa si fondava sui principi giudaico-cristiani che originavano dai tre colli del Golgota, dell'Acropoli e del Campidoglio.
Ciò avveniva subito dopo l'attuazione del primo dei tre pilastri, la moneta unica, perché gli economisti - quelli che scientificamente sanno perfettamente analizzare ciò che è successo il giorno prima ma non ne azzeccano una su quello che avverrà il giorno dopo - lo ritenevano consequenziale alla conclusione, dopo trenta anni, del citato mercato comune.
È evidente che la virtuosa Germania, nell'incertezza di questi primi dieci anni di introduzione dell'euro e nell'attuale contingente fase economica, abbia impedito la sterilizzazione delle perdite delle banche europee intossicate dai derivati artatamente creati dalla finanza statunitense a seguito all'abrogazione del Glass Steagall Act, che differenziava i compiti delle banche commerciali da quelle di investimenti.
La Germania incide sulla finanza europea con propositi che appaiono punitivi vuoi quando lo scorso 26 luglio cede titoli italiani per 7 miliardi di euro, vuoi quando impedisce l'immediato e poco costoso salvataggio della Grecia, colta con conti sgangherati.
La BCE è bloccata e lo avverte Trichet nella parte finale della sua gestione; ma dobbiamo a Mario Draghi la fermezza con cui fa capire che l'euro non è una moneta «sintetica» ma uno strumento di economia Pag. 67reale che, guarda caso, non è supportato dalla banca che lo ha generato.
L'8 dicembre 2011 Draghi, ben sapendo che la condizione primaria per il funzionamento del sistema bancario è la circolazione della liquidità fra le stesse banche, utilizza il sistema LTRO (Long Term Refinancing Operation) lanciando due finanziamenti straordinari, a mezzo asta pubblica, a favore delle banche, consentendo che il collaterale di garanzia potesse essere quello dello strumento finanziario delle ABS (Asset-backed securities), obbligazioni garantite da attivi sottostanti. Come ricordato nella nostra mozione e in quelle di altri gruppi, le due aste svoltesi il 29 gennaio e il 29 febbraio, hanno avuto un lusinghiero successo, per cui la BCE ha erogato a gennaio 489,19 miliardi di euro alle banche commerciali, e successivamente 529,53 miliardi di euro.
Ciò che è apparso preoccupante nelle due aste (i cui ammontari hanno oltrepassato le attese previste) è la platea allargata dei richiedenti non appartenenti al comparto del credito, pur avendone legittimo diritto. Hanno infatti partecipato ed ottenuto parte della disponibilità del finanziamento all'1 per cento, grandi società automobilistiche francesi e tedesche, che di certo non hanno la funzione di mettere a disposizione del sistema bancario maggiore liquidità da utilizzare per il credito a imprese e famiglie.
Quanto avvenuto nelle due aste è perfettamente legale, ma è anche un campanello d'allarme per evitare che operatori dell'economia reale intervengano nel comparto del credito, producendo un probabile rialzo della pressione inflazionistica nell'Eurozona, dove Francia e Germania ritengono di avere una non meritata primazia. Pertanto si chiede al Governo l'impegno ad attivarsi nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea, al fine di evitare che le aste della Banca centrale europea vadano a sostenere le società finanziarie dei gruppi industriali, riservando tali aste esclusivamente agli istituti di credito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai, che illustrerà anche la mozione Borghesi ed altri n. 1-00938, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e signor sottosegretario, anche Italia dei Valori ha presentato una mozione a questo proposito e cercherò in qualche minuto di renderla comprensibile non tanto a questo autorevole uditorio, ma piuttosto a chi ci ascolta fuori di qui, e si interroga su che cosa mai si stia discutendo in questa nostra seduta pomeridiana.
Il tema è quello di un'operazione di cosiddetto quantitative easing, termine anglosassone che tradotto in italiano si riferisce all'alleggerimento quantitativo, che è una delle modalità con cui le banche centrali offrono liquidità al settore bancario con tassi molto agevolati, favorendo una maggiore capacità di offerta di credito da parte delle banche. Qualche volta questa massa di liquidità viene utilizzata per eliminare dal mercato e dai bilanci delle banche i titoli tossici, con elevati gradi di rischio o con bassa remunerazione, o per fornire liquidità al sistema quando le banche non prestano denaro a famiglie e imprese perché subiscono una stretta creditizia.
Dunque, cosa è successo? Come già in passato la Banca centrale giapponese negli anni Novanta e Duemila, come la Federal Reserve statunitense o la Bank of England nel 2009 hanno immesso nel circuito bancario ingenti masse di liquidità per sollevare le criticità in cui alcuni istituti di credito venivano avvinti, anche la BCE, tra il dicembre dell'anno scorso e il febbraio di quest'anno, ha reso disponibili circa 1.000 miliardi di euro per il circuito delle banche europee. Queste aste - che si sono tradotte in una forte impennata di domanda, anche perché il tasso praticato dalla BCE era solo dell'1 per cento per gli investitori bancari, con l'onere di restituire questa massa di liquidità entro i 36 mesi, cioè entro i tre anni - hanno visto una grande partecipazione, non solo da parte delle banche, che anche in passato avevano Pag. 68gradito questo tipo di interventi, ma anche da parte di una serie di istituti bancari atipici che, in qualche modo, sono il braccio operativo finanziario di grandi gruppi industriali, soprattutto, automobilistici, come la Renault, la Volkswagen, la Peugeot, e così via.
Qui il problema qual è stato? Che noi abbiamo assistito ad una sorta di tradimento dei fini che, forse, è stato anche favorito da un'eccessiva genericità nell'indizione di queste aste, che non hanno previsto specifiche restrizioni sull'utilizzazione di questi fondi o non hanno pensato di individuare in maniera più selettiva il parco dei potenziali acquirenti di questo fiume di denaro. Così noi abbiamo assistito, soprattutto in Italia, dove il sistema bancario è più bloccato, è meno concorrenziale - e da qui anche le critiche che abbiamo fatto come Italia dei Valori al decreto-legge sulle liberalizzazioni, di cui ha parlato un paio di ore fa il mio collega, onorevole Borghesi - in realtà, ad un paradosso. A fronte di un'importante liquidità messa a disposizione dalla BCE, e per la quale ben 200 miliardi di euro sono stati spalmati tra gli istituti di credito italiani, pur pagando poco il denaro, il costo all'utente, sia esso famiglia o piccola e media impresa, è cresciuto. Infatti, nella media europea, i tassi d'interesse più elevati sono quelli italiani: lo 0,67 per cento in più sui mutui che, in Italia, sono mediamente al 4,6 per cento contro il 3,93 della media dell'Unione europea. Qui faccio una piccola parentesi: ciò ad eccezione dei mutui erogati ai senatori, sulla base dell'inchiesta che è stata fatta recentemente e che è stata sollevata proprio da un mio collega dell'Italia dei Valori. Al di là di questa eccezione, riservata, diciamo, ad una piccola casta, i costi del mutuo in Italia sono notevolmente più sensibili e più alti rispetto ad altri Paesi.
Da questo punto di vista, la nostra mozione chiede al Governo di attivarsi nelle sedi europee affinché, per le aste della Banca centrale europea, venga prevista l'esclusione di istituti di credito specializzati nel credito al consumo e collegati a gruppi industriali, perché questo consentirà di evitare una sorta di occultamento al credito effettivo di questa liquidità. Chiediamo altresì che sia promossa in sede europea, in questo ambito di soggetti, l'esclusione della possibilità per gli istituti di credito di depositare presso la BCE, oltre un brevissimo periodo, le somme ottenute in prestito dalla stessa BCE a tasso agevolato, al fine di ampliare l'offerta di credito alle famiglie e alle imprese.
Cosa è successo? Che, con una mano, la BCE ha prestato questi soldi a tassi agevolati e, il giorno successivo, o pochi giorni dopo, un gran parte di questa massa di denaro è stata ridepositata dalle banche mutuatarie alla stessa BCE per avere la garanzia di un finanziamento senza rischi, con un lucro del differenziale, dello spread, tra il tasso d'interesse imposto dalla BCE e quello, invece, garantito dal depositante.
Per cui, a fronte di queste distorsioni, noi chiediamo che il Governo faccia tutto il possibile perché questi episodi non abbiano più a ripetersi e perché, possibilmente, sia più garantita quella operazione di sviluppo e di crescita del Paese che, non più tardi del 23 febbraio 2012, il Comitato economico e sociale europeo, che è membro di consultazione permanente dell'Unione europea, ha esposto in quel parere sulla crescita e sul debito pubblico nell'Unione europea, suggerendo due proposte innovative: ha ipotizzato degli eurobond e la creazione di un fondo, proprio per lo sviluppo dei Paesi alleati nell'Unione europea.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00939. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, mi era sembrato di capire che l'obiettivo di queste mozioni fosse non tanto quello di fare una fotografia di ciò che è capitato o di come vengono utilizzate le risorse, ma di chi ha potuto ricorrere al finanziamento della Banca centrale europea e delle «anomalie» da parte di imprese Pag. 69produttrici e non già del sistema finanziario e bancario che hanno, attraverso loro finanziarie interne, potuto accedere, ugualmente, al finanziamento della BCE; ci riferiamo, in particolare, ad alcune grandi imprese produttrici di automobili, del sistema automotive, dalla Renault, alla Volkswagen e alla Peugeot.
Quindi, l'obiettivo era di impegnare il Governo, qui rappresentato da pochi minuti dal Ministro Barca, che salutiamo, e dal sottosegretario Polillo, a farsi interprete presso l'Europa perché non si abbiano più a ripetere le cose che abbiamo visto e cioè che anche altri sistemi paralleli a quello bancario nel senso più stretto del termine possano accedere a questi finanziamenti agevolati il cui interesse è all'1 per cento, come è noto a tutti colleghi. Il ragionamento però è stato deviato e allora mi permetto, provenendo da quel mondo del sistema bancario, non come difensore di ufficio, ma avendo fatto in Commissione bilancio, non più tardi di qualche giorno fa, una serie di audizioni sulla crescita, di ricordare ciò che ci è stato detto da più parti, dall'OCSE, dal Commissario europeo, ma anche da conoscitori del sistema, e cioè che se vogliamo rilanciare la crescita nel nostro Paese e a livello europeo, in qualche modo occorre attivare percorsi che altri sistemi hanno fatto. Mi riferisco, in particolare, alla Banca centrale degli Stati Uniti, la Fed, che ha da tempo avviato una politica espansionistica e i primi risultati cominciano a vedersi; c'è una avvio di ripresa negli Stati Uniti. La Banca centrale europea, in particolare con l'arrivo del nuovo presidente, ha voluto riprodurre questo modello, ovviamente nei limiti consentiti alla stessa Banca centrale europea dai Trattati e ha immesso sul mercato qualcosa come oltre 1.000 miliardi di euro, 1.020 miliardi per l'esattezza, dei quali ben 700 miliardi, arrotondo per comodità, sono «bloccati» nella Banca centrale europea e questo per cosa? Per salvare il sistema bancario e per far fronte alle scadenze che il sistema bancario aveva di fronte in termini di prestiti obbligazionari precedenti. Quindi 1.000 miliardi di euro di finanziamento, di cui 700 miliardi in BCE, per lo più destinati a rifinanziare quelle obbligazioni bancarie che erano in scadenza. Questo è quanto. Quindi, nel sistema produttivo, auspicabilmente, ne rimarrebbero soltanto 300 miliardi.
Allora, delle due l'una, ed è bene che ci parliamo chiaro una volta per tutte: se da questo Parlamento deve arrivare un processo al sistema bancario, facciamolo, se è un gioco al massacro ci posso anche stare, ma non è questo l'obiettivo, almeno non lo è per me.
Credo che l'obiettivo che dovremmo porci sia: vogliamo farlo ripartire questo Paese, sì o no? La crescita, vogliamo farla ripartire?

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cambursano.

RENATO CAMBURSANO. Concludo, signor Presidente. E allora ecco che, in un Paese come il nostro, nel quale le grandi imprese si autofinanziano ricorrendo direttamente al mercato, mentre il nostro tessuto produttivo è fatto di piccole e medie industrie che sono dipendenti dal credito bancario, credo che l'obiettivo che dobbiamo porci è: caro credito, va bene che ti sei ricapitalizzato, rifinanziato, ma è giunto il momento di sostenere le imprese, di sostenere le famiglie, per fare ripartire la crescita.
