XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 135 di mercoledì 18 febbraio 2009

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 9,30.

MIMMO LUCÀ, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 febbraio 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bernardo, Boniver, Brugger, Cambursano, D'Amico, De Biasi, Donadi, Renato Farina, Garofani, Lo Monte, Mantini, Mecacci, Migliori, Picchi, Romani, Luciano Rossi, Vegas, Villecco Calipari e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: S. 1305 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti (Approvato dal Senato) (A.C. 2198) (ore 9,33).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2198)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Unione di Centro e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la I Commissione, onorevole Volpi, ha facoltà di svolgere la relazione.

RAFFAELE VOLPI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, rappresentanti del Governo, anche in questa circostanza, la Camera dei deputati è chiamata ad esaminare, in tempi ristrettissimi, un decreto-legge dal contenuto estremamente composito ed anche, in molte parti, frammentario. Il decreto-legge, suddiviso originariamente in 45 articoli, recanti prorogaPag. 2di termini in diversi settori materiali di intervento ed articolato in 14 capi, si è significativamente arricchito nel corso dell'esame presso il Senato della Repubblica.
Durante l'iter del provvedimento in Assemblea è, infatti, stato presentato un emendamento governativo, su cui è stata posta la questione di fiducia, che in parte recepisce emendamenti approvati dalla I Commissione del Senato ed in parte introduce nuove disposizioni.
Nel complesso, il testo sottoposto all'esame di questa Assemblea si contraddistingue, purtroppo, anche per l'eterogeneità del suo contenuto, non solo sotto il profilo della pluralità di materie oggetto di intervento, ma anche per il legame, non sempre diretto, con la proroga di termini in scadenza, ovvero con le disposizioni finanziarie a cui lo stesso titolo del decreto-legge fa riferimento.
Sotto il profilo dell'iter legis il provvedimento di proroga termini presenta, ormai da alcuni anni, carenze strutturali in rapporto al nostro assetto bicamerale, in quanto, di regola, alla Camera che esamina in seconda battuta il provvedimento è richiesto un esame meramente formale, al fine di evitare la decadenza del decreto-legge. Quanto al merito delle innovazioni contenute nel provvedimento, come relatore per la I Commissione, mi limiterò ad un esame delle disposizioni relative ai fini della materia affari costituzionali, riservando, ovviamente, al mio collega Toccafondi, l'analisi degli aspetti che afferiscono alla V Commissione.
Il capo I, sulla Presidenza del Consiglio dei ministri, si compone di un unico articolo, l'articolo 1, che proroga la fornitura di servizi radiotelevisivi da parte della RAI alla Repubblica di San Marino, fino alla ratifica del nuovo accordo di collaborazione in campo radiotelevisivo fra la Repubblica italiana e la stessa Repubblica di San Marino.
Il capo III, sulla pubblica amministrazione e innovazione, all'articolo 3, comma 1, proroga al 31 dicembre 2009 il termine a decorrere dal quale sarà consentito l'accesso ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni unicamente tramite la carta d'identità elettronica e la carta nazionale dei servizi. Il comma 1-bis rende applicabili agli enti nazionali vigilati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali le disposizioni della legge n. 14 del 1978 sul limite massimo di due rinnovi per le nomine degli enti pubblici sottoposti al controllo parlamentare.
Il comma 1-ter proroga al 1 gennaio 2010 l'entrata in vigore della disposizione che vieta la permanenza dell'adesione da parte dei comuni a più di una forma associativa tra quelle previste dal Testo unico sugli enti locali, disponendo l'immunità dei relativi atti.
I commi da 1-quater a 1-sexies dispongono il mantenimento nel bilancio per il 2009 delle disponibilità di conto capitale relative al Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico, iscritte in conto residuo per l'anno 2008 e non utilizzate al termine dell'esercizio finanziario.
L'articolo 4 proroga dal 31 dicembre 2008 al 30 giugno 2009 il termine per l'emanazione dei regolamenti di delegificazione per la riduzione e il riordino degli enti e organismi pubblici statali.
L'articolo 5 proroga al 31 dicembre 2009 il termine di validità delle graduatorie concorsuali, approvate successivamente al 1 gennaio 1999, per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni.
L'articolo 6 proroga al 30 giugno 2009 l'applicazione delle disposizioni che consentono alle amministrazioni dello Stato e ad altre determinate pubbliche amministrazioni, di riservare i posti messi a concorso, nella misura del 20 per cento, al personale precario di livello non dirigenziale in possesso dei requisiti per la stabilizzazione.
L'articolo 7 esclude la possibilità che gli enti territoriali e le autonomie funzionali partecipino alla società di rilevazione statistica che l'ISTAT è autorizzata a costituire, prorogando di sei mesi i contratti di collaborazione in corso al 30 settembre 2005.Pag. 3
L'articolo 7-bis rinvia ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 luglio 2009, la definizione dei criteri e parametri di misurabilità dei risultati dell'azione amministrativa, da applicare ai fini dell'erogazione del trattamento economico accessorio al personale.
L'articolo 8 consente l'utilizzo delle risorse destinate a far fronte all'obbligo della pubblica amministrazione, quale datore di lavoro, di contribuire al finanziamento dei fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato, anche per il finanziamento delle spese di avvio dei fondi di previdenza complementare per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Nel capo V (affari esteri) si segnala l'articolo 10, commi 1 e 2, sulle proroghe del termine per il rinnovo dei Comites (Comitati degli italiani all'estero) e del Consiglio generale degli italiani all'estero. Sempre all'articolo 10, il comma 2-bis disciplina la promozione al grado di consigliere di legazione dei funzionari diplomatici entrati in servizio dal 1999 al 2007. Il comma 2-ter apporta una correzione tecnica in materia di razionalizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare appartenente allo Stato e situato all'estero.
Il comma 2-quater modifica la disciplina del Fondo speciale presso le rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero, consentendone l'impiego anche per coprire le spese di funzionamento delle rappresentanze diplomatiche o delle sedi consolari all'estero.
Il capo VI è dedicato agli affari interni. L'articolo 11 proroga al 31 dicembre 2009 l'obbligo di richiesta di licenza al questore, per i gestori di esercizi pubblici o circoli privati dotati di apparecchi per le comunicazioni telefoniche e Internet.
L'articolo 12, comma 1, regola la conservazione nel conto dei residui per il 2009 delle disponibilità finanziarie recate dalle leggi istitutive delle province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani. Il comma 2 modifica la disciplina relativa alla promozione alla qualifica di viceprefetto per il personale in servizio alla data del 17 giugno 2000.
Il comma 2-bis regola il mantenimento in bilancio, nel conto dei residui per l'anno 2009, delle somme iscritte in applicazione di quattro recenti provvedimenti legislativi che riconoscono benefici alle vittime della criminalità.
L'articolo 12-bis amplia la facoltà di interazione con i detenuti attraverso la nuova figura del garante dei diritti dei detenuti.
Nel capo VII, in materia di difesa, l'articolo 14 reca una serie di proroghe di termini relativi all'amministrazione della difesa.
Con riferimento al capo VIII, sullo sviluppo economico, si segnala l'articolo 19, che differisce di ulteriori sei mesi l'entrata in vigore della disciplina dell'azione collettiva risarcitoria a tutela degli interessi dei consumatori.
Nel capo XI - lavoro, salute e politiche sociali - particolare rilievo assumono l'articolo 32, sulla proroga di alcuni termini in materia di sicurezza sul lavoro, e l'articolo 34-bis, che autorizza il rinnovo, per un massimo di cinque anni, degli incarichi del personale medico, veterinario, chimico e farmacista, in servizio presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al fine di garantire i controlli obbligatori in materia di profilassi internazionale. Inoltre, i commi 4 e 7 stabiliscono la nuova pianta organica dell'Agenzia italiana del farmaco.
Sempre al Capo XI l'articolo 35 reca, ai primi tre commi, norme in materia di personale degli enti di ricerca. Il comma 4 regola la permanenza in servizio del personale, ex dipendente dell'ente pubblico CONI, successivamente transitato alle dipendenze della società CONI Servizi Spa ed attualmente in servizio presso le Federazioni sportive nazionali. I commi 5, 6 e 7 introducono benefici fiscali in favore delle associazioni sportive.
I commi da 8 a 13 dettano una serie di norme volte a definire il reddito di riferimento ai fini della determinazione di prestazioni previdenziali o assistenziali collegate al reddito. Il comma 14 prorogaPag. 4al 31 dicembre 2009 il termine per l'emanazione del decreto ministeriale destinato a predisporre un progetto per l'istituzione di una rete nazionale di banche per la conservazione di cellule staminali del cordone ombelicale. Il comma 16 reca disposizioni concernenti la ricostruzione della carriera dei militari già docenti nella Scuola superiore dell'economia e delle finanze.
Nel Capo XII, sull'istruzione, l'università e la ricerca, l'articolo 36, al comma 1, proroga il termine relativo al completamento delle operazioni riguardanti il personale docente di ruolo. Il comma 1-bis sancisce la validità dell'abilitazione all'insegnamento conseguita dai docenti ammessi con riserva ai corsi speciali per il conseguimento della medesima abilitazione.
L'articolo 37, comma 1, posticipa all'anno scolastico e formativo 2010-2011 l'attuazione della riforma del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione. Il comma 2-bis posticipa all'anno accademico 2010-2011 l'applicazione delle disposizioni in materia di valutazione della qualità dei risultati scolastici ai fini dell'accesso ai corsi di laurea universitari a numero programmato, mentre il comma 2-ter modifica il punteggio massimo degli esami di ammissione e la relativa distribuzione interna. Il comma 2-quater consente la proroga delle convenzioni stipulate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con gli istituti bancari per la gestione degli interventi di sostegno alla ricerca industriale.
Con riferimento al Capo XIV, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, l'articolo 41-bis apporta modifiche a diversi aspetti della disciplina vigente in materia di editoria regolando l'accesso ai contributi per i quotidiani e periodici organi di partito o movimenti politici. Il comma 2 reca modifiche alla normativa relativa agli assetti societari delle imprese editrici. Il comma 3 stabilisce, nell'ambito delle disponibilità stanziate nel bilancio dello Stato per l'editoria, la preferenza per i contributi diretti e, in via sussidiaria, per le altre tipologie di agevolazioni del settore.
Il comma 5 prevede che anche i giornalisti dei periodici, ammessi al trattamento di cassa integrazione, possano optare per il pensionamento anticipato. Il comma 7 reca un ulteriore intervento volto al sostegno degli oneri derivanti dalle prestazioni di vecchiaia anticipate per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale.
L'articolo 42-bis dispone la sanatoria delle violazioni delle norme in materia d'affissioni e pubblicità commesse dal gennaio 2005 fino alla data di entrata in vigore del provvedimento, relativamente alle affissioni di manifesti politici.
L'articolo 44 introduce una serie di modifiche al cosiddetto «codice della privacy» prevedendo nei commi 1 e 11 la non applicabilità del divieto di riassegnazione degli introiti derivanti dalle sanzioni irrogate dal Garante. Il comma 1-bis consente fino al 31 dicembre 2009 l'utilizzo dei dati contenuti negli elenchi telefonici formati prima del 1 agosto 2005 per finalità promozionali. I commi da 2 a 9 modificano il trattamento sanzionatorio in caso di violazioni del codice. Il comma 10 modifica l'importo della sanzione amministrativa prevista nel caso di violazione di alcune disposizioni del Codice del consumo.
All'articolo 44-bis si prevede la realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie o l'aumento della capienza di quelle esistenti per far fronte all'emergenza penitenziaria. A tal fine il capo del DAP, è nominato commissario straordinario delegato e potrà avvalersi di ausiliari nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri tra i dirigenti generali dello Stato ed i prefetti collocati a riposo. L'articolo detta poi una disciplina generale a carattere transitorio della cassa delle ammende, confermandone l'istituzione presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia.
Mi permetto, signor Presidente, concludendo, di fare una specificazione, sentitaPag. 5anche una parte del dibattito svoltosi ieri in Assemblea. Vorrei specificare che, a nome mio e del collega Toccafondi non c'è stata, da parte dei relatori, alcuna volontà. Purtroppo, i tempi ci hanno costretto a fare delle scelte, ma non abbiamo voluto assolutamente avere un momento di scortesia, né istituzionale, né politica, verso i colleghi delle Commissioni e ora dell'Assemblea. I tempi, purtroppo, ci hanno costretto a delle scelte.

PRESIDENTE. Il Relatore per la V Commissione, onorevole Toccafondi, ha facoltà di svolgere la relazione.

GABRIELE TOCCAFONDI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, del metodo e dei tempi del decreto-legge abbiamo già detto, ma occorre comunque riaffermare che i tempi dell'atto e la decisione di inserirlo in calendario per oggi (ricordo che tale decisione è stata assunta giovedì scorso dalla Conferenza dei presidenti di gruppo) ci hanno costretto a contingentare i tempi, non riuscendo ad entrare in maniera compiuta nel merito. Tuttavia, voglio comunque ricordare che lunedì i due relatori (io e il collega Volpi) hanno effettuato la loro relazione in Commissione e ieri il Governo ha presentato una relazione tecnica sui tanti punti sollevati dai due relatori.
Ad aumentare poi le difficoltà oggettive, oltre alla questione di calendario e le scadenze che conosciamo rispetto al decreto-legge, c'è da aggiungere la materia del decreto-legge stesso. Direi che mai nome o nomignolo fu più corretto: il cosiddetto «milleproroghe». È da notare, infatti, soprattutto che il contenuto del decreto-legge riguarda tante e tali materie collegate tra loro essenzialmente da disposizioni di urgenza sia finanziaria, che tecnica. Infatti, il disegno di legge in esame reca disposizioni di contenuto eterogeneo, che incidono su distinti settori, risultando unificati nella maggior parte dei casi dalla finalità di prorogare o differire i termini previsti o anche di prolungare l'applicazione di discipline transitorie. Il provvedimento accompagna numerose misure sia di carattere ordinamentale, che di natura finanziaria, volte a completare, integrare, ma anche a correggere, quanto disposto soprattutto da decreti-legge in materia economica come il n. 112 e il n. 185 del 2008 o la stessa legge finanziaria per il 2009.
Nella relazione mi limiterò ad elencare alcuni aspetti contenuti nell'atto. Con il decreto-legge si riformula il comma 48 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2009 recante disposizioni volte ad escludere l'applicazione delle misure sanzionatorie previste per gli enti locali per il mancato rispetto del Patto di stabilità interno negli anni 2009-2011, nelle ipotesi nelle quali il mancato rispetto sia conseguente a spese relative a nuovi interventi infrastrutturali appositamente autorizzati con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.
Pertanto, si esclude l'applicazione delle misure sanzionatorie previste per gli enti locali per il mancato rispetto del Patto di stabilità, nelle ipotesi nelle quali tale mancato rispetto sia conseguente a spese relative a nuovi interventi infrastrutturali. Va rilevato che questa modifica reca una migliore formulazione della norma già introdotta con la legge finanziaria per il 2009, lasciando sostanzialmente inalterato l'impianto della disciplina. L'unica modifica rilevante, rispetto alla versione vigente della norma, riguarda il criterio della virtuosità, ossia il livello dell'ammontare degli impegni di spesa corrente preso come riferimento ai fini dell'individuazione degli enti interessati dalla deroga all'applicazione delle sanzioni. Nella norma si riconosce, inoltre, che la ruralità dei fabbricati ai fini ICI deve essere rilevata sulla base dei requisiti indicati nell'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993, anche nel caso in cui le unità immobiliari risultino iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricato.
Si ricorda che l'attribuzione della ruralità ai fabbricati comporta ai fini fiscali l'esenzione delle imposte ordinarie, ovvero l'ICI, l'IRPEF o l'IRES, mentre la perdita del suddetto requisito comporta l'applicazionePag. 6della tassazione ordinaria. La necessità di un intervento normativo diretto a chiarire la procedura applicabile per la qualificazione dei fabbricati rurali era evidenziata dalla presenza di un notevole contenzioso in materia.
Il decreto prevede anche la proroga al 1 gennaio 2010 della data a partire dalla quale si dovrà applicare la nuova normativa in materia di limitazione alla guida dei neopatentati. La nuova proroga è motivata dalla necessità di rinviare l'entrata in vigore della norma che potrebbe portare alla conseguenza di vietare la guida di automobili di piccola e media grandezza con un alto livello di sicurezza, consentendo invece la guida di vetture meno sicure, più grandi e impegnative da guidare.
Sono altresì introdotte sanzioni pecuniarie a carico di chi conduce unità da diporto sotto effetto di sostanze alcoliche o stupefacenti. Si prevede la sanzione amministrativa di una somma da 2.066 euro a 8.263 euro per chi assume il comando, la condotta o la direzione di un'unità da diporto in stato di ubriachezza o sotto effetto di sostanze stupefacenti. La sanzione è raddoppiata per chi si trovi al comando di navi da diporto.
Viene prorogata sino al 31 dicembre 2009 la durata della convenzione attualmente in corso da parte di Tirrenia navigazione Spa e le società da questa controllate, quali società di navigazione che assicurano i collegamenti marittimi essenziali, in primo luogo con lo specifico obiettivo di realizzare la definitiva liberalizzazione del settore del cabotaggio marittimo attraverso il completamento del processo di privatizzazione delle società di navigazione entro il 31 dicembre 2009.
Si differisce dal 30 dicembre 2008 al 30 giugno 2009 il termine previsto per l'attuazione del piano di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie detenute nei settori non strategici da parte dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa, ex Sviluppo Italia Spa, per quanto concerne la cessione alle regioni delle società regionali dell'Agenzia. La proroga risulta necessaria in quanto le trattative in atto con le regioni hanno fatto emergere diversi problemi la cui soluzione è ritenuta pregiudiziale da parte delle stesse amministrazioni regionali ai fini del trasferimento delle società regionali dell'Agenzia.
Si differisce al 30 giugno 2009 il termine per la conclusione dell'indagine conoscitiva del Ministero dei trasporti sulla rete ferroviaria. L'indagine è volta ad individuare i servizi di collegamento ferroviario in grado di raggiungere condizioni di equilibrio economico destinati alla liberalizzazione e di servizi da mantenere in esercizio tramite contratti di servizio pubblico, in quanto non in grado di essere forniti in condizioni di equilibrio economico, ma ritenuti di utilità sociale.
Si pone poi in liquidazione con il decreto il patrimonio separato relativo alla prima operazione di cartolarizzazione effettuata dalla società Cartolarizzazione immobili pubblici Srl, conosciuta come SCIP, ed il patrimonio separato relativo alla seconda operazione di cartolarizzazione effettuata dalla stessa SCIP, trasferendo la proprietà degli immobili ai soggetti originariamente proprietari degli stessi. Preso atto dell'eccezionale crisi economica internazionale e delle condizioni del mercato immobiliare e dei mercati finanziari, con la norma si pone in liquidazione il patrimonio separato relativo alla prima operazione di cartolarizzazione ed il patrimonio separato relativo alla seconda operazione di cartolarizzazione.
Concludo con l'ultimo articolo, quello relativo alle nuove infrastrutture carcerarie e all'aumento della capienza di quelle esistenti per far fronte all'emergenza penitenziaria. Al fine di procedere ai necessari investimenti vengono pertanto attribuiti al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria i poteri conferiti ai commissari straordinari delegati per la realizzazione degli investimenti pubblici.
Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione è previsto il compito di redigere un programma degli interventi necessari, semplificandone i tempi e le modalità di realizzazione ed indicando le risorse economiPag. 7che a tal fine occorrenti con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Sono, invece, determinate le opere necessarie per l'attuazione dei programmi con l'indicazione dei tempi di realizzazione di tutte le fasi dell'intervento e del quadro finanziario dello stesso.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, nell'affrontare questa discussione e nell'ascoltare le puntuali relazioni dei relatori della I e della V Commissione si ha la sensazione di assistere ad una stanca e ripetuta liturgia. In realtà, è soltanto l'osservazione esteriore che fa apparire questa una stanca e ripetuta liturgia, in quanto vi sono degli elementi di novità che credo sia il caso di segnalare.
Il primo elemento è un dato quasi statistico, ma non secondario. Il disegno di legge A.C. 2198, che in origine conteneva quarantacinque articoli raccolti in quattordici capi, ora può essere definito come una sorta di orribile mostro giuridico a seguito dell'inserimento al Senato di numerosi e nuovi articoli e numerosissimi commi aggiuntivi.
Al fine di una maggior comprensione credo che sarebbe utile calcolare questi commi aggiuntivi e lo farà l'osservatorio del Comitato per la legislazione. In base a questo calcolo vi posso dire con certezza che andremo ad aumentare la percentuale che già oggi si attesta all'85 per cento delle norme approvate per decreto in questo ramo del Parlamento Ma non è stato ancora effettuato il calcolo per quanto riguarda il decreto-legge collegato alla semplificazione, ovvero quel grosso tomo che conteneva l'abrogazione di 30 mila leggi (quindi dal punto di vista normativo certamente rappresenta un monumento), ma dovrà pur essere effettuato. È facile prevedere, di conseguenza, che con questo decreto quasi il 90 per cento dell'attività normativa di questo ramo del Parlamento sarà prodotta attraverso lo strumento del decreto-legge.
Naturalmente ne discuteremo in un altro contesto, ma, in ordine a questo orribile mostro giuridico, provate a mettervi nei panni di un cittadino (dalle tribune si può assistere alle sedute, ma oggi non vi è nessuno). Mi chiedo come faccia un cittadino a capire che sta per entrare in vigore una norma che lo riguarda. Onestamente, noi che siamo qui e che siamo quasi degli specialisti (almeno per i singoli settori) siamo in grado di dire quale sia l'intero contenuto normativo di questo provvedimento? In fede e in coscienza penso che i relatori in qualche modo l'abbiano detto: dopo il passaggio al Senato, alla Camera stiamo licenziando un provvedimento di cui lealmente possiamo dire che non conosciamo interamente il contenuto. Ne conosciamo delle parti, ma ciò non rientra nel principio democratico per cui la legge è approvata nella pubblicità del dibattito e il cittadino la conosce al momento in cui entra in vigore. Ciò costituisce un elemento di responsabilità non secondaria.
Ne parleremo nella pregiudiziale di costituzionalità, comunque il decreto-legge in esame è per definizione eterogeneo. Il relatore ed altri colleghi hanno detto che tutto è inficiato dal fine delle proroghe: ma io, esaminando il contenuto, mi permetto di dire che questo non è vero. È presente, infatti, nel testo soltanto un 30 per cento di proroghe o di differimenti di termini tecnicamente veri. Le restanti norme sono di altra natura e potevano benissimo essere collocate in altrettanti e diversi provvedimenti legislativi.
Ho sentito con piacere che il relatore per la V Commissione, onorevole Toccafondi, che adesso sta parlando, ha detto che la definizione milleproroghe è bella. Onorevole Toccafondi, il provvedimento in esame non è un milleproroghe: contienePag. 8una cinquantina di proroghe, mentre per il resto sono presenti norme che non c'entrano niente con la natura del cosiddetto milleproroghe (che ormai si chiama così). Le definizioni del provvedimento si sono rincorse: è stato battezzato come «la finanziaria dei poveri» o come la norma che consente ai parlamentari, diciamo, semplici di inserire provvedimenti che non passerebbero mai (ciò avviene soprattutto al Senato, per i noti criteri regolamentari più tolleranti rispetto a quelli vigenti alla Camera).
Onorevoli colleghi, ormai tutti, anche i più distratti, usano espressioni del tipo: vi meravigliate che si facciano queste cose orribili (orribile mostro giuridico)? In fondo lo hanno fatto tutti! Ormai è diventata una storiella ricorrente: lo hanno fatto tutti i Governi e quindi possiamo continuare a farlo: nessuno può scagliare la prima pietra.
Cito soltanto il provvedimento più recente, quello approvato dal Governo di centrosinistra, ossia il decreto-legge n. 248 del 2007, che certamente era caratterizzato - in più o in meno (in peggio) - dal fatto di essere stato approvato alla fine della legislatura: vi è stata una sorta di condivisione e di tacito accordo nell'inserire al suo interno alcune norme che dovevano diventare legge e non si poteva fare altrimenti (si è trattato di una sorta di convenzione silenziosa tra tutte le parti politiche).
Non è, però, sempre così: vorrei invitare tutti a riflettere sul fatto che il decreto-legge in esame peggiora la prassi invalsa su questo tipo di provvedimento. Mi rivolgo soprattutto al Governo, che ieri ha avuto la cortesia di essere presente in sede di Comitato per la legislazione e ci ha ascoltato in quella sede. Ci sono due adempimenti: l'analisi tecnico normativa (ATN) e l'analisi di impatto della regolazione (AIR) che mancavano vistosamente. I provvedimenti di questa natura, riguardanti le proroghe, non sono un fatto imprevedibile. Ditemi se un'amministrazione che funziona, quella che Brunetta sogna, non ha (come può avere un qualsiasi funzionario) un elenco dei provvedimenti normativi, la cui scadenza è prossima? Queste due tipologie di analisi, l'ATN e l'AIR, devono essere svolte, perché per tali provvedimenti sono indispensabili.
Vi ricordo che questo Governo ha emanato, l'11 settembre 2008, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, un regolamento che sostiene l'assoluta necessità di questi documenti e mi rivolgo al sottosegretario affinché lo possa riferire al Presidente del Consiglio (perché, come risulta dall'intestazione, il provvedimento proviene proprio dalla Presidenza del Consiglio): il Governo afferma che non adotterà più decreti-legge che non contengano questi strumenti di accompagnamento (l'AIR e l'ATN) e sostiene che tali adempimenti possano essere derogati con motivata decisione. Il Governo, quindi, emana un regolamento e poi lo contraddice esso stesso: non lo corredo né di ATN né dell'AIR, e, soprattutto, non ne dà alcuna giustificazione.
Si tratta, quindi, di non litigare con se stessi: questo regolamento del settembre 2008 è una contraddizione. Vorrei, pertanto, avere una risposta: perché non si spiegano almeno le ragioni per le quali si rinuncia ad uno strumento che si vuole (attualizzando oggi, con questo riferimento normativo) assolutamente realizzare? Vi è un peggioramento, che è stato colto anche dal Comitato per la legislazione, che in maniera unanime, pur avendo discusso delle varie tipologie di decreti-legge ha rivolto una raccomandazione - credo diretta al Presidente della Camera e al Governo -, relativa al fatto che questo modo di legiferare è assolutamente inaccettabile.
Se il Comitato per la legislazione fosse l'acquasanta, questo sarebbe il diavolo. È proprio il modo, in negativo, in cui devono essere fatte le leggi. Il Comitato, in qualche modo, per i poteri che ha, si ribella a questo modo di fare le leggi e dice di farle in un altro modo. Non ci vuole molta fantasia. Io ho scritto al Ministro Calderoli e al Ministro Vito una lettera in cui dico loro di guardarsi intorno e mi riferisco alle regioni, perché i problemi di manutenzione legislativa non riguardano solo ilPag. 9Parlamento nazionale. La manutenzione legislativa è fisiologica, ma non si fa in questo modo, non con un decreto-legge, che inevitabilmente diventa un decreto in cui c'è tutto e che, quindi, sostanzialmente cessa di essere un provvedimento di manutenzione legislativa.
Ho citato esempi di leggi regionali, dette di manutenzione legislativa, che le regioni approvano ogni sei mesi. Periodicamente viene approvata una legge, non un decreto-legge, con la quale si aggiorna, si fanno rifiniture e ritocchi, come ad una casa cui viene fatta la manutenzione. È un'altra la tecnica virtuosa e possibile. Perché non si vuol applicare? È una cosa assolutamente fattibile.
Adesso vorrei soltanto brevemente fare alcuni esempi di carattere generale, relativi alle disposizioni contenute nel decreto-legge che non dovrebbero essere presenti e successivamente citerò alcuni esempi concreti (lo faranno anche i colleghi delle singole Commissioni di merito iscritti a parlare).
Il Comitato per la legislazione, che naturalmente vede questo provvedimento come la cosa più perversa che si possa immaginare, muove questi rilievi di carattere generale. Voi li avete in qualche modo esemplificati, ma ripetendoli forse saranno più chiari: il provvedimento contiene numerose misure sia di carattere ordinamentale, ossia le regole, sia di natura finanziaria, volte a correggere, completare e integrare quanto disposto nei decreti-legge in materia economica.
Dunque, avete tanto beatificato il decreto-legge n. 112 del 2008, ma sapete che lo avete modificato una quarantina di volte? Se siete così convinti, perché non dite anche di aver fatto un tentativo, un provvedimento che poi avete modificato con tutti quelli successivi.
Qui si modifica non solo il decreto-legge n. 112 del 2008 per l'ennesima volta, ma anche il decreto-legge n. 185 del 2008, convertito in legge il 29 gennaio 2009. Quindi, si prevedono norme ordinamentali che non c'entrano niente con un decreto milleproroghe, e norme di natura finanziaria, che dovevano essere contenute in quei provvedimenti, e si usa questo decreto-legge come correttore di bozze. Sono bozze che sono leggi.
Nel parere - non vi faccio gli esempi, ma sono numerosissimi e qualcuno è già stato fatto anche qui - viene detto che il decreto-legge procede a numerose modifiche della disciplina vigente e non effettua, salvo rarissimi casi, un adeguato coordinamento con le preesistenti fonti normative. Lo abbiamo già detto ieri: non si possono prevedere modifiche e non coordinarle con le norme precedenti.
Ancora una volta il cittadino maledirà tante volte questo Parlamento, che opera in questo modo, perché non riuscirà nel tentativo, poiché non ci riescono neanche coloro che professionalmente svolgono questo mestiere. È inutile che vi dica che questo non si deve fare, ma qui viene fatto in maniera sovrabbondante.
Il provvedimento dispone la proroga - qui saremmo in tema, ma purtroppo non lo siamo più per un altro motivo - di taluni termini legislativi, la cui scadenza è stata rinviata numerosissime volte. Dunque, bisogna chiarirsi: se vi sono rinvii di termini che risalgono a dieci anni prima, la consideriamo ancora una proroga normativa o è sostanzialmente un'altra disciplina? Si va avanti con discipline transitorie che ormai fanno ridere tutti. Questo modo di legiferare non ha senso.
Il decreto-legge reca disposizioni che appaiono idonee a produrre effetti retroattivi. Penso che anche su questo punto non dobbiamo essere del tutto tranquilli. È vero che la retroattività è grave, anzi impossibile, in materia penale e pone problemi molto seri in materia fiscale, ma prevedere la retroattività in generale non è un modo di fare le leggi, perché le leggi si fanno per l'avvenire, non per il passato.
Questo della retroattività è un carattere che norme presenti nel provvedimento hanno. Ancora una volta, rinvio, per gli esempi, al parere del Comitato per la legislazione, che, in questo caso, consiglierei di leggere con particolare attenzione, almeno per capire in quale altra strada si può andare.Pag. 10
Naturalmente, incide su discipline contenute in fonti normative di rango subordinato (rilievo che ho fatto anche a proposito del cosiddetto «provvedimento Brunetta»). Al riguardo, ciò sembra alquanto ridicolo; uno non capisce, io non capivo all'inizio. Mi dicevo: se una materia è disciplinata da un regolamento, sul quale può intervenire il Governo, lo faccia il Governo e non venga in Parlamento a dire che vuole prorogare un termine contenuto in un regolamento.
Poi, naturalmente, riflettendo, uno capisce: un regolamento, comunque sia, richiede, non foss'altro per il parere del Consiglio di Stato, termini maggiori. Penso che adesso la prossima mossa, dopo aver modificato le norme a garanzia dell'indipendenza della Corte dei conti, sarà modificare anche quelle relative al Consiglio di Stato, per dirgli: i pareri, li devi fare in termini più brevi dei sessanta giorni previsti per la conversione, perché allora a noi conviene varare il regolamento.
Ma oggi è vietatissimo modificare con fonte primaria una fonte secondaria, perché diventa difficile il controllo a tutela dei cittadini. Dove si va, al Consiglio di Stato o alla Corte costituzionale, per avere giustizia?
Vi raccomanderei di segnalare queste cose.
Qui vi è poi una perla, che «tocca» il merito: «il decreto contiene diverse norme il cui contenuto è analogo a disposizioni già oggetto di approvazione da parte della Camera dei deputati e che risultano attualmente all'esame del Senato (...)». Vorrei al riguardo farvi l'esempio del regolamento di delegificazione in materia di editoria. Abbiamo discusso in questa Camera a lungo: quei regolamenti sono molto delicati, «toccano» le sovvenzioni a favore dell'editoria, anche minore; è materia abbastanza delicata. Regolamento di delegificazione. Si è discusso qui a lungo, dicendo che ci voleva un parere vincolante; avevamo trovato questo tipo di accordo.
Ora, nel decreto milleproroghe, si modifica questa norma, che è stata frutto di un accordo in questa Camera, e si afferma che vi è il parere, ma non è più vincolante.
O è un gioco di prestigio o è una truffa, perché, se qui si è discusso per prevedere il parere vincolante e poi il parere è ancora previsto, ma non è più vincolante, vuol dire che, evidentemente, si cambiano le carte in tavola, e questo non è corretto nella sostanza. Certo, parlare di correttezza di fronte a questo atto mi pare un po' ridicolo, però diciamo che è gravemente scorretto.
Vi sono modifiche a codici e testi unici, fatte senza utilizzare la tecnica della novella. È inutile che andiate a raccontare che volete fare i testi unici e i codici, se poi li modificate implicitamente, non in maniera esplicita; il cittadino che legge il Codice in materia di protezione dei dati personali pensa di trovare tutto lì e poi si accorge che il decreto milleproroghe modifica una regola sostanziale.
Questo è, non dico scorretto, ma, certo, fortemente sconsigliabile. Vi sono poi altre considerazioni critiche minori, che tralascio. Sul merito, questo vettore, del tutto anomalo e peggiorato in questa edizione, serve, tra l'altro, ad alcune cose di questo genere. La class action: ne abbiamo discusso in quella forma minimale, che viene chiamata impropriamente class action, contenuta nel «provvedimento Brunetta» e che non è tale, ma è una forma di reclamo collettivo, che non conta nulla.
La class action, quella vera, è prorogata per l'ennesima volta; sostanzialmente, si afferma che quanto introdotto nell'ordinamento nella scorsa legislatura si farà, ma si continua a rinviare.
Delle due l'una: si abbia il coraggio di dire che non si farà più, ma continuare a prorogare una misura di questa natura e dopo contrabbandare come tale un provvedimento che non le assomiglia neanche lontanamente mi pare fortemente riprovevole.
La class action viene trattata all'articolo 19, mentre sulla privacy interviene l'articolo 44. Con un emendamento si è stabilito che i dati personali presenti nelle banche dati costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1 agosto 2005 - le vicende adesso evocate per Genchi ed altri, queste banche dati chePag. 11giacciono nelle pieghe dell'amministrazione e della legislazione - sono lecitamente utilizzabili per fini promozionali fino al 31 dicembre 2009.
Salta dunque per esigenze di pubblicità e di marketing un valore fondamentale, che è la protezione dei dati personali, e ciò avviene naturalmente in maniera abbastanza oscura e coperta.
Quanto all'articolo 43-bis, in esso parliamo della SCIP, l'acronimo che sintetizza la società per la cartolarizzazione di immobili pubblici. Ricordo il titolo di un giornale che diceva: «Tremonti liquida il veicolo al cui indirizzo spuntano oggi 40 società controllate da fondazioni olandesi. Muore la società che doveva far cassa cedendo immobili pubblici. Era un fulgido esempio di finanza creativa (...)», ma non vi voglio annoiare oltre. Queste società veicolo per la cartolarizzazione saranno messe in liquidazione. Nel merito molti potrebbero discutere: ma vi pare che il provvedimento milleproroghe sia l'atto ideale per una cosa di questo genere? Non siamo alla fine della legislatura, quando si dice: non c'è più tempo, dobbiamo varare questa misura perché altrimenti non si può più rimediare. No, siamo all'inizio, quindi si può benissimo fare con provvedimento ad hoc.
Devo ricordare solo che il peggioramento dei saldi previsti per il 2009 riflette, per un importo pari a 1,9 miliardi, la revisione della strategia relativa agli investimenti immobiliari. Ciò viene fatto notare, e quindi non è cosa di così poco conto.
Passiamo all'articolo 29, relativo ai taxi. Il comma 1-quater, introdotto nel corso dell'esame dell'articolo 29 presso il Senato, reca alcune sostanziali modifiche alla legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea. Mi dicevano i miei colleghi che l'altro ieri è stato difficilissimo raggiungere la sede di Montecitorio dall'aereoporto perché era in corso una manifestazione dei noleggiatori, che hanno visto nel provvedimento in esame il cambiamento di una linea che, anche in questo caso, è merito, è totalmente merito; ma intervenire col provvedimento in esame significa non poter neanche governare i processi e, comunque, dà la sensazione di una legislazione schizofrenica.
Sull'ambiente, l'articolo 29, comma 1-octies, sulle fonti di energia rinnovabili. Le energie rinnovabili, ecosostenibili, obbligatorie in tutte le case aspetteranno ancora un anno: l'obbligo doveva essere operativo da gennaio 2009, slitterà invece a gennaio 2010. È una proroga, certo; ma le proroghe non vanno solo contate, vanno anche pesate: questa è una proroga che pesa, pesa molto di più di una cosa qualsiasi.
Devo dire che ci sono ancora altre norme che riguardano la cassa integrazione guadagni per quanto riguarda l'editoria. Sulla cultura, sono previsti i soliti interventi che non posso dire schizofrenici, ma nel momento in cui vi è preoccupazione per i tagli alla cultura appare singolare che il Governo legiferi sulla materia mediante una mera proroga dei commissari, senza indicare alcuna strategia, mentre occorrerebbe invece procedere celermente alla nomina dei vertici delle rispettive aziende. Ciò è contenuto nell'articolo 40.
Anche a proposito delle carceri, il provvedimento meritava attenzione in un'altra dimensione: si parla del Garante dei detenuti, provvedimento la cui discussione era iniziata in Aula nella scorsa legislatura e che non è andato a buon fine. Qui si cerca in qualche modo di rimediare, individuando i soggetti che possono entrare nelle carceri per svolgere l'attività che quel Garante avrebbe dovuto svolgere; così come sul Piano carceri vengono attribuiti al capo del dipartimento i poteri conferiti dall'articolo 20 del decreto-legge n. 185 del 2008 in materia di edificazione di nuove carceri. Anche in questo caso il problema è assolutamente fondato, ma cosa c'entra col provvedimento in esame?
Arriviamo alle conclusioni. Il provvedimento in esame è una forzatura gravissima. Perché? Ho già detto nel merito perché esso si distingue da quelli precedenti: arriva all'inizio della legislatura, contiene una serie di norme in violazionePag. 12di criteri che il Governo stesso aveva dato per emanare questo tipo di provvedimenti, fotografa, in negativo, come non dovrebbe in alcun modo essere la legislazione. Vorrei dire che c'è però un'aggiunta da fare: suggerirei alla Presidenza, se potesse, di fare un calcolo. Stiamo discutendo un provvedimento molto complesso sostanzialmente in un giorno e mezzo: si può fare un rapporto? Se non si discute, non si esamina un provvedimento molto circoscritto si può fare anche una polemica politica intorno a ciò; ma credo realmente che sia la prima volta che un provvedimento di questa portata, un centinaio di articoli e un numero incalcolabile di commi, arriva alla Camera il lunedì, viene discusso in una manciata di minuti, vengono fatti emendamenti e il mercoledì arriva in Aula con in più l'ipotesi della fiducia.
Siamo in Aula, lo stiamo discutendo, io stesso ho accennato ad alcuni dei suoi contenuti ma molti altri ve ne sono ancora: questa è allora la dimostrazione che il sistema dei decreti-legge porta il Parlamento ed il Governo (ma non mi pare che il Governo se ne preoccupi) ad imballarsi totalmente. Non siamo più neanche in grado di convertire i decreti-legge: questa è la certificazione del fatto che il Parlamento non riesce a convertire i decreti-legge! Questo decreto-legge passa alla Camera dei deputati come se fosse un ospite del tutto inatteso, mentre i parlamentari che dovrebbero essere i padroni di casa possono al massimo alzare la voce per protestare. Ma anche questo, a cosa serve (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)?

