XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 150 di mercoledì 2 maggio 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
[indice alfabetico]
[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

La seduta comincia alle 10,35.

VALENTINA APREA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 24 aprile 2007.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Amato, Amici, Bersani, Bindi, Boco, Bonelli, Bonino, Brugger, Buontempo, Capezzone, Capodicasa, Casini, Catone, Cento, Chiti, Colucci, Cordoni, D'Alema, D'Antoni, Damiano, De Castro, De Piccoli, De Simone, Del Mese, Di Pietro, Donadi, Fabris, Fallica, Fioroni, Folena, Franceschini, Galante, Galati, Gasparri, Gentiloni Silveri, La Malfa, Landolfi, Lanzillotta, Letta, Levi, Lucà, Mantovani, Marcenaro, Maroni, Mattarella, Mazzocchi, Melandri, Meta, Minniti, Morrone, Mussi, Angela Napoli, Oliva, Leoluca Orlando, Parisi, Pecoraro Scanio, Pisicchio, Pinotti, Pollastrini, Prodi, Ranieri, Razzi, Realacci, Rigoni, Rutelli, Santagata, Sgobio, Tremonti, Violante, Visco ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di maggio 2007 e conseguente aggiornamento del programma.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 24 aprile 2007, è stato predisposto, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del regolamento, il seguente calendario dei lavori per il mese di maggio 2007:

Mercoledì 2 maggio (antimeridiana):

Discussione sulle linee generali della mozione Marinello ed altri n. 1-00146 sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura.

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 2489 e abbinate - Istituzione del «Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice (Approvata dal Senato).

Mercoledì 2 maggio (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) e giovedì 3 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 4 maggio) (con votazioni):

Esame di documenti in materia di insindacabilità.

Seguito dell'esame della mozione Marinello ed altri n. 1-00146 sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura.

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 2489 e abbinate - Istituzione del Pag. 2«Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice (Approvata dal Senato).

Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 99, comma 3, del regolamento, della proposta di legge costituzionale n. 193-B - Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte (Approvata, in prima deliberazione, dalla Camera e dal Senato).

Seguito dell'esame dei progetti di legge:

disegno di legge n. 1609 - Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1 febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione;

proposta di legge n. 197 e abbinate - Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza.

Nella seduta del 2 maggio (pomeridiana) avrà luogo l'esame delle questioni pregiudiziali presentate al disegno di legge n. 2534 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato - scadenza: 19 maggio 2007).

Lunedì 7 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2534 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato - scadenza: 19 maggio 2007).

Discussione sulle linee generali della proposta d'inchiesta parlamentare doc. XXII, n. 8 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario (ove concluso dalla Commissione).

Martedì 8, mercoledì 9 e giovedì 10 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 11 maggio) (con votazioni):

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2534 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato - scadenza: 19 maggio 2007).

Seguito dell'esame della proposta d'inchiesta parlamentare doc. XXII, n. 8 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario (ove concluso dalla Commissione).

Nel corso della settimana potrà avere luogo l'esame di progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni.

Nel corso della settimana avrà luogo la deliberazione sull'urgenza, ai sensi dell'articolo 69, comma 2, secondo periodo, del regolamento della proposta di legge n. 2149 - Disposizioni recanti agevolazioni fiscali e altri benefici per le famiglie numerose.

Nel corso della settimana potrà altresì avere luogo l'eventuale seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Lunedì 14 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 1318 - Norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo. Delega al Governo per l'integrazione del decreto del Presidente della Repubblica 18 agosto 2000, Pag. 3n. 267, in materia di conflitti di interessi degli amministratori locali. Princìpi in materia di conflitti di interessi dei Presidenti di Regione e dei membri delle giunte regionali.

Discussione sulle linee generali delle mozioni sul rilancio del processo di integrazione e sull'allargamento dell'Unione europea.

Martedì 15, mercoledì 16 e giovedì 17 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 18 maggio) (con votazioni):

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1318 - Norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo. Delega al Governo per l'integrazione del decreto del Presidente della Repubblica 18 agosto 2000, n. 267, in materia di conflitti di interessi degli amministratori locali. Princìpi in materia di conflitti di interessi dei Presidenti di Regione e dei membri delle giunte regionali.

Seguito dell'esame delle mozioni sul rilancio del processo di integrazione e sull'allargamento dell'Unione europea.

Nel corso della settimana avrà luogo l'esame del disegno di legge S. 1449 - Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari (ove trasmesso in tempo utile dal Senato - scadenza: 29 maggio 2007).

Nel corso della settimana avrà altresì luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

La Camera sospenderà i propri lavori da lunedì 21 a domenica 27 maggio.

Lunedì 28 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:

disegno di legge n. 2272-bis - Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale (urgenza);

proposta di legge n. 24 e abbinati - Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza.

Discussione sulle linee generali della mozione Gibelli ed altri n. 1-00024 sulla riorganizzazione del sistema scolastico italiano in relazione al fenomeno dell'immigrazione.

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 1268 - Nuove norme in materia di dispersione e di conservazione delle ceneri.

Martedì 29, mercoledì 30 e giovedì 31 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 1 giugno) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei progetti di legge:

disegno di legge n. 2272-bis - Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale (urgenza);

proposta di legge n. 24 e abbinati - Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza;

disegno di legge n. 2480 - Disposizioni in materia di autotrasporto merci e di circolazione stradale.

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Seguito dell'esame della mozione Gibelli ed altri n. 1-00024 sulla riorganizzazione del sistema scolastico italiano in relazione al fenomeno dell'immigrazione.

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1268 - Nuove norme in materia di dispersione e di conservazione delle ceneri.

Nel corso della settimana avrà luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana 14-18 maggio e non conclusi.

Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo il mercoledì (dalle 15). Nella settimana dal 2 al 4 maggio lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo giovedì 3 maggio (dalle 15).

Lo svolgimento di interrogazioni, di interpellanze e di interpellanze urgenti potrà essere inserito secondo l'andamento dei lavori dell'Assemblea.

Il Presidente si riserva di inserire nel calendario l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni. Il Presidente si riserva altresì di inserire l'esame di ulteriori documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

L'organizzazione dei tempi per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario dei lavori sarà pubblicata nel resoconto stenografico della seduta odierna.

Il Presidente si riserva di definire l'organizzazione dei tempi relativi alla proposta di legge n. 1318 in materia di conflitti di interessi sulla base del testo che verrà licenziato dalla Commissione.

Il programma dei lavori si intende conseguentemente aggiornato.

Discussione della mozione Marinello ed altri n. 1-00146 sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura (ore 10,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Marinello ed altri n. 1-00146 sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che è stata altresì presentata la mozione Franci ed altri n. 1-00153, il cui testo è in distribuzione, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà discussa congiuntamente.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni, che sarà comunque pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna, è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Marinello, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00146. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, vi era proprio la necessità che presentassimo una mozione sulla crisi del settore della pesca per far sì che una questione così importante e così fondamentale venisse all'attenzione del Parlamento, perché su di essa potessimo discutere e confrontarci e, alla fine, si potesse - e questo è veramente il mio auspicio - trovare un'ampia e condivisa soluzione e quindi un'ampia approvazione della mozione a mia prima firma (ma anche della mozione presentata dal collega Franci e da altri colleghi). Il fatto stesso, d'altronde, che le due mozioni contengano spunti per certi versi assolutamente condivisibili e affrontino in maniera abbastanza completa ed esaustiva una questione così importante in un settore Pag. 5antico e tradizionale del nostro paese, oggi in gravissime difficoltà, dimostra che la mozione ha già raggiunto una parte significativa dei propri obiettivi.
Il fatto stesso, quindi, che tali argomenti possano venire all'attenzione dell'Assemblea e possano determinare - così come auspichiamo - un ampio voto favorevole rappresenta evidentemente un buon viatico per affrontare in maniera seria queste problematiche.
Prima di illustrare nel dettaglio la mozione a mia prima firma è giusto fare qualche riflessione sul comparto della pesca, che è assolutamente strategico nel nostro paese per una serie di motivazioni che brevemente accennerò.
Per cominciare, si tratta di un settore che riguarda moltissime regioni d'Italia, e cioè tutte quelle che sono bagnate dal mare Mediterraneo, anticamente definito come mare nostrum proprio per evidenziare il legame stretto tra la nostra nazione, l'Italia, ed il mare Mediterraneo medesimo. Questo comparto interessa tante e tante comunità locali e ha interessato ed interessa una serie di attività tradizionali, coinvolgendo non soltanto l'attività della pesca in senso stretto ma tutto quello che c'è a monte e a valle.
Questo è un settore che inizia con la cantieristica tradizionale delle imbarcazioni in legno, che oggi si va sempre più evolvendo nella cantieristica più moderna, e che interessa una serie di attività collaterali, relative all'armamento necessario per poter svolgere un'attività di questo genere, ampi settori del commercio, le industrie ittico-conserviere e così via.
I numeri stessi del settore della pesca lo dimostrano, anche se apparentemente sono dei numeri abbastanza modesti perché in Italia, grosso modo, esistono e sono in attività 13-14 mila armamenti e l'occupazione primaria è rappresentata da 40-50 mila addetti; ma tutto quello che smuove questo sistema è molto più ampio e, così come ho detto prima, ha la caratteristica di essere ampiamente diffuso sul territorio nazionale, dalla Liguria alla Toscana, scendendo sino alla Calabria ed al resto della penisola, alla Puglia e ad altre importanti marinerie, alle marinerie dell'Adriatico e alle marinerie siciliane (al riguardo, ricordo all'Assemblea che soltanto le marinerie siciliane rappresentano circa un terzo dell'intero settore nazionale).
Questo è un settore caratterizzato, tra l'altro, anche da un altro dato che voglio qui ricordare: il nostro è un paese fortemente importatore di materie prime perché le marinerie oggi non riescono assolutamente a soddisfare il fabbisogno nazionale e quindi si è costretti ad importare altro prodotto, pescato non soltanto nel mare Mediterraneo, ma che viene anche della pesca oceanica. Ciò, evidentemente, è un altro parametro di cui si deve tener conto, per due ordini di motivazioni. Anzitutto, il Mar Mediterraneo ha evidentemente delle caratteristiche: è quasi un mare chiuso e insistono nel Mar Mediterraneo tutta una serie di marinerie di altri paesi anche extracomunitari (vengono a pescare nel Mar Mediterraneo anche delle flotte non europee e non mediterranee - scusate il gioco di parole - provenienti da tutte le parti del mondo). Ma, al contempo, la marineria italiana e gli armatori italiani non hanno avuto la forza, nell'arco di questi decenni, di riuscire a competere con il sistema internazionale: ad eccezione di alcune marinerie - in particolare qualcuna nell'Adriatico e quelle mazaresi e siciliane - la presenza delle flotte italiane nella pesca oceanica non è così significativa come, ad esempio, quella di altri paesi.
Tutto il comparto di cui stiamo discutendo, tra l'altro, nell'arco degli ultimi decenni è stato contrassegnato da una serie di crisi e di fenomeni di natura strutturale, caratterizzati e determinati da alcuni aspetti che voglio qui assolutamente citare.
Ad esempio, la vecchiaia dei nostri armamenti, caratterizzati proprio dalla vetustà dei motori e delle imbarcazioni stesse e da una serie di pratiche di pesca oggi assolutamente non in linea con le normative europee, e quindi costretti ad uscire progressivamente fuori dal mercato per quella doverosa tutela di natura ambientale di cui bisogna tener conto.Pag. 6
Ma il fenomeno è stato particolarmente aggravato - e si è aggravato - anche per una scarsa attenzione, da parte delle regioni e anche dello Stato, nei confronti di questo settore.
Tutto ciò ha determinato anche uno scarso turn over, e quindi si è costretti ad imbarcare sempre più nelle nostre flotte cittadini extracomunitari, anche in ragione del fatto che c'è stata una scarsa attenzione nei confronti di questa problematica ed una scarsa formazione che potesse consentire il naturale avvicendamento.
Altra motivazione, di cui evidentemente dobbiamo tener conto, è il grandissimo aumento (ormai assolutamente fuori da ogni misura) della materia prima necessaria per esercitare le battute di pesca, cioè il carburante.
Il carburante - lo ricordiamo - rappresenta infatti la voce primaria tra le spese necessarie per affrontare una battuta di pesca. In alcuni casi si tratta di centinaia e centinaia di chili al giorno di carburante (per le imbarcazioni più significative si parla di decine di quintali di carburante al giorno). Anche se questa materia prima è sprovvista di accise, e quindi il costo pagato dall'armatore equivale proprio a quello della materia prima è il costo industriale (cioè non c'è un sovrapprezzo dovuto al sistema delle accise), tutto ciò determina uno scompenso di natura economica, e quindi molto spesso le stesse battute di pesca non sono più assolutamente remunerative.
Ad aggravare tutto questo quadro dobbiamo citare anche una situazione della quale ci occupiamo fin dalla passata legislatura. Tra il finire del 2000, e l'inizio del 2001, sotto il Governo D'Alema, si procedette ad una rivisitazione delle tabelle che inquadravano e consideravano i lavori particolarmente usuranti e, per incomprensibile e strano motivo, l'attività dei marittimi imbarcati in attività di pesca venne esclusa da quelle tabelle usuranti e, quindi, quell'attività oggi non dà più la possibilità - così com'è giusto e logico che sia - di poter accedere a determinati benefici.
Voglio proprio citare e sottolineare la stranezza di tutto questo, perché se non è lavoro usurante un lavoro come quella dei marittimi che per 200-250 giorni l'anno, praticano attività in condizioni difficoltose, talvolta in condizioni estreme, mi chiedo quale può essere il lavoro usurante. Mi si consenta di dirlo da medico, da sanitario e quindi per la particolare attenzione che ho nei confronti di queste problematiche: l'attività dei marittimi è un'attività caratterizzata da una serie di patologie professionali che determinano molto spesso malattie croniche e anche un invecchiamento precoce. Mi si consenta di ricordare i particolari rischi a cui sono sottoposti i marittimi.
Colgo inoltre l'occasione per ricordare qui in Assemblea l'ultimo naufragio che ha riguardato un'imbarcazione italiana, siciliana in particolare, la Karol Woityla; voglio qui ricordare i 4 marittimi imbarcati, che in modo assolutamente non casuale, sono tutti familiari tra loro: un papà, Francesco Grimaudo, e i suoi tre figli, Giacomo, Leonardo e Salvatore. Al di là del fatto specifico, una famiglia - si tratta di un padre con i suoi tre figli - completamente distrutta, ciò mostra anche un'altra caratteristica prevalente nel sistema della pesca italiana, ovvero la familiarità. A proposito di questo naufragio, prego il Governo di prestare un attimo di attenzione. Devo segnalare che in questa circostanza vi sono stati notevoli ritardi da parte della marina militare, da parte della guardia costiera, perché non si è riusciti a localizzare in tempo utile l'area del naufragio; devo anche segnalare che soltanto altri marittimi, altri armatori, altri marinai, hanno localizzato per primi la zona del naufragio. Infatti, ci sono state ben quattro imbarcazioni che, in situazioni estremamente difficoltose, hanno dovuto presidiare per ventiquattro ore quella difficile area di mare. Questi ritardi, tra l'altro della marina militare e della guardia costiera, hanno determinato non solo altre condizioni di pericolo, ma soprattutto delle condizioni di incertezza, che in quella situazione assolutamente disperata per i familiari, ma anche per i colleghi di Pag. 7lavoro e per tutta la marineria, per tutta la città di Trapani, hanno contribuito ad esasperare gli animi provocando momenti di grande tensione. L'unico ente pubblico che ha subito prestato immediata solidarietà - mi dispiace dirlo - non è stato lo Stato, ma la provincia di Trapani; in una occasione di questo genere, avremmo voluto una maggiore presenza dello Stato nelle persone del ministro o comunque dei sottosegretari. Evidentemente, c'è stata, non voglio dire scarsa sensibilità, ma sicuramente molta disattenzione. Per ritornare al merito del problema, abbiamo segnalato nelle premesse della nostra mozione, una serie di problematiche che caratterizzano oggi l'intero comparto e abbiamo proposto delle soluzioni, che voglio brevemente illustrare
Innanzitutto, uno degli impegni che erano stati assunti dall'attuale Governo, in sede di legge finanziaria, era quello di occuparsi dell'estensione del regime speciale IVA, così come era stato previsto nella legge 11 marzo del 2006, n. 81. A tal proposito, devo ricordare all'Assemblea che in quel provvedimento, varato dal Governo Berlusconi e fortemente voluto dalla maggioranza di allora e dal sottosegretario Paolo Scarpa, che aveva allora una delega specifica (altra piccola anomalia di questo Governo che non ha previsto istituzionalmente una figura che si occupi in maniera esclusiva di pesca), si era individuato questo percorso che avrebbe potuto garantire una sorta di perequazione tra produttori agricoli e pescatori. Si era individuato un percorso, si era varata una disposizione, si era anche stanziata una posta in bilancio.
Da quella data, poi, sappiamo come sono andate le cose: ci sono state le elezioni. Gli uffici e il Governo non hanno predisposto tutti gli atti necessari nonostante le nostre sollecitazioni e nonostante che il Governo, più volte da noi richiamato, avesse rassicurato di voler rispondere su tali argomenti. Adesso ci si trincera dietro una serie di questioni che riguardano le problematiche di natura europea, vale a dire la compatibilità tra questo sistema e le regole in tema di aiuti previste dall'Unione europea.
A tal proposito, voglio proporre un'idea all'Assemblea. Si tratta di una questione, cari colleghi, sulla quale dobbiamo assolutamente meditare e confrontarci. Ormai è da diversi anni che il settore della marina mercantile, per quanto riguarda il sistema della pesca, è stato completamente «traghettato» - voglio usare questo termine - verso le competenze del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Oggi, non possiamo non sottolineare come una serie di interventi legislativi introdotti dal 2001 in poi - voglio ricordare il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, il decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, e la stessa legge 11 marzo 2006, n. 81 - tendano sempre più ad assimilare questo settore produttivo ad un comparto agricolo vero e proprio. Non ci si rende assolutamente conto degli effetti che derivano da questa scelta. Dobbiamo sviluppare un'azione politica e uno sforzo comune per evitare che la discriminazione tra i due sistemi - quasi una sorta di conventio ad excludendum - possa assolutamente continuare.
Guarda caso, tale sistema continua ad operare a sfavore della pesca. Infatti l'IVA forfettaria, il credito di imposta, lo stesso sistema della valutazione della cassa integrazione, gli interventi in favore delle associazioni di produttori e così via sono tutte misure che riguardano il comparto agricolo. Ebbene, non ci rendiamo assolutamente conto della difficoltà di mutuare questo genere di interventi per il comparto della pesca.
Tra l'altro, voglio ricordare che si tratta di numeri non così ampi, tali da impensierire le casse del bilancio dello Stato.
Dunque, mi rendo conto che bisogna lavorare molto, ma ritengo che si debba utilizzare un percorso di questo genere per arrivare a perequazioni che possano garantire una sostanziale parità di trattamento tra questi soggetti, oggi sottoposti alla competenza del medesimo Dicastero.
Una delle cose che noi chiediamo nella nostra mozione, ad esempio, è l'estensione Pag. 8per il 2007 del regime speciale IVA, cosa che dovrebbe essere assolutamente agevole visto che c'è una posta in bilancio. Chiediamo anche una valutazione benevola per il periodo dal 2007 al 2013 in merito all'applicazione del credito di imposta, in maniera tale che ci possa essere una sostanziale piattaforma per rilanciare la competitività dell'intero comparto.
Un altro argomento che ci sta particolarmente a cuore è il sistema fiscale. Oggi, siamo perfettamente convinti che tutto il sistema di sperequazioni a danno del comparto della pesca, mi riferisco in particolare agli studi di settore, non farà altro che penalizzare la pesca italiana e creare delle condizioni addirittura di svantaggio per essa. Gli studi di settore, tra l'altro, signor Presidente, prendono in considerazione il costo del carburante tra gli indici di riferimento. Come ho detto poc'anzi, il costo della carburante per la maggior parte delle tipologie di armamento, cioè per le imbarcazioni che si trovano a diverse ore e giornate in mare, rappresenta una quota importantissima del costo di produzione; allora non è opportuno considerarlo in maniera assolutamente acritica come uno dei fattori di produzione e di reddito e non come un fattore sfavorevole, visto che tra l'altro non c'è assolutamente garanzia di produzione del reddito in una battuta di pesca, non si tratta di un investimento ad utile garantito o di una attività industriale simile a tutte le altre. La pesca costituisce infatti una attività che comporta notevoli rischi, comporta perdite e una serie di difficoltà. Dunque, non trovare un sistema di compensazione, andando a rivedere ad esempio il sistema degli studi di settore almeno per quanto riguarda questo comparto, a mio avviso, rappresenta sicuramente un danno per il settore.
Nell'attesa di riesaminare tali questioni, a mio avviso, occorre una moratoria, poiché il problema è impellente, vista l'immediata applicazione degli studi di settore ed il fatto che nelle prossime settimane i consulenti delle cooperative di pesca e dei pescatori si occuperanno di questo tema. Con la sospensione proposta nella nostra mozione - chiaramente siamo pronti a valutare in questa sede eventuali proposte del Governo - si possono creare condizioni molto interessanti.
Occorre inoltre riflettere sulla situazione della marineria italiana nel bacino del Mediterraneo, non soltanto in riferimento al rapporto con gli altri paesi dell'Unione europea, ma soprattutto a quello con i paesi non comunitari, cioè i paesi frontalieri (penso specialmente ai paesi del Maghreb: al Marocco, all'Algeria, alla Tunisia e alla Libia) che stanno utilizzando sempre più flotte molto aggressive, creando discrepanze per una serie di motivazioni.
Innanzitutto, si assiste, da parte di questi paesi, alla tendenza ad aumentare unilateralmente l'area di loro competenza, tanto che è in atto un contenzioso con i paesi dell'Unione europea relativo alla valutazione del concetto di «acque territoriali» è ciò costituisce il primo problema.
Il secondo attiene alla mancanza, per le nazioni sopra citate, di vincoli di natura comunitaria (come invece ha l'Italia) relativi ai sistemi di pesca. Tali paesi praticano sistemi di pesca obsoleti ed estremamente invasivi, hanno armamenti (che non ho difficoltà a definire dal punto di vista delle risorse ittiche ed ambientali) quasi «di rapina», che tendono a depauperare enormemente le risorse ittiche creando condizioni di grande difficoltà ai nostri armatori. Infatti, grazie a simili sistemi di pesca e di prelievo, nonché alla maggiore competitività dovuta al bassissimo (quasi inesistente) costo del lavoro ed alle inesistenti condizioni di sicurezza del lavoro creano situazioni di difficoltà ed esportano il loro prodotto verso l'Italia o verso i paesi comunitari a dei prezzi notevolmente più bassi.
Tutto ciò sta creando, in particolare, una situazione di emergenza nel settore del gambero rosso, che da sempre ha visto e continua a vedere (per dire la verità) la leadership della marineria italiana di Mazara del Vallo non soltanto in Europa, ma in buona parte delle marinerie mondiali. Sicuramente, per il tipo di pesca praticato dalle flotte magrebine, ciò non durerà a lungo.Pag. 9
Altro tema affrontato nella nostra mozione è quello relativo al sistema di rilevazione satellitare, il cosiddetto blue box. Si tratta di un meccanismo, imposto da norme comunitarie, che le nostre imbarcazioni sono costrette a montare, a manutenere e a pagarsi, perché non si paga soltanto il costo dell'attrezzatura, ma anche quello di gestione dell'intero sistema.
Tuttavia, nel vasto sistema di proroghe e deroghe esistenti, risulta che alcune fasce di armamento sono state esentate dall'obbligo, mentre altre devono dotarsi del sistema di rilevazione satellitare, creando una sperequazione tra armatori, quindi tra colleghi, e rappresentando, al di là di tutto, un costo aggiuntivo che le nostre marinerie non possono sopportare.
Noi abbiamo proposto, nel corso dell'esame della legge finanziaria, alcune ipotesi alternative, ed abbiamo presentato due emendamenti che prevedevano la possibilità di far slittare di almeno un anno l'approvazione definitiva del sistema blue box, nonché altri emendamenti con i quali abbiamo chiesto la compartecipazione dello Stato non nell'acquisto delle attrezzature, ma nella gestione dell'intero sistema.
Nella presente mozione, chiediamo oggi una moratoria che consenta di spostare in avanti l'applicazione del sistema del blue box. Devo anche dire che sembra che la tecnologia abbia messo a punto altri strumenti che danno uguali possibilità di sicurezza e di controllo con costi di gestione molto più contenuti e, quindi, si tratta di una strada che va sicuramente percorsa.
Un'altra questione, oggetto della mozione, sulla quale intendiamo confrontarci con il Governo, è il tema degli interventi strutturali, vale a dire del Fondo europeo della pesca 2007/2013 (il cosiddetto FEP), che rappresenta un pacchetto importantissimo per il settore: trattasi di circa 700 milioni di euro tra i fondi comunitari e i fondi messi a disposizione dallo Stato e dalle regioni. Abbiamo l'impressione, infatti, che vi siano notevoli ritardi dovuti ad una serie di difficoltà che oggi incontra il Ministero delle politiche agricole a rapportarsi con le regioni in sede di Conferenza Stato-Regioni. Non ci appassioniamo più di tanto alla questione relativa all'individuazione del soggetto competente a gestire materialmente le risorse, perché ci rendiamo conto che probabilmente è una sorta di gara, o di guerra, tra burocrazie nazionali e burocrazie regionali. Siamo dell'idea, però, che questi fondi vadano spesi al più presto e che, quindi, bisogna far partire immediatamente una programmazione triennale. Riteniamo inoltre che rendere più vicina alle marinerie la gestione della spesa e, con ciò, attribuire maggiori competenze e maggiori fondi a livello regionale, possa garantire più efficienza ed efficacia nella spesa stessa.
L'altro aspetto affrontato nella mozione riguarda un problema specifico, che si ripete ormai molto spesso: il fenomeno della mucillagine nell'Adriatico, che sta creando grandi difficoltà alle marinerie del Veneto, del Molise, delle Marche e, via via, anche della Puglia. Su questo tema chiediamo che il Governo si impegni a dare risposte esaustive ed in tempi assolutamente rapidi. Tra l'altro, proprio in queste regioni - mi riferisco ad esempio alla Puglia, dove mi sono recato la settimana scorsa per incontrare le marinerie locali - c'è una certa ritrosia da parte degli armatori a sospendere l'attività. Tale ritrosia sta per diventare pericolosa perché, come lei sa benissimo, signor sottosegretario, dall'incredulità spesso poi si passa alla totale sfiducia nei confronti dello Stato e delle istituzioni in relazione all'erogazione di eventuali aiuti e provvidenze.
Per ultimo, ma non da ultimo, nella mozione di cui sono primo firmatario, chiediamo un intervento forte e serio del Governo volto a rivedere la questione dei marittimi imbarcati, con particolare attenzione alla possibilità di poter inquadrare questa categoria tra le tabelle dei lavori usuranti, poiché siamo fondamentalmente convinti che così facendo compiremmo sicuramente un atto di equità e di giustizia.
Ho sommariamente esposto una serie di questioni da noi rappresentate nella mozione; ho anche letto con attenzione la Pag. 10mozione presentata dai colleghi della maggioranza, che sicuramente contiene spunti interessanti e condivisibili. Ritengo che oggi il Parlamento debba confrontarsi su questi temi in maniera assolutamente «laica», scevra da pregiudizi, per trovare soluzioni che possano condurre ad una valutazione complessiva e positiva dei temi affrontati, poiché sono convinto che un comparto così importante che guarda con attenzione all'attività del Parlamento necessiti di risposte positive (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Maderloni, che illustrerà anche la mozione Franci n. 1-00153, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MADERLONI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, non posso non condividere la parte iniziale del discorso del deputato Marinello. Il comparto della pesca non può essere considerato solo con riferimento all'imbarcazione che va in mare ed effettua la raccolta del pesce: è un comparto enorme, che coinvolge tante persone, al di là dell'atto della pesca. Posso citare, ad esempio, le imprese artigiane collegate alla costruzione delle imbarcazioni, fino ad arrivare alla distribuzione nel mercato ed a quella all'interno dei ristoranti. Si tratta, quindi, di un comparto strategico e di interesse per la nostra nazione.
Il trend degli ultimi anni evidenzia un calo costante sia della produzione lorda vendibile, sia del numero degli addetti al settore della pesca. La pesca artigianale - o piccola pesca costiera -, con i suoi 10.296 battelli su un totale di 15.915, rappresenta il segmento più numeroso della flotta italiana e costituisce, inoltre, l'attività prevalente in molte regioni italiane e in diversi Paesi del bacino del Mediterraneo.
Sulla fascia costiera sono concentrati troppi interessi di attori in conflitto tra loro e, tra questi, i pescatori artigiani rappresentano l'anello più debole. Tale attività economica, malgrado costituisca l'attività tradizionale più antica e radicata e rappresenti ancora, per numero di imbarcazioni e di addetti, un vero e proprio presidio della fascia costiera, negli ultimi decenni è andata incontro ad un'involuzione che l'ha relegata ad un ruolo marginale da un punto di vista sia economico che sociale.
Tutto il settore della pesca, comunque, è investito da un processo di ristrutturazione e riorganizzazione, con un calo della consistenza numerica delle imprese e degli occupati. L'ammodernamento del patrimonio peschereccio e la riduzione dello sforzo del pescato stanno condizionando fortemente le prospettive di tutto il settore. Si considerino, altresì, gli indirizzi delle politiche comunitarie - che hanno sollecitato misure di organizzazione e di attenzione allo sfruttamento delle risorse del mare e del ripopolamento ittico - e gli effetti negativi in termini di aumento dei costi, ad iniziare da quello del gasolio, che incide per circa il 40 per cento sui costi di produzione, aggiungendosi ai costi di manutenzione e funzionamento dei sistemi di localizzazione satellitare.
Tali fattori hanno contribuito fortemente alla crisi del settore. Malgrado ciò, si è registrato un processo di diversificazione produttiva, che ha attenuato la crisi, sviluppando l'attività di acquacoltura e di marinicoltura e l'avvio di esperienze significative nell'ambito del turismo ittico e della pesca, incentivate dal decreto legislativo n. 226 del 2001. Si è registrata, inoltre, l'intensificazione dell'ammodernamento della filiera, unitamente allo sviluppo della qualità delle iniziative, volte a stabilire legami sempre più saldi tra il settore e l'identità agroalimentare del Paese. A ciò si aggiunga un più accentuato associazionismo - con la coesione tra gli addetti alla piccola pesca - per frenare la tendenza ad un'ulteriore marginalità sociale, tendenza alla quale l'associazionismo ha dato risposta, dopo l'inserimento nei fondi strutturali 2000-2006, attraverso l'adozione di specifiche misure per la piccola pesca costiera.Pag. 11
In particolare, ne sono conseguenza i progetti collettivi integrati, riguardanti la sicurezza, l'innovazione tecnologica, l'organizzazione della catena di produzione, la trasformazione e la commercializzazione, la formazione, la riqualificazione professionale, proposti in ambito consortile - con la gestione affidata alle regioni - da cooperative di pescatori, da gruppi di proprietari di imbarcazioni da pesca e da nuclei familiari di pescatori attivi nel settore.
Una rilevante incidenza positiva, in particolare per quanto concerne l'abbattimento degli oneri previdenziali a carico delle imprese, è derivata dalla proroga delle agevolazioni tributarie e contributive (decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1998, n. 30), che risulta valida anche per l'anno corrente.
A partire dall'anno in corso, è divenuta operativa la nuova programmazione europea del Fondo europeo per la pesca, che assegna all'Italia, come finanziamento comunitario complessivo, 376,5 milioni di euro, destinati nella misura di 282,5 milioni alle regioni dell'obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) e, nella misura di 94 milioni, alle restanti regioni. A tali risorse, bisogna aggiungere il cofinanziamento degli interventi da parte dell'Italia, in modo che l'impegno finanziario complessivo per il settore nei prossimi sette anni ammonti a circa 700 milioni di euro. A livello comunitario, è in via di definizione la fase attuativa della nuova disciplina relativa ai sistemi della pesca nel Mediterraneo. Al riguardo, occorre tener conto che nel 2010 era presente il termine a partire dal quale è prevista la creazione di un'area di libero scambio tra i paesi del Mediterraneo. A livello nazionale, dovrà essere approvato il prossimo piano triennale della pesca e dell'acquacoltura.
Con la legge finanziaria del 2007, analogamente a quanto disposto per l'agricoltura, sono state prorogate le agevolazioni fiscali a sostegno del settore della pesca. Più in generale, in un contesto tanto complesso, occorre dare atto al Governo: dell'impegno profuso in questi mesi a sostegno della pesca italiana nell'ambito dei negoziati a livello comunitario ed internazionale; della capacità di ristabilire un confronto costruttivo per le regioni, mentre in passato si erano registrate forti tensioni che hanno nuociuto a tutto il settore; del proficuo rapporto che è stato in grado di sviluppare con il sistema associativo e cooperativo, in assenza del quale non è possibile realizzare alcun rafforzamento della qualità e della competitività del sistema italiano delle imprese operanti nel settore della pesca; rispetto all'emergenza determinata in questi giorni dalla precoce presenza delle mucillagini nel mare Adriatico, della tempestiva decisione di costituire una unità di emergenza per la gestione della crisi, che permette di rendere operativo uno strumento utile a definire l'intervento necessario.
La nostra mozione impegna il Governo: ad orientare la politica della pesca ad un'azione di forte rilancio del settore, che si fondi sulle grandi linee di indirizzo; a sottolineare il rilievo dell'attività della pesca e di chi concretamente la esercita nell'identità culturale ed economica dell'Italia e a valorizzare i prodotti della pesca come parte integrante del patrimonio agroalimentare e delle tradizioni enogastronomiche del Paese, anche nella prospettiva di promuovere la presenza dei mercati esteri; ad individuare, nella creazione di un'area di libero scambio nel Mediterraneo, una fondamentale opportunità sia di sostegno all'interscambio culturale e alle prospettive di pace, sia di sviluppo e crescita per i paesi che su questo mare si affacciano; ad evidenziare e sostenere il ruolo della pesca e dei pescatori nelle politiche di salvaguardia e valorizzazione delle risorse dei mari, non solo con riferimento alle specie ittiche, ma anche in relazione alla ricchezza ambientale, alla tutela del patrimonio culturale di importanti aree del Paese, allo sviluppo della ricerca; a favorire la riorganizzazione e la competitività, attraverso lo sviluppo dell'associazionismo e della cooperazione.Pag. 12
Per quanto concerne le misure di carattere economico-finanziario, inoltre, la mozione impegna il Governo ad adottare investimenti rivolti in particolare: a rendere operativa l'estensione del regime IVA del settore della pesca, così come previsto dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni nella legge 11 marzo 2006, n. 81; a fare in modo che al settore possa applicarsi il credito di imposta per l'acquisizione di nuovi beni strumentali, di cui ai commi da 271 a 278 della legge 27 dicembre 2006, n. 296; a verificare la possibilità di superare gli studi di settore attualmente vigenti, orientandoli verso i nuovi strumenti fiscali; a verificare la possibilità, nell'ambito dell'istruttoria relativa al riordino del sistema pensionistico, di inserire l'attività dei pescatori tra i lavori particolarmente usuranti; a sostenere tutte le attività volte a sviluppare la multifunzionalità del settore attraverso la progressiva uniformazione della disciplina relativa alla pesca e al settore agricolo, come previsto dalla legge 5 marzo 2001, n. 57, e dai decreti legislativi adottati in attuazione di tale legge.
Inoltre, la mozione impegna il Governo a favorire la modernizzazione del settore e a promuoverne la qualità, in particolare attraverso interventi volti ad agevolare e a sostenere la tracciabilità della filiera ittica; ad attuare una riforma volta a semplificare e ridurre gli oneri burocratici e amministrativi ai quali il settore è soggetto; a favorire il rafforzamento dei rapporti tra il sistema della ricerca e il settore ittico coinvolgendo il sistema associativo e cooperativo, che rappresenta gran parte del settore, e l'associazionismo; ad approvare e rendere esecutivo in tempi brevi il piano triennale per il settore come strumento fondamentale di orientamento e programmazione che permetta di superare le incertezze e la provvisorietà che hanno caratterizzato gli interventi in questi ultimi anni.
In conclusione, concordo con l'onorevole Marinello sulla necessità che il Parlamento esprima un orientamento che sia il più unitario possibile perché le marinerie non hanno la necessità di constatare quale parte politica sia stata più attiva, hanno la necessità che il Governo a e lo Stato intervengano in questo settore. Esse tengono in considerazione il nostro lavoro, che credo, con il dibattito di oggi, possa condurre ad una giusta soluzione.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Di Gioia, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, sul problema della pesca vanno rilevati alcuni aspetti. Innanzitutto porrei una questione di metodo operativo, considerato che gli argomenti si discutono anche in Commissione. Pochi giorni fa, in occasione della discussione delle mozioni concernenti il problema della siccità avevo rivolto l'invito ad unificare il testo dei quattro documenti di indirizzo presentati: pur avendo lo stesso contenuto sono state presentate quattro mozioni separate solo perché ciascun presentatore non voleva attribuire agli altri il merito di aver presentato per primi i documenti in oggetto.
Per coerenza, rivolgo oggi lo stesso invito. Chiedo di non utilizzare una prassi, che è un po' da consiglio comunale e forse meno da Parlamento, quando si affrontano temi così importanti perché onestamente la mozione presentata in extremis dalla maggioranza è di fatto una fotocopia di quella che ha presentato il collega Marinello. Al riguardo il collega Marinello afferma che in quella mozione ci sono alcuni spunti, ma lo dice perché è buono! Non ci sono buoni spunti; sono più o meno gli stessi, avete aggiunto o tolto piccole cose, ma alla fine non cambia assolutamente nulla. La vostra mozione è uguale a quella del collega Marinello e la presentate per farne votare due separatamente o per poter dire domani che ci sono due mozioni: una di Forza Italia ed una della maggioranza. Credo che sia un modo sbagliato di dare un messaggio agli operatori della pesca come era stato, credo, un messaggio sbagliato quello che abbiamo Pag. 13dato con le quattro mozioni praticamente uguali sul problema della siccità.
Ora l'invito che faccio è quello di convergere su un unico documento di indirizzo. Per coerenza sottoscriverò quindi la mozione Marinello n. 1-00146, che è stata presentata per prima, chiedendo però uno sforzo da parte della maggioranza in questo senso.
Il problema della pesca rimane serio, ma bisogna anche essere chiari perché riguarda un settore importante. Proprio per tale ragione avrei voluto presentare anch'io una mozione, puntando però su altri aspetti, cercando in particolare di mettere in evidenza il fatto che con la concorrenza estera sono molti i settori e i comparti oggi in crisi, non solo quello della pesca.
Si pone anche il problema di investire sul territorio. Una cosa che non è stata ricordata è che la pesca crea nelle zone costiere e mantiene una antropizzazione. Si vive ancora la zona costiera grazie ai porti e all'attività degli artigiani che lavorano sul territorio nel comparto della pesca. C'è ancora vita, si mantiene ancora viva la tradizione, si mantiene ancora vivo il mare, non solo dal punto di vista turistico con i grandi centri di accoglienza. Diventa allora importante investire sul territorio, sulle tradizioni, sulle comunità, sull'indotto e su un lavoro che oggi è minato da una serie di conseguenze.
Da leghista dovrei anche dire che l'obiettivo convergenza apporta l'80 per cento dei fondi destinati, guarda caso, sempre alle solite quattro regioni meridionali, chissà perché? La pesca esiste anche in Veneto e ha una grande tradizione, la Serenissima. Esiste nella mia Emilia-Romagna, esiste nelle Marche, esiste in Liguria: noi in Padania non siamo esenti dalla pesca. Il problema della mucillagine ci ha toccato in prima persona.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,30)

ANGELO ALESSANDRI. Credo si debba dare - e lo dico in maniera positiva, collega Marinello - una sorta di segnale anche alla pesca padana, per fare un po' più lobby, per cercare di farsi «pesare» e di farsi «contare». Mi sembra infatti che in questo frangente si evidenzi ancora una volta come il comparto produttivo della Valle padana risulti sempre la ruota di scorta e quando si destina un aiuto, esso è pari al 20 per cento delle risorse, mentre l'80 per cento finisce sempre alle solite regioni. Questo deve essere un monito, un messaggio: la Padania, anche nella pesca, si svegli!
Resta però un dato di fatto: quelli contenuti nella mozione sono aiuti a un settore. A volte è importante capire quando un settore è in crisi, però dobbiamo comprendere che ci sono anche altri settori in cui dovremmo cercare di trovare soluzioni: penso ad esempio al comparto dei servizi, molto in crisi con la concorrenza estera, penso ai mercati della maglieria, delle scarpe, del biomedicale, che comincia ad essere insidiato, della ceramica. Oggi vi sono moltissimi comparti in grande sofferenza, però, considerato il contesto agroalimentare ed enogastronomico del nostro Paese, si è deciso di prestare un'attenzione particolare a determinati settori.
All'interno di tutta la serie di aiuti previsti, anche nell'ultima finanziaria e nelle ultime leggi, vi sono alcuni sgravi (ad esempio per l'IVA, per l'esenzione contributiva), che rappresentano un segnale positivo, che vanno in aiuto ad un settore in difficoltà. Pertanto, per quanto ci riguarda, oltre a sottoscrivere la mozione del collega Marinello, vogliamo rilevare che quello in esame non è un problema - come ricordava Marinello - solo di Forza Italia, seppure nella scorsa legislatura se ne era fatto, anche con il sottosegretario Scarpa, una sorta di cavallo di battaglia, si era investito anche dal punto di vista politico in questo senso. Noi allora facemmo la nostra parte e oggi non ci tiriamo indietro.
Vogliamo dare un segnale positivo all'intero comparto della pesca, vogliamo darlo all'intero comparto agroalimentare, vogliamo però darlo in maniera unitaria, Pag. 14perché noi siamo opposizione, altri sono maggioranza, e si rischia pertanto di presentare molte mozioni differenti.
Ho il sospetto - di solito ad avere sospetti, mi dicono, si pensa male, si fa peccato, però purtroppo spesso ci azzecco, e allora continuo a pensare male e ad avere sospetti - che si presentino tante mozioni-fotocopia perché non c'è una volontà reale di occuparsi del problema, per cui si approva una mozione che non avrà alcun seguito dal punto di vista operativo. Ciò che chiedo invece è di dare un segnale di unità: un'unica mozione, in modo che vi sia un Parlamento compatto, che dia al settore un segnale chiaro, nel senso che se c'è una sofferenza, se c'è un momento di grande difficoltà, lo Stato non «sparisce» ma viene a dare una mano ed è vicino e accompagna il settore per cercare soluzioni per farlo ripartire.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sperandio. Ne ha facoltà.

GINO SPERANDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, pur esprimendo il consenso di Rifondazione Comunista alle mozioni, provo un certo disagio, nel senso che mi pare che oggi, di fronte al rischio capitale della desertificazione nel Mediterraneo, si parli della pesca semplicemente in termini economici. Ciò che sta succedendo nel Mediterraneo ha aspetti epocali e rischia di impoverire le prossime generazioni di uno degli ambienti più delicati e più belli che vi siano al mondo. Il Mediterraneo, il nostro mare, che conosciamo come un grande mare, è in realtà un mare piccolo, delicato, che ha uno scarsissimo ricambio d'acqua. Questo piccolo mare rischia di essere travolto dalla rivoluzione climatica che sta attraversando il nostro pianeta.
Oggi nel Mediterraneo sono ricomparse specie che probabilmente non erano più presenti da duecentomila anni. Inoltre, il Mediterraneo, in particolare l'Adriatico, è interessato da un processo di eutrofizzazione che rischia di far diventare proprio l'Adriatico, vale a dire la culla di quella civiltà cui poc'anzi faceva riferimento l'onorevole Alessandri, sostanzialmente un lago morto.
La questione vera della pesca riguarda proprio l'oggetto, cioè il patrimonio ittico, che noi dobbiamo salvaguardare. Va benissimo quindi la mozione illustrata dal collega Maderloni, che noi abbiamo sottoscritto, ma ritengo necessario, sia come Commissione agricoltura sia come Parlamento, compiere uno sforzo maggiore, affrontando la questione locale in maniera globale. Credo che sarebbe davvero francamente misero per un Parlamento ritenere che l'impoverimento delle possibilità di pesca nel Mediterraneo sia dovuto in gran parte all'aggressione maghrebina al patrimonio ittico mediterraneo. Ritengo che la questione sia diversa. In questi anni abbiamo pensato alla pesca come ad un patrimonio sostanzialmente infinito; in realtà esso non è un patrimonio infinito e, proprio per tale motivo, deve essere tutelato.
Per Rifondazione Comunista la questione va affrontata tenendo conto anche di questo complesso di avvenimenti, quali l'accelerazione del fenomeno della mucillagine, l'impoverimento dei santuari di riproduzione dei tonni, il fatto che sempre meno delfini si vedono in questo benedetto mare Mediterraneo, che i cetacei sono a rischio di estinzione e che si trovano, persino nell'Adriatico, pesci tropicali. Tutto ciò allude ad un'altra realtà.
La mia non vuole essere una critica alla mozione del collega Marinello, ma, a mio avviso, la questione della pesca va valutata davvero in maniera complessiva. La sensibilità di ognuno di noi è stimolata dalle persone che ci raccontano le loro storie, le loro esperienze e le loro difficoltà di lavoro, ma oggi - come ha ricordato l'onorevole Marinello - la pesca in Italia coinvolge non solo la Sicilia ma anche l'Adriatico e riguarda anche i diversi tipi di pesca praticati.
Le varie tipologie di pescato rischiano anche di essere, nel loro complesso, inquinate; conseguentemente, ciò finisce per coinvolgere anche la qualità del nostro cibo, cioè quello che mangiamo: il pesce che spesso consumiamo nei ristoranti e Pag. 15nelle nostre case non ha più il sapore che dovrebbe avere perché inquinato da molti farmaci; inoltre, il pesce che cresce negli allevamenti spesso è sottoposto a dosi massicce di antibiotici. Noi ci ricordiamo i sapori a cui facciamo riferimento nella nostra memoria, così come conosciamo i sapori che spesso siamo costretti ad assaggiare nelle nostre cucine e nei nostri ristoranti.
Tutto ciò deve rappresentare un tema da trattare nelle nostre discussioni; faccio riferimento, in particolare, alla ricostruzione di questo benedetto ciclo corto, paradossalmente anche nell'agricoltura. È necessario riportare al centro del tipo di raccolto della pesca quella memoria di sapori, di storie che noi abbiamo saputo costruire nel nostro paese.
E passo alle questioni poste dall'onorevole Marinello. Sarò breve anche perché gli interventi svolti dai colleghi Maderloni e Marinello hanno ben illustrato il tema della pesca. Ritengo sia utile oggi la discussione di una mozione. Secondo me è significativo dare atto dei notevoli punti di incontro esistenti tra la mozione presentata dall'onorevole Marinello e quella presentata dal centrosinistra.
A me pare giusto porre al centro la questione lavoro.
Oggi il lavoro nella pesca deve trovare le stesse garanzie che hanno altri settori: lavorare all'aperto in agricoltura deve essere la stessa cosa che lavorare all'aperto nella pesca.
L'onorevole Marinello accennava ad una tragedia di mare avvenuta purtroppo poco tempo fa. Orbene, probabilmente quella tragedia non sarebbe avvenuta se ci fosse stato il riconoscimento della possibilità di utilizzare le condizioni atmosferiche avverse come condizioni per accedere a forme di sostentamento del reddito dei lavoratori della pesca.
Credo che sia una questione da porre, come credo che lo sia quella dei lavori usuranti che correttamente l'onorevole Marinello ha riportato al centro della sua mozione e che noi, nella nostra, abbiamo ripreso. Non solo: oggi un'altra importante questione è al centro dell'attenzione, quella del riconoscimento del danno da esposizione ad amianto anche per i lavoratori della pesca. Si tratta di una questione importante che riguarda anche un'altra ampia battaglia che sta avvenendo nel paese, una questione che ci parla, come ci parlava il 1 maggio appena passato, di sicurezza sui posti di lavoro.
A me pare che si possa davvero arrivare ad una mozione unitaria, e inviterei anche i primi firmatari delle mozioni oggi all'esame di valutare se ciò sia anche tecnicamente possibile, attraverso una sintesi dei due documenti. Vi è solo un punto della mozione presentata dall'onorevole Marinello che non mi convince, perché mi sembra apodittico, e che riguarda le misure fiscali.
A mio avviso, tale aspetto, così come è esposto nell'atto di indirizzo, ma anche nell'intervento dell'onorevole Marinello, che pure ho ascoltato con attenzione, non è sufficientemente motivato: a tale proposito inviterei, se possibile - ma ciò non vincolerà sicuramente il nostro voto -, ad attenuare quella affermazione, in modo tale da impegnare il Governo a verificare la compatibilità con le linee di rigore fiscale, che pure questo Esecutivo sta attuando, e ad attenuare, ove possibile, il rigore non dei controlli fiscali ma degli studi di settore relativi alla pesca.
Da ultimo, tornando alla questione iniziale, credo che quella della pesca sia una delle tematiche riguardanti il nostro modello di crescita; essa concerne ciò che sta avvenendo non soltanto nel mare ma anche nella pianura padana, cioè la questione dei fosfati che dalle nostre colture arrivano al mare: in altre parole, l'ambiente nel suo complesso.
Noi dobbiamo compiere lo sforzo di affrontare una questione così importante, come è quella della pesca, e non in termini economistici. Dobbiamo avere il coraggio di affrontare in Parlamento una delle grandi emergenze politiche di questo decennio, l'emergenza ambientale, dell'acqua e del cibo, che il nostro paese deve fronteggiare in tempi brevi (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che l'onorevole Marinello abbia avuto l'intuizione di affrontare in questa aula, al cospetto della Camera, un problema reale e che quindi gli vada riconosciuto il merito di aver dimostrato una sensibilità che apprezziamo.
Pur tuttavia, bisogna dire le cose come stanno, ovverosia che la maggioranza riteneva che la presente discussione dovesse svolgersi presso la Commissione XIII. Probabilmente, avevamo riconosciuto alla questione un'importanza notevole (poi dirò come e perché) e, tuttavia, ritenevamo che essa dovesse essere discussa in Commissione.
Il collega Marinello ha il merito di aver sottoposto direttamente alla Camera tale problema, che, se non urgente, è certo importante, e di questo lo ringraziamo. Mi sembra, comunque, osservando l'aula sia alla mia destra sia alla mia sinistra, che l'argomento non sia molto apprezzato. Mi permetto, quindi, di dire che la scelta della maggioranza di discutere in modo approfondito queste tematiche in Commissione, realizzando un processo complesso e di sfida (poi dirò perché), era forse la più «azzeccata». La sfida qual è? Signor Presidente, onorevoli colleghi, il problema è che la normativa comunitaria vuole massificare la questione dell'economia ittica, nel senso che considera l'economia ittica dell'Atlantico come quella del Mediterraneo.
La sfida che abbiamo di fronte e con la quale dobbiamo confrontarci deve tendere ad un risultato: ottenere che la normativa comunitaria tenga conto del fatto che non è possibile applicare principi generali laddove le condizioni sono del tutto diverse e non assimilabili. Sia la maggioranza che la minoranza devono essere unite nell'affrontare questa sfida per ottenere questo risultato. Non sarà facile, anche perché, come sappiamo, la normativa comunitaria tende ad omogeneizzare ciò che non è omogeneizzabile.
Caro collega Marinello, le due mozioni, pur assomigliandosi nella parte dispositiva, sono abbastanza diverse nella parte motiva. Io poi arriverò, sostanzialmente, alla conclusione cui è arrivato il collega Sperandio, cercando però di ottenere un risultato che sia più completo e quanto meno stimolante rispetto a ciò che dobbiamo fare. Le due mozioni adottano un diverso metodo; la mozione di cui sono cofirmatario, ad esempio, prevede la valorizzazione delle forme associative e cooperative, aspetto di cui non vedo traccia nel dispositivo della mozione della minoranza, a prima firma del collega Marinello. Con un'economia ittica come la nostra (sfido chiunque a sostenere il contrario), se non vi fosse stata la cooperazione, avremmo avuto veramente un'economia ittica non degna di questo nome. La cooperazione, come al solito, ha quindi sostituito l'iniziativa che non viene dagli investimenti di capitale ed è riuscita ad ottenere alcuni risultati in una situazione alquanto difficile, data la normativa comunitaria che vede la concorrenza dappertutto, anche quando questa non è in alcun modo alterata.
Preciso che non voglio di certo affermare che la maggioranza è più brava della minoranza, ma si tratta di un fatto oggettivo: mentre la mozione della maggioranza dà un quadro ed una prospettiva più ampie, quella della minoranza, a prima firma del collega Marinello, che apprezzo, fornisce delle indicazioni al fine di risolvere alcuni problemi.
Volevo poi mettere in rilievo che abbiamo alcuni strumenti estremamente importanti, introdotti dal sistema cooperativo, come il reddito cooperativo, che, come forse pochi colleghi sanno (mi scuso con chi ne sa più di me), è stato introdotto nella legislazione italiana. Tale reddito implica che il pescatore associato in cooperativa ha una remunerazione non scollegata dal valore del pescato, ma direttamente collegata ad esso. Tale strumento può sembrare banale e di poca importanza, ma, invece, è importantissimo perché permette alle nostre imprese cooperative di essere flessibili e modulabili Pag. 17rispetto ai valori di mercato. In un mercato europeo globalizzato, il reddito cooperativo ci consente di attutire in modo migliore la concorrenza dei mercati.
Credo che la maggioranza, con la mozione presentata, da me sottoscritta, abbia fatto bene a mettere in rilievo il grande ruolo che hanno avuto l'associazione e la cooperazione anche nel settore dell'economia ittica, soprattutto in quelle regioni del meridione ove, se esse non vi fossero state, i problemi sarebbero stati maggiori e non si sarebbero gettate le basi per un rilancio effettivo dell'economia stessa.
Produciamo circa il 50 per cento di quanto consumiamo e siamo quindi fortemente carenti rispetto ai consumi. Si tratta di un mercato che potrebbe essere colmato e divenire appetibile e che dovremmo recuperare anche rispetto alla bilancia dei pagamenti, che è un elemento di stabilità che contraddistingue le economie occidentali.
Come ha già rilevato il collega Sperandio, sarebbe utile giungere ad una mozione unica, che contenga lo spirito di entrambe le mozioni, di maggioranza e di opposizione, e do quindi la mia disponibilità a raggiungere tale obiettivo, nell'attesa dell'espressione delle dichiarazioni di voto. Ciò sarebbe davvero importante perché la mozione unica, votata da tutta la Camera, darebbe al Governo la forza per operare le scelte necessarie nel portare avanti quella sfida che ho già definito quale sfida dell'economia ittica mediterranea rispetto all'economia ittica del complessivo nord d'Europa, che è completamente diversa. Rinnovo, quindi, la mia disponibilità ad unificare le due mozioni al fine di giungere ad un voto più ampio possibile dell'Assemblea.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccioli. Ne ha facoltà.

CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, colleghi, francamente sono molto interessato a questo argomento sia perché l'ho sempre seguito, sia perché abito in una città di mare, Ancona, dove la pesca è un fattore importante dell'economia e della vita cittadina. In primo luogo, vorrei fare un'osservazione di fondo: oggi, il consumo di pesce è aumentato, essendo un alimento sano dal punto di vista organolettico e dietetico, sia nelle famiglie che nella ristorazione, la cui qualità spesso dipende proprio dalla cucina dei piatti a base di pesce. Vorrei però segnalare un altro aspetto che riguarda l'impoverimento della risorsa: tale impoverimento è legato sia ad un fortissimo prelievo di pesce (oggi i motopesca, dotati di motori potentissimi, arano vere e proprie aree di pesca), sia al fatto che esistono mezzi sofisticati e scandagli in grado di intercettare i banchi di pesce. In sostanza, il pescatore non va più alla cieca, ma il pesce viene intercettato, seguito e pescato.
Poi vi è un altro fattore che sicuramente non è il più importante, ma che fa anch'esso la sua parte: l'incursione di flottiglie di pescatori fuori area con la tecnica del mordi e fuggi. Un gruppo di pescatori arriva in un'altra area che non è la sua tradizionale zona di pesca, che non appartiene alla sua area dal punto di vista geografico, cerca di pescare tutto quello che si può e poi se ne va.
A ciò si aggiungono alcuni fattori che si sono sempre ripetuti nella storia. La sinistra sostiene spesso che la mucillagine è fattore legato alla forzatura dell'ecosistema. Ho riletto i libri antichi della mia città e già nel 1852 - non se ne conoscono le ragioni - c'era stata una fortissima presenza di mucillagine, questa sostanza grassa che intasa le reti, si deposita sui motori, spesso causando la fusione del blocco del motore e sostanzialmente rende la pesca impossibile (tra l'altro, in presenza di mucillagine anche il pesce scompare).
Altro errore, anch'esso di non secondaria importanza nella gestione della pesca, è il fermo biologico che viene praticato da molti anni: un periodo di trenta, quaranta o cinquanta giorni in cui non si pesca. Molto spesso il fermo biologico è universale, ovvero praticato in tutte le aree della costa e in tutte le aree marittime, ma la riproduzione del pescato si differenzia da un'area ad un'altra; è diversa dal nord Pag. 18Italia rispetto alle aree della Sicilia, o ai gradi di temperatura. Quindi anche questo modo di procedere comporta degli errori. Spesso ci sono dei periodi di fermo che danno una scarsa riproduzione biologica, al contrario possono esserci dei periodi in cui il fermo effettivamente è una misura centrata e dunque al termine del fermo si realizza un incremento della risorsa, così che le flottiglie di peschereccio possono disporre di una grande quantità di pescato, talvolta superiore addirittura all'assorbimento del mercato.
Certamente, dal punto di vista politico, la madre di tutti gli errori è la sostanziale assenza dell'Italia dai tavoli dell'Unione europea per la politica della pesca (devo dire però che nell'ultima legislatura l'onorevole Alemanno si è adoperato moltissimo, assieme al sottosegretario Scarpa, per partecipare nuovamente a quei tavoli). L'assenza dell'Italia dalla definizione delle politiche della pesca a livello europeo ha fatto sì che tutte le politiche siano dettate dalle nazioni del nord Europa che hanno problemi di pesca completamente diversi rispetto a quelli del nostro mare, del Mediterraneo in generale e delle coste italiane in particolare. In particolare, vorrei ricordare che - ne parlava poc'anzi l'onorevole D'Ulizia (che nella sua centrale cooperativa ha anche la pesca) - l'Italia, come risulta dai verbali, è quasi sempre assente dalla sottocommissione pesca o, quando è presente, si tratta di una presenza isolata, con il risultato che al tavolo dell'Europa conta pochissimo.
È necessario dunque ripercorrere all'inverso questi errori, cercando innanzitutto di assicurare una forte presenza dell'Italia che non è solo lo Stato: nella sottocommissione sono presenti le categorie ed i tecnici. Si tratta di tavoli non politici che poi però definiscono la politica europea con scelte che molto spesso sono assolutamente disinteressate, se non indifferenti, ai problemi della pesca italiana.
Mi sento di dire che bisogna procedere nella direzione dell'acquacoltura e della maricoltura, ovvero della responsabilizzazione delle marinerie attraverso l'attribuzione di aree di pesca. Questo è fondamentale per realizzare condizioni analoghe a quelle dell'agricoltura. Infatti, il contadino che fa? Il contadino coltiva la sua area come un imprenditore agricolo, coltiva lo spazio cercando di farlo rendere al meglio. Quindi, con sapienza, semina, raccoglie quando è il momento, adottando una strategia che tiene conto di un punto di vista di tipo ambientale così come di un punto di vista di tipo economico.
Al contrario, il prelievo della pesca è cieco: sostanzialmente nessuno è responsabile del mare e tutti, ovviamente, lo occupano. Occorre giungere ad una responsabilizzazione con riferimento alle aree di pesca, istituendo delle autorità e contemporaneamente apponendo dei vincoli in modo tale da arrivare ad una coltivazione del prodotto. Questo è, sostanzialmente, il percorso futuro.
Per quanto riguarda alcune politiche - citavo prima le politiche europee per il settore della pesca - aggiungo che il prezzo del gasolio è fluttuato a livelli altissimi. Ovviamente, il gasolio per autotrasporto è molto superiore a quello della pesca, ma per le imprese di pesca il gasolio è diventato un costo talmente alto che talvolta, se la pesca non è adeguata, comporta una passività, addirittura, in una giornata di pesca.
Pertanto, l'Europa si schiera per il «no», ritenendo che non si possano dare misure di sostegno per rendere il prezzo del gasolio della pesca uguale a quello del gasolio agricolo. Alcuni paesi - cito, ad esempio, la Spagna - pongono in essere politiche di questo tipo. Pertanto, il prezzo del gasolio in Spagna è inferiore al prezzo del gasolio italiano. Quindi, dobbiamo muoverci verso un'accentuazione della parità di concorrenza proprio in questo settore.
Inoltre, vorrei sottolineare il problema dell'IVA. Con grande difficoltà, nella precedente legislatura, si era arrivati ad un regime speciale per l'IVA. In questa legislatura, con questa legge finanziaria, questo sistema non è più in essere. Ciò ha comportato un danno per le marinerie. Queste ne sono consapevoli e sono arrabbiatissime in questo periodo, in quanto, Pag. 19ovviamente, si è tornati indietro. Io ho presenziato ad alcune loro assemblee. Con grande difficoltà il ministro Alemanno - scontrandosi anche all'interno del Governo di cui faceva parte - aveva cercato di introdurre delle misure a sostegno della pesca nella legge finanziaria, che sono state revocate da questo Governo.
Inoltre, esiste il problema del blue box che costa moltissimo. Alcune imprese di pesca hanno constatato l'esistenza di strumenti ugualmente validi che presentano costi di gestione minimi (di 200 euro l'anno). Ciò è stato sperimentato in Puglia; in particolare si è constatato che il costo dell'apparecchiatura è la metà della metà (anche questo costo ha la sua incidenza).
Pertanto, sottoscrivo in pieno la mozione dell'onorevole Marinello, che in questo momento non è presente, seppure con qualche ritocco su alcuni punti. Infatti, introdurrei degli argomenti importanti, quale quello dell'Europa, del rapporto tra Governo italiano, la nazione Italia, e l'Unione europea.
La pesca rappresenta una filiera, costituita da tanti anelli: esistono gli artigiani, quindi tutta l'assistenza a terra, la cantieristica (che è altrettanto importante), la distribuzione, dal piccolo commercio alla grande distribuzione (addirittura all'esportazione), importanti sotto il profilo della qualità del prodotto italiano.
Pertanto, bisogna porsi un problema di strategia complessiva. Tra l'altro, esiste una diversità tra la pesca europea, (la pesca d'altura, la pesca nel mare del nord Europa e il grande pescato), la pesca nel Mediterraneo (in particolare, quella siciliana), la pesca del mare Adriatico (che, sostanzialmente, è un mare chiuso ove la pesca va gestita in modo diverso) e la pesca nel mare Tirreno.
Pertanto, bisogna tornare ai tavoli europei con un altro spirito e aggressività e promuovere l'impresa giovane. A questo proposito, voglio essere testimone della storia della pesca. Mio padre era pediatra (per 35 anni è stato pediatra delle famiglie dei pescatori) all'epoca in cui esisteva la mutua ed io ho visto, dal punto di vista generazionale, una città abbastanza piccola con poco più di centomila abitanti, dove le persone si conoscono tra loro.
Ricordo che l'impresa di pesca era a conduzione familiare: c'erano il patriarca (capofamiglia che si recava in mare), tanti figli (che andavano tutti a bordo) e, successivamente, in età adulta, si rendevano autonomi, disponendo di una loro barca da pesca. L'amministrazione era tenuta dalle mogli, le quali, a terra, facevano e disfacevano tutte le scelte dal punto di vista economico.
Oggi, ovviamente, questa è una visione quasi romantica della pesca. Tuttavia, bisogna dire che non esistono più marinai italiani (sono pochissimi). Soltanto l'armatore è italiano, mentre la maggior parte dei marinai è tunisina, algerina o, comunque, extracomunitaria, in quanto si tratta di un lavoro fortemente usurante. Bene ha fatto l'onorevole Marinello a dire che, con il lavoro di pesca si parte il lunedì alle ultime ore della notte e si torna, in genere, il giovedì dopo quattro giorni di sforzo nell'attività di pesca, quando non si recupera, quando non c'è il mare mosso, quando non ci sono altri mille problemi. L'impresa spesso è gestita da terzi. Spesso ci sono pescatori, cioè armatori della pesca che, a causa dei loro debiti, hanno ceduto parte significativa della barca a terzi, i quali non vanno in mare, ma ormai sono diventati loro stessi investitori.
Invece, bisogna tenere presente che il mare è il nostro futuro, dal punto di vista alimentare, economico, turistico e anche in termini di risorse d'acqua. Quindi, occorre prestare una particolare attenzione nei confronti di questo settore.
Non vorrei aggiungere altre osservazioni se non quella per cui mi sento di sottoscrivere la mozione presentata dall'onorevole Marinello, che ringrazio.
Ovviamente, se vi sarà uno sforzo da parte di tutti in vista di un lavoro comune, sarò contento di collaborare con gli altri gruppi su un problema che - ne sono convinto - non ha un'impostazione di destra e una di sinistra ma, al contrario, ci riguarda tutti: sulla gestione del mare non dovrebbero esservi spaccature o visioni Pag. 20diverse per motivi di parte (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, il mio intervento in questa sede è rivolto a favore di un tipo di pesca di cui non parla quasi mai nessuno, quella praticata dai parenti poveri dei pescatori, ovvero, i pescatori (professionisti, ovviamente) delle acque interne. Personalmente, ho l'altisonante titolo di commissario italiano per la pesca delle acque internazionali italo-elvetiche, un incarico che mi piace moltissimo perché sono - con orgoglio - dell'Isola dei pescatori, sul lago Maggiore. Rappresento la realtà di alcune centinaia di pescatori dei laghi prealpini, lombardi (anche dei laghi del centro Italia che, però, sono fuori della mia giurisdizione) i quali svolgono attività di pesca professionale in acque interne e, pur rappresentando una nicchia di alcune centinaia di persone, rivestono una loro importanza anche se, in un ambiente povero come quello della pesca, assomigliano sempre più ai parenti poveri dei poveri.
Mi rimetto, quindi, al Governo sottolineando l'interesse per questa mozione e chiedendo un po' più di attenzione verso questo mondo.
Riprendendo il secondo capoverso della mozione, laddove essa sottolinea il rilievo dell'attività della pesca e di chi la esercita, vorrei che fosse inserito il riferimento - lo chiedo ai presentatori - anche alle acque interne. In questo settore, infatti, non vi sono soltanto problemi di carattere economico, posto che si tratta di una pesca diversa: occorre anche valorizzare il prodotto. Nei laghi non si può produrre pesca in quantità (perché le quantità sono forzatamente limitate), ma si può dare un valore aggiunto importantissimo che sta nella qualità. Ciò non significa soltanto pesca di allevamento, ma anche pesca naturale il cui prodotto, però, venga poi inserito in una filiera dalla quale le cooperative dei pescatori - già esistenti - possano trarre il loro sostentamento, dato proprio dal valore aggiunto di questi prodotti.
Per questo motivo, nel momento in cui vengono stabiliti per il settore della pesca aiuti e provvidenze - come già accaduto in passato -, anche le cooperative e i singoli imprenditori ittici delle acque interne, come quelli di mare, dovrebbero avere, pro quota - ovviamente, previa la documentazione necessaria -, le loro provvidenze. Se ciò non avverrà, si perderà una catena storica, culturale, economica ed anche di importante equilibrio naturale. Già da molti anni, nei laghi, si attua un'attenta politica ecologica per evitare di trarre da essi troppo rispetto a ciò che possono produrre. Avendo un'attenzione particolare verso l'ambiente si possono ottenere ottimi risultati.
A nome dei pescatori professionali delle acque interne, invito i presentatori della mozione ad inserire specificatamente anche questo accenno nel secondo capoverso (o altrove) e li ringrazio.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.

GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi e colleghe, naturalmente, noi Verdi apprezziamo per molti versi la mozione del collega Marinello e abbiamo sottoscritto quella che ha come primo firmatario il collega Franci. Tuttavia, sentiamo veramente l'esigenza di intervenire riprendendo quanto già detto dal collega Sperandio per far capire che non è possibile, all'alba del terzo millennio, presentare due mozioni che ignorino, trascurino o, comunque, non diano importanza sufficiente al fattore chiave, cioè, il fattore ambiente. Diceva Engels: «I prodotti sono natura trasformata». Bene, il ragionamento, lapalissiano, da fare è che per poter continuare l'attività della pesca ci deve essere il pesce e, affinché questo possa continuare ad esistere, dobbiamo tutelare l'integrità degli ecosistemi marini! Questo è il punto cruciale: la sostenibilità della pesca!
Il tema che affrontiamo oggi è di vitale importanza perché rappresenta un tassello Pag. 21della crisi ecologica globale che, sempre più, ormai si traduce in crisi economica e sociale, man mano che l'erosione graduale delle risorse, provocata da un modello di sviluppo insostenibile, si trasforma in vero e proprio rischio di collasso delle risorse e del sistema stesso.
La mucillagine non si trova lì per caso: è un segnale che ci dice che il mutamento del clima e l'inquinamento del mare sono arrivati ormai al punto di non ritorno.
Oggi nel mondo si pesca sempre meno e le risorse ittiche si assottigliano sempre più, soprattutto a causa di metodi di pesca insostenibili (basti pensare a quella con reti derivanti, a quella a strascico e in generale ai metodi che sono spesso utilizzati dai giapponesi e dai citati pescatori extracomunitari, ma anche da quelli italiani: non dobbiamo sempre pensare ai tunisini come se fossero loro i colpevoli!). Va detto peraltro che noi ambientalisti, con gli scienziati e gli esperti, già nei decenni scorsi avevamo avvertito che si era giunti al punto in cui il saccheggio delle risorse aveva superato la capacità dell'ecosistema di autorigenerarsi, cioè di guarire per virtù propria dalle ferite inferte dall'uomo. Dunque: sostenibilità della pesca al primo punto.
Anche in Italia - per venire al nostro Paese - oggi si pesca meno: fra il 2000 e il 2005 la media annuale dei giorni di uscita delle flotte è precipitata da 167 a 134, mentre durante il 2004 le catture sono scese dell'8,1 per cento. Questa tendenza è naturalmente dovuta anche al rincaro del prezzo del gasolio e al ruolo non secondario giocato dall'Unione europea - che ha tagliato i finanziamenti e diminuito le flotte, con tutti gli strascichi di polemiche e problemi che conosciamo - ma è soprattutto dovuta al fatto che sono le risorse ittiche ad essere sempre più scarse (e con il cambiamento climatico cui andiamo incontro, dobbiamo sapere che questo sarà un problema sempre più grave). Ciò non vuol dire però che sulle nostre tavole sia arrivato meno pesce, anzi l'Italia è un paese di ittiofagi: nel 2005 ognuno di noi ha consumato in media 21,2 chili di pesce. Ma questo pesce arriva per la maggior parte dall'estero: mentre 860 mila tonnellate di spigole, orate, sgombri provengono da Grecia, Turchia, Croazia e Spagna (per un corrispettivo di 3.300 milioni di euro), il pescato made in Italy ammonta a 516 mila tonnellate. Il 68 per cento del pescato, dunque, è estero e solo il 32 per cento italiano.
Vi è poi un ulteriore fattore che ancora non è stato preso in sufficiente considerazione: quelli di cui parliamo non sono solo prodotti di paranza, ma anche prodotti di allevamento, che ammontano al 45 per cento del totale. Nel nostro Paese l'acquacoltura è in espansione e solo nel 2004 ha prodotto un giro d'affari di 554 milioni di euro, con una produzione di 232.800 tonnellate. Essa rappresenta dunque una fonte di reddito di tutto rilievo; ma può purtroppo rappresentare anche un problema dal punto di vista ambientale. Mi soffermerò dunque un poco su questo aspetto - piuttosto che su quello della pesca - per non ripetere quello che ha detto il collega Sperandio e per sottolineare problematiche meno note.
La quasi totalità dei circa 800 allevamenti ittici in Italia - si tratta prevalentemente di impianti a terra in vasche di cemento - è di tipo intensivo: sono dunque impianti che immettono notevoli quantità di sostanze di rifiuto e di nutriente nell'ecosistema marino, provocando spesso fenomeni di eutrofizzazione, cioè quella spaventosa proliferazione di alghe che, rubando ossigeno a tutti gli altri organismi, provoca talvolta una vera e propria desertificazione dell'area circostante. È ovvio che l'impatto degli impianti a mare (sono circa 450, dislocati soprattutto in Veneto, Marche, Campania e Sardegna) dipende molto dalla distanza dalla costa, dalle dinamiche delle correnti e dei venti, dal carico delle gabbie e dalla qualità del mangime. Inoltre, sappiamo tutti che, oltre al decreto legislativo n. 152 del 1999, esistono anche numerose direttive dell'Unione europea che regolano l'ubicazione in mare aperto: spesso, però, i processi di applicazione di queste normative Pag. 22sono lenti ed eterogenei, poiché la competenza per la loro messa in opera spetta alle regioni.
Negli ultimi anni, comunque, grazie anche alle denunce di ambientalisti ed esperti, si rivolge maggiore attenzione a questi processi: ad esempio, non vengono più attribuite concessioni a mare in acque con profondità inferiore a 20-30 metri e quasi mai in zone protette, oppure coperte da praterie di posidonia oceanica, che naturalmente verrebbero sterminate della presenza degli impianti.
Oltre al problema ambientale, ve ne è un altro che attiene alla pesca d'allevamento, che è forse meno conosciuto: quello di tipo sanitario. Infatti, l'alta densità del pesce allevato, aggirantesi intorno ai 20-35 chilogrammi per metro cubo, facilita purtroppo il diffondersi di malattie all'interno dello stock. E anzi va detto che la cura di queste malattie è spesso peggiore del male, poiché vengono utilizzate dosi massicce di antibiotici, non sempre permessi. E ciò avviene nonostante si dovrebbero rispettare le prescrizioni del medico veterinario e nonostante le sostanze farmacologiche in oggetto dovrebbero essere controllate sia del Ministero della salute che dall'EMEA, l'Agenzia europea per i medicinali.
I prodotti della decomposizione dei farmaci, a volte i farmaci stessi, quelli illegali, possono causare la formazione di ceppi batterici resistenti, con conseguenze patologiche sugli organismi marini e, in taluni casi, possono rappresentare un rischio anche per i consumatori, quando ci sono fenomeni di accumulo. Però, grazie al cielo e all'impegno degli ambientalisti e degli esperti, esistono oggi anche metodi di acquacoltura che non arrecano danni all'ambiente: dalla vallicoltura tradizionale - penso a quella praticata nelle Valli di Comacchio - all'acquacoltura biologica, che sarà presto regolamentata da una direttiva comunitaria e che è in fase di certificazione da parte di strutture nazionali come l'AIAB (Associazione italiana per l'agricoltura biologica) o internazionali come l'IFAM (International federation of organic agriculture movements). Questi metodi rispettano drastici criteri per la tutela dell'ambiente e delle specie allevate.
In Italia il primo impianto di questo tipo - lo dico con piacere, perché spesso della Calabria si parla soltanto per dirne male - è a Vibo Valentia. Tale impianto è certificato dall'ICEA (Istituto per la certificazione etica e ambientale) ed è stato realizzato da una cooperativa di giovani, una cooperativa di ricerca, tecnologie e servizi che ho avuto il piacere di visitare e che si chiama Nautilus.
Bisogna dunque impegnarsi in futuro perché questo tipo di acquacoltura sostenibile prenda sempre più piede, sia per rispettare l'ambiente, sia per dare al consumatore un prodotto di qualità certificato, sia per contrastare la concorrenza delle produzioni estere a basso costo.
Concludo con un invito: sarebbe interessante se molti parlamentari potessero partecipare a Genova nei prossimi giorni, dal 4 al 7 maggio, alla terza edizione di Slow Fish, il salone del pesce sostenibile; si tratta di una grande mostra e di un grande evento organizzato a Genova da Slow Food con il supporto della regione Liguria. Al centro ci sarà non soltanto il piacere della buona tavola - anche questo è un elemento non trascurabile - ma soprattutto il rispetto della tutela dell'ambiente, del mare e degli ecosistemi acquatici, senza il quale, lo ripeto, non ci sarà futuro per l'attività della pesca. Tra le novità di quest'anno c'è la campagna, che vorrei segnalare, «Mangiamoli giusti», una campagna di sensibilizzazione nei confronti dei consumatori per tutelare la biodiversità etica attraverso una migliore cultura gastronomica e un consumo responsabile. È anche in fase di formazione l'Osservatorio europeo permanente sulla biodiversità, che si occuperà anche del problema della sostenibilità della pesca.
Ripeto, quindi, che è assolutamente importante che in queste mozioni - che auspico vengano accorpate in una mozione unitaria, sulla quale possa convergere un consenso molto ampio (perché il tema riguarda veramente tutti) - trovino il dovuto spazio, oltre alle misure a difesa del lavoro - sono assolutamente d'accordo, anch'io ho Pag. 23lavorato molto sul tema dell'amianto -, soprattutto le misure che mettono al centro la difesa degli ecosistemi marini e la sostenibilità della pesca e dell'acquacoltura, senza la quale, ripeto, non ci sarà futuro né per il mare né per noi (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Boco.

STEFANO BOCO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, intendo solamente ringraziare i colleghi che sono intervenuti, iniziando dal collega Marinello che, presentando la prima mozione, ha dato la possibilità di svolgere quest'ampia discussione.
Mi permetterò, signor Presidente, di esprimere successivamente, nella parte pomeridiana della seduta, il parere sulle mozioni all'ordine del giorno. Vorrei ora limitarmi a sottolineare che le mozioni in esame hanno dato la possibilità di svolgere una discussione ampia, concernente non solo l'oggetto dei dispositivi, ma anche un'analisi complessiva del settore. Io credo infatti che sia arrivato il tempo di svolgere un'ampia discussione ed una analisi approfondita sull'intero comparto, sul meraviglioso e straordinario patrimonio lavorativo del nostro Paese, che è anche un patrimonio enorme, considerato che viviamo contornati dal Mediterraneo, da tutti i nostri mari, e quindi gli interventi a sostegno della pesca rappresentano anche la capacità di difesa di questo importante settore.
Ritengo pertanto che sia venuto il tempo di una discussione a tutto tondo, senza limiti, e che il Paese si interroghi e sia data la possibilità di interrogarsi a tutti coloro che operano nel settore. Sottolineo, peraltro, che il problema non è solo nostro, ma si pone a livello mondiale. Tutti i paesi si stanno interrogando, ed alcuni stanno anche, operativamente, ipotizzando soluzioni.
Credo che - e spero che la Commissione agricoltura, vedo qui il presidente Lion, possa continuare questa analisi - alcuni modelli - come quello neozelandese che invito i colleghi a considerare - rappresentino prospettive alle quali l'Italia dovrà in futuro guardare. Mi riferisco a «pezzi» di mare nei quali sia data la possibilità di ricreare dimensione ittica, vere e proprie nurseries che siano messe al servizio di tutto ciò che c'è sott'acqua, affinché poi anche l'industria peschiera ne possa avere il suo tornaconto.
Queste ipotesi, però, non vanno mai imposte, ma discusse. Devono partire dalla dimensione parlamentare - ed il Governo si mette a disposizione - ma devono rappresentare un patrimonio cognitivo: dobbiamo consegnare al Paese, tutti insieme, una riflessione, ed elaborare soluzioni con tutti gli operatori del settore.
Dico questo non per catastrofismi, ma perché vorrei ci si interrogasse se la discussione che facciamo oggi sarà uguale, se non cambiamo nulla, fra dieci anni. Credo che dobbiamo porci questo interrogativo: il mondo non è così infinito nelle sue ricchezze, come tante volte abbiamo creduto, ed è per questo che nei momenti di difficoltà dobbiamo anticipare le crisi e saperle prevedere.
Per questo motivo ho citato il modello neozelandese che mira, nel 2010, a porre il 20 per cento delle coste in stato di riserva integrale. Sono percentuali enormi (Commenti del deputato Ciccioli)... Collega, cito con grande rispetto i dati riferiti ad alcuni Paesi. Alcuni paesi lo possono fare, ma non è un problema di percentuali: se non ci interroghiamo sulla necessità di lasciare un «pezzo» del nostro straordinario patrimonio al servizio di tutto il resto della collettività - questo è il problema -, ci interrogheremo davvero su qualcosa di problematico. Pag. 24
Comunque, ringrazio per le mozioni sulle quali esprimerò successivamente il parere, e ringrazio tutti i deputati intervenuti per il contributo fornito alla discussione.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 1003 - Senatori Rossa ed altri: Istituzione del «Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice (Approvata dalla I Commissione permanente del Senato) (A.C. 2489); e delle abbinate proposte di legge: Ascierto; Angela Napoli; Zanella ed altri; Zanotti ed altri (A.C. 1071-1361-1995-2007) (ore 11,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, di iniziativa dei senatori Rossa ed altri, già approvata dalla I Commissione permanente del Senato: Istituzione del «Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Ascierto; Angela Napoli; Zanella ed altri; Zanotti ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2489 ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Angelo Piazza.

ANGELO PIAZZA, Relatore. Signor Presidente, il Senato della Repubblica ha approvato e trasmesso alla Camera dei deputati il testo di una norma recante l'istituzione del «Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice»...

PRESIDENTE. Invito gli onorevoli Marinello e Boco a non disturbare l'oratore.

ANGELO PIAZZA, Relatore. Nel testo si propone di indicare la data del 9 maggio - con riferimento alla data della morte dell'onorevole Aldo Moro - quale giorno per la commemorazione delle vittime del terrorismo e delle stragi, autorizzando, per quella data, lo svolgimento di una serie di attività di ricordo, manifestazioni, iniziative nelle scuole e quant'altro ritenuto utile alla costruzione di una memoria storica delle stragi e degli atti di terrorismo, e delle relative vittime, senza oneri aggiuntivi per lo Stato.
Al disegno di legge approvato dal Senato e trasmesso alla Camera dei deputati sono abbinate altre proposte di legge d'iniziativa dei colleghi deputati, nei quali parimenti si ritiene di dover istituire una giornata del ricordo delle vittime del terrorismo; in alcuni casi viene indicata una data differente da quella del 9 maggio e in alcune circostanze l'oggetto del ricordo viene esteso alle vittime della criminalità organizzata. Vi è nelle varie proposte, comunque, la condivisione sull'obiettivo: istituire una giornata del ricordo di cui sia ampiamente condiviso l'alto valore etico, politico e sociale della sua commemorazione.
È vero che non è mancata una certa proliferazione di anniversari e di giorni della memoria, tuttavia quella oggetto delle proposte che stiamo discutendo merita una condivisione ampia perché il terrorismo ha indubbiamente segnato nel paese pagine tragiche, ha messo a rischio la tenuta democratica delle nostre istituzioni, è stato sconfitto nelle sue forme più organizzate, ma non é morto, anzi é ancora vivo con frange pericolose, che gli organi preposti alla sicurezza in più occasioni hanno invitato a non sottovalutare.Pag. 25
Commemorare le vittime martiri del terrorismo e delle stragi ha quindi il valore alto del ricordo, ha la funzione vitale di strumento per la formazione delle nuove generazioni, che non sempre hanno vissuto direttamente quelle tragedie, ha il compito di ricordare il passato per evitare comunque nel futuro i drammi e le sofferenze di quelle tragiche fasi. La Commissione ha incaricato i relatori di esprimere il parere favorevole in ordine all'adozione del testo, come risulta dal Senato della Repubblica. Su questo non vi è unanimità di opinioni, ma credo che la data prescelta possa essere importante, sia per l'altissimo ruolo che ha avuto la vittima di quel tragico atto di terrorismo, l'onorevole Aldo Moro, che morì insieme ai componenti della sua scorta, sia perché forse quello fu uno dei momenti in cui la violenza terroristica raggiunse i suoi più tragici effetti, il più alto attacco al cuore dello Stato; infatti, da quel momento iniziò una vigorosa reazione di tutte le istituzioni e di tutte le organizzazioni sociali e politiche del paese per combattere quel fenomeno. La data del 9 maggio è imminente e perciò un'approvazione rapida del testo in esame ci potrebbe consentire di giungere - già da quest'anno - a commemorare nella data del 9 maggio le vittime del terrorismo e delle stragi di matrice terroristica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, deputato Ronconi.

MAURIZIO RONCONI, Relatore. Signor Presidente, devo aggiungere poche altre considerazioni rispetto a quanto detto dall'onorevole Piazza. In realtà, il testo al nostro esame, licenziato dalla Commissione, rappresenta una sintesi di diverse proposte legislative avanzate da molti gruppi parlamentari insieme al disegno di legge già approvato dalla I Commissione permanente del Senato.
Il provvedimento si propone di istituire il giorno della memoria per le vittime del terrorismo interno ed internazionale. È necessario avvertire che diverse proposte di legge contestualmente presentate, proponevano date diverse per la celebrazione di questa giornata della memoria. Vi è chi ha proposto il 23 maggio, ricorrenza della strage di Capaci, il 12 novembre, ricorrenza della strage di Nassiriya, il 12 dicembre, ricorrenza della strage di piazza Fontana ed infine il 9 maggio, giorno dell'assassinio dell'onorevole Aldo Moro; si tratta di date - non ce lo nascondiamo - dettate da motivazioni storiche, culturali ed ideologiche diverse. In Commissione affari costituzionali della Camera, e in precedenza anche al Senato, si è svolto un ampio dibattito sulla scelta della data. Si è preferito, proporre, la data del 9 di maggio, ovvero la ricorrenza dell'assassinio di Aldo Moro, perché emblematicamente questa data rappresenta simbolicamente un giorno che unì gli italiani contro il fenomeno del terrorismo, un giorno che unì tutti i partiti politici contro il terrorismo. Questa è la motivazione vera per cui è stata scelta la data del 9 maggio.
D'altra parte il fenomeno terroristico delle Brigate rosse, purtroppo, ancora sopravvive. Drammaticamente ne abbiamo avuto conferma, in questi ultimi tempi, con l'uccisione di D'Antona, di Biagi, di agenti di polizia e con la ricostituzione di nuovi nuclei terroristici.
La proposta di legge in esame, volta ad istituire il «Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale, è tesa a far riflettere tutti noi in un'Italia che cambia e diventa multirazziale - il che costituisce un elemento nuovo rispetto al passato - e, soprattutto, si propone di prevedere un'occasione formativa a favore dei giovani: un giorno per organizzare manifestazioni e convegni, per indurre riflessioni al fine di custodire la memoria storica e di educare le coscienze, soprattutto le coscienze dei più giovani.
Siamo ormai in prossimità del 9 maggio; raccomandiamo quindi l'approvazione rapida di questa proposta di legge in modo che si possa celebrare già dal prossimo 9 maggio il «Giorno della memoria».

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

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PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, signor presidente della I Commissione, colleghe e colleghi, credo, pur nella proliferazione forse eccessiva di questo tipo di iniziative, che sia particolarmente giusto in questo caso istituire un giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di analoga matrice. Ciò per molte ragioni che cercherò brevemente di illustrare, ma anche per il fatto che, purtroppo, in recenti inchieste sociologiche svolte nelle scuole di alcune delle città che sono state teatro delle stragi più efferate perpetrate negli anni Settanta e Ottanta, è risultato che la stragrande maggioranza degli studenti non conosce la matrice e la natura di quelle stragi e genericamente attribuisce, per esempio - ed è un po' agghiacciante che ciò avvenga dato che non sono passati secoli -, la responsabilità della strage di piazza Fontana alle Brigate rosse, formazione terroristica che all'epoca non era neppure sorta, dato che nacque circa un anno e mezzo o due anni dopo.
Quindi è bene richiamare in questa circostanza, signor Presidente, colleghi, la complessa articolazione che il fenomeno del terrorismo e delle stragi ha avuto nel nostro Paese. Intendo fare riferimento a cinque filoni che, in qualche modo, coprono tutte le vicende che si sono verificate in Italia.
Il primo è quello che riguarda la strategia della tensione e delle stragi. Si tratta di un fenomeno che ha avuto diverse matrici e che purtroppo ha trovato in alcuni casi - come è riscontrato da molte indagini giudiziarie - complicità istituzionali da parte di alcuni settori degli apparati dello Stato.
Il secondo fenomeno che rientra nella complessiva vicenda del terrorismo è quello del terrorismo di sinistra. Mi riferisco alle Brigate rosse, a Prima linea, ad Azione rivoluzionaria, ma anche ad altre formazioni cosiddette «minori», che tuttavia non hanno inciso meno gravemente nella storia del nostro Paese.
Il terzo fenomeno è quello del terrorismo esplicitamente e dichiaratamente di destra. Mi riferisco a fenomeni come Ordine nuovo, Ordine nero, Avanguardia nazionale e i Nar, una formazione del tutto particolare, ma ci sono state altre sigle che hanno caratterizzato il terrorismo di destra.
In quarto luogo mi riferisco al terrorismo politico-mafioso, un fenomeno che ha caratterizzato a più riprese la storia del nostro Paese, sul quale tornerò tra poco.
La quinta dimensione del terrorismo e delle stragi a cui voglio fare riferimento è quella del terrorismo di matrice internazionale.
Il terrorismo di matrice internazionale ha avuto due articolazioni (citerò due episodi esemplificativi): una all'interno del nostro paese, con stragi e fenomeni terroristici realizzati in Italia ma con una matrice internazionale (l'episodio più grave è la strage di Fiumicino del 16 dicembre 1973), un'altra che ha colpito l'Italia in territorio estero (l'episodio che tutti conoscono, anche perché è il più recente ed anche il più grave, è la strage di Nassiriya del 12 novembre 2003).
Non vorrei parlare in questa sede di fenomeni di gravità inaudita come le stragi e gli attentati dell'11 settembre 2001 a New York e Washington (anche se in alcune delle proposte di legge e nel dibattito al Senato se ne è parlato) perché ci riferiamo, in un contesto di carattere internazionale che deve sempre essere tenuto presente, a vicende terroristiche che riguardano l'Italia e che hanno martoriato il nostro paese.
Come è stato già accennato dal relatore che mi ha immediatamente preceduto, sono state prospettate diverse possibili date per il giorno della memoria nelle proposte di legge ed anche nel dibattito, molto lungo ed anche molto tormentato, Pag. 27svoltosi nella 1a Commissione affari costituzionali del Senato, che poi per fortuna si è concluso con un voto unanime.
Mi riferisco, in modo particolare, al 12 dicembre 1969, la data della strage di piazza Fontana a Milano (la prima di una serie di stragi che hanno caratterizzato il nostro paese per tutti gli anni Settanta e Ottanta), alla strage sul treno di Gioia Tauro nel 1970 e alla mancata strage davanti al tribunale di Trento nella notte tra il 18 e il 19 gennaio 1971. Si trattò di strage mancata per ragioni puramente casuali (che ora non ricordo), ma che, se si fosse pienamente realizzata, secondo il perito Teonesto Cerri che allora esaminò l'ordigno, avrebbe provocato circa cinquanta morti fra gli studenti del movimento studentesco e della sinistra extraparlamentare di allora attribuendo a loro stessi la responsabilità, mentre il processo che si celebrò portò all'arresto di due confidenti dei servizi segreti italiani, di un colonnello del SID, di un colonnello dei carabinieri e di un vice questore della polizia accusati di favoreggiamento nei loro confronti. Non è il caso di ricordare che tutti poi furono assolti.
Mi riferisco inoltre alla strage di Brescia del 28 maggio 1974, alla strage sul treno Italicus del 4 agosto 1974, alla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, alla strage sul rapido Napoli-Milano che si verificò, come quella dell'Italicus, nella galleria di San Benedetto Val di Sambro il 23 dicembre 1984 e che aveva caratteristiche diverse, probabilmente di matrice politico-mafiosa.
L'inizio di questa catena spaventosa di stragi, ripeto, è segnato dalla data del 12 dicembre 1969. Vi è poi una seconda data, quella che caratterizza la proposta di legge al nostro esame, che è il 9 maggio 1978, giorno dell'assassinio del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro ad opera delle Brigate rosse. In relazione a questa terribile vicenda, nel corso del dibattito al Senato, alcuni colleghi avevano ipotizzato, in alternativa, la data del 16 marzo, in ricordo del 16 marzo 1978, che, come tutti ricordano, fu il giorno del sequestro del presidente della DC Aldo Moro, ma anche dell'assassinio della sua scorta.
Mi riferisco anche alla data del 23 maggio 1993, giorno della strage di Capaci, in cui furono assassinati il giudice Falcone, sua moglie e la loro scorta (si tratta di un'altra delle stragi di carattere politico-mafioso cui ho fatto riferimento), e a cui seguì, poche settimane dopo, l'assassinio del giudice Borsellino.
Mi riferisco inoltre, e da ultimo - sono infatti queste le date ipotizzate nel corso del dibattito al Senato e nelle diverse proposte di legge - al 12 novembre 2003, data, come già ricordato, della strage di Nassiriya.
Come ho già accennato, altre proposte ipotizzavano la data dell'11 settembre, con riferimento all'11 settembre 2001, giorno degli attentati di New York e di Washington, ma ritengo che sarebbe stato del tutto inopportuno compiere una simile scelta in relazione alle vicende del terrorismo e delle stragi nel nostro paese.
Fra l'altro, ieri, 1 maggio, si è ricordato anche il sessantesimo anniversario della strage politico-mafiosa di Portella della Ginestra, avvenuta in Sicilia il 1 maggio 1947, che fu la prima strage dell'immediato dopoguerra e che segnò profondamente la storia politica italiana. Personalmente ho sottoscritto due proposte di legge: la n. 1995, presentata dalla collega Zanella e sottoscritta anche dalla collega D'Antona, e la n. 2007, presentata dalla collega Zanotti e sottoscritta da decine di deputati. Entrambe le proposte di legge propongono la data del 12 dicembre, con riferimento alla strage del 12 dicembre 1969, come giorno della memoria dedicato alle vittime delle stragi e del terrorismo.
La proposta di legge oggi in esame, illustrata poco fa dai due colleghi relatori e della quale è prima firmataria la senatrice Sabina Rossa - figlia dell'operaio Guido Rossa, assassinato dalle Brigate rosse -, dopo l'ampio dibattito svoltosi in Commissione affari costituzionali del Senato propone di istituire, come giorno della memoria, la data del 9 maggio, in riferimento all'anniversario dell'assassinio Pag. 28del presidente della Democrazia cristiana, Aldo Moro, avvenuto il 9 maggio 1978 ad opera delle Brigate rosse: evento terribile dal quale, l'anno prossimo, saranno trascorsi trent'anni.
Come ho già dichiarato in sede referente, nel dibattito svolto nella Commissione affari costituzionali, personalmente e a nome del gruppo dei Verdi preannuncio fin d'ora il voto favorevole sulla proposta in esame che, dopo un lungo e travagliato dibattito, ha ottenuto alla fine il consenso unanime da parte della Commissione affari costituzionali del Senato, che l'ha approvata prima in sede referente e poi anche in sede deliberante. Tuttavia, come ho già fatto in sede referente, voglio ricordare pacatamente anche in quest'aula che il gruppo dei Verdi avrebbe preferito che per il giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi fosse stato individuato il 12 dicembre, anniversario della strage di piazza Fontana. Fu infatti quella, colleghi, la data che ha segnato il vero e proprio inizio della strategia della tensione e delle stragi, che fu la più feroce e criminale forma di terrorismo indiscriminato verso cittadini qualunque, che morirono solo perché casualmente erano presenti in una banca (a Milano), in una piazza (a Brescia), in un treno (nelle diverse vicende che ho ricordato, di cui la più famosa, ma non l'unica, è quella del treno Italicus), in una stazione ferroviaria (tutti ricordano la più terribile fra tutte le stragi italiane, avvenuta il 2 agosto 1980 a Bologna). Prima di allora vi erano stati sia la strage di Portella della Ginestra, il 1 maggio 1947 in Sicilia, sia il terrorismo in Alto Adige, in parte di matrice interna - nella sua prima fase storica - in parte anche di matrice internazionale. Su tale ultimo fenomeno nel 1992 presentai una relazione alla Commissione stragi, presieduta dal senatore Gualtieri, che venne approvata all'unanimità. Ma fu la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 a dare inizio ad una vera e propria stagione terroristica, non episodica e non concentrata in un singolo territorio regionale (Sicilia o Alto Adige, come ho ricordato poco fa), ma estesa a tutto il territorio nazionale. Non è un caso che il 12 dicembre 1969 sia diventato, per questi aspetti, come dicono gli storici, una data «periodizzante», che separa nettamente un «prima» e un «dopo» nella storia italiana.
Non c'è dubbio, del resto, che anche, e particolarmente, l'assassinio del presidente della Democrazia cristiana, onorevole Aldo Moro, che fu peraltro più volte Presidente del Consiglio dei Ministri, segnò un evento terribile e tragico nella storia italiana. Non c'è dubbio, inoltre, che, tra i tanti omicidi perpetrati dal terrorismo politico di sinistra e di destra nel nostro Paese, questo segnò indubbiamente l'evento di maggiore gravità, paragonabile all'assassinio negli Stati Uniti dei due fratelli Kennedy (quello di John Kennedy avvenne il 22 novembre 1963, quello di Bob Kennedy il 6 giugno 1968) ed anche all'assassinio di Martin Luter King, avvenuto il 4 aprile del 1968, che è diventato, per questo motivo, il giorno della memoria negli Stati Uniti d'America.
Il terrorismo politico e le stragi hanno colpito, innanzitutto, un numero terribilmente elevato di cittadini qualsiasi, oltre che uomini politici, magistrati, docenti universitari, appartenenti alle varie forze di polizia, giornalisti, operai come Guido Rossa, che ho già citato: proprio per questo avremmo preferito che si scegliesse, per il giorno della memoria, la data del 12 dicembre, anniversario della strage di piazza Fontana, alla quale seguì una lunghissima scia di sangue e di morte. Pur avendo una grande e sempre crescente stima per la figura storica, politica ed umana di Aldo Moro e pur considerando il suo omicidio uno degli eventi più gravi della storia italiana del dopoguerra - forse il più grave da questo punto di vista -, avremmo preferito che il Parlamento non scegliesse, come data di riferimento, l'assassinio di un altissimo esponente politico, membro del Parlamento stesso: avremmo preferito, appunto, che fosse scelto il 12 dicembre come data per individuare l'inizio di queste tragiche vicende che hanno Pag. 29colpito moltissime persone, ma soprattutto, in modo indiscriminato, cittadini anonimi.
Tali riserve, che ho espresso - con il massimo di pacatezza possibile - come forma di riflessione e di dialogo parlamentare, rivestono carattere storico-politico più che giuridico; tuttavia, confermo la condivisione, da parte dei Verdi, della proposta di legge in esame e mi auguro che, fin dal prossimo 9 maggio 2007 - e cioè fra poche settimane - e poi in ogni anno a venire, si sappia veramente, da parte di tutti - cito testualmente la proposta di legge in esame - «conservare, rinnovare e costruire una memoria storica condivisa in difesa delle istituzioni democratiche». Questo oggi non avviene.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame è - per così dire - una «legge simbolo», «una legge manifesto», perché non comporta alcuna conseguenza pratica: non prevede, infatti, forme di risarcimento di alcun tipo nei confronti delle vittime del terrorismo; qualcosa, invece, si potrebbe e si dovrebbe fare con riferimento, ad esempio, alle vittime dei reati violenti. C'è ancora una Convenzione europea che dovrebbe essere attuata nel nostro ordinamento e che garantirebbe, nei confronti di quei soggetti, un'importante forma di ristoro. Il provvedimento non ha alcuna conseguenza neanche dal punto di vista dell'introduzione di festività civili: esso costituisce, pertanto, una «legge manifesto», che può e deve essere un richiamo, uno spunto di riflessione.
Una prima considerazione che mi viene da fare è questa: una legge, se deve essere uno spunto di riflessione, deve servire affinché, in futuro, non vi siano più atti di questo tipo, ossia atti di terrorismo e di violenza. E allora, al fine di contenere il più possibile il rischio che tali atti si verifichino - è, infatti, un'utopia affermare che non si verificheranno più - è necessario, prima di tutto, che Parlamento e Governo adottino politiche attive in sede di contrasto alla lotta al terrorismo, nonché scelte strategiche appropriate per arginare fenomeni di questo tipo. Il primo punto è legato sicuramente alla lotta al terrorismo internazionale, che diventa anche lotta al terrorismo interno, perché ormai il terrorismo internazionale, essendo globalizzato, minaccia anche direttamente il nostro territorio.
Allora, non si può far finta, colleghi, che non esista un problema legato all'immigrazione, che molti di voi fingono di non vedere. L'immigrazione è oggi lo strumento per realizzare gli attacchi terroristici, e lo scenario internazionale ci dice che il terrorismo islamico è la minaccia più inquietante per il nostro territorio. È vero che fino ad oggi ci è andata abbastanza bene, ma è anche vero che di solito bisogna prevenire i problemi prima di affrontarli. Mi chiedo, quindi, a cosa possa servire questa legge se il Governo adotta scientificamente, dal punto di vista dell'immigrazione, politiche sbagliate, che non consentono di attuare le tutele necessarie a prevenire situazioni terroristiche nel medio e lungo periodo.
Nessuno di noi vuole impedire che i cittadini stranieri possano soggiornare sul nostro territorio, ma evidentemente l'immigrazione è un fenomeno che va gestito e regolamentato. Se immettiamo sul nostro territorio una quota di immigrazione che lo stesso non è in grado di gestire, se rovesciamo 100 litri d'acqua in una bottiglia che ne contiene mezzo litro, la stessa evidentemente traboccherà. Faccio questo esempio perché è il primo esempio che mi viene in mente. Oggi, quindi, variamo una legge sul terrorismo internazionale, mentre il Governo, dal punto di vista della gestione dei fenomeni migratori, non fa nulla o, anzi, si muove in una direzione che è l'esatto contrario di una politica prudente e attenta alle esigenze di integrazione. Dico ciò proprio al fine di assicurare l'integrazione: se, infatti, immettiamo 100 litri d'acqua in una bottiglia che può contenerne solo mezzo, è evidente che non si vuole l'integrazione, ma qualcosa che va nella direzione esattamente contraria. Pag. 30Quando parlo di politiche sbagliate, Presidente, mi riferisco prima di tutto alla legge sulla cittadinanza, che è in discussione in I Commissione, e che «prudentemente» la maggioranza non ha portato in aula prima delle elezioni, dato l'impatto assolutamente negativo dal punto di vista elettorale nei confronti dei cittadini, di cui la maggioranza è consapevole.
Mi riferisco, poi, alle politiche tese al superamento della legge Bossi-Fini: invece di cercare di migliorare tale legge dal punto di vista della sua attuazione, prendendo tutto il buono che questa legge ha apportato - e cioè il fatto di ancorare la presenza di immigrati sul nostro territorio all'esistenza di un lavoro stabile, che è il primo requisito per poter realizzare una vera integrazione - il Governo, in tutte le disposizioni presentate, sta facendo passare la filosofia dell'immigrazione libera. Mi riferisco alle norme sui ricongiungimenti superallargati, nonché al testo della cosiddetta proposta Amato-Ferrero, di modifica della legge Bossi-Fini, che si intende adottare senza passare per il Parlamento, ma utilizzando lo strumento del decreto legislativo, cioè passando in Parlamento soltanto per individuare delle linee guida, lasciando poi al Governo una regolamentazione successiva di tutti gli aspetti più importanti collegati a questa legge.
La predetta filosofia dell'immigrazione libera si traduce in un'azione totalmente inefficace dal punto di vista del contrasto al terrorismo. Quando dico ciò penso anche a come si sia modificata l'attenzione da parte delle cosiddette Brigate Rosse negli ultimi anni: non vi è più un'attenzione legata alle cosiddette politiche sociali del Governo, ma un'attenzione che si sposta e che si salda con il terrorismo di matrice islamica.
Le stesse minacce rivolte a monsignor Bagnasco, dal nostro punto di vista, vanno lette in questa chiave, vanno così interpretate: uno spostamento, una saldatura tra terrorismo interno e terrorismo islamico. Non possiamo non cogliere questi aspetti, e speriamo che li colga anche il Governo, ma fino ad oggi, abbiamo constatato che il Governo stesso è andato in una direzione completamente opposta. Cosa dispone questo provvedimento? Esso individua un giorno, che deve essere il giorno della memoria, un giorno simbolo. Il dibattito svoltosi in Commissione, dal punto di vista parlamentare, si è tutto concentrato sull'individuazione di una data. L'onorevole Boato ha riportato correttamente una sintesi dei lavori parlamentari conclusi con un testo che fa riferimento al 9 maggio 1978, giorno dell'assassinio dell'onorevole Aldo Moro. Vi erano state in precedenza altre proposte che si riferivano all'11 settembre oppure al 12 novembre ossia all'anniversario della strage di Nassiriya. Mentre il giorno 11 settembre individua come punto di riferimento e di riflessione una strage che ha riguardato il mondo intero, il 12 novembre ricorda una strage che ha riguardato le nostre truppe impegnate in una azione all'estero.
Per quanto ci riguarda, avanziamo una proposta alternativa. È stato affermato che l'11 settembre è una data meno indicata rispetto al 9 maggio perché ricorda un fatto verificatosi al di fuori dei nostri confini e si utilizza lo stesso criterio anche per escludere il giorno 12 novembre cioè l'anniversario della strage di Nassiriya. Proponiamo allora di far riferimento ad una data relativa ad un evento che si è verificato all'interno del nostro territorio ed indichiamo il 26 marzo 1971: la data in cui è stato ucciso Alessandro Floris, un commesso che lavorava a Genova all'interno dell'Istituto autonomo case popolari. In quella data venne ucciso durante la prima rapina di autofinanziamento del gruppo terroristico «22 ottobre», precursore delle Brigate Rosse. Abbiamo proposto questa data perché, se vi deve essere rievocazione con riferimento a un fatto avvenuto all'interno del Paese, è meglio scegliere il primo fatto ed è meglio scegliere una persona comune come esempio. Moro è stato sicuramente uno statista molto importante ed ha rappresentato anche un periodo storico e politico particolarmente delicato, ma era un uomo politico. Con la proposta in esame la politica Pag. 31individua l'assassinio di un uomo politico come data che deve fungere da esempio per tutti. È meglio invece prendere come esempio una persona comune anche per sottolineare un altro aspetto: spesso ci sono disparità di trattamento quando si parla di vittime di atti di violenza e di atti terroristici. Ricordavo in precedenza la mancata attuazione della convenzione per le vittime dei reati violenti. Per esperienza di parlamentare che si muove sul territorio, posso portare l'esempio di famiglie che sono state colpite da atti violenti che non possono non essere assimilati agli atti terroristici. Ricordo una strage che si è verificata, circa due anni fa, in un piccolo comune in provincia di Novara dove un folle, dal balcone di casa, ha sparato all'impazzata colpendo diverse persone e causandone la morte. Ancor oggi tutte queste persone, tranne gli appartenenti alle Forze dell'ordine, sono senza alcuna forma di tutela da parte dello Stato
Vogliamo dunque porre l'accento sul fatto che vi sono vittime di «serie A» e vittime di «serie B» quando si verificano fatti di terrorismo e che tutte le persone hanno pari dignità quando sono colpite da tali atti. Pertanto scegliamo una persona comune, Alessandro Floris, commesso, il primo ad essere colpito e ucciso. Scegliamo il 26 marzo 1971.
Noi proponiamo questa riflessione al Parlamento, attraverso un emendamento che sicuramente verrà discusso, ma speriamo che venga anche approfondito e speriamo anche che il Governo raccolga tale nostra sollecitazione. Meglio una persona comune come esempio rispetto ad un politico, che è già stato commemorato, per tutto ciò che ha rappresentato, in tutte le sedi possibili.
Noi siamo pertanto favorevoli al provvedimento in esame, certamente non abbiamo elementi di contrarietà; chiediamo che venga migliorato nel senso che ho esposto, ma soprattutto chiediamo che il Governo non proponga tale provvedimento e poi attui, nei fatti, politiche che non consentono una sufficiente prevenzione degli atti terroristici e, anzi, vanno nella direzione esattamente contraria.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Olga D'Antona. Ne ha facoltà.