Credo che le banche, nei prossimi mesi, prossimi cinque anni - lo dicevo prima, nel mio intervento sull'altro provvedimento, quello ben più significativo sulle liberalizzazioni - si troveranno ad avere gli utili ridotti all'osso; alcune, addirittura, non faranno più utili, e stanno portando in casa dei «tagliatori», cioè degli operatori del sistema che avranno come unico obiettivo tagliare. Tagliare che cosa? Filiali, sedi, personale, e allora ecco perché, se davvero crediamo che il rilancio della nostra economia passi, per un Paese come il nostro, attraverso il sistema bancario, smettiamola una volte per tutte di sparare sulla Croce rossa e cerchiamo insieme, attraverso la Banca d'Italia, attraverso il sistema, complessivamente, di ripartire, altrimenti Pag. 70ci saremmo sciacquati un po' la bocca, ci saremmo autoflagellati, ma il risultato non l'otterremo. Credo sia questo l'obiettivo vero (Applausi del deputato Misiti).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, sottosegretario, credo sia utile e importante per tutti aprire la dialettica su alcuni argomenti importanti come questi temi che stiamo trattando oggi, in modo particolare il tema proprio in discussione in questo momento, ma sentir parlare - lo dico con tutto il rispetto che ho per il collega Cambursano - di Croce rossa e - forse ho capito male io - che la Croce rossa dovrebbero essere le banche italiane, credo che, effettivamente, siamo in un momento molto difficile, non soltanto della politica, ma anche dell'economia nazionale ed internazionale.
Pensavo di fare un altro tipo di intervento, ma vorrei ricordare, perché so che lo sanno i colleghi che sono intervenuti in quest'Aula prima di me, anche il signor Ministro ed il sottosegretario, che la legge n. 154 del 1992, all'articolo 4 e all'articolo 5, sulla trasparenza bancaria, aveva delle indicazioni ben precise, per tutelare i cittadini italiani e le piccole e medie imprese che erano state truffate dalle banche italiane. Erano state truffate ed era intervenuto un decreto che poi è stato, nel 1993, inserito ufficialmente all'interno del Testo unico bancario, invitando le banche a rivedere le posizioni che avevano nei confronti delle imprese e delle famiglie italiane e rinegoziando il comportamento che avevano utilizzato, che era un comportamento usurario e avevano creato le condizioni per il suicidio di molte persone che erano a capo di piccole e medie imprese.
Allora, sentire in quest'Aula parlare come se le banche - astrattamente le banche, perché poi parliamo di banchieri - fossero le persone più corrette di questo mondo e che tutti ci dovremmo non soltanto spellare le mani per applaudire, ma tirare dalle nostre tasche fino all'ultimo soldo per salvare le banche o per fare gli interessi solo ed esclusivamente di alcuni speculatori, credo che siamo su una strada completamente sbagliata.
Ritorno per un attimo a quello che era stato detto all'interno di quel decreto-legge, che richiamava le banche a rinegoziare quel comportamento scorretto che avevano utilizzato prima del 1993, durante il 1993 e dopo il 1993, che era il comportamento che prevedeva l'applicazione di tassi di interesse che venivano chiamati tassi di interesse uso piazza.
Allora, per qualcuno che forse non riesce a seguirmi su questa riflessione, spiego che tassi di interesse uso piazza significava che una banca che si trovava a Milano poteva applicare il 10 per cento, un'altra che si trovava a Messina il 14 per cento e un'altra che si trovava in un altro luogo, in un'altra regione, in un'altra città poteva applicare tassi di interesse completamente diversi.
C'era stato un intervento ed è stato fatto questo decreto per dire rinegoziate, restituite gli interessi che avete preso indebitamente dalle tasche degli italiani e fate dei nuovi rapporti contrattuali. Questo non si è verificato ed è successo in Italia che solo pochissimi sapevano di questa norma e sono entrati in contenzioso con le banche, tant'è vero che oggi vengono emesse molte delle sentenze di cause iniziate nel 1993 che si pronunciano a favore di queste piccole e medie imprese che hanno aperto un contenzioso nei confronti delle banche. Perché lo hanno fatto allora? Perché si sono comportati in questo modo? Perché non hanno rinegoziato? Perché sapevano perfettamente l'atto di scorrettezza che avevano fatto e, guarda caso, le banche vengono richiamate nel 1992, quando si mette in atto il Trattato di Maastricht, quando l'Italia comincia a perdere la sovranità monetaria.
Per completare, faccio un'altra riflessione: viene fatta in quel momento e poi completata nel 1997. Perché faccio questa riflessione? Perché è stato fatto ad arte l'inserimento dell'euro, anche per dare Pag. 71una pacca sulle spalle alle imprese che si erano trovate in difficoltà ed erano state trattate male e derubate da parte delle banche. Viene emanato questo decreto, ma non viene tenuto in considerazione, perché nessuno ne parla e tutti fanno squadra decidendo non parliamo e non richiamiamo nessuno, se qualcuno se ne dovesse accorgere ci farà causa, noi pagheremo quel qualcuno, ma non risponderemo dei 50 miliardi che noi abbiamo truffato agli italiani.
Quello che sto per dire oggi, qui in quest'Aula non è che mi passa per la testa, oppure l'ho letto su una rivista. Sono fatti documentati e presentati alle varie procure della Repubblica d'Italia e qualcuno sta prendendo veramente atto di quello che noi diciamo per fare chiarezza su questo comportamento. Quelle erano la prima e la seconda fase e anche su questo dovremmo ragionare, perché molti colleghi parlamentari fanno finta di non capire quando parliamo della perdita della sovranità monetaria nostra, con il primo e il secondo passaggio e il terzo passaggio che si consuma con un Governo tecnico.
Il primo il Governo Amato, il secondo un Governo che viene chiamato Ciampi, il terzo è il terzo Governo tecnico. E cosa si consuma? Il terzo passaggio, il terzo passaggio per creare tutte quelle difficoltà al nostro popolo italiano, ma questa è una riflessione politica e ci saranno altri luoghi ed altri momenti per discuterla e si chiama pareggio di bilancio, cioè a dire che deficit e PIL devono andare alla pari. Allora, alcuni Paesi in questo momento non rispettano tale principio perché sanno perfettamente le difficoltà che attraversano le popolazioni che vivono al loro interno, mentre l'Italia, perché è la prima della classe, completa con il terzo Governo e il quarto Governo tecnico che è presieduto dall'illustre, dal nostro Presidente...collega, come si chiama il Presidente di questo Governo tecnico? Non te lo ricordi nemmeno tu. Il Presidente di questo Governo tecnico che fa? Fa il terzo passaggio e costituzionalizza il pareggio di bilancio, perché giusto fino a qualche giorno fa cosa avevamo? Avevamo la possibilità di avere una oscillazione del 3 per cento tra il deficit e il PIL; oggi, invece, non possiamo più averla. Cosa significa? Che se dovessimo essere messi in condizione di non poter affrontare alcune situazioni particolari, il Governo tecnico dice e impegna il Parlamento, che dice che è bene è giusto, prendiamo i soldi dalle tasche degli italiani. Costi quello che costi, non ha nessuna importanza, ma noi dobbiamo pareggiare ad ogni costo il deficit e il PIL. Ma la cosa più grave qual è?
La cosa più grave è che oggi come oggi si verifica un fatto veramente strano, un fatto che diventa incomprensibile. La Banca centrale europea presta 489 miliardi di euro e 116 miliardi di euro vengono presi e vengono utilizzati per determinati meccanismi che non si riesce a capire a cosa servano. Ma sappiamo perfettamente quali sono i meccanismi e cosa devono fare. La cosa ancora più grave è che Draghi dica: attenzione, noi ve li prestiamo questi soldi ma voi li dovete utilizzare per comprare obbligazioni. Cioè cosa dobbiamo comprare? Obbligazioni di Stato, dobbiamo comprare obbligazioni di Stato che sono debiti. E quali debiti dobbiamo comprare? I debiti di Stato.
Ciò vale a dire che ci danno un finanziamento e un'agevolazione per avere liquidità, cioè danno liquidità alle banche per aiutare le imprese e loro prendono questo denaro all'1 per cento e che cosa fanno? Non ridistribuiscono questo denaro a coloro i quali sono stati truffati nel 1993 e prima, a coloro i quali sono stati massacrati, ma vanno a comprare obbligazioni che rendono da un minimo del 7 per cento ad un massimo del 9 per cento e le imprese sul territorio non hanno il minimo vantaggio perché non usufruiscono di quello che ha fatto la BCE.
Guarda caso nessuno ne parla, ma tutti lo sanno che BCE e banche italiane significa che al 30 per cento, o al 28, o al 29 o al 31, non sappiamo quale sia la percentuale giusta, è e sono la stessa cosa. Cioè, prendono questi denari, entrano da un posto, girano dall'altro e fanno un giro di carta che non serve a niente. Quindi, qual è oggi la riflessione che noi dovremmo Pag. 72fare? La riflessione che dovremmo fare è un'altra, ossia capire che le banche nei confronti degli italiani si sono comportate in modo scorretto. Tuttavia non vogliamo criminalizzarle, vorremmo soltanto che venissero aiutate le piccole e medie imprese e le famiglie perché per anni non sono state aiutate.
Il comportamento di questo Governo, per quello che è successo e per quello che sta succedendo, non è un comportamento a favore dell'Italia, degli italiani e delle famiglie, ma è un comportamento a favore delle banche, che è stato dimostrato che nei confronti degli italiani si sono comportate in modo scorretto e hanno rubato! Hanno rubato nel momento in cui hanno applicato i tassi usurai che venivano chiamati tassi uso piazza! Quanto meno dovrebbero restituire agli italiani quel denaro che hanno rubato perché la vita di chi si è suicidato non la possono più restituire!
In conclusione, dico che ho voluto fare cenno ai tassi di interesse uso piazza perché molti imprenditori si sono suicidati, perché le banche, nel 1993, 1994 e 1995, chiedevano indietro dei soldi che loro dicevano di avere prestato. Chiedevano dieci, ma non avevano prestato dieci, avevano prestato uno e i tassi di interesse che avevano applicato erano tassi di interesse fuori dalla norma. Allora quel dieci non corrispondeva alla realtà, perché la realtà era che avevano prestato uno con un tasso di interesse del 7 per cento che arrivava a uno più sette. Loro invece chiedevano quaranta perché avevano applicato un tasso di interesse che non era il 7 per cento, ma era pari al 20, al 18 per cento, ed è stato detto che quella percentuale che andava dal 7 al 20 per cento era un tasso di interesse usuraio.
Pertanto l'unica cosa che dovrebbero fare le banche oggi è prendere coscienza. I banchieri dovrebbero prendere coscienza dell'atto di scorrettezza che hanno usato nei confronti degli italiani e quantomeno cominciare a comportarsi in modo corretto e, se non volessero comportarsi in modo corretto, ci dovrebbero essere un Governo e un Parlamento che siano in grado di stimolarli a comportarsi così. Ciò significa che in modo principale la Banca centrale europea dovrebbe richiamare l'attenzione per dire: tu hai la possibilità di liquidità, ma questa liquidità la devi investire e la devi dare a coloro i quali sul territorio ne hanno bisogno per rilanciare la nostra economia e salvaguardare le nostre piccole e medie imprese e le famiglie. Questo è quello che dovremmo chiedere e quello che dovrebbe chiedere un Governo che rispetti gli italiani.
Dico tutto ciò a prescindere dalla mia posizione che ho sempre avuto e continuo ad avere: questo Governo non è legittimato a governare e ha fatto morire la democrazia popolare e la democrazia parlamentare. Infatti, è un Governo illegittimo che nasce in un momento di difficoltà, perché alcuni partiti politici non hanno avuto la capacità di affrontare due argomenti. Il primo è la questione economica. La seconda tematica è importante e riguarda il referendum sulla legge elettorale, rispetto alla quale i cittadini italiani avevano chiesto di modificarla.
Siccome all'interno di questo Parlamento ci sono parlamentari da 30 anni messi qua dentro e che hanno dimostrato di non saper rappresentare gli italiani, l'unica cosa che dovrebbero fare - avendo riconosciuto questo Governo tecnico - è dimettersi e far venire all'interno di quest'Aula persone che hanno il coraggio di difendere gli italiani e la patria che si chiama Italia (Applausi di deputati del gruppo Popolo e Territorio e del deputato Iannaccone)!

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Gianfranco Polillo.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Pag. 73Signor Presidente, stiamo trattando un fatto specifico all'interno di una problematica di carattere più generale, che è stata oggetto di altre mozioni sulle quali è avviata già la discussione sulle linee generali e che abbiamo rinviato per l'espressione del parere. Quindi, la mia proposta - nel riservarmi eventualmente di intervenire in sede di espressione del parere - sarebbe intanto di vedere se si possono unificare le mozioni di cui abbiamo discusso oggi, che sono abbastanza simili nel dispositivo, o, addirittura, di vedere se si potessero unificare anche con quelle di carattere più generale per avere un unico esame ed un'unica mozione.
Quindi, lascio un po' l'alternativa ai presentatori delle mozioni per verificare le due ipotesi: o una discussione distinta sulle due mozioni o una discussione unitaria su tutte le mozioni presentate. Quindi, chiederei di rinviare la discussione ad altra data.

