PDL 1334-A - Allegato 2

FRONTESPIZIO

ALLEGATO

INDICE

RELAZIONI DELLE COMMISSIONI AL BILANCIO
Relazione al Bilancio Commissione: 01
Relazione al Bilancio Commissione: 03
Relazione al Bilancio Commissione: 07
Relazione al Bilancio Commissione: 08
Relazione al Bilancio Commissione: 09
Relazione al Bilancio Commissione: 10
Relazione al Bilancio Commissione: 11
Relazione al Bilancio Commissione: 12
Relazione al Bilancio Commissione: 13
Relazione al Bilancio Commissione: 14

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1334-A

ALLEGATO 2
RELAZIONI DI MINORANZA DELLE COMMISSIONI PERMANENTI

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro dell'economia e delle finanze
( TRIA )

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021

Presentato il 31 ottobre 2018

(Relatori per la maggioranza: RADUZZI e COMAROLI )

NOTA: Relazioni di minoranza presentate nelle Commissioni permanenti sulle parti del disegno di legge di bilancio di rispettiva competenza.

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ALLEGATO 2
relazioni di minoranza delle commissioni permanenti

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RELAZIONI DI MINORANZA PRESENTATE NELLE COMMISSIONI PERMANENTI AI SENSI DELL'ARTICOLO 120, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO, SULLE PARTI DEL DISEGNO DI LEGGE DI BILANCIO DI RISPETTIVA COMPETENZA

INDICE

I COMMISSIONE PERMANENTE ... Pag. 7

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
(per le parti di competenza) ... » 9

III COMMISSIONE PERMANENTE ... » 13

(Affari esteri e comunitari)
(per le parti di competenza) ... » 15

VII COMMISSIONE PERMANENTE ... » 19

(Cultura, scienza e istruzione)
(per le parti di competenza) ... » 21

VIII COMMISSIONE PERMANENTE ... » 27

(Ambiente, territorio e lavori pubblici)
(per le parti di competenza) ... » 29

IX COMMISSIONE PERMANENTE ... » 33

(Trasporti, poste e telecomunicazioni)
(per le parti di competenza) ... » 35

X COMMISSIONE PERMANENTE ... » 39

(Attività produttive, commercio e turismo)
(per le parti di competenza) ... » 41

XI COMMISSIONE PERMANENTE ... » 45

(Lavoro pubblico e privato)
(per le parti di competenza) ... » 47

XII COMMISSIONE PERMANENTE ... » 51

(Affari sociali)
(per le parti di competenza) ... » 53

XIII COMMISSIONE PERMANENTE ... » 57

(Agricoltura)
(per le parti di competenza) ... » 59

XIV COMMISSIONE PERMANENTE ... » 63

(Politiche dell'Unione europea)
(per le parti di competenza) ... » 65

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I COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

I COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (1334)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Migliore, Ceccanti, Marco Di Maio, Fiano, Giorgis, Martina, Orfini e Pollastrini

La I Commissione,

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto alla crescita nazionale da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a segnare risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste nel disegno di legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al processo di riforma strutturale che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia italiana;

l'evidenza empirica, in particolare riferita agli anni precedenti alla crisi finanziaria globale, ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo;

con questa manovra di bilancio il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021 e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali;

un'espansione di bilancio come quella delineata dal disegno di legge in esame, non determinata principalmente dalle spese per investimento, ma piuttosto da voci di spesa corrente, non garantisce la crescita nel medio termine e può anzi metterla in pericolo a lungo andare, e con essa la stabilità del Paese, quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al PIL il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;

l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della legge di bilancio;

il quadro di finanza pubblica che si delinea è imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato da strumenti di politica economica, finanziati in deficit nonostante siano stati presentati per anni come dotati di adeguata copertura finanziaria, che non solo non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita, ma che, per alcune misure qualificanti del programma di Governo, non sono neanche ancora stati definiti nel dettaglio, come nel caso del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, per cui il provvedimento si limita unicamente a istituire due fondi, mentre interventi, messi in campo nella precedente legislatura, di fondamentale impulso per la crescita attraverso il sostegno agli investimenti delle imprese e il rafforzamento del tessuto industriale, sono stati depotenziati, come nel caso dell'iperammortamento e del credito di imposta per la ricerca;

destano grave preoccupazione anche le osservazioni emerse durante l'audizione del Presidente dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, lo scorso 12 novembre, presso le Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, che hanno messo in evidenza non solo i punti in cui la manovra presenta varie criticità sulla base di previsioni poco credibili, ma anche e soprattutto l'esistenza di seri profili di costituzionalità;

non si può non rammentare infatti che lo stesso Presidente della Repubblica ha accompagnato il comunicato con il quale ricordava di aver autorizzato il Governo ai sensi dell'articolo 87, quarto comma, della Costituzione, alla presentazione del disegno di legge in esame con una lettera con la quale sollecitava il Governo stesso ad un preciso rispetto degli articoli 81, 97 e 117 della Costituzione e delle valutazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio, previsto dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, nonché invitava il Governo a sviluppare – anche nel corso dell'esame parlamentare – il confronto e un dialogo costruttivo con le istituzioni europee;

proprio le valutazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio, presentate alle Commissioni competenti di Camera e Senato, laddove segnalano che il saldo strutturale passerà da un segno positivo di 0,2 ad uno negativo di 0,8, sembrano profilare una vera e propria violazione degli articoli 81 e 97 della Costituzione, in particolare in assenza di quelle rigorose condizioni previste dall'articolo 81 della Costituzione, che consentono il ricorso all'indebitamento solo al fine di considerare gli effetti di un ciclo economico negativo in termini oggettivi o al verificarsi di eventi eccezionali;

come rilevato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, inoltre, la rottura della regola costituzionale viene addirittura ostentata, quando il Governo non definisce un piano di rientro neppure per il 2022 e per gli anni successivi, ma si limita a rimandarlo a generiche annualità indefinite, cioè a quando il livello del PIL reale e il tasso di disoccupazione saranno tornati ai valori pre-crisi: la legge di bilancio realizza così uno scostamento dal piano di rientro che venne approvato dal Parlamento prima della sessione di bilancio del 2017 per l'anno 2018, senza però prevedere alcun nuovo piano di rientro;

con specifico riferimento agli ambiti di competenza della I Commissione, poi, appare assolutamente preoccupante la previsione di cui all'articolo 57, comma 2, del disegno di bilancio, laddove prevede interventi di razionalizzazione del Ministero dell'interno che coinvolgono la gestione dei centri per l'immigrazione e la riduzione del costo giornaliero per l'accoglienza dei migranti, interventi dai quali ai sensi del comma 3 dovrebbe derivare un risparmio almeno pari a 400 milioni di euro per il 2019, 550 milioni di euro per il 2020 e 650 milioni di euro a decorrere dal 2021;

tale disposizione, infatti va letta assieme al de-finanziamento di quasi 4 milioni nella stessa missione operato nella sezione II del Bilancio a carico degli Interventi a favore degli stranieri anche richiedenti asilo;

dal combinato disposto della sezione I e della sezione II del disegno di legge di bilancio, il Programma 5.1 Flussi migratori, Interventi per lo sviluppo della Coesione sociale, garanzia dei diritti e rapporti con le confessioni religiose, risulta tagliato di quasi 404 milioni, che rischiano da un lato di incidere fortemente sul numero e la qualità dei servizi offerti dai centri di accoglienza, dall'altro di prevedere un costo pro capite per migrante all'interno dei centri di accoglienza talmente basso – per consentire effettivamente i risparmi di spesa sopra indicati – da non essere atto a garantire le condizioni minime per il rispetto dei diritti umani fondamentali,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

III COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari esteri e comunitari)

III COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari esteri e comunitari)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (1334)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Quartapelle Procopio, De Maria, Fassino, Gentiloni Silveri, Guerini, La Marca, Minniti e Scalfarotto

La III Commissione,

esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021,

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo (PIL) italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto della crescita nazionale da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a segnare risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste in questo disegno di legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al processo di riforma strutturale che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia italiana;

l'evidenza empirica, in particolare riferita agli anni precedenti alla crisi finanziaria globale, ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo;

con questa manovra di bilancio il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021, e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali;

un'espansione di bilancio come quella delineata dal disegno di legge all'esame, non determinata principalmente dalle spese per investimento ma piuttosto da voci di spesa corrente, non garantisce la crescita nel medio termine e può anzi metterla in pericolo a lungo andare, e con essa la stabilità del Paese, quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al PIL il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;

l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della legge di bilancio;

il quadro di finanza pubblica che si delinea è imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato di strumenti di politica economica – finanziati in deficit benché siano stati presentati per anni come dotati di adeguata copertura finanziaria – che non solo non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita, ma che, per alcune misure qualificanti del programma di Governo, non sono neanche ancora stati definiti nel dettaglio, come nel caso del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, per cui il provvedimento si limita unicamente a istituire due fondi, mentre interventi, messi in campo nella precedente legislatura, di fondamentale impulso per la crescita attraverso il sostegno agli investimenti delle imprese e il rafforzamento del tessuto industriale, sono stati depotenziati, come nel caso dell'iperammortamento e del credito di imposta per la ricerca;

considerando che:

per le misure di competenza della Commissione, esprimiamo particolare preoccupazione per la riduzione negli stanziamenti per le politiche di cooperazione internazionale allo sviluppo;

in materia di aiuto pubblico allo sviluppo (APS), la progressione dell'APS negli ultimi anni, è passata da un rapporto APS/PIL pari allo 0,19 per cento nel 2014, allo 0,22 nel 2015, allo 0,27 nel 2016, fino quasi a raggiungere lo 0,30 per cento nel 2017 (0,295 per cento), con l'impegno di allinearsi alla media europea pari allo 0,50 per cento del PIL, rendendo così raggiungibile l'obiettivo dello 0,7 per cento secondo gli impegni assunti con l'Agenda 2030. Nella Nota di aggiornamento del DEF, approvata dal Consiglio dei ministri il 27 settembre scorso, era stata confermata, nel focus «Aiuto pubblico allo sviluppo», «l'esigenza di continuare ad assicurare adeguati e graduali incrementi delle risorse destinate alle attività di cooperazione allo sviluppo» e «l'impegno del governo volto a perseguire il percorso di adeguamento stabilendo, per il triennio 2019-2021, i seguenti obiettivi di spesa intermedi: 0,33 per cento del RNL nel 2019, 0,36 per cento nel 2020 e 0,40 per cento nel 2021»;

le promesse annunciate nel DEF sono state tradite dal disegno di legge di bilancio, dove difatti lo stanziamento previsto per l'APS è pari a solo 5,077 miliardi a fronte di circa 5,8 miliardi per il 2018 previsti nella Nota di aggiornamento al DEF e comunque inferiori ai 5,277 miliardi necessari per mantenere l'attuale livello dello 0,30 del PIL;

inoltre, nel disegno di legge di bilancio non vengono incrementati per il triennio neanche gli stanziamenti per l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) che rappresenta lo strumento per ampliare e qualificare in particolare la cooperazione bilaterale dell'Italia. Il parere favorevole espresso dal Governo durante la discussione nella Commissione di merito è un positivo segnale in controtendenza che speriamo possa essere replicato in sede di discussione in Commissione bilancio;

fermo restando che la cooperazione allo sviluppo rimane per noi un investimento necessario, in un contesto geopolitico complesso e fragile come quello che ci troviamo a vivere, per il futuro delle relazioni politiche ed economiche del nostro Paese, per mantenere e garantire il peso politico e di indirizzo necessario per contare a livello internazionale; uno strumento imprescindibile per affrontare e governare, in modo integrato, ad esempio, anche il tema dei movimenti migratori;

considerando che:

proprio nell'ambito del governo del fenomeno dei flussi migratori, con particolare attenzione alle rotte migratorie africane, nel disegno di legge in esame, non vengono previsti ulteriori stanziamenti di fondi a partire dal 2020 per il Fondo per l'Africa, istituito con la legge di bilancio 2017, articolo 1 comma 621, strumento importante per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani di importanza prioritaria per le rotte migratorie;

sosteniamo l'importanza di finanziare tale Fondo, per proseguire l'apprezzabile percorso che abbiamo intrapreso negli anni precedenti e che ci ha consentito di riportare l'attenzione della politica italiana sull'Africa, attraverso scambi diplomatici, strumenti di investimenti e anche il Fondo per l'Africa, rafforzando così il binomio della solidarietà e sicurezza. Ci auguriamo che il parere favorevole del Governo espresso per un emendamento di rifinanziamento del Fondo possa essere mantenuto in Commissione bilancio;

auspichiamo, poi, il rifinanziamento della legge n. 72 del 2001 sul patrimonio storico e culturale della comunità degli esuli e della legge n. 73 del 2001 sugli interventi a favore della minoranza italiana in Slovenia e Croazia, iscritti in appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, e i contributi per gli enti di cui alla legge n. 92 del 2004, per continuare a sostenere la conservazione della Memoria dell'esodo e delle vicende del confine orientale. La minoranza italiana presente in Croazia e Slovenia, dopo l'esodo di circa 350.000 persone avvenuto nel dopoguerra, conta attualmente circa 38.000 persone e si articola in 51 comunità operanti nelle singole località, di cui 44 in Croazia, per lo più situate in Istria;

destano preoccupazione anche le previsioni in materia di politiche per le comunità degli italiani all'estero, soprattutto in questo periodo storico che vede in forte crescita l'emigrazione all'estero dei nostri connazionali: nel 2021, infatti, gli investimenti per l'internazionalizzazione e per la promozione culturale previsti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale precipitano di circa 35 milioni di euro, rischiando così di tramortire nella culla la strategia della promozione integrata del Sistema Italia all'estero, che il Governo precedente aveva perseguito anche per compensare la stagnazione interna. Uno degli aspetti più preoccupanti, inoltre, è il mancato prolungamento, oltre il 2020, del Fondo per la promozione della lingua e cultura italiane nel mondo che, con i suoi 150 milioni in quattro anni, aveva consentito di ristorare voci di spesa ormai esangui (Dante Alighieri, istituti di cultura, corsi di lingua, cattedre di italianistica, borse di studio, ecc.). E in ultimo, la scomparsa dei miglioramenti ottenuti negli scorsi anni dagli organismi di rappresentanza degli italiani all'estero – Comitati e Consiglio generale degli italiani all'estero – rispettivamente di 1 milione e di 400 mila euro,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO

VII COMMISSIONE PERMANENTE
(Cultura, scienza e istruzione)

VII COMMISSIONE PERMANENTE
(Cultura, scienza e istruzione)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (1334)

Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze
per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021
(Tabella n. 2, limitatamente alle parti di competenza)

Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca
per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021
(Tabella n. 7)

Stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali
per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021
(Tabella n. 13)

dei deputati
Ascani, Piccoli Nardelli, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, Prestipino e Rossi

La VII Commissione,

esaminato per le parti di propria competenza il disegno di legge A.C. 1334 recante «Disposizioni per il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», con particolare riferimento alla Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (limitatamente alle parti di competenza);

