XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 104 di martedì 6 febbraio 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
[indice alfabetico]
[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

La seduta comincia alle 9,30.

MAURO DEL BUE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 1 febbraio 2007.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bonelli, Brugger, Cordoni, D'Alema, De Castro, Duilio, Fabris, Fallica, Galati, Letta, Mazzocchi, Migliore, Morrone, Mussi, Oliva, Leoluca Orlando, Pagliarini, Piscitello, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sui tragici fatti di Catania e sulle misure per contrastare il fenomeno della violenza negli stadi (ore 9,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sui tragici fatti di Catania e sulle misure per contrastare il fenomeno della violenza negli stadi.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per otto minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del ministro dell'interno)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro dell'interno, Giuliano Amato.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, ciò che vi devo dire inizia con un resoconto sui fatti che hanno preceduto lo svolgimento di quella partita e che l'hanno seguita. La partita Catania-Palermo doveva svolgersi, secondo il calendario ufficiale della Lega calcio, domenica 4 febbraio 2007, ma la partita destava da tempo forti preoccupazioni, sia per l'accesissima rivalità tra le due tifoserie, sia per la concomitanza con la festività di Sant'Agata, una festa popolare fortemente seguita, occasione di manifestazioni e cortei piuttosto partecipati.
Dagli inizi di gennaio si erano tenute diverse riunioni del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, nel corso delle quali veniva rilevata la necessità di sensibilizzare la Federazione gioco calcio per un eventuale differimento dell'incontro. Anche la società Catania calcio riferiva al prefetto di aver reiteratamente richiesto alla Lega calcio di spostare l'incontro, ma di non aver ricevuto alcuna risposta.
La situazione richiamava l'attenzione dello stesso Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive - che, come sapete, è in funzione, dopo i ripetuti interventiPag. 2del mio predecessore, l'ex ministro Pisanu - composto da rappresentanti del Ministero dell'interno e ora del Ministero per le attività sportive, oltre che dagli esponenti del mondo sportivo, con il compito di compiere un monitoraggio costante verificando anche le singole situazioni.
Nel corso di una riunione tenutasi il 25 gennaio scorso, cui ha partecipato il questore di Catania, l'Osservatorio, valutata la situazione, collocava l'ipotesi dello svolgimento della partita a livello «tre» di rischio, che è il livello massimo nei criteri dell'Osservatorio, e su questa base approvava il differimento della partita a data da definirsi.
Nel corso della riunione tenuta dal comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica il giorno successivo, ossia il 26 gennaio, il questore di Catania riferiva che, nella riunione del giorno precedente dell'Osservatorio, pur essendo emerso l'orientamento di proporre il differimento della partita a data da destinarsi, era stata anche profilata l'ipotesi di far svolgere la partita il 2 febbraio, di venerdì, ma alle ore 15, anziché il 4 febbraio. Come sapete, il rischio è ritenuto minore, in questo mondo per me un po' «kafkiano» del calcio valutato come «occasione bellica», se la partita si svolge nelle ore diurne - e questo è facilmente comprensibile - piuttosto che nelle ore notturne.
Nella successiva riunione del comitato, svoltasi il 27 gennaio ultimo scorso, arrivava una nota scritta del segretario generale della Lega calcio, il quale, in relazione alla impossibilità, per ragioni inerenti alla sicurezza e all'ordine pubblico, di disputare la gara nei giorni di sabato e domenica, stante l'affollamento del calendario della stagione sportiva 2006-2007, che prevede impegni agonistici in tutte le settimane immediatamente successive a quella in oggetto, insisteva perché la gara si svolgesse il 2 febbraio, perché, quindi, non si pensasse a differimenti a data da destinarsi e perché, in considerazione della giornata infrasettimanale, la gara si svolgesse non alle ore 15, ma alle 18. Ciò in forma di auspicio.
Anche l'amministratore delegato del Catania faceva presente che l'eventuale inizio della partita alle ore 15 sarebbe stato fortemente penalizzante, considerate le difficoltà di raggiungere per tempo lo stadio data la giornata lavorativa; vi erano, inoltre, i contratti stipulati con la televisione. Insomma, venerdì 2 febbraio alle 18.
Anche il rappresentante provinciale del CONI esprimeva un avviso favorevole all'ipotesi del 2 febbraio alle 18.
Alla fine, in questo clima e in questo ambiente, il prefetto aderiva a questo insieme di suggerimenti, di pressioni e di valutazioni ed accettava di far svolgere la gara venerdì 2 febbraio alle 18.
A quel punto, il dipartimento della pubblica sicurezza decideva di mettere a disposizione della questura catanese 410 unità di rinforzo e, per lo svolgimento di questa partita, venivano così nell'insieme impegnati 1.350 operatori delle forze dell'ordine.
La partita ha avuto inizio alle 18. C'erano 20 mila spettatori locali e dovevano arrivare i tifosi ospiti che, come ormai è noto, sono giunti in ritardo per un insieme di ragioni.
Vi leggo quanto mi è stato predisposto. I tifosi palermitani, che viaggiavano a bordo di 6 pullman e di almeno 60 autovetture private scortati da personale delle forze dell'ordine, hanno lasciato il capoluogo siciliano alle ore 14,45, in ritardo rispetto ai tempi programmati, malgrado le continue sollecitazioni operate dal personale della questura.
Poi, i quattro pullman fanno un errore di percorso e, alla fine, arrivano in prossimità di Catania quando la partita ha già iniziata. Dopo le previste operazioni di filtraggio, giungono allo stadio alle ore 19,15. Quindi, siamo già nel secondo tempo della partita.
Quando i tifosi del Palermo sono arrivati allo stadio, un consistente numero di ultrà catanesi ha tentato di aggredirli. I disordini hanno avuto inizio con reiterati lanci di pietre e altri corpi contundentiPag. 3contro le forze dell'ordine da parte di squadre di teppisti che stazionavano all'esterno dello stadio.
Al fine di riportare l'ordine, le forze di polizia hanno attuato interventi di alleggerimento, ricorrendo anche all'uso di alcuni lacrimogeni per disperdere i facinorosi che facevano uso di spranghe di ferro e di bastoni continuando nel contempo a lanciare bulloni, pietre, bombe carta ed altri oggetti. Tra le due tifoserie, grazie a questi interventi, non vi sono stati contatti.
Però, nel frattempo, tra i lacrimogeni utilizzati dalle forze dell'ordine e i fumogeni accesi dai tifosi e scaraventati verso il campo, si è creato un ambiente nel quale l'arbitro ha ritenuto di sospendere la partita, che è ripresa dopo circa mezz'ora.
Al termine dell'incontro, gli ultrà della curva nord continuavano gli scontri con il sostegno di altre persone che, all'esterno dello stadio, tentavano di colpire sul fianco i reparti di polizia.
Qui inizia la parte che credo molti di voi abbiano visto in televisione, grazie all'emittente che si è messa in diretta e ci ha fatto vedere quello che stava accadendo fuori dallo stadio.
È stato a questo punto che rimanevano feriti numerosi militari dell'Arma dei carabinieri ed agenti di pubblica sicurezza e vi è stato l'incidente che è costato la vita a Raciti; un incidente di cui ancora non sappiamo esattamente quando è accaduto ciò che ha provocato la sua morte.
Raciti si trovava nella macchina di servizio. Quando vede il fumo, scende dalla macchina e gli esplode addosso la bomba carta; viene allora portato all'ospedale Garibaldi (tra l'altro, le agenzie lo danno per morto subito, ma non è così, perché morirà un'ora dopo). Si è scoperto che ciò che ha provocato la morte è stato un trauma addominale con fratture multiple del fegato compatibili - scrive il linguaggio medico - con un corpo contundente di importante adeguatezza lesiva.
Quindi, questo nostro funzionario era stato colpito da qualcosa - forse, una spranga, un masso -, ma ha continuato a lavorare, nonostante gli fosse accaduto un fatto del genere; poi il contatto con la bomba carta ha provocato un trauma che deve essere intervenuto, ma il fattore determinante della morte è stato l'effetto di questo oggetto che lo aveva colpito. Non sappiamo da chi evidentemente l'oggetto possa essere stato lanciato.
Sino ad ora - mi scrivono ieri pomeriggio - sono state arrestate 33 persone (ora sono diventate 34 con l'arresto del custode dello stadio, in circostanze e per ragioni che fanno capire quale era il clima ed il contesto nel quale la vicenda è accaduta), di cui 22 adulti e 11 minorenni ritenuti responsabili di resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale, danneggiamenti aggravati ed altro.
Sono stati ispezionati i luoghi, lo stadio, eseguite perquisizioni anche nelle sedi dei circoli di tifosi e nelle abitazioni dei principali responsabili dei circoli. Sono stati sequestrati stupefacenti, oggetti idonei all'offesa, spranghe, catene, bastoni e poi vi è stato l'ultimo reperto all'interno dello stadio che ha portato all'arresto del custode stesso.
Sono state, inoltre, visionate le videoregistrazioni effettuate dalle telecamere dislocate all'interno dello stadio e nelle sue adiacenze. Ci si sta ancora lavorando ed è grazie a questo che sono avvenute diverse identificazioni.
Il procuratore di Catania sta lavorando con il massimo impegno e ha affermato che, allo stato, non può escludersi che i gravi disordini siano stati espressione di un preordinato attacco che ha avuto come unico e reale obiettivo le forze di polizia, nei confronti delle quali, già nel recente passato, si sono dovute registrare reiterate manifestazioni di violenza verbale e fisica.
Qui termina, al momento, il racconto dei fatti.
Questi fatti di Catania, in realtà, ci dicono due cose. Il primo fatto che emerge è che certamente a Catania vi è una situazione specifica che è essa stessa fonte specifica di violenze e di tale situazione specifica ci dobbiamo fare carico. La dobbiamo capire e dobbiamo rendercene conto. Siamo alle prese con una città nella quale i quartieri periferici sono diventati - in parte avevano cessato di esserlo, poiPag. 4evidentemente il degrado ha ripreso il sopravvento - una sorta di Bronx in mano, in parte, alla povertà e alla mancanza di lavoro e, in un parte, alla criminalità. Ieri, mentre stavamo andando al funerale, il prefetto mi diceva che molti dei bambini e dei ragazzi che vivono in taluni quartieri di Catania hanno i genitori, il padre «dentro» oppure in procinto di andarci oppure che ne è da poco uscito, e per loro lo «sbirro» è il nemico. Quindi, esiste questa psicologia, poi alimentata da moduli di vita nei quali ciascun ragazzo finisce per cercare l'identità nell'esercizio della violenza e nell'autoaffermazione di sé, nei modi che sono possibili nell'ambiente in cui vive. Questo ci porta al tema generale della violenza, che certo non nasce negli stadi, finisce per connettersi con gli estremismi politici e trova alimentazioni diverse in situazioni diverse. Indiscutibilmente, questo è un grande problema che abbiamo tutti davanti: il responsabile dell'economia, il responsabile del governo del territorio, la scuola, le nostre famiglie.
Più vado avanti nel mestiere che sto facendo più mi rendo conto che spesso mi trovo con un pentolino in mano a togliere l'acqua da una barca nella quale ci sono tante falle attraverso le quali l'acqua entra. Napoli è un'altra situazione nella quale viene da fare questo tipo di riflessione. Quindi, c'è un grande tema: la violenza nella società del nostro tempo, le ragioni che la determinano.
Inoltre, dai fatti di Catania ci viene un secondo insegnamento: il calcio finisce per essere uno dei grandi catalizzatori di questa violenza ed è difficile dire quanto coaguli violenza che ha radici altrove, quanto diventi esso stesso occasione che ne forma di sua, che le dà la possibilità di organizzarsi, che le offre canali, occasioni, simboli attraverso i quali e in ragione dei quali esprimersi. Non c'è dubbio che questo secondo aspetto finisce per avere una sua specificità e per esigere la nostra attenzione.
In realtà, l'attenzione c'è stata, perché nel corso degli anni il fenomeno ha acquistato una sua corposità, e nella scorsa legislatura vennero adottate misure indiscutibilmente forti e capaci di una loro efficacia, tanto che oggi possiamo senz'altro dire che una parte dei fenomeni che ci troviamo a fronteggiare sono dovuti alla non ottemperanza complessiva a quelle misure. Indiscutibilmente questo va detto e guai se non venisse detto. Con l'esperienza che siamo venuti facendo ci accorgiamo, però, anche dei limiti che queste hanno dimostrato e della necessità, oltreché di portare all'ottemperanza, anche di raddrizzare ciò che non ha funzionato e di collocare in un orizzonte che finora è mancato la prospettiva dell'utilizzazione degli impianti sportivi.
Sapete quali sono le misure: riguardano il prefiltraggio e l'ingresso selezionato degli spettatori, il biglietto nominativo, la possibilità di controllare elettronicamente all'ingresso la corrispondenza tra il nome scritto sul biglietto e la persona che entra, la separazione delle tifoserie negli stadi, la videosorveglianza.
Insomma, occorre creare una situazione in ragione della quale la possibilità che all'interno dello stadio si verifichino disordini sia fortemente attenuata da tutto il filtraggio che avviene all'esterno. In più, occorre organizzare la partenza, il viaggio e l'arrivo delle tifoserie della squadra ospite e a questo sono dedicati appositi decreti e circolari.
Non tutto ha funzionato: molti impianti sportivi non solo sono rimasti lontani rispetto agli adempimenti dei requisiti indicati dai decreti del mio predecessore - l'onorevole Pisanu, oggi senatore - ma chiaramente molte società hanno dimostrato di non avere alcuna intenzione di farlo.
La testimonianza più evidente di questo è il disarmante dato che ho sulla certificazione della capienza di numerosi impianti sportivi. Sapete che gli standards previsti dal decreto Pisanu valgono per stadi dai diecimila spettatori in su. Io mi trovo diversi stadi - non ne faccio il nome qui, ma si sanno - certificati per 9.999 spettatori ...!

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LUCA VOLONTÈ. Faccia i nomi, faccia i nomi, che serve!

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Si tratta degli stadi di Cesena, Vicenza, Cremona, Foggia. Poi, ne ho diversi che sono certificati per 9.900, uno per 9.500 spettatori e così via.
È chiaro che quando uno si trova davanti ad una situazione del genere capisce che siamo di fronte non alla prospettiva di un completo adeguamento alle normative esistenti, ma ad una chiara volontà di elusione di queste.
La vicenda delle tifoserie è forse la più sfortunata - se vogliamo - nel tentativo che c'è stato di organizzarne i movimenti allo scopo di evitarne la turbolenza. In realtà, questi movimenti organizzati hanno finito per diventare essi stessi occasione per l'esercizio di violenze.
Questi conglomerati di tifosi hanno esteso la violenza dallo stadio, in cui hanno intenzione di arrivare, all'intero percorso di andata e anche a quello di ritorno. Ho dovuto leggere con qualche disagio le istruzioni date ai questori con una indicazione analitica delle aree di sosta autostradali maggiormente o minormente - scusate il pessimo italiano - a rischio rispetto ad altre.
Mi aspetto che queste siano le istruzioni che ricevono i nostri soldati quando si muovono sul terreno del Libano. Trovo impensabile che dobbiamo organizzare la nostra vita collettiva in modo tale da dover fare i conti con questo tipo di situazioni di rischio. I treni, dopo questi viaggi, concorrono - come ben sapete - al disavanzo delle Ferrovie dello Stato!
Del resto, gli effetti, che erano stati positivi nella prima attuazione di quelle normative, nel passaggio tra il campionato 2005-2006 al campionato 2006-2007 hanno cominciato a rovesciarsi. Ora, confrontando i periodi per le prime venti giornate del campionato 2005-2006 con quello 2006-2007, arrivando perciò fino a gennaio, abbiamo nuovamente un incremento degli incidenti.
Quindi, a parte la crescita del personale impiegato, il totale dei feriti è tornato ad aumentare. Vi rendo noti questi numeri: il totale dei feriti nelle forze di polizia è stato di 338 nel 2004-2005, 158 nel 2005-2006, 228 nel 2006-2007. I dati si riferiscono al medesimo periodo, dall'inizio del campionato a gennaio.
Diminuisce, invece, il totale dei feriti civili, ma trovo doveroso e giusto, da parte mia e da parte vostra, considerare l'aumento dei feriti tra le forze dell'ordine. È aumentato, inoltre, il totale degli arrestati, da 118 a 136, e il totale dei denunciati, da 293 a 564.
Quindi, c'è stata una ripresa di questi fenomeni. Una buona parte della responsabilità ricade proprio su Catania. Se guardo agli impianti sportivi nei quali si sono verificati maggiormente gli incidenti, in quello di Catania, su 24 incontri disputati, ve ne sono stati 10 con incidenti, per un totale di 147 feriti, di cui 118 tra le forze dell'ordine. Naturalmente, gli eventi dell'ultima settimana portano questa media particolarmente in alto, perché questi numeri includono anche l'incontro Catania-Palermo.
A Napoli, su 26 incontri disputati, ve ne sono stati 12 con incidenti, con 37 feriti, di cui 27 tra le forze dell'ordine; a Bergamo (Atalanta), su 25 incontri disputati, 8 con incidenti, con 27 feriti, di cui 21 tra le forze dell'ordine; a Taranto, su 26 incontri disputati, 4 con incidenti, con 41 feriti, di cui 36 tra le forze dell'ordine. Ho altri dati, che lascerò a vostra disposizione.
È stato in questo contesto che ho detto che non avrei più mandato le forze dell'ordine a rischiare la vita e a riportare ferite in quelle condizioni. I poliziotti e i carabinieri sanno di svolgere un mestiere rischioso, ma non ha senso alcuno che il rischio debba essere corso massimamente quando si svolge un evento che dovrebbe far parte della vita ludica, di un momento in cui ci si distrae e ci si rilassa passando una domenica allo stadio, come diceva una vecchia canzone: con tutta la buona volontà, si mette a repentaglio la lealtà al proprio lavoro, da parte di chi è costretto a lavorare in quelle condizioni.Pag. 6
Ieri, credo che tutti siamo rimasti impressionati dalla straordinaria forza morale dimostrata da questa giovanissima donna, che ha perso suo marito. Tutti gli italiani l'hanno vista, con la sua bambina, che parlava di suo padre (Applausi).
Prima di loro aveva parlato un poliziotto, che, con la voce rotta dal pianto, dopo che era stato letto il messaggio del Capo dello Stato, ha voluto dire a quest'ultimo: «Noi ci crediamo ancora!». Questo - vi assicuro - è stato per me non meno commovente di ciò che ho sentito dire dalla signora e da sua figlia. «Noi ci crediamo ancora!»: è un messaggio di cui avevamo bisogno e al quale dobbiamo rispondere dicendo basta a quello che è successo! Voltiamo pagina davvero e facciamo in modo che non debba accadere più!
È in queste circostanze che, insieme al ministro Giovanna Melandri, alla dirigenza del CONI e ad un commissario straordinario per il calcio, che si è rivelato un uomo di grandissima qualità, la sera del 2 febbraio eravamo pronti a decidere che il campionato dovesse fermarsi. Tuttavia, è stato proprio il commissario a dirlo prima di noi, nonostante anche nei suoi confronti fossero esercitate le stesse pressioni che avevano portato allo svolgimento della partita.
Vi ho letto analiticamente quei passaggi sul telegramma della Lega calcio e sul rappresentante del CONI per farvi capire la situazione che si determina in sede locale, dove anche un prefetto di valore - come quello di Catania, che conosco da anni e che stimo molto - ha finito per adottare una decisione che forse avrebbe potuto essere evitata, vale a dire quella di far svolgere la partita in un giorno e in un'ora sbagliati. Tuttavia, vi era una così forte pressione da parte dell'ambiente, che tutti hanno finito per dire al prefetto che la partita si poteva svolgere.
Devo sottrarre i poliziotti al rischio che corrono per una partita di calcio, ma anche i prefetti a quello di adottare decisioni non opportune. Allora, basta con l'apertura degli stadi in deroga!
La legge consentiva questa possibilità e io stesso, sbagliando, ho firmato a dicembre un provvedimento che autorizzava i prefetti a derogare di volta in volta all'assenza dei requisiti, verificando caso per caso. Ciò non deve essere più possibile: se gli impianti non sono a norma, in quegli impianti il pubblico non può entrare! Si possono svolgere le partite a porte chiuse fino a quando non interviene l'adeguamento, ma non vi deve essere più la possibilità che accada una cosa del genere!
In queste ultime settimane, qui a Roma, mi è capitato più volte di passare la tarda mattinata della domenica nei pressi dello stadio e ho visto tante famiglie avvicinarvisi con i bambini già verso l'una o le due. Vanno per vedere la partita, i bambini sono allegri. Dunque, ha senso che dopo due ore queste famiglie rischino - anche se a Roma questo rischio è minore - di trovarsi coinvolte in una guerriglia, perché ci sono dei pazzi organizzati che si addestrano per far questo in occasione di una partita di calcio?
Di questo dobbiamo essere consapevoli. In questi giorni vi sono state dichiarazioni più o meno smentite di personaggi del mondo del calcio. Non vi è dubbio che da questo mondo verrà una pressione affinché, come si suol dire, lo spettacolo continui: il calcio è una cosa grossa, perché in tanti si dipende dal calcio, le entrate dello Stato e delle società, dipendono da esso! Abbiamo il dovere verso le forze dell'ordine e verso i nostri cittadini di resistere a queste pressioni, di mantenere il senso delle proporzioni, di sapere che non solo la vita che si è persa e quelle che non vogliamo si perdano, ma anche il diritto alla serenità delle famiglie italiane che la domenica vogliono andare allo stadio valgono di più degli interessi economici che pretendono che lo spettacolo continui come se nulla fosse accaduto.
È un'occasione che non dobbiamo perdere per cambiare. Cambiare non vuol dire soltanto essere più severi nei confronti di chi non abbia ottemperato e nei confronti delle persone che si rendano responsabili della violenza, ma è anchePag. 7saper dare una prospettiva, nella quale sia credibile che questo sistema nel suo insieme cambia.
Questo deve essere detto, con la stessa realistica serenità con la quale ho ritenuto di dire - e lo confermo - che apprezzo e apprezziamo le misure che sono state adottate nella precedente legislatura. Bisogna anche aggiungere che tra le ragioni che hanno condotto alla loro solo parziale attuazione vi è la perdurante incertezza sul destino futuro degli impianti sportivi e, quindi, sulla responsabilità della loro gestione. Infatti, se gli impianti sportivi, affidati alle società sportive per le partite di calcio, restano di proprietà degli enti locali, rimane oggettivamente aperta la questione di chi dei due debba spendere denaro. In altri termini, perché la società sportiva deve spendere tanto denaro per quell'impianto? Ed il comune che cosa fa? Ciò determina una incertezza e la necessità di creare una prospettiva diversa, quella che è stata delineata da parte di molti che, in queste giornate, hanno espresso le loro opinioni. Secondo tale prospettiva, gli impianti sportivi devono essere posti sotto la responsabilità e nella gestione delle società sportive; a quel punto, la Polizia potrà tutelare la sicurezza all'esterno mentre la società la assicurerà all'interno dell'impianto. Questa è la prospettiva verso la quale intendiamo andare, e dobbiamo muoverci subito in tale direzione. Soltanto questa soluzione, tra l'altro, permette il controllo da parte delle società, all'interno, e della Polizia, all'esterno.
Se a ciò si aggiunge l'attuazione delle misure decise dall'ex ministro Pisanu per quanto riguarda i tornelli, il «filtraggio», il biglietto nominativo, il controllo elettronico e la videosorveglianza, il compito del controllo interno allo stadio diviene sufficientemente gestibile da parte di steward e non più necessariamente da parte delle forze dell'ordine. Questi due elementi, quindi, si connettono tra loro. Ad oggi, nella situazione esistente, non saremmo in condizione di dare luogo ad una separazione di responsabilità, che sarà sempre relativa ma, comunque, sarà una separazione. Perciò, un versante sul quale il Governo intende intervenire subito, e che rientra nella prioritaria responsabilità del ministro per le attività sportive, sarà quello di costruire un sistema impianti sportivi-società sportive, che ne abbiano la integrale responsabilità.
Sul terreno degli interventi più immediati, già sapete quanto è emerso dagli incontri di ieri sera, ai quali la stampa ha preteso di far seguire una immediata comunicazione; del resto, era anche giusto che fosse così. Al di là della decisione di lasciare gli stadi vuoti finché non saranno a norma secondo i decreti richiamati, fondamentalmente vi sarà una chiara discontinuità rispetto alla parte che meno ha funzionato in questi anni, quella dei viaggi organizzati delle tifoserie, che si sono rivelati occasioni di ulteriori violenze. Noi intendiamo intervenire alla radice di questo problema, cioè sulla riserva di un ampio numero di biglietti per le tifoserie della squadra che sarà ospitata. Tutto questo verrà a cessare e non ci sarà più il passaggio di biglietti che la società ospitata, successivamente, metteva a disposizione, non delle famiglie palermitane che desideravano andare a Catania, ma delle tifoserie. Tale passaggio diventava, infatti, il salvacondotto collettivo utilizzato per organizzare quei pullman e quegli sciagurati viaggi in treno. I biglietti saranno disponibili nelle forme tradizionali, per cui ciascuno deve pensare a se stesso.
Vi saranno rafforzamenti di altre misure. Abbiamo bisogno che coloro che commettono questi atti vengano puniti seriamente e che non si trovino fuori il giorno dopo la partita. Se hanno avuto l'interdizione a frequentare gli stadi, l'interdizione dovrà essere efficace e non rimanere soltanto sulla carta. Ne discendono norme che verranno adottate per aggravare taluni dei reati che sono commessi, per estendere nuovamente la quasi flagranza alle 48 ore sulla base dell'identificazione effettuata dalle telecamere e dal sistema video, considerando il tempo necessario all'identificazione di qualcuno colto sul fatto non direttamente dall'occhio umano ma dalla videocamera. È giustoPag. 8adeguare la flagranza a questo modo di scoprire la commissione del reato; serve il tempo per verificarlo.
Vi è, inoltre, una modifica del divieto di assistere alle partite, oggi ancorato alla commissione di un reato, il che esclude che il divieto possa essere comminato ai minorenni. Se il divieto avesse per presupposto non la commissione del reato, ma un fatto accaduto durante la partita assunto come indice di pericolosità, esso potrebbe essere configurato (è nostra intenzione farlo) come misura di prevenzione e come tale comminabile anche ai minori senza modificare l'età per l'imputabilità penale di un minore, fatto che troverei aberrante. Non c'è bisogno di fare ciò, ma di impedire, ad un minore che compia atti violenti, di andare alle partite nelle domeniche successive. Ed impedire significa impedire davvero.
Il sistema della firma, infatti, viene con facilità aggirato da quanti si recano a firmare immediatamente prima dell'inizio della partita e poi vanno tranquillamente alla partita. Non sarà facile organizzare ciò, ma se sarà regolato in un numero sufficiente di casi, la prescrizione dovrà essere non la firma ma l'assolvimento di un compito di rilievo sociale e collettivo. La prima cosa che viene in mente, un po' «crudele», è mandare a pulire i gabinetti, ma si possono anche andare a pulire delle scritte o prestare assistenza a qualcuno. Ciò naturalmente esige una capacità di gestire la situazione da parte dell'ente locale, ma dobbiamo riuscire a farlo.
Si deve percepire, in Italia, in questo ambito e altrove, che la cultura della legalità non è un argomento da «conferenza della domenica» ma un ingrediente della nostra vita quotidiana. Alla lunga, il dramma vero, dentro e fuori dagli stadi, è che la legalità perde ogni credibilità perché c'è indifferenza dinanzi alla sua violazione e la sola presa d'atto che le cose vanno in questo modo e non riusciamo a cambiarle. Non cambieremo tutto, ma dobbiamo cambiare abbastanza da dare la percezione che vi sono limiti invalicabili nel rispetto degli altri ed anche nell'esercizio delle proprie libertà.
Io faccio di mestiere l'educatore e nessuno mi leverà, per così dire, dalla testa che il modo principale per togliere i nostri giovani da questo limbo nel quale sono caduti sia l'educazione che viene dalla scuola e dalla famiglia; ma non posso assolutamente negare - e anzi affermo esattamente il contrario - che, a fronte di comportamenti trasgressivi, specie se ripetuti, la punizione è un elemento essenziale di un'ordinata convivenza civile. Forse, non dovevamo neppure aver bisogno di fatti gravi quali quelli verificatisi a Catania per attivare le misure che oggi intendiamo apprestare (Applausi).

(Interventi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, prima di entrare nel merito delle valutazioni svolte dal ministro, il pensiero nostro, di parlamentari de L'Ulivo, va all'ispettore capo Filippo Raciti, che ha perso la vita per compiere il suo dovere, e forse anche qualcosa di più. Alla sua famiglia, alla moglie, ai due figli esprimiamo il nostro sincero cordoglio; la nostra solidarietà è ancora più forte di fronte ad incaute e inopportune dichiarazioni di autorevoli dirigenti del mondo del calcio e della politica. Vorrei chiedere a loro e a tutti noi se questa mobilitazione vi sarebbe stata qualora il povero ispettore Filippo Raciti fosse stato solo ferito seriamente o se, invece, la vicenda sarebbe stata piuttosto derubricata a «causa di servizio».
Signor ministro, si è trattato - lei lo ha dichiarato, e noi ne conveniamo - di un delitto consumato durante un'imboscata, scrupolosamente preparata da delinquenti, che purtroppo hanno invaso il mondo del calcio. Tale tesi investigativa ha trovato conferma nelle parole dei magistrati della procura della Repubblica di Catania che stanno indagando sui fatti, il procuratore aggiunto Papa ed il sostituto Fonzo, i quali hanno dichiarato: l'agguato è stato premeditato,Pag. 9i filmati lo dimostrano chiaramente; vi sono gruppi di criminali che nulla hanno a che fare con i tifosi; questi delinquenti vanno allo stadio solo per aggredire le Forze dell'ordine e le tifoserie delle squadre avversarie.
Purtroppo, i fatti di Catania, ma anche tanti altri episodi di violenza - non vorremmo si dimenticassero il linciaggio e la morte di un dirigente avvenuti in un piccolo campo calabrese, lontano dai riflettori dei campionati nazionali ma gravissimi per la brutalità con cui sono accaduti -, confermano l'inefficacia del decreto varato nella scorsa legislatura. Gran parte di quelle norme si sono rivelate inadeguate e sono rimaste inapplicate; non hanno esercitato un potere deterrente perché chi viene fermato, se incensurato viene anche subito rilasciato e viene denunciato a piede libero in attesa di processo.
Le società non hanno investito nella sicurezza degli stadi; sì, è vero, sono state «bloccate» da questo equivoco tra la loro competenza e quella degli enti locali. Ma, diciamolo pure con franchezza: le società sono motivate a potenziare l'organico delle proprie squadre, non a rendere sicure le strutture in cui avvengono le competizioni.
Si è mantenuto il rapporto perverso tra alcune società di calcio ed i gruppi violenti, nella convinzione che il tifo oltranzista, cieco e violento, fosse la degenerazione circoscritta della passione sportiva.
Dunque, signor ministro, noi conveniamo con lei: vi è bisogno di leggi severe e di pene certe perché i prepotenti non prevalgano; ma, anche e soprattutto, vi è bisogno di educazione alla convivenza ed allo sport, e su tale fronte scuola e famiglia debbono essere in prima linea. Condividiamo la decisione annunciata di voler seguire la strada di un provvedimento di emergenza e di lungo periodo che cambi in modo radicale la situazione recando misure relative all'ordine pubblico, al diritto penale, alla nuova gestione della sicurezza degli stadi e prevedendo, altresì, norme più severe dal punto di vista della giustizia sportiva, con una responsabilizzazione delle società calcistiche dentro e fuori gli stadi. Tutto ciò, però, potrebbe essere insufficiente se non si dovessero porre sul tappeto, più responsabilmente, anche i problemi complessi presenti nell'organizzazione del mondo del calcio, che è divenuto sempre più un'industria corrosa dagli interessi.
Due ultime considerazioni. Tra gli arrestati a seguito dei tragici fatti di Catania del 2 febbraio c'è un'alta percentuale di giovanissimi, di minorenni, arrivati allo stadio dalle periferie urbane, ma anche dai quartieri dove vive la cosiddetta città bene. Si tratta di un fatto inquietante, che interroga tutti noi e che sollecita tante domande.
Perché il tifo di questi ragazzi non si limita all'incoraggiamento della propria squadra? Perché la passione sportiva si trasforma in violenza furiosa, in odio? Siamo di fronte a tifosi violenti che pongono un problema di ordine pubblico ovvero c'è qualcosa di più serio, legato al degrado delle nostre città, al conseguente disagio giovanile che si esprime con gli ultrà negli stadi, ma anche con il bullismo nelle scuole e nelle strade? Perché, la domenica, anche nei polverosi campi di calcio di periferia, dove giocano bambini dai sei ai quindici anni, sugli spalti non mancano gli episodi di violenza? In questi casi, i genitori, per la voglia di affermazione dei propri figli, suggestionati dal desiderio di farli entrare in un mondo dorato superpubblicizzato, dimenticano la funzione di educatori ed individuano, di volta in volta, nell'arbitro, nella squadra avversaria o nella polizia l'ostacolo al raggiungimento dei propri obiettivi.
Queste domande non riguardano solo Catania, ma tutto il paese: riguardano le nostre case, le nostre famiglie, la nostra scuola, le nostre istituzioni.
La seconda riflessione, signor ministro, riguarda Catania, la città vittima di tanta inaudita violenza. Quello che è accaduto non può essere relegato solo a problema di violenza nello stadio: la partita è stata, purtroppo, la scintilla. C'è un malessere profondo, sempre più in crescita, nelle aree più degradate della Sicilia ed in quella di Catania. In questi territori, si èPag. 10affievolita la spinta alla partecipazione civica, ed è sempre più cresciuta un'azione qualunquista che alimenta l'odio antisistema. Interi quartieri, signor ministro, sono scivolati nell'illegalità e sono finiti sotto il controllo di cosche mafiose. Il 24 gennaio, a Librino, un quartiere di Catania, mentre stavano sequestrando armi e droga in un palazzo, finanzieri e poliziotti sono stati presi a sassate e sputi da singoli cittadini incensurati. Si tratta di un episodio gravissimo, sottovalutato delle istituzioni, dalla politica, dagli organi di informazione. Racket delle estorsioni, traffico e spaccio di droga ed appalti sono tornati ad essere il terreno di coltura di una mafia ancora più forte ed incisiva...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. ... anche se, come si suole dire, inabissata: una condizione d'allarme che deve portare il Governo ad iniziative di repressione, accompagnate da politiche di prevenzione che possano incidere...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. ... nel fragile tessuto - sto concludendo, signor Presidente - economico e sociale.
Siamo fiduciosi. Siamo convinti che il Governo saprà varare un provvedimento in grado di coniugare sicurezza, legalità e passione per lo sport, norme che valorizzeranno e responsabilizzeranno il mondo del calcio, ma anche le istituzioni, la famiglia e la scuola. Infatti, non c'è repressione senza attività di prevenzione e di promozione di una cultura...

