XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 187 di lunedì 15 giugno 2009

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 16,05.

ANGELO SALVATORE LOMBARDO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 18 maggio 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Aprea, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Fitto, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, La Malfa, La Russa, Mantovano, Mariani, Maroni, Martini, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Motta, Leoluca Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Soro, Stefani, Tortoli, Tremonti, Urso, Vegas, Vito e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 concernente iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare in vista del prossimo vertice del G8 (ore 16,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 concernente iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare in vista del prossimo vertice del G8 (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che in data odierna sono state presentate le mozioni Evangelisti ed altri n. 1-00190 e Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare l'onorevole Mogherini Rebesani, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00174. Ne ha facoltà.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, la nostra mozione sul disarmo e la non proliferazione nucleare ha l'obiettivo di impegnare il Governo Pag. 2italiano in vista del prossimo vertice del G8 su uno dei temi cruciali per la sicurezza e per lo sviluppo di relazioni pacifiche nel mondo negli anni a venire.
Dopo la fine della guerra fredda e tramontata la minaccia di una guerra nucleare mondiale non sono diminuiti, anzi crescono sempre di più i rischi di una proliferazione non regolata di Paesi dotati di armi strategiche, di una corsa al riarmo da parte delle grandi potenze e di un'inedita disponibilità (ad oggi ancora ipotetica ma molto plausibile) di armi nucleari da parte di organizzazioni criminali e reti terroristiche, nella prospettiva di una sorta di privatizzazione dei conflitti dagli esiti devastanti ed imprevedibili.
Sono trascorsi quasi quarant'anni dal primo luglio del 1968, giorno in cui venne sottoscritto il Trattato di non proliferazione nucleare. Da allora si è registrata l'adesione di 191 Paesi, cioè di gran parte degli Stati del mondo dotati di armi nucleari e non, a partire dai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, facendone così fra i Trattati multilaterali sul controllo degli armamenti quello che ha il maggiore numero di firmatari.
Vale la pena ricordare come il Trattato di non proliferazione nucleare in vigore dal 5 marzo 1970 si fondi su tre pilastri. Il primo è quello della non proliferazione nucleare con il divieto imposto agli Stati firmatari non nucleari di procurarsi tali armamenti e agli Stati nucleari di fornire loro tecnologie nucleari belliche. Il secondo pilastro è quello della promozione del disarmo nucleare, mentre il terzo pilastro è quello dell'uso pacifico del nucleare, agevolando la collaborazione internazionale per lo sviluppo dell'energia nucleare civile sotto il controllo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica.
Qualsiasi riflessione pubblica e d'iniziativa politica della comunità internazionale non può prescindere dalle considerazioni di questi tre pilastri fondamentali d'indirizzo, così come dalle differenti dimensioni problematiche (molto problematiche) che presenta attualmente la materia. Innanzitutto, la condotta di Paesi proliferanti aderenti o non al Trattato di non proliferazione nucleare. Inoltre, le forme di controllo e di garanzia internazionale sugli arsenali nucleari esistenti ed infine (ma non ultimo) l'inadeguata rispondenza all'impegno a cessare la corsa agli armamenti nucleari e ad avviare il disarmo nucleare. Si tratta dell'impegno preso da parte dei Paesi sottoscrittori con l'adesione al Trattato di non proliferazione e ad oggi ampiamente disatteso.
Nonostante i progressi compiuti dalla comunità internazionale nella cooperazione in materia di armi strategiche è doveroso ammettere che numerosi obiettivi indicati dal Trattato sono ancora oggi ben lontani dall'essere raggiunti. Tuttavia, per la prima volta da decenni sembra crescere una consapevolezza diffusa sia tra i governi, sia nell'opinione pubblica internazionale sul fatto che non solo sia urgente, ma anche possibile oggi una coraggiosa iniziativa in direzione di un mondo libero da armi nucleari. Si tratta di una prospettiva che era considerata fino a pochi mesi fa del tutto illusoria o velleitaria; invece, oggi appare quanto meno ipotizzabile, soprattutto perché cresce la convinzione che possa essere l'unico orizzonte capace di assicurare sicurezza, pace e stabilità alla comunità internazionale e alle persone che vivono in questo nostro mondo.
Ritengo utile per il dibattito che svolgeremo in questa aula richiamare brevemente alcune delle iniziative che hanno favorito negli ultimi anni l'apertura di questa prospettiva.
A testimonianza di un nuovo impegno della comunità internazionale nella direzione del disarmo e della non proliferazione nucleare, meritano innanzitutto di essere ricordati gli appelli di ispirazione bipartisan promossi tra il gennaio del 2007 e il gennaio del 2009 negli Stati Uniti da Henry Kissinger, George Shultz, William Perry e Sam Nunn, nel Regno Unito da Hurd, Rifkind, Owen e Robertson e in Germania da Helmut Schmidt, Richard von Weizsäcker, Egon Bahr e Hans-Dietrich Genscher. Pag. 3
Analoga iniziativa è stata assunta in Italia, dov'è stato pubblicato il 24 luglio del 2008 un appello su Il Corriere della sera firmato da alcuni autorevoli esponenti politici di entrambi gli schieramenti tra cui gli ultimi Ministri degli affari esteri, della difesa e degli affari europei. Si trattava di un appello in favore di una totale eliminazione delle armi nucleari, nel solco di una consolidata tradizione politica nazionale, che portò l'Italia a ratificare il Trattato di non proliferazione nucleare già nel 1975.
È stata forte in questi anche la voce della società civile, della campagna internazionale «Zero globale», promossa di recente da Michail Gorbaciov e da autorevoli esponenti della società civile internazionale, che ha raccolto numerose adesioni in pochi mesi, indicando come l'obiettivo del totale disarmo nucleare debba essere considerato parte integrante e scelta di fondo di una nuova strategia di sicurezza globale. Così come è cresciuto un consenso internazionale intorno alla coalizione «Abolition now!», animata da più di duemila associazioni ed organizzazioni non governative a sostegno della campagna «Mayors for peace», promossa dai sindaci di Hiroshima e Nagasaki insieme a numerosi altri enti locali - sostenitori della proposta del Protocollo Hiroshima-Nagasaki e della Convenzione sulle armi nucleari, per raccogliere sotto un unico Protocollo quadro tutte le convenzioni e trattati, perché siano tutte in armonia e concorrano al fine comune del disarmo totale.
Sono voci importanti, espressioni di sentimenti e convinzioni assai diffuse nell'opinione pubblica internazionale che è compito delle istituzioni non solo rappresentare e non lasciar cadere nel vuoto, ma anche raccogliere per dare a quelle convinzioni e a quelle speranze risposte coerenti e conseguenti. Per questo, voglio ricordare la rete dei parlamentari per la non proliferazione e il disarmo nucleare, un network internazionale di oltre cinquecento parlamentari provenienti da oltre settanta Paesi del mondo, che lavora per dare rappresentanza e far avanzare nelle assemblee elettive di appartenenza proposte e iniziative coerenti con gli obiettivi soprarichiamati.
In questo senso, un gruppo numeroso di deputati e senatori italiani, molti dei quali sono tra i firmatari della mozione che stiamo discutendo, hanno deciso nel corso dell'attuale legislatura di costituire un intergruppo parlamentare sul tema e di aderire ufficialmente al network per il disarmo e la non proliferazione nucleare. Vorrei poi citare alcune iniziative istituzionali, che confermano un clima politico internazionale sempre più favorevole all'apertura di una nuova stagione in materia di disarmo e di non proliferazione nucleare, in particolare alcune iniziative assunte più di recente in sede europea ed internazionale.
La prima iniziativa è del Parlamento europeo, che ha approvato il 5 giugno del 2008 una risoluzione sull'attuazione della strategia europea in materia di sicurezza, in cui al paragrafo 26 si dichiara che la ricorrenza del quarantesimo anniversario del Trattato di non proliferazione deve essere vista come un'opportunità per l'Unione europea di promuovere, nell'ambito della sua strategia contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, la necessità di un disarmo nucleare. La stessa risoluzione ribadisce la necessità che le potenze nucleari riconosciute presentino iniziative di disarmo volte a rendere l'Europa un'area denuclearizzata e a concludere una convenzione universale sulla messa al bando delle armi nucleari.
La seconda iniziativa è del Consiglio europeo, che il 13 dicembre del 2008 ha approvato un documento di revisione della strategia di sicurezza europea, che pone nuovamente la proliferazione delle armi di distruzione di massa in testa alle cinque minacce alla sicurezza internazionale, ma soprattutto offre, nell'ambito della strategia di prevenzione, indicazioni specifiche su come conseguire avanzamenti concreti attraverso le Nazioni Unite e nuovi accordi internazionali, a partire da negoziati per la conclusione di un trattato multilaterale di messa al bando della produzione di materiale fissile per le armi nucleari. Pag. 4
La terza iniziativa è del Segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, che ha presentato il 24 ottobre del 2008 a New York, in occasione della celebrazione della Giornata delle Nazioni Unite per il disarmo nucleare, un piano in cinque punti, che include un invito alla piena applicazione del Trattato di non proliferazione mediante accordi e convenzioni specifiche sulle armi nucleari. Meritano di essere ricordate anche le prese di posizione di due potenze nucleari europee, Francia e Gran Bretagna.
Il 5 dicembre 2008 la Presidenza di turno francese dell'Unione Europea ha indirizzato una lettera al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, sollecitando la programmazione di un ampio dibattito dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulle questioni relative al disarmo nucleare.
E l'8 dicembre scorso il Segretario di Stato per gli affari esteri britannico, David Miliband, ha ribadito dalle colonne del quotidiano The Guardian la scelta strategica del disarmo come elemento fondamentale per combattere la proliferazione nucleare.
Non v'è dubbio, tuttavia, che l'evento che più di altri ha impresso una straordinaria accelerazione al dibattito internazionale in materia, sia stata l'elezione di Barack Obama a nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America. Numerose sono state da allora le dichiarazioni ufficiali della nuova amministrazione statunitense, che indicano nel disarmo nucleare uno degli obiettivi prioritari per i prossimi anni, da perseguire attraverso una revisione generale della dottrina strategica nazionale e aprendo una nuova stagione di dialogo internazionale, a partire da una più forte collaborazione con la Federazione russa. L'obiettivo sembra essere il superamento dello stato di pronto uso dei missili balistici statunitensi e russi, e la drastica riduzione dei depositi di armi e materiale nucleare.
Tra queste dichiarazioni, la più impegnativa e significativa in materia di disarmo nucleare è stata certamente quella che proprio il Presidente Obama ha pronunciato il 5 aprile scorso a Praga. Obama ha detto che oggi «per uno strano scherzo del destino, la minaccia di una guerra nucleare globale si è sensibilmente ridotta, ma il rischio di un attacco nucleare è aumentato. [...] Gli Stati Uniti prenderanno provvedimenti concreti per dirigerci verso un mondo senza armi nucleari». In quell'occasione, Obama ha annunciato l'apertura di negoziati con la Federazione russa per giungere alla firma di un nuovo Trattato per la riduzione delle armi strategiche entro la fine dell'anno, in occasione della scadenza dell'accordo «Start 1».
Obama ha anche indicato altri obiettivi molto concreti ed ambiziosi da raggiungere: un trattato per la moratoria nella produzione dei materiali fissili utilizzati per la costruzione di armi nucleari; il rafforzamento di ruolo e poteri dell'autorità preposta alle ispezioni internazionali in materia di disarmo e non proliferazione nucleare; la riforma della cooperazione nucleare a scopi civili, aprendo una banca energetica internazionale che consenta a tutti i Paesi di accedere a questa fonte di energia, senza aumentare i rischi della proliferazione. Quest'ultima opportunità dovrà valere soprattutto per i Paesi in via di sviluppo: un invito a scegliere la strada pacifica del progresso sociale ed economico, nel pieno rispetto del diritto internazionale, rinunciando al ricorso alle armi nucleari.
Obama si è inoltre impegnato affinché gli stessi Stati Uniti ratifichino il Trattato per la messa al bando dei test nucleari, obiettivo che crisi internazionali come quella aperta proprio nei giorni scorsi dalla Corea del nord potrebbero seriamente allontanare.
Questo progetto ambizioso della nuova amministrazione americana si accompagna ad altri segni di speranza, ad altre iniziative positive, che possono rappresentare un'opportunità di protagonismo per una pluralità di attori sulla scena internazionale, a partire dall'Europa e crediamo dalla stessa Italia.
È bene ricordare infatti come il Parlamento europeo abbia adottato il 24 Pag. 5aprile scorso un rapporto della Commissione per gli affari esteri, che raccomanda al Consiglio europeo di adoperarsi ad assumere iniziative per l'eliminazione di tutte le armi nucleari entro il 2020, proponendo come strumenti concreti di attuazione il «Modello di Convenzione sulle armi nucleari» (presentato all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e alla prima sessione del Comitato preparatorio per la Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione) e il «Protocollo Hiroshima-Nagasaki» (proposto dalla Campagna dei «Mayors for peace», i sindaci per la pace).
Con l'approvazione di questa Raccomandazione al Consiglio, il Parlamento europeo ha offerto, a nome di tutti i Paesi membri, una credibile risposta alla sfida positiva lanciata dal Presidente Obama da Praga, proponendo l'Europa come un partner credibile per gli Stati Uniti nel processo di disarmo nucleare globale.
In particolare, il richiamo espresso al «Modello di Convenzione sulle armi nucleari» e al «Protocollo Hiroshima-Nagasaki» consente di precisare l'obiettivo di un mondo libero da armi nucleari con scadenze ed obiettivi temporali molto concreti, accompagnati da obblighi rigorosi per tutti i Paesi e da strumenti di verifica internazionali.
L'altro segnale di speranza è rappresentato dalle conclusioni dei lavori della terza ed ultima sessione, che si è tenuta dal 4 al 15 maggio 2009 a New York, del Comitato preparatorio per la Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione che avrà luogo nell'aprile del 2010.
I lavori del Comitato preparatorio si sarebbero conclusi con la definizione all'unanimità di un'agenda dei lavori della Conferenza del 2010: un obiettivo niente affatto scontato, visto il grave fallimento della precedente Conferenza di revisione del 2005
La prossima Conferenza del riesame del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari nel 2010 rappresenta, infatti, l'appuntamento centrale per la comunità internazionale sul tema del disarmo: sarà quella la sede per un serio confronto sulla mancanza di progressi significativi, riassunti nelle 13 azioni pratiche da adottare per arrivare all'eliminazione completa degli armamenti nucleari, già approvati nella Conferenza del 2000; ed inoltre sulla possibilità di assumere impegni condivisi e concreti per l'immediato futuro. Giungere quindi a quell'appuntamento con un'agenda condivisa è la migliore e non scontata premessa per una sua positiva conclusione.
Infine, un ultimo ma significativo segnale di incoraggiamento: il 29 maggio scorso la conferenza sul disarmo istituita dalle Nazioni Unite nel 1979 come principale sede multilaterale per i negoziati internazionali in materia di disarmo, dopo quasi 13 anni di paralisi ha adottato un nuovo programma di lavoro. Questo dovrebbe consentire di procedere nei negoziati per la definizione di un trattato sui materiali fissili utilizzati per la costruzione di armi nucleari, che abbia tra i suoi principali obiettivi quello di prevenire efficacemente l'accesso a questo genere di materiale da parte di reti terroristiche e organizzazioni criminali. Proprio questo rischio, quello di un possibile accesso alle armi nucleari da parte di reti terroristiche e organizzazioni criminali, ci impone di non dimenticare mai, a fronte degli elementi di speranza che il contesto internazionale ci porta, i fattori di forte rischio e criticità. Sono segnali che non possono che destare grande preoccupazione: ignorarli sarebbe non solo difficile, ma anche profondamente sbagliato. È evidente che oggi le tensioni e i rischi di proliferazione nucleare senza controllo e di corsa al riarmo si concentrano in talune regioni: dal Medio Oriente, con l'Iran, alle regioni del Pacifico, con la Corea del nord.
All'Iran è stata offerta un'occasione significativa di dialogo, una possibile via d'uscita. Il Presidente Obama, pronunciando uno storico discorso al Cairo lo scorso 4 giugno, ha detto: «Capisco le ragioni di chi protesta, perché alcuni Paesi hanno armi che altri non hanno. Nessuna nazione dovrebbe scegliere e decidere quali nazioni debbano avere armi nucleari. È per questo motivo che io ho ribadito con forza l'impegno americano a Pag. 6puntare verso un futuro nel quale nessuna nazione abbia armi nucleari. Tutte le nazioni - Iran incluso - dovrebbero avere accesso all'energia nucleare a scopi pacifici se rispettano i loro obblighi e le loro responsabilità previste dal Trattato di non proliferazione. Questo è il nocciolo, il cuore stesso del Trattato e deve essere rispettato da tutti coloro che lo hanno sottoscritto. Spero pertanto che tutti i Paesi nella regione possano condividere questo obiettivo.»
È evidente che in questi ultimi giorni lo scenario in Iran è profondamente cambiato, o almeno appare profondamente cambiato. Oggi, dopo elezioni presidenziali che si possono definire quantomeno discutibili sia quanto a regolarità sia quanto ad effettivo rispetto della volontà popolare, la drammatica sequenza di scontri e violenze di queste ore in Iran preoccupa e deve preoccupare seriamente.
Credo che sia forte il rischio di un Paese in preda al caos, con una forte distanza fra i propri cittadini e la classe dirigente che formalmente li rappresenta, e il rischio è che un Governo contestato, delegittimato e minato profondamente nella sua credibilità possa scegliere ancora di più la strada dell'autoritarismo, dello scontro ideologico, della fuga in avanti nel programma di arricchimento dell'uranio e nella costruzione di armi nucleari. In tal senso, le dichiarazioni rilasciate ieri dal Presidente Ahmadinejad sono la conferma peggiore di una linea oltranzista che chiude la porta ad ogni forma di cooperazione con la comunità internazionale e con la sua volontà di dialogo. Su questo l'Europa e l'Italia devono fare la loro parte. È necessario ottenere garanzia di correttezza e trasparenza rispetto alle elezioni e di rispetto dei diritti degli oppositori: è non solo un dovere morale e politico per l'Italia e per l'Europa ma anche il modo migliore per tenere aperta la strada del dialogo, della democrazia e per far fare passi avanti al processo di non proliferazione nucleare.
Quanto alla Corea del nord, nei mesi scorsi essa è stata protagonista di attività militari che hanno destato forte allarme nella regione, con la sperimentazione di razzi per il lancio di missili a lunga gittata. Il 25 maggio scorso la Corea del nord ha annunciato di aver realizzato un secondo test su armi nucleari dopo il primo del 6 ottobre 2006, in violazione della moratoria stabilita dal Consiglio di sicurezza ONU sui test nucleari sotterranei - contestualmente a test con impiego di missili a corto raggio. L'Organizzazione per l'applicazione del trattato per il bando completo della sperimentazione nucleare ne ha dato conferma, localizzando un evento sismico di livello significativo originatosi proprio il 25 maggio nella stessa area in cui si era verificato il test del 2006.
La risposta della comunità internazionale è stata di netta condanna: il 12 giugno scorso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all'unanimità una risoluzione che introduce nuove sanzioni contro la Corea del nord, autorizzando per la prima volta l'intercettazione e l'ispezione di navi e aerei diretti nel «Paese eremita», rispetto ai quali vi sia il sospetto fondato di presenza a bordo di materiali o armi proibite dal vigente regime di embargo. La risoluzione sollecita inoltre la Corea del nord a non condurre alcun altro test o qualsiasi altro lancio in cui venga usata tecnologia missilistica balistica. La Corea del nord, in risposta alla risoluzione ONU, minaccia di proseguire il suo programma di arricchimento dell'uranio e di utilizzare le sue riserve di plutonio a fini militari.
Entrambe le crisi, quella iraniana e quella nord coreana, seppur molto differenti, sono purtroppo la migliore conferma di quanto attuali siano i rischi di proliferazione nucleare, così come di quanto sia urgente una risposta corale della comunità internazionale e di come sia sempre più urgente assicurare una nuova disciplina generale delle armi strategiche e di distruzione di massa, della loro produzione, della loro detenzione, di un efficiente controllo internazionale e, soprattutto, della loro progressiva e definitiva dismissione.
I segni di speranza che abbiamo richiamato sono tanti; allo stesso tempo, grandi Pag. 7ed incombenti sono le minacce: ancora una volta spetta alla politica, alla responsabilità pubblica, ai cittadini e a chi li rappresenta, alle opinioni pubbliche ed ai Governi, trovare il coraggio e la lungimiranza per compiere le scelte giuste.
L'Italia, Paese fondatore dell'Unione europea e membro della NATO, ha in questi mesi anche la responsabilità della presidenza del G8 per il 2009. Siamo convinti che, in occasione del vertice annuale del G8 che avrà luogo nel mese di luglio a L'Aquila, il nostro Paese possa e debba lavorare per definire un'agenda di priorità ed impegni concreti delle grandi potenze anche in materia di disarmo e di non proliferazione nucleare, collocando il tema in una più generale discussione sulla governance mondiale e sulle politiche per la sicurezza e la pace internazionale.
La mozione che abbiamo presentato intende impegnare il Governo italiano a lavorare perché siano inseriti impegni rilevanti e concreti nella dichiarazione finale del summit, con l'obiettivo dell'eliminazione totale degli arsenali nucleari e dell'effettivo perseguimento dei già citati «13 pratical steps to nuclear disarmament» adottati dalla Conferenza del riesame del Trattato di non proliferazione del 2000, con particolare riferimento alla messa al bando totale dei test nucleari, alla negoziazione di un trattato internazionale per la messa al bando della produzione di materiale fissile per gli armamenti nucleari, alla riaffermazione del principio di irreversibilità delle riduzioni degli arsenali militari, all'innalzamento dell'efficacia delle verifiche e del regime internazionale di ispezione.
Intendiamo, inoltre, impegnare il Governo affinché incoraggi in tutte le sedi internazionali, a partire dallo stesso vertice del G8, ogni sforzo per la riduzione sostanziale ed unilaterale degli arsenali militari, deplorando ogni azione intrapresa dagli Stati in possesso di armamenti nucleari per ampliare o rinnovare la propria dotazione di armamento nucleare e sostenendo, piuttosto, ogni sforzo volto alla conclusione positiva dei colloqui già avviati tra gli Stati Uniti e la Federazione russa per giungere entro quest'anno - in vista della scadenza del Trattato Start I - alla firma di un nuovo trattato sulla riduzione delle armi strategiche.
La mozione intende impegnare il Governo anche a sostenere in ogni sede multilaterale, in vista della Conferenza del riesame del Trattato di non proliferazione del 2010, la proposta di modello di Convenzione sulle armi nucleari, già fatta propria dal segretario generale dell'ONU e che potrebbe fornire il quadro delle misure da adottare nell'ambito di un processo di disarmo giuridicamente vincolante.
Si tratterà, in occasione della citata Conferenza, di rivedere le regole del Trattato di non proliferazione in una chiave di maggiore rigore e di rafforzare i poteri di controllo ed ispettivi dell'AIEA, per ridurre il rischio di un uso illegittimo di materiale e tecnologie nucleari a scopi militari e per garantire la sopravvivenza di un regime di salvaguardie anche a fronte di una eventuale denuncia unilaterale del Trattato di non proliferazione da parte di uno dei firmatari (come è già avvenuto con la Corea del Nord nel 2003).
Infine, la mozione intende impegnare il Governo affinché assuma ogni iniziativa utile a stimolare in sede NATO una riflessione sulla necessità di ripensare il ruolo ed il valore fin qui assegnato alle armi nucleari e a promuovere, più in generale, un dialogo costruttivo con tutti i Paesi in possesso di armi nucleari.
Pensiamo sia necessario favorire, in coerenza con l'articolo 7 del Trattato di non proliferazione, la possibilità di costituire aree regionali libere da armi nucleari, indicando come, in tal senso, possa operare la stessa Europa occidentale, in una più generale prospettiva di perseguimento dell'opzione zero già indicata all'articolo 6 del Trattato di non proliferazione.
Si è aperta, in sostanza, una fase di nuove speranze e di opportunità, ma costellata di rischi e di ostacoli pericolosi. La distanza tra la paura dei rischi e la speranza delle soluzioni può e deve essere Pag. 8colmata dal nostro lavoro, speriamo comune (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00190. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, riservandomi ovviamente un approfondimento anche sul testo delle altre mozioni presentate ed una valutazione per il voto finale, non posso che esprimere una condivisione di fondo rispetto alla mozione che ho appena sentito illustrare dalla collega Mogherini Rebesani.
Tuttavia, vorrei richiamare l'attenzione sua e dell'Assemblea rispetto alla necessità di ridurre (anche se l'obiettivo più saggio sarebbe senz'altro quello di eliminare del tutto) le armi nucleari, obiettivo che oggi sembra non essere più riconducibile, come era in passato, soltanto alla volontà di due Stati, di due soli responsabili. Questo è il dato di fatto con cui purtroppo dobbiamo fare i conti, ed ignorarlo significherebbe precludersi la possibilità di raggiungere realmente e realisticamente tale obiettivo.
La multilateralità, sempre più spesso invocata in questi ultimi anni, si è infatti tradotta in un breve periodo nella rivendicazione da parte di più Stati di un esercizio completo ed esclusivo della propria sovranità.
Affrontare, dunque, oggi la questione del disarmo nucleare significa inevitabilmente, rispetto a ieri, spostare la nostra attenzione dai protagonisti storici, quelli di sempre (da una parte, gli Stati Uniti, e dall'altra la Russia, prima Unione Sovietica), da questi due grandi Paesi appunto ad altri soggetti che incombono. Penso all'India, penso al Pakistan, tra gli altri e su tutti.
Parlo dell'India e del Pakistan perché queste sono due nazioni enormemente popolate, che insieme superano abbondantemente il miliardo di persone, due degli Stati fra i più poveri del mondo in una relazione tra di loro caratterizzata da una conflittualità dilaniante, alla continua ricerca di un equilibrio possibile, due Stati confinanti fra loro nemici. È solo di qualche mese fa l'ultima pericolosa escalation di tensione sul confine. Si tratta di due Stati che appunto non hanno mai accettato di firmare il Trattato di non proliferazione.
Allora, ad esempio, come intervenire presso questi due colossi dai piedi d'argilla? È difficile rispondere a questa domanda, però poterli dirottare sulla strada del disarmo nucleare, per quanto sinceramente complessa, è la vera questione. Il Pakistan, tra l'altro, è uno dei principali alleati occidentali nella guerra all'estremismo e al terrorismo di matrice talebana, nonostante al suo interno l'influenza dell'estremismo islamico sia quanto mai in ascesa.
Per poter davvero cominciare a sperare nella possibilità di un disarmo atomico, più che nei confronti degli storici protagonisti (gli Stati Uniti e la Russia), è nei confronti di questi Stati (India, Pakistan) che oggi bisognerà intervenire lavorando con determinazione, con intelligenza e con iniziativa diplomatica.
Non solo. Penso al fatto che un altro Stato a possedere un arsenale atomico è la Cina, che tra l'altro avanza in maniera prepotente anche sullo scenario economico globale.
Noi, come gruppo dell'Italia dei Valori, riteniamo che sia semplicemente impossibile pensare ad un piano di disarmo atomico su scala mondiale senza, non tanto il coinvolgimento (che ovviamente non può mancare), quanto la partecipazione paritaria alla gestione di questo processo da parte del colosso asiatico, anche perché si presentano alcune problematiche: sia la Cina, sia l'India, sia il Pakistan non sono infatti Paesi che offrono le migliori e le maggiori garanzie, ad esempio in tema di rispetto dei diritti umani o a fronte di problemi dettati da quella che noi chiamiamo «la democrazia» nella nostra cultura e nella nostra accezione (mi riferisco alla democrazia interna). Forse, sarebbe bene riflettere Pag. 9sulla forza effettiva con cui alcune volte vengono poste certe condizioni a determinati soggetti.
Sarebbe bene riflettere su questo anche alla luce della reale possibilità di coinvolgerli fattivamente in un percorso concreto e realistico di disarmo nucleare. Probabilmente, però, in questo momento la criticità maggiore sotto questo versante è rappresentata non dalla Cina, non dall'India, non dal Pakistan, ma dalla Corea del Nord.
Proprio oggi, 15 giugno, è il giorno in cui il Presidente sudcoreano Lee Myung-bak vola a Washington per incontrare il Presidente Barack Obama, e oggi stesso Pyongyang, la capitale della Corea del Nord, ha avvertito che un eventuale ombrello antiatomico degli Stati Uniti su Seul sarebbe da considerarsi - cito testualmente - come un atto criminale, finalizzato ad innescare una guerra nucleare sulla penisola coreana.
Secondo quanto riportato dai giornali nord coreani, infatti, un'intesa formale tra Seul e Washington in materia di difesa atomica renderebbe la penisola una «polveriera che può esplodere da un momento all'altro».
Il 26 maggio scorso, tra l'altro, la Corea del Nord aveva sfidato nuovamente la comunità internazionale: infatti, subito dopo il test nucleare che aveva già suscitato preoccupazioni e condanne in tutto il mondo, il regime di Pyongyang ha lanciato due missili a corto raggio sulla costa orientale del Paese. Pyongyang ha lanciato missili terra-aria e terra-mare al largo della costa nei pressi della città di Hamhung, spiega l'agenzia di stampa sudcoreana Yonhap, e ogni missile aveva un raggio di circa 130 chilometri.
Come si vede, quindi, rispetto alle speranze di qualche anno fa (penso alla caduta del muro di Berlino, all'idea di poter vedere finalmente un mondo pacificato, alla ricerca soltanto di uno sviluppo sostenibile), ci rendiamo conto che riguardo al periodo terribile della guerra fredda non è che oggi stiamo vivendo momenti più felici.
Il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha espresso una dura condanna - mi riferisco e torno al tema della Corea del Nord - preparandosi al varo di nuove sanzioni. Ovviamente, sono soprattutto gli Stati Uniti a premere per una risoluzione forte. Il Presidente americano ha definito l'esperimento di Pyongyang una «minaccia per la pace e la sicurezza», nonché una «sfida alla comunità internazionale». Appare, dunque, davvero difficile, sarei tentato di dire utopistico, pensare al momento di poter coinvolgere la Corea del Nord in un piano condiviso di disarmo atomico. Tuttavia, è necessario provarci, è necessario agire, è necessario mettere in campo interventi per provare a bloccare la sua folle corsa agli armamenti.
Ma vi è un altro fronte ancora, oltre a questo, a cui voglio fare riferimento: penso al fronte iraniano. L'ipotesi che il Paese si stia dotando di armi atomiche è smentita da Teheran, ma l'eventualità non può certo essere esclusa. L'ipotesi che questo avvenga realmente apre scenari estremamente preoccupanti. In questo ultimo fine settimana si sono appena svolte le elezioni presidenziali e potrebbero, dovrebbero aver visto la conferma del Presidente Ahmadinejad, nonostante le dichiarazioni di successo dell'antagonista Mussavi. Ciò che preoccupa è il clima nel Paese, quanto mai teso.
Certo, appare tuttavia necessario e inevitabile, indipendentemente da chi ha vinto le elezioni e da come le ha vinte, cercare responsabilmente una via di possibile confronto con Teheran; rispetto a ciò, con tutti gli appelli al buonsenso, sembra che la via del disarmo atomico possa essere caratterizzata soltanto da compromessi necessari, da piccoli passi, dalla necessità di trovare nuovi alleati.
In questo senso - lo voglio dire senza incertezza - il fatto che la Libia (al di là del festival gheddafiano a cui abbiamo assistito in questi ultimi giorni a Roma) abbia rifiutato il programma atomico è una circostanza da non sottovalutare e da salutare con favore.
Certo, saranno necessari pazienza, realismo e soprattutto la responsabile consapevolezza Pag. 10che forse l'obiettivo finale non sarà mai raggiunto, ma è proprio da questa consapevolezza che può nascere un percorso concreto e realmente sostenibile.
Per questo noi, come Italia dei Valori, nella mozione che abbiamo presentato sosteniamo la necessità che il nostro Paese cerchi di essere il capofila in questo impegno verso un mondo senza armi nucleari. È un dovere morale a cui non ci possiamo sottrarre e che implica un impegno costante da parte della nostra diplomazia.
Per questo, già dal prossimo G8 con la mozione in esame chiediamo al Governo di dedicare una sessione di approfondimento e discussione relativa alla questione del disarmo nucleare. Vogliamo sperare che il Governo accetti questo nostro atto di indirizzo, per dare risposte adeguate.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Renato Farina, che illustrerà anche la mozione Pianetta ed altri n. 1-00191, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, non c'è niente di più bello che presentare e votare mozioni che spingano verso la pace e che propongano, respirando il vento profetico di Isaia, la trasformazione delle armi in aratri. Per questo motivo, sono contento di averne firmata una molto importante e di essere qui ad illustrarla.
Spesso, però, questo tipo di mozioni si scontra con la durezza della realtà e con esse non si combina un bel niente, salvo riproporre illusioni. Alla fine, da una parte, resta l'utopia e, dall'altra, la necessità di tutelare libertà e sicurezza.
Credo, però, che la mozione presentata dalla maggioranza superi questa lacerazione e si ponga nei termini di ragionevole speranza, una speranza che oggi è ineludibile coltivare. Mi riferisco alla non proliferazione nucleare, in vista di un disarmo nucleare totale, che passi attraverso un cammino progressivo (come si dice nella nostra mozione). In vista del G8 a presidenza italiana, questo itinerario deve vedere il nostro Paese e, dunque, il nostro Governo, protagonisti.
Vorrei partire anch'io, come la collega Mogherini Rebesani, dall'articolo, citato nella mozione presentata dal Partito Democratico, intitolato «Un mondo libero dalle armi nucleari», firmato da Schulz, Perry, Kissinger e Nunn su The Wall Street Journal del 4 gennaio 2007. Cito le loro parole: le armi nucleari rappresentano oggi rischi tremendi, ma sono anche un'opportunità storica. Alla leadership statunitense sarà chiesto di portare il mondo in una fase nuova, verso un accordo forte, per eliminare la dipendenza dalle armi nucleari a livello mondiale. Questo è un contributo vitale per - qui marco le parole - prevenire la loro proliferazione in mani potenzialmente pericolose e, infine, per la loro eliminazione, essendo esse minaccia per il mondo.
Le armi nucleari - continuano i quattro politici americani - erano essenziali al mantenimento di una sicurezza internazionale durante la guerra fredda, poiché erano mezzi di deterrenza. La fine della guerra fredda ha reso la teoria della «mutua deterrenza» sovietico-americana obsoleta.
I quattro, poi, continuano con parole straordinariamente attuali, che valgono ancora oggi, dopo due anni e mezzo (significa che non vi sono stati progressi): Il recente test nucleare della Corea del nord ed il rifiuto iraniano di interrompere il suo programma per l'arricchimento dell'uranio - uranio potenzialmente idoneo per le armi (il Ministro degli esteri pro tempore D'Alema allora parlò di 3 mila turbine idonee a questo lavoro sporco) - mettono in luce il fatto che il mondo è, ora, sull'orlo di un precipizio rappresentato da una nuova e pericolosa era nucleare.
In tempi di guerra dichiarata dai terroristi all'ordine mondiale, le armi nucleari sono mezzi ultimi di devastazione di massa. Gruppi terroristici non statali, dotati di armi nucleari, sono concettualmente al di fuori dei confini di una strategia di deterrenza e presentano nuovi difficili sfide per la sicurezza. Che fare? Pag. 11
Quattro ex Ministri italiani in materia di affari esteri, affari europei e difesa (D'Alema, Fini, La Malfa e Parisi), insieme ad un autorevole esperto (Calogero), scrissero una lettera al Corriere della sera, affermando che l'articolo degli americani riapriva «una discussione di enorme importanza per il futuro dell'umanità, attraverso la proposta della totale eliminazione delle armi nucleari».
Al di là delle intenzioni e delle dichiarazioni espresse in altre sedi, qui vi era già una forzatura rispetto al progetto di Shultz e Kissinger, che, invece, apriva una prospettiva e proponeva un cammino al termine del quale sarebbe possibile ottenere l'eliminazione delle armi nucleari. Il tema, cioè, è quello del cammino, mentre nell'articolo dei quattro, che è posto a base della mozione del Partito Democratico, si accenna soltanto alla totale eliminazione delle armi nucleari, senza accennare al passo precedente e fondamentale, cioè alla non proliferazione; altrimenti, si esce dalla politica e si entra nel campo delle vaghezze idealistiche.
Come è facile comprendere, il monito levato dal poker di americani non era tanto indirizzato alle grandi potenze, tanto meno alle democrazie, bensì era cagionato da quelle entità, statali e non statali, che nell'arma nucleare potrebbero vedere una scorciatoia politica, senza tener conto, anzi avvalendosi, delle spaventose conseguenze delle armi atomiche.
Gli americani - mi riferisco sempre a Kissinger e agli altri - avevano additato le seguenti azioni: modificare i comportamenti nucleari assunti durante la guerra fredda, in modo da incrementare i tempi di preavviso e ridurre la possibilità di impiego abusivo o accidentale delle armi nucleari; eliminare le armi nucleari a corto raggio; andare verso la ratifica del divieto di test nucleari e ottenere la ratifica degli Stati chiave (tra cui gli Stati Uniti, che non avevano ancora provveduto a tale ratifica); adeguare al massimo livello possibile della sicurezza tutti gli stock di armi, di plutonio e di uranio arricchito, ovunque siano nel mondo; controllare il processo di arricchimento dell'uranio e instaurare un mercato equo e controllato dell'uranio per le centrali nucleari, attraverso una sinergia tra il gruppo dei fornitori nucleari e l'Agenzia internazionale dell'energia atomica (la IAEA). Viene affermato, inoltre, che è necessario affrontare il problema del combustibile esaurito da reattori che producono energia elettrica; occorre arrestare la produzione bellica di materiale per armi a livello mondiale, del materiale fissile a livello mondiale; eliminare gradualmente l'uranio altamente arricchito per usi civili; raddoppiare gli sforzi per risolvere i conflitti regionali che possono fornire alibi a nuove potenze nucleari.
Ecco invece che, dopo aver ricordato le prese di posizione internazionali, quattro ex Ministri italiani affermano le condizioni politiche attraverso cui si possa e si debba arrivare a questo disarmo: in primo luogo, il miglioramento effettivo dei rapporti tra le superpotenze nucleari - Stati Uniti e Russia - che detengono tuttora (nonostante le recenti riduzioni) oltre i nove decimi di tutte le armi nucleari nel mondo, che, se non sbaglio, ammontano a circa 26 mila; ciò aiuterebbe gli altri tre Paesi nucleari riconosciuti dal Trattato di non proliferazione - cioè Regno Unito, Francia e Cina - a fare la loro parte. La seconda condizione politica sarebbe di allentare le tensioni nelle aree del mondo nelle quali è più forte il rischio che possano essere utilizzati armi o ordigni nucleari anche ad opera di terroristi, riferendosi al sud-est asiatico (India e Pakistan) e al problema israelo-palestinese-arabo in Medio Oriente. In ambedue questi contesti - affermano i nostri Ministri - l'indicazione di una volontà da parte delle potenze nucleari di muovere nella direzione di un mondo libero dalle armi nucleari avrebbe una positiva influenza.
Per essere utile e non velleitaria, l'iniziativa dei quattro Ministri italiani - che anche noi facciamo nostra e che teniamo in gran conto - si deve completare e specificare nella mozione della maggioranza in questi termini: occorre muovere da un punto di vista tecnico, occorre presupporre una visione multidisciplinare Pag. 12e multinazionale del problema, sostanzialmente legato a una leadership forte, quale la comunità internazionale, le Nazioni Unite, la NATO e via discorrendo. La garanzia che offre un'alleanza fra le grandi democrazie è insostituibile, sia sotto il profilo delle capacità tecniche e politiche, sia sotto il profilo morale.
L'intuizione di Bush circa la necessità di estendere la democrazia non è affatto peregrina, in quanto il sistema di controllo interno reciproco fra le democrazie è la migliore garanzia di sicurezza e di pace che abbia sinora conosciuto sia il mondo occidentale che tutto il mondo rimanente. Bush ha sbagliato ed ha fallito quando è andato avanti da solo per ascoltare quello - cambio parola - «sciroccato» di Rumsfeld. Obama continua su questa linea di Bush, purificata da ciò che fu dettato dall'angoscia dell'11 settembre.
Pertanto, il sistema delle democrazie deve, da un lato, offrire coralmente la prospettiva di un disarmo nucleare che parta dal basso (spiegherò poi perché) e, allo stesso tempo, deve garantire la reciproca sicurezza di tutto il club di coloro che queste armi detengono legalmente. In altre parole, Russia e USA non devono essere messi sotto accusa morale o politica dagli altri dal momento che sono dotati di armi nucleari, in questo modo legittimando moralmente l'armamento di Corea del nord, Iran, Pakistan, eccetera. USA, Russia, Francia, Cina e Regno Unito sono in un sistema che ha funzionato sinora ed è leader, non va messo in discussione. Il disarmo nucleare parte dal basso perché le democrazie non devono accettare di scendere gradualmente al livello di armamento degli Stati canaglia i quali, a parità di armamento, non offrirebbero alcuna garanzia di sicurezza al mondo. Il disarmo nucleare, quindi, va imposto, nei casi in cui è necessario, da tutta la comunità internazionale.
È un fatto che il disarmo multilaterale - il disarmo tra le superpotenze in particolare - è una questione assai complessa e lenta, mentre è necessario provvedere rapidissimamente alla questione della non proliferazione. Per questo è molto importante mettere in calendario, al primo punto, la non proliferazione e non, invece, l'ipotesi utopistica e in fondo rallentante del disarmo totale. Per ottenere questo, certo, si deve superare lo scoglio Israele. È inaccettabile mettere sullo stesso piano l'Iran, che minaccia programmaticamente la distruzione dello Stato ebraico, e Israele, che si difende. D'altro canto, se si vuole che l'arsenale di Israele scompaia, la comunità delle democrazie deve farsi garante dell'esistenza sicura di Israele e del suo riconoscimento legale e pratico. Al contrario, un approccio a foglia di cipolla, come quello prospettato in apparenza nella mozione che ho prima ascoltato illustrare, è encomiabile in via teorica ma è anche la via maestra per rompere la solidarietà tra le democrazie e aprire la strada ad un regime anarchico di relazioni internazionali.
Questo è il rischio: si sarebbe attenti a ciò che è già in sicurezza (almeno un certo grado di sicurezza) invece di concentrare gli sforzi sulla non proliferazione. Il G8, pertanto, invece di essere la vetrina di iniziative sparse e velleitarie, deve essere un momento di aggregazione delle democrazie, di ammonimento verso chi intenda usare le armi contro le altre comunità o gli altri Stati, piccoli o grandi che siano, al di fuori della logica della ragionevole, misurata e legittima difesa.
Faccio un po' di storia di questi ultimi anni per capire il contesto, e lo faccio avvalendomi in particolare degli studi dell'ambasciatore Carlo Trezza, che riassumerò ampiamente. In questo momento storico, a partire dal G8, diventa necessario interrompere la catena di fallimenti e la stasi sostanziale di un decennio nel campo del rilancio del disarmo e delle politiche di non proliferazione.
Risale al 1996 la conclusione dell'ultimo grande trattato multilaterale, quello che proibisce gli esperimenti nucleari e che peraltro non è ancora entrato in vigore. Quanto al Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), il principale pilastro dell'attuale regime di controllo degli armamenti nucleari, l'ultima volta in cui si registrò un risultato di sostanza risale alla Pag. 13quinquennale conferenza di riesame del Trattato che vi fu nel 2000. La successiva conferenza di riesame del 2005 fu invece un fallimento.
Si aggiunga che alla conferenza sul disarmo di Ginevra non sono ancora decollati i negoziati per un trattato che proibisca la produzione di materiale fissile a scopo di esplosione nucleare, benché se ne discuta da decenni. E mentre si assiste ad una rinascita del nucleare civile non si registrano ancora risultati concreti su un altro fronte, quello di una disciplina del ciclo del combustibile nucleare che consenta di arginare i rischi di diversione a fini militari delle capacità civili di arricchimento dell'uranio e di produzione del plutonio.
Si tratta di una debolezza del Trattato di non proliferazione nucleare. Partiamo dal caso della Corea del nord, la quale ha aderito a questo Trattato che prevede, per gli Stati che lo hanno sottoscritto, la possibilità di attingere alle tecnologie del nucleare civile. La Corea del nord ha attinto dopo di che, nel 2003, ha denunciato questo Trattato, uscendone e quindi vanificando il tutto. Lo stesso è accaduto per l'Iran, che ha approfittato di ciò, salvo poi opporsi a delle verifiche da parte delle agenzie internazionali.
Nel 2002 Mosca e Washington riuscirono a concludere il trattato SORT, che prevede una riduzione delle testate nucleari offensive dispiegate da Russia e Stati Uniti. Il SORT non contempla, però, riduzioni o limitazioni delle testate conservate nei depositi ed è privo di norme sulla verifica. La sua scadenza, il 2012, è prossima; ancora più ravvicinata, dicembre 2009, è quella del Trattato START-1, le cui disposizioni in materia di verifiche sono le uniche rimaste in vigore tra le due maggiori potenze nucleari. Il mancato rinnovo di tali intese produrrebbe un preoccupante vuoto normativo.
Si è quindi creato a livello internazionale un clima di frustrazione per i ritardi, ma al tempo stesso di viva attesa degli Stati e delle opinioni pubbliche per nuove iniziative che consentano di uscire dall'impasse. Queste attese sono state incrementate da quello che sta accadendo in Corea del nord ed in Iran, anche in questi giorni, con le strane e difficilmente interpretabili, se non in senso equivoco, dichiarazioni del preteso presidente Ahmadinejad, il quale sostiene: il dossier nucleare iraniano appartiene al passato; noi siamo disponibili ad uno studio globale per il disarmo nucleare del mondo. Come dire: chi ha avuto ha avuto, noi adesso abbiamo la possibilità di fare la bomba atomica e ce la teniamo e a partire da questo, o vi disarmate tutti, oppure noi continueremo su questa strada. Si tratta di una pretesa evidentemente irricevibile, ma agli ignari può addirittura sembrare un'apertura, e non è detto che non voglia avere questo effetto psicologico, proprio per autolegittimarsi.
L'esigenza di rispondere positivamente a tali aspettative è stata recepita in particolare da Barak Obama. Prima ancora di essere eletto, nell'agosto 2007, in un articolo pubblicato in America, si richiamò esplicitamente all'iniziativa dei quattro saggi - li definì così - sposando alcuni degli elementi più qualificanti della loro proposta, tra cui l'adesione americana al trattato per la messa al bando dei test nucleari e l'obiettivo ultimo di un mondo privo di armi nucleari.
Obama sembra intenzionato a passare dalle parole ai fatti. In una dichiarazione congiunta con il presidente Russo Dimitri Medvedev, rilasciata in occasione del recente incontro di Londra, i due Capi di Stato hanno annunciato che avvieranno negoziati per un accordo sostitutivo del trattato START mirante a una riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive che vada oltre quanto previsto dal trattato SORT e che, al contrario di quest'ultimo, sia verificabile.
Ancora più ampio è stato il discorso pronunciato da Obama a Praga, ricordato dalla collega Mogherini Rebesani. Lo si può sin d'ora definire storico. Lì il Presidente americano ha tracciato le linee di un'ampia strategia per il disarmo e la non proliferazione in campo nucleare che va molto al di là del quadro bilaterale con la Russia. Spicca l'impegno politico, ma an Pag. 14che morale, a realizzare e promuovere passi concreti e graduali in un mondo che riduca il ruolo delle armi nucleari in modo totale. Obama ha promesso che si adopererà in modo immediato e aggressivo per ottenere una ratifica del CTBT (il Trattato contro i test nucleari) da parte del Congresso degli Stati Uniti. Si è inoltre impegnato a promuovere la cooperazione per lo sviluppo dell'energia nucleare a scopi pacifici, in particolare attraverso la costituzione di una banca internazionale del combustibile nucleare che assicuri le forniture di combustibile ai Paesi che abbiano le carte in regola sotto il profilo della non proliferazione.
Il quadro generale di riferimento in cui viene inserito tale programma è quello del Trattato di non proliferazione, la cui prossima conferenza di riesame si terrà a New York nel maggio dell'anno prossimo. Si tratta del principale impegno multilaterale in campo nucleare, un appuntamento cruciale e un'occasione da non perdere per salvaguardare un Trattato che ha subìto negli ultimi anni una forte erosione, ma che resta quello basilare. Il forte impulso americano deve ora essere recepito dagli altri attori: gli Stati militarmente nucleari, quelli che si sono dotati dell'arma nucleare al di fuori del TNP, il movimento dei non allineati e la folta schiera dei Paesi che hanno rinunciato al possesso dell'arma nucleare. Continuerà peraltro a rimanere sotto osservazione il comportamento di Paesi come l'Iran e la Corea del nord, che si sono posti al di fuori delle regole.
Le proposte ora avanzate dal Presidente americano sono in linea con la strategia seguita negli ultimi anni dall'Unione europea, cui l'Italia ha dato un fortissimo contributo, specialmente durante il suo turno di Presidenza. Questo permetterà di rilanciare la cooperazione transatlantica in un settore strategico e di affermarla con forza a livello multilaterale.
L'attuale momento strategico internazionale è caratterizzato dalla compresenza di due dinamiche di fondo: una positiva, verso la riduzione degli armamenti, in primo luogo quelli atomici, l'altra negativa, verso la proliferazione nucleare. Il problema è che i tempi necessari per la riduzione degli armamenti sono molto più lunghi di quelli della proliferazione nucleare. Una possibile via d'uscita è di stabilire un rapporto tra il contesto globale, in cui dominano le ipotesi di disarmo, e i contesti regionali, in cui invece dominano le tendenze alla proliferazione. Qui mi riferisco agli studenti del professor Cesare Merlini, ma mi accorgo di essere andato oltre i tempi che mi ero fissato e la pazienza di chi ascolta.