OLGA D'ANTONA. Intervengo a nome del gruppo dell'Ulivo, che attribuisce particolare importanza all'istituzione della giornata della memoria, poiché riteniamo che sia necessario, nel nostro Paese, richiamare alla mente una parte della sua storia, non certo gloriosa, che Sergio Zavoli chiamò, con illuminata intuizione, «La notte della Repubblica», ma è pur sempre una parte della storia italiana con la quale dobbiamo fare i conti.
Riteniamo che sia tempo di affrontare una rilettura di quegli anni, nell'intento di costruire una memoria condivisa, la cui mancanza produce ancora lacerazioni che certo non giovano alla convivenza democratica né al sistema politico italiano. Si è scelta la data del 9 maggio, giorno in cui, nel 1978, fu ucciso Aldo Moro, che rappresenta una figura fra le più prestigiose tra gli statisti italiani, uomo di elevata moralità e di coraggio politico innovativo. Il suo rapimento, con l'uccisione degli uomini della scorta, fu un evento traumatico per l'Italia, forse - lo diceva bene l'onorevole Boato - il più drammatico della storia contemporanea italiana, e i cinquantacinque giorni di prigionia che precedettero il suo assassinio furono giorni di sgomento per la classe politica e per tutti i cittadini italiani.
L'uccisione di Aldo Moro rappresentò il momento più forte dell'attacco delle BR, ma anche l'inizio del loro declino. Lo Stato, colpito al cuore, assunse la consapevolezza della minaccia che incombeva sulla Repubblica.
Noi siamo pertanto favorevoli a questo provvedimento, anche se avremmo preferito una data diversa: lo spiegava l'onorevole Boato e io sono d'accordo, tanto che sono cofirmataria dei due disegni di legge Boato-Zanotti che proponevano la data del 12 dicembre, giorno in cui, nel 1969, fu fatta esplodere una bomba all'interno della Banca nazionale dell'agricoltura a Milano, perché quell'evento segnò l'inizio della strategia della tensione e di quei terribili anni di terrore.Pag. 32
Le nostre perplessità nascono dalla consapevolezza che in Italia non vi è una memoria condivisa sulla storia del terrorismo. Riteniamo sia tempo, invece, di esprimere una condanna univoca, senza ambiguità, contro ogni forma di violenza e di terrorismo.
Stragi di matrice fascista e terrorismo rosso hanno insanguinato l'Italia e avvelenato un'intera generazione. Ritengo che sia, perciò, necessario ribadire in questa sede che la scelta di quella data, che non ci sentiamo di contrastare, non deve avere il significato di tagliare fuori dalla memoria eventi non meno strazianti che l'hanno preceduta: 12 dicembre 1969, piazza Fontana, diciassette morti e ottantotto feriti; 22 luglio 1970, treno Freccia del sud (Gioia Tauro), sei morti e cinquanta feriti; 31 maggio 1972, autobomba a Peteano, tre carabinieri uccisi; 17 maggio 1973, questura di Milano, quattro morti; 28 maggio 1974, piazza della Loggia, otto morti e centotre feriti; 4 agosto 1974, treno Italicus, dodici morti e quarantaquattro feriti; 2 agosto 1980, stazione di Bologna, ottantacinque morti.
Su quegli anni di terrore è ancora «notte» e il quadro si presenta a tinte oscure: si parlò di doppio Stato, di servizi deviati, di depistaggio, di omertà e connivenza. Insieme ai familiari di quelle vittime attendiamo ancora verità e giustizia. Sarà nostro compito ricordare anche questo nella giornata della memoria.
Il terrorismo in Italia ha prodotto oltre 500 morti e più di 3 mila feriti: giovani di opposte fazioni che, presi da una esaltazione collettiva, si scontravano gli uni contro gli altri e per molto poco si moriva, a volte, solo perché ci si trovava nel posto sbagliato e nel momento sbagliato.
Il terrorismo di estrema destra colpisce indiscriminatamente i cittadini inermi; quello di sinistra, invece, sceglie gli uomini migliori, quelli che mettono il loro talento al servizio dello Stato: magistrati, giornalisti, professori universitari, uomini delle forze dell'ordine. Vorremmo ricordarli tutti: arbitrariamente ne ricordiamo solo alcuni, perché nel ricordare i loro nomi e i loro volti, ci si ricordi che erano persone e non simboli. Per tutti i giudici: Francesco Coco, Mario Amato, Guido Galli, Emilio Alessandrini, Vittorio Bachelet. Per i giornalisti: Walter Tobagi, Carlo Casalegno. Per i professori: Ezio Tarantelli, Roberto Ruffilli, Massimo D'Antona, Marco Biagi. Per le forze dell'ordine: Luigi Calabresi, Emanuele Pedri. Vorremmo davvero ricordarli tutti: condanniamo ogni forma di violenza, sia essa di estrema destra che di estrema sinistra.
Dopo l'uccisione di Aldo Moro, un altro evento che segnò una lacerazione fortissima per la classe lavoratrice, avvenne il 24 gennaio 1979, quando fu colpito al cuore il sindacalista - e quindi il sindacato tutto con l'uccisione di un suo delegato - Guido Rossa. Guido Rossa sapeva di rischiare la vita nel momento in cui aveva denunciato un operaio scoperto a lasciare in fabbrica volantini delle brigate rosse, ma non esitò a compiere il suo dovere perché aveva già capito che le Brigate rosse erano nemiche dei lavoratori e del sindacato. Il sindacato è sempre stato, e lo è tuttora, oggetto di attenzione da parte delle brigate rosse con subdoli motivi di infiltrazione, ma ha combattuto la sua battaglia a fianco dello Stato e ha pagato i sui prezzi: per questo merita sostegno e solidarietà.
Lo Stato e le forze politiche, istituzionali e sociali del Paese seppero trovare in passato la capacità unitaria per contrastare e vincere il terrorismo. L'auspicio è che l'istituzione del «Giorno della memoria» possa contribuire a costruire una memoria condivisa e a ritrovare l'unità di tutte le forze politiche, istituzionali e sociali per la difesa dello Stato democratico.
L'ideologia terrorista, però, alligna ancora in Italia e continua a rappresentare una minaccia. È ricomparsa con le sue azioni violente, quando sembrava ormai appartenere ad una storia passata. Con gli ultimi dodici arresti di brigatisti, lo Stato ha finalmente svolto un'azione preventiva, mostrando consapevolezza del pericolo rappresentato da queste bande eversive.
Non fu così negli anni che precedettero gli omicidi D'Antona e Biagi, quando numerosi segnali, che si susseguirono dal Pag. 331992 al 1999, furono gravemente sottovalutati: per citarne alcuni, gli attentati alla Confindustria, all'aeroporto di Aviano, alla NATO Defence College.
Mai le BR, seppur sotto altre sigle, cessarono di dare prova della loro esistenza. Gli stessi Lioce e Galesi erano conosciuti per la loro attività eversiva ed erano latitanti. Sì, possiamo dirlo, la sottovalutazione fu grave, e fu ancor più grave lasciare morire in solitudine Marco Biagi, nonostante i suoi appelli disperati.
Ci poniamo inquietanti interrogativi: perché in Italia, più che in ogni altro paese d'Europa, il terrorismo continua ad allignare, e soprattutto perché, come appare da alcuni recenti segnali, continua a trovare aree di consenso? Ci preoccupano le avvisaglie di contaminazione delle giovani generazioni, rispetto alle quali abbiamo la responsabilità di raccontare e trasmettere, attraverso la memoria, quanto siano stati devastanti gli anni del terrorismo per tutti coloro che con quella storia hanno dovuto fare i conti.
Alligna ancora l'idea che la violenza sia in alcuni casi ammissibile o, addirittura, necessaria: è un'idea che deve essere contrastata e combattuta! La violenza non è necessaria e soprattutto non è ammissibile, e neghiamo, una volta per tutte, l'idea della continuità storica del terrorismo con la resistenza: gli uomini della resistenza imbracciarono i fucili per difendere la propria libertà, la propria terra, le proprie case, le proprie famiglie da un'invasione nemica.
Ricordiamo gli eccidi delle popolazioni civili di Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema, le Fosse Ardeatine.
Il terrorismo, di matrice sia di estrema destra che di estrema sinistra, uccide per colpire lo Stato e, con esso, la convivenza civile e i valori della democrazia.
L'auspicio è che la giornata della memoria possa costituire l'opportunità per dare voce finalmente a coloro che sono stati vittime di quegli atti di terrore.
È tempo di dare voce a coloro le cui vite sono state devastate per sempre e che, nella maggior parte dei casi, sono stati condannati all'oblio e al silenzio. È tempo che la nostra storia di terrorismo sia raccontata non solo dai terroristi e che finalmente ci si accorga di che cosa sia successo dall'altra parte, dalla parte di quei cittadini innocenti e indifesi che ne sono stati vittime. Pertanto noi voteremo a favore di questo provvedimento.
Lo abbiamo sostenuto e, anche se avremmo preferito una data diversa, riteniamo che sia nostra responsabilità manifestare una volontà unitaria (Applausi - Congratulazioni).

PRESIDENTE. La ringrazio molto, onorevole D'Antona, e, andando oltre le prerogative del Presidente, intendo esprimerle l'apprezzamento per il suo intervento a nome di tutta l'Assemblea.
È iscritto a parlare l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, colleghi deputati, il gruppo dell'Italia dei Valori intende sostenere con convinzione l'iniziativa legislativa che oggi è oggetto d'esame in Assemblea, finalizzata all'istituzione del «Giorno della memoria», ovverosia all'individuazione di un giorno da dedicare al ricordo ed alla commemorazione di tutte le vittime del terrorismo e delle stragi di matrice terroristica.
Il ricordo e la spiegazione, ripetuti ogni anno, per sempre, possono contribuire a far comprendere a tutti, soprattutto alle nuove generazioni, che cosa è stato e che cosa sia oggi il terrorismo, chi sono le sue vittime, e perché in Italia, in pochi decenni, per sua causa siano morte centinaia di persone e più del doppio siano rimaste ferite.
Per quindici anni, in particolare dal 1969 al 1984, l'Italia è stato un Paese insanguinato dalla logica del terrore, una logica stragista al servizio di finalità politiche che, nel corso degli anni, sono divenute sempre più chiare: il tentativo di condizionare la vita democratica della nazione, di mantenere il potere nelle mani degli apparati più reazionari, di rendere la lotta politica come scontro senza quartiere, improntato al ricatto della paura e del terrore.Pag. 34
Ogni fenomeno sociale conosce nella sua storia un periodo di incubazione, una fase di maturazione ed un momento conclusivo e terminale. Nella maggior parte dei casi è difficile indicare il momento esatto della nascita di un fenomeno di questo genere. Non è certamente così per il fenomeno terroristico in Italia, per il quale è possibile indicare un preciso punto di svolta, una data che condizionerà il suo emergere ed il suo drammatico imporsi sulla scena politica del Paese: il 12 dicembre 1969, giorno della strage di piazza Fontana a Milano, cui può farsi risalire storicamente la svolta del fenomeno terroristico in Italia.
Il culmine, però, della triste stagione delle stragi, che, in alcuni momenti, hanno fatto addirittura vacillare lo Stato democratico, è rappresentato senz'altro dal rapimento e dall'uccisione di Aldo Moro avvenuta il 9 maggio del 1978. Da allora sono passati 29 anni, poco più che una generazione, un periodo di tempo che ha progressivamente caricato, in Italia e nel mondo, la parola terrorismo di altri significati, sostituendo alle matrici rossa o nera le matrici islamica o internazionale e riproponendo nel Paese una matrice interna che molti speravano superata, ma che i gravissimi episodi di questi ultimi anni, e direi anche di questi ultimi giorni, rivelano come ancora presente, pericolosa e pertanto ancora da combattere e sconfiggere, non prima, però, di averla conosciuta ed emarginata da qualsiasi contesto sociale, politico e culturale del nostro Paese.
In questa evoluzione, che copre ormai quarant'anni della nostra storia repubblicana, caratterizzata da processi di trasformazione del fenomeno terroristico, ma non ancora dalla sua definitiva scomparsa, è impossibile non giungere al 9 maggio 1978 e non ripartire da questa stessa data. Da quel giorno, in cui fummo costretti ad assistere al barbaro assassinio Aldo Moro, nulla è stato più come prima nella vicenda politica italiana ed ancora oggi è accesa la discussione per comprendere le ragioni di quell'esecuzione, i suoi reali obiettivi, la contrapposizione tra la strategia della fermezza e quella della trattativa, la gestione e gli esiti dei processi. Un'esecuzione preceduta dall'assassinio degli uomini della scorta di Aldo Moro dei quali in ogni occasione dobbiamo ricordare i nomi: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino e Giulio Rivera, cinque eroi, cinque servitori dello Stato, cinque vittime di un terrorismo stragista che, tutti gli anni, con l'istituzione del giorno della memoria, potremmo ricordare ed insegnare a ricordare. Con il loro ricordo rifletteremo sulle ragioni di una violenza che ha colpito al cuore chi voleva capire, chi voleva agire e chi voleva cambiare, privilegiando la strada del confronto democratico e del progresso, ed allo stesso tempo rifletteremo anche sull'evidenza della sconfitta subita da chi ha espresso, con quell'orribile gesto di sangue, null'altro che un impazzimento ideologico avversario e nemico della nostra libertà.
Il Capo dello Stato ci ha ricordato nel suo discorso di insediamento la necessità per il Paese di recuperare una memoria condivisa. Un'indagine conclusa nel 2005 ha, infatti, rivelato una scarsa conoscenza da parte dei giovani dei fatti terroristici avvenuti negli ultimi quarant'anni in Italia. Dobbiamo quindi intraprendere una nuova strada che alimenti il ricordo e la condivisione di valori che sono alla base della nostra democrazia, una strada che può iniziare con il riconoscimento di una giornata dedicata a tutte le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice e che diventi un'occasione per accomunare e ricordare tutte le vittime del terrorismo e dell'eversione in una riflessione che, partendo dalla memoria, si trasformi in fattore di crescita educativa e formativa per le nuove generazioni.
In una società come la nostra, che fatica a trovare punti di riferimento alti, è necessario a nostro avviso favorire queste iniziative per contribuire alla costruzione di una coscienza civile in favore di chi si è sacrificato per la democrazia e per la sicurezza nella nostra società.
Per questo giorno è prevista l'organizzazione di manifestazioni pubbliche presso i singoli comuni, iniziative, incontri, momenti comuni di ricordo dei fatti, oltre a Pag. 35riflessioni ed analisi storiche da promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado, affinché le nuove generazioni possano conoscere una delle pagine più buie e tragiche della nostra storia recente e per creare le premesse affinché avvenimenti così tragici non tornino mai più a ripetersi.
La scelta di dedicare una giornata alla riflessione sulla nostra storia recente, assume quindi un grande valore ed un evidente significato, che noi intendiamo stimolare con il sostegno pieno e convinto alla proposta di legge in discussione. Siamo convinti che questa iniziativa esprima anche la volontà delle istituzioni di capire le ragioni di quel terrorismo, del perché abbia colpito il nostro Paese, di conoscerne le dinamiche, di comprendere per quali ragioni non sia stato possibile fare piena luce su alcune delle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese. Il ricordo non è soltanto un dovere civile, ma è anche e soprattutto un impegno ed un investimento per il futuro che il gruppo dell'Italia dei Valori vuole contribuire a realizzare, offrendo pieno sostegno all'istituzione di un giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo. (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, a nome del mio gruppo, preannuncio il voto favorevole su questa proposta di legge. Cercherò di essere breve, ma credo che sia giusto esprimere anche le motivazioni di tale voto. Quando si discutono proposte di legge di questo tipo è molto facile scadere nella demagogia o dare ad alcune iniziative un valore meramente simbolico. Il tema trattato da questa proposta di legge non lo consente e, a maggior ragione, credo che l'intervento dell'onorevole D'Antona, che tutti noi abbiamo ascoltato con particolare pathos, ci obbliga a riflessioni diverse e più serie. Daremo seriamente seguito a questa proposta di legge, in termini simbolici, facendone la bussola di un comportamento politico di un certo tipo.
Istituire oggi la giornata della memoria per le vittime del terrorismo significa dare un segnale ad un paese privo di memoria e che spesso non riesce a capire la sua storia e a comportarsi conseguentemente, in modo da comprendere quello che in realtà hanno significato gli anni passati e quei pericoli, ancora tristemente presenti, che diventano emergenti, forse favoriti da un eccessivo buonismo anche da parte delle istituzioni politiche. Studiare la propria storia significa ribadire con forza e in tutte le sedi che la democrazia va preservata.
Senza voler fare polemica, ma in termini assolutamente colloquiali, devo dire che, nel nostro paese, spesso estremamente generoso nei confronti di chi sbaglia, ci lascia abbastanza interdetti veder salire in cattedra coloro i quali hanno segnato pagine tristissima della sua storia. Cosa spiegano ai giovani? I loro errori e, purtroppo, ribadiscono la contingenza di alcune posizioni. Non ci sono contingenze nel terrorismo. Non ci sono momenti che giustificano reazioni diverse. Non ci sono giovani che sbagliano. Un paese serio riconosce, in primo luogo, che lo Stato non tratta solo con chi ha sbagliato, ma discute e soprattutto preserva e difendere chi, per quegli errori, ha pagato in termini personali e familiari.
È ovvio che, ogni qualvolta, anche noi, come istituzioni politiche, siamo pronti ad una generosità e ad un giustificazionismo forte (forse, è una mea culpa generale che dobbiamo fare) e ci lasciamo commuovere dalla cosiddetta necessità del reinserimento, viene da chiedersi, quando si legge su un giornale che un terrorista è uscito dal carcere perché, in fondo, anch'egli deve avere un'altra opportunità, come una madre può spiegare ai suoi figli quello che succede e quale Stato descriva loro.
Di che cosa stiamo parlando? Chi era dalla parte del giusto e chi dalla parte dell'errore? Oggi dobbiamo scrivere in termini di consapevolezza politica che Pag. 36cosa lo Stato ritiene giusto e cosa ritiene sbagliato e fino a che punto quella pena va attuata.
Non è possibile continuamente giustificare, ricordare, verificare, tentare di ammantare di perdonismo la nostra società, semplicemente perché non riusciamo ad accettare che anche in questa società, normalmente, il male esista.
Il tema ha registrato ovviamente una discussione accesa, come è già stato ampiamente ricordato, su quale data potesse essere scelta. Credo che discutere della data non significhi stabilire quale delle stragi abbia maggiore rilevanza, o quale delle vittime sia più importante. Penso che scegliere la data dell'assassinio dell'onorevole Aldo Moro - che probabilmente avrà un senso quando esamineremo la legge sulle vittime della mafia - serva a dare un segnale ben preciso. L'uccisione di Aldo Moro ha rappresentato in quell'epoca un colpo fondamentale allo Stato. Colpire una personalità di quel genere, così come colpire il 23 maggio Giovanni Falcone, significava colpire colui che in quel momento era maggiormente tutelato, colui che doveva essere intoccabile perché lo Stato aveva già predisposto le misure di sicurezza nei suoi confronti. Pertanto, l'attacco è considerato più alto non perché siano differenti o perché si dia minore importanza alle altre vittime, ma semplicemente perché in quel momento, se si colpisce chi è maggiormente scortato, chi è maggiormente protetto, lo Stato si rivela nudo di fronte ai propri cittadini. Lo sgomento dei cittadini è ancora più forte poi quando viene colpito non chi capita per strada ma chi in quel momento dovrebbe avere la maggior tutela.
Non è un caso che da quei momenti più pesanti e più terribili della vita del paese sia nata la reazione più forte. Era una risposta necessaria. Tanto l'omicidio di Aldo Moro, quanto poi in seguito l'omicidio di Giovanni Falcone sono stati momenti fondamentali perché in quegli episodi tutta la cittadinanza si è sentita priva di tutele: se non è tutelato chi rappresenta lo Stato, a maggior ragione non può essere sicuro nessuno di noi.
Quelle date di cui abbiamo parlato hanno costituito nella storia del paese un momento di rivalsa necessaria.
Forse, e concludo, anche questa è una lezione che dovremmo imparare: dobbiamo vedere prima i fenomeni e prevenirli, tentare previamente di analizzarli, evitando che la reazione dello Stato arrivi solo quando la sfida è troppo alta per poter rispondere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Adenti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esaminiamo oggi un provvedimento che indubbiamente riveste un grandissimo valore dal punto di vista culturale poiché è volto ad istituire una giornata dedicata al ricordo di un'importante pagina della storia dell'Italia democratica e repubblicana.
Si tratta di una pagina purtroppo centrale nella storia del nostro paese: l'età delle stragi e del terrorismo. Il gruppo dei Popolari-Udeur, a nome del quale intervengo, non può che esprimere la propria piena e convinta condivisione e il proprio apprezzamento per questa iniziativa legislativa. Con questo provvedimento ci accingiamo a rendere un dovuto omaggio al sacrificio di tanti nostri concittadini: persone comuni, servitori dello Stato, uomini politici; sacrificio che si è consumato in nome della difesa della libertà e dell'ordinamento democratico del nostro Paese.
Con questo provvedimento contribuiremo anche a fissare il ricordo di un'età così difficile della nostra storia recente così come contribuiremo alla formazione storica, ma soprattutto civile, delle giovani generazioni.
La storia di quegli anni è certamente complessa. L'interpretazione storica di quei fatti lo è altrettanto, così come dimostrano gli studi più recenti di questo fenomeno. Tale complessità non poteva che riflettersi pertanto sul processo di individuazione di un momento simbolico cui associare tale ricordo. Il dibattito parlamentare che ha preceduto la nostra Pag. 37discussione in aula mette in evidenza le diverse possibili opzioni. Di fronte ad un complesso e diffuso male contemporaneo qual è il terrorismo, non è semplice individuare una data che riassuma in sé tutti gli eventi tragici che, dagli anni Settanta ad oggi, hanno colpito vittime innocenti e che, simbolicamente, sia in grado di esprimere tutti i significati che un giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo può contenere in sé.
La scelta compiuta al termine del dibattito svoltosi nella Commissione permanente affari costituzionali prima del Senato e poi della Camera, ovvero quella del 9 maggio (anniversario dell'uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse), per noi Popolari-Udeur è condivisibile e la sosteniamo con estremo favore. Qualche gruppo parlamentare, forse non a torto, ha voluto sottolineare come tale scelta potesse rischiare di lasciare in ombra le tante vittime civili delle stragi terroristiche, dando invece risalto all'uccisione di un uomo politico. Per tale motivo è emersa una proposta alternativa che individua nel 12 dicembre, anniversario dell'attentato di Piazza fontana, un'altra ricorrenza significativa attraverso cui, simbolicamente, si può rappresentare il ricordo delle vittime delle stragi terroristiche. Per noi Popolari-Udeur entrambe le date rivestono un altissimo valore simbolico. Ciò nonostante, siamo più favorevoli a quella del 9 maggio, perché rappresenta un avvenimento di grande importanza nella storia repubblicana, un momento in cui tutti gli italiani, tutti i partiti politici si sono ritrovati uniti nel condannare il terrorismo, di fronte alla punta massima dell'aggressività delle Brigate rosse. Tali unità e coesione hanno reso il paese forte nella lotta contro il fenomeno del terrorismo. Proprio per questo carattere simbolico di unità nazionale contro il terrorismo, noi Popolari-Udeur riteniamo che tale scelta sia largamente condivisibile. Non si tratta, infatti, di riconoscere un valore diverso agli eventi a seconda della loro connotazione ideologica o a seconda del numero di vittime che hanno causato, ma riteniamo necessario ed urgente, nell'ottica della lotta al terrorismo (che ancora oggi non si è conclusa) promuovere, stimolare e rinvigorire una coscienza civile e sociale che si sollevi indignata e respinga con forza qualunque atto di violenza gratuita.
Per tale motivo, è importante individuare una data che rappresenti non tanto le vittime ma, piuttosto, il principio (che ci spinge ad istituire un giorno della memoria) del rifiuto, della condanna totale e assoluta del terrorismo, della volontà civile e politica di opporvisi, sia da parte dello Stato e delle istituzioni, che da parte dei singoli cittadini.
In particolare, è alle giovani generazioni che deve rivolgersi la nostra attenzione. Dobbiamo insegnare loro i valori del rispetto, del pluralismo e della convivenza democratica. In questo senso, la giornata della memoria potrà rappresentare non solo un modo per non dimenticare ma anche un'occasione preziosa di formazione storica e civile.
Il provvedimento in esame va al di là delle opinioni e degli schieramenti politici, perché è volto a promuovere il radicamento di una memoria condivisa su fatti che riassumono i valori portanti della nostra società: in primo luogo, il diritto alla vita e il rispetto delle libertà riconosciute dalla nostra Costituzione.
È proprio in virtù di questi valori che crediamo sia stato possibile un importante dibattito, voluto da tutte le forze politiche con grande maturità politica, che ha condotto alla proposta di un provvedimento largamente condiviso, che non poteva che raccogliere un sostegno bipartisan e un auspicio altrettanto comune per una sua celere approvazione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, conosciamo tutti il bellissimo volume sull'invenzione della tradizione Lo storico Hobsbawn, in maniera critica, sottolinea come le tradizioni - così come tutti i simboli della convivenza civile - vengono originate da una società per ritrovare i suoi valori Pag. 38condivisi, non dico deliberatamente, ma comunque artificialmente e magari per consuetudine. Vorrei dare però una lettura meno cinica del volume di Hobsbawn, cioè, non in termini di denuncia dell'elaborazione dei simboli in una società. Voglio darne infatti una lettura positiva nel senso che è giusto che una società, consapevolmente e attraverso le sue istituzioni, decida quali siano i valori, i simboli, le tradizioni, i punti di memoria da ricordare, da valutare positivamente e da sottoporre continuamente all'attenzione dei cittadini e delle cittadine. L'onorevole Boato ha parlato anche di una proliferazione dei giorni della memoria, ma al di là di questo è giusto secondo me che il Parlamento decida di istituire un giorno della memoria delle vittime del terrorismo a ricordo e a sanzione, da parte della collettività, di atti e periodi bui della nostra storia recente.
Su questo, il gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea non ha alcuna preclusione, non ha un atteggiamento negativo. Riteniamo pertanto utile che si istituisca un giorno della memoria per le vittime del terrorismo, affinché ci sia una trasmissione organizzata alle nuove generazioni dei drammi che la nostra società ha affrontato nel corso degli ultimi decenni.
È stato già ricordato, infatti, che le nuove generazioni molto spesso non sono immesse in un tessuto di ricordi tali per cui possano apprendere, valutare, formarsi un'opinione e quindi anche assumere un atteggiamento di ripulsa di modalità di azione che si consideravano politiche. Inoltre, dovremmo cercare di fare in modo che tale ripulsa valga soprattutto per il futuro e non rappresenti solo una condanna per il passato.
Quale motivo, quindi, spinge il gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea ad astenersi su questa proposta di legge approvata in prima lettura dal Senato? Non è l'istituzione del giorno della memoria, ma la data prescelta per tale giorno, il punto su cui occorrerebbe riflettere. Siccome si afferma sempre che la data dovrebbe essere oggetto di una memoria condivisa, è la scelta della data, appunto il giorno dell'uccisione del onorevole Aldo Moro, che ci spinge ad astenerci, e non certo perché non riteniamo che il sacrificio, l'omicidio e l'assassinio di Aldo Moro rappresenti un punto drammatico e tragico, non solo per la fine di una persona così significativa e importante per il nostro Paese e per le modalità, che peraltro non sono state soltanto della famiglia di Aldo Moro.
Vorrei a tal proposito aprire una parentesi. In queste tragedie, se c'è stato qualcosa di condiviso nel nostro Paese, è la dignità, il senso di rispetto per la vita altrui che ci è provenuto dalle famiglie cattoliche che hanno subito, e non solo loro, gli assassini dei loro cari. Io ricordo la famiglia di Aldo Moro, ma voglio ricordare anche il discorso commovente di Giovanni Bachelet, quando ricordò il suo papà, così come ci ha commosso sentire Olga D'Antona questa mattina. Ci è stata impartita una lezione di comprensione, non verso gli atti degli assassini, ma verso i peccatori. Se volessimo continuare con questa metafora cristiana, potremmo dire che abbiamo potuto constatare la capacità di andare oltre il male e di riproporsi in una posizione positiva.
Non so se l'onorevole Santelli volesse riferirsi a «Con gli occhi dell'occidente» di Joseph Conrad, quando ha sostenuto che il male c'è ed esiste. Probabilmente, ci riferiamo alla stessa lettura. Anch'io ho sempre apprezzato questa capacità di vedere, da parte di Conrad, che il male esiste, che gli atti violenti e cattivi possono essere commessi, anche deliberatamente.
Credo però che da queste tragedie il nostro Paese possa trarre quella grande lezione che risiede nel comprendere per andare avanti: è un comprendere che significa non già astenersi dal condannare, ma tentare di sanare il male che è stato inflitto ed aprire così nuovi orizzonti.
Non è questa la sede per discutere su come chiudere gli anni del terrorismo e il periodo buio dei decenni settanta, ottanta e novanta, ma dobbiamo avere la capacità di guardare avanti, ed è per questo che vogliamo istituire la giornata la memoria. Pag. 39Il punto è però capire che cosa condividere e se vi sia qualcosa da condividere. In questo senso, signor Presidente, mi sento di fare un'osservazione: quando elaboriamo dei simboli, come stiamo facendo oggi scegliendo la giornata della memoria, dobbiamo stare attenti a far sì che questa memoria non sia una memoria che esclude, una memoria, cioè, che sia incapace di offrire una possibilità di riflessione a tutti, compresi coloro che si sono macchiati dei delitti. La capacità di andare avanti e di aprirsi al futuro sta infatti proprio nella possibilità che la società dà a se stessa di riflettere.
Il problema dunque non è se condannare o meno chi ha perpetrato quegli omicidi, barbari soprattutto perché commessi contro persone indifese ed innocenti. È proprio questo che caratterizza infatti gli atti del terrorismo: che essi colpiscono indiscriminatamente e senza motivo (se mai possa esistere un motivo per togliere la vita a qualcuno!). In questo senso, condivido in pieno un'altra affermazione fatta questa mattina dall'onorevole D'Antona, che ha detto che non vi è nulla che possa giustificare atti di violenza. E non è un caso che noi di Rifondazione Comunista abbiamo assai accentuato una ricerca critica sulla non violenza e sulle ragioni che affermano la necessità di evitare la violenza, nella lotta politica come in quella sociale.
La violenza, infatti, non fa che ripetere se stessa; non fa che spingere verso il peggio, suscitando e promuovendo gli istinti più barbari che allignano purtroppo nella natura umana. Essere in società significa anche essere in grado di superare tali istinti e di vedere nell'altro non un nemico ma un avversario, qualcuno cioè con cui si dissente, ma con cui nel futuro si può trovare un consenso. Dare la morte, per contro, significa avere con l'altro un rapporto determinato in maniera eterna e immodificabile: le persone umane sono invece per fortuna modificabili, ed è proprio su questo che la società democratica si fonda, sul fatto cioè che ciascuno, anche il più diverso da noi, possa cambiare le proprie opinioni. Ciò vale anche per chi si è macchiato di misfatti e delitti terribili, che deve dunque poter ritrovare una propria collocazione all'interno della società.
Perché allora noi ci asteniamo? Perché sugli anni di piombo - a cominciare dalla strage di Piazza Fontana del 1969, ricordata questa mattina dall'onorevole Boato - noi diamo valutazioni diverse e letture differenti. Questo dovrebbe spingerci ancora di più a confrontarci, a pensare, a riflettere; ma è ben per questo che dovremmo scegliere una data che apra alla riflessione, che apra ad una pluralità di letture, che apra soprattutto al confronto fra le posizioni che ci hanno visti divisi nella nostra società.
Olga D'Antona ha ricordato una parola molto significativa, anzi ha usato un'espressione: «doppio Stato». Nel rileggere gli anni dal 1969 in poi dobbiamo verificare se un doppio Stato vi sia stato o meno.
Ancora, Olga D'Antona ha detto che noi dobbiamo trasmettere una memoria per difendere le istituzioni democratiche. Io vorrei precisare che le istituzioni democratiche si costruiscono, non sono qualcosa di dato, perché noi sappiamo, da Portella della Ginestra in poi, come anche le istituzioni abbiano avuto delle collusioni con riferimento agli atti di violenza e come la violenza sia stata utilizzata per bloccare l'evoluzione della nostra Repubblica. Vorrei ricordare - anche se entriamo in campi particolarmente delicati e quindi spero di non toccare dei tasti dolenti - che proprio l'onorevole Violante si è domandato, nel caso del sequestro del giornalista Mastrogiacomo, se era giusto o non giusto trattare, se era giusto o non giusto esaudire le richieste dei terroristi (anche se in questo caso parliamo di un avvenimento avvenuto fuori dei confini del nostro paese), insomma si è interrogato sull'atteggiamento della fermezza o non fermezza che occorre avere nei confronti dei ricatti del terrorismo.
Questo, infatti, dà anche la cifra di come le istituzioni si debbano atteggiare e vorrei ricordare il nostro atteggiamento nel caso del sequestro di Aldo Moro, che fu per tutta la mia generazione un punto Pag. 40di svolta drammatico, e non perché la stragrande maggioranza di quella generazione condividesse l'azione dei terroristi, anche di sinistra, rossi.
Noi fummo sconvolti nel 1974, quando ci fu il primo vero atto di terrorismo, il sequestro del giudice Sossi; capimmo immediatamente, infatti, che si era presa una strada senza ritorno, una strada buia che avrebbe compresso le lotte di democrazia e di avanzamento sociale, che invece avevano caratterizzato i movimenti di massa dal 1968 in poi.
Così come fummo colpiti dal sequestro Sossi, comprendendo il vicolo cieco in cui ci si andava ad infilare, così fummo colpiti dal sequestro dall'onorevole Moro e decidemmo con molta determinazione di scendere in piazza e di lanciare degli appelli, anche noi di sinistra, che stavamo nei movimenti e nei gruppi extraparlamentari, affinché l'onorevole Moro venisse rilasciato; ma quel che non condividemmo fu l'atteggiamento di fermezza, fu cioè questo chiamare lo Stato democratico ad un ruolo che non gli compete, secondo me, e che non rientra nei limiti della democrazia. Si volle mostrare, cioè, la faccia assoluta dello Stato, come se cedere al ricatto di un terrorista fosse mostrare la debolezza e non la forza di una società che in quel momento cede e successivamente sa articolare una risposta politica.
La lotta che fu ingaggiata non fu più una lotta politica, ma fu una lotta tra apparati militari e furono fatti tacere i movimenti di massa. Questo è un altro punto della memoria che noi dobbiamo assolutamente ricordare, questo fu uno dei danni drammatici causato dal terrorismo.
Noi dicemmo in quegli anni, in un gergo e con parole forse non gradevoli, che il ruolo avanguardistico di espropriazione che veniva svolto dai gruppi armati nei confronti della partecipazione degli operai, delle donne, dei giovani che in tutti quegli anni si erano mobilitati, era stato il dato più drammatico in termini sociali e di sviluppo della democrazia, insieme all'uccisione delle persone in carne e ossa. Gli anni settanta sono stati anni bui, gli anni del buio della Repubblica, ma sono stati anche gli anni in cui milioni e milioni di persone si sono mobilitate e hanno partecipato, e lo hanno fatto dentro una tenaglia che andava dal terrorismo alle attività repressive dello Stato, in una situazione militarizzata, in cui era difficile addirittura scendere in piazza.
Pure, in quegli anni si è scesi in piazza, appunto con la forza, per dire che non c'era solo la risposta armata dello Stato contro quella del terrorismo, ma anche la possibilità di sviluppare i movimenti di lotta, di suscitare una partecipazione.
Ricorderò sempre le assemblee all'università in cui, appunto, c'era il reclutamento da parte dei gruppi terroristi nelle assemblee del 1977, per far nomi e cognomi.
Eppure, essere presenti in quelle assemblee, contrastare il disegno terroristico e i disegni delle bande armate fu un atto di crescita democratica, perché non ci si limitava semplicemente a richiedere una risposta militare, che fu data ma senza i risultati sperati (oggi, infatti, come ancora ben sappiamo, continuano ad esserci vittime del terrorismo, sia pure in forma limitata, , e continuano ad essere alimentate nel nostro paese suggestioni della lotta armata, quindi, qualcosa nella trasmissione della cultura e del credo democratico non ha funzionato).
Ora, non voglio sostenere - perché sarebbe tesi ardita, ma potrebbe essere oggetto di un confronto - che, appunto, la risposta militare non ha risolto i problemi alla radice, i quali sono, appunto, la possibilità di dimostrare che, attraverso le lotte di massa, le lotte collettive e la non violenza è possibile trasformare la società.
Di fronte a chi si illude che con dei gesti forti, di violenza sia possibile abbattere lo Stato bisogna ricordare che non si tratta della «presa del potere» - non esiste, infatti, un cuore dello Stato, dal momento che lo Stato democratico consiste, appunto, di relazioni sociali, di istituzioni -, ma della necessità che queste istituzioni, queste relazioni sociali vadano cambiate, e non c'è la via breve per cambiarle.Pag. 41
Abbiamo celebrato alcuni giorni fa la morte di Gramsci: la grande lezione di Gramsci consiste, appunto, nella lettura ricca ed intelligente di che cosa è lo Stato.
Lo Stato è, appunto, egemonia, diceva Gramsci, e dunque dobbiamo comprendere che solo attraverso la costruzione di egemonie democratiche e, quindi, trasformando molecolarmente la società è possibile avere altre relazioni sociali e altre strutture istituzionali.
Questo non siamo stati in grado di farlo, nessuno. Però, nel momento in cui, e chiudo signor Presidente, vogliamo stabilire un giorno in cui i giovani e tutte le persone della nostra società riflettano su quegli anni bui, dobbiamo avere la capacità di offrire la pluralità delle opzioni che erano davanti alla società italiana e che non sono state perseguite.
Aldo Moro è stato ucciso dai brigatisti rossi, loro è la colpa: nessuno li obbligava a effettuare quell'atto così efferato. Però, dobbiamo sempre interrogarci se i modi in cui la società rispose a quel sequestro e poi a quell'uccisione siano stati gli atti giusti.
Ritengo che ci fossero altre possibilità - e furono anche tentate -, ma noi, soprattutto per gli anni successivi, abbiamo ristretto il modo di crescita della società italiana, che deve essere, appunto, un modo di crescita delle istituzioni che si ispirano anch'esse alla non violenza.
Non a caso, lo stesso diritto penale si è evoluto in forme, appunto, umanitarie. Non a caso (e queste sono le risposte da dare ai fenomeni sociali), il brigatismo, così come il doppio-Stato, lo si può sconfiggere - e lo si è sconfitti - in termini semplicemente e totalmente politici, cioè ridefinendo le modalità in cui le istituzioni agiscono e i modi in cui anche le forze della trasformazione debbono utilizzare i metodi di lotta politica e non, appunto, i metodi violenti.
Questa è stata una crescita lenta, che ci ha anche educato. Ed è stata una crescita che ha riconosciuto - onorevoli colleghi, voglio qui affermarlo - che nell'album di famiglia della sinistra, il problema della violenza non era mai stato (e forse non è stato ancora) superato, così come da parte dello Stato ci vorranno ancora - se non vogliamo dire che sia già stato superato - anni ed anni affinché anche lo Stato nell'esercizio del suo monopolio della violenza ricorra a modalità, che non violino la dignità delle persone.
Si è trattato di anni bui, con 500 morti e migliaia di feriti: un terrorismo che è venuto sia da destra sia da sinistra e che ha ucciso le possibilità della trasformazione nel nostro paese. Per questo motivo, un giornale come Liberazione, ha voluto ricordare gli anni Settanta non solo nei suoi lati bui, ma anche nei suoi lati di capacità di lotta e di proposizione.
Onorevoli colleghi, in conclusione, l'assassinio di Aldo Moro fu per tutti noi un colpo durissimo ed è ciò che ci spinge tuttora ad ergere le barriere nei confronti del partito armato e a batterci contro i suoi reclutamenti. Tuttavia - condividiamo la proposta dell'onorevole Boato - sarebbe stato molto più giusto ricordare come giornata della memoria la strage di piazza Fontana, perché allora ebbe inizio quel periodo buio; essa avrebbe comportato la possibilità di rileggere continuamente e permanentemente, in quale modo il doppio Stato abbia agito nella nostra società e come da una risposta errata a quel doppio Stato siano scaturite anche le pulsioni del terrorismo di sinistra.
Voglio ricordare, infine, quelle migliaia e migliaia di persone che, fra il doppio Stato e il terrorismo di sinistra e di destra, ebbero la forza di scendere in piazza, quando ciò era vietato o perché si era infiltrati dal partito armato, mostrando che la via della lotta democratica era percorribile.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, la proposta di legge in discussione istituisce la celebrazione nazionale del giorno della memoria, per ricordare le vittime del terrorismo interno ed internazionale e delle stragi.
La data individuata (il 9 maggio, anniversario dell'uccisione di Aldo Moro) è Pag. 42appropriata e significativa. Infatti l'omicidio di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse rappresenta il fatto più grave e più clamoroso tra i crimini commessi dal terrorismo; inoltre segnò l'inizio di un enorme ed unitaria mobilitazione popolare contro il terrorismo e in difesa delle istituzioni democratiche.
Si tratta di un provvedimento atteso da anni da diverse associazioni e forze politiche e sindacali, in particolare dall'associazione italiana vittime del terrorismo.
È un provvedimento importante e positivo per le ragioni che proverò in sintesi ad elencare: innanzitutto la Repubblica decide e si impegna, attraverso il giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi, a costruire una memoria storica condivisa, che oggi manca, che ricordi i crimini e i delitti commessi dei terroristi, il loro progetto eversivo e destabilizzante delle istituzioni democratiche.
Infatti è evidente che solo una memoria condivisa che condanni senza incertezze e ambiguità il terrorismo e i disegni eversivi che lo ispirarono può consentire ai principi e ai valori democratici alla base del nostro ordinamento e della Costituzione, di rafforzarsi e radicarsi tra le giovani generazioni.
Il giorno della memoria deve diventare l'occasione, come previsto nella proposta di legge, di promuovere incontri, manifestazioni pubbliche e momenti di riflessione per approfondire quei fatti e spiegare il progetto criminale assassino delle varie organizzazioni terroristiche e per raccontare le storie dei tanti servitori dello Stato che decisero di combattere con coraggio, per difendere la nostra democrazia. Inoltre, il giorno della memoria impedisce che il terrorismo venga rimosso e sia considerato una parentesi breve della nostra storia, una specie di imprevisto provocato da piccoli errori ed esagerazioni dettati da eccessi giovanili o da un generalizzato uso della violenza, una caratteristica questa tutta italiana. Spesso nel nostro Paese assistiamo sconcertati a lezioni di storia da parte di ex terroristi che hanno la pretesa e l'arroganza di provare ad imporre il loro punto di vista e la loro memoria su quei tragici eventi. Il presenzialismo, il protagonismo e il ruolo che alcuni «ex» svolgono da noi non hanno uguali in altri Paesi colpiti dal terrorismo. Così come è eccezionale, in negativo si intende, l'ansia di perdonare, reinserire e recuperare i teorici e gli autori di crimini atroci. Alle volte si ha quasi l'impressione che l'opinione pubblica sia più attenta ai carnefici, agli assassini, piuttosto che alle vittime e ai loro familiari.
Non possiamo non considerare che - altra anomalia italiana - nel nostro Paese, seppure in forme meno pericolose e diffuse che in passato, come dimostrano alcune recenti indagini di alcune procure della Repubblica, continuano a manifestarsi tentativi di riorganizzare e rimettere in funzione nuclei terroristici con finalità violente ed eversive. Questo accade anche perché non si è mai fatta piena chiarezza su alcuni episodi e su quell'area grigia di consensi, più o meno espliciti, che favorirono ideologie e gruppi eversivi.
Il «Giorno della memoria» può diventare lo strumento per affermare, divulgare e raccontare i fatti e le verità accertati in sede processuale e storica sul terrorismo e sui terroristi. In questo modo potranno dissolversi le ambiguità e i dubbi che ancora alimentano alcune aree di simpatia, di comprensione e di giustificazione verso quei crimini.
Infine c'è un'ultima considerazione da fare. La proposta di legge, dopo l'approvazione di un insieme di leggi volte a tutelare e assistere i familiari delle vittime del terrorismo, ricorda le vittime e riconosce loro il ruolo fondamentale che svolsero nel contrastare e sconfiggere il terrorismo. Si tratta di magistrati, appartenenti alle forze dell'ordine, professori, sindacalisti, avvocati: semplici cittadini che non si piegarono alle minacce e alle intimidazioni; che non accettarono, spesso andando contro corrente, i facili compromessi e la logica del disimpegno; che non si voltarono da una altra parte facendo finta di non vedere cosa stava accadendo.
Alcuni di questi cittadini sono morti per aver difeso lo Stato e le istituzioni che Pag. 43noi rappresentiamo. Altri furono picchiati, gambizzati, umiliati e derisi. È giusto ricordare che la nostra democrazia ha sconfitto il terrorismo grazie al sacrificio di queste persone, che devono dunque diventare esempi positivi da far conoscere per spiegare, soprattutto ai più giovani, l'importanza della democrazia e della libertà (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Tranfaglia, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, è sempre stimolante partecipare ai dibattiti in Assemblea perché emergono spunti che fanno poi comprendere come un progetto di legge, che dovrebbe trovare unità di consensi, invece non li trova in sede di dichiarazione di voto. Il collega Russo di Rifondazione Comunista ha motivato la sua astensione, non ho capito bene come, ma cercherò di interpretare. Inoltre dalle motivazioni si ricava che il testo - che naturalmente l'UDC condivide - viene poi sottoposto ad interpretazioni molto diverse. Ma del resto è la realtà che offre spunti diversi.
Vorrei ricordare al collega di Rifondazione Comunista un episodio chiaro e incontrovertibile: il linciaggio di tre carabinieri nel 2001, anche se forse non si tratta propriamente di terrorismo. Lasciamo da parte le giornate di Genova. In quel contesto c'era una camionetta dei carabinieri con tre carabinieri feriti e sanguinanti e c'era un gruppo di facinorosi, chiamiamoli così, che stava per linciarli. Il fatto non è avvenuto di notte, ma di giorno ed è stato ripreso da tutte le angolazioni da parte delle telecamere. Purtroppo in quella occasione uno di quei giovani ha perso la vita. Non ho dubbi nel dire che le vittime erano i carabinieri che stavano per essere linciati, ragazzi di leva che si trovavano lì per fare il loro dovere, e che gli aggressori erano quelli con il passamontagna che cercavano di colpirli con le spranghe e con un estintore. Però il gruppo di Rifondazione Comunista ha dedicato una sala del Senato non ai carabinieri che stavano per essere linciati, ma al giovane Carlo Giuliani che stava per linciarli.
Cito questo episodio per dire come nel 2007 forse non abbiamo ancora la consapevolezza, anche nel linguaggio, di quello che è accaduto in Italia negli ultimi cinquant'anni. L'onorevole Russo ha parlato di doppio Stato, di risposta militare al terrorismo nel nostro Paese; in questo modo continua a perpetuare una lettura a nostro avviso del tutto distorta e fuorviante di ciò che è accaduto in questo Paese.
Quale risposta militare è stata data in questo Paese? Ciò è accaduto forse in Argentina, forse in Cile, forse in Sudamerica; in Italia è stata data una risposta limpidamente democratica. Si tratta di un fenomeno che è costato la vita a centinaia di persone, di un terrorismo, sia di destra sia di sinistra, che ha colpito decine di magistrati, di giornalisti, di uomini politici, che è arrivato a colpire il cuore dello Stato con l'assassinio di Aldo Moro ed ha visto una risposta sicuramente non di repressione generalizzata, perché abbiamo convissuto in questi decenni così difficili in una piena democrazia, nel rispetto dei diritti umani, malgrado ci fosse un attacco così virulento del terrorismo.
Sulla vicenda del doppio Stato - prima era presente Gerardo Bianco, che è uno dei più anziani parlamentari (precede anche l'onorevole Castagnetti) e che ha una storia comune alla mia nella Democrazia Cristiana - dobbiamo dire una buona volta se Ugo La Malfa, Aldo Moro, Amintore Fanfani, Emilio Colombo che è senatore a vita, Oscar Luigi Scalfaro, Cossiga erano complici del doppio Stato, se vi era una sorta di guerra civile, come riaffiora nell'interpretazione della sinistra, per cui da una parte vi era il terrorismo che rispondeva con la violenza alla repressione e dall'altra vi era un doppio Stato che voleva togliere la democrazia nel nostro paese. Chi? Quando? Come?
Ho visto tantissime vittime: ho visto Aldo Moro e la sua scorta pagare con la Pag. 44vita, nonché decine di esponenti politici colpiti. C'era chi faceva da bersaglio; pensate a Roberto Ruffilli, ucciso dalle Brigate rosse nel 1987, uno studioso di sistemi elettorali, un uomo buono, inerme. Passando ai casi più recenti, pensate ai sindacalisti, a D'Antona (poco fa è intervenuta la moglie in Assemblea), a Marco Biagi. Pensate a Casalegno, ai magistrati, a persone che hanno pagato con la vita il fatto di garantire la nostra libertà e la nostra democrazia.
Io non posso dimenticare che se oggi sono in questa sede, in un paese libero e democratico e posso parlare, lo devo al sacrificio di tutte queste persone, molte delle quali (come l'avvocato Croce a Torino) sapevano benissimo i rischi ai quali andavano incontro e li hanno affrontati inermi di fronte ad assassini vigliacchi che sparavano a persone disarmate. E li uccidevano proprio perchè disarmati ed inermi; perchè la vita umana non aveva nessun valore, perché bisognava colpire i simboli e tutto ciò con cui per anni ed anni ci hanno tentato di convincere parlando della rivoluzione impossibile.
Ancora oggi abbiamo una discrepanza, un comportamento collettivo sinceramente inaccettabile: chi ha pagato con la vita ha pagato per sempre. I familiari di chi è stato ucciso sopportano ancora la loro tragica condizione umana. Mi ha colpito il figlio di Lando Conti che ha parlato in una scuola del modenese dieci giorni fa ed ha illustrato le tragiche condizioni di isolamento dei familiari e ha citato - ma lo sappiamo tutti - la lista dei terroristi ed ex terroristi che sono in cattedra, pontificano, vengono assunti dalle regioni, dalle province, hanno incarichi per insegnare che cosa sia la legalità democratica ai familiari delle vittime, entrano in Parlamento, fanno i consulenti dei ministri, sono nominati nelle commissioni.
Qui si fa una confusione che credo non sia accettabile perché quando nella Costituzione si richiama il recupero e il reinserimento nella società del detenuto non si intende sostenere che colui che ha commesso gravi delitti debba andare a fare il leader politico o che chi è stato l'ideatore o l'esecutore materiale di crimini così efferati possa pensare di fare quello che non ha fatto padre Cristoforo. Nei Promessi Sposi vi è la bellissima pagina del perdono dei familiari del nobile ucciso da padre Cristoforo che si reca nel palazzotto del fratello della vittima a chiedere perdono. Ma padre Cristoforo si è fatto frate! Vi è andato in tonaca! Non è andato dicendo «io vengo qui per spiegarvi come si governa Milano e mi metto in concorrenza con voi».
Certo, il perdono cristiano è proprio di chi dovrebbe avere anche la consapevolezza che le sue azioni non sono finite nel momento in cui ha ucciso ed ha troncato per sempre la vita di una persona, e dovrebbe avere la consapevolezza delle ripercussioni sui familiari delle vittime in termini di umiliazione, rabbia, soprusi, ristrettezze economiche che quelle azioni hanno comportato.
In questo senso l'istituzione di una giornata della memoria assumerebbe il significato di un segno che, almeno dal punto di vista morale, potrebbe testimoniare alle famiglie delle vittime del terrorismo di destra, di sinistra, delle Brigate rosse e dei Nar, che lo Stato fa una differenza - la stessa differenza che dovrebbe essere ben viva nella collettività nazionale - tra coloro che hanno sacrificato la vita per assicurare a noi tutti il diritto a vivere liberamente e democraticamente e coloro che, invece, hanno perseguito lucidamente e follemente il disegno di abbattere uno Stato democratico, passando attraverso l'eliminazione fisica degli individui.
Questa è la cosa terribile, e a me sembra che in tante rievocazioni non ci sia la dimensione esatta di quello che è accaduto perché negli anni Settanta e Ottanta il consenso ai terroristi che sparavano era molto largo: se potevano organizzarsi ed uccidere era anche perché vi erano decine di migliaia, o forse centinaia di migliaia, di persone che, in cerchi concentrici - alcuni con responsabilità dirette, altri con responsabilità indirette - simpatizzavano con il terrorismo.Pag. 45
Com'è possibile che nel nostro Paese vi sia ancora questo virus? Com'è possibile che ancora oggi vi sia qualcuno che nei cortei sfila sostenendo le Brigate rosse, i compagni che ancora una volta sbagliano, e che quindi, in qualche modo, ancora nel 2007 fiancheggia, se non praticamente, almeno idealmente, l'idea che con la violenza ed il disprezzo della vita umana si possano ottenere dei risultati?
Onorevoli colleghi, lasciamo da parte questa cialtroneria del doppio Stato. Ora io non intendo sostenere che in cinquant'anni di democrazia italiana non vi siano stati funzionari infedeli, collusioni, o complicità. La mano sul fuoco non ce la metto per nessuno, ci mancherebbe altro! Però se ricostruiamo le vicende, per esempio, dell'organizzazione composta di patrioti e di volontari che all'interno della NATO, nel dopoguerra, in caso d'invasione dall'Est avrebbe salvaguardato la nostra democrazia e la nostra libertà, ci troviamo di fronte ad un'organizzazione legittima che lavorava per lo Stato italiano, costituita prevalentemente da ex partigiani bianchi e che si muoveva nella legalità, anche se era coperta. Sicuramente non possiamo dire le stesse cose di quella traccia che viene dal 1945 o dal 1946. Ce l'hanno spiegato a Reggio Emilia i vari Franceschini e quelli che nel mito, del tutto sbagliato e fuorviante, di una Resistenza tradita, negli anni Sessanta o Settanta pensavano di riprendere una battaglia che nel 1945 era fallita, per fare con la violenza una nuova azione rivoluzionaria. È una follia. Non possiamo mettere sullo stesso piano, con la facile rievocazione di questo doppio Stato, chi ha combattuto lo Stato e chi lo Stato lo ha difeso; una classe democratica che per cinquant'anni ha garantito libertà e democrazia, con chi la libertà e la democrazia l'ha combattuta ed in maniera così efferata.
Credo, quindi, che questa proposta di legge sia importante e noi la voteremo con convinzione. Riteniamo, inoltre, che la data che è stata scelta come giorno della memoria sia una data emblematica e significativa, perché quando uno dei massimi leader di uno Stato democratico, che è stato coscienza storica e critica di un Paese per decenni, viene assassinato in maniera così brutale, volendo dare il segno di una delle tante vittime del terrorismo che ha colpito a tutti i livelli, Aldo Moro sia veramente quello che più di tutti può significare questo momento di riflessione collettiva. Consideriamo, però, questo anche un punto di partenza e speriamo che dal dibattito politico, almeno in Parlamento, vengano escluse le voci giustificazioniste di un certo tipo di passato, che in qualche modo legittimano anche le azioni violente, considerandole sbagliate tatticamente ma tali da mettere in discussione, con le armi, una repressione che veniva dall'altro e che richiamano in modo disinvolto una risposta militare che non vi è stata. In caso contrario rischiamo davvero che sul mito di uno Stato repressivo, che non c'è mai stato ieri e che non c'è neanche oggi, si costruiscano con le nuove generazioni altri episodi di violenza che speriamo tutti, per il futuro, non abbiano più a ripetersi (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), DCA- Democrazia Cristiana per le Autonomie- Partito Socialista-Nuovo PSI e del deputato Gerardo Bianco).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccioli. Ne ha facoltà.

CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare l'onorevole D'Antona per l'intervento di questa mattina e per l'onestà intellettuale con cui ha ricostruito, nella loro tragica sequenza, le vicende di quegli anni lunghissimi, che apparivano non finire mai. A nome del gruppo, condivido questa proposta di legge, perché credo sia necessario costruire una memoria condivisa, ossia scrivere una ricostruzione che avvenga, da entrambe le parti, attraverso il libero pensiero: solo questo può riunire e permettere di costruire un futuro migliore.
Ciascuno ha la sua personale memoria del passato: io ricordo di essere stato giovane protagonista di quegli anni sui Pag. 46banchi del liceo e su quelli dell'università; non sono entrato nella tragica spirale della violenza assoluta, forse perché appartenevo ad una fascia generazionale lievemente più giovane rispetto ad altre. Ricordo, però, che, quando in Italia avveniva qualcosa che era attribuibile o presuntivamente attribuibile alla destra - anzi all'estrema destra o alla destra anarcoide (ricordo, ad esempio, il fenomeno dei nazi-maoisti) -, era un problema andare nelle aule e partecipare alle assemblee. Dopo il liceo mi iscrissi all'università a Roma - presso la facoltà di medicina - e, alla fine del primo anno, mi dovetti lanciare dal secondo piano dei laboratori di anatomia in via Borrelli: gruppi di estremisti con le spranghe in mano davano la caccia a me e ad un collega universitario, perché, qualche giorno prima, avevamo distribuito alcuni volantini del FUAN.
Ognuno, quindi, ha la sua memoria storica ed il suo ricordo. Per fortuna, però, quei tempi sono passati ed i fatti hanno cancellato opinioni che non solo erano discutibili, ma erano anche la premessa degli orrori che in seguito si sono verificati: credo sia un atto encomiabile di questo Parlamento il sentimento comune di comprendere quelle vicende e poi distaccarsene. Ritengo utile, quindi, la scelta di una giornata del ricordo: In proposito, l'onorevole Violante ha parlato di un ordine del giorno affinché nelle scuole si discuta di questo: soprattutto le nuove generazioni, che non hanno vissuto personalmente quegli avvenimenti, devono cercare di capire cosa sia successo e attraverso quali modalità molti giovani siano caduti in un tragico scenario, che alcuni - forse non giovani - avevano innescato. Con la mente rivolta ad allora, non mi pento di aver partecipato a movimenti giovanili della mia area politica, ma posso dire oggi, con maggiore maturità di giudizio, che alcune scelte, di contrapposizione frontale e di scontro assoluto, erano sicuramente sbagliate, sia da una parte che dall'altra. Per quanto riguarda la mia parte lo posso testimoniare: ho memoria storica che l'allora nostro leader, Giorgio Almirante, ebbe sempre parole assolutamente franche e di netta condanna per la violenza gratuita, che comunque si trascinava in una spirale senza fine e sempre più atroce.
Ritengo giusta la data del 9 maggio, legata alla memoria di Aldo Moro: altre date potevano avere un'interpretazione di parte e comunque sottolineare ed accentuare qualcosa di particolare, mentre l'assassinio di Moro rappresenta non solo la morte di un uomo, ma anche una finestra aperta su una vicenda e sul suo percorso.
Sono tra coloro che ritengono che il partito della fermezza sia un partito giusto, che arrendersi - come ci si è arresi nei mesi e negli anni precedenti - di fronte a chi pratica la violenza porti a violenze maggiori. Se vogliamo segnare una data in cui le Brigate Rosse e quel tipo di terrorismo raggiungono l'acme, il punto più alto, ma cominciano nel contempo la loro discesa, essa coincide proprio con la morte di Aldo Moro.
Mi sento di dire, quindi, che la scelta è ampiamente condivisibile e giusta, scevra da interpretazioni e opportunità di parte. Sono vicino e solidale con coloro che qualcuno ha nominato cittadini invisibili, poiché accanto ai grandi episodi - come quelli di Aldo Moro, dei giudici, di personaggi politici di primo piano - ci sono centinaia di persone di cui nessuno di noi, se non occasionalmente, ricorda nome e cognome, che per un errore o magari trovandosi un giorno per caso in un bar che è stato incendiato - come è successo a Torino - o perché semplicemente erano in una scuola sbagliata - come successe a Ramelli - hanno perso la vita, da giovani, senza conoscere fino in fondo il perché della loro sorte. Mi sento, quindi, di dire oggi che ci sono vittime innocenti sia a destra sia a sinistra, nonché tra persone che non avevano neanche scelto una collocazione politica, e che, come qualcuno ha detto stamattina, erano lì per caso.
Penso che queste pagine di storia della Repubblica debbano essere girate per sempre. Si tratta di pagine che non devono ripetersi e che, comunque, non devono più ritornare con quelle modalità.Pag. 47
Con questo spirito, mi accingo ad esprimere un voto favorevole su questa proposta di legge, auspicando che non diventi poi strumentalizzabile, che non sia la bandiera di cui una parte politica voglia impossessarsi per scrivere la storia a senso unico, per negare vicende accadute. Questo Parlamento, nella scorsa legislatura, con grande dignità e fierezza, oltre che a larghissima maggioranza, ha reso visibile la triste vicenda delle foibe, di morti, vittime di una visione scellerata, che una parte rivendicava come proprie, ma che costituivano invece patrimonio comune dell'Italia e di tutti. Credo che con quello stesso spirito, il Parlamento dovrebbe ora approvare questa proposta di legge.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2489 ed abbinate)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta, che avrà luogo alle 15 con l'esame di documenti in materia di insindacabilità.

La seduta, sospesa alle 14,25, è ripresa alle 15,10.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bimbi, Bruno, Leoni, Migliore, Piscitello, Scajola e Stucchi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione di documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione di documenti in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Ricordo che a ciascun gruppo, per l'esame di ciascun documento, è assegnato un tempo di cinque minuti (dieci minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato). A questo tempo si aggiungono cinque minuti per il relatore, cinque minuti per richiami al regolamento e dieci minuti per interventi a titolo personale.

(Esame - Doc. IV-quater, n. 8)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione del seguente documento:
Relazione della Giunta per le autorizzazioni sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti della deputata Angela Napoli (Doc. IV-quater, n. 8).

La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dalla deputata Angela Napoli nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, deputato Giovanardi.

CARLO GIOVANARDI, Relatore. A nome della Giunta, riferisco su una domanda di insindacabilità avanzata dall'onorevole Angela Napoli collegata ad un episodio di polemica politica che faceva riferimento alle elezioni comunali che si sono tenute a Cosenza lo scorso anno, Pag. 48oggetto anche di interrogazione parlamentare. Nella relazione a cui faccio riferimento e a cui mi rimetto, sono contenuti i dettagli della vicenda che, a rigore, non appaiono offensivi per la persona che cita in giudizio la collega Napoli. Quest'ultima si era limitata a criticarne l'operato attribuendogli la responsabilità di eventuali irregolarità nella accettazione delle liste presentate da alcuni partiti e ad annunciare la richiesta della sua rimozione. Le critiche al procedimento elettorale sono integralmente contenute nell'atto di sindacato ispettivo depositato da Angela Napoli il 6 giugno 2006. Per intenderci, lo dico ai colleghi, la collega Napoli ha esplicitato all'esterno frasi che erano già contenute in un'interrogazione parlamentare presentata precedentemente e che poi era stata discussa anche nell'aula di Montecitorio. Le restanti frasi pronunciate dalla collega non sembrano poter integrare gli estremi della diffamazione ed è per questo motivo che la Giunta, all'unanimità dei suoi componenti, propone di dichiarare l'insindacabilità delle opinioni espresse dalla collega.

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Votazione - Doc. IV-quater, n. 8)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione la proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-quater, n. 8, concernono opinioni espresse dalla deputata Angela Napoli nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
(È approvata).

(Esame - Doc. IV-quater, n. 9)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione del seguente documento:
Relazione della Giunta per le autorizzazioni sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di procedimenti penali riuniti nei confronti dei deputati Mario Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere, Giacomo Chiappori, Giancarlo Pagliarini e Luigino Vascon, deputati all'epoca dei fatti, e del deputato Maroni e del senatore Roberto Calderoli (Doc. IV-quater, n. 9).

La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali sono in corso i procedimenti concernono opinioni espresse da Mario Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere, Giacomo Chiappori, Giancarlo Pagliarini e Luigino Vascon, dal deputato Roberto Maroni e dal senatore Roberto Calderoli nell'esercizio delle loro funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, deputato Giovanardi.

CARLO GIOVANARDI, Relatore. Signor Presidente, anche nel caso in esame la Giunta si è espressa all'unanimità sulla domanda di insindacabilità avanzata, ormai molti anni or sono, da alcuni colleghi ed ex colleghi della Lega Nord.
I dettagli della vicenda sono contenuti nella relazione scritta alla quale mi rimetto. Voglio soltanto accennare al fatto che si trattava di un processo che, inizialmente, aveva molte imputazioni, le quali tuttavia, con il passare degli anni, sono decadute sia per prescrizione, sia per modifiche legislative. È rimasta solamente una imputazione di natura associativa, riferita all'organizzazione delle «camicie verdi», rispetto alla quale i parlamentari avrebbero avuto un ruolo non già materiale e organizzativo, bensì solo promozionale e propagandistico.
Per l'unanimità della Giunta si è dunque trattato di fattispecie di opinioni collegate con la battaglia federalista condotta in Parlamento e nelle altre istituzioni, nel Governo e negli enti territoriali, dagli esponenti della Lega Nord.

Pag. 49

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Votazione - Doc. IV-quater, n. 9)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che occorre procedere a distinte votazioni.
Pongo in votazione la proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali sono in corso i procedimenti di cui al Doc. IV-quater, n. 9, concernono opinioni espresse da Mario Borghezio, deputato all'epoca dei fatti, nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
(È approvata).

Pongo in votazione l'analoga proposta della Giunta relativa a Umberto Bossi, deputato all'epoca dei fatti.
(È approvata).

Pongo in votazione l'analoga proposta della Giunta relativa a Enrico Cavaliere, deputato all'epoca dei fatti.
(È approvata).

Pongo in votazione l'analoga proposta della Giunta relativa a Giacomo Chiappori, deputato all'epoca dei fatti.
(È approvata).

Pongo in votazione l'analoga proposta della Giunta relativa a Giancarlo Pagliarini, deputato all'epoca dei fatti.
(È approvata).

Pongo in votazione l'analoga proposta della Giunta relativa a Luigino Vascon, deputato all'epoca dei fatti.
(È approvata).

Pongo in votazione l'analoga proposta della Giunta relativa al deputato Roberto Maroni.
(È approvata).

Pongo in votazione l'analoga proposta della Giunta relativa al senatore Roberto Calderoli, deputato all'epoca dei fatti.
(È approvata).

(Esame - Doc. IV-quater, n. 10)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione del seguente documento:
Relazione della Giunta per le autorizzazioni su una richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti della deputata Bellillo (Doc. IV-quater n. 10).

La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dalla deputata Bellillo nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, deputato Paniz.

MAURIZIO PANIZ, Relatore. Signor Presidente, la Giunta per le autorizzazioni ha deciso all'unanimità per l'insindacabilità in relazione ad un'iniziativa che ha visto coinvolta l'onorevole Bellillo che si era recata in visita presso il CPT di Ragusa. In realtà, agli atti di questo Parlamento esiste un'esplicita relazione della scorsa legislatura dell'onorevole Fanfani che conferma che anche la visita in tali luoghi costituisce atto tipico dell'esercizio della funzione parlamentare.
Per questa ragione, la Giunta per le autorizzazioni si è espressa all'unanimità nel senso della insindacabilità.

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

Pag. 50

(Votazione - Doc. IV-quater, n. 10)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione la proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-quater, n. 10, concernono opinioni espresse dalla deputata Bellillo nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
(È approvata).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,20).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Sull'ordine dei lavori e per un richiamo al regolamento.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e per un richiamo al regolamento.
Desidero sottoporre alla sua attenzione alcune questioni, immagino non a lei ignote. Lei sa, Presidente, perché ha deciso di non sapere o di non volere, che abbiamo chiesto che il Governo venisse a riferire alla Camera in merito alla gravissima vicenda delle dimissioni di un giudice costituzionale e sulle interferenze del Governo sull'attività della Corte costituzionale.
Lei ha deciso di non sapere, perché ha deciso, a seguito di questa nostra richiesta, di non convocare tempestivamente la Conferenza dei presidenti di gruppo. È evidente quello che da ciò discende. D'altra parte, capisco anche il suo atteggiamento: deve convocare la riunione dei presidenti di gruppo per poi, come sempre fa, attenersi alle volontà delle forze politiche della maggioranza che magari avrebbero detto, senza averne titolo, di essere contrarie alla volontà dell'opposizione di chiedere al Governo di riferire in Parlamento; tutto ciò sarebbe stato perfettamente inutile. Tra una finzione e l'altra, è evidente che non tocca a noi la scelta.
A fronte di una richiesta proveniente dall'opposizione, a noi appare tutto ciò molto grave, molto irrispettoso, dal punto di vista istituzionale, del prestigio, che gode e dovrebbe sempre godere, la Corte costituzionale, la cui autonomia dovrebbe essere un presidio che anche i Presidenti delle Camere dovrebbero contribuire a salvaguardare.
Presidente, non so se lei vorrà rimettere anche alla volontà dei colleghi della maggioranza o alla disponibilità del Governo, la nostra richiesta che l'Esecutivo venga immediatamente a riferire in Parlamento quantomeno sulla gravissima aggressione subita ieri a piazza San Giovanni dall'onorevole Segni, il quale è promotore di un'iniziativa che personalmente non condivido. Tuttavia, credo che anche in questo caso, proprio per il rispetto che va portato a tutte le iniziative democratiche, come sono anche quelle dei referendum, sarebbe giusto che il Governo venisse a riferire in Parlamento e illustrasse quali iniziative intenda assumere anche a tutela di chi promuove la raccolta delle firme per questo importante istituto.
Presidente, siamo molto turbati, immagino lo sia anche lei, per il fatto che in una situazione così grave, anche in questo caso senza precedenti, che vede coinvolto il presidente della CEI, monsignor Bagnasco, a cui tutti noi esprimiamo a parole la nostra solidarietà, si utilizzi la manifestazione del primo maggio - la festa dei lavoratori - per promuovere, in quella che dovrebbe essere una giornata di festa, gravissimi attacchi alla Chiesa cattolica.Pag. 51
Credo che il Governo possa riferire anche su questo particolare 1 maggio, diciamo così, di festa del lavoro e di attacchi nei confronti della Chiesa.
Per quanto concerne un richiamo al regolamento, la pregherei Presidente, di dare una occhiata «distratta», fra una attività e l'altra, fra una dichiarazione politica e l'altra, alle quali peraltro è legittimato, su un istituto del regolamento parlamentare posto a presidio dell'attività conoscitiva delle Commissioni, quello delle audizioni.
Noi avevamo chiesto che stamattina presso la Commissione affari costituzionali (proprio la Commissione che sta elaborando il progetto di legge sul conflitto di interessi) venisse audito il professor Lamberto Cardia, presidente della Consob,
Ora, Presidente, affinché la Commissione possa trarre profitto dal giudizio, dalla consulenza e dalle opinioni espresse dalle persone audite, le audizioni devono svolgersi a norma di regolamento, essendo naturalmente la Commissione e il Parlamento liberi di tenerne più o meno conto. Tuttavia dovrebbe esserci tra maggioranza e opposizione una «clausola di stile» - che il presidente della Commissione e il Presidente della Camera dovrebbero salvaguardare per il rispetto dell'attività conoscitiva e delle persone che noi ascoltiamo - secondo la quale, da un lato, l'opposizione non strumentalizzi le parole della personalità che viene audita, e, dall'altro, la maggioranza si impegni a tenerne conto. Accade invece, Presidente, esattamente il contrario e questo ci rammarica: poco fa, a fronte dei numerosi dubbi che sono stati espressi dal professor Cardia sull'istituto del blind trust, previsto nel testo formulato dalla maggioranza in I Commissione, è uscita, attraverso le agenzie di stampa (non in Commissione), una rassicurante dichiarazione del presidente della I Commissione, secondo cui il professor Cardia avrebbe - «nientepopodimeno» - legittimato il blind trust, esattamente il contrario di quanto è stato dichiarato in Commissione.
Credo, Presidente, che ciò sia poco corretto e poco rispettoso del lavoro del Parlamento e anche delle opinioni espresse dal professor Cardia.
Allora, Presidente, forse, tanto varrebbe che lei convocasse una riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo per anticipare alla settimana prossima l'esame in aula del testo sul conflitto di interessi. Se è inutile fare anche attività conoscitiva, se si è già deciso di andare avanti su quel testo senza voler ascoltare un'opinione che pure si è deciso di ascoltare, è evidente, Presidente, che il confronto in Commissione diventa assolutamente e pacificamente inutile, o tale noi dovremmo ritenerlo.
Su tali aspetti, Presidente, mi permetto, tra una parentesi e l'altra delle sue numerose attività, di richiamare la sua attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Ulizia. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per precisare, per correttezza nei suoi confronti e dei colleghi, e di me stesso, di essermi astenuto in occasione della votazione sul documento in materia di insindacabilità relativo all'onorevole Borghezio. È stata invece registrata sulla votazione una unanimità che non esiste: io mi sono astenuto e potrei spiegare le motivazioni per le quali l'ho fatto. Siamo però sull'ordine dei lavori e credo quindi che non sia il caso di approfondire tale tematica.
Presidente, le chiedo scusa, ma ritengo che, quando il Parlamento delibera su temi di questa natura, concernenti la storia di colleghi che hanno «calcato queste scene» e che in qualche caso sono presenti ancora in Parlamento, dovremmo prestarvi una maggiore e più profonda attenzione. Evidentemente, ho assistito ad un voto del Parlamento di routine, così che, ogni volta che si tratti di applicare la norma relativa all'articolo 68, ho la sensazione che si dia per scontato il voto favorevole sulla proposta formulata dalla Giunta.Pag. 52
Quindi, signor Presidente, devo rilevare - ed avverto in tal senso difficoltà - una superficialità quando decidiamo su questioni che hanno anche un risvolto di carattere patriottico, se me lo consentite, oltre che culturale ed etico.
Si tratta di una questione che dovremmo approfondire meglio, cari colleghi, ed io mi sono astenuto, perché c'è stato vilipendio alla bandiera italiana (Commenti)! All'unità nazionale! Sono cose che il Parlamento non può dimenticare (Commenti del deputato Bricolo), sono cose che il Parlamento deve sottolineare e che, in qualche modo, deve superare!
In conclusione, signor Presidente, ribadisco che il mio voto sul documento di insindacabilità relativo all'onorevole Borghezio è stato di assoluta astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche per il gruppo Alleanza nazionale mi associo alle parole espresse dal capogruppo di Forza Italia, Elio Vito, e alle richieste da lui avanzate. In particolare, Presidente, credo di dover portare alla sua attenzione e sottoporre alla sua intelligenza l'opportunità di un passo verso il Governo in merito alla questione che genericamente attiene al diritto dei cittadini di poter aspirare ad avere un referendum, così come previsto dalla Costituzione.
Le vicende che si sono susseguite in questi giorni - le dimissioni del giudice Vaccarella dalla Consulta e le dichiarazioni di oggi, che hanno un po' sminuito il significato che importanti giornali gli avevano dato, unite all'atto di intolleranza e di intimidazione fisica nei confronti di uno dei principali promotori del referendum, l'onorevole Antonio Segni, al quale è stato ieri impedito di proseguire nella sua azione di raccolta delle firme a piazza San Giovanni, dove tra l'altro erano presenti alcuni ministri che avevano già sottoscritto il referendum da lui promosso - lasciano immaginare che il Governo debba dare delle risposte o mettere in atto le misure necessarie affinché sia realmente possibile esercitare il diritto dei cittadini di raccogliere liberamente le firme per promuovere il referendum.
Come gruppo di Alleanza Nazionale, abbiamo detto che siamo fermamente e fortemente interessati a fare in modo che sia il Parlamento a modificare la legge elettorale. Il nostro obiettivo è che non sia il referendum a decidere come voteremo, ma il Parlamento. Ma da questo ad eliminare, con metodi che non sarebbero corretti, la possibilità finale che sia il referendum a svolgere il delicato ruolo che la Costituzione gli assegna, in mancanza di azione parlamentare, ce ne passa e, signor Presidente, mi affido alla sua intelligenza e alla sua azione affinché il Governo possa venire a riferire in proposito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Incostante. Ne ha facoltà.

MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e, poiché il deputato Elio Vito ha chiamato in causa il lavoro della I Commissione, vorrei leggere segnatamente, a pagina 22, le parole pronunciate dal Presidente della Consob nel corso della sua audizione: «Si può segnalare che l'istituto del blind trust risulta strutturalmente adeguato alla gestione dei patrimoni mobiliari. Pur tuttavia» - prosegue nella pagina successiva - «per quanto riguarda quelli non mobiliari, non può essere invece giustificata da motivi di interesse o di utilità la disposizione dell'obbligo alla vendita». Quindi la dichiarazione che il Presidente Violante ha rilasciato è perfettamente conforme alle dichiarazioni che ha reso il Presidente della Consob, che riferisce solo le sue perplessità costituzionali in base all'obbligo alla vendita.
Volevo sottolineare questo punto, tenuto conto dell'assenza del Presidente, per la correttezza del lavoro svolto da tutta la Commissione.

PRESIDENTE. Come il presidente Elio Vito sa, la Presidenza si è più volte adoperata affinché le richieste al Governo di Pag. 53riferire in Assemblea venissero accolte senza particolari disposizioni volte a misurare il grado unanime o meno di consenso e, come lei sa, il Governo si è presentato a riferire nelle diverse occasioni in cui le opposizioni hanno avanzato tali richieste.
Lei ha avuto la cortesia di riconoscere che le mie attività, anche quelle che non avvengono presiedendo fisicamente, sono legittime. Vorrei rassicurarla sul fatto che esse non mi distraggono dalle funzioni di Presidente della Camera e che, nel caso da lei indicato, tempestivamente, insieme e d'intesa con il Presidente del Senato, abbiamo espresso una pubblica posizione sul valore dell'autonomia della Corte costituzionale, autonomia che riteniamo indispensabile al funzionamento democratico delle istituzioni del Paese. Sulla base di tale valutazione, abbiamo anche richiesto a un membro della Corte di recedere dalla sua proposta di dimissioni.
Come lei sa, la Corte costituzionale si riunisce oggi alle ore 16,30. I presidenti di gruppo del Senato sono convocati per domani alle ore 8,30 e la Conferenza dei presidenti di gruppo della Camera è convocata per domani alle ore 9,15. In tale sede mi sembra che si possa coordinare, su questa materia, un lavoro che credo debba essere improntato in primo luogo al rispetto della Corte costituzionale e della possibilità di lavorare affinché tutti favoriscano la capacità della Corte stessa di difendere la sua autonomia.
Convengo che ogni attività debba essere dispiegata - mi rivolgo a lei e al presidente La Russa - affinché le azioni intraprese per l'organizzazione del referendum vengano preservate da ogni incursione. A questo proposito, proprio ieri sera ho fatto pervenire a Mario Segni la mia solidarietà ed ho espresso la condanna per qualunque iniziativa che possa mettere in qualche modo in difficoltà la raccolta delle firme. Convengo con lei che, qualunque sia la valutazione sul referendum e sul suo esito, vada fatto tutto il possibile affinché questo venga tutelato con le massime garanzie possibili, compresa una sollecitazione al Governo a riferire al riguardo.
Sul problema sollevato dal presidente Vito, relativamente all'audizione nella I Commissione, come è evidente, il rilievo avanzato attiene piuttosto al merito delle questioni oggetto dell'audizione del presidente Cardia. A tale proposito, è intervenuta la deputata Incostante. Le audizioni sono finalizzate ad acquisire conoscenze utili all'iter di formazione del provvedimento e non possono tuttavia vincolare la Camera a determinate scelte. Comprendo la sostanza del rilievo politico che lei svolge, ma, sul piano regolamentare, mi sembra di poter assicurare che non esistano problemi affinché la Commissione prima e l'Aula poi procedano nella loro totale e autonoma sovranità.
Con questi rilievi, confermo la convocazione della Conferenza dei presidenti di gruppo per domani mattina alle ore 9,15.

Seguito della discussione delle mozioni Marinello ed altri n. 1-00146 e Franci ed altri n. 1-00153 sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura (ore 15.38).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della mozione Marinello ed altri n. 1-00146 alla quale, nella seduta antimeridiana, è stata abbinata la mozione Franci ed altri n. 1-00153, sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che la mozione Franci ed altri n. 1-00153 è stata testé riformulata dai presentatori e che il nuovo testo è in distribuzione.
Ricordo che nella seduta antimeridiana si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Il presidente Lion chiede la parola. Ne ha facoltà.

MARCO LION. Signor Presidente vi è stata un'ulteriore evoluzione: siamo riusciti ad accorpare le due mozioni Marinello ed altri n. 1-00146 e Franci ed altri n. 1-00153 in un solo testo che stiamo terminando di trascrivere. Chiedo pertanto Pag. 54di sospendere la seduta per dieci minuti in modo che sia reso disponibile a tutti il nuovo testo su cui verteranno la discussione e il voto finale.

PRESIDENTE. Ritenendo di poter accedere alla richiesta testé formulata, sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,40, è ripresa alle 16.

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la mozione Marinello ed altri n. 1-00154, il cui testo è in distribuzione e, contestualmente, sono state ritirate le mozioni Marinello ed altri n. 1-00146 e Franci ed altri n. 1-00153 (Nuova formulazione).

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, che esprimerà il parere sulla mozione presentata.

STEFANO BOCO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, ringrazio i colleghi che sono intervenuti questa mattina e che ho già ringraziato nel corso del dibattito. Lei mi scuserà, ma ho ricevuto da pochi minuti (per non dire secondi) il testo definitivo della mozione Marinello ed altri n. 1-00154 che accorpa le due precedenti. Pertanto, ho potuto leggerla solo adesso e le preannunzio il parere positivo sulla medesima.
Se lei mi permette, vorrei svolgere sei approfondimenti su alcuni passaggi che quest'ultima pone all'attenzione dell'aula.
In primo luogo, in merito al regime speciale IVA, si fa presente che il comma 1 sexies dell'articolo 5 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni nella legge 11 marzo 2006, n. 81, prevede che, in via sperimentale per l'anno 2006, per gli imprenditori ittici esercenti l'attività di pesca marittima, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, venga applicato il regime di favore di cui all'articolo 34 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633. Il predetto provvedimento stabilisce, altresì, che il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali, emani il decreto di cui all'articolo 34 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, determinando le percentuali di compensazione. Il decreto interministeriale di attuazione delle misure previste dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, dopo essere stato firmato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, è stato trasmesso al competente Ministero dell'economia e delle finanze per il perfezionamento. Quest'ultimo ha predisposto il decreto di variazione di bilancio e di istituzione di un nuovo pertinente capitolo che è stato registrato dalla Corte dei conti il 27 dicembre 2006.
Dopo che la Commissione europea avrà dichiarato la compatibilità della misura con il mercato comune, in considerazione della sperimentazione avvenuta, nonché della disponibilità di fondi, si valuterà l'eventuale estensione di questa misura per l'anno 2007, prevista in via sperimentale solo per l'anno 2006.
In secondo luogo, l'altro approfondimento che vorrei fare è relativo al reinserimento della pesca tra i settori che possono beneficiare per il periodo 2007-2013 di un credito di imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi per le imprese ubicate nelle aree svantaggiate. A tale proposito, si evidenzia che le proposte che, come ricorda questa mozione, sono state formulate in tal senso dal Ministero, non hanno trovato accoglimento nei lavori di quest'Assemblea parlamentare.
Vorrei aggiungere, poi, per quanto attiene alla normativa relativa alle blue box, che un eventuale pagamento delle spese relative alla manutenzione ed esercizio delle stesse, potrebbe configurarsi come aiuto al funzionamento, si evidenzia che l'amministrazione è impegnata a sostenere ulteriori esenzioni rispetto a quelle già previste dal regolamento CE n. 2371/2002 relative al le imbarcazioni asservite agli Pag. 55impianti che operano all'interno delle linee di base. Concludo, dicendo, come noto ai colleghi presentatori, ma è bene ricordarlo, che vi è una normativa comunitaria relativa alle blue box, che impone agli armatori delle unità da pesca superiori ai 15 metri di lunghezza, di dotarle di impianti di localizzazione via satellite, disponendo che in mancanza il peschereccio non possa lasciare il porto.
Con il decreto 1 luglio 2006 è stato disposto il trasferimento a carico degli armatori degli oneri relativi al traffico bordo-terra generato dal sistema e dalla relativa manutenzione a far data dal 1 luglio 2006.
Per quanto attiene alla sospensione degli studi di settore, il Ministero delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, ha espresso parere favorevole all'Agenzia delle entrate, in quanto l'incremento del prezzo del carburante non costituisce indice di un aumento della produttività delle imprese di pesca.
Quanto alle misure previdenziali dirette a sostenere i marittimi imbarcati a bordo di unità di pesca, il Ministero delle politiche agricole e forestali, nell'ambito delle proprie competenze, considerate le particolari caratteristiche determinate dall'ambiente di lavoro, condivide, come tutti gli altri punti che ho appena ricordato, l'opportunità di inserire tali attività tra quelle particolarmente usuranti, ai fini dell'estensione dei benefici ai pescatori, come richiesto dalle associazioni sindacali di settore.
L'ultimo approfondimento che lascio a quest'Assemblea è in merito al fenomeno della mucillagine. Si segnala che sono già state avviate le procedure per l'attivazione del fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell'acquacoltura ex articolo 14 del decreto legislativo n. 154 del 2004. A tal fine, è stato inoltre richiesto all'Istituto centrale per la ricerca applicata del mare, l'ICRAM, di effettuare accertamenti in relazione ad indicatori ed obiettivi di ordine biologico, ambientale ed economico che consentano di procedere alla dichiarazione dello stato di calamità. L'istituto ha chiarito che, dagli accertamenti condotti mediante la rilevazione aerea degli spazi di mare interessato, è emerso che sussistono ampie aree ricoperte dal fenomeno della mucillagine. La stessa entità del fenomeno, peraltro, necessita di ulteriori rilievi da condurre in mare, attraverso idonei mezzi di strumentazione subacquea.
Il Ministero, considerata la gravità del fenomeno, ha previsto la costituzione di un'unità di gestione per l'emergenza, al fine di identificare una serie di strumenti a supporto del settore nelle aree colpite, verificando la compatibilità degli stessi con la disciplina comunitaria.
Di seguito - mi avvio a concludere, Presidente - si specificano le linee direttrici degli interventi. Invito alla Commissione europea ad inviare un osservatore che attesti il grado di crisi delle marinerie coinvolte al fine di precostituire una base di riferimento sull'applicazione di misure speciali; a valutare l'applicazione dello strumento di intervento economico de minimis, il cui testo definitivo è in corso di approvazione; a rivisitare il fondo di solidarietà al fine di renderlo uno strumento appropriato a nuovi scenari di crisi ambientale che colpiscono la pesca; a verificare la possibilità di utilizzare gli strumenti previsti dal FEP, accelerando la predisposizione del piano operativo; a valutare l'opportunità di avviare il fermo pesca; a verificare infine con il Ministero dell'ambiente la possibilità di interventi sinergici per individuare strumenti atti ad affrontare strutturalmente fenomeno.
Questi sono solo sei approfondimenti su molti dei punti presentati nel dispositivo, che è molto più ampio, e che, ovviamente, come Ministero, condividiamo completamente.
Ringraziando quindi per i lavori che si sono svolti in quest'Assemblea, diamo un giudizio pienamente positivo su tutto il dispositivo predisposto, ringraziamo i presentatori per il lavoro svolto, per l'unificazione del testo e per aver soprattutto dato la possibilità, con la discussione generale, di aprire questo importante dibattito.
Tale dibattito, infatti, non è solo legato al settore della pesca, ma, come emerso Pag. 56poche settimane fa in quest'Assemblea parlando di siccità, concerne una tematica molto più ampia, che parla della salute del mare. Stiamo parlando di un importante settore economico come quello della pesca e di una grande sfida che il Parlamento deve affrontare non aspettando la crisi (voi presentatori l'avete fatto discutendo in modo ampio) e questa mozione ne lascerà traccia.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, noi riteniamo che - come d'altronde emerge dalla presentazione delle mozioni, che sono poi state ritirate per confluire in un documento unitario - quello della pesca e dell'acquacoltura sia un problema importante ed estremamente serio all'interno dell'economia del nostro Paese, per gli aspetti di carattere produttivo e anche per le incidenze sulla bilancia dei pagamenti.
Noi riteniamo che vi debba essere al riguardo una profonda rivisitazione e quindi anche un intervento significativo da parte del Governo che vada nell'indirizzo di qualificare e anche di migliorare le condizioni della pesca e dell'acquacoltura all'interno del Paese.
Debbo sottolineare che, negli ultimi anni, non vi è stata un'azione specifica volta a realizzare in questo settore interventi significativi e abbiamo verificato sistematicamente, nel corso degli anni, un declino sia delle attività della pesca, sia delle attività ad esse collegate. Basta pensare che le flotte non sono state rinnovate; basta ricordare le incidenze delle importazioni dei prodotti ittici all'interno del nostro Paese; basta pensare ai problemi che si sono verificati soprattutto all'interno delle aree del Mediterraneo e, in modo particolare, nel rapporto tra i paesi del Nord Africa e la Sicilia.
A tutto ciò si vanno ad aggiungere i problemi che riguardano l'Adriatico, che in quest'ultimo periodo, ovviamente, sono estremamente significativi (pensiamo al fenomeno della mucillagine); e nel prosieguo di questi mesi sicuramente la situazione potrà maggiormente aggravarsi per le situazioni climatiche.
Per tutti questi motivi noi abbiamo ritenuto di sostenere con forza le mozioni presentate e, quindi, di sostenere con altrettanta forza la mozione unitaria, perché riteniamo appunto che occorra intervenire con forza sul settore della pesca e dell'acquacoltura.
C'è un ultimo aspetto che vorrei sottolineare: credo che dobbiamo incominciare a guardare con interesse ad una conferenza del Mediterraneo per la pesca e pensare che si possa realizzare nel più breve tempo possibile. L'avevamo già chiesto nella scorsa legislatura ma non mi pare che sia stata realizzata. Vogliamo sottolineare nuovamente tale esigenza e sottoporla all'attenzione del Governo, perché il problema della pesca - come ho già detto - è importante e serio e deve trovare soluzioni adeguate con gli interventi sottolineati nella mozione unitaria. Mi riferisco appunto alle questioni concernenti la ristrutturazione della flotta, gli interventi sui carburanti, che incidono notevolmente sul costo stesso, il credito d'imposta e così via.
Sono convinto che il Governo, sensibile a questi richiami, darà sicuramente una risposta favorevole, e, in questo caso, noi siamo fortemente intenzionati a esprimere un voto favorevole sulla mozione Marinello n. 1-00154 (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche il nostro gruppo ovviamente plaude al fatto che le due mozioni siano confluite in un'unica mozione unitaria, per cercare di far fronte alla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura.Pag. 57
È una crisi profonda, originata sia dalla competitività dei paesi non appartenenti all'Unione europea, dei paesi del Nord Africa, che non hanno regole da rispettare e quindi riescono a bypassare le normative dell'Unione europea (come quelle concernenti la localizzazione satellitare e il blue-box), sia dall'esistenza, ovviamente, di un'area di pesca diversa dalla nostra, più ricca e quindi più competitiva.
Siamo allarmati però da un dato: il 50 per cento dei prodotti ittici consumati in Italia non è prodotto dalle nostre marinerie né pescato dai pescherecci italiani, ma viene dall'estero. Ciò spinge ancora di più a sollecitare il Governo ad accogliere la mozione unitaria in esame e a provvedere ad una riforma organica e strutturale del settore - come ha evidenziato il sottosegretario attraverso l'elencazione dei sei punti - che renda la pesca e l'acquacoltura italiane più competitive. Tale competitività - che si coniuga in termini tanto quantitativi quanto, soprattutto, qualitativi (in questo senso va la mozione unitaria) - può essere raggiunta in particolare concentrandosi su aspetti quali la pesca biologica e quella di qualità, risolvendo il problema di una idonea etichettatura, garantendo le necessarie agevolazioni fiscali (ne sono state citate alcune, ma il Governo può trovarne altre: pensiamo ai redditi di impresa o alle agevolazioni IVA) e favorendo il rinnovamento e l'ammodernamento delle nostre marinerie. Solo così potremo essere competitivi.
Le mozioni in esame sono dunque giuste ed apprezzabili; pure, esse non servirebbero a nulla se il Governo non raccogliesse il nostro invito a provvedere ad una riforma significativa del settore. In particolare, è ovvio che gli studi di settore di «vischiana» memoria finiscono per danneggiare le nostre marinerie, dal momento che il prezzo del petrolio aumenta di giorno in giorno e dunque gli studi di settore predisposti dagli uffici periferici del Tesoro colpiscono maggiormente questi settori. Né dobbiamo dimenticare il problema della ridotta portata dei nostri fiumi (in particolare quella del Po e dell'Adige è problema che è stato già affrontato in quest'aula): la scarsa piovosità e il fatto che i nostri fiumi non hanno più una portata sufficiente creano infatti disagi non solo all'agricoltura, ma anche all'acquacoltura. Questi sono tutti problemi che rendono ancora più necessario che il Governo elabori un provvedimento strutturale, il cui filo conduttore sia la tracciabilità della filiera ittica (in particolare attraverso l'etichettatura di qualità), che possa renderci esportatori nei mercati stranieri e non più solo importatori di prodotti ittici di bassissima qualità.
L'ultima considerazione che occorre fare riguarda un aspetto critico che viene sottolineato dai consumatori: quando acquistano il pesce, infatti, i consumatori si avvedono di quanto esso sia caro, soprattutto nei ristoranti. Cosa voglio dire? Il produttore iniziale viene ad essere in crisi anche perché, in taluni mercati e in taluni ristoranti, alla fine della filiera, vi è un forte ricarico che in ultima istanza viene pagato dal consumatore, perché è il consumatore che va al ristorante, che va al mercato e che acquista il pesce. C'è un divario troppo ampio, una forbice troppo ampia, che ovviamente ci preoccupa, e invitiamo il Governo a tenerla in debita considerazione. Con queste riflessioni, noi voteremo a favore della mozione Marinello n. 1-00154, fermo restando che invitiamo il Governo a predisporre un piano strutturale, una legge quadro sul settore, perché altrimenti, tra qualche anno, la crisi sarà irreversibile (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ceroni. Ne ha facoltà.