PRESIDENTE. Grazie...

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. ... in cui torni centrale la massima «L'importante è partecipare», in cui la vittoria non sia sganciata dalla lealtà: sono questi lo sport ed il calcio che noi vogliamo (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Comunisti Italiani e Italia dei Valori - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE. Signor ministro, abbiamo apprezzato la sua informativa, ma soprattutto la sua dichiarazione di qualche giorno fa, ferma, determinata; due sole parole, che esprimono anche il sentimento nostro e della stragrande maggioranza del paese, due parole significative: ora basta! Lei ha detto: la violenza è ovunque, ma negli stadi è inammissibile ed intendo curarla - cito le sue parole -, anche con provvedimenti punitivi. È una riflessione che giro a qualche collega del Parlamento, al quale mi riferirò dopo.
Vede però, signor ministro, per esperienze già vissute fui io, nel 1995, a sospendere il campionato di calcio, per l'assassinio di un tifoso a Genova. Devo riconoscere che quello fu - più che un messaggio ed un invito alla riflessione - un atto di impotenza, tant'è vero che dodici anni dopo siamo di fronte ad un altro assassinio: il secondo in due settimane.
Questa volta siamo tutti d'accordo: strapparsi le vesti per poi tornare a comportarsi come sempre, sarebbe davvero imperdonabile! È giunto il momento di prendere di petto questo virus della violenza nel calcio. Una partita di calcio non vale la vita di nessuno, tanto meno di un poliziotto che cerca di fare al meglio il suo dovere.
Non entro nel merito degli specifici provvedimenti che il Governo ha in animo di adottare, complessivamente condivisibili. Sottolineo però due aspetti, che a mio parere non sono stati ben considerati dall'intervento governativo. Il primo riguarda il problema degli stadi e della loro sicurezza, che ha giustamente monopolizzato l'attenzione del Governo, senza però tener conto, signor ministro, a mio avviso, che gli incidenti più gravi, mortali addirittura nel caso di Catania, avvengono fuori degli stadi: avvengono nelle piazze, nelle strade, nei cosiddetti treni speciali,Pag. 11negli autogrill. Ebbene, nel caso di Catania i tornelli automatici, i biglietti nominativi, non sarebbero serviti a nulla. Per combattere questo tipo di folle violenza criminale che si manifesta fuori degli stadi servono ben altri strumenti di carattere normativo, incisivi, severi.
In secondo luogo, non mi pare sia stato evidenziato e considerato il fatto che abbiamo a che fare non con tifosi esagitati, ma con vere e proprie bande criminali! Branchi armati, che, per provare il brivido di sentirsi qualcuno, trasformano la miserabile identità di pseudotifoso in guerriero della curva! È da tempo che non si ascoltano più negli stadi gli allegri, se pur cattivi, insulti dell'«arbitro venduto», o altre espressioni che finiscono in «uto». Si ascoltano invece cori di odio, di violenza, di rancore contro tutti, tranne che a favore della propria squadra, e di razzismo.
Le bande di teppisti sono diventate - concordo con l'intervento di chi mi ha preceduto - gruppi di potere che tengono in scacco il mondo del calcio - gli stessi tifosi, i club, i presidenti, i giocatori - e che spesso hanno evidenti legami con la criminalità comune organizzata, per esempio nel campo dello spaccio degli stupefacenti. La fede sportiva, signor ministro, per carità, è solo una copertura! E così, dagli scontri tra tifoserie siamo passati alle aggressioni sistematiche alle Forze di polizia. È in atto un vero e proprio attacco premeditato alle istituzioni delle Forze dell'ordine, non solo a Catania, e certi vergognosi slogan che si inseguono per tutta Italia ne sono la dimostrazione.
La domanda che allora ci poniamo, signor ministro, è la seguente: lo Stato può accettare questa violenza criminale, che in ogni stagione si espande? No, sicuramente no. I provvedimenti preannunciati servono come valido strumento di contrasto? Personalmente nutro qualche dubbio. Da sempre, nonostante le norme in vigore, gli stadi e gli spazi antistanti vengono considerati territorio franco. Sembra che ciò che avviene sugli spalti non abbia alcuna rilevanza penale e, diciamo la verità - ieri ne abbiamo avuto una riprova -, i reati da stadio non hanno mai «scaldato» i magistrati. La legislazione vigente inoltre non consente azioni di contrasto realmente efficaci. Si fa riferimento, spesso solo teorico, alla legislazione inglese.
Ebbene, in Inghilterra, chi lancia in campo oggetti, di qualsiasi tipo, viene arrestato immediatamente! In un paese civile, che ha creato l'Habeas corpus nel 1200, il tifoso che infrange la legge, che grida slogan aggressivi ed insulti razzisti, viene portato in cella, spesso nello stesso stadio e, all'indomani, viene giudicato dal magistrato competente! Nulla di tutto ciò è consentito alla nostra legislazione.
Pertanto, credo che anche che in Italia si debbano prevedere norme, non speciali, visto che quest'espressione mette paura, ma specifiche per i reati di violenza nello stadio, sanzioni penali più severe, ma soprattutto la certezza della pena.
Qualche altra indicazione. La prima riguarda gli steward. In Gran Bretagna, hanno la delega dell'autorità di polizia per identificare e persino per arrestare. In Italia, non sono previste norme che li tutelino. Se uno di loro ferma un teppista, rischia un'incriminazione per sequestro di persona. Servono steward veri, che possano perquisire, espellere, e non fantocci che, in curva, latitano, per una paura comprensibile o per inadeguatezza.
Basta passamontagna! Sanzioni più pesanti per i possessori di razzi, di bombe carta, di fumogeni! Varrebbe la pena di esaminare - ma parlo a titolo personale - il problema del tifo organizzato e decidere, così com'è stato fatto in Francia, di scioglierlo.
Le forze dell'ordine devono tornare a presidiare gli stadi e le curve da dove sono state ritirate - adopero un termine che mi fa piangere il cuore - ormai da anni, perché, in mancanza di norme che le tutelassero, rischiavano il massacro! Ritengo, signor ministro, che ci sia ancora molto da fare ed è comprensibile. Non si possono certo colmare ritardi decennali in una settimana!
Il Presidente del Consiglio ha chiesto anche la collaborazione dell'opposizione: se sarà sposata la linea dell'intransigenza,Pag. 12anche nei confronti del mondo calcistico, beninteso, l'avrà. Ci accingiamo, come Forza Italia, a presentare un'apposita proposta di legge, ma non abbassiamo la guardia. Il buonismo (o se vogliamo chiamare in un altro modo un certo peloso ed ideologico garantismo) è dietro la porta ed è quello che vanifica ogni legge.
In Italia, quando accade una tragedia e si piange il morto, segue l'esacrazione e lo sdegno. Siamo tutti d'accordo nell'intervenire, ma poi, a ciglio asciutto, cominciano le divisioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere...

MARIO PESCANTE. Sto terminando, signor Presidente.
Da parte dell'opposizione, quindi, vi è collaborazione, ma, signor ministro, credo, con tutta sincerità e senza polemica, che alcuni problemi li dovrà risolvere a casa sua, dove autorevoli membri di Governo portano la loro solidarietà in carcere a ultrà che sono ivi detenuti, per non parlare (ma non voglio infierire) del contributo del noto cultore della legalità, ossia l'onorevole Caruso, che ha chiesto che i poliziotti rechino un numero identificativo sul casco. Il problema per Caruso è quello di identificare o probabilmente di fare identificare i poliziotti e non di identificare coloro che portano i passamontagna e che sono assassini!

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO PESCANTE. Una richiesta - e concludo - all'onorevole Caruso: visto che, in ogni caso, ha avuto parole di cordoglio per la morte dell'ispettore Raciti, chiedo se possa sostenere la nostra richiesta al Presidente Bertinotti di intitolare un'aula della Camera - in modo che sia distante dall'aula che, al Senato, è stata intitolata a Carlo Giuliani - anche ad un servitore dello Stato assassinato nel compimento del suo dovere (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Catanoso. Ne ha facoltà.

BASILIO CATANOSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo al giorno dopo, alle lacrime di coccodrillo; siamo alle polemiche di chi oggi parla di eventi che, forse, avrebbero potuto essere evitati.
Il Governo di centrodestra nella scorsa legislatura ha operato e lavorato in modo che si potessero evitare queste situazioni e, nello specifico, anche il gruppo che oggi ho l'onore di rappresentare, Alleanza Nazionale, aveva presentato disegni di legge in tal senso, uno a firma dell'onorevole Buontempo, che era stato parte di quel decreto-legge poi convertito nella «legge Pisanu, che metteva nelle condizioni di evitare drammatiche situazioni, come quella che viviamo in Italia in questi giorni.
Lei, signor ministro, poc'anzi, ha parlato di pazzi organizzati. A nostro avviso non si tratta di pazzi, ma di più o meno organizzati delinquenti, ovvero di persone che vogliono fare del male e che pensano al delinquere come all'unica vera possibilità di esprimersi nella loro vita. Riteniamo siano delinquenti da combattere non solo coloro i quali delinquono per ideologia, per rappresentare un'idea o per portare un pezzo di pane a casa, ma anche e soprattutto coloro i quali, per futili motivi, arrivano a togliere la vita ad un connazionale e, in questo caso, ancora di più, ad un tutore dell'ordine.
Allora, quella certa sinistra che troppo spesso ci ha abituato a parlare di poveri incompresi ci lascia spaventati. Non si tratta di poveri ragazzi incompresi, ma di delinquenti che hanno bisogno di pene certe e non certo di un indulto, che, così come è stato deliberato da queste Camere, avrà sicuramente dato una mano a coloro i quali organizzano questo tipo di sfide contro le forze dell'ordine. Abbiamo fatto il possibile perché questo non accadesse, ma, purtroppo, il lassismo giudiziario, anche quello di queste aule, ha messo nella condizione di proseguire su questa strada.
È bene sapere che oggi ci troviamo nella condizione per la quale questa poveraPag. 13vedova, che ha fatto piangere non solo la città di Catania, ma tutta l'Italia e che ieri ci ha dato una lezione, avrà la possibilità di vivere con i 500 euro previsti dalla legge, che per fortuna è in vigore perché si è riusciti ad approvarla nel 2003 con il Governo di centrodestra, dopo che i governi di centrosinistra precedenti non l'avevano nemmeno promossa.
Un'idea potrebbe essere quella di equiparare la situazione che si è determinata a quella prevista da quella legge per coloro i quali sono vittime di mafia o di terrorismo, per mettere la vedova nella condizione di portare avanti una famiglia che è stata distrutta da una violenza fine a se stessa.
Ieri la moglie dell'ispettore capo Raciti parlava di suo marito non solo come un buon poliziotto, ma anche come un buon educatore. In una parte della legge approvata dal Parlamento nel 2005 si parlava del ruolo del Ministero della pubblica istruzione e di quello del Ministero dei beni culturali, della possibilità cioè che fosse prevista non solo la repressione, che è assolutamente ovvia, ma anche la possibilità di educare. Lo Stato non può abbandonare questo suo preciso e specifico dovere, immaginando invece di chiudersi nel tentativo di dimenticare responsabilità o di nascondersi dietro la falsità dei poveri ragazzi incompresi che, per vari motivi, non riescono ad esprimersi nella società in modo diverso.
Queste sono le ragioni per le quali il centrosinistra ci spaventa, soprattutto quella parte del centrosinistra che oggi continua ad appoggiare il Governo e che in questi giorni con i suoi esponenti estremisti ha attaccato addirittura le forze dell'ordine, quella polizia che ogni giorno lavora per tutelare noi, cittadini per bene, e che addirittura è attaccata da chi siede sui banchi di questo Parlamento. Sono gli stessi che erano presenti al G8 e che ci hanno messo nella condizione di notare con quanto scarso attaccamento alla patria costoro possono sedere in questo Parlamento.
Su questo il Presidente Bertinotti non può «fare spallucce», come è avvenuto ieri nelle interviste e negli incontri con la stampa, dicendo che non è il tutore di alcuno. Non lo può fare perché, come sapete, la legge che ci ha smesso nella condizione di rappresentare il popolo italiano in questo Parlamento prevede che i candidati vengano indicati dai partiti. Quindi, chi ha avuto tale responsabilità - anche se rivestiva sicuramente un altro ruolo - non può ora far finta di non averla!
Oggi prendiamo atto di quanto il Governo sta facendo. L'Esecutivo avrebbe potuto certamente evitare, secondo noi, di proseguire con le proroghe alla normativa vigente. La cosiddetta legge Pisanu, infatti, prevedeva l'entrata in vigore delle sue norme all'inizio del campionato in corso. Ci chiediamo, dunque, per quale motivo l'attuazione di questa normativa sia stata prorogata ancora una volta. Perché, in altri termini, è stata concessa la possibilità di differire l'applicazione di tali disposizioni, trovandoci oggi nella stessa condizione di un anno fa, con cinque o sei stadi che sono a norma mentre tutti gli altri, invece, dovranno essere chiusi per fare proseguire il campionato?
Credo che non dovremmo vergognarci di guardare agli stadi dei paesi che si sono saputi organizzare prima di noi. In Inghilterra e in numerosi altri paesi d'Europa, infatti, sono stati realizzati alcuni interventi in due tempi: prima è stata applicata la normativa, poi è avvenuto il passaggio della proprietà degli impianti alle squadre o comunque ai privati. Ciò, quindi, metterebbe in condizione di responsabilizzare gli stessi club: si tratta, del resto, di coloro i quali fanno di questa attività sportiva un business, ma che fino ad oggi, secondo noi, sono stati troppo esonerati da ogni assunzione di responsabilità.
Forse dovremmo riflettere anche, signor ministro, circa la possibilità di rivedere quella decisione volta ad evitare...

PRESIDENTE. La prego di concludere!

BASILIO CATANOSO. Finisco subito, Presidente.
Come stavo dicendo, forse sarebbe il caso di rivedere la misura volta ad evitarePag. 14il collegamento dei club con l'acquisto o la vendita dei biglietti: probabilmente, ciò potrebbe rappresentare una modalità idonea ad individuare i personaggi che vengono «a fare il tifo» negli stadi.
Con la speranza che si possa arrivare al più presto all'applicazione della legge Pisanu e che quindi si giunga ad adottare i biglietti nominativi, auspichiamo che l'Italia venga riconosciuta come una nazione »civile« e non più - purtroppo, come è stato finora - come un paese che non riesce mai a venir fuori dai «pasticci creati» da quella violenza, che non si riesce mai a controllare (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, le prime parole non possono che essere di profondo cordoglio per l'ispettore capo Filippo Raciti. Si tratta di un cordoglio sincero per una vita umana, che consideriamo sempre preziosa, ma che vuole soprattutto sottolineare l'assurdità e l'inaccettabilità che si possa perdere la propria vita in questo modo.
Voglio innanzitutto prendere le distanze da parole ciniche come quelle pronunciate dal signor Matarrese, il quale, mentre si svolgono le esequie dell'ispettore Raciti, non ha di meglio che sostenere che lo spettacolo deve continuare e che i morti fanno parte del sistema e dell'industria calcio. Noi vorremmo che il calcio tornasse ad essere solo un gioco ed uno sport popolare, dunque accessibile a tutti. Perciò, non solo siamo estranei ed indisponibili per gli interessi dell'industria calcio, ma vorremmo indagare proprio questi, metterli in discussione e capire meglio.
Riteniamo che tutti, a partire dai grandi protagonisti di questo sistema - vale a dire, le società sportive - debbano assumersi le proprie responsabilità. I nostri interrogativi partono, pertanto, dal senso di impotenza che credo avvertiamo tutti (Governo, Parlamento e forze dell'ordine), considerato che dal 1989 ad oggi abbiamo alle spalle ben cinque leggi speciali approvate senza successo.
Vorrei aggiungere che, forse, dovremmo provare anche a mettere da parte ogni strumentalità. Ho sentito infatti invocare pene più severe, un maggiore ricorso al carcere e una più forte repressione, come se questa fosse la soluzione. Sappiamo tutti che non è così; anzi, abbiamo già determinato, attraverso il cosiddetto decreto Pisanu, nuove discipline speciali, come la flagranza differita, che introduce nel nostro ordinamento penale un'altra normativa emergenziale. Molti nel centrosinistra non l'avevano condivisa, infatti si è dimostrata del tutto inefficace: quindi, confermo la nostra contrarietà a tale strumento.
Capisco che sia più facile e immediatamente comprensibile per i cittadini che sono fuori da quest'aula fare appello al «pugno di ferro», chiedendo l'inasprimento delle pene, che scoprire le cause che ancora lasciano campo libero a chi, in modo organizzato, è in grado di agire con violenza, fino ad arrivare all'assassinio di un agente.
Dico subito che lascerei da parte il problema dell'addestramento delle forze dell'ordine. Non è certo questo il problema, né tanto meno la loro eventuale presenza negli stadi. Nessuno lo chiede, sia perché la loro presenza determinerebbe altre tensioni, sia perché lì si esporrebbe inutilmente ad ulteriori rischi.
I temi posti dal Governo, come la sicurezza degli stadi, la responsabilità delle società sportive e il rapporto di queste con le tifoserie sono giusti e su di essi torneremo quando affronteremo nel merito i provvedimenti del Governo.
Sarei più prudente rispetto ad altre voci, che in questi giorni si sono ascoltate, nel fare paragoni con la realtà inglese, non tanto per quanto concerne le misure utilizzate all'interno degli stadi o per l'utilizzo degli steward, quanto nel sostenere che lì il problema sarebbe risolto. Il problema forse è stato risolto all'interno degli stadi, ma a dire di molti gli hooligans, che peraltro hanno caratteristiche ben diverse dalle nostre tifoserie, non agiscono più all'interno degli stadi ma compiono le loro violenze all'interno dei pubs.Pag. 15
In ogni caso, vorrei proporre il tema degli ultrà, nel senso di non fare di tutta l'erba un fascio. In questa sede non mi interessano le analisi sociologiche. Se il calcio è uno sport popolare è evidente che al suo interno troviamo spaccati della società, con le proprie inquietudini, i disagi e le contraddizioni, né mi meraviglia che all'interno del tifo organizzato possano trovare cittadinanza o comporsi le intemperanze giovanili tipiche, alla ricerca di un'identità collettiva e di un senso di appartenenza. Ciò non dovrebbe preoccuparci, ma dobbiamo farlo nel momento in cui il senso di appartenenza si trasforma in «logiche di branco».
Mi piacerebbe comprendere meglio un altro aspetto. Ho sentito molti ragazzi appartenenti alle tifoserie delle curve sostenere che le violenze organizzate coinvolgono gruppi molto ristretti. Sento e leggo esperti del settore che parlano di questi gruppi ristretti come di veri e propri gruppi di potere, che condizionano e ricattano le società per scopi meramente economici, che hanno un ruolo nella gestione della vendita dei biglietti, nel merchandising e che persino in quest'aula saremmo stati in qualche modo condizionati da certe pressioni per salvare le società.
Se questo è il tema e se, come qualcuno racconta, questi gruppi di potere organizzati vestono spesso, magari all'insaputa degli stessi ragazzi che li seguono, una maglia pseudo-politica, allora il problema è un altro. Il problema non è rappresentato dai ragazzi delle periferie, da coloro che vanno allo stadio o nelle trasferte con sciarpe e bandiere, che si sentono parte di una tifoseria, perché a volte anch'essi pagano le conseguenze dei pochi e potenti gruppi organizzati, che forse non sono particolarmente interessati al tifo sportivo.
Mi interrogo sul fatto che dei trentaquattro ragazzi arrestati ben undici siano minorenni. Mi preoccupo della cultura da cui questi ragazzi sono attratti, di quali siano i valori o i disvalori che li portano a farsi trascinare da determinati slogans, spesso razzisti, comunque «machisti», competitivi e violenti.
So che il tifo organizzato ha prodotto e produce anche culture democratiche. Si organizzano campionati anti-razzisti, con tifoserie provenienti da tutta Europa. Se in quelle occasioni cinquemila ragazzi di squadre diverse possono dormire l'uno accanto all'altro in tende questo ha un significato.
Qual è oggi la realtà prevalente? Chi decide, organizza o comanda, di fronte ad eventi così drammatici? Sento spesso parlare di «zone grigie» nei rapporti tra questi gruppi ristretti e le società sportive, che dichiarano spesso di essere ricattate e ricattabili. Ci vogliono controlli e prevenzione, ma per essere efficaci non è forse necessario rompere anche un fronte di paure e di omertà? Non ho certo la presunzione di dare risposte, ma poiché mi pare che nessuno abbia risolto il problema, proverei ad andare fino in fondo a questioni che finora si è preferito affrontare soltanto in superficie.
Per questa ragione l'unica proposta che mi sento di fare, è che nelle sedi deputate ad affrontare i problemi siano coinvolti tutti i protagonisti, compresi i responsabili dei club e delle tifoserie, come molti amministratori locali a Genova - ma non solo - hanno saputo fare in questi anni.
Forse troveremmo dei suggerimenti - come, ad esempio, il Progetto ultras di Bologna ha saputo fare - e daremmo loro il coraggio e la forza per isolare ed espungere dalle stesse chi ormai da almeno dieci anni determina certe situazioni, con i risultati che abbiamo visto a Catania.
Naturalmente, sono necessari una sinergia e un impegno collettivo delle istituzioni, dei media e di ogni soggetto sociale che abbia a cuore una convivenza civile.
Perché non provare, ad esempio, ad agire sulle azioni positive? Se invece dei razzetti e dei fumogeni (tanto cari alle società sportive, perché fanno scena nelle photo opportunity) si valorizzassero cori, canzoni, iniziative che esprimono identità positive, forse potremmo sperimentare un percorso fin qui inedito.
Tra le tante dichiarazioni che ho letto in questi giorni una sola mi pare meriti di essere ripresa, quella della signora MarisaPag. 16Grasso: «I ragazzi riflettano, la sportività è una cosa bella, la violenza fa male. Essere grandi si dimostra con il rispetto!» (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, intanto permettetemi, a nome del gruppo dell'UDC, di ribadire i sentimenti di cordoglio per la morte dell'ispettore Raciti alla moglie, ai figli e alle forze dell'ordine. Queste, ormai da anni, non soltanto Catania, sono sottoposte a ripetute violenze da parte di alcune bande che con fatica definirei di tifosi, essendo io un tifoso di calcio. Si espongono striscioni inneggianti alla violenza e al razzismo, striscioni contro le forze dell'ordine, striscioni contro presidenti di squadre di calcio che con coraggio, in questi anni, hanno cercato di rompere il legame assurdo che, purtroppo, è esistito ed esiste ancora tra alcuni «club organizzati» di cosiddetti ultrà, alcune squadre di calcio ed alcune dirigenze.
Credo che dobbiamo partire da qui, signor ministro, perché altrimenti rischiamo, come purtroppo è accaduto in questi giorni in molti casi, di limitarci ad alcuni fatti, formulando qualche buona intenzione e molte parole.
Ritengo che si debba analizzare più profondamente il fenomeno per cui alcune bande di delinquenti, anche minorenni, manovrati da persone più grandi e in qualche modo anche dalla delinquenza organizzata, a Catania come in tutti gli stadi e in tutte le città d'Italia, anche nei campionati dilettantistici (quanto è avvenuto qualche settimana fa ne è l'esempio più eclatante), sviluppano azioni violente non solo verso le altre tifoserie (questo è l'altro punto su cui forse in questi ultimi anni si è parlato troppo poco), ma anche verso le forze dell'ordine e lo Stato. Con il pretesto dei diffidati e di una serie di interventi previsti dalla normativa vigente, che in questi anni hanno portato a rafforzare la presenza dello Stato in queste vicende, si è creata una reazione ed una strumentalizzazione di tanti giovani, sui quali dobbiamo aprire una riflessione più ampia. Proprio come avvenne il 6 giugno 2005, quando fu approvata la legge Pisanu, che reiterava, in larga parte, una legge del 25 aprile 2003.
Il grande problema, a mio avviso, in questo paese è l'applicazione delle norme. La gente non crede più, e questa diventa la grande scommessa che dobbiamo vincere: convincerla del contrario! Lo si potrà fare solo attraverso una presa di coscienza collettiva, dando tutti prova di senso di responsabilità.
Per questo motivo siamo pronti, anche dall'opposizione, a lavorare insieme al Governo per cercare di trovare le soluzioni a questo problema attraverso i provvedimenti che lo stesso Governo ha annunciato questa mattina e che porterà all'esame del Parlamento.
Noi pensiamo che bisogna agire su tre livelli, assicurando: il rispetto delle leggi già esistenti; la chiusura degli stadi non a norma, come da lei affermato nel corso del suo intervento, e il filtro all'esterno degli stadi. È quest'ultimo un aspetto sicuramente importante, che la legge Pisanu già prevede e tuttavia non si agisce come si dovrebbe.
L'esperienza dei mondiali di calcio in Germania dimostra che il filtro fuori dagli stadi funziona bene se attuato con attenzione. In quel caso, tale compito veniva svolto non dalla polizia, ma da steward opportunamente formati, con poteri simili a quelli dei vigilantes negli aeroporti e con delega da parte dell'autorità di polizia.
Gli steward presenti oggi all'interno dei nostri stadi non servirebbero assolutamente a nulla, poiché farebbero parte della stessa logica che, in qualche modo, regola il rapporto con i club e l'organizzazione dei tifosi. Bisogna rompere tutti i legami, l'intreccio patologico che lega le società ai gruppi di tifosi organizzati, i cosiddetti ultras.
È inaccettabile, ministro, che parti delle tribune (vedi curve) siano off limits per chiunque, forze dell'ordine comprese. Non devono più esistere aberranti regole territoriali.Pag. 17Non soltanto a Catania, ma nella stessa curva sud dello stadio Olimpico di Roma (il più sicuro di questo paese) non credo che la polizia possa entrare e non credo che lo possano fare molti steward, perché, altrimenti, provocherebbero i tifosi presenti.
Le bande possono tenere in scacco anche i giocatori, come, ad esempio è accaduto in occasione del derby Roma-Lazio del 2004. In questo caso, vi è anche una responsabilità forte da parte della magistratura. Credo che quell'esempio (ieri è stata emessa la sentenza) dimostri che una riflessione sulla magistratura e su tali questioni debba essere svolta. Chi era allo stadio quel giorno sa cosa è successo e ricorda quale clima che si era creato! Ci poteva essere non uno, ma 200 morti, perché la curva sud fu messa a fuoco! Il pubblico fu costretto ad uscire dal campo di calcio.
Vi sono evidenti legami con la criminalità organizzata, per esempio per lo spaccio di stupefacenti, e la fede sportiva, in molti casi, è solo una copertura.
Lo Stato deve appoggiare i presidenti che vogliono rompere questi legami. In questo ultimo anno e mezzo, allo stadio Olimpico di Roma nella curva nord, quando gioca la Lazio, vi sono striscioni contro il presidente della Lazio da parte di alcuni gruppi di cosiddetti tifosi. Quegli striscioni, ministro, non sono stati mai rimossi, sono rimasti per tutta la partita senza alcun intervento da parte dell'autorità competente. Eppure, anche nel decreto Pisanu gli striscioni che inneggiano alla violenza sono vietati.
L'altra strada da imboccare subito, evidenziandosi un forte problema culturale nella nostra società, consiste nell'utilizzare la leva della scuola e della famiglia.
In tutto il mondo si studia da piccoli l'educazione civica, contrariamente a quanto accade da noi. Il calciatore Zola, che ha avuto una certa esperienza in Inghilterra, ha ricordato che i suoi figli nella scuola inglese hanno come materia fondamentale l'educazione civica.
Dare un senso civico alle giovani generazioni è più importante di qualsiasi altra materia. Bisogna dare un segno di educazione vera contro il bullismo, contro i telefonini usati per filmare violenze, insegnando il rispetto degli altri, dell'avversario, delle regole, della dignità, di se stessi, il valore della sconfitta e della vittoria. Un cittadino si forma attraverso questi principi.
Inoltre, bisogna stabilire, in tempi medi, regole certe in base alle quali sia considerato reato tutto quello che può nuocere all'ordine pubblico nello stadio e fuori dello stadio; per esempio, entrare nello stadio, salire sui treni, sui pullman e sulle auto da e per una partita in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di droghe.
È reato minacciare con grida, cori, cartelli e striscioni. È reato introdurre coltelli, armi, bengala, botti e fuochi d'artificio. È reato lanciare qualsiasi cosa in campo o in altri settori. È reato entrare in campo, gridare slogan osceni ed insulti razzisti.
Deve essere prevista l'espulsione immediata dallo stadio per un gesto o una parola di troppo. Bisogna sciogliere tutti i club dove si predichi violenza, che abbiano esponenti diffidati o condannati per reati legati allo stadio, che espongono striscioni violenti ed intimidatori.
In queste ore abbiamo ascoltato molte dichiarazioni irresponsabili ed inaccettabili da parte di politici, di esponenti del Governo, di colleghi parlamentari, anche di esponenti del mondo del calcio. L'impegno deve essere di tutti, perché si tratta di un problema sociale e culturale.
Sulla certezza della pena, signor ministro, si è già soffermato e mi pare che questo punto sia parte di un intervento su un'eventuale disegno di legge di delega che il Governo presenterà.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIANO CIOCCHETTI. Occorre che chi è stato colto in flagrante, anche con il differimento delle 48 ore, rimanga certamente in cella, che vengano attribuite quelle multe salate che normalmente, purtroppo, in questi ultimi tempi non sono state date. Al mondo del calcio bisognaPag. 18chiedere di promuovere i valori veri dello sport: il CONI, le federazioni, le società debbono investire in promozione. Agli stadi bisogna riservare parti di tribune per le famiglie, prevedere ampie aree per questa popolazione portatrice di valori sani (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, purtroppo siamo stati facili profeti, allorquando nella scorsa legislatura, con il Governo Berlusconi, abbiamo contestato in alcune parti il decreto Pisanu. Riteniamo che il contrasto della violenza negli stadi non si faccia con la militarizzazione, ma siamo altresì convinti del fatto che la flagranza di reato, pur essendo uno strumento efficace, non è risolutivo, così come purtroppo si è dimostrato. Anzi, è un manifesto dell'impotenza di questo Stato, uno Stato che non riesce ad intervenire all'interno degli stadi per garantire la sicurezza e, quindi, deroga ad altro luogo e ad altro momento il suo intervento.
Quando discutemmo il decreto Pisanu, la Lega Nord propose, per esempio, di bandire l'introduzione, il possesso e il lancio di oggetti, fuochi artificiali, botti e quant'altro: ci fu risposto che quegli elementi facevano scenografia. Di fatto, allora il Parlamento ha confermato che lo stadio è e deve rimanere un «mattatoio»: nessuna norma di sicurezza, impunità assoluta per chi commette una qualsiasi violazione di legge e, soprattutto, possibilità di procurarsi armi ed oggetti pericolosi. Insomma, con il decreto Pisanu, purtroppo, le forze dell'ordine sono diventate il bersaglio, il primo soggetto da colpire perché rappresentano la repressione.
Signor ministro, lasciamo stare le analisi socio-economiche, il disagio giovanile, la disoccupazione e quant'altro perché quelle c'erano anche a Liverpool e a Manchester nella metà degli anni Settanta, quando è nato e si è sviluppato il fenomeno hooligans. Proprio per questo non devono essere un alibi per non intervenire e, soprattutto, è importante attingere all'esperienza di altri paesi - in particolar modo l'Inghilterra, laddove il fenomeno si è sviluppato prima che qui - per individuare le misure migliori. Il problema fondamentale sul quale, signor ministro, abbiamo sempre posto l'attenzione è quello della sicurezza negli stadi. Gli stadi sono diventati un luogo di scorribanda, dal quale le famiglie sono scappate semplicemente perché non sono più sicuri e sono inadatti ad ospitarle. Infatti, non hanno posti numerati - malgrado la legge dica che ci debbano essere -, le persone sono stipate fino all'inverosimile nelle curve e la selezione naturale nello spettatore avviene proprio su quelle fasce di popolazione con l'età tipica del tifo organizzato.
Allora, impariamo dall'esperienza degli altri paesi e da coloro che hanno finalmente e realmente sconfitto il fenomeno del teppismo nel calcio.
La prima risposta in Inghilterra al fenomeno hooligans è stata identica a quella dell'Italia: militarizzazione degli stadi, barriere tra settori e tra tifosi, polizia in assetto di guerra. Andare allo stadio si trasformava in un atto epico, soprattutto per una persona pacifica come ritengo sia la stragrande maggioranza delle persone che ancora con grande difficoltà oggi frequentano stadio.
Tuttavia, signor ministro, c'è sempre un punto di non ritorno. In Inghilterra, questo è stato il 15 aprile del 1989, a Hillsborough. Era una semifinale di FA Cup tra il Nottingham Forest e il Liverpool: vi furono 95 morti. Allora, il Governo inglese affidò a Lord Justice Taylor il compito di individuare quali fossero i punti di intervento necessari, quali le misure da adottare nell'immediato e quali quelle da pianificare.
Le misure le conosciamo. Tuttavia, questo Parlamento e in particolar modo il Governo, signor ministro, sebbene le abbiano ben presente, purtroppo non le hanno ancora attuate: monitoraggio del pubblico da parte delle forze dell'ordine o, meglio, degli steward; minore densità degli spettatori, riduzione dei posti,Pag. 19perché - lei ha detto bene - lo stadio Olimpico rispetta il decreto Pisanu, e tuttavia, come anche il questore di Roma avrà confermato, nella curva sud è impossibile intervenire. Ciò vuole dire che, comunque, la previsione di legge oggi è inefficace. Infatti, pur essendovi dei posti a sedere, non vi sono spettatori seduti, e in questo c'è una bella differenza! In altri stadi non vi è nessuna recinzione, mentre nei nostri - purtroppo anche con il decreto Pisanu - vi sono una serie continua di barriere e di ostacoli. Soprattutto, è importante la possibilità di intervento e di identificazione in ogni settore ed in ogni posto dello stadio. Questo è ciò di cui parlano le nostre proposte di legge. Non si tratta di quelle presentate oggi, bensì di quelle di dieci anni fa. Infatti, abbiamo iniziato a proporre queste misure fin dalla XIII legislatura.
Siamo convinti che bisogna imparare da chi meglio di noi è riuscito ad affrontare e a risolvere questo problema. Quindi, bisogna anche individuare nuove fattispecie di reato come la turbativa della quiete pubblica, nonché la condotta idonea a creare pericolo.
Quella di prevenire piuttosto che quella di reprimere, è sicuramente una necessità imprescindibile all'interno di un luogo pubblico così frequentato come gli stadi. Il tema della certezza della pena è stato più volte affrontato, ma soprattutto siamo convinti che la sicurezza degli stadi può e deve essere garantita attraverso strutture moderne, polifunzionali, che consentano alle famiglie di ritornare a vivere quei luoghi e alle comunità di tornare ad appropriarsene, come accadeva in passato.
Dunque, signor ministro, siamo convinti che il modo migliore per rendere omaggio alla memoria dell'ispettore capo Filippo Raciti è far sì che i fatti di Catania non si ripetano più. Pertanto, queste misure diventano ora imprescindibili. Questo è il punto di non ritorno per il nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Belisario. Ne ha facoltà.

