PDL 410

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                Capo II
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                Capo III
                        Articolo 4
                Capo IV
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                Capo V
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14
                Capo VI
                        Articolo 15
                        Articolo 16

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 410

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa delle deputate
CENNI, INCERTI

Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico

Presentata il 27 marzo 2018

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Onorevoli Colleghi! – Il comparto nazionale dell'agricoltura biologica è cresciuto considerevolmente negli ultimi anni sia in termini di quantità delle produzioni realizzate sia come superficie delle colture.
Secondo i dati reperibili sul Sistema d'informazione nazionale sull'agricoltura biologica (SINAB), che da 16 anni è attivo e produce biostatistiche, al 31 dicembre 2015 le imprese inserite nel sistema di certificazione erano poco meno di 60.000 con una crescita rispetto all'anno precedente (2015 su 2014) dell'8,2 per cento. Nello stesso periodo la superficie agricola utilizzata (SAU) biologica è aumentata del 7,5 per cento arrivando a poco meno di 1,5 milioni di ettari, pari al 12 per cento della SAU nazionale.
Va inoltre sottolineato il carattere anticiclico dell'agricoltura biologica negli anni del recente passato in cui, come noto, tutti i settori produttivi sono stati investiti da una grave crisi: le aziende che adottano il metodo biologico, mediamente, hanno resistito meglio delle altre, vuoi per le caratteristiche di multifunzionalità che le distingue, vuoi perché mediamente si tratta di aziende a conduzione più giovane e spesso più femminile delle altre, vuoi perché sono aziende con una spiccata vocazione all'innovazione o perché spesso si tratta di aziende orientate all'esportazione.
Per tutte queste motivazioni, quello che fino a qualche anno fa era ritenuto un settore di nicchia, oggi rappresenta una parte importante della nostra economia agricola.
Emerge quindi la necessità, da parte del legislatore, di predisporre, nell'ordinamento nazionale, norme mirate per promuovere lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare e dell'acquacoltura effettuate con metodo biologico, compatibili con la regolamentazione europea vigente.
Il presente testo è il risultato di un lungo ed approfondito lavoro svolto nel corso della XVII legislatura dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati ed è stato approvato dall'Assemblea di Montecitorio in prima lettura (atto Senato n. 2811). Il testo di questa proposta di legge – identico a quello approvato dalla Camera nella precedente legislatura – era stato elaborato con il coinvolgimento diretto dell'intera filiera (attraverso un ciclo di audizioni promosso dalla stessa Commissione agricoltura): organizzazioni professionali e associazioni del biologico, settore della ricerca e della sperimentazione, comparto agroalimentare e soggetti a vario titolo coinvolti nella delicata fase del controllo.
Vediamo nel dettaglio l'analisi degli articoli.
Al capo I, norme generali, è ascritto il primo articolo del testo.
L'articolo 1 stabilisce l'oggetto della legge e le finalità della stessa. In particolare, al comma 2 definisce la produzione biologica «attività di interesse nazionale con funzione sociale, basata prioritariamente sulla qualità dei prodotti, sulla sicurezza alimentare, sul benessere degli animali, sullo sviluppo rurale e sulla tutela dell'ambiente e della biodiversità che concorre al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'intensità di emissioni di gas a effetto serra stabiliti dall'articolo 7-bis, paragrafo 2, della direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, e fornisce in tale ambito appositi servizi ecosistemici. Lo Stato favorisce e promuove ogni iniziativa volta all'incremento, nell'ambito delle superfici agricole, di quelle coltivate con il metodo biologico, anche attraverso interventi volti a incentivare la costituzione di organismi e punti di aggregazione del prodotto e di filiere biologiche». Il comma 3 dell'articolo 1 equipara il metodo di coltivazione biodinamica a quello di coltivazione biologica solo se applicato nel rispetto delle disposizioni del regolamento (CE) n. 834/2007.
Gli ecosistemi forniscono all'umanità una serie di vantaggi che vanno sotto il nome di beni e servizi eco sistemici. Per lungo tempo non è stato compreso il loro ruolo né tantomeno computato il loro valore nelle previsioni economiche della società poiché questi beni e servizi sono stati sempre disponibili, fuori dal mercato e gratuiti. Da lungo tempo l'Unione europea si è concentrata su programmi che andassero nella direzione di tutelare la biodiversità e, più in generale, gli ecosistemi. Già nel 2008 lo studio scaturito dal vertice di Potsdam evidenziò che uno scenario immutato a quella data avrebbe comportato entro il 2050 una perdita di biodiversità pari al 7 per cento del PIL. Da allora la politica europea, in particolare in campo agricolo, sia nel I sia nel II pilastro è stata sempre più orientata a promuovere pratiche agricole sostenibili.
Quindi lo Stato riconosce il beneficio derivante dalla coltivazione con metodo biologico, beneficio dovuto alle minori quantità di input chimici utilizzati e riversati nelle matrici naturali, in particolare suolo e acqua, nonché all'insieme delle pratiche messe in atto che garantiscono la conservazione della complessità degli agroecosistemi. In generale tali benefìci si traducono in quelli che il Millennium Ecosystem Assessement ha definito «quei benefìci multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano», catalogandoli in quattro categorie:

1. i servizi di fornitura o approvvigionamento che forniscono cibo, acqua, legname, combustibile e ogni altra materia prima compreso il materiale genetico;

2. i servizi di regolazione che regolano il clima, la qualità dell'aria e delle acque, la formazione del suolo, il ciclo dei rifiuti, la diffusione delle malattie mitigando i rischi naturali di erosione, di inondazioni eccetera;

3. i servizi culturali che includono benefìci immateriali quali l'eredità e l'identità culturale, l'arricchimento spirituale, i valori estetici e ricreativi;

4. i servizi di supporto che comprendono, fra gli altri, la creazione di habitat e la conservazione della biodiversità.

È noto come i sistemi agricoli ad alto valore naturale (AVN), quelli cioè che contribuiscono maggiormente alla tutela della biodiversità e che svolgono un ruolo chiave nel raggiungimento in particolare del terzo obiettivo della Strategia europea sulla biodiversità fino al 2020 ossia «garantire la sostenibilità dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca» in stretto collegamento con gli strumenti previsti dalla politica agricola comune (PAC), abbiano uno stretto rapporto con l'agricoltura biologica. Nel nostro Paese oltre il 40 per cento della superficie biologica certificata appartiene a un sistema agricolo ad AVN, un valore quasi doppio rilevato per le superfici coltivate convenzionalmente.
Gli articoli 2 e 3, riferiti al capo II, autorità nazionali e locali, individuano le autorità nazionale e locali, rappresentate rispettivamente dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, cui sono assegnati l'indirizzo e il coordinamento, e dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, cui spettano le attività tecnico-scientifiche e amministrative relative alla produzione agricola, agroalimentare e all'acquacoltura effettuate con metodo biologico.
Il capo III, organismi di settore, comprende il solo articolo 4 che norma il Tavolo tecnico per l'agricoltura biologica.
Questo articolo definisce il superamento del Comitato consultivo per l'agricoltura biologica già istituito con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali n. 10568 del 10 dicembre 2008 e del Tavolo tecnico istituito con decreto dello stesso Ministro n. 631 del 9 aprile 2013 (comma 2).
Definisce contestualmente l'istituzione del Tavolo tecnico per l'agricoltura biologica e ne norma la composizione e i compiti (commi 1, 3 e 4). Questi ultimi nello specifico sono i seguenti:

delineare gli indirizzi e le priorità per il Piano di azione;

esprimere pareri relativi a provvedimenti sull'agricoltura biologica a livello nazionale ed europeo;

proporre interventi per l'indirizzo e l'organizzazione dell'attività di promozione dei prodotti biologici favorendo il coordinamento tra le autorità nazionale e locali e gli operatori per assicurare la diffusione dei prodotti sul mercato;

organizzare annualmente almeno un incontro in cui mettere a confronto le esperienze dei distretti biologici italiani e internazionali.