REMIGIO CERONI. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, desidero esprimere innanzitutto apprezzamento al collega Marinello che, attraverso la sua mozione, ha sollecitato questo importante dibattito da cui scaturisce una mozione comune e condivisa. Desidero ringraziare, altresì, i colleghi di partito per Pag. 58l'impegno nei confronti del settore della pesca e dell'acquacoltura, che, come rilevato, è investito ormai da tempo da un processo di profonda ristrutturazione e di riorganizzazione, sollecitata dalle scelte politiche dell'Unione europea, che hanno suscitato non poche perplessità fra gli operatori del comparto.
La crisi del settore ha connotati ascrivibili a fattori internazionali e comunitari che causano scarsa competitività e a regolamentazioni eccessivamente penalizzanti, volte alla drastica riduzione dell'attività, senza proposizione di soluzioni alternative per i pescatori. È importante evidenziare quanto esposto nella mozione unitaria, e cioè il negativo impatto economico e sociale e l'eccessiva importazione ittica, che condiziona i consumi nazionali.
Il settore della pesca sconta il basso grado di ammodernamento e rinnovamento della flotta, rinnovamento che è impossibile attuare con le risorse dei pescatori. Condivido i rilievi sui finanziamenti e sugli sgravi fiscali e previdenziali, purtroppo disattesi dal Governo rispetto agli impegni che erano stati ventilati nella finanziaria per il 2007.
Il collega Misuraca, unitamente al sottoscritto, ha rappresentato in Commissione agricoltura la gravità del fenomeno della mucillagine che, a causa di un inverno particolarmente caldo e all'assenza di mareggiate, ha assunto connotati di assoluta emergenza e gravità sia sulle coste marchigiane che su quelle di altre regioni italiane. Si tratta di una situazione che le associazioni della pesca, i pescatori e lo stesso assessore della regione Marche hanno rappresentato puntualmente al Governo da mesi.
Quest'ultimo, rispondendo poco fa in Commissione agricoltura all'interrogazione n. 5-00934 (ha richiamato l'intervento anche il sottosegretario), si è impegnato ad attivare lo stato di calamità secondo le modalità previste dal decreto legislativo n. 154 del 2004, stante il fatto che esistono tutti i presupposti e le condizioni per farlo.
Mi auguro che il Governo mantenga gli impegni e faccia fede a quelli assunti oggi pomeriggio, perché per la verità, signor sottosegretario, nella risposta - adesso la stavo rileggendo meglio - sono utilizzati molti termini quali valutare, rivisitare, verificare; nel concreto, se poi questi impegni non li traduciamo in fatti concreti le aspettative dei pescatori rimarranno senza risposta.
Mi auguro, insomma, che questa volta il Governo faccia veramente sul serio (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bellotti. Ne ha facoltà.

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che oggi sia importante porre al centro dell'interesse del Parlamento italiano la questione della pesca e dell'acquacoltura, settore assolutamente strategico per il nostro paese.
Per comprendere l'importanza che la pesca ha per il nostro paese basta pensare a come esso è conformato ed al rapporto fra le sue coste e la sua superficie, tra i più elevati in Europa.
Se guardiamo al settore della pesca anche sotto il profilo dei consumi, ci accorgeremo di essere deficitari, nonostante la notevole lunghezza delle coste, per oltre il 50 per cento dei nostri consumi. I motivi sono diversi e possono essere così riassunti: la crisi dovuta ai costi dei carburanti, i costi dei sistemi satellitari, relativi alla sicurezza della flotta, e la questione del rinnovamento della stessa.
Inoltre, vi sono problemi ancora più importanti che riguardano le scelte europee. Si tratta di scelte che l'Europa fa spesso solamente nella direzione della salvaguardia dell'ambiente, senza tener conto di un settore specifico assolutamente fondamentale per lo sviluppo del territorio e, anche, dell'occupazione. È un'Europa che guarda più verso le scelte del nord che verso le scelte e le necessità del sud dell'Europa, anche nell'ambito della pesca. Vi è, inoltre, una regolamentazione che tende spesso a ridurre le attività della pesca senza integrare con le necessarie compensazioni.Pag. 59
Con l'attività della pesca, poi, si intrecciano le questioni concernenti la posizione del nostro paese: ad esempio, il fatto di essere al centro del Mediterraneo pone alcune aree della nostra penisola in posizione spesso di conflitto con paesi quali la Libia, l'Algeria e la Tunisia.
Oltre a ciò, dobbiamo affrontare anche problemi che si riferiscono a questioni nazionali di carattere ambientale: è di pochi giorni, ad esempio, l'emergenza in alcune aree per quanto riguarda la mucillagine. Io provengo da una regione, ad esempio, che sta fronteggiando anche un altro aspetto collegato alla pesca, e cioè la siccità: di conseguenza, gli allevamenti nelle zone vallive risentono assai fortemente di questi andamenti climatici sfavorevoli.
Vi sono, poi, anche altre questioni aperte che riguardano sempre la pesca, ossia le questioni relative alle aree demaniali che questo Governo e questo Parlamento dovranno definire.
Pesca significa non solo un settore che dà lavoro ad oltre 100 mila addetti; pesca significa anche la nostra salute, poiché costituisce un elemento assolutamente importante ed integrante della nostra dieta e della nostra alimentazione. Quindi, una pesca di qualità significa più sicurezza e, certamente, anche un miglior rispetto della dieta mediterranea.
In questi ultimi anni, tra l'altro, abbiamo aumentato - anche noi italiani - il consumo di pesce, attestandoci all'incirca tra i 25 e i 30 chili pro capite. Dunque, si tratta di un elemento assolutamente indispensabile per quanto riguarda la nostra dieta alimentare e la salute degli italiani. La mozione che ci apprestiamo oggi a votare è comunque una richiesta, per quanto riguarda Alleanza Nazionale, in ordine agli impegni che dovrà assumersi questo Governo. Innanzitutto, vi è una presa di posizione molto più energica nella difesa degli interessi della pesca e della acquacoltura italiana nei confronti dell'Europa. In secondo luogo, è da sottolineare anche l'impegno che avete preso - così come noi abbiamo seminato nella scorsa legislatura - in relazione all'estensione dell'IVA speciale a questo comparto ed al credito di imposta per l'acquisizione dei beni strumentali necessari ad aumentare la sicurezza degli addetti.
Infine, un consiglio non solo ai naviganti, ma al nostro Governo: l'applicazione degli studi di settore non aiuta, ma semmai penalizza questo comparto assolutamente importante.
Quindi, riassumendo, occorre applicare una politica del «fare» più che la politica del «dire», d evitare che questo Governo - come si suol dire - «faccia il pesce in barile» sulle questioni ed evitare, ancora, che la mozione di oggi diventi una questione collegata più al «pesce d'aprile» che non alle necessità effettive di un settore vitale e straordinario (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lion. Ne ha facoltà.

MARCO LION. Signor Presidente, innanzitutto, come presidente della Commissione agricoltura, mi preme ringraziare gli onorevoli Marinello, Franci e Zucchi per il lavoro svolto, che ha portato ad un'unica mozione all'esame dell'Assemblea. Ritengo che questa sia una circostanza importante, sia per il settore economico della pesca, sia per l'ambiente marino, che vogliamo tutelare e da cui vogliamo buoni frutti anche in futuro.
Tuttavia, il problema è anche un altro, che in parte è stato sollevato. Ritengo importante sottolineare, anche a nome del gruppo dei Verdi, che viviamo sicuramente in una situazione di crisi ambientale dei nostri mari che ha riflessi anche sul mondo della pesca. Porto semplicemente un esempio: secondo un rapporto sullo stato del Mar Mediterraneo, stilato da un programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, le industrie rivierasche nel Mediterraneo riversano attualmente 85 mila tonnellate di metalli pesanti, 200 mila tonnellate di azoto, 900 mila tonnellate di fosforo e 47 mila tonnellate di policiclici aromatici. Inoltre, se ciò non bastasse, in un rapporto della FAO si stima che, a Pag. 60causa dell'apporto inquinante dell'uomo e del forte carico della pesca, per mantenere gli attuali livelli di consumo nel 2030 saranno necessari ulteriori 40 milioni di tonnellate di pesce.
Si comprende, perciò, che stiamo parlando di un settore molto delicato, sensibile sia alle modificazioni climatiche oggi in atto, sia all'inquinamento prodotto dall'uomo, ed importante anche dal punto di vista economico per il nostro paese. Pertanto, chiediamo al Governo, sia come ambientalisti, sia come Verdi, un'azione di ampio respiro in favore della pesca e dell'acquacoltura, in particolare di quella biologica, che prenda in considerazione misure specifiche atte ad assicurare un uso compatibile delle risorse acquatiche vive con la conservazione e la limitazione dell'impatto della pesca sull'ambiente, proteggendo le risorse idriche, regolamentando la quantità di pesce catturato in mare e garantendo la riproduzione del novellame secondo le norme applicabili. Ciò anche al fine di ottenere un migliore equilibrio tra sforzo di pesca e risorse ittiche disponibili, salvaguardando la sicurezza alimentare, ma, al tempo stesso, adottando interventi idonei a garantire condizioni economiche, ambientali e sociali di esercizio della pesca sostenibili, in modo da assicurare un livello di vita dignitoso a tutti coloro che operano nel settore.
Poiché non abbiamo molto tempo a disposizione, per i motivi appena indicati, annuncio il voto favorevole del gruppo dei Verdi alla mozione unificata Marinello, Franci, Lion ed altri e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Lion, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Misuraca. Ne ha facoltà.

FILIPPO MISURACA. Signor Presidente, oggi l'Assemblea sta utilizzando il suo tempo per discutere una mozione su cui il gruppo di Forza Italia, in questi mesi, si è molto impegnato al fine di risolvere i problemi della pesca e dell'acquacoltura. Devo ringraziare il collega Marinello per essere stato il primo firmatario della mozione e per averla illustrata egregiamente, brillantemente e lungamente stamattina, consentendo ai deputati che hanno a cuore questo problema di intervenire in dichiarazione di voto.
Signor Presidente, l'onorevole Marinello e il gruppo di Forza Italia hanno presentato la mozione, a cui si sono associati i gruppi del centrosinistra e, quindi, siamo giunti alla formulazione di una mozione unica, rispetto alla quale il Governo - mi permetterà il rappresentante del Governo - in modo legittimo ma inusuale, anziché esprimere un parere, ha elencato una serie di elementi che, a mio avviso, riaprono la discussione.
Signor sottosegretario, annuncio il voto favorevole del gruppo di Forza Italia, tuttavia, i punti che lei ha elencato non sono altro che le risposte date ripetutamente da questo Governo in Commissione agricoltura alle interrogazioni che ha posto non solo il gruppo di Forza Italia, ma anche gli altri gruppi parlamentari. Allora affermare che è d'accordo, ma lasciare agli atti questi elementi, denota certamente una difficoltà ad approvare definitivamente la mozione in esame da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che per quanto riguarda l'IVA rinvia tutto al Ministero dell'economia e delle finanze e per quanto riguarda la blue box rinvia tutto all'Unione europea. Mi chiedo, allora, in riferimento a cosa l'Assemblea sta oggi approvando la mozione? Il Governo l'approva, ma ho la netta sensazione che andrà ad accumulare un serie di carte dato che il Parlamento, in questo momento, non più efficace, non riesce a dare delle risposte.
Signor sottosegretario Boco, vorrei tanto che il ministro delle politiche alimentari e forestali De Castro, ministro anche della pesca, si attivi energicamente perché la risposta che lei ha dato negli elementi di discussione a proposito dell'IVA Pag. 61è una risposta che abbiamo già avuto sei mesi fa; sulla blue box avete accettato degli ordini del giorno. Ma che senso ha che l'Assemblea produca interrogazioni e ordini del giorno se poi gli elementi che vengono inseriti in una mozione sono di freno e non certamente di approvazione?
Ovviamente il gruppo di Forza Italia approverà la mozione. Ma deve essere anche indubbio che saremo vigili e ritorneremo sulla questione se tra qualche mese, come sono certo, il Governo non affronterà con il Ministero dell'economia e delle finanze questo settore, lasciandolo in crisi.
Sono inoltre preoccupato per la mucillagine - ci sono tanti colleghi distratti - presente in questo momento nelle Marche; mi auguro che per tale fenomeno non si faccia ricorso in Puglia e in Sicilia ad una task force, ma che si forniscano risposte immediate, altrimenti, in questo settore, ci troveremo di fronte al de profundis.

PRESIDENTE. Saluto la delegazione del sindacato pensionati italiani CGIL di Forlì, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rao. Ne ha facoltà.

PIETRO RAO. Signor Presidente, intervengo brevemente per esprimere il ringraziamento mio e del Movimento per l'autonomia all'onorevole Marinello per la lodevole iniziativa che, peraltro, ha portato all'unificazione dei diversi testi in esame. Annunciamo quindi il nostro voto favorevole alla mozione unica con l'auspicio che gli impegni presi dal sottosegretario Boco, e quindi dal Governo, vengano tradotti in fatti concreti e che la questione relativa alla pesca e all'acquacoltura venga affrontata con una legge quadro e non con interventi straordinari.
Con una legge quadro, infatti, si potrà sicuramente mettere fine agli studi di settore, i quali rappresentano un parametro statico, mentre gli aumenti dei costi del petrolio, e quindi dei carburanti, sono in una dinamica continua. La legge dovrà oltretutto equiparare rispetto a tutti gli sgravi fiscale il settore della pesca a quello dell'agricoltura, predisponendo inoltre delle misure che permettano al settore della marineria italiana di rinnovarsi e di mettersi al passo con quelli degli altri Paesi, in particolare del Mediterraneo.
Ritengo inoltre che debbano essere intraprese delle iniziative anche in sede comunitaria perché i programmi operativi non vengano più ritardati e affinché gli interventi strutturali del fondo europeo per la pesca 2007-2013 diventino operativi nel più breve tempo possibile.
Questo è il nostro impegno, questo è l'impegno che chiediamo al Governo. Riteniamo che nei prossimi mesi se non ci saranno risultati alle dichiarazioni fatte dal sottosegretario Boco, probabilmente ci ritroveremo assieme all'amico onorevole Marinella e ad altri parlamentari ad intraprendere iniziative che siano molto ma molto più severe.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ciccioli. Ne ha facoltà.

CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, questa mattina ho partecipato alla discussione generale e, quindi, non ho molto da aggiungere. Mi preme sottolineare che la politica del futuro è una politica di coltivazione del mare: se non andiamo nella stessa direzione dell'agricoltura, per cui ognuno gestisce e si assume la responsabilità di un tratto di mare (ovviamente con vincoli e regole aperte), con difficoltà riusciremo a riprodurre lo stesso sistema di massimo rendimento e massima conservazione della specie.
In questo senso, forse, la mozione che stiamo per approvare non è sufficientemente forte, tuttavia ritengo che essa oggi costituisca una pagina importante, perché il tema della pesca è diventato centrale rispetto alla politica complessiva dell'alimentazione, nella quale l'agricoltura occupa un posto importantissimo. La pesca, al contrario, è considerata un settore residuale, mentre dal punto di vista dell'occupazione è molto importante anche per le conseguenze di filiera.Pag. 62
Quindi ho apposto la mia firma alla mozione Marinello n. 1-00154 e sottolineo la necessità dell'impegno del Governo nelle misure di sostegno, in particolare in quelle già «conquistate» con la scorsa legge finanziaria in regime speciale dell'IVA e che non sono state confermate. Voglio credere che l'impegno del Governo sia rispettato in un momento in cui le risorse risultano, in parte, superiori al previsto.
Con questo spirito e attraverso una profonda politica di revisione nei confronti delle politiche europee, l'Italia deve assumere un ruolo forte al tavolo dell'Unione europea, dove purtroppo le politiche italiane non passano, risultano residuali all'interno delle sottocommissioni, organismi che formulano i documenti di indirizzo che successivamente sono approvati dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo.
Sono pertanto favorevole, in linea di massima, alla mozione presentata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sperandio. Ne ha facoltà.

GINO SPERANDIO. Signor Presidente, colleghi, signori del Governo, annuncio il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sulla mozione Marinello n. 1-00154.
Riteniamo tuttavia che il documento in esame sia del tutto inefficace a rispondere al vero tema dell'attuale politica nel Mediterraneo rispetto alla questione del mare. Ci troviamo di fronte ai prodromi di un possibile disastro ambientale. Ormai nel Mediterraneo esistono specie che non erano più presenti da 200 mila anni. Il processo di eutrofizzazione dell'Adriatico sembra irreversibile.
Ciò che sta accadendo, con la comparsa della mucillagine con ben due o tre mesi di anticipo, non è una questione economica, ma ambientale di enormi dimensioni.
Siamo a favore della mozione perché pone questioni vere, come quella del lavoro e della sicurezza di chi va in mare. Ma la questione della pesca non si limita a ciò; soprattutto nel Mediterraneo, un ambiente piccolo e fragile che invece eravamo abituati a pensare grande, immenso e forte, tali questioni non possono essere risolte solo in termini economicistici.
Pertanto siamo a favore delle misure invocate nella mozione, perché venga riconosciuto ai lavoratori del mare di svolgere un'attività particolarmente usurante, siamo a favore dei benefici fiscali IVA rispetto ai carburanti. Ma è del tutto evidente che così non si risolve la grande questione alimentare e di sovranità alimentare che è quella della pesca.
Oggi in Italia spesso si mangia del cattivo pesce, del pesce inquinato, come nella vicenda delle vongole di Venezia. Si parla di commistione tra affari, inquinamento e mala gestione del territorio. Noi votiamo la mozione n. 1-00154, che abbiamo sottoscritto, così come abbiamo fatto con la mozione che aveva come primo firmatario il collega Maderloni, ma siamo convinti che le politiche della pesca vadano affrontate in termini molto più ampi, nei termini in cui ci invita a pensare il movimento di Genova, che parte dalle questioni locali ma pensa globalmente e si accorge che oggi un battito di farfalle in Italia può provocare davvero un terremoto in Cina (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra europea e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Ulizia. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stamani nella discussione generale auspicavo l'unificazione delle due mozioni. Ciò è avvenuto e volevo sottolinearne gli effetti: abbiamo ottenuto una mozione più completa che, ad esempio, centra più efficacemente l'obiettivo relativo al decreto legislativo 27 maggio 2005 n. 100. Al riguardo la mozione del collega Marinello illustrava in modo più pregnante e chiaro l'obiettivo che intendiamo perseguire.
L'unificazione delle mozioni ha portato, inoltre, a raggiungere, in seno a Pag. 63questa Camera, l'obiettivo, credo unanime e trasversale, di porre il problema dell'economia ittica italiana al centro del nostro lavoro e, quindi, del nostro legiferare.
Concordiamo sul fatto che non occorre solo invitare il Governo a prendere provvedimenti, ma è necessario anche introdurre una modifica legislativa che renda permanenti alcune misure alla quali fa riferimento la mozione.
Da ultimo, preannunciando il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori sulla mozione in esame, aggiungo che permane una sfida, che dovremmo avere il coraggio di raccogliere ed alla quale ho fatto riferimento nel dibattito di questa mattina: è la sfida della particolarità dell'economia ittica mediterranea rispetto ad una legislazione comunitaria che si ispira ad un'economia diversa, più tipica dei mari del Nord e dell'Atlantico, dotata di peculiarità che mal si addicono alla nostra economia ittica, fondata principalmente sulla cooperazione. È una sfida da raccogliere e da tradurre in un'azione legislativa che ponga alla Comunità europea il problema specifico dell'economia ittica mediterranea.
La mozione in esame è la dimostrazione che quando la maggioranza lavora insieme alla minoranza sui problemi concreti, per il bene del Paese, dei lavoratori e dei pescatori, e non viene posto alcun pregiudizio da entrambe le parti, si ottiene un risultato positivo a beneficio di chi lavora e produce reddito e, dunque, costruisce sviluppo. Questo deve essere il metodo di lavoro del Parlamento che ci vede accomunati, maggioranza e minoranze, nel dare risposte serie al Paese ed alle esigenze della nostra economia.

PRESIDENTE. Assistono ai nostri lavori gli studenti del Collegio universitario «Lamaro-Pozzani» dei Cavalieri del lavoro, accompagnati dal loro direttore. La Presidenza e l'Assemblea li salutano (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Sandra Cioffi. Ne ha facoltà.

SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, a nome del gruppo dei Popolari-Udeur annuncio fin d'ora il nostro voto favorevole sulla mozione Marinello n. 1-00154, aggiungendo anche qualche ulteriore considerazione.
È con molta soddisfazione, come presidente dell'intergruppo della Camera «Amiche ed amici del mare», che registro che la mozione in esame, così significativa ed importante, riceve il voto trasversale della Camera. La pesca, il mare sono risorse non solo ambientali, ma anche economiche, turistiche e produttive, che è necessario valorizzare il più possibile con provvedimenti appositi, non parcellizzati, per consentire al settore ittico, pur attualmente in crisi, di diventare competitivo anche sul piano europeo.
Sono necessarie, sicuramente, regole certe anche per ciò che concerne la pesca; ringrazio, a tal proposito, i tanti pescatori che ancora pescano con sistemi non aggressivi, che caratterizzano il mondo della pesca italiana. Per quel che ci riguarda, quindi, la mozione rappresenta un primo passo per la valorizzazione della pesca, che costituisce una grande risorsa per il nostro paese.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 16,55)

SANDRA CIOFFI. Questo, però, non basta. C'è bisogno di un impegno forte, costante e coerente, affinché il mare sia considerato fra le risorse primarie e prioritarie del nostro paese, per quel che rappresenta, per la sua posizione geografica, per la cultura antica che di esso si è sviluppata in Italia. Mi auguro, quindi, che la mozione in esame rappresenti un primo passo verso una strada da percorrere insieme, in maniera unitaria, perché il mare non è né di destra né di sinistra: è necessario, pertanto, un impegno costante e continuo di tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

Pag. 64

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, è evidente come l'argomento sia di estrema delicatezza ed importanza. Parliamo di un settore colpito da una vera e propria emergenza: bisogna ammetterlo, purtroppo, e, del resto, lo ammette lo stesso sottosegretario, nel momento in cui accoglie quasi «di traverso» alcune richieste avanzate dall'opposizione! Signor sottosegretario, le posso dire tranquillamente che siamo costretti a votare questa mozione unificata - così come lei ha chiesto - perché al paese nostro si dice «dal cattivo pagatore si può prendere quello che ha».
Se questo è vero, le voglio ricordare che tali problemi sono già stati portati alla sua attenzione in Commissione, con una serie di interrogazioni presentate sia dal collega Marinello che dal collega Misuraca, non ultima quella sulla mucillagine. Lei non può, in Commissione, affermare che per la mucillagine, considerata la gravità del fenomeno, l'amministrazione ha previsto la costituzione di un'unità di crisi per la gestione dell'emergenza. Signor sottosegretario, il Governo, per risolvere questo problema, deve mettere le mani in tasca e tirar fuori il denaro: non può creare un'unità di crisi e poi, una volta che il problema si è risolto da sé, non avere niente a disposizione per i pescatori. Il Governo che ha preceduto il suo è intervenuto senza unità di crisi, mettendo a disposizione il denaro per il settore colpito da tale grave necessità.
Inoltre, il testo della mozione Franci n. 1-00153, precedente al testo unitario , contiene un lungo elenco di ringraziamenti al Governo per quello che è accaduto: vi è, addirittura, una premessa ridicola, perché in essa si danno al Governo alcuni meriti che non ha! Anzi, si tratta di demeriti, perché il Fondo europeo per la pesca, di cui tanto ci si vanta, pur essendo stato messo a disposizione dall'Unione europea, non è a disposizione dei pescatori e del settore!
Ci sono documenti delle categorie che invitano il Governo a reperire tali fondi, che non sono del Governo, ma sono fondi europei, che dovrebbero essere integrati con denaro messo a disposizione dal Governo. Stiamo parlando di una emergenza, di una necessità. Ben venga una mozione bipartisan, ma non ci dobbiamo trincerare dietro un dito, non dobbiamo far finta di intervenire e rimandare il tutto a tempi migliori. Come dicevo, saremo costretti ad esprimere un voto favorevole su questa mozione, ma non ometteremo di continuare a dare una «spinta» al Governo affinché la riforma strutturale necessaria al settore venga una volta per tutte attuata.
Con riferimento ai pescatori pugliesi e alle richieste fatte in primis dalla marineria dell'Adriatico - in quanto i fenomeni descritti riguardano maggiormente la marineria dell'Adriatico rispetto a quella del Tirreno - il ministro De Castro si è impegnato in più di un'occasione per trovare una soluzione ai problemi in esame. Tuttavia, il ministro De Castro è oggi latitante in quest'aula - lo ringrazio per il suo intervento - mentre avrebbe dovuto avere il buon senso, il buon gusto e la dignità di venire a parlare di un problema che gli starebbe tanto a cuore, ma che evidentemente non intende risolvere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zucchi. Ne ha facoltà.

ANGELO ALBERTO ZUCCHI. Le ragioni della mozione che abbiamo presentato sono tutte riconducibili alla consapevolezza che la pesca può esercitare un ruolo importante non solo nel settore agroalimentare del nostro Paese, riferibile al made in Italy, ma anche nella salvaguardia e nella tutela dell'habitat marino e più in generale dell'ambiente. Questa consapevolezza, tuttavia, non può che partire da un riconoscimento della situazione attuale: una situazione di profondo cambiamento, al quale il settore della pesca è chiamato, stimolato da processi di ristrutturazione e di riorganizzazione di questi ultimi anni, introdotti da diversi fattori, che inevitabilmente finiscono con il condizionarne le prospettive. Si tratta di fattori che vanno dall'ammodernamento del Pag. 65patrimonio peschereccio agli indirizzi delle politiche comunitarie, che in questi anni hanno sollecitato maggiore attenzione ai problemi dello sfruttamento delle risorse dei mari e del ripopolamento ittico, fino al continuo incremento del prezzo del gasolio e alla determinazione di ulteriori costi, generati da oneri di manutenzione e funzionamento dei sistemi di localizzazione satellitare. Si tratta di fattori che incidono pesantemente su tutto il settore e sui quali riteniamo necessario intervenire.
Siamo convinti che la pesca, infatti, non è solo una questione economica, ma rappresenta anche l'identità culturale e sociale di parte consistente del Paese. Essa è tradizione ed elemento costituente dell'agroalimentare e del made in Italy; è questione ambientale di valorizzazione dei nostri mari e delle coste; coinvolge direttamente le relazioni e i rapporti internazionali fra i paesi che si affacciano sul Mediterraneo; è oggi questione sociale che impone politiche di riconversione, qualificazione professionale, riorganizzazione del complesso della filiera, dalla cattura alla commercializzazione; è questione che ci rimanda direttamente alla definizione di una figura multifunzionale del pescatore e alla creazione di un sistema di tracciabilità e di qualità.
Proprio per tale motivo la parte della mozione che impegna il Governo richiama essenzialmente questo spirito e questa idea di pesca, che proponiamo, sapendo di riprendere le linee principali sulle quali i Governi di centrosinistra già si erano impegnati, avviando un'azione di sostegno che agiva sulle seguenti importanti questioni: un sostegno diretto attraverso l'attivazione di strumenti finanziari e ammortizzatori sociali, previsti dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30; la consapevolezza dell'articolazione del sistema imprenditoriale del settore, caratterizzato dalla piccola pesca costiera, dall'impresa artigiana a carattere individuale e dal sistema associativo e cooperativo; l'avvio di un processo che affermasse il carattere multifunzionale della pesca e del pescatore; il sostegno alla creazione della filiera; le politiche di qualità e tracciabilità, obiettivi che hanno trovato riferimento nella legge di orientamento.
Su questa strada siamo convinti si debba continuare e le proposte avanzate nella mozione vanno in tale direzione, vale a dire nella direzione di un necessario confronto con il nuovo e sempre più rafforzato ruolo delle regioni, nonché in quella di promuovere la cooperazione e il dialogo fra i paesi del Mediterraneo.
A partire dal 2010 è prevista la creazione di un'area di libero scambio tra i paesi del Mediterraneo come una opportunità e una occasione per costruire regole condivise, per superare le differenze che oggi spesso generano forti tensioni.
Chiediamo inoltre al Governo, pur riconoscendo il suo impegno di questi mesi a sostegno della pesca italiana, un ulteriore sforzo teso a valorizzare i prodotti della pesca come parte integrante del settore agroalimentare italiano, anche in prospettiva di una migliore presenza sui mercati esteri. Uno sforzo teso a rilanciare il ruolo della multifunzionalità nella pesca così come avviene in agricoltura, riconoscendo una funzione alla pesca e al pescatore nelle politiche di salvaguardia e valorizzazione delle risorse ittiche, ma anche a salvaguardia delle ricchezze ambientali dei nostri mari e delle nostre coste.
A nostro avviso, è possibile coinvolgere i pescatori nei processi di gestione delle aree sottoposte a tutela, al fine di rendere efficace la loro funzione. Riteniamo che in questi casi il pescatore potrebbe assolvere una funzione fondamentale anche in chiave turistica e diffondere il patrimonio culturale di tradizioni di cui la pesca è ricca e, in chiave ambientale, assicurare, attraverso il monitoraggio continuo delle acque, il livello qualitativo, contribuendo in tal modo a contrastare gli abusi e le illegalità.
Certo, è una strada da esplorare, per la quale chiediamo un impegno particolare al Governo così come lo chiediamo nel campo della ricerca, data la forte interazione tra l'attività di pesca e le problematiche ambientali. Non si può prescindere Pag. 66da una ricerca scientifica a supporto sia della fase di predisposizione delle politiche di settore e dei rischi economico-sociali connessi, sia di quella di valutazione dei risultati. Ciò favorirebbe una gestione più razionale delle risorse e una reale tutela degli habitat marini.
Con questa mozione non abbiano inteso indicare solo interventi di prospettiva; al contrario abbiamo anche indicato da subito gli interventi fiscali necessari a ridare all'intero settore certezza e garanzia. Lo abbiamo fatto chiedendo che da subito sia applicato il regime di IVA agevolata e che si possa applicare anche per la pesca il credito di imposta per l'acquisizione di nuovi beni strumentali così come previsto dalla legge finanziaria.
Inoltre, chiediamo al Governo di verificare la possibilità di introdurre, come avviene in molti altri paesi europei, un sistema forfettario di tassazione che superi gli attuali studi di settore, recependo gli umori e le richieste di molti operatori del settore. Nonostante le difficoltà continuiamo a pensare che la pesca possa e debba avere un futuro e che continui ad assolvere una funzione importante nell'economia del Paese.
La pesca a cui pensiamo è una pesca responsabile, di risorse condivise ed il pescatore è un operatore del mare che vede evolvere la propria funzione. Riteniamo si debba lavorare per far crescere il sistema associativo e cooperativo e per rafforzare la capacità di fare sistema dell'intero settore.
Con la mozione in esame abbiamo inteso fornire al Governo queste indicazioni e siamo oltremodo soddisfatti del parere positivo che il Governo ha voluto esprimere sulla stessa, soprattutto perché pensiamo e riteniamo che dietro a quel parere positivo ci sia un impegno concreto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giuseppe Fini. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, molto si è detto nel merito della mozione che ci accingiamo a votare ed io non posso esimermi dal portare anche la voce di un territorio quale il Polesine, da dove provengo, sottoponendo all'attenzione di questa Assemblea - come ho fatto più volte - il problema della siccità delle acque del Po e dell'Adige.
Moltissimo novellame sta morendo o è già morto, perché nelle lagune la concentrazione salina, mancando l'acqua dolce del Po, ovviamente si è innalzata. Vi è un cuneo salino che sta risalendo e vi sono anche altre specie ittiche di acqua dolce che stanno soffrendo moltissimo. Il Governo dovrà assolutamente farsi carico di ciò e risolvere il problema della demanialità di queste lagune, di cui una parte è di proprietà privata, un'altra parte della regione e un'altra ancora della provincia, sulla base di concessioni diverse, perché il mondo che rappresenta la pesca è composito e si ricollega in qualche modo alla tutela dell'ambiente: è in filiera con il turismo, è in filiera con l'ambiente, perché se c'è un ambiente pulito arrivano i turisti e con la pesca si può fare la pesca-turismo.
Vorrei ricordare a tutti i colleghi che ci sono le stagionalità, ci sono le tipicità, Ormai i nostri giovani che vanno a scuola riconoscono soltanto il bastoncino Findus: non comprendono più che tipo di pesce mangiano. La nostra costa, invece, è caratterizzata dallo sbocco dei fiumi e da diverse temperature, per cui ogni pesce ha una sua tipicità; dobbiamo riscoprire questo aspetto e lo dobbiamo porre al centro dell'attenzione....

PRESIDENTE. Onorevole Giuseppe Fini...

GIUSEPPE FINI. Concludo. Comunque la ringrazio per la sua gentilezza, signor Presidente, per avermi concesso di parlare a titolo personale dopo che era esaurito il tempo a disposizione del mio gruppo.
Vorrei pregare il Governo di impegnarsi nel senso indicato dalla mozione, perché c'è molta attenzione e sensibilità da parte del sottosegretario ma purtroppo è già trascorso più di un anno e il ministro De Pag. 67Castro mi pare lasci un po' «sospesi» i suoi sottosegretari e soprattutto lasci la Commissione con il fiato sospeso; caro Presidente Lion, noi lavoriamo con estrema cortesia e sensibilità e, quando riscontriamo unità di intenti, siamo ben lieti di firmare assieme proposte di legge, mozioni e altro (Applausi del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marinello ed altri n. 1-00154, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

Presenti e votanti 444
Maggioranza 223
Hanno votato sì 444.

Prendo atto che i deputati Dussin e Fiano non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto favorevole.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 1003 - Senatori Rossa ed altri: Istituzione del «Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice (Approvata dalla I Commissione permanente del Senato) (A.C. 2489); e delle abbinate proposte di legge Ascierto; Angela Napoli; Zanella ed altri; Zanotti ed altri (A.C. 1071-1361-1995-2007) (ore 17,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, di iniziativa dei senatori Rossa ed altri già approvata dalla I Commissione permanente del Senato: Istituzione del «Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Ascierto; Angela Napoli; Zanella ed altri; Zanotti ed altri.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame degli articoli - A.C. 2489 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2489 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 2489 ed abbinate sezione 1).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere sull'unico emendamento riferito all'articolo 1.

ANGELO PIAZZA, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Cota 1.1.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, volevo spiegare brevemente perché il gruppo di della Lega ha presentato questo emendamento.Pag. 68
La discussione in Commissione ha riguardato interamente l'individuazione del giorno simbolo per commemorare le vittime del terrorismo e delle stragi di matrice terroristica, e alla fine si è giunti alla scelta del 9 maggio, cioè il giorno dell'uccisione dell'onorevole Moro.
Nel corso della discussione in Commissione, sia alla Camera sia al Senato, sono state prospettate anche altre soluzioni, per esempio l'11 settembre oppure il giorno dell'attentato di Nassiriya. Si è scelto di individuare il 9 maggio perché le altre date ricordavano eventi che si erano verificati al di fuori del nostro territorio.
Se occorre scegliere una data simbolo per un atto terroristico che si è verificato all'interno del nostro territorio, una volta identificata la matrice brigatista degli atti terroristici che si vogliono stigmatizzare (come simbolo, anche per il futuro, poiché il terrorismo va condannato da ogni punto di vista), per quanto ci riguarda pensiamo che il giorno simbolo debba essere il 26 marzo 1971, anniversario dell'uccisione di Alessandro Floris, a Genova. Alessandro Floris era il guardiano dell'Istituto autonomo case popolari, barbaramente ucciso in occasione di uno dei primi atti a sfondo terroristico (una rapina organizzata dal gruppo «22 ottobre»), precursore degli altri atti terroristici delle Brigate Rosse. Questo è il primo atto terroristico, la prima vittima del terrorismo e in più, aggiungiamo, si tratta di una persona comune. Aldo Moro, con tutto il rispetto, è un uomo politico. Oggi ci accingiamo ad approvare un provvedimento, identificando come giorno simbolo quello dell'uccisione di un uomo politico.
Identifichiamo, invece, come giorno simbolo quello dell'uccisione di un uomo comune, di un cittadino comune, anche per porre l'accento su un fatto: non esistono vittime di «serie A», magari perché sono più conosciute, e vittime di «serie B»: tutti sono uguali. Spesso, inevitabilmente, si creano vittime di «serie A» e vittime di «serie B»: bisognerebbe evitarlo.
Troppe vittime del terrorismo sono dimenticate: penso anche alle molte vittime dei reati violenti, che tuttora non hanno alcuna forma di tutela all'interno del nostro ordinamento giuridico.
Oggi approveremo un provvedimento, però non approveremo un atto concreto a tutela delle vittime del terrorismo. Questa è una norma manifesto, che non è negativa - per carità, quando si tratta di dare un segnale contro il terrorismo va sempre bene - però non ha alcun rilievo pratico, non ha alcun effetto pratico nei confronti delle vittime degli atti di terrorismo.
Cominciamo pertanto a dare un segnale individuando come data simbolo quella dell'uccisione di un uomo comune. Questo può anche essere il modo per tutelare tutte le vittime del terrorismo e non creare - ripeto - vittime di «serie A» e vittime di «serie B».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acerbo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO ACERBO. Presidente, voglio semplicemente esprimere una forte perplessità in merito allo stabilire una gerarchia delle vittime e delle date. Credo che l'unico criterio valido nell'affrontare le tematiche della strategia della tensione e del terrorismo sia quello di ricordare che in Italia la strategia della tensione è cominciata con la bomba del 12 dicembre a piazza Fontana e che, a seguito di quell'evento, si è prodotto nel contesto della nostra democrazia un fenomeno storico che ha generato anche il terrorismo di sinistra. Dimenticare ciò credo significhi fare violenza sia agli orientamenti di gran parte della storiografia più autorevole che ha affrontato il fenomeno, sia alla memoria storica del nostro Paese.

ROBERTO SALERNO. Compagni che sbagliano... Vergogna!

MAURIZIO ACERBO. La condanna di tutti i fenomeni di terrorismo è unanime tra le forze politiche, ma non bisogna far finta di dimenticarsi che nel nostro Paese l'esercizio della violenza politica e della strage ha una data di inizio, che è quella Pag. 69del 12 dicembre, a cui segue tutto il resto con i comportamenti dei servizi segreti deviati, dell'estremismo di destra e di sinistra, degli apparati dello Stato e quant'altro. Credo che su ciò dovrebbe esserci un'unanime consapevolezza in quest'Assemblea, in questa Camera. È, quindi, davvero stucchevole fare una classifica delle vittime; possiamo, invece, esprimere con serenità un giudizio storico, vale a dire che nel nostro Paese la violenza politica ha fatto il suo ingresso in forma patologica a partire dalla risposta che fu data con la bomba fatta scoppiare nella banca dell'agricoltura, fino al grande ciclo dei movimenti operai e studenteschi che intendevano portare più avanti la democrazia italiana.
Credo che ciò vada ricordato per onestà intellettuale e per rispetto di tutte le vittime. Gran parte degli studi effettuati, anche rispetto al fenomeno della lotta armata di sinistra, tengono a precisare che quelle tendenze si consolidarono...

ROBERTO SALERNO. Compagni che sbagliano...!

MAURIZIO ACERBO. ...nel momento in cui con la strage di piazza Fontana si fece forte un'impostazione militarista e si svolse un dibattito intorno ai pericoli di colpo di Stato. La storia non può essere - io credo - violentata e strumentalizzata. La memoria storica deve servire per non ripetere gli errori del passato e per far sì che in una moderna democrazia il conflitto sociale e la dialettica democratica si svolgano senza degenerare nella violenza, nell'omicidio e nelle stragi.
Per tale motivo credo che più che soffermarsi su questo emendamento e su questa classifica delle date, sarebbe bene sapere se per il Parlamento la strategia della tensione è cominciata il 12 dicembre a piazza Fontana (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cota 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 460
Votanti 451
Astenuti 9
Maggioranza 226
Hanno votato
35
Hanno votato
no 416).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 465
Votanti 420
Astenuti 45
Maggioranza 211
Hanno votato
419
Hanno votato
no 1).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 2489 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 2489 sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 70

(Presenti 455
Votanti 416
Astenuti 39
Maggioranza 209
Hanno votato
414
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che il deputato Delfino non è riuscito a votare ed avrebbe voluto astenersi.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2489 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2489 sezione 3).
Qual è il parere del Governo ?

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, per quanto riguarda l'ordine del giorno Frassinetti n. 9/2489/1, pur presentando alcune difficoltà dal punto di vista procedurale, in quanto incide evidentemente su problemi relativi all'autonomia scolastica, può essere accettato dal Governo, che si impegna a verificare la situazione in modo da vedere cosa si possa fare. Il Governo condivide il principio dell'onore, che comunque va riservato alle vittime di atti di terrorismo o di violenza appartenenti ad ogni schieramento.
Il Governo accetta l'ordine del giorno D'Antona n. 9/2489/2, così come accetta anche l'ordine del giorno Contento n. 9/2489/3, il quale ci impegna a compiere una ricognizione in merito ad alcuni casi di difformità procedurale per l'ammissione ai benefici.

PRESIDENTE. Il Governo accetta, dunque, tutti gli ordini del giorno presentati.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno accettati dal Governo non insistono per la votazione.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2489 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Holzmann. Ne ha facoltà.

GIORGIO HOLZMANN. Signor Presidente, l'istituzione di un «Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice ha inizialmente diviso i parlamentari dei vari schieramenti per l'individuazione di una data che fosse emblematica. L'attenzione si è quindi spostata su episodi interni ed internazionali: alcuni hanno proposto la data del 12 dicembre, che coincide con l'anniversario della strage di piazza Fontana a Milano, altri avrebbero voluto invece scegliere la data della strage di Capaci, altri ancora quella di Nassiriya, altri l'11 settembre.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 17,26)

GIORGIO HOLZMANN. L'Italia è stata duramente colpita dal terrorismo nella sua storia recente, ma pochi ricordano che il terrorismo iniziò negli anni Sessanta proprio in Alto Adige, nella provincia da cui provengo, dove si registrarono ben quindici vittime tra gli appartenenti alle Forze armate e, in particolare, alle forze dell'ordine.
Furono, quelli del terrorismo, anni difficili, segnati da un terrorismo che colpiva soprattutto i simboli dello Stato costituiti dalle centrali, dalle linee elettriche oltre che dalle caserme, spesso fatte oggetto di attentati dinamitardi. Gli anni Settanta furono invece scanditi dal terrorismo politico, che agì su più fronti: quello costituito da atti terroristici diretti contro i rappresentanti dello Stato, soprattutto magistrati, appartenenti alle forze dell'ordine o contro esponenti del giornalismo e delPag. 71mondo della cultura; quello che invece colpiva indiscriminatamente persone comuni con la collocazione di ordigni esplosivi in luoghi particolarmente affollati, quali treni, piazze, stazioni, causando decine di vittime.
Abbiamo conosciuto anche il terrorismo mafioso, rivolto contro magistrati e relative scorte o verso esponenti del mondo politico ed altri servitori dello Stato. Stragi senza veri colpevoli, come quella di Ustica, attendono risposte e soprattutto le aspettano coloro che sono stati direttamente colpiti.
Anche il terrorismo internazionale ci ha ferito come popolo, all'esterno dei nostri confini, dove i nostri soldati si sono prodigati e si adoperano tuttora per aiutare i paesi martoriati da feroci dittature o da regime illiberali e sanguinari, per riportare pace, libertà, democrazia e sviluppo. L'Italia ha, quindi, pagato un prezzo elevato al terrorismo interno ed internazionale, politico e mafioso, ma non è ancora uscita dalla fase critica se si registrano tuttora nuovi arresti di estremisti, che vorrebbero destabilizzare le nostre istituzioni, ricorrendo al terrorismo assassino.
Fiumi di parole di condanna sono stati espressi da tutto il mondo politico, ma voglio ricordare che, accanto a queste voci, se ne sono levate altre volte a chiedere la grazia per gli esponenti più noti del terrorismo di matrice politica.
Poco è stato fatto invece per i parenti delle vittime, spesso neppure totalmente ristorate dei danni patiti. Decine e decine di vite sono state cancellate e le loro famiglie, gettate all'improvviso nella disperazione, hanno avuto troppo poco dallo Stato. Le richieste di grazia e di perdono per i carnefici dei loro cari sono state spesso interpretate come un insulto al loro dolore, così come è avvenuto di fronte alle pene irrisorie scontate da coloro che hanno commesso gli omicidi, grazie alla loro tardiva e interessata collaborazione con gli apparati investigativi. Tali «spontanee» collaborazioni si sono manifestate quasi sempre dopo l'arresto dei colpevoli, che improvvisamente si sono pentiti, diventando collaboratori di giustizia.
I parenti delle vittime si sono sentiti beffati da una giustizia che, se non era in grado di risarcire i danni patiti nemmeno sul piano economico, su quello morale consentiva la messa in libertà degli autori dei crimini più efferati. Sciogliere i bambini nell'acido non era sufficiente a vedere dietro le sbarre per tutta la loro vita gli assassini responsabili di quei delitti.
Le vere vittime, coloro che sono stati privati dei loro affetti più cari, sono stati per troppo tempo dimenticati nell'indifferenza dello Stato, della politica, della grande stampa e quindi dell'opinione pubblica. Ecco perché per noi riveste un particolare significato l'istituzione di un «Giorno della memoria», per riconciliarsi con coloro che hanno fortemente sofferto e che porteranno per sempre nei loro cuori, nelle loro menti, nel loro futuro le cicatrici inferte da un terrorismo assassino.
È necessario che almeno per un giorno l'anno l'Italia si fermi a riflettere su ciò che è avvenuto. Bisogna condannare il terrorismo senza «se» e senza «ma», anche quello dei nostri compagni, se essi sbagliano.
La politica, questa volta, è riuscita a trovare un punto di incontro sull'argomento. È un fatto importante, ma rappresenta solo un primo passo. Molte pagine della nostra storia recente sono ancora grigie, altre dovranno probabilmente essere riscritte. La verità giudiziaria non sempre è riuscita a farsi strada, talvolta ha imboccato vie sbagliate, più in ossequio al potere che alla ricerca della verità. Tuttavia, credo che oggi si sia intrapresa la strada giusta, abbandonando divisioni, ragionamenti di appartenenza che con l'autentica condanna del terrorismo non avrebbero nulla da spartire. Per un giorno all'anno gli italiani verranno invitati a riflettere sull'importanza di questa data nella nostra storia più recente, una data che condanna senza appello gli ideatori, gli esecutori e i fiancheggiatori di un terrorismo politico che anche oggi è in Pag. 72grado di contare su alcune complicità e su alcune tolleranze, se non su aperta condivisione.
Dopo tanti anni la politica, nel suo senso più elevato, è oggi finalmente in grado di dare una risposta chiara. Auspichiamo quindi che la giornata della memoria sia occasione di riflessione verso coloro che hanno perso la propria vita da innocenti e verso i familiari, che con la loro perdita hanno tanto sofferto e patiscono ancora il dolore degli affetti strappati. A loro va il nostro pensiero sincero, autentico, commosso, vittime incolpevoli della violenza criminale. Confidiamo che questo sia anche un momento di riflessione e di monito per coloro che vogliono chiudere con provvedimenti di grazia i diversi periodi del terrorismo: non può esserci giustizia senza colpevoli, così come non c'è giustizia se i colpevoli non scontano le condanne loro inflitte.
Noi siamo convinti che i provvedimenti di clemenza, se non preceduti da un'attenta e scrupolosa valutazione di ogni singolo caso, dal sincero pentimento degli imputati e dalla contestuale presa di distanza dal terrorismo e dalle sue metodologie assassine, finirebbero per infliggere una ferita ancor maggiore a coloro che da tanto tempo attendono una risposta seria e autorevole da parte dello Stato.
Oggi la Camera sta dando la prima risposta: speriamo non sia l'unica e che ad essa seguano provvedimenti adeguati a sostenere i parenti delle vittime.
Annuncio quindi il voto favorevole del gruppo di Alleanza Nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, dispiace aver visto accendersi al momento delle votazioni alcune luci bianche, e che il provvedimento in esame, quindi, non riscuota l'unanimità dei consensi. Alcune divergenze erano già emerse nel dibattito generale, ma esse pesano nel momento in cui istituiamo un «Giorno della memoria» per le vittime del terrorismo. Si parla molto, forse troppo, di memoria condivisa: quando poi si arriva al dunque, essa non appare tanto condivisa.
Ripeto quanto ho detto questa mattina, allorché qualcuno ha parlato di una soluzione «militare» che sarebbe stata data in Italia al problema del terrorismo, e quando, sempre nella giornata di oggi, pochi minuti fa è riecheggiata in aula la teoria del «doppio Stato», la teoria cioè di una violenza terroristica di destra e di sinistra, che vedeva contrapposte delle istituzioni deviate impegnate a combattere tale terrorismo.
Occorre ribadire con chiarezza e con forza in Parlamento che l'Italia, per fortuna, non ha fatto né come l'Argentina né come il Cile. Il fenomeno terroristico, che è costato centinaia di vittime innocenti tra magistrati, politici, forze dell'ordine, giornalisti, avvocati, è stato risolto in questo Paese in modo democratico, senza intaccare le libertà democratiche. Abbiamo convissuto per decenni con un terrorismo vigliacco. Lo definisco «vigliacco» riferendomi a uomini come Ruffilli, ucciso nel 1987...

MARCO BOATO. Era il 1988!