FELICE BELISARIO. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, anch'io, a nome dell'Italia dei Valori, esprimo in modo convinto e con un'intima emozione i sentimenti più profondi di umana solidarietà alla famiglia del compianto ispettore Raciti per la perdita di un servitore dello Stato nell'adempimento del suo dovere.
Signor ministro, ho molto apprezzato la sua posizione e le sue parole. I nostri poliziotti non possono morire per gesti criminali e balordi che, con preordinata violenza, intendono destabilizzare non solo il calcio, ma l'intera nostra comunità. Sappiamo bene che ogni vita umana è sacra davanti a Dio ed agli uomini e che il perdono è un valore cristiano in cui crediamo, ma nel caso che ci occupa ritengo fuori luogo mettere sullo stesso piano la vita di un poliziotto ed un ultrà e, d'altra parte, trovo fuori da ogni responsabile comportamento le affermazioni di chi, ritenendo il calcio come uno scontro tra gladiatori in cui qualcuno può morire, afferma che lo spettacolo debba continuare comunque.
In questa vicenda e in questi giorni si vedono molti «medici pietosi» che, tuttavia, non si stanno guardando allo specchio. Vorrei chiedere al presidente del CONI se egli era in vacanza ai tempi di «calciopoli», dei bilanci truccati e dei passaporti falsi; vorrei sapere perché ha dormito davanti all'insicurezza degli stadi, che egli conosceva bene, e perché è passato dal CONI alla FIGC e di nuovo al CONI. Se egli si dimettesse darebbe un contributo al cambiamento anche dello sport italiano. E, pur credendo nell'autonomia dello sport, è giunto il tempo che il Governo consideri con attenzione anche l'attività del CONI; probabilmente non solo la Federazione italiana gioco calcio deve essere in commissariamento. Ero presente nel 1985 allo stadio Hesyel, a Bruxelles. Ho conosciuto direttamente la violenza in quella famosa curva, la violenza degli hooligans, ma oggi negli stadi inglesi non vi sono reti di protezione e non vi sono poliziotti durante le partite.Pag. 20
Noi, signor ministro, non dobbiamo inventare molto; dobbiamo far rispettare le leggi e le norme che già esistono ed adattare alla realtà nostra le disposizioni che dall'Inghilterra abbiamo conosciuto. I delinquenti, anche nel calcio, vadano in carcere e ci restino perché questi sono crimini odiosi, senza indulgenze, senza garantismi ideologici, senza indulti! La gente deve sapere che quando una norma viene violata vi è una sanzione equa e giusta, ma una sanzione che va rispettata. Ho l'impressione che spesso noi variamo norme imperfette: il precetto sì, ma la sanzione quasi mai e, spesso, attenuata.
Bene la flagranza di reato nelle 48 ore successive al fatto, bene il blocco delle trasferte organizzate, bene la rottura del rapporto tra società di calcio ed ultrà! In molti casi, specie, signor ministro, nei campi minori, troppo stretta è questa vicinanza, a volte per modificare i risultati, per intimidire gli arbitri e i tifosi ospiti.
Alle squadre di calcio, ormai senza guida da anni, perché rincorrono solo un profitto a tutti i costi, anche a scapito della sicurezza, chiediamo di trovarsi un governo al loro interno, vero, non fittizio.
È chiaro che alcune società sono quotate in borsa e molte vogliono fare business. Poiché fare profitto da un industria non è una cattiva parola, lo si faccia, ma senza abbassare la guardia, così come il commissario Pancalli, in questi giorni, ci ha dimostrato, con fermezza. Al commissario Pancalli va il nostro convinto apprezzamento.
Noi siamo convinti, signor ministro, che il Governo proporrà misure forti ed appropriate. Il Parlamento le guarderà con attenzione e, se necessario, le integrerà e le modificherà e, comunque, farà pervenire i suoi suggerimenti.
Rivolgiamo una raccomandazione, però, al Governo e al Parlamento e, in questo senso, intendiamo lavorare: non facciamo di quanto è successo un rituale, di cui, tra vent'anni, ci ricorderemo ancora, così com'è accaduto dal 1964 ad oggi, da quando, cioè - parliamo del calcio moderno -, si muore negli stadi italiani o nelle loro immediate adiacenze (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Elia. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, signor ministro dell'interno, non nascondo di essere molto preoccupato per quanto potrà essere deciso sulla scia emotiva dei fatti di Catania. Lei ha già indicato alcune misure. La fretta non è solo cattiva consigliera. Ritengo sarebbe anche sbagliato, in questo come in altri casi, agire con metodi e logiche di emergenza, con leggi di eccezione o misure speciali.
Noi tutti partecipiamo al dolore che ha colpito la famiglia Raciti, le siamo vicini, come siamo vicini alle Forze di polizia. Riteniamo che il modo più giusto per rispettare questo dolore sia quello di operare con giustizia e con rigore, il rigore rispettoso del diritto e della legge, ma anche della verità.
Dalla sua informativa emerge che, dopo quattro giorni, non sappiamo ancora come si sono svolti i fatti e quali siano le cause specifiche che hanno portato alla morte dell'ispettore Raciti.
Esistono già oggi, nel calcio e contro la violenza negli stadi, leggi speciali che prevedono sanzioni durissime. Il cosiddetto decreto Pisanu antiviolenza è già pieno di eccezioni alla legalità costituzionale come, ad esempio, l'arresto in quasi flagranza (ovvero 36 ore dopo il fatto), sulla base di immagini televisive, e di fortissimi aggravamenti della pena rispetto alle fattispecie ordinarie, che, in altri casi, sarebbero punite con pene minori, ma che, se avvengono in uno stadio, prevedono una sanzione sino a tre anni di reclusione.
Proprio per questo, non crediamo che, estendendo alle 48 ore la quasi flagranza, peraltro di rara applicazione, e introducendo il cosiddetto DASPO (il divieto di accedere a manifestazioni sportive ) in via preventiva, a prescindere dalla fattispecie di reato, si possano ottenere quei risultati che, fino ad oggi, non abbiamo raggiunto.
Ovviamente, ciò non toglie che il problema esiste. Non può accadere che, aPag. 21causa di alcune centinaia di giovani invasati, ogni domenica, dentro e fuori gli stadi (pochi e soliti, per la verità), debbano essere mobilitati, ogni volta, migliaia di agenti, giovani anch'essi, mal pagati, che sono lì a fare il loro dovere.
Non mi convincono certe analisi sociologiche. Non è colpa della società, dell'emarginazione, del degrado delle periferie o della disoccupazione. Più che un fenomeno sociale, l'eccesso di violenza negli stadi è quasi esclusivamente legato a certa politica, nel senso della strumentalizzazione del fenomeno calcio e della non adeguata gestione dell'ordine pubblico.
La situazione oggi è la seguente: oltre la metà degli stadi di serie A è fuori dalle norme di sicurezza, sia per l'emergenza, sia per l'ordine pubblico e, nonostante questo, da anni vengono autorizzate le partite in quegli stadi.
Per i mondiali del 1990, in Italia, furono spesi migliaia di miliardi di lire per stadi fuori legge, anche in odore di malaffare, nessuno ha pagato per questo e i responsabili hanno fatto carriera.
Le partite a rischio vengono fatte giocare di sera, nonostante si sappia che ciò le rende più pericolose e meno gestibili, perché così vogliono le major televisive, le istituzioni calcistiche, le grandi società, i cui proprietari, di solito legati al potere politico, si alimentano dei diritti televisivi per comprare e pagare giocatori a prezzi drogati.
Inoltre, da anni, l'attività della Digos in Italia si dedica ai gruppi ultrà, con tutto quello che ne consegue in termini di criminalizzazione e, quindi, anche di alimentazione artificiale del fenomeno e di sua strumentalizzazione politica.
Gli ultrà, il tifo organizzato in quanto tale, non è un fenomeno criminale, anzi proprio perché conosciuto, riconosciuto dalla società, riconoscibile e plateale, spesso costituisce un argine alla violenza gratuita, individuale, del cane sciolto, che è quella a parer mio più pericolosa.
Sarebbe grave e anche criminogeno, causa di nuova e più grave violenza, se si decidesse ad esempio di procedere alla messa fuori legge dei gruppi dei cosiddetti ultrà - è stato proposto anche questa mattina -, prevedendo reati associativi ad hoc. Buttarli nella clandestinità equivarrebbe a renderli più pericolosi.
Il problema invece è rappresentato da chi usa il calcio a fini politici; si tratta di gruppi politici fin troppo noti, violenti, xenofobi, nati fuori dagli stadi e cresciuti grazie alle politiche di criminalizzazione del tifo ultrà. Su questi semmai si tratta di intervenire, ma non lo si fa.
Ora va di moda il modello inglese. Se per modello inglese si intendono stadi moderni, sicuri e rispettosi delle regole, siamo d'accordo; tuttavia, non dobbiamo nascondere che anche lì, come in Italia, gli incidenti avvengono fuori dagli stadi e anche lì la violenza si è spostata verso la politica. Sono cresciuti infatti i gruppi xenofobi e violenti.
In più, in Italia, si registra un problema diverso, concentrato nel sud - in particolare in Campania e in Sicilia -, che riguarda la criminalità. Pertanto, il minorenne, per fare carriera nell'organizzazione criminale, dimostra attraverso il calcio di essere di valore; ma ciò non riguarda il calcio, bensì la criminalità e la soluzione non sta nella lotta al tifo calcistico, ma nella lotta alla criminalità organizzata.
In conclusione, non credo ci sia bisogno di leggi speciali, ma di accertare la situazione attuale, il rispetto delle leggi e soprattutto la loro utilità, nonché la certezza del diritto.
Si tratta di capire più che di reprimere, anche perché, se il pugno duro viene da istituzioni che non hanno fatto rispettare e non rispettano le leggi, non servirà a nulla. Sarebbe molto più opportuna un'indagine conoscitiva sulla realtà del calcio e sul perché le leggi non sono rispettate, cercando soprattutto di accertare le responsabilità di chi ha lucrato sugli stadi insicuri, sugli orari inopportuni e pericolosi in cui si svolgono le partite.
Dal ministro dell'interno vorrei sapere, ad esempio quanti stadi sono in regola, non con la legge Pisanu, ma con le norme di sicurezza oggi in vigore; vorrei sapere perché viene data ogni domenica l'autorizzazione;Pag. 22perché le partite vengono giocate di sera, nonostante i sindacati di polizia chiedono il contrario; come avviene la gestione dell'ordine pubblico, la preparazione degli agenti, l'adeguatezza dei mezzi a loro disposizione e perché la partita Catania-Palermo è stata giocata di sera e non è stata applicata la norma che consente, in caso di rischio, di giocare a porte chiuse.
Signor ministro, dalla sua informativa ho capito che il prefetto avrebbe potuto non far giocare la partita di sera, ma che non lo ha fatto perché ha subito pressioni. È inaccettabile che su un prefetto possano agire pressioni che non gli consentono di adottare decisioni opportune.
Non ci servono leggi eccezionali o autoritarie che favoriscano svolte di regime per la società in genere e per il business dei soliti noti. Eccezionale sarebbe se venissero applicate le leggi ordinarie esistenti e se fossero rispettati il diritto e la Costituzione vigente (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Licandro. Ne ha facoltà.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, signor ministro, innanzitutto, a nome non soltanto del gruppo dei Comunisti Italiani ma dell'intero partito, esprimo cordoglio alla famiglia, agli amici e ai colleghi dell'ispettore capo Filippo Raciti. Al tempo stesso, esprimo ancora solidarietà alle forze dell'ordine e profonda ripugnanza per ciò che di offensivo e vergognoso è stato affermato sulla tragica fine di Raciti da isolate voci del mondo del calcio e della politica. È bene, nonostante le smentite, che Matarrese torni semplicemente alla sua vita privata.
Il Governo si appresta ad approvare provvedimenti duri e comprensibili. Li valuteremo, signor ministro, e valuteremo quale efficacia sapranno dispiegare, anche con le riserve che sono state avanzate dall'onorevole D'Elia. La condanna delle società che tollerano tali fenomeni è certamente irriducibile, la condanna per le tifoserie violente è ancora più netta e la condanna è anche per quel sistema, di cui parla Matarrese, incapace di assicurare trasparenza, attraversato da formidabili interessi economici e ancora da una profonda corruzione. Tuttavia, non accetteremo ipocrisie e non le accetteremo più da chi ha compiti istituzionali e il dovere di assicurare l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, anche di quelli in uniforme.
Assieme a tanti altri, con sgomento, nei giorni scorsi ho udito l'insolenza - la definisco così - di taluni interventi scritti che intendevano circoscrivere la responsabilità della tragica vicenda a un gruppo di scalmanati, di minorenni, di teppisti legati esclusivamente al mondo del calcio. Signor ministro, si tratta di ben altro: si tratta di una esplosiva miscela di terrore, di teppismo barbaro, certamente, che prolifera nelle periferie suburbane degradate, ma anche dell'innesto di esecrabili ideologie, come quella neonazista che alligna nelle curve degli stadi italiani e si propaga senza freno nella società. Troppo, troppo si è tollerato da parte di chi è proposto ad indagare e prevenire. Infine, vi è ancora una saldatura profonda con la criminalità organizzata.
Le dinamiche degli incidenti ancora una volta a dimostrano che si trattava non di poche decine o centinaia ma, addirittura, di migliaia di pseudo tifosi organizzati che si muovevano dietro a precisi ordini per colpire, innanzitutto, le forze dell'ordine. Improvvisamente, la curva dello stadio si è svuotata e migliaia e migliaia di persone, non qualche decina di minorenni, ovviamente all'ordine di adulti, che ingaggiavano con le forze dell'ordine una guerriglia urbana.
Bisogna colpire duramente le tifoserie e le società colluse, senza alcun timore, ma occorre anche - questo le chiediamo - una freddezza di analisi, a partire del Governo e da lei, signor ministro. Vi erano state avvisaglie precise, informative del CESIS e un rapporto dell'Arma dei carabinieri, ma uno dei nodi principali è stato proprio quello della gestione dell'ordine pubblico. La partita era stata anticipata per ragioni di sicurezza, ma tutto si è fattoPag. 23tranne che garantire la sicurezza. Vi è stato un tragico cumulo di errori. Perché si è consentito che si svolgesse nelle ore serali, se è noto che il buio rende più difficili le operazioni preventive e di contrasto? Perché non si è dato ordine di effettuare controlli e perquisizioni all'ingresso dello stadio, come dicono gli stessi tifosi? Perché nella mattinata si è consentito l'allestimento di un mercato che ha impedito alle forze dell'ordine, per molte ore, di effettuare una accurata sorveglianza? Quale coordinamento è stato assicurato? Mio malgrado, mi sono trovato a polemizzare con i vertici istituzionali che descrivevano una città tranquilla, con una delinquenza comune entro limiti fisiologici e con una criminalità organizzata pressoché ridimensionata.
Perché, nonostante lo stadio Cibali non fosse a norma, tutti hanno consentito che si continuasse a giocare? Perché vi è stata tanta sottovalutazione? Questa è la domanda che rivolgo a lei, signor ministro, perché la possa e voglia porre al prefetto e al questore di Catania.
Non sottrarsi alle pressioni non è una giustificazione o un'attenuante e di ciò il Governo deve prendere atto ed essere conseguente. Catania è una città complessa, difficile, delicata, una città di frontiera e bisogna mandare il meglio.
La politica ha anch'essa grandi responsabilità. La violazione sistematica delle regole è un patto politico elettorale con quegli ambienti ed è quella cultura che l'onorevole Catanoso attribuisce alla sinistra, ma appartiene alla «sua» destra, che governa la regione Sicilia, la provincia ed il comune di Catania. Il disastro finanziario, da anni, si nasconde nella violazione delle leggi grazie anche ad un apparato burocratico rapace e spregiudicato.
Spero che lei, signor ministro, legga con attenzione l'articolo oggi pubblicato su l'Unità, firmato da Vincenzo Vasile, che fornisce una fotografia nitida della situazione (e chiama anche pesantemente in causa la procura), che evidenzia la mancanza di un'azione forte ed incisiva contro il malaffare e la corruzione. Il degrado morale e civile della nona città d'Italia si iscrive, anzi è possibile leggerlo, capirlo ed interpretarlo, alla luce di un'enorme responsabilità della politica e delle altre istituzioni, una responsabilità che ha fatto di Catania (non esito a definirla così) una città ormai priva di sorveglianza.
Abbiamo paura, signor ministro. Hanno paura i cittadini catanesi onesti e democratici, perché è stata consentita una micidiale diffusione dell'illegalità e lo sprezzo selvaggio verso le regole, anche quelle minime e più banali. Non è solo lo stadio una zona franca, ma l'intera città.
Signor ministro, Catania piange uno dei suoi figli, lo Stato un suo uomo, la società un lavoratore, la famiglia un padre ed un marito. Tuttavia, le grandi responsabilità collettive - ripeto - della politica e delle altre istituzioni obbligano il Governo a guardare a Catania come ad un caso nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pellegrino. Ne ha facoltà.

TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, innanzitutto voglio esprimere la più sentita solidarietà del gruppo Verdi alla famiglia dell'ispettore Filippo Raciti, e la stessa solidarietà è diretta alle Forze di polizia. Di fronte ai fatti di Catania esprimiamo la nostra più severa condanna e certamente non possiamo accettare nessuna forma di sociologia giustificazionista, ancor di più essendo il nostro partito pacifista ed avendo anche la bandiera della pace nel nostro simbolo. Le immagini di guerriglia rappresentano una brutta e triste parentesi per il nostro paese.
È importante, comunque, svolgere un'attenta analisi non solo dei drammatici fatti di Catania. Nell'ascoltare i numeri che lei, signor ministro, ha comunicato, è evidente che ormai, troppo spesso, assistiamo ad episodi di violenza estrema proprio in occasione delle partite di calcio, che invece dovrebbero essere un momento di spensieratezza, di aggregazione per tanti giovani e per tante famiglie.
Proprio dallo sport dovrebbero arrivare segnali positivi rispetto ad una società che,Pag. 24sempre più, è alla ricerca di quei valori fondamentali indispensabili in questo momento di difficoltà. Invece, sempre più diventa un momento per dare libero sfogo ai propri istinti violenti e, alcune volte, addirittura, come abbiamo visto a Catania, può rappresentare un momento di violenza per vere e proprie organizzazioni criminali.
Certo, è sbagliato condannare tutta la tifoseria, e dobbiamo partire proprio dai tifosi veri, dai tifosi onesti che ancora credono nei valori dello sport e - fortunatamente possiamo dirlo - sono ancora in tanti. Sempre più, proprio i veri tifosi stanno diventando, essi stessi, delle vittime, perché costretti ad allontanarsi dagli stadi.
Allora, a quei delinquenti, a quei criminali che pensano di utilizzare il calcio per le loro losche strategie di illegalità e di violenza, lo Stato e le istituzioni devono dare una risposta ferma e decisa, con condanne immediate e certe. I provvedimenti che si collocano in tale direzione sicuramente possono rappresentare un motivo di fiducia per tanti cittadini onesti.
Certo, è giunto anche il momento, per le società di calcio, di assumersi le proprie responsabilità; diversi e troppi sono i fenomeni di illegalità nel mondo del calcio, dal bagarinaggio, ancora presente in molti stadi nonostante il biglietto nominativo - in alcuni casi, addirittura vengono venduti anche i biglietti omaggio emessi dalle società stesse -, agli striscioni offensivi che inneggiano alla violenza. Con quanta facilità vengono portati negli stadi!
Analogamente, non è possibile che si facciano entrare veri e propri arsenali di guerra senza alcun tipo di controllo (e tralascio peraltro di soffermarmi sui tanti slogan violenti e razzisti). A fronte di questi fatti, le società non possono continuare a restare senza responsabilità.
Avere appreso di quella sorta di truffa che, compiuta addirittura dalle società sportive - in taluni casi con l'avallo anche di enti pubblici - consisterebbe nel certificare una capienza inferiore degli stadi tale da ottenere l'agibilità con standard minori di sicurezza deve certamente indurci a compiere una profonda e seria riflessione. Dobbiamo comprendere che non possiamo più continuare a dare segnali che non si situano certo nella direzione del rispetto della legalità. Chi cerca di aggirare le regole, commette un reato; né è meno responsabile chi dovrebbe controllare il rispetto di quelle stesse regole.
Lei ha ragione, signor ministro, la cultura della legalità non può essere un argomento di discussione della domenica; sempre più i segnali di legalità devono provenire - e abbiamo un dovere al riguardo - da chi dovrebbe costituire un esempio. Mi riferisco anzitutto alle diverse istituzioni che rappresentano questo paese, ai partiti, alle società sportive, ai dirigenti ed ai tanti atleti che spesso, invece, non rappresentano un modello per tanti giovani. Ebbene, anzitutto da costoro devono provenire i segnali di legalità.
Basta con le tifoserie stipendiate! Il tifo non può essere trasformato in lavoro ed è sbagliato definire tifosi questi personaggi che sono, invece, dei teppisti e dei delinquenti. Nel definirli tifosi, si offendono i tanti, anzi i tantissimi, cittadini onesti che sono i veri tifosi nel nostro paese.
Certo, è evidente un certo disagio giovanile nella nostra società; bisogna adottare delle misure di prevenzione, a partire dalle scuole. È, infatti, indispensabile l'educazione allo sport; lo è altrettanto il rispetto dell'avversario. Si deve far capire ai più giovani che si può anche perdere; è indispensabile il rispetto per le istituzioni, per le regole, per la legalità e per le Forze di polizia che rappresentano lo Stato. Bisogna anche potenziare sempre più quei servizi sociali che possono sicuramente recuperare tanti giovani.
L'obiettivo principale, però, deve restare la sicurezza dei cittadini nel nostro paese e la possibilità per le famiglie di tornare allo stadio. Non si deve più assistere a veri e propri assetti di guerra ogni volta che ci si reca a vedere una partita di calcio! Altrimenti, è bene chiudere gli stadi, non consentire queste scene, che purtroppo sono tristi e non generano certamente fiducia in tanti giovani, in tante famiglie e in tanti cittadini.Pag. 25
I luoghi dove non esistono regole o dove, in ipotesi, non vengono rispettate o non siano applicabili, sono un terreno di facile penetrazione per soggetti criminali; ormai, come hanno dimostrato anche i fatti di Catania, gruppi criminali che, sempre più organizzati, si avvicinano allo sport ed al calcio!
Pertanto, signor ministro, esprimo il pieno sostegno del nostro gruppo all'iniziativa del Governo per contrastare in modo sempre più efficace questi fenomeni delinquenziali recentemente verificatisi nel nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Adenti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, signor ministro dell'interno, prima di esprimere le nostre valutazioni in ordine alla tragedia di Catania, che ha segnato così negativamente la vita sportiva del nostro paese, desidero, a nome del gruppo Popolari-Udeur, ricordare commosso il sacrificio dell'ispettore Raciti ed esprimere un sincero cordoglio alla famiglia ed anche alle forze dell'ordine. Nel contempo, desidero ricordare anche tutti coloro che nel corso degli anni hanno perso la vita: sportivi, tifosi, dirigenti ed anche giocatori, vittime del clima di odio, di violenza di follia che ormai da troppo tempo percorre il mondo del calcio.
Da uomo di sport, ed anche da arbitro benemerito della Federazione italiana giuoco calcio, qualifica che sono orgoglioso di ricoprire da quasi trent'anni, ho vissuto in prima persona questo clima, che non ha nulla a che fare con lo sport e che - ve lo assicuro - comporta il graduale ed inesorabile allontanamento della gente dal mondo del calcio. Oggi dobbiamo prendere atto a malincuore che sempre meno gente va allo stadio. Non solo. Oggi, sempre meno gente si reca a seguire le gare dei campionati minori, perché anche in questo contesto accadono episodi di intolleranza e di litigiosità che, non poche volte, hanno come protagonisti i genitori. Ciò dimostra come sia necessaria, accanto a provvedimenti che, senza tentennamenti, consentano alle istituzioni di affermare il principio di legalità durante le manifestazioni calcistiche (negli ultimi tempi, il principio sembra, obiettivamente, molto affievolito), una serie di azioni, anche di natura culturale ed educativa, volte al recupero dei veri valori dello sport.
Condividiamo le esortazioni del ministro Melandri a combattere, prima di tutto, la «cultura del nemico», che sempre più chiaramente si sta diffondendo nel tessuto sociale senza distinzioni di classe, generazioni e livello di istruzione. Per fare ciò, tutte le componenti del calcio, nessuna esclusa, devono sentirsi parte in causa e devono unire le forze per respingere il tentativo in atto di trasformare le partite di calcio da momenti di sano divertimento, e di crescita sociale, in contenitori dove esplodono le tensioni, le contrapposizioni, le violenze, le intolleranze e gli interessi individualistici presenti nella nostra società.
In merito all'ultimo, grave atto di violenza di cui siamo stati attoniti spettatori, riteniamo giusta, doverosa e necessaria la decisione del commissario Pancalli di sospendere i campionati, dando finalmente - e dico «finalmente» perché la morte dell'ispettore Raciti non è che l'ultimo di una lunga serie di episodi più o meno gravi, preceduto dalla morte del dirigente di una società sportiva calabrese del campionato dilettantistico, da risse tra tifosi e giocatori, da aggressioni agli arbitri, da esposizioni di striscioni razzisti e devastazioni che, ogni domenica, ledono la dignità del gioco del calcio, non solo ai massimi livelli, ma anche sui campi minori - il segnale, forte ed inequivocabile, che le istituzioni non possono più tollerare che si vada avanti in questo clima contrario ai valori dello sport.
Ora, che fare? Noi siamo per la linea dell'intransigenza e del rispetto delle regole; noi siamo per la «tolleranza zero» nei confronti della violenza e della sopraffazione; noi riteniamo che il Governo, che sosteniamo in modo convinto nella sua azione, debba adottare tutte le misure adeguate alla gravità della situazione, secondoPag. 26i tempi che risulteranno necessari per ripartire con garanzie assolute. Noi non auspichiamo sospensioni dei campionati sine die, soprattutto di quelli minori del settore giovanile, che non devono essere penalizzati; noi chiediamo, però, che si riparta avendo individuato percorso, misure e provvedimenti, attraverso un patto istituzionale tra tutti gli attori interessati che sappia dare tranquillità e serenità al mondo del calcio ed agli sportivi che non hanno, nonostante tutto, abbandonato l'idea di tornare allo stadio.
Non so se servano leggi speciali. Certamente, occorre cominciare ad applicare con puntualità e rigore le leggi esistenti, in certi casi inasprite, a partire dal cosiddetto decreto Pisanu, in parte rivisto, sulla sicurezza negli stadi, che è stato parzialmente disatteso mediante deroghe, proroghe e surroghe che non hanno fatto altro che lasciare spazio a comportamenti devianti. In quest'ultimo ambito, non è più immaginabile che il costo della ristrutturazioni degli stadi sia addossato soltanto agli enti locali: le società sportive devono trovare i giusti equilibri economici perché sia prevista una loro compartecipazione ai costi di mantenimento ed ammodernamento e, laddove possibile, anche l'acquisizione delle strutture. Certamente, occorre adottare specifiche - ed esemplari - misure preventive e punitive che cancellino, una volta per tutte, lo strapotere dei gruppi di ultrà. Si ha l'impressione - e, forse, qualcosa di più - che questi ultimi godano di impunità: arrivano a ricattare le società sportive, a dettare legge nei loro confronti, a decidere le sostituzioni dei tecnici e ad influenzare le scelte societarie!
In tale ambito basta assistere alle devastazioni, da parte di questi pseudosostenitori, di luoghi delle città, di carrozze ferroviarie, di mezzi pubblici, di saccheggi negli esercizi commerciali sulle autostrade, di violenze e minacce gratuite nei confronti dei cittadini. Le società sportive da parte loro devono impegnarsi ad allontanare i violenti dagli stadi, collaborando con le istituzioni ed assumendosi, con grande senso di responsabilità, l'onere di spezzare una volta per tutte il filo ambiguo che le lega a questi gruppi di facinorosi finanziandone l'attività, riconoscendone il ruolo, talune volte difendendone i comportamenti, non denunciandone i soprusi.
Un altro aspetto, che va valutato con la giusta attenzione e senza pregiudizi, ma con realismo, è il ruolo di certe trasmissioni sportive in onda sul piccolo schermo. Anche qui, senza pretendere di censurare alcunché, bensì di responsabilizzare i media, bisogna porre freno ai dilaganti sproloqui a cui assistiamo da parte di certi personaggi, purtroppo anche di certi presidenti di società, che si dilettano a partecipare non a discussioni costruttive, ma a scontri tanto caotici, quanto privi di contenuto, perché basati essenzialmente su faziosità e su ignoranza regolamentare. Non solo, ma radio e televisioni locali spesso si trasformano in arene di scontro e di incitamento alla violenza, ospitando addirittura i capi delle tifoserie ultrà, accolte con tutti gli onori. Talune di queste trasmissioni, lo dico senza enfasi, rischiano di mettere ulteriore benzina sul fuoco delle polemiche, creando tensioni che si trasferiscono nelle società e nei loro entourage.
Nel condividere e sostenere l'azione del ministro Amato, desidero a nome del gruppo Popolari-Udeur esprimere anche la nostra gratitudine e la nostra profonda riconoscenza alle forze dell'ordine per lo spirito di servizio, la preparazione ed il buon senso che hanno sempre dimostrato nel garantire la sicurezza nel corso delle manifestazioni sportive, anche nelle situazioni più drammatiche e tragiche. Ci sentiamo anche di accomunare nella condanna sia i vergognosi ed irresponsabili giudizi nei confronti delle forze dell'ordine del deputato Caruso, e per la verità anche di esponenti del Governo, con i quali le nostre distanze sono inequivocabili ed abissali, sia le scritte gravemente offensive comparse sui muri di alcune città. Alle forze dell'ordine, rispetto a queste situazioni, desideriamo esprimere la nostra solidarietà e la nostra vicinanza.Pag. 27
Già in una recente interrogazione al ministro dell'interno...

PRESIDENTE. Onorevole Adenti, la invito a concludere.