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto alla crescita nazionale da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a segnare risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al processo di riforma strutturale che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia italiana;

rilevato negativamente che, con riferimento alle parti di propria competenza della commissione cultura voce «Ministero dell'economia e della finanze» molti programmi registrano una riduzione;

visto che il Programma 10.2 «Sostegno al pluralismo dell'informazione», viene azzerato, registrando una diminuzione di euro 28,3 milioni, a decorrere dal 2020, delle somme da corrispondere alle concessionarie dei servizi di telecomunicazione a titolo di rimborso delle agevolazioni tariffarie per le imprese editrici (cap. 1501), derivante da quanto disposto dall'articolo 57, commi 6-9, che ha soppresso, a partire dal 1o gennaio 2020, le agevolazioni tariffarie per la telefonia e le connessioni dati per le imprese editrici e radiotelevisive;

considerato inoltre che il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione (cap. 2196) non presenta, invece, variazioni rispetto a quanto previsto dalla legislazione vigente;

visto che, per quanto attiene il programma 11.1 Ricerca di base e applicata (17.15), nell'ambito della missione 11 Ricerca e innovazione (17) non si registrano incrementi;

esaminate le spese in materia di Sport si registra la riduzione di euro 1,1 milioni per il 2019 delle risorse destinate al Fondo sport e periferie (cap. 7457); la riduzione di euro 4,4 milioni per il 2019, derivante dall'articolo 47, comma 8, che – a copertura dell'estensione al 2019, con ampliamento, del credito d'imposta per le erogazioni liberali destinate a interventi di manutenzione e restauro di impianti sportivi pubblici e di realizzazione di nuove strutture sportive (cosiddetto sport bonus) – riduce per il quadriennio 2019-2022 l'autorizzazione di spesa in favore delle società sportive dilettantistiche (articolo 13, comma 5, decreto-legge 87/2018-legge n. 96/2018) (cap. 2092); la riduzione di euro 365,1 milioni delle somme da erogare per il finanziamento del CONI (cap. 1896) e la contestuale istituzione del nuovo cap. 1897 (Somme da erogare per il finanziamento del CONI sport e salute spa), su cui sono allocati euro 370 milioni, derivante dall'articolo 48, commi 1-4, che, oltre a modificare la denominazione dell'attuale CONI Servizi spa in Sport e salute spa, modifica il meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato, attribuendo alla nuova società il compito di finanziare le Federazioni sportive nazionali;

considerato che, il Governo rinuncia alle politiche sullo sport,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

La VII Commissione,

esaminato per le parti di propria competenza il disegno di legge A.C. 1334 recante «Disposizioni per il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021»;

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto alla crescita nazionale da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a segnare risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al processo di riforma strutturale che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia italiana;

l'evidenza empirica, in particolare riferita agli anni precedenti alla crisi finanziaria globale, ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo;

con questa manovra di bilancio il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021 e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali;

un'espansione di bilancio come quella delineata dal disegno di legge all'esame, non determinata principalmente dalle spese per investimento, ma piuttosto da voci di spesa corrente, non garantisce la crescita nel medio termine e può anzi metterla in pericolo a lungo andare, e con essa la stabilità del Paese, quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;

l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della Legge di bilancio;

il quadro di finanza pubblica che si delinea è imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato da strumenti di politica economica, finanziati in deficit nonostante siano stati presentati per anni come dotati di adeguata copertura finanziaria, che non solo non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita, ma che, per alcune misure qualificanti del programma di Governo, non sono neanche ancora stati definiti nel dettaglio, come nel caso del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, per cui il provvedimento si limita unicamente a istituire due fondi, mentre interventi, messi in campo nella precedente legislatura, di fondamentale impulso per la crescita attraverso il sostegno agli investimenti delle imprese e il rafforzamento del tessuto industriale, sono stati depotenziati, come nel caso dell'iperammortamento e del credito di imposta per la ricerca.

Per quanto riguarda la Tabella 7,

rilevato che, per l'istruzione si registrano esclusivamente importanti riduzioni di spesa determinate da importanti modifiche di norme che andranno ad impattare negativamente sul settore;

visto che il provvedimento, per quanto riguarda l'alternanza scuola-lavoro, interviene, all'articolo 57, commi da 18 a 21, riducendo l'entità dell'orario complessivo da destinare obbligatoriamente ai percorsi per le competenze trasversali (precedentemente di alternanza scuola-lavoro) nelle tre classi terminali dei corsi di studio della scuola secondaria di secondo grado: negli istituti professionali, da 400 ore nel triennio, a non meno di 180; negli istituti tecnici, da 400 ore nel triennio, a non meno di 150; nei licei, da 200 ore nel triennio, a non meno di 90;

considerato che nel primo anno di attuazione i dati dimostrano che sono stati 652.641 gli studenti che hanno fatto esperienze in alternanza, ben il 139 per cento in più rispetto al 2014/15. Delle classi terze, quelle che rientrano nell'obbligo previsto dalla legge, circa 455.062 studenti su 502.275 iscritti, il 90,6 per cento del totale. Altri dati dimostrano che le scuole che hanno fatto Alternanza sono passate dal 54 per cento al 96 per cento. I percorsi di Alternanza attivati hanno registrato un +154 per cento, passando dagli 11.585 del 2014/2015 ai 29.437 del 2015/2016. Le strutture ospitanti coinvolte sono state 149.795: +41 per cento rispetto all'anno precedente;

visto che l'articolo 58 modifica il reclutamento dei docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, prevedendo il venir meno del percorso di specializzazione post-concorso. Conseguentemente, non è più necessario remunerare i vincitori del concorso nei primi due anni del percorso in questione, né coprire i costi sostenuti dalle Università per organizzarlo; si ricorda che il decreto legislativo n. 59 del 2017 ha previsto un nuovo modello di reclutamento e di formazione iniziale per evitare il formarsi di nuovo precariato, per garantire un percorso chiaro e certo dal concorso all'immissione in ruolo e l'elevata qualificazione del percorso di formazione dei futuri docenti mediante un concorso e poi, solo per i vincitori, un percorso triennale retribuito di formazione, inserimento e tirocinio (FIT) fino all'immissione in ruolo;

visto che le disposizioni sull'alternanza scuola-lavoro e sul reclutamento registrano rispettivamente una riduzione di 56, 52 e 12 milioni di euro annui;

considerato che per il 2019 non si registrano variazioni su importanti capitoli: risorse per la fornitura gratuita dei libri di testo nella scuola dell'obbligo ed il comodato nella scuola superiore (cap. 2043), pari a euro 103 milioni; gli stanziamenti afferenti al Fondo unico per l'edilizia scolastica (cap. 7105) e ai contributi alle regioni per oneri di ammortamento dei mutui per l'edilizia scolastica (cap. 7106), pari, complessivamente, a euro 712,7 milioni; gli stanziamenti del Fondo per l'istruzione e la formazione tecnica superiore, compresi gli Istituti tecnici superiori (ITS) (cap. 1464), pari a euro 33,4 milioni;

considerato che per l'ambito universitario non si registrano, per importanti capitoli di spesa, variazione positive;

visto che rimangono invariati i contributi alle università e agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti (cap. 1692), pari a euro 68,3 milioni e le risorse del Fondo integrativo per le borse di studio (cap. 1710), pari a euro 236,8 milioni;

inoltre, gli stanziamenti del Fondo per l'istruzione e la formazione tecnica superiore, compresi gli Istituti tecnici superiori (ITS) (cap. 1464), risultano pari a euro 33,4 milioni;

viste, inoltre, le risorse del Fondo ordinario per gli enti di ricerca (FOE) (cap. 7236), pari a euro 1.763,5 milioni, le risorse del Fondo integrativo speciale per la ricerca (FISR) (cap. 7310), pari a euro 21,9 milioni e le risorse del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (capp. 7245 e 7345), pari a euro 83,8;

