XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 495 di martedì 5 luglio 2011

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 11,35.

MIMMO LUCÀ, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 30 giugno 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbieri, Berlusconi, Bonaiuti, Boniver, Bossi, Brambilla, Bratti, Brugger, Brunetta, Caparini, Carella, Carfagna, Enzo Carra, Casero, Castiello, Catone, Cenni, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Graziano, La Malfa, La Russa, Lisi, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Misiti, Moffa, Mussolini, Leoluca Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, Pecorella, Pescante, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Ruggeri, Saglia, Sereni, Stefani, Tabacci, Tremonti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni, all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto nella seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 1 luglio 2011, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VIII Commissione (Ambiente):
«Conversione in legge del decreto-legge 1 luglio 2011, n. 94, recante misure urgenti in tema di rifiuti solidi urbani prodotti nella regione Campania» (4480) - Parere delle Commissioni I, V, XII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Annunzio della formazione di una componente politica nell'ambito del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che è stata autorizzata, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, secondo periodo, del Regolamento, sulla base della richiesta pervenuta in data 30 giugno 2011, la formazione, nell'ambito del Gruppo parlamentare Misto, della componente politica denominata «Repubblicani-Azionisti», alla quale aderiscono Pag. 2i deputati Aurelio Salvatore Misiti, Francesco Nucara e Mario Pepe (Misto).
Comunico, inoltre, che il deputato Francesco Nucara è stato designato quale rappresentante della nuova componente.

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di giovedì 30 giugno 2011 la VI Commissione permanente (Finanze) ha approvato, in sede legislativa, le seguenti proposte di legge:
Senatore Costa; Senatore Barbolini: «Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo» (2699-ter), (Approvata dal Senato); Barbato ed altri: «Istituzione del Comitato nazionale contro le frodi nel settore assicurativo» (1964); Pagano: «Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo» (3544); Bragantini ed altri: «Istituzione del Coordinamento nazionale per il contrasto delle frodi assicurative» (3589), in un testo unificato, con il seguente titolo: «Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore dell'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore» (2699-ter-1964-3544-3589).

Discussione della mozione Donadi ed altri n. 1-00670 concernente iniziative urgenti sull'emergenza rifiuti a Napoli (ore 11,43).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Donadi ed altri n. 1-00670, concernente iniziative urgenti sull'emergenza rifiuti a Napoli (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Donadi ed altri n. 1-00670. Il relativo testo è in distribuzione.
Avverto, altresì, che sono state presentate le mozioni Iannaccone ed altri n. 1-00676, Mosella ed altri n. 1-00677, Ghiglia ed altri n. 1-00678, Libè, Della Vedova, Lo Monte ed altri n. 1-00679 e Bratti ed altri n. 1-00680 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Aniello Formisano, che illustrerà anche la mozione Donadi ed altri n. 1-00670 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ANIELLO FORMISANO. Signor Presidente, la nostra mozione è stata presentata il 28 giugno. Lei, ad apertura di seduta, ha dato notizia che poi finalmente è intervenuto il Governo con un proprio provvedimento. Uno degli scopi che la mozione intendeva raggiungere era appunto quello di sottoporre all'esame dell'Esecutivo dei provvedimenti che poi passerò ad illustrare, che in qualche modo potessero dare una mano in una situazione particolare.
Va da sé che il giudizio che diamo sul provvedimento governativo è pari esattamente a ciò che anche il Capo dello Stato ha avuto modo di dire e affermare pubblicamente, ossia che si tratta di un provvedimento non esaustivo, un provvedimento - per dirla come il Presidente del Consiglio - che non ha potuto non tener conto della maggioranza strana che in Consiglio dei ministri si è verificata su questa vicenda.
Si tratta di un provvedimento che ha costretto il Presidente del Consiglio, a cominciare da ieri, a fare degli appelli pubblici alle altre regioni affinché si muovessero nell'ambito della solidarietà tracciata, indicata e auspicata dal Capo dello Pag. 3Stato, senza pensare che in quel modo - essendo chiaramente egli il Presidente del Consiglio dei ministri ed avendo potestà anche legislativa in situazioni di emergenza - faceva un torto alla propria funzione. Infatti, verrebbe da chiedersi: perché ricorrere ad un appello pubblico di carattere eminentemente politico quando si ha la potestà di poter provvedere legislativamente in via d'urgenza attraverso un decreto-legge?
Veniamo però al merito delle questioni perché, come è posizione ormai conosciuta, noi dell'Italia dei Valori pensiamo che su queste vicende o perde o vince tutta la politica e, quindi, rispetto alla capacità di dare risposte si manifesta e si verifica la capacità di stare sulle questioni con risposte concrete. Per quanto riguarda il senso di questa mozione, non è la prima volta (e mi auguro che sia una delle ultime se non l'ultima) che si discute di situazioni straordinarie, extra ordinem, riguardanti i rifiuti in Campania e Napoli. Tuttavia, credo che per la prima volta ci troviamo di fronte a qualche cosa di nuovo: ad una manifesta volontà dell'ente più importante della Campania (penso al comune di Napoli) di voler superare una fase di gestioni emergenziali che nel corso di svariati anni - almeno cinque lustri - hanno prodotto situazioni sicuramente più gravi di quelle che intendevano risolvere con la dichiarazione dello stato di emergenza.
Un primo dato che sottoponiamo all'attenzione di tutti - proprio perché deve servire per far sì che la produzione legislativa del Governo possa tenerne conto - è che c'è una manifesta volontà del comune di Napoli a non perseguire la strada rituale del ricorso a dichiarazioni di emergenza e quant'altro che non lascino rientrare, invece, in una gestione ordinaria la vicenda dei rifiuti che non può che essere una vicenda gestita ordinariamente. Ovviamente si va ad incidere su una situazione che nel corso degli anni si è consolidata e incrostata, su di situazioni particolari tali che nel 2007 hanno fatto dichiarare al procuratore antimafia (cito le parole perché rendono bene l'idea) che «la camorra, quindi un'organizzazione non propriamente benefica, entra direttamente nella gestione della crisi». Queste sono parole di Pietro Grasso alla Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.
Ovviamente per i fini propri di quel tipo di organizzazione criminale, la camorra entra per fare soldi e, quindi, ne va da sé che una situazione emergenziale durata per oltre 15 anni probabilmente è una situazione tollerata, se non addirittura favorita dalla camorra che ha lucrato evidentemente su questa situazione. Ora, rispetto a chi dice «voglio uscire dall'emergenza per entrare nell'ordinario» credo che si abbia tutti il dovere di fare in modo che ciò sia possibile renderlo veritiero e effettivo. Per fare ciò occorrono ovviamente certi tipi di risposta ed è necessario che tutte le istituzioni, certamente da parte del comune di Napoli, ma anche da parte della provincia, della regione e del Governo nazionale adottino misure che consentano di passare dalle dichiarazioni ai fatti concreti.
Veniamo al merito della questione. Non sottaccio che per arrivare ad affrontare in via concreta questa questione ancora una volta purtroppo in via suppletiva si è dovuta muovere la magistratura. Se ieri è stato raggiunto un accordo sull'individuazione di siti che in qualche modo possono giovare al ciclo integrato dei rifiuti, è perché purtroppo il presidente della mia regione Campania ha ricevuto un avviso di garanzia per epidemia colposa e omissione di atti d'ufficio.
Ciò significa che chi diceva che occorre in questa fase che vi sia una collaborazione tra tutti i livelli istituzionali diceva il vero, se è vero come è vero, che è stata individuata una inadempienza e purtroppo spiace constatare che poi le risposte concrete nel merito arrivano solo e soltanto quando vi sono vicende extra-politiche o extra-amministrative che richiamano tutti alle proprie responsabilità. Infatti, in buona sostanza in queste anni tutto sommato si è stati davanti ad una serie di errori o sottovalutazioni che hanno prodotto Pag. 4una situazione che, per essere superata, ha bisogno del concorso di tutti quanti.
Soprattutto, ha bisogno della leale collaborazione di tutte le istituzioni per il superamento di questa emergenza, atteso che vi è - e mi riferisco al comune di Napoli e, più in generale, alla nostra regione - la volontà di superare una fase di straordinarietà. Preso atto che parliamo di una vicenda che ha caratteri sicuramente nazionali se non addirittura extranazionali, dato che l'immagine dell'Italia è anche quella di Napoli, occorre che tutti facciano il proprio dovere, utilizzando a pieno e fino in fondo le potestà che hanno. Questo credo che sia avvenuto ieri, quando si è realizzata l'intesa tra il presidente della provincia di Napoli e il presidente della giunta regionale della Campania, anche se spiace constatare che, purtroppo, quello che si è realizzato ieri doveva avvenire un po' di tempo fa e, anzi, molto tempo fa, perché solo in questo modo possiamo uscire da questa situazione.
Veniamo ora ad alcuni provvedimenti che con la nostra mozione sottoponiamo all'esame dell'Aula e che a questo punto ripresenteremo, esattamente come sono, quando discuteremo dell'inutile decreto-legge del Governo Berlusconi. Vi sono ovvi e conosciuti motivi, a cominciare da una posizione chiaramente espressa e chiaramente antinazionale della Lega Nord Padania, che nello stesso Consiglio dei ministri non ha trovato di meglio da fare che votare contro un provvedimento che, di per sé, finisce con l'essere inefficace se non, in alcuni casi, addirittura dannoso.
Quindi, in tale discussione riteniamo che possano venir fuori spunti che in sede di conversione in legge di quel decreto-legge ne possano migliorare l'efficacia e ridurre i danni che eventualmente con quel provvedimento si sono prodotti nei confronti di un'amministrazione - ripeto ancora una volta questo concetto - che dichiara di voler cambiare la filosofia rispetto alla quale finora si è operato e passare chiaramente, decisamente e globalmente, su tutto il territorio cittadino, ad una raccolta differenziata che è il presupposto attraverso il quale si può fare un serio ciclo dei rifiuti e, quindi, invertire una situazione rispetto alla quale, invece, di emergenza in emergenza si determinavano vicende nelle quali la camorra, ma anche una certa imprenditoria non propriamente trasparente, proliferava e faceva affari d'oro. Di questo stiamo parlando ed è necessario che tutti si rendano conto che quando vi è questa dichiarazione di volontà da parte di una comunità abbiamo tutti il dovere di collaborare a far sì che queste dichiarazioni di volontà possano diventare realtà.
Dunque, abbiamo un primo problema. Infatti, sono ancora immobilizzate una serie di risorse che potrebbero aiutare il comune di Napoli. Per la verità qualcosa è già avvenuta con la delibera n. 739 del 16 giugno 2011, il primo atto che ha prodotto il comune di Napoli, con cui si comincia dalla raccolta differenziata per arrivare ad un ciclo integrato dei rifiuti che, in qualche modo, contribuisca alla soluzione dei problemi. Inoltre, vi sono somme previste che non sono state ancora né sbloccate né utilizzate (penso ai 150 milioni dei fondi FAS). Con questa mozione chiediamo che una parte di queste somme vengano smobilizzate e siano destinate alla realizzazione degli obiettivi che il comune di Napoli si è dato con la citata delibera n. 739 del giugno 2011. È un modo concreto per mettere alla prova una comunità che dichiara di voler uscire dall'emergenza e passare ad una gestione ordinaria che dovrebbe produrre risultati migliori. Su questi punti ci confronteremo e li valuteremo in sede di discussione della conversione in legge del decreto-legge.
Ovviamente, non possiamo non tener conto di ciò che l'Esecutivo ha prodotto. I giornali di stamattina titolavano: «Sinergia tra Caldoro e De Magistris». Può sembrare strano ma, in realtà, non lo è affatto. Infatti, il decreto-legge varato non agevola, con il parere vincolante delle regioni, le eventuali intese fra sindaco e sindaco o tra sindaco ed ente proprietario o detentore di impianti di smaltimento in altre regioni, che possono già di per sé realizzarsi. Questo è un punto sul quale non so se Pag. 5volutamente o per errore - ma sono portato a pensare che sia più concreta la prima ipotesi - piuttosto che aiutare chi versava in situazioni di difficoltà si è frapposta un'ulteriore procedura burocratica che, in qualche modo, sta ritardando il realizzarsi di intese che pure sono avvenute e delle quali la stampa nazionale sta dando contezza in questi giorni.
Quindi si tratta, in buona sostanza, di evitare che vi sia un appesantimento rispetto alle intese che si sono realizzate tra l'amministrazione comunale di Napoli ed altre amministrazioni comunali o comunque altri tipi di amministrazioni anche non comunali, che sono detentori di impianti di smaltimento siti in altre regioni, e di fare sì che basti l'intesa tra i due enti di modo che si velocizzi tutto il percorso attraverso il quale si intende superare questa fase di emergenza.
Il terzo punto della nostra mozione - e vorrei che non sfuggisse - conferma la volontà che si è manifestata di superare e bypassare la fase di emergenza che si è protratta per oltre 15 anni. Vi è una normativa in materia che ha stabilito che, per l'individuazione dei siti, vi sia un'entità superiore a quella propria delle amministrazioni locali. Noi proponiamo con questa mozione che l'individuazione delle aree nelle quali realizzare i siti da destinare a discarica, che per il decreto-legge n. 196 del 2010 venivano affidate ad un commissario straordinario - quindi si trattava di un intervento extra ordinem affidato ad un'entità diversa -, ritorni nelle competenze dell'ente locale. Non può essere più chiara di così la volontà di superare una fase di emergenza. Chiediamo che proprio la scelta più difficile, che è quella di individuare le aree, con tutti i problemi che questa individuazione comporta a livello di comunità che diventano destinatarie di questi tipi di scelte e di interventi, ritorni nella competenza dell'ente locale, ossia di chi sul proprio territorio deve programmare tra le varie cose anche il proprio completo ciclo integrato dei rifiuti.
Ovviamente le cose dette sono contenute nella nostra mozione presentata prima del provvedimento del Governo. Prima, se è possibile, con l'approvazione della mozione, altrimenti, quanto da noi richiesto sarà oggetto di veri e propri emendamenti. Noi diamo per scontato che ci divideremo in Aula a meno che in qualche frangia della maggioranza non dovesse sopravvenire il buonsenso, il leale spirito di collaborazione e l'amore verso la nazione Italia, che è costituita anche dalla Campania e da Napoli. In tale caso saremo tutti quanti uniti, ma se non dovesse sopravvenire questa riconsiderazione del rapporto verso la problematica dei rifiuti a Napoli ed in Campania ci divideremo in Aula.
Siamo convinti - poiché cominciamo a percepire un isolamento della maggioranza, ossia di quella parte politica che attraverso slogan si frappone all'inizio di una nuova fase - che si possa addivenire alla stesura di un provvedimento che in qualche modo aiuti.
Questi tre punti, a nostro avviso, danno una mano, aiutano e mettono il comune di Napoli - e non solo il comune di Napoli - nella condizione di fronteggiare un'emergenza. Penso all'appello di qualche giorno fa del presidente Caldoro: questi, inquisito dalla magistratura e impossibilitato ad agire - anche se a nostro avviso vi è una norma regionale che gli avrebbe consentito di fare fronte alla situazione di emergenza che si era creata - non può fare altro, così come il Presidente del Consiglio, che appellarsi alla collaborazione da parte delle altre regioni.
Qualcos'altro si poteva fare e si doveva fare, tuttavia cogliamo questa occasione e facciamo sì che la discussione incrociata tra la nostra e le altre mozioni di cui discuteremo dopo e il provvedimento legislativo tiri fuori alla fine un provvedimento che, in qualche modo, aiuti Napoli a voltare pagina e i napoletani che vi abitano - per la prima volta nella cittadinanza c'è questa volontà di collaborare con la raccolta differenziata, che è il momento iniziale di un ciclo virtuoso - a superare una fase di difficoltà che, per il fatto stesso che avviene in una grande città Pag. 6dell'Italia e dell'Europa, espone il nostro Paese a considerazioni non benevole sulla stampa internazionale.
Ci sono le condizioni per farlo. Avete individuato all'interno della maggioranza qual è il problema e mi pare che lo abbiate anche isolato. Oserei concludere dicendo che su questa questione non c'è una parte politica che vince e una che perde. Penso che su questa questione o vince o perde tutta la politica, almeno questo è lo spirito che ha impregnato l'intervento di cui stiamo discutendo questa mattina e gli interventi di questi giorni.
Credo che il Parlamento possa in qualche modo aiutare una comunità in estrema difficoltà a ritrovare quel che merita, cioè la dignità in Italia, e non solo in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00676. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, abbiamo ritenuto di presentare una mozione autonoma sulla questione relativa all'emergenza dei rifiuti a Napoli perché vogliamo sottolineare, con la stessa mozione, un aspetto che riteniamo politicamente negativo per la maggioranza, e poi farò una riflessione di carattere più generale.
Il decreto-legge che è stato approvato dal Governo - tra l'altro tra mille difficoltà e con il voto negativo della Lega - riteniamo che sia un provvedimento tardivo, inefficace e insufficiente e, quindi, con la nostra mozione auspichiamo che si possa arrivare a un nuovo decreto-legge per affrontare una questione drammatica, una situazione di vera e propria apocalisse che stanno vivendo i cittadini di Napoli e della provincia di Napoli, un'emergenza che al pari dei terremoti e delle alluvioni necessita di un concorso dell'intero Paese. Quindi, non condividiamo che si possano distinguere le emergenze di qualunque tipo a seconda della loro localizzazione: se ci sono emergenze che si determinano al Nord il Governo interviene con efficacia, il Governo recupera le risorse necessarie, se le stesse emergenze intervengono al Sud allora iniziano i distinguo, si assumono provvedimenti generici e inefficaci e non si recupera quello spirito di solidarietà che è assolutamente necessario da parte di un intero Paese per risolvere l'ennesima emergenza dei rifiuti a Napoli. Parliamo di Napoli, una delle città simbolo dell'Italia, nessuno al Sud, al Centro o al Nord deve immaginare che quello che succede a Napoli è indifferente per l'intero Paese.
È evidente che questa situazione di inefficienza per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti in Campania, ma in modo particolare a Napoli, dura ormai da troppo tempo. Le gestioni commissariali in Campania sono iniziate negli anni Novanta, quindi a distanza ormai di oltre vent'anni discutiamo ancora della stessa questione. La maggioranza e il Governo, dopo aver dato un segnale positivo e concreto nel 2008, sono responsabili di una gestione lenta e non efficace di questa ennesima emergenza, ed anche della strumentalizzazione che il centrosinistra sta facendo di questa ennesima emergenza dei rifiuti a Napoli. È di questi giorni la considerazione - che evidentemente non è assolutamente vera - che avendo vinto a Napoli le elezioni De Magistris, il Governo nazionale non si assume fino in fondo le sue responsabilità.
Questo non è vero. È una strumentalizzazione politica negativa che non ha fondamento, perché nel 2008 il Governo, con grande efficacia, con grande rapidità, riuscì a risolvere un'emergenza e una situazione drammatica che già nel 2008 si trascinava ormai da circa vent'anni. Voglio ricordare in questa Aula - il sottosegretario Catone, che è campano, si ricorderà delle vicende che sto per rappresentare - che nel 1997 con la giunta regionale di centrodestra, guidata dal presidente Rastrelli, venne varato il primo piano che prevedeva un ciclo completo per la raccolta differenziata. Fu un Ministro del Governo Prodi, l'onorevole Ronchi, compagno di partito di quell'altro signor «no», Pag. 7Pecoraro Scanio, che è il principale responsabile dei ritardi della modernizzazione del nostro Paese, che bocciò quel piano, che prevedeva raccolta differenziata, la realizzazione di sei termovalorizzatori e evidentemente discariche che dovevano essere comunque al servizio dei termovalorizzatori.
Siamo andati avanti con gestioni commissariali che sono servite al centrosinistra, dell'epoca, guidato dal Presidente Bassolino, per alimentare clientele e fenomeni opachi. Voglio ricordare una dichiarazione del 2008 riportata dal Corriere della Sera dell'onorevole De Mita, che all'epoca era il principale alleato di Bassolino: noi della famigerata prima Repubblica - dichiarava De Mita - amministravamo secondo le regole, quelli di adesso invece fondano la loro autorità sul potere personale e, quando si fa così, prima di tutto si è fragili e poi è inevitabile il rischio che la controparte della trattativa sia la camorra. Tutto quello che è accaduto, gli incidenti a Pianura, l'impossibilità di aprire discariche e la resistenza per realizzare i termovalorizzatori, dimostrano che il centrosinistra in Campania ha avuto grandi, enormi responsabilità.
È per questo, signor sottosegretario, proprio per le responsabilità ascrivibili alla sinistra, che il centrodestra deve affrontare con determinazione questa vicenda dell'emergenza dei rifiuti a Napoli, sapendo che la dimensione del problema è enorme, ma si deve anche valutare che la Campania non è la pecora nera. Vorrei invitare i colleghi parlamentari della Lega a riflettere su alcuni dati, perché altrimenti si ritiene che la Campania e Napoli siano rimasti inerti in questi anni. Vorrei invitare tutta la maggioranza a non disperdere il grande patrimonio di credibilità e di consenso acquisito con la prima gestione dell'emergenza, quando il Presidente del Consiglio Berlusconi tenne una seduta del Consiglio dei ministri a Napoli.
Per quanto riguarda la raccolta differenziata, abbiamo una media nazionale che si attesta sul 27 per cento - faccio riferimento a dati un po' vecchi, ma non penso che siano cambiati di molto - con il nord al 42 per cento, il centro al 20 per cento e il sud all'11 per cento.
La Campania, onorevoli colleghi, fa segnare il 21,89 per cento di raccolta differenziata. I dati sono del 2008; probabilmente, dati più recenti dimostrerebbero che la percentuale è ancora salita. Quindi, la media della Campania è superiore alla media nazionale, che, come dicevo, si attesta al 20 per cento. Napoli, in questo contesto, si attesta al 18,33 per cento (parlo della provincia). Questo per sottolineare che vi sono le condizioni, create dal Governo, da questa maggioranza, per uscire per la prima volta, dopo 20 anni, in maniera definitiva, dalla situazione di emergenza, sapendo che la situazione di Napoli e della sua provincia è particolare. Voglio ricordare a tutti che la provincia di Napoli ha una superficie di 1.171 chilometri quadrati e ha 3 milioni 80 mila abitanti, con una densità di 2.629,35 abitanti per chilometro quadrato. Parliamo, quindi, di una realtà fortemente antropizzata, con fenomeni di urbanizzazione intensi, che, evidentemente, necessita di una cura e di un'attenzione particolari.
Nessuno si può sottrarre rispetto ad una situazione come questa. Vorrei chiedere in quest'Aula se si ha la consapevolezza del danno che la Campania ha subito e subirà per le immagini del passato e di questi giorni delle montagne di rifiuti per la strada. I turisti verranno ancora ad ammirare le bellezze storiche e artistiche, le coste e i monti della Campania, o non preferiranno andare altrove? E i prodotti della nostra industria agroalimentare raggiungeranno ancora i mercati esteri e le tavole di tutto il mondo? Il mio timore è, parafrasando Eduardo de Filippo, che la nottata non sia ancora finita e che non cesserà, se non interverrà la classe politica che in questo momento governa il Paese. Infatti, non vi è da meravigliarsi della demagogia e della strumentalizzazione dell'opposizione del centrosinistra. Quello di cui ci si deve stupire è l'inerzia e l'indifferenza della maggioranza, perché è la maggioranza che ha la responsabilità di Governo, è la maggioranza che deve risolvere Pag. 8il problema. È evidente che l'opposizione tenterà di lucrare da questa ennesima emergenza una convenienza politica, per sottolineare la debolezza della maggioranza. In questo caso, la maggioranza sarebbe veramente debole: i Governi possono cadere, se, rispetto ad una questione di questo tipo, non vi sarà la consapevolezza che bisogna insieme intervenire e insieme trovare le soluzioni adeguate. La mozione n. 1-00676, di cui sono primo firmatario, ha inteso mettere in evidenza due questioni.
Mi riferisco alla responsabilità ultradecennale del centrosinistra in Campania per la situazione che, ancora oggi, si è venuta a determinare: un'emergenza rifiuti che, con il caldo di questi giorni, si potrebbe tradurre drammaticamente anche in una situazione pericolosa dal punto di vista sanitario rispetto alla cittadinanza.
Allora, con questa mozione noi chiediamo al Governo di varare un nuovo decreto-legge, o di modificare quello attuale, durante i lavori parlamentari in modo tale da risolvere concretamente l'attuale emergenza dei rifiuti.

PRESIDENTE. Onorevole Iannaccone, la prego di concludere.

ARTURO IANNACCONE. Sto per concludere, signor Presidente.
Chiediamo al Governo di istituire un tavolo tra l'Esecutivo, la regione Campania, la provincia e il comune di Napoli perché qualche demagogo, qualche taumaturgo che si è autodefinito tale, dovrà dire se si faranno impianti, se intende collaborare e contribuire, oppure non si faranno. Se non si realizza il termovalorizzatore a Napoli non si risolverà il problema! Questo, evidentemente, il sindaco di Napoli, che in campagna elettorale ha detto che era contrario alla realizzazione di un termovalorizzatore a Napoli, lo dovrà dire a questo tavolo istituzionale.
Poi, e concludo, signor sottosegretario invitiamo il Governo ad evitare che, in futuro, consideri le emergenze più importanti o meno importanti a seconda della loro localizzazione geografica. Se vi è l'alluvione in Veneto tutti di corsa a risolvere il problema, se vi è l'emergenza rifiuti a Napoli tutti a scappare, tutti a fuggire.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mosella, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00677. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il fatto che ritorniamo in quest'Aula a discutere di rifiuti e, soprattutto, a parlare della Campania e della città di Napoli, è un atto di responsabilità. Ho guardato con rapidità tutte le mozioni presentate e mi pare che, al di là dei toni che ognuno di noi può assumere nella descrizione, vi sia molto senso di responsabilità, insieme al rammarico per tante parole che sono state spese e utilizzate, soprattutto dal Governo, negli ultimi mesi e che, francamente, sono rimaste lettera morta.
Lo scorso gennaio l'Aula convertiva in legge il decreto n. 196 del 26 novembre 2010, che recava disposizioni relative al subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti. In quella sede rimarcammo che il problema dei rifiuti, che teneva in ostaggio Napoli e la Campania, risaliva agli anni Novanta - non abbiamo mai nascosto le responsabilità - e da allora si trascinava senza trovare soluzione. A poco sono serviti i cinque decreti-legge intervenuti da ottobre del 2006 ad oggi, solo per restare ai tempi recenti. Quindi, ritardi, inadeguatezze, cattiva amministrazione, malaffare e camorra hanno tessuto una trama fitta ed inestricabile che avvolge la città e il territorio della regione, cosicché tutto resta tragicamente fermo, immobile. In assenza di interventi seri è sempre l'emergenza a dettare legge. L'offesa alla dignità individuale e collettiva continua a perpetuarsi nell'inerzia delle istituzioni - vi è un senso di impotenza - che non sanno fare fronte unico per affrontare una situazione che è una ferita aperta per il Paese, una vergogna nazionale che dovrebbe toccare la Pag. 9coscienza civile di tutti e di ciascuno, in ogni angolo d'Italia, l'Italia che è una nella sua legittimazione democratica e nella sua personalità internazionale.
Inquieta e dà da pensare l'atteggiamento di chi vorrebbe rispedire la questione al mittente, isolando una città e un'intera regione per lasciarla convivere con cumuli di spazzatura, quasi fosse una punizione, non bastassero quelle inflitte ai cittadini dall'inefficacia della pubblica amministrazione a tutti i livelli e dall'azione pervasiva della criminalità organizzata, di cui si parla forse troppo poco e in maniera sempre fluida, che svolge un ruolo tragicamente rilevante anche e soprattutto nella realtà dello smaltimento dei rifiuti.
Il principio comunitario della prossimità delle sedi di smaltimento dei rifiuti ai loro centri di produzione, sprovvisto di una copertura razionale di tipo normativo e organizzativo, viene utilizzato come uno strumento di offesa da forze di Governo ignare dell'unità nazionale e dei principi di lealtà istituzionale e anche civile che ne sono parte integrante.
Nell'ultimo decreto-legge della serie (il decreto-legge n. 94 del 2011) sembra si prenda atto della crisi, anziché contrastarla, con l'affermazione di non autosufficienza del sistema di gestione dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti nella regione Campania. Tutto ciò avviene nonostante i molti annunci del Capo del Governo di interventi risolutivi. Nella mozione ne abbiamo fatto un elenco anche per denunciare in maniera forte quante e troppe parole sono state spese senza poi assolvere agli impegni.
Si tratta ora di intervenire per invertire la rotta e dare soluzione ai problemi. L'urgenza e la necessità sono divenute non più cause giustificatrici di un intervento, bensì il filo conduttore di politiche incapaci di ridurre e sconfiggere la crisi dello smaltimento dei rifiuti. Perennemente impantanati nella contingenza, siamo ancora all'anno zero per tutto quel che riguarda interventi di largo respiro mirati al lungo periodo. Non si è realizzata una rete integrata di trattamento dei rifiuti in Campania né si è avviato lo smaltimento del pregresso, le cosiddette «ecoballe» che ormai sono diventate monumenti conosciuti in tutto il mondo, come ha stigmatizzato proprio l'Unione europea, che ci chiede di attivare un circolo virtuoso che oggi appare irraggiungibile.
È tuttavia inaccettabile che sia così. Non possiamo assuefarci all'emergenza rifiuti in Campania quasi fosse un elemento connaturato al paesaggio, una condizione inevitabile ed immutabile del territorio. La logica emergenziale ha contribuito a far scambiare gli effetti - ossia la mancanza di programmazione, di informazione, di impianti, di politiche collaterali per la difesa della salute e di trasparenza - per le cause della crisi, sulle quali dovremmo finalmente concentrare l'attenzione per porre in atto correttivi efficaci.
In quest'ottica, pur condividendo anche tante altre richieste presenti nelle mozioni che oggi abbiamo avuto l'opportunità di leggere nella loro completezza, noi abbiamo chiesto al Governo due cose fondamentali: in primo luogo di abbandonare la logica inefficace dell'emergenza e della straordinarietà; in secondo luogo di presentare al Parlamento in tempi rapidi un disegno di legge organico nell'ambito delle competenze stabilite dall'articolo 117, commi secondo e terzo della Costituzione, nel rispetto delle autonomie e delle potestà normative vigenti.
Si tratta di in disegno di legge che, senza l'utilizzo di deroghe alle disposizioni vigenti in materia ambientale, igienico-sanitaria, di prevenzione degli incendi, di sicurezza sul lavoro, urbanistica, di paesaggio e beni culturali, definisca il finanziamento e le norme per la messa a regime della raccolta differenziata, attraverso la realizzazione di una rete integrata di trattamento dei rifiuti in Campania, per l'apertura delle discariche e l'esercizio degli impianti, nonché un sistema di benefici fiscali e contributivi e che contenga un richiamo esplicito ed opportunamente sagomato alle vigenti disposizioni antifrode e antiriciclaggio.
Infine, invitiamo ad indire una Conferenza permanente sulla condizione dello smaltimento dei rifiuti in Italia, che operi Pag. 10senza aggravi di costi sul bilancio dello Stato per il suo finanziamento e riferisca al Parlamento, nella quale la problematicità, ma anche le pratiche virtuose possano essere condivise per arrivare uniti, come sistema Paese, a risolvere una volta per tutte questa crisi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bonavitacola, che illustrerà la mozione Bratti e altri n. 1-00680, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

FULVIO BONAVITACOLA. Signor Presidente, vorrei in primo luogo richiamare il contesto nel quale si inserisce la presentazione della nostra mozione, che non riguarda un'emergenza contingente, come purtroppo è ben noto, ma coinvolge uno stato ormai endemico di criticità nel ciclo di gestione dei rifiuti della regione Campania, che non può essere risolto con qualche furberia, che pure circola nell'aria e sulla quale poi dirò qualcosa.
Viviamo - come veniva ricordato - una situazione critica che si protrae da molti anni. Da campano, ahimè, devo ricordare che oggi un giovane di diciassette anni è nato con l'emergenza rifiuti ed ha convissuto per l'intero arco della sua prima giovane fase di esistenza con questo dramma.
Al momento ripetiamo cose già dette e paradossalmente stiamo coabitando con tale dramma anche con provvedimenti normativi che, se ritornano sempre sullo stesso tema, dimostrano l'inefficacia di quelli che li hanno preceduti. Voglio evidenziare che migliaia di tonnellate - qualcuno stima diecimila qualche altro quindicimila - giacciono negli impianti di trattamento che non riescono ad evacuare ovvero nei cosiddetti «siti di trasferenza». Si tratta di una parola suggestiva ma diciamo che cosa è un sito di trasferenza, è un posto dove stiamo accumulando i rifiuti in via del tutto provvisoria. Ebbene si stima che, oltre a quelli nelle strade, ci siano circa diecimila forse quindicimila tonnellate di rifiuti.
Vorrei ricordare che in Campania vengono prodotti 2 milioni 700 mila tonnellate di rifiuti all'anno. È una regione che è uno Stato, con i suoi 6 milioni di abitanti, un carico insediativo che non ha uguali non solo in Italia in termini di rapporto tra popolazione e territorio ma in Europa. Di fronte a questi numeri il nostro problema non è quello di fare la questua, perché se qualcuno pensa che il problema si risolva facendo la questua quotidiana ovvero chiedendo la cortesia al presidente di regione o al sindaco più o meno sensibile, vuol dire che confonde l'emergenza rifiuti in Campania con il liberare le strade dai sacchetti che ci sono questa mattina, mentre il nostro problema è quello di evitare che quei sacchetti tornino domani.
Anche il Presidente del Consiglio ha rivendicato tra le varie conquiste della sua illuminata carriera politica di avere sconfitto l'emergenza rifiuti, proprio perché ragionava non sull'emergenza rifiuti cioè sull'affrontare i temi strutturali del ciclo di gestione dei rifiuti, ma sul rimuovere temporaneamente la spazzatura dalle strade per qualche giorno.
Le discariche in Campania ormai sono notoriamente in via di esaurimento. L'unico impianto di termodistruzione, quello di Acerra, avrebbe una capacità virtuale di trattamento tra le 500 e le 600 mila tonnellate all'anno, se funzionassero a regime le tre linee sulle quali questo impianto è articolato. In realtà siamo a poco più della metà, mediamente, come capacità di smaltimento, per cui tutto riguarda le discariche che si stanno esaurendo e quindi c'è un effetto domino al contrario.
Nel momento in cui non c'è lo smaltimento, gli impianti che trattano i rifiuti in vista dell'evacuazione non evacuano e quando gli impianti che sono destinatari dell'attività di trattamento non evacuano e cioè sono congestionati e chiudono i cancelli, i camion non scaricano e i rifiuti restano per strada. Questo è l'effetto domino al contrario. Dobbiamo dire con grande chiarezza che il tema oggi non è quello della crisi della raccolta, che rappresenta il primo segmento del ciclo, ma quello dello smaltimento e, per affrontarlo, Pag. 11abbiamo bisogno di potenziare un'impiantistica adeguata industriale e di integrarla con le discariche che, comunque, occorrono in misura più o meno estesa in ragione della capacità di differenziare a monte nella raccolta dei rifiuti.
Ebbene, per almeno sei mesi - e dico sei mesi nell'ipotesi ottimistica dell'individuazione di discariche domani mattina -, non abbiamo alternative a quella di portare i rifiuti fuori dalla regione Campania. Ma solo se le individuiamo domani mattina e se iniziamo a lavorare e a realizzare le sistemazioni dei terrazzamenti, gli impianti per il convogliamento del percolato, la viabilità di accesso, l'impermeabilizzazione, perché non sempre si trova il «metro» di argilla necessario. Ci vogliono sei mesi, come minimo. Quindi, da qui a sei mesi, non abbiamo alternative al trasferimento dei rifiuti fuori dalla regione.
Pertanto, vorrei chiedere in maniera semplice, ma spero chiara: vogliamo rivolgere un appello alla responsabilità e alla solidarietà delle regioni italiane o vogliamo aggirare l'ostacolo con qualche furbata? Infatti, se qualcuno pensa - signor Presidente, lo dico in napoletano - di fare «fesse» le regioni sbaglia, perché si chiuderanno le saracinesche della solidarietà e si apriranno i ricorsi al TAR. Vorrei ricordare che la regione Campania ha firmato, il 3 dicembre 2010, un protocollo con la regione Puglia, con il quale sono stati previsti trasferimenti di 45 mila tonnellate di rifiuti - cioè, tre volte quella che sarebbe oggi la criticità contingente dell'emergenza nelle strade della Campania - nella regione Puglia.
Ebbene, sono stati trasferiti quantitativi pari intorno alle 1000-1500 tonnellate, dopodiché la regione Campania ha deciso di non trasferire più i rifiuti attraverso il citato protocollo, ma in maniera «privatistica», qualcuno potrebbe dire clandestina, qualcun altro potrebbe dire abusiva, qualcun altro furbesca. Comunque, è un imbroglio, al di là di come lo si voglia dipingere: non si può stipulare un accordo con una regione, stabilire regole che riguardano i sistemi di controllo, il monitoraggio sul trasporto e la caratterizzazione dei rifiuti e, poi, decidere di aggirarle.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FULVIO BONAVITACOLA. La nostra mozione è volta ad individuare misure efficaci nell'immediato: dunque, siamo senza confusione e non ci aspettiamo che il «popolo dei fax» risolva l'emergenza dei rifiuti. Mi riferisco all'assessore all'ambiente che manda fax per l'Italia, chiedendo: oggi mi dai il nulla osta? E gli rispondono: quanto ti serve? Dieci sacchetti. Pensiamo di poter andare avanti sei mesi con queste barzellette?
È necessaria la dichiarazione di emergenza, è necessario un accordo nazionale Stato-regioni ed è necessario un protocollo standard sui trasferimenti, con riferimento al quale noi siamo anche per prevedere misure semplificate. Per esempio, l'istituto della comunicazione, dell'autocertificazione può essere utilizzato, ma nell'ambito di un'intesa chiara e trasparente con le regioni italiane.
Concludo, signor Presidente, dicendo che nella nostra mozione ribadiamo temi anche antichi: vorrei ricordare il tema del ritorno delle competenze ai comuni, perché il centrodestra nega che esista un'emergenza e continua a rinnovare una normativa propria di una regione speciale. La Campania è l'unica regione d'Italia dove, dal 1 gennaio dell'anno prossimo, le province - udite, udite - dovrebbero fare anche lo spazzamento delle strade e la raccolta differenziata. È veramente ridicolo.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FULVIO BONAVITACOLA. Speriamo che in sede di conversione di questo «decretazzo» n. 94 del 2011, si possa tirar fuori qualcosa di più serio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ghiglia, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00678. Ne ha facoltà.