FRANCESCO ADENTI. ...sottolineavo come non sia più possibile e giustificabile immaginare di impiegare migliaia di agenti tutte le domeniche per mantenere l'ordine pubblico negli stadi, distogliendoli così dai compiti istituzionali e in certi casi mandandoli allo sbaraglio, a rischio della loro incolumità e con ingenti costi a carico per la collettività. Bisognerà rivedere questa organizzazione.
Infine, e concludo, desideriamo richiamare anche i vertici dello sport calcistico italiano, che hanno l'onere in questo momento delicato di fare gioco di squadra, di dimostrare saggezza e lungimiranza e non cinismo, di cui purtroppo si è fatto interprete il presidente Matarrese. Ciò, al fine di rianimare il mondo del calcio ed assicurargli un futuro nel quale gli imbecilli e i delinquenti non trovino mai più cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Il Governo, signor ministro, intende emanare un decreto-legge per rispondere all'emergenza della violenza nel mondo del calcio e poi un disegno di legge per indicare un modello. Penso sia giusto ed opportuno. Prendo atto che il Governo non ha risposto positivamente alle sollecitazioni di qualche esponente della sua maggioranza, che invece lo invitava a compiere un'analisi sociologica. È bene dire, con la massima franchezza, che non è colpa del disagio sociale o addirittura del buio, delle partite in notturna, o magari di Matarrese - che forse ha tante colpe, ma non questa -, il proliferare della violenza nel mondo del calcio, in particolare negli stadi.
Dispiace che ci siano voluti due morti, che coprono l'intera dimensione del mondo del calcio, che va dalla terza categoria alla serie A - le morti di Licursi e di Raciti -, per sensibilizzare le istituzioni ad agire concretamente per prevenire e reprimere questo grave fenomeno di violenza che sta infestando lo sport più bello e più popolare del mondo, che è il gioco del calcio.
Indichiamo due forme per combattere questo fenomeno. La prima è quella dell'applicazione integrale della cosiddetta legge Pisanu, con le due ulteriori modifiche del decreto-legge oggi in elaborazione e domani all'attenzione del Consiglio dei ministri per la relativa approvazione, riguardanti la sospensione di tutte le deroghe - che, nel corso di questi anni, sono diventate regole - e l'eliminazione delle trasferte organizzate, tenendo presente che la sospensione delle deroghe provocherà problemi alle società sportive, soprattutto nel rapporto con i loro abbonati, e che l'eliminazione delle trasferte può provocare qualche rischio. Infatti, quando si parla di non organizzare le trasferte, ma di dare la possibilità ai tifosi di comprare i biglietti, si possono generare equivoci e rischi, confondendo i tifosi ospiti con i tifosi locali.
La seconda forma che indichiamo per combattere questo fenomeno è quella di approntare leggi specifiche per gli stadi, come avviene in Inghilterra e come è stato ricordato opportunamente dall'onorevole Pescante. Se, signor ministro, giro per strada con un fumogeno, un bastone o un coltello, non compio alcun reato intenzionale, perché posso utilizzare in diversi modi questi oggetti, ma se entro in uno stadio con un coltello, con un bastone o con un fumogeno sono intenzionato a compiere un reato. In Inghilterra, questo viene punito con il carcere; in Italia assolutamente no. Mi chiedo se questo sia giusto, visto che prospettiamo come modello della gestione e della sicurezza degli stadi quello inglese.
Vorrei aggiungere una cosa sul primo punto, ossia sulla cosiddetta legge Pisanu e sulla questione dei biglietti nominativi: si dice che la polizia non voglia entrare nelle curve per paura. I biglietti nominativi sono stati creati, in particolare, per le curve,Pag. 28perché è difficile pensare che in tribuna si possano compiere reati (qualche volta accade anche lì, con persone insospettabili); generalmente, si vuole mettere sotto controllo gli spettatori delle curve, facendoli sedere ognuno al proprio posto. Ma non c'è curva in Italia, come lei sa, in cui il pubblico ultrà stia regolarmente seduto al proprio posto. Lei immagina, forse, che in quel luogo, dove hanno paura ad andare i poliziotti armati, vi possano entrare i cosiddetti steward? Probabilmente, verrebbero cacciati dalle curve. Forse, lo può supporre.
Quindi, il vero problema è combattere la violenza organizzata dentro e fuori dagli stadi. Qualche deputato ha detto (prima ho ascoltato con interesse il discorso dell'esponente di Rifondazione Comunista) che non tutti gli ultrà, non tutti i tifosi estremi sono uguali. Certo, dice cose giuste che condivido; ma guardi, nel corso delle interviste sia televisive sia giornalistiche che sono state fatte in queste ultime giornate, non ho sentito un ultrà fare una dichiarazione di questo tenore: siamo pronti a denunciare chiunque compia atti di violenza all'interno del nostro gruppo.
Non basta, dunque, la presa di distanza generica dalla violenza! Voglio che si spezzi quell'omertà che esiste all'interno di queste organizzazioni, in base alla quale, come succedeva - lei si ricorderà benissimo - ai tempi degli «anni di piombo», anche gli estremisti che compivano atti violenti e reati punibili per legge erano considerati compagni che sbagliavano.
Dobbiamo rompere questa logica. Se queste organizzazioni sono regolate sulla base di tale logica - omertà e copertura di coloro che compiono reati -, come mi pare avvenga oggi nella maggioranza dei casi delle organizzazioni estremistiche del tifo, dobbiamo applicare le leggi. E piuttosto che vedere steward presi a sassate da ultrà solo perché impongono ad ognuno di loro di restare seduto al proprio posto, preferirei vedere, al posto degli ultrà, giovani, anziani e famiglie che popolano gli stadi italiani, come avviene in Inghilterra, Spagna e Germania.
Ho letto ieri un articolo de Il Corriere dello Sport che trattava di tre giornalisti che venivano inviati, rispettivamente, a Madrid, a Brema e a Londra per assistere ad incontri di calcio. La cosa che veniva notata, senza che nessuno dei tre probabilmente scambiasse le proprie opinioni con l'altro, è che si trattava di tre stadi (il Bernabeu di Madrid, lo stadio di Brema e lo stadio del Tottenham, in cui giocava una partita importante il Manchester United) in cui i posti erano tutti esauriti, pieni di gente, contrariamente a quelli italiani che ormai sono deserti e dominati solo dalla cultura ultrà. Ecco, questo vorrei vedere anche in Italia: stadi pieni, gente seduta, famiglie allo stadio e violenza allo stato «zero», come avviene nelle altri parti d'Europa, sapendo che, se vogliamo importare in Italia il modello europeo e, in particolare, quello inglese, dobbiamo comportarci esattamente come gli inglesi, perché non si può importare un modello, importandone soltanto una parte; a volte, se si importa una parte del modello, si importa una contraddizione: o un modello lo si importa integralmente o se ne impone un altro. Questo dobbiamo fare e la sollecito a fare, signor ministro, nella stima e nella fiducia che ho sempre avuto nelle sue capacità. (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bezzi. Ne ha facoltà.

GIACOMO BEZZI. Signor Presidente, i fatti gravissimi di Catania hanno imposto al calcio uno stop. Doveva succedere che morisse un poliziotto perché ci fermassimo a riflettere su quanto sta accadendo nel calcio e nella nostra società. La terribile violenza, cui tutti, attoniti, abbiamo assistito e le immagini della guerriglia fuori dallo stadio di Catania sono, purtroppo, una triste metafora della realtà. Il calcio, quel calcio che Pier Paolo Pasolini definiva l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo, l'unica rimastaci, di sacro non ha più nulla. Dove sono finiti i sogni di quando eravamo bambini? DovePag. 29sono la passione e le emozioni vere? Dove la lealtà sportiva, quella capacità di perdere e quell'orgoglio di vincere che ci facevano crescere?
Tutto è andato. Oggi lo stadio non è più per le famiglie o per le gite domenicali dei club e molti di quelli che ci vanno lo fanno per apparire ed imporre il colore del proprio tifo - ahimè - troppo spesso tragico e, comunque, a tinte troppo forti su quello degli altri. Abbiamo sentito in un'intervista di un ultrà nei giorni scorsi che poco importa se la squadra vince o perde, ciò che conta è gridare più forte ed avere la meglio sulla squadra avversaria, non in campo, non sul terreno di gioco, ma dagli spalti. Parliamoci chiaro: la colpa di tutto questo è solo nostra, è del sistema, che ha sbagliato. Abbiamo lasciato e voluto che il calcio e la sua gestione diventassero sempre più una cosa politica, un mercato, una macchina che producesse interessi e che muovesse capitali. Abbiamo tolto al calcio l'anima, per riempirla di soldi, di diritti televisivi e di apparenze. Abbiamo fatto diventare il mondo del calcio un pallone vuoto, ma grosso, gonfio da scoppiare. Adesso basta! Ha ragione lei, signor ministro: mandi pure i minori a pulire i gabinetti, così crescono meglio! Che la morte di Filippo Raciti abbia un senso, che questo sacrificio segni una battuta d'arresto che non duri solo due giornate sul calendario sportivo!
Noi autonomisti trentini, signor ministro, le rivolgiamo questo invito: ridiamo al calcio e al mondo del calcio una dignità, recuperiamone un minimo di sacralità, di sogno e aiuteremo anche l'Italia, attraverso il nuovo calcio, a fermare una decadenza progressiva che, in questo nostro paese, sta venendo avanti! Grazie per il suo lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Reina. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, signor ministro, ieri eravamo ai funerali in cattedrale a Catania e, con noi, c'erano anche altri colleghi; alcuni sono rimasti, altri si sono allontanati.
Permettetemi di dirvi anzitutto che l'angoscia e il dolore che abbiamo provato, al momento della notizia della morte dell'ispettore capo Raciti e delle modalità con cui questa è avvenuta, e che sono stati poi rinnovati in chiesa dalle vive testimonianze della moglie, della figlia, del collega e di altri che di lui ci hanno parlato, sono almeno pari in questo momento alla triste e desolante mortificazione di un'aula del Parlamento praticamente vuota, dove si sono susseguiti gli interventi dei rappresentanti dei vari gruppi parlamentari, come se fossimo a teatro, anche di fronte a scolaresche che, nel frattempo, si sono a loro volta susseguite sulle tribune.
Voi pensate seriamente che il tema che ci troviamo a trattare, vale a dire la questione che il paese ha di fronte, sia semplicemente la violenza negli stadi o in prossimità dei campi di calcio? Io vi dico che siamo di fronte ad un problema ben più grave.
Da tempo, almeno trent'anni, si parla infatti della difficoltà di agibilità degli stadi. Vorrei ricordare che già trent'anni fa si realizzavano film, a volte anche scherzosi, su come gli ultrà gestivano, di fatto, il calcio insieme alle società sportive.
Rendere sicuri i campi di calcio è una parte, doverosa e necessaria, del nostro lavoro. Per questo motivo, noi deputati della componente politica Movimento per l'Autonomia del gruppo Misto abbiamo presentato già da ieri una proposta di legge di delega finalizzata ad invitare il Governo ad agire in una certa direzione. Mi fa anche piacere, peraltro, che lo stesso ministro Amato, in qualche misura, abbia anticipato alcune delle linee che l'Esecutivo intende seguire in tal senso e che noi in parte condividiamo.
Non possiamo non chiederci, tuttavia, come mai sia potuto accadere ciò che è successo a Catania, anche se ciò poteva verificarsi in qualsiasi altra città del nostro paese. Ci domandiamo, in altri termini, come mai sia accaduto che, di fronte ad avvisaglie precise, in quel momento, in quella giornata ed in quella circostanza siaPag. 30stato possibile far svolgere una partita che dietro di sé poteva nascondere, come molti sapevano, queste difficoltà.
La verità è che, ormai, siamo una società decadente, nella quale la sacralità della vita ed il rispetto della persona umana hanno sempre meno valore, mentre dovrebbero essere sempre anteposti a quegli altri valori che, attraverso la televisione ed il sistema di vita, noi offriamo ai giovani e che, purtroppo, sono all'ordine del giorno. Mi riferisco ai «valori» dell'arrivismo, del compromesso, della concorrenza, della riuscita, del business e del denaro.
Forse noi che occupiamo questi scranni abbiamo per primi, rispetto al popolo, una maggiore responsabilità. Dobbiamo interrogarci su tali questioni ed agire in modo diverso a partire proprio da questa Assemblea, carissimi colleghi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIUSEPPE MARIA REINA. Concludo, Presidente. Come abbiamo fatto ieri, rinnoviamo anche oggi in Parlamento, in questa circostanza, il nostro cordoglio alla famiglia Raciti.
È morto un uomo importante per la sua famiglia, per lo Stato e per il corpo di Polizia, ma questa tragedia ci deve indurre, così come ci ha espressamente chiesto la moglie in cattedrale, a far sì che il nostro dovere nei confronti della nazione ci porti a trasformare le cose ed a costruire un percorso diverso. Questo non dovrà avvenire solo attraverso le leggi, le quali, da sole, non possono sicuramente aiutare a raggiungere questi obiettivi.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.

La seduta, sospesa alle 12,05, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Capodicasa, Cirino Pomicino, Franceschini, Giovanardi, Leoni, Lucà, Pinotti, Reina, Villetti e Volontè sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297, recante disposizioni urgenti per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e per l'adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio (A.C. 2112-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297, recante disposizioni urgenti per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e per l'adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio.
Ricordo che nella seduta del 1 febbraio è stato votato, da ultimo, l'emendamento Borghesi 5.13.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2112-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 2112,Pag. 31sezione 1), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 2112, sezione 2).
Ricordo che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 2112, sezione 3).
Ricordo, altresì, che è stata presentata una proposta emendativa riferita all'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 2112, sezione 4).
Dobbiamo ora passare all'emendamento Fugatti 5.13, per il quale la relatrice e il Governo hanno espresso un invito al ritiro.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,10).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,30.

La seduta, sospesa alle 15,10, è ripresa alle 15,30.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2112-A)

PRESIDENTE. Passiamo dunque all'emendamento Fugatti 5.13.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

MAURIZIO FUGATTI. No, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 5.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 372
Maggioranza 187
Hanno votato
165
Hanno votato
no 207).

Prendo atto che i deputati Compagnon, Capitanio Santolini e Iacomino non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Fugatti 5.14.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

MAURIZIO FUGATTI. No, signor Presidente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 5.14, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 384
Maggioranza 193
Hanno votato
165
Hanno votato
no 219).

Prendo atto che i deputati Iacomino, Capitanio Santolini e Compagnon non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.Pag. 32
Avverto che il successivo emendamento Baldelli 5.15 risulta precluso dall'approvazione dell'emendamento 5.100 della Commissione.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Gioacchino Alfano 5.16 e Germontani 5.20.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. Presidente, desidero brevemente illustrare l'emendamento 5.20, a firma mia e del collega Leo.
Voglio innanzitutto esprimere perplessità circa l'opportunità di affrontare, in un provvedimento che dovrebbe occuparsi principalmente di materia bancaria e creditizia, il tema relativo alla costituzione dell'Agenzia nazionale per i giovani.
La direttiva europea stabilisce che la struttura non debba costituirsi all'interno di un ministero, ma che debba costituirsi ex novo - ne abbiamo parlato nell'ultima seduta - un'Agenzia che gestisca i rapporti con l'Unione europea.
Per questo motivo si è deciso di trasferire all'Agenzia per i giovani le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale dell'Agenzia nazionale italiana gioventù, costituita presso il Ministero della solidarietà sociale. L'impressione, però, è quella che si stia creando nuovamente un inutile carrozzone che non sarà in grado di operare e che costituirà uno spreco di risorse e la mancata concretizzazione di un'importante possibilità per i nostri giovani. Soprattutto, non si comprende quale sia la mission di tale agenzia.
Credo che l'Agenzia, così come intesa dall'Unione europea, debba occuparsi senz'altro di favorire la comprensione reciproca tra i giovani di diversi paesi, in particolare nel settore della formazione e dell'apprendimento, ma ritengo anche che, ricollegandosi agli obiettivi di carattere fortemente sociale previsti dal programma «Gioventù in azione», debba essere rafforzato il ruolo sociale dell'Agenzia. Tra gli obiettivi del programma «Gioventù in azione» sono previsti il rispetto della dignità, dell'uguaglianza, dei diritti umani, la tolleranza e la non discriminazione, ma anche quelli di migliorare la conoscenza e la comprensione del settore della gioventù e di favorire la partecipazione al programma da parte dei giovani con minori opportunità, compresi quelli con disabilità.
Per questo motivo, abbiamo presentato gli emendamenti 5.20 e 5.21, di cui sono prima firmataria. In particolare, con il primo dei due si è ritenuto opportuno aggiungere ai compiti dell'Agenzia quello di valutare la congruità dell'utilizzo del Fondo per le politiche giovanili, nonché lo stato di attuazione della legge 19 luglio 1991, n. 216, per il sostegno ed il recupero dei minori a rischio di devianza, nonché della legge 28 agosto 1997, n. 285.
Riteniamo che questo emendamento possa rafforzare il contenuto sociale dell'Agenzia nazionale per i giovani e, quindi, attribuire a tale organo una maggiore valenza, in linea con quanto previsto dal programma «Gioventù in azione».

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Gioacchino Alfano 5.16 e Germontani 5.20, non accettati dalla Commissione né dal Governo, e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 414
Votanti 411
Astenuti 3
Maggioranza 206
Hanno votato
176
Hanno votato
no 235).

Prendo atto che i deputati Iacomino e Capitanio Santolini non sono riusciti a votare.Pag. 33
Passiamo agli identici emendamenti Gioacchino Alfano 5.17 e Germontani 5.21.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, intervengo brevemente per dire che il mio emendamento 5.21 prevede di trasferire all'Agenzia nazionale per i giovani le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale dell'Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze, ciò proprio per prevenire fenomeni di disagio giovanile legato all'uso di sostanze stupefacenti. Un'agenzia che si rivolge direttamente ai giovani non può infatti prescindere da quella piaga sociale che rappresenta oggi, nel nostro paese, il consumo di droga.
Tra l'altro, si tratterebbe di trasferire delle competenze con nessuna spesa aggiuntiva per lo Stato, creando una sinergia ed uno scambio di competenze utile per una visione a trecentosessanta gradi rispetto a problematiche e tematiche strettamente legate al mondo giovanile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere gli identici emendamenti in esame. Mentre quelli precedenti potevano dar adito a cattive interpretazioni, rispetto agli emendamenti in esame non ci sono dubbi: stiamo parlando di trasferimento di fondi per la tossicodipendenza.
È inutile venire in quest'aula del Parlamento a parlare dei problemi della tossicodipendenza, se poi si esprime un voto contrario quando si tratta di introdurre un elemento concreto su cui poter lavorare. Si propone di trasferire a questa Agenzia nazionale per i giovani dei fondi che altrimenti non sarebbero utilizzati; si propone di utilizzarli per i giovani, per combattere il disagio giovanile legato esclusivamente alla tossicodipendenza. Votare contro questi emendamenti significa parlare bene e razzolare male! Vi invito a riflettere su quanto state facendo.
Anche questa mattina con il ministro Amato abbiamo parlato di disagio giovanile: noi non crediamo a quel tipo di disagio giovanile. Concretamente, con un emendamento, in maniera seria, gli onorevoli Gioacchino Alfano e Germontani hanno avanzato una proposta; e non possiamo dare una risposta negativa, perché si tratta di una proposta che non costa nulla.
Riflettete prima di esprimere un voto contrario sugli emendamenti in esame! Altrimenti, viene spontaneo dire che a voi del disagio giovanile e di tutto quanto si fa per il recupero dei giovani vittime delle tossicodipendenze non interessa proprio niente; così aiutiamo solo gli spacciatori!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Castellani. Ne ha facoltà.

CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, intervengo per apporre la mia firma all'emendamento Germontani 5.21 e per sollecitare l'attenzione dell'Assemblea - così come ha fatto già il collega che mi ha preceduto - sull'importanza di queste proposte emendative, che rappresentano una spinta a discutere dei problemi dei giovani al fine di trovare le soluzioni più idonee proprio per uscire da quello stato di disagio in cui spesso i giovani cadono. Quindi, sollecito un'attenzione particolare dell'Assemblea sugli emendamenti in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, colleghi, vorrei, in primo luogo, sottoscrivere l'emendamento Gioacchino Alfano 5.17 e fare un appello all'Assemblea affinché venga espresso voto favorevole sugliPag. 34identici emendamenti in esame. Si tratta, infatti, di proposte emendative molto importanti, se vogliamo veramente essere consequenziali, passare dalle parole ai fatti e consentire ai giovani di progettare con certezza il loro futuro. Dobbiamo aiutarli, votando questi emendamenti!
Sono sicuro che l'Assemblea non sarà disattenta al grido di dolore che da più parti si è levato in ordine alla votazione di questi emendamenti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Gioacchino Alfano 5.17 e Germontani 5.21, non accettati dalla Commissione né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 423
Votanti 421
Astenuti 2
Maggioranza 211
Hanno votato
182
Hanno votato
no 239).

Prendo atto che i deputati Iacomino e Capitanio Santolini non sono riusciti a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gioacchino Alfano 6.1.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gioacchino Alfano 6.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 432
Maggioranza 217
Hanno votato
187
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che il deputato Iacomino non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.300 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 432
Votanti 430
Astenuti 2
Maggioranza 216
Hanno votato
428
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che il deputato Iacomino non è riuscito a votare.
Sono conseguentemente preclusi gli emendamenti Gioacchino Alfano 6.2 e 6.3, mentre l'emendamento 6.200 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento) è stato assorbito dall'emendamento 6.300.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dis. 1.1 (Nuova formulazione) della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 431
Votanti 370
Astenuti 61
Maggioranza 186
Hanno votato
369
Hanno votato
no 1).

Pag. 35

Prendo atto che il deputato Iacomino non è riuscito a votare.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2112-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 2112 sezione 5 ).
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Mellano n. 9/2112/1, accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Fluvi n. 9/2112/2 e accetta l'ordine del giorno Garavaglia n. 9/2112/3. A tale riguardo, mi limito ad osservare che la normativa comunitaria è ispirata a principi di trasparenza informativa e che questi principi sono stati tradotti nella nostra normativa.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Filippi n. 9/2112/4, accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Fugatti n. 9/2112/5, mentre non accetta l'ordine del giorno Cota n. 9/2112/6. Accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Pini n. 9/2112/7 ed accetta gli ordini del giorno Grimoldi n. 9/2112/8 e Fava n. 9/2112/9. Mi limito anche in questo caso ad osservare che la normativa di Basilea II è improntata al principio di proporzionalità, anche con riguardo alla valutazione del rischio e che tale principio è stato poi traslato nella normativa nazionale.
Il Governo accetta, altresì, gli ordini del giorno Alessandri n. 9/2112/10 e Stucchi n. 9/2112/11; non accetta l'ordine del giorno Dozzo n. 9/2112/12; mentre accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Gibelli n. 9/2112/13 e Dussin n. 9/2112/14.
A mero titolo di precisazione, vorrei osservare che, relativamente all'articolo 3 dell'originario decreto-legge, il Governo era stato costretto ad usare lo strumento del decreto-legge per arrivare entro il 15 di gennaio, data ultima indicata dalla Commissione come termine per l'adeguamento della normativa relativamente alla sentenza di condanna, con una norma già in vigore, visto che l'iter di approvazione della legge comunitaria non avrebbe consentito il rispetto di tale scadenza.
Il Governo accoglie altresì come raccomandazione l'ordine del giorno Montani n. 9/2112/15 ed accoglie l'ordine del giorno Bricolo n. 9/2112/16 a condizione che il presentatore riformuli il dispositivo, nel senso di aggiungere a fine periodo le parole: «nel rispetto delle procedure previste dalla Commissione europea».
Il Governo accoglie l'ordine del giorno Germontani n. 9/2112/17, a condizione che il presentatore riformuli il dispositivo, sopprimendo gli ultimi due periodi, da «la possibilità per l'Agenzia...» sino alla fine.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Mungo n. 9/2112/18, Leddi Maiola n. 9/2112/19, Baldelli n. 9/2112/20 e Borghesi n. 9/2112/21.
Infine, il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Buontempo n. 9/2112/22, a condizione che il presentatore riformuli il dispositivo, espungendo le parole finali «al quale non corrisponde una effettiva spesa per il servizio reso».

PRESIDENTE. L'ordine del giorno Mellano n. 9/2112/1 è stato accettato dal Governo. Secondo la prassi, gli ordini del giorno accettati dal Governo non si pongono in votazione.
Chiedo all'onorevole Fluvi se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2112/2, accolto come raccomandazione.

ALBERTO FLUVI. No, signor Presidente, non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Gli ordini del giorno Garavaglia n. 9/2112/3 e Filippi n. 9/2112/4 sono stati accettati dal Governo.Pag. 36
Chiedo all'onorevole Fugatti se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2112/5, accolto come raccomandazione.

MAURIZIO FUGATTI. No, signor Presidente, non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Cota n. 9/2112/6 insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cota n. 9/2112/6, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 451
Votanti 450
Astenuti 1
Maggioranza 226
Hanno votato
201
Hanno votato
no 249).

Chiedo all'onorevole Pini se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2112/7, accolto come raccomandazione.

GIANLUCA PINI. No, signor Presidente, non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Ricordo che il Governo ha accettato gli ordini del giorno Grimoldi n. 9/2112/8, Fava n. 9/2112/9, Alessandri n. 9/2112/10 e Stucchi n. 9/2112/11.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Dosso n. 9/2112/12 insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Dozzo n. 9/2112/12, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 448
Votanti 447
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato
203
Hanno votato
no 244).

Prendo atto che il deputato Drago non è riuscito a votare.
Chiedo all'onorevole Gibelli se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2112/13, accolto come raccomandazione.

ANDREA GIBELLI. No, signor Presidente, non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Dussin se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2112/14, accolto come raccomandazione.

GUIDO DUSSIN. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Dussin n. 9/2112/14, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 456
Votanti 455
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato
205
Hanno votato
no 250).

Prendo atto che il deputato Drago non è riuscito a votare.Pag. 37
Chiedo all'onorevole Montani se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2112/15, accolto come raccomandazione.

ENRICO MONTANI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Montani n. 9/2112/15, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 455
Votanti 454
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato
204
Hanno votato
no 250).

Prendo atto che i deputati Buontempo e Drago non sono riusciti a votare.
Onorevole Bricolo, accoglie la richiesta di riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/2112/16?

FEDERICO BRICOLO. Sì, signor Presidente, la accolgo.

PRESIDENTE. Onorevole Germontani, accoglie la richiesta di riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/2112/17?

MARIA IDA GERMONTANI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ricordo che il Governo ha accettato gli ordini del giorno Mungo n. 9/2112/18, Leddi Maiola n. 9/2112/19, Baldelli n. 9/2112/20 e Borghesi n. 9/2112/21.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Buontempo n. 9/2112/22 accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2112-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Io penso che abbiamo affrontato con molta serietà un provvedimento complesso, che contiene materie anche molto differenti tra loro, il che ha reso la lettura e l'esame del provvedimento ancora più complessi.
Basti pensare che abbiamo trattato nello stesso provvedimento dal recepimento delle direttive dell'accordo Basilea 2, che riguardano il mondo bancario e finanziario, fino alle scadenze per l'apertura della caccia e, infine, alla costituzione dell'Agenzia per i giovani.
Penso tuttavia che nel suo iter in Commissione il testo abbia beneficiato di miglioramenti. Infatti, non ci si è limitati solo a trattare il recepimento delle direttive dell'Unione europea, ma si è voluto anche entrare nel merito, con il tentativo di regolamentare meglio alcune funzioni. Mi riferisco, in particolare, all'articolo 1. In questo tentativo, però, è venuta meno la chiarezza del provvedimento.
Noi abbiamo discusso intorno a provvedimenti complessi, come il testo unico bancario ed il testo unico finanziario e, a mio parere, in certi punti abbiamo creato delle zone d'ombra e d'incertezza che sconteremo nei prossimi mesi in termini di ricorsi da parte delle banche e dei contribuenti, di fatica da parte, in particolare, della Banca d'Italia, che dovrà tentare di rendere più omogenee queste norme che ci accingiamo ad approvare.
Questa è la ragione per cui noi voteremo contro il provvedimento, pur apprezzando il lavoro svolto dalla Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.

Pag. 38

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo della Rosa nel Pugno alla conversione di un decreto-legge che risponde soprattutto all'obbligo di dare attuazione a direttive e ad altre disposizioni comunitarie.
Si tratta di materie molto tecniche - come abbiamo visto dalle relazioni e dal dibattito - che si ispirano tuttavia a criteri ampiamente condivisibili. Innanzitutto ci riferiamo al criterio di rafforzare l'informazione dell'utente e, quindi, di difendere più efficacemente gli utenti del risparmio. Costoro in questi ultimi anni - come sappiamo - sono stati soggetti a truffe clamorose, che hanno fortemente messo in discussione la reputazione del nostro sistema di controllo. Su tale questione siamo intervenuti con una riforma alla fine della scorsa legislatura e all'inizio di quella attuale.
Questo provvedimento è altresì importante perché consente di dare definitiva attuazione all'accordo di Basilea. Sappiamo che quest'ultimo ha cambiato notevolmente i criteri di concessione del credito e comporterà nei suoi effetti a medio termine un rafforzamento dell'assetto patrimoniale delle imprese e - ce lo auguriamo - maggiore trasparenza anche nei rapporti tra le imprese e gli istituti creditizi.
A questo proposito, sottolineo l'importanza dell'emendamento che abbiamo approvato, sulla base di un confronto approfondito e con il consenso di tutti i gruppi parlamentari, teso a chiarire che l'eventuale richiesta di informazioni da parte delle imprese sul rating loro assegnato dalle banche debba essere soddisfatta senza alcun tipo di onere.
La formulazione della norma pervenuta all'esame dell'Assemblea era confusa e si prestava anche alla possibilità di inserire nuovi balzelli a carico degli utenti del sistema creditizio. Sono soddisfatto per il fatto che abbiamo trovato una soluzione chiara, tanto più opportuna nel momento in cui ancora oggi - come si è visto anche dalle relazioni dei giorni scorsi del governatore della Banca d'Italia - i costi eccessivi che il sistema bancario italiano fa gravare sugli utenti, siano essi famiglie o imprese, sono veramente da mettere in discussione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Diceva il collega Galletti che sul recepimento di una direttiva comunitaria è difficile trovare motivazioni che ci spingano a votare contro. Dunque, è indispensabile chiarire - cercherò di farlo in poche parole - cosa è successo.
Come VI Commissione, in sede referente abbiamo ricevuto un provvedimento che si basava su questioni molto precise. In particolare, esso era denominato impropriamente Basilea II. Già su questo argomento sarebbe stato possibile svolgere un buon lavoro. È noto infatti che l'accordo Basilea II non è soltanto uno strumento che serve alle aziende per dialogare con gli istituti bancari, ma viene definito, ormai da tutti, anche una mappa strategica. In effetti, Basilea II concerne l'attività che le aziende mettono in campo per dimostrare anche la loro forza.
Invece, in questo provvedimento sono state inserite, come diceva l'onorevole Galletti, una serie di questioni che nulla avevano a che fare con l'accordo Basilea II e con i presupposti della direttiva comunitaria cui si intende dare attuazione. Come Commissione finanze non ci siamo, comunque, sottratti ad affrontare tali temi. Si spaziava da materie che riguardano il campo venatorio, all'Agenzia per i giovani, fino alla normativa CIP6 per quanto riguarda l'ambiente.
In Commissione abbiamo tentato di affrontare - e ciò vuole essere anche un riconoscimento alla relatrice del provvedimento e al presidente della Commissione - materie che esulavano dalle competenze della Commissione stessa, offrendo utili spunti di modifica del testo. Nonostante tutte le attività che avevamo cercato di porre in essere per rendere il provvedimento più utile al raggiungimento deiPag. 39propri obiettivi e nonostante avessimo già segnalato al presidente della Commissione che avevamo dubbi di ammissibilità su alcune materie, il Presidente della Camera ha dichiarato, quando il provvedimento è giunto all'esame dell'Assemblea, inammissibili le materie sul cui esame ci eravamo soffermati più a lungo in Commissione. Sono state pertanto inviate all'esame dell'Assemblea soltanto pochissime questioni.
Il relatore - con cui, comunque, abbiamo ben lavorato - ci invitava a ritirare gli emendamenti presentati e ciò aveva quasi il significato di voler rimandare l'esame di questioni, che nulla hanno a che fare con il provvedimento originario, ad altri atti, che il Governo o il Parlamento avrebbero adottato. Se si riflette su ciò che ha detto, ad esempio, il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, venerdì scorso, in occasione della riunione nazionale degli intermediari, sembrerebbe quasi che lo stesso riporti le nostre osservazioni. Egli, infatti, ha affermato che il sistema bancario ha costi troppo elevati per i clienti. Noi abbiamo svolto, se non erro, più di 20 o 30 interventi su tale argomento e ci è sempre stato risposto che forse sarebbe stata una questione da affrontare con altri provvedimenti. Invece, nel dibattito di operatori così qualificati, si è fatto riferimento anche alle nostre riflessioni. Nonostante ciò, i nostri emendamenti non sono stati accolti.
Se si leggono le riflessioni dell'Antitrust sul mercato, ricordo bene che il Governo si è espresso più volte, affermando che il mercato deve essere autonomo nel cercare di venire incontro alle esigenze dei clienti. Esso dovrebbe dunque automaticamente ridurre i costi del servizio che gli istituti bancari offrono, anzi si è arrivati a pensare che imporre la riduzione dei costi potrebbe far sì che le banche trasferiscano tale riduzione su altri tipi di entrate, quali, ad esempio i tassi di interesse. Invece, anche l'Antitrust conferma la nostra tesi, stabilendo che - e lo dice anche il ministro Bersani, in diverse note - che quando il mercato non è in grado di ridurre i costi per i clienti in modo automatico, debbono essere imposte alcune regole. Quindi, noi cercavamo - nel corso dell'esame di un provvedimento eterogeneo che, come ho detto, è giunto al nostro esame in modo disordinato - di cogliere l'occasione per affrontare tali questioni. Invece, anch'esse non sono state recepite.
Per tale motivo, nel corso degli interventi svolti nella discussione sulle linee generali del provvedimento abbiamo già espresso la nostra preoccupazione, che viene confermata in una serie di dibattiti sugli emendamenti, pertanto il nostro voto sul provvedimento sarà contrario. Quindi, per proseguire il filo conduttore che l'onorevole Galletti aveva già preannunciato nel suo intervento, ossia come motivare un voto contrario al recepimento di una direttiva comunitaria, voglio dire che, non avendo la possibilità di esprimere un voto esclusivamente sull'obbligo che ci viene imposto, ma dovendolo esprimere su tutto il provvedimento, non possiamo che manifestare la nostra contrarietà, anzi non possiamo che essere preoccupati. Se, infatti, vi sono provvedimenti che giungono all'esame del Parlamento - in questo caso, della Camera dei deputati - su temi in discussione in seno al Governo e su cui i ministri od organi autorevoli quali il Governatore della Banca d'Italia o l'Antitrust danno indicazioni nel corso dell'iter del provvedimento, non sarebbe più opportuno stralciare tali questioni dal provvedimento stesso? Il nostro parere non è, dunque, contrario solo su questo provvedimento, ma è critico su questo modo di legiferare.
Preferiremmo affrontare le questioni generali, senza trovarci in imbarazzo nel dover motivare un voto contrario, perché sembrerebbe quasi andare contro una direttiva comunitaria. Quindi, rivolgiamo un invito affinché ciò non si ripeta.
Quali possono essere le aspettative? Sono sicuramente negative.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mungo. Ne ha facoltà.