PRESIDENTE. Ascoltiamo con grande attenzione.

RENATO FARINA. Allora proseguo. Non voglio entrare nel dibattito sui meriti o demeriti politici o diplomatici di quella che si è giunti a chiamare la zero option, cioè l'azzeramento degli arsenali nucleari militari. Si parte, invece, dal fatto che tale dibattito è parte importante della dinamica di disarmo indicata all'inizio.
Anche i più ottimistici tempi di avanzamento della proposta e del negoziato che dovrebbe farle seguito non corrispondono, infatti, a quelli molto più impellenti che caratterizzano le attuali dinamiche della proliferazione nucleare, a cominciare dall'ambizione dell'Iran, ma senza dimenticare la Corea del nord e neppure la crescente instabilità interna pakistana. Ricordo che l'arsenale nucleare pakistano, che è messo a rischio da una guerra civile, contempla tra le 25 e le 45 testate nucleari, ciò che non è piacevole da apprendersi, ma è importantissimo da tenere in considerazione. Sarebbe la prima volta di una guerra civile in un Paese nucleare.
Si suggerisce da parte mia - mi avvalgo del contributo del professor Cesare Merlini, a cui peraltro non l'ho chiesto, ma lo ritengo meritevole di approfondimento da parte di tutte le componenti politiche - di utilizzare il lento avanzare del progetto globale di azzeramento degli arsenali nucleari come quadro negoziale entro cui declinare degli approcci regionali. Questi ultimi dovrebbero mirare a realizzare tale azzeramento Pag. 15in contesti geograficamente più ristretti e in tempi più brevi, dunque più rispondenti alle dinamiche di destabilizzazione regionale.
Facciamo un esempio: la denuclearizzazione del Medio Oriente. In questa regione, che è la più delicata del mondo - adesso c'è anche il Pakistan, quello che è stato anche battezzato il «Talebanistan», ovvero questo accorpamento reale e geopolitico di Afghanistan e Pakistan - le tensioni si polarizzano, al momento, sulle negate ambizioni militari di Teheran e sul non formalmente riconosciuto arsenale nucleare di Israele, ma potrebbero coinvolgere anche altri paesi.
L'ipotesi di una zona denuclearizzata nella regione mediorientale non è nuova. In linea di principio non è mai stata contestata da Israele, anche se è sempre rimasta nel vago ed ha continuato ad essere vista come irrealizzabile. Adesso oggi si pone in termini nuovi e più concreti a causa della corso spasmodica dell'Iran all'arricchimento dell'uranio e dei legittimi sospetti sulle intenzioni finali di un tale sforzo. La minaccia iraniana da una parte conferisce una giustificazione ex post alla capacità nucleare di Israele. Si tratta di una giustificazione che fino ad ora era mancata essendo la strategia di impiego e l'identificazione del nemico ancor meno definite per i non addetti ai lavori per le capacità di cui israeliani dispongono.
D'altra parte solleva un dubbio sull'efficacia di tale capacità in termini di deterrenza. Gli stessi governanti israeliani, aiutati dalla retorica antisionista di Ahmadinejad, non ci credono più, donde la loro pressione perché si provveda manu militari ad eliminare sul nascere il potenziale deterrente del nemico, cioè non si crede più alla deterrenza nucleare. Questa è la grande novità di questi anni. Per questo occorre procedere alla non proliferazione e all'intervento perché gli Stati non siano in condizione di mettere mano a questa forza.
D'altra parte, un attacco militare probabilmente non riuscirebbe a raggiungere i risultati, essendo molto dislocati i laboratori nucleari in Iran e avrebbe delle conseguenze assai peggiori, anche in caso di successo, di quanto potrebbe portare dal punto di vista della sicurezza immediata e militare. Per questo la via della diplomazia, delle sanzioni, del dialogo forte e senza nessuna rinuncia ai diritti umani, quale quello che è stato portato avanti dal Ministro Frattini e dal nostro Governo, di concerto con Obama e la NATO, è fondamentale.

PRESIDENTE. Onorevole Renato Farina, la prego di concludere.

RENATO FARINA. Detto questo, concludo. Sono certo che, viste le posizioni espresse di recente in un articolo che è stato pubblicato su Il Tempo pochi giorni fa e che non vi dispenso dal leggere (è stato pubblicato il 5 giugno), la posizione del Governo italiano alla presidenza del G8 andrà esattamente nel segno delle intenzioni che qui sono emerse da tutti gli interventi fino ad ora ascoltati e avranno anche il pregio della estrema concretezza e della precisione diplomatica che sono caratteristiche del nostro Ministro.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, intervengo brevemente, riservandomi ovviamente di esprimere il parere nel prosieguo del dibattito. Il Governo guarda con particolare attenzione alle tematiche oggetto del dibattito di oggi; lo fa nella piena consapevolezza delle responsabilità che incombono sul nostro Paese come attore responsabile della governance globale e soprattutto come presidente di turno del G8. Il nostro è un impegno a trecentosessanta Pag. 16gradi: si concretizza in un forte attivismo nelle sedi negoziali formali, ma anche in una paziente opera di costruzione del consenso a livello internazionale.
Non a caso un forte segnale sull'importanza di effettuare concreti progressi in tema di disarmo nucleare è stato proprio recentemente lanciato in occasione della conferenza G8 sul superamento dei pericoli nucleari, presieduta dal Ministro Frattini, che si è svolta alla Farnesina il 16 e il 17 aprile 2009. La conferenza ha coinvolto personalità internazionali di altissimo profilo e si è conclusa con l'adozione di una dichiarazione comune sul disarmo nucleare sottoscritta dal Ministro Frattini, dal Presidente Gorbaciov, dall'ex Segretario di Stato Shultz, che ha avuto una vastissima eco sugli organi di stampa internazionali.
La nostra azione comprende anche una sistematica opera di persuasione nei confronti degli altri grandi attori internazionali. Non a caso il nostro Paese si è prodigato per incoraggiare Stati Uniti e Russia ad avviare consultazioni finalizzate al raggiungimento di un nuovo Accordo bilaterale in materia di disarmo nucleare che sostituisca lo START, che scadrà nel dicembre 2009. È significativo che i due Paesi abbiano scelto di tenere proprio a Roma, il 24 aprile scorso, l'incontro che ha dato il via ai negoziati sul progetto del nuovo Trattato.
Abbiamo svolto un ruolo particolarmente costruttivo e propositivo anche nel contesto della terza riunione del comitato preparatorio della conferenza del riesame del Trattato di non proliferazione, che ha avuto luogo a New York dal 4 al 15 maggio scorso. In quell'ambito abbiamo lavorato d'intesa con i partner dell'Unione europea affinché venissero poste le premesse per un esito positivo della conferenza di riesame del maggio 2010 e ci siamo battuti, vincendo le resistenze di alcuni, affinché l'Unione europea annunciasse il proprio sostegno all'avvio del negoziato su un Trattato che metta al bando la produzione di materiale fissile per fini esplosivi.
Riteniamo quindi di aver raggiunto un importante risultato con lo storico avvio dei negoziati in quest'ambito avvenuto appena due settimane dopo con l'adozione a Ginevra del programma di lavoro della conferenza del disarmo per la sessione 2009. Forti delle nostre radicate convinzioni e dei risultati finora ottenuti, al vertice de L'Aquila intendiamo ribadire un forte impegno politico nel settore della non proliferazione e del disarmo nucleare. Il nostro forte auspicio è che in questo ambito si possa pervenire, con il consenso dei nostri partner, all'adozione di impegni rilevanti e concreti. Ci stiamo concentrando in particolare sulla promozione di iniziative concrete, come l'entrata in vigore del Trattato sul bando dei test nucleari, il negoziato per un trattato che metta al bando la produzione di materiale fissile e l'universalizzazione del Protocollo aggiuntivo dell'AIEA.
Non facciamo inoltre mancare un continuo e convinto sostegno ai meccanismi e ai principi del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Anche per questo guardiamo con favore a tutte le iniziative degli Stati nucleari tesi a perseguire la riduzione sostanziale degli arsenali militari. L'inclusione nella dichiarazione finale del summit G8 di riferimenti alla necessità di intensificare l'impegno in tema di disarmo nucleare sarebbe quindi perfettamente in linea con l'atteggiamento che abbiamo finora mantenuto in tutti i possibili consessi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1534 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile (Approvato dal Senato) (A.C. 2468) (ore 17,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già Pag. 17approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2468)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Tortoli, ha facoltà di svolgere la relazione.