Il successivo e ultimo comma 5 delega ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali le modalità di funzionamento del Tavolo tecnico stesso e sottolinea la non attribuzione di compensi ai partecipanti al Tavolo stesso.
In questo articolo si è voluta riprendere l'esperienza positiva e fattiva maturata dal Tavolo tecnico istituito con il decreto del 2013, che ha dato vita al Piano d'azione attualmente in essere, ricalcandone la composizione, superando l'esperienza del Comitato consultivo che nel tempo non aveva dato i risultati sperati. Si è privilegiata quindi la nascita di un organismo tecnico competente, in grado di portare il proprio contributo in termini di proposta concreta per il settore.
Il capo IV, strumenti di pianificazione e di finanziamento, comprende gli articoli da 5 a 8.
L'articolo 5 definisce l'adozione del Piano d'azione nazionale per l'agricoltura biologica e i prodotti biologici. Il Piano ha valenza triennale e viene aggiornato ogni anno in relazione agli obiettivi raggiunti e alle azioni realizzate. Gli obiettivi del Piano, elencati al comma 2, sono finalizzati a sostenere l'attività degli agricoltori che adottano il metodo biologico, a partire dalla delicata fase della conversione fino all'individuazione degli strumenti, finanziari e tecnici, idonei al rafforzamento dell'organizzazione della filiera con particolare riguardo alle piccole aziende.
Il Piano deve prevedere azioni specifiche per il monitoraggio dell'andamento del settore che individuino in progress i punti di forza e di debolezza del settore stesso e per la elaborazione e diffusione delle informazioni, tecniche e di mercato, utili ai diversi soggetti della filiera, in particolare attraverso lo strumento, già attivo, del SINAB.
Mirano, inoltre, a individuare le azioni più appropriate per migliorare il sistema di controllo e di certificazione al fine di garantire i consumatori, ma anche l'intero comparto produttivo, nonché a proporre azioni di formazione ed educazione al consumo e di informazione sui prodotti biologici, sulle loro caratteristiche e su come vengono ottenuti, rivolte al consumatore stesso, attraverso l'attuazione di programmi e misure gestiti direttamente dal Ministero o dalle regioni e che richiamano alla disponibilità e all'impiego di risorse europee.
Facendo propria l'attenzione dell'Unione europea all'uso dei prodotti fitosanitari e al loro corretto impiego in particolare nella gestione del verde pubblico, fra gli obiettivi del Piano vi è anche quello di stimolare gli enti pubblici all'uso di metodi biologici per il contenimento della flora infestante negli spazi di propria competenza.
Fra i temi trattati dal Piano è ricompreso quello dell'incentivazione della ricerca e dell'innovazione, entrambe fondamentali perché il settore biologico sia competitivo e adottabile su un quantitativo sempre maggiore di SAU. È infatti priva di fondamento la teoria secondo la quale fare agricoltura biologica equivale a non adottare alcuna lavorazione o alcun metodo di contenimento della flora antagonista o a non mettere in atto alcun mezzo per la difesa fitosanitaria. È vero esattamente il contrario e le conoscenze in capo all'agricoltore che pratica il metodo biologico devono essere riferite all'agroecosistema nel suo complesso e supportate da riscontri scientifici aggiornati e trasferibili.
All'articolo 8, sul sostegno alla ricerca tecnologica e applicata, il tema dell'importanza e della necessità della ricerca viene affrontato più compiutamente, riconoscendo l'importanza di promuovere percorsi formativi dedicati agli studenti universitari che possano usufruire di dottorati di ricerca, master e corsi di alta formazione nelle tematiche della produzione agricola e agroalimentare e di acquacoltura effettuate con metodo biologico, riconoscendo la necessità di garantire nel tempo l'offerta formativa già presente e potenziandola ove possibile, nonché individuando nell'aggiornamento dei docenti degli istituti tecnici e nella possibilità per gli studenti di svolgere tirocini pratici direttamente nelle aziende biologiche una leva importante di trasmissione della conoscenza, teorica e pratica, relativa a questo settore.
Le lettere b) e c) del comma 2 sanciscono l'importanza che rivestono il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA), in materia di ricerca in agricoltura biologica. Gli enunciati in esame pertanto esprimono l'esigenza che sia nell'ambito del riparto del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca finanziato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sia nel piano triennale delle attività del CREA, si destini una quota parte delle risorse assegnate a progetti per la ricerca e l'innovazione in agricoltura biologica.
Consapevoli dell'importanza che la ricerca e l'innovazione nonché la divulgazione dei risultati ottenuti hanno ed avranno ancor di più nel futuro, per garantire al biologico italiano il ruolo di primo piano che già oggi ricopre a livello europeo, viene ad esse destinata una parte consistente, pari al 30 per cento delle risorse assegnate al Fondo di cui all'articolo 6, che si illustrerà a breve.
Nella lettera d) si specifica, inoltre, la necessità che vengano assegnate somme, individuate nel decreto di riparto previsto sempre all'articolo 6:

a progetti di ricerca che abbiano una durata sufficiente a garantire l'ottenimento di risultati certi e divulgabili e quindi almeno compresa tra tre e cinque anni;

a progetti di ricerca che coinvolgano tutti gli attori della filiera, per rimarcare l'importanza che deve essere attribuita alla organizzazione e alla strutturazione del comparto;

assicurando un adeguato compenso alle aziende che prendono parte ai progetti.