DONATELLA MUNGO. Signor Presidente, il provvedimento in esame, comePag. 40hanno già detto i colleghi che sono intervenuti precedentemente, anche coloro che hanno dichiarato un voto contrario, tratta di adempimenti comunitari e, anche in Commissione, la discussione si è svolta nel merito tecnico degli articoli che lo compongono.
Il dibattito si è arenato, come ricordava il collega Gioacchino Alfano poco fa, su alcune questioni di metodo. In particolare, i primi due articoli intervengono sul testo unico bancario e sul testo unico di intermediazione finanziaria e recepiscono gli accordi di Basilea II, proponendosi lo scopo di armonizzare il nostro sistema a quello europeo.
Il termine per il recepimento di queste direttive scadeva il 31 dicembre e, di conseguenza, la forma del decreto-legge, in questo caso, è assolutamente appropriata, come si evince anche dai pareri che sono giunti alla nostra Commissione a tale proposito.
A queste norme, che si occupano dell'informazione, della trasparenza, del merito di credito e del rafforzamento della vigilanza (tutte questioni estremamente importanti riguardanti il nostro sistema bancario e finanziario), si affiancano altre questioni che, però, pur essendo disomogenee nel merito, sono omogenee nell'urgenza. In tutti i casi, sia all'articolo 4, sia all'articolo 5, si tratta di direttive comunitarie in scadenza e, nel caso dell'articolo 4, in particolare, si correva il rischio di una procedura di infrazione in relazione alla legge sulla caccia della Liguria, sulla quale bisognava intervenire tempestivamente, come si è fatto, con un decreto-legge.
Mi soffermo brevemente sull'articolo 5, relativo all'Agenzia per i giovani, perché, forse, costituisce l'argomento che maggiormente ha interessato la Commissione ed anche perché ritengo che la discussione avvenuta in Commissione abbia migliorato il testo al nostro esame. Anche gli ordini del giorno che sono stati accolti dal Governo consentono di recepire alcune richieste emerse nel dibattito in Commissione, in particolare quelle riguardanti l'età o la parità di genere. Si tratta di argomenti importanti, così come le competenze nel settore della cooperazione internazionale.
Da quanto detto emerge che il provvedimento non solo è necessario ma anche che esso è stato ben formulato, attraverso una feconda discussione in Commissione e in Assemblea, e per questo motivo rivolgiamo un ringraziamento alla relatrice, che è stata assolutamente attenta e capace di rendere una materia così tecnica comprensibile anche a chi non era particolarmente ferrato nella stessa.
In conclusione, quindi, dichiaro il voto favorevole del gruppo di Rifondazione comunista-Sinistra europea sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fasolino. Ne ha facoltà.

GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, il decreto-legge in esame ci lascia la bocca amara. Esso poteva rappresentare un utile momento di discussione tra maggioranza e minoranza su una serie di direttive che, opportunamente e in un certo modo recepite, avrebbero potuto far compiere un salto di qualità alla nostra legislazione, adeguandola meglio alle direttive stesse.
Invece, il Governo, di fatto, ha paralizzato i lavori della Commissione, perché l'ha inchiodata su una serie di provvedimenti e di proposte, puntualmente ritirati.
Si tratta di proposte che non hanno consentito alla minoranza, in particolare al gruppo di Forza Italia, di discutere in modo approfondito e di chiarire alcuni punti di vista molto importanti in ordine alle materie da recepire. Pertanto, le norme sul costo del danaro e sull'Agenzia per i giovani e l'Antitrust sono risultate carenti dell'apporto che il nostro gruppo poteva fornire.
Il nostro paese è vincolato - almeno nel Mezzogiorno d'Italia - a strette creditizie che ne rallentano la crescita. Questa sarebbe stata una buona occasione perPag. 41chiarire meglio alcuni aspetti del credito e per codificare norme attraverso le quali il Mezzogiorno poteva compiere un vero e salutare salto di qualità in ambito nazionale ed europeo.
Pertanto, il nostro voto non può che essere contrario, a causa della paralisi alla quale siamo stati costretti. Certamente, l'occasione era importante, ma il Governo ancora una volta ha operato in modo da tarpare le ali all'opposizione, rendendo monco un provvedimento che sarebbe stato senz'altro migliore, fornendo maggiori incentivi allo sviluppo del nostro paese.
Quindi, ribadiamo il voto contrario del gruppo di Forza Italia sul testo in esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, occorre ricordare che si tratta di un provvedimento che teoricamente doveva essere un semplice recepimento di direttive europee, che invece ha costituito l'occasione attraverso la quale il Governo ha tentato di introdurre ulteriori disposizioni volte ad intervenire su una molteplicità di problematiche del tutto eterogenee.
L'atteggiamento assunto dal Governo e dalla maggioranza stava rendendo tortuoso l'iter parlamentare di questo decreto-legge, tanto da porne a rischio la conversione in legge ed il conseguente recepimento delle direttive europee.
Mi riferisco, in particolare, al momento in cui il Governo ha presentato l'emendamento 3.2, con il quale si è tentato di introdurre surrettiziamente una modifica alla legge Bossi-Fini, eliminando l'obbligo di permesso di soggiorno per soggiorni di durata inferiore ai tre mesi. Ringraziamo ancora una volta la Presidenza della Camera che ha dichiarato l'inammissibilità di tale proposta emendativa.
A nostro avviso, si sarebbe dovuta cogliere l'occasione per adottare un provvedimento normativo organico, venendo incontro all'esigenza di chiarezza sentita da tutti i cittadini. Invece, si è preferito inserire norme eterogenee e dal contenuto impreciso, così da non consentirne una lettura univoca.
Siamo di fronte ad un provvedimento di attuazione di direttive comunitarie che, come tale, si sarebbe dovuto considerare come un atto dovuto da parte del Governo che, tuttavia, ha predisposto l'articolato mescolando materie di vario genere: gli enti creditizi e l'assistenza a terra negli aeroporti; le imprese di investimento e l'istituzione dell'Agenzia nazionale per i giovani; il prelievo bancario e la complicata materia creditizia, con il potenziamento dei poteri della Banca d'Italia nei confronti delle società appartenenti ad uno stesso gruppo bancario.
Ci siamo quasi dimenticati, nel corso della discussione, proprio per la eterogeneità degli argomenti che sono stati mescolati, del fatto che il provvedimento avrebbe dovuto corrispondere all'esigenza di recepire nella legislazione nazionale le indicazioni espresse dall'accordo Basilea II e, in particolare, la direttiva n. 48 del 2006. È argomento di primaria importanza stabilire in modo chiaro la funzione di vigilanza sulle banche e sui gruppi bancari. Da tempo, il sistema bancario italiano ha bisogno di essere modernizzato ovvero di essere adeguato ai livelli europei, aprendosi ad una cultura finanziaria più vicina alle trasformazioni della società contemporanea e globalizzata e, soprattutto, adeguata alla realtà economica del nostro paese, che si fonda in prevalenza sulle piccole e medie imprese.
Non bastano le grandi fusioni bancarie, come la recente fusione tra San Paolo Imi e Banca Intesa, ma occorrono criteri innovativi nella gestione dei capitali e nel rapporto, più trasparente, con la clientela e occorrono anche misure di controllo e di garanzia per tutti gli operatori.
Non sembra davvero che questo Governo muova in tale direzione. Infatti, come è già stato ricordato dal collega Gioacchino Alfano, sia da parte del governatore della Banca d'Italia, sia - comePag. 42riporta la stampa di oggi - da parte dell'Antitrust è stato rilevato che i conti correnti italiani sono i più cari d'Europa e se guardiamo agli otto rimedi proposti dall'Antitrust per sradicare le pratiche anticoncorrenziali vediamo che molte di tali proposte hanno lo stesso contenuto di alcune proposte emendative presentate dai gruppi di opposizione, sulle quali il relatore ed il Governo hanno espresso parere contrario.
È evidente, allora, che non possiamo essere d'accordo, in linea generale, in linea di principio, e votare a favore di questo provvedimento.
Inoltre, esprimo la mia perplessità circa l'opportunità di affrontare con il decreto-legge in esame - mi riferisco all'articolo 5 - il tema relativo alla costituzione dell'Agenzia nazionale per i giovani. Tale disposizione, così com'è scritta, contrasta con la decisione n. 1719 del 2006 del Parlamento europeo che ha istituito il programma «Gioventù in azione». La decisione richiede, infatti, che le agenzie nazionali chiamate ad attuare questo programma debbano essere formate da personale specificamente qualificato nel settore delle relazioni internazionali. Invece, l'articolo 5 del decreto-legge in conversione prevede che per questa agenzia dovremmo avvalerci di personale in forza presso il Ministero della solidarietà sociale che sicuramente è specializzato, ma in altri settori. Da ciò discende che questo dettato europeo non è rispettato in pieno.
Dobbiamo altresì muovere critiche anche per il modo in cui l'agenzia è stata istituita. Si tratta di una struttura burocratica eccessivamente pesante e costosa per il bilancio dello Stato e che, così strutturata, non risponderà appieno agli obiettivi previsti dall'Unione europea. Allora, sebbene la problematica delle azioni di sostegno in favore del mondo giovanile rivestano grande interesse, sarebbe stato preferibile intervenire su questa materia attraverso uno specifico provvedimento. Tuttavia, abbiamo dimostrato la nostra disponibilità al riguardo, presentando diverse proposte emendative migliorative ed un ordine del giorno riguardante i requisiti di età e il rispetto della parità tra i sessi, con una particolare attenzione al disagio giovanile legato alle tossicodipendenze, al recupero dei minori a rischio di devianza nonché alla protezione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Purtroppo, neppure questi ultimi due punti dell'ordine del giorno da noi presentato sono stati accolti del Governo.
In conclusione, questo Esecutivo ha dimostrato anche in questa circostanza, che avrebbe dovuto essere semplicemente - è bene ripeterlo - quella del recepimento di alcune direttive comunitarie, di essere diviso da contraddizioni interne e di non essere in grado di assicurare una credibilità al sistema Italia e di indicare, anche nel settore delle politiche economiche e di sviluppo, una linea chiara e condivisa.
Tutto ciò si traduce in una serie di misure contraddittorie e di provvedimenti che, a nostro giudizio, intervengono a peggiorare, anziché chiarire e migliorare, il quadro di riferimento in cui le imprese italiane operano, facendo venir meno, tra gli operatori, il principio fondamentale della certezza del diritto. L'Italia ha bisogno di una politica di sviluppo e non di politiche raffazzonate di questo genere.
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un provvedimento di questo Governo che frena lo sviluppo, con una legislazione lontana dalle categorie produttive e con una velleitaria pretesa di liberalizzazione, che non toccano minimamente il nostro sistema economico ormai definito «feudale» anche in una recente inchiesta dell'Eurispes.
I cittadini italiani assistono ormai quotidianamente a questi paradossi, alle rocambolesche piroette di una politica che ignora le ricerche del Censis o dell'Eurispes stesso. Viviamo l'anomalia di un Governo con due maggioranze, guidato da un collaudato equilibrista, il Presidente del Consiglio. Sul piano della conduzione del gioco osserviamo ammirati, ma sulla qualità del gioco lasciateci dire che siamo scandalizzati.
Per tutto questo, a nome del gruppo Alleanza Nazionale, dichiaro il voto contrarioPag. 43sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romagnoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO ROMAGNOLI. Signor Presidente, il decreto-legge in esame ci amareggia, perché ci troviamo in una discussione inutile e non costruttiva tra maggioranza e minoranza del Parlamento. Il Governo ha voluto ostacolare i lavori in Commissione, senza dare la possibilità di discutere di materie così importanti. Questi argomenti, costo del denaro, Antitrust, Agenzia dei giovani, richiedono attenzione e delicatezza e il gruppo Forza Italia poteva fornire un contributo concreto e costruttivo, ma non è stato possibile. Si prendono in considerazione anche crescita e salto di qualità: due aspetti che potevano essere curati a favore del Mezzogiorno.
Signor Presidente, concludo rendendo noto, a lei, all'Assemblea ed agli italiani, in Italia e all'estero, che su questo provvedimento, nonostante fosse importante, è stato impedito alla minoranza per l'ennesima volta di dare un contributo democratico e costruttivo. Il nostro voto non potrà che essere contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, nel preannunciare il voto contrario del gruppo Lega Nord Padania al provvedimento, vorrei ricordare la sua «storia», come sia giunto in Commissione, cosa abbia voluto realizzare il Governo nell'iter in Commissione e come siamo arrivati in Assemblea.
Il provvedimento era inizialmente molto tecnico e riguardava le banche, gli intermediari creditizi, la finanza. Durante la discussione in Commissione il Governo ha teso un'«imboscata», cercando di approvare un emendamento diretto a modificare radicalmente la legge sull'immigrazione Bossi-Fini. A quel punto vi è stata la forte opposizione da parte del nostro gruppo che ha fatto sì che in Commissione il provvedimento non fosse minimamente discusso anche nelle parti di maggiore buon senso su cui si sarebbe potuto trovare un accordo bipartisan.
Arrivato in Assemblea, la Presidenza della Camera ha, fortunatamente, deciso di non ammettere questi emendamenti per estraneità di materia, applicando semplicemente il regolamento e non facendo nulla di straordinario. Così quella che abbiamo definito un'«imboscata» per cancellare la Bossi-Fini è stata stralciata.
È rimasta l'essenza del provvedimento composta dai primi due articoli che sono il recepimento di direttive comunitarie, in cui si capisce la sottomissione del Governo alle grandi banche, al mondo bancario ed a quello della finanza.
Come abbiamo detto molte volte durante l'esame degli emendamenti, questo provvedimento ci sembra a favore delle grandi banche e, se leggiamo le relazioni allegate al provvedimento redatte dagli uffici della Camera, tale rischio è reale.
Questo avviene, perché, probabilmente, meccanismi e adeguamenti obbligatori per le banche determineranno, per gli istituti di piccole dimensioni, una difficoltà a restare sul mercato e a rispettare le relative normative. Ciò determinerà l'incorporazione di queste banche di piccole dimensioni nelle grandi o, comunque, determinerà un favore verso i grandi istituti. Tale situazione potrebbe portare, nel lungo periodo - non lo dichiariamo noi, ma lo asseriscono le relazioni degli uffici della Camera -, ad una forte concentrazione nel sistema bancario; già oggi, rispetto a dieci anni fa, gli istituti di credito presenti in Italia sono molto meno numerosi.
Oggi, perciò, con le nuove normative che vengono introdotte, si paventa il rischio di ulteriori politiche di fusione e di incorporazione. A nostro avviso, oggi si dimostra non più reale quanto si riteneva in passato, ovvero che da questi grandi accorpamenti, da queste grandi fusioni di istituti di credito, sarebbe derivata unaPag. 44ricerca di razionalizzazione, un minor costo ed un maggiore vantaggio per il cliente, per l'artigiano, per il commerciante, per l'impresa (vale a dire, per chi lavora con le banche). Oggi, infatti, una relazione dell'Antitrust dichiara che i costi dell'intermediazione bancaria in Italia sono i più alti in Europa: 180 euro circa è il costo di un conto corrente (a fronte di costi molto minori riscontrati negli altri paesi europei).
Ma il rischio che si paventa ancor di più dinanzi a questa concentrazione del sistema bancario verso l'alto, a mo' di piramide, attraverso grandi fusioni, è che si venga a creare una sorta di oligopolio in modo che le banche, alla fine, facciano cartello e si mettano d'accordo l'una con l'altra sicché l'una punti su un mercato e l'altra su un altro compromettendo una vera concorrenza. Non lo affermiamo noi; lo dichiarano membri dell'Antitrust sui giornali e sui quotidiani odierni. Non si tratta, per così dire, di una nostra invenzione, anche se, tuttavia, noi avevamo già dichiarato, durante la discussione del provvedimento, che il rischio da temersi per il sistema bancario era proprio questo.
Peraltro, il rischio maggiore lo corrono le banche di piccole dimensioni, quelle che hanno una forte caratterizzazione e un forte radicamento sul territorio; non riuscendo più a sottostare a tutte le normative varate e imposte dall'Europa, esse saranno costrette o ad accorparsi o a cessare la loro attività. Ma così si perde valore aggiunto sul territorio, si perde specificità, si perde il contatto con la clientela. Peraltro, la relazione di clientela è un profilo molto importante del mercato bancario; molto spesso, infatti, un cliente conclude meglio gli affari o meglio si relaziona con le banche se si confronta con chi conosce personalmente.
Questo provvedimento, che noi abbiamo più volte denunciato come un intervento a favore delle grandi banche e del sistema bancario in genere, si colloca purtroppo in un'altra direzione. Talune proposte emendative da noi presentate puntavano anche a diminuire, a favore della clientela, i costi, determinati vincoli e soprattutto determinati oneri che invece vengono imposti ad essa. Avevamo presentato tali proposte noi, come gruppo della Lega Nord: alcune sono state anche approvate, altre purtroppo no.
Dal mancato recepimento di queste proposte emendative, abbiamo potuto evincere lo stretto legame del Governo con il mondo bancario e con il mondo della finanza; peraltro abbiamo evidenziato tale circostanza già quando illustri esponenti del mondo bancario italiano parteciparono alle primarie di Prodi versando un euro di contributo per il futuro Governo. Probabilmente, questi provvedimenti che vengono portati avanti sono un po' il dazio che il Governo paga alle grandi banche ed al mondo del capitale che lo ha aiutato in campagna elettorale, e lo sta aiutando tuttora.
Era sfuggito all'Assemblea un fatto a nostro avviso molto grave presente in questo provvedimento: il Governo voleva far pagare all'impresa il merito di credito che le banche valutano nel momento in cui un'impresa chiede un finanziamento. Nessuno se ne era accorto, se non la Lega; si tratta di una follia che era presente all'interno del provvedimento. Ma, le banche, cosa sono? Sono intermediari creditizi! Vogliamo far pagare al cliente il prezzo dell'informazione che la banca ha sul cliente stesso? Piuttosto, la banca faccia il suo lavoro! Se la banca è un intermediario creditizio e fa l'intermediario tra chi risparmia e chi ha bisogno di denaro, cosa facciamo? Facciamo pagare anche le informazioni che la banca ha su un determinato cliente? Nessuno in questo caso si era accorto di tale aspetto; solo la Lega se ne era accorta. Dopo dure battaglie, sia con la maggioranza sia con il Governo - che poi si è rimesso all'Assemblea e quindi, rimettendosi all'Assemblea, ha fatto capire da che parte stia il Governo (non a favore della clientela, delle imprese, degli artigiani e dei commercianti ma con i banchieri) -, tale previsione è stata soppressa. È stato cancellato grazie alla Lega Nord, che si è accorta di questo aspetto, denunciandolo in Assemblea.Pag. 45
A quel punto, il Governo ha dovuto alzare la mani, dicendo che era vero e che non si poteva far pagare alle imprese che vanno a chiedere un finanziamento il fatto che la banca vada a cercare informazioni su quella impresa! Questo elemento non poteva passare e quindi noi della Lega ci prendiamo questo merito di non averlo fatto passare. Alcuni colleghi hanno detto: è come se tu vai a comprare una lavatrice ed il negozio ti fa pagare anche i costi dell'informativa sul tuo conto, quando ti concede il finanziamento.
Era dunque una cosa che francamente non stava in piedi. Fortunatamente, è stata in qualche modo cancellata, grazie alla forte presa di posizione della Lega Nord.
Crediamo quindi che le grandi «lenzuolate», di cui si parla in questi giorni, da parte del Governo Prodi, lo siano verso i soliti noti: verso i barbieri, verso i parrucchieri, verso i panettieri, verso gli estetisti, verso i facchini, verso i farmacisti. Non vediamo invece le «lenzuolate» verso il grande sistema di potere, che è anche quello bancario, il più caro in Europa, come oggi dice sui giornali l'Antitrust. Anzi, si volevano imporre ancora maggiori costi alla clientela, grazie ad un accordo del Governo con il sistema bancario! Questo aspetto non è passato grazie alla Lega Nord, ma comunque gli aspetti negativi in questo provvedimento sono tanti e pertanto noi preannunciamo il nostro voto contrario su di esso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, siamo giunti alle dichiarazioni di voto finale sul disegno di legge di conversione di un decreto-legge che contiene due direttive europee, la prima delle quali riguarda gli accordi cosiddetti Basilea II, concernenti la codificazione dei bilanci.
Nel corso dell'iter del provvedimento vi è stata, in particolar modo in Commissione, una sostanziale perdita di tempo prezioso sull'esame di materie che poi la Presidenza ha dichiarato inammissibili, con un atto tra l'altro non nuovo, ma che si è verificato anche in occasione dell'esame di altri provvedimenti affrontati di recente in quest'aula. Evidentemente ciò ha comportato una dispersione di energie nel lavoro della Commissione su materie che sono poi state giudicate inammissibili e quindi estranee al provvedimento.
Questo è un elemento che va in qualche misura stigmatizzato, perché nelle intenzioni iniziali del Governo l'inserimento di una molteplicità di materie estranee al testo della direttiva ha comportato in effetti un lavoro sprecato della Commissione, e reso vano l'impegno dei membri della Commissione stessa che si sono trovati a dibattere su materie che poi non abbiamo trovato nel prosieguo dell'iter del provvedimento, perché molte delle proposte emendative sono state dichiarate inammissibili ed escluse appunto per estraneità di materia. Dunque, in questa sede ricordo e sottolineo questo aspetto, proprio per motivare la posizione mia personale e del gruppo che rappresento.
Inoltre la normativa che riguarda la certificazione dei bilanci d'impresa, della trasparenza e dell'omogeneizzazione delle certificazioni a livello europeo concerne anche una parte che riguarda il rapporto tra banche e clienti. Su questo ben venga la trasparenza bancaria e la trasparenza del rapporto tra banche e clienti. Ci è sembrato che in questo senso, però, il Governo fosse molto più «sbilanciato», salvo poi la previsione di una serie di correttivi, introdotti nel corso dell'esame in Commissione, verso un sostegno maggiore, un «parteggiamento», per così dire, dalla parte delle banche.
C'è poi la questione relativa all'Agenzia dei giovani; l'abbiamo affrontata nel corso del dibattito della scorsa settimana ed abbiamo votato diversi emendamenti su questo argomento. Tuttavia, Presidente, signori del Governo, credo che, al di là della buona volontà espressa dal Governo, ed anche dalla relatrice, nel corso dell'esame degli ordini del giorno ed anche in termini di un'apertura verbale su alcuni temi che noi, in maniera precisa e puntuale abbiamoPag. 46sollevato in questa sede, nei fatti però concretamente non vi sia stata alcuna apertura di carattere normativo. Nessun emendamento presentato è stato infatti accolto.
Dunque, è evidente che ci troviamo di fronte ad una chiusura su temi che pure sono considerati degni di essere posti all'ordine del giorno e di essere esaminati. Addirittura, in via informale, ci era giunta la notizia di una disponibilità da parte del Governo sulla questione riguardante l'età dei vertici dell'Agenzia. Evidentemente, questa disponibilità non si è manifestata, se non altro perché, la scorsa settimana, il ministro Melandri - che, in questo momento, insieme al ministro dell'interno, è impegnata su temi di grande rilievo e di grande attualità sui quali oggi si è svolta in Parlamento un'informativa urgente - non ci ha degnato della sua presenza in aula in occasione dell'esame del provvedimento riguardante anche l'istituzione dell'Agenzia nazionale per i giovani. Lo stesso sottosegretario presente in aula, pur essendo competente in un dicastero di natura economica, non poteva avere certo né l'autorevolezza né la competenza specifica per intervenire su questo settore; probabilmente, si è trovato in difficoltà, tanto da rimettersi al parere della Commissione su tanti specifici argomenti.
Mi dispiace, colleghi, che si sia persa l'occasione per lanciare un segnale di carattere politico, generazionale, prevedendo una norma singolare. Sta bene, non si prevede la norma, ma speriamo si voglia lanciare lo stesso il segnale di mettere alla guida dell'Agenzia qualcuno che, dal punto di vista generazionale, sia vicino alle fasce anagrafiche di coloro i quali quest'Agenzia dovrà occuparsi.
Ci auguriamo anche che i grandi finanziamenti riguardanti tale iniziativa, metà provenienti dell'Unione europea e metà da altri dicasteri, quindi dal bilancio dello Stato italiano, vengano utilizzati non soltanto per tenere in piedi l'ennesima «baracca» pubblica italiana, ma anche per le attività indirizzate ai giovani (quindi, interscambi a livello europeo, promozione delle attività giovanili) e che non vengono considerati soltanto un modo per dare qualche soldo alle associazioni degli amici o degli amici degli amici.
Crediamo che quest'organismo, che l'Europa impone come struttura indipendente, faccia riflettere la maggioranza sull'effettiva necessità di mantenere in piedi il Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive, che può continuare ad esistere solo come Ministero dello sport, visto che, per quanto riguarda i giovani, con la conversione in legge di questo decreto-legge, sarà istituita un'Agenzia indipendente. È altrettanto evidente che, se l'Europa prevede un'Agenzia indipendente, non si capisce perché debba occuparsi dei giovani, concetto piuttosto aleatorio, come abbiamo visto dall'«asticella» dell'età che poteva alzarsi o abbassarsi a seconda delle varie concezioni di ciascuno sull'appartenenza alle nuove o alle vecchie generazioni.
A questo punto, è evidente che l'indipendenza di un'Agenzia del genere è prevista perché, con riferimento alle nuove generazioni, non si vuole che alcun Governo metta il cappello rappresentante solo una parte. Guarda caso, in questi giorni, accadono fatti singolari. Su un tema che riguarda le nuove generazioni, come quello della previdenza, qualcuno, come Tito Boeri, giustamente, ha sollevato la questione che, non essendo rappresentate le nuove generazioni, in un'ottica concertativa, gli interessi delle stesse rischiavano di essere penalizzati.
Si è assistito al fatto che, dopo ripetute richieste di audizioni e di partecipazioni di movimenti giovanili e di associazioni, il ministro Padoa Schioppa abbia incontrato un rappresentante di un forum giovanile, che non rappresenta però il mondo giovanile, e un rappresentante del consiglio nazionale degli studenti universitari. Questo ci lascia immaginare che, da parte del Governo, ci sia la volontà di fare, in qualche modo, un'operazione di maquillage, ovvero di far finta di essere un interlocutore delle nuove generazioni, quando sappiamo benissimo che non lo è, e ci sembra che si vada verso una sorta di finzione di concertazione con i giovani.Pag. 47
Mi rivolgo agli esponenti del Governo presenti in aula, dei quali mi piacerebbe ricevere l'attenzione e che ringrazio se, nel caso in cui questa attenzione, per caso, dovesse essermi imprestata, dovessero riuscire a trasferire questi concetti ai loro colleghi: non crediate di fare con i giovani quello che fate con le altre categorie, non pensate di poter far finta di sindacalizzare i giovani, chiamando due o tre rappresentanti, magari, vicini come area politica, a qualche tavolo, per poi riuscire, nelle conferenze stampa, a dire di aver parlato con i giovani, i quali hanno manifestato il loro consenso.
Gli interessi dei giovani non li fanno questi esponenti che, pur semmai autorevoli, sono rappresentativi solo delle loro realtà, ma non certo di una generazione. Se il Governo vuole avviare un tavolo di consultazioni, cominci a farlo in maniera seria e sensata, senza nessun tentativo di strumentalizzare questo genere di organismi e ci auguriamo che non lo faccia neanche con l'Agenzia dei giovani istituita con questo decreto.
Per tali ragioni e per le molte perplessità che ho espresso, credo sia giustificato un voto contrario da parte del gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei anzitutto ringraziare la relatrice per il lavoro svolto in Commissione, che ritengo abbia prodotto un miglioramento del testo del provvedimento al nostro esame e, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, dichiaro il voto favorevole.
Ritengo, però, che sui temi del credito e del risparmio, toccati da questo provvedimento soprattutto in relazione agli adeguamenti nel settore creditizio, questo Parlamento dovrà ritornare, soprattutto, su alcune questioni sollevate dai colleghi dell'opposizione, cui abbiamo prestato molta attenzione, in particolare per quanto riguarda la tutela del correntista e del risparmiatore.
Ci deve far riflettere il fatto che, in base ai dati forniti da qualche collega, in Italia il correntista abbia costi doppi rispetto alla media europea. Ciò significa che, nel settore bancario, c'è ancora poca concorrenza e dovremmo pertanto intervenire per favorire più concorrenza e tutelare il consumatore.
Meritano più rispetto ed attenzione da parte del Parlamento, oltre al tema dei costi, anche altre questioni. Penso, ad esempio, al fatto che ci sono persone, che governano importanti gruppi bancari, le quali, dopo una condanna ad un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta, che comporta di per sé stessa la sospensione dal loro ufficio, nel giro di due settimane e con una semplice delibera di assemblea, sono ritornate a svolgere le stesse attività che svolgevano prima. Credo che i risparmiatori meritino più tutela da questo punto di vista e chi, ancorché in primo grado, riceva una condanna di questa entità, dovrebbe astenersi dal continuare ad operare. Il settore del credito è un settore troppo delicato per essere lasciato a chi porta sulle spalle una condanna di quel genere, anche se non definitiva. Il Parlamento, dunque, dovrà intervenire non solo sul problema relativo ai costi, ma anche su questi temi.
Sul tema dell'Agenzia nazionale per i giovani, credo che la Commissione abbia giustamente espresso una propria preoccupazione. Occorre evitare, infatti, che tale ente possa diventare uno strumento volto ad aumentare gli oneri a carico dello Stato per varare interventi in favore non tanto dei giovani, ma magari della stessa struttura, soprattutto nella sua parte apicale. Ciò è possibile, stante la quantificazione dei costi che è stata rappresentata.
Ricordo che avevo presentato una proposta emendativa che mi sembrava avesse ricevuto il parere favorevole dell'intera Commissione, ma che presentava elementi di problematicità dal punto di vista della copertura finanziaria, poiché la Commissione bilancio aveva espresso su di essa un parere contrario. Pertanto, ho ritirato talePag. 48proposta e ne ho trasfuso il contenuto in un ordine del giorno, sottoscritto dai rappresentanti dei gruppi di maggioranza della VI Commissione. Auspico che tale atto di indirizzo possa raggiungere ugualmente lo scopo, evitando che la nuova Agenzia comporti costi maggiori rispetto a quelli che lo Stato ha già sostenendo a favore della precedente struttura, incardinata presso il Ministero della solidarietà sociale.
Ciò detto, per tutti questi motivi ribadisco il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori al provvedimento nel suo complesso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianfranco Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, vorrei rilevare che tutti i motivi testè esposti dal collega avrebbero dovuto indurre ad esprimere un orientamento assolutamente contrario al provvedimento in esame, cosa che ci accingiamo a fare.
Peraltro, voteremo contro la conversione del presente decreto-legge non tanto per le disposizioni in esso contenute, ma, come avemmo a dire durante l'esame in sede referente, per le norme che la maggioranza ed il Governo hanno tentato di introdurre all'interno di tale provvedimento. Molto presto, ahimè, le ritroveremo in un altro decreto-legge, attualmente in preparazione, il quale, sostanzialmente, conterrà tutte le disposizioni originariamente recate da questo provvedimento del Governo, ma successivamente espunte.
Mi riferisco all'intero articolo 3 ed alla questione della tassa di concessione per l'iscrizione delle società, che spero venga finalmente risolta, poiché si tratta di una vicenda che in passato ha appassionato molto anche il Parlamento. Vi sono anche altre questioni accessorie di difficile interpretazione, soprattutto da parte della maggioranza, concernenti il CIP6, gli inceneritori, l'impiego di energie alternative e via dicendo.
Questi sono i temi che ci hanno appassionato durante la discussione in sede di Commissione. Si tratta di materie che sono state opportunamente espunte dal Presidente della Camera ma che, come detto, ritroveremo in futuro.
Intendiamo esprimere un voto contrario soprattutto per quanto non è stato previsto in relazione alla costituzione dell'Agenzia nazionale per i giovani. Per quanto riguarda le altre questioni, vorrei osservare che le norme approvate dalla regione Liguria in materia di prelievo venatorio erano sostanzialmente già prive di efficacia quando il decreto-legge ha disposto la sospensione della loro applicazione.
Il resto del dibattito si è esaurito in una lunga discussione sulla trasparenza e sulla vigilanza sulla società, materie trattate dai primi due articoli del provvedimento in esame. Tale ampio dibattito ha visto il Governo trovarsi in minoranza, anche rispetto all'intera Commissione, in ordine all'atteggiamento da tenere nei confronti delle banche (vicenda spiegata molto bene dal collega Fugatti).
In tutto ciò, non devo fare altro che ringraziare la relatrice per il contributo che ha dato all'esame svolto in sede di Commissione; rimane, comunque, il rammarico di non aver potuto apportare ulteriori modifiche al decreto-legge, soprattutto per quanto riguarda l'Agenzia nazionale per i giovani.
Per le ragioni testè esposte, dunque, ribadiamo il nostro voto contrario al provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, devo dire, onestamente, che sono stupito dalle dichiarazioni di voto dei colleghi dell'opposizione. Lo sono perché si tratta di votare, com'è stato annunciato, contro l'introduzione nel nostro sistema legislativo degli accordi di Basilea II, contro l'istituzione dell'Agenzia nazionale per i giovani, come previsto dal programma comunitario, e contro una disposizione che sospende l'applicazione di una legge dellaPag. 49regione Liguria in materia venatoria perché in contrasto con una direttiva comunitaria (già «ritirata», peraltro, dalla stessa regione). In Commissione, non avendo argomenti di merito dal momento che all'oggetto del provvedimento figurava il recepimento delle direttive comunitarie, l'opposizione si è attardata su questioni procedurali. È chiaro che recepire le direttive europee significa, sostanzialmente, evitare il pagamento di sanzioni.
Vorrei rassicurare i colleghi della Lega, il collega Fugatti in particolare, che la presentazione in Commissione dell'emendamento del Governo in riferimento all'articolo 3 non può essere in alcun modo definita un'imboscata: l'emendamento del Governo era stato considerato ammissibile perché il provvedimento era ed è volto, sostanzialmente, al recepimento di direttive europee; in occasione dell'esame in Assemblea, la Presidenza della Camera ha ritenuto di procedere a valutazioni diverse. Tuttavia, non c'è stata alcuna imboscata, perché, com'è noto, noi non condividiamo la politica in materia di immigrazione che informa la cosiddetta legge Bossi-Fini; pertanto, non essendo stato possibile introdurre la disposizione nel provvedimento in esame, sarà cura della maggioranza e del Governo riproporla, magari con una formulazione più ampia, in occasione di un futuro provvedimento.
Per quanto riguarda le considerazioni del collega Fugatti a proposito dell'ultima relazione dell'Antitrust sul costo dei conti correnti in Italia, vorrei invitare il collega a riflettere su un dato. Premesso che siete stati al Governo fino a pochi mesi fa, cos'ha fatto il vostro Governo per evitare che i costi dei conti correnti - che sono realmente elevati - raggiungessero livelli esorbitanti? Quelle che abbiamo introdotto saranno anche misure parziali - e sarà necessario, forse, intervenire ulteriormente -, ma gli unici provvedimenti riguardanti la portabilità dei conti, l'eliminazione delle commissioni di massimo scoperto e l'eliminazione delle spese di estinzione del mutuo per la prima casa sono stati adottati - guarda caso - dal Governo in carica. Si tratterà anche di misure limitate e parziali, ma resta il fatto che il Governo ha cominciato ad incidere su un settore importante e delicato dell'economia del nostro paese, con l'intento di suscitare maggiore concorrenza all'interno del sistema del credito del nostro paese. Onestamente, consiglierei alla Lega cautela e riflessione maggiori quando si parla di banche. Non è necessario andare molto indietro nel tempo: basta soffermarsi sulle vicende che hanno riguardato il Governatore della Banca d'Italia Fazio e la Banca popolare di Lodi (e mi fermo qui)!
Tornando al merito del provvedimento, credo che tutti siano consapevoli del fatto che il decreto-legge in esame è caratterizzato, sostanzialmente, dal recepimento nel nostro ordinamento (e nelle istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia) degli accordi Basilea II. I colleghi sanno che l'attuale accordo sul capitale Basilea II, che risale al 1988, ha introdotto, per la prima volta, la regolamentazione del patrimonio di vigilanza, da determinare a fronte del rischio di credito. In sintesi, il vecchio accordo sul capitale definiva l'obbligo delle banche di accantonare capitale nella misura dell'8 per cento del capitale erogato, allo scopo di garantire solidità alla loro attività. Questa prima misura aveva degli obiettivi, quelli di Basilea I, che in sostanza erano quelli di garantire la patrimonializzazione del sistema bancario e una maggiore stabilità, nonché di iniziare a scrivere le prime regole della competizione internazionale; ma quell'accordo aveva anche dei limiti e forse non poteva che averli. Era un accordo essenzialmente statico, che mancava di dinamicità, non prendendo ad esempio in considerazione il grado di diversificazione del portafoglio: ad esempio l'8 per cento di accantonamento poteva essere giudicato eccessivo per una controparte poco rischiosa e troppo poco per una controparte giudicata maggiormente rischiosa.
È dal 1999 che è in corso un processo di revisione degli accordi sul capitale stipulati nel 1988 e ci sono voluti diversi anni per approdare a quello che comunementePag. 50viene definito Basilea II 2, per adeguare cioè il vecchio accordo sul capitale al mutato contesto internazionale.
Sin dal 2006 Basilea II è reso operativo anche nel nostro paese, essendo stato recepito, seppur con un provvedimento urgente, alla fine dello scorso anno. Basilea II è quindi il nuovo accordo sui requisiti patrimoniali delle banche e, in base ad esso, le banche dei paesi aderenti dovranno accantonare quote di capitali proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti, valutando ciò attraverso lo strumento del rating.
Il contenuto del nuovo accordo si articola sostanzialmente su tre pilastri. Il primo di essi riguarda i requisiti patrimoniali minimi ed è in sostanza l'affinamento di quella misura di Basilea I che richiedeva un accantonamento dell'8 per cento. Con Basilea II si tiene conto del rischio operativo e del rischio di mercato.
Il secondo pilastro è il controllo delle banche che assumono un potere più forte, centrale, importante. Le banche centrali avranno maggiori discrezionalità nel valutare l'adeguatezza patrimoniale delle banche controllate.
Infine, il terzo pilastro riguarda la disciplina del mercato e della trasparenza. Sono previste regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulle loro gestioni. Basilea II è quindi un accordo importante, rivolto direttamente al nostro sistema economico, che è fatto in gran parte di piccola e piccolissima impresa, per di più, che si alimenta principalmente dal sistema bancario. È quindi con grande attenzione e cautela che ci accostiamo al nuovo accordo sul capitale, che lega con maggiore aderenza il fabbisogno di capitale a rischio sottostante ad un finanziamento o ad un investimento e può significare che il costo di quel finanziamento è maggiormente sensibile al rischio implicitamente contenuto.
Con il provvedimento al nostro esame - come ho già detto in discussione sulle linee generali, ma vorrei ripeterlo - non siamo in presenza della semplice traduzione italiana della normativa europea. Vi è stato uno sforzo di adattamento alle specifiche esigenze della nostra realtà economica, fatta - come dicevo prima - di piccola e piccolissima impresa. Un esempio delle integrazioni tra la normativa generale e le peculiarità del sistema economico italiano - e mi avvio a concludere - è il trattamento di garanzia offerto dai consorzi di garanzia fidi.
Vorrei concludere, ribadendo il nostro voto favorevole al decreto-legge in esame, con una raccomandazione al Governo. Abbiamo recepito con questo provvedimento gli accordi di Basilea II, che sostanzialmente vanno a modificare il testo unico bancario e quello della finanza. Nei prossimi giorni dovremo discutere il recepimento di altre direttive (la MiFID o l'OPA comunitaria), che vanno ad incidere profondamente sui testi unici bancario e della finanza.
Vorremmo evitare il rischio che il recepimento successivo di questa serie di normative perdesse di vista il contenuto principale - l'obiettivo di fondo - di adattare alla situazione odierna una normativa approvata ormai diversi anni fa e forse (sicuramente) non più adeguata alla tutela dei mercati finanziari. Quindi, vi è la necessità di un confronto in sede di Commissione finanze sugli obiettivi di fondo che sottostanno alla revisione dei testi unici di finanza e bancario.
Per tutte queste considerazioni, nel ringraziare la relatrice per il lavoro svolto, dichiaro il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, a nome del gruppo DC-PSI che rappresento, voglio anch'io portare con la mia dichiarazione di voto su questo provvedimento un contributo in materia di disposizioni urgenti per il recepimento di due importanti direttive comunitarie. Si parla di Basilea II e dell'Agenzia nazionale per i giovani.Pag. 51
Quest'aula sorda, demotivata ed assente aveva l'occasione di mostrarsi accanto alla gente, avvicinando il popolo ai suoi rappresentanti, ed invece l'ha perduta. Infatti, ancora una volta ci siamo appiattiti su un Governo che non rappresenta più né l'Italia né gli italiani, proseguendo nel contrasto tra maggioranza ed opposizione che certamente non fa l'interesse del popolo italiano.
Le agenzie ed i giornali riportano oggi che le nostre banche guadagnano il doppio rispetto a quelle spagnole e sei volte tanto rispetto a quelle dei Paesi Bassi. Eppure non abbiamo fatto nulla per mitigare e frenare questa speculazione.
Ma cosa diciamo al popolo sovrano e alla gente quando ritorniamo tra di loro? Cosa abbiamo fatto? La minoranza dirà di aver cercato di modificare la legge con alcuni emendamenti, mentre la maggioranza risponderà di aver dovuto continuare a dare fiducia ad un Governo che neppure essa riconosce più.
Colleghi e colleghe (l'onorevole Del Bue mi sta tirando la giacca perché dovrei dire anche «diversi e diverse»), se fossimo presi uno ad uno sapremmo quale sarebbe il nostro dovere e cosa dovremmo fare. Non dobbiamo permettere la speculazione di questi gruppi bancari che sono al potere ed al governo dell'Italia. Quando sentite i vostri capi affermare di avere una banca, non lo dicono per vostro conto o in vostro nome, lo dicono per loro stessi e non per gli interessi degli italiani. Quando sentite che il capo dell'Esecutivo manda Rovati a comprare la Telecom, non lo fa per l'Italia o per gli italiani, ma per se stesso e per i suoi. Quando ascoltate intercettazioni in cui si dice: «mi hanno sbancato», vuol dire proprio «sbancato» e non «sbiancato».
Avevamo questa importante occasione in un settore così cruciale e non possiamo far finta di non conoscere il problema. Si parla di accesso alle attività degli enti creditizi, di adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento, di assistenza a terra negli aeroporti, dell'istituzione dell'Agenzia nazionale per i giovani, di prelievo venatorio. Abbiamo problemi di competitività per le nostre aziende e per la nostra economia, nonché di reciprocità, perché esistono Parlamenti che tutelano effettivamente i loro cittadini, a differenza di quelli di altri paesi, compresa l'Italia.
Ebbene, avevamo a disposizione questa grossa occasione e tuttavia sento dire che siamo una società feudale. Peggio, siamo una società dittatoriale dove il Parlamento non fa valere le sue prerogative per migliorare la legge, non va contro alcuni interessi e non fa quello che chiede la gente. Poi ci lamentiamo che i cittadini sono distanti dalla politica! Siamo noi a tenerli a distanza.
In questo momento sia chi vota a favore sia chi vota contro sbaglia, poiché chi vota a favore non si pronuncia nei confronti di una giusta legge - come nel desiderio di ogni italiano - e chi vota contro non può non recepire Basilea II o l'Agenzia nazionale per i giovani. Quindi, visto che ormai, grazie al cardinal Ratzinger, Benedetto XVI, il limbo non c'è più, anche chi si astiene come noi potrà andare in paradiso; all'inferno ci rimarrà solamente chi non ha voluto cogliere questa occasione per approvare un provvedimento vicino ai bisogni della gente e che porta avanti gli interessi dei cittadini.
Guardate che non potete continuare a fare gli interessi di un Esecutivo che va incontro alle aspettative dei gruppi capitalistici internazionali! Questo è un Governo che porta sfortuna: da Moro in poi ha portato sfortuna! Poi ci sono sempre i soliti attori, ed è per questo che...