PRESIDENTE. Avverto che è stata testé presentata la mozione Tabacci ed altri n. 1-00942. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Franceschini ed altri n. 1-00880, Iannaccone ed altri n. 1-00887 e Miccichè ed altri n. 1-00928 concernenti iniziative per favorire gli interventi produttivi e l'occupazione nel Mezzogiorno (ore 19,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Franceschini ed altri n. 1-00880, Iannaccone ed altri n. 1-00887 e Miccichè ed altri n. 1-00928 concernenti iniziative per favorire gli interventi produttivi e l'occupazione nel Mezzogiorno (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto, altresì, che sono state presentate le mozioni Ossorio ed altri n. 1-00930, Cicchitto ed altri n. 1-00932, Occhiuto ed altri n. 1-00933, Commercio ed altri n. 1-00934, Aniello Formisano ed altri n. 1-00935, Ruvolo ed altri n. 1-00940, Versace ed altri ed altri n. 1-00941, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole D'Antoni, che illustrerà anche la mozione Franceschini ed altri n. 1-00880, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, la mozione nasce dall'esigenza di puntualizzare alcune questioni riguardanti la ripresa e lo sviluppo, soprattutto sul versante occupazionale, della parte più debole del Paese. Nasce soprattutto da una considerazione che ormai è palese ed è davanti agli occhi di tutti: la crisi che stiamo vivendo e che attraversa il nostro Paese da quattro anni a questa parte, al contrario delle crisi precedenti che in generale colpivano di più le parti forti del Paese e di meno quelle deboli, ha invece una caratteristica particolare. Infatti, finisce per colpire di più le parti deboli e di meno quelle forti, nel colpirle tutte. Basta un solo dato: in questi quattro anni il centronord ha avuto una perdita di ricchezza del 4 per cento. Il sud ha avuto una perdita di ricchezza dell'8 per cento, dalle condizioni di debolezza da cui già partiva.
Tutto questo ha aggravato i problemi di occupazione, di reddito e di aumento delle fasce di povertà, che sono davanti agli occhi di tutti. Tutto questo ha aggravato lo squilibrio generale del Paese. Tutto questo ha aggravato la condizione economica di tutto il Paese. Se vanno in crisi ancora di Pag. 74più le zone deboli, non solo c'è un problema complessivo di giustizia sociale, ma c'è un problema complessivo di crescita del Paese. Quello dell'Italia è un declino complessivo la cui punta dell'iceberg è rappresentata da questo decadere del sud. Ecco perché - lo dico qui in grande sintesi, ma avremo poi l'occasione di approfondire nel prosieguo della discussione - è fondamentale ripartire proprio dalle zone deboli, dal sud, se vogliamo far ripartire l'intero Paese.
Solo così, infatti, rimettiamo in moto il circolo virtuoso della crescita, dei consumi, dello sviluppo e dell'occupazione. In altre parole, dobbiamo superare questo leghismo culturale e politico che ha attraversato il nostro Paese in questi anni e che ha finito per determinare proprio un danno irreversibile a tutto il Paese. Con la tentazione di salvare le zone forti, abbandonando al loro destino le zone deboli, infatti, ha finito per colpire pesantemente anche le zone forti. È questa la questione che abbiamo davanti: ritrovare una nuova unità e un nuovo senso dello Stato. Attraverso la celebrazione del centocinquantesimo della nostra unità il popolo l'ha ritrovato e il Presidente Napolitano lo ha molto ben rappresentato. Occorre ritrovare il senso di un destino comune che come Paese possa portarci fuori dall'intera crisi.
Il nuovo Governo Monti ha iniziato bene il lavoro e il Ministro Barca, che è qui presente, ha messo in piedi un assetto che personalmente condivido. Ha tentato di recuperare il recuperabile in una situazione già pesante, con il rischio di perdita dei fondi infrastrutturali europei e con il rilancio di una programmazione che mettesse in piedi un minimo di esigenze di sviluppo e di lavoro. Ora bisogna proprio andare avanti e bisogna farlo con una terapia d'urto, perché non possiamo programmare a lunga scadenza. Abbiamo esigenze economiche e sociali urgenti ed abbiamo anche la possibilità di rilanciare gli investimenti pubblici e privati, usando bene i fondi europei e la parte nazionale, recuperando quanto si è perso nel corso di questi anni e cercando invece di impiegarli in maniera tale che possano dare risultati concreti nel breve.
Penso che tutto questo si possa fare con un rilancio degli investimenti pubblici e privati: per quanto riguarda i pubblici, puntando chiaramente, come si è già fatto, sulle infrastrutture materiali e immateriali, la scuola e i trasporti. Basta fare l'esempio delle ferrovie per avere l'idea del punto in cui ci troviamo: l'alta velocità si ferma a Salerno. In questi anni i Paesi nostri concorrenti hanno fatto grandi passi avanti su questo terreno. Noi siamo nettamente indietro e in ogni caso questa parte del Paese è stata totalmente abbandonata. Ecco perché penso che bisogna ripartire, concentrarsi, monitorare, fare in modo che tutto questo dia risultati concreti nel breve periodo. La seconda questione per rilanciare gli investimenti privati è utilizzare l'unica forma che in questo momento la Commissione europea, cioè l'Europa ci concede sulla fiscalità di vantaggio, cioè i crediti di imposta, sia quello per l'occupazione sia quello per gli investimenti.
Questi li ha accettati, quindi rientrano nel quadro della compatibilità generale di non lesione della concorrenza. Pertanto, penso che dobbiamo utilizzarli bene e per questo la nostra mozione fa delle proposte precise. Siamo pronti a confrontarci con il Governo e con altre forze politiche che sostengono il Governo in quest'Aula per trovare una sintesi che sia in grado di dare un segnale. Noi vogliamo e lavoriamo per una mozione unitaria, che sia rappresentativa della maggioranza che sostiene questo Governo, perché finalmente si possa svoltare e convincere tutti gli italiani che se il sud comincia a crescere produce e consuma. A quel punto, tutto il Paese ne ricaverà grande giovamento e tutta l'Italia potrà finalmente competere in Europa e nel mondo come le spetta, affinché il ruolo che avevamo conquistato in tempi passati possa tornare ad essere vissuto pienamente.
È questa la nostra intenzione, è questo il nostro obiettivo con questa mozione, e il Partito Democratico si spenderà in maniera Pag. 75 totale perché questi risultati e questi traguardi vengano raggiunti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00887. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, signor Ministro, abbiamo la grande opportunità di discutere del sud, dei problemi che riguardano un'area del nostro Paese che è stata per tanti anni abbandonata. Abbiamo l'opportunità di riprendere un percorso virtuoso, che, dal mio punto di vista, si è interrotto nel 1992, quando, con la cessazione della Cassa per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, di fatto si è chiusa la fase nella quale il sud cresceva anche di più rispetto al nord.
Da anni, ormai, il sud cresce di meno, arretra, aumenta il divario, aumenta la disoccupazione giovanile. Questo è un dramma che riguarda le nuove generazioni, in modo particolare i giovani diplomati e laureati, che sono costretti ad abbandonare il sud per andare nel nord d'Italia o anche all'estero, senza poter fare quello che avveniva una volta, cioè le rimesse.
Chi andava via dal sud riusciva non solo a mantenersi dove andava, ma riusciva anche ad inviare risorse alle proprie famiglie. Oggi avviene il contrario: è dal sud che devono andare risorse verso coloro che abbandonano la nostra terra. Signor Ministro, noi proponiamo una possibile soluzione: quando abbiamo partecipato alle consultazioni come componente parlamentare di Noi Sud, sia al Presidente della Repubblica Napolitano sia al Presidente del Consiglio incaricato Monti avevamo indicato, nell'ambito di un'attenzione nei confronti del sud, due questioni.
La prima era relativa alla fiscalità di vantaggio per attrarre investimenti, per uscire dal cliché del sud assistito, che divora risorse. L'altra questione era un piano straordinario per l'occupazione giovanile. Abbiamo ormai quasi il 60 per cento dei giovani meridionali che sono disoccupati e ci attendevamo che i primi passi del Governo segnalassero un'accelerazione in tale direzione.
Abbiamo letto dai giornali che lei è impegnato in un giro per le regioni meridionali per stimolare gli investimenti e l'utilizzo dei fondi europei. I governatori del sud, Ministro Barca, rappresentano forse, anzi, con certezza, un esempio negativo. Si tratta di una classe dirigente che andrebbe cambiata.
Quando, con riferimento alla Campania, leggo che solo il 3,5 per cento dei fondi strutturali sono stati impegnati, è evidente che vi è un fallimento da parte del governatore della mia regione. Non si deve battere cassa, in questo caso, ma si deve fare autocritica rispetto ai fondi che non sono stati impegnati.
Noi capiamo le resistenze dell'Europa, ma qualche spiraglio c'è stato in altri Paesi. Confindustria ed i sindacati hanno sempre insistito su questo aspetto: la fiscalità di vantaggio come volano per lo sviluppo e la crescita del Sud.
Se pensiamo che nel 2008 solo il 6 per cento del totale degli investimenti in Italia veniva dall'estero (contro il 15 per cento della Francia ed il 33 per cento del Regno Unito) e che solo lo 0,6 per cento era posizionato al Sud, questo cosa vuol dire? Vuol dire che non ci sono sufficienti attrattive in un territorio che è sicuramente attanagliato dalla criminalità organizzata, contro la quale bisogna mettere in campo tutte le energie - innanzitutto gli amministratori devono alzare una diga e deve intervenire lo Stato con le forze dell'ordine e con i magistrati - e che c'è una carenza di infrastrutture spaventosa.
Ma se adottiamo una fiscalità di vantaggio, come dicevo all'inizio dell'intervento, da un lato abbandoniamo vecchie politiche di tipo assistenzialista, dall'altro lato attraiamo investimenti, soprattutto investimenti esteri, ma speriamo anche investimenti dall'Italia. Infatti gli imprenditori che battono sempre cassa quando poi debbono fare gli imprenditori preferiscono lasciare ed abbandonare l'Italia per andare Pag. 76 in Paesi dove l'unico vantaggio è il costo della manodopera che è molto basso.
Ci attendiamo da lei, signor Ministro, un parere favorevole rispetto alla mozione che abbiamo presentato, ma anche un impegno concreto da parte del Governo e del suo Dicastero in modo particolare per realizzare gli obiettivi che abbiamo indicato nella nostra mozione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti, che illustrerà anche la mozione Miccichè ed altri n. 1-00928, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor Ministro, apprezzo, come tutti dobbiamo apprezzare, la sua presenza in Aula questa sera per la discussione di mozioni importantissime, in quanto riguardano il Mezzogiorno d'Italia che, come noto, è la parte del Paese, sviluppata la quale, si potrebbe rilanciare tutto il Paese.
Sono anch'io favorevole alla possibilità di unificare i documenti che sono stati presentati. Se fosse possibile, questo poi aiuterebbe e rafforzerebbe l'azione del Governo per andare nella direzione indicata da un'eventuale mozione unitaria, che è evidentemente necessaria, in quanto sul Mezzogiorno molto spesso le idee, anche degli stessi meridionali, non collimano completamente.
Il suo Dicastero, che è tra l'altro della «coesione», non può soltanto rapportarsi alla coesione tra Sud, Centro e Nord: c'è la coesione anche dello stesso Mezzogiorno. La descrizione della situazione, allo stato di fatto, è stata condotta più volte. Ci sono i dati dell'ISTAT e altre indagini sono state portate avanti da altre strutture molto importanti in questo tipo di analisi.
Quindi la situazione è chiara. Quello che non è chiaro, a mio avviso, non è l'indagine conoscitiva. Non è chiara la terapia. Quando si denuncia lo stato di gap infrastrutturale con il resto del Paese e del Paese con il resto d'Europa, questo fatto è indiscutibile. Basta andare a leggere i dati. Dobbiamo, però, dire come fare per superare questo gap.
È chiaro che il sistema ferroviario richiede investimenti da parte dello Stato molto onerosi e molto rilevanti. Penso allora al prestito o, per così dire, all'offerta che è stata fatta e che è stata utilizzata negli ultimi anni di crisi, quella di trasferire i FAS, cioè quell'85 per cento di risorse che andava al Mezzogiorno invece è stato, di fatto, utilizzato per altre aree del Paese. Credo che nei prossimi 10-15 anni tale importo non può che essere recuperato e va investito, a mio avviso, per una grossa percentuale per realizzare l'infrastruttura ferroviaria da Salerno a Palermo. Non ci sono discussioni.
Quindi è evidente che, se si vuole raggiungere quell'obiettivo, non si può solo dire genericamente come va; bisogna investire nella ripresa quei fondi che vanno restituiti al Mezzogiorno che, effettivamente, in un atto di generosità verso il resto del Paese, ha permesso che la Cassa integrazione al Nord fosse così ampia e ha impedito che vi fossero difficoltà per i numerosissimi lavoratori che sarebbero andati in mezzo ad una strada e che invece sono stati protetti dalla cassa integrazione. Questo per quanto riguarda le ferrovie.
