PDL 506

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 506

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata MORANI

Modifiche all'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile

Presentata il 12 aprile 2018

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge rappresenta il frutto di un approfondito lavoro svolto dalla Commissione Giustizia della Camera nella XVII legislatura, che ha trovato impulso nella proposta di legge di iniziativa dell'onorevole Ferranti, atto Camera n. 4605, che intendeva fornire risposte normative adeguate alla questione dell'equo bilanciamento degli interessi coinvolti dallo scioglimento del matrimonio, particolarmente avvertita dalla società civile per la risonanza mediatica che hanno avuto talune decisioni di merito, che hanno riconosciuto al coniuge debole assegni obiettivamente eccessivi, e per le difficili condizioni economiche in cui vengono talvolta a trovarsi gli ex coniugi tenuti al pagamento (generalmente i mariti), parimenti balzate agli onori della cronaca.
Il 18 ottobre 2017 ha avuto dunque inizio un'indagine conoscitiva sull'atto Camera n. 4605 nel corso della quale sono stati auditi, tra gli altri, importanti esperti ed esponenti della più autorevole dottrina in materia, quali Cesare Massimo Bianca, libero docente di diritto civile, Arnaldo Morace Pinelli, professore di diritto privato presso l'università degli studi di Roma «Tor Vergata», Enrico Quadri, professore di istituzioni di diritto privato presso l'università degli studi di Napoli «Federico II», Gianfranco Dosi, direttore della rivista «Lessico di diritto di famiglia», Anna Losurdo, consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense (CNF), Mirzia Bianca, professoressa di istituzioni di diritto privato presso l'università degli studi di Roma «La Sapienza», Franca Mangano, presidente della prima sezione civile del tribunale di Roma, e Maria Giovanna Ruo, presidente della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni. Le considerazioni degli auditi, tutte concordanti sulla necessità e sull'opportunità di un simile intervento del legislatore, hanno condotto al testo, risultante dall'approvazione di alcuni emendamenti, che siamo qui a riproporre.
Alcuni precedenti giurisprudenziali in materia di assegno divorzile hanno avuto vasta risonanza presso la pubblica opinione per l'eccessiva entità dell'assegno disposto a favore del coniuge «debole». Per altro verso la cronaca segnala spesso casi di difficili condizioni di vita in cui vengono a trovarsi gli ex-coniugi (generalmente i mariti) in quanto costretti a corrispondere un assegno che assorbe parte cospicua del loro guadagno. Si tratta di casi in cui si è applicata, non sempre appropriatamente, la norma sull'assegno post-matrimoniale come interpretata da una consolidata giurisprudenza, che ravvisa, come primo presupposto e criterio di determinazione dell'assegno, l'assenza di un reddito sufficiente a mantenere il tenore di vita di cui si godeva in costanza di matrimonio.
In sede di giurisprudenza di legittimità si è però avuto, di recente, un segno del tutto contrario (sentenza della Cassazione civile n. 11504 del 10 maggio 2017). Si è infatti affermato che l'assegno divorzile può essere concesso solamente all'ex coniuge che non abbia l'autosufficienza economica, che, cioè, non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Adeguandosi a questa nuova interpretazione un'ordinanza del tribunale di Milano, emessa il 22 maggio 2017, ha affermato che l'assegno può essere chiesto dall'ex coniuge avente diritto al gratuito patrocinio, ossia dall'ex coniuge che versa in condizione di povertà. In base alla nuova interpretazione, l'ex coniuge che non percepisca quanto è strettamente necessario per vivere può pretendere solamente gli alimenti, senza che si possa fare alcun riferimento al rapporto matrimoniale ormai estinto. Nessuna rilevanza, conseguentemente, avrebbero, tra l'altro, la durata del matrimonio e l'impegno dedicato dal coniuge alla famiglia. Altre sentenze hanno invece escluso che lo stato di povertà sia il necessario presupposto dell'assegno divorzile, per la determinazione del quale va tenuto in conto, anche, ma non esclusivamente, il tenore di vita matrimoniale insieme ad altri criteri, come l'apporto personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare (tribunale di Udine, sentenza n. 513 del 1° giugno 2017). Il contrastante quadro giurisprudenziale che si è venuto a creare richiede un urgente intervento legislativo, volto a fissare precise linee normative rispondenti all'esigenza di evitare, da un lato, che lo scioglimento del matrimonio sia causa di indebito arricchimento e, dall'altro, che sia causa di degrado esistenziale del coniuge economicamente debole che abbia confidato nel programma di vita del matrimonio, dedicandosi alla cura della famiglia rinunciando in tal modo a sviluppare una buona formazione professionale e a svolgere una proficua attività di lavoro o di impresa. In tale direzione sono orientati gli ordinamenti europei dove è tenuta presente l'esigenza che al coniuge divorziato debole venga dato un aiuto economico destinato, per quanto possibile, a compensare la disparità o lo squilibrio economico creato dallo scioglimento del matrimonio (articolo 276, comma 1, del codice civile francese; articolo 97, primo comma, del codice civile spagnolo). Ai fini della determinazione di tale aiuto in qualche codice o legge è fatto espresso riferimento al livello di vita matrimoniale (paragrafo 1573 del codice civile tedesco; sezione 25, comma 2, lettera d), della legge matrimoniale inglese – Matrimonial causes act 1973) e ad altri elementi, quale la cura di un figlio comune alla quale sia chiamato il coniuge divorziato. Al tempo stesso è avvertita l'esigenza che la corresponsione dell'aiuto economico non dia luogo a risultati iniqui o favorisca il coniuge per colpa esclusiva del quale è stato pronunziato il divorzio (articolo 370 del codice civile francese). Avvertita è anche l'esigenza di contenere nel tempo la durata dell'aiuto economico, prevedendone la corresponsione in una somma capitale (articolo 270 del codice civile francese) o una limitazione temporale quando una corresponsione a tempo indeterminato risulti ingiustificata anche in considerazione della breve durata del matrimonio (paragrafo 1573 del codice civile tedesco). Le disposizioni di cui alla presente proposta di legge sono volte a prevedere, anche nel nostro ordinamento, una soluzione di equità familiare tanto attesa dalla società civile.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Il sesto comma dell'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, è sostituito dal seguente:

«Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale può disporre l'attribuzione di un assegno a favore di un coniuge, destinato a equilibrare, per quanto possibile, la disparità che lo scioglimento o la cessazione degli effetti del matrimonio crea nelle condizioni di vita rispettive dei coniugi».

2. Dopo il sesto comma dell'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo, sono inseriti i seguenti:

«Al fine di cui al sesto comma, il tribunale valuta, in rapporto alla durata del matrimonio: le condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio; il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune; il patrimonio e il reddito di entrambi; la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive, anche in considerazione della mancanza di un'adeguata formazione professionale o di esperienza lavorativa, quale conseguenza dell'adempimento dei doveri coniugali, nel corso della vita matrimoniale; l'impegno di cura di figli comuni minori, disabili o comunque non economicamente indipendenti; il comportamento complessivamente tenuto da ciascuno in ordine al venir meno della comunione spirituale e materiale.
Tenuto conto di tutte le circostanze indicate nel settimo comma, il tribunale può predeterminare la durata dell'assegno nei casi in cui la ridotta capacità reddituale del richiedente sia dovuta a ragioni contingenti o comunque superabili.
L'assegno non è dovuto nel caso di nuove nozze, di unione civile con altra persona o di una stabile convivenza del richiedente l'assegno. L'obbligo di corresponsione dell'assegno non sorge nuovamente a seguito di separazione o di scioglimento dell'unione civile o di cessazione dei rapporti di convivenza».

3. Al comma 25 dell'articolo 1 della legge 20 maggio 2016, n. 76, le parole: «dal quinto all'undicesimo comma» sono sostituite dalle seguenti: «dal quinto al quattordicesimo comma».

Art. 2.

1. Le disposizioni di cui all'articolo 1 si applicano anche ai procedimenti per lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

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