GIANCLAUDIO BRESSA. Imbecille!

LUCIO BARANI. Signor Presidente, lo so che la verità fa male e che c'è qualche pappagallo che fa «qua qua»: ci sono sempre i pappagalli, sono dappertutto. In ogni caso, visto che si sta parlando anche di legge venatoria e della Comunità europea, anche i pappagalli debbono essere presi in considerazione!
Quindi, il mio gruppo non si pronuncerà, poiché come socialisti riformisti ci assumiamo la responsabilità di astenerciPag. 52contro dei massimalisti che vogliono solo il male dell'Italia e degli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Democrazia Cristiana-Partito Socialista, Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo molto brevemente per sottolineare di nuovo, anche in questa fase, che il decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297 contemplava - come ricordato da molti colleghi - molti argomenti, essendo un testo composito; desidero richiamare in particolare l'articolo 4 che, anche se si sostanzia in sole tre righe, è di grande ed attualissima importanza.
Alcuni colleghi hanno riassunto la valenza di tale previsione normativa relazionandola alle scadenze sull'apertura della caccia. No, colleghi, questo provvedimento - l'articolo 4 in particolare - rappresenta l'estremo tentativo del Governo italiano di riportare, almeno parzialmente, all'interno della legalità europea uno dei settori più contestati dalla Comunità europea rispetto alle direttive.
Le regioni italiane continuano a legiferare in deroga non solo ai calendari, ma anche alle specie cacciabili; continuiamo ad innescare procedure d'infrazione, con possibili condanne milionarie, perché una parte degli italiani intende cacciare in modo illegittimo rispetto ai calendari di caccia ed alle specie cacciabili.
Questo provvedimento sana la situazione rispetto ad una legge della regione Liguria - la n. 36 del 31 ottobre 2006 - che violava palesemente le direttive europee «Uccelli» ed «Habitat». Nello stesso momento in cui il Governo emanava il provvedimento di sospensione, come richiesto in modo inusitato e grave dalla Corte di giustizia, la legge regionale è stata abrogata dal consiglio regionale ligure che, evidentemente, si è reso conto di aver esagerato. In ogni caso, non è andata proprio così, dal momento che nello stesso momento in cui veniva l'abrogata una legge che aveva manifestato tutti i suoi effetti, essendo stata sospesa dal Governo e poi abrogata del tutto, la regione Liguria ha deliberato di impugnare presso la Corte europea l'ordinanza in materia. Quindi, stiamo parlando di un procedimento che rimane aperto e di un contenzioso che si trascinerà per anni.
L'importanza del provvedimento e dell'articolo 4, il fatto che il Governo - permettetemi, il ministro Emma Bonino - abbia inserito in questo provvedimento un articolo di sospensione di una legge regionale è il segno che è cambiata l'impostazione dell'Esecutivo. Non si potrà più tollerare che le regioni approvino, come hanno fatto recentissimamente la Lombardia e il Veneto, norme che sono palesemente e clamorosamente in contrasto con le direttive europee, non solo per un senso di difesa e di tutela della fauna selvatica, ma per l'interesse del paese di tutelare il proprio ambiente, la propria fauna, i propri cittadini e le proprie organizzazioni di categoria, come anche gli agricoltori italiani, evitando le ammende pesantissime che la Comunità europea dovrebbe infliggere.
Quindi, si tratta di un provvedimento importante. Fosse anche soltanto per le tre righe dell'articolo 4, questo provvedimento del Governo è esemplare e da votare con convinzione (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fundarò. Ne ha facoltà.

MASSIMO SAVERIO ENNIO FUNDARÒ. Signor Presidente, il provvedimento che l'Assemblea sta per approvare, pur affrontando materie tra loro obiettivamente differenti ed eterogenee, riteniamo conservi sostanzialmente una sua indubbia omogeneità. Tale omogeneità nasce dalle finalità di fondo, che sono quelle di rispettare gli obblighi comunitari attraverso il recepimento di direttive o l'adempimento di sentenze della Corte di giustizia europea. Proprio in virtù di ciò, riteniamoPag. 53che sia stato pienamente giustificato il ricorso ad un decreto-legge, stante la necessità e l'urgenza di provvedere ai previsti obblighi comunitari. Questo vale per tutti gli articoli del provvedimento.
Vale per l'articolo 1, con cui viene data attuazione alla direttiva 2006/48/CE, relativamente alle funzioni di vigilanza sulle banche, sugli istituti di moneta elettronica e sui gruppi bancari, nonché all'attuazione delle misure derivanti dall'accordo di Basilea sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali per la vigilanza bancaria. Voglio ricordare che l'articolo trova fondamento anche alla luce del fatto che nel dicembre 2005 la Commissione europea ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora in relazione alle disposizioni della normativa italiana che disciplinano decisioni dell'Autorità di vigilanza relative all'acquisizione di partecipazioni in banche italiane da parte di banche di altri Stati membri dell'Unione europea.
Anche l'articolo 2 mira a dare attuazione alle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, attraverso modifiche al testo unico in materia di intermediazione finanziaria. L'articolo 4 provvede all'esecuzione dell'ordinanza della Corte di giustizia europea del 2006, che chiede all'Italia di sospendere l'applicazione della legge della regione Liguria n. 36 del 2006, con la quale sono state stabilite deroghe alle specie cacciabili per la stagione venatoria 2006/2007. Non possiamo non valutare positivamente l'auspicato intervento urgente nei confronti di questo atto legislativo della regione Liguria, per il mancato rispetto della normativa comunitaria.
Il Governo era già intervenuto sulla materia, emanando la scorsa estate il decreto-legge n. 251, successivamente decaduto, con il quale, tra l'altro, si prevedeva la sospensione degli effetti delle deroghe adottate dalle regioni in difformità dall'ordinamento comunitario e statale, nonché l'abrogazione e l'annullamento delle leggi e degli atti regionali difformi.
Mi fa piacere, peraltro, sottolineare che, proprio grazie al lavoro parlamentare dei Verdi, il comma 1226 dell'ultima legge finanziaria prescrive alle regioni e alle province autonome di attuare quanto previsto dagli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, relativamente all'attuazione della direttiva in materia di conservazione degli habitat naturali, della flora e della fauna selvatica, e ciò al fine di evitare ulteriori procedure di infrazione in sede comunitaria.
Ricordo che, nell'ambito della procedura di infrazione n. 2131 del 2006, la Commissione europea aveva rilevato che ben 13 regioni avevano legiferato sulle deroghe in materia di caccia, in palese contrasto con le direttive comunitarie, abusando del meccanismo delle deroghe per cacciare specie protette e allungare i periodi di caccia previsti dalla legge nazionale. Non possiamo, quindi, che vedere con favore l'articolo 4 del provvedimento.
Con l'articolo 5, infine, viene istituita l'Agenzia nazionale per i giovani e l'assegnazione di risorse per circa 885 milioni di euro da destinare alle politiche giovanili. Anche in questo caso sussiste la necessità di dare attuazione alla decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 novembre 2006. Tra gli obiettivi generali del programma dell'Agenzia nazionale rientra lo sviluppo della solidarietà e della tolleranza fra i giovani, in particolare per rafforzare la coesione sociale dell'Unione europea e sviluppare la cooperazione nel settore della gioventù dell'Unione.
Importante è anche il contributo che verrà dato allo sviluppo della qualità dei sistemi di sostegno alle attività dei giovani. È un ulteriore segnale di attenzione di questo Governo e di questa maggioranza nei confronti dei giovani. Confidiamo che, insieme al Ministero di nuova istituzione, questa agenzia dia un impulso serio per un'inversione di tendenza in questo settore.
Per tutte queste motivazioni, signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo dei Verdi a questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

Pag. 54

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo brevemente per sottolineare due aspetti.
Quanto al primo, credo che, in aggiunta a quanto è stato detto su questo provvedimento, si debba segnalare come la maggior parte delle scadenze non sia improvvisata, poiché queste erano in agenda già da molto tempo. Quindi, l'utilizzo del decreto-legge con la relativa procedura d'urgenza per fatti che andavano a scadenza naturale mi pare un abuso. I provvedimenti potevano essere valutati singolarmente, con un'assegnazione alle singole Commissioni: questo sarebbe stato più razionale per un corretto coinvolgimento della Camera dei deputati, vale a dire per consentire una corretta ripartizione delle competenze. Su questo tema, oltre tutto, non sono solo perché la Corte costituzionale ha già stigmatizzato più volte l'abuso di questi strumenti. Infatti la procedura d'urgenza interviene quando c'è un'urgenza, vale a dire quando si verifica un fatto imprevisto. Qui di imprevisto non c'era alcunché. Quindi, credo che di ciò il Governo debba quantomeno tener conto nel prosieguo della sua attività.
Quanto al secondo aspetto, durante il dibattito ho sentito qualcuno sostenere - alla faccia del dettato della nostra Costituzione! - che una mera condanna in primo grado è di per sé sufficiente per infliggere sanzioni sul piano effettivo. Signor Presidente, la Costituzione parla chiaro: il nostro non è un sistema colpevolista; è un sistema che, nel momento in cui non si hanno certezze assolute, predilige la presunzione di innocenza. Se questo è, capisco che avere nel partito una persona che ha costruito una carriera sulle sanzioni applicate prima dello svolgimento dei processi possa essere comodo, ma credo che ciò non sia sufficiente per orientare l'attività legislativa della Camera, che deve comunque rispettare il dettato costituzionale.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 2112-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2112-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 2112-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297, recante disposizioni urgenti per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e per l'adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio (2112-A).

Presenti 479
Votanti 474
Astenuti 5
Maggioranza 238
Hanno votato 259
Hanno votato no 215

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che i deputati Ciro Alfano e Mele non sono riusciti a votare.

Pag. 55

Sull'ordine dei lavori (ore 17,15).

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, come lei sa, il successivo punto all'ordine del giorno concerne il seguito della discussione del testo unificato riguardante la riforma dei servizi di sicurezza. Per intese raggiunte all'interno della Commissione, preferiremmo che questo tema venisse rinviato a giovedì, perché la Commissione stessa abbia il tempo di esaminare i numerosi emendamenti che sono stati presentati, alcuni molto seri ed importanti. Le chiedo, perciò, di passare alla trattazione del successivo punto all'ordine del giorno, fermo restando - se lei è d'accordo, Presidente - che il provvedimento in questione figurerà al primo punto dell'ordine del giorno della seduta di giovedì prossimo.

PRESIDENTE. La proposta avanzata dal presidente Violante è nel senso di passare immediatamente all'esame del punto 4 dell'ordine del giorno, che concerne il provvedimento relativo all'istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (previo esame e votazione della questione pregiudiziale), rimanendo inteso che il provvedimento in materia di servizi segreti sarà iscritto al primo punto dell'ordine del giorno della seduta di giovedì 8 febbraio.
Qualora tale proposta fosse accolta, nell'ordine del giorno della seduta di domani figurerebbero, nel medesimo ordine, tutti gli altri provvedimenti previsti per la seduta di oggi e non conclusi, riservandosi la Presidenza di inserire anche l'esame di documenti in materia di insindacabilità.
Avverto che, se non vi sono obiezioni, tale proposta si intende senz'altro accolta dall'Assemblea.
(Così rimane stabilito).

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Mazzoni; Mascia ed altri; Boato e Mellano; De Zulueta: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (A.C. 626-1090-1441-2018-A/R) (ore 17,18).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Mazzoni; Mascia ed altri; Boato e Mellano; De Zulueta: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di gennaio 2007 (vedi calendario).
Ricordo che la discussione sulle linee generali si è svolta il 12 dicembre 2006 e che, nella medesima seduta, l'Assemblea ha deliberato il rinvio in Commissione del testo unificato delle proposte di legge.
Ricordo, inoltre, che nella seduta del 12 dicembre 2006, ai sensi dell'articolo 40, comma 2 del regolamento, sono state presentate la questione pregiudiziale Maroni ed altri n. 1, nonché la questione sospensiva Maroni ed altri n. 1.
Come costantemente affermato dalla Presidenza, per un principio di continuità del procedimento, l'esame in Assemblea, dopo il rinvio in Commissione, riprende esattamente dal punto in cui esso si era interrotto con il rinvio. Dobbiamo, dunque, passare all'esame di tali strumenti.
A tale riguardo, faccio presente che la questione pregiudiziale è stata mantenuta dai presentatori anche con riferimento al nuovo testo. Essa, ovviamente, sarà esaminata e votata per le parti compatibili con il testo attualmente all'esame dell'Assemblea.
Per quanto attiene, invece, alla questione sospensiva, anch'essa mantenuta dai presentatori, poiché il termine previstoPag. 56nello strumento presentato risulta già scaduto, la stessa non sarà oggetto di esame.

(Esame di una questione pregiudiziale - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, all'esame della questione pregiudiziale Maroni ed altri n. 1, nella parte compatibile con il testo attualmente all'esame della Assemblea (vedi l'allegato A - A.C. 626-A/R ed abbinate sezione 1).
A norma del comma 3 dell'articolo 40 del regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
L'onorevole Cota ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Maroni ed altri n. 1, di cui è cofirmatario.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, debbo fare una premessa - che ha già fatto lei, in sede di introduzione - ossia che la questione pregiudiziale in oggetto era stata presentata con riferimento al testo precedente del provvedimento e, quindi, per alcuni aspetti, essa non è più attuale. Tuttavia, non avremmo potuto fare altrimenti che mantenere la vecchia questione pregiudiziale perché il regolamento impedisce di presentare una nuova questione pregiudiziale con riferimento al nuovo testo. Abbiamo mantenuto questa questione pregiudiziale perché, a nostro avviso, essa mantiene intatto - al di là della forma - tutto il suo significato politico. Infatti, il provvedimento che stiamo per esaminare è un qualcosa in più che contiene anche qualcosa in meno, ossia è un provvedimento che contiene sostanzialmente tutte le norme oggetto del precedente provvedimento, ossia quelle relative all'istituzione del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
Signor Presidente, nell'illustrare, dunque, per i motivi che ho detto, il contenuto e il significato della proposta, vorrei far presente che riteniamo di dover sospendere pregiudizialmente l'esame del provvedimento, perché con tutti i problemi che il paese presenta e con tutte le esigenze che occorre soddisfare, pensiamo davvero che una norma di questo tipo sia una norma «manifesto», con riferimento a problemi e a situazioni che non sono certamente prioritarie. Ritengo, anzi, che sia prioritario l'esame di problemi e di situazioni che sono specularmente opposti rispetto a quelle prese in esame dal provvedimento odierno. In particolare, riteniamo che oggi, più che parlare dell'esigenza di tutelare sistematicamente gli autori dei reati, vi sia un'esigenza opposta, ossia quella di dare più tutele alle vittime dei reati.
Questo provvedimento rispecchia, invece, la finalità che questa maggioranza sta da sempre mettendo in evidenza, ossia quella di tutelare gli autori dei reati, dandogli una prevalenza e una priorità costante. Lo abbiamo visto con l'indulto, in cui si è seguita la filosofia che, ogni volta, il ministro della giustizia, ma anche le forze politiche che compongono la maggioranza, mettono in campo.
Questo provvedimento, quindi, si occupa di due questioni: sostanzialmente, vi è una parte relativa ai diritti umani e un'altra relativa all'istituzione di un garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, che è garante anche per quanto riguarda i diritti umani.
Mi chiedo cosa voglia dire tutto ciò. Vuol dire che da noi non esistono e non vengono rispettati i diritti umani, ossia che siamo in un sistema non democratico, che richiede l'istituzione di una figura di questo tipo? Se, invece, l'istituzione di questo organismo ha delle esigenze di carattere internazionale, perché si vuole chiedere il rispetto dei diritti umani sul piano internazionale, riteniamo che l'istituzione di un garante crei un'inutile sovrapposizione con le competenze del Ministero degli affari esteri. Vorrebbe dire che il Ministero degli affari esteri non è in grado di svolgere efficacemente il suo lavoro e che, quindi, andrebbe commissariato.Pag. 57
Questa può essere certamente una opzione, ma, ovviamente, dovrebbe essere esplicitata dal punto di vista politico. Noi, da questo punto di vista, raccoglieremmo un segnale politico, che proviene dalla stessa maggioranza.
L'altro aspetto riguarda le persone detenute. L'istituzione di un garante per le persone detenute, come dicevo prima, dà un messaggio sbagliato all'esterno, perché è come se dessimo sempre la preferenza agli autori dei reati, piuttosto che alle vittime. Lo stesso è stato fatto con l'indulto, con il quale sono stati fatti uscire di galera migliaia di delinquenti, anche pericolosi. E lo ripetiamo oggi, per l'ennesima volta, con questo provvedimento.
Vi sono, inoltre, forti preoccupazioni dal punto di vista tecnico, perché si crea una sovrapposizione con le competenze del magistrato di sorveglianza, prevedendo addirittura, con riferimento ai reclami ex articolo 35 dell'ordinamento penitenziario, la possibilità di ricorrere alternativamente al magistrato di sorveglianza o al garante.
Certamente, in questo modo, si crea un problema di ordine politico, perché vuol dire che, se si istituisce questo garante, la magistratura di sorveglianza non funziona. Che la magistratura, per tanti aspetti, non funzioni, può anche essere vero - io dico che è vero -, però, se la magistratura non funziona, bisogna rivolgersi al Consiglio superiore della magistratura e affrontare il problema per quello che è, senza creare un altro organismo. Bisogna dire se e come la magistratura non funziona e che cosa si intende fare per farla funzionare. Ed anche che qui vi è un sostanziale commissariamento della magistratura di sorveglianza, con problemi anche di carattere costituzionale. Infatti, ricordo come, per univoco orientamento della Corte costituzionale, tutta la fase di esecuzione della pena sia stata pienamente giurisdizionalizzata. Questo principio è riconosciuto dalla Corte costituzionale.
Quindi, istituire un organismo al quale ci si può rivolgere, in alternativa al magistrato di sorveglianza, per sottoporre tutta una serie di questioni e di reclami, che attengono all'esecuzione della pena, ai sensi dell'articolo 35, sottende una grave violazione della Costituzione. Per esempio, vi è una violazione del principio secondo il quale ci si deve rivolgere al giudice naturale precostituito per legge.
Qui si afferma che il giudice naturale precostituito per legge va bene alcune volte e non va bene altre volte, perché in alternativa ci si può rivolgere a questo garante che, peraltro, ha meccanismi di nomina assolutamente politici e, quindi, appare come un giudice diverso e non imparziale come teoricamente dovrebbe essere il magistrato di sorveglianza.
Questo provvedimento, oltre ad essere profondamente sbagliato dal punto di vista del messaggio che fornisce, è sbagliato anche dal punto di vista tecnico e appare incostituzionale, creando soltanto un inutile carrozzone. Spiegheremo perché siamo contrari a tale testo, per il momento ci siamo limitati ad illustrare questa questione pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Alleanza Nazionale aderisce alla questione pregiudiziale formulata dai colleghi Maroni, Cota e Stucchi. Infatti, tale questione è assolutamente fondata, basandosi in via principale sulla tematica della sovrapposizione delle competenze.
Non vi è alcun dubbio che si infligge un colpo decisivo all'operatività e alle prerogative della magistratura di sorveglianza. Tale magistratura - che è stata istituita da diversi anni proprio con l'intento di godere di un potere attendibile ed affidabile - si è enfatizzata, reclamando mezzi, strutture ed organici adeguati a far funzionare questo organismo. Oggi, in maniera strumentale ed assolutamente inaccettabile, sostenendo che vi sono troppi spazi di malfunzionamento e troppe inadeguatezze, si invoca l'istituzione di un altro organismo con competenze alternative che largamente interagiscono l'una con l'altra, sovrapponendosi.Pag. 58
Se i colleghi volessero procedere ad un esame oggettivo della questione, si potrebbero accontentare di leggere la parte introduttiva della norma che istituisce questo nuovo organismo nonché la parte introduttiva della legge che prevede le competenze e le finalità istitutive della magistratura di sorveglianza per vedere che vi è assoluta sovrapponibilità, addirittura nei termini testuali. Si ravvisa infatti un'identità di competenze, di prerogative e di finalità di entrambi gli organismi.
Quindi, la questione si pone con un'evidenza della quale dovrebbe farsi preoccupato carico chiunque abbia a cuore il bene delle istituzioni, del sistema e anche della correttezza dell'esecuzione delle pene da espiare.
Nella fase di esame del merito del provvedimento, forniremo puntuali e numerosi esempi di questa sovrapposizione e dei problemi che ne possono derivare. Aggiungo che lo stesso iter del provvedimento ha dato luogo ad una sorta di ramo più grande del tronco; nel senso che, partendo dall'istituzione di questo ufficio del garante dei diritti del detenuto, lo si è voluto innestare su qualcosa di diverso, vale a dire su una commissione che deve presiedere al rispetto e alla promozione dei diritti umani in senso generale. Tuttavia, appare più esile il tronco che così si istituisce che non il ramo; infatti, questo garante dei diritti del detenuto dovrebbe essere una sezione della più vasta commissione di tutela dei diritti umani. Quindi, la questione pregiudiziale, da questo punto di vista, è assolutamente fondata.
Mi chiedo e ci chiediamo quante questioni sorgeranno nell'applicazione delle norme e nel funzionamento dell'istituto e quanti e quali problemi emergeranno. Inoltre, svolgendo una considerazione che si colloca a metà strada tra la questione pregiudiziale e l'esame del merito del provvedimento, faccio presente che chiunque avesse veramente a cuore il buon funzionamento delle istituzioni, la loro affidabilità e, in definitiva, anche i destinatari dei poteri e delle facoltà degli organi istituzionali dovrebbe porsi il problema delle contraddizioni che potranno sorgere e della paralisi che potrà derivare nel funzionamento delle istituzioni. Tutto questo, lo ripeto, si pone al di là dei profili che mi sono permesso di definire secondari, anche se di altrettanta delicatezza, contenuti nella questione pregiudiziale, cioè i profili relativi alle qualifiche e ai requisiti di coloro che dovrebbero far parte di questo organismo e alla nomina del suo presidente da parte dei Presidenti delle Camere. Si tratta di problemi che hanno un serio fondamento.
Concludo questo intervento, riservandomi di intervenire nuovamente nella discussione del merito del provvedimento, affermando che, dal punto di vista della tutela dei diritti umani, il nostro gruppo parlamentare sarebbe tutt'altro che insensibile e saremmo apertissimi alla verifica, alla tutela e alla promozione di tali diritti, ma non mediante strumenti assolutamente inidonei come questo, che entra in diretto conflitto con organismi che non devono essere cancellati o espropriati delle loro prerogative e il cui corretto funzionamento deve essere assicurato.
Per queste ragioni, che sono di principio ma anche di ordine pratico, voteremo a favore sulla questione pregiudiziale presentata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, svolgo, a nome di tutti i gruppi parlamentari dell'Unione, una dichiarazione di voto contrario sulla questione pregiudiziale presentata dai colleghi della Lega Nord Padania.
Com'è evidente dalla lettura del testo, non siamo di fronte ad una pregiudiziale di costituzionalità. In essa, infatti, non è contenuta alcuna obiezione e alcuna riserva sotto il profilo della costituzionalità. Siamo di fronte, invece, ad una pregiudiziale di merito in base alla quale si ritiene di non dover passare all'esame degli articoli per alcune obiezioni proprio sul testo della proposta di legge.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,35)