Per quanto riguarda le autostrade, che sono carenti, sappiamo - lo dobbiamo sapere - che il sistema autostradale è stato pagato in Italia negli ultimi cinquant'anni dagli utenti. È stato pagato il capitale investito dall'IRI ed è stato pagato l'interesse. Vi sono state le due eccezioni in Calabria e in Sicilia e a ciò va posto rimedio perché il finanziamento a fondo perduto nelle autostrade è sbagliato, quindi va trasformato in investimento produttivo: con il 50-55 per cento di investimento produttivo già realizzato da parte dello Stato si può richiamare il 45 per cento di investimento privato e si possono realizzare le ulteriori autostrade che mancano nel Mezzogiorno d'Italia. Questa è una linea che va detta.
Infine, per quanto riguarda gli investimenti nel campo dello sviluppo e delle imprese industriali, è evidente che il federalismo regionale deve puntare anche su Pag. 77questo obiettivo. Perché se ne vanno in Romania? Perché c'è - giustamente lo ricordava un precedente intervento - un risparmio da parte delle imprese soprattutto per quanto riguarda il costo del lavoro. Orbene, se il costo del lavoro è uguale in Lombardia o nel Lazio, rispetto a quello che avviene in Campania, Basilicata, Calabria o Sicilia, è chiaro che l'investimento andrà certamente in Lombardia; quindi, chi vuole investire andrà in Lombardia. Non sarebbe così se fosse diverso e corrispondente alla situazione e parlo della parte economica dei contratti, non della parte giuridica perché i lavoratori devono avere tutti gli stessi diritti mentre la parte economica si può differenziare per regioni in modo che possono essere attratti investimenti sia italiani che stranieri per realizzare le stesse cose che oggi vengono realizzate in altri Paesi.
In fin dei conti cosa chiediamo in questo momento? Chiediamo tutti insieme l'impegno del Governo ad assumere il tema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno con una valenza prioritaria nell'ambito della politica economica nazionale e di quella comunitaria di coesione. Questo è un discorso giusto, poi ci sono le altre richieste che sono ripetute nelle varie mozioni. Credo che vi sia bisogno di unificare questi impegni in modo tale che ci siano impegni precisi e due o tre questioni che in questo momento il Governo urgentemente può portare avanti sulla base anche di deroghe che ha concesso l'Europa al nostro Paese. Pertanto, mi auguro che il Ministro Barca, che conosce bene questa materia e che si impegna personalmente in modo costante e con competenza, possa dare un impulso nuovo a questa politica che deve far rinascere il Mezzogiorno, per poter arrivare bene non solo al pareggio di bilancio ma ad avere anche la possibilità di sviluppare il nostro Paese ai livelli della Germania, il che è possibile solo se il Mezzogiorno si rilancia, come viene auspicato da tutte le mozioni di questo Parlamento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cosenza, che illustrerà anche la mozione Cicchitto ed altri n. 1-00932, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

GIULIA COSENZA. Signor Presidente, nell'affrontare il tema dello sviluppo e della crescita del Mezzogiorno, che oggi è più che mai attuale, vista la difficile situazione economica del Paese e dell'Unione europea, con la mozione presentata il Popolo della Libertà intende dare un contributo concreto e basato soprattutto sulla ricerca di soluzioni realistiche già nel breve e medio termine. Ecco perché la nostra mozione si concentra su pochi, ma ben precisi temi individuati come prioritari. Mi riferisco alla razionalizzazione e all'efficientamento del sistema, alla base della distribuzione di risorse per la coesione e lo sviluppo, all'avvio materiale di cruciali opere infrastrutturali, e non solo, già individuate dallo Stato come prioritarie ed ora in attesa di concreta attuazione, al sostegno agli imprenditori che pure in contesti di forte sofferenza hanno la forza e l'intraprendenza per creare nuova occupazione. La mozione riporta le molte misure significative che sono state prese in materia di sviluppo del Mezzogiorno nell'ultimo anno. Mi riferisco anzitutto alla previsione di un credito di imposta per i nuovi assunti nelle regioni meridionali contenuta nell'articolo 2 del decreto-legge n. 78 del 2011, ma anche all'opera di razionalizzazione nella destinazione e nell'utilizzo nel Mezzogiorno dei Fondi strutturali europei 2007-2013, con la finalità di mettere ordine nella gestione delle risorse e di evitare il rischio che i fondi non utilizzati allo scorso 31 dicembre andassero perduti.
Il Ministro Fitto il 15 novembre 2011 ha sottoscritto con la Commissione europea il piano di azione e coesione per far sì che circa otto miliardi di euro di fondi, che sarebbero andati altrimenti perduti entro la fine dell'anno scorso, potessero essere ancora utilizzati e vincolati a programmi di sviluppo per il Sud, con particolare attenzione a quattro campi prioritari, cioè l'istruzione, la banda larga, l'occupazione, e le ferrovie. Si è trattato di un risultato essenziale per le nuove possibilità Pag. 78 di crescita per un'area alla quale teniamo tanto. Ricordo anche come nel 2011 con le delibere n. 62 e n. 78, il cui contenuto e le cui finalità sono bene elencate appunto nella mozione, il CIPE abbia sbloccato dopo una lunga attesa ingenti risorse destinate ad alcuni dei principali dossier riaperti in merito allo sviluppo della rete infrastrutturale del Mezzogiorno, sopratutto quello su binario a partire dall'opera strategica dell'Alta velocità tra Napoli e Bari, individuata come prioritaria dalla delibera CIPE n. 62 del 2011, oltre a nuove linee di finanziamento per intervenire sul dissesto idrogeologico nel Mezzogiorno. La serietà di tale impegno è peraltro confermata dal fatto che anche il Governo in carica sta proseguendo il lavoro già cominciato, di concerto con le regioni, sull'utilizzo efficiente di queste risorse europee.
Sottolineo in particolare la decisione assunta nella riunione del CIPE del 20 gennaio scorso di confermare l'impianto generale della delibera n. 78. Infine, vi è il contenuto del decreto legislativo n. 88 del 2011 in materia di ulteriore messa in efficienza del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Tale decreto ha lo scopo di definire le modalità per la destinazione e l'utilizzazione di risorse aggiuntive, nonché per l'individuazione e l'effettuazione di interventi speciali al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, istituzionali e amministrativi del Paese, e di favorire l'effettivo esercizio dei diritti delle persone. Pertanto è importante che il lavoro effettuato si concretizzi ora materialmente attraverso l'impegno del Governo a dare piena attuazione alle misure fin qui varate.
Ora, al di là dell'illustrazione della mozione, vorrei aggiungere qualche breve considerazione per evidenziare comunque come alla base dell'impegno speso dal Popolo della Libertà vi sia la consapevolezza forte che sull'economia meridionale grava oggi un divario di partenza che pone gli imprenditori del Sud Italia in condizione di svantaggio competitivo rispetto ai loro colleghi nel resto del Paese. Infatti, come spesso abbiamo anche avuto modo di condividere all'interno del Parlamento, sappiamo che le imprese del Mezzogiorno devono di fatto mettere a bilancio una serie di voci passive: dalla difficoltà di accesso al credito al più alto costo del danaro; la presenza in molte aree della criminalità e la mancanza di sicurezza; l'inadeguatezza delle infrastrutture; una forte pressione fiscale, ovviamente presente in tutto il Paese, ma che nel Sud crea danni ancora maggiori, in quanto proprio nelle regioni meridionali i servizi forniti dalla cosa pubblica sono meno efficienti; il peso generato dalle addizionali IRAP aggiuntive per finanziare il ripiano dei disavanzi sanitari delle regioni in deficit e sottoposte a piano di rientro; la competizione dei Paesi mediterranei e balcanici che hanno messo a punto politiche fiscali e amministrative che, aggiunte al più basso costo del lavoro e al dumping sociale e ambientale, li rendono più attrattivi per le imprese sia italiane che europee le quali così investono in luoghi che distano appena un'ora di volo Napoli o mezz'ora dalla Sicilia.
Il quadro appena esposto impone, quindi, alle forze politiche e alle istituzioni una valutazione lucida ed efficace delle problematiche esistenti e la ricerca di soluzioni che siano adatte alla realtà del nostro Paese. A tal fine ritengo sia necessario che tutto il Paese sia veramente consapevole delle grandi e straordinarie potenzialità che il Sud Italia possiede. Ne siamo tutti sempre consapevoli, però oggi è il caso di muoversi veramente con azioni concrete, perché sappiamo che le bellezze ambientali, artistiche, paesaggistiche, del mare, dei prodotti agricoli e dell'enogastronomia si possono tradurre in valore ed è quello che oggi veramente va fatto. Sono tutti questi elementi che ci hanno resi famosi nel mondo intero e che fanno del Mezzogiorno un vero e proprio distretto turistico naturale, in grado di generare, se finalmente ben gestito, benessere sociale e utili alle imprese.
In tal senso ritengo utile che, raggiunto il primo obiettivo del credito di imposta e realizzate concretamente le altre misure Pag. 79ora illustrate, il passo successivo sia rappresentato dalla fiscalità per lo sviluppo, così da liberare nuove forze e risorse utili allo sviluppo e alla crescita, sia sul piano economico che su quello sociale. Il Mezzogiorno ha straordinarie potenzialità e lo ribadiamo ancora. La situazione in cui vive l'intero mondo industrializzato è difficile. Ma è proprio in momenti come questi che è necessario, da parte delle istituzioni, mostrare il coraggio e la determinazione per affrontare questioni come quella del Mezzogiorno, nella consapevolezza che quella della mancata crescita del Sud Italia sia una grande questione di rilevanza nazionale, suscettibile di avere conseguenze sullo stesso posizionamento dell'Italia nell'ambito dell'Unione europea.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Occhiuto, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00933. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, anch'io intervengo brevemente per illustrare la mozione presentata dal mio gruppo, dall'UdC, sul lavoro nel Mezzogiorno, riservandomi poi di svolgere qualche ulteriore considerazione nella fase di dichiarazione di voto. Anch'io dichiaro fin da subito la disponibilità del mio gruppo a unificare la nostra mozione con le altre presentate, perché ritengo possa essere un segnale virtuoso quello di ritrovare unità su un argomento come quello dello sviluppo e del lavoro nel Mezzogiorno, sul quale troppo spesso la politica si è divisa pretestuosamente per trarne vantaggi di parte.
Ministro Barca, non è la prima volta che il Parlamento discute di Mezzogiorno e di lavoro nel Mezzogiorno e non è la prima volta che lo fa con una mozione. Anche in questa legislatura è stato fatto altre volte, ma la novità è che oggi nei banchi del Governo ci sia un Ministro che ascolta le sollecitazioni che provengono dal Parlamento in ordine a questo problema. Gliene siamo grati e siamo grati al Governo che ha già dimostrato sensibilità sull'argomento, sia in occasione del piano di azione che proprio il Ministro Barca ha firmato nel dicembre scorso, sia in occasione di quella norma che ha previsto di coprire il cofinanziamento che spesso costituiva un ostacolo alla spesa dei fondi comunitari. Mi riferisco alla norma che prevedeva la possibilità di escludere il cofinanziamento dal concorso delle spese per il Patto di stabilità e che può avere, quindi, un effetto moltiplicatore anche sulla spesa delle risorse comunitarie. Noi speriamo che la novità sia rappresentata dalla maggiore sensibilità che questo Governo saprà riservare a tale argomento. Non vogliamo fare polemica su questo. Riconosciamo anche al Ministro Fitto di averci provato, di aver lavorato nella direzione, per esempio, di concentrare le risorse riallocandole in obiettivi strategici. Ma sappiamo che questo Governo, oltre alle capacità del Ministro Barca, già sperimentate nel corso degli anni, ha anche maggiore serenità dal punto di vista politico e non ha da confrontarsi con una parte della sua maggioranza che troppo spesso ha considerato il Mezzogiorno solo come una palla al piede. Siamo contenti, invece, che il Governo abbia più volte sostenuto quello che è e, cioè, che il Mezzogiorno può essere una straordinaria occasione per il Paese.
Infatti se siamo nella condizione di dover determinare la crescita, l'aumento del PIL nel nostro Paese, questa condizione possiamo realizzarla soprattutto laddove vi può esser un incremento marginale più alto proprio del prodotto interno lordo per le condizioni di grave difficoltà da cui si parte.
Nella mozione che abbiamo presentato, al pari degli altri gruppi, abbiamo voluto mettere in evidenza la situazione drammatica che vive il Mezzogiorno soprattutto in ordine ai dati sull'occupazione e sull'occupazione giovanile. Non vorrei fare il rosario dei dati che più volte vengono proposti quando si parla del Mezzogiorno. Lo Svimez lo fa spesso e con grande perizia. Vorrei evidenziare che il problema della disoccupazione riguarda tutto il Paese perché a gennaio 2012 il tasso di disoccupazione del nostro Paese era del Pag. 809,2 per cento, quindi, con un aumento di due decimi in termini percentuali e di un punto rispetto all'anno precedente, il tasso di disoccupazione ovvero la disoccupazione nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni è pari al 31,1 per cento: anche questo è un dato in aumento. Sono dati che descrivono una condizione di grave difficoltà nella quale i giovani fanno fatica a guardare al futuro con fiducia.