Anche l'articolo 9 rientra tra quelli che annoverano gli strumenti di pianificazione. In esso si richiama la formazione professionale e la si promuove a beneficio di tecnici e operatori del settore del biologico nonché dei soggetti pubblici incaricati di svolgere il controllo.
Le aziende che adottano il metodo di coltivazione e di allevamento biologico, quelle che entrano in conversione e le aziende che si occupano della trasformazione hanno l'esigenza di avvalersi di tecnici preparati e aggiornati che sappiano validamente affiancarle negli specifici processi produttivi. Come già detto, un comparto in crescita costante da diversi anni come quello dell'agricoltura biologica deve essere supportato prima di tutto attraverso una buona assistenza.
I princìpi in base ai quali organizzare la suddetta formazione professionale vengono demandati a un decreto che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali emanerà di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (Conferenza Stato-regioni).
Anche i contratti di rete di cui all'articolo 7 sono ricompresi tra gli strumenti di pianificazione. Con l'articolo 6-bis del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, per le reti di impresa già normate in agricoltura è stato introdotto l'accesso ai finanziamenti agevolati per investimenti in ricerca e innovazione tecnologica. Questo strumento pertanto, oltre a rappresentare una modalità organizzativa innovativa che tuttavia ha già esempi anche nel settore agricolo, permette alle aziende biologiche di accedere a ulteriori canali di finanziamento.
Lo strumento finanziario previsto da questo progetto di legge, denominato Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica, di seguito definito Fondo, viene descritto e normato all'articolo 6.
Il Fondo è destinato al finanziamento delle iniziative previste nel Piano d'azione nazionale, con la riserva del 30 per cento destinata ai programmi di ricerca. Con decreto ministeriale avviene la ripartizione delle risorse tra le iniziative individuate nel Piano d'azione e vengono definite le modalità di funzionamento del Fondo. Lo schema di decreto deve essere trasmesso alle Commissioni parlamentari competenti per il parere.
Il Fondo è alimentato con le entrate derivanti dal contributo per la sicurezza alimentare individuato nel 2 per cento del fatturato dell'anno precedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari autorizzati e fertilizzanti di sintesi, contributo già previsto a legislazione vigente, che originariamente ammontava a circa 11 milioni di euro ma che nel tempo, a seguito dei numerosi tagli lineari disposti dalle leggi finanziarie e di bilancio a partire dal 2008, si è notevolmente ridotto attestandosi a una cifra pari a circa 3 milioni di euro.
Il capo V, disposizioni in materia di organizzazione della produzione e del mercato, annovera gli articoli dal 10 al 14.
L'articolo 10 norma i distretti biologici. Il tema dei distretti come organizzazione dello sviluppo del territorio è ormai da tempo all'attenzione del legislatore che ha normato dapprima i distretti industriali e quindi i distretti agricoli nell'articolazione sopra riportata.
Il riferimento di legge specifico ai distretti biologici non esiste ancora sebbene negli ultimi dieci anni sia nato un interesse, via via crescente, per questo tema sia nel mondo accademico così come in seno all'amministrazione pubblica che, infatti, ha finanziato i principali progetti di ricerca sviluppatisi su tale materia. Il primo progetto di ricerca, BioDistrict, svolto negli anni 2007-2008, venne finanziato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con lo scopo di definire, attraverso l'applicazione di una metodologia scientifica, gli indirizzi generali per la realizzazione dei distretti biologici. Successivamente, negli anni 2009-2011, il progetto BioReg ha avuto l'obiettivo, partendo dai risultati ottenuti nel precedente progetto, di mettere a punto un lavoro specifico su tre casi studio relativi ad altrettante regioni italiane – Marche, Piemonte e Sicilia – dando spazio a processi partecipativi e verificando l'applicazione della metodologia individuata per la costituzione di distretti biologici. Entrambi i progetti sopra ricordati sono stati realizzati dal Dipartimento di economia e impresa dell'università degli studi della Tuscia.
Da ultimo, sempre il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con il coordinamento dell'ISMEA, la partecipazione dello IAMB di Bari e dell'università di Bologna, ha finanziato il progetto denominato DIMECOBIO, nell'ambito del quale un focus di approfondimento è stato dedicato a indagare la struttura, le dinamiche di sviluppo e le performance socio-economiche dei biodistretti.
L'attenzione al tema dei distretti biologici da parte di istituzioni ed enti di ricerca è maturata in un contesto, quello della realtà agricola italiana, spesso molto dinamico e talvolta incline a proporre soluzioni e iniziative per migliorare le condizioni dell'economia di interi territori e dei comparti produttivi che in essi operano.
In quasi tutte le regioni italiane sono operativi uno o più distretti biologici, nati mediante l'adozione di disciplinari privati, e alcuni anni or sono si è costituita una rete internazionale che raccoglie esperienze analoghe presenti in diversi Paesi. (INternational Network of EcoRegions).
È interessante notare come i territori dove ricadono i biodistretti spesso abbiano caratteristiche analoghe a quelle individuate nell'ambito della Strategia nazionale per le aree interne per perimetrare queste ultime e, spesso, facciano parte di quei sistemi definiti sistemi agricoli ad AVN di cui si è accennato all'inizio di questa relazione.
Spesso, dunque, quando parliamo di distretti biologici parliamo di territori a vocazione agricola biologica, caratterizzati da grande valore aggiunto in termini paesaggistici e naturalistici ma anche da fragilità espressa dai parametri socio-economici che li rappresentano. Caratterizzati, inoltre, da grande dinamicità in relazione alla ricerca di soluzioni partecipate ai problemi dell'area e alla capacità di mettere in atto iniziative spesso innovative per la loro risoluzione.
Nell'articolo 10 viene quindi normata una realtà già esistente e molto viva e in costante divenire definendo, fra l'altro, le finalità per cui vengono istituiti i distretti biologici: non solo tutelare l'agricoltura biologica ma più in generale promuovere l'uso sostenibile delle risorse naturali anche in attività non agricole E, inoltre, mettere in rete, oltre alle risorse naturali, gli agricoltori con i trasformatori, con i consumatori, con gli operatori turistici e con gli enti locali perché i primi possano trovare nel loro territorio di riferimento il bacino naturale in cui i loro prodotti possano essere valorizzati e gli altri possano acquistare a prezzi congrui alimenti sani la cui realizzazione tutela la salute e l'ambiente.
Il comitato direttivo individuato quale promotore e propositore del distretto biologico è appunto costituito da tutti i soggetti che a vario titolo si occupano di agricoltura biologica ed hanno a cuore l'uso sostenibile delle risorse, che vedono nel distretto biologico anche l'opportunità di promuovere, insieme alle produzioni biologiche, tutto il territorio nel quale esse vengono realizzate.
La regione è destinataria della richiesta di riconoscimento del distretto biologico: in questo nel testo in esame è stata adottata la strategia di riconoscimento bottom-up, acquisendo così i suggerimenti pervenuti dagli auditi i quali hanno testimoniato il sostanziale fallimento di molte esperienze organizzative analoghe, tramontate proprio perché non pervase da un reale interesse e da un diretto coinvolgimento di chi avrebbe dovuto renderle operative.
I requisiti e le condizioni per la costituzione del distretto biologico vengono specificati in un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
I successivi tre articoli del testo, e cioè l'11, il 12 e il 13, recano rispettivamente disposizioni sulle organizzazioni interprofessionali nella filiera biologica, sulle intese di filiera per i prodotti biologici e sulle organizzazioni dei produttori biologici.
Le organizzazioni interprofessionali, che raccolgono in un'unica struttura almeno due delle principali parti o la totalità della filiera, sono regolamentate ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge n. 51 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91 del 2015, coerentemente con le disposizioni del regolamento (UE) n. 1308/2013. Esse si configurano come strumento di miglioramento delle relazioni tra le varie parti della filiera e di equilibrio e trasparenza del mercato a beneficio della competitività e della sostenibilità economica delle produzioni agroalimentari.
La normativa europea consente di riconoscere organizzazioni interprofessionali per prodotto, gruppi di prodotto o di settori specifici analiticamente indicati nell'allegato I del regolamento (UE) n. 1308/2013; non prevede un riconoscimento per tipologia o per sistemi qualitativi o con caratteristiche trasversali, «orizzontale» per prodotti appartenenti a settori specifici differenti. Viene tuttavia lasciata la possibilità agli Stati membri di legiferare per la costituzione di organizzazioni interprofessionali multi-settoriali, considerando il settore del biologico, multi-settoriale, come un unicum.
Nell'articolo 11 vengono richiamate le caratteristiche che le organizzazioni interprofessionali devono avere e le finalità che devono raggiungere per essere riconosciute dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al quale competono anche il controllo e la vigilanza. Talune delle suddette finalità riguardano:

il miglioramento della conoscenza e della trasparenza del mercato anche attraverso la pubblicazione di dati statistici sui costi di produzione, sui prezzi e sui volumi e attraverso l'analisi sui possibili sviluppi del mercato;

il miglioramento del coordinamento per l'immissione dei prodotti sul mercato, in particolare attraverso studi e ricerche di mercato, esplorando potenziali mercati d'esportazione e diffondendo i prezzi pubblici di mercato;

la redazione di contratti-tipo per la vendita di prodotti agricoli biologici ad acquirenti o per la fornitura di prodotti trasformati a distributori e rivenditori al minuto;

la valorizzazione del potenziale dei prodotti biologici rafforzandone la competitività;

lo svolgimento di ricerche volte a innovare e razionalizzare la produzione, la trasformazione e la commercializzazione;

la promozione del consumo di prodotti biologici.