MARCO BOATO. Tuttavia, come la Presidenza ha giustamente ricordato poc'anzi, la questione pregiudiziale in esame è riferita al testo precedentemente sottoposto all'esame dell'Assemblea dalla Commissione affari costituzionali il 12 dicembre 2006. Quel testo riguardava soltanto il Garante dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale. Il presente testo unificato delle proposte di legge, che recano, tra le altre, le firme dei colleghi Mazzoni, Mascia e Boato, riguarda più in generale - questo è stato il mandato che la Commissione ha ricevuto dall'Assemblea il 12 dicembre scorso - l'istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e, al suo interno, come specifica l'articolazione, l'istituzione del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
A questo proposito, voglio ricordare ad alcuni dei colleghi del centrodestra che sono intervenuti che una figura analoga, sia pure con diversi poteri, ovviamente, è stata già istituita in molte regioni, alcune delle quali governate da maggioranze di centrodestra: mi riferisco alla Lombardia - al cui governo partecipa anche la Lega Nord Padania - e alla Sicilia, ma anche alla Toscana, all'Umbria, al Lazio, alla Campania e alla Puglia. In tutte queste regioni è stata già istituita la figura del garante regionale, al pari della provincia di Milano e dei comuni di Torino, Biella, Brescia, Bologna, Firenze, Pesaro, Roma, Reggio Calabria e Nuoro.
La principale obiezione contenuta nella questione pregiudiziale riguarda o, per meglio dire, riguardava la copertura finanziaria. Bisogna riconoscere che, ormai, il problema è stato positivamente risolto con l'aiuto della Commissione bilancio - che, in una fase precedente, aveva espresso parere contrario e che ci ha indotti, quindi, a cercare una nuova copertura finanziaria -, con l'aiuto del Governo, in particolare del Ministero dell'economia, e con la disponibilità, per quanto riguarda il 2008, anche del Ministero per la solidarietà sociale.
Le altre obiezioni contenute nella questione pregiudiziale sono esclusivamente e letteralmente poste in termini di opportunità. Si tratta di obiezioni che dovrebbero essere poste non in termini di pregiudizialità ma dovrebbero essere rinviate al momento dell'esame del merito del testo unificato delle proposte di legge, che affronteremo fra breve.
La principale preoccupazione sollevata, evidenziata negli interventi che mi hanno preceduto, riguarda il rischio di una sovrapposizione di poteri tra il ruolo del Garante, da una parte, e la magistratura di sorveglianza, dall'altra. Anche questa obiezione è stata ormai superata dal testo unificato delle proposte di legge al nostro esame sotto diversi profili.
Mi limito a ricordare l'articolo 11, comma 1, lettera b), riguardante le funzioni ed i poteri del Garante, l'articolo 12, comma 2, dove il ricorso al Garante non si sovrappone ma è posto in alternativa rispetto al ricorso al magistrato di sorveglianza e, da ultimo, l'articolo 13, comma 5, riguardante il procedimento, laddove si prevede: «Se gli uffici sovraordinati decidono di non accogliere la richiesta, il Garante trasmette il reclamo al magistrato di sorveglianza, che decide ai sensi dell'articolo 69, comma 6» dell'ordinamento penitenziario. Quindi, l'ipotizzata sovrapposizione è stata esclusa dal provvedimento.
Anche l'ultima obiezione, relativa alla nomina del presidente della Commissione da parte dei Presidenti delle Camere d'intesa tra loro, non tiene conto del fatto che si tratta di una procedura già più volte adottata, che rappresenta un elemento di garanzia per tutti in merito all'autonomia ed all'indipendenza dell'organo da istituire.
In realtà, come ho già ricordato, tutte le obiezioni non sono di costituzionalità ma di merito, o addirittura di opportunità, e sono riferite al testo precedente al rinvio in Commissione.Pag. 60
Il riesame da parte della Commissione affari costituzionali ha portato a presentare un testo che prevede la costituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela di diritti umani in positiva, anche se tardiva, risposta alla risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU n. 48/134 del 20 dicembre 1993, che risale quindi a 13 anni fa...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Boato.

MARCO BOATO. ...che ha visto l'adempimento da parte di decine di paesi e di Stati, anche europei, e che ha trovato l'Italia inadempiente.
Questa è la ragione per cui, anche in riferimento alla proposta di legge De Zulueta presentata alla Camera, e alle proposte Iovene e Pianeta presentate al Senato, abbiamo elaborato il nuovo testo al nostro esame.
Questi sono i motivi per cui annuncio, a nome di tutti i gruppi dell'Unione, il voto contrario alla pregiudiziale presentata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, la pregiudiziale è datata, come hanno riconosciuto gli stessi presentatori, dal momento che si riferisce ad un testo precedente rispetto a quello poi modificato dalla I Commissione oggi all'esame dell'Assemblea. Vi è una differenza profonda tra i due testi. Noi stessi, in occasione della discussione generale sul testo pregresso, avevamo espresso riserve circa il rischio di confusione tra le competenze della magistratura di sorveglianza e quelle del Garante. Oggi, avendo letto il testo, riteniamo che tali rischi non vi siano più.
È vero che all'articolo 12, comma 2, rimane la previsione che i reclami possono essere presentati alternativamente al Garante o al magistrato di sorveglianza, però, all'articolo successivo, l'articolo 13, comma 5, è scritto: «Se gli uffici sovraordinati decidono di non accogliere la richiesta, il Garante trasmette reclamo al magistrato di sorveglianza». Quindi, la competenza finale a decidere sui reclami è, comunque, del magistrato di sorveglianza, salvo che l'amministrazione penitenziaria non si adegui spontaneamente e non decida di adottare quei provvedimenti che vanno nella direzione presentata nel reclamo.
Penso di aver letto in maniera corretta il testo. In ogni caso, se la lettura non fosse quella da me considerata, invito il presidente della Commissione a darne un'interpretazione diversa.
Alla luce di ciò, se la pregiudiziale poteva, prima, avere un valore, ora non lo ha più. Perciò, con molta franchezza inviterei i presentatori a ritirare la questione pregiudiziale Maroni ed altri n. 1 in quanto non esiste più, oggi, la situazione di fatto sulla quale essa si fondava.
Comunque, nell'ipotesi che non intervenga il ritiro spontaneo dell'atto presentato, annuncio il voto contrario mio personale e del gruppo Italia dei Valori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) sulla questione pregiudiziale in esame.
Come hanno già rilevato i colleghi, si tratta sicuramente di un atto che non tiene conto del testo attuale del provvedimento; inoltre, incide solamente sulla parte del provvedimento compresa dall'articolo 10 all'articolo 14, che riproduce esattamente il testo della proposta di legge da me inizialmente presentata. Infatti, la proposta di legge di mia iniziativa aveva ad oggetto, inizialmente, esclusivamente la istituzione della figura del Garante delle persone private della libertà personale; poi, durante il lavoro svolto in Commissione, si è giunti ad una formulazione molto più ampia che ha quindi trasformato la proposta nel testo oggi all'esame dell'Assemblea. Testo che riguarda, invece, l'istituzione del Garante dei diritti umani; quindi, altro intervento, molto più ampio.Pag. 61
Le obiezioni formulate nel testo della questione pregiudiziale non sono per me condivisibili in quanto lo spirito contenuto nella formulazione iniziale della proposta di legge da me presentata era proprio contrario alle indicazioni fornite dai colleghi della Lega Nord nella loro questione pregiudiziale e contrario, altresì, alle preoccupazioni che essi rappresentano.
Il punto di vista che ho cercato di trasfondere in questa proposta di legge è proprio di quella parte della civiltà giuridica che ritiene di dovere garantire la tutela dei diritti fondamentali della persona anche a coloro che sono ristretti, anche a quanti siano privati della libertà personale. Purtroppo, la condizione attuale delle strutture penitenziarie in Italia non consente la piena tutela di questi diritti fondamentali; nonostante siano 'abusati' gli argomenti della condizione carceraria e del dramma della stessa, non si è ancora apprestata una soluzione idonea a risolvere i problemi gravi che la persona si trova a dover affrontare quotidianamente all'interno di tali strutture. Si mettono così in discussione i principi costituzionali, i quali prevedono, peraltro, anche la funzione rieducativa e di risocializzazione della pena e quindi del percorso di vita che la persona compie all'interno delle strutture detentive.
Per farmi carico di questa esigenza, ho mutuato uno strumento che ha dato risultati positivi in altri ordinamenti democratici, sia europei che d'oltreoceano; si tratta di un istituto che non vuole in alcun modo interferire con la funzione della magistratura, come hanno già precisato i colleghi. Peraltro, durante i lavori svolti in Commissione, è stato ulteriormente precisato il punto relativo al rapporto con l'attività del magistrato di sorveglianza; a ciò aggiungo che, tra l'altro, oltre alla tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, con questo tipo di formulazione vi è anche la speranza che si possa realizzare un effetto deflattivo rispetto al carico di lavoro enorme dal quale è gravato il magistrato di sorveglianza.
Quanto alle obiezioni contenute in questa pregiudiziale sulla nuova formulazione adottata dal testo unificato, esse, dal nostro punto di vista, sono carenti. Sicuramente, infatti, anche noi, come gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), nutriamo talune perplessità sul testo unificato; perplessità che, però, formuleremo nella fase emendativa e di discussione del provvedimento in quanto non sono in alcun modo assimilabili alle obiezioni rappresentate con la pregiudiziale.
Pertanto, annuncio il voto contrario del mio gruppo sulla questione pregiudiziale Maroni ed altri n. 1 (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la posizione di Forza Italia esprime particolare rispetto per la questione proposta dalla Lega e illustrata dal collega Cota. Vi è anche particolare rispetto per la posizione dell'onorevole Benedetti Valentini e per l'illustrazione che ne ha fatto. Tuttavia noi riteniamo che quegli argomenti siano estremamente puntuali riguardo alla prima versione del provvedimento, mentre oggi ci troviamo, com'è già stato detto, di fronte ad un provvedimento che non vede più soltanto la figura del Garante per i detenuti ma vede anche quella del Garante dei diritti umani. Quindi, si tratta di un provvedimento più complesso, sul quale un giudizio di costituzionalità deve diventare per forza più complesso. Egualmente dicasi per quanto riguarda il giudizio di merito.
Noi abbiamo partecipato alla discussione in Commissione ed abbiamo avuto la soddisfazione di vedere accolti molti nostri emendamenti, ma soprattutto molti nostri principi. Il fatto che il testo unificato del provvedimento al nostro esame tenga conto della magistratura di sorveglianza e che la metta in alternativa al nuovo istituto del Garante dei detenuti fa sì che non si vada a nostro avviso a sostituire un giudice naturalmente precostituito, ma si vada a creare un'alternativa costituzionalmentePag. 62compatibile. Noi abbiamo criticato il provvedimento quando, a fronte di reclami, impulsi e provvedimenti dell'autorità amministrativa, erano previsti dei rimedi che noi ritenevamo poco compatibili, anche sul piano costituzionale. Oggi, come ha ricordato il collega Palomba, se gli uffici sovraordinati decidono di non accogliere le richieste, il Garante trasmette il reclamo al magistrato di sorveglianza, che decide ai sensi della legge penitenziaria. Questa è una norma di chiusura, che permette di stabilire che il magistrato di sorveglianza ha la decisione finale in relazione a tutta una serie di doglianze che passano attraverso il Garante.
Quindi questo miglioramento ci fa dire che, anche sotto questo profilo, il provvedimento è, a nostro avviso, ormai compatibile costituzionalmente. Per quanto riguarda il merito, noi vediamo luci ed ombre di questo provvedimento. Abbiamo presentato per l'esame in Assemblea numerosi emendamenti. Abbiamo l'aspettativa che diversi di questi possano venire approvati. Il nostro giudizio finale terrà conto di quanto accadrà in Assemblea e potrà essere positivo o negativo sulla base di una valutazione complessiva, tenendo conto anche del giudizio sui nostri emendamenti.
Pertanto annuncio che il gruppo Forza Italia si asterrà nella votazione sulla questione pregiudiziale presentata dai colleghi della Lega.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale Maroni ed altri n. 1 (nella parte compatibile con il testo attualmente all'esame dell'Assemblea).
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 469
Votanti 367
Astenuti 102
Maggioranza 184
Hanno votato
83
Hanno votato
no 284).

(Esame degli articoli - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo dunque all'esame degli articoli del testo unificato della Commissione.
Avverto che la Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 626 sezione 2).
Al riguardo, avverto che il parere della Commissione bilancio sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione è favorevole ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento, a condizione che, al fine di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, siano approvati gli emendamenti 1.500, 7.500, 7.501, 7.502, 8.500, 11.500 e 18.500 della Commissione.
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del regolamento, procedendo, in particolare, a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi l'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
A tal fine, il gruppo della Lega Nord Padania è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1 e 89 del regolamento, l'articolo aggiuntivo Mellano 11.060, limitatamente al comma 2, non previamente presentato in Commissione, in quanto volto a conferire poteri ispettivi, di cui all'articolo 11 del testo (con riferimento ai centri di permanenza temporanea e assistenza, alle camere di sicurezza eventualmente esistenti presso le caserme dell'arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza e presso i commissariati di pubblica sicurezza), anche ai consiglieri regionali nell'ambito della regione di competenza.

Pag. 63

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 626-A/R ed abbinate sezione 3).
Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, apprezziamo molto il lavoro che è stato svolto in Commissione sul provvedimento in oggetto che, come è stato ricordato, ha subito un'evoluzione: era partito con l'istituzione di un Garante dei detenuti e delle persone private della libertà personale e, in corso d'opera, in ragione delle sollecitazioni che sono giunte dalle Nazioni Unite e dal Comitato diritti umani dell'ONU e per tentare di aderire, in questo contesto, ad una organizzazione dei sistemi di tutela dei diritti umani più ampia, si è inteso modificare l'oggetto della proposta, ampliando la sfera di tutela, che non riguarda solo uno degli aspetti delle garanzie e delle libertà e dei diritti fondamentali, ossia la privazione della libertà personale; quindi, è stato ampliato l'oggetto di questa autorità.
Riteniamo utile ed opportuno che ciò avvenga. Crediamo che tutto ciò che lo Stato, il Parlamento e le istituzioni possono fare per migliorare la qualità della vita e la tutela delle persone nel nostro ordinamento (anche attraverso l'istituzione di autorità indipendenti con il compito di stimolare e di controllare l'operato dei Governi, delle amministrazioni, dei soggetti datoriali, anche privati), nonché il rispetto diritti umani, sia sempre utile e necessario.
Tuttavia - lo ripeto -, nutriamo una serie di perplessità che mi permetto di segnalare alla relatrice, collega Mascia, che ringrazio per il lavoro che ha svolto fino ad oggi.
Le perplessità partono dalla necessità di rendere coerente con il nostro ordinamento, con i nostri principi costituzionali e con le nostre norme costituzionali il sistema delle garanzie; altrimenti rischiamo di costruire un sistema asimmetrico, che, nell'indeterminatezza del concetto «diritti umani», rischia di non perseguire gli scopi per i quali vogliamo istituire questo Garante. Quindi, si rischia di creare un'autorità che o non produce effetti o produce effetti diversi da quelli che vogliamo.
Le perplessità riguardano gli articoli 2 e 3 del testo, il coordinamento tra queste due norme e le norme del Capo II, in particolar modo gli articoli 9 e seguenti, i quali disciplinano la sezione specializzata che riguarda i diritti delle persone detenute o private della libertà personale. In via sintetica, vorrei fare alcuni esempi, anche al fine di riuscire, nel corso di questo confronto parlamentare, ad apportare una serie di miglioramenti al testo.
Con riferimento all'articolo 2, ad esempio, ci sembra troppo ampio pensare ad un ruolo del Garante che lo veda soggetto e parte necessaria del procedimento normativo, sia che riguardi il Parlamento, sia che riguardi l'Esecutivo. Ci sembra una forzatura che il Governo debba sottoporre al Garante, necessariamente ed obbligatoriamente, i progetti di atti legislativi e regolamentari che possano avere un'incidenza sui diritti. Alla fine, posto che il concetto di diritti umani deve avere a nostro avviso un'accezione sempre più ampia, il rischio è che tale ruolo diventi un inutile appesantimento dell'attività normativa del Governo e del Parlamento e un vincolo, dal quale, poi, sia difficile discostarsi.
Riteniamo certamente opportuna l'attività di consulenza, ma, a nostro avviso, ci sembra più utile, anziché prevedere che essa debba essere necessariamente di iniziativa del Garante o del Governo, affidarla alla libera determinazione dei due organi autonomi, che assolvono a funzioni che possano e che debbano incontrarsi, ma non perché sia una legge a costringerlo. Anche in tal caso, il rischio è di provocare un appesantimento dell'attività del Garante, che potrebbe così diventare un organo burocratico, il quale, su ciascunaPag. 64iniziativa del Governo o del Parlamento, deve verificare che questa possa interessare o meno, in maniera diretta o indiretta, la tutela dei diritti umani.
Consideriamo positivamente la disposizione contenuta nella lettera g) dell'articolo 2, che prevede che il Garante riceva, dagli interessati o da associazioni che rappresentano particolari categorie di soggetti, segnalazioni relative a specifiche violazioni o limitazioni dei diritti di cui al comma 1 dell'articolo 1. Credo, però, che qui dovremmo ulteriormente approfondire, perché, anziché parlare di segnalazioni - ancorché non vincolando nella forma l'istanza che il singolo interessato o l'associazione rappresentativa faccia - sarebbe opportuno, se è nostra intenzione indicare come modello organizzativo e procedimentale, ad esempio, l'Autorità per la tutela della privacy, parlare di reclamo, prevedendolo, come è previsto nella parte che riguarda la tutela delle persone private della libertà personale, in via ordinaria e generale per tutte le attività del Garante, di cui il Garante dei detenuti è divenuta una sezione specializzata.
Se non precisassimo che si tratta di un rimedio alternativo a quelli previsti per la tutela dei diritti o comunque delle situazioni giuridiche soggettive protette dall'ordinamento, rischieremmo di fare confusione. Ciò anche perché il Garante interviene a seguito di questo tipo di segnalazione, e, laddove l'amministrazione o il soggetto privato non ottemperino, o non collaborino con esso, è lo stesso Garante a rivolgersi all'autorità giudiziaria.
Cosa succede, però, nel momento in cui il Garante dei diritti delle persone detenute ed il singolo soggetto interessato hanno, ancorché in momenti diversi, adito l'autorità giudiziaria per la tutela di tale interesse o di questa situazione giuridica? Si tratta di un elemento che, a mio avviso, deve essere chiarito.
Va altresì chiarita la procedura relativa alle condizioni di proponibilità o di procedibilità della segnalazione o del reclamo; altrimenti, sussiste il rischio, considerata l'ampia definizione oggettiva che si è voluto attribuire alla funzione del Garante, di «intasare» lo stesso di segnalazioni e di procedimenti. Il che comporta, sostanzialmente, la circostanza per cui tale autorità rischia di occuparsi di tutto, ma alla fine non si occupa di nulla.
Vi è ancora un altro aspetto da chiarire. Infatti, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 del provvedimento in esame stabilisce che, tra gli scopi della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani, rientra quello di promuovere la diffusione e la conoscenza delle norme che regolano la tutela dei diritti umani, attraverso percorsi informativi nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. Successivamente, però, alla lettera l) del medesimo comma si ribadisce tale disposizione, stabilendo che ciò deve avvenire attraverso collaborazioni non solo con le scuole, ma anche con le università. Credo, pertanto, che anche in questo caso dovremmo operare un coordinamento.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Sussiste la necessità di allineare - non solo per le ragioni che ho già esposto, ma anche per altre motivazioni, che illustrerò sinteticamente - la disciplina generale prevista per le funzioni e l'attività del Garante alla normativa speciale che, dall'articolo 9 in poi del testo, introduciamo per la sezione specializzata della Commissione che si occupa delle persone private della libertà personale. Vorrei rilevare, in altri termini, che non possiamo attribuire maggiori o minori poteri a tale sezione specializzata rispetto allo stesso Garante: pertanto, dobbiamo allineare il tipo di competenze, perché, in caso contrario, ve ne sarebbero due nell'ambito di uno stesso organismo.
Capisco che ciò nasca dalla decisione, assunta nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione, di ampliare l'oggetto dell'intervento del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Tuttavia, vorrei rilevare che, evidentemente, non possiamo stabilire - a maggior ragione, nel momento in cui prevediamo che tale Garante possa articolarsi in più sezioni specializzate - che una di queste abbia una disciplina specifica, poteri particolari e competenze specifichePag. 65che non valgono per altre. Dobbiamo operare, invece, un riallineamento, adottando una regolamentazione di carattere generale assolutamente comprensibile, anche sotto il profilo procedurale, per il beneficiario di tale strumento alternativo di tutela.
Anche nell'ambito di tale contesto, è evidente che l'articolo 3 debba essere rivisto, e non solo sotto il profilo dell'esercizio dei poteri sanzionatori (che ritengo corretti e che condivido). Ciò perché - come previsto, ad esempio, nel caso della disciplina concernente il garante per la protezione dei dati personali - i provvedimenti con cui il Garante dei diritti delle persone detenute applica una sanzione, oppure obbliga una amministrazione a conformarsi ad una determinata condotta, sono comunque atti soggetti al sindacato giurisdizionale.
Quindi, dobbiamo esplicitamente prevedere che, siccome anche il Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale può sbagliare, l'ultimo organo sovrano previsto dal nostro ordinamento per verificare se tali condotte siano o meno conformi deve essere sempre e comunque la magistratura. Di conseguenza, se mi dovesse essere immotivatamente applicata, ad esempio, una sanzione da 24 mila euro, debbo poter godere della garanzia di poter ricorrere ad un giudice per dimostrare che, a mio avviso, il Garante ha sbagliato e che il provvedimento da esso emanato è illegittimo.
In caso contrario, creeremo un sistema disancorato non solo da tutte le altre authority, ma anche da ciò che finora ha regolato il nostro ordinamento costituzionale e giuridico. Non credo che tutto ciò rappresenti un bene, perché costituiremmo una struttura che poi, alla fine, ingenererebbe aspettative alle quali non sarà possibile dare risposta.
Sono queste alcune delle ragioni, con ulteriori precisazioni che faremo poi nel corso della discussione dei singoli articoli e degli emendamenti al testo, che ci inducono ad essere prudenti e perplessi su alcune di queste disposizioni. Per questo motivo ci riserviamo di formulare alla fine del dibattito e delle votazioni il nostro voto sul testo in esame, pur condividendo - lo ripeto - la necessità dell'istituzione del Garante. Vorremmo però che vi fosse un «supplemento di istruttoria» almeno sulle disposizioni da noi citate proprio per renderle in linea ed organiche rispetto alle previsioni del nostro ordinamento costituzionale e di quello giuridico (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Presidente, di fatto l'onorevole D'Alia ha chiesto un rinvio del provvedimento in Commissione (Commenti). Forse ho capito male... Poiché ha parlato di supplemento di istruttoria, vorrei dire che a tale proposito saremmo favorevoli ad un rinvio del provvedimento in Commissione.

MARCO BOATO. Ha capito male...! Si riferiva al Comitato dei nove!

PRESIDENTE. Mi pare che la sua interpretazione non sia condivisa dall'autore della dichiarazione. Dunque, procediamo nei nostri lavori.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Presidente, nell'articolo 1 del provvedimento in esame troviamo il cuore almeno della prima parte del provvedimento medesimo, che - come è stato più volte ricordato - per la prima volta oggi viene discussa in Assemblea. Si tratta di una parte importante perché con il presente progetto di legge l'Italia, e il Parlamento italiano, si adegua agli impegni e alla normativa internazionale di settore.
Al di là della composizione che ripercorre canoni classici, vorrei dare atto alla Commissione e segnalare due importanti innovazioni che per la prima volta vengono inserite in una Commissione di talePag. 66natura. Innanzitutto, l'alternanza di genere, quindi la presenza in termini paritari, di uomini e di donne; ritengo che questo sia un elemento e un dato politico, da segnalare: sarebbe la prima volta in quest'aula e speriamo che possa essere di auspicio anche per provvedimenti successivi.
Noi non abbiamo presentato, come gruppo di Forza Italia, emendamenti all'articolo 1 della proposta di legge. Ritengo però che vi sia un altro emendamento abbastanza delicato, quello presentato dall'onorevole Palomba riguardante l'esclusione dei magistrati dalla Commissione nazionale. La situazione è particolarmente delicata perché, come già ricordato, tale Commissione in generale, e poi la sottocommissione relativa al Garante, si occuperà anche di materia attinente alla giurisdizione in misura prevalente o in senso lato.
Probabilmente sull'emendamento Palomba occorrerà discutere seriamente per comprendere se inserire quella specifica professionalità all'interno della Commissione o se, invece, rimanere su una composizione sostanzialmente di esperti e professori universitari, dando alla Commissione medesima una diversa valenza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Presidente, colleghi, nell'intervenire sul complesso degli emendamenti presentati al provvedimento in esame, che, come gruppo della Rosa nel pugno, riteniamo importante, devo rilevare che abbiamo seguito con particolare attenzione l'iter della parte di questo progetto di legge riguardante il Garante dei diritti delle persone detenute. È una battaglia che da parecchi anni, in varie sedi, in ambiti anche locali, regionali e nazionali, personalmente, come esponente radicale ma anche della Rosa nel Pugno, ho personalmente seguito.
Ritengo che il provvedimento in esame, che nasce assemblando diverse esigenze e che mette assieme l'istituzione di quella commissione permanente che ci veniva chiesta dalle risoluzioni ONU del 1993 con le istanze provenienti non solo dal mondo carcerario, ma anche da quello del volontariato o da quello che si occupa quotidianamente delle persone recluse, abbia limiti strutturali e di organizzazione.
Tuttavia, soltanto con una corretta applicazione e con la buona volontà di intervenire al meglio si può trasformare tale struttura in un tassello davvero importante - oserei dire addirittura decisivo - per cambiare in senso positivo ed innovativo la faccia del mondo carcerario italiano e l'applicazione in generale dei diritti universali anche alle persone detenute nel nostro paese.
La democrazia non è un elemento conquistato una volta per sempre. Non possiamo pensare che l'esistenza di ottime leggi sia sufficiente ad esempio a rendere di per sé l'amministrazione penitenziaria una macchina che funziona al meglio. Sappiamo che in molte parti del nostro paese la magistratura di sorveglianza, per fare un esempio, è un incredibile imbuto per le legittime istanze e le richieste dei singoli detenuti. Vi sono realtà molto diverse nell'applicazione della legge in Italia. La magistratura di sorveglianza è molto flessibile, molto attenta e veloce nel decidere in alcune regioni come la Toscana e l'Emilia Romagna, mentre invece è molto rigida e spaventata nell'assumere responsabilità che le sarebbero proprie, come accade ad esempio nella realtà piemontese, che conosco in modo particolare. Vi è, quindi, una diversità di trattamento che configura sostanziali ingiustizie rispetto ai singoli casi delle persone detenute.
Intervenendo sul complesso degli emendamenti, non posso non parlare della proposta emendativa a mia prima firma, ovvero l'articolo aggiuntivo 11.060, nel quale ho tentato di chiarire il ruolo del Garante nazionale per le persone detenute e private della libertà, che andiamo ad istituire, rispetto alla significativa realtà che in questi anni si è creata a livello regionale, provinciale e comunale. Molte regioni (Lazio, Campania, Veneto, Sicilia, Puglia, Umbria) si sono dotate in questi anni di garanti regionali con funzioni edPag. 67operatività molto significative; altre regioni, invece (Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Sardegna, Abruzzo), hanno in corso l'iter di approvazione di progetti di legge volti ad istituire garanti regionali per le carceri o difensori civici ad hoc per le persone detenute. Esiste poi la realtà della provincia di Milano, che ha istituito un proprio garante, e quella di alcuni comuni (Roma, Bologna, Genova, Torino Nuoro, Brescia, Reggio Calabria, Pesaro, Biella, San Severo di Foggia) che hanno deliberato di istituire un garante comunale per le persone detenute, competenti specificatamente per le case di reclusione e circondariali presenti sul territorio comunale. Lo ricordo per sottolineare come la proposta emendativa da me presentata - e su cui vi è un orientamento favorevole, almeno per la parte riguardante i garanti regionali - è volta a conferire il ruolo di coordinamento e il potere di intervento ai garanti regionali direttamente nelle strutture carcerarie, come possono fare attualmente i consiglieri regionali, in base all'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario del 1975.
Purtroppo, non essendo membro della Commissione referente, non ho potuto presentare in tale sede l'emendamento riguardante i consiglieri regionali, volto a garantire loro la facoltà di ingresso nei centri di permanenza temporanea per gli immigrati fermati nel nostro paese. È piuttosto incredibile il fatto che i consiglieri regionali nel nostro paese, in base all'articolo 67 della legge n. 354 del 1975, possano entrare nelle carceri e nelle strutture detentive ma non possano controllare quanto accade nei centri di permanenza temporanea. Come mi è stato suggerito da alcuni colleghi che si sono occupati direttamente del tema, spero che in altra sede si possa chiarire definitivamente questo ruolo, importante e decisivo per la legalità del comportamento nelle strutture di detenzione o di privazione della libertà.
Gli emendamenti presentati intendono modificare in parte una struttura - garante e commissione - che ha le potenzialità per assicurare un innovativo passo in avanti per quanto concerne l'applicazione e l'amministrazione della giustizia e dei diritti nel nostro paese.
Noi della Rosa nel Pugno speriamo di approvare un buon provvedimento in grado di cogliere le istanze ed i suggerimenti dell'Assemblea - sotto forma di emendamenti - sapendo che, comunque, ci stiamo adeguando ad una risoluzione ONU e ad un'esigenza che riguarda la parte più avvertita e più sensibile della nostra società civile che, quotidianamente, ha a che fare con situazioni al limite rappresentate dalle carceri, dalle strutture di detenzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, la recente discussione parlamentare sulla violazione dei diritti umani in Cina ci ha mostrato come queste tematiche siano sempre più spesso all'ordine del giorno; nonostante gli innumerevoli sforzi della comunità internazionale, vi è ancora molto da fare in questo senso.
Anche se ormai, universalmente, si è convinti che il riconoscimento e il rispetto dei diritti umani è essenziale al raggiungimento delle tre priorità universalmente accettate (pace, sviluppo e democrazia), il mondo contemporaneo vive nel paradosso tra l'universale apprezzamento di questi diritti e la loro continua violazione; ciò, da parte non solo di Stati dittatoriali, autoritari, ma anche di democrazie consolidate.
Quindi, il tema deve essere sempre più al centro dell'attenzione: voglio ricordare che il rapporto annuale 2006 di Amnesty International documenta le violazioni dei diritti umani in 150 paesi e ci mette di fronte ad atti sconcertanti. In 132 paesi del mondo si tortura per estorcere confessioni, punire reati o presunti colpevoli di reati, imporre disciplina e supremazia psicologica, seminare terrore.
Solo nell'Africa occidentale migliaia di ragazze sono ancora sottoposte a mutilazioni genitali in nome della tradizione; sono circa 70 i paesi che consideranoPag. 68l'omosessualità come un reato: tra questi, almeno quattro (Iran, Sudan, Mauritania, Arabia Saudita) la puniscono con la pena di morte.
La questione dei diritti umani in genere, in tutte le sue articolazioni, è diventata prioritaria nell'ambito del dibattito internazionale, tanto da evidenziare la necessità, all'interno dei singoli paesi, di creare istituzioni che ne perseguano e promuovano i principi.
In un certo senso, accettare le ingiustizie del mondo significa alimentarle. Ho l'impressione, però, che nella proposta di legge in esame vi sia troppa carne al fuoco, poiché si sono fusi argomenti che meriterebbero una trattazione ben distinta e separata: una cosa è la tutela dei diritti umani, un'altra è l'istituzione di un Garante per i diritti dei detenuti.
In particolare, credo non si possa condividere la metodologia seguita per giungere all'istituzione dell'organismo di cui oggi parliamo. Infatti, partendo dal testo originario che prevedeva l'istituzione di un Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, è stato esteso l'ambito della relativa disciplina giungendo ad inquadrare questa figura come un'articolazione secondaria della commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani. Come ben si sa, le autorità garanti hanno specificità tali da renderne problematica la configurazione interna ad un'altra struttura. Inoltre, come è ovvio, l'istituzione della figura del Garante dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale rischia di contrastare con l'operato della magistratura di sorveglianza, creando un organismo destinato a complicare, più che a favorire, la tutela dei detenuti.
Deve farci riflettere oltretutto anche il notevole esborso finanziario, circa 8 milioni di euro solo per il 2007. Migliorare la situazione delle nostre carceri deve sicuramente essere una priorità. Le condizioni di vita dei detenuti sono spesso troppo precarie e questo comporta, come si è visto recentemente, un pretesto per attuare provvedimenti come quello dell'indulto. Secondo l'articolo 27 della nostra Costituzione le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Notevoli sforzi devono essere fatti in questo senso e quello di cui abbiamo bisogno non è un garante ma, per così dire, buona volontà da parte delle istituzioni. Nella scorsa legislatura qualcosa in tal senso è stata già fatta. Un ottimo esempio è quello della casa di reclusione Luigi Daga di Laureana di Borrello in provincia di Reggio Calabria, definita da un recente studio della fondazione Antigone una tra le migliori carceri italiane, nella quale la rieducazione dei detenuti non rimane soltanto un astratto fine a cui deve mirare la pena, ma si concretizza in un'attenta attività di recupero e di integrazione socio-culturale. Quindi, ciò di cui abbiamo bisogno non è l'istituzione di un ennesimo organismo, commissione o carrozzone - che creerà solamente una sovrapposizione tra le varie competenze -, ma il rafforzamento degli strumenti che già esistono e l'applicazione delle leggi vigenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Belisario. Ne ha facoltà.