considerato che non ci sono risorse aggiuntive per l'università e che l'articolo 78 sul «Fabbisogno finanziario delle Università», dove si definiscono le regole per calcolare l'ammontare massimo complessivo di risorse che può essere effettivamente speso nel corso dell'anno per le università, potrebbe innescare tensioni di cassa sulla gestione corrente di alcuni atenei;

considerato inoltre che lo scorporo delle spese per ricerca e investimenti dal calcolo complessivo del fabbisogno determinerà una disponibilità di risorse per gli atenei con elevata attività progettuale;

visto inoltre che l'articolo 57, comma 22, abroga le disposizioni introdotte con riguardo alle cosiddette cattedre Natta, determinando un taglio di 22 milioni di euro nel 2019 e di 70 milioni di euro a decorrere dal 2020;

nel settore dell'università, non risulta alcun dato circa l'incremento del fondo di compensazione necessario a sostenere la previsione di agevolare l'accesso alla no-tax area al fine di ampliare la platea di studenti beneficiari dell'esenzione;

ampliare la platea degli studenti è una previsione necessaria, considerato che la legge di bilancio 2017, per la prima volta in Italia, con il Governo Renzi, ha introdotto la no-tax area per gli studenti che provengono da famiglie con meno di 13 mila euro annui di ISEE. È stato inoltre reso strutturale l'incremento, già anticipato nel 2016, di 50 milioni di euro del fondo statale che integra le risorse regionali per le borse di studio: 210 milioni di euro annui in totale con un incremento percentuale del 57,0 per cento,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

Per quanto riguarda la Tabella 13,

considerato che il piano di assunzioni presso il Ministero per i beni e le attività culturali, come disposto dall'articolo 28, comma 12, risulta insufficiente rispetto al fabbisogno reale del Ministero e disattende le promesse anticipate dal ministro che ha in più occasioni dichiarato di «voler avviare un piano straordinario di assunzioni pari a 6.000 unità»;

considerata, altresì (articolo 59, comma 9), la decisione di ridurre il credito d'imposta dal 2020. Un taglio che interesserà gli esercenti delle Sale cinematografiche che vedranno ridotto il credito d'imposta di quasi 4 milioni, i librai di 1,25 milioni (un quarto della dotazione complessiva) e le imprese produttrici di prodotti editoriali di 375 mila euro;

valutato che i suddetti tagli sono preoccupanti. Ridurre le risorse per il cinema contraddice quanto avvenuto negli ultimi anni, quando il settore ha visto un incremento consistente dei fondi. Inoltre, il sistema della legge cinema (la n. 220 del 2016) poggia su un fondo ad hoc, con numerose filiere di finanziamento e diversi tax credit; e ogni anno un decreto del Ministro provvede al riparto di tali risorse;

visto il comma 7, dell'articolo 59, che riduce di 20 milioni il contributo del cosiddetto «Bonus cultura»;

considerato che dall'attivazione, in data 3 novembre 2016, ad oggi, risultano spesi circa 220 milioni di euro in libri, quasi l'80 per cento dei totali 268 milioni di euro spesi in cultura. Un successo per un Paese come il nostro, dove si legge poco; inoltre, i ragazzi hanno acquistato musica registrata per il 12,42 per cento: in soli otto mesi, dall'ottobre 2017 a maggio 2018, gli acquisti di musica tramite 18app hanno realizzato consumi per oltre 12 milioni di euro, sensibilizzando così i giovani all'acquisto di contenuti legali sul web e allo stesso tempo stimolandoli all'utilizzo delle nuove tecnologie;

considerato che anche in Francia si sta per introdurre uno strumento simile alla 18app: ad annunciare la misura è stato il primo ministro francese Édouard Philippe dando seguito a quanto promesso in campagna elettorale dal Presidente della Repubblica Emmanuel Macron;

visto che, rispetto alla dotazione a legislazione vigente (euro 2.652,9 milioni), la Missione «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» registra un decremento di euro 26 milioni, dovuto principalmente al Programma 1.9 «Tutela del patrimonio culturale»;

inoltre, le risorse del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) (capp. 1390, 1391, 6120, 6620, 6621, 6622, 6623, 6624, 6626, 8721) subiscono un decremento di euro 175.000 annui per il 2019 e 2020, derivante dalle disposizioni dell'articolo 46, che prevede che tali somme sono utilizzate per la copertura degli oneri derivanti dalla proroga dell'incarico del commissario straordinario per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche e dalla possibilità di affidare incarichi di collaborazione a supporto delle attività del commissario. Nel complesso, dunque, lo stanziamento del FUS per il 2019 è pari a euro 343,2 milioni;

considerata la riduzione di euro 3,8 milioni per il 2019 delle risorse destinate ai contributi ad enti e istituti culturali;

visto che non si registrano variazioni nelle risorse del Fondo per la tutela del patrimonio culturale, nello stanziamento del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo e per le risorse destinate a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi;

considerato che non vi sono incrementi di risorse in bilancio e i tagli effettuati sono inversioni di marcia rispetto agli ultimi anni, in cui per il patrimonio e le attività culturali sono state stanziate ingenti risorse e sono stati introdotti strumenti innovativi,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (1334)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Braga, Buratti, Del Basso De Caro, Morassut, Morgoni, Orlando, Pellicani e Pezzopane

La VIII Commissione,

esaminato, per le parti di competenza, il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e il bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (C. 1334 Governo);

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto alla crescita nazionale da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a segnare risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al processo di riforma strutturale che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia Italiana;

l'evidenza empirica, in particolare riferita agli anni precedenti alla crisi finanziaria globale, ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo;

con questa manovra di bilancio il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021 e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali;

un'espansione di bilancio come quella delineata del DDL all'esame, non determinata principalmente dalle spese per investimento, ma piuttosto da voci di spesa corrente, non garantisce la crescita nel medio termine e può anzi metterla in pericolo a lungo andare, e con essa la stabilità del Paese, quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;

l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della Legge di bilancio;

il quadro di finanza pubblica che si delinea è imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato da strumenti di politica economica, finanziati in deficit nonostante siano stati presentati per anni come dotati di adeguata copertura finanziaria, che non solo non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita, ma che, per alcune misure qualificanti del programma di Governo, non sono neanche ancora stati definiti nel dettaglio, come nel caso del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, per cui il provvedimento si limita unicamente a istituire due fondi, mentre interventi, messi in campo nella precedente legislatura, di fondamentale impulso per la crescita attraverso il sostegno agli investimenti delle imprese e il rafforzamento del tessuto industriale, sono stati depotenziati, come nel caso dell'iperammortamento e del credito di imposta per la ricerca;

rilevato che, per quanto concerne le materie di competenza della Commissione:

gli interventi previsti nella Sezione 1 in materia di Ambiente e green economy risultano poco sviluppati con una assoluta assenza di contenuti importanti per proseguire sulla strada del cambiamento ecologico e dello sviluppo sostenibile in cui è stato avviato in questi anni il Paese;

ci si limita a disporre una mera proroga per l'anno 2019, delle detrazioni spettanti per le spese sostenute per gli interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, la cui disciplina è contenuta, rispettivamente, negli articoli 14 e 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, senza rendere strutturali le misure e senza prevederne l'estensione ad altri interventi, prima di tutto alle operazioni di bonifica dall'amianto che partendo dalle scuole intervenga per la rimozione e lo smaltimento presso siti idonei;

il provvedimento non propone quindi una fiscalità di vantaggio per chi produce beni riciclabili e riutilizzabili, né misure per favorire la realizzazione di centri per la riparazione ed il recupero dei beni. Queste iniziative già impostate nella precedente legislatura, sia nell'ultima legge di bilancio sia nel collegato ambientale, restano quindi prive di un successivo sviluppo;