CARLO GIOVANARDI. ...un uomo politico inerme assassinato dalle Brigate rosse. Mi riferisco a D'Antona, di cui si è parlato stamattina, a Biagi, ad Aldo Moro, all'avvocato Croce, a magistrati come Occorsio, a Casalegno: ci sarebbe da fare una lista infinita di personaggi e di cittadini, vittime della violenza terroristica!
Da una parte, operavano assassini efferati che colpivano persone inermi, dall'altra parte, operava uno Stato democratico che ha fatto fronte all'emergenza. Non è possibile pensare che Aldo Moro, Amintore Fanfani, Ugo La Malfa, Nenni, Craxi poi e la classe dirigente al Governo di questo Paese fosse collusa con azioni di repressione del terrorismo che non fossero democratiche.
Quando si vuole ricostruire la storia del Paese bisogna dare atto alla classe dirigente e alle forze politiche di aver saputo Pag. 73resistere con la forza della democrazia a un attacco che, con la morte di Aldo Moro, è arrivato fino al cuore dello Stato. È giusto aver fissato nella giornata del suo assassinio il ricordo delle vittime del terrorismo, perché quando in un paese avviene l'omicidio di cinque esponenti delle forze dell'ordine e di uno dei suoi più grandi leader, la data di tale sacrificio può e deve rimanere emblematica, anche perché da essa è partita la riscossa dello Stato democratico.
E ancora più giusto credo sia ricordare le vittime del terrorismo. In realtà, non lo facciamo adeguatamente. L'altro giorno è venuto a parlare a una scolaresca a Modena il figlio dell'ex sindaco di Firenze Lando Conti - uno dei tanti cittadini assassinati dalle Brigate rosse -, che con angoscia spiegava come negli ultimi mesi abbiamo assistito a una rivalutazione, al di là del ragionevole, al di là del sensato, degli ex terroristi, di chi ha insanguinato l'Italia, di chi ha commesso efferati delitti. A questi ultimi sono state infatti affidate consulenze per il Governo, come collaboratori; alcuni di essi sono stati addirittura assunti presso alcune regioni in organismi preposti a spiegare ai giovani come si tutela lo Stato democratico. Dall'altra parte, invece, troppo spesso sono stati dimenticati coloro che sono stati colpiti perdendo la vita o le loro famiglie che ancora oggi portano nella «carne», nelle difficoltà dei figli, nelle difficoltà economiche il prezzo che hanno pagato per la nostra libertà e per la nostra democrazia. Il Paese ha un debito nei loro confronti, debito che deve onorare non soltanto con le parole ma anche con i fatti, dimostrando che non ritiene che il sacrificio di chi ha perso la vita in quel periodo sia stato vano!
Signor Presidente, purtroppo dobbiamo vedere nei cortei in giro per l'Italia persone che inneggiano alle Brigate rosse, difendono i «compagni che sbagliano», come se non sapessero che dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, ad esempio con Franceschini a Reggio Emilia, vi è stato anche l'orientamento di una parte della società italiana, che ha pensato di risolvere i problemi politici con la violenza e la soppressione fisica dell'avversario.
È una storia che speravamo di aver lasciato alle nostre spalle, ma non è così, perché si trova comunque chi vuole giustificare, coprire o riabilitare coloro che hanno fatto parte di quella stagione. È giusto che la Costituzione affermi che il carcere deve essere rieducativo, così come è giusto dire che chi ha sbagliato può essere recuperato. Ho già ricordato una volta che nelle pagine immortali de I Promessi Sposi, frate Cristoforo, dopo aver ucciso a Milano, non si presenta dai parenti della vittima sostenendo tesi politiche o mettendosi in concorrenza con loro, ma, vestito da frate, chiede perdono. Per il resto della vita egli non cerca protagonismo politico, ma recupera valori umani e di perdono, anche da parte dei familiari, facendosi carico degli errori commessi. Non continua, perciò, a riscrivere, come qualcun altro vuole fare, la storia di questo Paese come una storia di ambiguità di una classe dirigente che - e lo ripeto per l'ennesima volta perché è giusto dirlo - in tutte le sue componenti, anche in quelle dell'opposizione, ha saputo far fronte efficacemente all'attacco dei terroristi.
Mi rivolgo ai colleghi che si astengono: votate a favore e non perpetuate equivoci. Quando uno dei vostri gruppi, Rifondazione Comunista, al Senato, intitola una sala a Carlo Giuliani fa un terribile errore: se quell'episodio fosse avvenuto di notte, nessuno avrebbe visto, invece è stato ripreso da tutte le televisioni d'Italia. Tutti abbiamo visto in quell'occasione e in quel momento i carabinieri e i giovani di leva feriti e qualcuno che stava linciando quei carabinieri e qualcuno che stava tentando a sua volta di ucciderli (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania). Credo, quindi che, nelle sedi istituzionali, la targa dovrebbe essere messa fuori per ricordare il sacrificio di quei giovani e non di chi ha perso la vita - e mi dispiace moltissimo - nel tentativo di linciare chi, anche in quell'occasione, difendeva Pag. 74la nostra libertà e la nostra democrazia. Perché se facciamo nascere equivoci di questo tipo allora l'Italia, che forse è l'unico paese dell'Europa che non riesce a debellare definitivamente il fenomeno del terrorismo, troverà sempre qualcuno che, in nome di qualche ideale strampalato e condannato dalla storia, alimenterà la violenza.
Il gruppo dell'UDC voterà con convinzione l'istituzione di questa giornata. Vedete, colleghi: tutti hanno pagato, ha pagato la sinistra con Guido Rossa, ha pagato Tarantelli, ha pagato D'Antona, hanno pagato i sindacalisti e hanno pagato, qualche volta, giovani di destra innocenti. Datemi atto, però, che prima, negli anni Quaranta e Cinquanta, nel triangolo della morte, quando i segretari di sezione, i sacerdoti e i possidenti venivano colpiti dopo la liberazione perché rappresentavano una parte politica sgradita, e poi, negli anni Sessanta e Settanta, quando decine di esponenti politici, di consiglieri comunali e regionali e di parlamentari, fino ad arrivare ad Aldo Moro, sono stati colpiti, inermi, perché facevano da bersagli, nessuno di noi, da questa parte politica, quando c'erano la Democrazia Cristiana e i moderati, si è mai sognato di organizzare o di pensare di colpire fisicamente l'avversario.
Noi eravamo le vittime di quella violenza e abbiamo risposto alla violenza con il rigore dello Stato democratico. È un'esperienza democratica che rivendico, così come rivendico il modo composto con cui una classe dirigente ha fatto fronte all'assalto del terrorismo. Questa legge che istituisce la giornata della memoria serve a ringraziare chi ha dato la sua vita per difendere la nostra libertà e la nostra democrazia. Ringrazio loro e le loro famiglie che, ancora oggi, hanno una vita rovinata e spesso, a causa di quegli avvenimenti, vivono in una situazione di stenti e difficoltà. Li ringrazio davvero per quello che hanno dato. Facciamogli capire che il Parlamento non giudica vano il loro sacrificio Tutti noi italiani dobbiamo essere per sempre grati del loro sacrificio in difesa della nostra libertà (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Turci. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente annuncio il voto favorevole della Rosa nel Pugno su questa proposta di legge che istituisce la giornata della memoria per le vittime del terrorismo.
Non mi appassiono alla discussione relativa a quale sia stato il momento più tragico nei lunghi anni di aggressione terroristica allo Stato democratico. È stata ricordata Piazza Fontana, ma potrei anche ricordare la strage alla stazione di Bologna, pagata con il sangue da decine e decine di vittime innocenti. Tuttavia, trovo giusta la scelta di indicare il giorno dell'assassinio di Aldo Moro come la data simbolicamente più significativa. Non possiamo infatti dimenticare che il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro hanno rappresentato, non solo simbolicamente, ma anche politicamente, il momento più acuto di attacco allo Stato democratico, il momento preciso in cui le forze terroristiche hanno mirato più in alto, nel tentativo di sovvertire l'ordinamento democratico e indurre alla resa le istituzioni democratiche. È stato anche il momento in cui si è espressa, forse con più forza, nei confronti del terrorismo, l'unità di intenti, di resistenza e di rivincita di tutte le forze politiche che si riconoscevano nello Stato democratico e nella Costituzione. Trovo quindi giustificata questa scelta, rispetto alla quale noi esprimiamo tutta la nostra approvazione.
Non compiamo soltanto un gesto doveroso di ricordo, per segnalare alle nuove generazioni ciò che è successo in quegli anni, ma ribadiamo la nostra volontà di resistere ad una minaccia che, se pure oggi in termini meno pericolosi rispetto al passato, tuttavia non è scomparsa dall'orizzonte politico del nostro Paese. Potrei ricordare la notizia principale riportata Pag. 75dai giornali in questi giorni: le minacce al presidente della Conferenza episcopale italiana, Monsignor Bagnasco, a cui va la nostra solidarietà. Potrei ricordare ancora il volantino firmato Partito comunista combattente, fatto circolare a Bologna nei giorni scorsi, così come potrei ricordare anche le decine di persone, a cominciare da illustri giuslavoristi - come, ad esempio, l'amico professor Ichino - che vivono tuttora sotto scorta, perché minacciati quotidianamente dal terrorismo.
Ribadiamo la nostra volontà di non arrenderci e di sconfiggere definitivamente questo pericolo che, sia pure in forme più sottili e meno minacciose che nel passato, continua a presentarsi nella vita politica del Paese. Queste sono le ragioni della nostra approvazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Credo sia molto difficile, in occasione del voto sulla proposta di legge in esame, che opportunamente istituisce il 9 maggio, data dell'anniversario della tragica scomparsa dell'onorevole Aldo Moro, quale giorno della memoria, compiere in quest'aula un'analisi approfondita sul fenomeno terroristico.
Ho preso la parola perché non condivido - e ritengo giusto dire ciò ad alta voce, assumendomene la piena responsabilità - l'analisi proposta da una esponente di Rifondazione Comunista, secondo la quale il terrorismo nasce come risposta, non già come offesa, alla strage di piazza Fontana del dicembre del 1969 e alla cosiddetta militarizzazione dello Stato. Il terrorismo politico, sia di destra che di sinistra, nasce nel nostro Paese come componente di un movimento che, a partire dal 1968, si è sviluppato nelle scuole e nelle fabbriche in modo tumultuoso e anche contraddittorio. Esso non ha rappresentato la risposta ad un'iniziativa dello Stato, anche se non si può negare che, sulla strage di piazza Fontana, pesano ancora oggi interrogativi e misteri tutt'altro che chiariti.
È indubitabile che, per quanto riguarda le stragi compiute nel nostro Paese - a partire da quelle di piazza Fontana, di piazza della Loggia o dalla strage dell'Italicus e per finire anche - perché io sono tra coloro che non credono che la Mambro e Fioravanti ne siano gli esecutori materiali - alla strage del 1980 alla stazione di Bologna. È vero, ed è stato provato, che esistevano rapporti tra parti deviate dei servizi segreti dello Stato ed iniziative tese a sobillare, a squilibrare e a rendere precaria la democrazia in un paese come l'Italia, posto al confine tra il mondo occidentale e il mondo comunista, tra l'Europa e i paesi arabi ed Israele.
Era un territorio di confine e, come tale, esposto a rischi molteplici. Tuttavia, se noi esaminiamo attentamente, nelle sue diverse sfaccettature il terrorismo politico, non possiamo mai considerarlo come momento di difesa, né di valori né di proposte politiche.
Il terrorismo politico è un elemento di offesa alla democrazia. Il terrorismo politico di sinistra, i cosiddetti «anni di piombo» in particolare, nasce e si sviluppa per colpire i democratici e i riformisti e quanti proponevano un'altra via al rinnovamento sociale ed economico del nostro Paese.
Non sono un caso la morte del giudice Alessandrini né, nel momento preciso in cui si stavano costituendo un Governo e una maggioranza di unità nazionale, il rapimento e l'omicidio dell'onorevole Aldo Moro.
Probabilmente, nei tentativi diversi, molteplici e contraddittori di violenza politica e di terrorismo politico nel nostro paese, sono stati presenti anche orientamenti strategici riconducibili a servizi segreti di altri paesi. L'Italia ha proceduto spesso sotto l'alone pericolosamente protettivo di altri Paesi che avevano tutto l'interesse a destabilizzare il nostro territorio.
Non c'è dubbio però che dobbiamo celebrare come martiri innanzitutto coloro che hanno sacrificato la loro vita per difendere le istituzioni democratiche e la libertà in questo nostro martoriato Paese.Pag. 76
Ha ragione l'onorevole Cota quando afferma che non dobbiamo celebrare soltanto le vittime autorevoli della violenza. Dobbiamo celebrare dunque non soltanto Aldo Moro, ma anche il fattorino dello IACP, Alessandro Floris, che venne colpito barbaramente a morte dalla banda «22 marzo» a Genova. Fu la prima vittima, se non ricordo male, della violenza terroristica nel nostro Paese, cui hanno fatto seguito tante altre umili vittime che possono e devono trovare posto in un Pantheon dei martiri della violenza politica dell'Italia democratica. Nella giornata del maggio del prossimo anno ricordiamo dunque tutte le vittime, da quelle più umili a quelle più autorevoli.
Tuttavia lanciamo un allarme: che possa ripetersi ancora nel nostro Paese quello che abbiamo già vissuto in passato. Non credo possa ripetersi nelle stesse forme: ogni epoca storica determina i fatti e le iniziative del momento.
Ciononostante, sono fortemente preoccupato da quanto affermato dal ministro dell'interno Giuliano Amato a proposito degli stretti rapporti che esistono in questo momento tra esponenti e gruppi della violenza terroristica che sono in carcere e altri settori del movimento i cui esponenti sono rifugiati o presenti in alcuni centri sociali o manifestano esplicitamente nelle piazze, esprimendo solidarietà e consenso rispetto agli obiettivi di queste bande organizzate.
Si tratta di un estremismo che unisce ribellismo e antipolitica e che in qualche forma si è permesso recentemente di contestare anche lei, signor Presidente della Camera, che non è certamente un moderato, così come di contestare tutte le cariche dello Stato e finanche i sindacati, seppure in forma non esplicita. Un movimento che unisce ribellismo e antipolitica e che ritengo assai pericoloso perché è un estremismo che si differenzia da quello del passato, che aveva qualche giustificazione teorica, rifacendosi ad esempio a movimenti internazionali come quello dei Tupamaros dell'America latina o alle bande come la Baaden-Meinhof in Germania. Questo movimento non ha referenti internazionali, né punti di riferimento nella teoria politica di alcun tipo: è, semplicemente, un estremismo ribellista e qualunquista.
Probabilmente, dobbiamo porci il problema di separarlo dalla massa dei giovani, assumendo una posizione politica che sia di forte rinnovamento del paese e che ponga al centro dell'attenzione - come è stato affermato proprio ieri, primo maggio, giorno dei lavoratori - le questioni del lavoro e dei giovani.
La precarietà del lavoro e le morti bianche sul lavoro sono questioni di cui si devono occupare i democratici ed i riformisti di questo Parlamento della Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, non sarei intervenuto nuovamente in questo dibattito, perché già questa mattina ho avuto modo di motivare, credo abbastanza ampiamente, le posizioni del gruppo di Rifondazione Comunista-sinistra europea, sottolineando che siamo assolutamente favorevoli all'istituzione di una giornata della memoria per ricordare le vittime del terrorismo.
Tuttavia, come ho messo già in rilievo e come ripeto in sede di dichiarazione di voto, la proliferazione delle giornate della memoria può portare ad un depotenziamento di questi appuntamenti, in cui la società dovrebbe condividere dei punti fermi, valori e giudizi.
La moltiplicazione delle giornate della memoria, lungi dal facilitare la costruzione voluta e fatta insieme, rischia, invece, di annullare lo sforzo di confronto e di ricerca, su episodi, momenti e fasi storiche che sono alle nostre spalle, ma che hanno attraversato in maniera drammatica e tragica il nostro Paese.
Signor Presidente, in primo luogo, vorrei ribadire la nostra completa solidarietà a tutti i familiari delle vittime colpite dallo Pag. 77stragismo e dagli assassinii politici e ricordare che questa solidarietà non nasce oggi, ma si è sviluppata nel corso degli anni, da quando vi sono state le vittime dello stragismo e degli assassinii politici.
Tuttavia, onorevole Giovanardi, vorrei ricordarle che Carlo Giuliani è morto assassinato e, finora, non è stato neanche possibile avere un processo per sapere chi lo abbia assassinato.

CESARE CAMPA. Vergognati!

FRANCO RUSSO. Sappiamo benissimo che prendeva parte ad alcune manifestazioni, in particolare, insieme a migliaia di persone, a quella di Genova in quel mese difficilissimo in cui si è registrata una gestione dell'ordine pubblico aggressiva nei confronti dei manifestanti, tant'è vero che è stata istituita addirittura una zona rossa, per così dire «intoccabile».
Aspettiamo ancora che sia fatta giustizia della morte di Carlo Giuliani, non nel senso di volerne vendicare la morte, bensì di volere ottenere un processo che ancora non c'è stato (Commenti del deputato Giovanardi).
Pertanto, onorevole Giovanardi, nel momento in cui il gruppo Rifondazione Comunista ha intitolato una sua sala al Senato, non lo ha fatto indiscriminatamente per colpire e indicare dei colpevoli, ma, in primo luogo, per ricordare una vittima e per chiedere lo svolgimento di un processo.
Signor Presidente, questa mattina ho riconosciuto molto apertamente - e speravo che con molta onestà intellettuale mi venisse anche riconosciuto dagli altri - che noi abbiamo assistito negli anni duri dello stragismo e degli assassinii politici ad una lezione di dignità che è venuta dalle famiglie. Abbiamo ascoltato stamattina Olga D'Antona che ha dato ancora una volta una lezione di dignità a tutti quanti noi, ma ho voluto ricordare anche le famiglie dell'onorevole Aldo Moro e il figlio di Bachelet, Giovanni, e il discorso che tenne quando onorò il padre ucciso. Io che non ne faccio parte, ho riconosciuto che dalla cultura cattolica è venuta una lezione di dignità, di comprensione e non di perdonismo, ma di capacità di superare una ferita per offrire all'intera società la possibilità di andare avanti.
L'onorevole Giovanardi si è stupito - non voglio nascondermi dietro nomi altisonanti - che questa mattina abbia voluto ricordare il doppio Stato. Onorevole Giovanardi, nessuno mette in discussione la lealtà della stragrande maggioranza della classe dirigente italiana verso le istituzioni repubblicane - lungi da me il ritenere che intere generazione di governanti, perlomeno tre, che si sono avvicendate nel nostro Paese, avessero messo in discussione le basi istituzionali e democratiche -, però, qui sta il doppio Stato: nessuno può negare che interi settori dell'apparato statale, a cominciare dai servizi segreti, sono stati molto spesso usati come strumento per tentare di rovesciare le basi costituzionali del nostro Stato.
Ho voluto ricordare Portella delle Ginestre, ma voglio ricordare anche - a differenza di quanto ha fatto lei - che durante gli anni della Repubblica alcune organizzazioni, come Gladio, si costituivano con la protezione di settori dello Stato. Voglio ricordare qui quello che disse Nenni nel 1964 del «tintinnar di spade», riferendosi al generale dei carabinieri De Lorenzo e voglio qui ricordare il Sifar e la P2, di cui l'onorevole Tina Anselmi, esponente della Democrazia cristiana, andò a scoprire tutti segreti.
Quando parlo del doppio Stato, non metto in discussione la necessità di avere i punti di riferimento di valori condivisi, ma sostengo che noi non possiamo fare di tutta l'erba un fascio e nasconderci il fatto che in Italia sono stati condotti per anni e anni tentativi di impedire il progresso non verso la sinistra, ma addirittura verso il centrosinistra. Nel 1964, infatti, si trattava appunto di impedire a quel nuovo tipo di Governo la riuscita e la possibilità di andare avanti.
Poi ho voluto ricordare che non si tratta di assolvere tutti gli apparati dello Stato, ma anche di ricordare che, negli anni '70, non solo i familiari e le vittime di quegli attacchi hanno subito l'aggressione Pag. 78terroristica, ma anche i grandi movimenti di popolo e di massa che in quegli anni sono nati nel nostro Paese e sono stati presi nella tenaglia della repressione e delle leggi emergenziali.

CARLO GIOVANARDI. Ma sparavano...!

FRANCO RUSSO. Non c'è stata la messa in discussione dell'intero apparato democratico dello Stato, ma ricordiamoci per un verso delle leggi emergenziali e per l'altro del terrorismo di destra e di sinistra. Ricordiamo che lo stragismo nasce il 12 dicembre 1969 contro i grandi movimenti operai e studenteschi del '68.
Voler ricordare tutto ciò è un modo per mettere insieme la memoria, non per cancellare i fatti aspri che ci hanno visti divisi e per ricordare anche che non solo l'apparato dello Stato con le leggi emergenziali, ma soprattutto la tenuta dello Stato democratico è stata dovuta alla capacità di risposta continua e permanente ad ogni assassinio e ad ogni strage. Ricordiamo i milioni e milioni di persone, sommando tutte le manifestazioni che ci sono state, che hanno detto no al terrorismo, allo stragismo e alla degenerazione democratica.
Ho voluto ricordare tutto ciò, nel rispetto completo anche della data del 9 maggio. Perché noi facciamo un'obiezione nei confronti di tale data? Non certo perché non ci abbia colpito allora e non ci continui a colpire la barbarie che si è esercitata verso Aldo Moro e la sua famiglia. Vogliamo ricordare però che in quell'occasione la società italiana è stata attraversata da un grande dibattito, che ha preso il nome «della fermezza e della non fermezza», che verteva sulle modalità con cui reagire al ricatto delle Brigate rosse e su come salvare la vita di Aldo Moro. Questo è stato in discussione. C'è stata una parte consistente della società italiana che si è espressa appunto per salvare la vita di Aldo Moro e per accedere alle richieste dei terroristi, perché quando i terroristi hanno in mano la vita di una persona, certo è difficile discutere se si vuol salvare quella vita: non si può che addivenire alle loro condizioni. È quello che ha fatto questo Governo nel caso del giornalista Mastrogiacomo, quello che una parte della classe dirigente nel 1978 voleva fare, contro un'altra parte della classe dirigente che - in nome appunto dello Stato e della «statolatria» - non fu capace di contrattare con i brigatisti per salvare la vita di Aldo Moro.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FRANCO RUSSO. Per tutti questi motivi, signor Presidente, mentre noi siamo d'accordo a ricordare, a trasmettere alle nuove generazioni quel che è successo negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, non condividiamo l'istituzione della «Giorno della Memoria»; facendo del 9 maggio il punto alto di quella storia, perché dobbiamo ancora costruire insieme la lettura e soprattutto la necessità di uscire dagli anni di piombo e dagli anni bui della Repubblica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei esprimere alcune brevi considerazioni in riferimento a questa proposta di legge.
La prima è che forse abbiamo sbagliato tutto nell'intitolare, come abbiamo fatto, questa proposta legge e nel giustapporre i motivi per cui si istituisce il giorno della memoria al nome di Aldo Moro. Questo perché i provvedimento è rivolto alle vittime del terrorismo ed allora bisogna cominciare a chiedersi cosa sia il terrorismo.
Credo che il terrorismo faccia parte di quegli atti di violenza che vengono perpetrati indiscriminatamente ai danni delle persone qualunque. Quindi, è una cosa diversa l'atto che io rivolgo contro il mio avversario politico. Io faccio una strage (esempio emblematico: l'11 settembre 2001, 5 mila morti) per intimorire un'insieme Pag. 79di popolazioni. Se così è, dobbiamo forse pensare che diventa un po' meno emblematica la data del 9 maggio.
Ho sentito parlare in quest'aula di vittime «di serie A» e vittime «di serie B». Credo che l'istituzione di una data e, soprattutto, di una ricorrenza di questo tipo non serva per il passato ma deve servire da monito per il futuro, per far sì che quello che è accaduto non si verifichi mai più.
Allora, se così è, per prima cosa si deve evitare di individuare come punto di riferimento una strage che - guarda caso - è colorata di rosso o di nero, perché in tal modo si continuerà ad andare nella logica che negli anni Settanta ha portato a tutti gli atti di violenza delle Brigate rosse.
Se voi andate a leggere gli atti e le lettere che sono state scritte nei processi contro le Brigate rosse, vedrete che la considerazione fatta da questi delinquenti era abbastanza semplice. Il capitale ha ucciso il popolo nella sua intelligenza e l'ha ucciso in maniera talmente grande che il popolo non è in grado di reagire; quindi, c'è bisogno di un momento terroristico da parte delle Brigate rosse che possa svegliare una parte del popolo. Gli esempi che venivano fatti nei processi erano proprio quelli citati dall'oratore che mi ha preceduto: gli omicidi, cioè, erano compiuti per far sì che, ad esempio, un certo accordo o una certa manifestazione di taluni sindacati venisse portata avanti.
Se imbocchiamo questa strada, colleghi, percorriamo la strada sbagliata. Credo infatti che la data di cui parliamo oggi debba essere intesa non tanto in maniera letterale - non bisogna cioè intendere il terrorismo come viene definito dalle organizzazioni sindacali - quanto piuttosto come uno strumento per dire «no» alla violenza, per esprimere un criterio, un'idea e un'azione politica. Semplicemente questo, né più né meno: non possiamo dare alcuna cittadinanza alla violenza, sia essa rossa, nera, bianca, o di qualsivoglia associazione occulta.
Ma se così è - se cioè siamo d'accordo sul «no» alla violenza - dobbiamo votare compatti: ecco perché chiedo alle forze di estrema sinistra di ripensarci. Dobbiamo votare compatti contro la violenza, dalla sinistra alla destra! Quella che state adducendo è un'argomentazione francamente ridicola: è come se mi invitasse a cena Jennifer Lopez ed io rispondessi: «Non mi piacciono le tue scarpe!»...

PIETRO ARMANI. Bravo!

MATTEO BRIGANDÌ. Vi prego dunque di ripensarci: dobbiamo muoverci uniti verso questa importante data, che costituirà un'occasione per consentire a tutti una riflessione contro la violenza. La violenza è citata da tutti: ieri ho ascoltato sotto casa mia il Presidente della Camera - abito proprio lì sopra, signor Presidente - che parlava del 1 maggio e di Portella della Ginestra. Questi avvenimenti vanno ricordati.
Non possiamo dunque star qui a discutere se per caso la vittima è di un colore diverso dal nostro e dunque votare per questo contro la scelta di una certa data. Ma cosa state dicendo? La violenza deve essere espulsa da ogni lotta di carattere politico! Altrimenti, la data cui occorre fare riferimento è quella dell'omicidio di Abele da parte di Caino! È proprio in questo senso che andava il nostro emendamento: richiamarsi cioè ad un omicidio qualunque, piuttosto che ad uno eccellente. In alternativa, si sarebbe potuto pensare forse ad un episodio più emblematico, per esempio la strage di Bologna o quella di piazza Fontana.
In ogni caso, non credo che la data abbia una particolare importanza di fronte all'alto valore morale e sociale dell'istituzione di questa ricorrenza. È per questo che dichiariamo il nostro voto favorevole e chiediamo alle altre parti politiche di quest'Assemblea di non offrire la sponda a nessuno e per nessun motivo di fronte ad un argomento così importante.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.

Pag. 80

NICOLA TRANFAGLIA. Sono piuttosto stupito del fatto che, nel momento in cui il Parlamento si accinge a decidere su questioni che attengono alla nostra storia, da una parte si accendono dispute assai aspre, e dall'altra non si tiene conto delle posizioni di coloro che studiano la storia e che «accumulano» ricerche sul passato. È come se questa volta si cercasse, da parte di una maggioranza piuttosto estesa, di prescindere completamente da tutto il lavoro che gli storici di diversa provenienza e di diverso colore politico hanno svolto sulla storia dell'Italia repubblicana.
Occorre notare che il provvedimento in esame parla esplicitamente di «vittime del terrorismo» e «delle stragi di tale matrice»: ci si riferisce dunque non solo agli atti terroristici, ma anche alle stragi avvenute nel nostro Paese. Nel farlo, però, si dimentica completamente che questa storia è cominciata ben prima degli anni Ottanta; si dimentica cioè che la prima vera grande strage è stata quella del 1 maggio 1947 a Portella della Ginestra, a proposito della quale tutte le ricerche più recenti hanno potuto utilizzare documenti, provenienti da vari paesi, che dimostrano la presenza in quell'occasione di diversi protagonisti, alcuni italiani ed altri di diversa nazionalità.
Questo è il primo punto. Posso capire che la data del 1 maggio 1947 è stata giudicata troppo lontana, ma ritengo che si debba decidere, allora, in quale periodo, nella nostra storia, c'è stato un «accumulo» di stragi e di atti terroristici....

CARLO GIOVANARDI. Nel 1946! E nel 1945, dopo aprile...!

PRESIDENTE. Per favore!

NICOLA TRANFAGLIA. Se mi fate parlare...! Io sto parlando dell'Italia repubblicana e non credo di dover ricordare che l'Italia repubblicana è stata decisa da un referendum il 2 giugno del 1946. Per questo non si può parlare del 1945, solo per questo. Altrimenti si potrebbe anche parlare anche del 1943, ma poiché ci riferiamo all'Italia repubblicana dobbiamo parlare di quello che accadde dopo il 2 giugno 1946.
Allora, se poi si vuole scegliere un periodo in cui è stata più intensa la serie di stragi e di atti terroristici non c'è dubbio che il periodo è quello che va dal 1969 all'inizio degli anni Ottanta, tanto è vero che citando anche le cifre che hanno fornito i ministeri, quindi cifre ufficiali, noi sappiamo che i morti e feriti in quella stagione ammontano a 1.119, di cui 351 morti, e che gli anni più sanguinosi sono stati il 1969, con 105 vittime, di cui 30 morti; il 1970, con 56 vittime, di cui 6 morti; il 1974, con 237 vittime, di cui 30 morti; il 1980, con 357 vittime, di cui 130 morti.
Questi dati, come mi pare giusto si debba fare in quest'aula, non riguardano il colore delle vittime, ma, in generale, l'Italia delle stragi e dei terrorismi. Allora, se siamo d'accordo sul fatto che è proprio dal 1969 in poi che si dispiega questa stagione, non c'è dubbio che l'avvenimento simbolicamente più rappresentativo di questa è costituito, come hanno già detto l'onorevole Franco Russo e l'onorevole Ascierto, dalla strage di piazza Fontana, in cui sono morte 17 persone anonime, che non sapevano neanche la causa di quello che gli stava per capitare.
Invece, per quanto riguarda la morte dell'onorevole Aldo Moro, io sono il primo a ritenere che la Repubblica debba ricordarlo, magari con una nuova iniziativa, nel modo più solenne. E vorrei anche ricordare che l'onorevole Aldo Moro è stato l'artefice politico del tentativo di far partecipare i comunisti al Governo della Repubblica; quindi, parlarne come di una persona che voleva rappresentare in qualche modo altre parti politiche non è corretto dal punto di vista storico.
Ecco perché, ricordando questi fatti, ritengo che la morte dell'onorevole Moro appartenga a un'altra stagione e che non possa essere ciò che dà inizio a questo ricordo simbolico che stiamo per istituire.
Mi meraviglio che tanti colleghi, che hanno il mio stesso passato, abbiano dimenticato queste cose. Certo, resta il fatto Pag. 81che, pur favorevoli al provvedimento, noi siamo costretti ad astenerci, proprio perché riteniamo che la scelta della data del 9 maggio non corrisponda alla realtà storica, quando tutte le ricerche puntano sulla data del 12 dicembre 1969 (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

LUCA VOLONTÈ. No, ripensaci!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, dagli interventi che mi hanno preceduto sembrerebbe - o potrebbe sembrare - che il provvedimento al nostro esame sia condiviso. Dalle dichiarazioni di voto, però, mi pare che sia poco condiviso, poiché si danno giustificazioni che non hanno senso, se è nostro dovere pensare alle vittime del terrorismo e non ai terroristi: con questo giustificazionismo, infatti, sembra si debba pensare più ai terroristi che alle loro vittime.
E anche in quest'aula, oggi, sembrerebbe svolgersi una specie di lotta di classe tra professori universitari ex terroristi che oggi insegnano nelle università o lavorano, addirittura, nelle strutture stesse dello Stato, e i poveri carabinieri o poliziotti che, invece, se lasciano l'Arma o le forze di polizia, rimangono disoccupati.
Varrebbe la pena ricordare agli amici e ai colleghi della maggioranza quella famosa poesia di Pasolini sulla cosiddetta «battaglia di Valle Giulia», quando i poliziotti furono fatti bersaglio dei banchi che cadevano dalla facoltà di architettura: i sessantottini di allora oggi siedono nelle cattedre universitarie, mentre i poliziotti di allora - se sopravvissuti al terrorismo - al più sono diventati brigadieri della Polizia.
Perciò, crediamo che il Parlamento debba difendere le vittime del terrorismo e non i terroristi, dal momento che i terroristi di allora (che oggi siedono spesso nelle strutture dello Stato) non possono essere parimenti considerati rispetto alle vittime del terrorismo.
Abbiamo esempi di personalità ammazzate senza saperne il perché; per quanto mi riguarda, vorrei citarne uno per tutti: Lando Conti, ottimo sindaco della città di Firenze ucciso dai terroristi senza che se ne conoscano ancora le vere ragioni. Lando Conti era un sindaco repubblicano, ma al di là di Lando Conti, Aldo Moro, Bachelet e via discorrendo mi riferisco, soprattutto, alle vittime, ai poliziotti, ai brigadieri, ai marescialli, ed anche al fratello di Peci (che nulla aveva a che fare con il terrorismo e che è stato ammazzato). Queste sono le persone che dobbiamo ricordare, non i terroristi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Adenti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, a nome del gruppo dei Popolari-Udeur esprimo la nostra piena condivisione, il nostro convinto apprezzamento per l'iniziativa legislativa al nostro esame. Infatti, con questo provvedimento ci accingiamo a rendere un dovuto omaggio al sacrificio di tanti nostri concittadini - siano essi persone comuni, servitori dello Stato o uomini politici -, tutti accomunati in nome della difesa della libertà e dell'ordinamento democratico del nostro paese.
Con questo provvedimento contribuiremo altresì, nel fissare il ricordo di un'età così difficile per la storia del nostro paese, anche alla formazione storica e civile delle giovani generazioni.
Noi del gruppo dei Popolari-Udeur, pur rispettando le altre proposte, guardiamo favorevolmente alla scelta della data del 9 maggio, perché essa rappresenta un avvenimento di grande importanza nella storia repubblicana, un momento in cui tutti gli italiani e tutti i partiti politici si sono ritrovati uniti nel condannare il terrorismo di fronte alla punta massima dell'aggressività delle Brigate rosse: unità e coesione che resero il paese forte nella lotta contro il fenomeno del terrorismo.Pag. 82
Proprio per il suo carattere simbolico di unità nazionale contro il terrorismo, il gruppo dei Popolari-Udeur ritiene che tale scelta debba essere largamente - come del resto è - condivisibile. Questo provvedimento infine, al di là delle opinioni degli schieramenti politici, è volto a promuovere il radicamento di una memoria condivisa su fatti che riassumono i valori portanti della nostra società: innanzitutto il diritto alla vita e, poi, il rispetto delle libertà riconosciute dalla nostra Costituzione. Proprio per queste considerazioni - e per quelle già espresse nel corso del dibattito generale - annuncio a nome del gruppo dei Popolari-Udeur il nostro convinto sostegno a questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, i Verdi voteranno a favore di questa giusta iniziativa legislativa per l'istituzione della giornata della memoria a favore delle vittime del terrorismo e delle stragi. Tuttavia, vorrei ricordare a qualche collega che ha lamentato in quest'aula la mancanza di iniziative a favore delle vittime del terrorismo, l'adozione qualche anno fa, nel 2004, della cosiddetta «legge Nassiriya», proprio per tutte le vittime del terrorismo interno e in parte del terrorismo internazionale. Questa è la ragione per cui la «legge Nassiriya» dovrà essere completata, per il periodo storico antecedente al 2003, a proposito delle vittime del terrorismo internazionale, come è avvenuto alla fine della scorsa legislatura, con una mia proposta di legge a favore delle vittime della strage di Kindu, che risale al novembre del 1961. Mi auguro, quindi, in questa occasione, signor Presidente, che il Senato possa rapidamente completare l'iter legislativo della proposta di legge, già approvata all'unanimità da questa Camera, per rendere giustizia anche alle altre vittime del terrorismo internazionale precedenti alla strage di Nassiriya.
Se questa proposta di legge che stiamo discutendo oggi è giusta - noi la voteremo - mi pare che sia stato pessimo il tentativo da parte di qualche collega di utilizzare anche questa occasione per una divisione e una contrapposizione politica. È necessario ricordare ancora una volta che l'Italia ha conosciuto diversi tipi di terrorismo, in primo luogo, la strategia della tensione e delle stragi. Qualcuno in quest'aula forse non si è avveduto - o, almeno, non lo ha sostenuto - che ci sono decine di indagini giudiziarie da cui emerge la complicità di settori e di apparati dello Stato nella strategia della tensione e delle stragi.
In secondo luogo, voglio ricordare il terrorismo di sinistra; in terzo luogo, il terrorismo di destra; in quarto luogo, il terrorismo politico-mafioso; in quinto luogo, il terrorismo di matrice internazionale, sia all'interno - penso alla strage di Fiumicino del 1973 - sia all'esterno del nostro paese, e ho già ricordato la strage di Nassiriya.
L'Italia ha conosciuto fin dal dopoguerra il terrorismo politico-mafioso con la strage di Portella della Ginestra del 1 maggio 1947. Proprio ieri ne è stato ricordato drammaticamente il sessantesimo anniversario. Ma non c'è dubbio che la data che ha segnato una svolta storica in Italia sia stata quella del 12 dicembre 1969, con la strage di piazza Fontana, che ha inaugurato quella strategia della tensione e delle stragi che ha seminato lacrime e sangue nel nostro paese. Per questo, lo dico sommessamente e pacatamente, ho già sostenuto in sede di discussione generale che sarebbe stato giusto, come già previsto dalla proposta di legge a prima firma Zanella e dalla proposta di legge a prima firma Zanotti, entrambe da me sottoscritte, indicare il 12 dicembre come la data prescelta per il giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi.
Signor Presidente, colleghi, al Senato dopo molte sedute in cui si è dibattuto su un ampio ventaglio di date possibili come giorno della memoria, la Commissione affari costituzionali in sede deliberante ha deciso in modo unanime di adottare la data del 9 maggio, anniversario dell'assassinio Pag. 83del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, avvenuto appunto il 9 maggio del 1978.
L'anno prossimo ricorderemo i trent'anni di questo tragico evento. Sicuramente l'omicidio di Aldo Moro è stato un tragico e criminale evento, che costituisce il più grave omicidio politico nella storia italiana del dopoguerra e il 9 maggio di ogni anno costituirà l'occasione per ricordare tutte le vittime del terrorismo e delle stragi, senza distinzione.
Proprio per questo motivo, collega Cota, collega Del Bue, sarebbe stato più opportuno scegliere la data del 12 dicembre, perché riguarda cittadini qualsiasi, come è avvenuto per tutte le stragi che hanno fatto seguito a piazza Fontana. Infatti, il primo cittadino qualsiasi non è stato ucciso per terrorismo nel marzo del 1971, ma nella strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, dove le vittime sono state decine. Cittadini qualsiasi, donne e uomini che si trovavano casualmente in una banca, in una piazza o in un treno e che solo per questo hanno perso la vita o sono rimasti invalidi per tutta la vita. Forse dunque sarebbe stato meglio evitare - ripeto, lo dico sommessamente e pacatamente - che il Parlamento scegliesse come «Giorno della memoria» la data dell'omicidio di un proprio autorevolissimo membro, di un uomo politico e statista così stimato come Aldo Moro, a fronte di centinaia di persone anonime che sono rimaste vittime del terrorismo indiscriminato e che spesso anche dopo tali eventi sono rimaste anonime.
Questa riflessione, rispettosissima e solidale nei confronti della straordinaria figura di Aldo Moro, è stata del resto suggerita anche dalle sollecitazioni e dalle aspirazioni di molte associazioni di familiari delle vittime del terrorismo e delle stragi. Ma, lo ripeto, in ogni caso il gruppo dei Verdi voterà a favore di questa proposta di legge ricordando che essa corrisponde anche ad un'esigenza e ad una aspirazione condivisa dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
La strada per una memoria condivisa, come emerge dal nostro dibattito, sarà ancora lunga e difficile perché questo Paese è ancora dilacerato profondamente al proprio interno e temo lo sarà, purtroppo, ancora a lungo. Sarebbe invece auspicabile che il «Giorno della memoria» non venisse mai utilizzato per nuove contrapposizioni ideologiche e di parte, per rivendicazioni astiose e contrapposte ma, al contrario, che venisse utilizzato per creare, in un clima finalmente sereno e solidale, la capacità di ricordare adeguatamente il passato affinché si creino le condizioni umane, culturali, politiche e istituzionali perché quel tragico passato non possa e non debba più ripetersi. Mai più stragi, mai più terrorismo, mai più vittime innocenti! Mai più (Applausi dei deputati del gruppo Verdi)!

PRESIDENTE. Saluto gli studenti statunitensi dell'Eastern College Consortium di Bologna, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, oggi la Camera sta vivendo una giornata importante, una giornata della memoria attraverso la quale vuole consegnare anche alle future generazioni, quelle cioè che non hanno partecipato direttamente agli eventi più drammatici della nostra storia recente, il ricordo della fase drammatica che la nostra nazione ha vissuto nella propria storia, quella del terrorismo.
Si tratta di un giorno importante e mi associo a quanti hanno detto che dovrebbe essere consacrato con un voto unanime. Ciascuno di noi ha vissuto quel periodo da diverse posizioni, io l'ho vissuto da magistrato. Mi riconoscevo allora nella cultura di impegno costituzionale, la cultura riformista che voleva migliorare lo Stato dall'interno e non contrastarlo per abbatterlo, né accettarlo supinamente, ma semplicemente migliorarlo. Questa cultura era stata presa di mira dal terrorismo perché era la cultura che maggiormente si opponeva alla folle idea di abbattere lo Stato definitivamente. Essa voleva solamente migliorare Pag. 84lo Stato per renderlo sempre più conforme alla Costituzione ed in effetti i suoi rappresentanti sono coloro i quali hanno dato il maggior contributo di sangue alla violenza terroristica. Tanti magistrati sono caduti, li voglio ricordare brevemente: Occorsio, Galli, Alessandrini, Minervini, Tartaglione, Amato. Tutti giudici impegnati nel trasformare lo Stato per renderlo sempre più conforme alla Costituzione e perciò drammaticamente contrastati dalla cultura terroristica.
Voglio anche ricordare che non fu solo la magistratura a decretare la sconfitta del terrorismo e che lo Stato, in tutte le sue articolazioni, lo ha fronteggiato con metodi democratici e con un minimo (davvero un minimo!) di misure investigative eccezionali.
Voglio ricordare il ruolo che hanno avuto le forze di polizia, le quali hanno collaborato lealmente, talvolta trovandosi anche a dover contrastare settori deviati dello Stato.
Voglio ricordare i sindacati e le forze economiche, scesi in piazza con manifestazioni straordinarie ogni volta che cadeva sulla strada una vittima del terrorismo e non soltanto quando morì Guido Rossa, una delle sue espressioni più alte.
Voglio ricordare le forze politiche nel loro complesso, le quali hanno saputo contrastare efficacemente gli anni di piombo.
Vorrei invece concludere il mio intervento annunciando il voto favorevole dell'Italia dei Valori e ricordando che il terrorismo non è definitivamente debellato, ma è ricorrente. Anche episodi recenti ce l'hanno ricordato. Non soltanto gli omicidi di D'Antona, ma anche i recenti arresti hanno dimostrato una pericolosissima infiltrazione all'interno di strutture fondamentali della nostra società.
Dico ciò perché non dobbiamo abbassare la guardia e perché considero agghiacciante l'ipotesi, che è stata fatta anche in quest'aula, di chiudere comunque i conti con gli anni di piombo. Non c'è niente da chiudere. Noi oggi stiamo ricordando che la memoria della nostra nazione deve avere sempre presenti le vittime del terrorismo e il gravissimo rischio che esso rappresenta per le nostre istituzioni democratiche.
Nel momento in cui annuncio il parere favorevole dell'Italia dei Valori alla proposta di legge in esame, voglio anche aggiungere che noi ci opporremo con estrema determinazione a qualunque disegno di chiusura dei conti con gli anni di piombo, realizzato attraverso una amnistia, condono, indulto, o qualunque forma che tenda a far dimenticare quegli anni.
Non c'è niente da dimenticare, ma solo da ricordare ed oggi, la Camera, votando questo provvedimento addita alla nazione il bisogno di ricordare e di non dimenticare (Applausi dei deputati del gruppo l'Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, stamattina abbiamo svolto la discussione sulle linee generali del provvedimento e immaginavo che la fase delle dichiarazioni di voto fosse molto più veloce, forse perché davo per condiviso il significato profondo del dibattito odierno.
Vorrei ricordare, per i colleghi che non erano presenti, che la mattinata è stata caratterizzata dall'intervento molto sentito (forse molto poco politico e più umano) della collega D'Antona. Con lei abbiamo ricordato tutti e toccato con mano cosa lo Stato deve alle vittime del terrorismo, non in senso «agglomerato», ma in termini di vite personali distrutte, di famiglie distrutte, di persone che hanno pagato prezzi personali altissimi nel nome dello Stato.
Il dibattito di stasera, purtroppo, non consente di procedere alla dichiarazione di voto in termini più sbrigativi, ma necessita di alcune ulteriori precisazioni.
Vorrei rispondere ai colleghi della Lega Nord Padania che hanno chiesto perché, nel disegno di legge sul giorno della memoria delle vittime del terrorismo, non si prende in considerazione una vittima comune, Pag. 85bensì una vittima politica. Mi scuso con i colleghi della Lega Nord Padania, ma alcune volte l'antipolitica non conduce molto in avanti. Il terrorismo è di per sé atto che si riproduce contro vittime comuni, altrimenti non sarebbe tale, perché mira proprio a creare sconquasso, terrore ed a far sì che ogni cittadino possa sentirsi potenzialmente vittima. Allora, se avessimo compiuto una scelta diversa, avremmo fatto una graduatoria fra quelle vittime, nell'ambito di una ricerca storica che il collega Tranfaglia ha fatto molto correttamente ma, in questo caso, non stiamo facendo un'analisi storica del fenomeno terroristico, stiamo facendo altro. Abbiamo scelto una data importante perché il terrorismo di questo Paese è soprattutto terrorismo politico, che tende ad inquinare il corretto dibattito fra le parti politiche, e di questo terrorismo politico sicuramente il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro rappresenta un momento culminante. È stato un colpo allo Stato, il momento in cui il Paese si è sentito, per la prima volta, a nudo rispetto ad un nemico invisibile che da allora in poi ha dovuto considerare necessariamente. Quel tragico evento ha mirato soprattutto a colpire un disegno politico e, per questo, il Parlamento ha l'obbligo oggi di mettere una parola definitiva su quella pagina e su quella storia.
Mentre posso anche comprendere la motivazione della proposta avanzata dal gruppo della Lega Nord Padania, sono rimasta assolutamente allibita dalle parole di alcuni colleghi del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra europea. Pensavamo di aver scritto una pagina seria sul terrorismo, con la quale quest'Assemblea lo condanna in toto, ed allora, che senso ha mettersi a discutere di chi è stato il primo attacco e chi ha risposto? Cosa dobbiamo giustificare? Nulla. Non possiamo giustificare gli assassini, anche se l'hanno fatto nel nome della politica, perché non è una motivazione alta e nobile, anzi, è una motivazione ancora peggiore perché è l'attacco alla democrazia di questo Paese. Mi auguro che l'esame del provvedimento si concluda con il voto favorevole di tutte le parti politiche. Solo così, potremo rendere ossequio a coloro che sono morti affinché oggi potessimo sedere in questo Parlamento, a discutere liberamente le nostre idee. Solo così rivolgeremo alle nuove generazioni il monito a ricordare la storia di questo Paese e potremo insegnarla loro dato che noi stessi, per primi, dimostriamo di averla appresa fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia e del deputato Bianco).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, intervengo per esprimere il giudizio fortemente positivo del gruppo di Forza Italia sulla proposta normativa che sta per diventare legge. Certamente esistono visioni diverse e non è facile arrivare ad una soluzione condivisa; tuttavia, il 9 maggio, data in cui fu ucciso Aldo Moro e si concluse la vicenda iniziata con l'uccisione della sua scorta, è sicuramente un momento drammatico della storia del nostro Paese, dal quale si può far partire tutto ciò che in seguito è successo di positivo in termini di reazione al terrorismo. La strage di piazza Fontana poteva rappresentare una data emblematica, così come l'uccisione di Alessandro Floris: vi sono ragioni a sostegno dell'una opzione, così come dell'altra. Certamente pensare ad Alessandro Floris come una vittima rappresentativa, non di qualcuno che conti, ma di un uomo del popolo, ha una valenza, ma a me sembra che sia una valenza lievemente demagogica. La strage di piazza Fontana è un momento particolare; tuttavia, non è collegato ad un uomo di Stato e, soprattutto, non ha visto la forte reazione al terrorismo e l'individuazione e la cattura dei terroristi.
Tutto ciò che riguarda la reazione, da parte dello Stato, ad uno dei momenti più terribili della nostra Repubblica, ben può essere collocato nella memoria di chiunque, ma soprattutto nella memoria di chi Pag. 86ha vissuto quei momenti e, ancor di più, in quella dei giovani, che non devono dimenticare la storia della nostra Repubblica e come quest'ultima si sia dimostrata forte e grande nella reazione e nella lotta al terrorismo.
Questo è il tipo di ricordo che noi di Forza Italia riteniamo più adeguato, senza voler fare, però, una classifica delle situazioni più negative o più significative. Il 9 maggio, giorno dell'uccisione di Aldo Moro e della sua scorta, è un momento fortemente significativo, per le ragioni di fondo che sono state già espresse e che, in poche parole, ho voluto ribadire.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, svolgo solo qualche breve considerazione, perché condivido pienamente quanto affermato dai colleghi Santelli e Boscetto. Desidero, però, precisare, anche con riferimento ad alcuni interventi di esponenti di Rifondazione Comunista, che l'istituzione di questa giornata, che dovrebbe unire tutti gli italiani nel ricordo delle vittime della violenza terroristica e nella comune riflessione sui valori della democrazia, è stata considerata in modo profondamente diverso da alcuni partiti. Credo opportuno ribadirlo in questa sede, anche in considerazione del fatto che Forza Italia - ma anche Alleanza Nazionale, Lega Nord e UDC - ha espresso un parere contrario a tale proposta di legge, dal momento che la relazione di maggioranza partiva, nella definizione delle vittime del terrorismo, dalla strage di piazza Fontana, privilegiando determinate vittime a scapito di altre.
Ciò ha innescato una discussione sul terrorismo nero e sul terrorismo rosso, che ha fuorviato il dibattito, inducendo molti di noi ad esprimere parere contrario nei confronti di una relazione parziale, che volutamente dimenticava alcuni aspetti della storia italiana, che noi, invece, crediamo doveroso riproporre e difendere in questa sede.
Mi preme ribadire, quindi, che, nel momento in cui esprimo, con i colleghi del mio gruppo che hanno già parlato, un voto favorevole a tale proposta di legge, tendo a fare chiarezza sulle diverse motivazioni che ci hanno indotto in Commissione ad esprimerci in un certo senso.
Il ricordo che vogliamo porre in evidenza in questa sede è adeguato e doveroso per un Paese democratico come il nostro. Senza nulla togliere alle vittime della violenza politica e del terrorismo, credo che il riferimento preciso al 9 maggio - anche perché definito dal punto di vista giuridico e politico - segni il punto più alto della strategia della tensione e delle difficoltà di uno Stato democratico, che si è trovato a misurarsi con l'eversione e con i problemi connessi all'uccisione del più autorevole esponente governativo in quel momento: mi riferisco alla figura di Aldo Moro ed al sacrificio della sua scorta. Questo significato non può essere sottaciuto, senza nulla togliere ad altre vittime della violenza estremista.
Vorrei però dire con pacatezza, ma con chiarezza, che - visto che i colleghi dell'estrema sinistra in questa sede hanno ribadito tutta una serie di luoghi comuni sulle vittime del terrorismo, citandoli ad ogni piè sospinto e facendo anche una verifica numerica delle vittime dal dopoguerra ad oggi - se ci incamminiamo su questa strada, fatalmente prevarranno le divisioni e la necessità di riconoscere, al di là della solidarietà che esprimiamo in questa sede alle vittime del terrorismo, le motivazioni con cui esprimiamo la solidarietà, ma soprattutto la considerazione della storia italiana, che è profondamente diversa.
Su questo punto, credo che occorra fare chiarezza, proprio perché si è fatto riferimento alle vittime della violenza terroristica degli anni Sessanta. In questa sede - ed è stato fatto riferimento alla Repubblica italiana nata il 2 giugno 1946 - vorrei ricordare anche all'onorevole Tranfaglia che nel 1948 ci sono state nella mia regione, l'Emilia Romagna, tante vittime della violenza di sinistra, alle quali non è mai stato riconosciuto nemmeno un Pag. 87ricordo, una riflessione o almeno la percezione delle motivazioni per cui furono brutalmente uccise. Ciò in quanto si voleva instaurare in quelle realtà un regime di segno particolare, per cui coloro che erano visti come avversari dal punto di vista culturale, sociale e politico sono stati massacrati senza tergiversare. Dico ciò perché l'acme di questa violenza si raggiunse dopo il 18 aprile 1948, quindi ben due anni dopo la nascita della Repubblica e tre anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e della Resistenza.
Se vogliamo ricostruire, quindi, la storia d'Italia, dobbiamo citare anche questi episodi, ai quali i libri di storia non accennano. Occorre menzionare tutta una serie di fatti che hanno inciso gravemente sul clima politico e che ancora oggi sono presenti nel tessuto sociale e familiare di molte realtà del nostro Paese e, per quanto mi concerne, della mia regione, l'Emilia Romagna. Vi sono persone che chiedono ancora la sepoltura dei propri cari, di sapere dove poter collocare un fiore, dove poter rivolgere una preghiera agli stessi.
Tornando alla considerazione che è stata fatta all'inizio, credo che occorra molto più rispetto della storia del nostro Paese e della realtà. Evitiamo di fare demagogia e politica su un argomento come questo, che in altri paesi avrebbe provocato un coro unanime di consensi da parte di tutte le forze politiche. Evidentemente, la battaglia e il sentimento ideologico di una parte sono ancora prevalenti e portano la stessa a considerare gli avversari come nemici e a definire la storia del nostro Paese soltanto all'insegna di un determinato martirologio.
Pertanto, a fronte di ciò, credo che occorra ribellarsi in nome delle vittime, di una concezione della storia e soprattutto di fronte ad alcuni fatti significativi.
Fino agli anni Settanta, checché se ne dica, la realtà democratica del nostro Paese era messa in discussione da un partito, come il partito comunista (Commenti dei deputati del gruppo Comunisti Italiani), che si richiamava a modelli e a realtà profondamente antidemocratiche e diverse da quelle in cui credeva la maggior parte del popolo italiano. Non a caso il riferimento al modello del socialismo reale era presente in ogni atto costitutivo di quel partito e di gran parte della sinistra. Pertanto, credo che, quando si affronta questo argomento, bisogna tener presente anche che l'Italia era una democrazia «zoppa», poiché al suo interno era presente un forte partito comunista che, in modo diretto o indiretto, manteneva collegamenti con il terrorismo internazionale, perché tale era il terrorismo dei paesi dell'est europeo (Vivi commenti dei deputati del gruppo Comunisti Italiani - Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia), in quanto l'Unione Sovietica e i paesi dell'est europeo foraggiavano, alimentavano culturalmente e idealmente il partito comunista italiano.
Negli anni Settanta, nei consigli comunali dell'Italia del nord, si sentivano esponenti del partito comunista esaltare la superiorità morale del comunismo dell'est europeo.
Ciò va ricordato dal momento che voi per primi avete richiamato certi modelli, certi esempi di strage (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Commenti del deputato Venier). Soprattutto, mi sento in dovere di dirlo per rispetto alle centinaia di persone che sono state ricordate solo dal libro di Pansa e che anche in questa sede - mi riferisco ai morti della violenza comunista dal 1945 al 1948 -, meritano un ricordo.
Si è parlato giustamente di tutti e della necessità di una ricomposizione; credo che anche queste persone siano vittime della violenza politica, anche se spesso non sono citate o ricordate e ritengo che almeno in Parlamento lo debbano essere (Commenti dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
Colleghi della sinistra, vi chiedo una maggiore modestia, una maggiore riflessione e una consapevolezza della nostra storia! Vi chiedo una riflessione adeguata riguardo alla vostra realtà, su ciò che ha determinato anche una sorta di reazione di terrorismo che va condannato in modo drastico, ma soprattutto riguardo alla mentalità profondamente antidemocratica di quei settori del nostro Paese che hanno Pag. 88reso l'Italia, fino a metà degli anni Settanta, una «democrazia protetta», non perché c'erano gli americani o perché c'era la NATO, ma perché c'era una parte consistente del nostro Paese, lo dimostrano anche le relazioni...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO GARAGNANI. ...con i servizi segreti dell'Unione Sovietica, che di fatto identificava la propria storia nell'Unione Sovietica, non nell'Italia post-risorgimentale, nell'Italia di Forza Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Burgio. Ne ha facoltà.