Così come definita dall'articolo 168 del regolamento (UE) n. 1308/2013, viene prevista anche per l'organizzazione interprofessionale del settore biologico la possibilità di estensione delle regole, puntualmente disciplinata nei commi da 8 a 13.
All'articolo 12 viene istituito il Tavolo di filiera dei prodotti biologici che ha, fra l'altro, la facoltà di proporre al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali le intese di filiera che mirano a:

1. valorizzare le produzioni agricole primarie, i prodotti e i sottoprodotti derivanti dalle diverse fasi della filiera biologica;

2. favorire lo sviluppo dei processi per ottimizzazione dei costi di produzione;

3. conservare il territorio, le risorse naturali, la salute pubblica e la biodiversità;

4. promuovere l'istituzione e lo sviluppo dei distretti biologici.

Le intese non possono comportare restrizioni alla concorrenza ma possono prevedere accordi per la programmazione della produzione o del miglioramento della qualità che possano avere come conseguenza la limitazione dei volumi d'offerta. Tale fattispecie è regolamentata per fare fronte a eventuali crisi di mercato che devono essere documentate e protratte nel tempo e le programmazioni devono essere approvate dal Ministero che ne verifica la compatibilità europea, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Per le organizzazioni dei produttori biologici normate all'articolo 13 del testo di legge in esame vale quanto già detto per le organizzazioni interprofessionali: le organizzazioni dei produttori per singolo prodotto o per specifico settore hanno un riferimento normativo nel regolamento (UE) n. 1308/2013 ma anche in questo caso il singolo Stato membro può legiferare per OP multisettoriale.
Le organizzazioni dei produttori biologici devono nascere per iniziativa dei produttori e l'articolo individua nella commercializzazione in forma associata delle produzioni e nell'attivazione di un programma operativo le finalità di cui una almeno deve essere presente tra quelle statutarie. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa nell'ambito della Conferenza Stato-regioni, sono definiti i criteri e i requisiti in base ai quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano riconoscono le organizzazioni dei produttori biologici e le loro associazioni. Il Ministero è competente al riconoscimento delle associazioni dei produttori biologici quando associano organizzazioni dei produttori biologici riconosciute in regioni diverse. Con il medesimo decreto sono altresì definite le modalità con le quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano le attività di verifica in merito alla sussistenza di tali requisiti e alla loro permanenza.
La pratica dello scambio di piccole quantità di sementi, in ambito locale, riprodotte direttamente dagli agricoltori, è alla base del mantenimento della biodiversità ed è funzionale soprattutto alle aziende biologiche che utilizzano in via prioritaria sementi adattate in un determinato areale di coltivazione.
L'articolo 14, sulle sementi biologiche, apporta una modifica a quanto previsto dall'articolo 19-bis della legge n. 1096 del 1971 aggiungendo il comma 6-bis, con il quale si riconosce agli agricoltori che producono le varietà di sementi biologiche, da conservazione, nei luoghi dove tali varietà hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche, il diritto alla vendita diretta e in ambito locale nonché il diritto al libero scambio delle stesse sementi o di materiale di propagazione relativo a tali varietà.
Allo stesso modo è consentito agli agricoltori che producono sementi biologiche non iscritte al registro delle varietà vegetali o sementi di varietà da conservazione o da riproduzione aziendale di selezioni proprie il diritto di vendere direttamente ad altri agricoltori, in ambito locale, in quantità limitata, le medesime sementi o materiali di propagazione purché prodotti in azienda, nonché il libero scambio e gli altri diritti previsti dagli articoli 5, 6 e 9 del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura.
Il capo VI, disposizioni finali, si compone dell'articolo 15, recante le abrogazioni, e dell'articolo 16, recante norme di salvaguardia.

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
NORME GENERALI

Art. 1.
(Oggetto e finalità).

1. La presente legge disciplina, per il settore della produzione agricola e agroalimentare e dell'acquacoltura effettuate con metodo biologico, con l'esclusione del sistema dei controlli, i seguenti oggetti:

a) il sistema delle autorità nazionali e locali e degli organismi competenti;

b) i distretti biologici e l'organizzazione della produzione e del mercato;

c) gli strumenti finanziari per il sostegno della ricerca, per la realizzazione di campagne di informazione e di comunicazione istituzionale nonché per incentivare l'impiego di prodotti ottenuti con il metodo biologico da parte degli enti pubblici e delle istituzioni.

2. La produzione biologica è attività di interesse nazionale con funzione sociale, in qualità di settore economico basato prioritariamente sulla qualità dei prodotti, sulla sicurezza alimentare, sul benessere degli animali, sullo sviluppo rurale e sulla tutela dell'ambiente e della biodiversità, che concorre al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'intensità delle emissioni di gas a effetto serra stabiliti dall'articolo 7-bis, paragrafo 2, della direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, e fornisce in tale ambito appositi servizi ecosistemici. Lo Stato favorisce e promuove ogni iniziativa volta all'incremento, nell'ambito delle superfici agricole, di quelle coltivate con il metodo biologico, anche attraverso interventi volti a incentivare la costituzione di organismi e punti di aggregazione del prodotto e di filiere biologiche.
3. Ai fini della presente legge, il metodo di agricoltura biodinamica, che prevede l'uso di preparati biodinamici, applicato nel rispetto delle disposizioni del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, è equiparato al metodo di agricoltura biologica.

Capo II
AUTORITÀ NAZIONALI E LOCALI

Art. 2.
(Autorità nazionale).

1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di seguito denominato «Ministero», è l'autorità di indirizzo e coordinamento a livello nazionale per l'attuazione della normativa europea in materia di produzione agricola e agroalimentare e di acquacoltura effettuate con metodo biologico.

Art. 3.
(Autorità locali).

1. Nel rispetto delle competenze primarie e concorrenti loro spettanti, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono le autorità locali competenti, nel rispettivo territorio, per lo svolgimento delle attività tecnico-scientifiche e amministrative relative alla produzione agricola e agroalimentare e all'acquacoltura effettuate con metodo biologico.

Capo III
ORGANISMI DI SETTORE

Art. 4.
(Tavolo tecnico per l'agricoltura biologica).

1. È istituito presso il Ministero il Tavolo tecnico per l'agricoltura biologica, di seguito denominato «Tavolo tecnico».
2. Al funzionamento del Tavolo tecnico provvede il Ministero, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente per il funzionamento del Comitato consultivo per l'agricoltura biologica di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali n. 10568 del 10 dicembre 2008 e del Tavolo tecnico compartecipato in agricoltura biologica di cui al decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali n. 631 del 9 aprile 2013, che sono contestualmente soppressi.
3. Il Tavolo tecnico è costituito da tre rappresentanti nominati dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di seguito denominato «Ministro», di cui uno con funzioni di presidente, da un rappresentante nominato dal Ministro della salute, da tre rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, individuati dalle stesse in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da un rappresentante della cooperazione agricola, da tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole a vocazione generale, da almeno tre rappresentanti delle associazioni maggiormente rappresentative nell'ambito della produzione agricola e agroalimentare e dell'acquacoltura effettuate con metodo biologico, da due rappresentanti delle associazioni dei produttori dei mezzi tecnici utilizzati nell'agricoltura biologica, da due rappresentanti della ricerca scientifica applicata nel settore dell'agricoltura biologica e dell'acquacoltura biologica, di cui uno nominato dall'ISPRA e uno dagli istituti di ricerca pubblici, e da due rappresentanti dei distretti biologici di cui all'articolo 10. I componenti del Tavolo tecnico restano in carica cinque anni e non possono essere riconfermati per un secondo mandato, ad eccezione dei rappresentanti della ricerca scientifica.
4. Il Tavolo tecnico ha, in particolare, i seguenti compiti:

a) delineare gli indirizzi e le priorità per il Piano d'azione di cui all'articolo 5, con particolare attenzione alla ricerca nell'ambito della produzione agricola e agroalimentare e dell'acquacoltura effettuate con metodo biologico;

b) esprimere pareri in merito ai provvedimenti concernenti la produzione biologica a livello nazionale ed europeo, con particolare riguardo alle questioni sulle quali lo Stato italiano è chiamato a fornire il proprio contributo in sede europea;

c) proporre gli interventi per l'indirizzo e l'organizzazione delle attività di promozione dei prodotti biologici, nonché favorire il coordinamento tra le autorità di cui agli articoli 2 e 3 e gli operatori, per assicurare la diffusione di tali prodotti sui mercati;

d) organizzare annualmente almeno un incontro in cui mettere a confronto le esperienze dei distretti biologici italiani e internazionali.