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, svolgerò qualche considerazione di carattere generale sul provvedimento al nostro esame, che ha posto una serie di interrogativi e di questioni durante i lavori presso le Commissioni riunite (questioni che sono state poste ovviamente dai relatori, gli onorevoli Volpi e Toccafondi, che ringrazio per il lavoro fatto e per l'impegno profuso in una situazione estremamente delicata e difficile).
Non vi è dubbio che questa mattina ci troviamo a discutere in Aula di un provvedimento «milleproroghe» (che riguarda, cioè, proroghe), ma non è la prima volta per la verità che con un'iniziativa del Governo, attraverso la decretazione d'urgenza, si guarda e si mira a proroghe di termini relativi ad alcuni provvedimenti e ad alcuni atti in scadenza. Questa è una prassi consolidatasi via via nel tempo, non so se positiva o negativa, ma negativa se diventa una fonte ordinaria di normazione tale da avere carattere di normalità, determinando veramente un'alterazione della corretta procedura legislativa e parlamentare.
Non vi è dubbio che parliamo (abbiamo ascoltato - almeno io - con molta attenzione l'intervento dell'onorevole Zaccaria) di procedure e di Comitato per la legislazione. Vorrei a tale proposito riferirmi a qualcosa che viene ovviamente prima rispetto all'impegno sul piano parlamentare, rispetto ai Regolamenti, nonché rispetto all'importanza e al ruolo del Comitato per la legislazione: mi riferisco al ruolo del Parlamento, come ho detto presso le Commissioni nelle quali si sono svolti i lavori e dove abbiamo tentato - lì dove è stato possibile farlo, ma non c'è stata data grande possibilità - di fornire un contributo.
Abbiamo evidenziato il ruolo e la centralità del Parlamento. Mi rendo conto che il provvedimento in discussione si avvia alla scadenza e che i tempi erano pressoché ristretti e bruciati già in partenza, come si suol dire; ma nulla, nemmeno la ristrettezza dei tempi e la caducazione di un provvedimento d'urgenza, giustifica l'espropriazione del ruolo e della centralità del Parlamento. Dico ciò con estrema chiarezza, perché questo è un dato su cui abbiamo posto l'accento: si tratta di un dato certamente istituzionale, ma anche di un dato politico e di un clima politico che non abbiamo mai accettato, per cui anche all'interno del Parlamento e del Paese si occupano spazi impropri e si restringePag. 13l'area della dialettica e a volte della libertà e dell'agibilità democratica, nella quale il Parlamento riemerge e rimane un momento fondamentale e insostituibile nel divenire del nostro Paese.
Questo è un dato su cui voglio, ovviamente, portare l'attenzione degli onorevoli colleghi e della Camera.
Come affermavo poc'anzi, voglio dare atto ai due relatori, soprattutto all'onorevole Volpi, di aver manifestato nella relazioni uno stato di disagio. Non vi è dubbio che un parlamentare che si trova costretto, in tempi rapidi, a definire una relazione, a lavorare su un testo, affronta un lavoro difficile, insostenibile e poco accettabile sul piano della dignità, non personale del parlamentare, ma del Parlamento stesso nel suo complesso. Il vulnus che si crea, infatti, non riguarda mai le persone, ma l'istituzione nel suo complesso: anche un provvedimento di urgenza come questo affievolisce nel suo significato e nella sua importanza rispetto ad un valore più ampio che tutti dovremmo sostenere e difendere.
Detto ciò, signor Presidente, vorrei dire all'onorevole Zaccaria che in una passata legislatura - ero allora relatore sulla riforma del Regolamento - abbiamo previsto l'introduzione del Comitato per la legislazione per semplificare, per rendere leggibili le leggi, per sottrarle al groviglio delle varie interpretazioni, ma soprattutto per svolgere un esame quasi escatologico della normativa, a volte criptica, che fa riferimenti scarsamente decifrabili e individuabili. A distanza di oltre dieci anni dalla nascita del Comitato della legislazione dovremmo fare una riflessione. Le valutazioni che lei, onorevole Zaccaria, svolge puntualmente, in ogni occasione, sono certamente accettabili, ma vorremmo capire se tutto ciò può avere un senso e un significato rispetto al lavoro del Comitato per la legislazione stesso. Qualcosa si deve cogliere nel lavoro del Comitato per la legislazione rispetto ad alcune procedure di intelligibilità. Debbo dire con estrema chiarezza - colgo questa occasione perché credo che sia quella più opportuna - che molte volte anche le opinioni espresse dal Comitato per la legislazione sono scarsamente intelligibili per i parlamentari. Vi sono certamente parlamentari che possiedono una grande apertura, una grande disponibilità alla sofferenza della ricerca, come lei onorevole Zaccaria, e che riescono ad addentrarsi e a rendersi conto del ginepraio di parole con cui il Comitato della legislazione esprime alcune posizioni nella discussione parlamentare. Ma vi sono ovviamente alcuni pareri del Comitato per la legislazione che molte volte si aggiungono alla cripticità delle norme stesse. Dico ciò con estrema chiarezza, in modo da chiarire alcuni aspetti, in modo che non vi siano tabù, verità, ma solo esigenze avvertite da tutti. Non vi è dubbio che la norma debba essere leggibile, compatibile, coordinata, deve avere una sua univocità, uno svolgimento razionale, a cui deve riferirsi l'azione del Comitato per la legislazione che è certamente nato per garantire tutto ciò e non per altro (non è nato per realizzare un supplemento di commenti alla legislazione esistente o per apportare un aggravio della legislazione esistente).
Ho fatto riferimento poc'anzi, signor Presidente, al fatto che il cosiddetto «milleproroghe» non è provvedimento nuovo (se fossi fazioso, lo attribuirei a questo Governo e direi che questo Governo vara il «milleproroghe»).
Io non sono fazioso, siamo tutti quanti uomini di mondo - come si suol dire - e abbiamo vissuto varie vicende e varie fasi della storia. I provvedimenti milleproroghe erano certamente lo strumento per fronteggiare situazioni non prevedibili o per innovare. Qui vi sono delle misure di proroga, per quanto riguarda alcuni aspetti, e vi sono alcune innovazioni.
L'aspetto che più fa senso e fa certamente nascere qualche perplessità e qualche remora in ciascuno è quello relativo alle innovazioni, ovverosia il fatto che, attraverso i provvedimenti milleproroghe, si tenta di normare in materie che certamente non sono oggetto di proroghe.
Posso capire la proroga relativa ad una certa scadenza, la proroga per la presentazione di un documento, per un adempimento,Pag. 14per una commissione di studio, ma non riesco a capire come alcuni provvedimenti, di grande portata, possano trovare una loro cittadinanza nel provvedimento milleproroghe, come se rappresentassero semplicemente un fatto burocratico e amministrativo. Mi riferisco, ad esempio, alla vicenda dell'editoria.
La vicenda dell'editoria non può essere trattata così surrettiziamente e con uno sviluppo strano, proveniente dall'altro ramo del Parlamento. Premetto che io ho molto rispetto per l'altro ramo del Parlamento, ma certamente non ho rispetto per i sotterfugi e per gli accordi che si verificano. Molte volte sull'editoria nessuno parla perché nessuno deve toccare i fili, perché si muove e non vi è neanche il coraggio di definire e di affrontare seriamente con forza e con approfondimenti questa materia. Ritengo che la vicenda dell'editoria, così affrontata nel provvedimento milleproroghe, rappresenti certamente un affronto nei confronti del Parlamento e del Paese. Infatti, tale vicenda riguarda l'assetto dei poteri e l'equilibrio dei poteri all'interno del nostro Paese.
In merito ad altre vicende potremmo parlare dei Comites e di quanto ha affermato il relatore in merito alle proroghe relative al Ministero degli affari esteri. I Comites non sono una materia concernente proroghe riferite all'elezione o alla scadenza (lo stesso vale per il Consiglio generale degli italiani all'estero). Bisogna capire se questi Comites funzionano bene così come sono stati previsti dalla norma. Hanno funzionato? Vi è l'occasione per discutere di questi Comites che sono dislocati sul pianeta, almeno nei Paesi dove vi è una grande concentrazione di emigrazione di italiani sia della prima sia della seconda generazione? Questo poteva essere anche un momento di raccordo e di confronto in termini molto seri per evitare che la materia possa essere trascinata e si possa tradurre in un provvedimento di decretazione di urgenza che ha soprattutto il sapore di un aggiornamento e di uno spostamento di date sul piano burocratico e amministrativo, con il tentativo ovviamente di non cogliere e di non soffermarsi sui problemi seri che possono riguardare il Paese. Non è stato soltanto un modo per sottrarre al Parlamento questo provvedimento. Il provvedimento in esame rappresenta il modo e il metodo per sottrarre al Parlamento l'esame di alcune questioni e alcuni temi, scanditi, confezionati e risolti in termini estremamente approssimativi e rabberciati.
Vi è poi una serie di altri temi e problemi che ovviamente non voglio esaminare, e vi è anche qualcosa di maggiore interesse: ad esempio, il tema della costruzione delle carceri e del relativo commissario. È possibile che non abbiamo neanche avuto la possibilità di affrontare questo argomento in Commissione? È possibile che l'esame di questo tema possa considerarsi esaustivo attraverso l'iter del cosiddetto decreto milleproroghe? Si tratta, tra l'altro, di un provvedimento che almeno questo ramo del Parlamento non ha avuto neanche la possibilità di discutere, considerato che oggi siamo in sede di discussione sulle linee generali, in seguito procederemo all'esame delle questioni pregiudiziali, e successivamente si prevede che venga posta la questione di fiducia.
Poche volte, per la verità, accade che il Governo, già al momento in cui si tiene la prima discussione in Commissione, preveda il percorso obbligato della posizione della questione di fiducia. Questo, per la verità, non è un fatto usuale, ma un fatto che ha una sua eccezionalità: molte volte, invece, vi è rispetto o, quanto meno, un gesto di ossequio nei confronti dei lavori parlamentari.
Anche per quanto riguarda l'edilizia penitenziaria, il commissario, il nome del commissario, il nome dei collaboratori del commissario sono tutti problemi che certamente nascono da una vicenda e da una storia che oggi è portata alla nostra attenzione: la presenza di 59 mila detenuti a fronte di 43 mila posti disponibili certamente apre una situazione di emergenza molto grave e drammatica. Dopo l'indulto, che qualcuno aveva giustificato proprio per alleggerire le carceri, ci troviamo invecePag. 15di fronte ad una situazione quo ante con un aggravio e soprattutto con una complessità di vicende e di storia.
Inoltre, dal provvedimento in esame emergono anche altri problemi sui quali vorrei rapidamente soffermarmi in questo particolare momento. È possibile nell'ambito della proroga parlare di enti di ricerca per quanto riguarda i problemi di mobilità e così via e non porsi il problema degli enti di ricerca in termini seri? Infatti, si tratta di un problema di proroga o del problema di capire e di vedere come si fa la ricerca e se la proroga approda ad una sistemazione di carattere generale della materia oppure è semplicemente un atto di spostamento dei termini.
Inoltre, proseguendo, per quanto riguarda il CONI, si tratta soltanto di un problema di proroga, di alcuni adempimenti concernenti il personale che vengono ad essere previsti oppure il CONI, anche per quanto concerne il personale dipendente, dovrebbe essere oggetto anche di una valutazione e di una discussione seria anche in questo Parlamento? Oppure è materia sottratta al Parlamento e noi siamo soltanto lo spolverino per esprimere alcune valutazioni ed elargire alcune proroghe che vengono richieste sul piano amministrativo e gestionale e che certamente non toccano e non inficiano il ruolo del CONI stesso?
Ritengo che si tratti di problemi che debbono essere affrontati. Ricordavo poco prima la questione dell'attività di ricerca: l'articolo 37, comma 2-quater, ovviamente e certamente riguarda le convenzioni stipulate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con gli istituti bancari. Ritengo che anche su questa vicenda che emerge nell'ambito delle proroghe deve essere sicuramente compiuta una valutazione attenta e seria perché si tratta di materia delicata e sappiamo quante devianze e quante alterazioni e quanti mancati obiettivi e traguardi vi siano stati.
Per tale ragione pongo queste considerazioni a mo' di esempio, signor Presidente, e certamente non in termini esaustivi di tutta una problematica. Mi consenta, anche per esperienze pregresse, di soffermarmi brevemente sulla parte presa in considerazione anche dal relatore per la V Commissione, l'onorevole Toccafondi: gli «articoletti» concernenti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Ritengo che, in questo caso, ci troviamo veramente in una posizione di estrema, grande difficoltà e, a mio avviso, di grande imbarazzo. Sono molto in imbarazzo. Sono d'accordo sulle disposizioni riguardanti la limitazione della guida, il diporto, il tasso alcolemico: sono d'accordissimo. Sono stato per la tolleranza zero e sono stato certamente a favore del recepimento in via analogica delle norme stringenti che afferiscono alla sicurezza stradale anche per quanto riguarda la navigazione, non soltanto da diporto. Vi è, tuttavia, una serie di problemi: infatti, tale questione deve essere certamente raccolta, confezionata e prevista nell'ambito di un provvedimento molto più ampio rispetto a quella che è la sicurezza stradale. Ci sono vari appuntamenti a cui guardiamo con grande attenzione e certamente aspettiamo una organicità della normativa, un testo unico.
Allo stesso modo aspettiamo i testi unici in tanti campi e in tanti settori e qui emerge ovviamente il problema della corretta legislazione, perché vi sono norme frammentate e frammistate, inserite in vari provvedimenti, senza avere una cognizione di causa e soprattutto un'intelligibilità o un'evoluzione storica e cronologica anche delle norme stesse. Non v'è dubbio che questo aspetto ci riguardi da vicino, perché pur essendo parlamentari non sappiamo tutto quello che avviene in queste aule e soprattutto nel mondo parlamentare, figuriamoci poi i cittadini.
Detto questo, per quanto riguarda la vendita e la somministrazione di bevande alcoliche, l'inquinamento acustico e via dicendo, tali norme potevano essere oggetto di una valutazione. Capisco quale possa essere l'urgenza, ma questo certamente ci pone anche un quesito di fondo su come questi temi e questi argomenti avrebbero dovuto trovare una collocazione molto più importante e fondamentale.Pag. 16
Poi vi sono le proroghe per la convenzione della Tirrenia: qui la situazione della Tirrenia viene rappresentata così. Siamo veramente in presenza di una posizione che non so definire, visto che ho un rapporto molto intenso e ormai consumato via via nel tempo con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (ma sulla vicenda della Tirrenia c'entra ovviamente anche il Ministro dell'economia e delle finanze). Ma vogliamo affrontare la questione della Tirrenia a colpi di proroghe? Oppure non vi è tutto il problema della Tirrenia e delle altre società di collegamento del nostro Paese con le isole minori? Ritengo che questo sia offensivo: è offensivo perché non se ne è potuto parlare, è offensivo perché tale provvedimento si trova all'interno del cosiddetto decreto milleproroghe, è offensivo per quello che ci sta dietro, perché non sappiamo cosa ci stia dietro e certamente - lo dico in Parlamento - è poco chiaro e soprattutto scarsamente rassicurante. Non possiamo coprire le cose andando avanti con la Tirrenia in questa maniera, con tutti i problemi che emergono.
Poi vi è l'indagine conoscitiva sulle ferrovie, che noi andiamo a prorogare. Veramente un provvedimento di questo genere avrebbe richiesto una diversa capacità e una diversa dignità anche da parte del Governo. Indagine conoscitiva sulle ferrovie? Qui bisogna capire la politica delle ferrovie, perché abbiamo già elementi sufficienti per conoscere le ferrovie. Il fatto è che nelle ferrovie vi è già un'azienda che è un potere a parte, svincolato dal Governo e dal controllo del Parlamento, l'ho sempre detto e non possiamo accettare le proroghe che ci vengono richieste sulle conoscenze, sulle indagini e sugli elementi, anche per quanto riguarda le ferrovie minori. Sono problemi grossi e gravi, a mio avviso.
Non voglio toccare altri temi, signor Presidente. Ho voluto portare qualche questione a titolo di esempio, per dire che certamente questa vicenda crea qualche perplessità e qualche problema a noi, membri del Parlamento, ma non perché uno sia dell'opposizione o della maggioranza: quando il Parlamento viene ad essere quanto meno «mitigato» nelle sue pretese di dignità di ruolo, è un problema che non riguarda semplicemente la maggioranza o la minoranza. Tutto questo dovremmo avvertirlo insieme, perché una scarsa considerazione non riguarda semplicemente un gruppo parlamentare presente in quest'Aula, ma ritengo che riguardi anche le istituzioni, in un momento in cui questa istituzione non credo che sia grandemente affermata nell'immaginario dell'opinione pubblica.
Poi, queste vicende affrettate anche sul piano legislativo non confortano nessuno, non arricchiscono nulla e creano più problemi che altro. Ho voluto, dunque, svolgere queste considerazioni, nella certezza che la mia posizione e la posizione dell'Unione di Centro non sia un fatto strumentale. Ho iniziato il mio intervento dicendo che non è la prima volta che ci interessiamo di provvedimenti milleproroghe: vi sono stati ovviamente tanti precedenti.
Tuttavia, questa è una pratica relativa ad una prassi che, certamente, deve essere rivista in termini forti, perché surrettiziamente molte volte, attraverso le proroghe, si innova e si dà una risposta a temi e argomenti che, forse, in termini limitati e svincolati, si avrebbe la forza di affrontare in modo esaustivo. Se questo è il discorso, non ci trova assolutamente d'accordo ed ecco il motivo delle nostre perplessità e delle nostre valutazioni.
Non posso dare alcuna valutazione ulteriore, signor Presidente, perché abbiamo presentato i nostri emendamenti, che saranno presentati a loro volta in Aula; inoltre, vi è sempre il voto di fiducia. Il voto di fiducia, infatti, ha funzionato non solo per l'Assemblea, ma anche per le Commissioni, perché, in quella sede, è stato detto che, poiché sarebbe stata posta la questione di fiducia, non si poteva perdere tempo. Quindi, il voto di fiducia è iniziato già, in termini pregressi, in occasione dei lavori delle Commissioni stesse. Pertanto, il nostro sforzo e il nostro contributo emendativo sono stati, di fatto, vanificati. Comunque, abbiamo presentatoPag. 17gli emendamenti, che hanno avuto un corso paragonabile ad un treno su un binario morto. Forse, in relazione alla situazione delle ferrovie, si è riusciti a svolgere un'indagine veramente conoscitiva con riferimento al binario morto: per le ferrovie il binario morto può andar bene, ma per il Parlamento e per il futuro del nostro Paese ciò è molto grave e preoccupante (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e del deputato Zaccaria).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghi, giovedì scorso, prima ancora che la Presidenza di turno (che era sempre del collega Leone) annunciasse l'arrivo di questo provvedimento, avendo avuto notizia di quanto era avvenuto nella riunione dei presidenti di gruppo, avevo chiesto la parola ed avevo protestato energicamente - il Presidente lo ricorderà - per questo nuovo, ulteriore attentato alle prerogative del nostro Parlamento e, in particolare, della Camera dei deputati.
Dopo pochi giorni, siamo alla conclusione di questo oltraggio che viene fatto, rendendo impossibile alla Camera di discutere su un provvedimento di quella complessità, che era partito in un certo modo, che è stato radicalmente modificato e sul quale si sono innestate norme che, da sole, pretenderebbero un ampio ed approfondito dibattito in questa Camera. Invece, ci troviamo qui, con un provvedimento blindato, non discusso nelle Commissioni, perché il parere espresso su tutti gli emendamenti (compresi, naturalmente, quelli di maggioranza) è stato un invito al ritiro o un parere contrario.
Assistiamo e, personalmente, assisto attonito ad un ulteriore scivolamento verso lo svuotamento del Parlamento e dell'istituzione democratica. Sarà anche voluto, ma è uno scivolamento verso una forma di regime che il mio gruppo denuncia dall'inizio di questa legislatura.
Quando oggi il rappresentante del Governo si alzerà in piedi e porrà la questione di fiducia, non so quale sarà la reazione del Presidente. Posso ricordare però che, al più tardi, una quindicina di giorni fa, di fronte ad un'altra questione di fiducia, peraltro chiesta con tempi di discussione nelle Commissioni assolutamente più ampi (anche se, comunque, veloci rispetto a questo caso), il giudizio negativo del Presidente della Camera è stato talmente forte, che personalmente mi sono sentito di dire che non sarei intervenuto ulteriormente, perché sottoscrivevo per intero ciò che il Presidente della Camera Fini aveva detto in quell'occasione.
Pertanto, mi aspetto, signor Presidente, che oggi chiunque sieda al banco della Presidenza, allorché sarà annunziata la posizione della questione di fiducia, abbia un analogo e ancor più forte atteggiamento di riprovazione verso il comportamento del Governo. Ma, peraltro, che cosa possiamo dire quando il Governo - e da ieri possiamo affermarlo, dopo la sentenza che ha condannato Mills a quattro anni e sei mesi - è presieduto da un corruttore in atti giudiziari (Commenti). È sintomatico (non per carità, cara collega!) che ieri un Ministro giapponese si sia dimesso, perché colto in stato etilico, di ubriachezza, durante una conferenza stampa. Quindici giorni fa, due Ministri designati del Governo presieduto da Obama, negli Stati Uniti, hanno rinunciato all'incarico che a loro era stato assegnato, in un caso, perché non avevano denunciato al fisco che utilizzavano gratuitamente una macchina con autista posta a disposizione da una società privata e, in un altro caso, perché non avevano pagato, per alcuni mesi, i contributi della domestica. In uno Stato altrettanto civile e democratico come Israele il Presidente del Consiglio, Olmert, una volta rinviato a giudizio, ha dato immediatamente le dimissioni. Sono loro le anomalie del mondo o lo siamo noi? Credo che non vi sia risposta se non una risposta univoca, cioè che nei Paesi civili e democratici i comportamenti etici sono un prerequisito a qualunque attività, anche a quella politica.
Veniamo ora a questo decreto-legge cosiddetto «milleproroghe» che è un provvedimentoPag. 18che, come ho detto, contiene tutta una serie di norme aggiunte a volte senza alcuna logica rispetto all'oggetto del provvedimento, che avrebbe dovuto essere una proroga di termini. Qualcuno ieri ha sostenuto che lo abbiamo fatto anche noi, un anno fa, quando governavamo ed avevamo la maggioranza in Parlamento. Tuttavia, forse qualcuno dimentica che quel provvedimento venne approvato a Camere già sciolte e che tutti i contenuti di quel provvedimento erano stati, sono rimasti e si sono potuti approvare solo perché vi era il consenso anche dell'allora opposizione. Infatti, quando qualcuno, all'epoca, tentò di inserire qualche nuovo argomento su cui l'opposizione non era d'accordo, non se ne fece nulla. Pertanto, fare paragoni con il «milleproroghe» dell'anno scorso mi sembra assolutamente sbagliato.
Che cosa contiene, a nostro giudizio, di negativo questo «milleproroghe»? Vi sono molti elementi. Si comincia, per esempio, dalla sanatoria a chi in un modo inaccettabile, durante lo svolgimento delle campagne elettorali, usa ogni mezzo non permessi, violando tutte le norme previste per le affissioni della pubblicità elettorale, in un modo indecente - lo ripeto, in un modo indecente - ed oggi trova in un provvedimento «milleproroghe», che dovrebbe avere un contenuto del tutto diverso, una sanatoria a quella indecenza continuata. Vi sono alcuni partiti che usano tale pratica in modo sistematico e violento, impedendo agli altri di utilizzare, in modo appropriato e corretto, le regole che sono previste per la pubblicità elettorale. Vi è una sanatoria in questo provvedimento, che è del tutto estranea alla materia della proroga.
Naturalmente vi sono i rinvii di interventi come quelli, per esempio, in ordine alle autorizzazioni paesaggistiche. Si continua a rinviare anche su alcune questioni che sono di una rilevanza estrema come la class action, per esempio.
La class action era lo strumento che avrebbe permesso ai cittadini e ai risparmiatori colpiti da comportamenti in qualche caso vergognosi di determinate banche ed istituti di credito di poter avviare un'istruttoria che permettesse di capire se la banca si era comportata in modo corretto verso di loro nel consigliarli di investire in determinati titoli che poi sono franati nella crisi finanziaria che si è verificata. Vi sono banche, invece, che hanno fatto il loro lavoro correttamente e hanno informato i loro clienti dei rischi a cui andavano incontro. Vi sono, però, alcune banche i cui manager hanno preso, in qualche caso in un solo anno, 50 milioni di euro di bonus, banche che oggi stanno tentando e riusciranno ad imporre al Ministro dell'economia e delle finanze, Tremonti, di non inserire negli aiuti di Stato, che ricevono, nemmeno delle norme generali sulla limitazione di bonus vergognosi. Lo ripeto: una sola persona in pochi anni ha preso 50 milioni di euro di bonus.
E noi di che cosa parliamo di fronte a gente che non ce la fa ad arrivare alla fine del mese? Che cosa raccontiamo? Eppure questi signori pretendono e ottengono dallo Stato italiano e dal Ministro dell'economia che nessuna norma di contenimento delle loro indennità sia contenuta negli aiuti di Stato che stanno per ricevere. Questa è un'indecenza, così come è un'indecenza, signor Presidente, la questione SCIP.
Credo che oggi possiamo dire che è iniziato il tramonto di Tremonti. Sostengo che si avvia oggi il tramonto dopo due fatti gravissimi che sono successi in questi ultimi due mesi. La Corte dei conti dice che il Ministro Tremonti nel 2003 ha fatto un provvedimento di condono che è andato a vantaggio evidentemente di chi ha evaso (perché altrimenti non avrebbe fatto domanda di condono) e non ha versato complessivamente allo Stato italiano cinque miliardi di euro.
Siamo alla ricerca di denaro per sostenere un'economia in crisi - si tratta di una crisi solo iniziata e di cui ancora dobbiamo vedere le conseguenze - quando ci sono evasori dichiarati che hanno versato la prima rata ed hanno poi smesso di pagare. Ricordo che si tratta di cinque miliardi di euro. Nonostante il Ministro Tremonti sia stato avvisato, nell'ultimo decreto anticrisi ha fatto esattamente laPag. 19stessa cosa: ha ridotto le sanzioni agli evasori ad un ottavo (si tratta quindi di pochi spiccioli, una percentuale bassissima) ed ha stabilito che l'evasore che viene scoperto può accettare l'avviso che riceve dall'agenzia delle entrate e rateizzare la somma. È proprio di ieri la circolare che dice che basta che versi la prima rata. Tra tre o quattro anni andremo ad accertare ancora una volta che evasori dichiarati di questo Paese hanno versato una cifra bassissima e saranno comunque salvi da tutte le conseguenze. Ma che Paese è questo? Non possiamo dire allora che questo è un Governo colluso con l'evasione fiscale, quando in modo reiterato, in due Governi differenti e a distanza di dieci anni, si commette (si fa per dire) lo stesso errore a favore degli evasori fiscali? Questo è uno dei fatti, ma ve n'è un altro che riguarda la SCIP, ossia il fallimento della finanza creativa del Ministro Tremonti, il tramonto di Tremonti, il tramonto della finanza creativa. Non dimentichiamoci che fu il Ministro Tremonti a consentire agli enti locali di avviarsi sulla strada dei derivati e ancora non sappiamo quali saranno le conseguenze reali per gli enti locali e per la finanza del nostro Paese. Con la SCIP cosa facciamo? Adesso facciamo marcia indietro.
Gli amici degli amici hanno avuto quello che volevano, hanno preso il buono che c'era in quegli immobili degli enti previdenziali, hanno fatti i loro affari più o meno puliti, magari acquistando quegli immobili e riaffittandoli alla pubblica amministrazione e agli enti locali come è già avvenuto in molti casi. Il peso - gli «ossi», come si dice - quelli ritornano agli enti previdenziali che se li debbono vendere a prezzi che saranno stabiliti. Ciò significa che è possibile che, poiché in questo momento c'è un buco di 1,7 miliardi di euro (è vero ci sono degli immobili a fronte di questo buco), dovremo prevedibilmente conteggiare alla fine ancora un peso a carico dei cittadini italiani, oramai stremati. Avevate promesso di ridurre la pressione fiscale, ma invece la state aumentando e non basta. Ci saranno enti previdenziali che, a causa di questo provvedimento sul quale c'era pure un dubbio di copertura, perderanno degli asset importanti, perché si stabilisce perfino che se un ente previdenziale non ha il danaro per pagare quegli immobili al prezzo stabilito dall'agenzia delle entrate, non importa: quello che li ha li deve anticipare per tutti. Allora, voglio ricordare che c'è un ente previdenziale che si chiama INAIL, che di liquidità ne ha tanta e che sarà presto costretto a rinunciare a questa liquidità per far fronte complessivamente al fallimento della finanza creativa del Ministro Tremonti.
Noi siamo contrari anche alla norma che riguarda l'editoria. Sappiamo bene e siamo convinti che nel nostro Paese vi è una situazione di deficit informativo. Ieri sentivo un collega che, parlando della mozione sulla Sicilia, si riferiva alla necessità di attuare una sentenza della Corte costituzionale. Quando la sentenza riguarda Retequattro, invece, quella non la attuiamo, proprio non ne parliamo. Ma non importa, è una digressione e torno all'editoria. I veri giornali, che in qualche modo fanno opinione, possono essere anche sostenuti, ma con questa norma andiamo ad allargare in modo improprio e inaccettabile la platea di coloro che ricevono contributi. Non so se tutti sappiate che nel solo 2006 questi contributi in qualche modo legati a giornali e ai partiti sono ascesi all'importo di circa 165 milioni di euro. Si tratti di titoli e testate, che probabilmente nessuno ha mai visto o sentito dire. Alcune le riceviamo anche nella nostra posta e inviterei il Presidente - o chi per lui - ad andare a guardare poi nei cestini della carta dove finiscono immediatamente quelle testate.
Debbo dire che ce ne sono di gustose. Per esempio, si sa che nel 2006 abbiamo dato 2 milioni e 600 mila euro ad una testata che si chiama Sportsman, cavalli e corse? Mi pare ci azzecchi molto con il sostegno all'editoria importante e che serve per diffondere l'informazione. Ci sono altre testate gustose perché c'è Chitarre: una testata che riceve 300 mila euro. Vi sono: una testata che si chiama FarePag. 20vela che riceve 500 mila euro; una che si chiama Motocross, che riceve 500 mila euro. Ma veramente noi alla gente che fa fatica a far quadrare i conti alla fine del mese andiamo a dire che diamo contributi a questa editoria?
Ma se hanno dei consumatori acquistino il giornale, e non chiedano aiuti di Stato in questo modo! Noi siamo contrari a questo allargamento di coloro che possono chiedere o pretendere aiuti di Stato anche per questo tipo di testate e in generale per le testate politiche che nessuno legge.
Ci sono altre norme che vengono prorogate. Per esempio la norma per gli infortuni sul lavoro, un'altra norma che riguarda la comunicazione e anche quella riferita alla valutazione dei rischi sul lavoro. Qui ci si straccia le vesti tutti giorni perché tutti giorni c'è qualcuno che muore di lavoro e noi continuiamo a rinviare le norme che in qualche modo permetterebbero forse di salvare qualche vita umana. Dopo facciamo dei grandi discorsi sulla vita e sulla morte; anche questo è un modo di salvare vite umane, intervenendo in modo appropriato per evitare che in molti casi la negligenza sia alla base della morte di lavoratori.
C'è poi un'altra norma veramente gustosa: i lavori in house per le concessioni autostradali. Qui andiamo veramente all'assurdo, non so se questo sia un regalo ai concessionari autostradali per il fatto che in un precedente decreto per quattro mesi sono state bloccate le loro tariffe. Ma si tratta di un regalo inappropriato che alla fine costerà ancora una volta in futuro a tutti gli utenti, quindi ai cittadini ma anche al mondo delle imprese, perché le merci circolano prevalentemente a pedaggio. Qui gli diciamo: tu puoi dare fino al 60 per cento dei lavori in outsourcing a chi vuoi tu, alle tue società, senza nessun controllo sulla congruità del prezzo che solo con una gara può uscire in modo appropriato.
Voglio ricordare che ci sono società autostradali che, figliando un numero elevatissimo di società collegate o partecipate, in pochi anni sono passate - non so se questo sia il motivo - da utili di bilancio pari a 20 per cento dei pedaggi incassati (questi dati si trovano consultando i bilanci, non c'è nulla di segreto) a perdite di bilancio che poi hanno coperto in modo più o meno consistente attraverso operazioni straordinarie di gestione; attraverso la vendita di partecipazioni o di altri asset hanno generato degli utili di gestione straordinaria, perché la gestione ordinaria era andata in perdita. Quando io do a una mia azienda collegata dei lavori al prezzo che decidiamo noi ottengo due effetti: il primo è che quasi sicuramente determino costi per la società madre superiori a quelli che avrei mettendo in gara quei lavori; e dato che prima o poi quei costi faranno parte del meccanismo con il quale viene determinata la tariffa, per quella strada, per quella via, otterrò aumenti tariffari che i cittadini, i consumatori, gli utenti andranno poi a pagare.
La seconda questione è che quasi mai le società collegate hanno lo stesso assetto azionario della società madre. In molti casi la società capogruppo è composta da enti locali, ma quasi mai le società collegate riflettono la medesima composizione di enti locali che sono nella capogruppo.
Il risultato è che questa rappresenta una strada per trasferire quote di utili e denaro in modo legale, ma anche per ottenere l'effetto di trasferire denaro e utili a soci diversi da quelli pubblici che rappresentano la capogruppo. Noi siamo radicalmente contrari a questo modo di operare e a questo regalo dato in questo caso ai concessionari autostradali.
In ordine al problema degli infortuni sul lavoro, ancora una volta rinviamo l'esame delle norme di adeguamento alle nuove direttive sulla sicurezza dei luoghi di lavoro nel settore marittimo. Eppure, anche in questo settore quotidianamente si verificano infortuni spesso mortali, ma noi rinviamo, rinviamo e rinviamo ancora. Facciamo slittare da ventiquattro a quarantadue mesi il termine affinché le società a partecipazione degli enti locali dismettano le attività non consentite. In questo modo i costi della politica non si elimineranno mai, perché c'è un luogoPag. 21documentato dove in pochi anni vi è stato un aumento di consiglieri d'amministrazione: 20 mila consiglieri di amministrazione di società partecipate dagli enti locali; 20 mila nomine di natura politica; 20 mila indennità di natura politica. E, invece di chiudere questo capitolo vergognoso della nostra storia in una situazione di crisi nella quale la gente fa fatica ad arrivare a fine mese, noi facciamo slittare non di poco (da ventiquattro a quarantadue mesi) il termine per dismettere le attività non più lecite.
Facciamo lo stesso sulle unioni per i comuni dove si doveva compiere una scelta, già precisata e rinviata una volta per la partecipazione per ogni servizio ad una sola unione ed a una sola forma associativa. Tuttavia, anche in questo settore si rinvia, lasciando in essere forme che comunque servono per dare prebende a qualcuno.
Signor Presidente, ho illustrato gravi motivi innanzitutto di metodo, in quanto siamo in presenza di un vero e proprio nuovo attentato alle prerogative della Camera e, quindi, alle nostre istituzioni. Ho cercato di spiegare, inoltre, i seri motivi (magari non condivisi da tutti) relativi ad alcune norme impropriamente contenute in questo decreto-legge. È evidente che su questo provvedimento la posizione del gruppo dell'Italia dei Valori non può che essere assolutamente e convintamente negativa, quindi preannunzio l'espressione del voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, innanzitutto mi sembra corretto ringraziare il lavoro del Governo e dei relatori che su questo provvedimento, pur con tutte le difficoltà, hanno avuto la possibilità di illustrarci i contenuti nel pur poco tempo a disposizione. Pertanto, sui contenuti stessi anche i colleghi non hanno fatto molte evidenze, svolgendo piuttosto dei ragionamenti di carattere maggiormente politico.
Non voglio dire chi sia stato più o meno bravo negli scorsi anni nell'adottare il provvedimento recante proroga termini, ovvero se sia più corretto adottarlo a fine legislatura piuttosto che all'inizio quando vi è il tempo di rimediare; oppure alla fine della legislatura quando ormai i buoi sono scappati e quindi si lascia il provvedimento in eredità agli altri.
Sicuramente, si tratta di un modo - come tanti altri che ho potuto riscontrare in questi mesi di frequentazione parlamentare - di affrontare i problemi del Paese, cercando di dare un colpo al cerchio e uno alla botte per accontentare tutti. Si tratta di un modo di intervenire nei confronti del quale non siamo molto d'accordo (perlomeno per la nostra esperienza, soprattutto a livello territoriale), perché siamo abituati ad individuare i problemi ed a cercare di risolverli con puntualità. Così facendo, invece, si diluisce tutto in queste procedure parlamentari - probabilmente giuste e corrette - volte a discutere, approvare, verificare e sviscerare, ma alla fine, quando abbiamo sviscerato tutto, ci siamo dimenticati da dove siamo partiti.
Sul provvedimento in esame la Lega Nord, in particolare alla Camera, non ha potuto incidere per ovvi motivi, mentre al Senato vi è stata questa possibilità: sottolineo, pertanto, anche qualche considerazione che abbiamo potuto portare avanti nel rispetto dei nostri impegni che abbiamo assunto con i cittadini. Ricordo soprattutto la questione relativa al Patto di stabilità (che, d'altra parte, come sindaco mi sta particolarmente a cuore), al quale il provvedimento in esame consente di derogare per quei comuni virtuosi ai quali (avendo i comuni stessi avuto la possibilità di contenere le spese per il personale) si dà la possibilità di sforare dal Patto per gli investimenti infrastrutturali. Ritengo che tale aspetto, soprattutto in questo momento della vita economica del Paese, sia molto importante: anzi, abbiamo chiesto molte volte, in quest'Aula ed in tutte le altre sedi in cui ci è stato possibile richiederlo, di attribuire ai comuni che hanno disponibilità economiche, che sono statiPag. 22virtuosi nel tempo e che hanno potuto accantonare somme che oggi possono spendere, la possibilità di spenderle per effettuare opere pubbliche che servono al Paese e al territorio in cui questi comuni insistono: così facendo, si generano lavoro e movimento di soldi e si cerca di dare una mano concreta per affrontare i problemi di questo periodo che si prospetta abbastanza tragico.
Lo stesso discorso riguarda anche la proroga dei termini per gli arbitrati sulle opere pubbliche e la possibilità di effettuare gare informali anche per le concessioni autostradali: sono tutti provvedimenti che vanno nell'ottica di riuscire a smuovere ciò che in questo momento si sta stagnando e fermando, ossia il mercato delle opere. Bisogna smuovere tale settore, cercando di creare infrastrutture che servono per il Paese e per aiutare le industrie che gravitano sui nostri territori, non come è stato fatto, e non si vorrebbe più fare, in passato, in cui l'unico fine era quello di acquisire finanziamenti europei o statali per opere che poi non venivano neanche terminate ed erano lasciate nel dimenticatoio (ma permettevano di garantire stipendi ed altre prebende a chi aveva potuto organizzare, studiare e progettare queste opere per poterle realizzare).
In questo momento così di difficoltà, secondo il nostro punto di vista, ritengo che sia più che doveroso lasciare che chi ha la possibilità intervenga sulle infrastrutture e sulla creazione di lavoro.
Un'altra considerazione riguarda l'ICI per i fabbricati rurali: una volta definiti quelli che sono e che hanno le caratteristiche per essere considerati dei fabbricati rurali, sembra corretto che essi vengano esclusi dal pagamento dell'ICI, in quanto anch'essi sono assimilati ad attività produttive (anzi, una volta essi costituivano l'attività primaria del nostro Paese): è corretto e giusto, quindi, che questo sostegno venga portato avanti ed anzi accresciuto.
Tutto il dibattito che ho ascoltato fino adesso mi ha portato ad una riflessione: non dico che il provvedimento in esame vada un po' a casaccio, ma in esso è contenuto di tutto e di più. Esso contiene norme che molti contestano, ma credo che, in questo momento, esso sia forse uno dei pochi provvedimenti - o l'unico - che consenta di dare risposte immediate a necessità immediate da affrontare. Si sta cercando, però, strapazzando il modo di fare le norme, di fornire risposte serie ai cittadini ed al Paese.
Piuttosto faccio un ragionamento al contrario: se spesso e volentieri siamo qui a discutere di come le norme vengano stiracchiate, di come si cerchi di forzarle, e di cose di questo genere, non è che forse il mondo sta cambiando e le nostre norme sono rimaste indietro, quindi è il caso che siano queste ad essere modificate per essere adeguate alle necessità reali del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ho sentito più volte i nostri colleghi richiamare la necessità, per esempio, di rivedere il Regolamento della Camera. Infatti, ho assistito spesso, come anche oggi, a dibattiti e interventi che hanno il solo scopo di impegnare il tempo, per poi porre la fiducia, così qualcuno ha la possibilità di andare casa e di tornare domani. Forse, non è questo il modo serio di affrontare il lavoro in Parlamento e di dare le risposte ai cittadini. Infatti, come ricordavo, faccio il sindaco sul territorio ed ho contatti con la gente. Forse, qualcuno dei miei colleghi ricorda ancora come si fa. Devi dare le risposte ai cittadini, quando ti chiedono cosa si sta facendo. Io ho difficoltà a rispondere ed a spiegare cosa sto facendo qui da alcuni mesi. Non perché non lo sappia, ma la gente non riesce a comprendere tutte queste alchimie e queste cose strane che si muovono qui dentro, che poi sui giornali hanno tutt'altro riscontro. Leggiamo e vediamo cose che sono veramente agli antipodi rispetto al fare del bene alla gente, mentre tutte le cose buone che comunque anche qui vengono fatte vengono trascurate.
Allora, forse un diverso modo di pensare nel fare le norme ed un diverso modo di lavorare anche nelle aule del Parlamento aiuterebbe sicuramente, in primo luogo, i nostri lavori e, in secondo luogo,Pag. 23anche la conoscenza e la capacità di comprensione della gente nei nostri confronti, che, come è innegabile, è a livelli veramente molto bassi.
Questo concetto lo riallaccerei ad una cosa che ho detto qualche giorno fa, in merito al provvedimento d'iniziativa dell'onorevole Brunetta. Probabilmente, se il nostro modo di lavorare portasse anche ad una semplificazione nel fare le leggi, ad una semplificazione normativa e nel modo in cui si scrivono questi provvedimenti, anche in questo caso daremo una mano a tutti quei cittadini che hanno difficoltà anche solo a capire il titolo dei provvedimenti che abbiamo approvato.
Questo genera poi tutta quella serie di contenziosi, di liti, di beghe, di interpretazioni autentiche o meno, di circolari che dovrebbero spiegare, mentre poi sembra che spieghino il contrario di ciò che si capisce dalla legge e che portano a quell'incredibile mole di documentazione, che rimane lì, in attesa che qualcuno se ne faccia carico e ne dia l'interpretazione che al momento considera migliore rispetto ad altre.
Su questo le varie Corti, costituzionale e non, ci fanno pure loro il loro lavoro, ci campano di rendita. Infatti, finché ci sarà questa produzione normativa, sicuramente il lavoro di questi organismi a favore del cittadino medio sarà veramente ridotto a bassissimi livelli, solo perché devono cercare di capire cosa è stato approvato e spiegarlo agli altri.
In merito al provvedimento in quanto tale, vari articoli ripropongono proroghe di termini e di interventi. Vi sono anche altre disposizioni che con queste proroghe magari c'entrano poco, però funziona così, quindi in questo caso bisognerà pur fare buon viso a cattivo gioco.
Negli interventi precedenti, ho sentito qualcuno ampliare l'oggetto specifico di questo provvedimento, richiamando altri atteggiamenti o modi di fare di gruppi o persone politiche.
Sono sicuro che, all'interno di questo Parlamento, nessuno può alzarsi e dire che è sempre colpa degli altri o che non ha mai fatto niente. Sicuramente, tutti abbiamo combinato qualcosa che qualcuno, prima o poi, ci accuserà di aver commesso.
Quindi, continuare a dirci queste cose, tutte le volte, su ogni provvedimento, farà magari piacere per la notizietta sul giornale del giorno dopo, però non cambia la sostanza delle cose.
Pertanto, inviterei tutti i colleghi, che hanno svolto e svolgeranno queste riflessioni, a pensare a cosa hanno fatto loro e a cosa, invece, possono ancora fare per migliorare i nostri provvedimenti.
A parole tutti siamo stati capaci di dire che bisogna fare di più, di meglio e diversamente; quando c'è stata la possibilità, però, ci siamo tirati indietro. La Lega Nord era riuscita a portare a casa, con quattro voti in Parlamento, la devolution; aveva portato una semplificazione normativa, una semplificazione del Parlamento.
Poi, grazie alla disinformazione di alcuni e alla cattiva informazione di altri, gli italiani hanno bocciato questa conquista; adesso, sembra che tutti la vogliano riproporre. Sicuramente verrà meglio di quanto avevamo fatto noi (spero che sia così), però bisogna anche farla adesso.
Continuiamo a parlarne; questo sì che diventa un milleproroghe dannoso per il Paese: continuare a parlare delle cose per non farle mai. Inviterei i colleghi che adesso si scandalizzano per questo modo di operare a pensare a cosa è stato fatto fino adesso, ma, soprattutto, a cosa si può fare di meglio per il futuro.
Impegniamoci tutti per modificare le cose che tutti riteniamo che sia urgente ed utile modificare per migliorare innanzitutto il nostro lavoro (ma è l'ultimo dei problemi), ma, soprattutto, la vita del Paese e dei cittadini.
Cerchiamo di fare le riforme per le quali ci siamo impegnati e portiamo a casa questi risultati; allora, forse, ci dimenticheremo anche di qualche stupidata contenuta in qualche provvedimento. Non sarà, infatti, così importante rilevarla e farla sapere ai cittadini, perché il bello, il grosso e l'utile sta passando su un altro treno.
Non vorrei che, a forza di inseguire treni per buttarci sopra qualunque cosa, ilPag. 24vero treno, che serve non solo al nord, ma anche al sud e a tutta l'Italia, sia fermo alla stazione e si aspetti a farlo partire.
Il macchinista c'è e il carbone pure: facciamo partire questo treno, spingiamolo tutti insieme e portiamo a casa un risultato che ci impedirà di stare qui l'anno prossimo a riparlare di milleproroghe, senza un senso vero e concreto della sostanza delle cose (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Giorgetti, mi accingo anch'io a partecipare a questa recita (mi verrebbe da dire sceneggiata, ma ho troppo rispetto del Parlamento).
Partecipo, cioè, ad una discussione che non produrrà alcun effetto; il provvedimento verrà approvato intonso - lo possiamo già prevedere - con un voto di fiducia. Ancora una volta, malgrado la vasta maggioranza che avete, sceglierete di sospendere il rapporto di fiducia con il Parlamento, bloccandoci per ventiquattro ore e chiedendo che vi venga confermata la fiducia.
Questo ramo del Parlamento è chiamato ancora una volta a ratificare e a votare provvedimenti a prescindere. La discussione sulle linee generali dovrebbe servire ad esporre in Aula le posizioni dei gruppi, ad argomentare le proposte, a illustrare le richieste di modifica, per preparare l'Aula ad un confronto vero sulle modifiche, per licenziare un provvedimento meditato, che funzioni, inappuntabile, per quanto possibile.
Così non sarà e così non è più da tempo. Signor Presidente, ditemi a cosa serviamo in 630 in quest'Aula, se questa è la funzione che ci assegniamo. Sì, credo che ce l'assegniamo da soli: la responsabilità sta nelle nostre mani, ma la maggioranza è prona, rinunciataria, succube. Il ruolo del Parlamento viene ogni giorno ridimensionato, ridotto, sminuito, svilito.
Cosa direbbero i Padri costituenti, che avevano voluto in questa Camera il cuore del potere legislativo? Oggi discutiamo - si fa per dire - la conversione di un decreto-legge recante proroga di termini e disposizioni finanziarie urgenti.
Vorrei ripercorrere con i colleghi le date e le tappe di questo provvedimento: il decreto-legge viene approvato dal Governo a fine anno; i 60 giorni per la conversione scadono il 1 marzo; il decreto rimane al Senato 42 giorni; l'esame della Camera - anche qui, si fa per dire - inizia il 13 febbraio, venerdì scorso (non l'esame, ma la consegna degli atti).
Le schede di lettura ci sono state consegnate il lunedì mattina a mezzogiorno, alle 18 scadeva il termine per gli emendamenti: sei ore di tempo! Oggi è il 18 febbraio, il provvedimento è in discussione in Aula, in mezzo ci sono stati tre giorni di Camera chiusa: come, secondo voi, in due giorni, con i lavori d'Aula, le Commissioni avrebbero potuto istruire il provvedimento? Quale serietà, quale dignità, a partire dai relatori, stimati colleghi Volpi e Toccafondi, dai presidenti delle Commissioni, è quella di presentarsi in Aula senza nemmeno aver letto il provvedimento: non dico analizzato e studiato, letto il provvedimento!
Perché è un provvedimento complesso: quarantacinque articoli che spaziano in ogni settore dell'attività legislativa. Immaginate per un attimo, colleghi, la mortificazione - la voglio chiamare così, Presidente Leone - delle sedici Commissioni parlamentari, tutte interessate a dover dare i pareri: pensate a quanta approssimazione! Ma tanto, poi, chi li legge? Può essere questo il percorso legislativo?
Mi direte: ma il Senato ha discusso approfonditamente l'atto, ha approvato modifiche, lo ha integrato, anche dall'opposizione sono venuti contributi importanti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,35)