Tutto il Paese è in difficoltà ma ancor più grave è chiaramente la situazione nel Mezzogiorno. Infatti proprio secondo il rapporto dello Svimez del 2011 due giovani su tre nel Mezzogiorno sono senza occupazione e la crescita dei senza lavoro riguarda soprattutto la componente femminile e soprattutto la componente femminile al sud. Alla fine del 2011 il tasso disoccupazione delle giovani donne che risiedono al sud era pari al 39 per cento: quindi quasi quattro ragazze su dieci. Aumentano, inoltre, i giovani che non studiano, che non lavorano, che non si formano: quasi un terzo dei diplomati ed oltre il 30 per cento dei laureati meridionali sotto i 34 anni non lavora e non studia, per l'appunto. Sono circa 167 mila i laureati meridionali fuori dal sistema formativo e fuori dal mercato del lavoro con punte più critiche proprio in Basilicata e in Calabria. Sempre secondo i dati dello Svimez su 533 mila posti di lavoro che si sono persi nel nostro Paese tra il 2008 e il 2010, ben 280 mila sono quelli che si sono persi nel Mezzogiorno. Con meno del 30 per cento degli occupati al sud si concentra dunque il 60 per cento della perdita di posti di lavoro. La percentuale dei disoccupati è ancora più grave se si considerano quelli che sono scoraggiati, che un lavoro non lo cercano nemmeno, che non si iscrivono all'ufficio del lavoro perché hanno consapevolezza che forse questo lavoro non potranno mai trovarlo. Il dato corretto in modo da tenere conto di questo fenomeno degli scoraggiati indicherebbe che il tasso di disoccupazione effettivo nel centro-nord supera la soglia del 10 per cento, mentre al sud raddoppia, passando, nel 2010, dal 13,4 per cento al 25,3 per cento. Sono percentuali che in altre parti del mondo, ad esempio nel nord Africa, hanno indotto i giovani a scendere in piazza e a capovolgere i regimi.
A questo quadro si aggiunga che i dati che fornisce annualmente l'ISTAT sulle condizioni di povertà fotografano una situazione davvero drammatica soprattutto nel sud del Paese dove le famiglie spesso sono monoreddito e più numerose. Insomma è una situazione esplosiva, che peraltro sta impoverendo il Mezzogiorno, perché sempre secondo lo Svimez, tra il 2001 e il 2011, si è registrata una ripresa dell'emigrazione verso il nord con un flusso migratorio di ben 600 mila residenti che dal Mezzogiorno si sono spostati verso altre regioni d'Italia. Proprio lo Svimez valuta che se questa tendenza dovesse consolidarsi, nel 2050 quasi un abitante su cinque delle regioni del sud avrà più di 75 anni.
Ciò vuol dire che il Mezzogiorno sta perdendo le energie sulle quali si dovrebbe far leva per farlo appunto crescere e anche per costruire, attraverso tali energie, gli anticorpi al potere della criminalità organizzata, delle mafie, della cultura dell'illegalità, che rappresentano una straordinaria barriera allo sviluppo delle regioni sottoutilizzate.
Per questo noi, nella nostra mozione, abbiamo chiesto al Governo di farsi carico di questo problema, impegnandosi a definire, a livello nazionale, un quadro di norme finalizzate a rendere interamente fruibili dai giovani delle regioni meridionali del nostro Paese, le risorse attualmente disponibili a valere sui fondi dell'Unione europea. Come lei sa, signor Ministro, solo il Fondo sociale europeo ammonta - mi riferisco al sessennio 2007-2013 - a circa 15 miliardi di euro. Spesso queste risorse finiscono in mille rivoli e non determinano sviluppo, vengono spese in iniziative di formazione che poi non producono nemmeno persone adeguatamente formate. Noi chiediamo che vengano spese meglio: ciò dipende dalle regioni, ma l'opera del Governo è a questo scopo fondamentale. Pag. 81
Chiediamo ancora che vengano adottate iniziative finalizzate alla riqualificazione del capitale sociale del sud, anche attraverso consistenti interventi nella scuola, nelle attività di contrasto alla cultura dell'illegalità e delle mafie, tali da generare un tessuto più favorevole allo sviluppo e quindi all'occupazione. Vi è uno studio molto bello della Banca d'Italia di qualche mese fa, che dice che il Mezzogiorno ha gli stessi problemi che ha il Paese, soltanto ce li ha 10 o 100 volte più grandi. Se noi riuscissimo a fare le riforme con maggiore intensità, appunto 10 o 100 volte di più nel Mezzogiorno, forse risolveremmo il problema.
Invitiamo il Governo, ancora, a promuovere l'effettivo utilizzo del credito d'imposta per i nuovi occupati, signor Ministro, che mi pare che qualche settimana fa fosse ancora bloccato in sede di conferenza Stato-regioni, la quale non aveva stabilito quale fosse l'ammontare delle risorse da destinarvi. Soprattutto chiediamo che insieme al credito di imposta per i nuovi occupati, si dia corso a quella norma contenuta nello stesso provvedimento, che disponeva il credito di imposta per i nuovi occupati, cioè la norma sul credito di imposta per gli investimenti. Era una norma che noi facemmo inserire in quella manovra, anche su richiesta della Confindustria. Noi chiediamo al Governo che si possa procedere nella direzione di finanziare anche il credito d'imposta per i nuovi investimenti. Chiediamo che si vada avanti nella direzione di dare impulso alla fiscalità di vantaggio.
Inoltre, in conclusione, signor Presidente, chiediamo al Governo anche di guardare alla riforma del mercato del lavoro, con particolare riguardo ai problemi del Mezzogiorno. Noi apprezziamo che il Ministro Fornero abbia voluto individuare nel contratto di apprendistato la forma prevalente per l'ingresso nel mercato del lavoro. Chiediamo - lo abbiamo fatto attraverso una proposta di legge che abbiamo presentato, e che illustreremo nei prossimi giorni - che sia ulteriormente incentivato questo strumento, proprio per favorire la creazione di lavoro nelle regioni del sud. Abbiamo la convinzione che questo Governo abbia la sensibilità e le competenze necessarie per far tutto questo, e chiediamo al Governo di farsene carico, così come tutto il Parlamento, attraverso queste mozioni, gli sta chiedendo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zazzera, che illustrerà la mozione Aniello Formisano ed altri n. 1-00935, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, proverò ad accontentare l'onorevole Quartiani, rispettando l'impegno di stare in tempi brevi. Innanzitutto, signor Presidente, ringrazio il Ministro per la sua presenza. Io ritengo che questa sia un'opportunità per il Parlamento, che finalmente, con serenità, e credo anche con l'obiettivo di raggiungere questa condivisione attraverso un documento unitario, una mozione unitaria - e penso che su questo si possa lavorare tutti - può dare un segnale importante al Paese, mettendo finalmente al centro della propria discussione politica, il Mezzogiorno.
Noi dell'Italia dei Valori, attraverso questa mozione, vogliamo interloquire e confrontarci con il Governo per capire insieme quali possibili soluzioni vi possano essere non per un Mezzogiorno che venga assistito, ma per un piano strategico di sviluppo che permetta di attrarre investimenti nel Mezzogiorno.
Tuttavia, va detta una verità e cioè che, in questi anni, la politica per il Mezzogiorno è stata fatta, invece, contro il Mezzogiorno. Va detto che, in questi anni, si è rotto il patto di solidarietà costituzionale tra il nord e il sud del Paese; va detto che è passata un'idea all'interno del Paese per cui vanno aiutati i più forti, lasciando al proprio destino i più deboli. Credo che, come giustamente il Presidente del Consiglio Monti invita tutti a impegnarsi e a fare sacrifici perché l'Italia non si stacchi dall'Europa, abbiamo da fare un lavoro doppio, perché c'è un pezzo dell'Italia che Pag. 82rischia di staccarsi dall'Italia stessa, ed è appunto il Mezzogiorno.
Io credo che la lettura dei dati sulla crisi in questi ultimi anni da parte dello Svimez disegni non un'Italia, bensì due Italie in termini di crisi, ma anche due modi differenti di affrontarla. Lo stesso Svimez afferma che al Nord la crisi è sì una crisi importante, ma è congiunturale, rispetto al Mezzogiorno laddove, invece, la crisi è strutturale e, quindi, probabilmente gli interventi vanno fatti con riferimento alla rimozione di quegli impedimenti strutturali che bloccano lo sviluppo del Mezzogiorno. Ancora lo Svimez rivolge un invito e afferma due cose, credo, importanti e, cioè, che provvedimenti come le liberalizzazioni, sebbene importanti, rischiano di essere la cornice di un quadro che per il Mezzogiorno manca del contenuto, cioè del quadro, e che, in questi anni, le stesse leggi che riguardano il mercato del lavoro per il Mezzogiorno non hanno contribuito e non hanno aiutato lo sviluppo del Sud.
Noi dell'Italia dei Valori crediamo, invece, che bisogna cambiare passo: bisogna passare da una politica contro il Sud ad una politica per il Sud. Tuttavia, prima di rimuovere ciò e di determinare uno sviluppo del Mezzogiorno, allo Stato, a cui da parlamentare del Mezzogiorno non chiedo contributi, chiedo, però, di garantire nel Mezzogiorno quegli elementi necessari che rappresentano la precondizione affinché si determini lo sviluppo, che sono: il ripristino delle condizioni di legalità, il ripristino delle condizioni di sicurezza per chi viene a investire nel Mezzogiorno. Ciò significa non solo far funzionare il sistema della giustizia, ma anche - lo dico a noi che siamo esponenti di forze politiche - impegnarci nel Mezzogiorno ci sia una riforma etica che rimuova il sistema delle clientele e il sistema della corruzione, che sono un costo sociale immenso, oltre che economico, e rappresentano un freno allo sviluppo del Mezzogiorno.
Noi riteniamo, invece, che se il Mezzogiorno è in grado di mettersi in cammino e di svilupparsi possa rappresentare davvero un'opportunità per la crescita del Paese. Noi dell'Italia dei Valori riteniamo che si possa intervenire nel piano strategico per lo sviluppo del Mezzogiorno su alcune direttrici che frenano la trazione verso di esso per le forze imprenditoriali: per esempio, il contenimento dei costi dell'energia. Nel Mezzogiorno, l'energia costa il 30 per cento in più, e questo è un elemento di freno. Allo stesso modo, riteniamo che si debba valorizzare il potenziale delle risorse naturali del Mezzogiorno: penso al bene acqua.
Così come va potenziato e valorizzato il sistema infrastrutturale, in una idea di rete e di sistema logistico all'interno del Mezzogiorno, che metta in comunicazione con il resto del Paese non solo in termini viari - credo che il Ministro su questo debba molto impegnarsi perché il Sud resti attaccato al resto dell'Italia attraverso sistemi di comunicazione che funzionino - ma anche attraverso sistemi di rete che riguardino la banda larga, le telecomunicazioni, la possibilità cioè di altre forme di rete.
Così come riteniamo che lo sviluppo del Mezzogiorno non possa non passare da uno sviluppo del sistema di rete culturale e di formazione del Mezzogiorno. Ciò non significa aiutare il sistema formativo ma metterlo nelle condizioni di essere competitivo; penso, per esempio, al sistema universitario, al sistema della ricerca che nel Mezzogiorno vive, certamente, grandissime difficoltà e che, invece, potrebbe essere una grande opportunità per la crescita del Paese.
Credo ancora che il Mezzogiorno abbia una grande opportunità rappresentata dalle energie rinnovabili. Ministro, su questo dobbiamo recuperare non solo il gap che possiamo con la Germania; il Mezzogiorno è una piattaforma per poter investire in fonti energetiche rinnovabili come l'eolico, come il solare ma anche in nuove forme di energia rinnovabili come il geotermico e su cui è bene che si faccia una scelta chiara.
Allora, noi chiediamo al Governo, così come hanno chiesto gli altri gruppi, gli altri parlamentari intervenuti, per mettere in moto lo sviluppo del Mezzogiorno, di Pag. 83fare il possibile per rendere il Mezzogiorno attraente; per rendere il Mezzogiorno attraente per gli investitori e per chi viene ad investire nel nostro Sud bisogna creare questa fiscalità di vantaggio così come in Europa il Trattato di Amsterdam ci suggerisce, così come in realtà è stato fatto in Irlanda attraverso il greenfield che permette agli imprenditori di fare investimenti non guardando all'oggi ma guardando a quello che potrebbe esserci invece in termini di sviluppo per il Paese; quindi ancora il credito di imposta e quindi il sostegno a chi investe nel Mezzogiorno ma anche a chi reinveste nelle stesse regioni.