5. Le modalità di funzionamento del Tavolo tecnico sono definite con decreto del Ministro. Ai partecipanti al Tavolo tecnico non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.

Capo IV
STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE E DI FINANZIAMENTO

Art. 5.
(Piano d'azione nazionale per l'agricoltura biologica e i prodotti biologici).

1. Il Ministero, con cadenza triennale, adotta il Piano d'azione nazionale per l'agricoltura biologica e i prodotti biologici, che è aggiornato annualmente. Gli interventi contenuti nel Piano sono finanziati nei limiti delle risorse e secondo le modalità indicate all'articolo 6.
2. Il Piano prevede interventi per lo sviluppo dell'agricoltura biologica con l'obiettivo di:

a) favorire la conversione al metodo biologico delle imprese agricole e agroalimentari, con particolare riguardo alle piccole aziende agricole, anche attraverso l'individuazione e l'utilizzo degli strumenti di attivazione delle politiche di sviluppo rurale;

b) sostenere la costituzione di forme associative per rafforzare l'organizzazione della filiera dei prodotti biologici, ponendo particolare attenzione al ruolo delle piccole aziende agricole all'interno della filiera;

c) incentivare il consumo dei prodotti biologici attraverso iniziative di informazione, formazione ed educazione al consumo, anche mediante programmi e misure;

d) monitorare l'andamento del settore al fine di elaborare e diffondere le informazioni rilevanti per l'agricoltura biologica, tramite le attività del Sistema d'informazione nazionale sull'agricoltura biologica (SINAB), in sinergia con le risorse del Programma della Rete rurale nazionale;

e) migliorare il sistema di controllo e di certificazione a garanzia della qualità dei prodotti biologici, attraverso la semplificazione della normativa, l'utilizzo di strumenti informatici e interventi di formazione;

f) stimolare enti e istituzioni pubbliche affinché utilizzino i metodi dell'agricoltura biologica nella gestione del verde;

g) incentivare la ricerca e l'innovazione in materia di produzione agricola e agroalimentare e di acquacoltura effettuate con metodo biologico, sulla base di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 2, lettera d).

3. Il Ministro invia annualmente alle Camere una relazione sullo stato di attuazione del Piano e sull'utilizzo del Fondo di cui all'articolo 6.

Art. 6.
(Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica).

1. Nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito il Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. Il Fondo è finalizzato al finanziamento di programmi per lo sviluppo dell'agricoltura biologica, in coerenza con la comunicazione 2014/C 204/01 della Commissione europea, sugli Orientamenti dell'Unione europea per gli aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali 2014-2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. C 204 del 1° luglio 2014.
2. Il Fondo è destinato al finanziamento delle iniziative per lo sviluppo dell'agricoltura biologica definite nel Piano d'azione nazionale per l'agricoltura biologica e i prodotti biologici di cui all'articolo 5.
3. Il Ministro, con decreto da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina la quota della dotazione del Fondo da destinare, con separata evidenza contabile, al finanziamento dei programmi di ricerca e innovazione di cui all'articolo 8, comma 2, lettera d), della presente legge. Con il medesimo decreto sono definiti le modalità di funzionamento del Fondo nonché i requisiti e i criteri per la definizione dei soggetti e delle iniziative che possono essere finanziati con le risorse del Fondo medesimo.
4. Il Ministro trasmette, entro il 30 aprile di ogni anno, lo schema del decreto di cui al comma 3 alle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta.
5. I contributi di cui all'articolo 59, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, sono corrisposti in rate semestrali con scadenza il giorno 15 del mese successivo alla scadenza della rata con le modalità stabilite, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. In caso di omissione del versamento del contributo di cui al citato articolo 59, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del contributo dovuto; in caso di versamento del contributo in misura inferiore al dovuto, la sanzione è pari al doppio della differenza tra quanto versato e quanto dovuto; se il versamento è effettuato dopo la scadenza del termine indicato al primo periodo, la sanzione è pari allo 0,1 per cento del contributo dovuto per ogni giorno di ritardo. Con il decreto di cui al primo periodo sono altresì definite le modalità di applicazione e di riscossione delle sanzioni.
6. La dotazione del Fondo è parametrata a una quota delle entrate derivanti dai contributi di cui all'articolo 59, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, determinata tenendo conto di quanto stabilito dall'articolo 2, comma 617-bis, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Fondo di cui al citato articolo 59, comma 2, della legge n. 488 del 1999 è soppresso e le disponibilità esistenti nello stesso alla predetta data sono trasferite al Fondo di cui al comma 1 del presente articolo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 7.
(Contratti di rete tra gli operatori della filiera biologica).

1. Al fine di favorire l'aggregazione imprenditoriale e l'integrazione tra le diverse fasi della filiera dei prodotti biologici, lo Stato sostiene la stipulazione di contratti di rete tra le imprese della filiera biologica, ai sensi dell'articolo 3, commi 4-ter, 4-ter.1, 4-ter.2, 4-quater e 4-quinquies, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, nonché la costituzione di cooperative tra produttori del settore biologico.

Art. 8.
(Sostegno alla ricerca tecnologica e applicata nel settore della produzione agricola biologica).

1. Lo Stato sostiene la ricerca tecnologica e applicata nel settore della produzione agricola e agroalimentare e dell'acquacoltura effettuate con metodo biologico.
2. Per le finalità di cui al comma 1:

a) sono promossi specifici percorsi formativi in ambito universitario attraverso la possibilità di attivare dottorati di ricerca e master nonché corsi di alta formazione, in tema di produzione agricola e agroalimentare e di acquacoltura effettuate con metodo biologico, nei dipartimenti di agronomia, produzioni vegetali e zootecnia nonché in quelli di economia e di giurisprudenza delle università italiane e sono previsti percorsi per l'aggiornamento dei docenti di agronomia degli istituti agrari e di altri istituti specifici ed è incentivato l'affiancamento con le aziende biologiche del territorio;

b) è destinata, in sede di ripartizione annuale del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca finanziati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, quota parte delle risorse del Fondo medesimo, finalizzata alle attività di ricerca del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) nell'ambito della produzione agricola e agroalimentare e dell'acquacoltura effettuate con metodo biologico. A tal fine, a decorrere dall'esercizio finanziario 2018, l'assegnazione autorizzata con legge di bilancio a favore del CNR comprende la somma a favore delle predette attività, nella misura massima ivi determinata;

c) nel piano triennale di attività del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, predisposto ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218, sono previsti interventi per la ricerca nel settore della produzione agricola e agroalimentare e dell'acquacoltura effettuate con metodo biologico;

d) almeno il 30 per cento delle risorse confluite nel Fondo di cui all'articolo 6 è destinato al finanziamento dei programmi di ricerca e innovazione nonché dei percorsi formativi in ambito universitario di cui alla lettera a) del presente comma in materia di produzione agricola e agroalimentare e di acquacoltura effettuate con metodo biologico, nonché dei percorsi per l'aggiornamento dei docenti di cui alla medesima lettera a). Nell'ambito di tali risorse, il decreto di riparto adottato a norma dell'articolo 6, comma 3, assegna specifiche somme a progetti di ricerca di durata compresa tra tre e cinque anni e a progetti nei quali siano coinvolti tutti gli attori della filiera produttiva, all'uopo assicurando un adeguato corrispettivo alle aziende che partecipano ai progetti di ricerca e sperimentazione e ai progetti di ricerca realizzati nei distretti biologici di cui all'articolo 10 e mettono a disposizione i loro terreni.