MASSIMO VANNUCCI. Vi è un dettaglio però, signor Presidente: anche al Senato è stata posta la questione di fiducia,Pag. 25inibendo all'Aula di discuterlo! Ma le prerogative dei parlamentari, mi chiedo, dove vanno a finire?
E mi direte ancora: nell'apporre la fiducia il Governo ha rispettato il lavoro svolto dalle Commissioni del Senato. Non è vero! Il Governo ha scelto cosa prendere e cosa non prendere. E poi c'è un altro dato: l'istruttoria, se vogliamo esagerare, ha impegnato cinquanta senatori delle due Commissioni; quanto agli altri 265, che attendevano di discutere il provvedimento in Aula, che rispetto si è avuto di loro? E i 630 deputati, qual è il nostro ruolo? Assolutamente nullo! Cinquanta parlamentari, ma siamo 945, e tutti hanno, avrebbero cose da dire.
Al Senato erano stati depositati quattrocento emendamenti, per due terzi provenienti dalla maggioranza. Sta qui, cari colleghi, il problema: ancora una volta la questione di fiducia viene posta per mettere in riga la maggioranza, per risolvere i conflitti interni, per tenere insieme una maggioranza con problemi molto più pesanti di quello che vuol far credere. Vi potrei fare l'elenco: fra le visioni della Lega e del Popolo della Libertà, le posizioni della componente MpA, dei parlamentari del Mezzogiorno e del settentrione, delle anime stataliste e mercatiste; ma che fine ha fatto questo dibattito? Della sempre più esigua riserva di liberali che vediamo dall'altra parte, di «socialisti-si-fa-per-dire», tutto attaccato, di qualche laico, che pure nei corridoi del centrodestra si aggira, sempre più timoroso, sempre più timido dopo il furore ideologico degli ultimi tempi. Ma un sussulto, non vi viene mai? Non si vede; la consegna è sempre la stessa: non disturbate il manovratore.
Direte: ma siamo intasati di provvedimenti, ma dobbiamo velocizzare. Ma la riforma della legge finanziaria, non doveva risolvere tutto? Una pessima gestione: per non fare scelte, le abbiamo scomposte in dieci decreti-legge, che spesso si correggono a vicenda. Vi risparmio l'elenco esatto dei decreti-legge emanati, delle questioni di fiducia poste: lo faranno i colleghi. Presidente Bindi, iniziativa parlamentare vicina allo zero, e ci dovrebbe preoccupare! Conversioni di decreti-legge, questo il nostro lavoro; ma fatte (se va bene, perché in questo caso saranno due le fiducie) da una sola Camera: siamo al monocameralismo di fatto!
Però dobbiamo fare le rappresentazioni, come quella di oggi, perdendo tempo ed energie. Fuori da questo palazzo però, cari colleghi, c'è gente preoccupata davvero, che non ha certezza del futuro, che è terrorizzata dal dover far fronte agli impegni familiari, dal dover dare un futuro dignitoso ai figli, dal trovarsi senza lavoro; imprenditori impauriti dal fatto di veder sparire gli impegni di una vita, e spesso di più generazioni. Potremmo spendere molto meglio il nostro tempo!
Ma non doveva essere questa una legislatura costituente, quella delle grandi riforme? Ma il Presidente del Consiglio che venne qui in apertura di legislatura e che lesse un discorso che definimmo apprezzabile, si sente oggi coerente? Possiamo dire che anche quella, purtroppo, era una recita! Vi sono tra noi profonde differenze che certo non vogliamo né possiamo colmare, due visioni alternative. Ma al di là delle vostre ricorrenti fasi di esaltazione, mi sembrava che insieme concordassimo che con queste regole questo Paese non si governa: non lo abbiamo fatto noi, come avremmo voluto, e non riuscite a farlo voi. Non riuscite ad andare a fondo, rimanete in superficie, vi limitate ad annunci, ad una campagna elettorale permanente, a demagogia, propaganda e populismo, senza scelte forti, concrete, strutturali.
Vi abbiamo dimostrato che sulle regole, sulle grandi riforme, siamo pronti e motivati: è stato così per la riforma della legge elettorale per le europee, sarà così per il federalismo fiscale. Allora facciamolo davvero il monocameralismo, dividiamo le funzioni tra Camera e Senato (con una sola Camera che legifera, tempi dimezzati ma analisi profonde), dimezziamo il numero dei parlamentari, facciamo un Senato con cento senatori (unPag. 26Senato federale, che è l'unica garanzia perché la riforma non rimanga sulla carta).
C'è già un testo approvato nella scorsa legislatura in un ramo del Parlamento: riprendiamolo, coraggio! Evitiamo queste ipocrisie. Questa è la strada, signor Presidente Berlusconi: attenzione ai deliri di onnipotenza, e «no» alla minaccia di appellarsi al popolo per chiedere di cambiare la nostra Carta fondamentale (la nostra Bibbia, come ebbe a dire il Presidente Ciampi), la nostra Costituzione, ultimo baluardo per tenere insieme questo Paese.
Ma su cosa sta insieme un Paese, secondo voi? La Carta ci ha garantito sessanta anni di convivenza civile, di democrazia e di crescita che spesso i vostri Governi interrompono: altro che filosovietica! Forse sarebbe piaciuto al Presidente Berlusconi se realmente la nostra Costituzione si fosse ispirata a quella di Stalin, che prevedeva che i decreti del Governo non venissero sottoposti a nessun'altra attività (come vorrebbe lui, o sbaglio?).
Se fosse così non sarebbe travolta solo la Costituzione, ma la democrazia in quanto tale che si fonda per definizione, dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo in poi, sulla separazione dei poteri. Presidente, i colleghi mi potrebbero dire che prima di questo inciso ho proposto io stesso di modificarla: appunto, si può e si deve fare, ma nel rispetto dei principi fondamentali!
Nel merito del provvedimento potremmo dire molte cose, ma a che fine? Non è modificabile. Chi dobbiamo convincere della sua parzialità, della sua insufficienza, della sua inadeguatezza, del carattere raffazzonato e confusionario (di cui ha dato conto l'onorevole Zaccaria), inadeguato rispetto alle esigenze del Paese? Dovremmo convincere voi, che avete rinunciato alle vostre prerogative? Non critichiamo il provvedimento in sé: aggiustamenti e proroghe si sono sempre fatti e sono pur necessari (lo ricordava l'onorevole Tassone), ma è obiettivamente uno strano modo di legiferare. Se, come abbiamo detto, tutti lo abbiamo dovuto usare, ci auguriamo però di riformare davvero e nel profondo queste procedure.
Signor Presidente, denunceremo nel Paese le parti più inquietanti - di cui prendiamo atto - di questo provvedimento che non ci è stato permesso in questa sede di discutere. Fuori di questo Palazzo, vi sono persone che manifestano contro il provvedimento al nostro esame: consumatori ed assicuratori oggi sono insieme a denunciare come state continuando a smontare le riforme di liberalizzazione del Ministro Bersani per il comparto assicurativo!
Cito un altro esempio che riguarda i consumatori: dopo la beffa del disegno di legge del Ministro Brunetta che ha escluso i consumatori da eventuali rimborsi da parte delle pubblica amministrazione a seguito di azione collettiva, c'è un altro smacco ancora in questo provvedimento con l'ennesima proroga contenuta per la class action, l'azione collettiva dei consumatori verso le truffe e le angherie dei grandi gruppi economici che nel nostro Paese ancora non può partire.
Intanto, le ingiustizie e le truffe non possono essere rimborsate, perché nessuno individualmente ha la forza, e la convenienza, per poterlo fare. Vi sono fuori migliaia di noleggiatori con conducente; quello che fate contro di loro è il vostro esempio di libertà di mercato, oppure è una cambiale elettorale che state pagando? Ma sapete o no che l'Italia è finita al sessantesimo posto per il tasso di libertà economica dopo l'Albania? Potrei continuare con la retromarcia rispetto al primo strombazzato provvedimento di cartolarizzazione del 2001 - ne darà conto in quest'Aula l'onorevole Misiani che interverrà dopo di me - che rappresenta un vero fallimento, che abbiamo denunciato per anni, della finanza creativa di chi aveva previsto tutto. Il problema, relatore Volpi, è che questa norma scontava effetti finanziari (già nella nota informativa del Governo di qualche giorno fa, avete stimato in 1 miliardo 900 milioni di euro i costi di revisione delle strategie relative alle dismissioni immobiliari, in ragione delle cattive condizioni del mercato). AlPag. 27lora, sono questi i vostri interventi? Come li avete coperti? Dove liberiamo i fondi? La creatività ha forse influenzato anche la Ragioneria generale dello Stato, visto che i dubbi di copertura - come rilevato dal Servizio studi della Camera - di questa legge sono generalizzati e non chiariti a sufficienza?
Per ultimo l'articolo 32, la sicurezza sul lavoro. Anche su questo tema si prorogano i termini per realizzare importanti adempimenti. Non abbiamo scordato, onorevoli colleghi della Lega, come sia stato ritirato il vostro emendamento che intendeva togliere i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza nelle aziende con meno di quindici dipendenti.
Non avrete, pertanto, il nostro voto; questo è ovvio, dovendo molto probabilmente votare la fiducia ad un Governo inadeguato e pericoloso, che certo non se la merita. Rispetto all'inedita crisi finanziaria, il Presidente Berlusconi ha cominciato a preoccuparsi solamente adesso, dopo avere elargito ottimismo e inviti a consumare a trentasei denti. Non ha raccolto la nostra disponibilità, il nostro appello ad unire le forze, a costruire un fronte comune, per essere più credibili rispetto al Paese, all'Europa, e al mondo, per poter prendere insieme scelte veramente coraggiose. Se volete, invece, discutere nel merito questo provvedimento, noi siamo pronti, possiamo ritirare tutti le iscrizioni a parlare dei nostri colleghi. Vi sono pochissimi emendamenti, possiamo concludere questo provvedimento, se volete, in settimana. Noi voteremo, come sempre, a favore quando condividiamo singoli articoli, contro, e motivando la nostra posizione, quando ci troveremo in contrasto, e ci asterremmo quando non del tutto convinti. Infine, faremo un bilancio complessivo del provvedimento non escludendo mai, come abbiamo più volte dimostrato, di votare a favore su provvedimenti condivisi. Ma questo non sarà possibile, non ci offrirete alternative, pertanto, fin d'ora, posso prevedere che non avrete il nostro voto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, parlate almeno a bassa voce!
È iscritto a parlare l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, egregi colleghi, signor sottosegretario, mi accingo ad intervenire in questa discussione sulle linee generali certamente non con lo spirito che di solito conviene ed è opportuno, ovverosia cercando di discutere e portare un contributo costruttivo al documento in esame. Voglio iniziare il mio intervento ripercorrendo quello che è o dovrebbe essere l'iter normale della discussione sui provvedimenti che arrivano alla Camera. Vi sono proposte di legge, disegni di legge e decreti-legge. Questi ultimi - come si sa - dovrebbero rappresentare un'eccezione, un'urgenza giustificata e ponderata, mentre tutti gli altri provvedimenti dovrebbero fare un percorso normale di approfondimento al fine di riscontrare, in termini migliorativi, quali siano solitamente le proposte che da questa Aula (quindi, da tutti i parlamentari) vengono portate avanti. L'iter dei vari provvedimenti solitamente dovrebbe cominciare in Commissione, con la «sgrezzatura» iniziale, con i primi emendamenti, per poi proseguire con una proposta che arriva in Aula, con la presentazione di altri emendamenti, con le dichiarazioni di voto, con gli ordini del giorno e con il voto finale. Perché dico questo? Perché ho voluto ripercorrere, seppur velocemente, un po' l'iter di quelli che dovrebbero essere i metodi dei nostri lavori. In poche parole mi illudo oggi di poter fare una cosa normale in questo Parlamento, mentre purtroppo non stiamo facendo una cosa normale. Stiamo perpetuando un metodo molto negativo, non tanto e non solo per il Parlamento ma per il Paese, perché sappiamo che nel primo pomeriggio sarà presente il rappresentante del Governo che in merito a questo decreto-legge da convertire in legge porrà la questione di fiducia, come è successo altre volte. Quindi la mia illusione si ferma qui...
Signor Presidente, vi sono delle cabine telefoniche qui fuori...

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PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Compagnon; ho già fatto un richiamo su tale questione. Colleghi, vi invito a telefonare sottovoce!