Pag. 12

AGOSTINO GHIGLIA. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione gli interventi di alcuni colleghi che mi hanno preceduto, i quali - anche l'ultimo - hanno omesso alcuni particolari, perché la crisi drammatica dei rifiuti, che ancora oggi investe non tanto la regione Campania, quanto in particolare la città di Napoli, ha radici antiche e profonde.
Queste radici sono state - anche se potrebbe sembrare una battuta - coltivate e hanno consentito che crescesse la «mala pianta» a causa dell'indifferenza, dell'ignavia, della colpa grave, se non del dolo, di troppe amministrazioni di centrosinistra che si sono succedute nel corso degli anni sia nella città di Napoli, sia per quanto riguarda anche la precedente amministrazione regionale. È la storia che parla, sono gli atti, le delibere, l'ignavia, l'indifferenza e il timore con cui avete o non avete voluto gestire il tema dei rifiuti perché occorreva impegnarsi sul serio.
Pertanto, oggi, è chiaro che è facile scaricare addosso ad un Governo - che deve sempre più risorse, sempre più soldi, sempre più aiuti - la soluzione di un'emergenza che è stata creata soprattutto in loco. Dico ciò da convinto assertore del fatto che occorra trovare una soluzione e che le regioni debbano aiutare la Campania ad uscire dalla crisi; dico ciò da convinto assertore del fatto che tutta l'Italia, ancora una volta - lo voglio sottolineare - si debba fare carico dell'incapacità di una certa politica e di un certo territorio a fronteggiare un'emergenza. Infatti, è sempre più facile scaricare sui livelli più alti, piuttosto che rimboccarsi le maniche ed assumersi le responsabilità di fronte ai propri cittadini.
E l'ultimo epigono - mi augurerei l'epigono - di questa farsa durata troppi anni è proprio l'attuale sindaco di Napoli, il quale, dopo tutte le altisonanti dichiarazioni di intenti e di impegni contratti di fronte alla cittadinanza in campagna elettorale, l'unico atto che ha saputo fare negli ultimi giorni è chiedere, appunto, l'aiuto del Governo centrale. Infatti, non sia mai che si debba prendere qualche decisione!
E soprattutto - fatto ancora più pericoloso dal mio punto di vista, ripetendo quanto ho detto prima sulla necessità assoluta per tutti di aiutare Napoli, i napoletani e la Campania - egli si oppone e si opporrà, a causa delle solite maggioranze dei «no», le quali vanno a sostenere questo tipo di «coalizioni patchwork» che vincono le elezioni, ma non riescono ad amministrare le città, e ha già detto che praticamente non occorre il termovalorizzatore, che è inutile costruire nuove discariche perché - udite udite - bisogna potenziare la raccolta differenziata.
È sacrosanto potenziare la raccolta differenziata, peccato che, avendo circa il 18 per cento di raccolta differenziata, se andassimo avanti così - considerando che la mia città, Torino, ne ha circa il 40 per cento e ha impiegato circa una decina d'anni per raggiungere tale livello - per passare dal 18 al 40 per cento, voi impieghereste sei, sette anni. A parte il fatto che occorre vedere, ma, poi, in questi cinque-sei anni, cosa si fa? Non si procede parallelamente anche con le altre soluzioni perché ci sono i «no-tutto» che le impediscono?
Colleghi, lo dico anche a nome del Popolo della Libertà: non abbiamo alcun egoismo regionalistico, alcun egoismo di parte, alcun egoismo padano. Io vengo dal nord, ma sono un padano solo geografico. Quindi, va tutto bene, però non possiamo neanche omettere quello che c'è stato fino ad oggi e quella che è ancora oggi la situazione di Napoli, dove c'è una politica che non vuole affrontare, né risolvere il problema dei rifiuti, ma mira soltanto ed esclusivamente a delegarlo ad altri, portando ad altro livello - quindi, sul Governo centrale - la soluzione dei problemi.
Le cause sono antiche: i ritardi nella pianificazione e nella costruzione degli inceneritori (sapete di chi sono state queste responsabilità negli anni passati), i ritardi nella pianificazione e nella costruzione di impianti di compostaggio e frazione organica dei rifiuti, la raccolta differenziata, che, di fatto, non ci si è mai Pag. 13impegnati a fare se non in seguito ai vari decreti del Governo Berlusconi dal 2008 ad oggi.
Tali decreti hanno consentito, anche grazie a fortissimi impegni finanziari, di attuare ciò che i vostri sindaci non avevano nemmeno ipotizzato. Diremo poi anche le cifre, ovviamente, e ricorderemo che magari qualche presidente, dal nome Bassolino, è stato anche condannato, dalla Corte dei conti, a rifondere tre milioni di euro perché assumeva la gente per i consorzi per la raccolta differenziata che però non diventavano mai operativi; centinaia di persone. Venivano fatte le assunzioni però poi non venivano eseguiti i lavori per cui queste assunzioni venivano fatte; anche qui nell'assoluta omogeneità politica che allora contraddistingueva la regione, la provincia e il comune di Napoli.
Come è stato ricordato prima dal collega Iannaccone, nel 1998 il presidente Rastrelli ci provò, affidando anche una gara d'appalto; la vinse un consorzio, Fibe, su cui si è poi scritta una lunga e brutta pagina di imprenditoria privata nella regione Campania che ha portato a quello che veniva anche ricordato prima: i cinque milioni di ecoballe, i 6 milioni di tonnellate che sono diventate veramente una testimonianza del malgoverno e di una certa politica del «non fare».
Vedete, colleghi, 6 milioni di tonnellate di rifiuti, 5 milioni di ecoballe, non si creano dall'oggi al domani; ci sono stati dei commissari straordinari, mi sembra che uno si chiamasse Bassolino, che per anni hanno governato questo processo, prendendo un sacco di soldi anche personalmente, nella loro qualità di commissari, e che vedevano queste cose che si accatastavano, si accatastavano, si accatastavano; però ad affrontare il problema, salvo portare a casa lo stipendio, non ci pensava assolutamente nessuno. Questo, lo voglio ricordare, perché se è giusto aiutare, è giusto anche stigmatizzare; non possiamo far finta di niente; nel dire che dobbiamo aiutare la Campania e Napoli, dobbiamo anche dire che noi dobbiamo aiutare la Napoli vera, non quella dei farfugliatori politicanti che poi alla fine hanno causato questa situazione. Aiutiamo tutti, siamo solidali nell'aiuto ma siamo assolutamente netti e rigorosi nel separare bene le responsabilità tra chi, il centrodestra, il Governo Berlusconi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha fatto e chi, gli altri, cioè il centrosinistra che ha governato la Campania e Napoli in questi ultimi anni, non ha fatto, non lo so se per ignavia, per colpa o per dolo. Chissà, magari un giorno lo andremo a scoprire.
È chiaro che oggi ritardo accumula ritardo; nel 2006 sono esplose le prime rivolte, persino il Governo Prodi aveva fatto un piano straordinario in cui si prevedeva la realizzazione di termovalorizzatori, ma anche lì non c'era omogeneità nella compagine governativa e siamo arrivati quindi al fuoco dei cassonetti, alle rivolte popolari, al «facciamo gli inceneritori, no li blocchiamo», al «li voglio, io non li voglio», insomma anche lì un nulla di fatto, un'emergenza costata nel corso degli anni delle cifre impressionanti. Pensate che l'emergenza rifiuti nel decennio 1996-2006 è costata 780 milioni di euro l'anno, una cifra assolutamente impressionante, per arrivare al dramma attuale. Gestita da chi? L'ho già detto troppe volte, ritengo non sia più da sottolineare.
Arrivo brevemente alla storia recente; il primo decreto-legge Berlusconi ha introdotto un nuovo modello per la gestione dell'emergenza campana, i commissari furono sostituiti da un apposito sottosegretario di Stato, ci fu anche la «militarizzazione», l'uso dell'esercito che poi è stato ripetutamente richiesto per altre due volte, sempre al Governo centrale per l'incapacità di gestire il dramma che si era creato sul territorio. Arriviamo infine ai giorni nostri con l'ennesimo decreto-legge che inizierà oggi il suo iter, mi auguro veloce, nella Commissione Ambiente qui alla Camera e poi in Aula e con l'ennesimo atto di responsabilità di questo Governo; vorrei ringraziare a questo proposito il Ministro Prestigiacomo, il sottosegretario Catone ma soprattutto il Presidente Berlusconi che, con l'ennesimo atto di responsabilità, ha dato immediata risposta alla richiesta Pag. 14di aiuto dello «splendido» De Magistris il quale in campagna elettorale aveva promesso in cinque giorni di liberare Napoli dai rifiuti.
Il settimo giorno non si è limitato a riposare, ma addirittura il giorno precedente aveva chiesto aiuto al Governo di centrodestra che, ancora una volta, darà aiuto ai napoletani e alla Campania nell'ambito di una doverosa solidarietà nazionale, sottolineando, però, che non si può andare avanti per sempre ad emergenze.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, a me viene da dire che risiamo all'appuntamento stagionale del dibattito sull'emergenza rifiuti a Napoli. Si tratta di un dibattito che per noi radicali significa riportare all'attenzione quella proposta che, con il professor Aldo Loris Rossi, abbiamo più volte avanzato, e che costituisce una sorta di uovo di Colombo per la semplicità e la logicità di una soluzione che per Napoli consentirebbe, sicuramente, di poter immediatamente ridurre il quantitativo e la massa di rifiuti che si producono.
Mi riferisco alla proposta di adottare un provvedimento ad horas per ridurre immediatamente gli imballaggi a monte, consentendo appunto così di ridurre la massa dei rifiuti da conferire in discarica e disponendone il conferimento, per quanto riguarda gli imballaggi, in aree che abbiamo provveduto più volte ad indicare e che sono le 120 zone relative ai piani di insediamento produttivo della Campania, che costituiscono oltre 300 ettari disponibili per lo stoccaggio degli imballaggi inerti.
Già nel 1994, ancor prima che scoppiasse l'emergenza rifiuti in Campania, avevamo denunciato nel volume, a cura sempre del professor Aldo Loris Rossi e dal titolo Progetto per Napoli: metropoli europea, la vicenda e la condizione miserevole in cui versava Napoli per cui, se non si fosse intervenuto, indiscutibilmente sarebbe scoppiata una vera e propria catastrofe, che è quella che abbiamo costantemente sotto i nostri occhi. Quella di Napoli è e resta una piaga irrisolta, perché gli obblighi, da parte di tutte le forze politiche che si sono succedute in questi anni, non sono stati rispettati, a partire da quell'obbligo elementare che è, innanzitutto, l'adozione di un piano regionale per i rifiuti.
Si tratta di una situazione che è costantemente ed inesorabilmente precipitata, perché in fondo occorre anche comprendere qual è stata la dinamica che ha creato questo labirinto da cui, pare, non vi sia via di uscita: il labirinto costituito dalla gestione delle discariche da parte della camorra. Le discariche costituiscono l'arcaica forma di gestione dei rifiuti a cui si è affiancata dal 1997 l'era degli inceneritori. Questi due blocchi, questi due monopoli, quello delle discariche e quello degli inceneritori, che sono stati indubbiamente tra loro in competizione e, in un certo senso, tra loro anche nemici, sono stati però in tutti questi anni solidi alleati in una guerra contro l'avvio della raccolta differenziata, che è stata letteralmente sabotata per decenni, e con essa anche le relative strutture intermedie.
Per cui, in tutti questi anni si è letteralmente sabotato il ciclo dei rifiuti che oggi è ancora al suo punto zero. Questo è avvenuto per mano di uno Stato che ha considerato l'emergenza rifiuti in Campania e a Napoli un vero e proprio affare di Stato, nel senso degli affari che su questa situazione si potevano e si possono continuare a fare. Uno Stato che è stato sovranamente indifferente per oltre 33 anni alle direttive dell'Unione europea sulla gestione dei rifiuti e sulla raccolta differenziata, se penso che a Napoli non è stata recepita e non è vigente alcuna di queste direttive.
La maggioranza sull'emergenza dei rifiuti a Napoli ha vinto le elezioni. Il primo Consiglio dei Ministri si è tenuto a Napoli, ma permane la volontà di non far partire la differenziata, ricorrendo soltanto a soluzioni-tampone, Pag. 15mentre occorre invece rallentare innanzitutto la quantità di rifiuti che si producono.
Sappiamo che gli imballaggi e gli inerti costituiscono il 60 per cento della massa dei rifiuti e che soltanto il 40 per cento costituisce una massa putrescente e che quindi va sicuramente gestita o portata comunque in discarica, e sappiamo che il crimine principale nella mala gestione dei rifiuti a Napoli è mischiare appunto questi due quantitativi, ossia il 60 per cento degli imballaggi e degli inerti con il 40 per cento dell'umido.
Pertanto, la proposta che avanziamo è innanzitutto quella di fermare questo crimine che si commette all'origine e, se non lo si vuol fare, è perché c'è una precisa volontà politica di non risolvere il problema dei rifiuti a Napoli. In questo senso, condivido l'opinione che ha espresso recentemente il procuratore Lepore, quando ha detto che questa emergenza fa comodo non solo alla camorra, ma soprattutto alla politica che può così gestire soldi senza controlli o con controlli sicuramente più blandi.
Dicevo dell'importanza di separare all'origine gli imballaggi: noi avevamo consegnato una proposta in tal senso al sottosegretario Bertolaso, indicando anche le 120 aree ASI che si possono utilizzare per stoccare gli inerti che costituiscono siti di stoccaggio permanente molto più utili di quelli che sono stati attualmente predisposti a Napoli come siti di stoccaggio non permanente.
In questo modo, sappiamo che si dimezzerebbe la necessità delle discariche e degli inceneritori, risolvendo magari anche quel paradosso tutto italiano per cui ci si trova a Napoli con la tassa dei rifiuti più alta del mondo e il quantitativo paradossalmente più alto di rifiuti al mondo. Il bubbone sappiamo che è Napoli, perché altrove non è così. Nella stessa Campania le province di Salerno, di Benevento ed Avellino hanno avviato dei cicli indubbiamente virtuosi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Ragionare in modo semplice e lineare è quello che è necessario per uscire da questo terribile labirinto. Se non lo volete fare, vuol dire che non c'è la volontà politica di risolvere questa emergenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bratti. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, mi dispiace che sia uscito l'onorevole Ghiglia, perché volevo ricordargli che ormai sono tre anni che c'è un Governo nazionale che doveva risolvere questa problematica (attraverso ormai credo cinque decreti), che da due anni vi è la gestione da parte del centrodestra nelle province e che da un anno ormai vi è la gestione, sempre di centrodestra, della regione Campania, la quale, tra l'altro, ha ricevuto poteri speciali che non ha probabilmente esercitato fino in fondo.
Abbiamo sempre riconosciuto - perché di discussioni sull'emergenza Campania in quest'Aula ne abbiamo fatte tante, soprattutto all'inizio della legislatura - le nostre responsabilità, ma credo che ora il libro da leggere sia un altro. È un libro che parla del fallimento delle politiche di questo Governo, di sbagli che ha commesso in successione, dall'aver dato alle province una responsabilità non corrispondente alla loro funzione, all'aver prima approvato il piano Bertolaso e poi, con il decreto dello scorso gennaio, averlo cancellato, mandando di fatto la regione in emergenza.
Il Governo è responsabile per non aver creato le condizioni favorevoli per far partire le gare per i termovalorizzatori, per non aver erogato nemmeno un euro per le opere di compensazione così come promesso in sede istituzionale, per non aver costruito durante il commissariamento discariche a norma e che ora in parte sono sotto sequestro giudiziario e perdono percolato, per non aver favorito la costruzione degli impianti di compostaggio necessari e anche - ma questo riguarda la regione - per non avere individuato, così com'era stato promesso, Pag. 16degli sversatoi, compreso il possibile utilizzo di cave abbandonate, che solo ora pare si accinga ad individuare.
Insomma, vi sono stati tanti proclami, ma fatti pochi e fatti male. Il Governo ha archiviato per altri motivi, ricordavo prima «l'eroe Bertolaso» che comunque uno straccio di programma, per quanto contestabile, aveva costruito per uscire dall'emergenza. All'interno di questo sfascio la malavita più o meno organizzata ha continuato imperterrita a fare il suo business. In più vi sono indagini in corso che riportano infiltrazioni camorristiche addirittura all'interno della struttura commissariale recente. Non è chiaro cosa ruota attorno alla società provinciale Sap.Na, società che non ha un consiglio di amministrazione, ma un unico amministratore, un unico socio che è la provincia, che ha attivato contratti per il trattamento e lo smaltimento del percolato forse dubbi, che ha in essere contratti con società per la stabilizzazione della frazione organica molto onerosi. Per non parlare poi degli 800 dipendenti del Consorzio unico relativamente a Napoli che nessuno sa come verranno retribuiti e che non stanno di fatto lavorando, com'è testimoniato dalle audizioni dei commissari dei consorzi in liquidazione presso la Commissione bicamerale.
Abbiamo assistito da gennaio 2011 ad oggi a situazioni grottesche, del tipo che a soccorrere la Campania per ospitare i rifiuti è stata addirittura la regione Calabria, regione che, come abbiamo discusso recentemente, è in piena fase di emergenza ed è forse oggi quella più problematica rispetto al ciclo integrato dei rifiuti. In quella regione vi sono oltre 800 discariche abusive che oggi hanno un serio problema di emergenza grave anche grazie al sequestro della discarica di Pianopoli; la discarica in cui venivano portati i rifiuti campani e che è stata sequestrata grazie ai carabinieri. Ci piacerebbe sapere e conoscere - e ne faremo oggetto di sindacato ispettivo - chi in questa fase, dall'approvazione del decreto-legge n. 196 del 2010 ad oggi, ha tratto illeciti profitti. Allo stesso modo vorremmo sapere - e anche su questo faremo delle interrogazioni -, come veniva appunto ricordato dal collega Bonavitacola, che cosa è successo riguardo al trasporto dei rifiuti in Puglia. Insomma, si tratta di tante domande che dovranno avere una risposta.
Un'altra questione posta più volte dal nostro partito riguarda il perché non sono state usate le cave individuate dal Piano delle cave regionali. Vi è un altro tema che riguarda il mancato trasferimento dei rifiuti anche speciali all'inceneritore di Brescia, dato che la stessa società gestisce l'impianto di Acerra. Circa il 46 per cento dei rifiuti conferiti oggi all'inceneritore di Brescia può potenzialmente essere importato da altre regioni. Sono circa 300 mila tonnellate all'anno i rifiuti cosiddetti speciali. Già oggi, sulla base della normativa vigente, viste le capacità di trattamento dell'impianto, questo inceneritore sarebbe perfettamente in grado di smaltire una parte dei rifiuti campani opportunamente trattati.
Poiché i due impianti di Brescia e Acerra sono gestiti da imprese appartenenti al medesimo gruppo societario non si comprende, se non facendo riferimento a motivi di ostruzionismo politico, noti peraltro, il motivo per cui in quest'impianto, mi riferisco a quello di Brescia, la Società A2A ha importato parte dei rifiuti da bruciare persino dall'estero, adottando invece come prassi ordinaria l'indisponibilità ad accogliere la stessa tipologia di rifiuti provenienti dalla Campania. Crediamo anche che in questa situazione di emergenza, nell'accogliere i rifiuti campani, sarebbe da dare priorità a quelle regioni che hanno un ciclo integrato dei rifiuti virtuoso e che quindi possono termotrattare buona parte di quei rifiuti.
Questo ovviamente non esclude la necessità di ricorrere anche alle discariche, sempre però tenendo presente la virtuosità di queste regioni e cercando di evitare di trasferire i rifiuti campani in altre regioni come la Sicilia o la Calabria, che sono di fatto in emergenza. È necessario e direi indispensabile che le istituzioni preposte dalla regione Campania, attraverso anche Pag. 17poteri più forti, cadenzino temporalmente la localizzazione di sversatoi dando tempi certi per la loro realizzazione.
Ciò non significa abbreviare i tempi tecnici di costruzione degli impianti, ma individuare le aree e procedere, sempre in tempi definiti, alla costruzione di questi impianti. Non è possibile che oggi in Italia questo non si possa fare. Anche in questo caso è palese la debolezza dell'attuale amministrazione regionale campana, che già da gennaio con gli accordi con le province doveva realizzare queste discariche. Anche a questo proposito, nonostante le dichiarazioni più volte rilasciate dall'assessore Romano, non si comprende perché nulla è stato risolto. Enorme è stato anche il pasticcio - lo ricordavo prima - fatto riguardo agli appalti degli inceneritori di Salerno e Napoli con contenziosi in atto tra istituzioni che ne allungheranno ulteriormente i tempi di realizzazione.

PRESIDENTE. Onorevole Bratti, la prego di concludere.

ALESSANDRO BRATTI. Credo che sia ora davvero di voltare pagina e di abbandonare l'inutile propaganda che ha fatto perdere tempo prezioso e di togliere dalle mani dei soliti noti gli appalti e la gestione degli impianti di trattamento e smaltimento e di evitare collusioni tra politica ed organismi di gestione. L'aver assegnato alle province compiti gestionali è un'aberrazione giuridica che va sanata al più presto. Non è accettabile che, davanti a tali ipotesi, il Governo, ostaggio di una forza politica che vuole riguadagnare un po' di consenso elettorale, non sia in grado di prendere delle posizioni forti e decise su un tema che ormai si trascina da troppo tempo.
Dovete partire, signori della maggioranza, dai vostri fallimenti e cercare di mettere in campo una serie di azioni davvero al servizio del Paese. C'è davvero troppa presunzione e troppe promesse mancate e poche idee, ma molto confuse. Vedremo dalla discussione sul decreto-legge imminente se avete cambiato pagina o, se ancora una volta, produrrete un provvedimento inutile che in alcune parti addirittura è deleterio e pericoloso.
Noi abbiamo già proposto una via attraverso una proposta legislativa. Non ci piace l'emergenza. Abbiamo visto dalla Calabria e dalla Sicilia quanti guai sono stati fatti, quante risorse sperperate. Non sappiamo quanti soldi è costata l'emergenza campana in questi tre anni. Noi siamo perché le istituzioni locali siano responsabilizzate e purtroppo ora non vi è altra soluzione che trovare un meccanismo che - come ricordava prima il collega Bonavitacola - consenta, attraverso un'intesa con tutte le regioni italiane, di attivare un rapporto di solidarietà in tempi limitati che veda la soluzione di questo problema.

PRESIDENTE. Onorevole Bratti, deve concludere...

ALESSANDRO BRATTI. Ho finito. Questa emergenza dovrebbe far comprendere che, anche sul tema della gestione dei rifiuti, è necessario impostare una politica industriale seria, partendo dalla riduzione dei rifiuti, dal recupero e dal riciclaggio - già oggi migliaia di imprese ci lavorano - per arrivare alla produzione di energia. Dovrebbe farci comprendere che è necessario scegliere imprese sane e capaci, con comprovata esperienza nel settore, che in Italia ci sono. Questo ci dice l'Europa e questo credo che sia possibile anche per la Campania (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Catone.

GIAMPIERO CATONE, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, Pag. 18intervengo solo per dire che bene o male tutte le mozioni hanno un fine unico di condivisione, a parte le sterili polemiche. Quindi, credo che, con un po' di buona volontà e analizzando tutte le ultime mozioni presentate negli ultimi momenti, potremo dare una risposta forse soddisfacente per tutti e che ci possa permettere di risolvere il problema in Campania.
Ma, come dicevano alcuni colleghi, non vi è solo il problema in Campania e il problema a Napoli perché questo problema si ripete in tante regioni d'Italia, che forse non sono state neanche citate in questo momento.
Comunque, ci riserviamo di esprimere il parere a seguito della lettura delle mozioni.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Gnecchi ed altri n. 1-00583 concernente iniziative relative alla disciplina dei contributi pensionistici (ore 13,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Gnecchi ed altri n. 1-00583, concernente iniziative relative alla disciplina dei contributi pensionistici (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che la mozione Gnecchi ed altri n. 1-00583 è stata sottoscritta anche dagli onorevoli Borghesi, Paladini e Aniello Formisano.
Avverto, altresì, che sono state presentate le mozioni Poli, Della Vedova, Lanzillotta, Lo Monte ed altri n. 1-00674 e Cazzola, Fedriga, Moffa ed altri n. 1-00675 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare l'onorevole Gnecchi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00583. Ne ha facoltà.

MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, intanto apprezziamo molto che anche altri gruppi e altri colleghi abbiano su questo tema presentato mozioni, proprio perché questo sottolinea l'importanza di questo tema e di questa situazione. Infatti, l'anno scorso, con la manovra di luglio 2010, per la prima volta ci siamo trovati in una situazione in cui tra il decreto-legge e la sua conversione in legge sono state apportate aggiunte, modifiche e addirittura decorrenze anticipate, tanto che siamo assolutamente convinti che la legge n. 122 del 2010 sia una vera manovra contro le pensioni.
Teniamo veramente a sottolineare che mai una manovra sulle pensioni è stata fatta senza discussione con le parti sociali come, invece e purtroppo, in questa occasione. Mai modifiche sulle pensioni sono state fatte senza tener conto e proteggere chi è senza lavoro, in mobilità, in cassa integrazione o disoccupazione e chi è stato autorizzato alla prosecuzione volontaria, che sempre aveva avuto la possibilità di poter mantenere i requisiti esistenti. Mai modifiche significative sono state effettuate senza un lavoro di ricerca e indagine sulla situazione esistente, che permetta di capire il motivo sulle scelte per il cambiamento. Mai era stato previsto di pagare due volte contributi già pagati, colpendo categorie intere, ma anche singole persone che, per motivi indipendenti dalla propria volontà, si sono trovate in situazioni di iscrizione previdenziale in fondi diversi, come è avvenuto per i lavoratori elettrici, telefonici e per i dipendenti di aziende municipalizzate, che subiscono effetti conseguenti alle privatizzazioni o di altre scelte dei propri datori di lavoro.
Mai vi è stata la previsione, per legge, di una lotteria per poter andare in pensione. Pag. 19Mi riferisco ai 10 mila lavoratori in mobilità che potranno avere la pensione con le finestre precedenti, ma che non sapranno, fino al momento della liquidazione della pensione, se hanno vinto o meno la loro lotteria. Mai ci si è resi conto, come questa volta, che la manovra aveva uno scopo preciso: impedire alle donne del pubblico impiego di poter portare tutti i propri contributi all'INPS gratuitamente, per poter andare in pensione con le regole del privato, a 60 anni, anziché subire gli allungamenti dell'età prevista per il pubblico impiego, verso i 65 anni.
Invece, la manovra di luglio 2010, la legge n. 122 del 2010, è stata una vera demolizione del sistema, che ha smontato pilastri, sicurezze e certezze, e ha creato ingiustizie che hanno colpito e stanno colpendo singole persone in modo assurdo. Essa, inoltre, non tiene conto della realtà e del futuro dei giovani, perché questi ultimi saranno inevitabilmente iscritti a fondi, casse ed enti previdenziali diversi, per la natura stessa del mondo del lavoro. Mai si è vista tanta superficialità e approssimazione perché, tornando allo scopo originario, penalizzare appunto le donne del pubblico impiego, sono, per esempio, rimaste salve le dipendenti statali, perché non dovendo fare una domanda specifica per trasferire i propri contributi all'INPS, ma essendo automatica l'operazione, non sono state punite e mantengono la gratuità.
Questo ovviamente lo sottolineo non per penalizzare anche le statali, ma per dire che questa normativa era stata pensata per le donne del pubblico impiego, ma anche nell'ambito della categoria delle donne del pubblico impiego si è salvata qualcuna e qualcun'altra no.
Quindi, siamo veramente davanti a un disastro, a danni personali e ad ingiustizie profonde, senza neanche un perché. Sosteniamo ciò proprio per le dichiarazioni che dal 2008 al maggio del 2010 Sacconi, il presidente dell'INPS Mastropasqua e Berlusconi hanno continuato a fare: «Non toccheremo le pensioni, i conti sono in ordine, la situazione è buona...». Addirittura qui alla Camera il presidente dell'INPS nell'aprile 2010, presentando il resoconto sul bilancio dell'INPS del 2009, aveva dichiarato un attivo dei fondi pensione di 9 miliardi e 700 milioni e quindi, in quell'occasione, aveva dichiarato che non c'era bisogno di procedere ad altre manovre sulle pensioni.
Perché allora rendere onerose le ricongiunzioni dei contributi anche verso l'INPS? Da sempre, il meccanismo era certo: il trasferimento e la ricongiunzione dei contributi dall'INPS verso un ente, un fondo o una cassa che comportasse una pensione migliore era onerosa. Da sempre, invece il passaggio verso l'INPS era gratuito. Quindi, era previsto il pagamento per una prestazione migliore e la gratuità per avere una successiva pensione INPS.
La manovra di luglio 2010 ha invece reso tutto oneroso: esisteva anche peraltro, a tal proposito, un'esperienza in corso che avrebbe dovuto fare scuola: i giornalisti degli uffici stampa degli enti locali erano iscritti all'INPDAP, con legge sono passati all'iscrizione all'INPGI, il fondo dei giornalisti. Si sono ritrovati un peggioramento delle regole e un trattamento pensionistico notevolmente peggiorativo perché non erano state previste regole chiare e trasparenti nella legge che aveva deciso il loro trasferimento.
In materia previdenziale possono intervenire modifiche per legge nell'iscrizione ad un fondo, per privatizzazione o per altri motivi, ma vanno definite le regole in modo certo. C'erano già dunque dei precedenti ed erano riferiti ad un numero ridotto e facilmente individuabile di persone, adesso invece il fenomeno è generalizzato. Soprattutto, quello che ci sembra strano e assurdo è che, se si va a vedere la manovra di luglio, per quanto riguarda questa parte non è prevista nessuna entrata, quindi praticamente le ricongiunzioni onerose, anche verso l'INPS, non sono state quantificate in termini di entrata di bilancio, invece adesso ci sentiamo dire che per riuscire a ripristinare una situazione di giustizia - perché chiediamo Pag. 20solo ed esclusivamente una situazione di giustizia - si deve andare a cercare la copertura della spesa.
Del resto, nella finanziaria per il triennio 2011-2014, che abbiamo appena visto, sono previsti molti monitoraggi per il controllo della spesa: è possibile che per la manovra di luglio 2010 - che, lo sottolineo di nuovo, è stata una manovra contro le pensioni, contro la gente, contro i lavoratori e le lavoratrici - non sia stato fatto alcun monitoraggio preventivo? Anche per quanto riguarda questo anno di vigenza non siamo ancora riusciti, nonostante le tante interrogazioni che abbiamo presentato, ad evidenziare e ad avere la dimostrazione reale di quale sia la situazione e dell'ammontare della relativa spesa. Ci teniamo quindi a sottolineare anche le contraddizioni che ci sono state dal 2008 ad oggi. Ci sono stati pensionamenti coatti con 40 anni di contributi nel pubblico impiego, ma poco più tardi vi è stato anche l'allungamento di un anno per tutti e l'innalzamento dell'età per le donne nel pubblico impiego. Peraltro, nella prima manovra del 2008 era previsto anche l'esonero dal servizio per cinque anni, diventati poi, con la manovra di luglio 2010 automaticamente sei per tutti. Quindi, prima si è detto ai pubblici dipendenti che sarebbero dovuti stare a casa per cinque anni con il 50 per cento dello stipendio perché così sarebbero costati di meno, in quanto se fossero andati a lavorare avrebbero dovuto percepire l'intera retribuzione e poi si è detto che sarebbero dovuti stare un anno in più con il 50 per cento della retribuzione e che avrebbero percepito il trattamento di fine rapporto di lavoro un anno dopo.
Quindi, praticamente siamo di fronte a situazioni che spesso sembrano solo reali cattiverie: nel pubblico impiego si costringe la gente alla pensione e nel privato non si permette di andare in pensione da subito almeno con i 40 anni di contributi o se si è senza lavoro o se si è in cassa integrazione, in disoccupazione o se si è autorizzati alla prosecuzione volontaria.
Ma che fiducia si crea in questo modo, che credibilità per la certezza del diritto? Si alimenta la sfiducia nelle istituzioni tutte e si favoriscono l'elusione e l'evasione contributiva, si creano lotterie al posto di certezze. Quindi, noi siamo assolutamente felici di vedere che anche le altre forze politiche, alla Camera si sono rese conto che la manovra di luglio è stata una manovra profondamente ingiusta, che si devono assolutamente trovare delle soluzioni, siamo assolutamente convinti che la soluzione vera per il futuro - soprattutto per i giovani - è approvare una legge sulla totalizzazione dei contributi proprio perché ogni contributo versato dia realmente diritto a un «pezzo» di pensione, quindi siamo convinti che quello che stiamo facendo in Commissione lavoro e che vede praticamente l'unanimità della Commissione lavoro per un giusto provvedimento sulla totalizzazione sia il percorso giusto, quindi ci auguriamo veramente anche che il nuovo sottosegretario che ci ascolta con grande attenzione si renda conto che andare avanti con il provvedimento sulla totalizzazione è una cosa giusta per il passato, giusta per sistemare tutti quelli che stanno pagando ingiustamente dei contributi in modo doppio, per permettere loro di andare realmente in pensione con dei requisiti giusti e soprattutto per garantire il futuro ai giovani.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Gnecchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. È iscritto a parlare l'onorevole Poli, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00674. Ne ha facoltà.

NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, il tema pensionistico e previdenziale è sempre più all'ordine del giorno e ricopre, soprattutto negli ultimi giorni, le pagine delle principali testate giornalistiche, è argomento cardine delle manovre varate dal Governo e delle più importanti battaglie Pag. 21sindacali dell'ultimo periodo. Non è dunque un caso che siano state presentate in merito diverse proposte di legge e depositate molte proposte emendative in specifici provvedimenti, ma soprattutto in occasione delle manovre finanziarie. Siamo indubbiamente in presenza di un tema controverso, che vede il Governo sempre più, come titolano i giornali di questi ultimi giorni, impegnato in un patto di fine legislatura tra le forze di maggioranza e opposizione, che purtroppo non avrà vincitori ma molto più probabilmente vinti: i nostri giovani e la loro vita futura che non potrà essere garantita da un'adeguata pensione. Anche quest'ultima manovra economica predisposta dal Governo vede, come c'era da aspettarsi, un'elevata discutibilità dal momento che è stata annunciata una nuova stretta sulle pensioni.
Le mozioni oggi in discussione - ovviamente lungi dall'essere esaustive sul tema o peggio risolutive, non abbiamo queste pretese - intendono in parte venire incontro a quanti, giovani oggi, si troverebbero domani a dover pagare a fronte di esigue ed incerte pensioni. Questo è anche l'obiettivo del resto delle proposte di legge depositate e in discussione in questi giorni in sede referente nella XI Commissione (Lavoro). Come abbiamo evidenziato nella mozione in corso di discussione oggi, i dati prodotti dall'INPS e dall'ISTAT mostrano un elevato rischio di povertà cui sono soggette soprattutto le donne titolari di sole pensioni di vecchiaia con redditi pensionistici lordi mensili più bassi della media.
I recenti interventi di riforma in materia pensionistica non solo non risultano efficaci per le giovani generazioni, ma sembrano gravare nel lungo periodo soprattutto su di loro e su quanti oggi possono vantare il privilegio di lavorare, pur vedendo sempre più allontanarsi l'accesso a una pensione dignitosa. Gli interventi normativi succedutisi dall'inizio degli anni Novanta hanno modificato le regole di calcolo della pensione e i requisiti per l'acquisizione del diritto alla prestazione, con una modulazione graduale di applicazione, in funzione dell'anzianità contributiva maturata al momento delle riforme, che definisce una lunga fase di transizione verso il nuovo regime contributivo. La pensione ai dipendenti soggetti a regime contributivo viene calcolata sulla base della somma dei contributi versati durante l'intera vita lavorativa, capitalizzati ogni anno con la media della crescita del PIL degli ultimi cinque anni, e di coefficienti di trasformazione che variano in funzione dell'età di pensionamento e della durata attesa del pensionamento. Dall'inizio del 2011 ci sono stati alcuni cambiamenti in materia di pensioni, tuttavia non sono state apportate modifiche alla normativa sulla totalizzazione dei periodi assicurativi.
La normativa consente al lavoratore che ha contributi versati in diverse gestioni previdenziali e che non ha maturato il diritto alla pensione in nessuna di esse, di cumulare periodi assicurativi non coincidenti posseduti presso le diverse gestioni, al fine di conseguire la pensione di vecchiaia o di inabilità. I periodi, che non devono coincidere, possono essere sommati in quanto da soli non potrebbero dare diritto alla pensione per mancanza, in ognuna delle gestioni, dei requisiti minimi. I periodi contributivi da totalizzare devono essere della durata di almeno tre anni. Al di sotto di questa soglia temporale è, comunque, possibile effettuare il ricongiungimento a pagamento.
La totalizzazione può essere chiesta da tutti i lavoratori dipendenti, autonomi, collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori a progetto, liberi professionisti, ed è completamente gratuita a differenza della ricongiunzione che si ottiene a titolo oneroso. La pensione che ne deriva, però, è tutta calcolata col sistema retributivo. Il lavoratore, che non deve essere già titolare di pensione in nessuna delle gestioni a cui è stato iscritto, può richiedere la totalizzazione se possiede i suddetti requisiti: almeno tre anni di contributi versati, almeno vent'anni di contribuzione complessiva, 65 anni di età oppure quaranta di contribuzione complessiva a prescindere dall'età. Pag. 22
Le gestioni pensionistiche calcolano la quota di pensione di propria competenza in proporzione all'anzianità contributiva maturata dal lavoratore in ciascuna di esse. Il pagamento della pensione è effettuato dall'INPS, ma l'onere rimane a carico delle singole gestioni in relazione alle rispettive quote. Purtroppo, la possibilità di totalizzare contributi è subordinata al possesso del requisito di anzianità contributiva minima. Ciascun periodo di contribuzione può essere fatto valere solo se corrisponde ad un'anzianità contributiva di almeno tre anni.
La ricongiunzione era generalmente gratuita fino all'approvazione della manovra d'estate del 2010, ossia la legge n. 122; dopo l'entrata in vigore della manovra, la ricongiunzione può essere fatta solo a titolo oneroso qualunque sia la gestione previdenziale di provenienza e qualunque sia il rapporto di lavoro richiedente. Tutto ciò assume una connotazione particolare se si considera il fatto che quelli a rischio sono i precari, i parasubordinati, i liberi professionisti, donne che hanno lasciato il lavoro, vale a dire quei lavoratori soggetti ad una vita lavorativa variegata che passano, nel corso degli anni, dal lavoro dipendente al lavoro autonomo, al lavoro a progetto e viceversa. Tutto ciò porta quanti hanno stipendi a rischio ed esigui, nel corso della vita lavorativa, ad essere maggiormente penalizzati in futuro. Gran parte dei loro contributi previdenziali, infatti, vengono versati all'INPS a fondo perduto se non si raggiunge il minimo richiesto dalla legge per maturare la pensione, cosa che accade sempre più spesso dati i lunghi periodi di disoccupazione o lavoro nero. Quei contributi saranno usati per pagare le pensioni di altri, ma non danno diritto ad averne una propria.
Le mozioni oggi in discussione, come le proposte di legge in sede referente nell'XI Commissione, si sviluppano proprio con l'intento di venire incontro a queste categorie più svantaggiate; parliamo di giovani precari per i quali sarà difficile raggiungere i 35 anni di contributi, ma anche di tantissime donne di tutte le età che hanno potuto lavorare, ma solo ad intermittenza. Il problema è che l'età media dei circa due milioni di iscritti alla gestione separata dell'INPS è, infatti, di 41 anni per gli uomini e 36 per le donne, categorie che pagano aliquote molto elevate, quasi il 27 per cento della retribuzione.
Per questi motivi, chiediamo un impegno tempestivo da parte del Governo ad avviare un processo di riforma dell'istituto della totalizzazione, ampliando il ventaglio delle possibilità offerte al lavoratore di cumulare, senza oneri, i periodi contributivi di cui è in possesso e ad abbattere il limite dei tre anni previsto dalla normativa attualmente in vigore. Ma, soprattutto, attraverso questa mozione, chiediamo un impegno reale e teso ad essere in linea con la strategia Europa 2020 e con l'obiettivo europeo di redditi di pensioni adeguati e sostenibili per mezzo di riforme dei sistemi pensionistici e attraverso un miglior sostegno agli Stati membri che affrontano il difficile compito di garantire ai propri cittadini pensioni adeguate, sia oggi che in futuro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00675. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, la mozione di cui sono primo firmatario inizia con talune considerazioni che evidenziano una realtà difficile in cui versano settori del mondo del lavoro.
Per essere chiaro e per illustrare la mozione di cui sono primo firmatario, darò lettura di due capoversi in premessa che descrivono questa situazione. Il primo capoverso recita: «con decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, è stata introdotta la regola dell'onerosità per tutte le fattispecie di ricongiunzione contributiva ed è stata eliminata la costituzione gratuita della posizione assicurativa in INPS».
Il secondo capoverso recita: «l'intervento di riforma» - le parole sono pietre, signor Presidente - «seppure dettato da esigenze di prevenzione e di deterrenza di Pag. 23comportamenti elusivi per avvalersi di regimi previdenziali più favorevoli rispetto all'ordinario regime di appartenenza, nonché di eliminare la possibilità di beneficiare di trattamenti di miglior favore, ha, tuttavia, prodotto effetti distorsivi» - questa è la mozione della maggioranza, signor Presidente - «rispetto alle aspettative previdenziali di molti lavoratori, anche in relazione alla possibilità di accedere agevolmente al trattamento pensionistico spettante».
Come si può risolvere questo problema? Tenendo conto di un fatto, e cioè che, al di là delle valutazioni, sono sorti dei problemi reali. Molti lavoratori che hanno storie contributive diverse presso enti anch'essi diversi e che potevano contare su norme che consentivano una ricongiunzione non onerosa, per i casi in cui la ricongiunzione non onerosa era prevista, si sono trovati ad affrontare una modifica della normativa vigente che, con decreto-legge, poi convertito in legge, ha reso onerosa ogni forma di ricongiunzione.
Credo che, nel campo della letteratura previdenziale, si possa discutere sulla storia di questo sistema previdenziale e sull'equità e sull'opportunità della normativa previgente alla legge n. 122 del 2010, ma credo che tutti, da esseri umani, da persone che vivono nel mondo, possiamo convenire su un fatto: è molto problematico che si creino all'improvviso conti di migliaia di euro inattesi, a volte anche di decine di migliaia di euro, in maniera del tutto imprevista, per poter accedere alla pensione cumulando tutti i periodi di contribuzione versata.
I colleghi Gnecchi e Poli hanno spiegato - sono esperti della materia per la loro storia personale e per l'impegno che esercitano in Commissione lavoro - le differenze tra ricongiunzione e totalizzazione: come, perché e quando la ricongiunzione è onerosa e come e perché la totalizzazione, invece, è sempre gratuita.
Quindi, anche per ragioni di brevità, questo mi esonera dal tornare sull'argomento e dal declinare l'istituto della ricongiunzione e quello della totalizzazione. Come è stato detto, però, prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, la ricongiunzione era onerosa soltanto se si accedeva a gestioni che assicuravano un trattamento migliore. Tenete conto che uno dei pregi più importanti e più riconosciuti da tutti del nostro sistema previdenziale è quello di avere fatto un'importante ed anche esaustiva pratica di armonizzazione dei trattamenti. Per cui, si trattava più di un retaggio del passato, di un retaggio di norme che appartenevano ad una storia lontana di un sistema frantumato come il nostro, che di norme ancora vigenti.
Quindi, è nella logica dell'armonizzazione dei trattamenti e dell'unificazione delle regole che è venuta avanti, attraverso le riforme di questi venti o trent'anni, che si giustifica e si spiega l'esigenza di voltare pagina e di arrivare ad assumere la totalizzazione come regola di carattere generale. Peraltro, sappiamo come sono ormai alcune legislature che diversi Governi si sono dati da fare e hanno cercato anche di ampliare i confini della totalizzazione per quanto riguarda le prestazioni totalizzabili ed anche il numero degli anni totalizzabili.
Direi che siamo, ormai, come ricordato dagli onorevoli Gnecchi e Poli, davanti ad uno scampolo di quei tre anni che rappresentano l'ultimo muro da superare e da abbattere per arrivare ad un principio in base al quale potere attribuire agli enti di appartenenza, pro quota, la responsabilità di erogare la parte di pensione che corrisponde agli anni in cui i contributi sono stati versati presso di loro. Questo è il tentativo in cui eravamo impegnati anche in Commissione lavoro della Camera, dove stiamo discutendo un testo di legge unificato che unisce diverse proposte di legge provenienti da diversi gruppi.
Credo che, tutto sommato, sia positivo che si arrivi in Aula a discutere delle mozioni e mi auguro che si arrivi anche a trovare delle formulazioni uniche, uniformi ed unitarie per quanto riguarda gli impegni da rivolgere al Governo, perché questo può essere un modo di collaborare con il Governo stesso nel portare avanti le Pag. 24iniziative che abbiamo aperto e che sono a buon punto in Commissione. Avere anche un orientamento dell'Aula che indirizzi il lavoro oggettivo della Commissione è senza dubbio una questione importante.
Qual è dunque la via d'uscita? Questa, signor Presidente, la trovo nel primo capoverso del dispositivo della mia mozione n. 1-00675 che impegna il Governo ad assumere le opportune iniziative normative per consentire la possibilità di cumulare ai fini del diritto ad un unico trattamento pensionistico i periodi assicurativi non coincidenti, di qualsiasi durata, posseduti presso diverse gestioni, attraverso la determinazione pro quota del trattamento stesso, ferma restando la facoltà di attivare, in alternativa, la ricongiunzione onerosa al fine di ottenere un trattamento di miglior favore. Queste sono le considerazioni che volevo svolgere brevemente, tenendo conto che molte cose sono già state dette.
Quella che ho indicato è la via della totalizzazione, un procedimento diverso per il cumulo di differenti periodi contributivi che fa carico ai diversi enti di rispondere, pro quota, della parte di pensione riferita ai contributi versati in ciascuno di essi. Nella nostra mozione parliamo di totalizzazione, ma lasciamo aperta anche la strada ad una soluzione del problema che superi sostanzialmente il limite di una ricongiunzione onerosa e responsabilizzi ciascun ente nei confronti della quota di pensione di sua spettanza.
Sempre nella mozione in oggetto indichiamo una via per risolvere la questione aperta che riguarda la legge che abbiamo criticato e che riteniamo crei degli effetti distorsivi. La soluzione che indichiamo è quella di individuare una norma di interpretazione autentica che delimiti i veri confini dell'applicazione della norma di ricongiunzione onerosa introdotta con la legge n. 122. Questo perché una nuova interpretazione autentica può essere anche retroattiva e, quindi, potrebbe diventare un modo per retroagire al momento della decorrenza della legge e anche di risolvere i casi delle persone che oggi si trovano alle prese con una normativa oggettivamente penalizzante (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo per svolgere solo alcune considerazioni, poiché sul tema i colleghi che hanno parlato prima di me hanno chiarito l'intento delle mozioni presentate.
Credo che, di fatto l'intervento, che si è sviluppato, soprattutto in questi ultimi anni, abbia dato come risultato l'applicazione del principio «chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato». Questo mi sembra profondamente sbagliato perché ha generato, comunque, delle disparità di trattamento assai rilevanti per situazione molto simili.
Tra l'altro c'è anche da dire che il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo - per cui c'è un sistema che comunque, sia pure in tempi molto lunghi, è in via di esaurimento rispetto al sistema contributivo - dovrebbe portare taluni chiarimenti, quando vi siano dei versamenti di contributi da parte di un soggetto anche a gestioni diverse. Potrei ricordare che in molti casi vi sono dei versamenti alla gestione separata dell'INPS, che non sono necessariamente esclusivi e che in qualche caso sono legati a contemporanei versamenti anche ad altre gestioni.
Ferma restando la possibilità di ottimizzare questi versamenti in una o nell'altra gestione, capisco anche che questo possa avvenire a titolo oneroso, ma naturalmente a eque condizioni. Io ho presentato a riguardo delle interrogazioni parlamentari che non hanno ancora ricevuto risposta. Mi riferisco in particolare ad una di esse, che è stata presentata nel marzo di quest'anno e che riguarda proprio problematiche del Fondo pensione dei lavoratori elettrici, uno dei casi che poi rientra e cade in queste vicende, per cui taluno ha potuto gratuitamente effettuare e recuperare i versamenti, altri lo devono fare a titolo oneroso, anzi molto oneroso.
Allora io penso che un principio che assolutamente debba essere applicato, in Pag. 25tutti i casi in cui qualcuno abbia comunque raggiunto gli anni di versamento necessari per fruire di una pensione anche nel sistema retributivo, ma abbia negli stessi anni effettuato versamenti anche ad altre gestioni, riguarda l'obbligatorietà che in qualche modo questi versamenti apportino un vantaggio, nei termini di una pensione supplementare legata ai versamenti fatti e quindi assolutamente non onerosa per lo Stato, in quanto appunto connessa a versamenti personalmente effettuati dal soggetto.
Credo che sia un atto di giustizia e che il Governo debba rivedere complessivamente la materia. Invito anche i colleghi, in particolare il collega Cazzola e la collega Gnecchi, a valutare la possibilità di arrivare ad una mozione unitaria. Penso che non sia una cosa impossibile ed invito i colleghi a lavorare in tal senso, perché credo che sia interesse di tutti, alla fine, che i lavoratori siano comunque trattati con un trattamento equo e non con un trattamento che per alcuni di loro diventa estremamente vantaggioso e per altri estremamente oneroso, pur avendo avuto le stesse vicende di natura contributiva.
In tal senso l'Italia dei Valori non ha presentato una sua mozione, ma ha ritenuto di poter condividere quella della collega Gnecchi. Pertanto abbiamo aggiunto la nostra firma alla sua mozione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Munerato. Ne ha facoltà.