«per contrastare il rischio idrogeologico sono necessarie azioni di prevenzione che comportino interventi diffusi di manutenzione ordinaria e straordinaria del suolo su aree ad alto rischio, oltre ad una necessaria attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico». A tale affermazione contenuta nel programma del Governo Lega-M5S non sono corrisposti atti conseguenti. Al contrario, sono state annullate, in maniera miope e controproducente per gli interessi dei cittadini, le esperienze di coordinamento, pianificazione e programmazione che hanno consentito l'investimento di 2.260 milioni di euro in 1.781 opere di cui 891 già portate a termine in opere per la prevenzione ed il contrasto del dissesto idrogeologico;

le iniziative da ultimo ipotizzate dal Governo individuano risorse scarse per affrontare questa strutturale criticità. Infatti l'articolo 16 in cui si istituisce un Fondo destinato al rilancio degli investimenti degli enti territoriali tra le cui finalità è ricompreso il dissesto idrogeologico, presenta una disponibilità finanziaria pari a 253,8 milioni per l'anno 2019, 250 milioni per l'anno 2020 e di 989 milioni per l'anno 2021. Tale cifra dovrà essere ripartita tra interventi per l'edilizia pubblica, inclusa manutenzione e sicurezza; la manutenzione della rete viaria; il dissesto idrogeologico; la prevenzione del rischio sismico e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali;

del tutto assente risulta il tema della casa e della rigenerazione urbana da favorire mediante azioni coordinate di sostegno per rilanciare il patrimonio edilizio esistente e il finanziamento di progetti immateriali finalizzati a migliorare la qualità della vita nelle periferie urbane quali: il miglioramento del decoro urbano, i progetti di ri-funzionalizzazione di strutture e aree già esistenti, la messa in sicurezza del territorio, il potenziamento dei servizi e del welfare, gli investimenti sulla mobilità sostenibile;

questa rilevante assenza di progettualità e prospettiva di sviluppo sostenibile è resa ancora più evidente dal profluvio di norme organizzative che si mettono in campo in materia di investimenti. Al posto di una gestione strutturata e ormai ben avviata si realizzano ben tre «task force» per gli investimenti pubblici: la Cabina di regia Strategia Italia, Investitalia, la Centrale di progettazione unica. Peccato che continui a mancare l'unica cosa che serve realmente per far partire gli investimenti, ossia un coordinamento degli interventi urgenti, in primis in materia di dissesto idrogeologico, di difesa e messa in sicurezza del suolo, di sviluppo delle infrastrutture idriche e di sviluppo sostenibile in modo da assicurare l'integrazione delle fasi relative alla programmazione e alla realizzazione concreta degli interventi in tali materie attribuite ai diversi livelli di governo, centrale, periferico, territoriale e locale, agli enti pubblici nazionali e territoriali, ad ogni altro soggetto pubblico e privato competente che opera sul territorio nazionale ed il razionale ed efficace utilizzo delle risorse disponibili;

restano inattuati tutti gli impegni presi dal Governo con l'approvazione di ordini del giorno al decreto-legge 55/2018, al decreto-legge 91/2018 e al decreto-legge n. 109 del 2018 in relazione ai sismi de L'Aquila, del Centro Italia e, soprattutto, alla catastrofe della città di Genova;

rilevato che la Sezione 2 conferma la marginalità delle politiche di sviluppo sostenibile nel programma di Governo;

infatti, rispetto alla legge di bilancio 2018, il disegno di legge di bilancio 2019-2021 espone per il MATTM, nel triennio di riferimento, un andamento della spesa decrescente. Le previsioni di spesa per il 2019 risultano in diminuzione rispetto al 2018, in termini assoluti, di 39 milioni di euro (4,5 per cento), attribuibile per lo più alla riduzione che si registra nelle spese in conto capitale, passando da 869,7 milioni di euro a 830,7 milioni di euro;

si evidenzia un definanziamento della Missione «Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente (18)», rispetto alla dotazione a legislazione vigente, di 4 milioni di euro e di 36 milioni di euro rispetto alla legge di bilancio 2018;

relativamente alla missione 14 «Infrastrutture pubbliche e logistica», si ha una riduzione di circa 1.882,7 milioni di euro rispetto al dato a legislazione vigente, dovuto principalmente ad una rimodulazione, nell'ambito del programma 14.11 «Sistemi stradali, autostradali ed intermodali, per 1.827,4 milioni sulle risorse destinate all'ANAS», e di 15 milioni di euro per la realizzazione dell'asse viario Marche-Umbria (entrambe le risorse vengono spostate dal 2019 agli anni 2020 e 2021), nonché da uno spostamento di 40 milioni di euro per la realizzazione di itinerari turistici ciclo-pedonali (tali ultime risorse vengono spostate dal 2019 al 2021);

preso atto che:

la manovra non consente di far progredire l'Italia sul percorso di sviluppo sostenibile in cui è stata con grande impegno portata fino ad ora e non contiene quegli investimenti che ne consentirebbero la transizione ecologica per realizzare un modello di sviluppo sostenibile; al posto di una visione integrata e strategica degli investimenti si propongono una pluralità di proposte, tra l'altro, tutte da coordinare tra di loro;

mancando, in questa manovra, un qualsiasi rilievo ed integrazione per le politiche del territorio quali misure per le città (periferie, mobilità sostenibile, infrastrutture, smart city, tecnologia intelligente, economia circolare) per l'energia (cambiamenti climatici, sostenibilità ambientale, ricerca, innovazione, materiali, green economy) per la produzione di cibo (agricoltura/ambiente, alimentazione, plastica biodegradabile e rifiuti dell'alimentare, Made in Italy);

tutto ciò premesso,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

IX COMMISSIONE PERMANENTE
(Trasporti, poste e telecomunicazioni)

IX COMMISSIONE PERMANENTE
(Trasporti, poste e telecomunicazioni)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (1334)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Pizzetti, Bruno Bossio, Cantini, Gariglio, Giacomelli, Nobili, Paita e Andrea Romano

La IX Commissione,

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto alla crescita nazionale da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a segnare risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al processo di riforma strutturale che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia Italiana;

l'evidenza empirica, in particolare riferita agli anni precedenti alla crisi finanziaria globale, ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo;

con questa manovra di bilancio il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021 e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali;

un'espansione di bilancio come quella delineata dal disegno di legge all'esame, non determinata principalmente dalle spese per investimento, ma piuttosto da voci di spesa corrente, non garantisce la crescita nel medio termine e può anzi metterla in pericolo a lungo andare, e con essa la stabilità del Paese, quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;

l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della legge di bilancio;

il quadro di finanza pubblica che si delinea è imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato da strumenti di politica economica, finanziati in deficit nonostante siano stati presentati per anni come dotati di adeguata copertura finanziaria, che non solo non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita, ma che, per alcune misure qualificanti del programma di Governo, non sono neanche ancora stati definiti nel dettaglio, come nel caso del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, per cui il provvedimento si limita unicamente a istituire due fondi, mentre interventi, messi in campo nella precedente legislatura, di fondamentale impulso per la crescita attraverso il sostegno agli investimenti delle imprese e il rafforzamento del tessuto industriale, sono stati depotenziati, come nel caso dell'iperammortamento e del credito di imposta per la ricerca;

per quanto concerne le materie di competenza della Commissione si evidenzia un definanziamento della «missione 13» concernente «Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto» che presenta per il 2019 uno stanziamento complessivo pari a 8.062,9 milioni di euro a fronte di uno stanziamento di 8.361,7 milioni di euro del 2018;

si registrano minori investimenti sul programma 13.6 su Sviluppo e sicurezza della mobilità locale in misura pari a 30 milioni di euro per il 2019, a 52 milioni di euro per il 2020 e a 50 milioni di euro per il 2021;