ROBERTO TORTOLI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Camera è chiamata ad esaminare il provvedimento con il quale si affronta l'emergenza connessa al verificarsi del terremoto che ha colpito la regione Abruzzo e, in particolare, la provincia de L'Aquila nel mese di aprile 2008. Come è noto, il tributo di vite umane è stato altissimo (298 vittime) per non parlare dei feriti (oltre 1.500) e degli abitanti rimasti privi della loro abitazione (63.084). Rilevante è il patrimonio immobiliare pubblico e privato distrutto o seriamente compromesso nella sua stabilità e integrità ed ancora più profonda è la ferita al patrimonio culturale, artistico ed architettonico.
Il Governo, in primis, attraverso l'egregio lavoro svolto dal Dipartimento della protezione civile, ha sollecitamente affrontato l'emergenza assicurando una pronta assistenza alle persone sfollate, garantendo loro una prima sistemazione. Ricordo, in proposito, che nelle politiche di intervento sono state individuate tre fasi: la prima, quella dell'emergenza immediata, è stata incentrata sull'adozione di ordinanze legate alla gestione dei primi bisogni; la seconda fase, quella dell'emergenza ordinaria, è caratterizzata dalla necessità di risolvere il problema abitativo in pochi mesi; infine, la terza fase è quella della ricostruzione.
In tale ambito il decreto-legge in esame disciplina gli indirizzi generali, gli ambiti soggettivi ed oggettivi e le coperture finanziarie dell'intervento. A questo riguardo, un elemento di novità è dato dall'immediatezza dell'iniziativa del Governo, nonché dall'attenzione rivolta al contesto socio-economico e produttivo.
Destinatari delle tre fasi di intervento sono gli ambiti territoriali che sulla base dei rilievi effettuati dal Dipartimento della protezione civile risultano essere stati colpiti da eventi sismici pari o superiori al 3 grado della scala Mercalli. Dal punto di vista soggettivo tutte le persone residenti nei comuni individuati beneficeranno del reperimento di un'unità abitativa temporanea e avranno un contributo integrale per la ricostruzione dell'abitazione principale. Inoltre, lo Stato potrà intervenire nell'accollo dei mutui in essere fino a 150 mila euro.
È altresì emerso con chiarezza che mantenere il ruolo operativo de L'Aquila come capoluogo di regione è obiettivo principale e condiviso; per questo è stato dato spazio anche alla ricostruzione del patrimonio pubblico, artistico e produttivo. Per quanto riguarda l'apprestamento di abitazioni si procederà innanzitutto alla costruzione di moduli abitativi che abbiano una validità nel tempo, al fine di dar loro una destinazione sociale dopo la ricostruzione, ma anche all'individuazione di alloggi reperiti sul territorio. Nel corso dell'esame al Senato sono state, inoltre, introdotte misure volte ad agevolare le piccole riparazioni che possono facilmente rendere di nuovo agibili alcune abitazioni non gravemente danneggiate.
Per quanto riguarda il patrimonio pubblico, un primo intervento interesserà le infrastrutture del trasporto, successivamente ogni Ministero ha individuato risorse per la ricostruzione degli edifici pubblici di propria competenza. Il provvedimento Pag. 18contiene poi norme in funzione della ripresa economica, tra le quali ricordo, in primo luogo, l'istituzione di una zona franca urbana.
L'VIII Commissione ha esaminato il provvedimento acquisendo il parere del Comitato per la legislazione e delle Commissioni I (Affari costituzionali), II (Giustizia), III (Affari esteri), IV (Difesa), VI (Finanze), IX (Trasporti), X (Attività produttive), XI (Lavoro), XII (Affari sociali), XIII (Agricoltura) e della Commissione per le questioni regionali. È pervenuto anche il parere della Commissione cultura che ha sottolineato alcuni aspetti relativi agli edifici scolastici de L'Aquila di particolare interesse.
Credo che verrà la pena magari valutare in sede di approvazione del provvedimento la predisposizione di un ordine del giorno che impegni il Governo nella direzione espressa dalla Commissione. Purtroppo, non è stato possibile dar seguito ad alcuni dei rilievi contenuti nei pareri espressi in ragione della ristrettezza dei tempi che avevamo a disposizione per la conversione in legge del decreto-legge in esame. Nonostante ciò, anche in ragione della ragionevolezza delle proposte emendative presentate sia dai gruppi di opposizione, sia da quelli di maggioranza, la Commissione ha convenuto di riservarsi per l'esame in Assemblea la possibilità di valutare se sussista qualche margine anche in relazione alla necessaria copertura finanziaria che alcune di tali proposte richiedono in ordine all'inserimento di talune limitate modifiche. Credo, però, oggettivamente che a questo punto non ci siano margini per la modifica del testo arrivato dal Senato, come si chiarisce in una nota - di cui magari accennerò ulteriormente dopo - di Palazzo Chigi in merito ad alcune specifiche relative a questo provvedimento, in un'ottica d'interpretazione di alcuni principi che erano e sono oggetto di forte discussione in Commissione e lo saranno molto probabilmente in quest'Aula.
Passando all'esame degli articoli, ricordo che l'articolo 1 individua nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri lo strumento per attuare le disposizioni del decreto-legge. Viene, quindi, definito l'ambito territoriale di applicazione delle ordinanze, ossia i comuni individuati con decreto del commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009, nonché i soggetti destinatari degli interventi (persone fisiche residenti, imprese operanti ed enti aventi sede nel predetto territorio). Uno degli aspetti che viene sottolineato in questa nota di Palazzo Chigi è proprio sull'argomento residenti, dove si specifica che sono soggetti destinatari degli interventi anche persone fisiche non residenti per quanto riguarda i centri storici.
L'articolo 1-bis, introdotto nel corso dell'iter al Senato, anticipa al 30 giugno 2009 l'entrata in vigore della normativa antisismica sulle costruzioni contenuta nel decreto ministeriale 14 gennaio 2008. L'articolo 2 affida al commissario delegato il compito di provvedere con urgenza alla progettazione e realizzazione di moduli abitativi per consentire la sistemazione delle popolazioni colpite dal sisma, da destinare, poi, ad una durevole utilizzazione. Il relativo piano degli interventi, per il quale si introduce un iter più snello per le occupazioni d'urgenza e le espropriazioni, è approvato dal commissario delegato, previo parere di un'apposita conferenza di servizi, mentre la localizzazione, che può avvenire anche in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche, è effettuata dal commissario delegato d'intesa con il presidente della regione, sentiti i sindaci dei comuni interessati. In merito all'articolo 2 già siamo avanti, nel senso che sono già state svolte le gare e anche diverse assegnazioni. Ulteriori alloggi potranno essere reperiti sul territorio individuando immobili sfitti o non utilizzati per il tempo necessario al rientro delle popolazioni nelle abitazioni recuperate o ricostruite. Sono, infine, previsti i contributi per le citate piccole riparazioni.
L'articolo 2-bis, introdotto nel corso dell'iter al Senato, prevede che il Governo sia tenuto a trasmettere un'informativa annuale al Parlamento sullo stato di avanzamento del processo di ricostruzione Pag. 19post-sismica, anche con riferimento alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche.
Con l'articolo 3 viene disposta la concessione di contributi, finanziamenti agevolati, indennizzi ed agevolazioni tributarie per la ricostruzione o la riparazione di immobili, per le attività produttive che hanno subito danni diretti o indiretti per effetto degli eventi sismici, per il ristoro di danni ai beni mobili e alle strutture adibite a varie attività sociali. Segnalo, in particolare, la concessione di un contributo a fondo perduto, anche con le modalità del credito d'imposta o di finanziamenti agevolati garantiti dallo Stato, per la ricostruzione o la riparazione dell'abitazione principale o l'acquisto di una abitazione sostitutiva.
Tale contributo, come ho già anticipato, è determinato in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, la ricostruzione o l'acquisto di un alloggio equivalente. Inoltre, sono previsti contributi per la ricostruzione o la riparazione di immobili diversi da quelli adibiti ad abitazione principale e per quelli ad uso non abitativo nonché il subentro dello Stato nei mutui contratti per l'abitazione principale distrutta, con la contestuale cessione a Fintecna dei diritti di proprietà dell'immobile.
L'articolo 4 prevede il trasferimento di immobili pubblici non più utilizzabili dalle amministrazioni statali alla regione Abruzzo o ai comuni colpiti dal sisma, nonché l'avvio di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli edifici pubblici, predisposto dal Ministero delle infrastrutture e attuato dal Presidente della regione.
Sono, quindi, previste misure per consentire la ripresa delle attività degli uffici della pubblica amministrazione ed interventi per l'immediata ricostruzione delle infrastrutture viarie e ferroviarie e per il ripristino e la riorganizzazione delle strutture sanitarie regionali. Vengono, inoltre, definite misure per la messa in sicurezza delle scuole, destinando alla regione Abruzzo una quota aggiuntiva delle risorse del Fondo infrastrutture, nonché misure per la ripresa delle attività didattiche e delle attività dell'amministrazione scolastica. Sono previsti infine interventi per la ricostruzione e riorganizzazione delle strutture del Servizio sanitario della regione. Con i commi 7 e 8 si consente agli enti territoriali colpiti dal sisma di riprogrammare i programmi finanziati con fondi statali o con il contributo dello Stato, prescindendo dai termini ora fissati, di rinegoziare i prestiti già contratti, estendendone la durata massima a cinquanta anni, mentre il limite ora vigente è di trenta.
L'articolo 5 reca disposizioni relative alla sospensione dei processi civili, penali e amministrativi, al rinvio delle udienze e alla sospensione dei termini, nonché alle comunicazioni e notifiche di atti.
L'articolo 6 prevede che, con ordinanza di protezione civile siano sospesi o prorogati secondo i casi una serie di termini, sia possibile derogare al Patto di stabilità interno nonché siano disciplinate le modalità di attuazione del Piano di rientro dai disavanzi sanitari. Il comma 3 prevede il rinvio delle elezioni del presidente della provincia, del consiglio provinciale, dei sindaci e dei consigli comunali, da tenersi nella primavera 2009, ad una data fissata con decreto del Ministro dell'interno tra il 1 novembre ed il 15 dicembre 2009, con proroga del mandato dei relativi organi sino allo svolgimento delle elezioni.
L'articolo 7 reca autorizzazioni di spesa per finanziare la prosecuzione, fino al 31 dicembre 2009, di interventi di assistenza e soccorso nei confronti delle popolazioni colpite dal sisma e di attività necessarie al superamento dell'emergenza realizzate da vigili del fuoco e dalle forze di polizia, nonché disposizioni per la proroga - fino al 31 dicembre 2009 - di contratti di lavoro stipulati dalla regione Abruzzo nei settori della protezione civile, della sanità e dell'informatica. L'articolo 8 prevede l'adozione di alcune provvidenze in favore delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese, tra cui si ricordano la proroga dell'indennità ordinaria di disoccupazione, la concessione di un indennizzo in favore dei lavoratori autonomi, la definizione di Pag. 20modalità speciali di attuazione delle misure in materia di politica agricola comunitaria (PAC) e di programmi di sviluppo rurale, nonché l'esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale per gli utenti residenti nei comuni colpiti dagli eventi sismici.
L'articolo 9 detta una serie di disposizioni finalizzate ad agevolare la rimozione e lo smaltimento dei materiali derivanti dal crollo o dalla demolizione degli edifici, nonché dei rifiuti liquidi prodotti nei campi di accoglienza della popolazione sfollata.
L'articolo 9-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, persegue tre distinte finalità: consentire alla provincia de L'Aquila o all'Autorità d'ambito territorialmente competente il rilascio di nuove autorizzazioni agli scarichi, necessarie a fronte dei danni del sisma; consentire la realizzazione dell'intervento urgente per il ripristino della piena funzionalità dell'impianto di depurazione delle acque reflue in località Ponte Rosarolo nel comune de L'Aquila; definire un Programma nazionale per il coordinamento delle iniziative di monitoraggio, verifica e consolidamento degli impianti per la gestione dei servizi idrici.
È inoltre istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che sostituisce, subentrando nelle relative competenze, l'attuale Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche, che viene conseguentemente soppresso.
L'articolo 10 è diretto a realizzare forme di agevolazioni per lo sviluppo economico e sociale, anche attraverso la concessione di apposite garanzie per le piccole e medie imprese, nonché la destinazione di risorse del Fondo strategico per il Paese per interventi di sostegno e reindustrializzazione. Nel corso dell'esame al Senato, come anticipato, è stata introdotta la possibilità, da parte del CIPE, di individuare zone franche urbane alle quali si applicano le agevolazioni fiscali e tributarie in favore delle piccole e medie imprese.
L'articolo 11, interamente sostituito nel corso dell'iter al Senato, istituisce un Fondo per la prevenzione del rischio sismico, mentre l'articolo 12 introduce una serie di disposizioni in materia di giochi finalizzate al reperimento di risorse finanziarie.
L'articolo 13 reca alcune misure in materia di spesa farmaceutica, destinando le economie ad esse conseguenti alla copertura degli oneri degli interventi in esame, nonché ad un incremento delle risorse per il processo di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Abruzzo.
Gli articoli 14 e 18 recano una serie di disposizioni a carattere finanziario e le relative coperture.
L'articolo 15 reca norme in materia di erogazioni liberali a favore delle popolazioni colpite dal sisma, nonché norme a tutela della fede pubblica.
L'articolo 16 reca disposizioni volte a prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata negli interventi per l'emergenza e la ricostruzione. A tal fine il Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere è posto a immediato e diretto supporto del prefetto de L'Aquila, attraverso una sezione specializzata istituita presso la prefettura; al medesimo Comitato viene demandato il compito di definire le linee guida per i controlli antimafia sui contratti pubblici e sui successivi subappalti e subcontratti, anche in deroga a quanto previsto dal regolamento sulle certificazioni antimafia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998.
L'articolo 17, infine, prevede lo svolgimento del vertice G8 nel territorio de L'Aquila, al fine di contribuire al rilancio dello sviluppo socio-economico dei territori colpiti dalla crisi sismica. È comunque prevista una clausola di salvaguardia per assicurare il completamento delle opere in corso di realizzazione nella Regione Sardegna.
Vorrei infine ribadire che il Governo ha fronteggiato con prontezza l'emergenza e ha previsto interventi per la realizzazione di abitazioni, agevolazioni per la ricostruzione del tessuto abitativo ma anche degli edifici pubblici, indennizzi a favore delle imprese, sospensione dei processi pendenti. Tenuto conto della situazione della Pag. 21finanza pubblica, è significativo, inoltre, che gli interventi siano finanziati con risorse già esistenti e con quelle provenienti dal contrasto all'evasione fiscale e dall'incremento dell'offerta dei giochi, un meccanismo di contribuzione su base volontaria.
Esprimo, quindi, un personale apprezzamento per il provvedimento in esame, pur rendendomi conto - ed è emerso nel corso del dibattito in Commissione, e nell'analisi che abbiamo svolto degli emendamenti presentati da maggioranza e opposizione - che nel provvedimento, molto migliorato al Senato (tant'è vero che quell'Assemblea ha visto l'astensione dell'opposizione), vi sono alcuni punti di principio, o linee guide, che necessitavano forse di un miglioramento. Dal nostro punto di vista il provvedimento contiene tutto quanto serve per la ricostruzione in Abruzzo, e lascia pieno spazio alle ordinanze, che sono a nostro avviso lo strumento migliore per operare puntualmente per essa. Credo quindi che il provvedimento risponda a tutte le necessità che ha fatto emergere questa tragica disgrazia della regione Abruzzo.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Lolli. Ne ha facoltà.