ANGELO COMPAGNON. Forse nel pomeriggio sarà meglio. Mentre porranno la questione di fiducia, dato che fa parte della maggioranza, avrà il tempo di telefonare quanto vuole.
La mia illusione - come dicevo - si ferma qui perché ad oggi in questo ramo Parlamento abbiamo esaminato ventotto decreti e con quello di oggi siamo arrivati a ventinove, mentre la questione di fiducia è stata posta nove volte e con quella di oggi arriveremo a dieci.
I decreti - come dicevo prima - dovrebbero essere l'eccezione rispetto ai lavori parlamentari. Voglio riferirmi a questa legislatura e non solo a questa perché ricordo che nella passata legislatura, essendo anche allora sui banchi dell'opposizione, denunciavamo il Governo Prodi per l'eccessivo uso della fiducia e dei decreti-legge e lo facevano assieme ai parlamentari che oggi sono nella maggioranza. Ma l'attuale maggioranza, al di là dei contenuti, nel metodo ha sicuramente superato in percentuale anche il Governo Prodi in termini di fiducia e di decreti-legge, allora ritengo veramente che il decreto che diventa regola e non è più eccezione vuol dire proprio togliere al Parlamento la possibilità non solo di lavorare, ma anche di migliorare gli stessi provvedimenti che poi verranno calati sulla pelle dei cittadini.
Noi oggi procediamo alla conversione in legge del decreto-legge n. 207 del 2008, che, come è accaduto sempre in passato, riguarda proroghe di termini. Quindi si dovrebbe discutere, tramite degli approfondimenti, dell'opportunità di prorogare o meno dei termini in scadenza. Occorrerebbe dunque dimostrare che le proroghe dei termini in scadenza siano urgenti e che non si possa fare diversamente; invece, non solo non si discute se siano veramente urgenti, ma si apportano anche delle modifiche sostanziali a tante leggi esistenti, relative a varie situazioni, che evidentemente - ancorché modificabili - richiederebbero un approfondimento maggiore, in modo tale da potersi rendere conto della loro necessità.
Dunque, quanto è accaduto nelle Commissioni è chiaro a tutti: non si è discusso di niente e gli stessi pareri delle Commissioni diverse da quelle di merito sono passati in maniera molto veloce. Gli emendamenti presentati saranno quasi totalmente riproposti in Aula: nelle Commissioni non sono stati discussi e qui non verranno discussi per le motivazioni che ricordavo prima, cioè perché verrà posta la questione di fiducia.
Dunque, il dibattito di oggi, ancorché ognuno di noi, in buona fede, ci metta del suo per cercare di dare un segnale a chi lo dovrebbe capire, diventa ed è un dibattito finto dal punto di vista del contenuto che dovrebbe avere, come aiuto e come proposta, il provvedimento in discussione.
Vi sarebbero molti altri aspetti di carattere squisitamente politico da evidenziare. Potremmo speculare, volendo fare demagogia, rispetto ad un comportamento che viene da tutte le parti denunciato come un comportamento non corretto della conduzione e del metodo in quest'Aula. Tale comportamento non solo viene denunciato dalle opposizioni ma viene anche sottolineato in maniera negativa da più parti della maggioranza: soltanto che non possono dirlo ad alta voce perché non hanno il coraggio o la forza - non lo so - e lo dicono sottovoce.
Dunque, in questo finto discorso cerchiamo di mettere almeno un minimo di contributo senza dover occupare tutto il tempo a disposizione: infatti, non è l'ostruzionismo ciò che ci interessa, almeno come parlamentari e come gruppo dell'Unione di Centro, ma ci interessa cercare di dare un contributo vero non solo ai contenuti ma anche al futuro lavoro di questo Parlamento tentando di far capire, soprattutto alla maggioranza, anche per le considerazioni che prima ricordavo rispetto alle esperienze della passata legislatura, che forse è arrivato il momento diPag. 29modificare, se non totalmente, almeno in parte la conduzione dei lavori in quest'Aula.
Diamo, dunque, un'occhiata anche alle motivazioni per le quali esprimiamo una valutazione complessiva critica sul provvedimento in discussione. In precedenza ho parlato di proroghe e di modifiche: ad esempio, è prevista l'introduzione di rilevanti sanzioni pecuniarie a carico di chi conduce unità da diporto sotto l'effetto di sostanze alcoliche e stupefacenti. Sicuramente è una motivazione valida: questa non è una proroga ma una modifica. Chi vi parla in questo periodo sta discutendo in Commissione trasporti anche la modifica del codice della sicurezza stradale e ci rendiamo conto di quanto sia difficile fare la sintesi di situazioni delicate come quelle di chi sia trovato in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti quando guida.
Pertanto norme come queste, che non costituiscono proroghe bensì modifiche o introduzioni di nuove norme, andrebbero discusse e approfondite. Sicuramente, l'intento è buono, ma rischiamo di fare scelte repressive e non preventive rispetto a situazioni delicate. Oppure potrebbe diventare un alibi, se non approfondita bene, una proroga rispetto alle convenzioni attualmente in corso con la Tirrenia navigazione Spa; pensiamo, inoltre, alla ridefinizione della struttura organizzativa centrale e periferica del corpo delle Capitanerie di porto e della Guardia costiera da attuare mediante regolamento di delegificazione: non sono disposizioni che si possono far passare con un decreto-legge senza discuterlo e soprattutto votando la questione di fiducia. Ugualmente per quanto riguarda la puntualizzazione dei tempi e delle modalità con le quali saranno assegnati i finanziamenti ai trasporti ferroviari: sappiamo benissimo le difficoltà che vi sono attualmente a livello nazionale su tutta la rete ferroviaria. Quindi, facciamo una rincorsa veloce a discutere situazioni di particolare delicatezza.
Inoltre, per quanto attiene la proroga rispetto alla nuova disciplina in materia di diritti aeroportuali, ricordiamo molto bene i dibattiti in quest'Aula con le difficoltà che sono iniziate dal provvedimento sull'Alitalia e quant'altro.
Infine, vi è una modifica - che quindi non è una proroga - della disciplina dettata dal codice della strada, in materia di procedure di accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione ed alla omologazione dei veicoli. Anche qui voglio richiamare, come ho fatto prima, il lavoro che stiamo compiendo a livello di Commissione rispetto alla disciplina della sicurezza, dei giovani, delle patenti e quant'altro. Vi è un conflitto anche in questo senso: perché non si portano questi argomenti nelle Commissioni competenti e non si svolgono dibattiti e approfondimenti veramente seri e utili, ai fini poi di far uscire da questa Camera norme davvero efficaci?
Poi, vi è un aspetto molto delicato, che è quello di cui all'articolo 29, comma 1-quater, recante disposizioni che, nel modificare la disciplina in materia di servizio di noleggio con conducente, introducono vincoli assai stringenti per quanto concerne, in particolare, l'accesso al territorio di comuni diversi da quello che ha rilasciato l'autorizzazione e le modalità di esercizio dell'attività, con la previsione dell'obbligo di iniziare e terminare ogni singolo servizio presso la rimessa situata nel comune che ha rilasciato l'autorizzazione.
Tali disposizioni, oltre ad intervenire in modo dettagliato su materie su cui non è prevista una competenza legislativa statale, ostacolano gravemente lo sviluppo delle imprese che prestano il servizio di noleggio con conducente, con pesanti conseguenze per gli utenti, e compromettono le condizioni essenziali di concorrenza nel settore.
Questa norma mi ricorda un'altra disposizione - che mi pare fosse contenuta nel comma 13-bis dell'articolo 1 del decreto-legge sull'Alitalia - la cosiddetta norma salva manager: si tratta di norme che nessuno inserisce, ma che si ritrovano nei decreti-legge per difendere determinate situazioni specifiche, con nome ePag. 30cognome. Questo è un metodo che sicuramente non può portarci assolutamente da nessuna parte in termini veri e costruttivi.
Poi, vi è un altro aspetto: vi è una proroga - questa sì - dei termini sull'uso degli elenchi telefonici. Sappiamo quanto sia delicata questa situazione: non è questo il metodo, essa va affrontata in maniera diversa. Se non si interverrà in maniera diversa da come stanno facendo adesso questo Governo e questa maggioranza, accadrà che, paradossalmente, anche coloro i quali, esasperati dalle assillanti e moleste campagne telefoniche, avevano chiesto la cancellazione dagli elenchi pubblici, saranno di nuovo bersaglio del marketing telefonico, con grave danno della privacy dei cittadini. Milioni di utenti sono da anni esasperati da questo fenomeno invasivo, tanto che sul punto ho presentato anche un'interrogazione a risposta orale che, come le altre (questo è un altro dato a dimostrazione del rapporto Governo-Parlamento) non ha ancora avuto risposta. I cittadini sono stufi di ricevere telefonate importune a qualsiasi ora della giornata e di assistere ad un palese trattamento illecito dei loro dati personali, con conseguenti violazioni del diritto alla riservatezza. È un abuso gravissimo, una lesione profonda della privacy. Mi auguro che il Governo, la maggioranza e anche lo stesso Garante per la protezione dei dati personali facciano qualcosa di diverso e affrontino in maniera diversa questo provvedimento.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione del mio intervento: al di là del contenuto, sul quale si può essere più o meno d'accordo, al di là del fatto che il provvedimento milleproroghe, i decreti e le questioni di fiducia non sono invenzione di questo Governo e di questa maggioranza, credo che la forzatura in questo momento sia evidente. Si tratta di una forzatura sulle norme, perché non sono solo proroghe ma sono modifiche sostanziali, e di una forzatura sul metodo.
Credo che si possa - con dispiacere, con molto dispiacere - dire che vi è un'esautorazione del Parlamento aggravata e continuata, perché non vi è un segnale che si modifichino atteggiamenti e comportamenti di questo genere.
Non vi è un segnale che faccia venir meno le motivazioni per cui, fino adesso, si è fatto ricorso, come dicevo prima, solo a decreti-legge e a tante questioni di fiducia. In questo vi è, indubbiamente, una certa arroganza, vi è un certo - permettetemi - disprezzo non giustificato né nei confronti del Parlamento, né dai buoni risultati elettorali, che sono sempre un segnale di democrazia e dei quali anche chi vi parla, ultimamente, può essere molto contento.
Tuttavia, un conto sono le convinzioni, i risultati ed i consensi e un conto è il rispetto delle regole, delle istituzioni e, soprattutto, del lavoro parlamentare. La nostra - non mi stancherò mai di dirlo - è ancora, e spero continui ad essere, una Repubblica parlamentare, in cui la centralità di tutto passa attraverso il Parlamento e il confronto è propedeutico alle buone leggi e al rispetto di quelli che sono i veri problemi dei cittadini.
Il gruppo dell'Unione di Centro ha sempre dimostrato, anche in questa legislatura, di essere presente in Aula, di affrontare i problemi all'interno di questo Parlamento, di fare un'opposizione costruttiva e non preconcetta o prevenuta. Abbiamo dato tanti appoggi a questa maggioranza su provvedimenti che ritenevamo utili per il Paese. Abbiamo fatto opposizione convinta, quando abbiamo pensato, e pensiamo, che alcuni provvedimenti non vadano nel senso dell'interesse del Paese. Anche sul provvedimento in discussione, con grande responsabilità, diciamo questo, non tanto per fare un discorso di bandiera o di partito, ma per portare un contributo serio e concreto, attraverso il dibattito in quest'Aula.
Evidentemente, mi auguro di aver sbagliato tutto, dicendo che nel pomeriggio verrà il rappresentante del Governo a porre la questione di fiducia; spero che continui, invece, il dibattito sugli emendamenti. Spero di essermi sbagliato, ma ho la vaga impressione di non aver fatto un discorso errato e di trovarmi, nel pomeriggio,Pag. 31assieme anche agli altri parlamentari che in questo momento non sono presenti, ad ascoltare a che ora domani dovremo tornare a votare la fiducia su questo provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, utilizzerò sicuramente meno tempo dei colleghi che mi hanno preceduto e lo dico, soprattutto, al sottosegretario.
Gli interventi che si sono soffermati denunciando una questione di metodo, stanno ponendo una questione già altre volte sollevata in questa Camera: come si legifera e quale impatto ha questo modo di legiferare sulla vita concreta dei cittadini. Credo che non dobbiamo mai dimenticare nell'esercizio della funzione pubblica, e mai come in questa sede, che gli strumenti del governare, compresi, quindi, i decreti-legge, non sono neutri. Non lo sono mai stati in assoluto, ma in questa fase politica del Paese lo sono ancora meno, perché, se ci fossimo trovati di fronte ad una proroga dei termini, essa avrebbe una sua intrinseca temporalità.
Vorrei ringraziare i relatori di entrambe le Commissioni, a cui è stato affidato il provvedimento, della pazienza con la quale hanno dovuto leggere un tomo molto ampio del servizio studi della Camera. Si sono resi conto materialmente che il provvedimento in discussione ha ben poche disposizioni di proroga termini e molte altre che intervengono in maniera pesante sull'esercizio del normale ordinamento legislativo. Lo ha ricordato con grande perizia il collega Zaccaria: questi sono provvedimenti che, di volta in volta, abbiamo chiamato «carrozzoni della finanziaria», «finanziaria dei poveri». Questo avveniva, soprattutto, in quella sorta di legge finanziaria nel momento in cui non si trovava posto per qualche emendamento o per qualche piccolo interesse e, poi, si aspettava questo provvedimento come l'esercizio attraverso il quale quel piccolo interesse trovava una sua cornice di generalità.
Non siamo più in queste condizioni. Siamo, invece, di fronte ad una condizione che ci interroga sul serio, ci interroga tutti, su come, di fronte ad una crisi anche così drammatica, il nostro modo di governare può avere risultati devastanti anche sulla capacità di reazione di questo Paese.
I colleghi della maggioranza hanno mostrato, come è successo in maniera alternata nei rispettivi ruoli, il disagio di fronte a questo provvedimento. Tale disagio deriva, in primo luogo, dal fatto che il provvedimento è stato esaminato con una velocità impressionante. Infatti, ricordo che il testo è stato trasmesso dal Senato (allo stesso Senato è stata posta la questione di fiducia) lo scorso venerdì. I testi sono stati predisposti per i parlamentari - compresi i relatori - per averne cognizione in giornate convulse, tra venerdì e sabato. Lunedì ci siamo trovati di fronte alle relazioni, lo stesso lunedì è scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti e martedì (ossia ieri) quello per l'esame degli emendamenti.
Noi, come opposizione, abbiamo voluto denunciare questo disagio come un fatto politico. Non siamo abituati, per il partito che rappresento, a ipotizzare l'idea di un'opposizione urlata o che abbandona le discussioni di merito. Tuttavia, vi è un limite a tutto e soprattutto alla decenza della funzione del singolo parlamentare. Infatti, non si può in alcun modo provare a ragionare e ad entrare nel merito della discussione senza che quella consequenzialità temporanea della conoscenza e della decisione venga esercitata in piena agibilità democratica.
Credo che questo sia stato l'elemento per cui in questa occasione abbiamo deciso di non essere presenti nell'ambito dell'esame degli emendamenti, soprattutto a causa dell'intreccio perverso che sempre più fa di questi strumenti non neutri il modo di governare dell'attuale maggioranza, determinando una sequenza decreto-legge, fiducia e blindatura del testo. È una blindatura del testo che mette davvero in difficoltà anche rispetto al fatto che sempre più, su molti provvedimenti, viene data la possibilità di esame a una solaPag. 32Camera, consentendole, appunto, di avere i tempi giusti e di intervenire nella correzione o nel peggioramento del testo, mentre la seconda Camera fa da semplice cassa di risonanza. Di fronte a tutto ciò abbiamo ritenuto che questo provvedimento andasse denunciato proprio nel suo spirito e nel suo esercizio di ordine politico.
Ma il secondo aspetto che vorrei sottolineare è di altra natura. Nel provvedimento vi sono alcune questioni che intervengono in maniera determinante su aspetti normativi - lo dico al sottosegretario, se ha la pazienza di leggersi, come sicuramente ha già fatto, la scheda di lettura predisposta dai servizi - e su ogni questione, non inerente alla proroga dei termini, vi è la richiesta di relazione di saldi di finanza pubblica. Si interviene su grandi questioni e, ciononostante, solo ieri il Governo ha fornito una relazione aggiuntiva sulle spese dei saldi di finanza pubblica.
Molte questioni, però, rimangono generiche e non si capisce nemmeno dove si andranno a trovare le risorse. E ciò avviene soprattutto perché vi sono alcuni articoli (in particolare mi voglio soffermare sull'articolo 7-bis) che testimoniano che non si tratta solo di una questione di saldi di finanza pubblica, ma vi è un «pasticcio legislativo». Infatti, l'articolo 7-bis prevede criteri e parametri di misurabilità dell'azione amministrativa. I colleghi ricorderanno che alla fine della scorsa settimana abbiamo approvato (anzi, voi avete approvato) il cosiddetto «disegno di legge Brunetta». In quel disegno di legge si dava una delega al Governo con un articolo in cui si definisce la misurabilità della valutazione e, quindi, anche della premialità con una misurazione oggettiva.
Nell'articolo 7-bis del provvedimento in esame si fa, invece, riferimento a una modifica dell'articolo 67, commi 2 e 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, che riguarda il cosiddetto salario accessorio che prevede la possibilità, per i dipendenti, sulla base di alcune valutazioni di merito, di avere un aumento di salario che ricadrebbe nella questione della contribuzione integrativa andando a modificare, così, l'articolo 67, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 112 del 2008. Tuttavia, dal testo al nostro esame non si comprende se continua ad avere efficacia la delega del disegno di legge o se, invece, immettiamo in questo un ulteriore elemento di confusione.
Pertanto, in ciò sta il paradosso di questo provvedimento, che non è voluto intervenire solo su questioni attinenti la proroga di termini. Esso troverà una difficoltà oggettiva nell'esercizio del modo di governare e di agire con correttezza nei confronti dei cittadini e delle cittadine di questo Paese.
Comprendo il collega Vanalli, ma il collega Vanalli nel suo intervento, mettendo a fuoco due elementi (la questione del patto di stabilità e la deroga al patto di stabilità per gli enti locali, soprattutto quelli virtuosi e stiamo parlando di comuni di cinquemila abitanti), ha posto la questione che il provvedimento in esame ha al proprio interno anche alcuni aspetti che attengono alla capacità di questo Paese di rimettersi in movimento, di costruire opere e di dare risposta ad una crisi che sempre più lo attanaglia. Ma quell'intervento del collega Vanalli è esattamente la prova che, se si vuole veramente intervenire su questioni che riguardano l'interesse generale, non è il provvedimento milleproroghe che deve essere affrontato. Dobbiamo avere il coraggio di affrontarle, invece, in termini più generali con una pulizia dei testi, ma soprattutto con il rivendicare che nell'esercizio di questa funzione pubblica ci dobbiamo attenere a due questioni fondamentali: quella della responsabilità di chi governa e della responsabilità di chi fa opposizione all'interno dell'interesse di una nuova responsabilità di intervento dell'azione pubblica generale. Questo spesso non avviene.
Questo ennesimo decreto-legge, con questi elementi di contraddizione al proprio interno, testimonia un andazzo e un modo di continuare a legiferare che è esattamente il contrario dell'interesse generale. Finché questo Paese non riuscirà a ritrovare il senso della funzione di un'eticaPag. 33pubblica e anche un'etica del governare andremo incontro ai rischi della corporativizzazione e riusciremo sempre più a dare risposta agli interessi corporativi che si muovono nella società, quella società che, invece di avere in un momento come questo grande capacità di coesione, corre il rischio di far agire gli egoismi dentro una dinamica nella quale gli interessi avranno il sopravvento sulla regola generale.
Nella regola generale dell'esercizio pubblico del governare esistono i disegni di legge ordinari, quelli propri della funzione delle aule parlamentari e non dell'esercizio della «dittatura» (chiamatela anche dolce) di una maggioranza, che di fatto impone all'insieme delle forze politiche, di maggioranza e di opposizione, una decretazione d'urgenza confusa, contraddittoria e non fatta nel nome dell'interesse generale, ma di chi in qualche modo gli ha dato il consenso elettorale.
Questi sono i motivi per cui non solo contestiamo il provvedimento nel metodo e nel merito, ma anche gli elementi che determineranno con grande nettezza il nostro voto contrario quando porrete su di esso la questione di fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, chi ama il proprio ruolo e il proprio Paese guarda con una crescente apprensione, ma vorrei dire con disagio, ad una modalità di legiferare che riduce e mortifica un confronto profondo e attento nelle sedi parlamentari sui diversi provvedimenti.
Il collega Mario Tassone ha già sottolineato con passione e con forza il nostro dissenso per questo metodo che, come egli ha detto, al di là del merito (sul quale pure diremo delle cose) pone comunque reali interrogativi sulla qualità della partecipazione del Parlamento alla formazione delle leggi, ed anche sulla qualità e il valore delle leggi. Abbiamo vissuto, in questa legislatura più che in altre, ma certamente non solo in questa, un rincorrersi di norme correttive e modificative di norme magari licenziate appena tre mesi, sei mesi o un anno prima.
Questo sta a testimoniare in modo inequivocabile che nell'iter legislativo c'è un procedere che non consente quella attenzione, quell'approfondimento, quella lettura delle proposte e quella definizione dei testi normativi ai quali credo - indipendentemente - dal ruolo di maggioranza o di opposizione un Parlamento dovrebbe porre grande attenzione. Proprio per questo, nelle passate legislature si addivenì alla costituzione del Comitato per la legislazione, proprio perché si avvertì già allora questa difficoltà, recepita da tutte le forze politiche che sempre affermano la necessità di semplificare e ridurre la normativa. Abbiamo assunto una posizione favorevole rispetto a provvedimenti che sono andati in questa direzione, ma poi non capiamo - pur sapendo benissimo il perché - la ragione per la quale non il Governo, ma il Parlamento non abbia un sussulto forte di dignità nel proseguire coerentemente con la nuova legislazione, secondo quei principi di chiarezza, leggibilità, precisione e puntualità nella definizione delle leggi. Invece, si procede con molta urgenza e approssimazione e, quindi, arriviamo poi a correggere costantemente quanto abbiamo approvato in tempi molto ravvicinati.
In questo, quindi, abbiamo coscienza che il disagio e l'apprensione non sono solo di chi vi parla e del gruppo dell'Unione di Centro, ma sono largamente avvertiti da parlamentari di maggioranza e di opposizione. C'è una responsabilità politica e anche personale legata al ruolo che il parlamentare ha sancito dalla Costituzione nella sua autonomia e senza vincolo di mandato. Pertanto francamente, rinnovando assieme ai colleghi Tassone e Compagnon, una denuncia che non vuole essere sterile, né tanto meno polemica sul metodo, ribadiamo la richiesta di affrontare tale tematica nella Conferenza dei presidenti di gruppo e nelle relazioni chePag. 34ci sono tra le forze politiche. Sarà forse questa una nostra illusione e suggestione irrealizzabile, però rinnoviamo una richiesta forte di operare in modo organico, di legiferare con i passaggi parlamentari (come ricordava il collega Compagnon) nelle Commissioni perché è proprio in quella sede che riscontriamo la possibilità di varare normative che siano intelligibili, coordinate e che rispondano ai principi di una efficace legislazione.
Abbiamo a questo riguardo avuto negli ultimi mesi autorevoli interventi del Presidente della Repubblica e dei Presidenti della Camera e del Senato. Mi auguro che si esca finalmente da una visione di parte di questa grande istituzione parlamentare e che tutte le forze politiche - dico tutte - avvertano la necessità di procedere nel lavoro legislativo in modo molto più profondo, partecipato e responsabile. Come ha detto (mi pare non secondario richiamarlo) nel suo parere il Comitato per la legislazione, il lavoro legislativo deve essere capace di esprimere una normativa che corrisponda a quei criteri che abbiamo fissato nelle nostre regole di autogestione dei lavori della Camera.
Invece noi qui abbiamo un provvedimento che accompagna numerose misure, sia di carattere ordinamentale sia di natura finanziaria, che - lo ribadisco - tornano a correggere provvedimenti recenti, i decreti-legge n. 112 e n. 185 del 2008, la stessa legge finanziaria per il 2009, su un amplissimo spettro di materie, taluna delle quali avevano avuto già, e lo avevamo evidenziato, un confronto parlamentare che denunciava l'impossibilità di una loro efficace attuazione. Quindi se vogliamo lavorare seriamente non possiamo non rivendicare la necessità dell'approfondimento nelle Commissioni e di un coordinamento, come dicono le regole che ci siamo dati, con le preesistenti fonti normative, per fare emergere dei provvedimenti tali che effettivamente siano immediatamente alla portata dei cittadini. Altrimenti avremo sempre chi dovrà porsi tra la legge e il cittadino, con un aggravio di quei costi indiretti che derivano non solo dalla burocrazia ma anche da una legislazione assolutamente insufficiente.
Sul merito del provvedimento noi avremmo molte cose da dire, ma vogliamo rilevare quello che è stato rilevato nel dibattito svoltosi nelle Commissioni riunite da colleghi che hanno sottolineato la necessità di avere una più puntuale contezza dell'impatto di ciascuna disposizione sul bilancio pubblico. Ebbene noi anche qui diciamo che questo lavoro non è stato adeguato, non c'è stata una risposta, al di là della mancanza di una documentazione vera che doveva essere portata nelle Commissioni parlamentari, che ci abbia in questa direzione soddisfatto. Per cui noi ci troveremo, per una mancanza di una previsione finanziaria adeguata, a fare sicuramente ulteriori modifiche e ulteriori aggiustamenti. Né vale sostenere che c'è poco tempo a disposizione, perché la gestazione dei provvedimenti governativi può avvalersi di una serie di supporti tecnici di cui non ha la disponibilità ogni singolo parlamentare, ma può sicuramente trovare nella Camera dei deputati un luogo di confronto se questo confronto viene ad essere garantito. Invece mi pare di dover qui sottolineare quanto è stato detto in Commissione: noi rischiamo ormai una vera patologia del nostro ordinamento, una patologia che porta anche al risultato di avere una legislazione assolutamente inadeguata.
Ribadiamo con forza la nostra opposizione ad un ruolo del Parlamento assolutamente marginale che esamina i provvedimenti soprattutto senza avere tempo a disposizione e, ribadendo una denuncia già fatta da altri, con tempi di esame tanto ristretti e margini di modifica dei testi pressoché inesistenti. Con la conseguenza che questo modo di procedere consente poi una reale impossibilità di far fronte ad una legislazione efficace e puntuale.
Sul merito del provvedimento noi abbiamo l'esigenza di procedere con una particolare attenzione su tanti temi e avremmo avuto l'esigenza di svolgere un dibattito forte su tanti argomenti in discussione. Su alcune delle norme previste alcuni colleghi hanno già dato unPag. 35contributo di analisi, mentre io, rispetto alle molte questioni che avrei voluto riproporre, limiterò l'esame ad alcuni problemi emersi e ad alcuni articoli.
Il primo è l'articolo 2 relativo all'esclusione dell'applicazione delle sanzioni del Patto di stabilità. Si tratta di un tema che in sede di discussione sulla legge finanziaria ci aveva visti in un confronto molto serrato, soprattutto sulla necessità di prevedere l'esclusione dell'applicazione delle misure sanzionatorie e di deroga al Patto di stabilità per le infrastrutture, per i temi della sicurezza delle sedi scolastiche e per una maggiore e vera autonomia da parte dei comuni virtuosi. Noi rileviamo che grazie all'articolo 2 oggi certamente vi è una migliore formulazione della norma introdotta dal comma 48 della legge finanziaria per l'anno 2009. Tuttavia, si lascia sostanzialmente inalterato l'impianto della disciplina sulla quale invece noi avevamo richiesto per i comuni virtuosi una maggiore possibilità di fare da volano positivo, anche con i loro investimenti, in una difficile situazione economica e finanziaria. Non rileviamo questa interpretazione, questa possibilità di deroga e questa esigenza che i comuni hanno più volte fatto presente, ma vediamo una procedura macchinosa dove i nuovi interventi infrastrutturali devono essere autorizzati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Sappiamo quanto sia lento questo Ministero nel fornire risposte in questa direzione ai comuni che ne faranno richiesta e per i comuni virtuosi non c'è una puntuale previsione per derogare questo obbligo e le relative sanzioni.
Quindi, al di là del miglioramento tecnico formale della norma a cui mi sono riferito precedentemente, riteniamo che sostanzialmente non si colga la forte esigenza che hanno i comuni e il Paese di procedere ad investimenti che diano risposte ad esigenze e a responsabilità inderogabili: penso, signor sottosegretario, alle responsabilità che gli enti locali hanno verso le sedi scolastiche. Dunque, sotto questo profilo saremmo molto grati se venisse un chiarimento affinché l'autorizzazione ad interventi infrastrutturali sia definita, non essendoci nella norma in termini assolutamente certi il vincolo dal Ministero dell'economia e delle finanze.
L'articolo 18 è molto breve, ma sottolinea la difficoltà di completare una procedura legislativa di liquidazione dei consorzi agrari ormai in atto da parecchi anni.
Credo che un Esecutivo che si vuole caratterizzare sotto il profilo della capacità di decidere e di perseguire con tenacia, efficienza ed efficacia delle norme, con questa ulteriore proroga al 31 dicembre 2009 segnali un'impossibilità o una mancanza di volontà di procedere nella direzione di una liquidazione che ormai è inderogabile.
Vorrei poi fare riferimento all'articolo 19, anch'esso una norma molto semplice, ma contenente la proroga di una conquista, che era maturata nel Parlamento anche con difficoltà, relativa al riconoscimento dell'azione collettiva risarcitoria. L'articolo 19 differisce di ulteriori sei mesi l'entrata in vigore di questa norma, credo disattendendo fortemente gli interessi e le aspettative dei consumatori. Questo è un dato che, a mio parere, mal si concilia con la volontà di un Governo che si dice profondamente attento alle attese dei cittadini e delle nostre comunità.
Un altro articolo, al quale voglio fare riferimento, riguarda soprattutto il tema della sicurezza: l'articolo 32 contiene modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Anche in questo caso, vi è un ritardo che va a rendere ancora più incerta e meno puntuale una normativa che aveva visto un grande confronto tra i responsabili datoriali e le organizzazioni sindacali e che era stata definita in un quadro di sostanziale accordo: si propone un'ulteriore proroga al 16 maggio 2009 dell'applicazione di alcune disposizioni.
Senza entrare nel merito di tutte queste disposizioni, vorrei ribadire con forza quanto è stato sostenuto, perché rimanga agli atti della Camera, dall'XI Commissione (lavoro) nel parere espresso con la seguente osservazione: «Con riferimento all'articolo 32 relativo alle proroghe diPag. 36termini in materia di sicurezza del lavoro, si raccomanda di considerare i nuovi limiti temporali come termini non più valicabili, entro i quali occorre agire - con ogni possibile anticipo - per la definitiva attuazione delle relative previsioni. In particolare, si auspica che non siano considerate ultimative le proroghe di cui ai commi 2-bis e 2-ter, che rinviano di un anno il termine per l'adozione dei decreti chiamati a dare attuazione all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008, al fine di definire limiti e modi di applicazione delle disposizioni in materia di tutela della salute, della sicurezza nei luoghi di lavoro in taluni settori (quali, in particolare, le Forze armate e di polizia, Vigili del fuoco e soccorso pubblico, Protezione civile, strutture giudiziarie e penitenziarie, università, istituti di istruzione e di educazione di ogni ordine e grado, organizzazioni di volontariato, mezzi di trasporto aerei e marittimi, archivi, biblioteche e musei)».
Credo che su questo tema vi sia veramente l'esigenza che il Governo ribadisca con determinazione che tali indicazioni, fornite in modo assolutamente condiviso da tutta la Commissione, siano tradotte in una fase attuativa e operativa.
Infatti, indubbiamente, se questo non accadrà, signor sottosegretario, non vorremmo assistere qui - speriamo proprio di «no» - ancora ad un evento luttuoso sui luoghi di lavoro, per la mancanza di adozione di tutti quei provvedimenti che si dicono condivisi dal Governo e da tutto il Parlamento, ma che poi non si traducono in provvedimenti attuativi esecutivi.
Infine, vorrei concludere, signor Presidente, richiamando un dato che, nella sua freddezza, credo parli con chiarezza del tema con il quale ho introdotto questo mio intervento. Si tratta del tema relativo alle leggi approvate in questa legislatura dal Parlamento, d'iniziativa del Governo e parlamentare.
Voglio qui ricordare che, per iniziativa del Governo, sono stati approvati quarantasei provvedimenti che rappresentano il 95,83 per cento dei provvedimenti approvati dal Parlamento italiano, di cui ventisei decreti-legge, quattro leggi di bilancio, quindici leggi di ratifica ed un disegno di legge d'iniziativa governativa, il cosiddetto lodo Alfano.
Per iniziativa parlamentare, sono stati approvati due soli provvedimenti, che rappresentano quindi il 4,17 per cento del lavoro di approvazione da parte del Parlamento. Questo è un dato che parla da solo, che mette in evidenza una disparità nel cosiddetto equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo: non possiamo continuamente porre questioni di urgenza che giustifichino, in modo non convincente come oggi accade, questo ruolo forte che il Parlamento, a mio giudizio, deve rivendicare e sul quale ci deve essere una battaglia dura ed un fronte comune, perché la qualità della democrazia sta anche nella qualità e nel ruolo del suo Parlamento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiani. Ne ha facoltà.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, limiterò il mio intervento all'articolo 43-bis di questo decreto-legge, che si occupa degli interventi nelle operazioni di cartolarizzazione di immobili pubblici.
È una norma di grande portata e, per capirne fino in fondo le implicazioni, credo sia utile fare un rapido passo indietro. Risale all'autunno del 2001 l'avvio della stagione delle cartolarizzazioni immobiliari da parte del Ministro Tremonti, con lo scopo di convertire gli immobili di proprietà degli enti previdenziali, e in parte dello Stato, in strumenti finanziari facilmente collocabili sui mercati. Per gestire tutta questa operazione, venne creata un'unica società, la SCIP Srl, società di diritto lussemburghese, con capitale sociale di 10 mila euro, detenuta da due fondazioni olandesi, avente come amministratore unico uno sconosciuto cittadino inglese.
La prima operazione gestita da SCIP (SCIP 1) è andata sostanzialmente a buon fine. Alla SCIP sono state cedute 27 mila e 512 unità immobiliari dal valore di 5,1 miliardi di euro, offerte a 3,8 miliardi, inPag. 37ragione degli sconti previsti dalla legge. A fronte di questo portafoglio, lo Stato ha incassato 2,3 miliardi, grazie all'emissione di titoli collegata al portafoglio, che sono stati interamente rimborsati nel 2003. Le vendite sono andate avanti rapidamente, anche perché il lavoro era stato impostato bene in precedenza.
Nel 2002, un anno dopo, partì la seconda operazione, SCIP 2, definita dall'allora e attuale Ministro dell'economia e delle finanze la più grande cartolarizzazione immobiliare fatta da uno Stato europeo.
In effetti, con questa operazione, sette enti previdenziali, più lo Stato, hanno ceduto a SCIP 62 mila 880 unità immobiliari - oltre 11 miliardi di valore di mercato, 7,8 miliardi di prezzo di offerta - con un'emissione di titoli collegata pari a 6,6 miliardi; un'operazione, quindi, di grandissima portata, fatta sugli immobili degli enti previdenziali, pagati e acquistati con i contributi dei lavoratori e trasferiti per legge ad una società privata, che si è occupata di mettere in piedi un meccanismo di alienazione che ben presto si è inceppato per tutta una serie di problemi: l'andamento del mercato immobiliare, le polemiche, anche politiche, che si sono aperte su questa stagione, i contenziosi, in particolare quelli relativi agli immobili cosiddetti di pregio, la confusione normativa e gli intoppi burocratici.
Ad aprile 2005 la SCIP, già in ritardo su questa operazione, è stata costretta ad una prima ristrutturazione del proprio debito, con un'emissione di nuovi titoli. Morale della favola: a fine 2008 risultano invendute da quella operazione 13 mila 574 unità immobiliari, che hanno un prezzo teorico di offerta di 2,4 miliardi di euro, con tutta probabilità sovrastimato, visto come sono andate, dal punto di vista della tempistica e degli importi medi, le operazioni precedenti.
Il problema è che ad aprile 2009 scadono debiti per 1,7 miliardi di euro, che SCIP non è in condizione di pagare. È questa la ragione per cui, con questo decreto-legge, in fretta e furia, il Ministro Tremonti ha deciso di chiudere baracca e burattini, per evitare il default di SCIP e una figuraccia del nostro Paese sui mercati internazionali. Questa operazione viene chiusa con una scelta drastica: si restituiscono gli immobili ancora in carico a SCIP agli enti previdenziali di partenza, che sborseranno 1,7 miliardi che verranno utilizzati per chiudere le passività di SCIP, e gli enti previdenziali, se ci riusciranno, li venderanno, rivalendosi sugli incassi.
Come nel gioco dell'oca, si torna alla posizione di partenza. Questa è la stessa dinamica che negli Stati Uniti hanno vissuto le banche che avevano creato le società veicolo, su cui hanno cartolarizzato i mutui subprime: nel momento in cui la bolla immobiliare è esplosa, le società veicolo sono andate in default e le banche si sono dovute riprendere le passività. Il Ministro Tremonti, che da mesi ci fa la morale sulla globalizzazione, la crisi finanziaria, e la speculazione, peste del nuovo millennio, ha fatto e sta facendo esattamente le stesse cose per cui oggi vengono accusati e additati al pubblico ludibrio i finanzieri americani ed europei.
Concludo con alcune considerazioni. In primo luogo, da questa operazione ci hanno guadagnato tutti tranne lo Stato. Ci hanno guadagnato le banche, gli investitori finanziari, le agenzie di rating, gli immobiliaristi, gli studi legali, gli ex inquilini divenuti proprietari a prezzo scontato; l'unico che ci ha perso è lo Stato, che aveva un patrimonio che complessivamente, tra SCIP 1 e SCIP 2, valeva 16,2 miliardi di euro e ha incassato dall'emissione di titoli 9 miliardi di euro. Questo, ad oggi, è il bilancio di questa operazione, con costi di gestione elevatissimi, perché i ritardi e gli intoppi hanno provocato nella sola SCIP 2 costi per 1,4 miliardi di euro. Il Ministro Tremonti ha messo in piedi questo baraccone, che oggi chiude in fretta e furia, con 1,4 miliardi di euro di costi ed un passivo di 1,7 miliardi, che ora gli enti, cioè la pubblica amministrazione, si devono riprendere in pancia, per evitare ulteriori criticità dal punto di vista finanziario.
Tutto questo perché il Governo Berlusconi, fra il 2001 e il 2006, non ha avutoPag. 38il coraggio di affrontare di petto i nodi veri della finanza pubblica italiana e ha preferito la scorciatoia della finanza creativa, per tentare di abbellire i conti di fronte all'Unione europea; la stessa finanza creativa - lo ricordo ancora una volta - che oggi il Ministro Tremonti, su tutti i giornali e gli organi di informazione, addita come responsabile della crisi globale.
Seconda considerazione: la copertura di tutta questa operazione è molto discutibile. La relazione tecnica è stata consegnata in ritardo alla Camera dei deputati, quando il Senato aveva già votato senza relazione tecnica un emendamento di questa portata. Secondo la relazione tecnica, i saldi sono l'effetto sul fabbisogno e l'indebitamento già scontato nei saldi assunti nell'aggiornamento del Patto di stabilità e crescita; con due problemi: che quell'aggiornamento è stato presentato il 6 febbraio, prima che venisse approvato l'emendamento, che peraltro non ha ancora valore di legge; secondo poi, la nota informativa, che viene citata dal Governo per giustificare la copertura, non è stata nemmeno discussa dal Parlamento: 1,9 miliardi di euro di peggioramento dei saldi come se nulla fosse vengono scritti in un pezzo di carta, e il Parlamento è chiamato esclusivamente a ratificare questo buco.
Terza ed ultima considerazione: in un Paese normale il Parlamento chiederebbe chiarezza di fronte ad una vicenda di queste proporzioni. In Italia se ne sono occupati la Corte dei conti, il commissario contro la corruzione, comitati di cittadini, ma mai in modo sistematico, con una Commissione di inchiesta, che è necessaria, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica. In Giappone il Ministro delle finanze si è dimesso per molto meno, per una figuraccia fatta in una conferenza stampa: mi chiedo in un Paese normale che fine farebbe un Ministro dell'economia e delle finanze che si presenta in Parlamento, chiudendo un'operazione che è costata quasi un miliardo e mezzo di euro, con un buco di quasi due miliardi di euro sull'assetto complessivo degli enti pubblici. Il Ministro Tremonti non se ne andrà, immagino, ma vi sono due cose che ha il dovere di fare di fronte al Parlamento: contribuire a fare piena luce nelle Aule parlamentari, ma soprattutto piena luce di fronte al Paese su una delle operazioni più discutibili e controverse della storia della finanza pubblica italiana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,55).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 2198)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, come al solito il Governo presenta un decreto-legge con un titolo: «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti»; poi però dentro ci mette tutto e di più. Eppure, colleghi, si tratta di un decreto-legge per cui i requisiti di necessità e di urgenza previsti nell'articolo 77 della Costituzione sono un optional.
Da tempo ci vengono proposti, signor Presidente, dei decreti-legge disomogenei, riguardanti più materie: pensate solo al decreto-legge n. 112 del 2008, con cui avete approvato, colleghi della maggioranza, una sorta di legge finanziaria triennale e per di più con voto di fiducia. Sugli operatori economici e finanziari, i professionisti, le famiglie, le imprese sono piovute norme che durano due mesi e poi vengono modificate, stravolte, cancellate.Pag. 39Si assiste ad una schizofrenia legislativa che sta mettendo a dura prova la credibilità del Parlamento e la stessa affidabilità della politica.
Colleghi della maggioranza, voi che sostenete questo Governo, il sistema, sappiate, non reggerà a lungo se sottoposto a questo stress legislativo-amministrativo! State trasformando il potere legislativo in un organo amministrativo, costretto a varare norme di dettaglio e particolaristiche, soltanto perché non c'è, nello stesso Governo, una cultura riformista, di riassetto organico di interi settori della vita sociale ed economica del Paese. Si vive di leggi manifesto, di norme spot, si privilegia la logica televisiva e mediatica, si imboniscono gli italiani di messaggi emotivi e fragili, che resistono lo spazio di una notizia di cronaca perché poi le cose rimangono com'erano. Potete pure guadagnare voti, ma il Paese viene fiaccato giorno dopo giorno, come da venti anni stiamo registrando.
Lo stesso relatore Volpi ha dichiarato il proprio disagio nella I Commissione per la ristrettezza del tempo a disposizione per l'esame del provvedimento, che presenta una notevole ampiezza e varietà (queste sono le sue parole).
Ha denunciato quindi l'eterogeneità quanto alla materia e quanto ad alcune misure che vengono previste ed ha riconosciuto, con onestà intellettuale, che alla finalità del decreto-legge, e cioè la proroga dei termini, non sono riconducibili numerose disposizioni di natura sostanziale, in quanto molte misure sono addirittura attinenti a materia diversa da quella finanziaria così come richiamata dal titolo del decreto-legge.
In altri tempi si sarebbe detto che questo è un decreto-legge a contenuto improprio e perciò inammissibile sul piano procedurale, ma lo stesso relatore Volpi molto onestamente riconosce un altro vulnus di questo decreto-legge, che conferma una tesi dell'Unione di Centro che da mesi sosteniamo: la trasformazione surrettizia, strisciante, di fatto, del sistema bicamerale in un sistema monocamerale.
Infatti da tempo si assiste, ricorrendo al voto di fiducia divenuto ormai una prassi ordinaria, al fatto che un provvedimento legislativo discusso ed approvato da un ramo del Parlamento sia ratificato poi dall'altro ramo con un voto di fiducia a scatola chiusa: anche questa è una modifica sostanziale della Costituzione, così come ormai da tempo viene violata in altre importanti parti. Cosa dice il relatore nella sua relazione alla Commissione affari costituzionali? Dice che per i decreti di proroga annuale dei termini di scadenza è invalsa la consuetudine di permetterne la modifica con interventi profondi ed innovativi soltanto però da parte di una Camera.
Essendo quello italiano un sistema bicamerale - sostiene ancora il relatore - si dovrebbe assicurare ad entrambe le Camere lo stesso margine di intervento.
Queste riflessioni non sono di un comunista rivoluzionario dell'opposizione, bensì del relatore Volpi della Lega Nord (e quindi della maggioranza) che, se fosse libero di votare con gli altri suoi colleghi, probabilmente potrebbe avere un sussulto di coscienza parlamentare e votare in difformità dal volere del Governo.
Proprio per evitare che qualcuno faccia parlare la propria coscienza, questo Governo chiederà la fiducia e tapperà la bocca a tutti coloro che rispetto a questo decreto-legge avranno il mal di pancia: è un voto di fiducia che non solo ammutolisce la Camera dei deputati, ma soprattutto zittisce la maggioranza.
Tornando al contenuto del decreto-legge, comprendiamo la proroga della fornitura dei servizi radiotelevisivi RAI alla Repubblica di San Marino, la proroga al 31 dicembre 2009 del termine a decorrere dal quale è consentito l'accesso ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni tramite carte di identità e carta nazionale dei servizi.
Comprendiamo meno, però, la proroga al 1 gennaio 2010 del divieto della permanenza dell'adesione da parte dei comuni a più di una forma associativa di tipo consorziale, così come non comprendiamo la proroga al 31 dicembre 2009 delPag. 40termine di validità di certe graduatorie concorsuali approvate addirittura nel 2000 (e non comprendiamo neppure come, dopo due anni, si debbano ancora prorogare i termini per la riduzione e il riordino degli enti inutili).
Comprendiamo assai meno, dopo i proclami del Ministro Brunetta, il rinvio al 31 luglio 2009 per la definizione dei criteri e parametri per misurare la meritocrazia nella pubblica amministrazione.
Prendiamo atto invece della conservazione in conto residui per il 2009 delle disponibilità finanziarie degli anni pregressi per finanziare le nuove province di Fermo, Monza e Barletta-Andria-Trani: per una maggioranza che aveva scritto nel suo programma l'intento di cancellare le province, non c'è commento da fare!
Infatti mentre comprendo che si possano istituire province come nuovi enti locali, non capisco come si possano finanziare nuovi uffici periferici dello Stato quando lo stesso Stato decise di razionalizzare la spesa pubblica chiudendo Ministeri ed uffici statali e promettendo addirittura, con il federalismo fiscale, di volersi ritirare dall'esercizio di funzioni dirette rispetto alla garanzia dei diritti civili, economici e sociali, perché siano svolti dal sistema delle autonomie.
Per un pugno di voti si fa tutto e il contrario di tutto! Denunciamo, invece, l'ulteriore ritardo di un anno, determinato dal rinvio al 15 maggio 2010, dell'adozione dei decreti attuativi per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro del personale delle Forze armate, di polizia, dei vigili del fuoco e del servizio civile. Un Governo che si proclama decisionista, ed efficiente, e che non riesce a svolgere nemmeno una banale attività normativa (ovvero adempiere ad azioni di razionalizzazione della spesa, spendere risorse destinate alla migliore funzionalità dei settori della pubblica amministrazione che incidono positivamente sulla vita economica del Paese in un momento di grave crisi finanziaria come quella che stiamo vivendo) è cosa grave e deprecabile.
Ci piace evidenziare, invece, la modifica a diversi aspetti della disciplina vigente in materia di editoria. Non solo si seguita a finanziare il giornale della FIAT, mentre si varano leggi a sostegno della produzione automobilistica (perché la FIAT licenzia gli operai), ma si finanzia anche il giornale della Confindustria, si finanzia la catena editoriale di Mondadori e di Berlusconi, e il giornale di Banca Intesa e di Mediobanca che ripartisce utili; queste cattedrali non si toccano! Si finanziano giornali di partito e movimenti politici inesistenti, e non si finanziano giornali di partito esistenti e presenti in Parlamento come l'Unione di Centro. Riformate il sostegno all'editoria secondo i vostri interessi, sottraendo al bilancio dello Stato circa 700 milioni di euro l'anno, di cui una parte ben potrebbe essere destinata a giornali veri come quelli di provincia e della piccola editoria che danno lavoro vero a migliaia di giornalisti e che garantiscono un reale pluralismo di stampa e di opinione. Quanto mi meraviglia di questo sistema di protezione, e di favori, è che la casta della carta stampata non parla, non dice una parola; complice di questa rete di interessi e di privilegi che garantiscono stipendi d'oro a firme di prestigio ben superiori di due, o tre volte, alle indennità di un parlamentare, questa casta si acquatta nel silenzio della cattiva coscienza civile. Anzi, ai giornalisti in cassa integrazione dei periodici viene garantito il prepensionamento. Gli stessi che fanno la morale ogni giorno a quei settori privilegiati, cosiddetti privilegiati, delle aziende produttrici di settori in crisi, che ci dicono come sia pesante la spesa previdenziale sul PIL rispetto ad altre tutele sociali, oggi si prendono il regalo e se ne vanno quatti quatti.
Concordiamo con l'articolo 44-bis concernente la realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie. Nelle carceri siamo di nuovo all'emergenza e non è pensabile un nuovo condono come l'ultimo indulto. La capienza del sistema carcerario italiano è stimata in 43 mila unità e attualmente vi sono 59 mila detenuti. La popolazione carceraria aumenta con un ritmo di circa mille detenuti al mese (nell'ultimo anno sono aumentati di 11 mila unità) e 22 milaPag. 41detenuti, pari al 38 per cento, sono stranieri. Questo Governo si è insediato da un anno, e per un anno ha dormito sonni tranquilli. Mentre varava leggi per incarcerare immigrati irregolari (tra cui quelli che avevano un permesso di soggiorno scaduto) e chi buttava immondizia fuori dai cassonetti, non si curava di ampliare il sistema carcerario. Si è preoccupato di salvaguardare dal carcere alcuna alte cariche istituzionali, ancorché imputate di reati comuni, ma non si è preoccupato di snellire il processo penale. Si sta contorcendo sulle intercettazioni telefoniche, limitando i poteri d'indagine della magistratura, ma non si preoccupa di aiutare la magistratura a rimuovere gli ostacoli procedurali, ed organizzativi, che si frappongono alla definizione di processi rapidi che garantiscono la certezza della pena. Secondo il ministro Alfano, nelle carceri italiane vi sono oltre 16 mila detenuti in attesa di giudizio e solo 24 mila 285 sono i condannati in via definitiva (il 40 per cento di quelli presenti); il 60 per cento dei detenuti è in attesa di un processo. Secondo la statistica, il 50 per cento di questo 60 per cento sarà scarcerato perché dichiarato innocente ovvero perché il reato sarà prescritto o perché la pena inflitta non è riconducibile al carcere.
Che Stato di diritto è questo? Davvero il Ministro Alfano, dopo un anno di sonni tranquilli, pensa di risolvere l'andamento esponenziale della crescita carceraria con nuove carceri che richiedono anni per la loro realizzazione? Che fine hanno fatto le undici carceri mandamentali abbandonate, denunciate da Striscia la notizia un anno fa? Perché tenere nella stessa cella e nello stesso carcere criminali incalliti e detenuti in attesa di giudizio? Perché non differenziare il livello di pericolosità dei detenuti e i percorsi di recupero sociale? Perché ritenere il carcere un carnaio come nel medioevo? Perché spendere inutilmente i soldi dello Stato? Un detenuto costa mediamente 250 euro al giorno, pari ad un albergo a cinque stelle. Davvero con la differenziazione non si risparmierebbe? Un detenuto in attesa di giudizio potrebbe costare molto meno rispetto a un detenuto incallito criminale. Anche qui manca una visione complessiva ed organica, manca una visione riformista, si va avanti per spot. Condividiamo inoltre di questo decreto alcune misure in materia finanziaria. Ci riferiamo - come ha ricordato il collega Delfino - al riconoscimento delle spese per investimenti infrastrutturali sostenute dagli enti locali come non computabili al fine della determinazione del patto di stabilità interno. Noi dell'Unione di Centro, con il collega Galletti, l'avevamo sostenuto con forza nei nostri emendamenti al decreto-legge n. 112 del 2008, ma la maggioranza aveva fatto muro: meglio tardi che mai. Ma che c'entra con il decreto milleproroghe questa misura? È chiaro che la norma in esame non è neutra rispetto ai saldi di finanza pubblica e non risulta coperta, ma il Governo chiamato in causa sul punto dalla V Commissione ancora tace e non dà soluzioni. Concordiamo con il comma 1-bis dell'articolo 29 che reca alcune misure a sostegno dell'autotrasporto tra cui la riduzione dei tassi di premio INAIL, con un maggior favore per il 2009. Il Governo è in ritardo rispetto agli accordi di giugno con le associazioni dell'autotrasporto. Non è partito l'Osservatorio per la definizione delle tariffe di trasporto e la committenza, che fa riferimento alla Confindustria, altera i rapporti contrattuali con i trasportatori pretendendo costi di trasporto fuori mercato a danno della sicurezza stradale.
Non comprendiamo invece il rinvio e la proroga di norme che rimuovevano ostacoli all'apertura dei mercati. L'Italia, colleghi liberali del Governo e della maggioranza, ha bisogno di più mercato e di maggiori liberalizzazioni. Le abbiamo viste con i decreti Bersani e con un Governo dove c'erano Ministri comunisti, e le vediamo sparire o rinviare da una maggioranza e da un Governo anticomunista e di liberali. Ci riferiamo alla norma che limita il noleggio di autovetture con conducente. Ci riferiamo al rinvio delle norme di applicazione della class action. Ci riferiamo alla proroga al 31 dicembre 2009 dell'accesso alle infrastrutture ferroviarie di vettori privati che migliorano la qualitàPag. 42e la quantità dell'offerta di trasporto pubblico ferroviario. Ci riferiamo all'estensione a quarantadue mesi del termine entro il quale gli enti locali sono tenuti a fare le gare anche per le proprie società partecipate per la fornitura di prestazioni di servizi. Attualmente molti comuni, province e regioni hanno dato vita a società miste per assicurare ai partner privati l'appalto di servizi di propria competenza senza alcuna concorrenza e a trattativa privata. Sono posizioni di rendita inaccettabili che scaricano i maggiori costi dovuti a diseconomie sui cittadini utenti.
Invece di porre fine a questo scandalo nazionale che dura da venti anni, anche a causa di un'incerta giurisprudenza, questo Governo ne dilata i termini di agevolazione. Non condividiamo nemmeno il differimento al 30 giugno 2009 del piano di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie detenute in settori non strategici da parte dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (la ex Sviluppo Italia). Si tratta di ritardi nell'uso delle risorse pubbliche improduttive che pesano sui saldi di finanza pubblica e sulla pressione fiscale.
Non è giusto che i settori produttivi concorrenziali, dinamici e competitivi del sistema Italia paghino le tasse per sostenere settori non strategici, molti dei quali non competitivi sui mercati esteri. La ripresa economica passa attraverso la libertà di azione dei settori più competitivi dell'economia italiana. Non fate gli sgambetti - è concorrenza scorretta, signori del Governo - spingendo coloro che non hanno gambe per camminare e sottraendo risorse a chi, invece, può correre. Le liberalizzazioni, l'apertura dei mercati non costano denaro pubblico, anzi determinano migliore qualità delle prestazioni e prezzi più contenuti, aiutano il consumatore ad orientarsi e ad essere più libero di scegliere.
Non comprendiamo, inoltre, il differimento al 31 dicembre 2009 del termine per l'entrata in vigore del divieto di devoluzione delle controversie ai collegi arbitrali in materia di lavori, servizi e forniture. Si tratta di deflazionare il settore civilistico della nostra giustizia e rendere più brevi i processi che pesano sul nostro sistema economico per l'attrazione degli investimenti come macigni enormi. L'Italia è agli ultimi posti in Europa per capacità di attrazione di investimenti stranieri. In una fase in cui si pagano i contraccolpi della delocalizzazione e si sentono i morsi della crisi finanziaria che blocca il sistema creditizio, favorire gli investimenti di capitale stranieri in Italia è la scommessa vincente, il dovere morale e politico di questo Governo e di qualunque parlamentare. Cosa ostacola questi investimenti? Li ostacolano i ritardi della burocrazia, la criminalità organizzata, l'alta pressione fiscale e la giustizia civile lenta che si traduce in una denegata giustizia. Ne sanno coloro che fanno ricorso alla cosiddetta legge Pinto e le enormi risorse che lo Stato italiano è costretto a destinare a chi ha avuto una giustizia negata.
Dopo un anno questo Governo, al di là di qualche ritocco al processo civile, è rimasto al palo e oggi rinvia persino la possibilità di ricorso alla giustizia privata.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI. Non ci siamo. Noi dell'Unione di Centro non possiamo votare la fiducia ma anche nel merito non possiamo condividere un provvedimento legislativo che si pone fuori dal dettato costituzionale, stravolge l'equilibrio istituzionale bicamerale, blocca la nostra economia in alcuni settori strategici. Ancora una volta avete mancato un'occasione per aiutare questo nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Levi. Ne ha facoltà.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, mi concentrerò sull'articolo 41-bis del provvedimento, articolo concernente l'editoria. Cercherò di farlo in modo breve e semplice cosicché tutti i colleghi possano apprezzare il contenuto di questo provvedimento.Pag. 43Sino ad oggi le provvidenze pubbliche a favore dell'editoria hanno avuto un elemento forte e molto semplice: la certezza della legge e la certezza delle risorse. Certezza della legge perché le provvidenze erano stabilite proprio con una legge e dunque ricadevano sotto il controllo e la maestà del Parlamento. Certezza delle risorse perché le società, le testate giornalistiche, i soggetti che avevano diritto di accedere ai contributi pubblici avevano certezza delle risorse che a loro sarebbero arrivate. Ebbene con questo nuovo provvedimento, confermando una linea di intervento già emersa con chiarezza nel luglio scorso, il Governo smantella entrambe queste certezze. Smantella la certezza della legge perché il provvedimento in esame è trasparentemente di delegificazione, ossia sposta dalla legge al regolamento la definizione dei criteri per i contributi pubblici e perché, a proposito delle risorse, stabilisce il principio che non c'è più certezza nell'ammontare delle risorse perché di anno in anno il Governo può cambiarle definendo il tetto per le risorse medesime.
È particolarmente preoccupante e vorrei dire addirittura fastidioso il tema della certezza della legge, perché nel luglio scorso il Governo e la maggioranza sono partiti con un provvedimento che addirittura prevedeva di fare a meno del parere del Parlamento; con una forte azione, sia qui sia al Senato, si è giunti appunto al Senato con una modifica che prevedeva un parere vincolante delle Commissioni. Ora il carattere «vincolante» è stato tolto e rimane semplicemente un parere del quale il Governo potrà fare a meno.
In questo quadro complessivo, vi sono poi nel provvedimento in esame due perle, per così dire, che contribuiscono a darne il segno complessivo: da un lato, si interviene una volta di più a favore dei giornali di partito. La politica non gode di buona reputazione nel nostro Paese in questo periodo e, dunque, non aveva bisogno di questo ulteriore provvedimento. Si tratta di una sanatoria e di una salvaguardia, una volta di più, per tutti i giornali di partito pubblicati alla data del 31 dicembre 2005 - anno in cui vi era una geografia politica molto lontana da quella di oggi - e si interviene non solo salvando quelle testate allora considerate giornali di partito, ma addirittura si prevede che i contributi pubblici, d'ora in poi, siano garantiti non più alle sole imprese, ma alle singole testate pubblicate nel 2005. Ciò comporterà, in tutta evidenza, l'emergere di un mercato per queste testate che, senza più alcun riferimento con i gruppi parlamentari e nemmeno con la politica attuale, potranno però essere contrattate l'un l'altra, avendo questa sicurezza di contributo pubblico.
Da ultimo, si dà un colpo di piccone molto forte alla trasparenza delle proprietà, aggiungendo un ulteriore livello nella complessità delle architetture societarie che controllano i giornali, per cui d'ora in poi sarà ancora più difficile sapere chi sono i soggetti che stanno dietro i giornali. Questi sono i motivi semplici per cui noi esprimiamo, anche per questo, un convinto «no» sul provvedimento in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, desidero intervenire rapidamente su due articoli: l'articolo 21 e l'articolo 41 del decreto milleproroghe in discussione. Per quanto concerne l'articolo 21, comma 1-bis, mi basterà riferire a quest'Aula e ovviamente al Governo, che ritengo già informato, che la X Commissione ha approvato un parere di merito che recita nel modo seguente: le Commissioni di merito «valutino l'opportunità di sopprimere il comma 1-bis dell'articolo 21, disposizione che reca in modo inopportuno la previsione di un atto di indirizzo del Governo, in relazione ad un'attività riservata all'autonomia dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas competente». Mi basterebbe dire ciò, ma aggiungo che la legge istitutiva dell'Autorità prevede che il Governo disponga al massimo di un potere di indirizzo nei confronti dell'Autorità, che ilPag. 44Governo può esercitare esclusivamente nell'ambito del documento di programmazione economico-finanziaria. Non è consentito al Governo operare interventi puntuali e prescrittivi, con contenuto di carattere tecnico, per ciò che riguarda le tariffe in questo Paese.
Passo subito alla seconda considerazione, che riguarda l'articolo 41, commi 16-sexiesdecies e 16-septiesdecies. Ad ottobre scorso, onorevoli colleghi, questa maggioranza ha approvato con il decreto-legge n. 154 del 2008, articolo 2-ter, una misura di 20 milioni di euro a favore di alcune regioni del nord, per la precisione Valle D'Aosta, Piemonte, Lombardia e Trentino-Alto Adige. Si tratta di una misura tesa alla riduzione alla pompa del prezzo del gasolio e delle benzine per autotrazione per i consumi personali.
Quindi, i cittadini delle regioni del nord che ho già citato, dal 1 gennaio 2009, pagano la benzina ed il gasolio al prezzo della Svizzera. Con riferimento al provvedimento milleproroghe, il Governo, in queste ore, soprattutto attraverso il voto di fiducia, rinnova una tradizione che mi sembrava scomparsa da qualche anno, che, essendo io un meridionale, chiamerò «delle peggiori stagioni del Mezzogiorno».
Il Governo, infatti, con l'articolo 41, commi 16-sexiesdecies e 16-septiesdecies, estende lo stesso beneficio alla regione Veneto, in quanto confinante con l'Austria e impegna tre milioni di euro per la riduzione del prezzo della benzina e del gasolio per i privati cittadini veneti per il 2009. Mi chiedo: i liguri, i toscani, gli emiliano-romagnoli hanno, quindi, confini meno nobili, perché rimangono esclusi? E aggiungo: quelli del sud dovranno accontentarsi ancora di essere il miglior bancomat vivente di questo Governo?
Anche per questi motivi, il nostro voto non potrà che essere contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Viola. Ne ha facoltà.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, avrei dovuto svolgere un intervento molto più complesso, ma mi limiterò a sollevare un problema che ci portiamo avanti da alcuni mesi e, cioè, da quando, nella primavera, con uno dei primi provvedimenti del Governo Berlusconi, si mise mano alla questione delle concessioni autostradali.
Infatti, anche con il decreto-legge milleproroghe, si ritorna ad un intervento che completa una modalità di posizione che il Governo ha espresso in questi mesi. Di fatto, il Governo - vorremmo far riflettere tutta l'Assemblea su questo - adotta l'ennesimo provvedimento su questo tema, senza rispondere ad alcune delle tantissime sollecitazioni e critiche che gli sono piovute addosso da diverse parti e da importanti istituzioni, a cominciare dalla Comunità europea. Si badi bene: tali critiche, proprio per l'indipendenza e l'autorevolezza di chi le ha espresse, non riguardano tanto il convincimento dell'Esecutivo, che sulla base di quello ha liberamente deciso, quanto il fatto che le decisioni assunte hanno innescato una deriva senza controllo del sistema delle concessioni autostradali. Già nel giugno scorso, avevamo avuto modo di stigmatizzare la nuova regolamentazione del settore, adottata, come dicevamo prima, con la legge n. 101 del 2008.
In particolar modo, l'Antitrust aveva avuto modo di rafforzare le nostre critiche attraverso il presidente Catricalà, che il 4 luglio 2008 così scriveva ai Presidenti delle Camere e al Governo: «In particolare (...) la legge n. 101 del 2008 trasforma in regolazione quanto contenuto negli schemi di convenzione già sottoscritti tra ANAS Spa e le società concessionarie autostradali. Con riguardo alla convenzione sottoscritta dal principale gestore autostradale a livello nazionale, la società Autostrade per l'Italia Spa, l'Autorità intende segnalare, da un lato, gli effetti distorsivi derivanti dalla modalità di regolamentazione delle tariffe autostradali ivi prevista, dall'altro, l'esigenza di lasciare spazio alla concorrenza per il mercato, almeno per le tratte non ancora realizzate e per l'ampliamento della rete autostradale».Pag. 45
L'Antitrust ancora ci ricordava che, in questo settore, le norme basilari da tenere presenti sono le seguenti: l'affidamento delle concessioni autostradali deve avvenire con l'ausilio delle procedure ad evidenza pubblica; il periodo di affidamento non deve essere ingiustificatamente lungo; l'oggetto dell'affidamento non deve essere ingiustificatamente ampio. Tutte regole disattese dalla citata legge n. 101 del 2008.
Inoltre, l'Antitrust conclude il suo intervento (e non mi soffermo su diversi punti per arrivare rapidamente al nodo della questione) affermando di auspicare, pertanto, che il Governo e il Parlamento riesaminino le normative vigenti in materia di regolamentazione del sistema autostradale, in modo tale che i benefici, in termini di costi, possano essere tradotti in tariffe di pedaggio più basse per i consumatori finali.
Su questi temi l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici rincalzava, in ordine ai temi di sua competenza. Tra l'altro, l'Autorità affermava che nel settore autostradale quasi tutte le concessioni sono state affidate tramite procedure negoziate e ciò contrasta con il meccanismo delle procedure in house.

