stampa
Legislatura XVIII

Proposta emendativa 3.01. in XI Commissione in sede referente riferita al C. 522

Proposta emendativa pubblicata nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 05/05/2021  [ apri ]
3.01.

  Dopo l'articolo 3, aggiungere i seguenti:

  Art. 3-bis. – (Controllo diretto delle consigliere e dei consiglieri di parità regionali e provinciali). – 1. L'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) assicura alle consigliere e ai consiglieri di parità regionali e provinciali l'accesso ai dati relativi alle retribuzioni dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti delle imprese private del territorio di competenza disponibili nelle proprie banche dati, in formato anonimo.
  2. Le modalità di accesso alle banche dati di cui al comma 1 del presente articolo sono stabilite con il decreto ministeriale di cui all'articolo 46, comma 3, del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, come sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera c), della presente legge.
  3. Il raffronto tra le retribuzioni dei lavoratori e delle lavoratrici è effettuato, in caso di medie imprese, dalle consigliere o dai consiglieri di parità regionali e, in caso di micro e piccole imprese, dalle consigliere o dai consiglieri di parità provinciali competenti per territorio, sulla base dei criteri dimensionali definiti dal decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.
  4. Le consigliere o i consiglieri di parità effettuano il controllo sui livelli retributivi a campione o su richiesta di una o più lavoratrici o lavoratori di un'azienda, sulla base dei dati acquisiti ai sensi del comma 1.
  5. Qualora la consigliera o il consigliere di parità ravvisi un ingiustificato scostamento, superiore al 5 per cento, tra le retribuzioni dei lavoratori e quelle delle lavoratrici svolgenti le medesime mansioni in un'azienda o inquadrate nel medesimo livello lavorativo, può chiedere un colloquio con il datore di lavoro. La consigliera o il consigliere di parità possono inoltre richiedere un colloquio con le lavoratrici interessate per verificare l'eventuale esistenza di situazioni individuali o generalizzate in cui sussista un divario retributivo ingiustificato, dovuto all'assegnazione di mansioni superiori al livello di inquadramento delle lavoratrici senza corresponsione del relativo riconoscimento economico o alla presenza di condizioni di lavoro pregiudizievoli per l'avanzamento di carriera delle stesse lavoratrici.

   Art. 3-ter. – (Contestazione dell'addebito all'azienda). – 1. A seguito delle verifiche di cui all'articolo 3-bis, la consigliera o il consigliere di parità chiede all'impresa di fornire, entro un mese dalla richiesta, una specifica e motivata giustificazione del divario retributivo, con particolare riferimento ai criteri adottati per la determinazione di ciascuna componente, fissa e variabile, della retribuzione.
   2. Qualora l'impresa non ottemperi alla richiesta di cui al comma 1 o fornisca una risposta considerata non idonea a giustificare il divario retributivo, la consigliera o il consigliere di parità chiede all'impresa di comunicare in quali tempi, comunque non superiori a dodici mesi, e con quali modalità intenda provvedere a rimuovere il divario retributivo.
   3. Nel caso in cui l'impresa non adempia, la consigliera o il consigliere di parità segnalano l'inadempimento all'ispettorato territoriale del lavoro competente.

  Art. 3-quater. – (Compiti dell'ispettorato territoriale del lavoro). – 1. L'ispettorato territoriale del lavoro, ricevuta la segnalazione di cui all'articolo 3-ter, comma 3, effettua, entro sessanta giorni, una verifica sull'azienda interessata e, qualora ravvisi il mancato rispetto del principio di parità retributiva, commina all'impresa, entro sessanta giorni, una sanzione amministrativa pecuniaria da duemila a diecimila euro e commisurata alla natura e alla gravità del divario retributivo accertato e al risparmio conseguito dall'impresa a seguito di tale divario.
  2. Le imprese oggetto della sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 1 non possono partecipare a gare pubbliche fino a quando persista la situazione di divario retributivo contestata.
  3. Il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali disciplina le modalità di attuazione del presente articolo nonché degli articoli 3-bis e 3-ter.