3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 9.
(Formazione professionale).

1. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono la formazione teorico-pratica di tecnici e operatori in materia di produzione agricola e agroalimentare e di acquacoltura effettuate con metodo biologico e dei soggetti pubblici incaricati di svolgere i controlli ispettivi previsti dalla legislazione vigente. Per tali finalità, il Ministro, con decreto da emanare di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, definisce i princìpi in base ai quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano organizzano la formazione professionale.

Capo V
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ORGANIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE E DEL MERCATO

Art. 10.
(Distretti biologici).

1. Costituiscono distretti biologici i sistemi produttivi locali, anche di carattere interprovinciale o interregionale, a spiccata vocazione agricola nei quali, oltre alle caratteristiche previste dall'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, siano significativi:

a) la coltivazione, l'allevamento, la trasformazione e la preparazione alimentare e industriale di prodotti biologici conformemente alla normativa europea, nazionale e regionale;

b) la tutela delle produzioni e delle metodologie colturali, d'allevamento e di trasformazione tipiche locali;

c) le attività economiche che si svolgono nel rispetto dei criteri della sostenibilità ambientale o che possono essere svolte in conformità a tali criteri entro termini certi.

2. Al distretto biologico possono partecipare gli enti locali che adottino politiche di tutela del ruolo delle produzioni biologiche, di difesa dell'ambiente, di conservazione del suolo agricolo e di difesa della biodiversità.
3. Con decreto del Ministro, da emanare previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono specificati i requisiti e le condizioni per la costituzione dei distretti biologici.
4. I distretti biologici si caratterizzano per l'integrazione tra le attività agricole e le altre attività economiche presenti nell'area del distretto stesso e per la presenza di aree paesaggisticamente rilevanti, incluse le aree protette nazionali e regionali di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e le aree comprese nella rete «Natura 2000» prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357.
5. I distretti biologici sono istituiti al fine di:

a) promuovere l'uso sostenibile delle risorse naturali e locali nei processi produttivi agricoli, finalizzato alla tutela degli ecosistemi;

b) stimolare e favorire l'approccio territoriale, anche al di fuori dei confini amministrativi, promuovendo la coesione e la partecipazione di tutti i soggetti economici e sociali con l'obiettivo di perseguire uno sviluppo attento alla conservazione delle risorse, impiegando le stesse nei processi produttivi in modo da salvaguardare l'ambiente, la salute e le diversità locali;

c) semplificare, per gli agricoltori biologici operanti nel distretto, l'applicazione delle norme di certificazione biologica e delle norme di certificazione ambientale e territoriale previste dalla normativa vigente;

d) favorire lo sviluppo, la valorizzazione e la promozione dei processi di preparazione, di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti biologici;

e) promuovere e sostenere le attività collegate all'agricoltura biologica, quali la somministrazione di cibi biologici nella ristorazione pubblica e collettiva, la vendita diretta di prodotti biologici, l'attività agrituristica, il turismo rurale, le azioni finalizzate alla tutela, alla valorizzazione e alla conservazione della biodiversità agricola e naturale e l'agricoltura sociale;

f) promuovere una maggiore diffusione, a prezzi congrui, dei prodotti agricoli e agroalimentari e dell'acquacoltura realizzati con metodo biologico.

6. Le imprese agricole, singole e associate, le organizzazioni dei produttori e i soggetti pubblici e privati che intendono promuovere la costituzione di un distretto biologico costituiscono un Comitato direttivo incaricato della rappresentanza delle istanze amministrative, economiche e commerciali del medesimo distretto, anche attraverso la predisposizione di modelli semplificati per la gestione delle pratiche amministrative. Ai partecipanti al Comitato direttivo non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
7. Il Comitato direttivo del distretto biologico presenta la richiesta di riconoscimento del distretto medesimo alla regione di appartenenza. Nel caso di distretti compresi nel territorio di più regioni, la richiesta di riconoscimento deve essere presentata a ciascuna regione.
8. Le regioni possono prevedere percorsi graduali di conversione al metodo biologico per il riconoscimento dei distretti biologici.
9. Il Ministero promuove, anche attraverso il proprio sito internet istituzionale, la divulgazione delle migliori pratiche messe in atto nei distretti biologici, valorizzando i risultati ottenuti, anche attraverso la predisposizione di schede dedicate ai distretti biologici che contengano informazioni, di tipo amministrativo e tecnico, inerenti alle attività e ai progetti di sviluppo e di ricerca relativi al distretto biologico.
10. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono individuare criteri specifici sulla base dei quali attribuire priorità al finanziamento di progetti presentati da imprese singole o associate o da enti locali operanti nel territorio del distretto biologico.

Art. 11.
(Organizzazioni interprofessionali nella filiera biologica).

1. Al fine di favorire il riordino delle relazioni contrattuali nel settore dei prodotti biologici, il Ministero riconosce le organizzazioni interprofessionali della filiera dei prodotti biologici che:

a) sono costituite da e per iniziativa di rappresentanti delle attività economiche connesse alla produzione e ad almeno una delle fasi della trasformazione o del commercio dei prodotti biologici;

b) perseguono, tenendo conto degli interessi dei loro associati e dei consumatori, una finalità specifica coerente con le finalità della presente legge e compresa tra quelle di seguito indicate:

1) migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato, anche mediante la pubblicazione di dati statistici aggregati sui costi di produzione, sui prezzi, corredati eventualmente di relativi indici, sui volumi e sulla durata dei contratti precedentemente conclusi e mediante la realizzazione di analisi sui possibili sviluppi futuri del mercato a livello regionale, nazionale o internazionale;

2) contribuire a un migliore coordinamento delle modalità di immissione dei prodotti sul mercato, in particolare attraverso ricerche e studi di mercato, esplorando potenziali mercati d'esportazione, prevedendo il potenziale di produzione e diffondendo i prezzi pubblici di mercato;

3) nel rispetto della disciplina delle relazioni contrattuali di cui all'articolo 168 del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, e all'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, in materia di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari, redigere contratti-tipo compatibili con la vigente normativa dell'Unione europea per la vendita di prodotti agricoli biologici ad acquirenti o per la fornitura di prodotti trasformati a distributori e rivenditori al minuto, tenendo conto della necessità di ottenere condizioni concorrenziali eque e di evitare distorsioni del mercato;

4) valorizzare in modo ottimale il potenziale dei prodotti biologici, anche a livello di sbocchi di mercato e sviluppare iniziative volte a rafforzare la competitività economica e l'innovazione;

5) fornire le informazioni e svolgere le ricerche necessarie per innovare, razionalizzare e migliorare la produzione, la trasformazione e la commercializzazione e orientarle verso prodotti biologici più adatti al fabbisogno del mercato e alle aspettative dei consumatori, con particolare riguardo alla protezione dell'ambiente attraverso metodi atti a limitare l'impiego di prodotti fitosanitari, a garantire la salvaguardia del suolo e delle acque e a rafforzare la sicurezza sanitaria degli alimenti;

6) realizzare qualunque azione atta a tutelare e promuovere l'agricoltura biologica attraverso attività di ricerca per l'individuazione di metodi di produzione sostenibili più rispettosi dell'ambiente;

7) promuovere il consumo dei prodotti biologici, anche attraverso programmi di educazione alimentare.