PRESIDENTE. Onorevole Viola...

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Mi avvio a concludere il mio intervento dicendo che la Corte dei conti, lo scorso 16 gennaio, ci ha confermato che il sistema è assolutamente fuori controllo e da questo punto di vista sentiamo l'esigenza di porre al Governo il tema e di avvertire che non si può scherzare su questi temi perché avete, di fatto, regalato un pezzo importante del sistema pubblico e delle concessioni ai privati.
Pertanto, chiediamo, con forza, che da questo punto di vista il Governo preveda - e lo faremo con ordini del giorno e con proposte di legge - la possibilità di un'authority che regoli il sistema o di allocare queste funzioni dentro il sistema delle authority già esistenti. In questo senso, naturalmente, esprimiamo la nostra contrarietà al provvedimento in esame.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Viola, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritta a parlare l'onorevole Servodio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA SERVODIO. Signor Presidente, data l'ora chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Servodio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, anche io rinuncio ad un intervento di dieci minuti, però vorrei avere almeno un minuto per attirare l'attenzione dell'Assemblea e soprattutto del Governo su quanto sta accadendo a Lampedusa. In base alle notizie che ci sono pervenute la situazione di tensione che covava nel centro di Lampedusa è sfociata, questa mattina, in alcuni scontri tra gli immigrati, ospiti della struttura, e le forze dell'ordine. Tali scontri sono stati talmente gravi che le forze dell'ordine hanno dovuto chiamare dei rinforzi.
Secondo le informazioni di cui disponiamo, alcune persone sarebbero rimaste ferite. I tafferugli erano già scoppiati ieri dopo che un gruppo di circa 300 tunisini aveva cominciato uno sciopero della fame per protesta contro il trasferimento di 107 loro connazionali a Roma, in vista del loro rimpatrio coatto.
Nella struttura, appunto trasformata da centro di prima accoglienza e soccorso a centro di identificazione ed espulsione, si trovano, in questo momento, ben 863 immigrati. È evidente che chiediamo subito al Governo di riferire con urgenza in Aula su quanto sta avvenendo e sui rischiPag. 46di questi scontri che gravano sia sulla popolazione del centro sia su quella di Lampedusa e anche sulla capacità delle autorità locali e delle forze di polizia di fare fronte a questa emergenza che - lo ripeto - è di una gravità senza precedenti nella nostra storia di gestione e politica dell'immigrazione.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Gozi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Inoltre, non mancherò di informare il Presidente affinché la sua richiesta venga accolta, data la rilevanza dei fatti a cui faceva riferimento.
È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, non voglio abusare della pazienza sua e dei colleghi per cui, davvero, mi saranno sufficienti pochi minuti e nel caso in cui non riuscissi a concludere il mio intervento le preannuncio che chiederò la pubblicazione del testo integrale del mio intervento sul resoconto.
Ciò che mi preme evidenziare è che siamo, ancora una volta, nella necessità di denunciare come questo Governo mortifichi il Parlamento. Siamo dinanzi ad una Camera, la nostra, che è ormai ridotta a un organo di mera ratifica.
Lo abbiamo denunciato più volte e continuiamo a farlo con la stessa forza e la stessa convinzione; ed intendo almeno accennare ai contenuti del mio intervento perché questo Governo sta aggredendo l'impianto costituzionale del nostro Paese e sta sistematicamente stravolgendo le regole della democrazia italiana. È un problema che ormai emerge in tutta la sua evidenza.
Nello specifico, faccio notare che il decreto-legge in discussione è composto di più o meno 50 articoli e che si tratta di un testo molto articolato che incide su una miriade di aspetti. Ebbene, di fronte a tutto questo, alle Commissioni è stato permesso di esaminarlo soltanto per due giorni. Per questo il gruppo dell'Italia dei Valori in molte Commissioni si è astenuto dalla partecipazione a quella che si presentava soltanto come una finta discussione.
Lo vogliamo dire, lo vogliamo denunciare e vogliamo che resti agli atti: il Governo non lascia al Parlamento neanche più il tempo di leggere le carte, neanche più il tempo di approfondire i decreti e i provvedimenti al nostro esame. Non dico di discuterli, ma di leggerli.
Su questa questione ero già intervenuto ieri sull'ordine dei lavori ed ho rivolto una domanda specifica al Presidente soprattutto per quanto riguarda la mancata copertura finanziaria di una parte di questo provvedimento. Attendo una risposta, ma spero che insieme il Presidente stesso della Camera affronti la questione ed intervenga nuovamente per difendere le prerogative del Parlamento.
Perché mi rivolgo al Presidente della Camera? Perché spetta a lui il compito di richiamare il Governo al rispetto di quest'Aula e della sovranità popolare. Non entro, quindi, nei termini e nei contenuti di questo provvedimento. Molto ci sarebbe da dire: bene e meglio di me lo ha fatto per il gruppo dell'Italia dei Valori l'onorevole Borghesi ed egregiamente è intervenuto fra i tanti che ho ascoltato, lo voglio citare, il collega Zaccaria. Di fronte a tutto questo siamo davvero sgomenti e preoccupati per lo svuotamento di ruolo del nostro Parlamento.
Per questo posso senz'altro preannunciare il voto contrario al provvedimento in esame, ma soprattutto al voto di fiducia che il Governo, ancora una volta, imporrà fra qualche ora a questa Camera (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.Pag. 47
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2198)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la I Commissione, onorevole Volpi, ed il relatore per la V Commissione, onorevole Toccafondi, rinunciano alla replica.
Prendo altresì atto che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 2198)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali Donadi ed altri n.1, Amici ed altri n. 2 e Vietti ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 2198).
Ricordo che, a norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti, purché appartenenti a gruppi diversi, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
L'onorevole Favia ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Donadi ed altri n.1, di cui è cofirmatario.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, credo che - lo hanno detto bene molti colleghi e da ultimo il collega Evangelisti, ma voglio dirlo anch'io perché lo sento quasi come un dovere civico - che la prima questione pregiudiziale di costituzionalità che va posta sia la violenta lesione del diritto di entrambe le Camere e dei parlamentari di svolgere la propria funzione.
Faccio parte della I Commissione e ho avuto modo di vivere un pesante malessere. Credo di poterlo liberamente dire, mentre i colleghi della maggioranza non hanno nemmeno questo diritto.
Giovedì il presidente Bruno, che saluto, ci ha annunciato l'arrivo del decreto-legge «milleproroghe». Non c'era documentazione perché era ancora giacente al Senato per la sistemazione, non si sapeva nemmeno se lunedì avremmo potuto avere la possibilità di compulsare gli atti. Lunedì si sono svolte le relazioni nelle Commissioni, ci sono stati dati gli atti, sapevamo perfettamente che oggi, così come credo che sarà tra pochi minuti, sarebbe stata posta la questione di fiducia. Abbiamo fatto il nostro lavoro e il nostro dovere di parlamentari, presentando degli emendamenti che sapevamo (come poi è stato) sarebbero stati respinti in blocco non alla nostra presenza, perché abbiamo avuto la dignità di abbandonare i lavori della Commissione, sia durante le relazioni sia durante la discussione - sic, per così dire - degli emendamenti.
Oggi siamo qui a espletare un rito vuoto di significato se non per quell'attaccamento alla Costituzione e per quel significato che dentro di noi continuiamo a ritenere che l'adesione alle regole di questo Parlamento e della Costituzione abbia. Purtroppo cominciano sempre più a risuonarci nelle orecchie brutte parole e brutte frasi di un'altra epoca, in quanto questo Parlamento viene completamente e quotidianamente spogliato dei propri poteri.
Oggi si è svolta questa discussione sulle linee generali stancamente, ma voglio riconoscere ai colleghi di aver comunque svolto con molta dignità il proprio dovere. Debbo lamentare purtroppo che pochi colleghi della maggioranza hanno avuto quel sussulto di orgoglio di protestare contro questo avvilimento della funzione parlamentare. Si è svolto il dibattito, ora svolgiamo il dibattito sulle questioni pregiudizialiPag. 48di costituzionalità. Saranno respinte, anche se sono pienamente fondate, perché come dicevo dianzi la prima incostituzionalità è questo trattamento che viene riservato alle Camere.
Si tratta di un decreto-legge che, peraltro, scade tra dieci giorni. Quindi, ci sarebbe stato tutto il tempo per svolgere regolarmente la nostra funzione, senza il rischio che questo decreto-legge decadesse. Si tratta di un provvedimento che rappresenta l'ennesima sistematica utilizzazione di uno strumento pensato per determinati scopi e utilizzato per altri. Il Governo opera con questo strumento ormai in maniera abusata dall'inizio della legislatura.
Questa reiterata decretazione d'urgenza ha ormai alterato lo schema fisiologico del rapporto tra Governo e Parlamento. Non c'è, infatti, solo un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che è l'altra incostituzionalità di questo provvedimento, in quanto nei circa 50 articoli che rappresentano questo disegno di legge non riusciamo a vedere altro che normativa ordinaria, peraltro in alcuni casi pesantemente non condivisibile.
Voglio citare, per esempio, la norma contro il noleggio pubblico, l'ennesimo ulteriore rinvio della class action, dopo la burla della class action pubblica nel cosiddetto «Brunetta-bis» della scorsa settimana senza il risarcimento del danno.
Siamo davanti ormai a due nuove tipologie implicite: la normativa di proroga e la normativa per decreto. Ormai questo Parlamento ha perso il proprio diritto di iniziativa legislativa. Il computo delle leggi approvate per iniziativa del Parlamento rispetto ai decreti-legge e rispetto alle leggi di iniziativa governativa parla in misura abissale a favore di quelle ad iniziativa governativa: ormai legifera soltanto il Governo.
Credo, come diceva prima qualche collega, che sia effettivamente ora di mettere mano a delle riforme condivise. Anche un collega della Lega stamattina ha lamentato la mancanza della previsione di una corsia preferenziale per i disegni di legge del Governo. Credo che sarebbe più decente mettere mano ad una riforma costituzionale condivisa, ma vivaddio se anche introducessimo il monocameralismo o una corsia preferenziale per i disegni di legge del Governo, che dire dei disegni di legge dell'opposizione che non vedono mai la luce? A stento vedono la luce delle mozioni, ma a patto che ci siano delle mozioni prevalenti della maggioranza, in ogni caso non potrà mai prevedersi che se anche rimanesse una sola Camera con il potere di legiferare, questo potere sia tolto concretamente a questa Camera per essere riposto nelle mani del Governo con l'unificazione totale del potere esecutivo con quello legislativo. Sarebbe un ritorno indietro di secoli rispetto alla tripartizione dei poteri che ci siamo da ultimo costituzionalmente guadagnati e che vorremmo conservare, anche a costo di lottare con le unghie e con i denti.
Decretazione di urgenza in cui l'urgenza non c'è, con un'assoluta incostituzionalità, decretazione su materie assolutamente ordinarie sulle quali non avremmo potuto essere d'accordo nemmeno nel merito. Ma mi sia consentito dire che c'è un'altra pesante...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DAVID FAVIA. Concludo Presidente, la ringrazio del warning. C'è un'altra pesante incostituzionalità: pur non dicendolo espressamente nella normativa di cui stiamo parlando vi sono delle norme ad alto contenuto economico che implicano degli oneri che sembrano assolutamente idonei a creare aggravi al bilancio dello Stato, come per esempio la soppressione dei cosiddetti enti inutili di cui all'articolo 4: per questi impegni di spesa certi manca completamente la copertura.
Per questi motivi il gruppo dell'Italia dei Valori chiede che non si proceda all'esame dell'AC 2198 per la sua palese incostituzionalità e pone fortemente un problema più ampio di sistematica lesione e violazione della nostra Carta costituzionale che è diventato assolutamente intollerabile per un Paese civile (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Pag. 49

PRESIDENTE. L'onorevole Zaccaria ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Amici ed altri n. 2, di cui è cofirmatario.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, lei ovviamente sa che siamo arrivati al trentaquattresimo decreto-legge su trentotto adottati. Quindi, stiamo già doppiando il numero dei decreti-legge che in due anni ha emanato il Governo Prodi. So che questo non suscita grandi emozioni, perché in fondo si sta raggiungendo record, quindi qualcuno potrebbe essere galvanizzato da questa notizia.
Devo dire, peraltro, che il decreto-legge in esame (al quale devo attenermi perché ne stiamo discutendo) in altre occasioni sarebbe passato in una pressoché totale indifferenza in quest'Aula. Anzi, sarebbe passato non solo con indifferenza, ma con un leggero fastidio come a dire che rappresenta un adempimento fastidioso al quale siamo tenuti. Tutti, infatti, hanno adottato decreti-legge che vanno sotto questo nome e che oggi vorrei provare a ribattezzare, perché noi lo chiamiamo «milleproroghe» o «finanziaria del poveri», utilizzando anche tanti altri nomi. Tuttavia, il trentaquattresimo decreto-legge oggi rappresenta una sorta di istantanea drammatica dei lavori parlamentari relativi alla conversione in legge.
Come ha già ricordato qualcuno precedentemente (mi sembra l'onorevole Evangelisti), su sessanta giorni che la Costituzione prevede per la conversione in legge, alla Camera stiamo convertendo un decreto-legge in soli tre giorni con un annuncio non troppo velato della prossima posizione della questione di fiducia. Allora, domando a voi - perché io ho pochi precedenti costituzionali per poterli valutare - se i tre giorni di esame alla Camera, con la fiducia annunciata e con la fiducia già posta al Senato sullo stesso provvedimento, non rappresenti un precedente che deve interessare la Costituzione. Abbiamo avuto la posizione di questioni di fiducia nei due rami del Parlamento sui atti di grande dignità, come le finanziarie dove vi era una «ragione Paese» che le giustificava. Con il decreto-legge, recante proroga termini, noi spariamo con i cannoni per prendere dei moscerini e stravolgiamo la logica e il principio costituzionale secondo cui il Governo adotta i decreti-legge sotto la sua responsabilità e il Parlamento li converte in legge. Se è conversione ciò che si verifica con questa liturgia, mi domando se non debba essere interessata la Costituzione che, siccome è una carta, allora non parla, tuttavia, vi è la Corte costituzionale che ci osserva. Questa è una procedura del tutto nuova.
Faccio un accenno anche allo strumento della fiducia, perché se oggi verrà utilizzato arriveremmo alla tredicesima fiducia: dieci alla Camera e tre al Senato. Abbiamo superato le sei fiducie dello stesso periodo del Governo Prodi: erano state sei in quella situazione politica, mentre ora sono o saranno forse tredici tra non molti minuti. Questo tipo di riflessione ci deve interessare, magari non tutti, ma qualcuno potrà domandarsi se non si sta giocando con le istituzioni.
Quali sono le ragioni di incostituzionalità a mio modo di vedere e a modo di vedere del mio gruppo? Lo ha detto già il collega dell'Italia dei Valori: manca del tutto il requisito dell'omogeneità. In genere, abbastanza presto all'università insegnano che questo è un elemento individuato per interpretazione dell'articolo 77 della Costituzione e, se non fosse chiaro per gli interpreti, lo ha stabilito anche la legge n. 400 del 1988. Omogeneità significa che un decreto-legge si utilizza per una materia. Non tutti lo avranno letto (perché sapendo che è in esame per tre giorni e poi c'è la fiducia molti hanno preferito non leggerlo), tuttavia voglio invitarvi a leggere il provvedimento.
Ma i cittadini devono saperlo, perché si tratta di leggi che essi dovranno osservare. Qualcuno mi dirà che l'omogeneità non è in sé, ma c'è in senso funzionale, ossia il provvedimento milleproroghe è finalisticamente orientato a prorogare. Inviterei, quindi, i colleghi che parleranno dopo di me a non usare questo argomento, perché, come dicevo, il provvedimento, se lo leggete, non è più un decreto milleproroghe:Pag. 50il 30 per cento del suo contenuto è costituito da proroghe, che in parte sono quelle che erano passate all'esame del Capo dello Stato. Poi, però, al Senato sono state introdotte norme di altro tipo per il 70 per cento del suo contenuto: si tratta di norme sostanziali anche molto pesanti, che noi abbiamo provato ad illustrare nel corso della discussione sulle linee generali svoltasi questa mattina. Vi è il rinvio dell'entrata in vigore della class action. Il Ministro Brunetta ci aveva detto di averla introdotta lui: ha fatto una finta class action, ma quella vera viene rinviata. Si parla tanto delle vicende dei database relativi ai dati personali: per ragioni di marketing si autorizza il trattamento di un numero enorme di dati personali! È una cosa scandalosa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Voi vi preoccupate delle intercettazioni e della privacy, ma qui, per ragioni di pubblicità commerciale, si usano database spaventosi dei cittadini. Con riferimento all'ambiente, vi è il rinvio dell'obbligo per l'adozione delle energie rinnovabili ed ecosostenibili in tutte le case. Questa, quindi, non è una priorità e viene rimandata. In merito alla sicurezza del lavoro, vi è il rinvio dell'approvazione del testo unico per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro ed il rinvio dell'emanazione dei decreti legislativi. In merito all'editoria vorrei dire a chi, in quest'Aula, ha affermato che il regolamento delegato in materia di editoria doveva essere emanato con il parere vincolante delle Camere, di andarselo a leggere: con un gioco delle tre carte, un gioco di prestigio, il parere vincolante non c'è più. Nel decreto cosiddetto milleproroghe (ma, ripeto, le proroghe sono soltanto il 30 per cento del suo contenuto), il parere non è più vincolante, ma si parla solo di «parere»: anche un vostro potere, quindi, viene sottratto per un'operazione che vi è oscura.
Vi è, poi, la questione relativa alla SCIP: devo confessare che non mi ero occupato molto della SCIP, ossia di questa società frutto della finanza creativa del Ministro dell'economia e delle finanze. Ho ascoltato molti colleghi, ma con maggiore attenzione il collega Misiani, che ha parlato non più di un'ora fa. Noi dovremmo cominciare ad occuparci della vicenda relativa alla SCIP, che con questo decreto-legge viene «fatta fuori», e porla sullo stesso piano dell'ICI e della questione Alitalia. Praticamente, con un'operazione spregiudicata, viene eliminata una società che operava da molti anni per la vendita degli immobili. È chiaro che c'è un buco. Faccio un calcolo in base ai dati riportati dal collega Misiani: 1,5 più 1,7 miliardi di euro, ossia circa 3 miliardi, praticamente, con questa operazione, non ci sono più, con un altro gioco di prestigio. Ma qui stiamo giocando con i cittadini! L'operazione è devastante e voi la inserite nel provvedimento milleproroghe.
Se questo non è un provvedimento milleproroghe integralmente, ma lo è soltanto in parte, manca anche la necessità e l'urgenza: posso accettare che necessità ed urgenza vi siano sulle proroghe, ma non sulle norme sostanziali. Vi è, quindi, una violazione palese del principio del controllo del Capo dello Stato.
In conclusione, il Presidente Berlusconi ha affermato qualche giorno fa che i decreti-legge sono cosa sua e che lui controlla anche la necessità e l'urgenza. Si sbaglia e voi lo sapete: non va dal popolo per questo motivo, perché la necessità e l'urgenza è controllata prima dal Capo dello Stato, poi dal Parlamento e, infine, dalla Corte costituzionale.
Con questo decreto-legge ci chiedete troppo e credo che qualcuno se ne accorgerà (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Occhiuto ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Vietti ed altri n. 3, di cui è cofirmatario.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, anch'io intervengo brevemente per illustrare la questione pregiudiziale presentata per motivi di costituzionalità dal mio gruppo. Nella discussione sulle linee generali, appena terminata, è stata evidente a tutti la fortissima e straordinariaPag. 51eterogeneità del contenuto di questo decreto-legge, che oggi si chiede di convertire. È un'eterogeneità che non va rintracciata, ma che è assolutamente evidente, tant'è che ciascuno dei colleghi intervenuti nella discussione l'ha abbondantemente e chiaramente indicata.
Proprio il carattere di non omogeneità del contenuto del decreto-legge, non solo rispetto alle materie previste, ma anche in ordine al suo contenuto funzionale (si tratta di un decreto-legge che dovrebbe operare nella direzione di prorogare i termini, mentre contiene norme che modificano leggi vigenti, quindi norme di carattere legislativo; non sono presenti solo norme recanti proroghe di termini), costituisce uno dei presupposti in ragione dei quali abbiamo presentato la questione pregiudiziale di costituzionalità.
Infatti, questo decreto-legge è in aperto contrasto proprio con l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, secondo la quale i decreti-legge devono contenere disposizioni omogenee e corrispondenti al titolo. È in aperto contrasto con questa legge, che è certamente una legge ordinaria, ma con un valore ordinamentale, in quanto è preposta proprio all'ordinato impiego della decretazione d'urgenza e discende dall'articolo 77 della Costituzione.
Dalla lettura del testo, noi abbiamo ritenuto - eppure abbiamo partecipato, come diceva l'onorevole Tassone, alla discussione in Commissione, senza abbandonare i lavori - che questa omogeneità non vi fosse. Non vi è affatto nel contenuto, perché questo decreto-legge contiene norme che riguardano le infrastrutture carcerarie, che modificano i codici della strada della nautica, che riguardano il Patto di stabilità. Contiene anche modifiche ad alcuni testi unici, in materia di edilizia, bancaria e creditizia, di imposte sui redditi.
Diciamo per inciso che questo è un modo di legiferare che rappresenta anche un pericoloso precedente per il futuro, perché compromette anche il carattere di unitarietà e di omnicomprensività dei testi unici.
Questo decreto-legge, che oggi si vuole convertire, contiene norme sul CONI, sui monopoli, sull'editoria, in materia di privacy. Contiene anche interpretazioni autentiche, che nulla hanno a che fare con la semplice proroga dei termini.
Non vi sono, inoltre, i caratteri di necessità e di urgenza, previsti dal dettato costituzionale. Vorrei segnalare solo due esempi. Vi sono norme che produrranno effetti assai distanziati rispetto al tempo in cui entrerà in vigore questo disegno di legge di conversione del decreto-legge. Per esempio, la norma contenuta all'articolo 34-bis, al comma 5, stabilisce l'entrata in vigore di questa norma a decorrere dal 1 luglio. Ma dov'è l'urgenza e la necessità di procedere con un decreto-legge, se poi l'entrata in vigore di questa norma decorre dal 1 luglio del 2009?
Ce n'è un'altra, quella contenuta all'articolo 35, comma 2, che addirittura prevede l'abrogazione di una norma che entrerebbe in vigore nel 2010. Mi chiedo ancora quale sia l'urgenza e la necessità di procedere con la decretazione a modificare o abrogare delle norme che produrrebbero effetti non nell'immediato, ma fra sei mesi o fra un anno.
Vorrei evidenziare anche che vi è una sentenza della Corte costituzionale, la n. 171 del 2007, che afferma chiaramente che, se vi è l'insussistenza dei necessari presupposti della straordinarietà ed urgenza, si vizia il decreto-legge e si vizia anche la relativa legge di conversione.
Infine, signor Presidente, oggi non vogliamo, con questione pregiudiziale di costituzionalità, fare la solita rivendicazione su quello che secondo noi è un abuso nell'uso della decretazione. Usiamo il termine abuso senza temere di usare un termine forte o improprio, perché qualcun altro lo ricordava prima di me, anche il collega Compagnon: ben 34 sono stati i decreti-legge che il Governo ha chiesto al Parlamento di convertire.
Non vogliamo fare, però, la solita rivendicazione, alla quale si potrebbe rispondere dalle parti della maggioranzaPag. 52che vi sono problemi sistemici, forse anche strutturali, che impongono la decretazione d'urgenza.
Non ne siamo affatto convinti, ma oggi il tema è anche un altro: il ricorso alla decretazione d'urgenza su questo provvedimento è ancora più grave, perché consolida una prassi che, in verità, non appartiene solo a questo Governo: anche negli anni passati, ogni anno, in occasione dei cosiddetti decreti milleproroghe, si formavano dei testi di legge che non si limitavano a differire i termini di applicazione di alcune norme, ma diventavano delle leggi omnibus, ove si normava di tutto e di più.
Oggi noi stiamo producendo una legge che non solo non risponde al dettato costituzionale, perché discende da un decreto-legge che lo non rispetta, ma stiamo producendo anche una cattiva legge (questo incide, oggi più che altre volte, sulla dignità del nostro lavoro).
È una cattiva legge per i tempi in cui la discussione ci è stata richiesta - probabilmente, si porrà a breve la questione di fiducia, questo provvedimento è stato esaminato dalla Camera soltanto un paio di giorni fa - perché questo provvedimento ha ancora molti limiti proprio sul piano dell'efficacia del testo, della chiarezza e della proprietà della formulazione e sotto il profilo dell'omogeneità, che, per l'appunto, è presupposto fondamentale della questione pregiudiziale che abbiamo posto.
La maggioranza ci dirà, come dicevo, che non è la prima volta che accade; per noi, però, più colpe non fanno mai una ragione. La maggioranza è vasta, ha più di 100 parlamentari, la geografia del Parlamento è estremamente semplificata per effetto della presenza di pochi gruppi politici.
Da questa maggioranza ci saremmo aspettati ben altre innovazioni che il richiamo ad una cattiva prassi, che è appartenuta anche ad altri governi e ad altre maggioranze di segno e di colore diverso.
L'innovazione che ci saremmo aspettata deve avere per oggetto la rimozione delle cattive prassi, la voglia di attribuire funzioni e ruoli al Parlamento. Per questo - concludo, signor Presidente - con la nostra questione pregiudiziale chiediamo al Parlamento di non procedere.
Certo, sappiamo che è una richiesta che non verrà accolta, perché la maggioranza vuole procedere lo stesso e perché il Governo ritiene che la decretazione d'urgenza possa diventare modalità ordinaria di produzione legislativa; la maggioranza, certo, può farlo, il Governo può ritenerlo.
Se la maggioranza e il Governo lo fanno, noi riteniamo che siano una maggioranza e un Governo miopi. Fatelo se volete, ma non lo farete con la complicità del gruppo dell'Unione di Centro (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, poche considerazioni per spiegare il motivo del respingimento da parte del gruppo della Lega Nord delle tre questioni pregiudiziali di costituzionalità in esame. Mi rifaccio a due passaggi, due affermazioni contenute in esse.
La prima: si dice che queste proroghe dei termini sono dovute anche ad inefficienze della pubblica amministrazione e degli apparati ministeriali. Questo è sicuramente vero; però è anche giusto ricordare che spesso questi ritardi sono dovuti a scelte politiche che creano poi delle difficoltà. Voglio ricordare che, ad esempio, alla fine della XIII legislatura, all'inizio della XIV (eravamo nel 2001), chi si è trovato a governare in quei primi giorni della nuova legislatura si ritrovò con un riordino del sistema della pubblica amministrazione che creò estremi disagi: vi furono degli accorpamenti dei Ministeri, con novità sostanziali per quanto riguarda gli uffici centrali e periferici, le Agenzie del territorio e le stesse prefetture, che crearono evidentemente dei disguidi in termini di tempestività ed efficacia nelle risposte che si dovevano fornire per fronteggiare le esigenze di servizi da parte dei cittadini.Pag. 53
Stessa identica cosa è accaduta, per esempio, con l'inizio di questa nuova legislatura, perché alla fine di quella precedente fu deciso un accorpamento dei Ministeri (vi fu la riduzione, il taglio a metà del numero dei Ministeri), e anche questo ha determinato una serie di situazioni concatenanti che hanno rallentato tutto l'iter burocratico relativo a leggi, a decreti legislativi in scadenza da applicare. Talvolta, quindi, queste necessità di proporre dei decreti-legge per prorogare dei termini sono dovute ad inefficienze dell'amministrazione, ma anche al fatto che, molto spesso, la politica non lascia alle pubbliche amministrazioni, visto anche il caos normativo in cui ci troviamo, il tempo di agire per il meglio.
Un altro esempio: nel 2001, quando vi fu la riforma del Titolo V della Costituzione, non furono precisate bene le competenze esclusive dello Stato e quelle concorrenti delle regioni. Via via anche in questo caso si aprì, ed è aperto a tutt'oggi, un contenzioso enorme presso la Corte costituzionale: nessuno sa bene cosa può, dove può intervenire e se può fare una cosa o «no». Vi è quindi la necessità di avere un riordino sostanziale di tutte queste competenze normative; vedremo che, risolto questo problema, vi saranno sempre meno decreti-legge milleproroghe portati in Aula per la loro approvazione.
È stato però lanciato anche un attacco ed è quello del ricorso alla decretazione d'urgenza e alla posizione della questione di fiducia. Ciò dipende anche dagli atteggiamenti che le opposizioni tengono durante i lavori dell'Aula. Voglio ricordare la necessità di modificare il Regolamento dei lavori d'Aula: già da tre legislature sono scadute le norme transitorie che allora vietavano il contingentamento dei tempi per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge, e quando l'opposizione decide legittimamente di rallentare i lavori dell'Assemblea basta un disegno di legge di conversione per tenerci bloccati in Aula una settimana; e allora va da sé che viene posta da parte del Governo la questione di fiducia, altrimenti non si riesce a fare assolutamente nulla. Ricordavo poco tempo fa che in ogni Consiglio dei ministri devono essere presentati minimo uno o due decreti-legge la settimana per risolvere i problemi, e se in Parlamento non riusciamo per tali norme regolamentari a trasformarne in legge neanche uno alla settimana, saremo sempre in ritardo rispetto alle necessità del Governo e del Paese.
Abbiamo quindi la necessità e l'urgenza di non fermare l'iter dei decreti-legge che sono in scadenza, ma abbiamo anche il dovere di attrezzarci per disporre di un Regolamento che consenta tempi certi per l'approvazione delle norme.