GIOVANNI LOLLI. Signor Presidente, signori colleghi, come cittadino aquilano coinvolto - ahimè - in prima persona come tanti miei concittadini da questa terribile vicenda, permettetemi anzitutto (l'ho già fatto in Commissione ma lo faccio nuovamente anche in Aula nel corso della discussione sulle linee generali del provvedimento) di esprimere a nome di tutti i miei concittadini un ringraziamento profondo e sentito verso tutti coloro - e sono stati tantissimi - che in tutti questi giorni, fin dalla primissima emergenza, sono accorsi ad aiutarci; ci stanno sostenendo e stanno alleviando le nostre pesantissime difficoltà. Fra tutti costoro, permettetemi di ringraziare il sistema della protezione civile e il dottor Bertolaso che lo governa: poiché davvero, in una situazione assai complicata, costoro hanno fatto e stanno facendo fino in fondo il loro dovere.
Ma desidero dire di più ed includere nel ringraziamento anche una nota di carattere politico. Soprattutto nei primi giorni lo Stato ha dato prova in quella situazione di essere presente. Vi è stata qualche polemica sulle presenze continue del Presidente del Consiglio e dei ministri: ad esse non mi sono associato, poiché ho ritenuto che fosse doveroso ed importante dare il senso della presenza dello Stato attraverso i suoi massimi vertici (è venuto anche il Presidente della Repubblica).
Voglio però dirvi che questa presenza e questo impegno così forte hanno suscitato fra i miei concittadini grandi aspettative. E se ad essi non dovessero poi corrispondere atti concreti, se le azioni che si fanno e le disposizioni che si prendono non dovessero poi essere corrispondenti agli impegni presi, ebbene si avrebbero una disillusione e il senso di un tradimento. Cose che io non mi auguro. Poiché in tutta questa vicenda nessuno - né io, né il gruppo, né l'opposizione - ha voglia di mettersi a fare politica sul terremoto: sarebbe una cosa indegna. Io mi auguro che alla fine di questa discussione venga fuori un decreto che io possa sostenere e per il quale possa dire grazie al Parlamento e anche al Governo. E mi auguro invece di non dover esprimere critiche e magari proteste. Questo è l'atteggiamento che ci anima.
Però, attenzione: il clima sta cominciando a cambiare. Fra i miei concittadini serpeggia forte il senso di una insoddisfazione. Permettetemi di fare una nota quasi personale. Io ho passato questi due mesi là, ma in occasione di questa discussione ho trascorso due giorni a Roma. Ed avendo così modo di parlare con tanti colleghi e perfino con tanti familiari, mi sono accorto di una cosa sorprendente: che l'immagine che c'è della nostra situazione fuori della mia città e del mio territorio, è un'immagine per cui sembra che tutto sia a posto.
Vi prego: non pensate - e soprattutto non dite mai! - che tutto sia a posto: perché lì non è a posto nulla! L'impegno Pag. 22c'è stato, le cose si fanno: ma non è una situazione risolta! E attenzione: non mi riferisco tanto al disagio fortissimo di chi deve vivere sotto una tenda. Non sto qui neanche a descrivere che cosa significa avere diverse famiglie in una stessa tende in quelle condizioni per mesi e mesi. Non sto parlando di questo disagio, perché i miei concittadini hanno dato prova di saperlo affrontare con decoro, con dignità e senza tante chiacchiere. Il problema è l'incertezza del futuro. E per noi il futuro si declinerà ad ottobre. Ad ottobre noi capiremo quale sarà la sorte della nostra città e del nostro territorio: se dovrà essere la sorte di un territorio avviato ad un declino demografico oltre che economico e di ruolo, oppure se vi è una speranza di rinascita, sia pure graduale e con tanti sacrifici.
Ciò dipenderà da quattro fattori: se in quanti e come potremo rientrare in abitazioni stabili; il lavoro che avremo; le scuole; e, aggiungo, l'università.
Sulle abitazioni, è stato in questa sede detto molto bene che si è fatta una scelta che non si era mai fatta (una scommessa - io vorrei quasi dire un azzardo! - e mi auguro che questo azzardo vada bene): quella di non trovare strutture provvisorie per ospitare la gente. Dunque, le persone sono da alcuni mesi nelle tende o in alberghi.
Sono ventre a terra a lavorare affinché quella scommessa che il Governo ha fatto vada a buon fine, ciò sia chiaro; si è trattato, però, di una scommessa e spero che ciò non sia stato un azzardo e di non doverlo noi verificare. Nell'animo dei cittadini è presente l'idea di questa incertezza e vi prego di tener presente che c'è! Non siamo sicuri che tutti quanti potranno affrontare certe situazioni: perché se dovesse andare a finire che molti di noi dovranno tornare in alberghi lontani cento o centocinquanta chilometri da L'Aquila, non sarà con uno scuolabus che poi si manderanno i propri figli a frequentare le scuole aquilane da una distanza di centocinquanta chilometri! La prima incertezza è questa. La seconda riguarda il lavoro. Non so se lo sapete, ma in quelle zone il sisma ha colpito anche le aziende, dal negozio fino alle grandi aziende come l'Alenia, e molti imprenditori si sono messi a lavorare veramente con impegno; però, nell'ultima settimana tre medie aziende (anzi grandi, per la nostra dimensione) hanno chiuso ed hanno collocato i propri lavoratori in cassa integrazione, e ciò non in seguito al sisma ma semplicemente perché evidentemente non ritengono più utile lavorare in quella zona: questi sono segnali inquietanti per la nostra città.
Il terzo problema riguarda le scuole, e sulle scuole vorrei dire che la partita si gioca quasi in queste ore ed in queste settimane: se infatti entro il mese di luglio non sarà chiaro quali saranno gli edifici - provvisori o riattati, come volete voi - che ospiteranno le scuole o il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non sarà in grado di stabilire la dislocazione degli insegnanti, le scuole non ripartiranno. E i genitori - tanti genitori - in questi giorni già si interrogano se per il prossimo anno debbano iscrivere il proprio figlio a scuola a L'Aquila o altrove, ma per quelli che lo iscriveranno altrove ciò significa che si stanno avviando, purtroppo, ad un progetto di vita ricostruito fuori da quella città.
Per quanto riguarda poi l'università, come sapete l'Aquila è una città universitaria con 32 mila studenti: tutta l'università, purtroppo, è andata giù ed oggi in questo momento ancora non siamo in grado - mi ci voglio mettere anch'io - di individuare per l'università sedi certe nelle quali, sia pure provvisoriamente, possa riprendere l'attività didattica (non solo in vista della chiusura di quest'anno, per il quale ci siamo arrangiati, ma dell'apertura del prossimo).
Di fronte a tali situazioni nessuno di noi può pensare che vi sia qualcuno con una bacchetta magica che le risolve da un giorno all'altro, e sarebbe indegno se mi mettessi ora, per così dire, ad aspettare che qualcheduno risolva la situazione e a muovere semplicemente delle critiche.
So bene che si tratta di problemi complicatissimi e tutti i giorni provo nel mio Pag. 23piccolo a dare una mano per risolverne qualcuno; però, con tutta la gradualità ci si aspetta che nel decreto-legge sia chiaro il senso di marcia e come si affrontano questi problemi.
Veniamo quindi al merito del decreto-legge. Non parlerò di un dissenso di fondo, di cui si è parlato al Senato. Il Governo ha fatto una scelta ed è una scelta lecita, anche se avrei preferito una scelta diversa, come quella adottata per l'Umbria o per le Marche, quella cioè di aspettare di più a varare la norma primaria e generale e adottare piuttosto una legge riflettuta e condivisa.
In questo caso, invece, si è scelto di adottare da subito una norma, che rappresenta la cornice, e di intervenire poi con le ordinanze. Per me questa discussione è alle spalle; per me oggi il mio, il nostro compito è quello di cercare di migliorare quel decreto-legge per permettere al decreto medesimo di operare così come esso vuole, e cioè attraverso ordinanze che abbiano però un indirizzo chiaro e stabilito sulla norma e sulla legge, con due considerazioni rispetto alle quali, però, vi prego - come vedete mi sto sforzando di svolgere un intervento in tutta onestà intellettuale - di avere nei miei confronti un reciproco atteggiamento.
Avendo scelto di adottare un decreto-legge nel quale vengono fissati principi e diritti, allora i principi e i diritti debbono essere contenuti nel provvedimento: i principi e i diritti non possono essere contenuti in ordinanze successive! Le ordinanze possono attuare, specificare e spiegare, ma i principi debbono essere scritti ora nel decreto-legge, e non dopo!
Vi prego poi di non venirmi a raccontare - questa è l'altra considerazione - che con ordinanza possono essere deliberate spese che non sono previste, perché ciò è vietato dalla normativa italiana, e se qualcuno afferma il contrario penso che dica una cosa sbagliata. Le ordinanze possono certo autorizzare una spesa, ma si può spendere nell'ambito di coperture finanziarie che le leggi indicano con grande precisione.
Detto questo, la nostra logica è stata quella, appunto, di cercare di migliorare il testo di questo decreto-legge ed abbiamo svolto un lavoro di condivisione.
C'è da un mese, da prima che cominciasse la discussione al Senato, una piattaforma scritta e votata dai 49 sindaci del cratere (che poi è stata allargata anche ai sindaci dell'area fuori del cratere).
Le forze sociali si sono associate tutte, dalla Confindustria ai sindacati, a questa piattaforma. A L'Aquila vi è un fiorire di comitati spontanei di cittadini e di giovani che a loro volta - ed è un fatto molto positivo - si inseriscono con proprie proposte.
Ecco, questa piattaforma ha cercato di richiamarci tutti sulla specificità di quel sisma, che è diverso da tutti gli altri perché, per grandissima sfortuna, è un sisma che ha colpito una città capoluogo di regione, ed è un sisma che ha quindi disarticolato le strutture civili, istituzionali e regionali.
Nello stesso tempo, si tratta di una tra le più importanti città monumentali di Italia, ed è altresì la quarta città universitaria di questo Paese per numero di studenti. Quindi, c'è una specificità che bisogna considerare, che richiede purtroppo - è inutile negarlo - tanti, tanti, tanti soldi pubblici, non per venire incontro ai problemi degli aquilani, ma perché lì c'è un patrimonio del Paese, e di cui il Paese si deve occupare.
Poi, naturalmente ci si aspetta che non vi sia niente di meno rispetto a quello che hanno avuto altri cittadini, sfortunati come noi, che negli anni passati sono stati, a loro volta, colpiti da sisma.
Al Senato un testo prodotto dal Governo, che era chiaramente lacunoso, è stato migliorato. Non c'è dubbio, è stato già detto e lo riconosco: i miglioramenti non sono affatto marginali. Per quanto riguarda la prima casa dei residenti il rimborso è al 100 per cento, anche per le case danneggiate: è un fatto molto importante. Si è previsto un rimborso per il danno lieve; e Bertolaso, con coerenza, ha stabilito con ordinanza che si tratta (non sto qui a spiegarvi, si tratta di una cosa Pag. 24molto complicata, a L'Aquila siamo diventati tutti tecnici) delle cosiddette case A, cioè quelle che hanno subito effettivamente un danno più lieve.
Si è introdotto un fatto molto positivo (l'ho già detto), il concetto di zona franca, sia pure con una specifica che illustrerò successivamente. Insomma, vi sono dei miglioramenti che hanno recepito una parte dei punti di quella famosa piattaforma di cui vi parlavo prima.
Tuttavia, vi sono altri aspetti che non sono stati recepiti, e noi su quegli aspetti ci siamo soffermati e ci continuiamo a soffermare. Io li dividerò rapidamente per categorie.
In primo luogo, mi riferisco al tema della casa. Vedo che sui giornali, per quanti sforzi si facciano e persino nei comunicati del Governo (poi, in parte vi è stato un miglioramento, in una successiva riscrittura) si continua a parlare di seconde case. Il problema della seconda casa ovviamente esiste, come vi è stato anche nel caso degli altri terremoti, ed è giusto che a tal proposito vi siano dei ristori come vi sono stati per gli altri terremoti. Ma qui parliamo di una fattispecie un po' particolare. Parliamo delle case dei non residenti, perché quella è una parte di mondo, un parte d'Italia fatta così, stratificata nella storia in questo modo, fatta di tanta e tanta gente che non risiede lì, ma che lì ha la casa: si tratta del 40 per cento nella città, del 60-70 per cento nei borghi. Si tratta di nostri concittadini che sono andati a lavorare all'estero, che con i sacrifici hanno voluto comunque mantenere questo legame e hanno ristrutturato la propria casa.
Molte altre volte si tratta di nostri cittadini rispetto ai quali, in questa sede, ho sentito parlare di case di ricchi; certamente, vi sono anche le case dei ricchi - cari amici e colleghi - ma di quali ricchi si tratta? Di quei ricchi romani, inglesi, che sono venuti in queste zone perché li abbiamo attirati noi con la politica delle aree protette. Si tratta della provincia che ha la più alta percentuale di parchi d'Europa, perché vogliamo quel tipo di turismo, non un turismo mordi e fuggi, ma un turismo stanziale. Se noi non diamo una risposta a questa gente essa se ne andrà via e noi perderemo un pezzo della nostra economia.
Comunque, i nostri centri storici sono fatti così: sono costituiti da comparti in cui vicino alla casa (come la mia) di un residente che abita lì, vi è la casa di un altro che non è residente. E se la mia casa viene ristrutturata e risarcita, mentre quella attigua del vicino non ha la stessa sorte (ringrazio i nostri colleghi che hanno fatto un giro, e si sono potuti rendere conto di quello di cui stiamo parlando), tutto ciò non funziona.
Allora, bisogna cancellare (è quanto abbiamo chiesto) l'espressione «ivi residenti», che rappresenta una fattispecie che è stata peraltro inserita all'ultimo momento al Senato.
Nello stesso modo dovremo tenere presente - vi sono degli emendamenti, li discuteremo nel merito - il problema specifico degli affittuari, a cui pure va data (è quanto ci siamo ripromessi con un emendamento non demagogico) una risposta e una speranza. Ciò per quanto riguarda la questione delle abitazioni.
Poi, vi è il problema della governance, il ruolo dei comuni. Che io sappia i migliori successi di ricostruzione (mi riferisco al caso del Friuli, dell'Umbria e delle Marche) riguardano modelli in cui il ruolo degli enti locali è stato molto esaltato. Qui si va su un modello diverso. D'accordo, però non si può pensare di ricostruire un territorio mortificando o marginalizzando gli enti locali. Mi riferisco, in primo luogo, ad un fatto assurdo: il fatto che, visto che in quelle zone non si pagano più tributi e tasse agli enti locali e alle società pubbliche, non si ristorano neanche queste tasse non pagate, per cui i comuni sono veramente sull'orlo del collasso.
Come pure è un problema di competenze: nel provvedimento in esame sono scritte alcune assurdità. Vi ho spiegato prima quale emergenza e quale urgenza vi sono. Riguardo alle scuole, pensate che non hanno titolo per ricostruirle la provincia o i comuni che le possiedono, ma Pag. 25addirittura il provveditorato per le opere pubbliche, che si è sempre occupato di tutt'altro.
Infine, mi riferisco anche al modo con cui si fanno le ordinanze: una maggiore condivisione con gente che sta lì e conosce i problemi avrebbe evitato la cosa un po' bizzarra che è successa, cioè tre o quattro ordinanze scritte e poi «rimangiate», perché evidentemente erano state scritte - io dico in buona fede - inserendo qualche sciocchezza.
Poi, le attività economiche: la zona franca va bene, io dico che al riguardo il provvedimento è scritto anche bene, perché offre sia la possibilità della zona franca urbana sia la possibilità della zona franca più intensa; ciò che non funziona qui è costituito dalle coperture: 45 milioni di euro per un periodo di tre o quattro anni sono una cifra irrisoria. Già è irrisoria se stiamo parlando di zone franche urbane, ma se si parla di zona franca, come lì pure si parla, cioè di dare un'esenzione fiscale forte anche alle imprese, dovete sapere che una sola impresa aquilana, la Cassa di risparmio, ha pagato utili per quest'anno per 11 milioni di euro. Quindi, calcolando 45 milioni di euro diviso quattro, risulta che probabilmente se li mangerebbe solo quell'azienda. Non scherziamo: se si deve agire, occorre fare una cosa che sia opportuna (come d'altra parte al Senato avevano provato a fare e poi, all'ultimo momento, il Governo invece ha deciso delle restrizioni).
Vi è pure il problema di stabilire nel decreto-legge procedure più semplificate per permettere ai tanti proprietari di imprese grandi, piccole e piccolissime, fino al negozio, fino all'artigiano, di rientrare nelle spese. Certo, perché è scritto sul provvedimento - e oggi questo non è previsto - che si possono accertare i danni con una perizia giurata. Vi assicuro che sono centinaia le persone che sborserebbero i soldi, tornerebbero a lavorare e si farebbero fare la perizia giurata, sapendo che però poi in tutto o in parte qualcuno li rimborserà. Per i beni mobili questo è previsto ed è scritto bene, mentre per i beni immobili non vi è nulla al riguardo, e questo è un altro emendamento che proponiamo.
Come vedete, mi muovo sulla linea di proposte non generiche, generali, impossibili: sono cose molto circoscritte, tagliate, misurate e raccolte da una certa modesta conoscenza di quello che sta succedendo lì.
Infine, la scuola e l'università: qui mi posso limitare semplicemente a chiedervi per favore di leggere quanto scritto all'unanimità a seguito di una negoziazione (non rivelo un segreto particolarmente ben custodito) con il Ministero della pubblica istruzione dalla VII Commissione della Camera. Sono previste varie misure che non sto ad elencarvi (lo faremo poi) molto ragionevoli, alcune indispensabili da adottare affinché le scuole possano riaprire e l'università possa riaprire. Non sono cose né fumose né impossibili: sono il parere che all'unanimità la VII Commissione ci sollecita (poi ne parleremo nel merito).
Infine, ancora vi è il problema dei centri storici. Qui, per quanto possiamo leggere il provvedimento in esame in un modo diverso tra di noi e dire che le coperture ci sono o non ci sono, quello che lì è certo è il centro storico de L'Aquila, con tutto il suo carico di beni monumentali: pensate che sono 1.900 censiti e 1.700 colpiti, 1.700 beni monumentali pubblici e privati; oggi siamo entrati in un palazzo privato.
Per sistemare tutta quella roba occorrono un sacco di soldi. È stato stimato non da me, ma dalla sovrintendenza: ci vogliono circa 3 miliardi. Non tutti subito, certo, è ovvio. Sono cose che qui non stanno scritte ed io su questo - non sulle prime case o sulle seconde case, ma su questo - continuo a chiedere che si faccia uno sforzo affine a quello che lo Stato italiano, governato dal Governo Berlusconi e dal Ministro del tesoro Tremonti, qualche anno fa fece in occasione dell'alluvione di Alessandria, quando decise di imporre un aumento dell'IRPEF per alcuni anni e raccolse 11.000 miliardi di lire, Pag. 26oppure quello che lo Stato ha fatto altre volte: noi stiamo ancora pagando oggi l'accisa sulla benzina per il Belice.
Sto chiedendo di intraprendere iniziative che abbiano questa dimensione, circoscritte, limitate e mi sono anche sforzato personalmente di formulare alcune proposte specifiche, limitando la cosa ai redditi delle fasce superiori (so che anche altri colleghi hanno avanzato proposte simili).
Nel decreto-legge in discussione vi è un'ulteriore questione molto importante, che già abbiamo affrontato in Commissione con uno spirito molto serio e un dialogo serrato e positivo: la questione disciplinata dall'articolo 11, che riguarda la prevenzione. So che si è svolto un dibattito difficile con le regioni: cogliamo questa occasione per iniziare ad attuare un po' di prevenzione seria in questo Paese, senza, però, scaricare le responsabilità tra Stato, regioni ed enti locali. Non è sufficiente che lo Stato si assuma il compito di indicare quali sono gli edifici che dovrebbero essere messi in sicurezza e, poi, lasciare che siano gli enti locali o le regioni a doverlo fare con le risorse limitatissime che hanno. So bene che ci vuole tutta la gradualità necessaria, ma mettiamoci le mani in un modo serio.
Vi sono, poi, altre proposte, sulle quali non mi dilungo. Per esempio, vi è una proposta di cui abbiamo molto discusso tra di noi, anche insieme a voi (alcuni colleghi abruzzesi ne hanno fatto oggetto di una proposta più forte), che è già contenuta nel decreto-legge in oggetto e che si potrebbe scrivere meglio. Mi riferisco al principio che ogni danno deve essere riparato, indipendentemente dal fatto che sia capitato all'interno dell'area del cratere o fuori. Il concetto è che venga stabilito il diritto a vedere riparata la propria abitazione o la propria attività, qualora colpite da eventi connessi al sisma. Naturalmente, tutto ciò attraverso un sistema di controlli molto accurato, perché nessuno è autorizzato fare il furbo.
Con riferimento ad altre, ulteriori, proposte emendative, ne caldeggio sempre una con grande forza: quella concernente i vigili del fuoco. È vero che nel decreto-legge in discussione è prevista una copertura ed è stato lodevole averla inserita. Tuttavia, ritengo che tale copertura possa essere specificata, indicando le figure dei vigili del fuoco. Sento questo come un dovere. Innanzitutto, si potrebbe iniziare a colmare il deficit di organico, visto che vi è un turnover di 5 mila persone in meno; in secondo luogo, si potrebbe stabilire qualche finanziamento per le strutture e le attività; infine, si potrebbe prevedere un certo sostegno al reddito, magari utilizzando il salario accessorio, le indennità, e così via.
Abbiamo discusso tutte queste questioni insieme e sono ragionevoli. Il Presidente del Consiglio - e dico che ha fatto bene - è venuto recentemente a L'Aquila e ha svolto una conferenza stampa in cui ha indicato, tra tutti, due aspetti. Egli ha detto, testualmente - distribuirò a tutti i parlamentari i giornali che riportano il testo di tale conferenza stampa - che, con riferimento alle questioni citate, il decreto-legge sarebbe cambiato. Poi, come sempre, i giornalisti hanno colorito quanto detto (anche attraverso l'episodio della telefonata a Tremonti). D'accordo. L'ha detto o no? Ci avete convocato? Grazie, di averlo fatto. Ho apprezzato. Avete convocato a Pescara tutti i parlamentari abruzzesi: erano presenti il relatore ed il presidente della regione. In quell'occasione, abbiamo concordato, insieme, le proposte emendative. In Commissione siete stati molto aperti? Ci siamo presentati con 150 emendamenti. Avete detto di ridurli e li abbiamo ridotti ad una quindicina. Addirittura, oggi, la Presidenza del Consiglio ha emanato un comunicato - che io apprezzo - in cui si dice che il problema dei residenti è un problema serio e che se ne darà conto, come anche dei problemi dei ristori ai comuni. Allora? Se siamo d'accordo e se lo dice, addirittura, il comunicato della Presidenza del Consiglio, si cambi il decreto-legge in questi punti! Non mi venite a dire, per favore, che non c'è tempo, perché sappiamo tutti che il tempo c'è. Non mi venite a dire che facciamo trucchi o agguati, perché non li Pag. 27facciamo. Abbiamo ridotto gli emendamenti solo a quelli presentati. Ma perché non si possono operare cambiamenti?
Si prenda il problema degli «ivi residenti». Nel comunicato si parla di tale questione. Scriviamolo anche nel provvedimento! Se nel comunicato della Presidenza del Consiglio è scritto che si può fare, perché non lo si può scrivere nel disegno di legge? Questo vale anche per la questione relativa ai comuni. È stato detto che si interverrà attraverso un'ordinanza. Quindi, si farà? Perché non lo scriviamo nel testo della legge? Perché? Non riesco a capirlo. Vi è una sola spiegazione possibile, che, invece, capisco, questa sì: non vi sono le coperture finanziarie. Allora, diciamolo! Ho dato atto al sottosegretario - e ho concluso, signor Presidente - di averlo detto in modo chiaro l'altro giorno in Commissione.
Lasciatemi esprimere l'ultima considerazione, perché ne ho sentite di tutti i colori. Qualcuno ha detto che le coperture vi sono e che sono pari a 8 miliardi e mezzo di euro. Vi sono? Benissimo! Va bene, se vi è la copertura, si faccia la norma. Il sottosegretario Bertolaso ha detto che, poi, si sarebbe intervenuti con la Finanziaria. Quindi, interverremo? Allora, scriviamolo! E qui arriviamo al punto. Ci viene detto: ma volete tutti i soldi subito? Se ve li dessimo, non li sapreste spendere. Ma certo, non vi stiamo chiedendo di stanziare tutti i soldi per il 2009. Ci rendiamo conto perfettamente che si dovranno spalmare negli anni successivi, ma questo decreto-legge non è stato previsto solo per 2009 o per il 2010. Siete stati voi a predisporre le misure in termini pluriennali. Le risorse che indicate e le coperture che avete trovato sono pluriennali. Siete stati voi a farlo così! Allora?
Perché non si possono indicare tutte le priorità, pur con questa gradualità di cui mi rendo conto? Voglio esprimerlo ancora meglio: rimettiamo al sottosegretario Bertolaso - di cui tutti ci fidiamo - le scelte sulle gradualità, ma scriviamo qui, in modo chiaro e leggibile, quali sono i diritti e i principi da seguire. Se indicherete tali diritti e principi - e, come vedete, io li ho ridotti veramente al minimo - potremo votare insieme questo decreto-legge e trasmettere un bel segnale di fiducia e di speranza ai cittadini terremotati. Altrimenti, pur apprezzando l'impegno e la disponibilità vostra e del Governo e gli sforzi che sta compiendo Bertolaso, e pur mantenendo un atteggiamento che non è certo quello di attizzare il fuoco dove è meglio non farlo, devo dire, francamente, che se la situazione rimarrà così, non potremo fare altro che prenderne atto e continuare la nostra battaglia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, ciò che viene percepito in maniera univoca da tutti è che questo Governo si sta impegnando tantissimo sulla questione Abruzzo. Vorrei rimarcare, anche in qualità di uomo del nord, che, dopo quanto è accaduto il 6 aprile scorso, vi è stata una grande partecipazione generale, che forse in altri casi non si è verificata nella stessa formidabile maniera.
Quando oggi eravamo a L'Aquila, mi è stato ripetuto più volte che è importante che i riflettori non si spengano sull'Abruzzo e che rimanga viva l'attenzione. Innanzitutto, occorre essere vigili, attenti e non dimenticare che esiste una situazione di dramma.
Oggi, su richiesta del sindaco Cialente, come Commissione ambiente, siamo stati in visita nella città ed è stato utile, anche in considerazione dell'esame in Aula di questo provvedimento: è bene renderci disponibili in prima persona, ogni volta che siamo chiamati a renderci conto di come procedono e si evolvono i lavori. Personalmente, mi sono recato a L'Aquila anche un mese fa e, devo dire, è sensibile e si tocca con mano il lavoro che, da un mese a questa parte, viene svolto giornalmente dalla Protezione civile e dai vigili del fuoco nelle opere di sicurezza.
Il problema, onorevole Lolli, è quello di stabilire se le cose vogliamo farle o se, Pag. 28invece, l'unica cosa importante è scriverle; occorre anche concedere un po' di fiducia. È in atto un'emergenza incredibile. Nel mio giro di oggi, rispetto a un mese fa, ho rilevato tante situazioni che allora non avevo rilevato; in effetti, tutto il centro de L'Aquila è completamente da prendere in mano e ciò va fatto attraverso una serie di passaggi.
Inizialmente, ho sentito dire dal sindaco e dal presidente della provincia che dobbiamo riportare subito a casa i cittadini del centro della città; per chi, come me, viene da questo mestiere, è qualcosa di cui non si dovrebbe neanche parlare in questo momento. Occorrono diversi passaggi e, a mio avviso, il centro storico andrà organizzato ad isole. Infatti, seppure si ripara un palazzo, non sarà possibile farvi tornare nessuno, perché tutto intorno c'è una sorta di scenario di guerra, con palazzi fatiscenti e pericolanti. Occorrerà organizzarsi, magari partendo dai paesi limitrofi o dalle periferie, e gradualmente restituire L'Aquila ai suoi cittadini, attraverso un percorso che, comunque, sarà lungo, delicato e non facile. Parlando - in questo momento - da tecnico, la situazione del consolidamento di quei fabbricati è tale per cui occorrerà innanzitutto una grande opera di messa in sicurezza, che è urgente e che costerà moltissimo. Non è necessario stanziare molti soldi, sono invece necessari lavori oculati da realizzare serenamente.
Una volta messa in sicurezza l'area, occorrerà valutare quali saranno i fabbricati che sarà possibile recuperare e quali, invece, sarà opportuno demolire, dopodiché si dovrà procedere alla demolizione attraverso tirantaggi, consolidamenti e «cuci e scuci», in ogni caso a tutte le necessarie opere di messa in sicurezza. Seguirà, poi, la fase della ricostruzione interna, al termine della quale sarà possibile riportare la gente a casa. Il problema è che questo percorso sarà abbastanza lungo e delicato e, nel frattempo, cosa facciamo? Questa la vera criticità.
Abbiamo un'area nella quale (anche senza abitarci non si fa fatica ad immaginarlo) in questo momento le amministrazioni comunali non ricevono tributi e artigiani, commercianti, liberi professionisti e tutti i loro dipendenti hanno le occupazioni ferme, per cui non si lavora. Magari qualcuno aveva già debiti pregressi e non riesce a far fronte ai nuovi. Questi sono problemi concreti e reali che le singole famiglie tutti i giorni affrontano, e credo che il Governo, come è stato riconosciuto, abbia dato prova di avere la massima attenzione.