2. Le organizzazioni interprofessionali di cui al comma 1 possono associare, con funzione consultiva, le organizzazioni rappresentative dei consumatori e dei lavoratori del settore agricolo e agroalimentare per un più efficace esercizio delle proprie attività istituzionali, anche al fine di acquisirne l'avviso sui progetti di estensione delle regole ai sensi dei commi da 8 a 10.
3. Le organizzazioni interprofessionali, nella redazione dei contratti-tipo per la vendita di prodotti agricoli biologici ad acquirenti o per la fornitura di prodotti trasformati a distributori e rivenditori al minuto, garantiscono il rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 62, commi 1 e 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e delle relative norme attuative.
4. Al Ministero competono il riconoscimento, il controllo e la vigilanza delle organizzazioni interprofessionali, nonché l'approvazione delle richieste di estensione delle regole e la definizione delle condizioni per la loro applicazione ai sensi dei commi da 8 a 10.
5. Con decreto del Ministro, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, possono essere riconosciute, su richiesta, una sola organizzazione interprofessionale a livello nazionale o a livello della medesima circoscrizione economica, o una sola organizzazione per ciascun prodotto o gruppo di prodotti. Nel caso di concorso tra più domande di riconoscimento da parte di organizzazioni interprofessionali a livello nazionale o relative alla medesima circoscrizione economica, ovvero al medesimo prodotto o gruppo di prodotti, il riconoscimento è concesso all'organizzazione maggiormente rappresentativa. L'organizzazione interprofessionale riconosciuta a livello nazionale può essere articolata in sezioni territoriali o in circoscrizioni economiche o in sezioni o comitati di prodotto. Si intende per circoscrizione economica la zona geografica costituita da regioni di produzione limitrofe o vicine nelle quali le condizioni di produzione e di commercializzazione sono omogenee.
6. Può essere riconosciuta come organizzazione interprofessionale della filiera dei prodotti biologici un'associazione che sia in possesso dei seguenti requisiti:

a) essere costituita ai sensi degli articoli 14 e seguenti del codice civile e riconosciuta ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361;

b) prevedere nel proprio statuto una o più delle finalità specifiche indicate al comma 1, lettera b), e regole per la rappresentanza democratica della propria base associativa;

c) rappresentare una quota delle attività economiche pari almeno al 30 per cento del valore della produzione, calcolato con riferimento al complesso dei prodotti della filiera biologica nazionale ovvero a singoli prodotti o gruppi di prodotti. Nel caso di organizzazioni interprofessionali operanti in una singola circoscrizione economica, la medesima condizione si intende verificata se il richiedente dimostra di rappresentare almeno il 40 per cento del valore dei prodotti della filiera biologica nella circoscrizione medesima e comunque almeno il 25 per cento del valore dei medesimi a livello nazionale.

7. Le organizzazioni interprofessionali possono costituire fondi per il conseguimento dei fini istituzionali e imporre regole e contributi obbligatori per tutte le imprese aderenti, a condizione che dette regole, nel rispetto delle vigenti norme dell'Unione europea, non comportino restrizioni della concorrenza ad eccezione degli accordi volti ad effettuare una programmazione previsionale e coordinata della produzione in funzione degli sbocchi di mercato o ad attuare un programma di miglioramento della qualità che abbia come conseguenza diretta una limitazione del volume di offerta. Gli accordi di cui al periodo precedente sono adottati all'unanimità degli associati interessati al prodotto.
8. Le organizzazioni interprofessionali, per lo svolgimento dei propri fini istituzionali e in particolare per la promozione dei prodotti della rispettiva filiera, possono presentare al Ministro una richiesta di estensione delle regole, con la quale richiedono che alcuni degli accordi, decisioni o pratiche concordate convenuti nel proprio ambito siano resi obbligatori, per un periodo limitato, nei confronti degli operatori attivi, individualmente o in gruppo, nella o nelle medesime circoscrizioni economiche e non aderenti all'organizzazione. Parimenti possono richiedere l'istituzione di contributi obbligatori, connessi all'applicazione delle regole estese ai sensi dei successivi commi agli operatori economici cui le medesime regole sono suscettibili di applicazione, ancorché non associati all'organizzazione interprofessionale. I contributi obbligatori di cui al presente comma sono disciplinati secondo il diritto privato e non costituiscono prelievo fiscale.
9. L'estensione delle regole di cui al comma 8 è disposta, per un periodo limitato, dal Ministero, su richiesta dell'organizzazione interprofessionale riconosciuta interessata, per le regole adottate con il voto favorevole almeno dell'85 per cento degli associati per ciascuna delle attività economiche cui le medesime sono suscettibili di applicazione, salvo che lo statuto dell'organizzazione stabilisca maggioranze più elevate.
10. Il Ministero decide sulla richiesta di estensione delle regole e sulla richiesta di istituzione di contributi obbligatori nei termini e con la verifica dei requisiti di cui ai paragrafi 4, 5 e 6 dell'articolo 164 e all'articolo 165 del regolamento (UE) n. 1308/2013. In mancanza di una decisione espressa, la domanda si intende rigettata. Ai fini della richiesta di estensione di cui al comma 8, i requisiti di rappresentatività economica devono essere dimostrati dall'organizzazione interprofessionale richiedente e sono valutati dal Ministero con riferimento alla struttura economica di ciascuna filiera e tenendo conto dei volumi di beni prodotti, trasformati o commercializzati dagli operatori professionali a cui la regola oggetto di richiesta di estensione è suscettibile di applicarsi. Il possesso dei requisiti di rappresentatività si presume se la regola oggetto di richiesta di estensione, pubblicata, previa domanda dell'organizzazione interprofessionale, nel sito internet istituzionale del Ministero, non incontra l'opposizione, comunicata al medesimo Ministero, da parte di organizzazioni che dimostrino di rappresentare più di un terzo degli operatori economici secondo i criteri di cui al presente articolo.
11. Qualora sia disposta l'estensione delle regole di cui al comma 8, esse si applicano a tutti gli operatori del settore dei prodotti biologici o del singolo prodotto ovvero del gruppo di prodotti, ancorché non aderenti all'organizzazione interprofessionale.
12. L'operatore economico che non si attenga all'estensione delle regole ai sensi del comma 11 è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 50.000. L'importo delle suddette sanzioni è determinato secondo i criteri di cui all'articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e, fermo restando il limite massimo di cui al primo periodo del presente comma, non può comunque essere superiore al 10 per cento del valore dei contratti stipulati in violazione delle medesime regole.
13. L'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero è incaricato della vigilanza sull'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 8 a 11 e dell'irrogazione delle sanzioni previste al comma 12, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689. All'accertamento delle medesime violazioni l'Ispettorato provvede d'ufficio o su segnalazione di qualunque soggetto interessato.

Art. 12.
(Intese di filiera per i prodotti biologici).