EMANUELA MUNERATO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, come è noto la Corte costituzionale con sentenza n. 61 del 1999 ha dichiarato fondata la questione di illegittimità costituzionale (articoli 1-2 della legge n. 45 del 1990), nella parte in cui non si prevedeva in favore dell'interessato la facoltà di scelta fra la ricongiunzione e la totalizzazione dei contributi, richiamando il legislatore ad un intervento per definire le modalità di attuazione del principio della totalizzazione.
In attuazione della citata sentenza il problema della totalizzazione dei contributi previdenziali è stato affrontato dall'articolo 71 della legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388): soltanto in caso di pensionamento di vecchiaia ai soggetti rientranti in tutto o in parte nel sistema retributivo è stata riconosciuta la facoltà di totalizzare i periodi assicurativi maturati presso le singole gestioni obbligatorie di base, qualora essi separatamente considerati non fossero stati sufficienti ai fine del diritto al trattamento.
Tale disposizione, però, affrontava solo parzialmente il problema della totalizzazione, poiché ne riconosceva la facoltà esclusivamente con riferimento alla pensione di vecchiaia o di inabilità e non anche al conseguimento del requisito contributivo di 40 anni, sia pure versato in gestioni previdenziali diverse.
Successivamente, con la legge 23 agosto 2004, n. 243, al Governo veniva conferita la delega a rivedere il principio della totalizzazione dei periodi assicurativi, consentendone l'accesso sia al lavoratore che abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età che a colui che avesse maturato 40 anni di contributi, indipendentemente dall'età anagrafica, a condizione, però, che fossero stati effettuati, presso ogni cassa, gestione o fondo previdenziale almeno cinque anni di contributi, vincolo esteso a sei anni dal decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42 e ridotto a tre dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247.
Riteniamo che la previsione di un'anzianità contributiva minima in ciascuna gestione - limite contrastante con il principio ispiratore della totalizzazione - è quello di offrire al lavoratore la possibilità di cumulare senza oneri i periodi contributivi di cui è in possesso nelle varie gestioni previdenziali, al fine di evitare che una carriera lavorativa discontinua o caratterizzata da diverse tipologie contrattuali possa determinare la perdita da parte del lavoratore della contribuzione versata. Alla luce della flessibilità e della precarietà che caratterizzano il mercato del lavoro, tale vincolo finisce col penalizzare particolarmente i lavoratori cosiddetti atipici, i Pag. 26quali, con una carriera lavorativa discontinua e disomogenea, finiranno con il dover optare se perdere tre anni di versamenti contributivi oppure ricorrere all'istituto oneroso della ricongiunzione.
Chiediamo, quindi, al Governo un impegno a rivedere la disciplina in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi, al fine di superare il vincolo dei tre anni di versamenti contributivi minimi e consentire a tutti i lavoratori la possibilità di totalizzare, in un unico trattamento pensionistico, periodi assicurativi non coincidenti maturati in diverse gestioni, casse o fondi previdenziali. Chiediamo anche l'impegno a rivedere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, le norme in materia di ricongiunzione di cui al decreto 31 maggio 2010, n. 78, (articolo 12 della legge 30 luglio 2010, n. 122), al fine di riconoscere la non onerosità della ricongiunzione in caso di trasferimento verso l'INPS (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buongiorno, D'Amico, Gregorio Fontana, Jannone, Mantini, Mecacci e Mura sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

In morte dell'onorevole Saverio Vertone.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Saverio Vertone, già membro della Camera dei deputati nella XIV legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,08).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine del lavori.

ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, desidero mettere l'Aula a conoscenza del fatto che è deceduto nella giornata di ieri Otto von Habsburg, combattente della libertà contro i totalitarismi del secolo XX, uomo che molto ha fatto per la ricostruzione della Germania e dell'Europa dopo la seconda guerra mondiale, e poi per la riunificazione dell'Europa. Nato poco prima dello scoppio del primo conflitto mondiale, si è trovato ad essere il figlio dell'ultimo imperatore della Casa d'Austria, Carlo, che è arrivato solo nel 1916 e fece un disperato tentativo per fermare la guerra, o almeno per trarre Pag. 27l'Austria-Ungheria fuori da essa, ma senza risultato (poi è morto in circostanze tragiche).
È stato, Otto Von Habsburg, un punto di riferimento della resistenza del popolo austriaco contro l'Anschluss, contro l'annessione. Voglio ricordarlo associando al suo nome quello di un altro grande austriaco, tedesco per la verità ma austriaco di spirito, Dietrich von Hildebrand, che con la sua rivista Der Christliche Ständestaat fu il punto di riferimento della resistenza dello spirito nazionale austriaco. C'è un articolo di von Hildebrand che illustra molto bene la figura di Otto Von Habsburg: «L'Austria è lo spirito del germanesimo», dove oppone due versioni dello spirito germanico, una chiusa su se stessa, l'altra invece aperta al dialogo con lo spirito latino e con lo spirito slavo, e intesa ad universalizzare questi contributi all'interno di una comune cultura europea.
Prima dell'Anschluss Otto von Habsburg fece un tentativo, insieme con Dietrich von Hildebrand e con altri per tentare di bloccare questo passaggio, questa annessione dell'Austria alla Germania, senza successo; si rifugiò nell'esilio. È stato un grande amico del Presidente Roosevelt e ha avuto un ruolo molto importante, non solo nel definire le politiche per la ricostruzione della Germania e dell'Austria, ma anche nel delineare la nuova architettura del sistema economico e finanziario europeo. Era un economista di grande valore, uomo che parlava molte lingue, che conosceva molte cose, esperto in diverse discipline. Insieme con von Hayek difese l'idea di un'Europa in cui la libertà venisse prima del potere degli Stati.
Presidente dell'Associazione Paneuropa, di cui prese la presidenza dalle mani del suo fondatore conte Coundehove-Kalergi, è stato un grande sostenitore dell'unità europea, sia dell'unità nell'Europa occidentale che prese forma attraverso la Comunità economica europea e poi con l'Unione europea, sia del diritto dei Paesi che erano stati - attraverso gli accordi di Yalta - violentemente separati dal corpo della comune civiltà europea di rientrare all'interno di questo corpo.
Ha avuto la soddisfazione di vedere compiuta questa riunificazione dell'Europa. È morto all'età di 98 anni. Rimpiango personalmente in lui un grande amico. Credo che tutti gli europei debbano rimpiangere un uomo che ha lottato per la libertà, nella difesa delle sue convinzioni, per i valori cristiani, greco-latini ed ebraici che sono alla radice della nostra comune costituzione europea. Era anche un po' italiano: sua madre, Zita di Borbone-Parma, non aveva mai rinunciato ad affermare la propria radice italiana (Applausi del deputato Polledri).

DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, è una vergogna che, in una manovra finanziaria che comporta costi, tagli, che chiede sacrifici ai cittadini, si sia introdotto, con astuzia, uno schiaffo al principio dell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge che va oltre tutti gli schiaffi precedenti. Una norma che blocca una causa civile tra due privati cittadini e, essendo uno dei due privati cittadini Presidente del Consiglio, usa la legge - anzi usa il decreto-legge perché la norma deve entrare in vigore subito, prima che ci sia una possibile sentenza sfavorevole - per bloccare la sentenza di un tribunale italiano che, al momento, non si sa quale sarà. E, per farlo, si scrive una norma assolutamente offensiva contro alcuni principi del diritto e di uguaglianza, non soltanto davanti alla legge, per cui, se il risarcimento è superiore ai 20 milioni di euro - quindi tra ricchi - si sospende l'esecutività della sentenza, se, invece, il risarcimento è di 5mila euro a carico di un disgraziato cittadino coinvolto in una causa civile, quel disgraziato cittadino ha la sentenza esecutiva e deve pagare subito.
Questo è quello che è stato introdotto con questa norma, ma non è su questo che voglio intervenire. Voglio chiedere a lei, perché lo trasmetta al Presidente della Camera, di intervenire formalmente, nell'ambito delle competenze e nel rispetto Pag. 28delle competenze, affinché i parlamentari, di maggioranza e di opposizione, abbiano il diritto di sapere se le norme che vengono mandate al Presidente della Repubblica ed al Parlamento sono quelle approvate dal Consiglio dei ministri, come stabiliscono gli articoli 77 e 87 della Costituzione, o se sono norme che vengono scritte dopo non si sa da chi, non si sa dove, non si sa quando.
Ci sono dichiarazioni di ministri della Repubblica e di autorevoli esponenti del PdL che dicono che in Consiglio dei ministri non se ne era parlato o che non ne sapevano nulla. Non è possibile, allora, che, in palese violazione di tutte le norme costituzionali, si tolleri il fatto che i decreti-legge vengono scritti fuori dal Consiglio dei ministri ed il Consiglio dei ministri approva una scatola vuota. C'è una norma regolamentare approvata nel 1993, il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 novembre 1993, che stabilisce, all'articolo 7, comma 5, ragionevolmente, che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha l'incarico di coordinare il testo definitivo di un provvedimento in conformità a quanto deliberato dal Consiglio medesimo. È un po' quello che facciamo noi a fine seduta.
Una cosa è coordinare il testo in conformità a quanto deliberato dal Consiglio, un'altra cosa è, di notte, inserire nel testo una norma che avvantaggia il Presidente del Consiglio in una causa civile senza che ne sappia niente il Parlamento e che ne sappia niente lo stesso Consiglio dei ministri che ha deliberato su quell'atto. Su questo crediamo necessario e chiediamo che ci sia, nel rispetto delle competenze, un intervento esplicito e diretto della Presidenza della Camera per tutelare il diritto dei parlamentari di sapere chi approva i decreti-legge in questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Franceschini, la sua richiesta sarà presentata alla Presidenza.

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, non so veramente nemmeno da che parte cominciare perché sono passati venti giorni da quando 27 milioni di italiani - quasi un italiano su due se contiamo anche i neonati ed i bambini delle scuole elementari - sono andati a votare per un referendum che diceva di farla finita, di smetterla con le leggi ad personam. In un Paese che oggi si trova in ginocchio per la crisi economica, che deve affrontare, nei prossimi quattro anni, anzi, fra tre e fra quattro, non certo nei prossimi due, una manovra finanziaria durissima, i cittadini hanno detto di farla finita, che non c'è più spazio morale ed etico per continuare con le leggi ad personam.
Sono passate nemmeno tre settimane e già siamo di nuovo a parlare, in quest'Aula, dell'ennesima legge ad personam, la più incredibile, la più inimmaginabile, la più contraddittoria che si sia vista fino a qui. Occorre rendersi conto di come ciò avvenga in un testo, in un articolo che conta una ventina di commi che riguardano lo sveltimento del processo civile, lo snellimento delle procedure e come arrivare ad un processo più rapido ed impedire pratiche dilatorie di chi resiste pur avendo un debito soltanto per guadagnare tempo.
Ebbene in un complesso di venti commi che hanno tutti questo unico scopo (sveltire i processi, togliere spazio ai furbi, a quelli che vogliono resistere pur essendo nel torto) c'è questa norma che veramente attira su di sé la luce dei riflettori che va nella direzione assolutamente contraria. È una norma che legittima chi è debitore, chi non ha alcuna ragione, chi vuole soltanto perdere tempo, a perderne ancora di più, ad andare in Cassazione e, guarda caso, credo che oggi esista davanti ai nostri tribunali civili una sola causa che ha un importo di questo genere, che ha un carattere di questo genere.
Ma mi chiedo e chiedo alla Lega Nord, venti giorni dopo tutto quello che vi siete raccontati a Pontida, come fate a stare zitti davanti ad una vergogna di questo genere? Pag. 29Ma quali sciocchezze raccontate voi ai cittadini del nord Italia che voi siete per la legalità, che voi siete perché i processi funzionino, perché gli imprenditori non debbano perdere tempo nei tribunali? Questa la giustizia che avete in mente? Questa è l'Italia che avete in mente? Solo costi per i poveracci? Solo un Governo che continua a mettere le mani nelle tasche della povera gente e poi la casta, e poi i ricchi, i potenti, il Presidente del Consiglio che continuano a farsi le leggi per loro?
Non c'è un limite alla vergogna, non c'è un limite alla mancanza di senso del pudore, non c'è un limite alla mancanza di qualsiasi criterio di eticità e di moralità nel comportamento di chi deve governare un Paese? Ma dove sta il senso di questa norma, ma quante ne dovremo vedere ancora? Quanti referendum vi dovranno seppellire prima che prendiate atto che così non potete andare avanti?
Per questa ragione, signor Presidente, mi associo a tutto quello che chiedeva il presidente Franceschini e credo davvero e spero e mi auguro con tutto il cuore che vi siano ancora nella nostra democrazia, nelle nostre istituzioni, luoghi, momenti e figure di vera garanzia istituzionale che possano impedire questa ennesima vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Buttiglione, lei è già intervenuto sull'ordine dei lavori ma trattandosi di altro argomento, ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, quando trovarono un giovanotto a casa di Cesare, di notte, che era entrato dentro una festa per sole donne, un procedimento giudiziario accertò che non aveva commesso nessun reato e tuttavia Cesare divorziò dalla moglie e quando gli chiesero: «Come mai hai divorziato dalla moglie?», rispose: «La moglie di Cesare non solo deve essere casta, ma deve essere anche al di sopra di ogni sospetto». Noi siamo qui confrontati con una norma la quale non è al di sopra di ogni sospetto, è al di sotto di ogni sospetto. Chi governa deve avere cura del fatto che non si possa neanche ipotizzare un suo interesse privato in un provvedimento legislativo, tanto più un Presidente del Consiglio di cui molte volte è stato sollevato il dubbio che possa far uso del potere pubblico a difesa del suo interesse privato.
Qui abbiamo una norma la quale prevede - udite, udite - che in caso di condanna in appello per somme superiori ai 20 milioni di euro (mi chiedo quante condanne civili ci sono in Italia per somme superiori a 20 milioni di euro; potevano anche dire per somme superiori a 200 milioni di euro così era ancora più chiaro di cosa si trattava) il giudice non può procedere a rendere esecutiva la sentenza. L'ordinamento non dice che il giudice deve dare esecuzione alla sentenza. Ho sentito qualche deputato che si affannava a spiegare che in certe circostanze può essere opportuno che dopo la condanna in secondo grado non venga ancora data esecutività alla sentenza, perché possono esserci buoni motivi per non farlo. L'ordinamento attuale dice che il giudice «può» non che il giudice «deve» dare esecuzione alla sentenza. Dove esistono buoni motivi per evitarlo il giudice può evitarlo. No, non deve evitarlo nemmeno nel caso in cui esistano buoni motivi per farlo.
Il Ferrara, non Giuliano Ferrara, il grande giornalista di oggi, ma il grande giurista di due secoli fa, perché ormai il secolo passato è il secolo XX, spiegava che la norma giuridica è un precetto generale e astratto, si applica ad un numero indefinito di persone e prevede una fattispecie che non è ritagliata su nessun caso particolare. Qui noi abbiamo davanti un provvedimento amministrativo puntuale e concreto; cosa ho detto, un provvedimento amministrativo? Scusate, mi sono sbagliato, questo non è un provvedimento amministrativo puntuale e concreto, questo è un provvedimento giudiziario puntuale e concreto, perché è evidente che esso si realizza all'interno dell'ambito in cui è la magistratura ad avere il diritto di disporre dei diritti dei cittadini.
Possiamo noi accettare una cosa del genere? Credo che questo sia totalmente Pag. 30inaccettabile per tutte le forze politiche presenti in quest'Aula, anche per quelle di maggioranza; anzi, viene a incidere, in qualche modo, sulla credibilità delle forze di maggioranza, ancora più che su quella delle forze di minoranza, in una fase in cui il rapporto fra politica e popolo è in difficoltà, è teso. Io chiedo che tutte le forze politiche presenti nell'Aula rifiutino un modo di procedere così.
Tutto ciò non basta, apprendiamo da voci di corridoio che i ministri della Lega Nord Padania non sapevano che questo provvedimento fosse contenuto nel testo; altri ministri si sono lamentati del fatto di non sapere; si pensa forse di poter utilizzare la disattenzione del Governo, del Parlamento per far passare una cosa di questa portata? Credo che questo sia totalmente inaccettabile e chiudo, signor Presidente, invitando tutto il Parlamento ad un soprassalto di dignità nella consapevolezza della propria funzione essenziale per la democrazia e mi associo a quanto chiesto dall'onorevole Franceschini (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PINO PISICCHIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, anch'io, a nome dei colleghi di Alleanza per l'Italia, voglio esprimere la mia condivisione rispetto alle considerazioni che venivano svolte dai colleghi dell'opposizione.
Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, noi siamo una forza politica piccola che ha sempre considerato necessario ed utile entrare nel merito delle questioni e non esprimere un giudizio ideologico, un pregiudizio ideologico. Con questo stato d'animo, con questo sentimento, con questo criterio ci eravamo anche disposti a considerare nel merito la proposta relativa alla manovra economica che veniva articolata e portata all'attenzione del Parlamento dal Governo. Abbiamo anche svolto, proprio nella giornata di ieri, un momento di riflessione intenso con la partecipazione di analisti economici e di osservatori che hanno concorso a costruire una chiave di interpretazione dei bisogni di questo Paese e della risposta che la manovra finanziaria andava ad offrire a questi bisogni.
Ebbene, proprio per queste ragioni, noi dobbiamo rappresentare, non solo tutta la nostra riluttanza ad immaginare di poter andare avanti, ma il nostro sdegno per quello che è stato compiuto, per come è stato immaginato il congegno nascosto, il congegno occulto, poi manifesto, che recupera una posizione personale legata al lodo Mondadori.
Non possiamo che esprimere la nostra condivisione rispetto alle sottolineature già poste dai colleghi dell'opposizione immaginando, sperando, augurandoci, auspicando un momento di resipiscenza finale prima che si arrivi a discutere del provvedimento della manovra economica che ha al suo interno meccanismi che chiedono agli italiani sacrifici altissimi e che invece offre questa via di fuga indecorosa e assolutamente illegittima (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

CARMELO BRIGUGLIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, il gruppo di Futuro e Libertà per il Terzo Polo ritiene gravissimo che nella manovra economica si inserisca l'ennesima norma ad personam e «ad aziendam» che vuole favorire il gruppo economico del Presidente del Consiglio. Si tratta di un provvedimento che umilia tutti gli organi dello Stato. Intanto umilia noi come parlamentari, come Parlamento della Repubblica, perché in una manovra che dovrebbe imporre sacrifici a tutti, e che dovrebbe guardare al futuro del Paese, viene inserita di soppiatto una disposizione che, invece, si occupa soltanto di risolvere un problema economico del Presidente Berlusconi.
Umilia inoltre il Governo. Lo voglio dire con grande chiarezza: non pensino i Pag. 31Ministri di questo Governo a un futuro nel dopo Berlusconi dopo che hanno votato provvedimenti di questa natura, che suonano come vergogna, sia per il Consiglio dei ministri sia per chi vi ha partecipato. È ancora più grave che vi siano Ministri i quali cerchino di giustificarsi - a cominciare dai colleghi della Lega - che non hanno capito cosa votavano, che non avevano il testo che erano chiamati ad approvare e che non si sono resi conto di quello che, in quel momento, stavano deliberando.
In proposito vorrei anche dire che non soltanto è immorale, ma credo vi sia anche una questione formale che il Presidente del Consiglio, personalmente e direttamente interessato alla deliberazione del Consiglio dei ministri, che sostanzialmente andava a favorire le sue aziende, personalmente abbia presieduto e partecipato alla riunione del Consiglio dei ministri.
Viene umiliata anche la magistratura, una cui sentenza si cerca di eludere con una corsa contro il tempo, inserendo nella manovra questa norma. Viene soprattutto sbeffeggiato, umiliato e offeso il corpo elettorale - che è l'organo più importante che noi rappresentiamo in questo Parlamento -, nel momento in cui i cittadini italiani devono subire una manovra economica che, comunque, comporterà gravi sacrifici per le famiglie e anche delle restrizioni per le categorie, le professioni e per le imprese, mentre, poi, il pensiero di chi dovrebbe rappresentarci tutti, il Presidente del Consiglio, è ancora una volta quello di risolvere un proprio problema personale.
Concludendo, Presidente, vorrei dire che anche come Futuro e Libertà, e quindi come componente importante del Terzo Polo e del centrodestra italiano, credo che, rispetto anche al passato, dopo quello che è successo e dopo l'ennesima prova della pervicacia del Presidente del Consiglio di continuare su questa strada delle leggi ad personam e «ad aziendam», dobbiamo riprendere il tema del conflitto di interessi come tema che altera la qualità della democrazia italiana, e su questo credo che vi saranno iniziative, nei prossimi giorni.
Intanto chiediamo a chi può, in qualche modo, che venga espunta questa norma dalla manovra finanziaria, perché è una vergogna che noi non possiamo assolutamente tollerare (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale: Donadi ed altri: Modifiche agli articoli 114, 117, 118, 119, 120, 132 e 133 della Costituzione, in materia di soppressione delle province (A.C. 1990-A/R); e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Scandroglio ed altri; Casini ed altri; Pisicchio; Vassallo (A.C. 1836-1989-2264-2579) (ore 15,33).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale d'iniziativa dei deputati Donadi ed altri: Modifiche agli articoli 114, 117, 118, 119, 120, 132 e 133 della Costituzione, in materia di soppressione delle province; e delle abbinate proposte di legge costituzionale dei deputati Scandroglio ed altri; Casini ed altri; Pisicchio; Vassallo.
Ricordo che nella seduta del 15 giugno 2011 il relatore ed il rappresentante del Governo hanno espresso i prescritti pareri sulle proposte emendative riferite all'articolo 1.
Dopo lo svolgimento di alcune dichiarazioni di voto sull'emendamento Luciano Dussin 1.1, il seguito dell'esame del provvedimento è stato rinviato ad altra seduta.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 1990-A/R)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1990-A/R). Avverto che prima dell'inizio della seduta l'emendamento Luciano Dussin 1.1 è stato ritirato dal presentatore. Avverto che anche l'emendamento Bressa 1.3 è stato ritirato dal presentatore. Pag. 32
Ha chiesto di parlare il relatore, onorevole Bruno. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, desidero informare lei e i colleghi che il Comitato dei nove si è nuovamente riunito questa mattina. Come ho già avuto modo di dire, infatti, dalla discussione svolta in Commissione sulle proposte di legge n. 1990 ed abbinate è emerso che l'orientamento maggioritario dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile è nel senso di non sopprimere le province, ma di rivederne la disciplina costituzionale in vista di una loro razionalizzazione.
Peraltro, non essendo emersi in questa fase elementi nuovi, il Comitato dei nove, riunitosi oggi, ha confermato i pareri già espressi sulle proposte emendative presentate all'Assemblea. Mi riferisco a tutti gli emendamenti soppressivi presentati dai colleghi della Lega e dai colleghi del PD.
Nel Comitato dei nove si è tuttavia raggiunto un accordo di massima tra i gruppi nel senso che, una volta concluso l'esame delle proposte di legge costituzionali tendenti alla soppressione delle province, la Commissione porrà subito al proprio ordine del giorno la discussione delle altre proposte di legge costituzionali in materia di province.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Volpi 1.2. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, anche oggi, come è accaduto ormai dell'ultimo anno e mezzo, quest'Aula... Signor Presidente, vorrei poter intervenire almeno con la sua attenzione ed un minimo di decoro all'interno dell'Aula.

PRESIDENTE. Ha ragione. Colleghi, per cortesia.

MASSIMO DONADI. Dicevo che anche oggi, come nell'ultimo anno e mezzo, quest'Aula si appresta ad accantonare un po' sbrigativamente la faccenda che, mi rendo conto, evidentemente crea disagio ed imbarazzo, ossia la proposta di legge dell'Italia dei Valori per l'abolizione delle province.
Eppure testardamente - non vogliatecene - siamo qui oggi ancora a rubarvi qualche minuto e a fare alcune considerazioni. Infatti, signor Presidente, proprio in questi giorni stiamo discutendo una manovra finanziaria che chiede sacrifici straordinari agli italiani e mette pesantemente le mani nelle tasche degli italiani.
Lo fa bloccando la rivalutazione delle pensioni, bloccando i contratti e gli stipendi degli statali, reintroducendo un ticket sanitario, aumentando l'IRAP, introducendo una sorta di imposta patrimoniale sul deposito dei titoli delle famiglie italiane (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Si tratta di un'imposta patrimoniale surrettizia, e per questo ancora più ingiusta (oserei quasi dire vigliacca davvero), che per quei piccoli e piccolissimi risparmiatori che hanno depositi titoli fino a 50 mila euro arriva ad incidere per lo 0,5 per cento del deposito ogni anno.
Credo che sia giusto - in mezzo a questa che non è un'Aula ma è una mezza baraonda, in mezzo a questa forse volontaria disattenzione, in mezzo a questo volontario trambusto che non fa il pari con l'attenzione con cui invece oggi il Paese segue questo voto - e vogliamo che gli italiani sappiano che la manovra che avete preparato voi della maggioranza, che è una manovra che mette eccome le mani nelle tasche degli italiani, che chiede sempre sacrifici ai soliti noti, ai pensionati, alle piccole famiglie, ai modesti risparmiatori, non era l'unica manovra possibile. C'era un'altra manovra che si poteva fare ed era la manovra che tagliava le spese ingiuste della politica, i privilegi di quella casta su cui tante volte il Ministro Brunetta, il Ministro Calderoli, il Ministro Tremonti hanno sprecato parole al vento, hanno ingannato gli italiani per tre anni dicendo che tagliavano quello che non stanno tagliando. Pag. 33
Si poteva fare una manovra dove invece di reintrodurre i ticket, dove invece di bloccare l'adeguamento delle pensioni si andavano ad abolire le province, dove si cominciava a dimostrare agli italiani che una casta che oggi rappresenta un elefantiaco e burocratico strumento di gestione di una sorta di immenso stipendificio poteva cominciare a pagare un costo, poteva cominciare una cura dimagrante. Ma non era solo un desiderio di antipolitica, era l'occasione per dimostrare che finalmente cominciavamo ad immaginare uno Stato diverso, uno Stato non più pletorico, non burocratico, non più fatto da una miriade infinita di enti inutili, di rami secchi, di spese che non hanno alcuna giustificazione, alcun riscontro nei servizi dati ai cittadini, che immaginavamo uno Stato più snello, più efficiente, dove i soldi degli italiani venivano impiegati in modo diverso.
Ecco, oggi vogliamo, nella disattenzione di un Governo che è imbarazzante, il Governo degli onesti. Vogliamo dare una dimostrazione chiara agli italiani: un'altra manovra c'era ed era una manovra che non metteva le mani nelle vostre tasche. Era una manovra che per la prima volta chiedeva alla politica tagli, tagli anche netti, tagli fatti anche con l'accetta, ma quando i soldi mancano bisogna cominciare a prendere provvedimenti drastici. Voi siete la maggioranza delle tasse! Voi siete una maggioranza di pinocchi! Avete promesso agli italiani la riduzione e l'abolizione delle province e oggi ve la rimangiate. Voi vi siete rimangiati tre anni di programma elettorale, tre anni di promesse. Oggi almeno con questo voto assumetevi le vostra responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, colleghi, a volte ho la sensazione di vivere in un Paese diverso da quello in cui vivete voi. Girando per la strada, basta andare al bar la mattina, la gente ci chiede continuamente di diminuire i costi della politica. In un momento in cui andiamo a chiedere con una finanziaria dura, sulla quale non entro nel merito oggi, dei sacrifici ai pensionati che hanno una pensione mensile di 2 mila e 400 euro, proviamo anche oggi a fare i furbi e a non mettere in discussione i costi della politica. Questo è un errore che non ci perdonano, che la gente non ci perdona.
Non sono preoccupato per la maggioranza, sono preoccupato per tutta la classe politica perché questi comportamenti mettono a repentaglio la credibilità dell'intero Parlamento. Al Popolo della Libertà dico che avete fatto una campagna elettorale intera andando in tutti i comizi, in tutte le trasmissioni televisive a promettere agli italiani l'abolizione di un ente inutile come quello delle province e oggi che si tratta di abolire le province siete i primi a tirarvi indietro. Volete salvaguardare i conti dello Stato o qualche vostro consigliere provinciale o presidente di provincia?
Lo stesso discorso faccio al Partito Democratico. Questa mattina avete fatto una conferenza stampa mettendo al centro un tema importante che è quello dei vitalizi dei parlamentari. Bene, noi siamo pronti a discutere di questo argomento, ma non riusciamo a capire, se siete così decisi sui costi della politica, come fate oggi a votare contro un provvedimento che sopprime le province (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Italia dei Valori).
Questa è schizofrenia politica! E non vale - mi rivolgo al relatore - la storiella secondo la quale poi faremo i bravi e rivedremo il ruolo delle province. Ma voi due mesi fa avete approvato una legge sul federalismo fiscale dove avete dato la possibilità alle province di aumentare due imposte: l'RC auto e l'imposta sui trasferimenti delle autovetture! Da quest'anno questa norma si tradurrà in un maggior onere per le famiglie italiane. Come fate a sostenere che le province non costano se per mantenerle siete obbligati ad aumentare le tasse? Questo non è possibile (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo)! Allora ditelo con Pag. 34chiarezza: volete proteggere ancora una volta la casta politica. Noi su questo non ci stiamo e agli italiani deve essere chiaro (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci apprestiamo dunque a mettere la pietra tombale sull'argomento «abolizione delle province». Prendiamo atto con molta amarezza di questa scelta che viene compiuta dall'Aula, anche con riferimento ad una ulteriore possibilità che quest'oggi si apriva per l'Aula. C'è un obiettivo più alto. Io stesso sono firmatario di una proposta di legge per l'abolizione delle province, una proposta di riforma costituzionale. Ma vi è anche un obiettivo ulteriore che poteva essere colto: quello della forma attenuata, della razionalizzazione, dell'accorpamento delle province, dunque della realizzazione di un percorso che, al tempo stesso, riuscisse a tenere in piedi ciò che è utile e giusto tenere in piedi, ma anche a ridurre significativamente i costi della politica. Gli altri colleghi ne hanno parlato con una mia totale condivisione. Adesso l'onorevole Galletti poneva anche delle domande a quest'Aula e a componenti politiche di quest'Aula.
Resta non da parte nostra, ma di chi ha sostenuto la necessità quest'oggi di contenere i costi della politica, da rendere meno difficile questo percorso di vita per le famiglie italiane da parte di chi evidentemente dice che è necessario riprendere il cammino del rilancio dell'economia italiana. Tuttavia, diventa difficile da parte di chi sostiene queste cose e non sostiene l'abolizione delle province evidentemente spiegare alla gente che cosa sta accadendo e perché si compie questa scelta. Noi registriamo ciò con amarezza e certamente consideriamo questa una straordinaria occasione perduta per rimettere la politica in sintonia col sentimento della gente (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, intervengo per chiederle innanzitutto un chiarimento su quello che aveva accennato lei prima in merito alle votazioni. Sono stati ritirati gli emendamenti Luciano Dussin 1.1 e Bressa 1.3. Rimane però in votazione l'emendamento Volpi 1.2. Pertanto, essendo l'unico emendamento rimasto, chi volesse votare a favore dell'emendamento in realtà vota contro il mantenimento dell'articolo.
Poi, per un piccolo passaggio sull'oggetto del contendere, siccome sento sempre richiamare in Aula il programma dove tutti si sono spesi per abolire le province, io me lo sono andato a cercare su Internet (non è difficile). Si trova il programma del Popolo della Libertà, «Sette missioni per il futuro dell'Italia». Nella settima missione (piano straordinario di finanza pubblica) ci dicono che l'impegno sarà per ridurre la stessa nella sua parte eccessiva - non di garanzia sociale e perciò comprimibile - a partire dal costo della politica e dell'apparato burocratico ad esempio delle province inutili.
Il programma del Partito Democratico, nel punto numero 9 della parte dedicata alla finanza pubblica, ci dice che entro un anno vorrebbero eliminare tutti gli ambiti territoriali ottimali, settoriali e non, attribuendo le loro competenze alle province, eliminando le province laddove si costituiscano le città metropolitane. L'unica forza politica che nel programma con il quale si è presentato agli elettori mantiene quanto ha promesso (perlomeno a suo dire) proponendo l'abolizione delle province e delle comunità montane è l'Italia dei Valori con il suo programma.
Quindi, se vi deve essere coerenza rispetto a ciò che è stato presentato nel proprio programma, penso che la votazione di questo provvedimento non abbia storia in quest'Aula. A parte l'Italia dei Valori, non risulta che nessuna altra forza politica abbia così a malincuore il fatto che le province esistano. Magari è indubbio Pag. 35che devono essere razionalizzate e sistemate e che devono avere delle competenze specifiche, ma su questo il Governo ha già operato e sta ancora operando.
Pertanto, non vedo come possa essere approvato il provvedimento proposto dall'Italia dei Valori (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, intervengo solo perché il mio intervento rimanga agli atti del Parlamento. L'onorevole Vanalli ha svolto dei rilievi, facendo riferimento a non so cosa. Tuttavia, in campagna elettorale tutti lo hanno sentito, in decine di dibattiti televisivi, e da domani mattina le farò avere delle fonti dell'agenzia Ansa che riportano i solenni impegni che, credo, abbiano un qualche valore. Se, a suo avviso, non ha valore un dibattito televisivo in cui si dice: «se andrò al Governo abolirò le province» è un problema suo. Ma sia l'onorevole Veltroni, sia l'onorevole Berlusconi, sia il sottoscritto, hanno assunto questi impegni più di una volta nella campagna elettorale del 2008. Comunque, lascerò agli atti parlamentari, se mi è consentito, queste fonti dell'agenzia Ansa in cui ciò è stato più volte ripetuto.
Dopodiché, è altrettanto vero che il Presidente del Consiglio, all'indomani delle elezioni, disse: «No, ma in realtà non si può mantenere l'impegno assunto». Evidentemente, aveva assunto l'impegno con qualcuno (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giorgio Conte. Ne ha facoltà.