Va poi fatta un'inversione di rotta sull'uso dei fondi FAS e su questo ha ragione chi è intervenuto prima di me: vanno reintegrate le somme che sono andate via in altre direzioni in questi anni altrimenti, con i fichi secchi non si fanno nozze. Così come invitiamo il Governo ad attuare pienamente le norme relative all'istituzione delle zone franche urbane, ad aumentare l'efficienza dei servizi del Mezzogiorno, a salvaguardare i siti produttivi del Sud. Vi invitiamo, in ultima analisi, ad individuare nel Mezzogiorno due risorse su cui forse bisognerebbe puntare di più: innanzitutto il fatto di considerare il patrimonio dei beni culturali, la rete del sistema universitario, del sistema scolastico, di ricerca, un patrimonio, un'infrastruttura immateriale che va sostenuta e che potrebbe essere un elemento di sviluppo per il Paese, non solo per il Mezzogiorno; e poi abbiamo il sistema agricoltura. Ministro, i nostri prodotti nel Mezzogiorno vanno aiutati e vanno valorizzati, non con l'assistenza ma, anche in questo caso, come prodotti tipici tali da essere competitivi nel sistema e nel mercato internazionale. Mi avvio a concludere, signor Presidente, ricordando che dobbiamo trasformare l'unità d'Italia, che abbiamo festeggiato in questi mesi e che ha tanto colpito i cittadini italiani, da un'unità formale ad un'unità sostanziale.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca.

FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. Signor Presidente, intervengo per due sole osservazioni. In primo luogo, il Governo rileva l'importanza di questa forte convergenza sulla centralità del Sud, sia per l'accelerazione che per la qualità della spesa. Si tratta di un fatto importante, anche per compensare e correggere la disattenzione che permane nell'opinione pubblica nazionale pure in questo sforzo in atto che si compie.
In secondo luogo, il Governo osserva che vi sono importanti principi di convergenza, ma rileva anche alcuni impegni che vengono chiesti al Governo: alcuni di questi appaiono già soddisfatti, altri presentano alcuni rilievi problematici, che potranno essere fatti presenti nelle sedi appropriate, anche rispetto all'ipotesi di unificazione che è stata avanzata.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 20 marzo 2012, alle 10:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3110 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (Approvato dal Senato) (C. 5025). Pag. 84
- Relatori: Ventucci (per la VI Commissione) e Scarpetti (per la X Commissione), per la maggioranza; Barbato (per la VI Commissione) e Cimadoro (per la X Commissione), di minoranza.

2. - Seguito della discussione delle mozioni Boccia, Galletti ed altri n. 1-00902, Comaroli ed altri n. 1-00931, Iannaccone ed altri n. 1-00936, Corsaro ed altri n. 1-00937, Borghesi ed altri n. 1-00938, Cambursano e Brugger n. 1-00939 e Tabacci ed altri n. 1-00942 concernenti iniziative relative alla delimitazione dei soggetti titolati a partecipare alle aste della Banca centrale europea.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Franceschini ed altri n. 1-00880, Iannaccone ed altri n. 1-00887, Miccichè ed altri n. 1-00928, Ossorio ed altri n. 1-00930, Cicchitto ed altri n. 1-00932, Occhiuto ed altri n. 1-00933, Commercio ed altri n. 1-00934, Aniello Formisano ed altri n. 1-00935, Ruvolo ed altri n. 1-00940 e Versace ed altri n. 1-00941 concernenti iniziative per favorire gli interventi produttivi e l'occupazione nel Mezzogiorno.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Di Stanislao ed altri n. 1-00781, Gidoni ed altri n. 1-00861, Porfidia ed altri 1-00862, Moffa ed altri n. 1-00907, Misiti ed altri n. 1-00908, Rugghia ed altri n. 1-00909, Cicu ed altri n. 1-00920 e Pezzotta, Sarubbi ed altri n. 1-00943 sulla riduzione e razionalizzazione delle spese militari, con particolare riferimento al blocco del programma per la produzione e l'acquisto dei cacciabombardieri Joint Strike Fighter (JSF) F-35.

5. - Seguito della discussione della proposta di legge:
TENAGLIA ed altri: Definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto (C. 2094-A).
- Relatore: Tenaglia.

6. - Seguito della discussione delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896, Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910, Misiti ed altri n. 1-00911, Crosetto ed altri n. 1-00913, Borghesi ed altri n. 1-00916, Mosella ed altri n. 1-00924 e Polidori ed altri n. 1-00929 concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

7. - Seguito della discussione delle mozioni Palagiano ed altri n. 1-00384, Binetti ed altri n. 1-00874, Martini ed altri n. 1-00897, Livia Turco ed altri n. 1-00900, Palumbo ed altri n. 1-00904, Stagno D'Alcontres ed altri n. 1-00917 e D'Anna ed altri n. 1-00919 concernenti iniziative per il potenziamento della «medicina di genere».

8. - Seguito della discussione delle mozioni Servodio ed altri n. 1-00869, Delfino ed altri n. 1-00905, Bossi ed altri n. 1-00912, Beccalossi ed altri n. 1-00914, Di Giuseppe ed altri n. 1-00915, Misiti ed altri n. 1-00918, Di Biagio ed altri n. 1-00921, Commercio ed altri n. 1-00925 e Ruvolo ed altri n. 1-00926 concernenti iniziative in materia di uso e sviluppo delle agroenergie, con particolare riferimento agli impianti alimentati a biomasse.

La seduta termina alle 20,50.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO LIDO SCARPETTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5025

LIDO SCARPETTI, Relatore per la maggioranza per la X Commissione. Il decreto legge all'esame si caratterizza per la presenza di disposizioni cosiddette di «liberalizzazione e di apertura alla concorrenza dei mercati» che hanno l'obiettivo di incidere su determinati settori finora «protetti», a cui si aggiungono, poi, le disposizioni orientate a favorire lo sviluppo infrastrutturale del Paese. Nel complesso, Pag. 85le misure contenute nel provvedimento non prevedono oneri a carico del bilancio pubblico, ma al contrario producono un saldo positivo, in termini di indebitamento netto della pubblica amministrazione di 260,9 milioni di euro nel 2012, di 85,3 milioni di euro nel 2013 e di 83,4 milioni di euro nel 2014.
Dal lato delle liberalizzazioni e della concorrenza, il decreto-legge si muove su diversi fronti. Energia e gas, servizi pubblici locali, banche e assicurazioni, carburanti, commercio, servizi professionali, taxi e farmacie sono i principali settori interessati da innovazioni normative.
L'obiettivo del provvedimento è introdurre in tali contesti dinamiche concorrenziali tali da favorire vantaggi per gli utenti e per le imprese in termini di qualità ed efficienza dei servizi, riduzione di costi e prezzi.
Il Titolo I, relativo alla concorrenza, affronta la problematica delle liberalizzazioni in modo articolato, intervenendo non soltanto sui settori «ad accesso regolato», ma anche sui settori a rete e sugli oligopoli.
Per quanto riguarda le misure che intervengono nell'ambito dei settori ad accesso regolato ovvero i settori nei quali l'accesso è soggetto ad autorizzazioni, siano esse riferite ai servizi professionali, al commercio, taxi o farmacie, misure di liberalizzazione puntano ad aumentare il numero di licenze e ad abolire i vincoli riguardanti le tariffe minime e il divieto di pubblicità, con eventuali compensazioni laddove la riduzione del valore implicito delle licenze comporti una rilevante perdita in conto capitale per gli operatori coinvolti.
L'articolo 1 (commi 1-3) abolisce tutte le norme che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze e nulla osta dell'amministrazione per l'avvio di un'attività e introduce la regola dell'interpretazione in senso stretto delle norme limitative dell'attività economica. Si stabilisce, inoltre (comma 4) che Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni hanno l'obbligo di adeguarsi, entro il 31 dicembre 2012, ai principi e alle regole di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi sanciti ai commi precedenti. I commi 4-bis e 4-ter, introdotti nel corso dell'esame al Senato, prorogano al 30 settembre 2012 il termine entro il quale lo Stato e gli enti locali devono adeguare i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge, realizzando pienamente la liberalizzazione delle attività commerciali, nello spirito dei principi generali dell'ordinamento, sia dell'Unione Europea che nazionale, in tema di libertà di concorrenza, di stabilimento e di prestazione dei servizi. Sono infine elencate le attività che sono escluse dall'ambito di applicazione dello stesso articolo 1.
Altra misura finalizzata a migliorare la competitività del sistema delle imprese è quella contenuta all'articolo 2 che istituisce il Tribunale delle imprese ampliando in misura significativa la sfera di competenza delle attuali sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale, istituite dal decreto legislativo n. 168 del 2003 presso alcuni tribunali e corti d'appello. Le sezioni specializzate in materia d'impresa, se non già previste, sono istituite presso tutti i tribunali e corti d'appello con sede nel capoluogo di ogni regione.
L'articolo 3, modificato al Senato, introduce nel capo VII del titolo V del libro V del codice civile, relativo alle società a responsabilità limitata, il nuovo articolo 2463-bis avente ad oggetto la società semplificata a responsabilità limitata, che può essere costituita da persone fisiche che non abbiano compiuto i trentacinque anni di età. La norma è volta a favorire la partecipazione dei giovani a strutture associate attraverso la semplificazione dei requisiti per l'istituzione e il funzionamento della società. Nel testo originario l'atto costitutivo doveva essere redatto per scrittura privata, il Senato ha modificato la norma prevedendo l'obbligo dell'atto pubblico in conformità al modello standard tipizzato con decreto interministeriale. Pag. 86
L'articolo 4, interamente sostituito nel corso dell'esame al Senato, attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri il compito di raccogliere le segnalazioni delle autorità indipendenti aventi ad oggetto restrizioni alla concorrenza e impedimenti al corretto funzionamento dei mercati al fine di predisporre le opportune iniziative di coordinamento amministrativo dell'azione dei ministeri e normative. La norma è finalizzata a fornire strumenti volti a garantire il processo di liberalizzazione.
L'articolo 5, integralmente sostituito nel corso dell'esame al Senato, introduce una tutela amministrativa contro le clausole vessatorie, che si aggiunge a quella civilistica già esistente, attribuendo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la potestà declaratoria della vessatorietà delle clausole inserite nei contratti tra professionisti e consumatori, e prevedendo sanzioni amministrative per l'inottemperanza ai provvedimenti dell'Autorità. La norma intende favorire il miglior funzionamento del mercato promuovendo la tutela del consumatore.
L'articolo 5-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, novella la legge istitutiva dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, prevedendo nuovi finanziamenti e risorse a favore di detta Autorità. La norma non ha effetti diretti di liberalizzazione.
L'articolo 5-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, promuove l'introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali. Si attribuisce all'Autorità garante della concorrenza e del mercato da un lato il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie, dall'altro di elaborare, in raccordo con i ministeri della Giustizia e dell'Interno, un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale. La norma è volta a garantire il miglior funzionamento dei mercati.
L'articolo 6 del decreto-legge in esame interviene ampiamente sulla formulazione dell'articolo 140-bis del Codice del consumo (decreto legislativo n. 205 del 2006) relativo all'azione di classe a tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti, con lo scopo di agevolare la proposizione della class action privata. Nel testo finora in vigore, per avviare un'azione di classe era necessario che i diritti tutelati fossero «identici». Tale formulazione, talmente generica e soggetta a diverse interpretazioni, ha impedito o reso difficile l'avvio di numerose «azioni di classe». Nel testo proposto si sostituisce il termine «identica» con « omogenea» e l'efficacia dell'azione di classe dovrebbe aumentare.
L'articolo 7, parzialmente modificato al Senato, estende alle microimprese gli strumenti di tutela nei confronti delle pratiche commerciali ingannevoli e aggressive, attualmente previste dal codice del Consumo a favore dei soli consumatori persone fisiche.
L'articolo 8 integra la disciplina relativa al contenuto delle carte di servizio, specificando che nelle stesse devono essere specificati i diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti e le imprese possono esigere nei confronti dei gestori del servizio. L'obiettivo della disposizione è quello di rafforzare la funzione garantista delle carte, quali strumenti di tutela dei consumatori.
Quanto alle professioni regolamentate l'articolo 9 contiene alcuni interventi che possono favorire la modernizzazione dei servizi offerti dai professionisti. Il primo intervento riguarda la cancellazione delle tariffe sia minime sia massime per le prestazioni professionali. Il compenso per le prestazioni professionali sarà pattuito, nelle forme previste dall'ordinamento, al momento del conferimento dell'incarico professionale. Il professionista dovrà rendere noto al cliente il grado di complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell'incarico, indicando i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attività professionale. In ogni caso la misura del compenso dovrà essere previamente resa nota al cliente con in preventivo di massima, adeguata all'importanza dell'opera e pattuita indicando per le singole prestazioni tutte Pag. 87le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. Al tirocinante è riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio.