è prevista una riduzione pari a 2,6 milioni di euro per la realizzazione delle infrastrutture per la mobilità presso le fiere di Bari, Verona, Foggia e Padova;

viene previsto un taglio di 27,4 milioni di euro concernente il Cap. 1314 relativo al finanziamento del rinnovo contrattuale del trasporto pubblico locale con un definanziamento su 10 anni per 50 milioni di euro;

vengono definanziati ben 24 milioni di euro sul programma 13.4 su «sistemi ferroviari, sviluppo e sicurezza del trasporto ferroviario» di cui 4 milioni di euro per rottamazione di carri merci, 15 milioni di euro per la tratta Andora-Finale Ligure, con soppressione di fatto della intera opera, e 5 milioni di euro sulla tratta Lucca-Pistoia;

è inoltre previsto un definanziamento di 5 milioni di euro per 10 anni sul programma 13.9 sviluppo e sicurezza della navigazione relativo alle strutture portuali e alla intermodalità;

è altresì stabilito un taglio di 4 milioni di euro per il funzionamento dell'Enac;

per il 2019 è previsto un definanziamento pari a 3 milioni di euro per i servizi di motorizzazione civile creando ulteriori disagi sui territori e aggravando una situazione già critica come più volte segnalato anche attraverso atti di sindacato ispettivo;

il programma 13.8 del MEF nel quale la quasi totalità della spesa è rappresentata dalla erogazione di somme a favore di Ferrovie dello Stato S.p.A. per il contratto di servizio per il trasporto ferroviario per il 2019 è pari a 3.765,82 milioni di euro per il 2019 con una riduzione di complessivi 1.640 milioni di euro rispetto al 2018 che recava uno stanziamento di 4.960 milioni di euro. Questo rischia di compromettere il programma di investimenti infrastrutturali ferroviari nel Paese sul cui contratto di servizio con RFI per il periodo 2017-2021 la IX Commissione da poco ha espresso il proprio parere;

le misure di cui all'articolo 57 riguardanti la soppressione delle riduzioni tariffarie e dei contributi per le imprese editrici e radiotelevisive si traduce in una misura ingiustamente penalizzante per le imprese editoriali con radicamento sul territorio;

costituisce elemento di preoccupazione la mancata conferma delle risorse per la sperimentazione 5G nelle città di Bari, L'Aquila, Matera, Milano e Prato;

si evidenziano tutte le perplessità e le preoccupazioni circa le modalità di istituzione di un Fondo per favorire il blockchain, l'applicazione di intelligenza artificiale, e l’internet of things senza adeguata previsione di «contrappesi» in grado di contrastare potenziali conflitti di interesse e di vigilare su possibili interferenze straniere considerate anche le interazioni con la Pubblica Amministrazione;

sull'articolo 89 si palesa una evidente incoerenza dell'attuale Esecutivo in quanto sicuramente una quota parte delle risorse derivanti dalla gara per la procedura di assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze disponibili per i servizi di comunicazione elettronica 5G dovrebbero essere indirizzate ad investimenti in termini di sviluppo e innovazione e non solo per un miglioramento dell'indebitamento netto,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

X COMMISSIONE PERMANENTE
(Attività produttive, commercio e turismo)

X COMMISSIONE PERMANENTE
(Attività produttive, commercio e turismo)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (1334)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Moretto, Benamati, Bonomo, Manca, Mor, Nardi, Noja e Zardini

La X Commissione,

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo (PIL) italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto alla crescita da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a segnare risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al faticoso processo di fuoriuscita dalla crisi che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi di un deterioramento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un peggioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019 che può mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia Italiana;

l'esperienza, in particolare riferita agli anni precedenti alla crisi finanziaria globale, insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo;

con questa manovra di bilancio il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021 e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali;

un'espansione di bilancio come quella delineata del DDL all'esame, non dedicata principalmente dalle spese per investimento, ma piuttosto basata su spesa corrente, non solo non garantisce affatto il raggiungimento degli obiettivi di crescita prefissati nel medio termine, ma il mancato raggiungimento di tali obiettivi porterà al forte indebolimento della stabilità economica del Paese, situazione assi rischiosa soprattutto quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al PIL il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;

l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della legge di bilancio;

il quadro di finanza pubblica che si delinea è imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato da strumenti di politica economica, finanziati in deficit nonostante siano stati presentati per anni come dotati di adeguata copertura finanziaria, che non solo non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita, ma che, per alcune misure qualificanti del programma di Governo, non sono neanche ancora stati definiti nel dettaglio, come nel caso del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, per cui il provvedimento si limita unicamente a istituire due fondi, mentre interventi, messi in campo nella precedente legislatura, di fondamentale impulso per la crescita attraverso il sostegno agli investimenti delle imprese e il rafforzamento del tessuto industriale, sono stati depotenziati, come nel caso dell'iperammortamento e del credito di imposta per la ricerca;

in materia di politica fiscale si delinea infine un impianto caotico che invece di proseguire con l'ACE, misura che si è dimostrata particolarmente efficace nel lungo periodo nel creare un tessuto industriale più solido e con l'IRI, misura che semplifica e inserisce un nuovo metodo di tassazione del reddito imprenditoriale, rimanda invece di un anno la riduzione delle tasse alle imprese;

per quanto di competenza della Commissione:

si rileva il depotenziamento del Piano Impresa 4.0 che finora ha agito trasversalmente nel favorire la competitività dei settori produttivi e al quale hanno avuto accesso nell'ultimo biennio moltissime imprese grazie all'automatismo dell'erogazione degli incentivi. Il depotenziamento è causato dallo stanziamento limitato di risorse, dall'orizzonte temporale limitato ad un anno e dalle modifiche nella procedura di assegnazione, resa più complicata e onerosa per le aziende e rischia inoltre di ostacolare il necessario adeguamento del sistema produttivo nazionale alla competizione internazionale in quanto agisce come deterrente al maggior dimensionamento delle aziende penalizzando gli investimenti più consistenti fino ad annullare il vantaggio fiscale alla soglia dei 20 milioni di euro;

in un quadro di misure già di per sé orientate alla spesa corrente appare, inoltre, del tutto incongruente l'azione di sostegno alla produttività ed ai salari che avrebbe dovuto esplicarsi mediante un forte intervento sul cuneo fiscale mentre si limita a pochi e disorganici interventi;

a supporto dello sviluppo del capitale immateriale, della competitività e della produttività del Paese, la legge di bilancio 2018 ha istituito un apposito Fondo finalizzato a perseguire obiettivi di politica economica ed industriale, connessi anche al programma Industria 4.0. Nella legge di bilancio 2019 non vi è traccia di indicazioni su come articolare e sviluppare queste azioni concrete al fine di sostenere le imprese, soprattutto PMI, nei processi di trasformazione digitale: si rileva infatti la gravissima mancanza di qualsiasi previsione sulla formazione e sul rafforzamento delle competenze, non è presente alcuna misura specifica sulla formazione legata a Impresa 4.0, nemmeno di proroga delle misure esistenti, appare inopportuna la rimodulazione, al ribasso, del credito d'imposta per ricerca e sviluppo, mentre si riducono ore e risorse destinate all'alternanza scuola lavoro, smantellando di fatto uno strumento di formazione on the job molto utile per avvicinare i giovani al mondo del lavoro, misure che invece avrebbero dovuto essere stabilizzate e anche ampliate ed estese ad altri settori, unitamente al rafforzamento dei Compentence Center;