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente quando si istituisce un anniversario è necessario scegliere una data simbolica. Ciò in questo caso ha reso inevitabile una determinata interpretazione del terrorismo, o meglio, dei terrorismi che hanno insanguinato per decenni il nostro Paese.
Sulle interpretazioni si può legittimamente discutere, ma quello che appare indiscutibile è che il terrorismo in Italia cominci ben prima del 9 maggio 1978. Come ha ricordato l'onorevole Tranfaglia, comincia il 1 maggio 1947 con una strage di lavoratori e sindacalisti per mano di una banda criminale armata dai servizi segreti americani e coperta - onorevole Giovanardi -, come dimostrano documenti declassificati di archivi statunitensi, anche da settori delle forze di Governo.

CARLO GIOVANARDI. E da De Gasperi e dal Papa...!

ALBERTO BURGIO. Il terrorismo in Italia, come hanno ricordato prima di me gli onorevoli Acerbo e Russo, conosce un nuovo e ancor più tragico inizio con la strage fascista di piazza Fontana del 12 dicembre 1969.
Onorevoli colleghi, avere dimenticato questi precedenti...

LUCA VOLONTÈ. Non dimentichiamo niente noi! Non siamo come voi!

ALBERTO BURGIO. ...configura una omissione a cui credo che il Parlamento dovrà porre rimedio.
È un'omissione grave, non solo perché amputa questa storia, promuovendo una rappresentazione fuorviante, ma anche per il carattere essenzialmente diverso degli atti terroristici che colpirono lavoratori e cittadini comuni, inermi e inconsapevoli.
È stato detto in alcuni interventi che queste nostre osservazioni condurrebbero ad irricevibili classifiche. Non lo credo affatto. Penso, al contrario, che nel prevedere l'istituzione del giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi, se si fossero veramente volute evitare classifiche, si sarebbe potuta indicare una doppia data: si sarebbero potute indicare sia la data del 9 maggio, sia la data del 12 dicembre.
Questa è una richiesta che noi rinnoviamo per una ulteriore riflessione in vista di un altro provvedimento.
In ogni modo, ritengo che, escludendo una di tali date, si sia persa un'occasione e si sia mancato anche di rispetto a molte vittime innocenti del terrorismo nel nostro Paese. Per questo motivo annuncio il mio voto di astensione su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non credo che le polemiche possano servire ad approfondire i termini del problema, ad entrare con spirito di verità nella comprensione di ciò che è accaduto. Oggi dovremmo avere la consapevolezza di approvare un provvedimento al quale è necessario conferire un senso profondo.
Non è semplice ricordare. Il ricordo può diventare una liturgia che nel tempo perde significato e si trasforma in esteriore Pag. 89cerimonia o in querelle. Ricordare, certo, significa rivisitare continuamente il passato senza dogmi, penetrare nel solco profondo della storia, scrutarne gli angoli oscuri e farne brillare le luci. Il ricordo è uno scavo continuo che verifica e accerta, che coinvolge ed emoziona. Vi è qualcosa di sacro nel ricordare. Non si ricorda veramente se non ci si avvicina con sentimento tragico, e dunque religioso, ad avvenimenti che hanno sconvolto la nostra storia repubblicana, messo a rischio la nostra libertà e democrazia, che era stata riconquistata con altre tragedie, quelle della guerra e del conflitto civile post-bellico.
Il ricordo aiuta a vincere l'indifferenza, che è il male oscuro del nostro tempo che rischia di diventare un tempo senza storia. Troppa fretta nel seppellire culture, ideologie, partiti, guide profetiche e morali, senza ripercorrere le tappe e gli itinerari delle logiche e delle scelte fatte in un determinato periodo, nell'illusione di chiudere rapidamente con il passato, per pervenire all'auspicata «memoria condivisa».
Ma a me non sembra che questa sia la strada giusta; è piuttosto l'altra, quella cioè di immergersi in ciò che è accaduto per capire ed individuare le radici di una follia omicida che si illuse di rigenerare con la più infame e vile delle azioni, quella del terrorismo. La memoria deve aiutare a comprendere l'errore che ha generato discordia e versato sangue innocente. Solo così la memoria può contribuire a purificare e a preparare il futuro, poiché questo è il vero compito della memoria: non dimenticare.
Ma per costruire la memoria, quella che può accomunare tutti e rendere unitario il sentimento del popolo verso la tragedia che lo ha diviso, è necessario svolgere la ricerca con spirito di verità. Non possiamo rassegnarci alla tesi che non ci sono fatti ma solo interpretazioni. È una tesi che sfocia in una cattiva storicizzazione, in un giustificazionismo che, con la pretesa di spiegare, finisce per assolvere.
I fatti degli «anni di piombo» esistono e parlano di sangue versato. La memoria non è certo un tribunale, ma non può rinunciare ad una verità storicamente accertata sui fatti accaduti e sulle loro conseguenze sulla libera e pacifica vita di un popolo. La memoria, per essere tale, deve essere anche la ricomposizione di una coscienza comune, come molti colleghi hanno detto: comune, dettata dalla pietas per tutte le vittime. I morti non possono e non devono dividere; ma è proprio per un dovere verso di loro che, oltre a tenerne viva la memoria, non possiamo non continuare ad indagare e a distinguere tra il frutto di ottusa e sanguinaria violenza settaria che genera morte e il pacifico conflitto politico e sociale che promuove e trasforma la vita del popolo.
A causa del tempo trascorso, scrisse un poeta antico, vi è talvolta la tentazione di porre una pietra sul passato, anzi si inclina perfino a trasformare in maestri di vita, se non in eroi che hanno sbagliato, chi predicò perversi messaggi e seminò lutti e dolore, che sono ancora vivi. Oggi vi è stata la grande testimonianza di Olga D'Antona. Abbiamo avvertito la sua profonda sofferenza, ma accanto a lei quella dei suoi colleghi, di Tarantelli, di Biagi e delle migliaia e migliaia di vittime che sono cadute sotto la crudeltà terroristica.
Dimenticare le vittime e mettere sotto la luce dei riflettori i carnefici non può dirsi memoria, né purificazione del passato. La memoria è tale se è catarsi, che si raggiunge attraverso la sofferenza ed il riscatto di ciò che noi vivemmo nella lunga stagione degli «anni di piombo».
A distanza di anni, quegli eventi possono apparire perfino lontani, rischiano di diventare perfino muti per le nuove generazioni; ma seppellire le emozioni di una stagione di violenza che tentò di sovvertire lo Stato, rinunciare a giudicare storicamente quel periodo come perversione politica ed etica, non realizza il senso della memoria. Certo, non rivalsa, non vendetta, non risentimento, ma neppure autoindulgenza, autoinganno, rimozione psicologica e storica di fatti che sono accaduti e che narrano delitti e viltà di uomini e donne Pag. 90ubriacati da misture ideologiche e odi sociali, che vanno sempre contrastati con ferma e democratica energia.
Non ricordare, non emozionarsi per ciò che è accaduto, significa far riemergere i demoni della violenza, persino giustificarne la violenza e la presenza come motore della storia, in una confusa commistione di perversi utopismi e logiche di potere.
Si è molto discusso, in questi ultimi giorni, anche a seguito della dissennata espressione di solidarietà ai rigurgiti del brigatismo, sulle radici antiche della violenza in Italia. Non è certo questa la sede per affrontare un tema che, comunque, resta centrale nel dibattito storico e politico dell'Italia.
All'esercizio della libertà, alla pratica della democrazia, è intrinseco il rigetto della violenza. La memoria, quella che vogliamo instaurare anche con questa deliberazione, quella che ha un senso, che respinge l'oblio come alba del futuro - come ha sottolineato ancora Olga D'Antona - deve esercitare l'arte maieutica di educare ad estirpare il germe della violenza dal contesto di culture e movimenti politici, che pure ambivano ad una fondazione umanistica della società.
L'esaltazione della violenza come volontaristico strumento dell'azione politica è il grande errore teorico e politico delle ideologie del diciannovesimo e del ventesimo secolo, che provocò guerre, genocidi, olocausto e terrorismo.
La memoria, se vuole guadagnare un senso di rigenerazione, deve indurre a ripensare teorie e pratiche politiche, per cancellare quel nucleo che è stato all'origine delle grandi mattanze di esseri umani. Ciò vale anche per il pacifismo, che contraddice se stesso, immaginando di imporsi con la violenza.
Signor Presidente e colleghi, con la deliberazione che stiamo per assumere non dobbiamo immaginare di dare vita ad un evento pallidamente celebrativo. Dobbiamo piuttosto pensare ad un atto fondativo, nella comune volontà di difendere sempre e comunque la nostra democrazia e la serena convivenza sociale del nostro popolo, che deve, con civiltà, affrontare nuove sfide, come quella dell'integrazione di bibliche emigrazioni.
Il provvedimento legislativo prevede una data. Non dovrebbe esservi polemica su di una data per ricordare le vittime del terrorismo. Essa evoca nella nostra memoria il culmine della tragedia terroristica. Certo, vi sono stati altri eventi luttuosi, anche terribilmente significativi e potrebbero essere punto di riferimento. Ma, come è stato già detto - ed io ho vissuto quel periodo - quella data, quel terribile 9 maggio, che vide il corpo martoriato di Aldo Moro - la figura più alta e nobile del tempo, il lucido interprete del sottosuolo in fermento della nostra società, il fermo costruttore di una democrazia compiuta - quel povero corpo abbandonato senza pietà nel bagagliaio di un auto non segnava la sconfitta democratica, che appunto i brigatisti volevano, ma si levava come un urlo di condanna e di vergogna contro i brigatisti che avevano cancellato ogni residuo di umanità. Non si può con l'arroganza dei posteri, riformulare ipotesi, riconsiderare scelte e comportamenti, perché allora mirarono a difendere la nostra democrazia. Non fu, come si è detto, la ragione di Stato a guidare le scelte, ma la consapevolezza che la Repubblica correva un pericolo mortale. Bisognava difenderla ad ogni costo perché era costata sangue e guerra civile.
In quel tempo, un grande poeta italiano, Mario Luzi, aveva angosciosamente scritto: «Muore ignominiosamente la Repubblica, ignominiosamente la spiano i suoi molti bastardi nei suoi ultimi tormenti, arrotano ignominiosamente il becco i corvi della stanza accanto». Contro i corvi, contro i bastardi, contro gli assassini, quella Repubblica andava comunque difesa. Ce lo aveva insegnato Aldo Moro che così l'anno precedente ci aveva ammonito: «È la nostra coscienza democratica e la nostra trepidazione per le istituzioni e la nostra incomprimibile speranza dell'avvenire di libertà, di giustizia, di pace del popolo italiano che ci sollecita la reazione morale e politica e la difesa dello Stato che deve essere tutore della libertà».

Pag. 91

PRESIDENTE. Onorevole Bianco, la prego, deve concludere.

GERARDO BIANCO. Concludo, Presidente. La Repubblica non morì e proseguì il suo cammino, forse proprio in quella data e da quella data. Ma quella data riassume in sé anche tutte le altre tragedie del terrorismo che si consumarono in quegli anni...

PRESIDENTE. Onorevole Bianco, la prego deve concludere; non mi costringa ...

GERARDO BIANCO. Presidente, con la memoria di quel triste passato, noi siamo sollecitati continuamente ad interrogarci sulla nostra Italia, che è stata grande quando ha seguito le vie della pace.
Un voto, che io avrei sperato unanime su questo provvedimento, può rappresentare il suggello di una comune volontà di ricordare il passato, per costruire il futuro e gettare le fondamenta di un nuovo umanesimo che per essere tale non può lasciare spazio al terrorismo (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), La Rosa nel Pugno e di deputati di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2489 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 2489, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1003 - Senatori Rossa ed altri: «Istituzione del "Giorno della memoria" dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice» (Approvata dalla I Commissione permanente del Senato) (2489):

Presenti 467
Votanti 421
Astenuti 46
Maggioranza 211
Hanno votato 420
Hanno votato no 1
(La Camera approva - Dai banchi dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) si grida: Vergogna! - Vedi votazioni).

Dichiaro così assorbite le proposte di legge nn. 1071, 1361, 1995 e 2007.

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, segnalo che purtroppo il dispositivo di voto della mia postazione non ha registrato il voto favorevole da me espresso nella votazione finale della proposta di legge, svoltasi poc'anzi.

PRESIDENTE. Ne prendo atto.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,14).

PRESIDENTE. Procederemo ora al seguito dell'esame della proposta di legge costituzionale di modifica dell'articolo 27 della Costituzione.
I gruppi mi hanno comunicato per le vie brevi il loro impegno a concluderne l'esame entro le 19,30, orario al quale l'ordine del giorno prevede l'esame di questioni pregiudiziali relative al decreto-legge sul ripiano del debito sanitario.
È stato, altresì, convenuto di rinviare alla prossima settimana il seguito dell'esame del disegno di legge relativo alla delega per le professioni sanitarie non Pag. 92mediche, secondo i tempi e le modalità che saranno determinate dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, già convocata per domani.
A tale proposito annuncio fin d'ora che la seduta dell'Assemblea di domani inizierà alle ore 10 e che la riunione della Conferenza dei presidenti gruppo è differita alle 9,30.

Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale: Boato ed altri; D'Elia ed altri; Mascia ed altri, Piscitello: Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato) (A.C. 193-523-1175-1231-B) (ore 19,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Boato ed altri, D'Elia ed altri, Mascia ed altri, Piscitello, già approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato: Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte.
Ricordo che nella seduta del 19 aprile 2007 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che, trattandosi di seconda deliberazione su una proposta di legge costituzionale, a norma del comma 3 dell'articolo 99 del regolamento, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 193-523-1175-1231-B)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, intervengo brevemente per annunciare il voto favorevole del gruppo della Rosa nel Pugno su questa proposta di legge di modifica della Costituzione; in realtà, si tratta di quattro proposte di legge, una a mia prima firma, un'altra a prima firma del collega Boato, un'altra a prima firma della collega Mascia e, infine l'ultima a prima firma del collega Piscitello.
Ringrazio i colleghi anche per il lavoro che hanno svolto in questi mesi per arrivare a definire una riforma costituzionale storica per il nostro Paese, che attendevamo da molto tempo.
Ringrazio, in particolare, il relatore, Marco Boato, per il lavoro svolto.
Con questa riforma cancelliamo l'ultimo retaggio di pena di morte che esiste ancora nel nostro ordinamento, in tal modo eliminando dalla Costituzione anche la possibilità teorica della reintroduzione della pena di morte nel nostro Paese.
L'Italia è ormai riconosciuta nel mondo come il Paese leader dell'iniziativa per l'abolizione della pena di morte. Il nostro Paese non soltanto si è messo in regola oggi - spero nelle prossime settimane con il secondo e definitivo passaggio al Senato - ma è anche in linea, direi, con la coscienza popolare che ha cancellato questo riferimento alla pena di morte ancora esistente.
Il nostro lavoro non sarà compiuto completamente se non riusciremo a porre fine allo «Stato boia» allo «Stato Caino», che ancora giustizia nel mondo. L'Italia è leader della campagna per la moratoria, intanto, delle esecuzioni capitali. Proiettiamo quindi il voto di oggi anche nella comunità internazionale, laddove esistono ancora paesi che praticano la pena di morte.
Voglio ricordare ai colleghi, al Parlamento e a chi ci ascolta, anche attraverso il sito web della Camera e attraverso Radio Radicale, qual è il punto di una situazione che rischia di ripetere una storia già vista. Mi riferisco all'iniziativa per la moratoria ONU delle esecuzioni, sulla quale questo Parlamento ha impegnato con due atti di indirizzo ben precisi, uno nel luglio scorso Pag. 93e l'altro ad ottobre, il Governo a presentare alle Nazioni Unite la proposta. Lo stesso ha fatto il Parlamento europeo con due risoluzioni approvate, anche lì a stragrande maggioranza, nel febbraio e il 25 aprile scorso, chiedendo ai Governi dell'Unione europea di procedere immediatamente alla presentazione di una risoluzione all'ONU.
Su quello che sta accadendo è bene che tutti siano informati, perché in quest'aula sia la maggioranza sia l'opposizione hanno trovato una convergenza davvero grande e straordinaria su questo obiettivo. I colleghi devono sapere che le cose non stanno andando bene. Alle Nazioni Unite, dopo una anno, ormai, in cui questo atto di indirizzo della Camera ha impegnato il Governo e dopo gli atti di indirizzo successivi del Parlamento italiano e di quello europeo, ad oggi non è stata depositata una risoluzione, non è stato scritto neanche un testo.
Il Governo si era impegnato già dal 2 gennaio scorso, anche con dichiarazioni ufficiali della Presidenza del Consiglio e della Farnesina, ad avviare le procedure formali affinché l'Assemblea generale mettesse all'ordine del giorno la risoluzione sulla moratoria e giungesse ad un voto sulla stessa: ciò non è avvenuto.
Nel dibattito generale sul provvedimento che oggi siamo chiamati a votare, il rappresentante del Governo, collega Stefano Boco - che ringrazio -, ha detto poche parole, molto semplici ma assolutamente importanti, che io condivido: il Governo attua, non interpreta, gli atti di indirizzo del Parlamento.
Quella di fronte a cui ci troviamo ora è invece una interpretazione: il Governo ha proceduto non alla presentazione di una risoluzione, ma semplicemente alla raccolta di firme insieme ai partner europei su una mera dichiarazione, senza alcun valore politico formale, ufficiale e istituzionale. Ora bisogna passare alla presentazione di una risoluzione, raccogliendo le firme degli «sponsor», senza l'alibi dell'assenza del consenso europeo.
L'Europa è stata l'organismo internazionale che ha impedito fino ad oggi che le Nazioni Unite si pronunciassero su una proposta di moratoria delle esecuzioni capitali. È un gioco che abbiamo già visto: nel 1994 ha provocato il fallimento della risoluzione perché alcuni paesi, 21 paesi dell'attuale Unione europea, ipergarantisti e fondamentalisti dell'abolizionismo della pena di morte, si astennero sul voto finale. La conseguenza fu che perdemmo per otto voti.
La stessa storia è avvenuta nel '99, anzi si trattò di un tradimento, perché l'Europa in un primo momento presentò la risoluzione, che, giungendo poi da Bruxelles l'ordine di sospendere qualsiasi iniziativa, ritirò. Lo stesso avvenne nel 2003: non deve accadere anche oggi.
Su questo obiettivo, colleghi, stiamo dando un nostro contributo non solo come parlamentari. Insieme a Marco Pannella e ad altri sei compagni radicali dal 16 aprile siamo in sciopero della fame per aiutare il Governo non a fare quello che diciamo noi, o che vogliamo noi, ma quello a cui lo stesso si è impegnato: non dichiarazioni ma una risoluzione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. È la forza della non violenza: noi ci indeboliamo, ma trasferiamo la nostra forza ai Governi, innanzitutto a quello italiano. Non esistono alibi: Unione europea, consenso europeo.
Il Parlamento italiano è impegnato a procedere senza vincolarsi al consenso unanime dell'Unione europea. Attendiamo che il Governo, che noi sosteniamo e di cui facciamo parte, sia coerente con l'impegno preso.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, intervengo brevemente per annunciare il voto favorevole del gruppo della Rosa nel Pugno su questa proposta di legge di modifica della Costituzione; in realtà, si tratta di quattro proposte di legge, una a mia prima firma, un'altra a prima firma del collega Boato, un'altra a prima firma della collega Mascia e, infine l'ultima a prima firma del collega Piscitello.
Ringrazio i colleghi anche per il lavoro che hanno svolto in questi mesi per arrivare a definire una riforma costituzionale storica per il nostro Paese, che attendevamo da molto tempo.
Ringrazio, in particolare, il relatore, Marco Boato, per il lavoro svolto.
Con questa riforma cancelliamo l'ultimo retaggio di pena di morte che esiste ancora nel nostro ordinamento, in tal modo eliminando dalla Costituzione anche la possibilità teorica della reintroduzione della pena di morte nel nostro Paese.
L'Italia è ormai riconosciuta nel mondo come il Paese leader dell'iniziativa per l'abolizione della pena di morte. Il nostro Paese non soltanto si è messo in regola oggi - spero nelle prossime settimane con il secondo e definitivo passaggio al Senato - ma è anche in linea, direi, con la coscienza popolare che ha cancellato questo riferimento alla pena di morte ancora esistente.
Il nostro lavoro non sarà compiuto completamente se non riusciremo a porre fine allo «Stato boia» allo «Stato Caino», che ancora giustizia nel mondo. L'Italia è leader della campagna per la moratoria, intanto, delle esecuzioni capitali. Proiettiamo quindi il voto di oggi anche nella comunità internazionale, laddove esistono ancora paesi che praticano la pena di morte.
Voglio ricordare ai colleghi, al Parlamento e a chi ci ascolta, anche attraverso il sito web della Camera e attraverso Radio Radicale, qual è il punto di una situazione che rischia di ripetere una storia già vista. Mi riferisco all'iniziativa per la moratoria ONU delle esecuzioni, sulla quale questo Parlamento ha impegnato con due atti di indirizzo ben precisi, uno nel luglio scorso Pag. 93e l'altro ad ottobre, il Governo a presentare alle Nazioni Unite la proposta. Lo stesso ha fatto il Parlamento europeo con due risoluzioni approvate, anche lì a stragrande maggioranza, nel febbraio e il 25 aprile scorso, chiedendo ai Governi dell'Unione europea di procedere immediatamente alla presentazione di una risoluzione all'ONU.
Su quello che sta accadendo è bene che tutti siano informati, perché in quest'aula sia la maggioranza sia l'opposizione hanno trovato una convergenza davvero grande e straordinaria su questo obiettivo. I colleghi devono sapere che le cose non stanno andando bene. Alle Nazioni Unite, dopo una anno, ormai, in cui questo atto di indirizzo della Camera ha impegnato il Governo e dopo gli atti di indirizzo successivi del Parlamento italiano e di quello europeo, ad oggi non è stata depositata una risoluzione, non è stato scritto neanche un testo.
Il Governo si era impegnato già dal 2 gennaio scorso, anche con dichiarazioni ufficiali della Presidenza del Consiglio e della Farnesina, ad avviare le procedure formali affinché l'Assemblea generale mettesse all'ordine del giorno la risoluzione sulla moratoria e giungesse ad un voto sulla stessa: ciò non è avvenuto.
Nel dibattito generale sul provvedimento che oggi siamo chiamati a votare, il rappresentante del Governo, collega Stefano Boco - che ringrazio -, ha detto poche parole, molto semplici ma assolutamente importanti, che io condivido: il Governo attua, non interpreta, gli atti di indirizzo del Parlamento.
Quella di fronte a cui ci troviamo ora è invece una interpretazione: il Governo ha proceduto non alla presentazione di una risoluzione, ma semplicemente alla raccolta di firme insieme ai partner europei su una mera dichiarazione, senza alcun valore politico formale, ufficiale e istituzionale. Ora bisogna passare alla presentazione di una risoluzione, raccogliendo le firme degli «sponsor», senza l'alibi dell'assenza del consenso europeo.
L'Europa è stata l'organismo internazionale che ha impedito fino ad oggi che le Nazioni Unite si pronunciassero su una proposta di moratoria delle esecuzioni capitali. È un gioco che abbiamo già visto: nel 1994 ha provocato il fallimento della risoluzione perché alcuni paesi, 21 paesi dell'attuale Unione europea, ipergarantisti e fondamentalisti dell'abolizionismo della pena di morte, si astennero sul voto finale. La conseguenza fu che perdemmo per otto voti.
La stessa storia è avvenuta nel '99, anzi si trattò di un tradimento, perché l'Europa in un primo momento presentò la risoluzione, che, giungendo poi da Bruxelles l'ordine di sospendere qualsiasi iniziativa, ritirò. Lo stesso avvenne nel 2003: non deve accadere anche oggi.
Su questo obiettivo, colleghi, stiamo dando un nostro contributo non solo come parlamentari. Insieme a Marco Pannella e ad altri sei compagni radicali dal 16 aprile siamo in sciopero della fame per aiutare il Governo non a fare quello che diciamo noi, o che vogliamo noi, ma quello a cui lo stesso si è impegnato: non dichiarazioni ma una risoluzione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. È la forza della non violenza: noi ci indeboliamo, ma trasferiamo la nostra forza ai Governi, innanzitutto a quello italiano. Non esistono alibi: Unione europea, consenso europeo.
Il Governo italiano è impegnato a procedere senza vincolarsi al consenso unanime dell'Unione europea. Attendiamo che il Governo, che noi sosteniamo e di cui facciamo parte, sia coerente con l'impegno preso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Adenti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ADENTI. Nell'annunciare il voto favorevole del gruppo Popolari-Udeur, intervengo per dire che l'approvazione di questo provvedimento costituisce un ulteriore progresso nel cammino che la nostra Nazione sta compiendo per l'affermazione dei valori di umanità e di civiltà giuridica.
Concludo ricordando le parole di un grande papa, Giovanni Paolo II, pronunciate Pag. 94durante la sua ultima visita negli Stati Uniti nel 1999: «La nuova evangelizzazione richiede ai discepoli di Cristo di essere incondizionatamente a favore della vita. La società moderna è in possesso dei mezzi per proteggersi, senza negare ai criminali la possibilità di redimersi. La pena di morte è crudele....

PRESIDENTE. Colleghi, per favore...!

FRANCESCO ADENTI. ...e non necessaria e questo vale anche per colui che ha fatto molto del male». Facendo nostri questi sentimenti, annuncio che voteremo nuovamente in modo convinto a favore di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Paola Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Presidente, nell'anticipare il voto favorevole dei Verdi, chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Graziella Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, come lei ha ricordato, siamo in seconda lettura e abbiamo avuto più occasioni per chiarire le ragioni che portano il gruppo di Rifondazione comunista-Sinistra europea ad esprimere un voto favorevole.
Chiedo pertanto l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, prendo la parola solo per confermare quanto detto in sede di discussione generale, cioè la posizione favorevole del gruppo Lega Nord Padania per quanto riguarda l'approvazione del provvedimento in esame, e per esprimere non una nota di biasimo, ma il nostro rammarico per la disattenzione con cui si sta seguendo in Assemblea tale importante voto finale. Vi sarà poi un successivo passaggio in Senato, ma su una questione così delicata l'Assemblea dovrebbe essere più attenta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Forgia. Ne ha facoltà.

ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, anche io intervengo soltanto per annunciare il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo. Chiedo pertanto l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Sta bene. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, prendo la parola per annunciare il voto favorevole del gruppo Forza Italia su questa proposta di legge costituzionale, che giunge in seconda lettura alla Camera dei deputati dopo un primo voto sostanzialmente unanime da parte sia della Camera sia del Senato.
Prendo inoltre la parola per ribadire come, in questo senso, sia importante l'impegno del Governo italiano in sede ONU, chiesto attraverso vari strumenti Pag. 95parlamentari, per l'attuazione di una risoluzione per la moratoria della pena di morte nel mondo.
A tale proposito, crediamo che, coerentemente con tale impegno, sia importante eliminare la pena di morte anche dai «meandri» del codice penale militare di guerra vigente nell'ordinamento italiano. Da ciò deriva il voto favorevole di Forza Italia al provvedimento di cui discutiamo, con l'auspicio che finalmente l'impegno del Governo italiano in sede di Organizzazione delle Nazioni Unite si concretizzi e porti al sogno condiviso da larga parte del mondo occidentale, quello cioè dell'abolizione della pena di morte, strumento che noi, da liberali, consideriamo assolutamente fuor di luogo e superato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Venier. Ne ha facoltà.

IACOPO VENIER. Intervengo solo per annunciare che anche il gruppo dei Comunisti Italiani voterà a favore di questa fondamentale modifica della Costituzione, che porta il nostro Paese ad abolire definitivamente e per sempre la pena di morte (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ronconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, preannunciando il voto favorevole dell'UDC, chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 193-523-1175-1231-B)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge costituzionale n. 193-523-1175-1231-B di cui si è testé concluso l'esame.
Ricordo che per l'approvazione occorre la maggioranza assoluta dei componenti la Camera.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Boato ed altri; D'Elia ed altri; Mascia ed altri; Piscitello: Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente abolizione della pena di morte» (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera ed approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato) (193-523-1175-1231-B):

Presenti e votanti 472
Maggioranza assoluta dei
componenti l'Assemblea 316
Hanno votato 471
Hanno votato no 1
(La Camera approva - Vedi votazioni - Applausi).

Discussione del disegno di legge: S. 1411 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato) (A.C. 2534) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali) (ore 19,29).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, approvato Pag. 96dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C 2534)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali Garavaglia ed altri n. 1, Filippi ed altri n. 2 e Leone n. 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 2534 sezione 1).
A norma dei commi 3 e 4 dell'articolo 40 e del comma 3 dell'articolo 96-bis del regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti purché appartenenti a gruppi diversi, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
Il deputato Garavaglia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1 nonché la questione pregiudiziale Filippi n. 2, di cui è cofirmatario.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente la mia questione pregiudiziale riguarda i palesi motivi di incostituzionalità di questo provvedimento che illustrerò molto brevemente per poi svolgere alcune considerazioni finali.
Innanzitutto il provvedimento è assolutamente contrario all'articolo 3 della Costituzione che prevede che tutti i cittadini siano uguali. Su ciò siamo tutti d'accordo, ma allora ci chiediamo come mai ci si muova in maniera davvero assurda contro questo principio, dal momento che si favorisce, e non se ne capisce bene il motivo, alcune regioni rispetto ad altre. Ciò sia dal punto di vista formale, dato che si privilegiano le regioni con amministratori incapaci, sia dal punto di vista sostanziale, poiché si danneggiano i cittadini.
Perché dobbiamo danneggiare i cittadini delle regioni governate bene rispetto ai cittadini delle regioni governate da incapaci? Se i governatori di queste regioni hanno creato questi buchi e non sono in grado di fare il loro lavoro, sono loro a dover essere « puniti » e non i cittadini delle regioni ben governate, che invece si trovano a ripianare il buco.
Anche il principio di ragionevolezza, sempre in relazione all'articolo 3 della Costituzione, non è assolutamente rispettato, perché tra i criteri di riparto c'è quello che stabilisce di dare di più a chi ha fatto il debito più grande. Ciò va assolutamente contro la logica di un'eguaglianza sostanziale tra i cittadini e le varie regioni.
Questo provvedimento è, inoltre, in contrasto con l'articolo 77 della Costituzione, attinente all'annosa questione dei decreti-legge. In questo caso, è un' evidente forzatura affermare che ci siano i requisiti della straordinarietà e dell'urgenza. Parliamo, infatti, di debiti pregressi, che nascono nel 2002 e quindi il Governo si trova nell'urgenza di sanare un buco generato dal 2002 al 2005. Questa è davvero una forzatura e il Presidente Napolitano non potrà firmare un simile aborto giuridico, anche perché non più tardi di qualche mese fa, si è già provveduto con la legge finanziaria a sostenere, con un fondo straordinario, le regioni in deficit e il fatto che dopo tre mesi si scopra che c'è ancora il buco è chiaramente fuori da ogni logica e nessuno ci può credere. Quindi non mettete in difficoltà il Presidente della Repubblica e lasciate perdere.
Inoltre, l'articolo 117 della Costituzione, che riguarda la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni, modificato tra l'altro dal centrosinistra, stabilisce che compete allo Stato, in via esclusiva, unicamente la determinazione dei livelli essenziali di assistenza.
Viceversa, la tutela della salute è una materia di legislazione concorrente. Riporto testualmente un'emblematica sentenza della Corte costituzionale del dicembre Pag. 972004 che recita: non sono consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie e funzioni la cui disciplina spetta alla legge regionale, siano essi rientranti nella competenza esclusiva delle regioni ovvero in quella concorrente. Più chiaro di così! Quindi, si va palesemente contro la Costituzione e contro una sentenza della Corte costituzionale.
Vorrei riferirmi infine agli ultimi due articoli della Costituzione che vengono spianati dal provvedimento in esame; in primo luogo, l'articolo 119, che riguarda il principio di autonomia e responsabilità delle regioni. Anche in questo caso, la gestione della sanità è una funzione assolutamente ordinaria delle regioni, tant'è che occupa dal 70 all'80 per cento del bilancio di tutte le regioni italiane. Se lo Stato deve intervenire in una funzione che occupa l'80 per cento del bilancio di una regione, siamo veramente alla follia! Andiamo contro il principio di autonomia regionale, si tratta di una fortissima ingerenza! A questo punto, o lo Stato decide e applica, come dovrebbe fare, i poteri sostitutivi e nomina dei commissari ad acta, oppure impone veramente ai presidenti delle regioni di «tappare» il buco creato da loro stessi, altrimenti non se ne deve occupare perché non è sua competenza!
Lo stesso articolo prevede che le regioni e gli enti locali possano ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. Al contrario, il provvedimento in esame, con il cosiddetto mutuo mascherato per la regione Lazio di quasi 6 miliardi di euro (per la precisione 5,8 miliardi di euro) va a sanare debiti pregressi per la parte corrente, tant'è che la Cassa depositi e prestiti, giustamente e logicamente, non ha provveduto a compiere un tale scempio amministrativo. Il problema è che lo fa il Governo! A questo punto, tutte le regioni sono autorizzate a battere cassa. Ad esempio, la regione Lombardia vuole fare subito la Pedemontana? Viene e chiede un mutuo trentennale di 6 miliardi di euro e chi s'è visto, s'è visto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Tanto poi lo può pagare in trent'anni, figuriamoci in trent'anni cosa succede di queste pseudo rate! Sicuramente vanno a finire in niente o troveranno il modo di non pagarle come al solito!
Ciò che è più grave è la violazione dell'articolo 120 della Costituzione che prevede il principio di leale collaborazione tra Stato, regioni, province e comuni. Leale collaborazione! È leale un intervento unilaterale dello Stato che entra a gamba tesa nelle competenze concorrenti delle regioni? Assolutamente no! È leale che le regioni più furbe abbiano imputato per intero i debiti perché tanto sapevano già che sarebbero stati sanati in questo modo? Si tratta di un reato che esiste in borsa e si chiama insider trading. Il vostro amico Marrazzo sapeva benissimo di recuperare questi 2,3 miliardi di euro con un provvedimento, tant'è che l'ha messo nel piano di rientro prima ancora che noi approvassimo il provvedimento stesso. Ciò, a casa nostra, non è lealtà, ma è una grandissima scorrettezza che non può passare impunita.
Infine, è leale, secondo voi, che la regione Lombardia da sola - e faccio questo esempio da lombardo - partecipi ad oltre il 50 per cento (quasi il 57 per cento) dell'intero fondo di solidarietà per la perequazione? Una regione sola che partecipa quasi al 60 per cento! Chiaramente ciò non è leale nei confronti dei cittadini lombardi che pagano il ticket per l'amico Marrazzo, il quale si fa bello mentre invece, in soli cinque anni, ha creato ben 7 miliardi di buco nella sanità! Oddio, i sette miliardi li ha creati prima Storace, poi Marrazzo ci ha aggiunto gli ultimi tre, però la sostanza non cambia: i pessimi amministratori sono pessimi di qualunque colore essi siano!
Il Governo non può, invece - ed è questa la cosa più importante -, ripianare il buco. Così facendo, difatti, genera una discriminazione fortissima nei confronti dei cittadini che pagano le tasse fino all'ultimo centesimo e delle regioni che fanno il loro dovere, anche imponendo il ticket, quando necessario, per tenere i conti in ordine.Pag. 98
Per tale motivo il gruppo della Lega Nord chiede di non procedere all'esame di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il deputato Leone ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 3.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei elencare brevemente le ragioni del pregiudizio di costituzionalità che grava su questo provvedimento, che indicherei come un po' anomalo e addirittura un po' demodè, sia per il contenuto, sia per il modo di legiferare.
Il provvedimento già nel titolo presenta una sorta di contraddizione. L'articolo 1, comma 1, prevede l'autorizzazione per una regolazione debitoria della spesa di 3 milioni di euro per il 2007 quale concorso al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per il periodo 2001-2005, ovvero un arco di tempo ormai datato, essendo trascorso già un anno e mezzo. Mi chiedo, ma principalmente lo chiedo allo scienziato che ha predisposto questo decreto-legge, come si giustifichino in questo contesto lo stesso titolo e l'intervento proposto con l'articolo 77 della Costituzione, che individua come presupposti di un decreto-legge l'urgenza di provvedere.
Secondo la relazione governativa che accompagna il decreto-legge, inoltre, l'intervento normativo proposto viene configurato come strutturale: azione di risanamento strutturale dei servizi sanitari regionali sistematicamente in disavanzo.
Di fatto assistiamo, basta leggere il provvedimento, all'erogazione straordinaria - mi chiedo cos'abbia di strutturale - di ingenti risorse che vanno a ripianare in maniera selettiva, ovvero in base ad una scelta compiuta selettivamente dal Governo, così come è peraltro annunziato chiaramente addirittura nel titolo di questo provvedimento, il disavanzo sanitario pregresso delle regioni meno virtuose.
Non voglio ricordare in questa sede tutto quanto è accaduto per quanto riguarda gli accordi tra Stato e regioni intervenuti il 3 agosto 2000, l'8 agosto 2001, l'intesa tra lo Stato e le regioni del 23 marzo 2005, e da ultimo il Patto per la salute del 28 settembre 2006, a proposito di un livello di finanziamento del servizio sanitario regionale utile per l'erogazione dei livelli essenziali. Esiste una storia sulle erogazioni per il servizio sanitario che con questo decreto-legge viene tranquillamente calpestata con tutta una serie di inappropriatezze e di inefficienze che vanno a ledere non solo l'excursus e l'iter che c'è stato tra Stato e regioni in materia di sanità, ma anche la normale capacità legislativa.
L'intervento normativo prevede poi un'azione discriminatoria doppiamente lesiva dell'articolo 3 della Costituzione, sia nei confronti delle regioni virtuose, sia nei confronti dei cittadini residenti in quelle regioni che si sono trovati a dover pagare più tasse e allo stesso tempo a poter usufruire di minori risorse statali per il Servizio sanitario nazionale. Andiamo per saltum ai punti del provvedimento che sono contraddittori e che «cozzano» con la nostra Costituzione.
Va rilevato come la disposizione di cui ci occupiamo oggi configuri una violazione sostanziale dell'articolo 97 della nostra Carta fondamentale che impone il principio del buon andamento delle amministrazioni pubbliche. Dopo tanto parlare di efficienza e di riduzione del debito, il Governo vara un provvedimento che va nella direzione opposta, ovvero quella di incentivare i comportamenti meno virtuosi, e di conseguenza di scoraggiare quelli virtuosi. Anche questo fa parte della politica del centrosinistra e delle continue contraddizioni dell'attuale Governo rispetto a quanto dichiarato in campagna elettorale e nelle 1831 pagine di programma. In sostanza, il decreto-legge è la prova provata del drammatico errore di metodo che il Governo sta compiendo nel tentativo di porre un freno alla crescita della spesa sanitaria regionale.
Gli obiettivi posti nel patto per la salute, sottoscritto dal Governo e dalle regioni, per il periodo 2007-2009, relativo all'eliminazione dei disavanzi ed alla correzione delle disfunzioni, dovrebbero concretizzarsi Pag. 99nel contenimento della spesa sanitaria intorno al 6-7 per cento. Anche ciò viene stravolto completamente da questo provvedimento.
A tale proposito, rileviamo che la soluzione configurata per coprire l'abbattimento del ticket - è la cosa più grave che è alla base del provvedimento in esame -, suscita non poche perplessità, anche in sede di Commissione bilancio, ponendo le basi per la violazione sostanziale di un'altra disposizione della Costituzione, vale a dire l'articolo 81.
La copertura dell'onere, derivante dalla riduzione del ticket, risulta, infatti, formale e, per di più, utilizzando per il ripiano di debiti di parte corrente accantonamenti inseriti nell'unità previsionale di base del conto capitale del Fondo speciale del Ministero dell'economia e delle finanze, si determina un'obiettiva dequalificazione della spesa pubblica.
Le riduzioni, con finalità di copertura, di alcune autorizzazioni di spesa, potrebbero pregiudicare la realizzazione di interventi già previsti a legislazione vigente. Si vanno a toccare cose già fatte per coprire, attraverso questo meccanismo, cose da farsi in maniera indegna così come accade con questo Governo.
Inoltre, si deve ricordare che il comma 4 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre del 2006, la legge finanziaria per il 2007, prevede la prioritaria destinazione delle eventuali maggiori entrate tributarie nel 2007 al conseguimento degli obiettivi di riduzione dell'indebitamento. Si tratta del 'tesoretto', o parte di questo che, ancora una volta, viene attribuito non tanto ai lavoratori, bensì a quelle regioni che hanno speso male nel settore sanitario.
Questa è la verità e questo è l'atteggiamento del Governo con il provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
Tutto ciò, in aggiunta alle considerazioni espresse dal collega che mi ha preceduto, crea veramente non pochi allarmi, o quanto meno, seri dubbi sulla realizzabilità degli obiettivi di stabilizzazione della spesa sanitaria indicati dal Governo nella stessa legge finanziaria.
Inoltre, una serie di provvedimenti che avrebbero dovuto essere messi in atto dal Governo sulla base di quanto previsto dalla legge finanziaria non sono stati assolutamente presi in considerazione. Vi è un vuoto legislativo successivo alla legge finanziaria per il 2007, di cui fa parte anche questo provvedimento. Come torno a ripetere - e non ce ne scandalizziamo - il Governo continua con le sue contraddizioni e continuerà a cadere lentamente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, il nostro gruppo voterà contro le questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate al provvedimento recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario. Prendo atto che, nella sanità, vi è un problema che genera un maggior debito pubblico nel nostro paese e che vi è la necessità di rideterminare i disavanzi che si sono originati all'interno delle regioni relativamente alla spesa sanitaria.
Il provvedimento presentato dal Governo procede in questa direzione: è, infatti, finalizzato a rideterminare il disavanzo della spesa sanitaria ed a fare in modo che le realtà regionali, che hanno registrato degli avanzi estremamente ingenti in termini di spesa, possano rientrare in un circuito virtuoso per creare più equità all'interno del sistema sanitario e, soprattutto, per dare maggiori risposte in termini di salute ai cittadini italiani.
Ci rendiamo perfettamente conto di quello che l'opposizione oggi sta dicendo in quest'aula. Tuttavia, vorrei esprimere, molto sommessamente, una considerazione, soprattutto in relazione ai profili di illegittimità costituzionale relativi all'articolo 3 della Costituzione ed alla violazione del principio di uguaglianza.
Io pongo un problema a tutti i parlamentari di quest'Assemblea, chiedendo se c'è equità nella ripartizione delle risorse del sistema sanitario nazionale. Vorrei Pag. 100ricordare che tale ripartizione deve essere effettuata su due parametri che credo non possano essere più presi in considerazione.
Il primo parametro è infatti la popolazione, il secondo è l'invecchiamento. Si capisce bene, facendo un semplice calcolo numerico, che in questo modo vi è una sperequazione tra le diverse aree della nostra realtà nazionale e, quindi, di fatto non vi è un sistema di uguaglianza nella redistribuzione delle risorse del sistema sanitario nazionale. Questo non riguarda semplicemente le risorse ordinarie di tale servizio, ma anche gli interventi sulle tecnologie, in quando si ridetermina anche in questo caso un ulteriore squilibrio fra le aree del nostro Paese, andando ad incidere negativamente sulle aree del Mezzogiorno d'Italia.
Noi riteniamo che il provvedimento in esame debba essere approvato con grande rapidità, perché mette nelle condizioni il sistema regionale di poter riprendere un percorso virtuoso e quindi fare in modo che non vi possano essere quei disavanzi di cui parlavo in precedenza. Oltretutto, come si può evincere dal testo in esame, vi sono, se così possiamo definirle, delle anticipazioni dei prestiti. Infatti, nel momento in cui le regioni hanno sottoscritto il patto di stabilità interno - e quindi hanno definito la questione del disavanzo con questo sistema - sono obbligate al suo rispetto e quindi siamo in grado di definire chiaramente i deficit sanitari di ogni regione. Negli anni scorsi non era possibile conoscere questi dati, soprattutto in alcune particolari regioni del nostro Paese. In questa sede, non vorrei ovviamente fare alcuna polemica, perché sicuramente i nostri colleghi parlamentari dell'opposizione hanno capito a che cosa mi riferisco.
Vi è quindi anche la certezza di capire a quanto ammonta il deficit sanitario delle regioni. Si capisce inoltre quale è il sistema che consente di riprendere una strada virtuosa e quindi di eliminare entro il 2010 i disavanzi sanitari. Dobbiamo costruire questo percorso in modo serio e la cosa più importante che ritengo debba essere posta all'attenzione del Parlamento è che, nel momento in cui viene sottoscritto questo accordo, vi è di fatto la possibilità che le regioni cedano una parte della loro sovranità.
In buona sostanza, le delibere che dovrebbero essere approvate dalle regioni verrebbero poste sotto il controllo del Parlamento. Questo significa inserirsi in questo percorso virtuoso e ciò è stato già fatto anche dal precedente Governo. Concludo, avendo signor Presidente forse anche abusato del suo tempo, dicendo che il gruppo La Rosa nel Pugno voterà convintamente contro queste pregiudiziali di costituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Piro. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PIRO. Signor Presidente, apprezzate le circostanze, il mio intervento si limiterà a due brevi annunci. Il primo riguarda il voto del gruppo dell'Ulivo, che sarà contrario a queste questioni pregiudiziali che riteniamo infondate. Ci troviamo infatti innanzi ad un provvedimento che riteniamo necessario e utile per chiudere la vicenda dei disavanzi finanziari nel settore della sanità, al fine di porre anche nelle regioni inadempienti il massimo di responsabilità e per fornire più adeguati servizi sanitari ai cittadini.
In secondo luogo, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Piro, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Garavaglia ed altri n. 1, Filippi ed altri n. 2 e Leone n. 3.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 101
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 451
Votanti 447
Astenuti 4
Maggioranza 224
Hanno votato
191
Hanno votato
no 256).