FELICE BELISARIO. Signor Presidente, colleghi, l'istituzione della commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e quella del Garante dei diritti delle persone detenute e private delle libertà personali allinea il nostro paese al mondo occidentale, che ha presenti queste figure. In Commissione il dibattito è stato approfondito e si è riusciti ad evitare sovrapposizioni e conflitti fra il Garante e la magistratura di sorveglianza. Quella che era una nostra perplessità nel corso del dibattito in Commissione è stata superata. Devo peraltro rilevare a nome del mio gruppo che ci preoccupano ancora alcuni emendamenti. Innanzitutto, riteniamo che sarebbe più sensato evitare l'istituzione di un organico ex novo e provvedere e procedere con la mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni - fatte salve, ovviamente, le competenze specifiche -, evitando così degli aggravi di costo. Siamo complessivamente favorevoli alla riduzione di tutti i costi, così comePag. 69invece sono arrivati in Assemblea, perché riteniamo che la creazione di un nuovo ufficio non debba necessariamente portare ad aggravi di costi per la spesa pubblica e, quindi, per la pubblica amministrazione.
Riteniamo che gli organismi debbano essere snelli, debbano svolgere un'attività di controllo lineare, evitando non solo le sovrapposizioni - qui abbiamo visto che sono state evitate -, ma soprattutto i costi, che, per la verità, il Parlamento sta cercando con cura di reintrodurre ogni tanto, mentre andrebbero tagliati a piè pari. Quindi, nel corso del dibattito sosterremo gli emendamenti che il collega Palomba ha presentato perché riteniamo che vadano tutti in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, colleghi, sarà interessante condurre la discussione sui diversi emendamenti presentati per vedere se riusciremo a superare una serie di perplessità che sono collegate a questi due nuovi istituti, o meglio a questo nuovo istituto, vale a dire alla commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani che comprende anche il Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Proprio sul concetto « private della libertà personale» noi abbiamo presentato una serie di emendamenti soppressivi, in quanto - come già si è spiegato in sede di discussione sulle linee generali - riteniamo che il provvedimento riguardante i detenuti non debba estendersi a coloro che sono trattenuti nei centri di permanenza temporanea e a coloro che sono trattenuti nelle camere di sicurezza. Non sto a ricordare le ragioni. Solo brevemente, vi è una ragione di sistema per quanto riguarda gli immigrati trattenuti nei centri. La ragione di sistema è correlata al fatto che la normativa penitenziaria non riguarda questi centri, che sono invece oggetto della cosiddetta legge Bossi-Fini, che è poi il testo unico Turco-Napolitano integrato dalla cosiddetta Bossi-Fini. Per quanto riguarda, le camere di sicurezza abbiamo spiegato che, a nostro avviso, il momento del trattenimento è così delicato che l'inserimento del garante potrebbe avere funzioni estremamente negative e conseguenze estremamente negative.
Per quello che poi è il giudizio che già si trae dei primi emendamenti presentati all'articolo 1, il timore delle opposizioni è che questo strumento non finisca per diventare il cosiddetto carrozzone. Mi dispiace usare questo termine perché, trattando il provvedimento dei diritti umani e dei diritti dei detenuti, bisogna tentare di guardare alla sostanza e non preoccuparsi più di tanto della struttura. Certo è che, se la struttura finisce per essere inadeguata, finisce per essere pesante, finisce per essere poco correlata agli obiettivi sul piano sostanziale e pratico, riusciremmo a mettere in piedi qualcosa che poi avrà una valenza relativa sul piano pratico.
Allora, già il fatto di vedere un'autorità composta da otto membri più il presidente - quattro nominati dal Senato della Repubblica e quattro nominati dalla Camera dei deputati, più un presidente nominato di intesa dai presidenti del Senato e della Camera - ci fa chiedere se una struttura più snella non sia sufficiente. Da qui deriva la presentazione di una serie di emendamenti delle diverse parti politiche ed anche dell'onorevole Costa del gruppo di Forza Italia all'articolo 1.
C'è poi un problema di costi, già molto rilevanti. Si dice che le indennità del presidente e degli altri componenti, stabilite con regolamento, siano nell'ambito di una dotazione finanziaria non superiore a 2 milioni 340 mila euro annui a decorrere dall'anno 2007. Certamente, la dotazione ci pare congrua e forse l'accoglimento di qualcuno di questi emendamenti, con la diminuzione dei componenti la commissione ed una correlativa riduzione del costo, potrebbe rappresentare un aspetto di equilibrio.
Vi è, poi, un problema che riguarda le competenze della commissione, ossia non veder affluire un'esagerata serie di ricorsi, perché chiunque si svegli una mattinaPag. 70possa far ricorso alla commissione medesima, pensando che sia stato leso un proprio diritto che considera umano. Sul punto forse avremmo dovuto porci problemi in termini di ammissibilità. Credo che, naturalmente ed implicitamente, questi problemi di ammissibilità se li porrà successivamente l'organismo competente, quando sarà costituito. Tuttavia, come affermava taluno in precedenza, il rischio è che l'esagerato afflusso di ricorsi ed istanze finisca per vanificare il lavoro della commissione e faccia sì che il buon uso di determinate, precise e giuste istanze finisca per non esservi.
Quindi, attenzione a delimitare il campo dell'azione. Ciò anche perché tale azione incide, teoricamente, sulla vita di tutti cittadini. In merito, abbiamo presentato un emendamento soppressivo, in quanto riteniamo che chiedere ai soggetti indicati nei ricorsi di fornire informazioni può essere giusto, purché rimangano fermi i criteri di ammissibilità; tuttavia, sottoporli ad una sanzione da 4 mila a 24 mila euro se rifiutano od omettono di fornire le informazioni o di esibire i documenti è qualcosa di estremamente pesante. Infatti, vi è anche un nostro emendamento che riduce tale cifra da un minimo di 300 euro ad un massimo 5 mila euro, se ben ricordo, ossia non va a toccare «vette» quali quelle che si raggiungerebbero con i 24 mila euro.
È sacrosanto il discorso del collega D'Alia, quando afferma che, a fronte di sanzioni di tale tipo non si può non pensare che non possa esservi il ricorso all'autorità amministrativa. Credo che il ricorso all'autorità amministrativa rispetto ad un'autorità che viene definita operante in autonomia ed indipendenza - comma 2 dell'articolo 1 - sia implicito; non guasterà prevedere espressamente questa tutela giurisdizionale. Certo è che questa fase, nella quale si chiedono documenti, si chiedono ai cittadini spiegazioni su determinati comportamenti, viene aggravata ed appesantita da queste sanzioni, così esagerate, che non riscontriamo in commissioni di tal genere, non troviamo nella parte del garante dei detenuti (infatti, è stato accolto nostro emendamento che mira espressamente a non applicare al Garante dei detenuti l'articolo 3). Quindi, qualcosa bisogna fare, altrimenti il rischio è - lo ripeto ancora una volta - quello di creare un'autorità esageratamente inquisitoria, che abbia pochi «filtri» e che finisca per porsi in un'ottica di disturbo pesante, talvolta pesantissimo, dell'attività e della vita di tutti i cittadini.
Come abbiamo visto, vi sono indicazioni riguardanti anche la composizione e la qualificazione dei componenti questa autorità. Abbiamo aggiunto alla capacità individuale di conoscenza dei diritti umani anche una serie di requisiti, per rendere giuridicamente più forti queste posizioni. Ci auguriamo che la proposta emendativa relativa venga approvata dall'Assemblea.
Resta, comunque, tutto ciò che abbiamo detto in chiave critica rispetto alla parte relativa al Garante dei detenuti. Molti miglioramenti, come ho avuto modo di dire affrontando la questione pregiudiziale, ci sono stati. Questo testo, infatti, grazie al lavoro della relatrice, del presidente e di tutti i membri della Commissione, è tornato in Assemblea migliorato rispetto al primo testo sul Garante dei diritti delle persone detenute, che l'Assemblea aveva rinviato in Commissione.
Ci sono, tuttavia, delle questioni da affrontare, perché dobbiamo eliminare la sensazione che questo istituto, nella parte più ampia e in quella contenuta, ossia il Garante dei detenuti, finisca per essere uno strumento pesante, rischiando di interferire con altri organismi, senza soddisfare quelle esigenze che tutti noi sentiamo come reali.
È importante, certamente, che un organismo che si occupi di diritti umani sorga nel nostro ordinamento, anche per correlarsi con i medesimi organismi degli altri ordinamenti nel mondo, per poter così partecipare a decisioni condivise, offrendo suggerimenti condivisi. Tuttavia, siamo molto dubbiosi su tutta una serie di interferenze, che consideriamo esagerate, rispetto al Ministero degli affari esteri e ad altri ministeri, perché non vogliamo che la vita politica e l'attività di tali dicasteriPag. 71finiscano per essere condizionate da questa nuova autorità, che deve essere di supporto e di stimolo all'iniziativa, ma non di interferenza politica, perché finirebbe per perdere il proprio scopo precipuo.
Questo, signor Presidente, è un breve compendio, in sede di illustrazione degli emendamenti, di alcune delle nostre posizioni. Andando avanti, illustreremo, emendamento per emendamento, le nostre logiche e speriamo - lo ribadisco - che, alla fine, questo provvedimento possa avere, anche da parte nostra, un voto favorevole.
Per il momento, non siamo assolutamente in grado di annunciare un voto favorevole, perché la nostra posizione dipenderà dall'esame che si svolgerà in Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente anche noi, come gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista, vogliamo portare il nostro contributo all'istituzione di questa Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Essa è prevista dalla risoluzione 48/134 delle Nazioni Unite del dicembre del 1993, votata anche dall'Italia.
Erano gli anni in cui il profilo di questo Parlamento era molto alto, vi erano grandi statisti. Tale risoluzione, tuttavia, è rimasta inattuata nel nostro ordinamento, proprio in quella parte in cui si raccomandava l'istituzione degli organismi nazionali per la promozione e la protezione dei diritti umani. Sono passati 13 anni e, finalmente, stiamo colmando questo ritardo.
Il Garante dei diritti, con competenze che la legge già attribuisce al magistrato di sorveglianza, rischia di tradursi sostanzialmente in una riduzione della tutela dei diritti dei detenuti e dei soggetti sottoposti a custodia cautelare.
Con riferimento all'articolo 1 del testo in esame sono stati presentati diversi emendamenti che potrebbero migliorare ulteriormente il provvedimento. In ogni caso, sussistono alcune perplessità riferite, ad esempio, al comma 2, dell'articolo 1, nel quale si stabilisce che la commissione opera in autonomia e indipendenza. Ma saranno vere autonomia e indipendenza? Come si può essere sicuri che le scelte adottate siano effettivamente rispondenti al disposto del suddetto comma 2?
Sappiamo che nelle nostre carceri tutti i giorni vengono perpetrate violenze sui detenuti, violenze che giungono ad un vero e proprio accanimento. Pertanto, riteniamo debba essere approvato l'emendamento che elimina la figura del magistrato - perché di danni ne hanno già fatti tanti -, affinché la commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani sia costituita da figure all'altezza del proprio compito.
Anche il comma 6, del articolo 1, ci rende perplessi. In tale comma viene infatti stabilito che ad ogni componente la commissione spetti un'indennità di 260 mila euro all'anno. Tale somma appare veramente spropositata; in casi come questi, sembra che si vogliano approvare leggi per aprire sempre di più la forbice di distanza tra noi e i cittadini.
Inoltre, il comma 4, prevede che il presidente e i componenti la Commissione durino in carica quattro anni e non possano essere confermati per più di una volta. Quattro anni potrebbero essere troppi, quindi sarebbe forse più opportuno ridurre la durata a due anni.
Tra l'altro, si tratta di una commissione importante, che deve tutelare i diritti umani e che deve raggiungere risultati che garantiscano veramente le persone private della libertà.
Queste sono alcune riflessioni che ho voluto svolgere. Credo che la parità nei generi non sia questione di vitale importanza e se cominciamo a discutere di questo non finiamo più. A mio avviso, il problema non è quello della composizione paritaria della commissione, come non lo è l'esigenza, evidenziata in alcuni emendamenti, di non superare i cinque componenti per ogni genere. Credo che iPag. 72componenti la commissione potrebbero benissimo appartenere tutti a un sesso o all'altro, oppure anche a un terzo sesso, e non cambierebbe alcunché. L'importante è che svolgano bene il loro compito, che lo svolgano fino in fondo, in autonomia ed indipendenza e, magari, con qualche euro in meno. Mentre ci sono famiglie che non arrivano a fine mese, noi diamo ad ogni componente 260 mila euro l'anno; di fronte a questo, mi viene spontaneo dire: vergogna, vergogna, vergogna!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intendo svolgere alcune osservazioni sul provvedimento in esame, chiedendo scusa ai colleghi se intervengo in una materia di cui non mi occupo normalmente. Tuttavia, trattandosi di un tema molto delicato, ho esaminato il testo unificato e vorrei esporre alcune riflessioni.
Il provvedimento prevede due istituti completamente diversi tra di loro, anche se accomunati nella nozione di tutela dei diritti umani, dei diritti delle persone. Il primo è un organismo di carattere generale, una commissione che, sostanzialmente, è chiamata a esaminare il rispetto dei diritti umani, in generale, nel nostro paese, a collaborare con il Governo nella predisposizione di atti legislativi e nella definizione di posizioni internazionali in materia ed anche ad esaminare singole questioni relative ai diritti umani che possono essere violati nel nostro paese, in particolare nei casi di discriminazione razziale, religiosa e così via che non trovino la loro tutela in altri strumenti di legge.
Il secondo istituto, anch'esso evidentemente importante, riguarda la tutela delle persone private della loro libertà in quanto incarcerate o provvisoriamente private della libertà perché trattenute, ad esempio, in centri di detenzione. Questa attività di garanzia, che può avere una sua giustificazione ma che, in un certo senso, presuppone un giudizio non del tutto favorevole sul funzionamento dell'amministrazione carceraria e, in generale, dell'amministrazione della giustizia e della pubblica sicurezza nel nostro paese, ha o può avere un senso, ma è completamente diversa. Infatti, essa è volta ad assicurare, per così dire, la conformità alla legge del comportamento di una branca della pubblica amministrazione di particolare delicatezza, trattandosi di Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza, guardie carcerarie, tribunali e giudici di sorveglianza. Sostanzialmente, si istituisce un garante della correttezza del funzionamento di una branca delicatissima della pubblica amministrazione.
Allora, la mia domanda è la seguente: se dobbiamo entrare in una materia così delicata, quella della verifica del funzionamento del sistema carcerario e degli organismi volti a limitare la libertà personale nel nostro paese, possiamo farlo attraverso un istituto che, invece, assomiglia piuttosto a una commissione di studio di carattere generale, come è quella di cui si parla nella prima parte? Senza entrare nelle ragioni che hanno indotto la Commissione giustizia a riunire queste due materie, mi chiedo se non si tratti, effettivamente, di due distinte proposte di legge tra loro completamente diverse, l'una di carattere generale e l'altra che, invece, richiede una enorme cautela.
Supponiamo che la sezione specializzata della Commissione relativa al Garante dei detenuti decida che le condizioni di funzionamento dei centri di detenzione, delle camere di sicurezza della polizia o dei carabinieri non siano adeguate, diventerebbe un problema particolarmente delicato e grave. Se non vi è un controllo dell'amministrazione pubblica sul buon funzionamento di tali istituti, possiamo istituire un Garante? Cosa farebbe? Nella misura in cui chiede documenti, svolge attività conoscitiva, ma se constatasse che le condizioni di una certa camera di sicurezza fossero non adatte, dovrebbe correggere la situazione. E come farebbe, dato che ciò significherebbe mettere in discussione il funzionamento di una branca importante della giustizia?
Mi sembra che converrebbe riflettere molto attentamente prima di procedere suPag. 73una strada che unifica materie molto importanti, giustificate nel proprio ambito, ma che rischiano di creare una condizione di grande incertezza per l'ordinamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, sia nella fase precedente, quando abbiamo discusso la questione pregiudiziale, sia ora, nella fase di discussione sul complesso degli emendamenti, si affrontano questioni di natura particolare che possono avere anche un significativo rilievo, ma contemporaneamente (ricordo gli interventi degli onorevoli Benedetti Valentini, Cota e La Malfa) si mette in discussione l'impalcatura generale, la struttura, il disegno del provvedimento in esame.
In alcuni di questi interventi si può notare una considerazione piuttosto ridotta dell'iter della norma, che i membri della Commissione affari costituzionali hanno vissuto in maniera approfondita. È naturale che i membri di altre Commissioni esprimano difficoltà di questo genere, come si evidenzia nelle parole dell'onorevole La Malfa.
In primo luogo, va detto con chiarezza che la struttura relativa al Garante ha una genesi profonda, provenendo dalla passata legislatura quando sono state presentate diverse proposte di legge, fra cui ricordo quella firmata dall'onorevole Pisapia, che era giunta quasi alla conclusione del suo esame. Nella parte che oggi è più criticata, eravamo arrivati ad una soluzione condivisa. La figura del Garante, oltre ad essere presente in molte situazioni regionali (come ha bene ricordato l'onorevole Boato) ha un'applicazione significativa in molti paesi europei. Non è un'invenzione strana, ma qualcosa che ha radici profonde nel nostro ordinamento, nell'ordinamento europeo. Nessuno ha pensato di introdurre tale istituto in maniera capricciosa, stravagante ed improvvisata.
Quando siamo arrivati all'esame della norma in Assemblea, anche sulla base di una proposta presentata dall'onorevole Mazzoni, che recava un titolo diverso relativo al difensore civico ma aveva la stessa sostanza, si è posto il problema del coordinamento con un'altra iniziativa. Al riguardo, ha ragione l'onorevole La Malfa quando osserva che in questo testo convivono in una sintesi due provvedimenti diversi; è peraltro l'Assemblea delle Nazioni Unite che essenzialmente ha dato indicazioni precise per costituire un'autorità che avesse questo più ampio spettro.
Devo riconoscere che sono abbastanza d'accordo sul fatto che sarebbe stato possibile proseguire l'esame di due provvedimenti diversi; tuttavia, proprio da alcuni dei colleghi oggi intervenuti ho sentito, in altre occasioni, criticare la moltiplicazione delle autorità garanti. Infatti, abbiamo molte autorità indipendenti e taluno, lamentando come in ogni settore si tenda a costituire autorità di tale genere, sostiene che sarebbero troppe. Quindi, l'operazione fatta in Commissione affari costituzionali è stata in qualche modo tesa a trovare una sintesi, in modo da creare un'autorità unica, articolata al suo interno in due sezioni diverse. Una di tali sezioni assumerebbe, per l'appunto, la funzione di garante dei detenuti e delle persone private della libertà personale.
Due opposte versioni si contrappongono nel dibattito di questa Assemblea: l'una, ritenendo non conciliabili i due istituti, propone di percorrere due strade parallele; l'altra, accolta dal testo unificato predisposto dalla Commissione affari costituzionali, trova una sintesi, un denominatore comune nella costruzione di un'unica autorità. Anche se tale autorità presenta certamente talune peculiarità, non si può tuttavia negare che il denominatore comune esista; basta al riguardo scorrere le indicazioni che vengono dall'Assemblea delle Nazioni Unite - una cui risoluzione reca il titolo: «Istituzioni nazionali per la promozione e la protezione dei diritti umani» - e le competenze conferite a questa autorità nel suo complesso.
Ritengo, signor Presidente, che questa soluzione, pur originale, tenga conto di un denominatore comune; in fondo, si tratta della questione cui ha accennato talunoPag. 74dei colleghi intervenuti: dove si pongono, in un paese come il nostro, problemi di tutela dei diritti umani? Certamente nelle fasce più emarginate della società, le quali si trovano in condizioni di minore tutela; naturalmente, è facile pensare alla vicenda dell'immigrazione, ai problemi collegati al diritto d'asilo ed alla libertà religiosa. Si tratta di settori nei quali l'intervento dell'ordinamento, pur apprestando istituti di tutela, risulta ancora insufficiente; insufficiente, ovviamente, non comparativamente con altri paesi - che possono eventualmente avere problemi molto più gravi - ma rispetto al nostro stesso sistema.
Con riferimento alla questione delle persone detenute, per affermazione costante della nostra giurisprudenza, compresa quella costituzionale, il detenuto, pur essendo persona privata della libertà personale, ciò nondimeno continua a godere della garanzia di alcuni diritti fondamentali che, pur nella condizione particolare di detenuto, gli devono essere riconosciuti.
Non so se volontariamente o meno, ma l'onorevole La Malfa, nell'intervento particolare svolto su tale punto, faceva riferimento alla questione molto delicata del trattenimento nei centri permanenti di accoglienza e nei centri di identificazione; si pensi a quanti richiedono asilo: sono molte le persone che fanno ingresso nel nostro paese, in forme diverse, e che richiedono l'esercizio di un diritto che la nostra Costituzione riconosce.
Onorevole La Malfa, sembra strano ma il diritto d'asilo, pur affermato dalla Costituzione, non ha ancora avuto un'attuazione costituzionale significativa. Siamo stati spesso richiamati ad attuare il diritto d'asilo; spesso le persone che richiedono il diritto d'asilo possono essere trattenute in condizioni di limitazione della libertà personale. Il problema si pone, e anche ciò potrà sembrare strano, anche con riferimento alla libertà religiosa: alcune norme della nostra Costituzione garantiscono questa libertà mentre nell'ordinamento vigono ancora principi che risalgono addirittura al periodo fascista, al 1929 e al 1930.
Dunque, l'aver concepito, con una soluzione che può avere un carattere innovativo, un organismo di questo genere, può servire a dare un metro comune di valutazione, con riferimento alla tutela dei diritti di quelle persone che si trovano in condizione di maggiore debolezza nella società e che naturalmente possono essere non assimilati bensì accomunati in una riflessione di carattere generale. Il motivo di ciò è anche quello di non moltiplicare le autorità indipendenti, perché se a fronte di ogni esigenza, che riconosciamo valida di tutela sul piano dei diritti fondamentali, creiamo distinte autorità, arriveremo a dei numeri insostenibili.
Con riferimento alla composizione della Commissione, c'è il tentativo reale di collegarne la composizione plenaria con quei principi che sono contenuti nelle dichiarazioni delle Nazioni Unite; mi riferisco in particolare alle proposte emendative riguardanti l'articolo 1, presentate dalla collega Tana De Zulueta, che ha una competenza particolare in materia dal momento che si occupa di questi problemi anche nella Commissione di merito. Mi pare che il tentativo abbia una risposta adeguata, anche sotto il profilo di quel punto di equilibrio, che penso dobbiamo raggiungere. Al riguardo, l'emendamento della collega De Zulueta mi pare interessante, poiché parla di un equilibrio tra i generi, cioè tra uomo e donna, nella composizione di un organismo di questo genere.
È chiaro che il problema è di carattere più generale. Tuttavia è evidente che in questo tipo di organismo il problema potrebbe essere affrontato con uno spirito più aperto, proprio per le indicazioni che ci vengono sul piano internazionale e sul piano delle particolari sensibilità, con riferimento alle caratteristiche e alle competenze, che devono caratterizzare un organismo di questo tipo.
Nel giudicare positivo l'impianto generale dell'articolo 1, tra gli emendamenti riferiti a tale articolo non condivido quelliPag. 75che tendono a dare una struttura non plausibile a questo organismo; alcuni sono - mi permetto di dire - piuttosto pretestuosi, anche con riferimento alla durata. C'è una sorta di regola generale, per quanto riguarda questi organismi, che si basa su un mandato, a volte anche più lungo di quello previsto nel provvedimento, e poi sulla non possibilità di rinnovo. D'altra parte, questo è anche un elemento che fonda l'indipendenza, perché non dobbiamo mai dimenticare che il rinnovo dell'organo legittima una politica che può spingere i componenti di tale organo a fare dei propri comportamenti dei modelli per essere riconfermati.
Quindi, da questo punto di vista, stabilire questo principio mi pare corretto. Ritengo inoltre interessante aver sperimentato un modello nuovo, articolato per sezioni, con riferimento a questa Commissione particolare per i diritti umani. Del resto, signor Presidente, non dobbiamo sorprenderci, perché anche all'interno della stessa Autorità per le comunicazioni, che ha un perimetro molto più omogeneo, vi sono due sezioni diverse: una si occupa delle infrastrutture, l'altra dei prodotti e dei contenuti. Quindi credo che questa applicazione possa essere molto interessante anche con riferimento all'organismo in oggetto.
Concludo, dicendo che l'esortazione che viene dall'emendamento della collega De Zulueta a tener conto di un equilibrio tra i generi, tra uomo e donna rappresentati in questa Commissione, mi pare una sollecitazione che merita un'attenta considerazione (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, il mio intervento sarà brevissimo. Intendo porre l'accento su alcuni aspetti di questo provvedimento, con riferimento ai criteri politici adottati dal mio gruppo.
Non vogliamo sminuire la materia dei diritti umani, per l'amore di Dio! Siamo garantisti e garantisti non pentiti. È altrettanto vero che, se funziona la regola «nessuno tocchi Caino», deve funzionare anche la regola «nessuno tocchi Abele». Il Parlamento, quindi, che presta attenzione alle persone che si sono macchiate di un reato e che hanno avuto una condotta che, proprio perché sono state condannate, è riprovevole, deve rivolgere la stessa attenzione ai soggetti che rappresentano le parti passive, ossia le parti lese da fatti di reato.
Poiché il complesso di norme si rivolge non solo a soggetti condannati, ma anche ai soggetti la cui posizione è in itinere (infatti, si parla delle camere di sicurezza, della polizia, dei carabinieri), è evidente che, in base al principio costituzionale dell'innocenza sino a sentenza passata in giudicato, prestiamo attenzione e dimostriamo grande sensibilità.
Signor Presidente, vorrei aggiungere che le leggi a tutela dei diritti dell'uomo ci sono, eccome! Tutte le leggi a tutela dei diritti dell'uomo sono incardinate nella nostra Carta costituzionale. Dunque, i soggetti che principalmente devono sottostare a queste leggi ed applicarle, sono i magistrati.
Se così è, è evidente che, in questa sede, dobbiamo rilevare che l'esigenza di porre in essere una legge di questo tipo corrisponde ad una critica a quanti dovevano applicare le leggi e non l'hanno applicate. Bisogna dirlo in maniera forte e chiara.
Nel guardare con attenzione, finanche con un po' sospetto, questo nuovo provvedimento, temiamo tattiche si voglia istituire un carrozzone come tanti altri, che non produce nulla, se non 2 milioni e 400 mila euro di stipendio per 9 persone. Abbiamo paura di trovarci di fronte ad un dispendio di denaro che, come al solito, si riverserà sulle spalle dei cittadini, a favore di 8, 10 persone che andranno a ricoprire questa carica, senza dare un aiuto valido, un apporto ulteriore, perché, alla fine, è sempre la magistratura che decide, che ha, comunque, l'obbligo e l'onere di decidere, anche senza l'intervento di questo costituendo ente. Infatti, la magistratura è, o dovrebbe essere, quella che tutela i diritti dell'uomo.
In conclusione, è chiaro che siamo totalmente a favore della tutela dei dirittiPag. 76dell'uomo. Ci mancherebbe altro! Abbiamo una storia alle spalle, siamo un paese civile ed evoluto e non possiamo pensare che vi possano essere persone che, in carcere o prima ancora di essere giudicate o durante l'arresto, subiscono maltrattamenti od azioni chiaramente illegali.
Ci chiediamo se, a fronte di questa esigenza, non sarebbe forse sufficiente un impegno della magistratura, che potrebbe risolvere ogni cosa, senza dover prendere come, al solito, i soldi dalle tasche di Pantalone.
Per questi motivi, seguirò con attenzione l'esame delle proposte emendative, per verificare quale strada verrà intrapresa, se quella seria della tutela di questi diritti, o quella volta a soddisfare l'interesse dei politicanti anziché del popolo. Siamo dalla parte del popolo e con questa motivazione giudicheremo e valuteremo in che modo esprimere il nostro voto.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Signor Presidente, come i colleghi hanno sottolineato, questo provvedimento ha iniziato il suo iter il 12 dicembre scorso. Si trattava del Garante dei detenuti e delle persone private della libertà personale, oggi si tratta dell'istituzione di una commissione, comunque di un'autorità indipendente, che affronta le tematiche dei diritti umani, della loro protezione e promozione culturale. Abbiamo lavorato molto in Commissione ed il testo che portiamo all'esame dell'Assemblea è frutto di un lavoro molto condiviso, di un confronto e di un concorso da parte di molti colleghi.
Raccomandiamo l'approvazione degli emendamenti della Commissione 1.501, che modifica la denominazione della Commissione, 1.502, che assorbe l'emendamento De Zulueta 1.60, e 1.500, che corrisponde alle indicazioni della Commissione bilancio sulla copertura finanziaria. Su tutti gli altri emendamenti, formulo un invito al ritiro, esprimendo, altrimenti, parere contrario.

PRESIDENTE. In realtà l'emendamento 1.502 della Commissione non assorbe l'emendamento De Zulueta 1.60, per cui deve esprimere il parere anche su quest'ultimo.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Sostanzialmente lo assorbe perché ne coglie il significato e lo spirito, traducendolo diversamente. Comunque, su di esso formulo un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI MANCONI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Secondo le intese intervenute tra i gruppi, il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 7 febbraio 2007, alle 9,30:

(ore 9,30 e al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata)

1. - Discussione dei documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Vittorio Sgarbi, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 2).
- Relatore: Giovanelli.
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti di Umberto Bossi, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 3).
- Relatore: Suppa.Pag. 77
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti dei deputati Gasparri e Fini (Doc. IV-quater, nn. 4 e 5).
- Relatore: Suppa.
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Borghesi (Doc. IV-quater, n. 6).
- Relatore: Vacca.
Richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Vittorio Sgarbi, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-ter, n. 2-A).
- Relatore: Tenaglia.
Richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Giovanardi (Doc. IV-ter, n. 4-A).
- Relatore: Mantini.

2. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
MAZZONI; MASCIA ed altri; BOATO e MELLANO; DE ZULUETA: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (626-1090-1441-2018-A/R).
- Relatore: Mascia.

3. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:
ANGELA NAPOLI; LA RUSSA ed altri; BOATO; ZACCARIA ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica (648-1571-1782-1849-A).
- Relatore: Bocchino.

4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine (1638-A).
e delle abbinate proposte di legge: MIGLIORE ed altri; FABRIS ed altri; CRAXI ed altri; NAN; MAZZONI e FORMISANO; BRANCHER ed altri; BALDUCCI (1164-1165-1170-1257-1344-1587-1594).
- Relatore: Tenaglia.

(ore 15)

5. - Svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 19,15.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 2112-A - em. 5.13 372 372 187 165 207 79 Resp.
2 Nom. em. 5.14 384 384 193 165 219 79 Resp.
3 Nom. em. 5.16, 5.20 414 411 3 206 176 235 78 Resp.
4 Nom. em. 5.17, 5.21 423 421 2 211 182 239 77 Resp.
5 Nom. em. 6.1 432 432 217 187 245 77 Resp.
6 Nom. em. 6.300 432 430 2 216 428 2 77 Appr.
7 Nom. dis. 1.1 431 370 61 186 369 1 77 Appr.
8 Nom. odg 9/2112/6 451 450 1 226 201 249 77 Resp.
9 Nom. odg 9/2112/12 448 447 1 224 203 244 77 Resp.
10 Nom. odg 9/2112/14 456 455 1 228 205 250 77 Resp.
11 Nom. odg 9/2112/15 455 454 1 228 204 250 77 Resp.
12 Nom. ddl 2112-A - voto finale 479 474 5 238 259 215 77 Appr.
13 Nom. t.u. pdl 626-A/R e ab. - preg. 1 469 367 102 184 83 284 76 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.