GIORGIO CONTE. Signor Presidente, colleghi, anch'io voglio esordire, ricordando al collega Vanalli che sicuramente l'elettorato di centrodestra, come quello di centrosinistra, in larga parte, era convinto che, chiunque avesse vinto le elezioni nel 2008, si sarebbe proceduto speditamente verso l'abolizione delle province. Purtroppo, una larga parte dell'elettorato - non solo quello di centrodestra ma, lo ribadisco, anche quello di centrosinistra - rimane deluso rispetto a queste aspettative e alle determinazioni del Parlamento. Torniamo, dopo tre settimane, a discutere di un emendamento e, anzi, in questo caso, specificamente del mantenimento di un articolo. Avevamo votato contro il rinvio in Commissione di questo provvedimento perché avevamo previsto che il rinvio non avrebbe prodotto alcunché di utile e di costruttivo. Avevamo ragione anche in questo caso e, dunque, ci siamo opposti alla sospensione e al rinvio del provvedimento in Commissione perché, di fatto, come si è verificato, non è servito a nulla. Comunque, l'emendamento che andremo a votare tra pochi minuti metterà la parola fine all'ipotesi di abolizione o anche di semplice razionalizzazione, checché ne dica la Commissione, delle province in questa legislatura.
Va ricordato - e lo ribadisco per la terza volta - che il Popolo della Libertà, votando questo emendamento, contravviene ad un impegno specifico assunto in campagna elettorale e trascritto nel suo programma. Questo avviene in un momento particolare, nel quale il tema dei costi della politica e dell'apparato pubblico rappresenta la prima e la più importante pedina di una manovra economica che sarà ancora all'insegna di «lacrime e sangue» - così si dice - per il contribuente. Questa era l'occasione per il Parlamento e soprattutto per la maggioranza di dimostrare un po' di coraggio e un po' di coerenza.
Se si condivide l'esigenza di razionalizzare la spesa pubblica, tagliando sprechi ed esuberi, il disegno di legge sull'abolizione delle province doveva essere discusso, approfondito e corretto, se necessario, ma decisamente approvato. Se questo provvedimento fosse stato discusso all'inizio della legislatura, avrebbe certamente ricevuto l'approvazione da parte di una larghissima maggioranza. Ora Pag. 36affronteremo anche in maniera diversa l'ennesima situazione di emergenza della finanza pubblica. I deputati di Futuro e Libertà per il Terzo Polo, proprio in coerenza con il programma elettorale, avrebbero sostenuto, allora come ora, il disegno di legge per l'abolizione delle province. Allo stesso modo, siamo certi che l'opinione pubblica avrebbe gradito e avrebbe offerto, una volta tanto, un giudizio positivo sul lavoro del Parlamento.
State rinunciando ad un risparmio per le casse dello Stato stimato fino a circa 2 miliardi di euro, ma noi - lo diciamo chiaramente e lo annunciamo da questi banchi - non rinunceremo a questa battaglia oggi, ancora una volta, impedita dal condizionamento che la Lega esercita puntualmente sull'azione del Governo e della maggioranza.
Futuro e Libertà per l'Italia pensa che la vera questione sia rappresentata dalla necessità di liberare la vita economica e sociale, nelle aree più produttive, ma anche in quelle depresse del Paese, dalla cattiva politica, riducendo anche il numero dei livelli decisionali che in Italia sono tanti quanti in nessun altro Paese occidentale. Si discute di federalismo, di federalismo fiscale, di velocità e flessibilità delle decisioni, ma non si ha il coraggio di metter mano alla riduzione del numero degli apparati pubblici e politici, che costituiscono soltanto un peso ed un orpello fastidioso anche per la libertà di impresa e dell'individuo.
Quindi, il problema per questa maggioranza non è rappresentato dai provvedimenti veri e concreti, che agiscono direttamente sulla spesa, con tagli consistenti come quelli da offrire in pasto all'opinione pubblica tramite slogan, chimere e pura demagogia. Quando si tratta invece di arrivare al nodo, ossia alle questioni rilevanti che definiscono se una maggioranza è veramente riformatrice o meno, subentra il classico interesse di bottega e tutto si perde in uno sterile dibattito parlamentare.
Quindi, le province non si toccano, si tornerà a riesumare la proposta leghista di regionalizzare le province, attribuendo alle regioni non solo il compito di abolirle, ma anche di istituirne di nuove.
L'emendamento quindi avrà il voto contrario del gruppo di Futuro e Libertà per l'Italia perché sancisce l'archiviazione dell'abolizione totale o parziale delle province. Si decreta così il mancato rispetto del programma elettorale con cui il centrodestra si era presentato agli elettori e la rinuncia in questa legislatura ad affrontare il cammino di quelle riforme non più rinviabili e che sarebbero immediatamente percepite dalla gente e dall'opinione pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, è dall'inizio della trattazione di questo provvedimento che il gruppo del Partito Democratico mantiene e cerca di mantenere una posizione coerente con quello che è stato scritto nel suo programma elettorale e nei deliberati del partito. Credo che anche in questo momento si debba tenere presente - ho ascoltato gli interventi dei colleghi - che il tema del superamento o della soppressione delle province vada necessariamente inquadrato in un ambito più generale che si chiama: «ridisegno dei livelli istituzionali dello Stato» e non possa essere inquadrato - evidentemente in modo del tutto riduttivo e strumentale - nel solo capitolo «costi della politica». È stato appena ricordato il risparmio che si creerebbe nel chiudere domani mattina le province, ma penso che chi ha responsabilità legislativa di Governo si debba porre il tema di cosa costi trasferire quelle competenze ad altri livelli istituzionali.
Questa proposta di legge propone semplicemente la soppressione della parola «province» dalla Carta costituzionale e non dice nulla per il dopo. Lascia completamente aperto il tema del dopo. Le proposte di legge che il Partito Democratico ha depositato anche in questa legislatura Pag. 37e che sono state tradotte in buona parte in emendamenti a questo provvedimento viceversa riconducono il tema del superamento o della soppressione delle province dentro un disegno costituzionale, dicendo in modo molto chiaro - e cito la nostra proposta di legge che fa riferimento a quel programma elettorale che è stato ricordato - che le province vanno soppresse immediatamente dove ci sono aree metropolitane che vanno costituite obbligatoriamente per legge e soprattutto che va data alle regioni la possibilità di discutere in modo organico il tema dell'accorpamento o del superamento delle province. Siamo nell'ambito del federalismo, sul quale quest'Aula si è espressa in modo molto chiaro.
Noi siamo anche disposti - e lo sa l'Italia dei Valori - nell'ambito di un confronto parlamentare che punti a far qualcosa - e non a piantare una bandiera - a fare un passo in più rispetto a queste previsioni e a discutere della vera e propria soppressione delle province, ma questo va comunque fatto nell'ambito di un disegno che riattribuisca le competenze, che capisca dove si può risparmiare e non con l'eliminazione, come dice la legge, dal titolo V della Costituzione della parola «province».
Dopo che abbiamo eliminato la parola «province» dalla Costituzione, togliendola - come si prevede nella proposta di legge -, resta intatto il tema di cosa fare dopo per risparmiare e per dare efficienza nonché il tema di un livello intermedio di governo, il tema delle aree vaste; è difficile immaginare che, in un Paese come l'Italia in cui ci sono comuni che hanno cento o mille abitanti (pensiamo ad alcune province della Lombardia), non ci sia alcun livello intermedio tra il comune di 100 abitanti e la regione, e anche affidarlo - è una delle proposte - a un livello di consorzio di comuni non darebbe forse al comune più forte economicamente o anagraficamente il potere di sovrastare i diritti del comune più piccolo?
Quindi questo è un tema che va affrontato con senso di responsabilità se si vuole procedere in quella direzione. Resta il tema del trasferimento delle competenze perché, nel momento in cui si sopprimono le province, è doveroso, nello stesso atto legislativo, indicare a chi vanno, a quali costi, con quali conseguenze e con quali risparmi. Queste problematiche non sono state affrontate, per questo nelle ultime sedute dell'Assemblea abbiamo chiesto all'Italia dei Valori - so che politicamente il capogruppo Donadi si è già espresso - di non bocciare con un voto e di tenere aperta la possibilità seria di una riforma. Lo abbiano detto di nuovo al Comitato dei nove questa mattina ed è per questo, signor Presidente, che, poiché la soppressione dell'articolo, suonerebbe come preclusiva della possibilità di fare riforme - questo è sicuramente l'atteggiamento di questa maggioranza che non vuole fare nessuna riforma, ne vuole soltanto parlare all'esterno mentre in Parlamento, dove le riforme si fanno, nulla - ritiriamo l'emendamento soppressivo coerentemente con quanto ho detto, e non voteremo contro ma ci asterremo sulla proposta dell'Italia dei Valori, dichiarando che resta qui la nostra disponibilità totale da domani mattina ad affrontare un discorso serio, che potrà anche arrivare alla soppressione delle province ma ciò dovrà accadere, com'è doveroso, mettendo sul piatto risparmi e costi, efficienza e inefficienza rispetto alla norma che andiamo ad approvare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, accolgo con molta attenzione il ragionamento che poco fa ha sviluppato l'onorevole Franceschini anche perché si pone all'interno di una riflessione che noi stessi avevamo la settimana scorsa proposto all'Aula proprio sul tema delicato e complesso delle province.
Vorrei molto brevemente ricordare che, nella storia del nostro Paese, questo tema, come un fiume carsico, torna sovente in primo piano, ma con una sorta di schizofrenia Pag. 38che l'accompagna sotto il profilo legislativo, perché, da un lato, si invoca la soppressione delle province, poi nel corso del tempo, anche attraverso alcune riforme sostanziali che sono state poste in essere anche a Costituzione invariata - penso alla riforma Bassanini - alle province è stato attribuito un ruolo e una funzione all'interno di un riordino complessivo del sistema di potere locali.
Credo che, se vogliamo davvero fare un discorso serio, come dice l'onorevole Franceschini, dovremmo essere tutti consapevoli del fatto che non basta eliminare tout court la provincia per risolvere i problemi del costo della politica; apro e chiudo una parentesi, onorevoli colleghi, non vorrei che, in questa foga e nell'affanno di inseguire «l'antipolitica», il legislatore risulti soccombente e non sappia più svolgere la sua funzione in positivo. Mi auguro che vi sia un minimo di capacità di ritornare alla consapevolezza del ruolo che il legislatore deve avere quando è chiamato ad intervenire sotto il profilo dell'assetto dei poteri territoriali e costituzionali del nostro Paese ed ha ragione Franceschini quando dice che non si può eliminare oggi dalla Costituzione la provincia senza sapere che cosa accadrà poi e che cosa avverrà quando dovremo affrontare il tema del governo «dell'area vasta», e ricordo a me stesso e ai colleghi che il tema «dell'area vasta» è preponderante a livello europeo.
Se è vero che le dimensioni federaliste consegnano alle regioni un'autonomia che a volte diventa anche eccessivamente ordinamentale, è pur vero che, in un sistema complesso come quello italiano, bisogna stabilire quale sia la competenza e la funzione, per esempio, in tema di Governo della pianificazione territoriale, per capire come in qualche modo si individuano gli ambiti ottimali entro i quali sviluppare una capacità economica anche di proiezione dei territori per essere competitivi a livello interno ed internazionale. Occorre affrontare il tema dei costi della politica senza, per esempio, affrontare i gangli intorno a cui si è sovrastrutturato il sistema territoriale: perché non parliamo degli enti di bonifica, delle agenzie, di tutti i livelli di secondo e di terzo grado che hanno invaso anche il livello di democrazia nel nostro Paese? Anche questi costituiscono fonti di spesa ed a volte fonti di sprechi inenarrabili. Allora, occorre tornare correttamente al tema della politica, se vogliamo far sì che l'ente provincia, nella sua ristrutturazione e nella sua riorganizzazione sostanziale, sia l'ente intermedio, che non ha bisogno evidentemente di avere un vieppiù di rappresentanza in termini di rappresentanza politica, ma dove, per esempio, l'assemblea dei sindaci - quindi si elimina tutta la parte della rappresentanza politica - possa essere il luogo corretto dove c'è l'interlocuzione intermedia. Questo è infatti il concetto di intermedialità, non una sovrapposizione di poteri che si scontrano con altri poteri, ma la capacità di essere un soggetto che non gestisce nulla, ma organizza il governo del territorio, mette insieme le specificità, le convoglia in un progetto degno di questo nome e ne organizza lo snodo e la proiezione nel rapporto con il soggetto regione. Allora, dovremmo parlare di questo in maniera compiuta e non inseguire l'antipolitica per mettere una bandierina che non servirà a niente e a nessuno, perché mortificherà ancora una volta il nostro Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile Nuovo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, ho ascoltato con qualche perplessità le dichiarazioni dell'onorevole Franceschini, perché nella sostanza ricalcano quanto i suoi colleghi di partito hanno sempre detto in questo lungo dibattito sulle province, salvo poi confessare candidamente che, di fronte all'esterno che preme, hanno ritirato l'emendamento soppressivo e si asterranno, per poter dire domani mattina che sono il Popolo della Libertà e la Lega che non vogliono le province, mentre loro ci sarebbero stati. Questo è un gioco delle tre carte che non Pag. 39fa bene alla democrazia. Ce ne sono molti altri che non fanno bene, ma questo sicuramente non fa bene. Questo è un modo di muoversi da furbi e non va bene. Mentre i contenuti del suo intervento, onorevole Franceschini, erano ponderati, seri, la conclusione è bassamente politica e demagogica. Come, mi dispiace dirlo, è demagogico anche quanto sostiene l'onorevole Galletti, il quale dice che la gente lo chiede e che bisogna sopprimere le province per forza. Mi dispiace sentire dare per scontato, da un collega che ascolto sempre con attenzione e dal quale ho imparato molto, l'onorevole Pisicchio, che con questo voto si metterà una pietra tombale sul discorso della soppressione delle province. Non è così, onorevole Pisicchio, è vero esattamente il contrario. Esiste una proposta del Partito Democratico, esiste una proposta del Popolo della Libertà, che sarà presentata oggi, non a caso avevamo richiesto il rinvio. È una proposta di revisione costituzionale, che prevede per l'appunto la soppressione delle province e la delega alle regioni a ricostituire province secondo i principi dell'area omogenea e dell'area vasta, assumendosene la responsabilità non solo di farle, ma di sostenerne i costi, dando cioè risposta all'unico interrogativo vero al quale siamo tenuti nei confronti del popolo italiano: riorganizzare le istituzioni secondo criteri moderni e secondo i nuovi assetti istituzionali.
Le province, o come si chiamino, saranno l'ente intermedio di riferimento per cui i piccoli comuni potranno interagire con le regioni, lo Stato e l'Europa attraverso un'area vasta, un'area omogenea, un'area critica, un'area ottimale, per la quale le loro istanze avranno, anche economicamente, una valenza.
Questo è un modo serio di muoversi su questo argomento, non demagogico, e questo è conforme al programma della soppressione delle province ed è conforme al programma di soppressione delle province inutili.
Infatti, le province, così come sono oggi, sono, sì, enti inutili, perché non soddisfano proprio la loro funzione di ente intermedio di rappresentazione dell'area vasta. Questo è un modo serio di porsi i problemi. Abbiamo risposto a questi problemi, abbiamo cercato del tempo. Il presidente Bruno - questo lo raccomando a nome di tutti, penso - darà ai lavori della Commissione tempi certi, in modo di arrivare a conclusioni concrete e a dare risposte concrete a questo problema.
Diciamo all'Italia dei Valori (lo abbiamo già detto una volta): attenti ad essere populisti qui e poi, quando si detiene il potere, tentare di conservare i posti che ci sono, come in Toscana. L'ho già detto e non torno indietro su questo: si sopprimono le comunità montane e in Toscana l'Italia dei Valori propone che le unioni di comuni sostituiscano le comunità montane, mentre qui vogliono disfare tutto. Lì, dove hanno un po' di potere da gestire, fanno diversamente.
Dico che la proposta dell'Italia dei Valori è inaccoglibile, perché sopprime le province, ma non dà una risposta al problema serio che la politica si deve porre, cioè la costituzione di un ente intermedio e razionale che funzioni e dia politiche efficaci. Infatti, si risparmia in due modi: non spendendo, ma anche applicando e investendo bene le risorse istituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà per un minuto.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intervengo per pochi secondi solo per un ultimo appello, per un'ultima richiesta di assunzione di responsabilità, soprattutto a coloro che a parole - direbbe il vecchio Di Pietro: «a chiacchiere» - fino ad oggi hanno detto che si doveva partire da un dato di fatto: una revisione costituzionale eliminando le province.
Oggi, onorevoli colleghi, onorevole Franceschini, iniziavamo, potevamo iniziare un percorso che portasse finalmente a questa revisione, ma se voi da tre anni, da cinque anni, da otto anni, continuate a Pag. 40dire «rinviamo, rinviamo, rinviamo in Commissione», vuole dire semplicemente non avere il coraggio politico e istituzionale di affrontare con responsabilità questa situazione.
Allora, noi vogliamo un voto, perché una volta per tutte si possa sapere chi ha il coraggio di passare dalle parole ai fatti e dire che le province devono essere eliminate, trovando soluzioni diverse, e chi, invece, parla in un modo e agisce in un altro (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, innanzitutto voglio replicare all'onorevole Bianconi, perché non può assolutamente sostenersi che il Popolo della Libertà stia adempiendo a quanto promesso nel proprio programma elettorale. La realtà è che abbiamo lavorato di rinvio in rinvio in Commissione affari costituzionali per più di un anno e oggi ci ritroviamo, ci dice l'onorevole Bianconi, con una proposta di legge sulla soppressione delle province presentata oggi.
Non è vero: la vostra proposta di legge non prevede la soppressione delle province; la prevede solo eventualmente, se e quando verrà fatta una legge dello Stato che prevederà questo termine in maniera assolutamente vaga ed incerta.
Resta il fatto che speriamo che dal voto di oggi si possa poi arrivare a qualcosa di concreto. In realtà, di concreto non vi è nulla, se non il tradimento dei programmi elettorali da parte di molti in quest'Aula; non da parte nostra (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, si sta perdendo un'opportunità in questo Parlamento, soprattutto in questa maggioranza: essere coerenti e conseguenti con le promesse elettorali.
In questi anni, tante e troppe sono state le promesse agli elettori, soprattutto quando questa maggioranza e questo PdL andavano a dire ai cittadini: votateci perché quando saremo al Governo con l'appoggio della Lega - e quindi questa maggioranza - riusciremo a dare delle risposte, a partire dall'abolizione delle province.
È inutile che facciamo finta di nulla. È inutile che facciamo finta di non aver sentito quelli che erano gli spot elettorali del PdL: i cittadini hanno ascoltato e sentito attentamente. Chi è nella veste di legislatore deve assumersi delle responsabilità, deve essere conseguente e, in questo caso, deve dare il via all'abolizione delle province ed al contenimento dei costi della politica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, malgrado fosse incluso nel programma con il quale questa maggioranza si è presentata alle elezioni il Governo, ricattato dalla Lega che difende le sue poltrone, non procede all'abolizione delle province che sono un ente inutile. Un altro vostro impegno è rimasto carta straccia.
Non si procede all'abolizione che a regime potrebbe dare risparmi per almeno tre miliardi di euro, ma con la manovra di Tremonti preferite tagliare le pensioni e le altre spese sociali, mettendo ulteriormente le mani alle tasche dei cittadini meno abbienti. Infatti, dal prossimo anno scatterà il blocco della rivalutazione automatica delle pensioni al costo della vita. Non verranno adeguate al costo della vita pensioni pari o superiori a circa mille euro netti al mese. Avete previsto una stangata sui dipendenti pubblici di 215 euro in meno al mese a testa. Reintroducete dal 1 gennaio il ticket di dieci euro su visite specialistiche e analisi.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Mura.

Pag. 41

SILVANA MURA. Aumentate l'IRAP per le banche e le assicurazioni. Tanto pagano gli utenti con l'aumento delle tariffe e dei servizi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Valducci. Ne ha facoltà.

MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, vorrei solo ricordare che nel 1998, quando si militava in Forza Italia, votammo per l'abolizione delle province. Da allora sono trascorsi - e mi rivolgo anche al Ministro Calderoli - ben 13 anni di discussioni, in cui abbiamo parlato di ridisegni, di riforme costituzionali, di deleghe per le regioni, e nulla è cambiato.
Per disciplina nei confronti del gruppo ovviamente voterò in base a quelle che saranno le indicazioni del mio gruppo, ma sarà l'ultima volta che non voterò per l'abolizione delle province, perché l'abolizione delle province non è tanto un fatto di costi, ma è soprattutto quell'oppressione burocratica che incide sulle nostre famiglie, sui cittadini e sulle imprese (Applausi di deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, malgrado fosse incluso nel programma con il quale questa maggioranza si è presentata alle elezioni, il Governo non procede all'abolizione delle province che sono un ente inutile. È un altro impegno, quello vostro, rimasto solo nella carta.
Non si procede all'abolizione, che a regime potrebbe dare risparmi per almeno tre miliardi di euro, ma con la manovra di Tremonti preferite tagliare le pensioni ed altre spese sociali, mettendo ulteriormente le mani nelle tasche dei cittadini meno abbienti. Ecco, infatti, che nel prossimo anno scatterà il blocco della rivalutazione automatica delle pensioni al costo della vita.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 16,15).

GIOVANNI PALADINI. Quindi, non verranno adeguate al costo della vita pensioni pari o superiori a circa mille euro netti al mese. Avete previsto una stangata sui dipendenti pubblici di 215 euro in meno a testa al mese, reintroducete dal 1 gennaio il ticket da dieci euro su visite specialistiche e analisi ed aumentate l'IRAP per le banche e le assicurazioni. Tanto pagano gli utenti con l'aumento delle tariffe e dei servizi! Tagliate le risorse dei comuni e delle regioni...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Paladini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per motivare il mio voto in dissenso da quello del gruppo di appartenenza.
Infatti, in tutte le circostanze in cui mi è stata data occasione, ho sempre sostenuto di essere contrario all'abolizione tout court delle province e alla loro eliminazione dalla nostra Carta costituzionale. Mi sono sempre battuto, invece, per una proposta alternativa, che preveda una ridefinizione del ruolo e, quindi, delle funzioni delle province, e che preveda anche modalità diverse di elezione del presidente della provincia e del consiglio provinciale, tanto da far diventare le province enti di secondo livello.
Si tratterebbe di una vera e propria razionalizzazione di questo ente, il cui presupposto, però, ne è il mantenimento in Costituzione.
Quindi, quando sento parlare di coraggio e di visione coerente con le aspettative del Paese, vorrei semplicemente e molto sommessamente dire che tutto questo deve rientrare in ciò che è istituzionalmente e politicamente sostenibile.

PRESIDENTE. Saluto il Presidente del Congresso Nazionale dell'Honduras, Juan Pag. 42Orlando Hernandez Alvarado, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, lo abbiamo detto in tutte le salse e ci proviamo ancora: voi, ancora una volta, puntate a salvaguardare le caste e fate pagare i soliti. Non lo dice soltanto l'Italia dei Valori. Leggo, oggi, su Corriere.it, l'altolà della stampa cattolica: parla di «errori da correggere» il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, mentre Famiglia Cristiana parla di «ipocrisia e incompetenza» nel gestire le sorti del Paese e nel numero in uscita scrive «la manovra non ci pare equa. Per essere davvero giusta dovrebbe chiedere a tutti di tirare la cinghia. A cominciare dalla politica, cui spetta dare l'esempio. E invece? I tagli agli scandalosi costi dei politici vengono rimandati al futuro». La manovra è, per Famiglia Cristiana, «simile alla politica cui siamo abituati da anni: solo parole». «Nel documento economico di Tremonti brillano per assenza due promesse strombazzate in campagna elettorale: abolizione delle province e quoziente familiare» (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, colleghi, consideriamo il Parlamento come qualcosa di perpetuo e, quindi, che si possa rinviare la questione. Oggi abbiamo in discussione questa proposta di legge che elimina dalla Costituzione le province e ci permette in modo serio di affrontare i tagli dei costi della politica. È un'occasione d'oro, non dobbiamo rinviarla a quando non si sa, con la promessa da parte di partiti come il PdL che annunciano in Aula un nuovo disegno di legge che, anziché chiamarle province, non sa come, le chiama in questo momento «aree vaste»...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SERGIO MICHELE PIFFARI. ...e ci propone altro. Stiamo impoverendo milioni di italiani e non facciamo nessun passo in avanti concreto per ridurre la spesa storica (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, non volete eliminare le province e, quindi, dite di no ad un risparmio di miliardi di euro. E allora noi vi ricordiamo, ancora una volta, che i dipendenti pubblici avranno in busta paga 215 euro al mese in meno. Auguriamo poi ai cittadini italiani di non ammalarsi, perché introdurrete di nuovo, dal 1 gennaio, il ticket su visite specialistiche e analisi.
Voglio, inoltre, ricordare che uno scrittore, Italo Calvino, scriveva che «di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda».
I comuni e le regioni come faranno a dare una risposta ai bisogni dei cittadini, quando taglierete, in tre anni, dieci miliardi di euro proprio ai comuni e alle regioni?
Eliminiamo, allora, le province e facciamo in modo che siano proprio i comuni e le regioni a dare le risposte alle richieste dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, come l'onorevole Franceschini sa, mi occupo da tanto tempo di politica degli enti locali e dopo tanti anni mi sono reso conto che le province non servono a niente.
Vorrei, allora, chiedere all'onorevole Franceschini di cominciare oggi ad eliminare le province dalla Costituzione e poi di Pag. 43sedersi intorno un tavolo per studiare gli effetti di questa soppressione con legge ordinaria e stabilire quali siano realmente i tagli ai costi della politica.
Infine, all'onorevole Bianconi che ha preannunciato una nuova proposta di legge costituzionale, ricordo che ne ha sottoscritta una qualche mese fa insieme ai colleghi Scandroglio, Barani ed altri che prevede questa cosa. Sia, quindi, coerente con se stesso ed approvi la soppressione delle province già a cominciare dal provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, andrò controcorrente, ma voterò ovviamente in conformità all'orientamento del mio gruppo che avrei auspicato anche più deciso nel senso del mantenimento delle province.
Ritengo che le province in quanto tali possano ancora svolgere una funzione significativa nel territorio nazionale, sia perché storicamente e culturalmente presentano in molte realtà un'omogeneità del tutto particolare, sia perché varie funzioni di programmazione sul territorio (in campo agricolo, professionale, sociale e sanitario) in un'area vasta come quella della provincia, dove il capoluogo ha un quinto degli abitanti spesso, può ancora giustificarsi pienamente; non si giustifica ovviamente la coincidenza tra provincia e area metropolitana, ma in realtà con 500 mila o un milione di abitanti, dove il capoluogo è un terzo o addirittura un quinto della provincia, credo che il coordinamento delle politiche sociali e territoriali sul territorio possa benissimo essere svolto dalla provincia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, colleghi del PdL e della Lega Nord, ma ci vuole davvero una bella faccia a presentarsi alle elezioni politiche di tre anni fa, chiedere il consenso degli elettori, inserendo nel programma - caro collega della Lega Nord - l'abolizione delle province e poi dimenticarvene semplicemente perché avete delle poltrone da difendere (naturalmente da quelli che non sono riusciti ad arrivare in Parlamento, a quelli che cercano di ricoprire più posizioni contemporaneamente: presidenti e parlamentari, assessori e parlamentari).
Chiedetevi: ma possibile che la casta debba essere difesa fino a questo punto, o non occorre invece cominciare a riscrivere davvero la norma costituzionale che prevede, da una parte, il rafforzamento del ruolo delle regioni, abolendo le province e costituendo - come prevede la Carta costituzionale - le sei o sette aree metropolitane?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, credo che oggi gli italiani potranno sapere chi vuole salvare la casta e chi vuole invece tagliare i costi della politica, chi vuole difendere le posizioni e i privilegi, come la Lega nel Nord che continua ad avere presidenze nelle province, e chi fa pagare ai cittadini con la manovra - come Tremonti - costi alle pensioni, costi ai cittadini ammalati con il ticket, costi a comuni e regioni, costi ai piccoli risparmiatori, costi - io dico - al Paese con il comma sul «salva Mondadori» che - informo il Governo - considerato che tutti fuggono perché pare che nessuno lo abbia scritto, lo ha scritto il Ministro Topo Gigio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, non ho mai assistito a tanta ipocrisia: lo sport nazionale in queste settimane, oltre al calcio, sembra sia diventato quello di disquisire della manovra, di tagli e di Pag. 44sprechi. Assistiamo alla presentazione di una manovra pesante, che non esita a mettere le mani nelle tasche degli italiani, ma quando ci si trova dinanzi a provvedimenti che tagliano gli sprechi nessuno sembra quasi interessato a fare un passo avanti.
La faccenda delle province è particolarmente esemplare. Mi rendo conto che la portata politica della questione per qualcuno sia di grande interesse, perché per qualcuno sopprimere questi enti inutili significherebbe un suicidio, ma su questo argomento ci tengo ad evidenziare la chiarezza di Futuro e Libertà e della sua posizione politica, priva di tatticismi e di retropensieri.
Pertanto, Futuro e Libertà invita alla medesima chiarezza i gruppi parlamentari qui presenti, o perlomeno a spiegare agli italiani le ragioni che gli impediscono di appoggiare una decisione di tale natura. Noi abbiamo deciso di non condividere questa vergogna, quanto alla diffusa omertà che a tutto questo consegue (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Martino. Ne ha facoltà.

ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, vorrei fare mie le considerazioni espresse poc'anzi dall'onorevole Valducci. Solo che, essendo nato io prima di lui, il mio ricordo non va al 1998 ma agli anni Sessanta.
Quando vennero istituite le regioni, Luigi Einaudi valutò in mille miliardi il loro costo annuo. La sinistra ed i fautori del regionalismo ribatterono che il Presidente aveva fatto male i conti perché non si rendeva conto che loro avrebbero abolito le province e che, quindi, il costo delle regioni sarebbe stato molto minore. È passato mezzo secolo, le province, non solo sono ancora lì, ma sono cresciute di numero.
Abbiamo un sistema di governance locale che è assolutamente indifendibile perché articolato su troppi livelli e con troppi enti locali. Abbiamo i municipi, i comuni, le province, le regioni, le comunità montane, i parchi nazionali, le aree metropolitane. Non possiamo permetterci tutti questi livelli di Governo che si sovrappongono e confondono le loro competenze, né possiamo permetterci oltre ottomila comuni laddove mille basterebbero (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, chi è da qualche anno in quest'Aula sa che, ogni volta che si parla di politica e di risparmi della politica, questi temi ritornano. Faceva bene l'amico Mario Valducci a denunciare che già nel programma di Forza Italia del 1998 si prevedeva l'abolizione delle province. Credo che dovrebbe partire da qui un timido segnale dato alla gente fuori che ha mille difficoltà, e poteva essere questa l'occasione anche solo per dire che avevamo deciso di tagliare qualcosa. Invece, rimandiamo tutto a decisioni che si prenderanno chissà quando e chissà dove, ma, soprattutto, non si prenderanno mai. Sappiamo, infatti, alla fine, come si concludono queste cose.
Una firma importante del Corriere della Sera rammentava oggi sul giornale la sottoscrizione, dieci anni fa, del patto che Berlusconi aveva siglato allora con gli italiani. Non è stato raggiunto niente; quello era allora in tema di infrastrutture, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scandroglio. Ne ha facoltà.

MICHELE SCANDROGLIO. Signor Presidente, indipendentemente dallo stimolo del collega Lusetti mi ero già iscritto a parlare per dichiarare di aderire alla proposta del mio partito solo per disciplina di gruppo. Sono il primo firmatario della Pag. 45prima proposta di legge costituzionale per l'abolizione delle province e mi aspetto a breve di poter entrare nel merito, così come il nostro vicepresidente Bianconi ha voluto annunciare. Su questo tema credo non si possa continuare con questo balletto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, questo provvedimento sta dimostrando, in maniera chiara, la più chiara possibile, in maniera evidente, ineludibile, l'incapacità dell'uno o dell'altro Polo di mettere mano al problema delle riforme in questo Paese, anche delle riforme più semplici, come quelle che riguardano i livelli dei governi. Non ne faccio una questione di difesa della casta, dico che non è logico pensare che, in questo Paese, possano esserci province di 60-70 mila residenti.
Oggi, qualcuno diceva che, con questo provvedimento, si vorrebbero cancellare le province dalla Costituzione. Ma questo provvedimento sta rimbalzando dall'Aula alla Commissione da un anno e mezzo. Avreste potuto chiedere almeno che si riducesse il numero delle province e non l'avete fatto, perché la vostra capacità di mettere mano al problema delle riforme è pari allo zero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo per fare un appello al buonsenso della politica. Dal 1998, come ha detto Mario Valducci, discutiamo di questo argomento senza arrivare a nulla. Il collega Franceschini ci ha ricordato che sarebbe preferibile fare una razionalizzazione. Vi invito, al di là della disciplina di gruppo o di partito, a prendere in considerazione la circostanza che viviamo, che è una grande occasione per dare un segnale politicamente rilevante di una volontà del Parlamento a togliere di mezzo finalmente degli enti che tutti riteniamo inutili da almeno 15-20 anni.
Se non riusciamo a capire questo, è difficile pensare nei prossimi tre anni ad una razionalizzazione degli enti pubblici locali - lo dico al Ministro Calderoli - ma lo dico a tutti noi. Da qui a quattro anni dovremo fare una manovra di 40 miliardi e oggi stiamo discutendo se vale la pena o no dare un segnale politicamente rilevante ai cittadini italiani. Penso che valga la pena rilevarlo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Iannarilli. Ne ha facoltà.

ANTONELLO IANNARILLI. Signor Presidente, intervengo per dire qualche parola positiva a favore delle province. Non ho sentito parlare da parte di nessun parlamentare di quali sono le competenze della provincia. Si parla soltanto di cancellarle. Ma forse dovremmo anche capire cosa fanno le province. Capire che se le sopprimiamo, le competenze tornano alle regioni. Quindi dovremmo dire alle imprese che per «avere qualche cosa» debbono andare alle regioni. I comuni per avere qualche parere devono andare alle regioni. Quindi aumenteremo il disagio.
Parliamo di decentramento che tutti abbiamo sulla bocca. Guarda caso, oggi, dimentichiamo queste situazioni. Vogliamo soltanto cancellare la parola «provincia» senza entrare nel tema. Parliamo di «casta», ma quale casta? Un presidente di provincia prende 4 mila euro al mese. Un consigliere provinciale prende mille euro al mese. Di quale casta stiamo parlando? No, vacci tu a quel paese se ci vuoi andare, non io!

PRESIDENTE. Onorevole Iannarilli, la prego!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, al di là del clima Pag. 46che diventa infuocato devo rilevare come non si stia facendo nulla per mantenere un impegno preso non solo in campagna elettorale ma un impegno preso nelle aule parlamentari sin dall'ormai lontano 1998. Parafrasando il vate, rivolgo un appello a tutti i gruppi presenti in aula: qui si parrà la vostra nobilitate. Prenderemo nota di chi rispetterà gli impegni e di chi invece dimenticherà di aver fatto dell'abolizione delle province un cavallo di battaglia in periodo elettorale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, credo che dobbiamo differenziare i costi della politica dai costi della democrazia. Qui si rischia di fare una confusione enorme abolendo istituti democratici o quanto meno se ne attenua il ruolo, se non si fa questa distinzione.
Una seconda considerazione sulle province. Al di là dell'abolizione con una norma costituzionale qui, già a Costituzione vigente, si possono ridurre. Noi abbiamo proposto cinquecentomila abitanti come «pezzatura» minima per poter costituire una provincia, che seguiterebbe a svolgere questi ruoli.
Faccio osservare che otto regioni sono sotto un milione e mezzo di abitanti. Tenere in piedi regioni con un milione e mezzo di abitanti e province con 200 mila abitanti, anzi anche meno, è uno spreco inutile di risorse in rapporto alle funzioni che esercitano, che sono oggi in gran parte esercitate dalle regioni attraverso i comuni.
Voglio far osservare che i costi delle province «non stanno» anche nelle circoscrizioni ministeriali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Landolfi. Ne ha facoltà.

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, penso che quello che l'Italia paga in termini di costi non derivi tanto dalla presenza delle province ma da un assetto costituzionale, quello uscito nel 2001 dalla riforma del Titolo V della Costituzione che ha messo su un piano di orizzontalità, di parità, i comuni, le province, le aree metropolitane, le regioni e lo Stato. Oggi paghiamo in termini di incertezza del diritto i conflitti di competenze tra Stato e regioni. Paghiamo lo scotto della cosiddetta legislazione concorrente, per cui non si capisce su determinate materie chi debba legiferare, se lo Stato o le regioni o se la regione e lo Stato tutti insieme. Questo produce costi, questo produce malgoverno; non è tanto la presenza delle province. È su questo che ci dovremmo interrogare, è su questo che ci dovremmo confrontare.
Noi, nel 2006, come allora Casa delle Libertà, compresa l'Unione di Centro, varammo una riforma della Costituzione, modificammo il Titolo V riportando nella potestà dello Stato alcune materie che sono di legislazione concorrente, e un referendum non confermò quella norma; è di questo che noi dovremmo parlare.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Avverto che l'articolo 1, come ormai è noto, è volto a cancellare dalla rubrica del Titolo V, della parte seconda della Costituzione, le parole: «le province». Essendo stato presentato solo un emendamento soppressivo, riferito all'articolo 1, ai sensi dell'articolo 87 comma 2 del Regolamento, l'oggetto della votazione sarà pertanto il mantenimento dell'articolo 1. Ne discende che chi vuole cancellare dalla rubrica del Titolo V le parole: «le province», dovrà votare «sì», mentre chi vuole mantenerle dovrà votare «no».
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cimadoro, onorevole Monai... Pag. 47
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 548
Votanti 308
Astenuti 240
Maggioranza 155
Hanno votato 83
Hanno votato no 225.
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Antonino Foti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario, che i deputati Berruti, Livia Turco e De Girolamo hanno segnalato che avrebbero voluto astenersi, che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.

Sul grave attentato verificatosi il 2 luglio scorso in Afghanistan (16,38).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea ed i membri del Governo). Onorevoli colleghi, vi prego di prestare un attimo di attenzione. Come è purtroppo a tutti noto, lo scorso 2 luglio, in un grave attentato verificatosi nei pressi del villaggio di Caghaz, nel Gulistan, ha perso la vita un militare italiano impegnato nella missione in Afghanistan, il caporalmaggiore scelto Gaetano Tuccillo, autiere del battaglione logistico Ariete, di 29 anni, coniugato, originario di Palma Campania in provincia di Napoli. Nel medesimo episodio un altro militare, il caporalmaggiore Aniello Cerqua è rimasto ferito ad una gamba; fortunatamente non risulta essere in pericolo di vita.
In questa triste circostanza sento il dovere di esprimere, a nome di tutta l'Assemblea, e a prescindere dalle varie posizioni politiche assunte anche sul tema delle missioni internazionali, alla famiglia del caduto e a tutte le Forze armate il senso del più profondo cordoglio e della più sincera partecipazione al loro dolore, unitamente agli auguri di pronta guarigione per il militare rimasto ferito.
Desidero altresì, in questa occasione, rivolgere un pensiero di affettuosa vicinanza e viva solidarietà ai nostri militari tuttora impegnati nelle missioni internazionali, che attraverso il loro duro e quotidiano impegno contribuiscono alla realizzazione di condizioni di pace e di sicurezza in quei Paesi interessati da situazioni di grave instabilità e crisi.
Un ricordo commosso deve andare anche al drammatico sacrificio di tutti i nostri soldati che in questi anni hanno sacrificato il bene supremo della vita per l'affermazione dei valori di libertà, di democrazia e di pace nelle zone del mondo martoriate dai conflitti.
Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Applausi).

Si riprende la discussione.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 1990-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1990-A/R).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Pastore 2.1, mentre il parere è contrario sugli emendamenti Bressa 2.3, Volpi 2.4, Lanzillotta 2.20 e Vassallo 2.21.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore, e chiederei un minuto per esprimere la motivazione.
Vorrei ricordare - anche se l'ho già fatto in questa sede - che nel programma di Governo vi è la previsione dell'abolizione Pag. 48delle province inutili, e non delle inutili province; credo che una certa differenza lessicale vi sia in questa affermazione.
Nessuno vuol nascondere che vi è la necessità di una rivisitazione del capitolo delle province e credo che, rispetto ad alcune dimensioni demografiche o territoriali, molte di queste debbano essere effettivamente riviste e soppresse. Ritengo che non sia opportuno un semplice intervento costituzionale, ovvero un semplice intervento con legge ordinaria, ma sia necessario l'abbinamento fra una riforma costituzionale e una legge ordinaria.
Ho avuto modo di approfondire la proposta di legge costituzionale dell'onorevole Bersani che, personalmente, mi convince, e credo da essa si possano trarre utili spunti per i lavori della Commissione. Quindi, dopo il prossimo voto utilmente potremmo riprendere i lavori in Commissione in questo senso, e il Governo garantisce il suo impegno su questa strada, così come, contemporaneamente, sull'esame al Senato del codice delle autonomie, in modo che, in parallelo, riusciremmo a risolvere sia gli aspetti costituzionali che quelli di legge ordinaria.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Pastore 2.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, purtroppo, come era ampiamente scritto e ampiamente previsto, questo Parlamento oggi si conferma totalmente sordo alle istanze di un Paese che chiedeva alla classe politica che la rappresenta, coraggio e lealtà; due cose chiedeva in questo momento straordinariamente difficile.
Chiedeva il coraggio di mettere in discussione i propri privilegi, il coraggio di dimostrare a un Paese intero che i tagli, prima di tutto, li applicava a se stesso, perché non è più possibile pensare di chiedere 45 miliardi di euro di sacrifici agli italiani e tenere una politica che è uno «stipendificio» che dà da lavorare a mezzo milione di persone.
Non so come e quando quest'Aula comincerà a capirlo. Non è più sostenibile, si tratta di qualcosa per il quale questo Paese, oggi, ancora prima di ritenerlo immorale, non ha le risorse economiche; non ha le risorse economiche per sostenere mezzo milione di stipendiati dalla politica.
Dovevamo allora cogliere un'occasione, che era quella, cominciando a mettere mano a questi privilegi, di cominciare anche a ridisegnare l'architettura dello Stato (Commenti del deputato Nannicini).
C'è qualche collega, forse «incontinente», che non riesce ad ascoltare in silenzio. Era l'occasione di cominciare a dare un segnale. Mi dispiace che oggi, con i voti determinanti di un gruppo dell'opposizione che si è astenuto, non si sia riuscito a dimostrare che c'era già in quest'Aula - oggi ci sarebbe potuta essere - una maggioranza che, deve essere chiaro, non diceva solo e tanto «no» alle province, ma diceva soprattutto un'altra cosa, ossia che un'altra finanziaria era possibile, una finanziaria che i soldi li andava a prendere tra le province, dimezzando il numero dei parlamentari e cominciando a mettere mano a qualcosa di assurdo come i 9 mila comuni italiani.
Negli ultimi dieci anni in Germania, dove hanno molti meno problemi di bilancio di noi, hanno cancellato un terzo dei comuni più piccoli. Oggi in Germania non ci sono comuni con meno di 25 mila abitanti. Allora, potevamo intanto cominciare a «consorziare» le funzioni fondamentali dei comuni e dare un segnale che è da lì che si comincia a risparmiare, equiparando gli stipendi dei parlamentari e degli altri rappresentanti, a partire dai consiglieri regionali, agli standard europei. Questa era l'altra manovra finanziaria! Questo era il segnale da dare agli italiani!
Spiace oggi non tanto il comportamento di una maggioranza - che ha dimostrato in ogni modo e in ogni forma di non avere alcun interesse per il futuro dell'Italia e degli italiani, di guardare sempre l'interesse dei pochi, dei più furbi, dei più forti e dei più ricchi - dalla quale non ci aspettavamo nulla, ma piuttosto che l'opposizione non abbia avuto la forza di Pag. 49delineare l'altra finanziaria che anche da questo poteva trarre un suo disegno e un suo profilo.
Spiace che non ci sia ancora una volta una maggioranza, qualunque sia, anche trasversale, in quest'Aula che cominci ad abolire almeno uno dei privilegi della politica. Ma è possibile? A parte un intervento, oggi in quest'Aula ho sentito solo gente che diceva che le province sono inutili, che così come sono sono inutili, però intanto le teniamo. Ma come, intanto le teniamo? Intanto le togliamo e poi vedremo!
Oggi non è più il momento di «cincischiare» non è più il momento di rinviare le decisioni, non è più il momento di prendersi altro tempo. L'Italia non ha più tempo; oggi è il momento di intervenire «con l'accetta» e cominciare a tagliare le spese che non hanno giustificazione etica, ancora prima che politica.
Dobbiamo riprenderci legittimità e dignità in questo Parlamento e oggi - lo ribadisco - mi dispiace soprattutto che questa compattezza non ci sia nell'opposizione. Oggi avremmo potuto, grazie anche a tanti voti di coscienza che ci sono stati nella maggioranza, essere maggioranza in questo Parlamento.
Comunque abbiamo intenzione - lo voglio dire perché questo non è un addio, ma un arrivederci e lo anticipo ai colleghi - presto, visto che le province non le volete abolire, di mettere alla prova un altro dei luoghi comuni della politica. Abbiamo già depositato una proposta di legge che prevede il dimezzamento del numero dei deputati e dei senatori già dalla prossima legislatura (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ne chiederemo la calendarizzazione entro dicembre e vedremo, visto che tutti dicono di voler dimezzare il numero dei parlamentari, chi lo vuole fare davvero e chi no (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, vorrei rivolgere un invito al presidente della Commissione e agli altri colleghi, in particolare quelli dell'IdV e dell'UdC per rimettere su un piano di razionalità quello che stiamo facendo. Mi pare che, con la bocciatura dell'articolo 1, sostanzialmente ci incamminiamo su una strada pericolosa, ossia quella di mettere mano surrettiziamente ad una riforma delle province in un provvedimento che le voleva abolire.
Allora suggerisco - credo che sia la strada maestra - di prenderci un attimo di riflessione e che la Commissione e il Comitato dei nove si riuniscano. Qui è stata comunque espressa, a prescindere dal fatto che siano previste o meno in Costituzione, una volontà riformatrice da parte di tutte le parti, nel senso di riformare le province, di ridurne il numero e di eliminare quelle coincidenti con le città metropolitane.
Tutto questo può essere affrontato organicamente in un provvedimento con tempi certi, affinché torni in Parlamento in modo razionale. Procedere così, secondo me, è oltre che pericoloso anche velleitario perché rischia di complicarci le cose piuttosto che risolverle.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ritengo che questo dibattito, questo confronto che stiamo consumando ha qualche venatura di ipocrisia e di insincerità. Vi è un groviglio di posizioni, vi è qualche preoccupazione nel manifestare realmente le posizioni e bisogna riconoscere a qualche forza politica coerenza nel porre in essere l'esigenza di mantenere le province.
Ho ascoltato con molta attenzione quello che ha detto il Ministro Calderoli. Tuttavia ci sono state una serie di occasioni e di circostanze nelle quali abbiamo sollecitato una riforma complessiva nel campo delle autonomie locali e la conseguente soppressione delle province. Questo in occasione del codice delle autonomie e Pag. 50successivamente in occasione del federalismo fiscale. Voglio ricordare che in quell'occasione vi è stata, da parte del Governo e della maggioranza, una posizione di netta chiusura. Si rinvia a quando questa discussione? Anche in ciò, caro onorevole Giovanelli, non credo di seguirvi fino alla fine, perché questo era il momento di dare una risposta in termini definitivi e con grande coraggio e di aprire una fase nuova rispetto alle articolazioni delle autonomie locali sulla base delle competenze e dei ruoli, ovviamente rispetto anche all'area delle competenze delle regioni e degli enti intermedi.
Non c'è dubbio che quando diciamo di tornare in Commissione, riproponiamo - come dice il presidente della Commissione, e lo dice con grande onestà da parte sua - e riprendiamo anche il confronto e l'esame delle proposte di riforma che riguardano le province. Sappiamo che ciò richiede tempi lunghi, ma non c'è certamente una grande convergenza. C'è un nodo da sciogliere, parliamoci con estrema chiarezza, l'ho detto parecchie volte in Commissione, perché quando parametriamo e diciamo che alcune province rimangono rispetto alla popolazione e al territorio, mentre altre province vengono ad essere eliminate, così come si evince dagli emendamenti della Lega e anche dalla proposta di legge del Partito Democratico, sappiamo anche che questa strada è impervia. Infatti, si creerebbe all'interno del Paese una discussione molto vivace sul perché eliminare le province con 400 mila abitanti e non quelle di 399 mila abitanti.
Il discorso, invece, per definire questo tema è quello di eliminare tutte le province e riprendere certamente in termini forti anche il discorso di una nuova articolazione delle aree intermedie sul piano produttivo. Non l'ho detto, non l'ho mai pensato e anche in un'altra seduta l'ho dichiarato che vi era semplicemente il problema dei costi. Vi è ovviamente un problema di un equilibrio tra costi e benefici, e certamente con queste province, in considerazione della scarsa delega che hanno dalle regioni, sono maggiori i costi e meno i vantaggi nei confronti della collettività e dei cittadini. Ma questo dato e questo aspetto non si è mai affrontato perché quest'Aula non ha mai voluto affrontare con coraggio il tema delle regioni, degli sperperi e soprattutto dell'inefficienza di alcune regioni. Se si avesse il coraggio, riprenderemmo il discorso in termini complessivi anche per quanto riguarda la spesa pubblica, l'assenza di risposta ai bisogni e alle esigenze dei cittadini.
Detto questo, signor Presidente, non posso non seguire quello che dice l'onorevole Bruno perché ovviamente non credo che si porranno in essere anche una serie di riunioni e soprattutto di attività della Commissione, ma non vedo una volontà da parte della maggioranza in termini seri e univoci. Non faccio nemmeno le polemiche rispetto ai programmi alla vigilia della campagna elettorale. Non faccio riferimento nemmeno a questo. Faccio riferimento all'assenza di una politica e di una strategia nelle autonomie locali, ma questo si era già evidenziato - come ho detto poc'anzi - per quanto riguarda...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Tassone...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, non possiamo che confermare quanto abbiamo avuto modo di dire più volte: la non accettazione della nostra proposta di abolizione delle province è uno schiaffo ad una nazione che in questo momento soffre di grande crisi, che viene colpita da una manovra finanziaria nella quale peraltro c'è il rischio che si trovi un «infarcimento» con leggi «ad aziendam», perché non c'è il coraggio di rinunciare ai privilegi della casta. Invece, c'è il coraggio di incidere sulle tasche dei cittadini, di rimettere i ticket, di colpire le pensioni basse e medie, cioè di rubare ai poveri per dare ai ricchi. Ci dispiace che non ci sia stato da parte di molti un gesto di coraggio, perché tra l'altro siamo in prima lettura di una Pag. 51legge costituzionale, quindi ci sarebbero stati...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Favia...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ventura. Ne ha facoltà.