Prendo atto che il deputato Tenaglia non e riuscito a votare.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento di sindacato ispettivo (ore 19,55).

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, dovrei sollecitarle una maggiore attenzione da parte di un ministro della Repubblica, e quindi di un rappresentante del Governo, nei confronti dell'azione dei parlamentari in merito a delle interrogazioni da me presentate.

PRESIDENTE. La prego...

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Normalmente sono delle dichiarazioni che si fanno a fine seduta; posso procedere?

PRESIDENTE. Sì, proceda pure.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, la passata settimana mi sono lamentato in aula per la scarsa attenzione del ministro della giustizia nel rispondere nei tempi e nei modi dovuti a mie interrogazioni che riguardavano la tematica dei tribunali minori e delle circoscrizioni giudiziarie. Io oggi le ripropongo la questione per un duplice aspetto. Innanzitutto, perché le risposte non dico non esaustive, ma addirittura incomplete, illogiche - per non usare altre aggettivazioni -, mi hanno imposto il dovere di presentare una interpellanza nel merito. Da deputato, da parlamentare di questa Repubblica, da componente di questo Parlamento, la prego, signor Presidente, di tutelare la nostra dignità - che discende da un articolo preciso della Costituzione, l'articolo 67 - e di sollecitare il Governo nel suo complesso, e in particolare il ministro Mastella, a maggiore attenzione, a maggiore solerzia.
In più ho il dovere di rassegnarle che su un'altra questione, sempre riguardante l'amministrazione del Ministero della giustizia, ho presentato una interrogazione che riguarda il nuovo modello che si va a prefigurare per quanto riguarda i giudici di pace. Al contempo ho sollecitato per iscritto, mediante lettera, un incontro con il ministro e con i rappresentati di una serie di comunità locali interessate a questa tematica. Orbene, a fronte delle disattenzioni del ministro nelle sedi proprie e nelle sedi istituzionali, si è registrato proprio in questi giorni - financo ieri, giornata dedicata alla Festa del lavoro - la presenza del ministro Mastella su alcuni territori siciliani, in particolare della provincia di Agrigento. E lo stesso, in spregio ai modi e ai tempi dovuti alle istituzioni, si è fatto promotore di una serie di incontri da bar - guarda caso si sono svolti in un bar con i rappresentanti delle istituzioni e degli enti locali -, dando una serie di risposte alle questioni da me sollevate in una interrogazione.
Signor Presidente, proprio per la dignità e per il dovere - a mio avviso - che prescinde dalle coloriture e dalle posizioni politiche - insito nel ruolo del Parlamento ma anche in quello del Presidente del Parlamento, che deve tutelare questa dignità sopra ogni cosa -, ho il doveroso compito di sottolinearle tutto questo. Ciò affinché lei inoltri, al Governo nel suo complesso ma anche nei confronti del ministro Mastella, una serie di rimostranze perché si diano ai parlamentari le risposte dovute nei tempi e nei modi dovuti, per il rispetto delle istituzioni e della prassi istituzionale. Al contempo, le Pag. 102chiedo di calendarizzare il prima possibile l'interpellanza che di rincalzo ho dovuto proprio oggi presentare su questi temi.

PRESIDENTE. Sottoporrò al Governo le sue sollecitazioni.

MARCO ZACCHERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, intervengo su due questioni, una delle quali la tocca personalmente, nel senso che la sollevo in questa sede proprio perché lei ha la cortesia di essere oggi qui in fine di seduta.
Lei sa che vi è in Commissione la possibilità di presentare interrogazioni a risposta immediata. Nel corso dell'ultima occasione utile, ho presentato in Commissione esteri un'interrogazione relativa all'Afghanistan. Ora, la risposta del Governo a tale interrogazione - tenga presente, e lo sa meglio di me, che vi è una specifica forma per presentare interrogazioni a risposta immediata (devono vertere su un solo argomento, avere una determinata lunghezza, eccetera) - non aveva nulla a che fare con il tema che io proponevo. Ciò, evidentemente, perché la mia interrogazione era imbarazzante.
Ho dunque fatto verbalizzare non soltanto la mia assoluta insoddisfazione, ma anche specificamente il fatto che il Governo, evidentemente preso un poco in contropiede - l'argomento, per essere chiari, erano le dichiarazioni del dottor Strada -, non ha neppure citato il tema che ponevo. Il Governo può dire che non può rispondere, può rispondere che è imbarazzato a rispondere, ma in qualche modo deve pur rispondere: non può parlar d'altro! Altrimenti, si tratta davvero di una presa in giro per il parlamentare che presenta l'interrogazione e per gli altri membri della Commissione che con lui ascoltano le risposte. Su questo aspetto, la prego dunque, «sportivamente», di sottolineare che il Governo può dire di essere imbarazzato a rispondere, può dire di non aver elementi per rispondere, ma non può parlar d'altro; altrimenti, ci si prende in giro.
La seconda questione è molto più breve: desidero solo richiamare l'opportunità di un'urgente risposta ad una interrogazione da me presentata due mesi fa in materia di patti territoriali nel Verbano-Cusio-Ossola e in particolare su un cospicuo finanziamento assegnato al comune di Vogogna. Dal momento che sono in corso indagini, anche da parte della magistratura, avrei piacere di avere una risposta da parte del Governo.

PRESIDENTE. Lei capisce bene, deputato Zacchera, che la prima delle sue sollecitazioni, trattandosi di considerazioni politiche e di merito, non consente rinvii regolamentari: il Governo risponde e, naturalmente, l'interpellante ha il diritto di fare una valutazione sull'ordine di tale risposta. In ogni caso, mi farò parte diligente a sollecitare il Governo a che dia risposte appropriate.
Quanto alla seconda questione, è presente il rappresentante del Governo che sarà in grado di sollecitare la risposta all'interrogazione da lei presentata.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 3 maggio 2007, alle 10:

1. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
ZELLER ed altri; BRUGGER ed altri; BENVENUTO e VANNUCCI: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza (197-206-931-A).
- Relatore: Pinotti.

(ore 15)

2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

(al termine delle votazioni)

Pag. 103

3. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO MARCO LION SULLA MOZIONE MARINELLO ED ALTRI N. 1-00154.

MARCO LION. La mozione di cui sono firmatario espone in sintesi quale sia il quadro di riferimento in cui oggi si muove il nostro settore della pesca.
Si tratta di rimettere al centro delle priorità nazionali il consolidamento ed il rilancio del settore della pesca e di dedicargli una politica di sviluppo e di tutela più aggiornata rispetto alle esigenze che il contesto internazionale ci richiede. Faccio riferimento, in particolare, al bisogno di assicurare una maggiore competitività alle nostre strutture di pesca e alla necessità di utilizzare in maniera sostenibile le risorse ittiche dei nostri mari che sempre più sono minacciate da operazioni di sfruttamento irrazionali e da attacchi ambientali che mettono a rischio la qualità e la prosperità delle acque marine.
Per l'Italia la pesca è un settore fondamentale che bisogna preservare e sostenere. Pesca e acquacoltura rappresentano attività importanti non soltanto per l'economia del Paese nel suo complesso, ma soprattutto per molte aree, in particolare delle regioni meridionali, in quanto fonte di occupazione in zone spesso prive di valide alternative.
Al tempo stesso occorre avere ben presenti le gravi minacce di natura ecologica che rischiano di compromettere le risorse del mare e la stessa attività della pesca. Per questo alle politiche di sviluppo del settore devono affiancarsi interventi efficaci di protezione degli ecosistemi marini.
Un problema molto serio attualmente è rappresentato dalla qualità del pesce pescato. Un rapporto sullo stato del Mediterraneo, basato sul piano di azione per il Mediterraneo del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente denuncia che le industrie rivierasche riversano annualmente in mare 85 mila tonnellate di metalli pesanti, 200 mila tonnellate di azoto, 900 mila tonnellate di fosforo e 47 mila tonnellate di policiclici aromatici.
Questi inquinanti, oltre a sterminare le risorse ecologiche e vitali dei nostri mari, rendono improduttive le acque, provocano la sparizione dei pesci e ne rendono pericoloso per la salute umana il consumo.
È doveroso, in tali circostanze, svolgere una capillare e trasparente attività di informazione verso i consumatori, soprattutto per renderli consapevoli del fatto che bisogna sempre verificare la provenienza del pesce che acquistano. Il rischio maggiore è connesso al pesce importato, perché proviene da acque di cui non si conosce lo stato qualitativo, né si sa con quali metodologie è stato catturato, o se è stato conservato in maniera idonea.
Sotto il profilo dell'equilibrio ecologico e della tutela del patrimonio ittico, occorre altresì considerare con attenzione le attività di acquacoltura. Anche in relazione ai prossimi programmi per lo sviluppo dell'acquacoltura nazionale, occorre tener presente che, come emerge da un rapporto della FAO quasi la metà del pesce consumato proviene da allevamenti.
Il rapporto stima che solo per mantenere gli attuali livelli di consumo, nel 2030 saranno necessari ulteriori 40 milioni di tonnellate di pesce. Secondo il WWF, più di un terzo del pesce pescato nei mari e negli oceani di tutto il mondo serve per produrre olio e farina di pesce, che in gran parte serve per l'acquacoltura. Se continua questo eccessivo squilibrio, gli stock selvatici rischiano di scomparire in breve tempo e ad ogni modo di scendere sotto i limiti biologici di sicurezza.
Per questo occorre, innanzitutto da parte del Governo, una politica attenta e cauta nei confronti dell'acquacoltura, che definisca in modo equilibrato le regole e anche gli incentivi per il comparto, in modo da assicurare un'opportunità di reddito per i nostri operatori e, al tempo stesso, evitare scompensi nocivi per gli ecosistemi acquatici, nonché garantire che Pag. 104il pesce allevato risponda ai necessari requisiti sotto il profilo della sicurezza alimentare.
Per quando riguarda in modo più specifico i contenuti della mozione, evidenzio che bisognerebbe attivare misure efficaci per promuovere l'ammodernamento del comparto della pesca, incentivando il ricambio generazionale e l'ingresso di operatori giovani nel settore alieutico. L'ingresso di nuovi imprenditori potrebbe essere favorito da misure che agevolino l'acquisto di imbarcazioni da parte dei giovani o di operatori che intendano dedicarsi alla pesca costiera. Allo stesso modo, per le ragioni che ho brevemente indicate, una più attenta politica di sostegno e di sviluppo, a condizione che risulti compatibile con l'ambiente e il benessere animale, dovrebbe essere riservata all'acquacoltura, settore che presenta ancora interessanti margini di espansione e ottime opportunità economiche per le imprese alieutiche e per il bilancio nazionale di settore.
Al fine di salvaguardare l'occupazione nelle aree costiere, e per prevenire la concorrenza delle imbarcazioni più grandi, si dovrebbero adeguare i nuovi programmi strutturali alla esigenze della piccola flotta costiera ed alle strutture che garantiscono sistemi di pesca più selettivi, capaci di limitare i rilasci e di preservare gli stock a rischio di deperimento.
Un maggiore sostegno, inoltre, andrebbe riservato al settore della trasformazione e della commercializzazione, comparto economico in cui il nostro Paese presenta gravi ritardi, con conseguenze pesanti in termini di dipendenza dall'estero. Importanti conseguenze positive potrebbero altresì derivare dall'istituzione di marchi di qualità ecologica. Da un diverso e più attento orientamento alla certificazione della qualità, la pesca italiana trarrebbe sicuri vantaggi in quanto si determinerebbe un miglioramento dell'informazione dei consumatori, un incremento della loro fiducia verso gli alimenti provenienti dal mare ed infine un forte incentivo al progresso delle attuali pratiche della pesca.
In conclusione, ribadisco la mia piena condivisione dei contenuti della mozione, che ho anche sottoscritto. Al tempo stesso, nel mio intervento mi sono soffermato su alcuni aspetti che reputo essenziali per una politica della pesca in grado di tener conto in modo adeguato di tutti gli aspetti coinvolti (il profilo economico, quello sociale e culturale, quello ambientale, quello relativo all'interesse del consumatore), per questo, alcuni degli elementi che ho evidenziato, sono stati inseriti nel dispositivo finale della mozione in discussione.
In ogni caso, quello che chiediamo al Governo è un'azione di ampio respiro in favore della pesca e dell'acquacoltura, in specie quella biologica, con misure specifiche atte ad assicurare un uso compatibile delle risorse acquatiche vive, alla conservazione e alla limitazione dell'impatto della pesca sull'ambiente, in particolare per proteggere le risorse ittiche, regolamentando le quantità di pesce catturato in mare e garantendo la riproduzione del novellame secondo le norme allo scopo applicabili, anche al fine di un migliore raggiungimento dell'equilibrio fra lo sforzo di pesca e le risorse ittiche disponibili, a salvaguardare la sicurezza alimentare e, al tempo stesso, con interventi idonei a garantire condizioni economiche, ambientali e sociali di esercizio della pesca sostenibili, in modo da assicurare un livello di vita dignitoso a tutti coloro che operano nel settore.
Per i motivi sopraelencati annuncio il voto favorevole del gruppo dei Verdi alla mozione unificata Marinello, Franci, Lion ed altri.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI PAOLA BALDUCCI, GRAZIELLA MASCIA, ANTONIO LA FORGIA E MAURIZIO RONCONI SULLA PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE N. 193-523-1175-1231-B.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge costituzionale relativa alla modifica dell'articolo 27, ultimo comma, della Costituzione Pag. 105torna alla Camera per la seconda deliberazione dopo essere stata approvata quasi all'unanimità da entrambi i rami del Parlamento in prima votazione, essendo già decorso l'intervallo di tre mesi dalla prima approvazione dell'Assemblea, ai sensi dell'articolo 138 della legge fondamentale che disciplina il procedimento di revisione costituzionale.
La proposta in esame è finalizzata a riformare l'articolo 27, ultimo comma, della Costituzione italiana, nella parte in cui stabilisce attualmente che «Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra»; prevedendosi la soppressione delle parole «, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra».
Su tale provvedimento, la Commissione affari costituzionali della Camera ha deliberato all'unanimità dei presenti in senso favorevole, conferendo mandato a riferire all'Assemblea all'onorevole Boato, al quale va il ringraziamento per lo splendido lavoro portato avanti in questi mesi, nonché parte consistente del merito per questo importante risultato che, finalmente, sembra a portata di mano.
Sono sicura che la Camera dei deputati vorrà dare un segnale di grande civiltà giuridica al mondo, facendo eco alla seconda risoluzione recentemente votata dal Parlamento europeo (26 aprile 2007) sulla moratoria della pena di morte, in cui si «incoraggia l'Unione europea a cogliere tutte le opportunità esistenti e invita gli Stati membri e l'Unione europea a presentare immediatamente, raccordandosi con paesi di altri continenti, una risoluzione per una moratoria universale della pena capitale nel quadro dell'attuale Assemblea generale delle Nazioni Unite».
L'Assemblea ha inoltre annunciato la partecipazione alla campagna mondiale contro la pena capitale e ha invitato tutte le istituzioni e il Consiglio d'Europa a proclamare, a partire da quest'anno, il 10 ottobre quale «giornata europea contro la pena di morte».
Una risoluzione, questa, davvero storica, in cui l'Europa ha condannato senza mezzi termini l'uso di una pena che si presta, nella realtà dei fatti - per quanto la si voglia rendere asettica, impersonale e indolore - ad essere un atto barbaro e disumano. Basterebbe ricordare le modalità dell'esecuzione dell'ex dittatore dell'Iraq, drammaticamente testimoniate attraverso crude ed inequivocabili immagini.
D'altronde, il rifiuto della pena di morte è una delle condizioni imprescindibili per ogni Stato che voglia aspirare ad entrare nell'Unione europea e oggi, in tutte le Nazioni che ne fanno parte, questa sanzione penale è stata espulsa definitivamente dal sistema delle pene legali. Ricordo che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea riconosce all'articolo 2 il diritto alla vita e prevede che «nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato».
L'esclusione della pena di morte dai paesi dell'Unione non può bastare ad esaurire l'impegno degli Stati che ne fanno parte, perché la morte di qualsiasi individuo, avvenuta nel più sperduto luogo del globo per mano di un boia, non può essere considerata un fatto privato del singolo paese in cui è comminata, ma rappresenta un'offesa all'intero genere umano.
Ricordo che la pena di morte era prevista nell'ambito del codice Rocco tra le pene principali, ma poi essa - dopo la caduta del regime fascista - fu soppressa e sostituita con l'ergastolo per i delitti previsti dal codice penale dal decreto legislativo luogotenenziale n. 224 del 10 agosto 1944 e, successivamente, abolita anche per i delitti previsti dalle leggi penali speciali diverse da quelle militari di guerra dal decreto legislativo n. 21 del 22 gennaio 1948.
I Costituenti, con grande lungimiranza, onde evitare il rischio che gravi fatti di cronaca potessero indurre il legislatore ordinario a reintrodurre la pena capitale, sancirono il divieto della pena di morte direttamente nell'articolo 27 della legge fondamentale, facendo però salvi i casi previsti dalle leggi militari di guerra.
Più di dieci anni or sono, il Parlamento italiano deliberò con legge ordinaria (articolo 1, legge 13 ottobre 1994, n. 589) Pag. 106l'eliminazione della pena di morte anche per gli illeciti previsti dalle leggi militari di guerra.
Ritengo che sia arrivato il momento di estromettere anche dalla Costituzione l'eccezione riguardante i casi previsti dalle leggi militari di guerra, proprio al fine di ribadire la condanna incondizionata a tale sanzione, che non dovrà mai più avere diritto di cittadinanza in ogni sistema giuridico che voglia definirsi moderno e umano.
Non si tratta di compiere soltanto un gesto compassionevole verso chi si rende autore di gravissimi fatti ma - a mio avviso - anche di adempiere a un preciso obbligo giuridico e di risolvere un potenziale conflitto con altri importantissimi principi costituzionali, posto che il comma 3 dell'articolo 27 dichiara che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità» e che «devono tendere alla rieducazione del condannato».
Ora, cosa c'è di più disumano e di irreversibile della pena di morte? Come si fa ad applicare il finalismo rieducativo ad un condannato a morte? La pena di morte va quindi espulsa dal nostro sistema - anche se da tempo non fa più parte del diritto positivo - perché è una pena non solo barbara, ma anche incoerente e incompatibile con gli altri principi generali che informano il sistema penale italiano. Né va dimenticato che gli studi criminologici, come pure l'esperienza di alcuni Paesi fautori della pena capitale, hanno concretamente dimostrato come la pena di morte sia uno strumento inefficace di controllo della criminalità.
In conclusione, il tasso di civiltà di un Paese non si valuta soltanto dal suo livello di benessere economico e dal suo livello tecnologico, ma anche e soprattutto sul piano dei diritti e dei valori. Il numero dei Paesi che ammettono la pena di morte è in costante calo, ma resistono ancora grandi Stati che applicano la pena capitale. Per questo dobbiamo dare testimonianza all'intero mondo dell'impegno dell'Italia verso la moratoria della pena di morte anche attraverso il voto favorevole a questa legge di revisione costituzionale.
Annunzio così il voto favorevole dell'intero gruppo dei Verdi sul provvedimento.

GRAZIELLA MASCIA. Il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione contro la pena di morte e chiesto alla Presidenza dell'Unione europea la massima urgenza sulla proposta di moratoria universale all'Assemblea generale ONU (uniche eccezioni l'estrema destra e gli euroscettici).
Tale iniziativa fa seguito ad un analogo voto, due mesi fa, su pressione del Governo italiano: passi avanti sono stati compiuti a sostegno pieno della proposta italiana all'ONU, sede in cui l'Europa non si erge a giudice censore della civiltà di altri paesi (la pena di morte è prevista in paesi molto diversi fra loro per tradizione, storia politica e orientamenti religiosi), ma vuole sviluppare un confronto per affermare il diritto universale al rispetto della vita umana. Anche per questo sentiamo la responsabilità di far sì che questa modifica possa arrivare a compimento in modo positivo. Una responsabilità che rende ancora più importante la nostra discussione, per il merito naturalmente, ma anche per quello che può determinare dal punto di vista simbolico sul piano più generale, sul piano europeo ma soprattutto internazionale.
Come è stato detto, questa modifica eliminerebbe in modo definitivo, ed io spero irreversibile, la pena capitale nel nostro ordinamento e porrebbe finalmente fine ad una contraddizione presente nell'articolo 27 della Costituzione laddove, da una parte, si proclama il principio della finalità rieducativa della pena e di come essa non possa consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e, dall'altra, si prevede, sia pure nella sola ipotesi dei casi previsti dal codice penale militare in tempo di guerra, la possibilità della pena capitale.
Abbiamo più volte rilevato come considerazioni di carattere etico, morale, giuridico e pratico conducano a ritenere inammissibile la pena di morte in uno Stato democratico. Tale pena corrisponde ad una concezione della giustizia primitiva Pag. 107e vendicativa. La giustizia non può mai essere confusa con la vendetta e la pena non può avere uno scopo esclusivamente punitivo, ma deve tendere alla rieducazione, come dice la nostra Costituzione, e dare, quindi, la possibilità ad ogni persona che abbia subito una condanna di reinserirsi nella società.
Non è, del resto, un caso che il nostro Paese si sia battuto con successo affinché lo statuto istitutivo del Tribunale penale internazionale escludesse esplicitamente la possibilità di comminare la pena di morte.
L'intendimento di espungere definitivamente la pena di morte dall'articolo 27 della Costituzione - è stato sottolineato - è di tutte le forze politiche presenti in quest'aula e fa riferimento - molti colleghi lo hanno richiamato - ad una civiltà giuridica che già fin dalla fine del XIX secolo, riprendendo l'insegnamento di Cesare Beccaria, ha negato il diritto dello Stato di condannare i cittadini alla pena capitale.
Questa scelta contro la pena di morte, come è stato giustamente detto, accomuna molti paesi e molte organizzazioni a livello internazionale. In questo senso si muovono le politiche delle Nazioni Unite e dell'Unione europea. Infatti, il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali costituisce uno tra gli obiettivi generali della politica estera e della sicurezza comune e, quindi, anche gli accordi stipulati coni paesi terzi vanno nella direzione dell'abolizione della pena di morte. Si è parlato della dichiarazione allegata al Trattato di Amsterdam, della Carta di Nizza in cui si prevede che nessuno possa essere estradato verso uno Stato in cui esiste il rischio di condanna a morte o di tortura o di altre pene o di trattamenti inumani o degradanti; tuttavia, vi sono ancora moltissimi - troppi - paesi del mondo in cui viene comminata la pena di morte (mi pare ottantasei).
Bisogna ribadire che non vi è emergenza alcuna che giustifichi la violazione dei diritti umani e, quindi, discutere oggi di una moratoria delle Nazioni Unite significa affrontare anche questi temi. La modifica dell'articolo 27, di valore giuridico per un problema che noi non avvertiamo come concreto, ma con una valenza simbolica, può avere, sia rispetto alla cultura generale nel nostro Paese sia rispetto al dibattito internazionale, un'enorme importanza tanto più se si considera che la tortura è stata posta quale tema all'ordine del giorno sul piano internazionale di fronte all'emergenza terrorismo.
È capitato che a volte, in presenza di reati tra i più efferati, la popolazione di fronte alle paure ricorra a invocazioni di luoghi comuni come soluzione di problemi complessi; la pena di morte o l'aggravamento delle pene spesso sono tra questi, come se essi potessero ridurre o risolvere i problemi della sicurezza. A maggior ragion penso che le istituzioni abbiano anche il dovere di informare e dire la verità facendo ragionare sulla concezione della pena. Tutti i dati e le statistiche del mondo mostrano che le strategie a tolleranza zero sono fallite e che, al contrario, sono proprio quelle politiche che tendono al reinserimento - vi sono esempi molto significativi e interessanti nel nord Europa - e che considerano il carcere l'ultima ratio per situazioni di estrema pericolosità sociale a dare i risultati più positivi e importanti per la sicurezza di tutti.
A volte è difficile poter sostenere queste tesi, perché è più facile fare demagogia e annebbiare le paure dentro i luoghi comuni. Ritengo che questa occasione possa essere utile anche in questo senso. Veniamo da un dibattito acceso sulla questione dell'indulto, ci sono state polemiche e disinformazione. Anche in questo caso le statistiche dicono molto chiaramente che si torna a delinquere quattro volte in meno quando vi sono delle misure alternative. Sono proprio l'idea della concezione della pena, non solo il fatto che lo Stato possa togliere la vita che è incompatibile nel rapporto tra Stato e cittadini, il valore della vita in sé e la giustizia intesa non come vendetta che possono essere posti all'ordine del giorno, anche attraverso la modifica dell'articolo 27 della Costituzione, per ribadire appunto che la sicurezza non dipende dall'aumento delle Pag. 108pene o da una maggiore penalizzazione carceraria, ma, al contrario, da politiche sociali che cercano di prevenire.
Arrivo a dire che se questa modifica, come tutti auspichiamo, giungerà finalmente a compimento in questa legislatura, in seguito dovremo avere il coraggio di affrontare il tema dell'ergastolo. Molti hanno scritto in questi anni: fine pena mai. Eppure, occorre lasciare sempre un margine, una speranza a chi ha commesso dei reati. Chi è stato condannato deve sempre avere la possibilità di reinserirsi nella società.
Credo che, coraggiosamente, il compito di coloro che siedono negli scranni più importanti delle istituzioni debba essere quello di introdurre delle modifiche legislative, ma, insieme a questo, anche quello di fare cultura politica e cultura civile.
Penso che un paese senza ergastolo - sicuramente senza la pena di morte, che non può esistere in uno Stato democratico -, sarebbe un paese più civile; non voglio dire più sicuro, ma sicuramente non meno sicuro.

ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, onorevoli deputati, prendo la parola per annunciare il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo a questa proposta di modificazione dell'articolo 27 della nostra Costituzione.
Un voto convinto e, vorrei dire, particolarmente convinto perché mosso da un'ispirazione culturale e morale oltre che - come è proprio di quest'aula - da un'ispirazione politica.
La decisione che ci apprestiamo ad assumere, per altro, e senza nulla togliere al suo specifico valore, si inserisce nel contesto di una più ampia iniziativa tesa al compimento della civilizzazione, della umanizzazione, vorrei dire, dello Stato di diritto. Una iniziativa che ha trovato qui, recentemente, ulteriore conferma e slancio con l'approvazione in questa Camera, unanime, della mozione che rinnova l'impegno italiano presso le Nazioni Unite in favore di una moratoria universale delle esecuzioni capitali in vista della abolizione completa della pena di morte nel mondo. Su questo giustamente insisteva il relatore Onorevole Boato enumerando anche quante, e quanto insistite e molteplici, siano state e siano le azioni intraprese dall'Unione Europea, dal suo Consiglio e, da ultimo, ancora dal suo Parlamento e volte appunto a far regredire sino alla definitiva abolizione il ricorso alla pena di morte in ogni paese del mondo.
Null'altro dunque vi sarebbe da aggiungere per motivare un voto con il quale confermiamo l'Italia quale parte, e parte protagonista, di un ampio movimento teso al perseguimento di un obiettivo di straordinario valore civile e morale.
E tuttavia proprio queste due parole mi spingono ad un'ulteriore, rapidissima, considerazione per indicare la ragione più profonda che, a mio giudizio, motiva la nostra scelta.
Certo sarò scusato se, per dirla, userò parole non mie ma di un grande scrittore.
Albert Camus in un lungo racconto - Lo Straniero - narra di un funerale, di un assassinio e di un processo. A tutto ciò il protagonista - quasi un ossimoro - partecipa estraniato; straniero, appunto, ai fatti, al mondo ed a se stesso. Il funerale è quello di sua madre. Egli è indubitabilmente colpevole di omicidio e suo è il processo. E tuttavia solo l'ascolto della sentenza e solo l'attraversamento dei giorni che lo separano dall'esecuzione lo portano a riprendere contatto con se stesso e con la realtà e gli consentono di vedere ciò che, anche per il lettore, è folgorante come una rivelazione.
Ecco la pronuncia della sentenza: «Quando il campanello ha squillato ancora e la porta della gabbia si è aperta, è il silenzio dell'aula che è salito verso di me, il silenzio e la sensazione strana che ho provata vedendo che il giovane giornalista aveva voltato altrove lo sguardo. Non ho guardato dalla parte di Maria. Non ne ho avuto il tempo perché il presidente mi ha detto in una forma strana che mi sarebbe stata tagliata la testa in una pubblica piazza in nome del popolo francese. Mi è parso allora di riconoscere il sentimento che leggevo su tutti i volti: credo proprio che fosse del Pag. 109rispetto. I gendarmi mi guardavano con molta dolcezza. L'avvocato ha posato la mano sul mio polso.»
Ed ecco poi, nella cella in cui attende l'alba del giorno in cui sarà condotto alla ghigliottina, in un lungo monologo interiore: «Malgrado la mia buona volontà, non potevo accettare questa certezza insolente. Perché insomma c'era una sproporzione ridicola fra il verdetto che l'aveva creata e il suo svolgersi imperturbabile a partire dal momento in cui quel verdetto era stato pronunciato. Il fatto che la sentenza fosse stata letta alle ore venti piuttosto che alle ore diciassette, il fatto che avrebbe potuto essere completamente diversa, che era stata deliberata da uomini che cambiano di biancheria, che era stata messa a carico di una nozione così imprecisa come il popolo francese (o tedesco, o cinese), tutto questo mi pareva proprio che diminuisse di molto la serietà di una simile decisione.»
Ora, con parole mie: nel momento in cui la sentenza è ormai pronunciata l'imputato, il colpevole di omicidio - noi lettori lo abbiamo visto uccidere, sappiamo la sua colpevolezza più e meglio della Corte che l'ha condannato - l'assassino diviene vittima e la condanna capitale si spoglia di ogni giustificazione morale e si riduce a nuda espressione astrattamente burocratica. Che cosa è accaduto? È riemerso, io credo, il carattere assoluto del divieto di uccidere.
Un divieto che è tale per i credenti nelle sacre scritture e che lo leggono scolpito nelle tavole della legge. E che è tale, assoluto, anche per quanti, pur privi dell'esperienza della fede, lo sentono scritto in una interna legge morale. Naturalmente, purtroppo, il divieto di uccidere non impedisce che si uccida. Ma impedisce, dovrebbe impedire, che si possa uccidere senza che alcuno voglia o debba assumersene la colpa, che si possa uccidere - diciamo così - impersonalmente.
Ecco ciò che appare moralmente insostenibile, intollerabile, nella previsione giuridica della pena capitale! La pretesa, intendo, di violare il divieto assoluto ad uccidere sottraendosi all'assunzione della colpa e persino diluendone la responsabilità. La pretesa, in altre parole, che si possano immaginare ed organizzare forme impersonali di violazione della legge morale.
Questa pretesa si è affermata più volte ed in più luoghi nel corso del secolo che abbiamo appena lasciato e con questa nostra decisione contribuiamo a tenerne viva la lezione.

MAURIZIO RONCONI. Onorevoli colleghi, siamo giunti alla seconda deliberazione su questo importante provvedimento che, dopo ripetuti tentativi nelle passate legislature, sembra giunto finalmente alla sua approvazione definitiva con una condivisione unanime del Parlamento. Il voto finale, peraltro, giunge proprio in coincidenza con il dibattito presso l'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla risoluzione per la moratoria universale sulla pena di morte e si inserisce nel solco di una produzione di atti approvati da tutte le istituzioni europee (l'ultimo, il 1 febbraio scorso, dal Parlamento europeo) per l'abolizione della pena di morte.
Su questo tema il gruppo che rappresento ha dimostrato una innegabile coerenza di comportamenti e posizioni, convinti come siamo che la difesa della vita costituisca, oltre ad una tutela della civiltà, la salvaguardia di una tradizione e di una cultura radicate nelle nostre coscienze.
Con il voto di oggi ci presentiamo, dunque, con le carte in regola per poter svolgere una missione di proselitismo presso le altre nazioni e le istituzioni internazionali; licenziando questo provvedimento, cioè, vincoliamo il Governo ad una conseguente responsabilità di azioni non solamente simboliche. La presentazione di una risoluzione in ambito ONU è quindi la prima iniziativa concreta che il Governo deve intraprendere per dare seguito alla unanime volontà espressa oggi in quest'Aula e a cui dovrà seguire un'analoga azione in ambito europeo.
Dobbiamo, cioè, invertire il percorso che il ministro D'Alema aveva tracciato nel momento in cui ha precisato che il Governo si sarebbe mosso presso l'ONU solo Pag. 110ed esclusivamente un minuto dopo aver chiarito e raggiunto un'intesa con i partner europei. In determinati frangenti della vita di un paese e su particolari temi occorre avere coraggio e fare da apripista, come spesso è accaduto nella storia italiana. Ci auguriamo che questo Governo dimostri altrettanta sensibilità e coraggio.
L'eliminazione di quest'ultimo riferimento, seppur limitato alle leggi militari in tempo di guerra, dalla nostra Carta costituzionale sembrava quasi un passaggio inutile perché scontato, ma esso rende ora coerente un testo tutto improntato ai principi contenuti nella Carta dei diritti umani.
Ovviamente non è così in molti angoli del nostro pianeta, dove l'istituto della pena di morte gode, purtroppo, di ottima salute; una salute che sembra non permeabile a quelle spinte provenienti dalla società civile e dall'opinione pubblica internazionale che in molti casi hanno costretto i Governi ad abrogare la pena di morte, così come, parimenti, occorre fare attenzione anche a quelle pressioni e tendenze opposte che, sull'onda emotiva di fatti particolarmente dolorosi ed efferati, potrebbero determinare tragici passi indietro.
Mi rivolgo quindi al Governo sollecitandolo ad un maggior coraggio e rassicurandolo che, su questo tema, vedrà tutte le forze politiche prestare il loro appoggio. È una ghiotta occasione per riaffermare il nostro prestigio in ambito internazionale, che alcune recenti avventate decisioni hanno purtroppo incrinato. Concludo, quindi, dichiarando il voto favorevole del gruppo UDC sul provvedimento.

INTERVENTO DEL DEPUTATO FRANCESCO PIRO IN SEDE DI ESAME DELLE QUESTIONI PREGIUDIZIALI PRESENTATE AL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2534.

FRANCESCO PIRO. Il decreto-legge n. 23 del 2007, giunto all'esame della Camera dopo l'approvazione - con modifiche - da parte del Senato, prevede - principalmente - il concorso dello Stato al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per il periodo 2001-2005 nei confronti di quelle regioni che presentano elevati disavanzi e che sottoscrivono con lo Stato l'accordo per i piani di rientro ed accedono al Fondo transitorio - come previsto dalla legge finanziaria per il 2007 - adottano per la copertura dei disavanzi sanitari specifiche misure fiscali o destinino al settore sanitario quote di entrate derivanti da misure fiscali già adottate e quote di tributi erariali attribuiti alle regioni.
In seguito all'approvazione da parte delle giunte regionali degli accordi stipulati con lo Stato, per il rientro dei disavanzi è prevista inoltre l'applicazione automatica dell'innalzamento dell'addizionale all'IRPEF e delle maggiorazioni dell'aliquota IRAP.
Si tratta certamente di un provvedimento straordinario, che arriva peraltro a distanza di pochi mesi dalla istituzione, disposta dalla legge finanziaria per il 2007, di un Fondo transitorio destinato al ripiano dei disavanzi nel settore sanitario, giustificato, tuttavia, oltre che dall'obiettivo dell'azzeramento dei disavanzi stessi, dal livello del debito su cui si interviene senza pregiudizio, anzi proprio per non pregiudicare l'attuazione del Patto per la salute stipulato tra Governo e regioni nel settembre del 2006.
L'attivazione delle procedure finalizzate alla stipula degli accordi di rientro del deficit, procedure che, come è noto, si realizzano in contraddittorio tra Stato e regioni anche attraverso il cosiddetto «tavolo di verifica tecnica», ha fatto emergere situazioni davvero allarmanti.
Per la regione Lazio, ad esempio, i disavanzi non coperti, per il periodo 2001-2005 ammonterebbero a 4.265 milioni di euro, da correggere, a causa delle somme che lo Stato non riverserà, in modo tale che il debito atteso si attesterebbe a circa 6.100 milioni di euro.
Le verifiche, tuttavia, hanno fatto emergere un debito sommerso che porterebbe il totale a circa 9.900 milioni di euro.Pag. 111
Si tratta di un provvedimento straordinario che prevede il concorso finanziario dello Stato ma, contemporaneamente e in un rapporto stretto di dipendenza, è volto a intervenire radicalmente sulle cause che originano i disavanzi.
Un provvedimento che ha i requisiti dell'urgenza. Senza di esso, infatti, le regioni non avrebbero potuto formulare i piani di rientro in modo calibrato e formalmente valido, nell'individuazione delle risorse necessarie e dei mezzi di copertura, nell'arco di tempo disponibile.
A queste prime considerazioni aggiungo che noi riteniamo questo provvedimento necessario e oltremodo utile.
È comprensibile che ci si ponga degli interrogativi rispetto ad un provvedimento che avrà come ambito di applicazione solo alcune regioni.
È giusto interrogarsi sul continuo riproporsi, e in misura più intensa, dei disavanzi nel settore sanitario e sulla responsabilità delle regioni.
Va rilevato però che questo provvedimento e propone interventi chiaramente volti a cambiare le modalità di gestione e di utilizzo delle risorse in molte regioni.
Il Patto per la salute ha segnato un punto di discontinuità rispetto al passato, ha dato ragione a quanti nelle regioni sostenevano l'individuazione di criteri diversi nel riparto delle risorse. Risorse che, va ricordato sono aumentate, invertendo una tendenza che ha visto il Fondo sanitario nazionale, negli ultimi anni, sistematicamente sottofinanziato.
L'individuazione di risorse più congrue e la determinazione di più adeguati livelli essenziali di assistenza devono conciliarsi e richiedono efficienti gestioni e conti economici equilibrati.
Di contro, non si può non rilevare come la permanenza di deficit di bilancio enormi e non copribili con interventi ordinari ha già provocato inevitabilmente - e ancor più può provocare - una caduta verticale nella quantità e nella qualità dei servizi resi ai cittadini, che incide profondamente sui livelli di assistenza e determina una sperequazione di fatto tra cittadini residenti in regioni diverse.
È compito prioritario dello Stato non solo determinare livelli di assistenza, ma anche assicurare che i cittadini italiani abbiano le medesime opportunità di salute e la possibilità di usufruire - in qualunque punto del Paese - di efficienti ed efficaci interventi sanitari. E ciò lo Stato fa e deve fare, anche predisponendo e distribuendo le risorse necessarie al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, nel cui ambito rientra senza dubbio anche la possibilità di un intervento straordinario.
Ci sono stati altri interventi nel corso di questi ultimi anni, anche essi assunti in deroga al principio stabilito nel 2001 che ai disavanzi della sanità devono provvedere direttamente le regioni con risorse proprie. Il primo, voluto dalla legge n. 311 del 2004, ha stanziato 2 miliardi per il triennio 2001-2003; il secondo, recato dalla legge n. 266 del 2005, ha stanziato altri 2 miliardi per il triennio 2002-2004. Provvedimenti che, di tutta evidenza, non hanno risolto il problema, essenzialmente perché non recavano e non si accompagnavano a misure rigide di controllo delle gestioni regionali, anche a costo di limitarne, in qualche modo ed in alcuni casi, l'autonomia e l'autodeterminazione.
Stanno qui, invece, la novità assoluta e la sicura utilità del decreto-legge n. 23 del 2007. Esso postula una piena e robusta assunzione di responsabilità da parte delle regioni che hanno accumulato disavanzi e che non hanno provveduto alla loro copertura con mezzi propri.
Vanno in questa direzione l'aumento dell'IRAP e dell'IRPEF nelle regioni; la destinazione di quote di gettito loro spettanti ai fini del rientro dal deficit; l'adozione di piani di rientro concordati con lo Stato.
Ora, i piani di rientro, oltre a prevedere le misure necessarie ad individuare i mezzi di copertura e l'articolazione nel tempo fino e non oltre il 2010, devono obbligatoriamente prevedere l'istituto dell'affiancamento, cioè la nomina di un nucleo tecnico da parte del Governo che è incaricato di esaminare e valutare i provvedimenti in materia sanitaria che devono assumere le regioni; l'istituto della sottoposizione Pag. 112al Governo, ai fini di un preventivo esame e di una preventiva condivisione, di tutti i provvedimenti significativi nel settore sanitario (piani di organizzazione, distribuzione dei posti letto, creazione di strutture, personale e relativo trattamento e altri ancora).
Va aggiunto che i piani di rientro possono essere valutati anche dalle Commissioni parlamentari competenti.
L'obiettivo evidente è quello di obbligare le regioni ad adottare comportamenti e modalità gestionali orientate all'efficienza dei sistemi sanitari regionali; alla eliminazione degli sprechi - a volte pesanti come macigni -, alla revisione di scelte che non hanno comportato migliori servizi ai cittadini ma hanno generato fenomeni anche vistosi di utilizzo distorto di risorse pubbliche.
Il decreto-legge n. 23 del 2007 è un provvedimento forte e incisivo e, nelle sue premesse, sicuramente risolutivo; per questo merita la nostra approvazione.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Mozione n. 1-00146 sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
L'Ulivo 55 minuti
Forza Italia 38 minuti
Alleanza Nazionale 25 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 19 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 18 minuti
Lega Nord Padania 15 minuti
Italia dei Valori 14 minuti
La Rosa nel Pugno 14 minuti
Comunisti Italiani 13 minuti
Verdi 13 minuti
Popolari-Udeur 13 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 11 minuti
Misto 13 minuti
(Minoranze linguistiche: 5 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 5 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 3 minuti)

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 114

Pdl n. 2489 e abb. - Istituzione del "Giorno della memoria" dedicato alle vittime del terrorismo

Tempo complessivo: 15 ore, di cui:

  Discussione generale Seguito esame
Relatore 15 minuti 15 minuti
Governo 15 minuti 15 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici   15 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 29 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) 52 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 6 ore e 51 minuti 4 ore e 13 minuti
L'Ulivo 37 minuti 52 minuti
Forza Italia 34 minuti 36 minuti
Alleanza Nazionale 33 minuti 24 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 32 minuti 18 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 32 minuti 18 minuti
Lega Nord Padania 31 minuti 14 minuti
Italia dei Valori 31 minuti 14 minuti
La Rosa nel Pugno 30 minuti 14 minuti
Comunisti Italiani 30 minuti 13 minuti
Verdi 30 minuti 13 minuti
Popolari-Udeur 30 minuti 13 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 30 minuti 11 minuti
Misto 31 minuti
(Minoranze linguistiche: 12 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 12 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 7 minuti)
13 minuti
(Minoranze linguistiche: 5 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 5 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 3 minuti)
Pag. 115

Ddl n. 1609 - Delega Ordini professioni sanitarie

Seguito dell'esame: 5 ore.

Relatore 15 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 10 minuti
Interventi a titolo personale 44 minuti (con il limite massimo di 4 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 3 ore e 26 minuti
L'Ulivo 38 minuti
Forza Italia 33 minuti
Alleanza Nazionale 23 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 13 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 17 minuti
Lega Nord Padania 14 minuti
Italia dei Valori 10 minuti
La Rosa nel Pugno 10 minuti
Comunisti Italiani 9 minuti
Verdi 9 minuti
Popolari-Udeur 9 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 11 minuti
Misto 10 minuti
(Minoranze linguistiche: 4 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 4 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 2 minuti)

Pdl n. 197 e abb. - Obiezione di coscienza

Seguito dell'esame: 6 ore.

Relatore 15 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Pag. 116
Tempi tecnici 15 minuti
Interventi a titolo personale 52 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 13 minuti
L'Ulivo 52 minuti
Forza Italia 36 minuti
Alleanza Nazionale 24 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 18 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 18 minuti
Lega Nord Padania 14 minuti
Italia dei Valori 14 minuti
La Rosa nel Pugno 14 minuti
Comunisti Italiani 13 minuti
Verdi 13 minuti
Popolari-Udeur 13 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 11 minuti
Misto 13 minuti
(Minoranze linguistiche: 5 minuti
Movimento per l'Autonomia: 5 minuti
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 3 minuti)

Doc. XXII, n. 8 - Commissione d'inchiesta sugli errori in campo sanitario

Discussione generale: 10 ore.

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 38 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 7 ore e 32 minuti
L'Ulivo 51 minuti
Forza Italia 43 minuti
Pag. 117
Alleanza Nazionale 37 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 34 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 34 minuti
Lega Nord Padania 32 minuti
Italia dei Valori 32 minuti
La Rosa nel Pugno 32 minuti
Comunisti Italiani 32 minuti
Verdi 32 minuti
Popolari-Udeur 31 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 31 minuti
Misto 31 minuti
(Minoranze linguistiche: 12 minuti
Movimento per l'Autonomia: 12 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 7 minuti)

Mozioni sul rilancio del processo di integrazione e sull'allargamentodell'Unione europea

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
L'Ulivo 55 minuti
Forza Italia 38 minuti
Alleanza Nazionale 25 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 19 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 18 minuti
Lega Nord Padania 15 minuti
Italia dei Valori 14 minuti
Pag. 118
La Rosa nel Pugno 14 minuti
Comunisti Italiani 13 minuti
Verdi 13 minuti
Popolari-Udeur 13 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 11 minuti
Misto 13 minuti
(Minoranze linguistiche: 5 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 5 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 3 minuti)

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

Ddl n. 2272-bis - Misure per il cittadino consumatore

Tempo complessivo: 23 ore, di cui:

  Discussione generale Seguito esame
Relatore 15 minuti 25 minuti
Governo 15 minuti 25 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici   1 ora e 30 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 34 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) 1 ora e 56 minuti (con il limite massimo di 11 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 7 ore e 46 minuti 8 ore e 34 minuti
L'Ulivo 33 minuti 1 ora e 34 minuti
Forza Italia 1 ora e 4 minuti 1 ora e 25 minuti
Alleanza Nazionale 49 minuti 57 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 31 minuti 32 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 40 minuti 42 minuti
Pag. 119
Lega Nord Padania 36 minuti 34 minuti
Italia dei Valori 30 minuti 24 minuti
La Rosa nel Pugno 30 minuti 23 minuti
Comunisti Italiani 30 minuti 23 minuti
Verdi 30 minuti 23 minuti
Popolari-Udeur 30 minuti 22 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 32 minuti 27 minuti
Misto 31 minuti
(Minoranze linguistiche: 12 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 12 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 7 minuti)
28 minuti
(Minoranze linguistiche: 11 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 11 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 6 minuti)

Pdl n. 24 e ddl 1607 e abb. - Nuove norme sulla cittadinanza

Tempo complessivo: 21 ore, di cui:

  Discussione generale Seguito esame
Relatore 15 minuti 20 minuti
Governo 15 minuti 20 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici   1 ora
Interventi a titolo personale 1 ora e 34 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) 1 ora e 40 minuti (con il limite massimo di 9 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 7 ore e 46 minuti 7 ore e 30 minuti
L'Ulivo 33 minuti 1 ora e 22 minuti
Forza Italia 1 ora e 4 minuti 1 ora e 15 minuti
Alleanza Nazionale 49 minuti 50 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 31 minuti 28 minuti
Pag. 120
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 40 minuti 37 minuti
Lega Nord Padania 36 minuti 30 minuti
Italia dei Valori 30 minuti 21 minuti
La Rosa nel Pugno 30 minuti 21 minuti
Comunisti Italiani 30 minuti 20 minuti
Verdi 30 minuti 20 minuti
Popolari-Udeur 30 minuti 19 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 32 minuti 23 minuti
Misto 31 minuti
(Minoranze linguistiche: 12 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 12 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 7 minuti)
24 minuti
(Minoranze linguistiche: 9 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 9 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 6 minuti)

Mozione n. 1-00024 sulla riorganizzazione del sistema scolastico in relazione alfenomeno dell'immigrazione

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
L'Ulivo 55 minuti
Forza Italia 38 minuti
Alleanza Nazionale 25 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 19 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 18 minuti
Lega Nord Padania 15 minuti
Italia dei Valori 14 minuti
Pag. 121
La Rosa nel Pugno 14 minuti
Comunisti Italiani 13 minuti
Verdi 13 minuti
Popolari-Udeur 13 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 11 minuti
Misto 13 minuti
(Minoranze linguistiche: 5 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 5 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 3 minuti)

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pdl n. 1268 - Conservazione e dispersione delle ceneri

Tempo complessivo: 15 ore, di cui:

  Discussione generale Seguito esame
Relatore 15 minuti 15 minuti
Governo 15 minuti 15 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici   15 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 29 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) 52 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 6 ore e 51 minuti 4 ore e 13 minuti
L'Ulivo 37 minuti 52 minuti
Forza Italia 34 minuti 36 minuti
Alleanza Nazionale 33 minuti 24 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 32 minuti 18 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 32 minuti 18 minuti
Lega Nord Padania 31 minuti 14 minuti
Pag. 122
Italia dei Valori 31 minuti 14 minuti
La Rosa nel Pugno 30 minuti 14 minuti
Comunisti Italiani 30 minuti 13 minuti
Verdi 30 minuti 13 minuti
Popolari-Udeur 30 minuti 13 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 30 minuti 11 minuti
Misto 31 minuti
(Minoranze linguistiche: 12 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 12 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 7 minuti)
13 minuti
(Minoranze linguistiche: 5 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 5 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 3 minuti)

Ddl n. 2480 - Autotrasporto merci e circolazione stradale

Seguito dell'esame: 9 ore.

Relatore 15 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 50 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 27 minuti (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi per ciascun deputato)
Gruppi 6 ore e 3 minuti
L'Ulivo 1 ora e 8 minuti
Forza Italia 1 ora e 1 minuto
Alleanza Nazionale 41 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 23 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 30 minuti
Lega Nord Padania 24 minuti
Pag. 123
Italia dei Valori 17 minuti
La Rosa nel Pugno 17 minuti
Comunisti Italiani 16 minuti
Verdi 16 minuti
Popolari-Udeur 16 minuti
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI 19 minuti
Misto 15 minuti
(Minoranze linguistiche: 6 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 6 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 3 minuti)

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 7
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Marinello ed altri n. 1-154 444 444 223 444 76 Appr.
2 Nom. ddl 2489 - em.1.1 460 451 9 226 35 416 75 Resp.
3 Nom. articolo 1 465 420 45 211 419 1 74 Appr.
4 Nom. articolo 2 455 416 39 209 414 2 74 Appr.
5 Nom. ddl 2489 - voto finale 467 421 46 211 420 1 70 Appr.
6 Nom. pdl 193-B - voto finale 472 472 316 471 1 62 Appr.
7 Nom. ddl 2534 - quest. pregiud. 1,2,3 451 447 4 224 191 256 61 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.