PRESIDENTE. Onorevole Luciano Dussin, deve concludere.

LUCIANO DUSSIN. Ma abbiamo anche la necessità e l'urgenza di metter mano al sistema di funzionamento del Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bernini Bovicelli. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione le argomentazioni che i colleghi dell'opposizione pongono alla base delle questioni pregiudiziali di costituzionalità proposte all'Aula.
Vorrei aggiungere a confutazione - già anticipando il mio voto contrario sulle questioni pregiudiziali presentate e quindi il mio totale allontanamento rispetto alle motivazioni che stanno alla base delle stesse - qualche considerazione di carattere generale e, se il tempo me lo consentirà, qualche considerazione più specifica.
Considero da parte di tutti pleonastico e comunque limitativo del ragionamento il fatto di ricordare che lo strumento di cui qui oggi si discute è stato ripetutamente, reiteratamente impiegato dal Governo (o meglio, dai Governi) nella legislatura (o meglio, nelle legislature) precedenti sulla base di presupposti più o meno condivisibili a seconda delle prospettive, e conPag. 54modalità operative non solo di proroga ma anche di deroga e di deleghe altrettanto opinabili.
Ciò però non vuole essere una condivisione di motivi di processo alla storia dell'utilizzo parlamentare del decreto-legge cosiddetto milleproroghe; vuole essere piuttosto una totale disconferma di quanto è stato sostenuto da una parte dell'opposizione che ha presentato le questioni pregiudiziali, ovvero che questo strumento sarebbe nell'ottica del Governo una sorta di opzione standardizzata di sistema.
Così non è: non è un'opzione standardizzata, non è un'opzione di sistema; è una risposta faticosa, dolorosa, emergenziale, urgenziale, ma necessaria, perfettamente rispondente ai requisiti indicati dall'articolo 77 della Costituzione, anche e soprattutto nella sua eterogeneità, ad una situazione grave che non può essere ulteriormente rimandata, ad una crisi che da congiunturale sta diventando strutturale (è ormai divenuta strutturale) e che purtroppo tocca diversi settori (settori economici, finanziari, giurisdizionali e quindi anche sociali) che richiedono una risposta composita e pluritematica. La crisi è composita, pluritematica ed eterogenea, e purtroppo anche la risposta deve essere composita.
Ricordo a tale proposito che proprio questo Parlamento ha ripetutamente affrontato, dibattuto ed approvato provvedimenti eterogenei.
Mi dispiace per l'onorevole Zaccaria (mi rendo conto che ascoltare questa argomentazione possa risultare al suo orecchio di costituzionalista pleonastica, ma è un'argomentazione che peraltro è stata sostenuta in altre occasioni a ruoli invertiti dall'attuale opposizione), ma l'eterogeneità - lo hanno sostenuto eminenti costituzionalisti, lo stesso onorevole Zaccaria nel luglio del 2006 - non va valutata in se stessa, indipendentemente dal contenuto del provvedimento, ma viene superata dall'univocità del fine, che non è solo un fine di proroga, ma è un fine provvedimentale, un fine che trova la sua motivazione nella necessità e nell'urgenza del provvedere (un fine che, oltretutto, deve garantire una continuità di Governo).
Abbiamo avuto recentemente, non più di otto mesi fa, un cambio della guardia: la continuità nell'azione degli Esecutivi deve essere garantita anche in questo modo. Esiste sicuramente una patologia del sistema che è stata evidenziata in maniera trasversale, una patologia che nasce da un'ipertrofismo legislativo, normativo e ordinamentale, rispetto alla quale è necessario stabilire dei presupposti di contenimento dei conti, anche in un ottica comunitaria. Esiste una crisi della pubblica amministrazione, ci sono ritardi della pubblica amministrazione: tutto questo è molto vero, ma a tutto ciò - questa è la novità - il nostro Governo ha cominciato a porre rimedio, adottando provvedimenti (l'ultimo, qualche settimana fa) di semplificazione legislativa, nonché provvedimenti epocali e rivoluzionari di riordino e ottimizzazione della pubblica amministrazione, del lavoro pubblico.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Sto per concludere, Signor Presidente. Tutto questo con un obiettivo: ridurre di importanza, di contenuti e di rilievo il cosiddetto «decreto milleproroghe», che si fonda, ora, su una necessità e un'urgenza che non possono essere né ignorate né rinviate ma che, un domani, sarà sopra avanzato, superato e reso fisiologico da una soluzione di sistema che noi abbiamo cominciato ad avviare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Nessun altro chiede di parlare sulle questioni pregiudiziali.
Con riferimento alle questioni poste dall'onorevole Evangelisti, ferma restando, ovviamente, la sua facoltà di svolgere nel merito le considerazioni che ritiene più opportune, la Presidenza desidera informarlo che il Governo ha trasmesso, ieri, un prospetto riepilogativo degli effetti finanziari, corredato da relazioni tecniche ad alcuni articoli che danno conto dellePag. 55conseguenze dei medesimi. Tali documenti, sono stati pubblicati in allegato ai resoconti delle sedute delle Commissioni riunite I e V.
Passiamo ai voti.
Ricordo che, come previsto dal Regolamento, procederemo ad un unico voto sulle questioni pregiudiziali presentate.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Donadi ed altri n. 1, Amici ed altri n. 2 e Vietti ed altri n. 3.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 501
Maggioranza 251
Hanno votato
240
Hanno votato
no 261).

Prendo atto che i deputati Pagano, Montagnoli, Di Cagno Abbrescia e Paolini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario. Prendo altresì atto che i deputati Rubinato, Oppi, Argentin, Gianni Farina e Braga hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 14,20).

FILIPPO ASCIERTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Prego i colleghi di lasciare l'Aula con un silenzio rispettoso di chi deve intervenire.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, intervengo per esprimere le mie felicitazioni - ma penso di rappresentare tutti i colleghi del Popolo della Libertà e forse di quest'Aula - alla questura di Roma, per aver tratto in arresto lo stupratore che, alcuni giorni fa, aveva preoccupato la città di Roma e aveva commesso questo reato così grave. Pertanto, faccio giungere al questore di Roma e a quanti hanno operato, la nostra vicinanza. Una sola e piccola cosa, comunque, va rimarcata: il rumeno di venti anni - come ha spiegato il questore di Roma, Giuseppe Caruso - nel 2008, era stato colpito da un provvedimento di espulsione che, però, non era stato convalidato dall'autorità giudiziaria. Quindi, anche attraverso il Ministro della giustizia, vorrei sensibilizzare i magistrati affinché evitino di rimettere in libertà, con tanta facilità, questi criminali, li rimandino a casa propria quando commettono reati di piccola entità e li tengano nelle patrie galere quando commettono reati come questi.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, volevo intervenire sullo stesso argomento di ieri. Vedo che ci sono ancora Ministri di grandissimo spessore politico in Aula e che stanno uscendo nei corridoi: attenzione ai problemi del Paese!
Colgo l'occasione per chiedere anche la sua intercessione affinché il Ministro dell'economia - l'ho detto ieri e lo ripeto oggi - come accade in tutti i Parlamenti europei e nelle democrazie occidentali, si rechi, quando più gli aggrada, nei prossimi giorni, nelle aule parlamentari a riferire come ha intenzione di spendere quei famosi 40 miliardi delle casse dello Stato e gli altri 40 che provengono dall'Europa, quindi i complessivi 80 miliardi, per risolvere e dare uno stimolo positivo alla soluzione dei problemi del Paese e di questa crisi economica mondiale.
Fino a questo momento abbiamo preso atto, purtroppo, che al di là delle buone intenzioni, anche ribadite nei giorni precedenti il Natale, circa un confronto sullePag. 56misure anticrisi e sulla condivisione, come avviene negli altri Parlamenti nazionali, delle misure che porteranno al benessere nel nostro Paese ci si è limitati all'emanazione di decreti sulla cui legittimità chiudo la parentesi. In anticipo rispetto a quelle che saranno le future misure anticrisi vorremmo, con pazienza e anche con il dovuto rispetto, chiedere al Ministero dell'economia e delle finanze, ed al Ministro dell'economia e delle finanze in particolare, di aprire questo confronto evitando di ridurre le polemiche parlamentari a battute giornalistiche dall'una e dall'altra parte. Infatti, riteniamo che sia più utile, come avviene appunto nelle democrazie occidentali mature, un confronto parlamentare che risolva finalmente i problemi di questo Paese e che consenta, anche al Governo della parte politica che ha vinto le elezioni un anno fa, di poter governare con il conforto e il sostegno di questo ramo del Parlamento. Ad esempio, si potrebbe partire da quella misura che il Governo e la maggioranza che hanno vinto e le diverse minoranze che avevano partecipato alla competizione elettorale avevano messo al primo punto all'ordine del giorno ossia il famoso quoziente familiare che tutti conosciamo. Esso costerebbe 15 miliardi e quindi porterebbe addirittura un grande avanzo di 65 miliardi, ammesso che questi soldi esistano, nelle casse dello Stato.

GIUSEPPE RUVOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, vorrei denunciare quanto è avvenuto stamattina a Lampedusa al centro di identificazione ed espulsione degli immigrati. Sostanzialmente è stato appiccato il fuoco al centro e quindi vi sono rivolte in corso. La situazione, dalle notizie che ci arrivano, è allarmante e chiediamo al Ministro Maroni di venire a riferire immediatamente in Aula.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 14,23).

MARCO ZACCHERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, vorrei sollecitare la risposta all'interrogazione n. 4-00755 da me presentata in data 22 luglio 2008 sulla guardia costiera. Non ha ancora ricevuto risposta. I componenti di questa che non so più se chiamare forza armata, perché in realtà è una forza civile, sono molto interessati ad avere questa risposta.

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho presentato qualche giorno fa un'interrogazione che ritengo abbia una sua rilevanza e importanza e riguarda l'ospedale San Camillo Forlanini di Roma.
Sembra che ci siano state delle vicende poco chiare soprattutto per quanto riguarda la distribuzione di farmaci ed alcuni pazienti sarebbero stati sottoposti a cure oncologiche errate. Ritengo che l'argomento meriti grande attenzione e soprattutto una risposta urgente da parte del Ministero competente perché riguarda, come le dicevo, e per questo ovviamente la sottopongo alla sua attenzione, pazienti che meriterebbero maggiore attenzione e maggiori e diverse cure.
Pertanto vorrei sollecitare la risposta del Governo alla mia interrogazione n. 3-00381.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata. Il seguito dell'esame del disegno di legge di conversione atto Camera 2198 avrà luogo alle ore 15,45.

La seduta, sospesa alle 14,25, è ripresa alle 15.Pag. 57

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Iniziative urgenti del Governo per assicurare la piena operatività delle forze dell'ordine a difesa dei cittadini - n. 3-00389)

PRESIDENTE. L'onorevole Melchiorre ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00389, concernente iniziative urgenti del Governo per assicurare la piena operatività delle forze dell'ordine a difesa dei cittadini (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevole Ministro, i gravi fatti di criminalità verificatisi in questi ultime settimane, segnate da numerosi episodi di violenza sessuale, stanno riportando con forza il grave problema legato alle limitate risorse messe a disposizione delle forze dell'ordine per la loro attività di prevenzione, controllo e repressione di reati sul territorio.
La realtà dei fatti, come ampiamente denunciato dai giornali, registra come le forze dell'ordine, a causa dei tagli dissennati al Ministero dell'interno, non siano più in grado nemmeno di far circolare i propri veicoli. Mancano i fondi per la manutenzione delle auto e dei mezzi navali, la benzina scarseggia e, per giunta, ci sono da ripianare i debiti accumulati nel 2008.
Preoccupa che il decreto sicurezza consenta alle associazioni volontarie di cittadini non armati di concorrere all'azione di presidio del territorio. Tale norma suona come un pericoloso invito alla giustizia «fai da te». Soprattutto in virtù di essa, lei, Ministro, ha dichiarato che se ci fossero state le ronde, forse gli stupri non sarebbero avvenuti.
Le chiedo, signor Ministro, quali misure intenda assumere per consentire alle forze dell'ordine un'effettiva possibilità di operare nel territorio a difesa dei cittadini, senza demandare tali compiti ad associazioni, ronde o bande.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, voglio innanzitutto smentire alcune ricostruzioni allarmistiche che sono state fatte, anche in articoli di giornale, circa le risorse del Ministero dell'interno. Le smentisco con i dati, e non con le illazioni, che pure sono comparse sui giornali, facendo un raffronto tra il bilancio 2008 e il bilancio 2009. Complessivamente al Ministero dell'interno nel 2008 sono stati assegnati circa 24 miliardi 963 milioni di euro, nel 2009 sono stati assegnati circa 27 miliardi 243 milioni, ovvero più 2,3 miliardi di euro. In particolare, per il dipartimento della pubblica sicurezza - cui ha fatto riferimento l'interrogante - vi è stato un aumento, non una diminuzione: si è passati da 7,14 miliardi di euro del bilancio 2008 a 7,79 in miliardi per il 2009, con un aumento del 9,1 per cento. Ancora più in particolare, il capitolo di bilancio 2731 (manutenzione, noleggio, gestione automezzi, natanti e aeromobili, spese per officine automobilistiche, natanti, e così via), sul quale gravano tra l'altro le spese per il carburante, la manutenzione, l'assicurazione obbligatoria dei mezzi, è passato dallo stanziamento iniziale 2008 di 52 milioni 748 mila euro a quello iniziale 2009 di 60 milioni 644 mila euro, con un aumento di quasi 8 milioni di euro.Pag. 58
Queste sono le cifre, questi sono i fatti, il resto sono invenzioni, illazioni destituite di fondamento. Credo che sia gravemente irresponsabile lanciare allarmi del tipo: le auto della polizia sono ferme perché non vi sono i soldi per la benzina. Questi sono i dati e questa è la realtà.
Per quanto riguarda le cosiddette ronde, lei ha fatto riferimento a un decreto-legge che porterò in Consiglio dei ministri venerdì prossimo (quindi, è il Consiglio dei ministri che deciderà quali saranno i contenuti del decreto-legge). Voglio solo sommessamente citare alcune realtà territoriali in cui questi pattugliamenti dei cittadini già vi sono, per esempio i comuni di Padova, Venezia e Firenze, dove sono segnalate ronde di cittadini extracomunitari, regolari, contro i venditori abusivi, sotto il coordinamento del comune.
Voglio citare, infine, la dichiarazione di un sindaco che stimo, e che non è della mia parte politica, il sindaco di Bari, Michele Emiliano, coordinatore regionale pugliese del Partito Democratico, il quale a proposito delle ronde ha dichiarato sui giornali di oggi: non capisco che cosa ci sia di male, si tratta di cittadini che si rendono utili alla collettività applicando un principio di solidarietà.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Credo che il moltiplicarsi di iniziative spontanee di questo tipo debba indurre il Governo e il Parlamento a regolare il fenomeno per stabilire quali sono i confini e i termini entro cui questa attività si possa svolgere, sotto il controllo della Polizia, del prefetto e del sindaco. Se lo faremo - e credo che sia giusto farlo - potremo impedire gli abusi che qualcuno denuncia su questo tipo di attività.

PRESIDENTE. L'onorevole Melchiorre ha facoltà di replicare, per due minuti.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Ministro, la sua risposta contraddice quelli che sono i dati che provengono dalle questure (si tratta di dati allarmanti). Non riesco a capire come mai ci sia una sorta di capovolgimento di questi dati, visto e considerato che a Venezia dei 270 mezzi messi a disposizione della questura il 70 per cento è fuori uso. Sappiamo bene anche che i soldi che sono stati stanziati per il 2009 serviranno soltanto a ripianare, sia pure in parte, i debiti accumulati nel 2008. In altre parole, i soldi che verranno spesi in questo modo sono stati accantonati per pagare la benzina, visto e considerato che comunque le auto funzionano se sono in buone condizioni. Questi sono dati riportati dalle questure, non sono dati che riferisco io.
In secondo luogo, gli stessi sindacati hanno evidenziato come sarebbero bastati i soldi, 60 milioni di euro, spesi per i militari in città, per richiamare 2 mila agenti fermi. Inoltre, tra il 2016 e il 2017 potrebbero andare in pensione qualcosa come 12 o 16 mila unità di forze di polizia, e i tagli sono stati previsti per il prossimo triennio, oltre che per l'anno in corso, e saranno tagli previsti nella misura di circa un miliardo.
Per quanto riguarda poi la politica in generale, qui siamo al terzo, se non quarto (se consideriamo anche il decreto antistupri), provvedimento in materia di sicurezza, questione di cui voi avete comunque fatto un cavallo di battaglia. Ebbene, in nove mesi non soltanto la situazione della sicurezza in Italia non è migliorata, ma è addirittura peggiorata, perché non c'è una politica e una strategia che vada in questo senso.
Alla fine avete demandato alla giustizia «fai da te», cioè ai cittadini, la vostra incapacità di governare la sicurezza nel nostro Paese. Non mi venga a dire che le associazioni di cittadini che girano disarmate possono in qualche modo sostituire le forze dell'ordine, perché siamo a questo livello, considerando anche il pericolo che tutto ciò comporta per l'incolumità stessa dei cittadini che devono proteggersi da sé. Anche questo, evidentemente, non è stato adeguatamente valutato.

PRESIDENTE. Deve concludere.

Pag. 59

DANIELA MELCHIORRE. Ecco, quindi, che la sicurezza in pratica la state distruggendo, anziché tutelando e alimentando (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-Repubblicani).

(Misure urgenti a favore del settore agricolo in relazione ai danni provocati dai recenti fenomeni di maltempo - n. 3-00390)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00390, concernente misure urgenti a favore del settore agricolo in relazione ai danni provocati dai recenti fenomeni di maltempo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor Ministro, noi sosteniamo la centralità del sistema agricolo ed agroalimentare, volano insostituibile per la crescita della nostra economia, per la valorizzazione del made in Italy e per la sicurezza alimentare degli italiani. Oggi noi poniamo due questioni. La prima è il finanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, e la seconda è la proroga degli sgravi contributivi. Senza stanziamenti adeguati noi rischiamo di far subire pesanti e negativi contraccolpi al nostro sistema di imprese. Vogliamo, per quanto attiene alla questione del Fondo di solidarietà nazionale, una risposta chiara e puntuale che porti la copertura per gli anni 2009, 2010 e 2011, e copra anche il residuo, le ulteriori esigenze che ancora ci sono sul 2008...

PRESIDENTE. Deve concludere.

TERESIO DELFINO. ... e, per quanto attiene alla previdenza e agli sgravi contributivi, che la proroga al 31 marzo sia ulteriormente procrastinata al 31 dicembre 2009 e ci sia dal 2010 in avanti la messa a regime.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, ha facoltà di rispondere.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, rispondo all'interrogazione a risposta immediata n. 3-00390 degli onorevoli Delfino ed altri. Mi dovrà scusare, ma devo anche citare alcuni dati. Anzitutto, stiamo parlando del Fondo di solidarietà istituito dal decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102. Ricordo che abbiamo due elementi, due tipi di interventi: uno ex post, che paga i danni e va a compensare i danni; l'altro ex ante, che va a sostenere le assicurazioni in agricoltura, come da lei ricordato.
Vi è la necessità di ricordare, in primo luogo, che per l'intervento di compensazione dei danni, quindi per gli aiuti compensativi, facciamo capo al Fondo per la protezione civile che, per il 2008, ha elargito 48 milioni di euro. Quindi, c'è stato questo passaggio dal Fondo della protezione civile al Fondo di solidarietà nazionale. Quest'anno - lo annuncio già ufficialmente, e la ringrazio per l'interrogazione - abbiamo già fatto richiesta alla Protezione civile, in virtù della presenza del Fondo, per una cifra a compensazione dei danni, viste le avversità atmosferiche e visti i danni, di 150 milioni di euro: tale è la richiesta per l'annualità 2009.
Nella finanziaria 2008, come lei ricordava, avevamo una previsione di 220 milioni di euro. A fine anno, con la conversione in legge del decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, il Parlamento ha stanziato 66 milioni di euro. Per chiudere l'annualità 2008 mancano ancora all'appello 95 milioni di euro. Questo ci permetterebbe di dare un contributo sulle assicurazioni dell'80 per cento rispetto ai premi assicurativi che si vanno a pagare. Se così non fosse, per il 2008 si chiuderebbe la copertura assicurativa con un contributo al 47 per cento. Vorrei ricordare che nella legge finanziaria 2009 non vi è alcuna previsione. C'è la volontà - le confermo la piena volontà - di trovare copertura per una cifra che è quantificabile in 230-240 milioni di euro. Al momento questo ci permetterebbe di coprirePag. 60l'80 per cento di premi assicurativi e ci permetterebbe di dare le risposte che le aziende agricole ci chiedono.
Rispetto al Fondo di solidarietà ricordo, infine, che noi abbiamo un'ulteriore possibilità rappresentata dall'articolo 68, in virtù del negoziato che questo Governo ha chiuso in Europa, che ha una disponibilità di 420 milioni di euro. Stiamo discutendo a livello comunitario - ho incontrato il commissario europeo Fischer Boel per questo tema - per poter avere un'anticipazione rispetto alla reale efficacia che sarebbe prevista dal 2010. Quindi, vi sarebbe la possibilità di utilizzare fondi già dal 2009.
Infine, per quanto riguarda gli sgravi contributivi delle imprese agricole delle zone svantaggiate e montane, ricordo la nostra proroga di fine anno, prevista sempre dal decreto-legge n. 171 del 2008, che portò la scadenza dei termini al prossimo 31 marzo. Anche su questo c'è la volontà di intervenire. Ricordo che la misura porta la copertura per le zone svantaggiate dal 40 al 68 per cento dell'intervento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Concludo, signor Presidente. Per le zone montane la copertura è portata dal 70 al 75 per cento. La copertura da trovare per l'annualità 2009 è di 285 milioni di euro.

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.

TERESIO DELFINO. La ringrazio, signor Ministro. Lei ci ha confermato l'assoluta conoscenza del problema. Ci lasciano meno soddisfatti le risposte concrete che noi vogliamo. Condividiamo il problema, e con il collega Ruvolo nella Commissione agricoltura abbiamo sempre con forza e determinazione posto tali questioni.
Pertanto, andando molto rapidamente, riteniamo che i 95 milioni che, come lei ha detto, ancora mancano per il sistema a copertura assicurativa (un sistema innovativo, che avevamo introdotto con il precedente Governo Berlusconi, dal 2001 al 2006) costituiscano un dato da incentivare. Quindi, questi 95 milioni di euro sono necessari per mantenere quella copertura: 80 per cento a carico del Fondo e 20 per cento a carico delle imprese; infatti, attualmente siamo a un rapporto del 55 per cento, contro il 20 per cento del passato.
Il secondo dato è il seguente: per quanto riguarda il 2009, lei giustamente ha confermato che non vi sono previsioni. Il costo da lei riferito è corretto, 230-240 milioni, ma non vi è dubbio che non possiamo lasciare le imprese agricole nell'assoluta incertezza di avere garanzie di stabilità anche della possibilità reddituale.
Infine, queste misure, a nostro avviso, potevano, essendovi stato un provvedimento su cui si è posta la questione di fiducia, essere inseriti già nel decreto milleproroghe.
L'ultima questione riguarda il dato previdenziale: è evidente che lei e il Governo avete fatto una prima operazione al 31 marzo 2009, noi riteniamo con fondi nazionali. È pregevole la richiesta di operare in sede europea per l'anticipo, ma oggi, come lei stesso ebbe a dichiarare in Commissione agricoltura, dobbiamo fare fronte con i fondi nazionali.

PRESIDENTE. Deve concludere.

TERESIO DELFINO. La nostra richiesta, che ribadiamo con forza, è di provvedere per il 2009 e di mettere a regime, dal 2010 in avanti, gli sgravi contributivi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

(Interventi per la sicurezza del sistema stradale ed autostradale della Calabria - n. 3-00391)

PRESIDENTE. L'onorevole Dima ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cicchitto n. 3-0391, concernente interventi per la sicurezza del sistema stradale ed autostradale della Calabria (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

Pag. 61

GIOVANNI DIMA. Signor Presidente, ringrazio il Signor Ministro per la presenza, ed i rappresentanti del Governo. Prima di parlare di quello che è accaduto in Calabria il 25 gennaio 2009, vorrei ricordare a quest'Aula, e ovviamente al Governo, quale sia la condizione fisica, morfologica e territoriale della regione Calabria, una regione che è segnata nel 92 per cento della sua superficie da montagne e colline, da 800 chilometri di coste e da quattro massicci montuosi (il Pollino, la Sila, le Serre e l'Aspromonte). Quindi, si tratta di un territorio particolarissimo sul piano morfologico e geologico e che è segnato, evidentemente, da una sua fragilità sul piano, appunto, geologico.
Accanto a questa oggettiva considerazione, signor Ministro, non posso non ritornare per un solo istante a quello che è accaduto il 25 gennaio...

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIOVANNI DIMA. ...quando un costone della montagna che sovrasta la Salerno-Reggio Calabria, nella misura di 60 metri, si stacca, arriva sulla Salerno-Reggio Calabria e provoca la morte di due persone che transitano proprio in quel preciso momento.
Pertanto, interrogo il Governo per comprendere fino in fondo quali siano le reali iniziative per poter lavorare in questa direzione.

PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, ha facoltà di rispondere.

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, le conseguenze degli eventi atmosferici verificatisi in Calabria negli ultimi mesi hanno imposto la dichiarazione di stato di emergenza che, in data 30 gennaio, è stato decretato dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Per far fronte all'emergenza sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria, in particolare, la Protezione civile si è immediatamente attivata, in costante contatto con tutte le autorità competenti (prefettura, ANAS, Polizia stradale, mezzi della regione), attivando, insieme alla prefettura di Reggio Calabria, un modello di intervento volto da una parte all'individuazione delle aree a rischio e della viabilità alternativa e dall'altra alla predisposizione di un'attività di monitoraggio strumentale, anche notturno, dei possibili movimenti dei versanti. In particolare, si è proceduto alla realizzazione di barriere di contenimento dei fenomeni franosi in atto sulla via autostradale, in località Santa Trada e Scilla.
Per quanto riguarda la viabilità stradale, le avversità atmosferiche hanno interessato essenzialmente tre arterie di competenza statale: la 18, la 107 e la 106. A ciò l'ANAS ha posto rimedio con il ricorso ad interventi di somma urgenza, ai quali seguiranno altri interventi urgenti di completamento, per la cui copertura finanziaria si ricorrerà con la richiesta di fondi aggiuntivi.
Si ricorda che l'ANAS ha previsto proprio recentemente lavori per un totale di 6 milioni di euro per la manutenzione, l'ammodernamento e la messa in sicurezza delle strade statali delle province di Cosenza e Catanzaro. Interventi di messa in sicurezza sono previsti anche per la provincia di Reggio Calabria, il cui sindaco ha recentemente stanziato 1,6 milioni di euro per la manutenzione di strade comunali.
Per quanto attiene all'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, si sono registrati sedici punti di forte criticità, che hanno comportato la restrizione al traffico veicolare, oltre che l'attivazione di procedure di somma urgenza per il ripristino della circolazione. Sono sotto continuo monitoraggio, inoltre, altri fenomeni di colate di più piccole dimensioni, che attualmente non interessano direttamente la sede stradale, ma su cui occorrerà intervenire in una fase successiva.
Gli interventi da effettuare lungo l'autostrada e le altre strade statali, al fine di completare quanto già avviato in somma urgenza e provvedere al ripristino definitivo dei danni, risultano complessi e diPag. 62notevoli proporzioni ed il loro ammontare economico si aggira intorno ai 5 milioni di euro.
Va rilevato che l'ANAS ha in corso un piano di ammodernamento che avrà compimento entro il 2013. Detto piano riguarda la modifica strutturale della geometria dell'autostrada medesima per renderla compatibile rispetto alle esigenze conseguenti a diversi ed accresciuti volumi di traffico.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Per quanto riguarda, infine, gli interventi relativi alla difesa del suolo, nella sola Reggio Calabria diversi piani di prevenzione del rischio idrogeologico hanno previsto complessivamente, nell'annualità 2008-2009, centoundici interventi per un importo di 55 milioni di euro.

PRESIDENTE. L'onorevole Dima ha facoltà di replicare.