MICHELE VENTURA. Signor Presidente, vorrei dire al collega Donadi che, essendo stato per me chiaro che dobbiamo arrivare al superamento delle province così come oggi sono per avere un ente intermedio più corrispondente ad un assetto istituzionale rinnovato, tuttavia io trovo un po' singolare e paradossale che si voglia caricare sul voto che si è appena svolto un elemento risolutivo di tutti i problemi di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Con quel voto non avremmo risolto i problemi della manovra economica. Cerchiamo di rimanere in un ambito di serietà e di rigore.
Inoltre, vorrei aggiungere e informare il collega Donadi, che dice di aver depositato la proposta per la diminuzione del numero dei parlamentari, che noi l'abbiamo presentata da più mesi, che abbiamo chiesto nell'ultima Conferenza dei presidenti di capigruppo la calendarizzazione e che d'ora in avanti chiederemo ogni giorno che venga incardinata per arrivare al superamento del bipolarismo perfetto e per dare un nuovo assetto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Ventura...

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, ho ascoltato quanto ha riferito il collega Giovanelli. Credo che siamo ad un punto abbastanza importante e cruciale nella discussione di questo provvedimento. Atteso l'andamento dei lavori che c'è stato in Commissione, devo dire forse questa volta l'Italia dei Valori ha sbagliato a chiedere la calendarizzazione dopo appena una settimana: ciò non ha consentito purtroppo ai membri della Commissione di poter valutare compiutamente le nuove proposte. Non ho avuto neppure il tempo di poter riaprire il termine per eventuali nuovi emendamenti.
Quindi, la richiesta che le formulo è la seguente. Abbiamo visto come è andato il primo voto. In questo momento ci accingiamo a votare un emendamento soppressivo di tutto il provvedimento così come è stato sottoscritto dai colleghi dell'Italia dei Valori. Tuttavia, è anche vero che esistono proposte di legge che vanno nel senso della soppressione delle province medio tempore, però nel frattempo regolarizzano il sistema.
Credo che il Parlamento abbia l'obbligo di ridiscutere ancora. Potremmo farlo con un voto definitivo su questo emendamento e probabilmente iniziare da domani l'esame degli altri provvedimenti, ma credo che questo sia incongruo e non sia la volontà della maggioranza che si è registrata nella Commissione, perché sia il Partito Democratico, sia la Lega, sia il Popolo della Libertà, che credo abbiano una rilevanza anche sotto il profilo numerico, hanno più volte sottolineato, anche con la presentazione di emendamenti, che la loro intenzione è quella di modificare il sistema delle province così come oggi è scritto nella nostra Carta costituzionale.
È chiaro che dovrà esservi un dibattito che dovrà stabilire - e questo è merito - come eventualmente queste province devono essere disegnate. In fondo, credo che così si accolga anche in parte la volontà dell'Italia dei Valori, cioè di venire incontro al problema delle spese ma anche di razionalizzare questo sistema, perché la soppressione tout court probabilmente lascerebbe un grande vuoto e, quindi, sarebbe ancora peggio il risultato di quanto è probabilmente la cura.
A questo punto, signor Presidente, veramente tramite lei sollecito il presidente Di Pietro e il capogruppo Donadi affinché Pag. 52ritengano di poter concedere un termine - che non può essere di una settimana -, impegnando lei a calendarizzare il provvedimento per la fine di settembre. Sono convinto che la Commissione è in condizione di fare un buon lavoro e presentare per il Paese una proposta, che poi l'Assemblea eventualmente voterà, che sia nel senso di raccogliere quello che la stragrande maggioranza dei deputati ha espresso.

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, naturalmente la proposta è indirizzata a noi. Credo che questa proposta vada respinta per rispetto dell'intelligenza del presidente Bruno, ancora prima di quella mia o del gruppo dell'Italia dei Valori.
Avete cominciato a esaminare questo disegno di legge in Aula un anno e mezzo fa e ci avete detto che non era il momento e il luogo giusto, perché stavate predisponendo il codice delle autonomie e quello sarebbe stato il luogo dove avreste messo mano all'organizzazione delle province e svolto quel lavoro - nella vostra ottica - di riduzione, armonizzazione e miglioramento del ruolo delle province, che era nei vostri obiettivi.
Non voglio ricordare al presidente Bruno come è finito il codice delle autonomie. Dovevate abolire 14 province. Poi sono diventate nove, poi cinque e, alla fine, nemmeno una. Abbiamo ripreso in mano questo provvedimento un paio di settimane fa. Avete chiesto il rinvio. Ci ritorniamo oggi e richiedete un altro rinvio. Qualcuno ricordava oggi che a forza di rinvii questa Camera è da vent'anni che prende in considerazione l'abolizione delle province.
Credo che nel momento in cui stiamo per votare una manovra finanziaria «lacrime» per i cittadini e «poco sangue» per la politica, sia bene che oggi tutti in quest'Aula ci prendiamo le nostre responsabilità ed esprimiamo un voto chiaro, in modo che tutti domani leggendo i giornali, che spero diano atto di quanto è accaduto oggi in quest'Aula, possano farsi la loro opinione su chi, in questo momento, ha interesse a cambiare le istituzioni di questo Paese e chi, invece, chiacchiera solo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà per un minuto.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, voglio prendere sul serio quello che diceva il Ministro nella sua introduzione. Però, voglio ricordarvi una cosa. Era il febbraio del 2009 quando questa Camera compatta, salvo il gruppo dell'Unione di Centro, votò il federalismo fiscale. Allora vi dicemmo di fare attenzione, perché non potete andare a fare il federalismo fiscale se prima non rivedete l'architettura istituzionale. In quella architettura istituzionale, poi, dovete rivedere il ruolo delle province e accorpare i comuni, perché non ci possiamo permettere 8.200 comuni di cui 5 mila con meno di 5 mila abitanti.
Dovete eliminare le comunità montane e le unioni di comuni. Voi avete detto di «no» e cosa avete combinato? È stata disegnata un'architettura fiscale che sta in piedi con questa architettura istituzionale e non può stare in piedi con un'altra, tanto è vero che avete aumentato le imposte per le province, che a loro volta faranno la stessa cosa a man bassa a scapito dei cittadini. Ciò vuol dire che avete già deciso di lasciare le province e i comuni come sono perché gli avete disegnato sopra il vestito del federalismo fiscale.
Non prendiamoci in giro! Non fate come i bambini che, pur ammettendo di essere stati cattivi, dicono che, da domani, si comporteranno bene. Non siete più credibili perché la decisione l'avete già presa, ma a scapito dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

Pag. 53

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, credo che l'intervento, da ultimo, dell'onorevole Donadi abbia dimostrato che c'è una volontà che noi rispettiamo, pur non condividendola, di prescindere dal merito e passare al presunto incasso di un voto politico. Tuttavia, a forza di fare in questo modo, si prescinde dal lavoro legislativo che stiamo svolgendo: sta per essere votato un emendamento che sopprime gli articoli dal 2 al 9, ma è chiaro che, se si ripete il voto, come si ripeterà necessariamente anche da parte nostra con l'astensione, unitamente al voto dell'Assemblea di prima, si archivia definitivamente la possibilità di incidere positivamente su questo provvedimento, trovando in materia di province un'intesa che consenta di modificare la disciplina attuale come deciderà l'Assemblea all'esito delle votazioni. Peraltro, noi stiamo contemporaneamente difendendo - lo dico al collega Donadi e ci tengo che mi ascolti e che lo sappia -, pur avendo una posizione diversa nel merito, il diritto dei gruppi di opposizione sia quando sono d'accordo sia quando non lo sono, di portare al voto in Aula i provvedimenti che chiedono, nella quota di calendario delle opposizioni, evitando che questo diritto venga schiacciato da un voto a maggioranza che delibera il rinvio in Commissione. Questo abbiamo fatto, come ben sa il presidente Donadi prima fuori da quest'Aula e faremmo la stessa cosa se intervenisse - non mi pare che fosse questa la proposta del presidente Bruno - una proposta di rinvio in Commissione perché vogliamo difendere il diritto delle opposizioni di ottenere la calendarizzazione dei provvedimenti che ritengono, senza che la maggioranza dell'Aula deliberi il rinvio in Commissione. Tuttavia davvero, a questo punto, il voto prescinde completamente dal merito e preferire l'abrogazione di tutti gli articoli della legge piuttosto che un successivo lavoro parlamentare in Commissione su questo provvedimento - non su altri - che raggiunga il massimo risultato possibile anche dal vostro punto di vista, dimostra chiaramente che si tratta di una scelta tutta mediatica e poco politica o legislativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, intervengo da politico che dovrebbe dare una risposta, ma anche da cittadino: quello che sta accadendo con questa decisione lo trovo nettamente incongruente, all'opposto delle promesse elettorali e soprattutto delle decisioni e delle scelte a favore della collettività. Si tratta di una manovra che, nonostante i vari editti quali: «non metteremo le mani nelle tasche degli italiani», sta mettendo fortemente le mani nelle tasche degli italiani e, nonostante i proclami e gli spot di ridurre i costi della politica, sta andando in direzione opposta.
Credo che in quest'Aula e in questo Parlamento debbano essere evidenziate le contraddizioni: la coerenza con la quale ci siamo posti come gruppo dell'Italia dei Valori nei confronti dei cittadini prosegue, continuiamo a sostenere questa netta posizione, ma riscontriamo che invece, da altre parti, questa coerenza non c'è e non è di casa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, dico anche al presidente Bruno che non vorrei offendere nessuno, ma non si può dire dopo un anno e mezzo che non avete avuto il tempo per valutare le questioni. Avete avuto un anno e mezzo e non c'entra nulla il fatto mediatico. Lo dico anche all'onorevole Franceschini: cosa c'entra?
C'è una proposta concreta da un anno e mezzo all'esame in quest'Aula, con una manovra che, non immediatamente, ma fra due anni, quindi con tutto il tempo di transizione per intervenire sulle province, risparmiando quei due miliardi ed evitando Pag. 54che quei due miliardi vengano tolti ai comuni, e voi ci dite di rinviare il provvedimento in Commissione, di riparlarne, dopo un anno e mezzo? Presidente Bruno, non esiste! Questo è il momento delle decisioni, perché in effetti è evidente che non accadrà domani mattina ma è necessario qualche anno per arrivare a quel risparmio di 2 miliardi, considerato che la manovra di Tremonti per quest'anno e il prossimo prevede quasi nulla, ma che problema c'è? Andiamo avanti, sopprimiamo le province, provvedete adesso a farlo nella misura in cui si può fare anche in queste condizioni, e credo che troverete la soluzione che volete e che non avete voluto trovare tutti assieme in un anno e mezzo di tempo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, faccio l'ultimo tentativo e provo a rivolgermi direttamente al Governo, alla maggioranza, al Popolo della Libertà. Visto che il Governo e la maggioranza non stanno certo godendo di un momento di forma smagliante dal punto di vista della credibilità politica, l'Italia dei Valori vi offre questa grande possibilità di riscattarvi nei confronti dei cittadini. Votate a favore dell'abolizione delle province e così forse mostrerete, con uno scatto d'orgoglio, che vi sentite un po' in linea con quello che già il referendum del 12 e 13 giugno vi ha dimostrato. Provateci, e probabilmente potrete riconquistare la fiducia dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, anch'io vorrei fare un appello che riguarda il problema delle province e, malgrado fosse incluso nel programma con il quale la maggioranza si è presentata alle elezioni, il Governo non sta procedendo alla loro abolizione. Per noi sono un ente inutile e naturalmente gli impegni che avete preso in campagna elettorale sono rimasti esclusivamente sulla carta. Perché non procedere all'abolizione che a regime potrebbe portare dei risparmi cospicui, anche rispetto oggi alla manovra? Addirittura potremmo risparmiare ben tre miliardi di euro, credo che un Presidente del Consiglio che fa una manovra così forte, taglia le pensioni, le spese sociali e mette le mani nelle tasche dei cittadini meno abbienti si debba porre questo tema e debba comprendere come non si possa non andare avanti sull'abolizione dei province, soprattutto perché il prossimo anno scatterà il blocco della rivalutazione automatica delle pensioni e credo che non sia un tema da sottovalutare; allora, non si comprende come mai nonostante sia stato inserito nel programma del Governo e di questa maggioranza...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, anche in relazione all'ultimo intervento quando dice che si risparmiano 20 miliardi, si tratta di interventi demagogici che meritano una risposta...

ANTONIO BORGHESI. 3 miliardi di euro!

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. ...meritano una risposta perché c'è dentro di tutto in questo. C'è uno studio del Partito Democratico - non della Lega Nord Padania - interessante, fatto sui bilanci delle province (consuntivo 2008); ho avuto l'onore di presiedere in quel periodo l'ente provincia di Varese che dal Partito Democratico è indicato come quello che costa meno in tutto il nostro Paese per cittadino: 85 euro ad abitante, proprio la provincia di Varese che ha una storica amministrazione della Lega Nord Padania. Ovviamente ci sono province, ad esempio quella di Siena, che costano molto di più: 400 euro ad abitante, pertanto Pag. 55bisogna chiedersi il perché. Non è che il riscaldamento delle scuole a Varese funzioni meno che a Siena, a Crotone o a Campobasso, la motivazione risiede nella diversa gestione.
Ho ascoltato e apprezzato molto l'intervento del Ministro Calderoli che ha ribadito che nel programma di Governo è prevista la riduzione del numero e il ridisegno delle province inutili, e credo che a questo dovremmo attenerci perché è chiaro che qui invece, onorevoli Donadi, è in atto da parte vostra una questione solo mediatica, come le ha ricordato Franceschini, che prescinde dal merito legislativo.
Lei ha detto - parole testuali: leggendo i giornali domani. Ma noi non dobbiamo leggere i giornali domani, noi dobbiamo dare risposte al Paese e risolvere i problemi di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Allora, al di là del vostro populismo e della vostra demagogia, mi sembra che invece il ragionamento del presidente Bruno fosse interessante. Rispetto il diritto delle opposizioni e, quindi, non chiederemo il rinvio in Commissione. Sopprimeremo il residuo della vostra proposta di legge, che non esisterà più. Però, presidente Bruno, Ministro Calderoli, manteniamo fede all'impegno che si è preso: torniamo in Aula, magari a fine settembre, magari i primi di ottobre, con una proposta di legge nostra, che tenga conto davvero di un ridisegno e di un riordino della situazione, non solo riguardo alle province, ma a tutti gli enti che sono collegati alla provincia. Mi chiedo perché in una discussione del genere, dopo due ore, nessuno abbia mai chiesto che cosa ci stanno a fare i prefetti e quanto costa alla collettività un prefetto della Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Vi sono le soprintendenze provinciali, le agenzie delle entrate provinciali, la motorizzazione civile provinciale, la Banca d'Italia e così via, tutti enti che con la provincia non c'entrano assolutamente nulla, ma che fanno parte di una sovrastruttura dello Stato che ha radici borboniche e che non ha eguali in tutta Europa. Forse i prefetti sono più simpatici dei presidenti di provincia. Può essere, per noi non è così. Noi sappiamo benissimo che il prefetto è la longa manus del centro e invece il presidente della provincia è eletto dai cittadini e rappresenta l'autonomia locale. Pertanto, andiamo avanti verso quel riordino, che il Governo ha già iniziato con le leggi che sono state approvate, di tutte le competenze dello Stato, compresi gli organi delle periferie dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, ho sentito parlare di populismo, demagogia e di prefetti da parte del collega della Lega. Credo che dobbiamo stare al punto perché, se dobbiamo parlare dei prefetti come longa manus di Roma sul nostro Nord, probabilmente dovremmo anche discutere sulla proposta avanzata di allungare addirittura le mani dei Ministeri sul Nord. Ma il problema non è quello e lo dico anche al collega Franceschini: la maggioranza si trova di fronte ad un punto in cui viene inchiodata alle proprie responsabilità. Noi voteremo convintamente, come abbiamo fatto, perché il provvedimento prosegua con l'abolizione molto grossier delle province. Anche perché - lo dico al collega Bianconi - la maggioranza si è impegnata in campagna elettorale. Conosco la lettera del programma su cui ci siamo impegnati in campagna elettorale e conosco anche le parole - basta andare su Youtube - del Presidente del Consiglio, con l'impegno circa l'abolizione delle province e qualche esagerazione sui risparmi che questo avrebbe generato. Non è quindi tollerabile che si arrivi oggi a dire, da parte della maggioranza e del Popolo della Libertà, che presenteranno oggi stesso o domani un disegno di legge, cioè zero al quoto. È chiaro infatti che o si fa quello che possiamo fare oggi, andando un po' con l'accetta - ma ce lo siamo tutti meritato e se lo è meritato la maggioranza - oppure sulle province non si farà nulla. Pag. 56Quindi, l'alternativa che proponeva anche il collega Franceschini e l'alternativa che proponeva il presidente Bruno sono alternative fittizie: o scegliamo con questo voto di andare dritti all'obiettivo con qualche sommarietà oppure rinunciamo - e rinuncia il Popolo della Libertà innanzitutto - ad adempiere una delle missioni che si era dato per questa legislatura. Quindi, usciamo dall'ambiguità, perché di questo si tratta. Oggi abbiamo una decisione chiara davanti: o con qualche sommarietà interveniamo sulle province oggi - è un disegno di legge costituzionale e avrà il suo iter - oppure rinunciamo. Ciascuno di noi deve assumersi questa responsabilità.
Lo dico al collega Franceschini ma soprattutto ai colleghi della maggioranza. Ho sentito gli interventi degli onorevoli Martino e Valducci. Oggi si sceglie se andare dritti ad un punto del programma di centrodestra oppure passare tutto in cavalleria. Noi teniamo la barra dritta e andiamo a votare perché si raggiunga uno degli obiettivi su cui anche noi ci siamo impegnati in campagna elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bindi. Ne ha facoltà.

ROSY BINDI. Signor Presidente, intervengo molto brevemente per chiedere la presenza del Ministro dell'interno, onorevole Maroni, per sapere che cosa pensa della proposta del capogruppo del suo partito sulla soppressione delle prefetture e sulle parole gravi che sono state usate con riferimento ad un'istituzione del nostro Paese che dipende dal Ministero dell'interno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, abbiamo sentito le parole del capogruppo della Lega, onorevole Reguzzoni, che di fatto dice: andiamo subito al voto di questo emendamento e spazziamo via, in modo definitivo, questa proposta di legge. Poi consigliava al Governo e al presidente Bruno: magari a settembre, magari a ottobre. Magari che? O si ha il coraggio di fare le cose oppure si dice che si tiene di più alle cadreghe e alle poltrone, perché in questi anni avete lavorato per occuparle e non volete lasciarle. Questa è la verità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, rispettare il mandato e le promesse fatte agli elettori: questo è il mantra che è stato ripetuto tanto e tanto spesso nei salotti televisivi. Da chi, ve lo lasciamo immaginare.
La prima cosa da fare è dimezzare il numero dei parlamentari, dei consiglieri regionali, dei consiglieri comunali. Non parlo delle province, perché bisogna eliminarle. Chi ha pronunciato queste parole, ve lo lasciamo immaginare. Dimezzamento dei costi della politica significa, innanzitutto, dimezzare il numero delle persone che fanno politica di mestiere ed eliminare tanti enti inutili, e quindi le province, le comunità montane e tutti quegli enti che sono rimasti in funzione. Questo è stato detto da chi? Ve lo lasciamo immaginare. Ma smetto qui, signor Presidente, perché penso che fra un po' al Premier Berlusconi cominceranno a fischiare le orecchie (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, l'introduzione del federalismo regionale ha consentito alle province di elevare l'imposta, già fissata al 12,5 per cento sulle già salatissime assicurazioni Pag. 57RC Auto, di 3,5 punti. Il Parlamento lo sa che già 20 province hanno elevato l'aliquota di questa imposta al 16 per cento? Per cui, gli italiani pagheranno già dal 2011, rispetto ai 125 euro che pagavano per ogni mille euro di premio assicurativo RC Auto, 160 euro, e 13 di queste province sono al Nord.
Questa è la differenza tra l'Italia dei Valori e la Lega: a voi non interessa che gli italiani pagheranno 35 euro in più su ogni mille euro di assicurazione RC Auto, perché a voi non sta a cuore l'interesse, anzi, le tasche degli italiani, che in questo momento sono in difficoltà (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Voi sostenete le inutili province, facendo pagare di più le già salatissime tasse sulle assicurazioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, cerco di invitare quest'Aula a compiere una scelta per il Paese e per i cittadini. Lo dico anche al presidente della Commissione, onorevole Bruno, che è persona intelligente e sa e gira il territorio, come tutti noi: oggi non possiamo permetterci di andare in giro nel Paese a dire ai cittadini che devono fare sacrifici sulle protezioni sociali, che devono fare sacrifici dalla mattina alla sera sulla salute, che devono fare sacrifici a costi altissimi, e poi noi non diamo il buon esempio.
Noi non cominciamo a fare quel passo importante, che significa dire ai cittadini: se chiediamo sacrifici a voi, i primi a farli siamo noi; il che significa ridurre tutti gli sprechi, abolire le province e togliere di mezzo tutti quegli enti compartecipati statali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà, per un minuto.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, ascoltando l'intervento del capogruppo della Lega mi sono chiesto se stavo tra il sogno e la realtà, perché ho ripensato al 2005, quando il Ministro Calderoli fu uno dei più grandi sostenitori dell'istituzione delle province di Monza, BAT e Fermo.
Mi sono però anche chiesto come si fa a sostenere certe tesi, quando il Ministro Calderoli, presentando in quest'Aula il Codice delle autonomie, insieme alla Lega ha bocciato tutte quelle proposte emendative che oggi il presidente Bruno vorrebbe riabilitare, insieme al Ministro Calderoli, rinviando il testo in Commissione.
Faccio in ultimo osservare che, comunque, la Costituzione andrebbe cambiata anche in ragione di una legge ordinaria. L'articolo 133 prevede, infatti, che il mutamento o l'istituzione di nuove province possano realizzarsi soltanto su iniziativa dei comuni e non già con legge dello Stato. Quindi, anche questo passaggio dell'articolo 133, relativo alla modifica della Costituzione, è indispensabile.
Vorrei che questa non fosse l'ennesima bugia del Ministro Calderoli e della Lega sulla questione delle province.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,30).

DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, mentre lei era sostituito da un Vicepresidente, ho formulato la richiesta che lei, nell'ambito delle sue competenze, facesse in modo di garantire alla Camera la corrispondenza tra i deliberati del Consiglio dei ministri e gli atti che vengono mandati in Parlamento e, per la firma, al Presidente della Repubblica. Infatti, abbiamo registrato molte dichiarazioni sui giornali di ministri, che affermano che la norma cosiddetta lodo Mondadori non era stata nemmeno portata all'attenzione del Consiglio dei ministri.
Le riconfermo tale richiesta, che non viene in alcun modo superata dal fatto che Pag. 58pochi minuti fa il Presidente del Consiglio ha annunciato il ritiro di quella norma vergognosa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). E siccome ha detto che c'è stata una manovra delle opposizioni, noi salutiamo questo ritiro come l'inevitabile atto, non già di una vergognosa campagna delle opposizioni, ma di una reazione civile di tutte le persone che, nei diversi ruoli che ricoprono e nei diversi schieramenti in cui operano, non potevano assistere inermi a questo ultimo schiaffo che viene dato al principio dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Il fatto che quella norma adesso sia stata ritirata dal Presidente del Consiglio, però, riconferma l'urgenza di garantire il Parlamento in ordine alla corrispondenza tra gli atti che vengono approvati in Consiglio dei ministri e quanto poi viene mandato alle Camere - secondo il Regolamento della Camera il giorno stesso in cui il decreto-legge è approvato - e alla Presidenza della Repubblica per le competenze che ad essa spettano.
Il fatto stesso di ritirare la norma dimostra che vi è un'intenzione interiore discrezionale e che anche questa calpesta continuamente il rispetto del Regolamento e della legge (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Franceschini mi permetta, a mia volta, di svolgere qualche rapida considerazione su quanto ella ha affermato, partendo da un elemento del nostro ordinamento che credo sia indiscutibile.
La competenza in materia di deliberazione prima e successivamente di emanazione dei decreti-legge è una competenza che il nostro ordinamento assegna in via esclusiva al Governo e al Presidente della Repubblica, ciascuno secondo le proprie prerogative costituzionali.
Inoltre, come è noto a lei e ai capigruppo, il rappresentante del Governo, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo aveva annunciato, dietro esplicita domanda del Presidente del Consiglio, che il disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia economico-finanziaria sarà presentato in prima istanza al Senato. Sarà, quindi, Palazzo Madama, una volta emanato il decreto-legge, a valutare in prima istanza il provvedimento in tutti i suoi aspetti, siano essi di merito, siano essi di tipo procedurale.
Alla luce di queste considerazioni, ad avviso della Presidenza non sussiste alcun margine di intervento da parte della medesima Presidenza e ciò, ovviamente, a prescindere dal giudizio politico in materia, giudizio politico che al riguardo è, da parte mia, non molto dissimile da quello che è stato espresso in quest'Aula e fuori di qui circa la totale inopportunità di inserire nella legge di stabilità la norma che oggi si dice essere stata ritirata (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo - Commenti di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Prego tutti coloro che giustamente esprimono il loro dissenso di rileggere la Costituzione e il Regolamento e di prendere buona nota di quello che la Presidenza ha detto qualche istante fa a proposito del doveroso rispetto delle competenze che, nel caso, sono del Governo, del Presidente della Repubblica e, visto che il provvedimento andrà al Senato, in primo luogo di Palazzo Madama.
Poi il giudizio politico è cosa del tutto diversa dal rispetto della Costituzione e del Regolamento (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Unione di Centro per il Terzo Polo). Quindi, non posso accogliere in alcun modo la richiesta dell'onorevole Franceschini.

Si riprende la discussione (ore 17,35).

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 1990-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Pastore 2.1. Pag. 59
Ricordo che in caso di approvazione dell'emendamento Pastore 2.1, soppressivo dell'articolo 2 e conseguentemente degli articoli da 3 a 9, su cui il relatore e il Governo hanno espresso parere favorevole, il provvedimento si intenderà respinto nel suo complesso. Non si procederà pertanto né alla votazione delle restanti proposte emendative e dei restanti articoli né alla votazione finale.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pastore 2.1, accettato dalla Commissione e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato? Aspettiamo... L'onorevole Casini ha votato. L'onorevole Di Girolamo? Ha votato. C'è qualche collega che non ha ancora votato? Onorevole Iannaccone? Ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 547
Votanti 354
Astenuti 193
Maggioranza 178
Hanno votato 275
Hanno votato no79
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Il provvedimento si intende dunque respinto nel suo complesso e non si procederà né alla votazione delle restanti proposte emendative e dei restanti articoli, né alla votazione finale.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,38).

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, avevo chiesto di intervenire dopo la fine dei lavori proprio perché a fine giornata volevo approfittare della presenza del Ministro Calderoli che, invece, in questo momento non vedo. Infatti, vorremmo chiedere al Governo ed in particolare al Ministro Calderoli che cosa è successo l'altro giorno quando hanno approvato la manovra economica.
Vede, signor Presidente, sono d'accordo con lei, indubbiamente sono prerogative del Presidente della Repubblica e del Governo le decisioni all'interno del Consiglio dei Ministri; però il Governo qui deve dirci che cosa è successo. Il Ministro per la semplificazione che dichiara... Ti prego, Ministro Calderoli, proprio a te mi rivolgo, ti prego di non andare via.
È necessario che il Ministro Calderoli spieghi al Parlamento che cosa vuol dire, quando dice come ha detto, che nel Consiglio dei Ministri - dove lui era presente - non ha né visto né letto la norma, cioè quella norma non è stata deliberata. Siccome al Capo dello Stato quella norma è arrivata vuol dire che qualcuno, al di fuori del Consiglio dei Ministri, nel redigere materialmente il documento lo ha «falsificato materialmente» per ordine e conto di qualcun altro che glielo ha ordinato.
Allora, una cosa è il fatto che rientri nelle garanzie costituzionali cosa deve fare il Governo e cosa deve fare il Presidente della Repubblica; ma io credo che il Parlamento abbia il dovere, oltre che il diritto, di chiedere al Ministro che è qui in Aula di rispondere in merito a cosa è successo veramente. Vuol dire che sono stati commessi dei falsi, sia materiali sia ideologici, vuol dire che c'è qualcuno, qualche manina che di nascosto ha falsificato una delibera del Consiglio dei ministri: quella che è stata portata al Capo dello Stato è diversa da quella che è stata approvata quel giorno.
Ci sono dei funzionari dello Stato che hanno commesso delle violazioni macroscopiche della legge penale, e lo hanno fatto su ordine e per conto di qualcun altro. Non possiamo far finta che non sia successo niente. Non possiamo accettare Pag. 60l'atto successivo del Presidente del Consiglio Berlusconi, che oggi, scoperto con le manine nel sacco, dice: la ritiro questa norma. Oggi la ritira per vedere quando ne può ripresentare un'altra simile? C'è una responsabilità politica, istituzionale, e non solo, da parte del Presidente del Consiglio e da parte di quei Ministri che, presenti quel giorno, hanno approvato un documento totalmente diverso da quel che è stato trasmesso al Capo dello Stato.
Credo che ci sia un problema non solo di rilevanza penale ma anche di rilevanza istituzionale. Il fatto che abbiamo al Governo (abbiamo un Governo con) delle persone che arrivano fino al punto di cambiare materialmente e modificare lo scritto che viene portato al Capo dello Stato è un fatto gravissimo che attenta alla democrazia, alle istituzioni, allo Stato di diritto. Non possiamo permetterci di dire semplicemente: adesso ha ritirato l'emendamento. L'ha ritirato? Ma questo non vuol dire niente: è come dire che dopo aver data una coltellata, adesso ha messo a posto il coltello. Ma la coltellata l'ha data, ed è anche uno schiaffo alla democrazia!
Allora, io chiedo che questo Parlamento apra un dibattito su questo tema, chiedendo innanzitutto al Ministro della semplificazione Calderoli di riferire esattamente cosa è successo, chiedendo al Presidente del Consiglio di riferire se è vero o non è vero che aprirà un'inchiesta per vedere qual è quel funzionario che si è prestato e per conto di chi si è prestato nel falsificare questo documento. Alla fine vorremmo sapere dal Ministro Calderoli se ha informato la procura della Repubblica competente (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

MARCO BELTRANDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa, onorevole Beltrandi?

MARCO BELTRANDI. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Le darò la parola al termine della seduta.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 10-51-136-281-285-483-800-972-994-1095-1188-1323-1363-1368 - D'iniziativa dei senatori: Ignazio Roberto Marino ed altri; Tomassini ed altri; Poretti e Perduca; Carloni e Chiaromonte; Baio ed altri; Massidda; Musi ed altri; Veronesi; Baio ed altri; Rizzi; Bianconi ed altri; D'Alia e Fosson; Caselli ed altri; D'Alia e Fosson: Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 2350-A) e delle abbinate proposte di legge: Binetti ed altri; Rossa ed altri; Farina Coscioni ed altri; Binetti ed altri; Pollastrini ed altri; Cota ed altri; Della Vedova ed altri; Aniello Formisano ed altri; Saltamartini ed altri; Buttiglione ed altri; Di Virgilio ed altri; Palagiano ed altri. (A.C. 625-784-1280-1597-1606-1764-bis-1840-1876-1968-bis-2038-2124-2595) (ore 17,42).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, d'iniziativa dei senatori Ignazio Roberto Marino ed altri; Tomassini ed altri; Poretti e Perduca; Carloni e Chiaromonte; Baio ed altri; Massidda; Musi ed altri; Veronesi; Baio ed altri; Rizzi; Bianconi ed altri; D'Alia e Fosson; Caselli ed altri; D'Alia e Fosson: Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento; e delle abbinate proposte di legge Binetti ed altri; Rossa ed altri; Farina Coscioni ed altri; Binetti ed altri; Pollastrini ed altri; Cota ed altri; Della Vedova ed altri; Aniello Formisano ed altri; Saltamartini ed altri; Buttiglione ed altri; Di Virgilio ed altri; Palagiano ed altri.
Ricordo che nella seduta del 27 aprile 2011 sono state respinte le questioni pregiudiziali di costituzionalità e le questioni sospensive presentate. Pag. 61
Avverto che prima dell'inizio della seduta sono stati ritirati dai presentatori gli emendamenti Binetti 3.2010, 3.2012 e 7.2008, e Calgaro 1.2012, 1.2066, 3.2011 e 3.13, e Contento 1.2004.
Avverto, inoltre, che prima dell'inizio della seduta sono stati ritirati dal presentatore tutti gli emendamenti a prima firma dell'onorevole Mantini.