si rileva la mancanza di visione e di strategia per il settore del turismo, peraltro da noi già denunciata in occasione della discussione del decreto-legge n. 86/2018 che ha trasferito le funzioni in materia di turismo dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Nel provvedimento in esame, il settore turistico è stato preso in considerazione solo marginalmente (definanziamento di 0,1 milioni di euro, per ciascun anno del triennio 2019-2021 dello stanziamento relativo all'ampliamento alle società aventi ad oggetto la promozione dell'offerta turistica nazionale dei benefici concernenti le start up innovative di cui all'articolo 11-bis, comma 1, del decreto-legge n. 83/2014, definanziamento di 0,2 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021 e di 2 milioni di euro per il 2022 e successivi, degli stanziamenti spettanti al Ministero per l'esercizio di attività afferenti al settore del turismo e incremento di 1 milione di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021 e per l'anno 2022 e successivi del contributo annuo a favore del CAI per le attività del Consorzio del soccorso alpino e speleologico), mentre sarebbe stato invece opportuno confermare e rifinanziare il piano turistico 2017-2020 e misure vigenti come il credito d'imposta per le strutture ricettive. L'attuale Piano strategico del turismo 2017-2022, elaborato dal Comitato Permanente per la promozione del turismo, che ha rilanciato la leadership italiana, ormai consolidata da cinque anni di crescita consecutiva (solo per citare i dati relativi al 2017, le strutture ricettive ufficiali italiane hanno registrato il record di 122 milioni di arrivi e oltre 427 milioni di presenze totali e la spesa dei turisti stranieri, circa 37 miliardi di euro, è aumentata del 7,2 per cento), aveva delineato lo sviluppo del settore nei prossimi anni, indicando altresì come azione prioritaria l'integrazione delle politiche turistiche con il Piano nazionale Industria 4.0 allo scopo di favorire l'aggiornamento tecnologico del sistema dell'offerta e rafforzarne la competitività, cosa che risulta totalmente assente nel provvedimento in esame;

si rileva, al fine di assicurare la continuità di lungo termine di tutte le attività già programmate per la politica aerospaziale e per la partecipazione italiana ai programmi dell'Agenzia spaziale europea, il mancato apporto di nuove risorse, in quanto ci si è limitati a confermare lo stanziamento messo in opera dal precedente governo per il periodo 2017-2020, così come in ambito del programma di ricerca scientifica e tecnologica di base ci si è limitati a confermare gli stanziamenti previsti, senza allargare il necessario orizzonte temporale dell'intervento. Ulteriori risorse finanziarie integrerebbero le spese già stanziate ed impiegate per il rilancio della competitività e della innovazione delle industrie, con particolare riferimento a quelle operanti nelle aree tecnologiche ritenute strategiche per il rilancio della competitività del sistema economico;

in relazione alla lotta alla contraffazione e alla tutela della proprietà industriale, ambiti di intervento fondamentali per la tenuta e lo sviluppo del tessuto industriale nazionale segnaliamo che invece di proseguire e potenziare le azioni finora intraprese come ad esempio il cosiddetto «Patent Box», si registra invece un definanziamento degli stanziamenti per gli interventi in materia di brevettualità e per le attività connesse con la ricerca di anteriorità;

in merito al settore energia, a fronte dell'ambizioso obiettivo della decarbonizzazione totale per il 2050, sarebbe stato necessario intervenire nel medio termine, proseguendo anche azioni intraprese in passato, sui costi energetici di difficile sostenibilità per famiglie e imprese, come evidenziato nella recente audizione dell'ARERA presso le Commissioni riunite Attività produttive di Camera e Senato e da tutte le associazioni di categoria: il provvedimento in esame contiene invece solo la diminuzione di 15 milioni di euro annui del taglio in bolletta a beneficio delle famiglie della componente A2 ottenuto con l'utilizzo della cosiddetta «Robin Hood tax»;

il settore del commercio viene toccato solo marginalmente con l'estensione del regime agevolato della cedolare secca sugli immobili commerciali mentre assistiamo alla riduzione di crediti d'imposta attribuiti agli esercenti di sale cinematografiche, agli esercenti di attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuano investimenti in editoria e programmi di ristrutturazione economica, misure insufficienti o addirittura penalizzanti per un settore, specie quello del commercio al dettaglio, in sofferenza ormai da un decennio e che avrebbe bisogno di un intervento forte e mirato;

va segnalato infine il mancato intervento sull'IMU gravante sui beni strumentali, assenza resa ancora più significativa dagli annunci ripetuti in più occasioni dagli esponenti del Governo e della maggioranza,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

XI COMMISSIONE PERMANENTE
(Lavoro pubblico e privato)

XI COMMISSIONE PERMANENTE
(Lavoro pubblico e privato)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (1334)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi e Zan

La XI Commissione,

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto della crescita nazionale da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a segnare risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al processo di riforma strutturale che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019, che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia Italiana;

l'evidenza empirica, in particolare riferita agli anni precedenti alla crisi finanziaria globale, ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo;

con questa manovra di bilancio il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021 e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali;

un'espansione di bilancio come quella delineata dal disegno di legge all'esame, non determinata principalmente dalle spese per investimento, ma piuttosto da voci di spesa corrente, non garantisce la crescita nel medio termine e può anzi metterla in pericolo a lungo andare, e con essa la stabilità del Paese, quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al PIL il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;

l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 miliardi nel 2020 secondo le stime della Banca d'Italia;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della legge di bilancio;

il quadro di finanza pubblica che si delinea è imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato da strumenti di politica economica, finanziati in deficit nonostante siano stati presentati per anni come dotati di adeguata copertura finanziaria, che non solo non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita, ma che, per alcune misure qualificanti del programma di Governo, non sono neanche ancora stati definiti nel dettaglio, come nel caso del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, per cui il provvedimento si limita unicamente a istituire due fondi, mentre interventi, messi in campo nella precedente legislatura, di fondamentale impulso per la crescita attraverso il sostegno agli investimenti delle imprese e il rafforzamento del tessuto industriale, sono stati depotenziati, come nel caso dell'iperammortamento e del credito di imposta per la ricerca;

con riferimento alle misure di competenza della Commissione si deve rilevare come la manovra, che pure immobilizza ingenti risorse su importanti temi come il reddito di cittadinanza e il sistema previdenziale, in realtà si caratterizza per una sorta di meccanica giustapposizione di obiettivi tra loro difficilmente conciliabili, discendente dal compromesso che è alla base del contratto (rectius accordo) di Governo e che sembra rispondere più a una logica di consolidamento del consenso nei confronti dei rispettivi elettorati delle due forze di maggioranza, piuttosto che alla costruzione di una strategia che rafforzi i fondamentali dell'economia e che crei i presupposti per un aumento della base occupazionale, condizione indispensabile per ogni ipotesi di miglioramento del nostro sistema di welfare;

per quanto riguarda la solo annunciata misura per il contrasto alla povertà, non si può non stigmatizzare il fatto che, anziché potenziare finanziariamente la misura già vigente ed operativa del ReI, si preferisce congelare 8 dei 9 miliardi di euro del «Fondo per il reddito di cittadinanza» in attesa di un non ancora definito intervento legislativo volto a introdurre il nuovo istituto, per il quale occorreranno, in ogni caso, molti mesi prima della sua effettiva esigibilità. Lo stesso dicasi per quanto concerne la cosiddetta pensione di cittadinanza. Più proficuo sarebbe stato destinare da subito parte delle risorse per potenziare l'importo della quattordicesima riconosciuta sulle pensioni fino a 1,5 volte il trattamento minimo; una misura di immediata efficacia per i nostri pensionati economicamente più deboli;