L'articolo 9-bis, introdotto dal Senato, modifica la disciplina sulle società tra professionisti richiedendo che l'eventuale presenza di soci di capitale sia minoritaria rispetto ai soci professionisti. La disposizione prevede inoltre: un minimo di 3 soci per la scelta del modello cooperativo; che la società abbia una polizza a copertura della responsabilità civile per danni ai clienti; che il segreto professionale debba essere garantito anche all'interno della società.
L'articolo 10, modificato nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, estende le norme in materia di patrimonializzazione dei confidi anche ai confidi costituiti tra liberi professionisti.
L'articolo 11, modificato nel corso dell'esame presso il Senato, incrementa il numero delle farmacie, abbassando a 3.300 abitanti per farmacia il parametro di riferimento della relativa pianta organica. Il quorum minimo demografico, per l'apertura di una farmacia, modificato dal Senato, cresce a 3.300 abitanti - rispetto ai 3.000 previsti dal testo originario del decreto legge -, risultando inferiore ai previgenti parametri demografici (5.000 abitanti per comuni fino a 12.500 abitanti e 4.000 abitanti per gli altri comuni). Il parametro dell'eccedenza di abitanti, per l'apertura di un'ulteriore farmacia, modificato dal Senato, deve essere maggiore del 50 per cento di 3.300 abitanti - 1651 abitanti. Nel decreto-legge originario, l'eccedenza abitanti era calcolata sul rapporto abitanti/3000, considerando valido un numero superiore a 1500 abitanti, nei comuni fino a 9.000 abitanti, e superiore a 500 abitanti, nei comuni più grandi.
In aggiunta alle nuove farmacie, le regioni e le province autonome possono prevedere l'apertura di ulteriori farmacie in aree ad alta frequentazione, con un limite, non previsto dal testo originario del decreto-legge e introdotto dal Senato, del 5 per cento del totale delle farmacie (incluse le nuove sedi) da assegnarsi tutte ai comuni competenti per territorio, fino al 2022. Tali farmacie possono essere aperte nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili a traffico internazionale, nei porti, nelle aree di servizio autostradali ad alta intensità di traffico e servite da servizi alberghieri o di ristorazione, se non è già presente una farmacia a meno di 400 metri dalla struttura (il Senato ha modificato la norma originaria del decreto-legge che stabiliva un limite più basso pari a 200 metri); infine nei centri commerciali e nelle grandi strutture di vendita con superficie superiore a 10.000 metri quadrati, se non è già presente una farmacia a meno di 1.500 metri dalla struttura.
Per quanto riguarda la disciplina inerente l'apertura di nuove farmacie, come modificata dal Senato, sono assegnate funzioni al Comune, non previste nel decreto-legge originario, e alle Regioni e Province autonome.
Per agevolare l'accesso di giovani farmacisti alla titolarità delle farmacie, a1 concorso straordinario sono ammessi, secondo la modifica introdotta al Senato (comma 3), esclusivamente i farmacisti, cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, iscritti all'albo professionale non titolari di farmacia, in qualunque condizione professionale si trovino; titolare di farmacia rurale sussidiata; titolare di farmacia soprannumeraria; titolare di esercizio negli esercizi commerciali definiti parafarmacie ovvero corner dei centri commerciali
Due ulteriori condizioni per l'accesso al concorso straordinario sono state introdotte dal Senato, e riguardano: il divieto per il candidato di concorrere in più di due regioni o province autonome e il limite di età inferiore a 65 anni alla data di scadenza del termine per la partecipazione al concorso prevista dal bando. Sono valutati, altresì, titoli preferenziali, l'età dei candidati e la scelta di forme associative di gestione della farmacia.
Al fine di agevolare l'accesso dei giovani alla titolarità delle farmacie, viene ridotto da due anni a sei mesi il termine che agli eredi del titolare o del socio di società di Pag. 88una farmacia è concesso per la cessione dei diritti previsti. La modifica introdotta al Senato ha stabilito che la decorrenza del suddetto termine inizi dalla presentazione della dichiarazione di successione.
Per favorire il ricambio generazionale del settore farmaceutico, con disposizione introdotta al Senato, non è consentito al direttore di farmacia privata superare nell'esercizio professionale il limite del requisito di età pensionabile (pari a 65 anni, con una permanenza massima fino a 70 anni).
Per agevolare l'accessibilità dei cittadini ai servizi farmaceutici, le farmacie possono svolgere il servizio in turni e orari diversi da quelli obbligatori. Le farmacie possono, inoltre, praticare sconti sui tutti i farmaci e prodotti direttamente pagati dai clienti, dandone adeguata informazione. In pratica si estende a tutti i farmaci per i quali è necessaria la prescrizione obbligatoria del medico, non a carico del SSN, venduti in farmacia, la possibilità di sconto già prevista per i farmaci senza obbligo di prescrizione.
Per incrementare la vendita dei farmaci fuori dalle farmacie, una norma introdotta dal Senato consente anche alle parafarmacie e ai corner dei centri commerciali, presenti nei comuni con meno di 12.500 abitanti, di vendere senza ricetta medica (SOP) quei farmaci che l'AIFA escluderà dalla lista dei medicinali di classe C, posti a carico del cittadino e con obbligo di prescrizione, oltre alla vendita dei medicinali veterinari e di medicinali officinali che non hanno bisogno di ricetta medica.
Al fine di aumentare la crescita occupazionale del settore farmaceutico, si prevede come ulteriore requisito, per la farmacia convenzionata con il SSN, una dotazione minima di personale, da stabilirsi in sede di rinnovo dell'accordo collettivo nazionale, in relazione al fatturato della farmacia a carico del SSN e ai nuovi servizi aggiuntivi erogati.
Quanto ai notai, l'articolo 12 del decreto-legge aumenta di 500 posti la tabella notarile, che determina il numero e la residenza dei notai all'interno dei c.d. distretti notarili. Si specifica che la distribuzione dei nuovi posti nei distretti e nei comuni dovrà essere effettuata da un decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, nel rispetto dei parametri già dettati dalla legge notarile. Con una modifica apportata dal Senato si delinea la tempistica per l'espletamento delle procedure di concorso per la nomina di oltre 1.500 notai. Concluse le procedure ed assegnati i posti banditi, la tabella notarile dovrà essere aggiornata ogni 3 anni e, annualmente, dovrà essere bandito un concorso per la copertura dei posti disponibili. Il Senato ha specificato che tutte le procedure di selezione non devono durare più di un anno, ovverosia che dalla data di pubblicazione del bando a quella di nomina dei notai non deve trascorrere più di un anno.
L'articolo 13 intende promuovere una riduzione del prezzo del gas per i «clienti vulnerabili» (famiglie, strutture sociali ecc), così da avvicinarlo ai valori europei, che risultano più bassi. A tal fine a decorrere dal primo trimestre successivo all'entrata in vigore del decreto, l'AEEG, nella determinazione dei corrispettivi variabili a copertura dei costi di approvvigionamento di gas naturale, può introdurre progressivamente tra i parametri in base ai quali è disposto l'aggiornamento anche il riferimento per una quota gradualmente crescente ai prezzi del gas rilevati sul mercato. In sintesi, i prezzi di maggior tutela del gas, ovvero le ex tariffe amministrate per le famiglie e piccole imprese non ancora transitate nel mercato libero, saranno progressivamente agganciate ai più favorevoli contratti europei spot all'ingresso.
In merito alla rete di approvvigionamento del gas, l'articolo 14 introduce una misura finalizzata ad ampliare la concorrenzialità del mercato del gas, a vantaggio delle imprese concorrenti dell'ENI nonché alle imprese di rigassificazione, a garanzia del rispetto dei programmi di rigassificazione dei propri utenti in presenza di eventi imprevedibili. A tale scopo, viene previsto che le capacità di stoccaggio di Pag. 89gas naturale che si rendono disponibili a seguito delle rideterminazioni del volume di stoccaggio strategico sono assegnate per l'offerta alle imprese di servizi integrati di trasporto a mezzo gasdotti esteri e di rigassificazione, comprensivi dello stoccaggio di gas naturale, finalizzati a consentire il loro approvvigionamento diretto di gas naturale dall'estero, secondo criteri di sicurezza degli approvvigionamenti. L'obiettivo è quello di ridurre il sovrapprezzo, pari a circa il 30 per cento, imposto alle imprese che non riescono a contrattare forniture alternative di gas sul mercato libero.
L'articolo 15, sostituito dal Senato, è finalizzato ad assicurare la piena terzietà della società SNAM S.p.A. che gestisce i servizi regolati di trasporto, di stoccaggio, di rigassificazione, e di distribuzione del gas nei confronti della maggiore impresa di produzione e vendita di gas (ENI), nonché dalle imprese verticalmente integrate di produzione e fornitura di gas naturale e di energia elettrica. L'articolo fissa al 31 maggio 2012 il termine per l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che disciplina i criteri, le condizioni e le modalità cui si conforma SNAM S.p.A. per realizzare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la separazione proprietaria da ENI. Tale decreto attuativo deve assicurare la piena terzietà della società SNAM S.p.A. nei confronti della maggiore impresa di produzione e vendita di gas, nonché dalle imprese verticalmente integrate di produzione e fornitura di gas naturale e di energia elettrica.
L'articolo 16, sostituito dal Senato, concerne l'individuazione delle maggiori entrate statali derivanti da nuovi investimenti di ricerca e sviluppo delle risorse energetiche nazionali strategiche di idrocarburi, e la destinazione di una quota di esse per lo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti e dei territori limitrofi (comma 1). Il comma 2 disciplina le attività subacquee ed iperbariche al servizio dell'industria.
Relativamente alla filiera petrolifera e alla rete di distribuzione dei carburanti per autotrazione (articoli da 17 a 20), il provvedimento fa cadere, anche se non del tutto, taluni vincoli contrattuali che hanno finora impedito uno sviluppo efficiente del settore e il miglioramento dei servizi offerti ad imprese e cittadini e introduce misure di razionalizzazione della rete di distribuzione.
L'articolo 17 sancisce il principio per cui i gestori di impianti di distribuzione carburanti che siano anche titolari della relativa autorizzazione petrolifera possono liberamente rifornirsi da qualsiasi produttore o rivenditore. Nei casi in cui siano attualmente in vigore, tra tali gestori-titolari e un produttore-rivenditore, clausole di esclusiva, la norma prevede un regime transitorio. In base ad esso, a decorrere dal 30 giugno 2012 i contratti di esclusiva perdono efficacia per la parte eccedente il 50 per cento della fornitura pattuita e comunque per la parte eccedente il 50 per cento di quanto erogato nel precedente anno dal singolo punto vendita. In conseguenza, le stesse parti possono rinegoziare le condizioni economiche e l'uso del marchio.
Durante l'esame al Senato sono state introdotte alcune modifiche e integrazioni al testo originario tese a garantire l'effettiva introduzione di tali nuove tipologie contrattuali: il deposito degli accordi concernenti le nuove tipologie contrattuali dovrà avvenire entro il 31 agosto 2012, e in difetto provvederà in via sostitutiva, su richiesta di ciascuna delle parti, il Ministero medesimo. Inoltre, si è precisato che tra le nuove forme contrattuali potrà essere compresa anche una concernente la vendita non in esclusiva da parte di gestori titolari della sola licenza di esercizio. E ulteriori modifiche hanno riguardato la definizione di criteri per la costituzione del mercato all'ingrosso dei carburanti.
I comportamenti dei titolari degli impianti o dei fornitori finalizzati ad ostacolare, impedire o limitare le facoltà attribuite Pag. 90al gestore dalla nuova disciplina saranno sanzionati come abuso di dipendenza economica.
Con riguardo alle misure di razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti si aggiunge la previsione che i Comuni non potranno più rilasciare ulteriori autorizzazioni o proroghe di autorizzazioni relativamente agli impianti incompatibili. Per quanto riguarda l'ampliamento delle attività commerciali svolte dai gestori di impianti si riconferma l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande, l'esercizio dell'attività di un punto di vendita non esclusivo di quotidiani e periodici senza limiti di ampiezza della superficie dell'impianto e l'esercizio della rivendita di tabacchi presso gli impianti di distribuzione carburanti con una superficie minima di 500 mq (superficie così modificata dal Senato, rispetto ai 1.500 mq previsti dalla originaria norma del decreto-legge).
L'articolo 17 prevede inoltre che, al fine di garantire il pieno rispetto delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e di assicurare il corretto e uniforme funzionamento del mercato, l'installazione e l'esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti non possono essere subordinati alla chiusura di impianti esistenti né al rispetto di vincoli, con finalità commerciali, relativi a contingentamenti numerici, distanze minime tra impianti e tra impianti ed esercizi o superfici minime commerciali o che pongono restrizioni od obblighi circa la possibilità di offrire, nel medesimo impianto o nella stessa area, attività e servizi integrativi o che prevedano obbligatoriamente la presenza contestuale di più tipologie di carburanti, ivi incluso il metano per autotrazione, se tale ultimo obbligo comporta ostacoli tecnici o oneri economici eccessivi e non proporzionali alle finalità dell'obbligo.