(Esame degli articoli - A.C. 2350-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge, nel testo della Commissione.
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
A tal fine, i gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori, Unione di Centro per il Terzo Polo e il gruppo Misto (per la componente politica delle minoranze linguistiche) sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
Con lettera in data 27 aprile 2011, il presidente del gruppo Italia dei Valori ha chiesto alla Presidenza di valutare l'opportunità di ampliare il numero degli emendamenti da porre in votazione ai sensi dell'articolo 85-bis del Regolamento. Al riguardo, desidero precisare quanto segue: il numero degli emendamenti da porre in votazione non è affidato alla discrezionalità della Presidenza, ma è ancorato, ai sensi dell'articolo 85-bis, comma 1, del Regolamento, ad un preciso parametro matematico, fondato, sia sulla consistenza dei singoli gruppi, sia sul numero degli articoli di cui il provvedimento si compone. L'unica deroga prevista espressamente dal Regolamento riguarda la facoltà, di cui al comma 3 dello stesso articolo, di porre in votazione proposte emendative presentate da deputati che dichiarino di dissentire dai rispettivi gruppi.
È ben vero che, in alcune particolari ed eccezionali circostanze, la Presidenza ha aumentato il numero degli emendamenti da porre in votazione. Si è trattato, tuttavia, nella quasi totalità dei casi, di provvedimenti composti da un articolo unico o, comunque, da un numero molto limitato di articoli, ciascuno contraddistinto da un elevato numero di commi, recanti una pluralità di interventi normativi, talvolta disomogenei tra loro. In molti casi, si è trattato di accorpamenti in un unico articolo, a seguito della posizione della questione di fiducia da parte del Governo, di provvedimenti originariamente composti da un numero più elevato di norme.
Nel caso di specie, il provvedimento è distribuito in nove articoli, ciascuno dei quali recante un'omogenea trattazione dei singoli aspetti della problematica affrontata dal testo.
In presenza di tali elementi, non sussistono i presupposti per giustificare una deroga all'applicazione del dettato regolamentare. La richiesta del presidente del gruppo dell'Italia dei Valori non può, pertanto, essere accolta.
Avverto, inoltre, che le Commissioni affari costituzionali e bilancio hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 2350-A), che sono distribuiti in fotocopia.
Avverto che la Commissione ha presentato gli emendamenti 3.3000 e 3.3001, che sono in distribuzione, con riferimento ai quali il termine per la presentazione di subemendamenti è fissato alle ore 18,30 di oggi.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2350-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 2350-A).
Avverto che, ai sensi dell'articolo 51, comma 2, del Regolamento, è stato richiesto, da parte del rappresentante del gruppo Partito Democratico, lo scrutinio Pag. 62segreto sull'articolo 1 e sugli emendamenti ad esso riferiti.
Con riferimento all'articolo 1, lo scrutinio segreto è ammissibile in base ad un giudizio di prevalenza. L'articolo 1 è volto a fissare i principi cui il provvedimento si ispira individuando, al comma 1, quali finalità del provvedimento: la tutela della vita umana quale diritto fondamentale indisponibile; il riconoscimento della dignità della persona; la qualificazione dell'eutanasia come omicidio ovvero come istigazione o aiuto al suicidio ai sensi degli articoli 575, 579 e 580 del codice penale; l'obbligo del consenso informato e il riconoscimento dell'alleanza terapeutica tra medico e paziente; il divieto di effettuare trattamenti sanitari a prescindere dal consenso informato del paziente; l'obbligo del medico di astenersi nei confronti dei pazienti in fin di vita da trattamenti straordinari. Si tratta di una serie di disposizioni che recano principi, alcuni dei quali direttamente precettivi, che incidono direttamente sugli articoli 13 e 32 della Costituzione, espressamente richiamati nello stesso articolo e, in quanto tali, determinano il carattere segretabile del comma 1.
I commi 2 e 3, non segretabili, e, comunque, non prevalenti rispetto al contenuto complessivo dell'articolo, prevedono che siano garantite politiche sociali ed economiche volte alla presa in carico del paziente e che i pazienti terminali abbiano diritto ad una terapia contro il dolore.
Sulla base delle predette considerazioni sono, altresì, da considerarsi segretabili tutte le proposte emendative riferite all'articolo 1, ad eccezione delle seguenti: Farina Coscioni 01.0265, 01.0266, 01.0267, 01.0268, 01.0269, 01.0270, 01.0271, 01.0277, 01.0278, 01.0280 e 1.73; gli identici emendamenti Palagiano 1.41 e Livia Turco 1.42; Mario Pepe (PD) 1.2026; Buttiglione 1.6; Bertolini 1.2028; Barani 1.2024 e Palumbo 1.2005.
Ha chiesto di intervenire sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 1 l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà per venti minuti. Constato l'assenza dell'onorevole Donadi: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, nessuno di noi avrebbe mai pensato di voler legiferare su un tema che riguarda la vita, la morte delle persone o situazioni di coma persistente. Ho sempre creduto che situazioni di questa drammaticità per il singolo e per le persone a lui vicine - qui ricordo il caso Englaro - dovrebbero interessare solo ed esclusivamente la sfera personale del paziente nel suo ambito familiare e per questa ragione non avrei mai pensato che si sarebbe giunti a legiferare su questo tema. È a parer mio innegabile che certe ingerenze del potere giudiziario potrebbero rivelarsi potenzialmente lesive del rapporto di alleanza terapeutica tra il medico, il malato e la famiglia.
Il testo in esame è stato elaborato con il contributo di tutte le parti politiche pur nella differenza delle posizioni originarie. Rispetto a questa elaborazione comune il risultato conseguito con il provvedimento oggi in esame è indubbiamente espressione della volontà ferma di ribadire alcuni principi fondamentali ritenuti irrinunciabili, quali da un lato la salvaguardia della vita e, da un altro lato, il diritto alle cure e alla salute con esclusione di qualsiasi possibilità di eutanasia, di accanimento terapeutico e di abbandono terapeutico.
Sì, questo è un testo di legge che non apre a derive eutanasiche, anche se dal dibattito è emersa una deriva eutanasica, deriva che non condivido affatto. Necessario e corretto in materia è il richiamo al codice penale. L'adozione di un'ampia nozione di eutanasia estesa sia all'eutanasia passiva sia a quella attiva consente di far rientrare l'istituto all'interno di tre fattispecie del nostro ordinamento penale: il reato di omicidio ex articolo 575 codice penale; il reato di omicidio di consenziente ex articolo 579 del codice penale; il reato di istigazione ed aiuto al suicidio ex articolo 580 del codice penale. Tale ricostruzione Pag. 63generale recupera un orientamento ormai consolidato nel nostro sistema penale vigente per cui la pietà per la sofferenza della vittima non costituisce causa di giustificazione del reo.
Questo è un provvedimento che non apre a derive eutanasiche o ad ipotesi di omicidio di consenziente. È un testo di legge che salvaguarda la vita secondo quelli che sono i principi contenuti nella nostra Costituzione. La vita è un bene indisponibile e per un principio di precauzione va tutelata. Il diritto alla vita è un principio non solo religioso ma anche laico e comune a molte civiltà e a molte culture. È un diritto garantito in ogni società.
L'articolo 32 della Costituzione, nel garantire la volontarietà dei trattamenti sanitari, non affronta tuttavia il caso di incoscienza del paziente. La personalità delle manifestazioni di volontà sul diritto alla vita non consente che si applichi il principio di presunzione alle situazioni in esame. Di primario rilievo è la scelta di esplicitare la forma giuridica della DAT, la dichiarazione anticipata di trattamento, che deve essere scritta, sottoscritta e controfirmata dal medico che svolge una fondamentale opera di informazione scientifica al cittadino.
La possibilità di sottoscrivere la DAT non esclude che le originarie indicazioni del paziente debbano essere attualizzate in considerazione della situazione clinica nel momento della presunta fine vita. L'ultima parola tocca proprio al medico, perché è il medico che agisce in scienza e coscienza ed è il medico che sa valutare le condizioni del paziente sulla base di una sua personale esperienza clinica e sulla base di una sua personale esperienza umana. È il medico che in genere ha la fiducia del paziente. In tale ottica viene previsto che le dichiarazioni anticipate di trattamento debbano essere sempre tenute in considerazione, ma che debbano altresì coincidere con la situazione clinica del momento di presunta fine della vita, posto che le condizioni patologiche non sono prevedibili e che solo il medico è in grado di determinarle.
Contestualmente alla scelta di garantire chi intende manifestare la propria volontà attraverso la DAT, deve essere parimenti tutelata la scelta consapevole e responsabile di coloro che, invece, affidano al medico la valutazione sui trattamenti da praticare e lasciano alla famiglia il ruolo di garanzia, espresso anche nella funzione del fiduciario, e la scelta di coloro che non decidono di sottoscrivere alcunché in tema di testamento biologico.
Per quanto concerne l'idratazione e la nutrizione, pensare di sospendere le stesse in un paziente che ancora è in grado di farne uso per il suo metabolismo, non è come togliere una terapia. L'idratazione e la nutrizione non curano una patologia. Togliere l'idratazione e la nutrizione significa togliere il sostegno vitale alla persona. L'obiettivo, con la DAT è quello di consentire che la volontà sia espressa in un documento giuridicamente valido, evitando che la medesima venga ricostruita a posteriori attraverso un insieme di prove, anche a carattere testimoniale, di dubbia validità.
Questo è un provvedimento che tiene conto anche del principio di autodeterminazione dell'individuo nel rispetto dei principi costituzionali; in merito, grazie alla Lega Nord Padania, è stato introdotto nel testo, durante la discussione in Commissione, un emendamento di valore profondamente laico, di tutela e garanzia del rispetto della volontà del cittadino; anche di quello che consapevolmente abbia deciso di non sottoscrivere la DAT (la dichiarazione anticipata di trattamento).
Contro chi afferma che questa è una proposta di legge che non tiene conto del principio di autodeterminazione dell'individuo e che permette esclusivamente l'attuazione delle scelte del medico, osservo che la situazione è radicalmente opposta.
L'emendamento che è stato accolto in Commissione recita: «non costituiscono dichiarazioni anticipate di trattamento gli orientamenti dedotti e le dichiarazioni di intenti rilasciati o espressi al di fuori dei casi e delle modalità previste dalla presente legge, anche se antecedenti alla sua entrata in vigore». Con questo emendamento Pag. 64è stato introdotto il principio da un lato della doppia garanzia di certezza e delle volontà espresse con la DAT, e da un altro di tutela e di rispetto della scelta e della decisione individuale di non esprimere una volontà sul proprio fine vita. Volontà che, anche questa, deve essere rispettata; infatti se il cittadino vorrà esprimere la sua volontà, potrà farlo con certezza attraverso la DAT, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge in esame.
A differenza del passato, una volta approvata la legge, il cittadino avrà a disposizione uno strumento con il quale, se vorrà esprimere in modo certo ed inequivocabile la propria volontà sul fine vita, potrà farlo; ma poiché il presupposto è che per la sottoscrizione della DAT sia la volontà del soggetto interessato, lo stesso potrà anche decidere di non sottoscrivere tale documento e quindi di non esprime alcuna volontà. Anche in questo caso la volontà del cittadino dovrà essere rispettata. Questo punto introdotto nel provvedimento garantisce che anche espressioni emozionali rilasciate dal cittadino magari in tempi remoti, in situazioni particolari di crisi o di esaltazione emozionale non vengano un domani interpretate da un terzo, magari da un giudice, come certezza e garanzia di una volontà presunta, reale e attuale. Grazie a questa legge, se il cittadino vorrà esprimere la sua volontà potrà farlo con certezza del rispetto della stessa, nei tempi e nei modi stabiliti dalla legge in esame.
Il testo del provvedimento prevede inoltre: l'esclusione di ogni forma di accanimento terapeutico, ovvero dell'esclusione del ricorso a mezzi terapeutici sproporzionati, inutili e dannosi, sancendo l'accettazione della condizione umana di fronte alla morte imminente e inevitabile; l'esclusione dell'abbandono terapeutico, sancendo inoltre da un lato il valore fondamentale dell'alleanza terapeutica tra medico e paziente, basata sul consenso informato e sulla redazione certa e inequivocabile della DAT, e da un'altro il ruolo del fiduciario che può essere un familiare o una persona di fiducia.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,55).

LAURA MOLTENI. Il ruolo del fiduciario è un ruolo importante voluto dalla Lega Nord Padania fin da quando il provvedimento era in discussione al Senato. Il fiduciario svolge il ruolo di garante, affinché le disposizione contenute nella DAT vengano correttamente interpretate. Uno degli obiettivi principali della presente proposta di legge è quello di prevenire e limitare il possibile ricorso alla magistratura. Voglio ricordare che in uno Stato di diritto ovviamente, non è mai preclusa al cittadino la possibilità di ricorso in giudizio, ma che vi sono anche molteplici strumenti atti a limitare questo momento di patologia del sistema.
Tutti sanno come si è espressa la Corte costituzionale sul ricorso per il conflitto di attribuzione, ma tale pronuncia non elimina la sensazione diffusa di ingerenza del potere giudiziario in decisioni che non solo attengono alla sfera privata dell'individuo ed eventualmente della famiglia, ma che in questa fattispecie soprattutto intaccano beni primari della persona umana, beni indisponibili per qualsiasi potere. Tuttavia, considerato che la magistratura su questo tema ha emesso una sentenza, e che una sentenza fa giurisprudenza, e considerato il ruolo che la magistratura stessa ha esercitato nel caso Englaro - lo abbiamo visto -, ci si è interrogati sull'esigenza o meno di adottare una nuova disciplina a carattere generale sulla tematica del fine vita e sul ruolo del Parlamento. Da questa riflessione è scaturito il provvedimento di legge che oggi siamo qui a votare.
Tutto ciò anche per evitare che in futuro si creino altri casi Englaro.
A fronte di quanto esposto, sono convinta che questo Parlamento adotterà una legge veramente bilanciata e interprete delle molteplici istanze che ciascun individuo può astrattamente maturare sul proprio fine vita, nel rispetto della Costituzione, dei suoi principi e del nostro ordinamento giuridico.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buonfiglio; prendo atto che vi rinunzia.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Livia Turco. Ne ha facoltà.

LIVIA TURCO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, fin da quando il testo di legge è approdato dal Senato alla Camera, nel luglio del 2009, due anni fa - lo sanno bene il relatore e il presidente della Commissione -, noi abbiamo avanzato una proposta: costruiamo un testo condiviso, superiamo le lacerazioni che hanno contraddistinto il testo Calabrò e ascoltiamo il dibattito molto importante che si è svolto nella società. Voi, invece - lo diciamo con grande rammarico -, vi siete ostinati nel vostro arroccamento, non avete ascoltato nessuno e ci riportate qui in Aula il testo che mantiene le «stimmate» dello scontro e della lacerazione, per di più pasticciato, perché non abbiamo ancora capito qual è la platea a cui si riferiscono le DAT, perché vi è un'evoluzione in corso sulla base delle proposte emendative presentate.
Il vostro testo produce una legge «matrigna», che impone là dove si dovrebbe rispettare, che non ascolta la volontà del paziente e che esalta la figura del medico, ma dimentica che il codice deontologico dei medici si basa su tre principi, come ben sapete: giustizia, beneficialità e ascolto della volontà del paziente. Per questo, molte delle nostre proposte emendative sono dedicate a riprodurre proprio il testo del codice deontologico.
La vostra proposta di legge descrive un'Italia che non c'è, parla di «Italie» in preda ad una deriva eutanasica, parla di una classe medica in balia di una leggerezza eutanasica, tanto da prevedere, alla lettera c), del comma 1, dell'articolo 1, addirittura il ricorso agli articoli del codice penale. L'Italia non è un Paese in preda all'eutanasia; gli italiani e le italiane chiedono rispetto, cura, lotta alla solitudine, vicinanza, eguaglianza di opportunità e dicono «no» all'eutanasia.
Le nostre proposte emendative all'articolo 1 e agli altri articoli - ma soprattutto all'articolo 1 - vogliono dare una risposta alla domanda di rispetto, di cura, di uguaglianza - e sottolineo uguaglianza -, di lotta alla solitudine, all'abbandono e un fermo «no» all'eutanasia. Noi vogliamo promuovere la dignità della persona in ogni fase della vita, e sappiamo che si promuove la dignità e si tutela la vita, se si ascolta la volontà della persona e se si esercita quella virtù antica che è la pietas, intesa nel suo senso proprio di rispetto, attenzione dell'altro.
Non vogliamo che lo Stato si intrometta nella vita delle persone: vogliamo una legge mite, ispirata al diritto mite, che abbia come obiettivo fondamentale la promozione della relazione di fiducia tra medico, paziente, familiare e fiduciario, la quale relazione può esserci, come ci dicono tutti i medici, solo se si ascolta la volontà del paziente.
Vogliamo che tale volontà sia considerata impegnativa per tutti, così come indica la Convenzione di Oviedo, nel suo articolo 9.
Ciò che vogliamo, come indicato in tutti gli emendamenti a questo articolo - in particolare vorrei sottolineare il valore degli emendamenti Livia Turco 1.79 e 1.2029 che sostituisce l'intera legge - è una norma che dica «sì» alla volontà del paziente, «sì» alla cura, «sì» al rispetto della scienza e coscienza medica, «sì» all'eguaglianza nei confronti della cura e della presa in carico, «no» all'eutanasia e «no» all'abbandono. Una legge che fissi dei principi e delle priorità e che non imponga dei vincoli, questo è il senso degli emendamenti e, in particolare, dell'emendamento Livia Turco 1.2029.
Aggiungo una considerazione rapidissima. Onorevoli colleghi del centrodestra e rappresentanti del Governo, siete sempre molto traboccanti di retorica quando si parla di vita, ma quando si tratta di stanziare risorse per la vita siete avari, avarissimi: fate valere la formula «senza oneri aggiuntivi per lo Stato». Purtroppo, vediamo questo anche nel comma 3 dell'articolo 1 e poi nell'articolo 5 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, ci apprestiamo a votare una proposta di legge che, con l'intenzione di disciplinare un diritto, nei fatti lo rende sostanzialmente impossibile, un diritto, quale quello di poter scegliere con consapevolezza il proprio fine vita, che viene talmente indebolito da rendere questa legge praticamente inutile. È un provvedimento sulla dichiarazione anticipata di volontà che nel punto chiave svuota e rende senza effetti operativi la dichiarazione anticipata di volontà stessa.
La prima evidente debolezza contenuta in questo articolo 1 è nel suo stesso incipit, laddove si ribadisce che la legge in esame tiene conto dei principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della nostra Costituzione. Intanto, come abbiamo voluto sottolineare con i nostri emendamenti, un provvedimento che riguarda una materia così delicata e importante come il fine vita e il diritto alla salute non deve tenere conto dei principi costituzionali, ma semmai, come dispone il testo, deve rispettare quei principi costituzionali.
In questo ambito, quindi, la differenza tra «tenere conto» e «rispettare» è fondamentale e decisiva. In ogni caso, emerge chiaramente come il riferimento agli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, enunciato per l'appunto dall'articolo 1 di questa proposta di legge, viene contraddetto negli articoli successivi, dove sono presenti norme in palese conflitto con questi stessi articoli della nostra Carta costituzionale.
Dovrebbe essere sufficiente, lo spero - mi rivolgo in questo senso all'Aula -, ricordare quanto è scritto nella sentenza della Corte costituzionale n. 438 del 2008 i cui principi sono stati ribaditi l'anno dopo nella sentenza n. 253 del 2009. Il punto chiave di questa sentenza è il seguente, ossia laddove si dice che la circostanza che il consenso informato trova il suo fondamento negli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione pone in risalto la sua funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute.
Vi è insomma (e ovviamente, viene da dire) la constatazione del carattere fondamentale del diritto alla salute. Dicevo «ovviamente», perché proprio così lo definisce nelle sue parole iniziali l'articolo 32 della Costituzione, per cui deve essere legato indissolubilmente all'esistenza nel nostro sistema dell'autodeterminazione come autonomo diritto fondamentale.
Alla luce di questo è quindi facile mettere in risalto l'infondatezza della formulazione secondo la quale la vita umana è indisponibile, come più volte sottolineato e ribadito sia in questo articolo 1 che nei successivi. Che cosa vuol dire? Che non si è liberi di decidere autonomamente della propria vita e della propria salute? Quest'ultima affermazione, quindi, è in palese contrasto con l'ormai consolidato diritto al rifiuto e alla sospensione delle cure quale risulta dalle norme in materia e da una giurisprudenza da tempo esplicita e costante.
È il consenso informato, dunque, il riferimento fondativo che, come ha osservato la Corte di Cassazione, ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma anche eventualmente di rifiutare la terapia o di decidere di interromperla in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale. Lo stesso inserimento di un concetto astrattamente e pienamente condivisibile, quale è la necessità della tutela umana, viene introdotto in maniera chiaramente e volutamente strumentale all'interno di questo provvedimento sul biotestamento.
Noi allora lo diciamo, preferiamo fare riferimento - e lo abbiamo proposto con i nostri emendamenti - alla tutela e alla dignità della vita umana, che di fatto è messa in discussione da questa proposta di legge, e al sacrosanto diritto all'autodeterminazione della persona. Il legislatore insomma non può impadronirsi della vita delle persone negando loro la dignità nel vivere e nel morire. Lo dice esplicitamente l'articolo 32 della Costituzione: «La legge non può in nessun caso violare i limiti Pag. 67imposti dal rispetto della persona umana». Questa proposta di legge lo ha voluto dimenticare e noi, con i nostri emendamenti, abbiamo cercato di porre un qualche rimedio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quest'Aula è da tanto tempo impegnata a discutere, e ancor prima di essa il Senato, di dichiarazioni anticipate di trattamento, quasi che le dispute teoriche, accrescendosi nelle parole e nei tempi di discussione, possano pervenire a qualche verità definitiva che prima non era stata intercettata dalle nostre menti. I mesi o forse gli anni che il Parlamento ha dedicato a questo dibattito - ricordo, nella passata legislatura, nelle Commissioni riunite giustizia e affari sociali - non hanno modificato i termini della questione che punta dritto al cuore di ogni uomo perché penetra l'essenza più profonda della nostra umanità, dove si situa il dolore, il fine vita, il diritto di non soffrire.
Se ci fosse un solo tema che rifiuta sdegnosamente ogni tentativo di catalogazione nel recinto della ragione di partito, questo sarebbe il tema che stiamo trattando oggi. I termini della questione, dunque, sono noti e per quel che compete al legislatore italiano vanno riguardati - veniva ricordato - alla luce innanzitutto dei principi costituzionali. Ed è proprio la Costituzione a collocare la salute fra i diritti fondamentali dei cittadini e a fare del consenso dell'interessato al trattamento terapeutico la base stessa della sua legittimità. È l'articolo 32 della Costituzione a porre, dunque, il principio di autodeterminazione, che non solo vieta la somministrazione di trattamenti sanitari obbligatori fuori dai casi sanciti dalla legge, ma costruisce la base del consenso informato, che significa per il paziente scegliere di accettare o rifiutare le cure che gli sono state proposte dopo aver preso conoscenza dei benefici e dei rischi che quel trattamento comporta.
Il consenso informato naturalmente implica la capacità di assumere quella decisione. È chiaro che resterebbero esclusi tutti coloro i quali non sono nelle condizioni di intendere e di volere, come coloro che sono in coma o in un stato vegetativo o sono colpiti da malattie che riducono fortemente la capacità di esprimere la propria volontà. In questi casi allora l'autodeterminazione garantita dal nostro ordinamento sarebbe inefficace, a meno di consacrarla nella forma di una decisione consapevole all'interno di un documento sottoscritto quando il paziente è nella condizione di esprimere compiutamente la sua volontà. Ma cosa della propria vita corporea può essere oggetto della disponibilità della persona e cosa no? Il lungo dibattito di questo lungo tempo non l'ha ancora fatto accettare da tutti, tagliando a metà la platea parlamentare, gli uomini di scienza e la pubblica opinione.
Lo spazio della condivisione, tuttavia, resta largo e non va sottovalutato. Salvo posizioni estreme e non diffuse sembra essere accolto da una maggioranza molto ampia il «no» all'eutanasia e il «no» all'accanimento terapeutico inteso come violazione del limite imposto dal rispetto della persona umana. Ma in mezzo a questo spazio di condivisione c'è la lacerante questione della sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione ed anche la questione del ruolo stesso del medico che non è vincolato a seguire le dichiarazioni anticipate di trattamento, almeno nella proposta che è a noi pervenuta. Il lume della scienza, la razionalità scolpita nelle leggi, la fede religiosa aiutano a leggere il fenomeno, ma non sciolgono il pesante fardello della responsabilità nella scelta della via legislativa.
Prendendo la parola in Aula in un altro momento del dibattito, facevo riferimento all'esperienza umana, all'incontro terribile e ineluttabile con la sofferenza e con la morte. Facciamo insieme quest'opera di onestà intellettuale e confessiamo: quanti di noi credenti o non credenti di fronte all'atrocità del dolore di un padre, di un fratello o di una persona amica (quel Pag. 68dolore che trasfigura), quanti hanno avuto in tasca le risposte perfette, le ricette senza dubbi, le certezze su ciò che è giusto fare? Allora, onorevoli colleghi, come potremmo oggi pretendere di regolare compiutamente, minutamente, capziosamente ciò che è consegnato all'intimo colloquio tra il medico, il paziente e la sua famiglia, ciò che è essenza stessa dell'essere umano?
Fermiamoci a ciò che è condiviso, mi permetto di dire. Riconosciamo che al legislatore non spetta il gesto dell'onnipotenza, ma solo quello che umanamente può essere fatto per fare meno ingiusta, meno difficile, meno dolorosa, la nostra esperienza di vita. Fermiamoci - e concludo - a dire «no» all'eutanasia e all'accanimento terapeutico e a dire sì alle ragioni della vita e della sua dignità. Facciamo un passo sulla strada della civiltà ed anche della condivisione. Sarebbe un buon gesto, una buona politica e, in questo tempo in cui la politica non gode di grandissima reputazione, questo gesto potrebbe addirittura apparire contro corrente (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Antonio Martino. Ne ha facoltà.

ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, care colleghe e cari colleghi, ritengo che per il credente la sua vita appartenga a Dio. Chi non ha la fortuna di avere la fede è convinto che la sua vita appartenga a lui stesso. Ma su una cosa entrambi concordano: nessuna persona o gruppo di persone ha il diritto di interferire nel rapporto fra loro e la loro vita (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico). E non importa che questo gruppo di persone sia il Parlamento, perché - anche se questo Parlamento all'unanimità votasse una norma che interferisce nel rapporto con la mia vita - quella norma sarebbe illegittima e contraria a qualsiasi senso di umanità (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).
Coloro che sostengono la necessità di questa legge sono preoccupati che, se non si intervenisse, si correrebbe il rischio di scivolare verso la eutanasia. Mi permetto di ricordare loro il dettato dell'articolo 25 della Costituzione, secondo il quale qualsiasi fattispecie penale deve essere definita dalla legge. Il concetto di eutanasia non è definito dalla legge e il vago richiamo alle fattispecie di omicidio e di omicidio di consenziente e quant'altro non è una definizione di eutanasia.
Volete lasciare che sia un'altra persona, magari con la toga, un magistrato ad interpretare il mio comportamento o il comportamento di persona a me vicina come colpevole del reato di eutanasia (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)?
Volete affidare la mia vita alle mani di un magistrato? È questo quanto vi apprestate a fare ed è per questa ragione, per la luciferina presunzione che ispira i fautori di questo provvedimento che io, tentato di uscire dall'Aula, resterò qui e mi asterrò su tutto (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, come ho già detto nel mio intervento nel corso della discussione sulle linee generali, esistono, a mio avviso, forti dubbi di costituzionalità del testo al nostro esame, dubbi che mettono in causa proprio l'obiettivo di fondo del provvedimento così come viene enunciato. L'intervento legislativo viene, infatti, motivato con l'obiettivo di evitare, dopo il caso Englaro, nuovi esiti di tipo giudiziario, ma il testo al nostro esame, a mio avviso, non solo non elimina il rischio di una deriva giudiziaria ma, anzi, lo accentua e lo moltiplica per mille. Questo è il punto su cui non mi sembra di aver sentito una risposta da parte dei relatori e dei sostenitori del testo.
Non solo, ma molto probabilmente questo testo, se fosse approvato nell'attuale Pag. 69formulazione, sarebbe oggetto di pronunce molto incisive della Corte costituzionale, che lo trasformerebbe in un complesso normativo dai contenuti molto diversi da quelli attuali. Un progetto di legge che interviene per disciplinare le dichiarazioni anticipate di trattamento, come indicato nel titolo, e contemporaneamente prevede limiti assoluti al contenuto di tali dichiarazioni, con particolare riguardo alle più cruciali scelte di fine vita, è in sé contraddittorio e denota un'irrazionalità intrinseca della normativa che la espone a più che probabili declaratorie di incostituzionalità. La legge diverrebbe solo un contenitore, ma il contenuto normativo alla fine sarebbe molto diverso e probabilmente opposto rispetto a quello che i sostenitori del testo al nostro esame intendono perseguire. Insomma, una legge boomerang e anche su questo punto non ho ascoltato delle risposte rispetto a questo problema, a questo dubbio e a questa questione.
Quali sono le principali questioni di costituzionalità del testo al nostro esame? Ne voglio sommariamente indicare solo alcune, rimandando per il resto al mio intervento nel corso della discussione sulle linee generali. La prima riguarda il fatto che il progetto di legge, nel disciplinare la delicatissima questione del fine vita, dovrebbe realizzare un ragionevole bilanciamento tra i beni e gli interessi costituzionali in gioco, ossia il diritto alla vita, il diritto alla salute e il dovere del medico di curare, da una parte, e il diritto all'autodeterminazione individuale, alla dignità personale, il rispetto della persona umana e il diritto di rifiutare i trattamenti sanitari non voluti, dall'altra. Si tratta di beni e interessi che trovano fondamento negli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione.
Vi è naturalmente ampia discrezionalità legislativa nel trovare il migliore bilanciamento tra questi beni e diritti costituzionali, ma questa discrezionalità non può spingersi fino ad azzerare, come a mio avviso fa il testo in determinate fattispecie, uno dei beni o diritti in considerazione. Il bilanciamento deve essere reale e, in qualche misura, non può che presentarsi come il frutto di compromessi realistici e ragionevoli. Il progetto di legge in esame, invece, da un lato riconosce principi fondamentali a livello costituzionale, quali il principio della dignità della persona che prevale rispetto all'interesse della società e all'applicazione della scienza, il principio dell'alleanza terapeutica tra medico e paziente e il principio del consenso informato ma, dall'altra, pone tali e tante limitazioni ai predetti principi da svuotarli nella sostanza.
Una seconda questione di costituzionalità è particolarmente grave. Ne faceva accenno prima il collega Martino. Il progetto di legge non dà una definizione legale di eutanasia. Viene, infatti, vietata ogni forma di eutanasia attraverso il richiamo a fattispecie penali.
L'articolo 575 del codice penale, che disciplina l'omicidio volontario, l'articolo 579 che disciplina l'omicidio del consenziente e l'articolo 580 che disciplina l'istigazione o l'aiuto al suicidio sono, in realtà, distinguibili dal concetto di eutanasia in quanto relativi a situazioni estranee alle problematiche del fine vita, che il provvedimento in esame intende disciplinare.
Non viene pertanto risolto il problema della definizione legislativa di eutanasia, cioè dei comportamenti che si intendono vietare sotto il duplice aspetto attivo e passivo in relazione al consenso del malato o alla sua assenza, dal punto di vista del malato e della gente. Vengono invece introdotte previsioni penali irragionevoli e prive di determinatezza in contrasto con l'articolo 25, secondo comma, della Costituzione che prevede una riserva assoluta di legge in materia penale, da cui discendono i principi di sufficiente determinatezza e di tassatività delle fattispecie penali, volti ad impedire qualunque attività di integrazione o di creazione di illeciti penali da parte dei giudici e degli interpreti. La vaghezza dei riferimenti a tre diverse norme penali che prevedono fattispecie penali assai distinte tra loro, punite con pene diverse nel quantum - si va dall'ergastolo ad un minimo di un anno a seconda dei casi - e comunque difficilmente trasponibili alle problematiche del Pag. 70fine vita, rende possibili interpretazioni giudiziarie assai divergenti e addirittura creative, in contraddizione frontale con uno degli scopi della legge, che è proprio quello di impedire derive giudiziarie in questo settore.
La terza questione - ce ne sono altre, ma mi limiterò solo a questa ultima terza questione, che riguarda l'articolo 1 sul quale stiamo discutendo - attiene al fatto che il progetto di legge non riguarda soltanto i casi di malati in stato di incapacità di intendere e di volere, come ad esempio i soggetti in stato vegetativo permanente o persistente, ma è applicabile anche ai soggetti pienamente capaci di intendere e di volere. Ciò riguarda in particolare l'articolo 1, che disciplina la tutela della vita e della salute, la cui sfera di efficacia non è circoscrivibile alle situazioni di pazienti non coscienti. L'affermazione di principio iniziale, contenuta nell'articolo 1, comma 1, lettera a): «la vita è un diritto indisponibile», che per la prima volta viene introdotta nell'ordinamento, appare opportuna e condivisibile, a condizione però che non pregiudichi il necessario bilanciamento che il legislatore è tenuto ad effettuare con altri beni e interessi costituzionalmente tutelati.
Nel caso del progetto di legge in esame occorre evitare che tale affermazione di principio entri in contraddizione con il diritto individuale a rifiutare, in piena coscienza e attualità di consenso, alcuni trattamenti sanitari anche laddove da questo rifiuto possa discendere la morte.
Ciò sembra confermato dall'inciso «anche», previsto nell'articolo 1, comma 1, lettera a), laddove la vita viene definita quale «diritto (...) indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e volere», il che significa - se i termini usati hanno un senso - che il diritto è indisponibile anche prima della fase terminale e non solo nell'ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e volere.
Sempre all'articolo 1, comma 1, lettera c), vi è il chiaro riferimento al divieto, ai sensi degli articoli 575, 579 e 580 del codice penale, di ogni forma di eutanasia e di ogni forma di assistenza o aiuto al suicidio, considerando l'attività medica e quella di assistenza alle persone esclusivamente finalizzata alla tutela della vita e della salute, nonché all'alleviamento della sofferenza. Non sembra che questa disposizione possa riferirsi esclusivamente alla condizione di soggetti in stato vegetativo permanente o persistente, ma emerge che essa possa estendere la sua efficacia anche a situazioni di pazienti pienamente coscienti. L'aggiunta all'articolo 1, comma 1, lettera d), dell'obbligo del medico di informare anche sul divieto di qualunque forma di eutanasia rafforza questa valutazione. Inoltre, lo stesso riferimento preciso alle finalità dell'attività medica sembra deporre nella medesima direzione, addirittura qualificando l'attività del medico che segua le indicazioni esplicite e attuali del paziente con il riferimento a fattispecie penali gravissime.
Di conseguenza, il riferimento, che pure è contenuto nell'articolo 1, comma 1, lettera e), al principio per cui nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, con i limiti imposti dal rispetto della persona umana, sembra rimodellato nel modo che segue: l'autodeterminazione trova un limite legale e questo limite è dato anche proprio dalla normativa in esame che avverte che il limite dell'autodeterminazione è situato nell'impossibilità di chiedere al medico qualunque forma di eutanasia. In tal modo il problema del rispetto del diritto all'autodeterminazione garantito dall'articolo 32 della Costituzione è solo spostato verso le forme che l'eutanasia può assumere, che restano indistinte; se in piena coscienza si chiede al medico di non porre in atto un trattamento sanitario che in base alle conoscenze mediche è il solo che può salvare la vita, vi è il rischio che tale richiesta urti contro i principi contenuti nell'articolo 1 comma 1 lettere c) e d), cosa che ripropone fortemente l'esigenza di chiarire cosa si intenda per eutanasia, attiva e passiva, in modo preciso e determinato ai sensi dell'articolo 25 della Costituzione. Pag. 71
Mi fermo qui nell'enunciare e ribadire le questioni di costituzionalità del testo, ce ne sono altre che riguardano gli articoli successivi e semmai li vedremo nel seguito dell'esame del provvedimento, ma ora si pone il problema del che fare, alla luce di queste considerazioni che ho svolto e di questa mia valutazione. A mio avviso, sarebbe necessario modificare profondamente il testo, seguendo due possibili strade: la prima è modificare il testo, risolvendo le diverse questioni di costituzionalità, in particolare sarebbe necessario introdurre una definizione legale di eutanasia - come ho detto, e lo ripeto -, riformulare il testo al fine di realizzare un effettivo e ragionevole bilanciamento tra beni e interessi costituzionali in gioco - come ho detto - e chiarire in particolare per quanto riguarda l'articolo 1, in maniera inequivoca, che non è in alcun modo messo in discussione il diritto del paziente cosciente di rifiutare i trattamenti sanitari, incluso il diritto di interrompere i trattamenti sanitari già iniziati, modificando, sulla base dei rilievi che ho esposto, le disposizioni dell'articolo 1, comma 1, lettere a), c) ed e).
Ho presentato degli emendamenti al riguardo ed ho anche sottoscritto un emendamento del collega Contento volto ad asciugare il testo, perché - mi chiedo - c'è bisogno di tutte queste proclamazioni di principio all'articolo 1? I principi sono importanti ed essenziali, ma soprattutto se derivano da una concreta disciplina della disposizione di legge più che una proclamazione che si presta solo ad appigli che vengono forniti ai magistrati, ai giudici e agli interpreti. Quindi, una volta richiamati i principi essenziali come nell'emendamento Contento, sarebbe più che sufficiente fermarsi lì e poi procedere all'articolo 2, all'articolo 3 e agli altri articoli del provvedimento, non c'è bisogno a mio avviso di dilungarsi come si fa sull'articolo 1. In ogni caso, i miei emendamenti riguardano alcune correzioni soprattutto rivolte ad evitare che si metta in discussione il diritto del paziente cosciente di rifiutare i trattamenti sanitari ai sensi dell'articolo 32, secondo comma, della Costituzione.
Oppure, c'è una seconda strada: limitare l'intervento legislativo al divieto di eutanasia e di accanimento terapeutico previa loro definizione legislativa, senza introdurre la dichiarazione anticipata di trattamento, lasciando quindi la zona grigia più delicata alla sapiente cura e decisione del medico, della persona interessata e dei suoi familiari. Queste solo le due grandi strade, a mio avviso: rivedere il testo, risolvere i problemi di costituzionalità, provvedere ad un effettivo bilanciamento dei beni e interessi costituzionali in gioco oppure limitarsi a questi due aspetti - il divieto di eutanasia e il divieto di accanimento terapeutico - ma mi sono chiesto e mi chiedo: è possibile modificare così profondamente un testo che ha limiti così gravi, così privo di equilibrio, su una materia così complessa e delicata, attraverso il voto e il gioco degli emendamenti? Questo può avvenire se il testo si fonda su un impianto solido che richiede alcuni miglioramenti e aggiustamenti, non quando presenta limiti così gravi come quelli che, a mio avviso, sono contenuti nel testo.
Pertanto, se i relatori vorranno essi stessi mostrare una reale e concreta apertura rispetto alle ipotesi di modifica che ho prospettato, a partire da quelle all'articolo 1, come l'emendamento Contento e gli altri che ho presentato anch'io propongono, sarebbe un fatto estremamente positivo, un segno di disponibilità e di dialogo a migliorare il testo. Altrimenti, mi chiedo sinceramente a cosa serva mantenere emendamenti di questa natura, con un impianto del testo che è quello che ho descritto prima. Perlomeno questa è la mia valutazione. Se da parte dei relatori vi è una certa disponibilità, nei confronti di quei testi rispetto ad altre formulazioni, comunque a migliorare il testo nella direzione che ho cercato di indicare, quegli emendamenti rappresentano un contributo che i relatori possono utilizzare per apportare questi miglioramenti. Possono anche modificarli e migliorarli, per carità Pag. 72non sono affezionato a nessun testo, ma se invece questa disponibilità non viene manifestata, ritengo in questo caso preferibile ritirare questi emendamenti, al momento quelli relativi all'articolo 1, poi vedremo se per caso vi sarà un ripensamento sugli altri aspetti. Ritengo preferibile ritirarli, esprimendo però un giudizio molto fermo e molto negativo, perché ciò significherebbe che, da parte dei relatori e di chi sostiene questo testo così com'è, senza queste modifiche, vi dovrà essere l'assunzione di una grave responsabilità, quella di varare un testo che non elimina il rischio di deriva giudiziaria, ma che lo incrementa e lo moltiplica per mille. Non il varo di una legge equilibrata che possa essere una concreta disciplina di questa materia, ma un testo che inevitabilmente sarà oggetto di pronuncia della Corte costituzionale e che si trasformerà molto probabilmente in una legge dal contenuto decisamente diverso, se non opposto, rispetto a quello che viene qui esaminato. È una responsabilità grave, ma posso fare la mia parte e posso dare il mio contributo. Ma se c'è un'intenzione seria e determinata di procedere su questa strada, rispetto a questo non posso fare altro che dissociare la mia responsabilità. Mi auguro che così non sia, mi auguro che una disponibilità ci sia. Mi sembra che le questioni che ho posto e i problemi di costituzionalità che ho indicato siano problemi seri. Parliamoci molto francamente: questi giudizi sono spesso condivisi da moltissimi, però poi non si sa perché non possono essere presi in considerazione. Il rischio di una deriva giudiziaria innescata proprio dal testo è un rischio che molti paventano, però poi non solo non si rimedia, ma si va avanti senza un ripensamento effettivo sulla strada migliore da intraprendere su questo provvedimento. Rassegno qui, signor Presidente, queste mie considerazioni. Se l'atteggiamento dei relatori sarà positivo ben venga, altrimenti credo che anche io, come il collega Martino, mi asterrò su tutti gli emendamenti, perché non ritengo che, in assenza di una volontà di dialogo, su una materia così delicata e complessa, si possa arrivare ad una legge fatta bene attraverso «il gioco e la lotteria dei voti», anche segreti (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, colleghi, stiamo riprendendo oggi dopo un certo lasso di tempo il dibattito su questa proposta di legge, che in ogni caso resterà come una legge al centro di questa legislatura. È una proposta di legge importante precisamente perché, da un lato, riafferma una serie di principi che danno una garanzia della realtà e della vita di ognuno di noi a tutto il Paese. Soprattutto è una proposta di legge in cui la tutela della vita viene presa e messa in primo piano proprio nel caso di quelle persone che si trovano, per esempio, in stato vegetativo o comunque sono nella condizione di non essere in grado di intendere e di volere. È un provvedimento, quindi, che guarda sostanzialmente alla tutela della vita nelle fasce più fragili e nelle fasce più deboli, quelle che di fatto sono incapaci in quel momento di decidere per sé e che probabilmente, nel momento in cui hanno redatto il loro testamento biologico, avevano una rappresentazione della situazione che difficilmente è tale e quale come l'esperienza concreta e diretta potrebbe dire.
È una proposta di legge che, fin dal primo momento, nella sua fase di principio, ha ribadito poche cose, ma molto semplici e chiare, che potrebbero essere perfettamente percepite, come di fatto è accaduto, da una grande parte dell'opinione pubblica.
È una proposta di legge che dice «sì» alla vita e che però, nello stesso tempo, con grande fermezza, con grande chiarezza e con grande determinazione, dice «sì» anche a quel consenso informato che, previsto all'articolo 2, fa di questa proposta di legge una legge nuova.
Non vi è alcuna legge in questo momento in Italia che normi, in qualche modo, il consenso informato e che lo ponga come snodo concreto, costante e Pag. 73continuo di quello che è il rapporto tra medico e paziente. Quindi, si tratta di una proposta legge che non solo dice «sì» alla vita, ma dice «sì» anche ad una volontà precisa con cui il paziente può dire ed esprimere i suoi orientamenti e i suoi desideri; può in qualche modo rappresentare, in questo documento, quella che è la sua stessa filosofia di vita. Certamente, è una proposta di legge che raccoglie molto, da questo punto di vista, con grande chiarezza e con grande fermezza, la volontà e la libertà del paziente. Pone, però, a questa stessa volontà e libertà i limiti del vivere quotidiano di ognuno di noi.
Nessuno di noi, nella sua libertà, ha una libertà di tipo assoluto. Nessuno di noi può disporre di sé - lo sappiamo perfettamente - per esempio, affrontando il tema delle amputazioni e anche affrontando un tema che mette davvero a repentaglio la sua vita e la sua esistenza. Lo abbiamo detto molte volte e lo abbiamo ribadito in altri momenti in quest'Aula: non esiste un diritto a suicidarsi. Esiste, invece, la possibilità di esprimere una volontà che faccia convergere gli elementi e i fattori a favore della propria vita. I limiti che questa proposta di legge pone alla libertà individuale sono soltanto i limiti di tutela della vita stessa.
Da questo punto di vista, il «sì» alla vita e al consenso informato trovano la loro forza all'interno di quella relazione del tutto peculiare che è l'alleanza terapeutica, che fa di questa proposta di legge, ancora una volta, anche un punto di riflessione particolarmente importante in un momento di evoluzione della medicina moderna e della medicina contemporanea, che corre il rischio di assumere una sorta di velocità accelerata verso una medicina ad alta tecnologia.
Invece, questa proposta di legge, se, da un lato, restituisce al valore della tecnologia tutta l'importanza che la scienza e la tecnica hanno, dall'altra parte, mette proprio l'accento su questa dimensione relazionale forte. Se è vero che, da questo punto di vista, appella in qualche modo alla pietas del medico perché «si curvi» sul malato per coglierne bisogni e necessità, dall'altra parte, non lascia che sia soltanto la pietas a regolare i suoi comportamenti, ma fa anche in modo che la solidarietà ne rappresenti la giusta e indispensabile compensazione.
È la solidarietà quella che, in qualche modo, offre questa sorta di sussidiarietà ordinaria rispetto alla debolezza e alla fragilità dell'uno con la forza della scienza, della competenza e della dedizione dell'altro. Ecco perché questo «sì» alla vita, al consenso informato e all'alleanza terapeutica definisce anche molto bene quelle che sono le cure palliative. In questo momento, questa proposta di legge rievoca quello che è già stato oggetto della legge n. 38 approvata lo scorso anno e che fa della legge sulle cure palliative di questo Paese, in qualche modo, una delle leggi di riferimento anche a livello europeo.
Certamente, è una proposta di legge che vuole dire un «no» chiaro e convinto all'eutanasia e che si sforza di articolarlo. Prima uno dei colleghi diceva che non vi è una fattispecie che definisca cosa sia l'eutanasia, però vi è un vissuto chiaro, immediato, forte e diretto in ognuno di noi. Forse non vi è una razionalizzazione, un'esemplificazione giuridica ancora del tutto rigorosa, però sappiamo tutti cos'è l'eutanasia.
È quell'intervento per cui qualcuno pone fine alla vita di un altro, anche quando quest'altro gli ha chiesto di porre fine alla sua vita. Quindi, non è un omicidio, perché vi è una volontà in qualche modo di coinvolgere l'altro in questo gesto, che sembra di pietà e invece, molte volte, può essere un gesto per evitare a se stessi e ad altri una sofferenza che non ci si sente in grado di sostenere. Questa proposta di legge, da questo punto di vista, recupera in gran parte quello che era il testo del Senato.
Tutti quanti sappiamo che il testo licenziato dal Senato aveva un forte impatto emozionale, perché molto vicina era l'esperienza della morte di Eluana Englaro, con tutto il dibattito che l'aveva accompagnata. Fortunatamente, questa proposta di legge ha avuto quella sufficiente distanza di tempo da permettere Pag. 74un'elaborazione dei principi e dell'articolato ed una riflessione sulle implicazioni che le diverse norme ivi previste possono comportare.
Questa proposta di legge però, dimostrando questo, dice anche un'altra cosa. Nel corso del dibattito alla Camera vi è stato lo sforzo iniziale di ampliare la platea dei pazienti a cui questa norma poteva essere applicata, ovvero si è cercato di estenderne l'ambito di applicazione, temendo quasi di volerne fare una legge restrittiva per un gruppo limitato (in fondo si trattava di quei famosi 2.000-2.500 pazienti che sono in stato vegetativo), rispetto ad una «prateria» di malati, che sono tutti coloro che non sono in grado di intendere e di volere e cito una volta per tutti i pazienti con l'Alzheimer o quelli che, per ragioni più varie, potrebbero non essere in condizione di rendersi conto delle conseguenze delle loro decisioni. Ebbene, mi sembra che le proposte emendative - non a caso questo è un intervento sul complesso delle proposte emendative - hanno ricondotto l'attenzione della legge, circoscrivendo il numero dei pazienti a cui si applica. Questo fa sì che non si possa veramente e onestamente dire che si tratta di un provvedimento intrusivo e invasivo nella vita di tutti cittadini. Questa proposta di legge rispetta la vita di tutti i cittadini, ne rispetta la capacità di formulare le proprie scelte e rispetta la capacità anche di rifiutare i propri trattamenti, ma nello stesso tempo garantisce quei pazienti che in qualche modo non sono in condizione di farlo in un determinato momento. Quindi è tutt'altro che una legge ostile. Questa è una proposta di legge, invece, che dovremmo guardare con grande rispetto come una legge amichevole, perché mette insieme il valore della famiglia e la responsabilità di un fiduciario liberamente scelto dal paziente con la competenza di medici, che assumono su di sé la responsabilità personale di un'alleanza che vuole essere un'alleanza di solidarietà e in cui la pietà si orienta alla solidarietà e non a girare le spalle al paziente o, in qualche modo, pure a chiudere gli occhi davanti a tanto dolore.
Da questo punto di vista, con riferimento a tale proposta di legge, accanto a questa libertà vi sono alcuni vincoli - insisto -, quelli della quotidianità dell'esperienza nostra e della libertà, perché il principale vincolo di questa proposta è quello di dire «no» al diritto di mettere fine alla propria vita. È una proposta di legge che rispetta anche la libertà del medico e ne rispetta anche la sua libertà di sottrarsi alle indicazioni date dal paziente. Il medico se vuole può rifiutarsi di applicare queste indicazioni, ma lo deve fare anche lui con la consapevolezza, con la maturità, con il senso di responsabilità di chi pone per iscritto in cartella le sue scelte e non di chi, come dire, fa passare sotto silenzio una scelta, ma l'assume con tutte le implicazioni che comporta. Quindi, ci troviamo davanti ad una declinazione alta del valore della libertà, sia che si tratti del valore della libertà del paziente che di quella del medico.
In questo clima noi desidereremmo davvero che fosse arrivato per questa proposta di legge il momento di arrivare alla sua conclusione naturale. È per questo che, personalmente, ho ritirato tutte le proposte emendative che avevo presentato e che non avevano incontrato in qualche modo il consenso del relatore, volendo fare della volontà di collaborazione rispetto a questa legge il crisma proprio della legge stessa. Noi vogliamo che questa proposta di legge sia espressione della parte più alta e più ampia possibile di quest'Aula e lo vogliamo fare perché crediamo davvero che i malati, i medici e i familiari l'aspettino, in una rinnovata forma di collaborazione ed in una rinnovata visione della medicina che rifiuta di chiudersi in un orizzonte che dice «no» a certi sviluppi tecnologici. È infatti sorprendente come, davanti alla passione con cui tutti noi molte volte guardiamo alla scienza e alla tecnica, dietro questa proposta di legge si sia, per così dire, costruito uno sguardo ostile per la tecnologia e per i progressi della medicina. Noi vogliamo credere veramente che si possa presto dimostrare come molti di questi pazienti sono allo stato di minima conoscenza, ma Pag. 75che in qualche modo percepiscono e proprio per questo hanno diritto da parte nostra al meglio delle nostre attenzioni e al meglio delle nostre prestazioni.
Proprio per questo, però, perché crediamo in questa proposta di legge, perché crediamo in questi valori e perché crediamo in questa prospettiva, mi auguro che ben presto possa trovare attuazione quella che costituiva in qualche modo la trilogia, il progetto di legge sulle cure palliative, sulle dichiarazioni anticipate di trattamento e sulle SUAP (Speciale Unità di Accoglienza Prolungata) per i pazienti in stato vegetativo, e che anche questo terzo progetto di legge possa presto vedere la sua naturale approvazione.
Se, infatti, diciamo di sì alla vita di questi pazienti e alla relazione di cura nei loro confronti, dobbiamo allora operativamente sostenere queste famiglie, venire incontro anche alla situazione in cui si trovano oggi gli ospedali che molte volte hanno bisogno di differenziare i livelli di cura e di identificare spazi e luoghi dove questi pazienti possano essere non parcheggiati ma assistiti secondo i modi che sono loro propri, secondo gli sviluppi che la scienza è in grado di fare, secondo la qualità delle relazioni interpersonali che legano davvero famiglia, fiduciari, medici e paziente stesso in un'alleanza che dica veramente un sì condiviso alla vita come bene comune, esattamente come recita il primo comma dell'articolo 32 della Costituzione, in cui la vita è considerata un bene che impegna la vita di ognuno di noi, tutta la collettività e la nostra società (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Toccafondi. Ne ha facoltà.