Il problema principale credo sia quello di una copertura economica. Con il relatore Tortoli, con il quale abbiamo cercato di affrontare tutti i problemi di queste settimane, abbiamo effettuato una verifica relativa al decreto emanato per l'Umbria: otto mesi dopo si stanziarono i primi soldi e dopo un anno si arrivò a due miliardi soli di stanziamenti. Un Governo che prende un impegno lo fa in questo modo, man mano che ha le coperture. Se per legge prevedessimo le seconde case adesso, anche se i soldi non occorrerebbe impegnarli adesso, la copertura bisognerebbe darla subito, ovvero nel momento in cui non sono state ancora fatte tutte le valutazioni relative: rischieremmo davvero che alla scadenza del decreto - perché questo è il problema, non tanto che il decreto torni al Senato, bensì riuscire a dargli copertura in tempo per tornare al Senato - si presenti un problema tecnico fondamentale, di tempi.
In questo, secondo me, bisogna anche presupporre un successivo decreto come questo, viste anche le esperienze passate. Quando ho fatto questo ragionamento di fronte alla stampa, oggi, qualche giornalista, cercando un po' la polemica, ha detto: ma noi non siamo l'Irpinia. Nessuno ha detto questo, però sicuramente ci vuole, credo che ne siamo tutti consapevoli, una struttura snella, nella quale gli enti locali - un leghista non può che essere d'accordo - siano titolari della funzione fondamentale di coordinamento, soprattutto negli interventi puntuali e precisi, quelli nei centri storici e quelli di ristrutturazione aziendale. C'è poi tutto il distretto che va ripreso, c'è l'università, L'Aquila vive di università. Riguardo a questo i Pag. 29sindaci, i presidenti della provincia e la regione avranno un compito fondamentale.
È anche vero, però, che per procedere e per attuare i lavori velocemente occorre una macchina veloce. Oggi ce l'abbiamo, è quella di Bertolaso e della Protezione civile, che è indubbiamente riconosciuta da tutti come una macchina che può essere veloce. È come provare a fare le cose con una Cinquecento: se si ha a disposizione una macchina con qualche cavallo in più nel motore bisogna provare ad utilizzarla.
Bisogna farlo in sintonia, in sinergia, e non in dicotomia. Molte delle critiche che ho sentito avanzare negli ultimi giorni, compresa la ventilata manifestazione di protesta e il sit in di domani, mi sembra siano contrarie al buon senso e a quello che la gente sta percependo in questo momento, ovvero un Governo che è impegnato nel dare risposte concrete. C'è una data copertura, con tale copertura individuiamo delle priorità, le medesime che sono state definite nel decreto, e credo che anche al Senato il gruppo del PD lo abbia riconosciuto all'unanimità. Le priorità sono quelle di mettere in sicurezza il territorio, dare risposte immediate e soprattutto provvedere a non lasciare all'interno di tende il maggior numero possibile di persone.
La costruzione delle casette per i nuclei familiari sta procedendo, oggi sono andato a vedere da Bertolaso alcuni dei progetti che sono in essere. Si tratta di diverse unità, che saranno assegnate a circa 15 mila famiglie, dunque almeno a 30-35 mila persone dei 65 mila sfollati. Credo non sia mai stata realizzata una sola volta al mondo un'operazione così veloce, ove si riuscisse a completarla entro Natale. Ricordo l'Umbria perché ci sono andato: quella nei container è una vita molto difficile, sia d'inverno che d'estate, una vita di sacrificio. Avere, invece, un'unità immobiliare fatta e finita, un vero e proprio appartamento, nel quale la gente può tranquillamente vivere la propria vita e nel frattempo procedere tutti nella ricostruzione, che - lo ripeto - non sarà così veloce, credo sia la più bella soluzione e la più bella risposta che un Governo possa dare, magari insieme a tutte le forze politiche.
Secondo me, da questa partita è importante uscire con un messaggio di unità al 100 per cento. Per questo dico che più che scriverli, l'importante è assumere gli impegni e realizzare le cose: sarà un percorso che ci vedrà, ne sono convinto (come è stato per l'Umbria, ma anche per Napoli con l'emergenza rifiuti) dover ritornare con un altro decreto, più avanti, appena coperture maggiori saranno disponibili, ma soprattutto nel momento in cui avremo idea di cosa andare a coprire.
La critica avanzata, ovvero che se anche dessimo domattina i soldi non si farebbero i lavori, è vera, ma lo è nel momento in cui ancora non sappiamo quanto ci serve effettivamente e quali siano le somme da spendere effettivamente nel 2009, 2010, 2011, 2012 o negli anni a seguire, perché i preventivi ancora non sono stati fatti. A chi risponde che i preventivi non si fanno se non si ha la certezza dei soldi, io che di mestiere faccio preventivi, dico che il preventivo non costa niente. Fare un preventivo vuol dire quantificare la spesa. Dopo di che, quando avremo in mano tutti i preventivi e saremo sicuri di quante messe in sicurezza, ricostruzioni o consolidamenti siano necessari, a quel punto faremo dei ragionamenti e vedremo, attraverso la finanziaria o i decreti successivi, di andarli a finanziare.
È così che si lavora in maniera concreta: di fronte a un'emergenza, che è un dramma - perché non è solo un'emergenza, ma anche un dramma, purtroppo - bisogna che lavoriamo tutti uniti, tutti insieme, ma soprattutto velocemente. Spesso la velocità e la fretta possono far nascere alla gatta i gattini ciechi, però è anche vero che in questi casi più passa il tempo, più le cose peggiorano, per cui la fretta può essere l'unico antidoto a una situazione come questa. Occorre agire in questo momento e agire attraverso una serie di garanzie.
Il comunicato di palazzo Chigi di oggi è, secondo me, una garanzia, perché è un Pag. 30atto ufficiale di palazzo Chigi che afferma che, in effetti, nel decreto-legge rimangono i punti, citati dall'onorevole Lolli, che in Commissione abbiamo condiviso, perché sono di buonsenso. Tuttavia credo che l'impegno preso oggi da Bertolaso e dal Governo sia quello di affrontare questi punti e dare garanzie che tutti i fabbricati verranno ricostruiti. Magari le seconde abitazioni verranno ricostruite dopo e si darà priorità alle prime, questo sicuramente, ma questo è il valore del comunicato: si farà tutto.
L'impegno di Berlusconi è stato quello di andare spesso a L'Aquila e di tornarci anche in un prossimo futuro e dire: prendiamo questa regione che ha subìto un dramma e diamo risposte concrete ai cittadini, perché la fiducia nello Stato e nelle istituzioni deve tornare ad esistere. Per questo tutti gli operatori devono fare la loro parte, non essere puntigliosi su qualche comma in più o in meno, ma sapere che è un percorso che inizia oggi e che con questo decreto-legge non finisce. Inizia oggi, ma non è finito: bisognerà rimetterci mano e bisognerà fare un percorso che sarà lungo, impegnativo e anche delicato, augurandoci che a breve inizi questa benedetta ripresa economica e che ci sia possibilità di avere risorse aggiuntive da poter destinare, anche velocemente, all'Abruzzo, e soprattutto tenendo viva l'attenzione in questo modo, tutti insieme, non dividendoci.
Infatti, se noi dividiamo la politica su questo tema rischiamo veramente che scemi l'attenzione, ma anche che si crei una contrapposizione, e non credo che sia quello che serve oggi a questa regione. A questa regione oggi serve una classe politica che responsabilmente prenda degli impegni e parta oggi per arrivare a consegnare una regione ricostruita dopo questo dramma.
In virtù di ciò, credo sia giusto lasciare anche il decreto-legge nella sua forma abbastanza flessibile e non troppo blindato, perché se vogliamo dare fiducia alle istituzioni, cioè al Governo e a Bertolaso, con cui tutti dobbiamo lavorare, è bene che ci sia una flessibilità tale che le successive ordinanze possano intervenire anche su quegli aspetti che oggi non abbiamo ancora valutato e che magari scopriremo domani, perché in questi casi succede sempre. Anche per questo dico che mai come adesso la decretazione d'urgenza è importante, ed è importante dare un messaggio di unità.
Devo anche riconoscere, concludendo, che in Commissione, nel lavoro fatto insieme al relatore Tortoli, c'è stato un dialogo franco, molto serio e responsabile, in cui l'opposizione ha ritirato buona parte dei propri emendamenti (noi li abbiamo ritirati tutti) per concentrarsi su alcuni emendamenti segnalati, che sono quelli che oggi di fatto stiamo discutendo.
Devo dire che anche personalmente ritengo che siano di buonsenso e che siano assolutamente da introdurre, come impegno serio sia per la Protezione civile, che in questo si occupa della parte operativa, sia per gli enti locali ed il Governo, che dovranno essere chiamati in causa nei prossimi mesi.
Questo è lo spirito vero: non presentare seicento emendamenti solo per perdere tempo, ma concentrarsi su quelli che sono invece emendamenti puntuali, su cui dovremmo lavorare. Con questo spirito credo che sia possibile ricostruire bene l'Abruzzo e dare risposte importanti a questa regione, che ha subìto un danno enorme e che non ha bisogno di perdere altro tempo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei riprendere il mio intervento da dove ho concluso quello del 6 aprile. In quella giornata, in quell'intervento dissi che era il momento del lutto e del cordoglio e che ci sarebbe stato tempo e modo per affrontare in sede parlamentare i temi e i problemi connessi al sisma. Dissi anche qualcosa di più e di ancora più impegnativo, per quanto riguarda il gruppo Italia dei valori e l'intera opposizione: che bisognava stringersi intorno Pag. 31al Governo, per dare un sostegno forte di unità nazionale rispetto ad un evento così straordinariamente negativo.
Pensavo che su quella direttrice vi potesse essere una volontà di intenti che vedesse protagonista il Governo, più che l'opposizione, perché con i mezzi che abbiamo possiamo solo stimolare e cercare di indirizzare meglio alcune scelte del Governo e della maggioranza.
Però successivamente è accaduto qualcosa di inquietante. Infatti, il Governo e la maggioranza in due giorni hanno approvato il cosiddetto decreto «salva-Premier», ed oggi dopo 68 giorni ancora non viene data una risposta all'Abruzzo, che tutti abbiamo nel cuore. Io sono abruzzese, anche se non aquilano. Condivido perfettamente tutte le questioni sollevate con grande passione da parte dell'amico Giovanni Lolli, perché ha detto benissimo qual è lo stato dell'arte e ha detto benissimo qual è lo stato d'animo dell'intera cittadinanza. Credo che abbia dato un segnale forte ed inequivocabile quando ha detto di fare attenzione, perché c'è un limite oltre il quale non si può andare perché non si può abusare della dignità e della pazienza di intere popolazioni coinvolte in questo dramma. Sono convinto che abbia visto giusto in questo, e apprezzo il modo e la qualità dell'intervento, perché ha parlato con grande serenità di una situazione allarmante e sempre più emergenziale. Non vi sono risposte e vi è una presa di tempo da parte del Governo e della maggioranza, nonostante vi sia stato un grande lavoro di costruzione, e non di opposizione, da parte dei partiti che in questo momento non stanno a guidare le sorti del Paese.
Credo vi siano alcuni elementi che ci devono far riflettere in maniera profonda e ci devono vedere coinvolti senza fare confusione di ruoli, perché c'è chi governa e chi fa l'opposizione, però a me risulta che nel lavoro sviluppato al Senato qualcosa di buono l'opposizione lo ha fatto, e vi faccio una piccola ricognizione senza dover temere delle smentite, perché quello che dirò è quello che è successo nelle settimane che hanno preceduto l'avvio della discussione alla Camera. Qualcosa è successo, e in questo qualcosa credo che un ruolo determinante in chiave positiva e propositiva lo abbiano svolto le opposizioni.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, la presentazione da parte del Governo del decreto-legge n. 39 del 2009 relativo agli interventi urgenti a favore delle popolazioni colpite dal sisma nella regione Abruzzo ha sollevato critiche, dubbi e forte preoccupazione, a cominciare dagli stessi cittadini e amministratori locali dei territori colpiti, che hanno da subito chiesto importanti correttivi al provvedimento.
È stato presentato un testo iniziale per certi versi inaccoglibile, che il Senato ha solo parzialmente migliorato in alcuni punti, lasciando però nel complesso un provvedimento che risulta ancora fortemente e pesantemente insoddisfacente e lacunoso. Si tratta di una sorta di provvedimento-cornice con pochissime cifre certe e dove gran parte delle decisioni saranno prese, come una sorta di delega in bianco al Governo, con le ordinanze che via via si succederanno. Tra l'altro non è stato affatto sciolto il nodo principale del provvedimento, riguardante la copertura aleatoria degli interventi di emergenza, e in questo contesto la totale insufficienza delle risorse immediatamente disponibili e spendibili per la fase cruciale 2009-2010.
Veniamo al contenuto del decreto-legge iniziale ed ai suoi aspetti di criticità. Uno dei principali e preoccupanti elementi deboli del decreto-legge rispetto agli annunci del Governo sta nella sostanziale mancata indicazione nero su bianco delle somme effettivamente messe a disposizione dei cittadini e dei comuni per l'emergenza e per l'immediata ricostruzione. Di fatto sono indicate con precisione solo le risorse per le casette transitorie, facendosi per tutto il resto rinvio alle ordinanze di protezione civile future, sulle quali tornerò in seguito.
Si è peraltro di fronte ad un'inconsueta dilatazione dei tempi degli interventi, cui sono destinate somme variabili, secondo criteri ignoti, addirittura fino al 2033. Gran parte degli 8,5 miliardi sono somme Pag. 32variabili annunciate, ammontanti realisticamente a poco meno di 6 miliardi di euro, che saranno disponibili solo nell'arco di tempo di 24 anni.
Per il primo biennio è stata stanziata effettivamente una somma che va da 1,5 a 1,7 miliardi di euro. Per la ricostruzione o la riparazione di immobili distrutti o inagibili adibiti ad abitazione principale, ovvero per l'acquisto di nuove abitazioni sostitutive, il decreto-legge iniziale prevedeva la concessione di contributi (all'articolo 3, dedicato alla ricostruzione), senza fare alcun riferimento ad una cifra specifica. Solo nella relazione tecnica allegata si ipotizzava la somma di 150 mila euro quale tetto massimo spettante ai singoli cittadini per la prima casa.
In pratica, non era previsto il risarcimento del 100 per cento dei danni subiti, bensì un contributo parziale, consistente in una buona parte non di soldi liquidi, ma di credito d'imposta, né veniva sancito che il contributo fosse a fondo perduto. Infine, sempre all'articolo 3 non si prevede alcun contributo per i danneggiamenti anche gravi che non abbiano comportato la distruzione o la dichiarazione di inagibilità, anche se si tratta di abitazioni principali.
E ancora: parte della copertura è realizzata attraverso l'utilizzo di fondi destinati ai bonus per le famiglie bisognose e ad una diversa modulazione del Fondo per le aree sottoutilizzate, già ampiamente saccheggiato dal Governo a copertura di altri provvedimenti. Peraltro, si tratta di fondi paradossalmente in parte già destinati all'Abruzzo.
Inoltre, vi è un eccessivo accentramento dei poteri decisori e autorizzatori nelle mani del Governo centrale, che opera attraverso un Commissario delegato dopo aver semplicemente sentito gli enti locali. Insomma, si tratta di un decreto-legge fortemente centralizzato e monocratico circa la definizione e gestione degli interventi per la ricostruzione dei comuni colpiti dal sisma. Ricordiamo che l'articolo 2 stabilisce che il Commissario delegato provvede alla localizzazione delle aree destinate alla realizzazione dei moduli abitativi semplicemente sentiti i sindaci dei comuni interessati, con ciò marginalizzando di fatto il ruolo delle autonomie territoriali e conferendo un'amplissima discrezionalità al Commissario delegato.
Ancora, per quanto riguarda edifici e servizi pubblici si rinvia il tutto ad un futuro provvedimento del Ministero delle infrastrutture, in cui si stabiliranno le modalità di predisposizione e di attuazione di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici, non d'intesa, ma sempre e solo sentiti i sindaci. La realizzazione degli interventi spetterà solo al Commissario delegato. Manca, infine, un potenziamento dei controlli sulle procedure dei subappalti, tenuto conto che questi potranno arrivare al 50 per cento delle opere (articolo 2, comma 9) in deroga alla legislazione vigente.
Mancano altresì indicazioni chiare sulle procedure e sull'entità dei contributi destinati alla ricostruzione degli immobili industriali e commerciali danneggiati. Non sono chiari i tempi di erogazione, né l'importo massimo. Anche in questo caso non si tratterà in gran parte di soldi liquidi, bensì di finanziamenti indiretti attraverso il meccanismo del credito di imposta.
Vengo ora alle modifiche più significative apportate al decreto durante l'iter al Senato. Accogliendo, seppur non integralmente, un principio fortemente voluto dalle opposizioni, viene ora finalmente previsto che il contributo dello Stato per le prime case distrutte, rese inagibili o anche danneggiate dal terremoto del 6 aprile sarà totale, in modo da coprire integralmente le spese per la riparazione e la ricostruzione o l'acquisto di un alloggio equivalente. Vengono in tal modo accolti tre rilievi di Italia dei Valori: l'estensione dei contributi anche alle case danneggiate; la copertura del 100 per cento dei danni; la specificazione che il contributo viene erogato a fondo perduto.
Tuttavia, va sottolineato che la copertura integrale non vale per le abitazioni diverse da quella principale, anche qualora esse fossero state distrutte, o per altri immobili. Inoltre, non sono state previste Pag. 33maggiori risorse a copertura di questa norma. Ciò aggrava la scopertura evidente del provvedimento.
Inoltre, è stato innalzato da 5 a 10 mila euro il contributo per le piccole riparazioni, come proposto dalle opposizioni. Per la provincia de L'Aquila e i comuni colpiti dal terremoto viene prevista l'istituzione della zona franca, sulla quale tornerò insieme alle ordinanze. L'efficacia della norma sulla zona franca, però, è subordinata alla preventiva autorizzazione comunitaria. Il relativo fondo previsto nella legge finanziaria per il 2007 per le zone franche urbane viene così incrementato fino ad un limite annuale di 45 milioni di euro che costituisce un tetto di spesa massimo, e, come diceva il collega Lolli, ciò è assolutamente inaccettabile.
Viene specificato che i moduli abitativi destinati a durevole utilizzazione potranno essere consegnati non solo ai residenti, ma anche a coloro che sono stabilmente dimoranti, per esempio studenti o a chi si trova in quelle aree stabilmente per lavoro. Positiva è l'attribuzione del compito di attuazione dei piani di ricostruzione dei centri storici al comune.
Si prevede che i sindaci, d'intesa con il presidente della regione, sentito il presidente della provincia e d'intesa con quest'ultimo per le materie di sua competenza, potranno predisporre la ripianificazione del territorio comunale, con la definizione delle linee di indirizzo strategico per assicurare la ripresa socioeconomica e un'armonica ricostruzione del tessuto urbano e produttivo, tenendo conto degli insediamenti abitativi. Questo emendamento, approvato al Senato, era stato richiesto dagli enti locali interessati per avere più voce in capitolo nel processo di ricostruzione.
Inoltre, è previsto lo stop alla proroga per l'entrata in vigore delle nuove norme antisismiche da rispettare nella costruzione dei nuovi edifici: nel testo viene sancito che a partire dal 30 giugno prossimo varranno per la ricostruzione di tutte le abitazioni.
Ancora, viene istituito il Fondo per la prevenzione del rischio sismico che, voglio ricordarlo, avrà la seguente copertura: 44 milioni di euro per il 2010; 145 milioni di euro per il 2011; 195 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013, 2014; 145 milioni di euro per il 2015; 44 milioni di euro per il 2016. L'istituzione del Fondo sostituisce integralmente l'articolo che stabiliva che sarebbe stata la Protezione civile ad avviare la realizzazione in termini di somma urgenza. È previsto un piano di verifiche e interventi per la messa in sicurezza degli immobili e delle infrastrutture.
C'è un dato negativo però: con un blitz al Senato il Ministro dell'ambiente istituisce la commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche - una norma intrusa, adesso vi spiegherò perché - che subentra dunque nelle competenze già attribuite all'autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e successivamente attribuite al comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche, il Coviri, il quale a decorrere dalla medesima data è stato soppresso. Soppresso è anche l'osservatorio sui servizi idrici e dunque anche la vigilanza sulle tariffe e più in generale sulla qualità dei servizi erogati. Un emendamento approvato dal Senato che nulla ha a che fare - quindi una norma intrusa - con il decreto-legge cosiddetto terremoto ma che, ancora una volta, altro non vuole essere che l'ennesimo azzeramento di una commissione e la sua sostituzione con un'altra decisa dall'attuale Governo.
Le questioni ancora irrisolte. Nella prima fase dell'emergenza è stato svolto un lavoro straordinario nel quale il servizio di Protezione civile, insieme alle Forze armate e a tutte le altre che più avanti citerò, ha potuto fornire un esempio di buona organizzazione ed efficienza della macchina operativa nei primi soccorsi. Ora che i riflettori tendono a spegnersi sull'emergenza Abruzzo occorre ragionare su come affrontare la seconda fase, quella della ricostruzione vera e propria, non solo virtuale. In tal senso risulta molto importante rimettere in moto il processo produttivo della realtà abruzzese. Pag. 34
In occasione del terremoto nelle regioni Umbria e Marche, a sostegno di una effettiva ripresa delle attività produttive, turistiche e commerciali, erano state introdotte norme dirette a rifondere gli imprenditori non solo dei danni subiti, ma anche dei mancati guadagni sofferti a causa del terremoto; inoltre era previsto di fornire una sistemazione alle persone prive di alloggio. Occorre quindi avviare un processo di normalizzazione della realtà che comporti anche la ripresa delle attività scolastiche ed universitarie, onde evitare che solo chi ha opportunità diverse si fermi in quei territori colpite dal sisma del 6 aprile. Occorre quindi assicurare che a settembre possa ripartire con regolarità l'anno scolastico.
Esiste poi un problema di governance. In tal senso le istituzioni locali devono svolgere un ruolo primario nella ricostruzione di quei territori, avendo la possibilità concreta di poter contare non solo sui tributi locali dove poter operare, ma anche su entrate finanziare che al momento sono venute a mancare. Occorre inoltre essere consapevoli che se veramente si vuol far rivivere i centri storici delle città e dei paesi danneggiati dal terremoto occorre prendere in considerazione anche le seconde case, individuando meccanismi che coinvolgano quei soggetti che non avendo la residenza in quei luoghi non possono beneficiare dei contributi.
Rimane infine ancora aperto il problema di come assicurare che tutti gli edifici vengano messi in sicurezza rispetto al rischio sismico. Si ritiene in proposito che sia necessario al riguardo un coinvolgimento dei privati attraverso l'estensione del credito d'imposta del 55 per cento agli interventi di messa in sicurezza degli edifici contro il rischio sismico. Importante è che gli indennizzi per gli espropri dei terreni siano rapportati al valore del bene attuale e non a quello antecedente all'evento sismico.
Il Parlamento pertanto è chiamato a dare certezze sul piano normativo per quanto riguarda i tempi e per quanto riguarda le risorse messe a disposizione della ricostruzione. Si ritiene pertanto che l'ipotesi prospettata di ulteriori provvedimenti per affrontare alcune questioni oggi non pienamente definite sia profondamente sbagliato. Questo infatti è il momento in cui è non solo opportuno, ma necessario definire un provvedimento organico capace di dare una risposta completa alle popolazioni abruzzesi e di scongiurare il rischio grave di una ricostruzione insufficiente.
Tutto questo, caro Presidente e cari colleghi, sta introducendo un elemento inquietante ed è questo: mentre le risposte tardano ad arrivare in Abruzzo, c'è qualcosa che sta definendo un nuovo assetto della nostra regione.
Si sta allungando l'ombra lunga di un nuovo modello di sviluppo socio-economico, ossia a fronte della risposta tardiva, che certamente non comprende le risorse necessarie per la ricostruzione, molte delle popolazioni che attualmente sono ospitate sulla costa rischiano di rimanere lì per sempre non trovando una risposta in tempi certi e con risorse certe. Oltre 60 mila famiglie attendono risposte, nel versante in cui abito, che è quello della provincia di Teramo, vi sono oltre 25-27 mila persone che stanno aspettando che qualcosa si muova, che qualche risposta trovi finalmente una propria concretezza e una propria definizione.
Credo che su questo dato occorra un grande momento di riflessione, perché se è vero che vi è stata una gara di solidarietà nella prima fase dell'emergenza, nella quale la Protezione civile si è esaltata e ha reso un servizio straordinario e inarrivabile per quanto riguarda le popolazioni, così come i volontari, le Forze armate e i Vigili del fuoco sono stati straordinari, altrettanto straordinaria è stata la grande dignità degli abruzzesi e ritengo che tutto questo sia stato frutto anche di un grande lavoro sviluppato dalle opposizioni sia al Senato sia in questa Camera.
Voglio ricordare anche un aspetto a cui faceva riferimento il presidente Alessandri in un'analisi molto affrettata e del tutto sbagliata che ci ha proposto qualche minuto fa, quando ha detto che gli emendamenti molto probabilmente fanno perdere Pag. 35tempo. No, caro Alessandri, lei sta sbagliando, come diciamo delle nostre parti, numeri e casa perché i nostri 90-100 emendamenti che sono stati presentati dall'Italia dei Valori sono stati elaborati incontrando le autonomie locali, i comitati, i cittadini, le imprese, le realtà vitali della nostra regione. Quegli emendamenti hanno un valore fortissimo e non mi si venga a dire che non essendoci soldi non si possono soddisfare gli emendamenti, quelle proposte emendative nascono in funzione di questo. Sono convinto che per dare una risposta seria, organica un Governo che abbia dignità e un profilo alto non vada a ricercare le soluzioni attraverso i giochi o le riffe o il «gratta e vinci», ma cerchi di mettere in campo tutto quello che ha in questa fase, fornisca risposte convincenti e non lo rinvii solo alle ordinanze che non condividiamo assolutamente. A noi non è mai piaciuto un uomo solo al comando, riteniamo, invece, che la grande qualità degli amministratori della provincia de L'Aquila e dei sindaci debba essere utilizzata per far sì che vengano messe in campo risorse certe da utilizzare di più e meglio in questa fase così difficile.
Sono convinto che possiamo farcela se su alcuni aspetti ci diamo una reciproca disponibilità. Ricordo che nella seduta della Commissione di qualche giorno fa ho ritirato gli emendamenti, dicendo al presidente Alessandri che a disponibilità rispondevo con disponibilità che poi non ho più ritrovato. Mi sto sforzando in queste ore di arrivare anche a definire un assetto diverso di quegli emendamenti che vada proprio al cuore delle questioni, come si dice in gergo, cercando di scremarli il più possibile tenendo conto di alcuni aspetti. Noi ci facciamo carico, paradossalmente, delle problematiche di un Governo che tanto ha promesso e poco ha fatto, ma ci rendiamo conto che le popolazioni non possono più aspettare, promesse a parte.
Credo allora che in queste ore forse il Governo debba dire quali risorse certe ha da mettere in campo e in che modo intenda utilizzarle, sapendo che evidentemente vi sono delle risorse che non vanno immediatamente elargite, ma che vanno spalmate nel tempo perché poi c'è il tempo per poterle utilizzare. Quando si parla del Fondo strategico e della disponibilità dai due ai quattro miliardi di euro bisogna essere chiari e dire se si tratta di due, tre o quattro. Noi abbiamo presentato un emendamento nel quale diciamo che siccome sappiamo che quei soldi ci sono, in questa fase possono essere utilizzati tre miliardi di euro.
Per quanto riguarda l'intervento sulla zona franca, che è tutta da verificare con l'Unione europea, credo che occorrerà un atteggiamento molto serio da parte del Governo e che vadano messo in campo sul bilancio di competenza, spalmandole nel tempo, delle risorse che sono pari a 40-50 milioni di euro ogni anno fino a cinque o sei anni perché quello è il dato che può dare lo start up per far riprendere quell'area, altrimenti non ci sono le possibilità.
Quarantacinque milioni di euro è una somma risibile e dovete mettervi bene in testa che in quelle realtà in cui abbiamo a che fare con un capoluogo di regione che per la prima volta nell'epoca moderna è stato toccato da un terremoto urbano, devono essere date risposte certe e importanti in questo momento. Tutti coloro che dicono che è possibile ritornare con altra decretazione d'urgenza stanno dicendo cose false, non vere assolutamente.

