PDL 294

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 294

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MELONI, RAMPELLI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LOLLOBRIGIDA, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI

Abrogazione dei commi 5 e 6 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale

Presentata il 23 marzo 2018

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Onorevoli Colleghi! — La legge 20 maggio 1970, n. 300, cosiddetta statuto dei lavoratori, ha previsto la facoltà per i lavoratori chiamati a svolgere funzioni pubbliche elettive o cariche sindacali di essere collocati in aspettativa non retribuita per la durata del loro mandato.
In attuazione di questa previsione, il decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, in materia di contribuzione figurativa, all'articolo 3 ha disciplinato tale facoltà.
Tuttavia, con i commi 5 e 6 del medesimo articolo è stata introdotta anche una particolare forma di contribuzione aggiuntiva, per i soli lavoratori in aspettativa sindacale, versata dalle medesime organizzazioni sindacali per integrare il futuro trattamento pensionistico degli stessi lavoratori.
Il meccanismo dei contributi figurativi in base al quale deve essere determinato l'importo da versare a fini della contribuzione integrativa prevede che si prenda in considerazione la cosiddetta retribuzione figurativa, ossia la media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di rapporto di lavoro nell'anno solare in cui si collocano eventi da riconoscere o, nell'anno di decorrenza della pensione, nel periodo di decorrenza della pensione stessa.
Di conseguenza, la norma in esame prevede, di fatto, la facoltà, per alcuni dirigenti sindacali, di ricevere, con costi a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), una pensione integrativa a fronte di versamenti di un solo anno di stipendio, il cui importo è riferito a quanto corrisposto allo stesso dirigente per la propria attività sindacale e quindi spesso molto più alto di quello che percepivano in costanza di rapporti di lavoro ordinario.
Ai sensi delle norme in esame, infatti, le pensioni integrative sono determinate e attribuite con un metodo di calcolo slegato dai contributi obbligatori versati, bensì riferito ai soli stipendi, laddove l'aumento elevato di questi per poche mensilità consente di aumentare la riserva matematica corrispondente alla pensione concessa in maniera ben superiore al montante contributivo individuale corrispondente al medesimo lavoratore.
Non si può non osservare come tale normativa si ponga innanzitutto in antitesi con le generali indicazioni di riduzione delle spese che stanno improntando tutta l'attività delle amministrazioni pubbliche e che a maggior ragione dovrebbero essere seguite dall'INPS che, notoriamente, versa in gravi condizioni di bilancio.
Inoltre essa contravviene al mutato orientamento del quadro previdenziale, secondo il quale il metodo prevalente deve essere quello contributivo in luogo di quello retributivo, posto che quest'ultimo determina delle gestioni finanziarie senza copertura patrimoniale che gravano in modo pesantissimo sugli enti previdenziali pubblici, aumentandone il debito.
Come ricostruito anche da alcuni servizi giornalistici, in forza di tali norme – o meglio attraverso l'abuso delle stesse – sono stati compiuti dei veri e propri scempi ai danni del nostro sistema previdenziale che ha dovuto e deve a tutt'oggi corrispondere a dirigenti e di dipendenti sindacali una cospicua pensione integrativa di decine di migliaia di euro all'anno, a fronte del pagamento a volte anche di un solo mese di contributi.
Lo stesso Tiziano Treu, ex Ministro del lavoro e della previdenza sociale, autore della contestata normativa del 1996, intervistato nell'ambito dei citati servizi giornalistici, ha dichiarato che la normativa si è rivelata «troppo costosa e ingiustificata» e che ha dato luogo ad abusi.
A godere di questo particolare regime di favore di doppia contribuzione in attesa di una pensione moltiplicata per lo stesso fattore sono moltissimi sindacalisti e ciò mette a dura prova il nostro sistema pensionistico, già gravato da una situazione finanziaria talmente difficile da porre a rischio le pensioni delle giovani generazioni di lavoratori.
È del tutto inaccettabile che questo possa accadere a causa di ingiusti privilegi concessi in forza di una normativa approvata oltre venti anni fa e, pertanto, abbiamo deciso di depositare la presente proposta di legge, volta ad abrogare la contestata normativa.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. I commi 5 e 6 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, sono abrogati.

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