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, il realismo esige che per osservare un oggetto in modo tale da conoscerlo, il metodo non sia immaginato, pensato, organizzato e creato dal soggetto ma imposto dall'oggetto.
Dico questo perché nel dibattito di questi mesi ma anche negli interventi che ho ascoltato pochi minuti fa mi sembra ci sia poco realismo e molta ideologia, insomma che ci sia poca conoscenza della legge - in pochi, secondo me, hanno letto dal primo all'ultimo rigo la proposta di legge in esame - ma anche del motivo che ci ha portato come PdL e come maggioranza a volere una legge, a difenderla, migliorarla e sicuramente a dire che una legge è necessaria.
Bisogna essere chiari su un punto: l'alternativa a questa proposta di legge - lo dico anche al collega onorevole Martino - esiste: l'alternativa è l'anarchia di singole sentenze di singoli tribunali, alla faccia di chi dice che con questa proposta di legge si metterebbe nelle mani dei giudici la vita di alcune persone. Non è così; è, invece, l'alternativa che sarebbe assurda e disdicevole; l'alternativa dell'anarchia delle sentenze dei singoli tribunali metterebbe, quella sì, la vita di persone indifese nelle mani dei giudici e delle loro sentenze.
Questa è una proposta di legge - lo dice bene sia l'articolo 1 che tutto l'articolato - che dice chiaramente l'obiettivo che si pone: dice di sì alla vita, alla tutela della stessa e alla dignità della persona mentre dice di no all'aiuto al suicidio, all'eutanasia e all'accanimento terapeutico. Per questo tanti interventi che ho ascoltato anche oggi, lo ribadisco, forse sono dovuti ad una scarsa conoscenza e lettura della proposta di legge stessa.
Altre interpretazioni della legge mi sembrano di assoluta e pura fantasia. Chiediamoci perché dobbiamo ribadire tutto questo, tutti i sì e i no che ho appena elencato, domandiamoci perché serve una legge. Perché c'è stata una sentenza passata in giudicato grazie alla quale una persona è stata accompagnata alla morte.
Serve una legge perché siamo di fronte ad una fase di anarchia totale che riguarda la vita e la parte più delicata della vita, ovvero gli ultimi istanti. Questo è il punto centrale che ci porta a rivendicare la volontà di andare fino in fondo ad una legge sul fine vita.
Siamo di fronte ad una fase in cui - lo ripeto - le sentenze dei tribunali creano Pag. 76una legge. Eluana Englaro grazie a quelle sentenze è stata accompagnata alla morte. Questo è un dato di fatto. C'è necessità di una legge perché l'alternativa esiste ma sarebbe l'anarchia di singoli giudici nei singoli tribunali.
Da parlamentare mi sento di dover ribadire che è nostro dovere scrivere una legge. Serve una legge perché ci sono 3 mila persone in Italia, nel nostro Paese, che attualmente sono in stato vegetativo. Ci sono migliaia di persone che hanno depositato presso notai, enti locali, comuni, proprie dichiarazioni artigianali di trattamento. Sono tutti casi che sono pronti a percorrere la strada dell'anarchia delle sentenze.
Da parlamentare dico ancora una volta: la legge serve. Il PdL e la maggioranza hanno detto: una legge serve perché dice «no» all'anarchia delle sentenze. Con la sentenza Englaro, inoltre, si è creato un precedente secondo il quale le proprie volontà possono essere ricostruite o desunte addirittura dagli stili di vita.
È dovere del Parlamento affrontare quello che si è manifestato come un possibile arbitrio dell'interpretazione della volontà soggettiva, stabilendo delle regole. Attualmente il rischio è quello di un'anarchia giudiziaria, e non a caso chi parla esplicitamente di eutanasia sta chiedendo a gran voce di non approvare questa legge, perché è più comodo percorrere la strada aperta dalla sentenza Englaro.
Ci abbiamo provato - come Camera, come Senato - a impugnare la sentenza dei tribunali di fronte alla Corte costituzionale, dicendo: le leggi in Italia le fa il Parlamento, non la sentenza del tribunale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 18,53).

GABRIELE TOCCAFONDI. Abbiamo perso anche lì, perché la Corte costituzionale nell'ottobre 2008 ha dichiarato inammissibili i ricorsi. Allora, a chi dice che non serve una legge rispondo da parlamentare fiero di esserlo: no, questi dati ci dicono che una legge serve assolutamente e in fretta.
Per legge o per sentenza adesso qualcuno può decidere per te, può ricostruire cosa pensavi, può desumere le tue volontà e lo può fare addirittura ricostruendo i tuoi stili di vita, perché chi avrà la pazienza di leggersi le sentenze Englaro capirà che quando si parla di anarchia della legge e delle sentenze ciò significa anche desumere le volontà di una persona dagli stili di vita.
Qualcuno adesso può decidere per te anche quale sia il livello non più dignitoso di una vita. Siamo arrivati al punto che qualcuno può decidere per te se la vita che stai attualmente vivendo (perché è una vita che viene vissuta in questi casi) è o non è dignitosa e se può continuare ad essere vissuta.
Quando si parla di anarchia delle sentenze, di anarchia di singoli giudici in singoli tribunali, significa questo. Quello che ho ascoltato finora, di non voler mettere attraverso questa legge le proprie mani sui giudici dimostra - mi permetto - una scarsa conoscenza della legge.
Con questa proposta di legge il PdL e la maggioranza vogliono tutt'altro. Non si vuole lasciare discrezionalità alle sentenze, ai giudici, all'interpretazione degli stili di vita, ma si vuole dare un colpo all'anarchia e certezza alla legge e alla vita (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, una legge sul testamento biologico è indispensabile se tutela la persona che deve poter scegliere, mentre non lo è se intende imporre una visione etica ed impositiva che non riconosce il diritto di autodeterminazione della persona e che si pone contro la sua volontà, una volontà che nessuno ritiene assoluta, ma che si esprime in modo consapevole e responsabile.
Si è sostenuto che una legge sia necessaria poiché non vi sarebbero regole certe e una chiara giurisprudenza di merito. Questo non è vero, la Cassazione è intervenuta Pag. 77più volte ed ha riconosciuto, non introdotto, il diritto di ogni cittadino ad una scelta in prima persona che sia vincolante per il medico e che non abbia limiti e possa, dunque, comprendere anche l'alimentazione e l'idratazione forzate. L'ha fatto non per sostituirsi al potere legislativo, come si vorrebbe far credere, ma per tutelare un diritto costituzionale.
Il testo, approvato dal Senato e ora all'esame dell'Aula della Camera, persegue una logica opposta, priva di quella sensibilità che, in materie così delicate, dovrebbe essere preservata.
È, peraltro, del tutto priva di fondamento la tesi che la legge sia necessaria per evitare nuovi ed ulteriori pronunciamenti della magistratura. Una legge che è in conflitto con i principi costituzionali aprirà inevitabilmente la via a maggiori contenziosi. Una legge relativa ad indicazioni anticipate di trattamento in merito alle terapie che si intende o meno accettare in una situazione di incapacità, chiama in causa quei limiti che la Costituzione stabilisce non possano essere superati.
L'articolo 32 della Costituzione, al secondo comma, prevede che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge e, contestualmente, che la legge non può, in nessun caso, violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Sono principi ineludibili che la Costituzione rende sovraordinati alla legge.
Il testo in esame, invece, nega tali principi perché le dichiarazioni anticipate di trattamento diventano non vincolanti per il medico e si vieta che si possa prevedere il rifiuto di alimentazione ed idratazione forzate, dichiarate forme di sostegno vitale e non trattamenti sanitari.
Sarebbe stato importante riconoscere che vi debba essere un rapporto fra rispetto della volontà della persona, che sia incapace di intendere e di volere ed abbia rilasciato una dichiarazione anticipata di trattamento, per il cui rispetto si prevede vi sia un fiduciario, ed il ruolo del medico nella valutazione ed applicazione delle volontà espresse. Così non è.
Riteniamo opportuno che la dichiarazione anticipata di trattamento debba avere un limite temporale e debba essere rinnovabile. Giudichiamo fondamentale che tale dichiarazione debba essere vincolante e che non vi siano ambiti che non possano essere oggetto di una tale manifestazione di volontà. Sarebbe, infatti, del tutto contraddittoria una legislazione che, in gran parte, riconosca - e non potrebbe essere altrimenti - il consenso informato del paziente quale condizione indispensabile al trattamento sanitario, quando la persona è in grado di intendere e di volere, mentre, di contro, preveda, nel caso in cui la persona sia in una condizione di incapacità di intendere e di volere, che il medico possa non seguire le indicazioni della DAT e imponga limiti sostanziali in ordine a ciò che la legge qualifica come trattamenti sanitari revocabili.
Per queste ragioni, sarebbe stato opportuno approfondire ulteriormente tale tematica in Parlamento perché il presente testo, comunque, non è un buon testo.
Concludo, signor Presidente, mi rivolgo soltanto alla collega Binetti che ha detto che non è vero che chi è contro questo testo è a favore di una legge per l'eutanasia. Questo proprio non è vero. Questa non è una legge mite, questa è una legge ostile (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, intervengo anch'io in qualità di rappresentante dell'Italia dei Valori, ma anche di aderente all'associazione che è stata costituita dal padre di Eluana Englaro che appunto è dedicata alla figlia: «Per Eluana». Abbiamo aderito a questa associazione perché convinti che il rispetto della persona umana e della sua dignità debba essere perpetuato non solo nella fase del concepimento e della nascita, non solo durante la vita di una persona, ma Pag. 78anche nel momento cruciale della morte soprattutto come nel caso di Luana Englaro, che dopo 17 anni è stata liberata da una sorta di stato vegetativo nel quale era caduta a seguito di un incidente stradale. Quella vita non è voluta come tale dalla persona colpita da eventi così drammatici e così nefasti come quelli di un incidente e di una malattia così invalidate. Allora questa proposta di legge che stiamo discutendo in realtà nega questa dignità alla persona, confligge con il principio sacrosanto, ufficializzato nella Carta fondamentale della Repubblica italiana piuttosto che nelle convenzioni internazionali, di riconoscere valore alla volontà dell'ammalato anche quando questa volontà non possa essere continuamente esplicata (pur mantenedosi viva) a causa di un'invalidità psichiatrica rilevante.
Allora da questo punto di vista sottolineiamo come bisogna approcciare a questi temi così delicati senza facili moralismi, senza l'onda dell'emozione che ha accompagnato la vicenda giudiziaria di Eluana e che ha coinvolto in un vortice di provvedimenti di dubbia validità e di dubbia legittimità anche il Parlamento e il Governo italiano nell'imminenza del suo decesso. Mi verrebbe da citare il grande Cicerone che nelle famose Catilinarie diceva «o tempora o mores» perché se è vero che oggi qui ci confrontiamo con questa forte contrapposizione di orientamenti e di sensibilità, non più di nove anni fa, colleghi, alla Camera dei deputati fu presentata in data 8 luglio 2002 la proposta di legge n. 2974 che vedeva sancito il diritto all'eutanasia, una norma che certamente impegnativa perché prevedeva anche la possibilità che i soggetti colpiti da queste situazioni, ove avessero manifestato le loro volontà di non continuare una vita dimidiata, in caso di malattia terminale e di malattia gravemente invalidante e irreversibile e con prognosi infausta, avessero il diritto di scegliere le modalità della propria morte e di chiedere l'assistenza di un medico per porre termine alla propria esistenza.
Questo citava l'articolo 3 di tale proposta di legge che aveva una rubrica molto inquietante ma anche molto limpida: suicidio assistito ed eutanasia.
Quello che sconcerta, colleghi, è che questa proposta di legge nove anni fa fu condivisa in maniera molto bipartisan da questo Parlamento e fa specie che tra i firmatari di questa proposta di legge compaiano nomi che ancora oggi siedono in quest'Aula anche se oggi diventano paladini della vita contro i fautori della morte.
Ed è bene ricordare che, ad esempio, Isabella Bertolini piuttosto che Giorgio Lainati, piuttosto che Luigi Cesaro hanno firmato questa legge. E non mi capacito del fatto che oggi sostengono tesi assolutamente antitetiche.
Allora, dobbiamo avere tutti quella sorta di laica intelligenza che ci lascia il giusto discernimento tra quello che è bene e quello che è male, a prescindere dalle convenienze di parte. Diversamente, vale l'aforisma di quel grande scrittore russo Anton Pavlovic Cechov che sottolineava come la coerenza fosse una cosa importante e una volta nel gregge sia inutile abbaiare, si debba scodinzolare. Non voglio vedere in quest'Aula delle situazioni di appiattimento, invito i colleghi a mantenere viva la loro indipendenza di pensiero e la loro coerenza su una posizione che mi pare condivisibile; soprattutto perché, nella proposta che abbiamo fatto e che abbiamo formulato nelle proposte emendative, trova un punto di mediazione significativo tra i diritti del paziente ad una morte dignitosa e alla non prosecuzione di una vita svuotata dei suoi connotati essenziali rispetto alle giuste attese di un consenso informato, di una partecipazione del paziente al trattamento terapeutico e al rapporto che si instaura fra medico e paziente.
In nome di questi principi mi appello al senso di responsabilità e alla coerenza di tutti coloro che, in pectore, nel loro intimo sostengono la valenza di questi principi che sono appunto principi di diritto internazionale consacrati anche nella Costituzione italiana (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, intervengo anch'io in qualità di rappresentante dell'Italia dei Valori, ma anche di aderente all'associazione che è stata costituita dal padre di Eluana Englaro che appunto è dedicata alla figlia: «Per Eluana». Abbiamo aderito a questa associazione perché convinti che il rispetto della persona umana e della sua dignità debba essere perpetuato non solo nella fase del concepimento e della nascita, non solo durante la vita di una persona, ma Pag. 78anche nel momento cruciale della morte soprattutto come nel caso di Eluana Englaro, che dopo 17 anni è stata liberata da una sorta di stato vegetativo nel quale era caduta a seguito di un incidente stradale. Quella vita non è voluta come tale dalla persona colpita da eventi così drammatici e così nefasti come quelli di un incidente e di una malattia così invalidanti. Allora questa proposta di legge che stiamo discutendo in realtà nega questa dignità alla persona, confligge con il principio sacrosanto, ufficializzato nella Carta fondamentale della Repubblica italiana piuttosto che nelle convenzioni internazionali, di riconoscere valore alla volontà dell'ammalato anche quando questa volontà non possa essere continuamente esplicata (pur mantenedosi viva) a causa di un'invalidità psichica rilevante.
Allora, da questo punto di vista, sottolineiamo come bisogna approcciare a questi temi così delicati senza facili moralismi, senza l'onda dell'emozione che ha accompagnato la vicenda giudiziaria di Eluana e che ha coinvolto in un vortice di provvedimenti di dubbia validità e di dubbia legittimità anche il Parlamento e il Governo italiano nell'imminenza del suo decesso. Mi verrebbe da citare il grande Cicerone che nelle famose Catilinarie diceva «o tempora o mores» perché se è vero che oggi qui ci confrontiamo con questa forte contrapposizione di orientamenti e di sensibilità, non più di nove anni fa, colleghi, alla Camera dei deputati fu presentata in data 8 luglio 2002 la proposta di legge n. 2974 che vedeva sancito il diritto all'eutanasia, una norma che era certamente impegnativa perché prevedeva anche la possibilità che i soggetti colpiti da queste situazioni, ove avessero manifestato le loro volontà di non continuare una vita dimidiata, in caso di malattia terminale e di malattia gravemente invalidante e irreversibile e con prognosi infausta, avessero il diritto di scegliere le modalità della propria morte e di chiedere l'assistenza di un medico per porre termine alla propria esistenza.
Questo citava l'articolo 3 di tale proposta di legge che aveva una rubrica molto inquietante ma anche molto limpida: "suicidio assistito ed eutanasia".
Quello che sconcerta, colleghi, è che questa proposta di legge nove anni fa fu condivisa in maniera molto bipartisan da questo Parlamento e fa specie che tra i firmatari di questa proposta di legge compaiano nomi che ancora siedono in quest'Aula anche se oggi diventano paladini della vita contro i fautori della morte.
Ed è bene ricordare che, ad esempio, gli onorevoli Isabella Bertolini piuttosto che Giorgio Lainati, piuttosto che Luigi Cesaro hanno firmato questa legge. E non mi capacito del fatto che oggi sostengano tesi assolutamente antitetiche.
Allora, dobbiamo avere tutti quella sorta di laica intelligenza che ci lascia il giusto discernimento tra quello che è bene e quello che è male, a prescindere dalle convenienze di parte. Diversamente, vale l'aforisma del grande scrittore russo Anton Pavlovic Cechov che sottolineava come la coerenza fosse una cosa importante criticando che una volta nel gregge sia inutile abbaiare, si debba scodinzolare. Non voglio vedere in quest'Aula delle situazioni di appiattimento, invito i colleghi a mantenere viva la loro indipendenza di pensiero e la loro coerenza su una posizione che mi pare condivisibile; soprattutto perché, nella proposta che abbiamo fatto e che abbiamo formulato nelle proposte emendative, trova un punto di mediazione significativo tra i diritti del paziente ad una morte dignitosa e alla non prosecuzione di una vita svuotata dei suoi connotati essenziali rispetto alle giuste attese di un consenso informato, di una partecipazione del paziente al trattamento terapeutico e al rapporto che si instaura fra medico e paziente.
In nome di questi principi mi appello al senso di responsabilità e alla coerenza di tutti coloro che, in pectore, nel loro intimo sostengono la valenza di questi principi che sono appunto principi di diritto internazionale consacrati anche nella Costituzione italiana (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Pag. 79

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colombo. Ne ha facoltà per un minuto.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, uso il consueto minuto che mi è concesso qualche volta per intervenire, per dire che, come prima cosa, sottoscrivo tutti le proposte emendative presentate dagli esponenti del «gruppo» Radicale eletti nelle liste del Partito Democratico. Voglio essere parte del loro impegno in questa vicenda.
Voglio osservare come sia triste ascoltare cose come quelle dette dall'onorevole Toccafondi, quando parlava di anarchia delle sentenze, negando che le sentenze formino la giurisprudenza e dunque il corpo giuridico del Paese. Voglio poi sottolineare che questa sarà una situazione di dignità e di rispetto per il Parlamento, soltanto se porterà al rispetto delle persone, alla titolarità della propria vita, alla capacità di decidere senza che nessuno interferisca e senza che nessun medico si permetta di rivedere il mandato del testamento biologico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Murer. Ne ha facoltà.

DELIA MURER. Signor Presidente, vorrei innanzitutto sottolineare che ci serve una legge che esprima un diritto mite, che salvaguardi la libertà e la volontà della persona, e la dignità della professione medica. Questo non avviene col testo che verremo chiamati a votare. È anche per questa mortificazione della professione medica che io annuncio il voto favorevole alle prime dieci proposte emendative del «gruppo» Radicale che nell'articolato fanno proprio il codice deontologico dei medici attualmente vigente. Invito tutti i parlamentari a votare a favore di queste dieci proposte emendative (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, comincio con i pareri favorevoli che in relazione alle proposte emendative all'articolo 1 sono soltanto due: la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Calgaro 1.2068 e sull'emendamento Palumbo 1.2005.
La Commissione formula un invito al ritiro sugli emendamenti Buttiglione 1.5 e 1.6, Bertolini 1.2028 e, infine, sull'emendamento Calgaro 1.2066.
La Commissione esprime parere contrario su tutte le altre proposte emendative.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 19,15)

PRESIDENTE. Il Governo?

EUGENIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore, sottolineando che l'articolo 1 di questa proposta di legge propone una serie di principi condivisibili, a partire dal consenso informato, che deve essere normato, in quanto l'Italia è una delle poche nazioni che ancora non ha normato il consenso informato, non trasferendo i principi contenuti nella Convenzione di Oviedo in una normativa nazionale.
Si tratta di principi condivisibili tra cui, appunto, il divieto di eutanasia e il principio che nessun trattamento è possibile - secondo gli articoli della Costituzione citati - senza il consenso del soggetto interessato.

PRESIDENTE. Onorevole sottosegretario, si stava spingendo oltre il parere, ma si è fermata.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, non ho capito le sue parole, perché a me sembrava che l'intervento del Pag. 80Governo, necessariamente, riaprisse la discussione, visto che aveva scarsamente a che fare con il parere sugli emendamenti e aveva delle valutazioni, assolutamente legittime, ma tutte politiche.
Il sottosegretario ha detto «parere conforme», dopodiché, legittimamente, ha svolto considerazioni politiche generali sul tema in discussione, senza che vi fosse un riferimento specifico agli emendamenti.
Signor Presidente, mi rivolgo a lei solo per sapere se considerava riaperti i termini di una discussione sulle considerazioni del Governo oppure no.

PRESIDENTE. Onorevole Della Vedova, stavo interrompendo la sottosegretaria, proprio per dire che, se si fosse spinta oltre, avrei dovuto considerarlo un intervento, anziché un'espressione di parere. Tuttavia, francamente, considerarlo un intervento che riapra il dibattito mi sembrerebbe una forzatura, anche rispetto alle prassi precedenti.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Chiedo di parlare a titolo personale.

PRESIDENTE. Onorevole Farina Coscioni, dobbiamo ora passare all'esame dell'articolo premissivo: vi saranno degli interventi, dopodiché lei potrà intervenire.
Passiamo alla votazione dell'articolo premissivo Farina Coscioni 01.02.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà, per un minuto.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, ho già illustrato nell'intervento in sede di discussione sulle linee generali le ragioni per cui sono contrario, non a questa legge, ma ad una legge sul testamento biologico e ad una legge sul fine vita (Applausi di deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).
Credo che la morte non possa essere giuridicizzata. Credo che basti quello che è previsto nell'ordinamento: il «no» all'eutanasia e il «no» all'accanimento terapeutico.
Sono convinto che il letto del paziente terminale diventi, a prescindere dalle ragioni di fede che possano esserci o non esserci, un luogo sacro, al quale chi vi si accosta, nel dolore o nel mistero, avverte tutto il peso e la violenza di possibili invasività della tecnica e della legge.
Sì, perché anche la legge, quando pretende di prevedere ed imbrigliare tutte le circostanze che inevitabilmente le sfuggono, può diventare invasiva e ingiusta. Per questo, credo sia saggio non legiferare. Vi è, infatti, un'etica del limite anche per il legislatore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Scriveva molti anni fa Jacques Ellul: «un eccesso di diritto e di rivendicazione giuridica sfocia in una situazione nella quale, al termine, il diritto stesso diventa inesistente». Oggi, infatti, la norma positiva statale o metastatale, purtroppo, tende sempre più a definire ogni aspetto della vita sociale, occupando territori che, fino a poco tempo fa, erano governati dall'etica dei comportamenti e del buonsenso, e ciò spesso avviene anche con un'oggettiva complicità dei miei amici credenti che sono sempre più e sempre troppo (a mio avviso) confidenti nella forza della legge per garantire la virtù.
Io resto invece convinto, come diceva Arturo Carlo Jemolo, che vi sono temi - la morte è sicuramente tra questi - che la legge può solo lambire. Per questa mia posizione, voterò contro, a prescindere dalle valutazioni di merito, su tutti gli articoli, perché non voglio una legge e mi asterrò su tutti gli emendamenti, perché non sono interessato a migliorare questo testo di legge.
So benissimo - ho ascoltato gli interventi di oggi pomeriggio - che vi sono alcuni colleghi che dicono che è necessaria una legge, perché vi è stata quella sentenza creativa della Corte di cassazione nel caso Englaro. Anch'io credo che quella sia una sentenza creativa, eppure mi permetto di ricordare a questi colleghi che, se questa sentenza ha potuto esserci in presenza delle previsioni che il nostro codice penale fa agli articoli 575 (contro l'omicidio), 579 (contro l'omicidio del consenziente), 580 Pag. 81(contro l'istigazione e aiuto al suicidio), 593 (contro l'omissione di soccorso), se dunque questa è potuta avvenire, non sarà con una norma in più che si riuscirà ad evitare quello che si giudica negativamente e anch'io giudico negativamente.
Allora, anche per questo credo che dovremmo fermarci e riflettere sull'opportunità e, a mio avviso, sulla necessità che il legislatore si fermi e riconosca anche per sé i limiti che spesso non riconosce. Non tutto è riconducibile e disciplinabile dalla legge; non tutto appartiene alla disponibilità della politica.
Questa materia appartiene soprattutto al rapporto umano e terapeutico che si instaura tra il paziente, la famiglia e il medico. È lì che si prendono le decisioni, nel rispetto del paziente, delle sue volontà e del diritto di accogliere la morte, perché anche la morte va accolta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, adesso ci sarà tutta una serie di voti segreti su proposte emendative, quindi il momento è estremamente importante. Nessuno di noi avrebbe voluto, per un motivo o per l'altro, arrivare ad una legge. Ci siamo arrivati con un percorso di un anno e mezzo di discussione: se n'è discusso in Commissione, se n'è discusso nel Governo, se n'è discusso fuori dal Governo in varie sedi.
Voglio ricordare che questo articolo 1 ribadisce soltanto alcuni momenti fondamentali della nostra Costituzione: l'articolo 2, l'articolo 13 e l'articolo 23. Onorevole Castagnetti, onorevole Martino, è molto bella la lettura - devo dirlo - dell'articolo 32 della Costituzione. Si usciva da una guerra importante in cui la dignità dell'uomo era calpestata, non c'erano cure gratuite e la tutela della salute non era un bene pubblico.
Allora, degli uomini coraggiosi, dei medici socialisti - lo dico per il capogruppo Cicchitto, che ha contribuito - dei medici cattolici, insieme anche a dei medici comunisti all'epoca, arrivarono ad una sintesi meravigliosa con l'articolo 32 della Costituzione che stabilisce che la salute e la tutela della salute siano un bene che la Repubblica deve tutelare.
Oggi con un voto segreto - lo ripeto, perché sarà un voto segreto importante - cerchiamo di ripetere quei principi della Costituzione e di ribadire la fiducia in quei costituenti che ci hanno consegnato questa tutela della salute che vogliamo semplicemente ribadire. Non vogliamo entrare nella vita privata, non vogliamo sostituirci ai giudici, vogliamo ribadire dei principi fondamentali della nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, volevo ringraziare di cuore, se si può in un'Aula parlamentare, il collega Castagnetti per le sue parole e anche perché credo abbia dimostrato ciò che immagino per la maggioranza di noi fosse chiaro, cioè che l'approccio a questa proposta di legge non è un approccio univocamente desumibile dalle ispirazioni culturali e meno che meno religiose che animano ciascuno di noi. Credo che le parole dell'onorevole Castagnetti e il suo invito «fermiamoci» vadano accolti ed è questo lo spirito che il gruppo di Futuro e Libertà, animato anch'esso da differenti ispirazioni culturali e religiose, fa proprio.
Credo infatti che se nella comunità che rappresentiamo di 630 donne e uomini, su un tema di questo tipo, nel tentativo di dare una risposta che deve valere per tutti gli italiani, pur dopo una discussione molto ampia, approfondita e leale, abbiamo conservato posizioni così diverse - come la discussione, se mai dovesse proseguire, dimostrerà - credo che per il semplice fatto di non avere trovato un'amplissima convergenza nella nostra comunità dovremmo fermarci. Infatti non credo Pag. 82che possiamo a maggioranza stabilire cose che non trovano uniti noi e necessariamente non troveranno uniti gli italiani nelle comunità in cui vivono, nelle città e persino dentro le famiglie.
Per questo motivo credo che sarebbe molto più saggio - e l'emendamento che abbiamo presentato va in questa direzione e lo voteremo più avanti - fermarci, stabilire dei paletti rispetto ai quali, seppur con diverse insoddisfazioni, siamo tutti convinti che possano essere una posizione difendibile di fronte a tutti gli italiani, ed evitare di infilarci su temi come questi che riguardano la vita e la morte. Dobbiamo evitare di infilarci in una discussione a maggioranza che necessariamente porterà a delle divisioni e dare l'immagine di un Parlamento che, comprensibilmente diviso su questi temi, ritiene comunque di dover offrire una legge valida per tutti fuori di qui a maggioranza.
Concludo ringraziando davvero l'onorevole Castagnetti e riprendendo le sue parole senza drammi, semplicemente chiedendo ulteriori approfondimenti, rinviando a quando dentro quest'Aula ci sarà un sentimento comune su questi temi, quando dentro quest'Aula si potrà arrivare ad una norma non unanime ma ampiamente condivisa. Nel frattempo davvero fermiamoci (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non sono insensibile e il mio gruppo non è insensibile alla forza dell'appello fatto dall'onorevole Castagnetti e tuttavia non possiamo condividerlo. C'è un equilibrio che si crea all'interno di una società, un equilibrio che è stato rotto e non per nostra iniziativa. Ricordo un mio intervento nella legislatura passata, forse lo ricorda anche l'onorevole Castagnetti, in cui dissi più o meno le stesse cose che egli ha detto oggi, perché ci troviamo davanti al mistero della vita e della morte.
Davanti a questo mistero sarebbe bene che ogni uomo - credente o non credente - facesse un passo indietro, riconoscendo le ragioni del dubbio dell'altro, non dubitando della propria posizione, ma riconoscendo che la verità è una cosa che non si impone ed è l'unica cosa che ognuno deve pensare per conto suo e può aiutare un altro sul cammino della verità, ma certo non può imporgliela. Questa è la regola della convivenza umana prima ancora che la regola della democrazia.
Tuttavia, è successo qualcosa: questo equilibrio è stato alterato da una pronuncia giudiziaria lacerante, che non ha utilizzato gli strumenti che il diritto ha per rivendicare la insindacabilità della coscienza del singolo. Nessuno potrebbe sindacare e condannare qualcuno che, davanti ad una situazione come quella di Eluana Englaro, decidesse di toglierle la spina. Ogni tribunale lo assolverebbe perché ha agito sotto la pressione di una situazione emotiva insostenibile e nessuno può dire che al suo posto avrebbe fatto meglio di lui.
Invece di seguire questo percorso, la nostra Corte di Cassazione ne ha seguito un altro. Ha dato una pronuncia preventiva con valore di legge, la quale ha detto «questo è giusto». Non ha detto che questo è qualcosa su cui ognuno arretra, sul quale noi non giudichiamo. No, ha giudicato e, facendo questo, ha alterato un equilibrio. Infatti, o accettiamo una norma che c'è e che è inumana (e anche l'onorevole Castagnetti dovrebbe considerarla tale perché va oltre quell'area del rispetto che lui ci ha chiesto) o accettiamo una norma che emerge da un atto di prepotenza che spoglia il Parlamento del suo diritto di decidere, posto che qualcuno abbia quel diritto di decidere, posto che qualcuno abbia il diritto di decidere sapendo che questa è cosa tutt'altro che definita. Oppure noi siamo costretti a fare una norma che deve essere il più possibile attenta e leggera, che consenta che si crei un equilibrio fra gli attori della vicenda umana che sono il paziente, la sua famiglia e il medico curante. Pag. 83
Nessuno di questi è solo uno strumento e chiariamo - visto che ci siamo - alcune cose. L'eutanasia non è un esercizio di autodeterminazione. Un esercizio di autodeterminazione è il suicidio. L'eutanasia è un comando che viene dato ad un altro che ha forza giuridica che gli viene conferita dallo Stato di porre termine ad una vita umana. È una cosa affatto diversa. Non è un decidere sopra se stessi e non stiamo decidendo adesso dell'autodeterminazione: se uno è nel pieno possesso delle sue facoltà e dice che non vuole questa medicina o questa operazione ha il pieno diritto di dirlo e la sua decisione deve essere rispettata. Questo è parte integrante dell'ordinamento.
Voglio dire all'onorevole Martino che non è in questione il diritto di decidere su se stessi, perché il diritto di rifiutare le cure fa parte dell'ordinamento e perché l'eutanasia non è un diritto di decidere su se stessi, ma su quello che fanno altri.

PRESIDENTE. Onorevole Buttiglione, la prego di concludere.

ROCCO BUTTIGLIONE. Mi scusi, signor Presidente. Stiamo dicendo un'altra cosa, che riassumerei in un'espressione: «Gli atti con i quali si rinuncia ad una medicina salvavita sono atti personalissimi non delegabili, che non puoi scrivere in un pezzo di carta, perché nessuno sa quello che penserai davvero quando ti troverai in quella situazione». Chi ha esperienza di queste cose sa quanto questo è terribilmente vero. Evitiamo toni esagitati, cerchiamo di comprendere l'uno le ragioni della coscienza dell'altro, cerchiamo di fare una norma la quale pur nella necessaria forza della norma stessa sia il più possibile rispettosa della coscienza dell'altro e sia dentro uno sforzo di costruire l'unità della coscienza della nazione sui temi drammatici della vita e della morte (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palagiano. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, vorrei ricordare all'Assemblea per quale motivo siamo qui a parlare del testamento biologico, altrimenti perdiamo di vista l'obiettivo per il quale siamo qui riuniti. Parliamo del testamento biologico perché in Italia manca una legge sul fine vita e, quindi, per dare certezza ai cittadini che le proprie volontà vengano rispettate è nata l'esigenza di approvare una legge. Fino ad ora vige la discrezionalità dell'azione medica.
Significa che qualsiasi cittadino che scrive, per esempio, che vuole morire a casa senza ricevere un sondino nello stomaco deve essere libero di farlo. Oggi con l'obiettivo di questa proposta di legge che si è snaturato - quello, cioè, di proteggere la vita in sé e non la libertà del cittadino - abbiamo cambiato, in realtà, la direzione del nostro obiettivo. Credo che abbiate fatto ricorso - e mi riferisco a tutto il Governo - anche a dei falsi storici. Si è parlato della giornata dei comi vegetativi. Ricordo che da un punto di vista medico le società di neurologia dividono in cinque fasce quelle situazioni che rappresentano un insulto cerebrale. Vi è il coma lieve, il coma moderato, il coma grave, lo stato vegetativo e poi la morte. È un'unica condizione che state confondendo con gli stati minimi di coscienza e con i locked-in, che sono altra norma.
Pertanto, occorre parlare, in questo provvedimento, con i termini giusti e dare luogo a leggi che rispettino quei comitati scientifici e quelle audizioni che abbiamo svolto, in cui si parla di condizioni uniche e irripetibili, e dare rispetto alla volontà del cittadino. Con questo provvedimento, di cui iniziamo la votazione, non rispetteremo più le volontà del cittadino ma le volontà non dei cattolici rispetto ai laici ma soltanto di una porzione fideista e fondamentalista, da un lato, e dei laici e cattolici che vogliono che vengano rispettate le proprie volontà, dall'altro lato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Farina Coscioni. Ne ha facoltà per un minuto.