CARLA CASTELLANI. Leggi: Marche e Umbria!

AUGUSTO DI STANISLAO. Credo, infatti, che un atteggiamento serio di un Governo maturo e consapevole sia quello di dire ciò che può realmente fare, ciò che può mettere in campo in un determinato momento e ciò che chiede alle opposizioni in termini di proposte, di risposte e di partecipazione senza fare confusione di ruoli.
Credo che questo sia l'anello mancante dell'unità nazionale in questo momento, quando un Governo continua a fare annunciazioni e non mette in campo le risorse vere e certe. Credo, inoltre, che noi abbiamo dato ampia dimostrazione di Pag. 36grande disponibilità al Senato e anche in questa Camera, sapendo che dobbiamo dare risposte certe e non vogliamo far perdere tempo a nessuno.
Ho negli occhi e nel cuore gli amici aquilani ai quali ritengo di dover dare un contributo personale e politico e lo faccio in questa sede. Mi preoccuperò in queste ore ancora di più di scremare quegli 80-90 emendamenti, cercando di portarli a quindici o dieci, ovvero il minimo indispensabile. Ciò non perché non c'è la copertura finanziaria, ma per togliervi la scusa per cui dite che non si può approvare il decreto-legge. Questo è il dato più importante e dal punto di vista politico l'atto più profondo di maturità che noi possiamo mettere in campo: togliervi la scusa per verificare ancora quali altri impedimenti avete per mettere in campo veramente una struttura seria e importante in questo decreto-legge.
In conclusione, questo decreto-legge deve contenere tutti i principi - nessuno escluso - per evitare sia che vengano attivate le ordinanze che possono essere oggetto di facoltà negli interventi, sia che, in questo modo, siano espropriate l'autonomia locale, la provincia e la regione. In tutto quello che sta accadendo, infatti, vi è un silenzio assordante della regione Abruzzo, della giunta e del consiglio regionale. Credo, invece, che dovremmo recuperare in questa fase la capacità di tutta la classe dirigente per potere mettere in campo finalmente un provvedimento che abbia risorse e che dia risposte concrete. Dite cosa volete fare e con quali risorse, perché ad oggi non sappiamo in che modo, in che misura e con quali tempi volete mettere in campo delle risposte per di abruzzesi.
Sta montando una protesta clamorosa a livello regionale e domani avrete una prima tranche di coloro che arriveranno, ma molti stanno aspettando delle risposte che non arrivano. Non possiamo prendere tempo come fa il comunicato uscito oggi, secondo il quale il Governo penserà e farà. Con i «se» e con i «ma» non si va da nessuna parte: le leggi sono fatte di cose certe partendo dalle risorse.
Allora, su queste certezze noi daremo domani una risposta in Parlamento e vi diremo come la pensiamo e siate certi che noi siamo dalla parte degli abruzzesi. In questo caso e in questa situazione vogliamo togliere di mezzo la demagogia e la politica perché vogliamo dare risposte certe. Vorremmo essere affiancati al Governo, ma a un Governo maturo e consapevole che sappia che governare significa anche fare delle scelte con le risorse disponibili.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Castellani. Ne ha facoltà.

CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, prima di entrare nel merito del provvedimento al nostro esame, da abruzzese mi sia consentito rivolgere un sentito e deferente pensiero alle tante famiglie abruzzesi colpite dalla perdita non tanto e non solo di beni materiali, quanto e soprattutto dalla perdita degli affetti familiari più cari. Mi piacerebbe pensare che il ricordo delle tante vittime umane perse - moltissime delle quali giovani vite - possa rappresentare pungolo e monito per tutti coloro che andranno a realizzare quelle complesse opere di ricostruzioni o di ristrutturazioni necessarie in quelle realtà territoriali da sempre notoriamente soggette ad elevato rischio sismico, affinché siano queste le ultime vittime da piangere.
Purtroppo, onorevoli colleghi, non vi è terremoto di grado elevato che non sia tragico per la sequela di vittime, di distruzioni e di gravi questioni socio-economiche che lascia dietro di sé. Ma quello della notte tra il 5-6 aprile scorso e che ha colpito in Abruzzo direttamente e tragicamente L'Aquila e la sua provincia - con ripercussioni più o meno gravi anche in altre province abruzzesi - ha una particolarità che forse altri recenti eventi sismici, se pur gravi, che hanno interessato regioni come il Molise, l'Umbria e le Marche - per citare i più recenti - non presentavano. Mi spiego: L'Aquila, oltre ad essere una città monumentale, universitaria Pag. 37e di servizi è capoluogo di provincia e di regione con un ruolo, quindi, di motore istituzionale e di riferimento amministrativo per tutto l'Abruzzo.
È di tutta evidenza allora che il crollo o l'inagibilità di edifici strategici, quali la prefettura, il tribunale, l'ospedale, i palazzi del Governo regionale, provinciale e comunale, le sedi universitarie e scolastiche di ogni ordine e grado, nonché la distruzione di gran parte del patrimonio immobiliare pubblico e privato, del patrimonio culturale, religioso e artistico, la distruzione delle tante strutture aziendali, commerciali e ad uso professionale, hanno letteralmente messo in ginocchio un'intera comunità, ponendo a tutte le istituzioni, locali, regionali e nazionali, problematiche molto complesse e articolate, che necessitano, al di là delle appartenenze, di un sincero spirito di collaborazione, che, pur nel rispetto dei livelli e dei ruoli, permetta di affrontare, con tempestività, efficacia e qualità di azione, la ricostruzione non solo del patrimonio immobiliare, abitativo e non, ma anche di quel tessuto sociale, economico e culturale, che è alla base del vivere civile. Efficacia, tempestività e qualità dell'azione, di cui il Presidente del Consiglio, il Governo, la protezione civile, i vigili del fuoco, l'esercito, il 118 e le tante associazioni di volontariato hanno già dato ampiamente prova nell'immediato dopo terremoto, meritando l'apprezzamento e il ringraziamento dei cittadini abruzzesi e dell'intero Paese.
È stato questo operare sinergico con dedizione e generosità, oserei dire con amore, che ha permesso il salvataggio di tante vite umane, il soccorso tempestivo e professionale di tantissimi feriti, che ha permesso di assistere i circa 64 mila cittadini aquilani rimasti privi di tutto, che hanno trovato, nell'arco di 24-72 ore, sistemazione provvisoria presso strutture alberghiere o abitazioni private presenti sulla costa teramana, pescarese e chietina, o presso le centosettanta tendopoli attrezzate nei territori colpiti dal sisma. Ed è stato ancora questo operare sinergico, che ha visto attrezzare e rendere funzionanti in tempi rapidi trentacinque presidi medico-sanitari avanzati, le oltre cento cucine da campo, una cittadella delle istituzioni presso la caserma della Guardia di finanza de L'Aquila, per la gestione integrata delle emergenze e per consentire l'operatività, pur se provvisoria, di ben trentotto uffici nazionali, regionali e provinciali, con il chiaro intento di conservare a L'Aquila, nonostante le oggettive difficoltà, il ruolo strategico di capoluogo di regione. Uno sforzo organizzativo, dunque, ed un impegno di risorse in questa prima fase di intervento che protezione civile e Governo hanno affrontato e predisposto con grande determinazione, serietà e competenza e che ci danno una credibile e positiva chiave di lettura delle misure previste nel decreto-legge che oggi è all'esame della nostra Aula.
Misure volte ad accompagnare con altrettanta tempestività e determinazione la seconda fase dell'emergenza, la ricostruzione del patrimonio urbano, sociale economico e culturale, devastato dal sisma. E la stessa decisione del Presidente del Consiglio di spostare i lavori del G8 a L'Aquila da La Maddalena altro non è se non la volontà di mantenere viva l'attenzione e l'impegno sui territori colpiti e testimoniare lo spirito, l'orgoglio e la volontà di ripresa, che le popolazioni abruzzesi hanno evidenziato anche nei giorni più difficili. Il decreto-legge, che è già stato approvato al Senato, pur con l'astensione delle opposizioni, prevede la realizzazione di moduli abitativi antisismici, dotati di elevati livelli di comfort e di innovazione tecnologica orientata anche al risparmio energetico. Queste abitazioni destinate ad alloggiare i cittadini nelle tendopoli verranno assegnate ai comuni dopo il rientro della popolazione nelle abitazioni ricostruite e potranno essere destinati ad alloggi per studenti. Il provvedimento contiene, inoltre, la possibilità di istituire zone franche urbane nell'ambito della provincia de L'Aquila. Tale soluzione, subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, consentirà di incentivare insediamenti di nuove attività imprenditoriali, che potranno godere di una defiscalizzazione per un congruo periodo di tempo. Pag. 38
È prevista la copertura economica integrale per la ricostruzione, la ristrutturazione o la sostituzione delle abitazioni principali distrutte o danneggiate, non solo nei comuni insistenti nel cratere, ma anche per quelle in comuni fuori cratere, purché le richieste siano accompagnate da perizie giurate che certifichino il nesso causale tra evento sismico e danno.
Sono ancora previste le modalità per la ricostruzione di edifici di interesse pubblico o di pubblica utilità, anche in considerazione dell'essere L'Aquila capoluogo di provincia. È prevista inoltre la concessione di indennizzi a favore delle attività produttive, dei beni mobili e immobili, scorte di attrezzature sì da poter favorire l'immediata ripresa delle attività economiche.
Il provvedimento istituisce ancora un Fondo di garanzia per le concessioni di credito a piccole e medie imprese e studi professionali; sono inoltre previsti interventi a sostegno delle famiglie dei lavoratori, dei liberi professionisti, dei disoccupati, delle fasce sociali più deboli: di un intero tessuto sociale quindi, che può e deve rimanere coeso per essere principale attore della rinascita del territorio.
Queste sono solo alcune delle consistenti misure già previste nel decreto-legge per l'Abruzzo, provvedimento che può essere certamente migliorato nel corso dei nostri lavori in Aula, o anche, come già avvenuto in altri eventi sismici, può essere accompagnato e seguito da altri provvedimenti legislativi, decreti, ordinanze, utili a risolvere i complessi problemi legati al sisma.
Due in fondo sono state le problematiche più sentite emerse durante l'esame in Commissione. La prima - è già stato detto anche in Aula - riguarda la definizione, già in questo testo, del rimborso anche per la ricostruzione e la ristrutturazione delle case dei non residenti. La seconda riguarda la protesta di alcuni enti locali per l'assenza, nel decreto-legge, delle risorse necessarie a compensare le mancate entrate dalle tasse locali. Due problematiche a cui, da abruzzese e non da parlamentare di maggioranza, trovo una risposta certa e credibile nel comunicato che oggi la Presidenza del Consiglio dei ministri ha emanato, e cui hanno fatto riferimento anche il relatore e l'onorevole Lolli.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi avvio a concludere, auspicando una rapida approvazione del decreto-legge per continuare proficuamente quell'intenso lavoro svolto fino ad ora dal Presidente del Consiglio, dal Governo, dalla Protezione civile e da tutti coloro che si sono spesi e si stanno spendendo a favore delle popolazioni terremotate; popolazioni che, con il voto espresso nelle recenti elezioni europee (in Abruzzo il Popolo della Libertà ha raggiunto il 44,52 per cento), hanno confermato al Governo apprezzamento per il lavoro già svolto e fiducia nell'impegno futuro. A L'Aquila in particolare, cuore del dolore, dove la scommessa della ricostruzione assume i connotati della sfida per la vita e lo Stato ha fatto sentire indiscutibilmente la sua presenza, 55 elettori su 100 fra quelli che hanno potuto e voluto recarsi alle urne hanno scelto di fidarsi del Presidente del Consiglio, del Governo, del Popolo della Libertà, negando la fiducia a quanti, persino all'interno delle istituzioni (pochi per fortuna), hanno a volte irresponsabilmente soffiato sul fuoco della sofferenza oggettiva in una logica di contrapposizione comunque pregiudiziale, nel malcelato intento di lucrare illusori vantaggi politici.
Concludo con la constatazione che il popolo abruzzese, finora forte e gentile, ha dimostrato di essere anche fiero e dignitoso, e che alla città de L'Aquila in particolare ben si adatta il motto araldico che campeggia sulla facciata della caserma della Guardia di finanza di Coppito: «Nec recisa recedit».

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ginoble. Ne ha facoltà.

TOMMASO GINOBLE. Signor Presidente, questa mattina siamo stati in visita a L'Aquila.
Credo di dover ringraziare anche la sensibilità del relatore Tortoli, del presidente Alessandri e del Presidente Fini per Pag. 39questa opportunità che ci ha permesso di valutare tutti insieme, a distanza di qualche giorno in più dall'evento, la situazione post-terremoto.
Il 6 aprile è una data che non si dimenticherà, che rimarrà indelebile nella memoria dell'Abruzzo e - credo - dell'intero Paese. Il terremoto, improvviso e spietato, ci ha colpito in piena notte: 5 chilometri sotto L'Aquila e fino a 10 chilometri da L'Aquila. Ha colpito L'Aquila e tanti paesi belli della nostra regione e della provincia de L'Aquila. Ha scatenato una violenza come poche volte era accaduto nel nostro Paese, colpendo persone immerse nel sonno o mentre erano a lavoro, radendo al suolo strade, infrastrutture, monumenti, ospedali e università, con 300 vittime, oltre millecinquecento feriti e costringendo sessantamila persone ad abbandonare le loro case, inagibili per oltre il 50 per cento.
Per questo sisma - è stato già detto ma vorrei ripeterlo - è stato coniato il termine di sisma urbano: è la prima vera volta che ad essere colpita è una città così grande, una città capoluogo, una città che era l'insieme dei centri amministrativi direzionali e nevralgici, dei gangli vitali della regione Abruzzo.
Ma non possiamo dimenticare che il sisma è stato come un sasso gettato nello stagno, i cui cerchi si allargano un poco alla volta. Certo, ad essere colpiti sono i 49 comuni all'interno del cratere, ma - checché se ne dica - lo sono anche i comuni contigui. Anzi, il comunicato di oggi in proposito avrebbe potuto essere meno ironico, collega Castellani, nei riguardi di costoro...

CARLA CASTELLANI. Io non ci ho visto nulla di ironico.

TOMMASO GINOBLE. Insomma, sono circa 300 mila persone le persone interessate.
È lo stesso Bertolaso che l'ha definita la più grande e grave sciagura che gli sia toccato di affrontare. Al proposito, un ringraziamento va alla Protezione civile e alle sue strutture: ad essi il nostro apprezzamento per l'efficienza, la professionalità e la grande umanità dimostrata in questa sciagura, intervenendo in maniera tempestiva e impedendo la perdita di ulteriori vite umane. D'altra parte, colleghi, in questo Paese, che non ha moltissime cose che vengono percepite come funzionanti, è da tempo che la Protezione civile viene percepita come una di quelle che funzionano: viene così percepita dal cittadino comune e dalle istituzioni, ma anche da coloro che si sono trovati a far conto sul suo lavoro. Si tratta di una Protezione civile diversa anche da quella di altri Paesi, sistemica, con più componenti, che negli anni passati è stata motivo di attenzione da parte di altri Paesi, dalla Finlandia alla Cina: e non sono tante le cose per le quali altri Paesi ci vorrebbero copiare.
Ma come non soffermarsi poi sulla grande risposta e sul grande cuore del nostro Paese? Succede sempre così: è successo e succederà ancora. L'Italia dell'emergenza e della solidarietà in questi momenti scatta tutta in piedi per l'ennesima gara di fratellanza a chi può dare di più a sostegno di chi in quel momento è in difficoltà.
L'Italia intera si è stretta attorno a L'Aquila e al popolo aquilano, fiero, composto, orgoglioso, che ha mostrato proprio in un momento così difficile una dignità esemplare e - mi si permetta - una grande compostezza. Abbiamo assistito ad una bellissima corsa fatta di aiuti, di offerte, di richieste di tanti volontari - qualche volta anche in eccesso - pronti ad intervenire e a prestare la loro opera direttamente sul posto (e tutto questo è ancora più prezioso se si pensa alla grave crisi che interessa il mondo intero ed il nostro Paese, alla grande difficoltà sociale ed economica).
Non si può dimenticare poi che quella città ha, come diceva prima Lolli, tantissimi patrimoni artistici, quasi tutti a pezzi: L'Aquila è stata definita un grande museo all'aperto, una metropoli medievale stratificatasi nei secoli, ricca di un'infinità di Pag. 40edifici storici, costellata di chiese, di palazzi nobiliari, di piccoli e grandi monumenti.
Dall'inizio di questo dramma, signor Presidente, ci siamo imposti misura e senso di responsabilità, come era doveroso che fosse; ci siamo assegnati l'imperativo di tenere a mente sempre e solo l'interesse e la tutela delle popolazioni di quei territori. Continueremo a farlo anche adesso, anche domani; a farlo senza sosta, come stanno facendo tutte le donne e gli uomini impegnati in quel territorio (parlo della Protezione civile, delle forze dell'ordine, dei vigili del fuoco, nonché di tutti i sindaci e i rappresentanti delle istituzioni locali e delle forze sociali locali).
Però il dovere dell'opposizione credo sia quello di controllare il lavoro di una maggioranza, di confrontarsi con questo lavoro, di valutare gli impegni presi e le risposte fornite, di controllare ciò che viene promesso e ciò che viene poi mantenuto.
La ricostruzione è una sfida per tutti quanti noi. Il decreto-legge n. 39 del 28 aprile 2009 è stato accompagnato troppo spesso da dichiarazioni - permettetemi di dire - contraddittorie, qualche volta non corrispondenti alla cruda realtà, alla verità, e sin dall'inizio anche voi della maggioranza, pur in un comprensibile, sottile imbarazzo, ve ne siete accorti; vi siete resi conto che necessitava di correttivi, di interventi per renderlo più efficace sia dal punto di vista legislativo, sia dal punto di vista finanziario.
Questo è stato fatto con un grande lavoro al Senato e in particolar modo, grazie alla grande sollecitazione dei rappresentanti del Partito Democratico, si sono ottenute importanti modifiche per la ricostruzione della prima casa ai residenti ed il riconoscimento del danno lieve, diritti ai quali non hanno fatto seguito gli stanziamenti di ulteriori risorse, che sono rimaste le stesse e troppo, forse, diluite nel tempo: è vero infatti che magari non si riusciranno a spendere in uno o due anni, ma permettetemi di dire che fino al 2032 è un po' troppo in là!
E purtroppo c'è ancora un decreto-legge che consideriamo - non abbiamo difficoltà a dichiararlo - ancora insufficiente. La maggioranza al Senato ha respinto, ad esempio, le proposte di allargamento del cratere, cioè di ampliamento della perimetrazione per i comuni che beneficeranno di indennizzi.
Non si trattava - come qualcuno grossolanamente ha definito - di distribuire finanziamenti a pioggia, ma di essere consapevolmente responsabili, di tutelare coloro che, abitando in zone contigue, hanno subito danni significativi e importanti, diretti ed indiretti, in conseguenza del sisma. In Senato avevamo chiesto il finanziamento dei primi interventi di riparazione e costruzione di aziende, uffici privati e pubblici, per far ripartire l'economia ed i servizi; la ricostruzione dei centri storici, dei palazzi storici; le risorse per colmare le voragini finanziarie degli enti locali, delle aziende pubbliche; le risorse per l'università e per la scuola, le quali non sanno come riavviare le loro attività. Lo ha detto anche il collega Lolli: che cosa c'era di straordinario nel chiedere attenzione per i vigili del fuoco e per coloro che lavorano nella Protezione civile? Si tratta di corpi troppo spesso lodati, a cui troppo spesso viene negato qualunque riconoscimento.
Nessuna di queste richieste è stata accolta. Volevamo che i titolari dei poteri locali, scelti dai cittadini, fossero attori protagonisti della ricostruzione, i costruttori del futuro delle loro comunità. Anche su questo vi sono stati impegni generici, comunicati (di questo parleremo anche dopo). Pensavamo, per una cordialità di rapporti, di riproporre ottimisticamente queste buone ragioni, per migliorare il decreto nelle Commissioni dove si sperava di trovare un migliore ascolto e convinzione, ma ci siamo accorti che queste ragioni non erano sufficienti. In Commissione sono stati bocciati tutti gli emendamenti, anche quelli che con grande responsabilità avevamo selezionato fra centinaia presentati come i più meritevoli, e rispetto ai quali, nel dialogo continuo che abbiamo avuto in questi giorni, ci sem Pag. 41brava di aver visto anche da parte vostra questa convinzione. Li abbiamo ridotti di numero. Avete bocciato anche quelli rimasti. Non avete approvato neanche quegli emendamenti che non erano altro che il frutto di impegni presi pubblicamente in conferenze stampa dal Presidente del Consiglio di fronte alla popolazione di quei luoghi, ed è come se egli stesso fosse stato smentito. E non ci convincono - permettetemi di sottolinearlo - tutte queste dichiarazioni continue che assicurano continue modifiche e interventi per mezzo di ordinanze, spesso redatte tra pochi intimi e con la firma di una sola persona.
Vogliamo che vi siano le certezze, che i principi legislativi, i diritti di questa popolazione (di quelle popolazioni) siano riconosciuti - e non crediamo di essere eccessivi - dalle leggi. In questo decreto al contrario vi sono cose che vanno e vengono. Noi confidiamo ottimisticamente nel lavoro di quest'Aula. Speriamo che vi sia tempo e volontà per recuperare un atto che, qualora non fosse modificato, verrebbe mal compreso dai destinatari abruzzesi di questo decreto.
Mi rivolgo al Governo, ricordandogli che nelle sue mani, oltre che nelle mani di quest'Aula, vi è il futuro della nostra terra. Ci sono cinque punti che le popolazioni colpite, gli amministratori e le forze sociali (gli abruzzesi), consideravano e considerano irrinunciabili. Ma che c'è di strano nel chiedere l'indennizzo per una casa, per un'abitazione che non c'è più?
Che cos'è questa dicotomia tra residenti e non? Non voglio ripetere, perché lo ha spiegato benissimo il mio collega Lolli, che indennizzare i proprietari e ricostruire L'Aquila significa ricostruire quella città, dandole senso della socialità, della storia, delle attenzioni. Dobbiamo far sì che nessuno si senta escluso, come è successo anche nel passato, come è successo in occasione del terremoto dell'Umbria e delle Marche. È vero, collega Castellani, che il decreto-legge fu varato con più tempo, ma mi permetta di dire che era molto più completo.