1. Il Ministero istituisce il Tavolo di filiera dei prodotti biologici ai sensi del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, al fine di promuovere l'organizzazione del mercato dei prodotti biologici e la stipulazione delle intese di filiera di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102.
2. Il Tavolo di filiera propone al Ministero le intese di filiera sottoscritte dagli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale nei settori della produzione, della trasformazione e del commercio dei prodotti agricoli e agroalimentari presenti nel Tavolo oppure le intese stipulate e proposte nell'ambito delle organizzazioni interprofessionali. Le intese di filiera per i prodotti biologici sono finalizzate ai seguenti scopi:

a) perseguire uno sviluppo volto a valorizzare le produzioni agricole primarie nonché i prodotti e i sottoprodotti derivanti dalle diverse fasi della filiera biologica;

b) favorire lo sviluppo dei processi di preparazione e di trasformazione con metodo biologico, consentendo a tutti gli operatori della filiera di ottimizzare i costi di produzione;

c) conservare il territorio e salvaguardare l'ambiente, la salute pubblica, le risorse naturali e la biodiversità;

d) garantire la tracciabilità delle produzioni e la tutela degli operatori e dei consumatori finali;

e) promuovere e sostenere le attività connesse delle aziende agricole che adottano il metodo dell'agricoltura biologica;

f) promuovere l'istituzione e lo sviluppo dei distretti biologici.

3. Le intese non possono comportare restrizioni della concorrenza. Esse tuttavia possono prevedere specifici accordi volti a effettuare una programmazione previsionale e coordinata della produzione in funzione degli sbocchi di mercato o ad attuare un programma di miglioramento della qualità che abbia come conseguenza diretta una limitazione del volume di offerta, nel rispetto delle vigenti norme europee e nazionali.
4. L'intesa è comunicata al Ministero il quale, dopo la verifica della compatibilità con la normativa europea e nazionale, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, cura la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
5. Il Tavolo di filiera, in assenza di intese di filiera, agevola la definizione di contratti quadro elaborati e proposti ai sensi del capo III del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102.
6. Le amministrazioni pubbliche possono sviluppare azioni volte a valorizzare le intese di filiera e i conseguenti accordi o contratti quadro, in particolare se rivolte al miglioramento della qualità, all'aumento del consumo dei prodotti biologici e alla loro valorizzazione nelle gare bandite per la fornitura diretta di alimenti.
7. Ai partecipanti al Tavolo di filiera non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. Al funzionamento del Tavolo di filiera provvede il Ministero, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 13.
(Organizzazioni dei produttori biologici).

1. Con decreto del Ministro, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti, nel rispetto delle vigenti disposizioni nazionali e degli indirizzi dell'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli dell'Unione europea, i criteri e i requisiti in base ai quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano riconoscono le organizzazioni dei produttori biologici e le loro associazioni. Con il medesimo decreto sono altresì definite le modalità con le quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano le attività di verifica sulla sussistenza di tali requisiti e sulla loro permanenza.
2. Il Ministero è competente al riconoscimento delle associazioni delle organizzazioni dei produttori biologici quando queste associano organizzazioni di produttori riconosciute da regioni diverse. Con il decreto di cui al comma 1 possono essere definite le modalità per il riconoscimento delle medesime organizzazioni nel caso in cui la regione competente non abbia comunicato il diniego della richiesta entro i termini indicati nel medesimo decreto.
3. Le organizzazioni dei produttori biologici e le loro associazioni sono costituite in forma di società di capitali, società cooperative o società consortili ai sensi del codice civile e sono riconosciute, quando promosse su iniziativa dei produttori, a condizione che il loro statuto preveda una delle seguenti finalità:

a) la commercializzazione, in forma associata, della produzione dei produttori ad esse aderenti;

b) l'attivazione di un programma operativo con una o più delle seguenti finalità:

1) programmare la produzione e l'adeguamento della stessa alla domanda, dal punto di vista sia quantitativo sia qualitativo;

2) gestire le crisi di mercato;

3) ridurre i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione, realizzando iniziative relative alla logistica, adottando tecnologie innovative e favorendo l'accesso a nuovi mercati, anche attraverso l'apertura di sedi o uffici commerciali;

4) promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose dell'ambiente per migliorare la qualità delle produzioni e l'igiene degli alimenti e per tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio;

5) assicurare la trasparenza e la regolarità dei rapporti economici con gli associati nella determinazione dei prezzi di vendita dei prodotti.

4. Le organizzazioni dei produttori possono essere riconosciute a condizione che prevedano nel loro statuto:

a) l'obbligo per i soci di applicare le regole dettate dall'organizzazione in materia di produzione, commercializzazione e tutela ambientale;

b) l'obbligo per i soci di versare i contributi finanziari necessari al finanziamento dell'organizzazione o di partecipare ai programmi operativi;

c) la possibilità di aderire ad una sola organizzazione di produttori per il prodotto o gruppo di prodotti oggetto dell'attività dell'organizzazione;

d) la quota minima della produzione dei soci da conferire o cedere direttamente all'organizzazione;

e) la durata minima del vincolo associativo, che non può essere inferiore ad un anno, e, ai fini del recesso, il preavviso di almeno sei mesi prima dell'inizio della campagna di commercializzazione;

f) le regole volte a garantire ai soci il controllo democratico dell'organizzazione, per evitare qualsiasi abuso di potere o di influenza di uno o più produttori in relazione alla gestione e al funzionamento dell'organizzazione medesima; qualora l'organizzazione di produttori sia costituita in forma cooperativa il controllo democratico è garantito dal rispetto dell'articolo 2538 del codice civile;

g) le regole relative all'ammissione di nuovi aderenti;

h) le sanzioni applicabili in caso di inosservanza degli obblighi statutari, tra cui in particolare quelli riferiti al pagamento dei contributi finanziari, o delle regole fissate dall'organizzazione;

i) le regole contabili e di bilancio necessarie per il funzionamento dell'organizzazione;

l) l'obbligo per i soci di fornire le informazioni richieste dall'organizzazione a fini statistici e di programmazione o di autorizzare l'accesso a proprie banche dati per l'acquisizione delle predette informazioni.

5. Per la realizzazione di programmi operativi finalizzati all'attuazione delle finalità di cui al comma 3, le organizzazioni di produttori costituiscono fondi di esercizio alimentati dai contributi dei soci, calcolati in base ai quantitativi o al valore dei prodotti effettivamente commercializzati.

Art. 14.
(Sementi biologiche).

1. All'articolo 19-bis della legge 25 novembre 1971, n. 1096, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

«6-bis. Agli agricoltori che producono le varietà di sementi biologiche iscritte nel registro nazionale delle varietà da conservazione, nei luoghi dove tali varietà hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche, sono riconosciuti il diritto alla vendita diretta e in ambito locale delle medesime sementi o di materiali di propagazione relativi a tali varietà prodotti in azienda, nonché il diritto al libero scambio, secondo le disposizioni del decreto legislativo 29 ottobre 2009, n. 149, e del decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 267, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia fitosanitaria. Agli agricoltori che producono sementi biologiche non iscritte nel registro italiano varietà vegetali o sementi di varietà da conservazione o da riproduzione aziendale di selezioni proprie, evolute e adattate nell'ambiente di coltivazione, sono riconosciuti il diritto di vendere direttamente ad altri agricoltori in ambito locale in quantità limitata le medesime sementi o materiali di propagazione purché prodotti in azienda, nonché il diritto al libero scambio e gli altri diritti previsti dagli articoli 5, 6 e 9 del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, ratificato ai sensi della legge 6 aprile 2004, n. 101».

Capo VI
DISPOSIZIONI FINALI

Art. 15.
(Abrogazioni).

1. L'articolo 1 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220, è abrogato.
2. I commi 2, 2-bis, 2-ter, 3 e 5 dell'articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, sono abrogati.
3. Il comma 87 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è abrogato.

Art. 16.
(Norma di salvaguardia).

1. Le disposizioni della presente legge si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

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