Pag. 84

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, temo che il compito dei radicali questa sera sia il più difficile. Avevamo due strade, quella di non presentare alcun emendamento, perché la proposta di legge così scritta è davvero inemendabile oppure di mettervi mano, passaggio per passaggio e riga dopo riga.
Ebbene, abbiamo scelto questa seconda strada, a partire da questo primo emendamento. Vogliamo dire «no» a questa proposta di legge che impone alla persone di accettare trattamenti degradanti. Diciamo «no» a questa proposta di legge, perché l'ultima parola non spetta al soggetto titolare del diritto di scelta. Diciamo «no» a questa proposta di legge perché non è valida e sarà carta straccia la volontà che è scritta nero su bianco.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà per un minuto.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, vorrei rivolgermi al relatore e al rappresentante del Governo. Avete espresso parere contrario su una serie di affermazioni testuali di quel codice deontologico, signor relatore, che lei rispetta ogni giorno nella sua vita privata e professionale. Qui no! Qui è obbligato, da questa proposta di legge, a dover negare quelle sue regole, le regole della sua professione perché questo provvedimento va contro tutti e non rispetta nemmeno la volontà professionale del medico e lei non ha potuto esprimere parere favorevole su tutti questi nostri emendamenti premissivi. Questo è un ulteriore motivo per una riflessione. Penso che vi sia ancora il tempo per raccogliere quello che è stato fin qui detto e penso che vi sia il tempo per restituire ...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Maurizio Turco.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, credo che le scelte sulle cure e sulla loro interruzione facciano parte della nostra vita alla stesso titolo delle nostre altre scelte, quali quelle d'amore, di famiglia e sul concepimento. Penso che, proprio come è avvenuto sull'aborto e sul divorzio, l'alternativa sia tra proibire scelte di un certo tipo con la conseguente creazione di sacche di clandestinità e, dall'altra parte invece, disciplinarle ispirandosi ai principi di libertà che si fondano sulla responsabilità individuale. Come radicali continuiamo, anche in questa materia, a nutrire fiducia nella libertà che è responsabilità dell'individuo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, mi sento di sottoscrivere - parola per parola - quanto affermato dall'onorevole Martino. Non concordo soltanto con le sue conclusioni e per questo mi asterrò su tutto.
Come si fa a consentire a quest'Aula, a 630 deputati - alla loro maggioranza, che si esprimerà, anche se mi auguro che non lo faccia - di sostituire le loro coscienze alla coscienza degli italiani che, al 67 per cento, si sono espressi non solo sul testamento biologico, ma sull'eutanasia?
Voi volete sopprimere la volontà degli italiani e quella dell'individuo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, rilevo che i presentatori di questo provvedimento sono riusciti in una sorta di miracolo a cui non avrei mai pensato entrando in quest'Aula, cioè quello di mettere in contrapposizione un supposto diritto alla vita, ridotto a una sorta di feticcio che sacrifica tutto il resto, con il Pag. 85diritto dei malati all'autodeterminazione, con la deontologia medica e con il diritto delle persone di decidere del proprio destino anche quando hanno perso conoscenza, attribuendo quindi ai medici una responsabilità enorme e legalizzando una situazione che è già tale e presente.
Quindi, mi auguro un ripensamento, anche se tardivo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, l'intervento del collega Castagnetti, peraltro largamente condivisibile, si concludeva con una sorta di dichiarazione di voto complessiva. Purtroppo, è stata collocato all'inizio dei lavori nell'esame di questo importante provvedimento e, quindi, devo fare una piccola precisazione, anche perché quest'Aula, ahimè, ha già affrontato il tema dell'abbandono di questa proposta di legge in sede di esame della questione sospensiva presentata dal nostro gruppo, ma purtroppo respinta.
Devo fare questa precisazione perché il provvedimento in esame, colleghi, reca il titolo: «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica» e poi, invece, nel testo viene largamente contraddetta l'alleanza terapeutica.
Ebbene, i 12 emendamenti presentati dal Partito Radicale riproducono - lo ripeto - 12 articoli del codice deontologico dei medici.
Noi - come Partito Democratico - crediamo che non si possa votare contro il codice deontologico dei medici e invito l'Assemblea a non fare questo errore. Perciò, voteremo a favore di questi primi 12 emendamenti (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo premittivo Farina Coscioni 01.02, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Fogliardi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 544
Votanti 529
Astenuti 15
Maggioranza 265
Voti favorevoli 212
Voti contrari 317
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Secondo le intese intercorse interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento che riprenderà nella seduta di domani a partire dalle ore 10. Signor sottosegretario, non siamo in gita! Abbia pazienza, dobbiamo dare gli annunci alla comitiva...!

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge (ore 19,43).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sottoindicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla I Commissione (Affari costituzionali):
GREGORIO FONTANA: «Modifica delle circoscrizioni territoriali dei comuni di Torre Pallavicina e di Soncino nonché delle province di Bergamo e Cremona» (1320).
(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

Pag. 86

Integrazione nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Misto, con lettera pervenuta in data odierna, ha reso noto che il deputato Francesco Nucara è stato nominato vicepresidente del gruppo in rappresentanza della componente politica «Repubblicani-Azionisti».

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 19,45).

STEFANO ALLASIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per esprimere massima solidarietà da parte del gruppo Lega Nord Padania nei confronti dei poliziotti feriti in Val di Susa domenica passata, dopo sette ore di scontri da parte dei black bloc, dei no TAV, dei «grillini», di facinorosi di sinistra che oggi si possono valutare in ordine a certe dichiarazioni, e mi riferisco anche al presidente della regione ligure Burlando e non solo, nonché a Fassino (che non vedo in Aula) ieri nel consiglio comunale di Torino, che percepisce uno stipendio da parlamentare, ma non partecipa alle assemblee e continua a mantenere il triplo incarico. Vediamo questa situazione in cui c'è una parte legale che ha necessità di rilanciare l'Italia con un rilancio economico e un'infrastruttura fondamentale per il Piemonte, l'Italia stessa, per tutti gli italiani. Ribadiamo il concetto e dichiariamo la massima stima nei confronti del Ministro dell'interno Roberto Maroni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) che ha prontamente valutato la situazione dei terroristi che si sono adoperati a mettere a ferro e fuoco la Val di Susa domenica e chiederemo prossimamente, attraverso interpellanze e interrogazioni ai Ministri competenti, che i costi di questa brutta pagina di storia della Repubblica italiana di domenica in Val di Susa vengano completamente addebitati ai facinorosi, ai «grillini» e a quei personaggi della sinistra oltranzista e a volte anche moderata, che spesso siedono nelle sedi istituzionali.
Massima solidarietà va anche al ferito civile, l'imprenditore che ha messo a disposizione la propria operosità per mettere in sicurezza il luogo dove stanno avvenendo gli scavi alla Maddalena presso il comune di Chiomonte; vorremo dare la possibilità a tutta l'Aula di esprimere la massima solidarietà ma soprattutto vorremmo chiedere a quelle forze politiche che continuano ad essere molto di parte e frammentate di potersi unire in una solidarietà massima, dando la possibilità al Piemonte di rilanciarsi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

FILIPPO ASCIERTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, esprimo anch'io la vicinanza e la solidarietà agli oltre 180 appartenenti alle forze dell'ordine che sono rimasti feriti in Val di Susa.
È l'ennesimo atto di una violenza sconsiderata, violenza che non può essere più rimarcata con questo termine, perché si tratta di veri e propri delinquenti organizzati. A ben analizzare, c'è tra di loro una finalità di sovversione e, quindi, terroristica.
La cosa che più fa riflettere è che, come sempre, questi giovani si organizzano attraverso i centri sociali per poter poi agire con un'azione talmente violenta che non è più giustificabile.
Allora, approfitto anche della presenza del sottosegretario Mantovano, che da sempre è sensibile e vicino alle forze dell'ordine, anche per quanto riguarda la sua delega, per dire che forse è arrivato il momento di iniziare a pensare di chiudere Pag. 87i centri sociali, che sono centri dove viene studiata, elaborata e poi applicata la violenza che poi vediamo scagliarsi contro i poliziotti nelle manifestazioni che questi fanno.
Spero che ci possa essere una risposta da parte del Ministro non per la semplice solidarietà nei confronti delle forze dell'ordine, non per il risarcimento dei danni, che è ovvio, ma per chiudere i centri sociali. I giovani che hanno manifestato con azioni violente vengono dai soliti centri sociali di alcune regioni, come il Veneto, la Lombardia, il Piemonte, la Campania e il Lazio. Allora, è arrivato il momento di chiudere questi centri sociali se viene identificato un appartenente ad essi che si distingue in questo modo criminale.

PIETRO TIDEI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente, vorrei richiamare la sua attenzione su un comportamento del Ministro della giustizia, che ritengo non consono ai doveri di un Ministro della Repubblica.
Nel corso di questi mesi ho presentato circa una decina di interrogazioni su fatti accaduti nelle nostre carceri, fatti che riguardano soprattutto suicidi. Per certi versi, dovremmo parlare di suicidi di massa, se consideriamo che negli ultimi anni sono morte oltre duemila persone in galera e che la metà sono suicidi. Credo che questo metta in evidenza una situazione drammatica che sta scoppiando letteralmente nelle nostre carceri.
Ebbene, non ho ancora avuto la fortuna di ricevere nessuna risposta con riferimento a singoli fatti e avvenimenti che ho denunciato nelle mie interrogazioni.
Quindi, signor Presidente, se mi ascolta, mi sto rivolgendo a lei. Le stavo chiedendo se si fa carico di sollecitare il Ministro della giustizia a rispondere a circa dieci interrogazioni che ho presentato sul sistema esplosivo delle nostre carceri, dove abbiamo assistito a suicidi che potremmo definire di massa, poiché sono morte molte persone e vi sono stati molti suicidi, soprattutto in questo momento in cui le carceri stanno scoppiando e soprattutto ora che andiamo verso l'estate, quando la situazione diventa ancora più drammatica. Ci sono istituti penitenziari che non hanno l'acqua. Ci sono istituti penitenziari dove la situazione dei detenuti è veramente esplosiva.
Quindi, chiederei a lei, signor Presidente, di sollecitare il Ministro della giustizia a darmi almeno alcune risposte alle tante interrogazioni che ancora attendono una risposta dal Ministro, il quale ovviamente potremmo dire che non si interessa e se ne frega di rispondere a questioni che sono e che sempre più diventano drammatiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Tidei, la Presidenza si farà carico di sollecitare il Governo a rispondere alle sue interrogazioni su un argomento che è sicuramente di grande rilevanza.

LUCIANO PIZZETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO PIZZETTI. Signor Presidente, in ragione della giusta, sacrosanta e doverosa azione di solidarietà nei confronti degli agenti che operano in Val di Susa e della più netta condanna nei confronti delle forme di violenza, vorrei rilevare che queste espressioni di condanna dovrebbero essere manifestate sempre e non utilizzate a sproposito, come ho sentito fare da qualche collega in quest'Aula.
Sono solidale con i poliziotti sia quando compiono il loro dovere in Val di Susa sia quando hanno compiuto il loro dovere, ad esempio, in Lombardia e nel Veneto ai tempi della vicenda delle quote latte, mentre chi adesso si fa paladino della legalità riempiva questi poliziotti di letame, che in padano, se me lo consente, significa qualcosa di più: è un linguaggio Pag. 88molto più grave e molto più serio, per certi aspetti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Quindi, queste strumentalizzazioni, per favore, sarebbe ora che cessassero una volta per tutte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, a proposito di violenze sconsiderate, è stata presa a pugni e calci l'automobile del presidente della regione Campania da lavoratori e appartenenti al mondo sindacale. Se la sono presa con il presidente della regione in virtù del fatto che i NAS avevano chiuso una struttura privata, una clinica privata, e il giudice fallimentare l'aveva dichiarata fallita.
Un giudice dichiara quella struttura fallita e i NAS la chiudono: non riesco a capire cosa questo povero presidente debba fare per cercare di aprire qualcosa che la giustizia ha chiuso. I lavoratori, ovviamente, hanno la nostra comprensione e la nostra solidarietà, ma credo che, in questo momento, l'attacco sia al presidente Caldoro, che è sotto scacco sia della magistratura sia di certi lavoratori e di certi sindacati (soprattutto, mi si dice, della CGIL), che dovrebbero fare un esame di coscienza e cercare di non istigare alla violenza, perché la macchina è stata gravemente danneggiata.
Il presidente ne è uscito miracolosamente illeso, ma teniamo a sottolineare che quella struttura, Villa Russo, era stata chiusa da circa un anno, quando Caldoro non era ancora presidente. Non se la sono presa con il governatore precedente, ma con l'attuale. Vi è un disegno politico di violenza sconsiderata e inaudita che va stigmatizzato e questi violenti vanno, ovviamente, isolati (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, intervengo per sollecitare la risposta ad un'interrogazione sulla tutela della dignità dell'Arma dei carabinieri, la n. 4-08393. Segnalo anche di aver svolto un intervento in Aula, alcuni giorni fa, a proposito di un fatto avvenuto in Pakistan.
Ho ricevuto, al riguardo, una lettera dall'ambasciatore del Pakistan in cui mi si fa divieto di interferire con i fatti interni al Pakistan. Siccome questa lettera è stata mandata anche, per conoscenza, al Presidente della Camera, Gianfranco Fini, e al presidente della Commissione affari esteri, chiedo che si apra una pratica a tutela, come si direbbe al Consiglio superiore della magistratura, perché credo che, come rappresentante del popolo italiano, quando parlo di diritti civili, non esista limite territoriale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

GIANNI FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNI FARINA. Signor Presidente, vorrei attirare l'attenzione del Parlamento e del Governo sulla decisione del Consiglio di Stato ticinese, che ritengo grave, inspiegabile e di assoluta miopia politica, di congelare il 50 per cento dei ristorni derivanti dalle tassazioni alla fonte sui salari dei lavoratori frontalieri.
La cooperazione economica e commerciale tra il Canton Ticino, il Grigioni, il Vallese e le limitrofe regioni Lombardia e Piemonte è sempre stata fattore di sviluppo per le popolazioni interessate, che hanno sviluppato nel tempo un rapporto sociale e umano, tale da superare gli steccati imposti dai rispettivi confini nazionali.
Per quanto riguarda oltretutto il Canton Ticino, è persino inutile rimarcare lo straordinario contributo della Lombardia al suo sviluppo: le migliaia di tecnici laureati in ogni professione che si sono formati a Milano, gli insegnanti e i lavoratori di ogni professione che hanno trovato Pag. 89nel Canton Ticino, nel Grigioni e nel Vallese la possibilità di espletare con successo la loro professione.
Le grandi opere infrastrutturali, le vie di comunicazione, le gallerie, come gli straordinari sbarramenti alpini sono stati costruiti anche attraverso il sacrificio e l'ingegno dei lavoratori italiani.
Non va sottostimata, oltretutto, la rete economica e commerciale sorta al di qua e al di là dei confini nazionali, costituita da miriadi di imprese in ogni settore di attività.
In definitiva questo è il nostro scopo: facilitare la cooperazione e l'attività di cittadini ed imprese delle rispettive entità nazionali.
La Convenzione fu conclusa il 9 marzo 1976. In essa, all'articolo 15, viene stabilito come costituisca parte integrante della Convenzione l'Accordo tra la Confederazione elvetica e l'Italia, relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine.
L'Accordo, risalente al 3 ottobre 1974 ed entrato in vigore il 27 marzo 1979, stabiliva la compensazione finanziaria di ognuno dei tre cantoni a non oltre il 40 per cento del gettito fiscale, da versare alla tesoreria centrale italiana dell'allora Ministero del tesoro con il vincolo per l'autorità italiana di trasferire dette somme ai comuni di provenienza dei lavoratori frontalieri.
L'Accordo è tuttora in vigore ed è, quindi, inspiegabile e non operativa la decisione del Governo cantonale ticinese, nonché l'utilizzazione dei frontalieri come oggetto di scambio per dirimere questioni ben più complesse, come affermato nel comunicato delle organizzazioni sindacali.
Per quanto riguarda il Ticino (circa 44 milioni di euro di ristorno) vi sarebbe, quindi, il congelamento di 22 milioni di euro.
Ciò è inspiegabile, poiché l'Accordo del 1974, come la Convenzione del 1976, sono atti conclusi e ratificati da Stati nazionali - la Confederazione elvetica e l'Italia - e non possono, quindi, essere denunciati dai singoli cantoni.
Le motivazioni addotte per congelare una parte dei ristorni a cui dovrà obbligatoriamente far fronte la Confederazione elvetica, come stabilito dalla Convenzione del 1976, sono pretestuose e immotivate.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Gianni Farina.

GIANNI FARINA. Depositerò il testo del mio intervento presso la Presidenza. Chiedo solo quali immediati provvedimenti e quali azioni intende conseguentemente intraprendere il Governo italiano per il superamento delle attuali difficoltà e per ristabilire un rapporto pieno di collaborazione con il Governo federale elvetico nell'interesse dei due Paesi ed inoltre, in conclusione, quali immediati provvedimenti il Governo intende prendere, anche per dare continuità alle mozioni approvate nelle scorse settimane, qui, alla Camera dei deputati, a tutela degli interessi nazionali e per sopperire alle eventuali difficoltà finanziarie - se il congelamento dei ristorni si protraesse nel tempo - dei comuni di confine di provenienza dei lavoratori frontalieri.

MARCO ZACCHERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, vorrei intervenire relativamente a quanto detto dai due colleghi precedenti; quanto al secondo che ha testé parlato, vorrei condividerne pienamente, e quindi non sto a ripeterne, le parole. Anch'io ho già presentato un altro atto di sindacato ispettivo anche perché in ultimo il Governo mi aveva prontamente risposto dicendo di stare tranquillo perché non c'era la possibilità di revocare questo accordo e invece il Canton Ticino ha annunciato di volerlo fare.
Volevo anche riprendere il discorso su quanto detto da Renato Farina per congratularmi con lui perché ho saputo che nei giorni scorsi la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza dell'ordine nazionale Pag. 90dei giornalisti con la quale era stato, nel 2007, radiato dall'ordine. Siccome si trattava, secondo me, di una vicenda politica ed io ho protestato, come giornalista iscritto all'albo dall'ormai lontano 1975, per una decisione che non aveva alcun senso e che andava contro la libertà personale e professionale di un collega che scriveva benissimo a mio avviso - spesso condivido quello che scrive e dice - la decisione che è stata cassata dalla Cassazione - è un giro di parole - conferma come all'interno dell'ordine dei giornalisti si assumano a volte posizioni prettamente politiche. Come iscritto e come parlamentare mi lamento di ciò, perché penso che ci debba essere più rispetto per la singola volontà e per quanto scrivono e pensano i singoli iscritti. Quindi faccio i complementi a Renato Farina e anche a Gianni Farina perché condivido quanto ha testé detto sui lavoratori frontalieri.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 6 luglio 2011 alle 10:

(ore 10 e ore 16)

1. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge C. 1320.

2. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 10-51-136-281-285-483-800-972-994-1095-1188-1323-1363-1368 - D'iniziativa dei senatori: IGNAZIO ROBERTO MARINO ed altri; TOMASSINI ed altri; PORETTI e PERDUCA; CARLONI e CHIAROMONTE; BAIO ed altri; MASSIDDA; MUSI ed altri; VERONESI; BAIO ed altri; RIZZI; BIANCONI ed altri; D'ALIA e FOSSON; CASELLI ed altri; D'ALIA e FOSSON: Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 2350-A).
e delle abbinate proposte di legge: BINETTI ed altri; ROSSA ed altri; FARINA COSCIONI ed altri; BINETTI ed altri; POLLASTRINI ed altri; COTA ed altri; DELLA VEDOVA ed altri; ANIELLO FORMISANO ed altri; SALTAMARTINI ed altri; BUTTIGLIONE ed altri; DI VIRGILIO ed altri; PALAGIANO ed altri (C. 625-784-1280-1597-1606-1764-bis-1840-1876-1968-bis-2038-2124-2595).
- Relatori: Di Virgilio, per la maggioranza; Palagiano, di minoranza.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00670, Iannaccone ed altri n. 1-00676, Mosella ed altri n. 1-00677, Ghiglia ed altri n. 1-00678, Libè, Della Vedova, Lo Monte ed altri n. 1-00679, Bratti ed altri n. 1-00680 e Zamparutti ed altri n. 1-00681 concernenti iniziative urgenti sull'emergenza rifiuti a Napoli.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Poli ed altri n. 1-00620, Di Stanislao ed altri n. 1-00622, Miotto ed altri n. 1-00626, Mosella ed altri n. 1-00630 e Reguzzoni, Cazzola, Moffa ed altri n. 1-00682 concernenti iniziative per l'incremento dei controlli relativi alle pensioni di invalidità.

5. - Seguito della discussione delle mozioni Gnecchi ed altri n. 1-00583, Poli, Della Vedova, Lanzillotta, Lo Monte ed altri n. 1-00674 e Cazzola, Fedriga, Moffa ed altri n. 1-00675 concernenti iniziative relative alla disciplina dei contributi pensionistici.

(ore 15)

6. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 20,05.

Pag. 91

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MARIALUISA GNECCHI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI CONCERNENTI LA DISCIPLINA DEI CONTRIBUTI PENSIONISTICI

MARIALUISA GNECCHI. Abbiamo intrapreso una serie di azioni parlamentari per contrastare l'operato di questo Governo in materia previdenziale in aula: ordine del giorno n. 9/3638/115 approvato in aula il 29 luglio 2010, seduta n. 361 in sede di approvazione del decreto-legge n. 78 del 2010 che impegna il Governo a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, del decreto-legge in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una deroga per i lavoratori che abbiano maturato il requisito di anzianità contributiva pari ad almeno 40 anni di contributi, considerando anche che il periodo in eccedenza non contribuisce ai fini del trattamento pensionistico;
ordine del giorno n. 9/3638/107 approvato in aula il 29 luglio 2010, seduta n. 361 in sede di approvazione del decreto-legge n. 78 del 2010 che a decorrere dal 1 luglio 2010, ha reso oneroso per tutti, lavoratrici e lavoratori, l'articolo della legge 29 del 1979 (trasferimento della contribuzione da altri fondi all'INPS) finora gratuito e pertanto si impegna il Governo a valutare con attenzione gli effetti delle abrogazioni descritte in premessa, valutando altresì la possibilità di correggere una situazione che discrimina i lavoratori e le lavoratrici che non hanno un unico percorso previdenziale. Gli ordini del giorno, anche se approvati, non sono sufficienti quindi abbiamo presentato due proposte di legge per rendere inefficace la manovra di luglio e ripristinare la situazione precedente: la proposta di legge n. 3692 («Modifiche all'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, concernenti i requisiti per l'accesso dei lavoratori e delle lavoratrici al trattamento di pensione» presentata il 4 agosto 2010): per la prima volta si è agito sulle pensioni senza garantire a chi è senza lavoro, a chi è stato autorizzato alla prosecuzione volontaria, a chi ha 40 anni di contributi di mantenere almeno i requisiti precedenti. La nostra proposta vuole tutelare i lavoratori e le lavoratrici in questa situazione e la proposta di legge n. 3693 («Abrogazione dei commi da 12-sexies a 12-undecies dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, concernenti i requisiti per l'accesso delle lavoratrici al trattamento di pensione e la disciplina della ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini previdenziali, nonché disposizioni in materia previdenziale» presentata il 4 agosto 2010): dal 1958 si garantiva a tutti i lavoratori e le lavoratrici che non riuscissero a perfezionare i requisiti per poter avere la pensione in un fondo sostitutivo ed esonerativo (Inpdap, fondo elettrici, postelegrafonici ecc) di potersi creare gratuitamente la posizione assicurativa all'INPS per poter godere di una pensione. Il trasferimento dall'INPS agli altri fondi è da sempre oneroso perché tale trasferimento avrebbe poi garantito una pensione migliore, mentre il trasferimento dagli altri fondi all'INPS era gratuito perché meno vantaggioso. La manovra di luglio 2010 del Governo ha reso oneroso ogni trasferimento di contributi. Questo abbatte un pilastro del sistema, una vera garanzia, ancor più importante oggi in particolare per i giovani che si trovano a passare da un lavoro precario ad un altro. L'abrogazione della legge n. 322 del 1958 è ancor più grave sapendo che questo Governo l'ha pensata solo per penalizzare le donne, per impedire alle lavoratrici del pubblico impiego di passare gratuitamente i contributi all'INPS per mantenere il diritto alla pensione di vecchiaia a 60 anni (anche se probabilmente non l'avrebbe fatto nessuna donna perché la liquidazione della pensione Inpdap è più favorevole). La nostra proposta vuole ripristinare la situazione precedente. Pag. 92
Oltre alle proposte per abrogare la legge n. 122 del 2010, quindi oltre a pensare al passato abbiamo pensato al futuro presentando poi la proposta di legge n. 3871 («Modifiche al decreto legislativo 2 febbraio 2006, n.42 in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi e di estensione del diritto alla pensione supplementare» presentata il 17 novembre 2010) con l'intento di offrire una soluzione pratica al corto circuito che si è nel frattempo evidenziato sulla questione delle ricongiunzioni.
Le riforme delle pensioni del 1992 e del 1995 dovevano essere completate per garantire ad ogni lavoratore di poter utilizzare tutti i contributi versati in diverse gestioni: è assolutamente necessario legiferare per garantire a tutti di poter «totalizzare» (mettere insieme/ricongiungere) i propri contributi per avere un'unica pensione pagata in quote (pro quota) dai diversi enti in cui sono stati versati. La nostra proposta va a coprire queste lacune e permette anche la reciprocità tra gli enti (per esempio garantisce la possibilità di pensione supplementare su pensione INPS anche con contributi versati in altri fondi o gestioni). Questa iniziativa è diventata ancora più necessaria dopo l'abrogazione della legge n. 322 del 1958, perché oggi si obbligano i lavoratori e le lavoratrici a pagare cifre enormi per un diritto alla pensione che dovrebbe essere garantito a tutti indipendentemente dal fondo in cui sono stati versati i contributi.
Le nostre battaglie alla fine hanno portato qualche frutto. Il 25 febbraio 2011 l'approvazione di un ordine del giorno della maggioranza (il n. 9/4086/2 di Vincenzo Antonio Fontana, Foti, Fedriga, Pelino, Scandroglio, Munerato, Bonino, Moffa, Cazzola) evidenzia un amaro paradosso: la stessa maggioranza di centrodestra, artefice del pasticcio incriminato, impegna il Governo a valutare l'opportunità di diramare direttive agli enti previdenziali per predisporre forme di rateizzazione dell'ammontare dovuto dai lavoratori; ma, cosa assai più rilevante, impegna il (proprio!) Governo a valutare l'opportunità di ricercare con le parti sociali interessate e con gli enti previdenziali competenti, misure in grado di affrontare e risolvere il problema attraverso una adeguata revisione delle norme in materia di totalizzazione e di allargamento dei suoi effetti.
Anche la maggioranza quindi sembra prendere coscienza degli errori macroscopici delle proprie scelte. Il centrodestra si è reso conto delle iniquità presenti nella legge e della gravità della situazione? Vuole agire per migliorare le norme in materia di totalizzazione dei contributi, recependo quindi la nostra iniziativa legislativa?
Stiamo aspettando!
Sembra che qualcosa, in questo senso, si stia muovendo: in Commissione Lavoro l'on. Cazzola del Popolo della Libertà ha presentato il 5 aprile 2011 una sua proposta di legge sulla totalizzazione (A.C. 4260) che ripropone i contenuti della nostra proposta n. 3871! L'unica differenza significativa tra i due testi sta nel fatto che quello di Cazzola è una legge delega al Governo mentre la nostra proposta ha l'impostazione di una legge che entrerebbe subito in vigore appena approvata. Questa proposta è stata quindi abbinata alla nostra e prosegue il suo iter in Commissione. Proprio in Commissione possiamo vantare un primo, significativo successo: nel comitato ristretto incaricato di redigere il testo unificato delle due proposte di legge abbiamo ottenuto anche la disponibilità a prevedere che le norme della legge n. 122 del 2010 siano sospese in attesa dell'approvazione della regolamentazione generale sulla totalizzazione e che si possano restituire gli importi eventualmente versati dai lavoratori per le ricongiunzioni onerose previste dal luglio 2010.
Non possiamo ovviamente cantar vittoria, ma registriamo almeno il merito di aver fatto capire alla maggioranza di aver sbagliato! Come vediamo anche confermato nella mozione presentata oggi a prima firma Cazzola e firmata dai colleghi del Popolo della Libertà e della Lega Nord Padania della Commissione lavoro, che Pag. 93sono ovviamente coloro che hanno capito le tragedie che i lavoratori e le lavoratrici stanno vivendo.
L'intera Commissione Lavoro in varie occasioni e con dichiarazioni esplicite si è espressa all'unanimità (compresi quindi i colleghi di maggioranza - sempre che mantengano le posizioni prese) a favore della necessità di arrivare ad una legge giusta sulla totalizzazione e hanno riconosciuto l'urgenza di tornare ad una normativa equa in materia di ricongiunzioni.
Siamo consapevoli che per la maggioranza e per il Governo è difficile tornare indietro, ma la manovra di luglio 2010 è talmente sbagliata e ingiusta che non riusciamo ad immaginare che possa rimanere in vigore.
Nel frattempo i lavoratori stanno già iniziando a pagare, a rate, le somme dovute per accedere alla pensione. A causa delle norme approvate con la legge n. 122 del 2010 gli oneri di ricongiunzione richiesti dall'INPS sono pesantissimi.
Si tratta anche di lavoratori già usciti dal lavoro; alcuni non godono più degli ammortizzatori sociali e quindi sono senza alcuna forma di reddito, altri sarebbero già in pensione ma, «grazie» alle modifiche volute dal centrodestra, se non pagano la ricongiunzione non hanno più i requisiti!
Siamo assolutamente convinti che si debba fare tutto il possibile per far capire i drammi che si stanno vivendo. È incredibile constatare quante ingiustizie si siano prodotte con un'unica norma. Il Governo voleva impedire alle donne del pubblico impiego di trasferire gratuitamente i propri contributi all'INPS per poter accedere alla pensione di vecchiaia a 60 anni anziché 65, e non si è accorto che le statali avrebbero potuto mantenere la vecchia normativa con la gratuità e le donne nel resto del pubblico impiego no. Questa è solo una delle tante dimostrazioni dell'incapacità di questo Governo, dell'approssimazione con cui affronta argomenti seri che avrebbero bisogno di attenzione, riflessione e competenza.
Abbiamo cercato di costringere il Ministro Sacconi a spiegare la situazione e le motivazioni che hanno portato a tale manovra con varie interrogazioni, in una, in particolare la n. 5-04430 del 23 marzo 2011 - chiediamo di capire che valutazione numerica sia stata fatta per individuare le persone che sarebbero state penalizzate, almeno statisticamente partendo dal passato e anche per vedere se e quale valutazione sia stata fatta visto che a tutte le precedenti interrogazioni che di seguito citiamo non abbiamo ancora avuto risposta, quindi aspettiamo «di sapere quanti lavoratori e lavoratrici abbiano ricongiunto i propri contributi all'INPS gratuitamente negli ultimi dieci anni, specificando quanti anni in media per ogni ricongiunzione» (iter: in corso).
La risposta a questa interrogazione permetterebbe di capire quanti siano i lavoratori e le lavoratrici che hanno goduto della possibilità di ricongiunzione gratuita e di conseguenza anche la consistenza della platea penalizzata dalla manovra di luglio 2010, ma purtroppo dobbiamo prendere atto che il Ministro non si era fatto dare neanche questo dato elementare.
Abbiamo fatto molte interrogazioni generiche e anche se non è nostra abitudine fare interrogazioni che citino nomi e cognomi di singoli cittadini, in questo caso abbiamo fatto un'eccezione proprio per dimostrare le diverse tipologie di problematiche e le contraddizioni che derivano dalle politiche dissennate della maggioranza, che stanno creando ingiustizie profonde anche all'interno del grande comparto del pubblico impiego.
Interrogazione n. 5-03379 del 14 settembre 2010 - «per sapere, dopo l'abrogazione di leggi con il decreto-legge n. 78 del 2010 che prevedevano la gratuità del trasferimento/ricongiunzione posizioni assicurative, come intenda procedere il ministro del Lavoro per reintrodurre condizioni di equità per chi richiede la ricongiunzione dal 1 luglio 2010» (iter: in corso).
Interrogazione n. 5-03404 del 15 settembre 2010 - «per sapere, dopo l'approvazione del decreto-legge n. l78 del 2010 e i conseguenti pesanti oneri per chi abbia Pag. 94contributi in diverse gestioni, se non ritenga il Ministro interrogato assumere iniziative normative che consentano ai lavoratori e alle lavoratrici di poter totalizzare, senza oneri aggiuntivi, tutti i contributi versati in diverse casse di previdenza nel corso dell'attività lavorativa» (iter: in corso).
Interrogazione n. 5-03778 del 10 novembre 2010 - «per sapere, a seguito abrogazione della legge n. 322 del 1958 con decreto-legge n. 78 del 2010 che consentiva la possibilità di trasferire gratuitamente la posizione assicurativa presso l'INPS, come il ministro intenda affrontare la situazione di tutti coloro che, non per libera scelta, ma solo per ottenere la prestazione, si ritrovano costretti ad un trasferimento di contributi all'INPS per poter avere una pensione» (iter: in corso).
Interrogazione n. 5-04043 del 12 gennaio 2011 - «per sapere come intenda procedere il ministro interrogato per correggere le vigenti norme sulla totalizzazione che hanno fortemente penalizzato tutti coloro che intendono usufruire della totalizzazione e che vantano un'anzianità contributiva pari o superiore a diciotto anni al 31 dicembre 1995» (iter: in corso).
Interrogazione n. 5-04044 del 12 gennaio 2011 - «per sapere come e quando intenda il ministro interrogato affrontare le questioni sollevate e porre in atto i necessari provvedimenti che consentano non solo di onorare accordi sottoscritti con le parti sociali in sede ministeriale, ma anche fornire idonee soluzioni alle circostanziate problematiche segnalate dalle organizzazioni sindacali e da tutti i lavoratori e le lavoratrici che stanno vivendo la drammatica situazione di non avere certezza rispetto alla propria pensione a seguito dell'emanazione del decreto-legge n. 78 del 2010» (iter: in corso).
Interrogazione n. 5-04657 del 27 aprile 2011 - «per sapere se i Ministri interrogati siano a conoscenza che per i dipendenti statali iscritti alla cassa di Stato (CTPS), che cessino a tutt'oggi dal servizio, la possibilità di costituire la posizione previdenziale all'INPS è senza oneri e se non ritengano di valutare l'opportunità di promuovere l'abrogazione delle norme intervenute con l'articolo 12 e seguenti, del decreto-legge n. 78 del 2010, stante la palese contraddittorietà delle stesse e la conseguente difficile applicazione, che comporterà l'attivazione di ricorsi nelle sedi competenti» (iter: in corso).
Interrogazione n. 5-04677 del 3 maggio 2011 - «per sapere se il Ministro intenda assumere iniziative normative per correggere la norma sopra richiamata e consentire, come richiede giustamente il signor Lotti, lavoratore nel settore dell'energia, che vengano fatti salvi i diritti di coloro che hanno lavorato e versato i contributi per la pensione e cessato di lavorare prima dell'entrata in vigore della legge n. 122 del 2010» (iter: in corso).
Interrogazione n. 5-04680 del 3 maggio 2011 - raccontiamo il caso di un lavoratore che ha contributi INPS e Inpdap, uno dei tanti che per avere la pensione sarà comunque costretto a pagare la ricongiunzione dei contributi o in uno o nell'altro ente (contributi già pagati!). La regola che vigeva dal 1958 sanciva che il trasferimento dei contributi dall'INPS ad un fondo che avrebbe erogato una pensione migliore comportava un onere a carico del lavoratore, mentre il trasferimento (o ricongiunzione) all'INPS era gratuita, proprio perché il trattamento pensionistico sarebbe stato quello garantito dall'INPS, meno favorevole degli altri enti o fondi. Abbiamo dunque chiesto «al Ministro interrogato se non ritenga di prendere atto dell'iniquità delle norme introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2010 e assumere le necessarie iniziative correttive che consentano di ripristinare certezza e di mantenere le condizioni precedenti, almeno fino all'approvazione di una legge sulla totalizzazione dei contributi (già in discussione in Commissione lavoro) in modo da non penalizzare in modo così grave il singolo lavoratore» (iter: in corso).
Interrogazione n. 5-04763 del 18 maggio 2011 - chiediamo conto a Governo e maggioranza delle migliaia i lavoratori e le lavoratrici incappati, per loro sfortuna e non certo per loro negligenza o ignoranza, nelle nuove disposizioni approvate con la Pag. 95manovra di luglio 2010: «sono moltissime le proteste pervenute a tutti i parlamentari per far comprendere alla maggioranza e al Governo quanto siano inique e ingiuste le modifiche introdotte con la legge n. 122 del 2010, e si intende riportare nel presente atto di sindacato ispettivo il caso concreto del signor Mario Serafino, raccontato con le sue stesse parole: «Ho maturato i requisiti per avere diritto alla pensione il 30 settembre 2010 con 40 anni di contribuzione di cui gli ultimi 12 anni versati nel Fondo Telefonico come dipendente WIND. La finestra utile per la decorrenza della mia pensione è quella del 1 gennaio 2011 ma al momento la mia domanda di pensione è ferma perché devo ricongiungere i contributi versati nel Fondo Telefonico in AGO-INPS e la nuova legge n. 122 del 2010 del 30 luglio 2010 prevede che la ricongiunzione sia onerosa.
Al momento l'INPS non mi ha ancora quantificato ufficialmente la cifra che devo versare, ma mi ha confermato solo che è molto onerosa e in base ai loro calcoli è circa 50.000 euro probabilmente anche di più (cifra confermata anche dal patronato che segue la mia pratica di pensione).
Devo anche precisare che, nel mio caso per problemi di esuberi aziendali, ho concordato con la WIND l'uscita anticipata al 31 dicembre 2009 e ho continuato con il versamento dei contributi volontari fino al 30 settembre 2010 per raggiungere i 40 anni di contributi. Anche i contributi volontari sono stati versati nel Fondo Telefonico su precisa indicazione dell'INPS perché la ricongiunzione era gratuita e non aveva nessun senso farla prima. Mi trovo quindi nella situazione che pur avendo cessato il rapporto di lavoro il 31 dicembre 2009, quindi molto prima che sia entrata in vigore la legge n. 122 del 2010 del 30 luglio 2010, devo comunque pagare la ricongiunzione per aver proseguito la contribuzione volontaria nel Fondo fino al 30 settembre 2010 (e senza aver maturato i diritti alla pensione a carico del Fondo). A oggi mi trovo che sono stato disoccupato per tutto il 2010 e adesso devo pagare una cifra considerevole per andare in pensione dopo aver pagato correttamente i contributi per 40 anni perché anche quelli versati nel Fondo a partire dal 1 gennaio 1997 (io ho iniziato i versamenti nel fondo nel 1998) sono stati uniformati in tutto e per tutto a quelli dell'AGO e quindi la contribuzione versata da parte mia e da parte dell'azienda è identica come se fosse stata versata nell'AGO. Inoltre i Fondi Telefonici sono stati soppressi dal 1 gennaio 2000 e l'azienda (WIND) in cui ho lavorato, attualmente versa i contributi ai dipendenti entrati dopo il 2000 nell'AGO e a quelli che erano già nel Fondo dal 1998 ha continuato a versarli nel Fondo. L'INPS di Ivrea (è stata di parola) mi ha comunicato ufficialmente che, per accogliere la mia domanda di pensione (finestra 1 gennaio 2011) devo iniziare a pagare le prime 3 rate relative alla ricongiunzione dei contributi da Fondo Telefonico in AGO (importo 10.400 Euro), ho deciso di iniziare a pagare (altrimenti io la pensione quando la vedo) con la speranza che nell'eventualità ci sia una correzione della legge attuale si tenga anche in considerazione quelli che purtroppo hanno già pagato e dar loro la possibilità di recuperare eventualmente le somme versate. Cordiali Saluti Serafino Mario».
A seguito di questo esempio chiediamo se il Ministro intenda assumere iniziative normative per correggere la norma sopra richiamata e ripristinare la giustizia previdenziale nel consentire, come richiede giustamente il signor Serafino, che vengano fatti salvi i diritti almeno di coloro che hanno lavorato e versato i contributi per la pensione e che, avendo chiuso il rapporto di lavoro addirittura al 31 dicembre 2009 per esodo legato a riduzioni di personale ed essendo stati autorizzati alla prosecuzione volontaria, per poter perfezionare i requisiti per la pensione si vedono invece modificate le norme con le quali avevano cessato il lavoro in modo irreversibile e quindi sono senza lavoro, senza ammortizzatori sociali, hanno pagato volontariamente i contributi ed è stato comunicato loro che per avere la pensione si ritrovano nella condizione di dover pagare cifre spropositate e senza Pag. 96alcun senso logico, ma solo in virtù di una norma assolutamente sbagliata» (iter: in corso).
Interrogazione n. 5-04764 del 18 maggio 2011 - ribadiamo ancora una volta gli errori e le ingiustizie provocate dal famigerato decreto: «a seguito della conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (in particolare articolo 12), qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso; con questo provvedimento i lavoratori interessati si sono trovati, con effetto retroattivo, senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore; gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'INPS; il signor Massimo Siviero di Napoli - dipendente Vodafone spa, che come molti lavoratori dei settori elettrico e telefonico si trova fortemente penalizzato dalla norma sopra richiamata, ha ritenuto di proporre un esposto al Presidente della Repubblica, avverso le norme introdotte con l'articolo 12 e seguenti del decreto-legge n. 78 del 2010; in data 21 aprile 2011, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rispondeva al signor Siviero con lettera (protocollo 24/V/007406), inviata per conoscenza anche al segretario generale della Presidenza della Repubblica - ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali; la suddetta lettera, a firma del Dirigente dottor Stefano Listanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - direzione generali per le politiche previdenziali - div. V - dopo aver premesso come sia stato modificato l'istituto della ricongiunzione dall'articolo 12 e seguenti del decreto-legge n. 78 del 2010, conclude come segue: «Ciò premesso, si prende atto della segnalazione da lei offerta circa le negative conseguenze che la predetta modifica legislativa ha provocato sulla platea degli iscritti al Fondo telefonici dell'INPS e si assicura, fin d'ora, un'attenta valutazione al fine di predisporre un eventuale intervento di riordino complessivo della materia»; la norma sopra richiamata ha penalizzato non solo i lavoratori iscritti ai fondi elettrici e telefonici ma anche tutti coloro che devono trasferire contributi da altri fondi all'INPS: se non ritenga il Ministro interrogato, a fronte della risposta fornita dal Ministero al lavoratore, di assumere iniziative per correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici» (iter: in corso).
Interrogazione n. 5-04808 del 25 maggio 2011 - per sapere se non ritenga il Ministro interrogato, tenuto conto anche della grave crisi del settore minerario e i conseguenti accordi sottoscritti, di intervenire urgentemente presso l'INPS e assumere le necessarie iniziative per ripristinare le condizioni precedenti in linea con la particolarità del Fondo speciale di settore (iter: in corso).

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 3)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Pdl cost. 1990 e ab-A/R-mant.articolo1 548 308 240 155 83 225 37 Resp.
2 Nom. em. 2.1 547 354 193 178 275 79 31 Appr.
3 Segr Pdl 2350 e abb.-A -articoloprem. 01.02 544 529 15 265 212 317 28 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.