ROBERTO TORTOLI, Relatore. Senza soldi.

TOMMASO GINOBLE. Servono indennizzi e aiuti per le attività produttive, commerciali, professionali, risorse per garantire i servizi essenziali dei comuni colpiti, che non hanno più i tributi. Se non hanno questo, non hanno le energie economiche per poter prestare i servizi, soprattutto a chi vive una condizione già di difficoltà.
Chiediamo maggiori risorse per la zona franca, ma non è una richiesta condivisa in tante discussioni informali. Non è successo questo? E la governance? È troppo chiedere le giuste prerogative per i sindaci, per il presidente di quella provincia, che con la normativa attuale vengono «sentiti»? È gravissimo che ad un presidente e ad un sindaco non vengano riconosciute le capacità di partecipare a momenti decisionali che riguardano la ricostruzione ed il futuro di queste loro cittadine. È assurdo che non siano soggetti titolati a decidere ciò.
Queste sono le richieste dei sindaci, degli amministratori, delle rappresentanze sociali, dei cittadini colpiti dal terremoto, che noi vogliamo fare nostre e vogliamo riproporre in quest'Aula. Non sono richieste al rialzo, come qualcuno scioccamente ha detto: sono le stesse identiche richieste dal giorno successivo all'emanazione del decreto-legge.
Ci auguriamo che il Governo abbia un adeguato senso di responsabilità. Lo dovete alla popolazione abruzzese, per quello che da voi ha ascoltato e per le speranze e le promesse che sono diventate parte di quella cittadinanza.
Non dite che non vi è il tempo per un lavoro meditato, per la ricerca di soluzioni normative e finanziarie. Non rifugiatevi in un provvedimento blindato, nel senso che, siccome è stato approvato dal Senato, allora dobbiamo approvarlo così anche in quest'Aula. La credibilità delle istituzioni è un bene prezioso e la fiducia di chi ancora crede nel nostro lavoro non va mai tradita. Pag. 42Questo è un momento importante: dimostriamo di esserne all'altezza, dimostrate di esserne all'altezza!
Nel suo intervento il presidente Alessandri diceva che qui si decide chi vuole fare e chi vuole scrivere. Vorrei ricordare al presidente Alessandri che il compito di quest'Aula è quello di scrivere le leggi, affinché qualcuno possa lavorare in nome di esse. (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il sisma che ha colpito L'Aquila il 6 aprile scorso, oltre ad aver causato un carico di lutti (300 morti, moltissimi feriti, 65 mila sfollati), ha destato nel mondo una vastissima eco e, come a tutti è noto, una vastissima solidarietà internazionale. Vi sono state inenarrabili pagine di lavoro, anche eroico, svolto dai volontari, dai vigili del fuoco e dalla Protezione civile. Un concorso di popolo, ma anche di energie professionali e di competenze, ammirevole che, peraltro, è rafforzato dalla decisione del Governo italiano di tenere in quella sede il prossimo vertice del G8.
È, quindi, comprensibile che vi debba essere un'attenzione particolare con riferimento alla conversione in legge del decreto-legge in discussione: siamo dinnanzi ad un evento, per molti versi, straordinario. L'Aquila ha un vasto centro storico di impianto medievale e rinascimentale, con importanti preesistenze romaniche. È una città-territorio, articolata in borghi, anch'essi di impronta medievale, che godono di uno straordinario equilibrio tra storia e paesaggio. È la sede del capoluogo di regione e della corte d'appello, ha importanti e prestigiose istituzioni culturali e un'università con ben 27 mila studenti.
Bastano questi pochissimi elementi per renderci conto non solo dell'importanza e della straordinarietà di questa calamità, ma anche dei problemi complessi, anche nuovi, che si hanno quando un centro storico di così vasta dimensione viene colpito.
Noi tutti abbiamo apprezzato e collaborato, per quel che era nelle nostre possibilità, con la Protezione civile e con gli interventi svolti dal Governo in via di emergenza: è una solidarietà che non può mancare e che non vorremmo far mancare mai. Tuttavia, come dicevo, ora siamo ad un passaggio delicato, anche perché credo che gli impegni formalmente assunti dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti degli abruzzesi e degli aquilani non possano continuare ad essere affidati ai comunicati stampa né alle ordinanze.
I colleghi hanno ricordato le diverse questioni sul tappeto. Con il provvedimento in oggetto, ci limitiamo - lo dico a nome del gruppo dell'Unione di Centro - a chiedere alcune modifiche, le stesse richieste da tutti gli amministratori, di qualunque connotazione politica, che governano la regione Abruzzo; le stesse proposte emendative che chiede il presidente della regione Abruzzo, Chiodi (sono quattro o cinque, presentate formalmente in Commissione ambiente e territorio); le stesse che chiede la presidente della provincia de L'Aquila, che chiede il sindaco de L'Aquila e che chiedono tutti gli amministratori. Tali proposte sono state ricordate negli interventi dei colleghi. Vorrei dire che sono piuttosto chiare ed estremamente realistiche e logiche.
Il primo punto riguarda sicuramente l'eliminazione della dizione indennizzi per i «residenti». Il termine «residenti» è assolutamente ambiguo, promiscuo e non adatto allo scopo. Il Presente del Consiglio dei ministri si era impegnato a discutere della ricostruzione del centro storico. Quando si parla di residenti, si trascura il fatto che molte abitazioni di pregio, o meno, sono, per esempio, frutto di eredità, concernono attività di recupero e di restauro svolte da chi non è esattamente residente in quel luogo. Insomma, sappiamo bene che, se L'Aquila e il centro storico devono essere ricostruiti, non si può parlare di «residenti»: si deve parlare di «proprietari», di indennizzi nei confronti dei proprietari.
Si potrà anche discutere - come pure è stato fatto in occasione di altri eventi (mi Pag. 43riferisco a quelli che hanno interessato l'Umbria e le Marche) - se la misura per le cosiddette seconde case debba essere piena o possa rappresentare un adeguato indennizzo, sostenuto da finanziamenti agevolati o altro; non vi è dubbio, però, che la parola «residenti» sia sbagliata, discriminatoria e inaccettabile e che non possa rimanere in questo decreto-legge. Ne sono convinti anche i colleghi della maggioranza, come ci siamo detti nelle sedi formali e in quelle informali.
Allo stesso modo, a fronte di un impegno che riguarda gli altri immobili gravemente lesionati o distrutti, gli immobili produttivi (il capannone industriale, il negozio, lo studio professionale e via discorrendo), su cui vi è un passaggio nell'articolo 3 di questo decreto-legge, che genericamente parla di «indennizzi per», abbiamo visto un'ordinanza del 9 aprile, a firma del Presidenza del Consiglio dei ministri, che non potremo mai accettare nei suoi contenuti. Essa prevede che per questi immobili strumentali o produttivi sarà concesso un indennizzo non superiore, nel massimo, a 80 mila euro e solo se non si goda dell'indennizzo per la distruzione dell'abitazione principale. Quindi, se per caso ad un cittadino aquilano fosse crollata la casa e anche il negozio, lo studio o il capannone industriale, dovrebbe scegliere di essere indennizzato solo per uno dei due.
Ancora, si è parlato di zona franca, tema complesso che riguarda anche l'Europa. Se si vuole indicare una strada che sia volta ad una realistica rinascita del tessuto produttivo, mi chiedo e vi chiedo, onorevoli colleghi, la copertura di 45 milioni di euro solo per il 2009 per un regime di agevolazione fiscale può essere sufficiente ad attrarre un imprenditore su progetti industriali, quindi a segnare un momento di favore nei confronti della rinascita economica di quel territorio? Chi farebbe un investimento sapendo che il regime agevolato è così limitato ed è - per ora - assicurato solo per il 2009?
Potremmo andare ancora avanti, ma non lo facciamo perché, in effetti, è questo il nucleo - ridotto all'osso, come ci è stato chiesto - delle questioni essenziali, così come quella di garantire (possibilmente non con delle prebende o delle elargizioni) le risorse ai comuni colpiti dal terremoto che non possono più incassare i tributi e le imposte - che sono sospesi ex lege -, perché possano disporre delle risorse per il funzionamento ordinario dei servizi, da quelli ambientali in poi. Credo che, in nome di un'ordinaria solidarietà istituzionale, di un senso delle cose e persino di quel tanto sbandierato federalismo, questo dovrebbe essere un punto certo e garantito nel provvedimento. Chiediamo, dunque, i diritti essenziali su cui si è impegnato formalmente e solennemente il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Per il vero (mi intratterrò brevemente), se il Parlamento fosse dedicato - almeno in questi grandi eventi su cui non vi è conflittualità politica, né potrebbe esservi - alla ricerca delle migliori soluzioni - magari anche di quelle a costo zero, però più intelligenti, raffinate ed utili -, nelle nostre proposte emendative, quelle presentate dal gruppo dell'Unione di Centro (ma ho visto anche in altre), chiederemmo anche delle misure di perfezionamento, su cui dirò solo qualche parola, che non costano, ma che farebbero fare un salto in avanti alle politiche e alla governance della ricostruzione.
Ho il dovere di soffermarmi su questi pochi punti essenziali perché su di essi, purtroppo, nel momento in cui parliamo in quest'Aula, si sta manifestando un'agitazione, una disperata protesta dei cittadini aquilani e abruzzesi che non avremmo voluto vedere, ma che comprendiamo per le ragioni che la motivano. È una protesta che merita delle risposte, anche con la consapevolezza propria degli uomini, delle donne e delle istituzioni che, in questi casi, l'escalation delle proteste sarebbe bene fosse contenuta e anche arrestata.
Il punto fondamentale è che dalla maggioranza, a partire dall'esame degli emendamenti svoltosi presso la VIII Commissione (Ambiente) pochi giorni or sono, nel quale tutti gli emendamenti sono stati respinti, ci viene detto: «Abbiate fiducia, Pag. 44abbiate fiducia nelle ordinanze, abbiate fiducia nella fiducia». È quello che dicevano i liberisti sfrenati e i banchieri che ci hanno portato alla crisi economica e finanziaria cui abbiamo assistito.
Il punto che deve essere molto chiaro è che con la legge 27 dicembre 2002, n. 286, è stato riconosciuto un potere di ordinanza speciale al Commissario delegato per i grandi eventi di calamità e dunque per le emergenze, ma questo potere straordinario - che potremmo anche ascrivere alla categoria non tanto delle ordinanze di contingibilità e urgenza quanto ad atto a contenuto normativo - vale come anticipazione dinanzi all'emergenza calamitosa e straordinaria del provvedimento di legge. Si tratta, cioè, nel momento in cui i fatti si verificano, di un'anticipazione del provvedimento a contenuto normativo stabilito dalla Costituzione, in questo caso il decreto-legge.
Non si può tuttavia immaginare - come pure è venuto a dirci il Commissario Bertolaso, in questo caso sbagliando - che con le ordinanze si possano modificare i contenuti della legge. Si discute in dottrina e ci sono anche alcune sentenze che riguardano più che altro il rapporto Stato-regioni, riguardo la sindacabilità dinanzi alla giurisdizione del giudice amministrativo, di questi atti. Certamente il potere di ordinanza può interpretare con una certa larghezza e discrezionalità i contenuti della legge, ma non può modificare la legge, né stabilire esattamente, soprattutto sulle coperture finanziarie, perché nella legge non è previsto.
Allora, vi rivolgo un invito e un appello davvero accorato, non solo perché ho in quella città le mie radici e una parte importante della storia della mia vita ma perché, da cittadino qualunque, prima ancora che da parlamentare, devo chiedervi: perché volete costringere un popolo dignitoso, come da tutti è stato riconosciuto, a trasformarsi in un esercito di mendicanti dietro e lungo la strada che conduce all'ormai famoso nel mondo Dicomat, che ha sede presso la caserma della Guardia di Finanza?
Perché non volete riconoscere nella legge, secondo gli auspici e gli impegni presi dallo stesso Governo, alcuni diritti essenziali, che saranno naturalmente attuati nel tempo attraverso le ordinanze, la programmazione, gli atti amministrativi e le successive leggi finanziarie? Perché non volete dare questa sicurezza e questa dignità di diritti a elementi essenziali per la ricostruzione, elementi fondamentali per la ripresa di un minimo di tessuto produttivo, elementi essenziali per il funzionamento degli enti locali?
Dire: abbiate fiducia nel comunicato stampa di turno è un insulto, innanzitutto al Parlamento nel quale oggi noi sediamo, e direi ai cittadini, tanto più a quelli sofferenti come gli abruzzesi. È un insulto perché il comunicato stampa che poco fa è stato emanato da palazzo Chigi si basa esattamente su un'operazione pubblicitaria, di marketing: abbiate fiducia che il Presidente del Consiglio vi ribadisce che anche le case ubicate nel centro storico dell'Aquila saranno ricostruite a spese dello Stato. Tuttavia la nota poi, ambiguamente, continua dicendo: è noto che il centro storico dell'Aquila è ricco di edifici di riconosciuto valore storico e artistico e così senz'altro saranno ricostruiti, ma saranno ricostruiti anche quelli che, a giudizio dei sindaci o della sovrintendenza, avranno un rilievo ambientale e paesaggistico. Ed è noto a tutti, si afferma ad un certo punto sibillinamente, ed universalmente riconosciuto che in questa categoria rientra la maggior parte degli edifici ubicati nei centri storici.
Quindi, in sostanza, dalla lettura di questo testo, che è pur sempre un comunicato stampa e devo dargli il peso che ha un comunicato stampa, devo arguire che non tutti gli immobili, secondo questo stesso comunicato, saranno ricostruiti nel centro storico, ma solo quelli che avranno particolare pregio storico e artistico. Questo è il testo che abbiamo potuto leggere solo un'ora fa. Ancora, si afferma che, in analogia a quanto avvenuto in occasione di altri sismi come quello in Umbria o nelle Pag. 45Marche, si terrà conto della situazione economica dei proprietari di questi immobili.
Nella situazione economica dei proprietari di questi immobili, tuttavia, vi è anche l'immobile stesso che ha un valore, mentre invece forse si sarebbe dovuto dire «nella situazione reddituale», se si voleva fare riferimento a un dato stabile. Mi riferisco, in particolare, proprio a quanto scritto nell'articolo 14, comma 5-bis, che anche a proposito di questa specifica questione fa riferimento esattamente alla situazione economica dei titolari di diritti reali o proprietari di beni storico-artistici. Dunque, a distanza di ormai due mesi e più dal sisma, dobbiamo ancora inseguire la lettura e l'interpretazione, più o meno esatta di comunicati stampa sui diritti fondamentali dei cittadini interessati dal terremoto.
Se fossero malauguratamente confermati l'atteggiamento e la condotta che abbiamo constatato nella Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, vale a dire respingere tutti gli emendamenti, anche quelli selezionati e ridotti a quelli essenziali, se fosse questo il giudizio di questa nostra Aula della Camera, dovremmo continuare a ritenere che nel provvedimento non sono ancora riconosciuti i diritti essenziali per chi lavora nel territorio aquilano, per chi ha immobili produttivi, per chi ha non solo la casa di residenza, ma anche altre case di proprietà. Dovremmo ritenere che non sono ancora riconosciuti i diritti essenziali di chi vorrà sapere se a settembre è il caso di riportare i figli a scuola in quel territorio e se è il caso di tornare e a fare cosa, se uno è un commerciante o un libero professionista. Insomma, nella legge continuerebbe a mancare la garanzia dei diritti essenziali e direi persino logici, su cui lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri si è impegnato.
In questi emendamenti abbiamo anche chiesto che L'Aquila del futuro non diventi una città per moduli durevoli. Abbiamo provato a presentare emendamenti che lasciano intravedere la possibilità di favorire l'intervento del mercato più intelligente, evoluto e sofisticato, per esempio dei fondi istituzionali e delle SGR, con cui si possono fare operazioni di offerta di edilizia residenziale di qualità, magari anche griffata da grandi architetti, con opere pubbliche e servizi a totale carico dei privati e non dei cittadini, e possibilmente (lo abbiamo chiamato «piano di recupero dell'emergenza» o «piano di recupero del provvisorio») poste accanto alla città dei moduli durevoli, in modo da reintegrare il tessuto urbano.
Infatti, dovremmo pensare anche a questo nel provvedimento in esame: sicuramente a dare un tetto a chi oggi vive in una tenda e a chi oggi non ce l'ha, ma anche a dare una dignità urbanistica e una possibilità di scelta all'Aquila del futuro. Abbiamo provato a immaginare misure utili per il turismo, che è stato colpito così gravemente e che perde tutta la stagione 2009, e a migliorare la norma sulle donazioni e la deducibilità delle donazioni fatte per la ricostruzione dell'Abruzzo, e a proporre la dedica di un 5 per mille.
Inoltre, abbiamo formulato una proposta, che può essere modulata secondo la riflessione comune del Parlamento nel modo migliore, su un contributo straordinario di solidarietà che guardi anche alle difficoltà (che comprendiamo) sulle coperture che risultano precarie già nel testo uscito dal Senato, come ampiamente rilevato con puntualità dagli stessi dossier del servizio studi della Camera. Un contributo di solidarietà non è una parolaccia, non è un volgare mettere le mani in tasca agli italiani - cosa che peraltro si continua a fare per le più disparate ragioni e ad onta anche di certe promesse elettorali che largamente abbiamo ascoltato - ed interessa soprattutto i ceti medio-alti, naturalmente una tantum. La definirei una misura etica, perché la solidarietà forse è giusto che si esprima quando è il caso che si debba esprimere, ossia davanti a tragedie nazionali di una simile portata. Potrebbe essere anche questo uno strumento per far quadrare meglio i conti, garantire alcune coperture oggi traballanti e fornire alcune certezze per l'immediato futuro. Pag. 46
Dunque, vi sarebbero molti altri capitoli su cui serenamente, con costi zero o con alcuni impegni di natura diversa, si potrebbe e si dovrebbe discutere in occasione di questo disegno di legge di conversione. Quello che temiamo davvero è la sordità e la chiusura, che sarebbero del tutto immotivate dinanzi ad una vicenda di questo genere.
Con altri amici e cittadini abruzzesi abbiamo scelto una singolare e per me inconsueta forma di dialogo della speranza, facendo anche un digiuno che si protrae da giorni, ma non è questo l'importante, quanto piuttosto che francamente ci sia un momento di responsabilità e si sappia che dinanzi ai tanti problemi che nei campi e nelle tende vi sono occorre forse perlomeno, se tutto non è possibile risolvere, assumere nella legge e con la fiducia nella legge alcuni impegni che non siano solo affidati ai comunicati stampa e agli spot televisivi.
Ci sono alcune magliette circolanti tra i tanti comitati dell'Aquila, con slogan di diverso tipo, come «L'Aquila nel cuore», e via dicendo. Una maglietta è particolarmente efficace, perché dice: «Lasciamo il pessimismo per i tempi migliori». Vogliamo essere realisti e concreti, vogliamo credere nella legge e non ci arrenderemo tanto facilmente in questo passaggio parlamentare, se vorrete negare alla legge e alla dignità dei cittadini il ruolo che invece ad essi spetta (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, sono il primo deputato della Sardegna che prende la parola in questo dibattito, forse uno dei pochi non abruzzesi. Mi permetta allora di iniziare questo mio breve intervento un po' irritualmente, citando una persona che ho la fortuna di vantare tra i miei amici, uno dei tanti italiani che si sono spesi senza alcun calcolo e senza alcun profitto nelle ore drammatiche del terremoto dell'Abruzzo. Sto parlando del signor Antonello Pilo di Sassari, classe 1934, volontario della Croce Rossa, militante del Partito Democratico sassarese, circolo «Partecipazione e democrazia», in una delle zone più popolari di Sassari. Il 16 aprile Antonello Pilo, praticamente da solo, ha organizzato una prima spedizione di 4 autoarticolati, 120 tonnellate di viveri di prima qualità offerti dalla generosità dei commercianti sassaresi. Tali viveri sono stati da lui personalmente consegnati alla Croce Rossa dell'Aquila. Il 6 giugno, grazie all'aiuto generoso di enti locali, fondazioni bancarie e associazioni della provincia di Sassari, ha potuto consegnare tre gruppi elettrogeni della potenza complessiva di quasi 300 chilowatt per erogare l'energia elettrica nei campi più periferici intorno all'Aquila, che ne erano privi ed erano al buio.
È certamente solo uno dei tantissimi esempi che si potrebbero citare su scala nazionale, perché vede, signor Presidente, l'Italia sarà un Paese pieno di difetti, come talvolta diciamo, ma non difetta certo di senso di solidarietà nazionale. Cito questo esempio semplicemente per poter dire in modo netto e senza alcuna ambiguità che i cittadini sardi, in particolare il Partito Democratico della Sardegna, sentono come propria la tragedia dell'Abruzzo e sono senza riserva alcuna al fianco di quelle disgraziate popolazioni. Lo dico, lo ripeto, perché non voglio che sorgano equivoci: se i colleghi dell'Abruzzo me lo consentono, voglio dichiarare qui che noi deputati sardi del Partito Democratico ci sentiamo abruzzesi, in questa occasione.
Debbo però subito aggiungere - forse introduco in questo dibattito un motivo di polemica e me ne dolgo, ma è necessario che lo faccia - come deputato del Partito Democratico e come cittadino sardo che non smetterò mai di denunciare il vero e proprio scippo delle opere e dello svolgimento del G8 subìto per volontà del Governo Berlusconi. Signor Presidente, si tratta di uno scippo lungamente annunciato ben prima del terremoto, che solo occasionalmente e strumentalmente ha trovato motivo nella tragica emergenza del terremoto. Pag. 47
Mi permetta di riassumere rapidamente qualche fatto. Dopo una campagna elettorale regionale alla quale il Presidente del Consiglio ha voluto partecipare in prima persona, sostituendosi in pratica al candidato del centrodestra, inondando della sua figura e delle sue parole ogni più remoto angolo della nostra regione, tutti gli impegni solennemente assunti davanti agli elettori sardi sono stati in breve periodo sistematicamente traditi. È accaduto con la chimica di Porto Torres e di Assemini, per la quale si era improvvisato - con grande clamore mediatico - un tavolo per accordi governativi a quattro giorni dal voto e che è semplicemente lasciato a se stesso e cola a picco.
È accaduto con l'Eurallumina, per cui si era promesso chissà quale intervento dell'amico Putin, che avrebbe dovuto condizionare la proprietà russa di quell'impresa, che è stata semplicemente cancellata. È accaduto con le bonifiche industriali. È accaduto con la strada Sassari-Olbia: un'arteria cruciale per il nord della Sardegna, sulla quale muoiono ogni anno decine di persone, che richiede urgentissimi interventi, che erano legati al G8.
È accaduto, infine, per l'intero G8, spostato in blocco in una notte, con una dichiarazione, dalla Maddalena all'Aquila, dopo che per oltre due anni si era lavorato alacremente alla preparazione dell'evento, mobilitando su di esso risorse ingenti derivanti dai fondi FAS spettanti alla regione sarda e specifiche risorse autonome della regione stessa.
Ho detto «scippo lungamente annunciato» perché il Presidente del Consiglio, con quel suo metodo tipico che consiste nel prendere le decisioni non nelle sedi formali ad esso deputate, ma nelle interviste estemporanee alla televisione o con delle dichiarazioni ai giornali, aveva già lasciato aleggiare più di una volta lo smantellamento del G8 alla Maddalena, come, ad esempio, quando ne aveva proposto lo spostamento a Napoli, un'altra piazza sulla quale cercava a quell'epoca consensi facili a spese altrui. Della Maddalena e della Sardegna, lo capiamo benissimo, non gli interessava più nulla, dopo aver fatto il pieno dei voti sardi alle elezioni regionali ed essersi liberato dello scomodo presidente Renato Soru, colpevole di aver promosso un progetto di riscatto e di autonomia dell'isola dalle speculazioni dell'affarismo nazionale e internazionale.
Si è colta al volo l'occasione del terremoto, per fare cosa? Ci dicono per spostare il G8 all'Aquila, per ovviare così almeno in parte al dolore e alla tragedia, al disagio profondo di quelle zone. Ma chi è stato in quella disgraziata città, come il mio amico Antonello Pilo che ho appena citato, chi ha potuto vivere come lui diversi giorni nei campi e conoscere dal di dentro, parlando con i responsabili e lavorando con loro, i problemi reali di quelle popolazioni, ci dice e mi dice che in mezzo a quelle macerie, in mezzo a quelle tende, davanti a quei tanto drammatici problemi di sopravvivenza, un vertice internazionale complesso e ingombrante come il G8 non lo si potrà mai celebrare, o perlomeno forse si potrà mettere in scena una parata, una cerimonia di facciata, ma si sposterà naturalmente altrove l'effettivo svolgimento dei lavori.
Non è dunque per favorire le popolazioni terremotate, come ci hanno detto, che il G8 è stato scippato alla Sardegna, piuttosto per realizzare un facile spot pubblicitario, per rispondere, come sempre, sul piano dell'immagine ai problemi più drammatici della realtà. È fiction, signor Presidente, pura fiction nella maniera alla quale ci ha abituato da tempo questo Governo. Gli effetti però sulla Sardegna non sono stati fiction, sono stati e sono durissimi.
L'assegnazione del G8 alla Maddalena, quando fu ideato dal Governo Prodi e dalla giunta regionale presieduta da Renato Soru, voleva essere una chance di straordinaria portata offerta a quell'isola dopo la dismissione della base americana, per compensarla dei lunghi decenni di servitù militare e anche dei rischi di inquinamento atomico corsi da quella popolazione, per riconvertirla ad una turismo d'élite, di richiamo internazionale. Pag. 48
Le opere previste per il vertice, di grande rilevanza e spesso anche di notevole pregio urbanistico, avrebbero dovuto costituire la dote che il G8 avrebbe lasciato a quella popolazione. L'intero indotto del nord Sardegna, un'area fortemente depressa per le conseguenze della crisi industriale e per gli acuti problemi che si legano alla difettosa continuità territoriale con il resto d'Italia e d'Europa, se ne sarebbe avvantaggiato. E la Sassari-Olbia, che prima ho citato, non era che uno dei punti chiave di questa strategia di rilancio. Si legavano al G8 anche la realizzazione della strada Olbia-Arzachena, della Olbia-S.Teodoro, il riassetto funzionale del collettore fognario costiero, gli interventi sulla portualità turistica, la sistemazione urbana di ampie zone di lungomare alla Maddalena, il potenziamento dell'adduzione di acqua grezza in quell'isola, l'allungamento della pista dell'aeroporto Costa Smeralda, lo spostamento in zona più idonea della stazione ferroviaria di Olbia che oggi ostacola lo sviluppo di quella città, la realizzazione del molo di Levante a Porto Torres e molte altre opere minori. La Sardegna, impegnando in questo piccolo piano di rinascita i fondi FAS ad essa assegnati, puntava ad una stagione operosa di lavori cui avrebbe corrisposto un importante riassetto e una significativa riqualificazione, finalmente, di intere aree marginali a lungo trascurate.
Una vasta platea di interessi locali guardava con speranza alle realizzazioni legate al G8, e non parlo tanto dei grandi appaltatori - in genere le imprese non sarde, compensate oggi di fatto nella ricostruzione abruzzese, troveranno in qualche misura la maniera di soddisfare i loro maggiori problemi - ma parlo dei subappaltatori, nelle cui file si contava e si conta la parte migliore e più operosa dell'imprenditoria edile e dell'industria locale del nord Sardegna.
Voglio farmi qui portatore, signor Presidente, della protesta e delle serissime preoccupazioni unanimi di tutte le organizzazioni economiche del nostro territorio, senza distinzioni tra sindacati dei lavoratori, rappresentanze industriali, camere di commercio, organizzazioni dell'artigianato e dell'industria turistica alberghiera.
I principali alberghi della zona, bloccati in una parte importante della stagione dalle prenotazioni legate al G8, sono oggi in serissima difficoltà per dover riprogrammare a ridosso dell'estate tutta la loro attività; decine di imprese che avevano fatto conto sul lavoro del G8 sono oggi nella situazione di dover rinunciare alle proprie legittime previsioni di guadagno e licenziano i loro dipendenti, se ne avvertono già gli effetti. Un'intera regione, già funestata dalla disoccupazione, viene ricacciata indietro, perde d'un colpo tutte le proprie speranze.
Si completeranno le opere iniziate? Non si sa; nel testo di questo decreto-legge, nel corso della discussione al Senato, è stata introdotta un'assicurazione generica, ma penso che ci sia perfino il rischio - una beffa nella beffa - che il paesaggio bellissimo de La Maddalena sia deturpato ora dalle opere incompiute, dai ruderi del G8 che non fu mai.
Si potranno spendere le nostre risorse FAS per lo sviluppo di quelle zone? Non si sa neanche questo, regna sulla materia una fitta cortina di silenzio, questi Fondi appaiono e scompaiono ad intermittenza. Neppure le nostre tempestive interrogazioni al Governo, ne presentammo una noi deputati sardi, ancora nel novembre scorso, molto prima che avvenisse lo scippo, che ci fosse il terremoto perché già avvertivamo le avvisaglie di questo disimpegno del Governo dalla Sardegna, ebbene, neppure le nostre interrogazioni sono riuscite a penetrare questo interrogativo. Ci sono state date risposte evasive che varrebbe la pena di rileggere letteralmente, anche per criticare come il Governo rispose allora, sostanzialmente non dando risposta su decisioni che, invece, erano evidentemente in cantiere e che poi sono maturate qualche mese dopo.
Signor Presidente, del resto, la politica di questo Governo richiama alla mente la vecchia storiella dei carri armati di Mussolini: gli stessi soldi, così come i carri armati allora, li si sposta da una parte Pag. 49all'altra, preferibilmente dove sono previste elezioni, dove si possono abbindolare i cittadini con mirabolanti promesse che poi puntualmente vengono lasciate cadere e non vengono mantenute.
Signor Presidente, noi abbiamo presentato, come deputati sardi, ma sono firmati da tutti i deputati del Partito Democratico, un complesso di emendamenti - pochi emendamenti perché condividiamo l'esigenza di non oberare questa traduzione in legge del decreto-legge in esame con una marea di proposte emendative e perché nessuno di noi pensa di poter fare su una materia così delicata e così dolorosa dell'ostruzionismo parlamentare - all'articolo 17, che è quello fondamentale, che mirano sostanzialmente a fissare impegni precisi su carta perché non ci fidiamo più delle parole, delle dichiarazioni ai giornali, ne abbiamo sentite troppe di queste dichiarazioni rassicuranti nei confronti della Sardegna. Noi vogliamo che gli impegni nei confronti della Sardegna vengano fissati in questo testo di legge, a cominciare dalla promessa, ripetuta anche in queste ore dal Presidente del Consiglio, che a La Maddalena si terrà perlomeno il G8 dell'ambiente.
Vorremmo vedere scritto nella legge questo impegno, che le opere iniziate - almeno quelle - siano concluse, dando lavoro alle imprese sarde che vi avevano fatto affidamento e consentendo che i lavoratori non vengano licenziati e che i soldi che spettano alla Sardegna siano spesi per la Sardegna e non prendano delle strade imperscrutabili nelle quali si perde qualunque traccia degli impegni precedenti.
Signor Presidente, signor sottosegretario, questo lo chiediamo non come un'elemosina perché i sardi, come è noto, non sono usi chiedere l'elemosina ad alcuno; lo chiediamo perché è un nostro diritto, perché pacta sunt servanda e perché non è lecito a nessuno, neppure a chi crede di essere il padrone d'Italia, giocare il gioco delle tre carte, come fanno gli imbroglioni di strada. La Sardegna non è quella che appare in questi giorni nelle famigerate foto di Villa Certosa, delle quali come sardi ci vergogniamo; è una terra di gente seria che lavora e vuole lavorare, che crede - forse troppo ingenuamente - nella parola data e che esige dal Governo nazionale la stessa attenzione e lo stesso rispetto che si riserva alle altre regioni, esige semplicemente, così come si fa per l'Abruzzo, giustamente, anche per la Sardegna quello che a tale regione spetta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, il mio intervento può essere considerato quasi la continuazione dell'intervento del collega Melis, perché interverrò sul punto specifico del provvedimento che stiamo esaminando, cioè quello dell'articolo 17, che tratta dello spostamento del G8 da La Maddalena a L'Aquila.
Tuttavia, vorrei che il mio intervento fosse considerato anche come la continuazione degli interventi dei colleghi Lolli e Ginoble, nonché delle premesse svolte dalla collega Castellani laddove esprimeva il proprio cordoglio per quanto successo in Abruzzo (anche se ciò è meno presente nella parte finale). Dico ciò, signor Presidente, perché per noi deputati della Sardegna, come per tutti gli altri deputati che siedono in questo Parlamento, la tragedia dell'Abruzzo è la tragedia di tutti: dei sardi, di tutte le regioni e di tutta la nazione.
Proprio perché partiamo da questo assunto, il nostro atteggiamento verso il provvedimento è quello di chi - come hanno detto gli onorevoli Lolli e Ginoble - vuole fare di più per l'Abruzzo, di chi vuole aiutare di più i nostri concittadini che hanno tanto sofferto, di chi vorrebbe che questo fosse un provvedimento che potesse dare il massimo ai cittadini abruzzesi che hanno passato e che passano queste sofferenze. E ciò anche a quelle comunità, a L'Aquila e a tutti i paesi dell'Abruzzo che hanno avuto il terremoto in casa. Quindi, il nostro atteggiamento è quello di chi vuole votare a favore del Pag. 50provvedimento in esame e che ha, dunque, il massimo atteggiamento costruttivo. Noi deputati sardi abbiamo lavorato insieme al nostro rappresentante di gruppo in Commissione ambiente proprio per dare priorità massima agli emendamenti che riguardavano l'Abruzzo, sui quali abbiamo chiesto un'apertura e una disponibilità del Governo alla modifica.
Naturalmente, continuo a pensare, signor Presidente - e lo dico anche al signor sottosegretario che sta ascoltando il dibattito - che lo spostamento del G8 dalla Sardegna all'Abruzzo sia stata una scelta che abbia tolto molto alla Sardegna e dato poco all'Abruzzo. La ricostruzione dell'Abruzzo non è legata allo svolgimento del G8; quest'ultimo non è una priorità per l'Abruzzo, come anche è stato testimoniato dal ruolo marginale che ha avuto la discussione su questo punto nel dibattito sia in Commissione, sia questo pomeriggio in sede di discussione sulle linee generali. Non è una priorità per l'Abruzzo, ma probabilmente è una priorità per l'immagine del Governo.
Ad ogni modo, questa è stata la scelta compiuta dal Governo - condivisa o meno - e indietro ci rendiamo conto che non si può sicuramente tornare. Quindi, questo è lo spirito delle nostre proposte emendative al provvedimento in questione. Proviamo a ridurre il danno, proviamo a far sì che questo provvedimento non sia un danno per la Sardegna e non sia una cosa inutile per l'Abruzzo. Per quanto ci riguarda, signor Presidente, vogliamo semplicemente garantire che le opere programmate e le relative risorse destinate a queste opere, già nella disponibilità della regione Sardegna, siano in qualche modo salvaguardate. Quindi, vogliamo essere protetti da quella clausola di salvaguardia a cui faceva riferimento anche il relatore al provvedimento. Si tratta di una clausola di salvaguardia che, però, mi consentano il signor sottosegretario e il relatore del provvedimento, per come è messa nel testo licenziato dal Senato non salvaguardia quasi niente.
Mi si consenta di citare alla lettera il testo dell'articolo 17, secondo cui: «Le medesime ordinanze continuano ad applicarsi per assicurare il completamento delle opere in corso di realizzazione e programmate nella regione Sardegna» - va bene - «nonché di quelle ivi da programmare». Ciò va benissimo perché si parla delle opere che fanno riferimento all'isola della Maddalena e alle opere da programmare nel nord della Sardegna. Poi l'articolo aggiunge: «Nei limiti delle risorse rese disponibili dalla regione Sardegna e dagli enti locali per la diversa localizzazione del vertice del G8». Traduco: le ordinanze si possono continuare ad applicare, però la Sardegna e i suoi enti locali per fare queste opere dovranno trovarsi i soldi.
A noi tutto questo non va bene, perché parliamo di opere importanti, del porto, de La Maddalena, del centro congressi, di strutture fognarie, di riqualificazione urbana, di alberghi, di lavori funzionali al futuro per l'utilizzo di una grande struttura, che è l'arsenale di proprietà prima della marina militare e adesso della regione Sardegna, l'ex arsenale de La Maddalena. Parliamo di opere importanti nel nord della Sardegna, della Olbia-Sassari, dello spostamento della stazione di Olbia, dell'allungamento della pista dell'aeroporto di Olbia, dello svincolo sulla strada statale 125 del Rio Padrongianus, della costruzione del molo di levante di Porto Torres. Parliamo di opere che erano state valutate e finanziate dal precedente Governo, dal Governo Prodi e dalla giunta Soru, facendo ricorso ai fondi FAS per 834 milioni di euro. Quindi, si trattava di risorse della Sardegna nella programmazione 2006-2013, stanziate dal vecchio Governo e confermate dal Governo Berlusconi, nell'ordinanza dell'agosto dell'anno scorso. Poi è successo che con un provvedimento omnibus, fatto anche per regolamentare lo svolgimento del G8, il decreto-legge n. 162 dell'ottobre 2008, sono stati previsti finanziamenti soltanto per le opere da svolgere nell'arcipelago de La Maddalena. Il Governo aveva messo a disposizione 233 milioni di euro, mentre il resto delle risorse era sparito. Il sottosegretario Bertolaso, rispondendo ad una Pag. 51nostra interpellanza urgente, ci disse di stare tranquilli, che i soldi per le opere del nord Sardegna non sarebbero arrivati via decreto-legge n. 162 del 2008, ma via CIPE. Il CIPE naturalmente non ha mai dato quei soldi. A questo punto, dove sono questi soldi? In Sardegna non arriveranno. Sono stati sequestrati dal Governo e destinati da qualche parte? Andranno in Abruzzo? Il Governo ha smentito tutto questo, però i soldi per queste opere già programmate non ci sono e non sono disponibili. Il passaggio del provvedimento al Senato lascia aperto questo margine di ambiguità sul punto. Allora, su questo e su altri punti noi abbiamo avanzato delle proposte, che testé venivano ricordate anche dal collega Melis per migliorare il testo. Infatti, noi pensiamo che l'operazione di rilancio de La Maddalena, che doveva passare da un'economia militare ad un'economia di tipo turistico, era legata all'immagine de La Maddalena nel mondo e il mancato svolgimento del G8 fa cadere questo progetto.
La Davos del Mediterraneo si può costruire se diventa sede di avvenimenti internazionali. Il Presidente del Consiglio Berlusconi, subito dopo lo spostamento del G8, ha detto che non si sarebbe fatto più il G8, ma il G8 sull'ambiente. Poi, recentemente, in un incontro con Confindustria, ha detto che a La Maddalena si faranno otto grandi eventi internazionali. Benissimo, noi siamo d'accordo e proponiamo di scriverlo in norma. Così come chiediamo certezza delle risorse statali, anche se l'uso della parola «statali» è un po' fuori luogo e improprio, perché quelle risorse erano già nella disponibilità della regione Sardegna per le opere de La Maddalena e del nord Sardegna, l'assicurazione delle velocità delle procedure e la tutela delle imprese, in particolare delle imprese subappaltatrici, che hanno lavorato all'evento.
Per quanto riguarda le risorse, al momento, come dicevo prima, queste non ci sono e non vengono destinate all'Abruzzo. Dunque, noi diciamo che si faccia riferimento alla stessa copertura prevista per il decreto-legge sull'Abruzzo. Noi abbiamo presentato un emendamento per assicurare che le opere previste a La Maddalena e nel nord Sardegna si possano fare. Attingendo da dove? Dal Fondo strategico nazionale, quello che avete creato voi maggioranza e voi Governo con il decreto-legge n. 185 del 2008, dello scorso ottobre, per il quale avete risposto alle osservazioni che abbiamo fatto noi dell'opposizione sul finanziamento proprio del decreto-legge per la ricostruzione dell'Abruzzo. Avete detto di stare tranquilli, che c'erano 9 miliardi, di cui 7 miliardi non impegnati. Quindi, il decreto-legge per la ricostruzione dell'Abruzzo, che verrà a costare dai 2 ai 4 miliardi, può essere rifinanziato. Benissimo, allora noi chiediamo che quei soldi, che probabilmente il Governo ha avocato a sé con il decreto-legge n. 185 del 2008, vengano rimessi nella disponibilità della regione Sardegna.
Sentivo i colleghi che sono intervenuti nel dibattito, a partire dal collega Lolli, il collega Ginoble, anche adesso il collega Mantini, sulla dichiarazione del Presidente del Consiglio che oggi dice: tranquilli, tutte le case del centro storico verranno ricostruite. In Sardegna noi ci confrontiamo con dichiarazioni più modeste; è infatti intervenuto in questi giorni sulla stampa sarda il sottosegretario Miccichè, che ha detto: tranquilli, la Olbia-Sassari si farà. Vorrei che passasse un principio all'interno dell'Aula: che le opere di costruzione, o anche di ricostruzione, non si possono fare con i comunicati stampa; bisogna farle con gli atti ufficiali, con le norme di legge, con i provvedimenti amministrativi, con atti che abbiano forza ed efficacia giuridica. E quindi noi chiediamo che sia per quanto riguarda la ricostruzione delle case nel centro storico de L'Aquila, sia per quanto riguarda la Olbia-Sassari e le altre opere collaterali previste per il nord Sardegna vi sia un'indicazione precisa nella legge, e i nostri emendamenti vanno in questa direzione.
Per le opere della Maddalena, si dice che ormai esse sono vicine al loro completamento; forse non c'entra niente, però mi permetta, signor Presidente, di intervenire su questo punto, perché ieri il Pag. 52Presidente Berlusconi, partecipando ad un incontro di Confindustria, rivolgendosi alla dottoressa Marcegaglia, che ha partecipato ad un bando per l'aggiudicazione di un centro congressi e di un albergo, importante opera di attrazione turistica sempre legata allo svolgimento del G8, ha detto: tranquilla, dottoressa Marcegaglia, io da Presidente del Consiglio mi appresto a consegnarle le chiavi di essa. Vorrei però ricordare che non è del Presidente del Consiglio ma della regione Sardegna, l'ex arsenale militare della Maddalena è della regione Sardegna, e non è nella disponibilità e nella proprietà della Presidenza del Consiglio. L'articolo 14 dello Statuto sardo - che, vorrei ricordare, è legge costituzionale - stabilisce la piena disponibilità della regione Sardegna per quella struttura.
Infine, l'ultima cosa che noi abbiamo sollevato con i nostri emendamenti riguarda la tutela delle imprese. Vi sono delle imprese che hanno lavorato per il G8: sono imprese di appalto e imprese di subappalto. Nella normativa che è stata licenziata dal Senato si dice: non svolgendosi più il G8, è chiaro che vi dovremo pagare di meno. In linea di principio è una cosa che si può accettare; però le condizioni capestro che vengono messe alle imprese sono tali, che noi pensiamo che alla fine le imprese appaltatrici possano essere pagate, ristorate in una misura inferiore a quello che è loro dovuto, e le imprese subappaltatrici, la stragrande maggioranza delle quali solo sarde, non verranno ristorate. Ad oggi, a fronte del 90 per cento dei lavori eseguiti nell'isola de La Maddalena, si è pagato solo il 60 per cento, dai dati in mio possesso, e i subappaltatori non hanno ricevuto un euro, e le imprese appaltatrici da fine marzo non ricevono un euro. Siamo quindi molto preoccupati, e abbiamo proposto anche degli emendamenti in tal senso.
Detto questo, signor Presidente, noi abbiamo sollevato questi punti. Diamo la nostra disponibilità a ragionare con il Governo, a ragionare con la maggioranza, lo abbiamo fatto con spirito costruttivo. Pensiamo che la priorità del provvedimento in esame sia ricostruire l'Abruzzo; pensiamo però che tale ricostruzione non possa recare nocumento, non possa recare danno alla regione Sardegna. Danno senza nessun vantaggio per l'Abruzzo, perché uno potrebbe anche riflettere se vi fosse un vantaggio effettivo per l'Abruzzo; ma di vantaggi effettivi per l'Abruzzo, dalle cose che togliete alla Sardegna, non ce n'è neanche uno! E allora, noi avanziamo queste proposte emendative, con lo stesso spirito con il quale le hanno avanzate, per quanto riguarda più in generale il provvedimento per la ricostruzione dell'Abruzzo, i colleghi Lolli e Ginoble. Noi siamo pronti a votare a favore del provvedimento, se vi è un segnale di disponibilità da parte del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, la ringrazio; ringrazio anche i colleghi che sono ancora in Aula, il relatore, e soprattutto il sottosegretario.
Prenderò sicuramente meno del tempo a mia disposizione, e, nei limiti del possibile, cercherò di interagire con il sottosegretario Menia, al quale va dato atto di aver seguito questo provvedimento, sia al Senato che alla Camera nel corso dei lavori, con la responsabilità e l'attenzione che l'argomento merita, nonché, dalle notizie che ho potuto raccogliere e da ciò che ho potuto verificare, con un'umana difficoltà a rendersi conto della situazione (poiché ovviamente il sottosegretario, sedendo ai banchi del Governo deve tenere conto di molte situazioni).
Ovviamente, signor sottosegretario, mi rivolgo a lei da semplice deputato che non ha alcuna leva da poter utilizzare; e so perfettamente che ho a che fare con un membro del Governo che, ancorché autorevole, ha responsabilità limitate, lo dico tra virgolette, poiché è la politica del Governo in generale che deve definire i margini attraverso i quali è possibile compiere o meno passi in avanti quando si affrontano varie questioni. Pag. 53
Signor sottosegretario, ma mi rivolgo anche all'onorevole relatore, forse tutto quello che possiamo sperare è che dal dibattito che si svolgerà da qui a mercoledì in quest'Aula, purtroppo oggi non pienissima, neppure quando discutiamo di argomenti così importanti, lei riesca a cogliere lo spirito di collaborazione dell'opposizione, forse ancor più marcato e delineato rispetto a ciò che è accaduto in Commissione, nonché la qualità del dibattito che si è sviluppato.
Penso anzitutto - per raccontarle anche qualche piccola vicenda interna - all'intervento del collega Lolli. Con il collega negli ultimi tempi, dal momento che siamo un partito democratico, mi sono trovato non di rado su posizioni non perfettamente coincidenti, pur essendo assolutamente d'accordo sul 90 per cento delle cose che diciamo. Da dove nasce questa considerazione, signor Presidente? Oggi me ne sono probabilmente reso conto, sentendolo parlare. Infatti, seguendo la sfida del Presidente Berlusconi che chiedeva di andare in Abruzzo senza telecamere, mi sono recato in quelle zone e ho potuto vedere con i miei occhi ciò che quasi tutti coloro che hanno parlato oggi hanno potuto vedere; certamente riconosco che chi ha visto ha una motivazione interiore in più per intervenire e per cercare di migliorare i provvedimenti al nostro esame. Per quanto riguarda l'intervento del collega Lolli - penso in particolare a lui ma ciò è applicabile a tutti i colleghi abruzzesi che hanno direttamente o indirettamente avuto un peso maggiore in ordine a questa tragedia che ha colpito l'Abruzzo in aprile - credo che il valore delle sue parole risieda nell'onestà intellettuale con la quale egli si è rivolto al Governo, riconoscendo in modo semplice ma anche diretto e senza alcuna faziosità politica i passi importanti che esso - e in particolare il commissario straordinario - ha compiuto, facendosi addirittura carico - e ciò non è necessariamente dato - delle obiettive difficoltà che possono riguardare il futuro.
Su tali colleghi, a differenza di me e di tanti altri, pesa infatti qualcosa in più. Pesa probabilmente la paura. Una paura legittima per chi ha subito una tragedia di questo tipo. Chi ha conosciuto le vicende di questo Paese infatti - per quanto riguarda in particolare terremoti, ma in generale le varie tragedie di diversa natura che lo hanno colpito - sa che il dopo non è mai stato roseo per nessuno: gli anni si sono sommati agli anni e i container ai container. E se anche vi sono stati casi in cui le situazioni sono state migliori ed altri in cui sono state peggiori, possiamo dire che questo Paese, signor sottosegretario, a prescindere da chi siede di volta in volta sui banchi del Governo, nelle fasi della ricostruzione non ha trasmesso alla propria popolazione sicurezza e certezza su ciò che sarebbe accaduto nel futuro. Su questi colleghi, dunque, pesa oggi sicuramente tutto ciò ed invece di fare ciò che in tante altre occasioni poteva accadere, e cioè mettersi a capo di rivolte o di contestazioni, hanno svolto un lavoro di mediazione anche sul territorio, conoscendo le questioni, la realtà dei fatti, per cercare di fare in modo che quel giudizio positivo fosse confermato.
Lei, onorevole Tortoli, ha diviso la partita in tre punti. Circa l'emergenza immediata penso che davvero tutti - ma ciò è stato fatto anche pubblicamente - non possano non riconoscersi nell'intervento della Protezione civile. Questo è avvenuto - me lo lasci dire, così dico anche quello che penso rispetto alla persona - certamente anche grazie al lavoro ed alla capacità del dottor Bertolaso, che però ha al suo fianco tanti collaboratori e soprattutto una macchina di volontariato straordinaria che abbiamo visto lavorare in Abruzzo.
Si tratta quindi di una regia che nell'emergenza straordinaria ed immediata ha funzionato perfettamente e che ha fatto lavorare anche tante organizzazioni che a ciò si dedicano in modo brillante.
Sappiamo perfettamente che la seconda parte cui lei faceva riferimento, quella dell'emergenza ordinaria, di per sé e per com'è la situazione comporta delle difficoltà aggiuntive che sono spesso anche motivate dall'emotività delle persone, le Pag. 54quali, avendo superato il primo dramma ed avendo sentito la «protezione» nel primo dramma, iniziano a pensare e a guardare oltre, e probabilmente cominciano ad avere i primi effetti.
Vivere fisicamente in famiglie dentro delle tende (e possono essere anche le tende più belle del mondo e la situazione più ovattata del mondo), dopo un mese o dopo quaranta giorni - non certo per responsabilità di nessuno ma per un fatto fisico, vorrei anche dire chimico - e chi lo ha visto, sa che cosa vuol dire vivere dentro una tenda - inizia infatti a creare dei problemi.
Su cosa si concentra - e su questo veramente rivolgo il mio appello al sottosegretario ed al relatore - la fase della ricostruzione, che ovviamente deve investire anche la Protezione civile, ma che non può investire esclusivamente la Protezione civile, dal momento che entra in campo il futuro, la prospettiva, il progetto di ricostruzione anche dell'esistenza di tante persone che sono state distrutte da un simile fenomeno?
È impensabile che queste persone non sentano vicino a sé le istituzioni, le istanze, i punti di riferimento che nel bene e nel male le hanno accompagnate per una vita, dal momento che la politica e l'amministrazione accompagnano le nostre vite nel bene e nel male, ma rappresentano comunque dei punti di riferimento.
Questo è un concetto che non ha bisogno, al fine di pervenire a delle migliorie all'interno del decreto-legge, di nessuna copertura finanziaria. Però, nell'ambito di un ragionamento che non punta esclusivamente, come è ovvio, sulle questioni materiali e pratiche (che pure contano molto), ma anche a ricostruire un collegamento tra la popolazione e il tessuto amministrativo, probabilmente rivedere questa forma di governance ed investire di maggiori responsabilità le amministrazioni locali anche nella progettazione del futuro sarebbe già un modo per dare un segnale che non ha bisogno di copertura finanziaria.
Lo dico perché - onorevole Tortoli, onorevole sottosegretario - sappiamo perfettamente che il tema del tempo per la conversione del decreto-legge non esiste, nella semplice misura in cui l'atteggiamento dell'opposizione al Senato - che credo, realisticamente, sarà tale anche alla Camera - non lascia prevedere che, qualora il decreto-legge dovesse tornare al Senato, ciò comporterebbe chissà quale ritardo dei tempi.
Il problema dunque è di opportunità politica e di scelte. A me piacerebbe, perché un po' sono un illuso e un romantico, che da questa discussione si arrivasse a capire che il nostro problema - come testimoniano le parole dei tanti colleghi intervenuti che avete ascoltato, compresi quelli della maggioranza - non è quello di metterci una medaglietta e di dire che abbiamo portato a casa qualcosa. Credo piuttosto che sia nello spirito di tutti noi, anche di coloro che sono intervenuti in modo più critico, creare le condizioni affinché effettivamente si possano apportare dei miglioramenti che ci possano magari indurre a votare a favore di questo provvedimento.
Sul tema delle coperture, dei centri storici, della governance e dell'articolo 11, come il sottosegretario Menia sa perfettamente, l'articolo 11 è stato cassato all'ultimo momento con un emendamento al Senato perché si era posto il problema circa il rapporto con le regioni. Però da quel che so - anche in questo, ovviamente, affido a lei la possibilità di capire se vi sono dei margini, al di là delle verifiche - le regioni che si sono riunite su questo tema hanno espresso una considerazione diversa.
Signor sottosegretario, penso che, al di là delle cose sostanziali che sono state dette nel merito, il nostro Paese abbia bisogno di qualcosa di effettivamente rivoluzionario, soprattutto di fronte ad una catastrofe che è veramente rimbalzata in tutto il mondo (sicuramente nel nostro Paese), e che ha messo in evidenza come in particolare a L'Aquila la struttura delle case si è sbriciolata per responsabilità dovute sicuramente a chi ha costruito, ma probabilmente anche dovute al fatto che il nostro Paese non è ancora dotato di un Pag. 55sistema di prevenzione, che sia in grado di condizionare sia gli appalti sia tutto quello che sappiamo, considerato che sono crollati edifici pubblici come case private.
Questa piccola cosa (non credo avrebbe bisogno di una copertura finanziaria tale da impegnare una legge finanziaria) sarebbe un segnale simbolicamente fondamentale da trasmettere non soltanto all'Abruzzo, signor sottosegretario, ma a tutta l'Italia. Oggi ciò riguarda il terremoto, perché le case sono fatte in un certo modo, ma potremmo considerare il tema del dissesto idrogeologico con quanto comporta ogni volta l'arrivo dell'autunno, con rischio di frane. In altre parole possiamo dare l'indicazione, sfruttando purtroppo l'ennesima tragedia, che questo Paese si mette in moto per dare una prospettiva di cambiamento reale, con delle trasformazioni, anche dal punto di vista amministrativo, che sono necessarie, affinché si possano prevenire tragedie, la morte di tante persone, le tragedie familiari di tante persone, di quelle che se ne sono andate, tanto più di quelle che rimangono in vita, segnate da quanto è accaduto.
Non entro nel merito perché mi riconosco perfettamente nell'analisi fatta dai miei colleghi, in particolare da quella del collega Lolli. Credo, signor sottosegretario, che noi possiamo auspicare qualcosa da un dibattito che altrimenti rischia di essere più o meno rituale. Ritengo sia un po' meno rituale rispetto a prima, perché se sono arrivati comunicati stampa della Presidenza del Consiglio, effettivamente ci si è resi conto che la situazione non è grave per il fatto che qualcuno da questa parte la vuole amplificare. Probabilmente qualcuno da questa parte ha lavorato e sta ancora cercando di lavorare affinché non si crei un conflitto, ma si trovi un modo e una forma per arrivare ad un provvedimento che non potrà mai essere al 100 per cento ma che raccolga però qualcosa che è accaduto.
Credo che lei, signor sottosegretario, sia nelle condizioni di percepire questo. Credo che lo abbia percepito, e mi auguro che abbia voglia (magari perché ha pazientemente ascoltato questo dibattito) di provare a trasferire a chi può prendere delle decisioni il fatto che dal dibattito al Senato ad oggi qualcosa è cambiato. Non è cambiato soltanto nella misura di una protesta che è cresciuta, considerato che di fronte ad un appuntamento che si avvicina la preoccupazione chiaramente aumenta ed aumentano le manifestazioni di protesta; ma anche di una protesta che è cresciuta perché probabilmente tante persone, rispetto ad un lavoro che forse non potrà raccogliere il 100 per cento delle cose che vengono proposte ma che offre indicazioni per tentare di migliorare ulteriormente il provvedimento che li riguarda e che concerne la loro pelle, si aspettano quello che personalmente anch'io (con il lavoro nel gruppo) vorrei attendermi: si trovi un'occasione, signor Presidente, signor sottosegretario, signor relatore (fino ad oggi non credo si sia prestato il fianco a nessuna speculazione politica, nessun tentativo di arraffare nulla); si crei un contesto nel quale si possa effettivamente trovare un punto d'incontro. E tale contesto non sia un tavolo sul quale poggia un pezzo di carta, e per incontrarsi bisogna dire soltanto «sì». Vi sia invece la possibilità di mettere un pezzo di carta sul tavolo, e si consideri che, dai toni al merito di quanto viene affermato dall'altra parte, non vi sono soltanto volontà negative di mettere da una parte quel pezzo di carta, ma le volontà di renderlo migliore dal punto di vista politico e amministrativo e anche utile a restituire un po' di fiducia a tante persone che pazientemente fino ad oggi ne hanno avuta, persone che credo abbiano il diritto di avere qualche elemento in più per avere tale fiducia anche nei prossimi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2468)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Tortoli.