GIOVANNI DIMA. Signor Presidente, vorrei riprendere il concetto di carattere più generale rispetto alla viabilità e alle infrastrutture in Calabria. Il Ministro, opportunamente, ha citato una serie di opere che saranno realizzate nei prossimi mesi e nei prossimi anni e ha puntualizzato qual è la dotazione finanziaria rispetto questo piano; però, ancora per un solo istante, vorrei ritornare al contingente. È proprio notizia di questa mattina, infatti, che il GIP della procura della Repubblica di Cosenza ha sequestrato nuovamente il tratto della Salerno-Reggio Calabria, nella misura di 7 chilometri, con cinque gallerie e tutta una serie di altre infrastrutture collaterali. Poiché la Salerno-Reggio Calabria è l'unica, grande, vera arteria di questa nostra regione, interessata tra l'altro anche dai lavori di ammodernamento, ciò comporta quasi l'impossibilità di percorrerla da nord verso sud e viceversa.
Per questo motivo, immagino che, accanto al programma di carattere generale, vi sia da parte del Governo la volontà di sbloccare al più presto il momento di difficoltà complessiva che sta vivendo questa nostra realtà, cercando anche di tenere in seria considerazione l'aspetto di carattere territoriale: questa nostra regione, infatti, è segnata dalle caratteristiche che citavo all'inizio del mio intervento.
In questa sede, vorrei citare anche alcuni dati statistici che rendono ancora meglio l'idea di quale sia lo stato del dissesto idrogeologico. Il 68 per cento dei comuni di questa nostra regione, signor Ministro, è interessato da movimenti franosi e da situazioni di grande dissesto idrogeologico. Gran parte della viabilità interna dell'attuale provincia di Cosenza è stata fortemente compromessa dalle piogge intense di questi ultimi mesi e il danno complessivo si aggirerebbe intorno ai 400 milioni di euro.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIOVANNI DIMA. Oggi abbiamo appreso anche che è stato nominato commissario straordinario per la gestione di questo evento calamitoso il presidente della regione Calabria Loiero, al quale sono stati attribuiti soltanto 15 milioni di euro. Credo che, da questo punto di vista, vi debba essere uno sforzo maggiore da parte del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Modalità di utilizzo del fondo per le aree sottoutilizzate in relazione all'accordo stipulato il 12 febbraio 2009 tra il Governo e le regioni sugli ammortizzatori sociali - n. 3-00392)

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (PD) ha facoltà di illustrare l'interrogazione Vico n. 3-00392, concernente modalità di utilizzo del fondo per le aree sottoutilizzate in relazione all'accordo stipulato il 12 febbraio 2009 tra il Governo e le regioni sugli ammortizzatori sociali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, signor Ministro, il senso della nostra interrogazionePag. 63a risposta immediata si riassume in un'osservazione, che è la premessa politica: è centrale la politica per il Mezzogiorno d'Italia all'interno della programmazione governativa? Dai dati legislativi, dalle osservazioni emerse e dagli interventi anche di autorevoli rappresentanti del Governo, emerge la constatazione che il sud non è centrale nella politica del Governo.
La prova evidente è che ben 34 miliardi dei 63 previsti nelle risorse FAS, che hanno una destinazione essenzialmente finalizzata al rilancio della politica e del Mezzogiorno, sono stati dirottati altrove.
La domanda che si fanno i cittadini del Mezzogiorno d'Italia, le comunità regionali e le comunità locali è se questo Governo voglia affrontare seriamente il problema del Mezzogiorno...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO PEPE (PD). ...a fronte anche di una maggiore utilizzazione, che la legge prevede, di questi fondi per il sud.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, voglio innanzitutto confermare agli onorevoli Mario Pepe (PD) e Vico l'intenzione del Governo di mantenere le disponibilità previste dal Fondo per le aree sottoutilizzate nelle dimensioni e nelle cifre previste dalla legislazione vigente e confermate, anche recentemente, dal Parlamento e che prevedono, quindi, la parte maggiore destinata di gran lunga ad infrastrutture nel Mezzogiorno del nostro Paese.
Come lei ben sa, l'accordo sottoscritto con le regioni lo scorso 12 febbraio prevede, per interventi a sostegno del reddito delle famiglie e delle imprese, l'utilizzo parziale delle risorse FAS che sono già disponibili a legislazione vigente, utilizzando in parte rinvenienze da normative di legge già vigenti e in parte utilizzando risorse disponibili con la programmazione fino al 2013. Le posso confermare che saranno mantenuti i riparti territoriali già previsti dalla legge.
Nell'incontro con le regioni si è anche stabilito che con delibera CIPE, che il Governo si è impegnato ad adottare entro quindici giorni dalla sottoscrizione dell'accordo con le regioni stesse, si provvederà al riparto definitivo delle risorse del FAS per i programmi regionali e per quelli delle amministrazioni centrali, rispettando, comunque, come le dicevo poc'anzi, il criterio di riparto territoriale per cui l'85 per cento delle risorse è destinato al Mezzogiorno. Si conferma, pertanto, la possibilità del Governo di far fronte, con le risorse del FAS, agli impegni assunti in sede di accordo con le regioni, che prevedono, tra l'altro, l'assegnazione alle stesse di nuove risorse.
Per quanto riguarda la polemica sui cosiddetti tagli, mi permetta di rilevare delle imprecisioni e delle incompletezze nelle cifre che lei ha fornito. I tagli al FAS non ammontano a 27 miliardi, come lei ha detto nell'illustrazione dell'interrogazione, o a 34 miliardi addirittura, come lei ha sostenuto poc'anzi nel corso del suo intervento, ma ammontano, invece, a 13,251 miliardi di euro e che rispetto ai 63 miliardi previsti complessivamente dal FAS, a seguito di questi tagli siamo passati a circa 51 miliardi di euro, stanziamento che è ritenuto adeguato dal Governo per fare fronte agli impegni assunti.
Infine, mi permetta, in questa sede, di ringraziare le regioni e gli enti locali che, al di là del colore politico, hanno avuto un grande senso di responsabilità nel condividere con il Governo la compartecipazione agli oneri che derivano dagli interventi a favore anche degli ammortizzatori sociali e delle fasce di reddito più deboli, che sono investite dagli effetti della crisi economica internazionale che sta colpendo anche il nostro Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di replicare.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, Ministro Vito, voglio preliminarmente segnalarePag. 64che il Mezzogiorno non è contento di essere il miglior «bancomat» vivente di questo Governo.
Nel merito della risposta le dirò subito che lei ha continuato a fornire valori vaghi, diversamente da quelli resi nel corso delle interrogazioni a risposta immediata in ordine al bilancio, accertamenti imprecisi e, soprattutto, omissione sul pregresso e sul futuro. Tutto ciò si può riscontrare per le seguenti ragioni: in primo luogo, le risorse FAS nazionali annuali, di competenza dei singoli ministeri, sono state largamente già consumate e sono azzerate quelle relative alla sicurezza, all'istruzione e allo sviluppo economico destinate per il 85 per cento al sud; in secondo luogo, il prelievo delle risorse dal FAS da parte delle regioni meridionali, che ne sono le titolari, è forzoso e persino illegittimo, nonostante le alchimie dei fondi strategici e delle riprogrammazioni ex post; in terzo luogo, onorevole Ministro, le sarei grato se ci potesse riferire, anche in altre sedi, sull'intimo pensiero del Ministro Tremonti in ordine alla Banca del Mezzogiorno.
Infatti, a noi pare di capire che si tratta dei FAS e dei fondi comunitari del sud, che nel settennio dovrebbero essere 101 miliardi di euro al netto del prelievo «bancomat» da parte del suo Governo.
In quarto luogo, dovremmo credere sulla parola che saranno ricostituite le risorse iniziali a partire dal 2011. La fiducia, come ella sa, è la qualità del prodotto perché fino ad ora, a mano bassa, è stato prelevato, saltando la Conferenza permanente...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUDOVICO VICO. ...per coprire spese come l'ICI, il Servizio sanitario, le bonifiche, eccetera eccetera. Si sappia in Italia che tutto questo si è fatto con i soldi del vituperato sud. Poi nei giorni scorsi si è completata l'opera, con 2 miliardi e 400 milioni di FAS...

PRESIDENTE. Deve concludere.

LUDOVICO VICO. Un attimo, signor Presidente, è molto gentile. Concludo: per quanto ci riguarda vogliamo suggerire al Ministro e al Governo che nulla si dovrà fare più senza la Conferenza permanente delle regioni e nulla si dovrà fare più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

(Iniziative per contrastare le persecuzioni nei confronti delle minoranze cristiane nel mondo - n. 3-00393)

PRESIDENTE. L'onorevole Piffari ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00393, concernente iniziative per contrastare le persecuzioni nei confronti delle minoranze cristiane nel mondo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, signor Ministro, in questi ultimi anni continuiamo ad assistere alla crescita costante di fenomeni di chiara intolleranza religiosa in Iraq, India, Sri Lanka, Filippine, Nepal, come denunciato più volte dall'Osservatore romano e dalla stampa internazionale.
Nonostante che il Governo italiano, in data 10 novembre 2008, abbia espresso parere favorevole su mozioni presentate alla Camera ed approvate in relazione ai gravi avvenimenti verificatisi nello Stato indiano, dove è in atto una persecuzione contro i cristiani, al momento laggiù la situazione non pare essere migliorata.
Nel frattempo atti di cristianofobia si sono verificati anche in Arabia Saudita, Corea del Nord, Afghanistan, Iraq, Yemen, Nigeria, Somalia, Sudan e persino in Paesi dell'America latina. Non si tratta di casi isolati, ma di atteggiamenti di discriminazione ed intolleranza che a volte paiono giustificati, se non addirittura alimentati, dagli stessi Governi di quei Paesi.
Si chiede quali concreti provvedimenti abbia adottato o intenda adottare il Governo per garantire un più concreto e adeguato contrasto alle persecuzioni religiosePag. 65nei confronti delle minoranze cristiane nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Piffari, la tutela della libertà religiosa rappresenta una delle priorità della nostra politica estera in materia di diritti umani. L'Italia è impegnata, insieme agli altri partner europei nel contrastare l'intolleranza religiosa anche attraverso azioni diplomatiche all'ONU e negli altri principali fori internazionali.
In particolare, il nostro Paese è stato tra i promotori della risoluzione sull'intolleranza religiosa presentata dall'Unione europea all'Assemblea generale dell'ONU e approvata il 18 dicembre scorso con il consenso di tutti gli Stati membri. In tale risoluzione, nel condannare il preoccupante incremento dell'intolleranza nei confronti delle comunità religiose, tra cui quelle cristiane, si chiede che gli Stati garantiscano il diritto di culto e di assemblea, il mantenimento degli spazi adibiti a tal fine e la protezione dei luoghi e dei siti e di ogni simbolo religioso. Nessun individuo deve essere discriminato in ragione della religione nell'accesso all'educazione, all'impiego, ai servizi medici e all'assistenza sociale ed umanitaria e i funzionari dello Stato non possono essere costretti a prestare giuramento di fedeltà ad una specifica religione.
L'Assemblea generale dell'ONU ha invitato poi gli Stati membri a prevenire effettivamente e sostanzialmente tutte le violazioni delle libertà di pensiero, di coscienza e di religione e che l'importanza del dialogo interreligioso deve essere espressamente riconosciuta e valorizzata.
Nell'ambito dell'ultima sessione della revisione periodica universale, meccanismo tramite il quale tutti i Paesi ONU vengono esaminati a turno dal Consiglio dei diritti umani, il nostro Paese ha posto, ancora una volta, il tema della tutela della libertà religiosa al centro del proprio dialogo con le nazioni più problematiche in tal senso, ponendo domande e formulando raccomandazioni in proposito.
In merito poi alla questione che lei ha posto specificamente per la gravità delle persecuzioni nei confronti dei cristiani in India, le ricordo che il Ministro degli esteri Frattini ha recentemente attirato nuovamente l'attenzione del Governo di Nuova Delhi sul tema.
Nell'ambito dell'Unione europea, la questione ha formato oggetto di contatti volti a sensibilizzare ulteriormente il Governo indiano. Un funzionario della nostra ambasciata in India con altri quattro colleghi di Paesi europei ha partecipato dal 9 al 12 dicembre scorso ad una missione nello stato dell'Orissa del locale gruppo di lavoro dell'Unione europea sui diritti umani. Tale missione ha consentito di raccogliere elementi di prima mano sulle violenze contro i cristiani e sulle misure che le autorità hanno attuato e stanno predisponendo per prevenire e reprimere ulteriori violenze. Gli esiti degli incontri della delegazione sono stati generalmente ritenuti molto proficui.
Tolleranza religiosa e protezione delle minoranze saranno ancora tra i temi della prossima sessione del dialogo fra Unione europea e India sui diritti umani prevista il prossimo 23 febbraio a Nuova Delhi.
Non posso, quindi, che ribadire l'impegno rigoroso e assiduo del Governo a favore del diritto di culto e del dialogo interreligioso.

PRESIDENTE. Signor Ministro, la ringrazio anche per il rispetto dei tempi.
L'onorevole Cimadoro, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, signor Ministro, al di là dei nostri splendidi rapporti personali di amicizia, è chiaro che non ci riteniamo soddisfatti di una risposta di questo tipo. Avremmo voluto sentire - vista la delicatezza dell'argomento - che questo tema fosse già all'ordine del giorno di quest'Aula. Più di un parlamentare si è preoccupato dellaPag. 66situazione drammatica dei cristiani nel mondo. Il Governo ha risposto vagamente o, comunque, con azioni poco significative nelle varie situazioni, sia all'Unione europea che all'ONU.
Ecco perché richiamiamo tale questione. Ricordo che nel 2004, quando ancora il Governo Berlusconi era insediato con l'allora Ministro degli esteri Fini, il Ministro si era dato molto da fare, perché si trattava di inserire le radici cristiane nella Costituzione dell'Unione europea, che venne firmata a Roma, mi pare, nel 2004. Allora, probabilmente bisognava insistere di più, anche perché se fossero state inserite le radici cristiane, probabilmente anche l'Unione europea si sarebbe mossa in modo diverso e probabilmente tutta la struttura e tutti i Paesi dell'Unione europea che hanno sottoscritto quella Costituzione si sarebbero impegnati maggiormente affinché fosse rispettata la cristianità nel mondo. Parliamo di cristianità, ma ci sono anche altre religioni che vengono bistrattate in questi particolari luoghi.
Ricordo che a Natale, ad esempio, per consentire di svolgere i sacrosanti diritti e riti religiosi, in alcune nazioni veniva addirittura usato l'esercito a protezione di questi riti, perché correvamo il rischio di massacri.

PRESIDENTE. Onorevole Cimadoro, la prego di concludere.

GABRIELE CIMADORO. Allora, non è più tollerabile una situazione di questo tipo. Non è solo un dato religioso, ma politico. Quindi, il Governo deve intervenire con forza anche sull'aspetto economico e nei rapporti economici con questi Stati.

PRESIDENTE. Grazie...

GABRIELE CIMADORO. La reciprocità ha sempre retto i rapporti e la diplomazia tra i Paesi. Oggi questo rispetto non esiste.

PRESIDENTE. Onorevole Cimadoro, la prego...

GABRIELE CIMADORO. Il Governo deve battere i piedi ed ottenere qualcosa di più (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Orientamenti del Governo in merito alla possibilità di ospitare in Italia prigionieri attualmente detenuti a Guantanamo - n. 3-00394)

PRESIDENTE. L'onorevole Fava ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00394, concernente orientamenti del Governo in merito alla possibilità di ospitare in Italia prigionieri attualmente detenuti a Guantanamo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, onorevole Ministro, abbiamo seguito con attenzione le evoluzioni degli ultimi giorni - giornalistiche fino a questo momento - che riportavano la notizia che, in seguito alla decisione del nuovo Presidente gli Stati Uniti, Barack Obama, di chiudere entro un anno il carcere di Guantanamo, alcuni di questi detenuti sarebbero stati rimpatriati nei loro Paesi di origine ed altri sarebbero stati destinati a Paesi terzi. Fra questi Paesi terzi, l'Italia avrebbe dato la propria disponibilità ad ospitare alcuni di questi soggetti, che fino a prova contraria, per le modalità con le quali sono stati arrestati, quanto meno si presume siano dei criminali.
Sappiamo bene che, nel caso in cui tali soggetti venissero ospitati, non avremmo la possibilità di carcerarli e che circolerebbero a piede libero, con il rischio concreto che si verifichi di nuovo un fenomeno già verificatosi altrove, cioè che questi soggetti vadano ad ingrossare le fila del terrorismo organizzato di tipo jihadista.
Questa vicenda ovviamente ci inquieta e vorremmo conoscere la posizione del Governo.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

Pag. 67

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Fava, voglio anzitutto precisare e comunicare al Parlamento che non è pervenuta alcuna richiesta di ospitare in Italia prigionieri attualmente detenuti nel carcere di Guantanamo. Sono stati stabiliti in passato dei contatti a livello europeo ed una riflessione promossa dalla Francia, che aveva allora la presidenza di turno dell'Unione europea, è tuttora in corso. Essa ha sottoposto ai partner comunitari alcune riflessioni che tra l'altro l'Italia condivide e che ora illustrerò. In seguito a questa iniziativa comunitaria sono stati avviati dei contatti tra il Ministro degli affari esteri e il Ministro dell'interno.
L'approccio comune europeo, ancora in fase di elaborazione, dovrebbe prevedere che l'eventuale accoglienza possa riguardare solo chi non abbia pendenze penali, non sia ritenuto pericoloso e faccia richiesta di venire in Europa. La valutazione dei singoli eventuali casi dovrà essere compiuta a livello nazionale. È comunque oggetto di valutazione la possibilità di individuare finanziamenti da parte dell'Unione europea per facilitare il ritorno dei suddetti soggetti nei loro Paesi d'origine ed è auspicabile a livello comunitario il coinvolgimento dei partner Schengen attualmente non membri dell'Unione europea.
Lo scorso 26 gennaio ha avuto luogo un confronto tra i Ministri degli affari esteri nell'ambito del Consiglio affari generali e relazioni esterne ed è tuttora in corso nell'ambito dell'Unione europea un ampio scambio di vedute, sia da parte dei Ministri degli affari esteri che dell'interno, in ordine all'elaborazione di una linea politica comune e coordinata fra tutti gli Stati membri dell'Unione europea. Si tratta di uno sforzo che viene condotto a livello comunitario nella piena consapevolezza e nel rispetto della titolarità in capo ai singoli Stati dell'eventuale facoltà di accettare o meno sul proprio territorio soggetti precedentemente detenuti nel carcere di Guantanamo.
Questa situazione non riguarda l'Italia, che non ha ricevuto richieste in tal senso. In particolare poi, le ricordo la norma di carattere generale prevista dal nostro ordinamento secondo la quale si può essere detenuti solo a seguito di regolare processo e condanna da parte della nostra magistratura.

PRESIDENTE. L'onorevole Fava ha facoltà di replicare.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, sono piacevolmente soddisfatto della risposta del Ministro, ma vorrei precisare che la nostra interrogazione non traeva spunto da notizie che non avessero quanto meno un fondamento giornalistico. Penso che sia noto a tutti che sulla questione anche recentemente è intervenuto il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, il quale ha riportato alla stampa la notizia che nel recente colloquio con Nancy Pelosi, speaker del Parlamento statunitense, ha avuto occasione di dibattere di questo argomento. Ciò a riprova del fatto che la questione quanto meno fosse nell'aria e non fosse assolutamente infondato il timore di chi aveva presentato questa interrogazione.
Ci rallegriamo del fatto che questo problema con ogni probabilità non ci riguardi direttamente, quanto meno nell'immediato. Ci teniamo comunque a ribadire la necessità, da parte del movimento che rappresento, la Lega Nord, di sollecitare il Governo affinché tenga in seria considerazione le preoccupazioni che abbiamo esplicitato nell'ambito dell'interrogazione e cerchi di mantenere nei confronti dei nostri alleati un atteggiamento decisamente fermo sulla questione di cui dibattiamo, perché credo che al di là del fatto che si possono avere posizioni diverse, su un punto tutto il Parlamento può convenire: non abbiamo bisogno di ulteriori elementi di insicurezza sul nostro territorio nazionale, ne abbiamo già più che a sufficienza.
Il nostro Ministro dell'interno sta facendo un egregio lavoro da questo punto di vista e ci auguriamo che i risultati continuino ad arrivare. In questa ottica, auspichiamo che non ci sia nessun passoPag. 68indietro rispetto alla posizione assunta dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 15,55.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brancher, Brugger, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cossiga, Cota, De Biasi, Donadi, Fitto, Gregorio Fontana, Lucà, Mantovano, Meloni, Menia, Molgora, Mussolini, Pescante, Rotondi, Soro e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2198.

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali e che i relatori ed il Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica. Sono state altresì respinte le questioni pregiudiziali presentate.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2198)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2198), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 2198).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 2198).
Avverto che la Presidenza, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, non ritiene ammissibili le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili nel corso dell'esame in sede referente: Commercio 1.01, che dispone la proroga dello stato di emergenza nei territori della provincia di Catania; Minniti 5.3, in materia di assunzione dei volontari in ferma breve collocati utilmente nelle graduatorie per l'immissione nei ruoli della Polizia di Stato; Leoluca Orlando 6.1 e 6.2, che recano disposizioni relative all'assunzione di lavori socialmente utili, ai sensi dell'articolo 1, comma 551, della legge finanziaria per il 2008; Antonino Russo 7-bis.2, volto a escludere la possibilità di nomina a determinati incarichi in enti e società pubbliche per i soggetti che, avendo ricoperto analoghi incarichi, abbiano chiuso in perdita tre esercizi consecutivi; Tidei 12-bis.2, che istituisce e disciplina il Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale; Favia 16.02, Ciccanti 41.9 e Cavallaro 41.29, volti a rifinanziare per il 2009 il Fondo regionale di protezione civile; Favia 19.2, che reca una nuova disciplina dell'azione risarcitoria collettiva (cosiddetta class action); Zucchi 22.02, nonché l'analogo Ruvolo 22.102, non previamente presentato presso le Commissioni, volti ad incrementare la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi intestato al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali; Brandolini 22.03, in materia di rivalutazione dei cespiti delle imprese agricole cooperative ai fini fiscali; Marco Carra 22.04, che istituisce un Fondo per il sostegno delle produzioni alimentari lattiero-casearie di qualità; Servodio 22.05, che estende al 2009 le misure di sostegno del settore olivicolo-olearioPag. 69previste per il 2008 dall'articolo 4-quaterdecies del decreto-legge n. 171 del 2008; Borghesi 23.2 e Antonino Russo 23.3, che introducono modifiche alla disciplina vigente in materia di ICI non strettamente riconducibili alle disposizioni contenute nel decreto-legge; Meta 27.3 e 27.4, che prevedono stanziamenti a beneficio del Gruppo Ferrovie dello Stato Spa per l'acquisto di nuovi veicoli ferroviari e di nuovo materiale per il trasporto pubblico regionale e locale; gli identici Argentin 30.01 e Borghesi 30.02, in materia di progetti di servizio civile finalizzati all'assistenza di disabili gravi; gli identici Damiano 32.01 e Cazzola 32.010, nonché l'articolo aggiuntivo Damiano 32.02 e l'analogo Cazzola 32.011, non previamente presentato presso le Commissioni, che prorogano il termine per l'esercizio di deleghe legislative in materia di lavoro previste dall'articolo 1 della legge n. 247 del 2007; Paladini 32.8, che introduce modifiche alla disciplina recata dal decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; Lo Monte 34-bis.01, che introduce disposizioni in materia di incompatibilità per la partecipazione a società di esercizio di farmacie; Binetti 34-bis.02, 34-bis.03 e 34-bis.04, recanti modifiche alla legge finanziaria per il 2007 in materia di ristrutturazione e ammodernamento del patrimonio sanitario pubblico; Rubinato 35.4, che reca disposizioni in materia di rapporto di lavoro delle Istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza e delle aziende pubbliche di servizi alla persona; Ciccanti 35.04 che sopprime una disposizione in materia di accreditamento delle strutture e dei professionisti eroganti prestazioni per conto del Servizio sanitario nazionale; De Biasi 38.01, che autorizza un contributo per la tutela e la valorizzazione del settore dello spettacolo; Barbato 40.01 e Mazzarella 40.02, che recano un finanziamento in favore dell'Istituto italiano per gli studi filosofici; Ruvolo 41.7, che estende la portata delle agevolazioni tributarie per i soggetti danneggiati dal terremoto del Belice del 1968; gli identici emendamenti Galletti 41.10 e Marchignoli 41.27, in quanto volti a prevede la proroga della disciplina di cui agli articoli 15 e 19 del decreto legislativo n. 112 del 1998 che, recando norme in materia di conferimento di funzioni alle regioni, non presentano termini temporali; Ghizzoni 41.24, il quale reca contributi per specifiche istituzioni culturali; De Pasquale 41.25, che reca disposizioni in materia di inquadramento del personale degli enti locali trasferito nei ruoli dell'amministrazione statale; Borghesi 41.01, in materia di armonizzazione delle aliquote per la coltivazione di idrocarburi; Ciccanti 42.4 e 42.5, che modificano i presupposti per l'applicazione della disciplina prevista per la rideterminazione dei valori di acquisto dall'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 282 del 2002; Margiotta 42.6, limitatamente al comma 7-duodecies, il quale stanzia nuove risorse per interventi nei territori di Umbria e Marche colpiti dagli eventi sismici; Margiotta 43.01, che reca una norma di interpretazione autentica in materia di utilizzo di un credito di imposta per investimenti; Margiotta 43.02, che prevede la sospensione, in caso di ricorso del beneficiario, dell'applicazione dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 603 del 1973, che blocca i pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni nei confronti di beneficiari inadempienti all'obbligo di versamento di cartelle di pagamento; Rossa 43.03, il quale interviene in materia di riconoscimento dei benefici previdenziali spettanti per l'esposizione all'amianto; Tullo 43.04, il quale reca modifiche alla legge n. 84 del 1994 in materia di riordino della legislazione in materia portuale; Bobba 43-bis.01, il quale reca un contributo per le spese generali di amministrazione relative al coordinamento operativo a livello nazionale degli enti privati gestori di attività formative.
La Presidenza non ritiene altresì ammissibili, in quanto recanti disciplina di carattere sostanziale, le seguenti proposte emendative: Ruvolo 22.010, recante disposizioni in materia di agevolazioni contributive per i lavoratori agricoli nei territori montani; Ruvolo 23.010 e 23.011, chePag. 70modificano la disciplina riguardante le competenze del commissario ad acta per le opere irrigue nelle aree sottoutilizzate, anche al fine di assicurare la definizione delle procedure di chiusura degli interventi già finanziati dai soppressi organismi dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ho apprezzato molto la cura con cui lei ha dichiarato l'ammissibilità degli emendamenti, ma temo che la sua sia una fatica inutile e vana in quanto a breve ascolteremo il Ministro per i rapporti con il Parlamento, che porrà l'ennesima questione di fiducia sul provvedimento, quindi tutta questa sua fatica sarà resa vana.
Tuttavia, ho chiesto la parola perché da un autorevole quotidiano leggo che i giudici di Napoli hanno rinviato a giudizio, insieme all'imprenditore Romeo e ad alcuni amministratori locali, anche il signore Laboccetta Amedeo, che pare essere il deputato del Popolo della Libertà che quindici giorni fa ha impegnato quest'Aula in una lunga discussione su una mozione per chiedere le dimissioni del sindaco Iervolino. Spero che, per dignità e coerenza, oggi l'onorevole Laboccetta - se è di lui che si sta parlando - presenti le dimissioni e permetta a quest'Aula in quella occasione di fare finalmente una discussione approfondita su Napoli, sulla questione morale a Napoli e sulle sue innervature (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 2198)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 207 del 30 dicembre 2008, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, penso che l'abisso sia ormai vicino, perché oggi tocchiamo il fondo. Una decina di giorni fa, signor Presidente, in occasione dell'ultima richiesta di fiducia lei ebbe ad esprimere parole di profonda critica al Governo, per il comportamento che tenne in quella occasione. Ebbene, credo che sia pienamente evidente che oggi la situazione è peggio di quella di cui parlammo dieci giorni fa.
In quell'occasione, almeno, vi fu una parvenza di discussione, sia pure breve e stringata, ma comunque le Commissioni avevano esaminato larga parte delle proposte emendative presentate. Questa volta ci troviamo di fronte ad un attacco alla Costituzione e a questa Camera che non si è mai visto, perché non vi è stata alcuna possibilità di discutere delle proposte emendative neppure in Commissione. Siamo presenti in una situazione ancora più grave, per la quale, già giovedì scorso, mi ero appellato a lei, signor Presidente, perché di fronte allo svuotamento delle prerogative della Camera non si può restare fermi.
Capisco che il Presidente del Consiglio continui a dichiarare che senza decreti-legge non governa, ma ciò - e in queste condizioni - vuol dire governare senza il Parlamento. Credo che la nostra Costituzione preveda ben altro e che lei, signor Presidente, debba farsi garante di questo principio. Il provvedimento in esame, che consta di oltre 40 articoli, è stato completamentePag. 71modificato rispetto all'originario decreto-legge, anche con norme di contenuto estremamente grave. Oggi, in sede di discussione sulle linee generali, ho parlato di «tramonto di Tremonti», perché la questione SCIP meriterebbe da sola un'indagine e l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta. Credo che oggi norme gravissime vengano inserite all'interno del provvedimento in esame, senza che questa Camera possa minimamente discuterne.
Capisco, signor Presidente, che da ieri possiamo anche vantare di avere un Presidente del Consiglio che una sentenza definisce corruttore in atti giudiziari. Oggi un Ministro dell'economia del Giappone ha rassegnato le dimissioni perché trovato ubriaco in una conferenza stampa. Dieci giorni fa, due Ministri designati dal Presidente degli Stati Uniti, Obama, hanno rinunciato all'incarico, uno per non aver dichiarato che aveva a disposizione un'automobile con autista di una società privata e l'altro per non aver pagato per sette mesi i contributi della domestica. Il Capo del Governo di Israele, dopo essere stato rinviato a giudizio, si è dimesso.
Allora, vogliamo dire che gli altri rappresentano delle anomalie e che noi siamo la regola? Signor Presidente, la prego, difenda questa istituzione, difenda questa Camera e intervenga perché qui si possa discutere dei problemi che interessano gli italiani e delle azioni che il Governo intende porre in essere, così come previsto dalla Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, come lei sa, questa è la decima questione di fiducia che il Governo, dall'inizio della legislatura, in neanche un anno, pone alla Camera ed è la tredicesima fiducia che i due rami del Parlamento sono chiamati a votare (domani voterà la Camera). Si tratta di una fiducia che, ancora una volta, somma ad un decreto-legge un'iniziativa del Governo che comprime e mette in discussione il ruolo del Parlamento: sommando decreti e fiducie, infatti, noi impediamo al Parlamento di svolgere il ruolo per il quale è stato chiamato dai cittadini e dal voto popolare.
È del tutto evidente, signor Presidente, considerate le stesse modalità con le quali è stata posta la fiducia, che sono stati accampati problemi di tempo - questo ha affermato il sottosegretario in sede di Commissioni di merito - per evitare che venisse accolto - e anche solo discusso o posto in discussione - un solo emendamento dell'opposizione o di un collega di maggioranza (non si tratta solo di fare un ragionamento di parte: è a tutti i parlamentari che è stato impedito di discutere nelle Commissioni di merito il testo che già al Senato era stato oggetto di fiducia). Su questo provvedimento si pongono due questioni di fiducia: in prima lettura al Senato e in seconda lettura alla Camera.
Di quale provvedimento di così grande importanza si tratta? Non si tratta certo di una legge finanziaria, del bilancio dello Stato o di una manovra bis, ma di un provvedimento di proroga di termini legislativi e amministrativi.
Signor Presidente, oltre ad una questione di carattere ordinamentale e regolamentare (quando si pone la questione di fiducia in questo modo da parte del Governo si mette in discussione il Regolamento della Camera), in realtà c'è anche lo snaturamento di una serie di istituti, compresi le modalità con le quali si fanno le leggi e il merito delle stesse.
Questo trentaquattresimo decreto-legge adottato dal Governo, che stiamo discutendo, è un provvedimento che nel merito rischia di diventare sempre più, nel tempo, un surrogato di una legge finanziaria, che, secondo quanto affermato in Aula dal Ministro Tremonti, non doveva più essere un provvedimento omnibus, in cui si mette di tutto.
Cosa ha fatto il Governo? Ci avete detto di aver varato la legge finanziaria in pochi minuti in Consiglio dei Ministri.Pag. 72Siete venuti in Parlamento ed avete posto la questione di fiducia, impedendo la discussione sulla legge finanziaria. Ma una serie di questioni presenti in questo decreto-legge non potevano essere discusse all'interno della manovra finanziaria o di altri provvedimenti, non solo di iniziativa governativa, ma anche parlamentare?
Voi arrivate con un provvedimento nel quale si interviene sui fondi FAS per il Mezzogiorno e per le aree sottoutilizzate, incidete sulla questione delle sanzioni, sull'autorità che compete ad enti terzi, come l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, su un mercato come quello elettrico, sulla liberalizzazione del sistema elettrico ed energetico, rispetto al quale pende una discussione su una legge che da mesi non riuscite a mettere in campo, che qui abbiamo discusso in maniera bipartisan. Si tratta della legge che contempla anche una serie di elementi di riforma del sistema energetico, compresa la questione del nucleare. Avete una serie di contraddizioni interne alla maggioranza e al Governo.
Ebbene, signor Presidente, credo che quando, ad esempio, si proroga la class action, non si disponga una semplice proroga di questioni amministrative di cui bisogna prendere atto che forse occorre discutere tra qualche mese, ma si incida pesantemente sulla qualità della legislazione.
Quindi, signor Presidente, da questo punto di vista, credo che, se il Governo e la maggioranza intendono andare avanti a colpi di fiducia e di decreti-legge, sia ben chiaro a tutti che non si agevolano, ma si allontanano i tempi anche per un'eventuale riforma bipartisan e condivisa dei Regolamenti parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, oggi nella discussione sulle linee generali, a chiusura del mio intervento, mi ero permesso di dire che speravo di sbagliarmi e che le cose che avevo detto venissero smentite questo pomeriggio. Purtroppo, non mi sono sbagliato e siamo alla decima questione di fiducia.
Siamo qui a sottolineare che la discussione sulle linee generali in Aula è stata ovviamente una discussione finta, che il decreto-legge, che di solito è un'eccezione ed è urgente, in questa legislatura sta diventando la norma e la regola e che la stessa urgenza del decreto-legge sulle proroghe non è giustificata, perché oltretutto non vi è soltanto un allungamento dei tempi per alcune proroghe, ma ci sono modifiche sostanziali delle norme.
Allora, non riusciamo a capire perché si discuta del tempo come giustificazione alla fiducia. Non c'è ostruzionismo, non c'è stato e non c'è nemmeno nelle intenzioni, per quanto ci riguarda. Come ho avuto modo di dire più volte, come gruppo dell'Unione di Centro, ci interessa sempre fare un'opposizione costruttiva e nei tempi. Quindi, indubbiamente c'è qualcos'altro, che non può che essere una contraddizione forte e palese sui temi forti che interessano il nostro Paese all'interno della maggioranza.
Pur capendo che ci possano essere contraddizioni all'interno della maggioranza, non capiamo perché queste contraddizioni debbano pagarle questo Parlamento e il nostro sistema parlamentare.
Siamo ancora una Repubblica parlamentare e mi auguro che ciò continui ad essere per sempre, perché, nonostante i suoi limiti o i sui tempi lunghi, permette di discutere chiaramente e approfonditamente, all'interno di quest'Aula, le tematiche di interesse esclusivo del Paese.
Quando veniamo meno a questi principi, con reiterate questioni di fiducia e decreti, allora, evidentemente, signor Presidente, abbiamo il dovere di preoccuparci tutti, soprattutto chi rappresenta - e lei lo fa molto bene - il Parlamento italiano.
Pertanto, non vado oltre, non ripeto le cose che ho detto oggi e non entro nel contenuto di questo provvedimento milleproroghe. Dico solo che è una forzaturaPag. 73ingiustificabile, sulle norme e sul metodo, che mi porta a ritenere che si tratti dell'esautorazione aggravata e continuata di questo Parlamento. Si tratta di un'arroganza e di un disprezzo nei confronti della Camera dei deputati che non possiamo giustificare e ritengo che neanche il Paese, una volta a conoscenza di tutto, potrà farlo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, la posizione della questione di fiducia strozza il dibattito in Parlamento, è posta per divisioni interne alla maggioranza e mortifica l'attività della Commissione e dei deputati: queste sono, normalmente, le argomentazioni che si ascoltano dall'opposizione e che, a parti invertite, anche noi, nella scorsa legislatura, abbiamo reso in questo genere di dibattiti, ogni qualvolta c'è stata la posizione della questione di fiducia da parte del Governo e in particolare, nella scorsa legislatura, da parte del Ministro Chiti.
La differenza è che, spesso, nella scorsa legislatura, ascoltavamo il Governo riferirsi, a giustificazione della posizione della questione di fiducia, ad ostruzionismi che in realtà non c'erano e ciò rendeva ancor più irritante il ripetersi di un dibattito con un canovaccio già scritto e con dei leitmotiv evidentemente quasi precostituiti.
In questa circostanza mi limito semplicemente a dire che ciò non accade: il Ministro Vito pone, qui, la questione di fiducia su un decreto milleproroghe che è diventato, ormai, una costante, anch'esso, delle diverse legislature. Ce n'è uno ogni anno, signor Presidente, da molti anni. Si pone la questione di fiducia, ci sono dei tempi e delle scadenze che sono evidenti a tutti.
Colgo ancora una volta l'occasione di essere in questa sede per lasciare a questa discussione una considerazione: la possibilità, cioè, che questo ramo del Parlamento, perlomeno, approfitti di questo ennesimo dibattito per innescare, ancora una volta, un salto di qualità.
Lei, signor Presidente, si pronunciò qualche tempo fa, sul fatto che avrebbe gradito - qualora ci fosse stato, in sede di Giunta per il Regolamento - l'avvio di un dibattito sulle riforme regolamentari, con una certa soddisfazione. Io credo che questo argomento possa partire da un presupposto: in realtà, ci troviamo in un sistema di bicameralismo perfetto che, però, presenta delle disomogeneità regolamentari importanti. Ad esempio, al Senato, cosa che non accade alla Camera, c'è una facoltà emendativa maggiore ovvero ci sono criteri di ammissibilità degli emendamenti diversi e certamente più ampi. Questo crea una discrasia e un dibattito che, già nelle scorse legislature, con il Presidente Violante e con il Presidente Bertinotti, furono affrontati anche se non furono oggetto di un'iniziativa vera e propria di riforma regolamentare.
C'è chi ritiene, a vario titolo - io sono, modestamente, tra costoro - che si possa cercare di fare alcuni salti di qualità rispetto ai tempi e all'organizzazione delle nostre sedute, anche in forza delle norme transitorie che il Regolamento vigente prevede.
Ritengo quindi, signor Presidente, che al di là del solito dibattito sulla questione di fiducia cui pure partecipiamo doverosamente, ma non con grande entusiasmo, maggioranza e opposizione debbano avere il coraggio di confrontarsi con serenità nelle sedi opportune, ma anche di dare la disponibilità per un salto di qualità che ci porti fuori da questa impasse. Ciò non solo per le riforme costituzionali (che sono importanti e ambiziose, ma che, come dire, riguardano un accordo di più ampia portata rispetto a quello cui, invece, di fatto e da subito possiamo giungere qui, signor Presidente), ma anche perché evidentemente ci sono degli adeguamenti, c'è un sistema italiano che cambia, c'è un meccanismo di decisione, di scelta, di verticalizzazione dei processi decisionali che da qualche tempo è in corso.Pag. 74
Di fatto mi riferisco a una sorta di Governo del Presidente o di maggiore forza degli esecutivi a tutti livelli: dai sindaci, ai presidenti di regioni, al Presidente del Consiglio. C'è la necessità di contemperare questo aspetto con il rispetto assembleare e con i ruoli del Parlamento e credo che proprio il Parlamento debba, in primo luogo, assumersi la responsabilità di questo dibattito.
Chiaramente, il mio gruppo è favorevole a sostenere il Governo ed a votare la questione di fiducia e mi permetto di sottolineare (visto che è stato scomodato qualche elemento esterno, anche giudiziario, rispetto a questo dibattito specifico) che in questa fase abbiamo modo di constatare che non solo la fiducia al Governo è votata dal gruppo parlamentare del PdL e dalla maggioranza parlamentare, ma che anche l'elettorato continua ad accordarla.