Durante l'esame del provvedimento al Senato, nell'articolo 17 sono stati aggiunti alcuni commi che riconoscono al metano per autotrazione la caratteristica merceologica di carburante ed altre misure volta a sostenere e rilanciare il settore del metano e quello del GPL per autotrazione.
La disposizione contenuta nell'articolo 18 incentiva la diffusione degli impianti automatizzati di distribuzione di carburante con pagamento anticipato, eliminando alcuni vincoli preesistenti e soprattutto consentendone l'operatività, fuori dei centri abitati, anche senza personale di assistenza (impianti totalmente automatizzati).
L'articolo 19 tende ad accrescere la concorrenza e a favorire una potenziale diminuzione dei prezzi dei carburanti. A tal fine: assume a parametro per il calcolo del «prezzo medio del lunedì» da comunicare alla UE il prezzo al pubblico per il rifornimento senza servizio; standardizza e rende più chiara la cartellonistica di pubblicizzazione dei prezzi esposta dai punti vendita.
La disposizione dell'articolo 20 mira, attraverso il potenziamento ed estensione del Fondo per la Razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, ad agevolare e promuovere l'uscita dal mercato degli impianti di distribuzione meno efficienti, stimolando anche una potenziale conseguente riduzione dei prezzi.
In tema efficienza ed economicità del sistema elettrico, l'articolo 21, modificato dal Senato, al fine di contrastare la tendenza alla crescita dei prezzi per l'energia elettrica, conferisce al Ministro per lo sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, il compito di definire un atto di indirizzo per una revisione complessiva della disciplina di riferimento per il mercato elettrico. Il mercato dell'energia, che ha il suo snodo nella borsa elettrica e nella nascente borsa del gas, sarà oggetto di una profonda verifica delle regole, in parallelo con la ridefinizione complessiva degli incentivi per le energie rinnovabili che trovano il loro finanziamento con voci aggiuntive sulle bollette.
L'articolo 22, per migliorare la concorrenza nei mercati dell'energia elettrica e del gas, espande le informazioni gestite dal Sistema informatico Integrato, istituito Pag. 91presso l'Acquirente Unico e favorisce la trasparenza informativa e l'accesso delle società di vendita a tali dati.
L'articolo 23 reca disposizioni volte ad accelerare i tempi di approvazione del Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale predisposto annualmente da Terna Spa.
L'articolo 24, modificato dal Senato, introduce una specifica procedura per l'accelerazione della valutazione e dell'autorizzazione dei progetti di disattivazione di impianti nucleari presentati da almeno dodici mesi, nonché di particolari operazioni e specifici interventi (ancorché attinenti alla disattivazione). Ulteriori disposizioni riguardano il conferimento dei rifiuti radioattivi per la messa in sicurezza e lo stoccaggio al Deposito nazionale nonché la specificazione delle risorse finanziarie destinate alle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari dismessi.
Relativamente alla rete infrastrutturale dell'energia elettrica, l'articolo 24 del decreto stabilisce che il piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale è ora soggetto alla verifica annuale di assoggettabilità a procedura Vas. L'obiettivo dichiarato dal Governo è quello di risolvere le problematiche legate alle congestioni nella trasmissione nazionale, ma sulla base della norma introdotta non vi sono certezze sul raggiungimento dello stesso.
L'articolo 24-bis, introdotto al Senato, per far fronte al conferimento, all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, delle funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici (già appartenenti all'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua), operato dal decreto-legge 201/2011, introduce un contributo a carico dei soggetti esercenti i servizi idrici e incrementa la pianta organica dell'Autorità.
L'articolo 24-ter, introdotto dal Senato, proroga al 30 aprile 2012 il termine scaduto del 31 gennaio 2011 entro cui adottare gli atti amministrativi per definire i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti le procedure per le gare per concessioni idroelettriche.
Tra le misure di liberalizzazione il provvedimento affronta il tema dei settori oligopolistici, per loro natura concentrati, caratterizzati da stringenti vincoli contrattuali e che vedono la difficoltà di entrata di nuovi operatori per l'esistenza di forti barriere all'entrata. Questi settori (banche e assicurazioni) rivestono un peso fondamentale nell'economia nazionale e le innovazioni introdotte dal provvedimento sono solamente una precondizione per lo sviluppo di una reale concorrenza, che rimane frenata dalla debole attitudine degli operatori a competere intensamente tra loro, con conseguenti ricadute negative per i cittadini.
L'articolo 26, modificato dal Senato, apporta alcune novelle alla disciplina in materia di imballaggi e rifiuti da imballaggio contenuta nel D.Lgs. 152/2006 (Codice ambientale), con specifico riguardo alla disciplina dei sistemi di gestione autonoma (alternativi all'adesione ai consorzi «di filiera») di cui all'articolo 221, comma 3 del medesimo decreto, al fine di favorire la concorrenza nel settore degli imballaggi.
L'articolo 27, modificato durante l'esame del provvedimento al Senato, proroga al 1 giugno 2012 il termine per definire le regole generali di riduzione delle commissioni per transazioni effettuate con carte di pagamento. Per effetto delle modifiche operate, si prescrive la gratuità delle spese dei conti destinati all'accredito e al prelievo di pensioni ammontanti fino a 1.500 euro mensili. È fissato al 31 maggio 2012 il termine per attuare la disciplina sugli affidamenti e sconfinamenti bancari introdotta dal decreto-legge 201 del 2011, ancorando a tale scadenza i termini per adeguarvi i contratti in corso.
L'articolo 27-bis, inserito durante l'esame del provvedimento al Senato, dispone la nullità delle clausole bancarie che prevedono remunerazioni per le banche a fronte di concessione, messa a disposizione e mantenimento di linee di credito, Pag. 92nonché loro utilizzo nel caso di sconfinamenti. La norma è volta a diminuire i costi di tali servizi per i clienti.
L'articolo 27-ter, inserito durante l'esame del provvedimento al Senato, semplifica le procedure per estinguere le ipoteche iscritte a garanzia di mutui: in particolare, l'ipoteca si estingue automaticamente anche in caso di mancata rinnovazione entro il termine di vent'anni dall'iscrizione. Essa è cancellata d'ufficio al verificarsi di una delle cause di estinzione legale disciplinate dal codice civile.
L'articolo 27-quater, inserito durante l'esame del provvedimento al Senato, modifica i principi cui devono conformarsi gli statuti delle fondazioni bancarie: in particolare, le modalità di designazione dell'organo di indirizzo dovranno ispirarsi a criteri oggettivi e trasparenti; tra i casi di incompatibilità con l'esercizio di funzioni apicali nelle fondazioni è introdotto l'esercizio di funzioni apicali in società concorrenti della banca conferitaria o di società del gruppo, vietando quindi gli incroci personali tra gruppi bancari concorrenti.
L'articolo 27-quinquies, inserito durante l'esame del provvedimento al Senato, modifica la disciplina del danno risarcibile per ritardato perfezionamento della surrogazione dei finanziamenti bancari (cosiddetta «portabilità» di finanziamenti e mutui). In particolare, sono abbreviati i termini utili al tempestivo perfezionamento della surrogazione ed è innalzato l'importo del danno risarcibile in caso di ritardo, da commisurare all'ammontare dell'intero finanziamento e non solo del debito residuo.
L'articolo 28, largamente modificato dal Senato, stabilisce che, qualora le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari condizionino l'erogazione di un mutuo alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita, sono obbligati a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili al suo stesso gruppo. Il cliente può, in ogni caso, scegliere sul mercato una polizza più conveniente.
Quanto al settore assicurativo l'articolo 29, modificato dal Senato, intervenendo sul sistema del risarcimento diretto, introduce un nuovo criterio, che deve essere definito dall'ISVAP, per il funzionamento del sistema al fine di incentivare l'efficienza produttiva delle imprese ed in particolare il controllo dei costi dei risarcimenti e l'individuazione delle frodi.
L'articolo 30, modificato dal Senato, prevede l'obbligo per le imprese operanti nel ramo r.c. auto di trasmettere all'ISVAP una relazione annuale contenente informazioni sui fenomeni fraudolenti che interessano la loro attività. L'ISVAP esercita i suoi poteri di vigilanza per assicurare l'adeguatezza dell'organizzazione aziendale e dei sistemi di liquidazione dei sinistri rispetto all'obiettivo di contrastare le frodi.
L'articolo 31, modificato dal Senato, al fine di contrastare la contraffazione dei contrassegni relativi alla r.c. auto, demanda ad un regolamento ministeriale il compito di definire la dematerializzazione dei contrassegni e la loro sostituzione con sistemi elettronici. Il Ministero dei trasporti, inoltre, è chiamato a formare un elenco dei veicoli non coperti da assicurazione e a comunicare ai proprietari le conseguenze a loro carico nel caso in cui i veicoli siano posti in circolazione. La violazione dell'obbligo di assicurazione può essere rilevata anche attraverso i dispositivi di controllo del traffico.
Il complesso delle disposizioni recate dall'articolo 32, modificato dal Senato, tende a rendere più rigido il sistema di accertamento e liquidazione dei danni derivanti dalla circolazione dei veicoli. In particolare sono disciplinati l'ispezione del veicolo e la «scatola nera» che consentono una riduzione delle tariffe. Si prevede, inoltre, una restrizione della risarcibilità per le lesioni di lieve entità alla persona.
L'articolo 33 inasprisce la normativa sanzionatoria per gli esercenti una professione sanitaria che attestano falsamente uno stato di invalidità derivante da un incidente stradale da cui derivi il risarcimento del danno connesso a carico della società assicuratrice. Le stesse sanzioni, in Pag. 93quanto applicabili, sono estese ai periti assicurativi per gli accertamenti e le stime falsi di danni a cose.
L'articolo 34, modificato dal Senato, introduce l'obbligo per gli intermediari che offrono servizi e prodotti R.C. auto e natanti di informare il cliente sulla tariffa e sulle altre condizioni contrattuali proposte da almeno tre compagnie assicurative non appartenenti ai medesimi gruppi. In caso di inadempimento è prevista una sanzione a carico dell'impresa mandante che risponde in solido con l'intermediario.
L'articolo 34-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede che, nell'ambito del sistema bonus-malus, la variazione in diminuzione del premio si applichi automaticamente nella misura preventivamente quantificata in rapporto alla classe di appartenenza attribuita alla polizza ed esplicitamente indicata nel contratto. La violazione di tale norma comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa da parte dell'ISVAP.
L'articolo 34-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede l'obbligo per la compagnia di assicurazione di risarcire il danno derivante da furto o incendio di autoveicolo indipendentemente dalla richiesta del rilascio del certificato di chiusa inchiesta, ad eccezione del caso in cui non si proceda per il reato di fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona.
Il Titolo I del provvedimento contiene, poi, una serie di misure tese al rilancio della competitività delle imprese.
L'articolo 35 reca interventi finalizzati all'estinzione dei debiti pregressi dei Ministeri per l'acquisizione di servizi e forniture, anche attraverso l'assegnazione di titoli di Stato su richiesta dei soggetti creditori, entro l'importo complessivo di 4,7 miliardi di euro, nonché per debiti relativi a spese per consumi intermedi, rientranti tra le regolazioni debitorie pregresse, maturati alla data del 31 dicembre 2011, entro l'importo di 1 miliardo di euro. In aggiunta, si prevede la facoltà per le pubbliche amministrazioni di composizione bonaria con i propri creditori delle rispettive ragioni di credito e di debito.
L'articolo 36, in merito al servizio taxi, prevede che la competenza sull'offerta di tale servizio passi all'Autorità di regolazione dei trasporti, che dovrà monitorare e verificare la corrispondenza del servizio, delle tariffe e della qualità delle prestazioni alle esigenze dei diversi contesti urbani, secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità, allo scopo di garantire il diritto di mobilità degli utenti.
I Comuni e le regioni, nell'ambito delle proprie competenze devono provvedere, previo parere dell'Autorità, ad adeguare il servizio incrementando il numero delle licenze secondo una serie di principi specificato dalla norma in esame. Di contro i titolari di licenza potranno godere di una maggiore libertà di organizzazione del servizio, per fronteggiare particolari eventi o periodi di prevedibile aumento della domanda, e, in numero proporzionato alle esigenze, per sviluppare nuovi servizi integrativi come il taxi ad uso collettivo e una maggiore libertà nella fissazione delle tariffe con relativa possibilità di una loro corretta e trasparente pubblicizzazione, prevedendo la possibilità per gli utenti di avvalersi di tariffe predeterminate dal Comune per percorsi prestabiliti.
Infine, nell'articolo 39, il comma 1 dispone ulteriori prescrizioni - che costituiscono norme imperative di legge - relative alle modalità di vendita della stampa quotidiana e periodica da parte degli edicolanti, accogliendo, tra l'altro, una recente segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.