Pag. 56

ROBERTO TORTOLI, Relatore. Signor Presidente, nella discussione che è emersa oggi qui in Aula sono stati ripresi i temi che abbiamo affrontato con grande serietà, maggioranza ed opposizione, in Commissione, e che del resto erano poi il prosieguo, mi sembra di capire, del lavoro che è stato svolto in Senato, che ha migliorato, anche e soprattutto grazie al rapporto collaborativo tra maggioranza ed opposizione, il provvedimento in esame.
Oggi i colleghi dell'opposizione non hanno posizioni diverse da quelle della maggioranza: ce lo siamo detto in Commissione ed io non ho difficoltà ad esprimerlo qui in Aula. Ho altresì però la coscienza del fatto che i punti dirimenti tra le nostre posizioni sono tra chi vorrebbe - dico giustamente, non ingiustamente - vedere scritte nel decreto-legge quelle correzioni - che poi abbiamo visto alla fine essere poche: per assurdo, se fatte bene potrebbero essere anche non dico una, ma quasi - che emendassero alcuni principi del provvedimento in esame.
Mi sembra di capire che, tenuto conto del gioco politico anche corretto, nessuno, né maggioranza né opposizione, voglia strumentalizzare il momento delicato dell'Abruzzo per fare battaglie politiche che non hanno senso. Quindi, qualcuno lo ha sottolineato di più, ma in effetti non mi sembra nemmeno di vedere preoccupazioni particolari per quanto riguarda le coperture. Infatti, tutti abbiamo coscienza - soprattutto vedendo, come è capitato oggi in Commissione, L'Aquila con la sua grande ferita - di quanto c'è da fare e di come occorreranno anni di lavoro serio e anche di progettualità, che possiamo attenderci, a proposito di governance, dai sindaci e non certo dalla protezione civile (infatti, la protezione civile non ha capacità progettuali per ricostruire territori e centri storici feriti come quelli dell'aquilano e dell'Abruzzo in generale).
Ma ripeto: da parte mia problemi per quanto riguarda la copertura non ve ne sono e non credo oggettivamente, avendo parlato un po' con tutti i colleghi, che ve ne siano poi tanti anche da parte dell'opposizione; infatti, se si guarda agli altri casi che sono capitati purtroppo nel nostro Paese si vede come nelle prime ordinanze magari vi era qualche principio dichiarato meglio, ma come coperture ve ne erano meno di quante non ve ne siano in questo primo provvedimento. La visione diversa è costituita dal fatto che noi abbiamo voluto probabilmente accelerare i tempi col provvedimento in esame, mentre in altri casi il provvedimento ha avuto un percorso più lento (da parte dell'opposizione si dice «di maggiore riflessione»), però non credo che l'intento sia quello che l'opposizione vorrebbe il massimo per l'Abruzzo, mentre la maggioranza vorrebbe il minimo: credo che tutti vogliamo il massimo per l'Abruzzo.
Io, come appartenente a questa maggioranza, sono convinto che l'impegno del Governo sia un impegno serio fin dall'inizio e inviterei l'opposizione a ricordarsi che Bertolaso è sì capo della protezione civile e quindi in quel senso gli va riconosciuto l'impegno corretto, grande e delicato, ma è altresì anche membro del nostro Governo in qualità di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, quindi il suo impegno significa anche un impegno forte del Governo fin dal primo momento. Il Governo non è stato presente solo perché Berlusconi è andato più volte a far vedere la presenza dello Stato.
Berlusconi ha voluto, forse, dare l'idea che lo Stato voleva essere vicino alla popolazione, ma il Governo era presente fisicamente - e lo è tutt'oggi - con il sottosegretario Bertolaso.
Voi, che vorreste vedere il provvedimento modificato in quei due, tre, quattro punti, vedete nel comunicato emanato oggi da Palazzo Chigi il bicchiere mezzo vuoto e non mezzo pieno. Nel ruolo classico di maggioranza e opposizione, accade l'inverso per quanto ci riguarda: noi vediamo il bicchiere mezzo pieno. Ciò anche se siamo d'accordo con voi sulla necessità che questo provvedimento chiarisca certi equivoci per quanto riguarda i residenti, i non residenti, le seconde case, i centri storici e i compensi agli enti locali, che vedono mancare gli introiti provenienti dall'ICI e dalla TARSU. Non solo. Non è Pag. 57scritto nel citato comunicato di Palazzo Chigi, ma anche le aziende municipalizzate non dispongono di entrate provenienti dalle bollette e, pertanto, dovranno essere inserite in un'ordinanza che - mi sembra di capire dalla nota di Palazzo Chigi (anche io mi rivolgo al sottosegretario) - farà seguito alla nota stessa.
Vorrei parlare di «nota» di Palazzo Chigi e non di «comunicato stampa». Con quest'ultima espressione, infatti, si svilisce quanto affermato da Palazzo Chigi, che non vuole cambiare il provvedimento, lo sapete, lo abbiamo detto. Per certi aspetti, abbiamo condotto anche una battaglia comune, voi con maggiore impegno, io con meno capacità ed intensità di quanto avrei voluto (ma, probabilmente, non avrei potuto). All'atto di Palazzo Chigi vorrei dare il peso di una nota, che è cosa ben diversa: è un atto formale, comunque, importante, a cui farà seguito, come prima ordinanza, proprio quella relativa ai compensi ai comuni. Pertanto, mi rivolgo al rappresentante del Governo e auspico che in quell'ordinanza siano previsti anche gli enti come le aziende municipalizzate, che vivono di bollette e che, allo stato attuale, non si possono mettere in difficoltà ulteriore.
Lo ripeto: si tratta di un atto formale di grande importanza, che per noi chiarisce ciò che volevamo sentirci dire e, cioè, che i residenti, i non residenti, i proprietari di prime case sono sullo stesso piano e lo sono anche per quanto riguarda le seconde case; che la volontà di ricostruire i centri storici è un'assunzione di impegno che il Governo si è preso e si deve prendere. Altrimenti - e lo abbiamo constatato anche oggi girando per L'Aquila - non è pensabile dare una prospettiva di vita, di crescita e di ricostruzione ai centri storici così sacrificati da questo terremoto.
Ciò che dobbiamo fare tutti insieme - e credo che lo stiamo facendo e, forse, ci dobbiamo mettere anche maggiore impegno - al di là di tutto, è di aiutare le persone che hanno subito i danni di questo terremoto a credere che lo Stato è loro vicino. Infatti, i tempi per la soluzione di tanti problemi sono lunghissimi. Ecco, dunque, la soluzione che giustamente l'onorevole Lolli ha detto essere una sfida, forse, azzardata, cioè quella delle case temporanee.
Oggi a L'Aquila abbiamo assistito all'assegnazione di tutti - o quasi tutti - i blocchi di case temporanee e ne abbiamo apprezzato anche le caratteristiche e mi è sembrato che lo stesso sindaco li abbia particolarmente apprezzati e vi abbia visto una funzionalità reale per il proprio territorio.
Quella sfida azzardata, collega Lolli, è una sfida che vale la pena aver accettato, perché soluzioni diverse che portino alle tende o ai container, piuttosto che - come lei ha giustamente sottolineato - ad alberghi o a soluzioni lontane da dove originariamente quelle persone vivevano, sono soluzioni che non risolvono; allora, vale la pena essersi assunti la responsabilità di questa sfida.
È chiaro che a partire da settembre inizieranno le assegnazioni, ma esse saranno graduali e se la popolazione che dovrà essere soddisfatta dall'utilizzo delle case temporanee sarà nell'ordine di 15 mila persone, probabilmente arriveremo molto più in là rispetto ai primi di novembre, arriveremo forse alla fine di novembre e per L'Aquila la situazione sarà, forse, già difficile dal punto di vista climatico. Credo però che, a quel punto, comunque le persone usciranno dalle tende e cercheremo di trovare le soluzioni più idonee in abitazioni il più possibile vicine al luogo di appartenenza.
Tutti dobbiamo prendere coscienza che il dramma e la ferita subiti da L'Aquila sono grandi e occorrerà del tempo. Non deve meravigliare che il periodo indicato dal provvedimento arrivi fino al 2033, perché quello relativo ad Umbria e Marche arriva sino al 2019 partendo dal 1997, quindi, come vedete, si tratta comunque di 22, 23 anni, perché quello è, purtroppo, il tempo necessario per ricostruire un tessuto urbano così ricco di monumenti, di beni storici e di bellezze come quello de L'Aquila e anche dei centri minori.
Mi sembra che il dibattito sia stato costruttivo; al Senato senz'altro, qui alla Pag. 58Camera probabilmente lo è stato meno, perché l'intenzione del Governo - mi sembra di capire - è quella di non modificare il provvedimento. Questo, però, non significa che non possiamo lavorare in maniera seria, oggi andando ad impegnare in maniera più stringente il Governo anche con degli ordini del giorno - che è vero che lasciano il tempo che trovano, ma su un caso come questo, soprattutto se li votiamo maggioranza e opposizione, credo possano avere una maggiore stringenza -, poi soprattutto, credo che dovrà iniziare un serio lavoro di controllo, nel quale noi come maggioranza siamo convinti di stare al vostro fianco, perché è nostro interesse che quanto il Governo si è impegnato a realizzare per l'Abruzzo venga realmente realizzato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, non avevo ritenuto di intervenire nella fase precedente, anche perché ero stato abbondantemente coperto dalla completezza della relazione, che ho apprezzato, dell'onorevole Tortoli. Invece, in sede di replica, ho l'occasione di puntualizzare una serie di argomenti, anche per fornire qualche elemento in più e prima di tutto per dire che mi sento, comunque, personalmente e a nome del Governo, di raccogliere quell'appello che proveniva dall'onorevole Giachetti il quale, a sua volta, citava l'onorevole Lolli che è stato non solo fortemente presente nel dibattito in sede di Commissione ma che, anche oggi, ha dato il senso di un atteggiamento che ho apprezzato moltissimo perché è lodevole. Accogliere questo spirito che cosa vuol dire? Vuol dire che da parte mia - cosa che ho sostenuto anche al Senato, quando vivevamo una fase diversa ma per tanti versi simile, nel momento in cui, per esempio, si ventilava l'ipotesi di passare immediatamente al voto di fiducia - avevo sostenuto che, soprattutto su un decreto-legge come questo, che investiva responsabilità anche in termini umani e politici e che quindi aveva anche moralmente un significato più profondo, era giusto che passasse comunque la tesi del dialogo, della discussione e dell'arricchimento. Al Senato infatti, è stato svolto un lavoro notevole e quel testo è stato notevolmente migliorato. Anche in questa sede - anche se siamo già alla fine della discussione e da domani inizieremo a votare - mi sento comunque di riportare tale tesi, anche a chi politicamente ha più responsabilità di me - è un po' questo il senso di quanto affermava l'onorevole Giachetti - perché comunque, come è evidente, in quest'Aula rappresento le posizioni del Governo, ma vi sono anche livelli istituzionalmente più alti del mio che sono in grado di decidere se è opportuno, per esempio, inserire una modifica - il che vorrebbe dire arrivare alla terza lettura al Senato, com'è ovvio - oppure se dare le risposte che oggi in qualche modo si è cercato di dare.
Citerò poi testualmente ciò che afferma la nota odierna di Palazzo Chigi, che viene incontro, come è evidente, ad una serie di questioni che sono state poste. In che fase ci troviamo? In un primo momento ho apprezzato - com'era logico e giusto - quello che molti hanno detto nel corso del dibattito. L'Italia è comunque un paese straordinario non solo per le sue bellezze artistiche, storiche e monumentali - e L'Aquila è sicuramente testimonianza di tutto ciò - ma anche per il suo straordinario spirito di solidarietà. La gara bellissima di solidarietà che si è vista nei giorni immediatamente seguenti e già nella stessa notte del terremoto e poi tutto quello che è arrivato, tanto in termini istituzionali quanto in termini di prontezza delle nostre strutture, - protezione civile, vigili del fuoco e forze dell'ordine - e tutta quella marea di volontari che accorreva da ogni parte d'Italia, tra l'altro di fronte al rispetto estremo e anche alla civiltà e al civismo di quella popolazione, è stata una cosa nobilissima. Oggi quella fase, che avevamo chiamato dell'emergenza straordinaria, è comunque chiusa, si è chiusa con troppi morti da piangere, ma Pag. 59anche con questa bellissima attestazione di solidarietà. Oggi viviamo una fase diversa: dobbiamo cercare di concludere la seconda fase, quella della cosiddetta emergenza ordinaria e vogliamo farlo prima dell'inverno anche perché l'Abruzzo è una regione particolare dove - come si è notato anche nel corso di questa discussione - l'inverno finisce più tardi ma ricomincia prima e quindi è difficile da gestire. Sotto questo profilo, voglio dire che già molto si è comunque dato. Ricordo che un mese fa discutevo di questo decreto-legge al Senato e parlavo di 65 mila persone assistite. È passato un mese e vi posso dare i dati aggiornati a ieri, e anche questo è sintomatico: all'epoca avevamo ospitato 32 mila persone negli alberghi e 33 mila persone nelle tende, ad oggi l'attività di assistenza, secondo i dati aggiornati ieri sera forniti dalla Protezione civile, conta un totale di popolazione assistita pari a 55 mila 596 persone.
Ciò vuol dire già 10 mila persone in meno e vuol dire anche 9 mila persone in meno nelle tende perché, come è evidente, queste ultime vengono privilegiate; tuttora abbiamo 31.300 assistiti dentro gli alberghi e le case private e ovviamente si tende a togliere prima la gente dalle tende.
A fianco a questo dato vanno forniti, invece, altri numeri che sono estremamente importanti anche perché nell'attività di programmazione della conclusione di questa fase è importante riflettere su tutto ciò. Abbiamo i risultati delle attività di sopralluogo effettuati sugli edifici: ieri avevamo 54.311 edifici censiti e di questi abbiamo un dato, che è confortante, del 53 per cento di edifici già agibili ai quali sommare un 13,6 per cento di edifici di categoria B, ossia i temporaneamente inagibili, ma agibili con provvedimenti di pronto intervento, e un 2,8 per cento di edifici parzialmente inagibili. Ciò vuol dire sostanzialmente che due persone su tre saranno in grado di tornare nelle loro case a brevissimo, cioè già più del 50 per cento. Oggi, con provvedimenti tampone, anche quelli immediati finanziati da questo decreto-legge, due persone su tre almeno saranno in grado di ritornare nelle proprie case.
Ciò vuol dire anche che quella scommessa di cui parlavamo tende a rispondere con dignità, e quindi con l'impegno del Governo e delle istituzioni, alla fase emergenziale e critica che il terremoto dell'Abruzzo ha posto in essere. Su questo punto mi permetto di rispondere, anche se con toni estremamente pacati, a chi nel corso di questo dibattito ha detto, io ritengo ingiustamente, che ci sarebbe un Governo che vuole fare di un popolo dignitoso, un popolo di straccioni o di questuanti. Non è assolutamente vero.
C'è chi ha detto che si è ritenuto di fare un'operazione di banale propaganda senza essere in grado di dare risposte. Credo sinceramente che prima, nella fase dell'emergenza immediata, la protezione civile, le strutture di soccorso, la solidarietà e il volontariato hanno avuto una risposta immediata, oggi il Governo dà anche una risposta - ed è la prima volta che accade in Europa - dando anche la dignità delle case, entro l'inverno che viene, a coloro che rimarranno fuori.
Da questi dati si tratta di un conto matematico: abbiamo stimato che 15 mila persone non saranno in grado di ritornare nelle loro case e a queste non daremo le baracche o i container riadattati in qualche modo per diventare una specie di abitazione, ma costruiremo degli edifici. Su tale punto proprio oggi la Commissione ambiente ha fatto un sopralluogo a L'Aquila e anche io ci sono stato più volte.
Già in questi due mesi moltissimo è cambiato, si vede plasticamente, balza agli occhi, è evidente. I 4 mila alloggi saranno costruiti con tecniche di prefabbricazione, con isolamento sismico, su piastra di cemento e avranno quindi ottimi criteri di tenuta sismica. Tenete presente che saranno comunque case a due o tre piani garantite, quindi, per isolamento sismico, sostenibilità, ecocompatibilità e sono una risposta che, anche in termini di dignità di coloro che dovranno andare ad abitare, danno comunque il senso di un salto di qualità. Pag. 60
Dovranno essere edificati in ottanta giorni, le gare sono già state svolte, e quindi ragionevolmente abbiamo modo di ritenere che prima dell'inverno avremo comunque dato una risposta, estremamente dignitosa lo ripeto, a questa problematica.
Prima di tutto c'è l'intervento del Governo che passa, come è logico attraverso, l'atto normativo. All'inizio, come in tutte le fasi di prima emergenza, si agisce attraverso le ordinanze di protezione civile - questo nell'emergenza immediata è la legge 24 febbraio del 1992, n. 225 e su questo si è operato - ora nella seconda parte, quindi quella che si riferisce all'ordinarietà e poi alla grande e difficile fase della ricostruzione, noi disegniamo un quadro che deve consentire, però, anche elasticità.
Infatti, è difficile prevedere tutte le fattispecie a cui andremo incontro e tanto più difficile è in una situazione come questa, in cui non ci eravamo mai trovati. Non ci sono esempi in qualche modo da replicare perché non era mai capitato che l'epicentro del terremoto fosse proprio una città che è capoluogo di regione, che è un museo all'aperto - come è stato fatto notare - ricca di beni artistici, archeologici, monumentali ed ambientali, che ha un'università e che ha quindi edifici e simboli che rappresentano la statualità e la regione.
Sappiamo tra l'altro che cosa significa per L'Aquila essere capoluogo di regione, motivo per cui si tratta di un compito difficile ed anche che la ricostruzione - lo diceva poco fa l'onorevole Tortoli - sarà lunga. Sarebbe inutile e sbagliato raccontare che la ricostruzione si farà in qualche anno. Si tratta di una ricostruzione che diventa tanto più lunga e difficile proprio perché si tratta di una città che è un museo all'aperto e quindi anche la ricostruzione di qualunque edificio, bastione, torre o monumento deve essere giustamente effettuata a regola d'arte e secondo tutto quanto è giusto per conservare quell'identità che fa dell'Aquila un tassello magnifico di quel mosaico che è chiamato Abruzzo, all'interno dell'Italia.
Si tratta di un mondo tutto particolare cui dobbiamo ridare la stessa dignità e ricomporre quello stesso tessuto sotto il profilo umano, artistico e di vita che si è lacerato attraverso il terremoto, è sarà chiaramente difficile. A proposito di questo dicevo che il decreto-legge è già migliorato molto rispetto alla sua stesura originaria. Nella stesura originaria l'articolo 3, quello dedicato alla ricostruzione delle case, aveva un tetto di spesa, che si desumeva dalla relazione tecnica, di 150 mila euro e si riferiva agli edifici distrutti o dichiarati inagibili, mentre oggi stiamo parlando di un'altra cosa.
Oggi c'è la previsione della copertura integrale totale - stiamo parlando della cosiddetta prima casa - e si parla, come è giusto, di edificio che sia distrutto o semplicemente danneggiato, quindi a prescindere dal fatto che sia agibile o inagibile, con una copertura integrale al 100 per cento. Nello stesso articolo vi è, al comma 1, lettera e), la previsione degli altri immobili e ci si riferisce alle cosiddette seconde case.
È prevista la concessione di contributi anche con le modalità del credito di imposta per la ricostruzione o riparazione di immobili diversi da quelli adibiti ad abitazione principale, nonché ad immobili ad uso non abitativo distrutti o, anche in questo caso, danneggiati.
A questo va affiancato l'altro articolo, introdotto sempre al Senato, che si riferisce tanto alla seconda casa quanto alla questione della governance. Anche oggi è stato detto impropriamente che la governance nel processo di ricostruzione è stata «saccheggiata» ai sindaci. Questo non corrisponde a verità. L'articolo 14, al comma 5-bis, si riferisce ai sindaci di cui all'articolo 1, ossia quello che ha individuato i 49 comuni e anche su questo si è fatta impropriamente polemica. C'era soltanto un modo oggettivo per individuare i comuni all'interno del cosiddetto cratere sismico e si è scelto di riferirsi al grado della scala Mercalli, introducendo comunque un comma che afferma che, dietro perizia giurata, tutte le abitazioni o gli edifici che si trovino fuori dai comuni Pag. 61compresi nel cosiddetto cratere sismico che per un rapporto di causa-effetto hanno avuto danni da questo derivati possono comunque fruire delle stesse provvidenze previste per quelli ricompresi al suo interno. Dicevo che i sindaci di questi comuni predispongono, prevede il provvedimento, d'intesa con il presidente della regione Abruzzo, il commissario delegato ed il presidente della provincia nelle materie di sua competenza, i piani di ricostruzione del centro storico della città.
A proposito di questo poi c'è un'altra parte, quella centrale di questo comma, che si riferisce proprio alle abitazioni di cui stiamo parlando (sono le abitazioni di pregio artistico e ambientale), laddove si prevede che ove appartengano alla categoria di cui all'articolo 10, comma 3, lettera a) del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, ovvero in caso di particolare interesse paesaggistico, attestato dal competente vice commissario d'intesa con il sindaco, gli edifici civili privati possono essere ricostruiti a valere sulle predette risorse nei limiti definiti con ordinanza adottata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, tenuto conto della situazione economica individuale del proprietario.
Questa è proprio la famosa graduazione dell'intervento di cui si diceva a proposito delle cosiddette seconde case. Quindi, per tutti quegli edifici che sono di pregio artistico o ambientale e paesaggistico, che sono all'interno dei centri storici, non sono prima casa e che, quindi, sarebbero stati fuori dell'intervento immediato, anche sotto questo profilo, si prevede che, attraverso l'individuazione da parte dei sindaci (quindi i migliori conoscitori del territorio della città e coloro i quali debbono portare avanti e guidare l'attività di governance nella ricostruzione), si possano individuare anche le abitazioni e gli edifici sui quali intervenire.
A questo proposito, mi soccorre la nota ufficiale di Palazzo Chigi di oggi: «Anche le seconde case ubicate nel centro storico dell'Aquila e negli altri comuni colpiti dal sisma saranno ricostruite a spese dello Stato. Secondo quanto espressamente stabilito dal decreto-legge in corso di conversione in Parlamento, la ricostruzione a spese dello Stato avrà ad oggetto non sono gli edifici di riconosciuto valore storico e artistico, ma anche quelli che rivestono a giudizio dei sindaci e della sovrintendenza rilievo ambientale e paesaggistico. È noto a tutti e universalmente riconosciuto che in questa categoria rientra la maggior parte degli edifici ubicati nei centri storici e, quindi, anche dei non residenti. In analogia con quanto disposto in occasione degli eventi sismici che colpirono Umbria e Marche, in sede di attuazione del decreto-legge verrà stabilito il concorso alle spese da parte dei proprietari, tenendo conto anche della loro situazione economica». Anche questo mi pare un fatto.
Ci si serve dell'ordinanza perché è lo strumento più elastico. Sinceramente è molto difficile inserire all'interno di questo testo una previsione. Però, lo ripeto, abbiamo tempo ancora, anche se, come ho già detto, la nostra volontà è quella di approvare questo decreto-legge nel testo licenziato dal Senato. A proposito della diversa questione anche sollevata nel dibattito alla Camera (e cioè il mancato afflusso di fondi ai comuni), la stessa nota di palazzo Chigi afferma quello che peraltro già era noto: «con ordinanza in via di perfezionamento sarà disposto che i comuni riceveranno dallo Stato le somme che essi non hanno potuto incassare a causa della sospensione del pagamento dei tributi».
Vi è una buona notizia che ci soccorre oggi e che comunque è giusto dare nel corso di questa discussione sulle linee generali. Dalla Commissione dell'Unione europea ci viene notizia che dal Fondo di solidarietà, cui il Governo si era rivolto immediatamente dopo l'evento del terremoto, sarebbe stato assegnato all'Italia un contributo di 493 milioni di euro, che vanno ad integrare quanto già previsto, come peraltro un emendamento votato al Senato aveva chiarito. Quindi, i fondi dell'Unione europea sono da considerarsi integrativi rispetto a quanto già previsto dal decreto-legge stesso. Pag. 62
Sulla questione della governance ritengo di avere già risposto (è un'altra delle questioni che erano state sollevate). Per rispondere all'onorevole Lolli debbo dire che, sulla base di tutto questo, con tutte le imperfezioni umane (tutto è perfettibile), non ho dubbi sulla risposta che occorre dare alla domanda se andiamo verso il declino o se invece dobbiamo credere nella speranza.
È evidente che è difficile, perché una situazione di questo genere è una condizione difficile, però credo che sia il Parlamento, sia il Governo abbiano fatto bene la loro parte; possono fare ancora meglio, può darsi, ma, ripeto, non ho dubbi sul fatto che ci muoviamo su una strada di speranza che coinvolge le forze migliori del Paese, perché uno spirito di solidarietà nazionale, proprio dell'identità del nostro popolo, si vede soprattutto in momenti come questi. Credo che le piccole liti si possano lasciare da parte, devo dire che in effetti anche questa discussione lo ha ampiamente dimostrato.
Mi auguro personalmente che venga riconosciuto lo sforzo che ha fatto il Governo; ripeto, può non bastare la nota che ho appena letto, ma è evidente che è una nota che viene incontro ai problemi che sono stati sollevati in questa fase. Sostanzialmente nel dibattito al Senato tutto ciò che era stato posto ha avuto anche una risposta in termini normativi immediati; in questo caso, da parte nostra la valutazione è che sia meglio agire attraverso le ordinanze. In questo senso, rispondendo anche al collega Mantini, è evidente che le ordinanze non possono derogare alla legge, ma penso che nessuno si sia sognato di affermarlo. Riteniamo che l'ordinanza sia uno strumento più elastico e che meglio possa agire in una situazione difficile e delicata come quella del post-terremoto. La casistica è enorme, il sottosegretario Bertolaso mi ha fatto già un elenco di casi che sono venuti alla luce semplicemente perché qualcuno li ha posti, ma che nessuno aveva immaginato Questo è il motivo per cui le ordinanze sono lo strumento migliore, proprio perché più elastico e funzionale.
Il Governo si è impegnato a fare il suo dovere, penso che fino ad oggi lo abbia fatto se non bene in maniera quanto meno più che dignitosa. A questo punto si chiude la discussione e inizierà la fase dell'esame degli emendamenti. Non so quanti saranno, prima mi dicevano che siamo a 450 emendamenti. Mi augurerei che le cose cambino, come è del tutto evidente, perché mi piacerebbe che, comunque vada a finire, anche se non si dovesse approvare nemmeno uno degli emendamenti presentati, almeno si possa discutere. Alcuni emendamenti potrebbero essere trasformati in ordini del giorno che diano un indirizzo e che indichino quindi la strada per la soluzione di una serie di problematiche.
Questa Camera potrebbe non recepire semplicemente il testo che è arrivato dal Senato, ma anch'essa potrebbe dare un suo apporto nella migliore delle maniere possibili, proprio perché non sia un passaggio di routine. D'altra parte mi auguro che non sia l'ennesima volta che l'esame di un decreto-legge si chiude con una richiesta di fiducia. Personalmente non vorrei che finisse così, e penso che sia un auspicio non solo mio, ma di tutto il Governo. Vi ringrazio comunque, perché si è dato luogo ad una discussione interessante e approfondita.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 20,58).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, stamane sono giunti presso il Ministero della giustizia due plichi, uno indirizzato al Ministro Guardasigilli e un altro al suo vice capo di gabinetto, dottor Roberto Piscitello. Il primo - ci ha dato notizia la stampa - contiene dei bossoli di proiettili, il secondo contiene dei bossoli di proiettili e una lettera con delle minacce al dottor Pag. 63Piscitello - che è stato pubblico ministero a Palermo - e a sua moglie e fa riferimenti espliciti alla nuova normativa introdotta dal disegno di legge sulla sicurezza in materia di vetri divisori per i detenuti sottoposti al regime dell'articolo 41-bis.
Sono state espresse da più parti dichiarazioni di solidarietà nei confronti del Ministro Alfano e del suo vice capo di gabinetto; ritengo un atto politicamente doveroso esprimere, a nome del mio gruppo, solidarietà al Ministro Alfano e al suo vice capo di gabinetto in quest'Aula, solidarietà politica e personale, insieme alla convinzione della necessità di andare avanti sulla strada delle riforme intraprese e di non lasciarsi mai intimidire da questo genere di gesti, assolutamente vili e condannabili.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, conoscendo il Ministro Alfano sono sicuro che non si farà intimidire, ma per me ovviamente è l'occasione per unirmi alle considerazioni svolte, e soprattutto alla fiducia nei confronti della libertà di pensiero, che non si fa condizionare da questi atti, del Ministro e anche del vice capo di gabinetto.
Non c'è mai una motivazione quando si usano questi mezzi, che ovviamente non possono essere motivati da alcuna ragione se non da quella di atti che si qualificano da sé. Colgo l'occasione per dire che, solo qualche settimana fa, il segretario regionale del Partito Democratico del Lazio ha ricevuto anch'egli dei bossoli; ovviamente le motivazioni sono state diverse, ma il mezzo è lo stesso e credo che vada condannato.
Colgo inoltre l'occasione per rivolgere parole di solidarietà anche al Ministro Maroni, che non ha ricevuto dei bossoli da chicchessia, ma ha avuto delle scritte sotto casa che credo meritino la stessa qualifica che stiamo riservando a questi atti. Penso che sarebbe davvero il caso che da qualunque parte arrivino e a chiunque siano destinati questi atti si facesse in modo che la politica trovi delle forme di espressione che non siano condizionate da questi gesti, che sono ovviamente inqualificabili e che non possono che essere condannati da tutti quanti.

PRESIDENTE. Credo di esprimere i sentimenti di tutta l'Assemblea manifestando solidarietà al Ministro Alfano, al suo vicecapo di gabinetto, alla moglie del vicecapo di gabinetto e anche al Ministro Maroni e a tutti quanti sono stati oggetto di intimidazioni. Il metodo democratico è la forza della nostra Repubblica, su questo siamo uniti e su questo tale unità non deve mai venire meno.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di proposte di legge (ore 21,04).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sottoindicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla IV Commissione (Difesa):
S. 1202. - Senatori CANTONI ed altri: «Modifica dell'articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 82, in materia di arruolamento dei congiunti di appartenenti alle Forze armate vittime del dovere» (Approvata dalla 4a Commissione permanente del Senato) (2120).
A tale proposta di legge è abbinata la proposta di legge: CIRIELLI: «Modifica all'articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 82, in materia di arruolamento per chiamata diretta nominativa nel ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente in favore dei congiunti delle vittime del dovere» (1896).

Pag. 64

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 16 giugno 2009, alle 9,30:

1. - Informativa urgente del Governo sul ferimento di tre militari italiani nel corso di un conflitto a fuoco avvenuto a Farah, in Afghanistan.

(ore 14)

2. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 2120 ed abbinata.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1534 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile (Approvato dal Senato) (2468).
- Relatore: Tortoli.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174, Evangelisti ed altri n. 1-00190 e Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191 concernenti iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare in vista del prossimo vertice del G8.

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla IV Commissione (Difesa):
S. 1202. - Senatori CANTONI ed altri: «Modifica dell'articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 82, in materia di arruolamento dei congiunti di appartenenti alle Forze armate vittime del dovere» (approvata dalla 4a Commissione permanente del Senato) (2120).
A tale proposta di legge è abbinata la proposta di legge: CIRIELLI: «Modifica all'articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 82, in materia di arruolamento per chiamata diretta nominativa nel ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente in favore dei congiunti delle vittime del dovere» (1896).

La seduta termina alle 21,05.