MAURIZIO FUGATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, comprendiamo i riferimenti delle opposizioni: siamo di fronte anche al gioco delle parti. Nella scorsa legislatura, a parti invertite, per provvedimenti magari anche meno importanti, il Governo Prodi poneva la questione di fiducia non tanto per problemi di tempi, ma per problematiche politiche interne alla sua coalizione.
Oggi, invece, sappiamo che questo decreto-legge deve essere convertito in legge entro pochi giorni altrimenti c'è il rischio che scada. Si tratta, infatti, di un decreto-legge emanato il 30 dicembre, già esaminato dal Senato e che oggi arriva alla Camera; un decreto-legge che fornisce anche alcune risposte importanti al Paese, risposte che il Paese attende e, quindi, non si può correre il rischio di non convertirlo in legge per quanto esso prevede al suo interno.
Non possiamo che trovarci d'accordo con quanto detto dall'onorevole Baldelli: questa è la stagione delle riforme ed alcuni aspetti del Regolamento parlamentare potrebbero anche trovare delle giuste modifiche per cercare di venire incontro a questo dibattito che sta legittimamente cambiando all'interno del Parlamento.
Con questo abbiamo oggi a che fare, ed il Governo di fronte a questa realtà ha, da una parte, la volontà di portare a termine un provvedimento importante e dall'altra, dato che il provvedimento sta per scadere, deve giocoforza agire in questo modo.
Il gruppo Lega Nord Padania, quindi, vede con favore la scelta del Governo e auspichiamo che questa stagione delle riforme possa portare anche le risposte che il Parlamento sta aspettando (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. A seguito della decisione del Governo di porre la questione di fiducia, comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo è immediatamente convocata, per l'organizzazione del seguito del dibattito.
Sospendo pertanto la seduta che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 16,25, è ripresa alle 16,50.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo si è testé riunita per definire l'organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia in relazione al disegno di legge n. 2198 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti (Approvato dal Senato - scadenza: 1 marzo 2009).Pag. 75
La votazione per appello nominale avrà luogo domani, giovedì 19 febbraio, alle ore 16,10. La seduta pertanto inizierà alle ore 15 con le dichiarazioni di voto.
Successivamente, nella stessa giornata di domani, dopo il voto di fiducia, con eventuale prosecuzione notturna, si passerà all'illustrazione degli ordini del giorno e all'espressione del parere da parte del Governo.
Martedì 24 febbraio, dalle ore 11, avranno luogo le dichiarazioni di voto e la votazione degli ordini del giorno e, quindi, le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale del disegno di legge di conversione, con ripresa televisiva diretta degli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto. Il Presidente si riserva di fissare l'ora di inizio delle dichiarazioni di voto finale alla luce del numero degli ordini del giorno presentati.
Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è stabilito alle ore 10,30 di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 19 febbraio 2009, alle 15:

Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1305 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti (Approvato dal Senato) (2198).
- Relatori: Volpi, per la I Commissione e Toccafondi, per la V Commissione.

La seduta termina alle 16,55.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO RODOLFO GIULIANO VIOLA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2198.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Sappiamo che questo provvedimento si caratterizza per l'introduzione di molte norme gravi nei settori in cui interviene e solo qualche intervento positivo. I punti più scabrosi, quelli più sottolineati dagli organi di informazione, sono: lo slittamento di ventiquattro mesi per l'emanazione dei decreti attuativi del decreto legislativo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; lo slittamento di sei mesi per l'entrata in vigore della class action; il via libera fino alla fine dell'anno alle cosiddette «molestie telefoniche».
Su questi temi probabilmente altri colleghi interverranno: io vorrei evidenziare alcuni aspetti del decreto che riguardano le norme di competenza della Commissione VIII, che presentano senza dubbio molti punti critici.
Il primo, introdotto surrettiziamente col maxiemendamento al Senato, rinvia di un anno la norma, introdotta con la finanziaria 2008, che sanciva che dal 1 gennaio 2009 le nuove costruzioni prevedessero l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili in modo tale da garantire una produzione elettrica non inferiore a 1 Kw per le abitazioni e 5 Kw per i fabbricati industriali.
È evidente che questo slittamento comporterà un grave danno alle aziende del settore. In tutti gli altri paesi proprio il comparto delle energie alternative, delle fonti rinnovabili viene percepito come il grimaldello per uscire dalla crisi, per l'alto contenuto tecnologico che lo caratterizza e per gli effetti positivi che l'efficienza energetica può innescare e viene quindi sostenuto massicciamente dalle politiche economiche dei vari governi.
In Italia il Governo va invece in controtendenza: ha già provato a cancellare laPag. 76detrazione del 55 per cento per le cosiddette ristrutturazioni ambientali e ha dovuto fare marcia indietro di fronte ad una sollevazione che ha visto tra i protagonisti anche Confindustria.
Ora ci riprova, e davvero non riusciamo a farcene una ragione. Gli ultimi dati ci dicono che le aziende italiane operanti nei settori dell'energia eolica, fotovoltaica e delle biomasse hanno raggiunto nel 2008 un giro d'affari di 5,2 miliardi di euro, con un incremento del 44 per cento rispetto al 2007.
L'occupazione diretta e indiretta che ruota intorno al settore ammonta a ventimila addetti, raddoppiando rispetto al 2005, e le associazioni di settore prevedono la creazione di centomila nuovi posti di lavoro in dieci anni.
È incomprensibile quindi una politica che taglia le gambe ad un settore in crescita, tanto più in un periodo di crisi: non può non turbarci questa perseveranza nell'errore, questo atteggiamento ottuso, anacronistico e autolesionista che si ripresenta negando pervicacemente l'evidenza.
Credo che la nostra azione debba essere decisa nel chiedere la cancellazione di questa norma insensata.
Abbiamo poi la questione SCIP, il cui patrimonio viene messo in liquidazione e gli immobili tornano agli enti originariamente proprietari, che potranno procedere a vendite dirette. Anche qui non capiamo proprio per quale motivo la norma sia stata inserita nel maxiemendamento e siamo preoccupati degli effetti che tale decisione potrà avere per gli inquilini interessati.
C'è inoltre il caso dell'emendamento sulle concessioni autostradali, che ripristina la situazione ex ante il famoso articolo 12 introdotto dal ministro Di Pietro.
In pochi mesi si passa da una «supposta» eccessiva presenza del concedente nel settore delle autostrade ad una mano libera assoluta ai concessionari.
Vorremmo quindi fare riflettere l'aula sull'ennesimo provvedimento che su questo tema il Governo adotta senza rispondere ad alcuna delle tantissime sollecitazioni e critiche che le sono piovute addosso da diverse e importanti istituzioni a cominciare dalla Comunità europea.
Si badi bene, tali critiche, proprio per l'indipendenza e autorevolezza di chi le ha espresse non riguardano tanto il convincimento dell'esecutivo, che sulla base di quello ha liberamente deciso, quanto il fatto che le decisioni assunte hanno innescato una deriva senza controllo al sistema delle concessioni autostradali.
Già nel giugno scorso avevamo avuto modo di stigmatizzare la nuova regolamentazione del settore delle concessioni autostradali nel nostro Paese a seguito dell'approvazione della legge di conversione del 6 giugno 2008, n. 101, del decreto legge dell'8 aprile 2008, n. 59.
L'antitrust in modo particolare aveva rafforzato le nostre critiche, attraverso il suo presidente Antonio Catricalà che così il 4 Luglio 2008 scriveva ai Presidenti delle Camere e al Governo.
«In particolare, l'articolo 8-duodecies della citata legge n. 101 del 2008 prevede l'approvazione ex lege di tutti gli schemi di convenzione tra la società ANAS spa, già sottoscritti dalle società concessionarie autostradali alla data di entrata in vigore del decreto n. 59 del 2008. L'articolo 8-duodecies della legge n. 101 del 2008, di fatto, trasforma in regolazione quanto contenuto negli schemi di convenzione già sottoscritti tra ANAS spa e le società concessionarie autostradali.
Con riguardo alla convenzione sottoscritta dal principale gestore autostradale a livello nazionale, la società Autostrade per l'Italia spa, l'Autorità intende segnalare, da un lato, gli effetti distorsivi derivanti dalla modalità di regolamentazione delle tariffe autostradali ivi prevista, dall'altro, l'esigenza di lasciare spazio alla concorrenza per il mercato almeno per le tratte non ancora realizzate e per l'ampliamento della rete autostradale.
La convenzione unica sottoscritta da ANAS SpA e Autostrade per l'Italia spa prevede, infatti, un sistema di adeguamento annuale delle tariffe di pedaggio ancorato ad una percentuale dell'inflazione effettiva per tutta la durata dellaPag. 77concessione, e una serie di interventi posti a carico del concessionario, consistenti in nuove opere e tratte autostradali e, più in generale, nel potenziamento della rete, che saranno oggetto di regolamentazione economica sulla base della stessa convenzione unica.»
Ci ricorda l'antitrust alcune regole basilari da tenere in questo settore: che l'affidamento delle concessioni autostradali deve avvenire con l'ausilio di procedure ad evidenza pubblica; che il periodo di affidamento non deve essere ingiustificatamente lungo; che l'oggetto dell'affidamento non deve essere ingiustificatamente ampio.
Queste tre regole con la legge n. 101 del 2008 non vengono minimamente rispettate.
L'Antitrust quindi, alla luce delle considerazioni svolte, ribadisce che: le gare per aggiudicare il diritto temporaneo di servire il mercato (concorrenza per il mercato) rappresentano il metodo più idoneo per creare meccanismi concorrenziali artificiali in settori, come la costruzione e gestione delle tratte autostradali, con le caratteristiche di monopolio naturale; l'effettuazione di aste effettivamente competitive avrebbe come conseguenza socialmente desiderabile quella dell'estrazione della rendita del monopolista; la messa a gara di contratti incentivanti costituisce infatti uno strumento particolarmente efficace per ridurre la rendita dell'impresa regolata; l'introduzione di forme di concorrenza comparativa, rendendo possibile il confronto delle prestazioni economiche di imprese che gestiscono tratte omogenee e che operano pertanto in condizioni «simili», rafforza l'efficacia dei meccanismi di incentivazione a disposizione del regolatore.
Il regolatore, infatti, proprio grazie agli esiti del confronto concorrenziale «a distanza», può colmare parte delle sue lacune informative in materia di costi.
In secondo luogo, l'Autorità auspica che il sistema prescelto di adeguamento delle tariffe sia definito in modo da tale da garantire la massima efficienza produttiva ed allocativa, così che i benefici in termini di minori costi possano tradursi in tariffe più basse per i consumatori.
Conclude infine l'Antitrust «l'Autorità auspica, pertanto, che il Governo ed il Parlamento riesaminino le normative vigenti in materia di regolazione del sistema autostradale, al fine di: non eliminare del tutto i già esigui spazi lasciati alla concorrenza per il mercato, almeno per le tratte non ancora realizzate e per l'ampliamento della rete autostradale; mantenere un sistema di adeguamento tariffario che incentivi la minimizzazione dei costi e il trasferimento dei relativi incrementi di efficienza produttiva agli utenti, in modo tale che i benefici in termini di minori costi possano essere tradotti in tariffe di pedaggio più basse per i consumatori finali».
Su questi temi e sugli effetti distorsivi della legge n. 101 per la parte di sua competenza rincarava la dose l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, servizi pubblici e forniture nell'audizione presso la VIII Commissione della Camera il 16 Dicembre 2008 che difatti metteva le mani avanti su quello che sarebbe successo di lì a poco con l'adozione del provvedimento in discussione.
«Sull'in house occorre fare alcune riflessioni. Il codice dei contratti prevede che le concessionarie di lavori pubblici possano effettuare tramite imprese proprie e/o controllate fino al 70 per cento dei lavori oggetto della concessione. Non c'è dubbio che tale circostanza si riferisce ai casi in cui il concessionario sia stato scelto tramite gara. Nel settore autostradale, invece, quasi tutte le concessioni sono state affidate tramite procedura negoziata. Conseguentemente, senza il divieto di realizzazione degli appalti mediante l'in house, il lavoro oggetto della concessione verrebbe realizzato in assenza di qualsiasi procedura ad evidenza pubblica, sia a monte sia a valle. In queste circostanze, le imprese controllate dal concessionario si troverebbero effettivamente in una situazione di privilegio rispetto alle altre presenti nel mercato e tale fenomeno assumerebbe particolare rilevanza in relazionePag. 78all'elevato valore degli importi dei lavori eseguiti. È da considerare, per altro, che in taluni casi l'affidamento in house nel settore autostradale potrebbe rispondere ad esigenze di maggiore efficienza e celerità con particolare riferimento alla specificità dell'appalto e alle difficoltà di individuare nel mercato imprese in grado di espletare l'oggetto dell'appalto; ciò dovrebbe essere attentamente verificato e costituire oggetto di una costante vigilanza.
Ma ci sono altri metodi ed è l'autorità stessa a suggerirli per rispondere a questa domanda. Dice infatti nella stessa relazione: «Appare necessario, in ogni caso, rivedere il meccanismo di legge che impone la nomina delle commissioni ministeriali per l'espletamento dell'appalto poiché comportano molto spesso un rallentamento delle procedure».
Se gli interventi delle due authority sopra richiamate non fossero sembrati chiari il suggello alla bocciatura totale di quanto fatto dal Governo in questo settore arriva dalla relazione della Corte dei conti del 16 gennaio ultimo scorso.
Dice la Corte dei conti: «Conclusivamente si osserva che la mancanza di precisi indirizzi legislativi e governativi, assunti in coerenza con le direttive europee, ha finora ostacolato l'assunzione da parte di ANAS, di un ruolo di piena apertura al mercato quale concessionario del servizio di manutenzione, costruzione, gestione e messa in sicurezza del sistema stradale ed autostradale italiano».
Contraddittoria appare in particolare la collocazione di ANAS così caratterizzata, in un sistema composito che, se da un lato vede attribuiti al CIPE i poteri per l'approvazione dei progetti e dei relativi piani finanziari oltre che di regolamentazione in materia tariffaria, non appare per converso adeguatamente definita con riguardo ai poteri di vigilanza, distribuiti come sono tra la stessa ANAS - nei confronti delle proprie subconcessionarie, in più di un caso da essa partecipate, l'autorità competente per i contratti pubblici (peraltro ex post) e lo stesso Ministero delle infrastrutture (per i suoi poteri di indirizzo e controllo su ANAS).
E - conclude la Corte - proprio sul piano della vigilanza sul corretto uso delle pubbliche risorse il federalismo autostradale su base regionale, in atto di rapida espansione presenta alcune normative e connessi problemi che non sono stati finora adeguatamente affrontati e vagliati.«
A tutte queste considerazioni si deve aggiungere che, tenuto conto che sul piano normativo le norme in discussione oggi intervengono su discipline riguardanti le procedure di affidamento da parte dei concessionari, andrebbero acquisiti da parte del Governo elementi di valutazione circa le conformità delle previsioni introdotte all'ordinamento comunitario, per non incorrere in eventuali procedure di infrazione.
Ho abbondantemente citato, perché le osservazioni suesposte non sono le vaneggianti e pregiudiziali critiche di quelli dell'opposizione, ma rilievi fondati degli organi di controllo che per fortuna nel nostro Paese esistono.
Questi soggetti ci dicono che le decisioni assunte dal Governo, compresa questa in discussione oggi con il «Milleproroghe», che di fatto permette ai concessionari, che hanno ottenuto il bene pubblico in concessione senza gara, di poter svolgere i lavori previsti per la gestione di quel bene ulteriormente senza gara, provocano devastanti effetti distorsivi a quel sistema, con gravissimi danni al bene in concessione e in definitiva all'utente finale che di quel bene dovrebbe beneficiare.
In un vero sistema di libero mercato devono esistere i pesi e i contrappesi: dei veri ed efficaci sistemi di controllo stanno alla base del corretto funzionamento del mercato e dei servizi.
In pochi mesi tutto questo è stato dimenticato: chiediamo al Governo di rivedere la sua posizione e di permettere al Parlamento di affrontare una seria discussione su questi argomenti.
Sappiamo che chiedere oggi di fare un passo indietro non è possibile: le convenzioni sono già firmate e i concessionari hanno acquisito diritti ai quali ovviamente non intendono rinunciare.Pag. 79
Ma la deregulation assoluta introdotta in questo settore deve essere rivista: il G7 di questi giorni con Ministro Tremonti in testa ci dicono che la crisi globale cui stiamo assistendo è figlia proprio di un sistema finanziario senza regole e senza controlli.
A maggior ragione su di un »bene« pubblico - e non uso a caso questa parola - quale è il sistema autostradale non si può pensare di darlo in gestione alla assoluta e discrezionale volontà di pochi gestori.
Vuol dire lasciare questo patrimonio di tutti senza un progetto di sviluppo di interesse generale e l'utente indifeso nel suo utilizzo.
L'idea che un ruolo di regolazione e di controllo sul sistema autostradale venga svolto da una delle authority già esistenti potrebbe essere in una situazione così compromessa l'unica possibilità di offrire alcune garanzie e tutele agli utenti e all'interesse pubblico.
Un`ultima riflessione sulla questione dell'articolo 2, cioè »l'esclusione dell'applicazione del Patto di stabilità«.
Il provvedimento adottato sostanzialmente non cambia nulla circa la possibilità dei Comuni virtuosi di derogare dal Patto di Stabilità.
Stiamo assistendo ormai da mesi a continui interventi da parte del Governo nel tentativo - vano diciamo noi - di dare una qualche risposta alla crisi economica.
Non siamo degli economisti, ma veniamo da esperienze amministrative che ci permettono di dire con cognizione di causa, che il nostro sistema economico è fatto si di grandi imprese, ma in moltissime parti del nostro Paese si regge su una rete di piccole e medie imprese anche nel settore dell'edilizia.
Quel sistema è stato per molti versi il traino e motore dello sviluppo economico di questi anni: oggi, per le tante cause che si stanno analizzando, quel mondo è drammaticamente fermo, con tutte le conseguenze che comporta.
Ci pare che una risposta potrebbe venire proprio dall'attività delle opere pubbliche: vi sono moltissime amministrazioni pubbliche (comuni, provincie) cosiddette virtuose, che hanno risorse a disposizione e che non possono spendere pena lo sforamento del Patto di stabilità con le sanzioni che anche il «Milleproroghe» ci ricorda.
Una banale e semplice osservazione di questa realtà dovrebbe indurre il Governo a rivedere l'applicazione stupida del Patto di stabilità proprio per favorire la ripresa di quegli investimenti pubblici che darebbero fiato al sistema produttivo delle piccole e medie imprese oggi così in sofferenza.
La Lega Nord ci aveva promesso con i suoi numerosi Sindaci presenti in Parlamento che avremmo avuto la modifica del Patto di Stabilità: così non è e poco importa oggi la ricerca del responsabile.
I nostri comuni e con loro tutto il virtuoso sistema economico che si sviluppa sono al palo.
Un'altra occasione buttata, come un'occasione buttata ci pare di poter affermare sia tutto questo decreto.
Troppo il tempo perso e troppi gli sprechi in una fase così delicata come questa: il Governo dovrà renderne conto al Paese.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI GIUSEPPINA SERVODIO, SANDRO GOZI E FABIO EVANGELISTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2198.

GIUSEPPINA SERVODIO. Signor Presidente, la collega, onorevole Amici, ha sottolineato opportunamente la esigenza di una riflessione seria - tutta politica - su come si governa e su quali strumenti si mettono in campo per intervenire sulla crisi.
Non posso non denunciare anch'io il forte dissenso e la preoccupazione sull'ormai abituale procedura con la quale il Governo mortifica e esautora le prerogative del Parlamento. Anche in questa circostanza sul maxi emendamento al decreto proroga termini il Governo pone la questionePag. 80di fiducia, soffocando qualsiasi interlocuzione e confronto necessari - invece - per orientare meglio l'azione del Governo verso la soluzione dei gravi problemi del Paese.
Ieri in Commissione agricoltura siamo stati chiamati ad esaminare la parte di nostra competenza in un arco di tempo - ridicolo - di quindici minuti. Per senso di responsabilità e per lanciare un grido di allarme, anche alla stessa presidenza della Commissione, il Gruppo del Partito Democratico ha abbandonato la seduta, stigmatizzando una procedura che rende inutile il ruolo dei deputati. Il dovere-diritto della maggioranza di governare e di farlo con efficacia e tempestività non esclude e non deve comprimere il diritto-dovere della opposizione di esprimere proposte migliorative e integrative.
Non pochi sono i rilievi critici: entriamo nel merito del provvedimento e diciamo subito che le questioni relative al comparto agricolo sulle quali il Ministro Zaia aveva assunto un preciso impegno in quest'Aula e in Commissione agricoltura sono state completamente disattese. Il mio ragionamento non risponde ad una logica corporativa e settoriale.
Mi riferisco in modo particolare al ripristino delle disposizioni già contenute nel decreto-legge n. 171: sui contenziosi INPS, cioè sui benefici alle piccole cooperative agricole e sul canone ricognitorio a favore della pesca e dell'acquacoltura.
È opportuno ricordare che dette due misure sono state approvate in quest'Aula e poi soppresse dall'articolo 22 del decreto al nostro esame. Fatto gravissimo perché la nostra Assemblea è stata sconfessata e, mentre il Ministro Zaia, proprio in quest'Aula condivideva con tutti noi l'approvazione dei detti interventi, il Governo approntava un provvedimento in cui si procedeva alla cancellazione delle stesse misure. Dov'era il Ministro Zaia?
Le piccole cooperative agricole e le imprese ittiche sono un presidio sociale, occupazionale ed economico della nostra rete produttiva. Negare il sostegno significa confinarle ad un destino irreversibile di declino.
Non ne comprendiamo le ragioni e siamo preoccupati per la reiterata disattenzione del Governo verso i gravissimi problemi del comparto agricolo. Da mesi siamo spettatori di una politica dell' annuncio. Si promettono interventi efficaci e strutturali per superare la crisi e rilanciare il comparto e puntualmente vengono rinviati di provvedimento in provvedimento.
L'agricoltura perde ventimila aziende: gli imprenditori chiedono sgravi contributivi e interventi anti - calamità naturali, cito il titolo di un articolo apparso su Il Sole 24 Ore del 16 febbraio ultimo scorso nel quale si sottolinea che al forte aumento dei costi di produzione (+9 per cento) si aggiungono gli oneri sociali che superano +26 per cento nell'ultimo biennio.
Questo decreto legge avrebbe potuto costituire un importante strumento per dare una serie di risposte ai problemi dell'agricoltura italiana, che - nonostante il generale quadro di crisi economica del Paese e internazionale - produce un valore aggiunto importante e contribuisce per tre il 2 per cento al Prodotto Interno Lordo.
Facciamo un po' di cronaca: la Legge finanziaria del 2009 ha tagliato in modo indiscriminato le risorse per le politiche agroalimentari, non solo sulla spesa corrente, ma soprattutto sulle spese di investimento di circa il 40 per cento.
Il Governo ha proseguito in questa opera di demolizione di una strategia di intervento adeguata a sostenere l'occupazione e valorizzare il peso dell'export che nel 2008 i beni agricoli hanno fatto registrare il 6,9 per cento del made in Italy venduto sui mercati internazionali.
Dopo la finanziaria è arrivato il decreto sulla competitività nel settore agroalimentare e voglio qui ricordare che grazie ai gruppi del Partito Democratico di Camera e Senato si è riusciti a introdurre importanti norme - per esempio sul credito di imposta - per l'internazionalizzazione delle imprese agricole, la questione relativa al canone ricognitorio per le cooperativePag. 81ittiche, che, come ho precisato prima, il decreto mille proroghe ha cancellato.
L'agricoltura non è stata neppure considerata nel decreto anticrisi, laddove invece - a nostro parere - avrebbe dovuto assumere una funzione strategica per una inversione positiva del quadro economico e occupazionale nazionale del Paese.
È vero, in questo provvedimento c'è una misura importante: l'esenzione dall'ICI sulle unità immobiliari aventi requisiti di ruralità; misura sulla quale l'impegno dei gruppi del Partito Democratico alla Camera e al Senato è stato forte e determinato.
Purtroppo è l'unica misura di un qualche interesse, mancano altri interventi, sui quali - lo ripeto - il Ministro Zaia aveva solennemente preso un impegno.
Mi riferisco innanzitutto al rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali che scade a breve. Questa misura ha un carattere strutturale in quanto consente alle aziende agricole di affrontare in modo sereno e duraturo le sfide del mercato. Il Fondo di solidarietà nazionale è uno strumento fondamentale che anche la Comunità Europea considera idoneo per sostenere le imprese agricole che, a differenza di altre imprese, oltre alle difficoltà del mercato, subiscono condizionamenti dovuti a naturali calamità ed eventi imprevedibili. I piani di lavoro delle imprese agricole, senza la certezza della copertura del Fondo di solidarietà saranno nei prossimi mesi messi in crisi e ciò provocherà un aumento della mortalità di molte imprese e l'incremento di ulteriori livelli di disoccupazione.
Un'altra misura non prevista dal decreto riguarda gli sgravi contributivi nelle aree montane e sottoutilizzate. Dopo il 31 marzo prossimo venturo le aziende si vedranno costrette a licenziare anche perché non in grado di sostenere i costi di produzione.
È fondamentale la proroga dal 31 marzo al 31 dicembre 2009 e non si tratta di un intervento banale, ma vitale.
Una ulteriore misura non prevista riguarda il sostegno al settore olivicolo-oleario.
La crisi di questo settore è drammatica e riguarda diverse regioni del Mezzogiorno, abbiamo nella legge n. 171 qualche mese fa approvato il finanziamento di una campagna istituzionale per il consumo e la valorizzazione dell'olio extravergine d'oliva riferita all'anno 2008.
È opportuno registrare che questa campagna non è ancora stata avviata dal Ministero e che è necessario rendere questa iniziativa permanente e duratura se si vogliono raggiungere risultati positivi. Sarebbe stato necessario prevedere nel provvedimento al nostro esame un rifinanziamento per l'anno 2009.
Siamo di fronte ad impegni non mantenuti nei confronti della stessa maggioranza e dell'opposizione e nei confronti delle organizzazioni sociali e professionali e degli imprenditori agricoli.
Abbiamo avuto molta pazienza, abbiamo collaborato, ma oggi diciamo basta, perché non sono comprensibili e giustificabili i tagli continui per il comparto agricolo. Non è una difesa settoriale e corporativa, si tratta di tutelare l'agricoltura italiana che non può subire ulteriori emarginazioni, pena il crollo di una rete produttiva che regge ancora l'economia di numerose comunità locali.
Il nodo è politico: il Governo non avverte che il settore primario - se aiutato a superare alcuni aspetti di crisi strutturale - può diventare un volano strategico per lo sviluppo del Paese: agricoltura e ambiente, agricoltura e turismo, agricoltura e salute, agricoltura e Made in Italy, agricoltura e fonti energetiche alternative.
La verità è che questo Governo non ha ancora chiaro come uscire dalla crisi e quale progetto di sviluppo efficace per il Paese da mettere in campo. Non gioiamo per tale situazione perché abbiamo a cuore gli interessi dei cittadini italiani.
Siamo consapevoli della responsabilità che ricade sull'opposizione che non può mai anteporre il proprio interesse rispettoPag. 82a quello del Paese. Ma anche questa volta il Governo non ci ha consentito di esprimere il nostro punto di vista.
Non voteremo la fiducia.

SANDRO GOZI. Tra le tante norme contenute nel testo, una ha certamente destato gravi dubbi, soprattutto nel Garante della privacy e in molti esperti del settore, causando la reazione sconcertata dei consumatori. L'emendamento, approvato al senato, sui call center.
Secondo questo emendamento, i dati personali presenti nelle banche dati costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1 agosto 2005, possono essere utilizzati lecitamente per fini promozionali sino al 31 dicembre 2009. Questo comporterebbe che per tutto il 2009 saremo bersaglio di chiamate indesiderate da parte di operatori commerciali.
Non possiamo negare che le attuali regole sulla privacy sono strettissime, con conseguenze negative per tutti gli interessati: i cali center rischiano di chiudere e i cittadini continuano a ricevere telefonate sgradite.
Questo scontenta gli utenti e aggrava gli operatori di responsabilità.
La nuova norma, se introdotta con la legge di conversione del Milleproroghe, peggiorerebbe la situazione, sbilanciando i diritti a favore dei call center, scardinando le regole e causando un'inondazione di spam telefonico senza precedenti. È una scelta saggia? Ovviamente no, a maggior ragione perché si tratta di norma transitoria (ed illusoria), che non risolve il problema ma lo posticipa, con la conseguenza di recare pericolosi effetti collaterali anche ai call center diligenti.
Il problema difatti è nella normativa primaria, e andrebbe in effetti affrontato in Parlamento da una riforma organica, non con emendamenti «una tantum», che introducono una moratoria inutile e costituiscono un rischioso precedente per la disciplina privacy.
La soluzione c'è e si chiama opt-out. È sufficiente apportare una minima modifica al decreto legislativo n. 196 del 2003 per risolvere il problema.
Crediamo che sia necessario introdurre in Italia - come già avviene nel Regno Unito - il sistema delle «Robinson List»: chiunque non desideri più ricevere telefonate potrebbe iscrivere il proprio nominativo in una lista ufficiale tenuta dall'Autorità garante, che gli operatori avrebbero l'obbligo di consultare automaticamente almeno una volta al mese, depennando dagli elenchi chi vi risultasse presente.
Parallelamente, bisogna investire in campagne pubbliche di educazione dei consumatori, per renderli consapevoli sui loro diritti di opt-out.
Solo così ci guadagnerebbero imprese e cittadini.
Attenzione a chi, in nome del (falso) mercato, vorrebbe andare oltre ed espropriare il Garante e il Codice Privacy, attraverso l'intervento legislativo contenuto nel Milleproroghe, della competenza sulla materia.
Su questo siamo assolutamente contrari. Non è sospendendo i diritti fondamentali delle persone o spodestando il Garante dalle sue funzioni che si proteggono la serenità dei cittadini né tantomeno degli operatori.

FABIO EVANGELISTI. Onorevoli colleghi, il decreto-legge che abbiamo oggi all'esame dell'aula presenta diversi spunti di riflessione e di analisi, che (questa è una prima fondamentale osservazione) si sarebbero potute e dovute svolgere nelle Commissioni di competenza. Ma evidentemente per questo Governo il Parlamento è oramai ridotto ad un organo di mera ratifica. Lo abbiamo denunciato più volte e continuiamo a farlo con la stessa forza e la stessa convinzione. Questo Governo sta aggredendo l'impianto costituzionale del nostro paese, sta sistematicamente stravolgendo le regole della democrazia italiana.
È un problema questo che oramai è emerso in tutta la sua evidenza. Nello specifico faccio notare che questo decretoPag. 83è composto di più o meno cinquanta articoli; è un testo molto articolato che incide su una miriade di aspetti: ebbene, alle commissioni è stato permesso di esaminarlo per soli due giorni!
Il Governo non lascia al Parlamento neanche più il tempo di leggere! Credo che lo stesso Presidente della Camera debba affrontare questa questione, bisogna intervenire per difendere le prerogative del Parlamento!
In nome di un non bene e molto spesso confuso efficientismo si sta procedendo alla aggressione sistematica dei meccanismi costituzionali che fanno della Repubblica italiana una democrazia parlamentare, onorevoli colleghi è inaccettabile! Se si vuole procedere ad una modifica costituzionale, se si vuole proporre il passaggio ad una Repubblica presidenziale, si deve avere la responsabilità di affrontare la questione in maniera chiara e trasparente, non si può permettere una trasformazione di fatto che non può non produrre pericolose deformazioni e lacerazioni profonde nel tessuto non solo istituzionale ma anche politico e sociale del Paese.
Signor Presidente della Camera è a lei che devo rivolgermi, per chiederle di richiamare il Governo al rispetto di quest'aula ed al rispetto della sovranità popolare!
Il decreto-legge in esame rappresenta l'ennesima sistematica utilizzazione di uno strumento normativo - per sua natura temporaneo - ai fini di aggiustamento e correzione della legislazione in vigore; il Governo oltre ad operare in misura più rilevante, se non quasi esclusivamente, attraverso la decretazione di urgenza, aggiunge in questo decreto l'operazione di prorogare termini, con un effetto improprio di sistemazione della legislazione vigente; con la continua e reiterata decretazione d'urgenza viene alterato lo schema fisiologico del rapporto fra Governo e Parlamento; non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che costituisce il requisito costituzionale dei decreti-legge e di ciascun articolo degli stessi; ci troviamo infatti di fronte a una sorta di ordinaria attività di normazione svolta dal Governo-amministrazione.
La prassi che si sta formando si sostanzia in un continuo tentativo di inserire tutte quelle disposizioni che non riescono a trovare collocazione non solo in decreti-legge ma in decreti-legge disomogenei, e le conseguenze sono poco confortanti: nello stesso atto normativo di rango primario si sommano proroghe di termini, deroghe a discipline generali vigenti, modifiche a disposizioni di rango secondario e addirittura anticipazioni di effetti di norme di legge di futura approvazione. Tali ipotesi sono tutte previste dal decreto-legge in esame; la prassi dell'adozione sistematica di questo tipo di decreti-legge non può che determinare un giudizio negativo, soprattutto perché da parte del Governo si dimostra un atteggiamento che conferma l'inclinazione a considerare tale tipologia normativa come una «forma ordinaria» di intervento del Parlamento, stravolgendo letteralmente i princìpi di equilibrio contenuti nella nostra Carta costituzionale; sotto il profilo del contenuto, si evidenzia l'elevata disomogeneità del contenuto del decreto-legge, che non può che comportare una valutazione differenziata sulla sussistenza o meno dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che dovrebbero legittimare tale decreto!
Appare evidente come non per tutte le disposizioni contenute nel provvedimento sussistono infatti i requisiti di necessità ed urgenza, come nel caso delle disposizioni di cui all'articolo 29, comma 1-quater, atte a favorire i tassisti ed a rendere difficile l'attività di noleggio di autovetture con conducente; oppure, a disposizioni che recano proroghe di termini si affiancano disposizioni che mirano a vere e proprie modifiche della legislazione vigente per le quali non sussistono affatto i requisiti di necessità ed urgenza, come nel caso dell'articolo 35, commi 14 e 15, recanti norme che modificano l'elenco delle strutture autorizzate alla raccolta, alla conservazione e allo stoccaggio del cordone ombelicale.Pag. 84
Ed ancora sempre all'articolo 35, comma 16, si modificano norme relative alla scuola superiore di economia e finanze; e ancora, si segnalano l'articolo 41-bis, che reca disposizioni in merito all'editoria di partito, l'articolo 42-bis, che prevede una «sanatoria» per le violazioni in materia di affissioni e pubblicità, e l'articolo 44-ter, recante disposizioni in materia di infrastrutture carcerarie: in tutti questi casi, mancano completamente i presupposti di necessità e urgenza;
Allo stesso modo, taluni articoli, per quanto la relazione tecnica giudichi (piuttosto sbrigativamente) insussistente ogni maggior onere, sembrano destinati a recare nuovi aggravi al bilancio dello stato, comportando quindi problemi rispetto all'articolo 81 della Costituzione (è il caso della mancata soppressione di enti cosiddetti «inutili» di cui all'articolo 4 del decreto in esame); ricordo che a quanto pare, ed abbiamo già più volte ricordato questo aspetto, il provvedimento al nostro esame non sia neanche provvisto della necessaria copertura economica; certo ci sarebbe la Costituzione ad imporlo, ma evidentemente la Costituzione per questo Governo non è certo un riferimento vincolante!
Mi permetto poi nel merito di richiamare l'attenzione su delle proroghe che sarebbe stato davvero molto meglio evitare quelle relative alle scadenze sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. L'ultimo rapporto del CENSIS segnala che l'Italia è il Paese europeo nel quale si muore di più sul lavoro, il doppio rispetto alla Francia e il 30 per cento in più rispetto a Germania e Spagna; l'Italia conta un numero di vittime sul lavoro, in rapporto alla popolazione, pari a 1,62 per cento contro una media europea dello 0,97 per cento; è davvero singolare, ancorché sconcertante, che le stesse forze politiche che in queste ultime settimane si sono attivate strumentalmente in difesa del diritto alla vita, nel bel mezzo di una ennesima recrudescenza delle morti bianche, accordino tolleranza nell'adeguamento alle norme poste a presidio della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Non solo; vale anche la pena ricordare la proroga per l'entrata in vigore della class action, una proroga che arriva nel mezzo di un «minestrone» preparato dal Governo, che vede la disciplina della class action, sparpagliata volutamente su una serie di provvedimenti differenti.
Insomma siamo di fronte ad una serie di scelte discutibili e negative nella sostanza ed ancora di più criticabili nella forma!

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 2198 - Quest. preg. n.1, 2, 3 501 501 251 240 261 56 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.