anche la misura volta a potenziare il funzionamento dei centri per l'impiego risulta mal congegnata, tenuto conto che lo stanziamento appositamente finalizzato è previsto per il solo biennio 2019-2020, laddove, come noto, tra i principali problemi di efficacia di tali strutture, oltre a una cronica disorganizzazione e a una inadeguata tecnologia gestionale, vi è la drammatica carenza di personale, anche rispetto ai nuovi compiti che dovrebbero assolvere: si pensi alla gestione del Reddito di cittadinanza, che dovrebbe riguardare milioni di cittadini; tema che pertanto dovrebbe essere affrontato con un consistente incremento del personale – personale qualificato – e quindi con risorse permanenti;

anche con riferimento alla volontà di intervenire sulla materia previdenziale, non si va oltre le promesse elettoralistiche, con l'istituzione di un apposito «Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l'introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per l'assunzione di giovani lavoratori». In primo luogo si deve rilevare l'eterogeneità delle due finalità del suddetto fondo: la prima prettamente in ambito previdenziale, la seconda occupazionale. La principale misura sottesa a tali indicazioni dovrebbe riguardare l'introduzione della cosiddetta «quota 100», una soluzione che tutti i principali e più accreditati osservatori hanno considerato ampiamente sottostimata per quanto riguarda i profili finanziari e che, come evidenziato dallo stesso Ufficio parlamentare di bilancio, potrebbe comportare consistenti decurtazioni dei trattamenti pensionistici per i lavoratori che vi dovessero accedere. Nulla si propone per quanto riguarda il trattamento previdenziale che interesserà i giovani lavoratori. Nulla con riferimento alla riproposizione dell'opzione donna, anch'essa oggetto di promessa elettorale. Niente per portare a termine le salvaguardie dalla legge Fornero. Si pone uno stop alla pur positiva sperimentazione dell'APE sociale, con la conseguenza che, prima che possano effettivamente entrare in vigore le nuove misure promesse, migliaia di lavoratori si troveranno nell'impossibilità di anticipare il ritiro dal lavoro usufruendo dello strumento introdotto dai governi nella scorsa legislatura. Infine, nessun cenno vi è riguardo all'introduzione di un possibile contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, da finalizzare, come nelle nostre proposte, per misure a favore dei giovani lavoratori;

anche in materia di disposizioni a tutela dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro o beneficiari di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, la manovra di bilancio evidenzia un evidente arretramento rispetto alle politiche di sostegno introdotte o rafforzate nella precedente legislatura; tali interventi avevano consentito, mediante un riordino strutturale del sistema, di semplificare le procedure amministrative, ampliare la platea di beneficiari e ridurre gli oneri non salariali del lavoro, nel rispetto delle peculiarità dei diversi settori produttivi; al contrario, il provvedimento in oggetto risente della incapacità del governo in carica di individuare ed elaborare politiche realmente incisive in materia di salvaguardia del reddito dei soggetti più esposti alle conseguenze della crisi del mercato del lavoro italiano, operando esclusivamente sulla base delle emergenze senza alcuna organicità di azione; la previsione della sola proroga per l'anno 2019 delle disposizioni in materia di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria e di mobilità in deroga per i lavoratori impiegati nelle aree di crisi industriale complessa, oltre a evidenziare tale condizione di debolezza programmatica, conferma la bontà delle scelte compiute dai precedenti governi;

appare egualmente sorprendente l'assoluta mancanza di previsioni legislative in materia di conciliazione tra vita professionale e vita privata; il governo in carica, sin dal suo insediamento, ha manifestato l'intendimento di modificare le dinamiche del mercato italiano allo scopo di incrementare l'occupazione e rafforzare il sistema produttivo e l'assoluta assenza di misure in tale ambito rafforza la convinzione che esista un marcato divario tra gli annunci propagandistici e la volontà e capacità di individuare e perseguire gli interessi reali del Paese e dei suoi cittadini; la mancata proroga della disposizione riguardante il congedo obbligatorio del padre lavoratore è emblematica a tale proposito: tale misura, oltre ai benefici pratici che ha prodotto, rappresenta una norma di civiltà che ha consentito di sviluppare una nuova e più evoluta sensibilità in materia di conciliazione; anche la riproposizione delle disposizioni relative al cosiddetto voucher baby sitting non è prevista per l'anno prossimo e tale lacuna normativa priverà una consistente platea di madri e lavoratrici italiane, dipendenti e libere professioniste, della possibilità di usufruire della corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, con gravi conseguenze nella gestione della loro vita privata e lavorativa; infine, anche il tema della contrattazione di secondo livello finalizzato al rafforzamento delle misure di conciliazione tra vita professionale e privata, mediante l'utilizzo delle risorse del «Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello», è stato colpevolmente dimenticato e, conseguentemente, non è previsto il prolungamento dell'efficacia della previsione normativa di cui all'articolo 25 del decreto legislativo n. 80 del 2015, che aveva introdotto in via sperimentale per il triennio 2016-2018 tale innovativa misura; nella scorsa legge di bilancio, infine, era stata introdotta una piccola ma significativa misura a sostegno delle donne vittime di violenza, tramite l'introduzione di uno sgravio contributivo a favore delle cooperative sociali che avessero provveduto alla loro assunzione; anche in questo caso, sulla scia di una serie di scelte che paiono improntate alla marginalizzazione delle donne, anche le più fragili, nel contesto lavorativo, il provvedimento in oggetto trascura l'estensione della vigenza della norma;

le risorse stanziate per i rinnovi dei contratti dei lavoratori pubblici appaiono ampiamente sottostimate rispetto alle esigenze del comparto,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

XII COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari sociali)

XII COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari sociali)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (1334)
(per le parti di competenza)

dei deputati
De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò e Siani

La XII Commissione,

esaminato, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, il disegno di legge C. 1334, recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e il bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, per le parti di propria competenza;

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto alla crescita nazionale da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a conseguire risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al processo di riforma strutturale che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamenti dell'economia italiana;

l'evidenza empirica, in particolare riferita agli anni precedenti alla crisi finanziaria globale, ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo;

con questa manovra di bilancio il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del prodotto interno lordo all'anno nel triennio 2019-2021 e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali;

un'espansione di bilancio come quella delineata del disegno di legge all'esame, non determinata principalmente dalle spese per investimento, ma piuttosto da voci di spesa corrente, non garantisce la crescita nel medio termine e può anzi metterla in pericolo a lungo andare, e con essa la stabilità del Paese, quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al prodotto interno lordo il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;

l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della legge di bilancio;

il quadro di finanza pubblica che si delinea è imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato da strumenti di politica economica, finanziati in deficit nonostante siano stati presentati per anni come dotati di adeguata copertura finanziaria, che non solo non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita, ma che, per alcune misure qualificanti del programma di Governo, non sono neanche ancora stati definiti nel dettaglio, come nel caso del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, per cui il provvedimento si limita unicamente a istituire due fondi, mentre interventi, messi in campo nella precedente legislatura, di fondamentale impulso per la crescita attraverso il sostegno agli investimenti delle imprese e il rafforzamento del tessuto industriale, sono stati depotenziati, come nel caso dell'iperammortamento e del credito di imposta per la ricerca;

per quanto riguarda le misure di competenza della Commissione, l'articolo 21 introduce il Fondo per il reddito e la pensione di cittadinanza con una dotazione pari a 9 miliardi a decorrere dal 2019;

nella realtà le risorse economiche aggiunte al fine di elargire un beneficio economico a quella parte della popolazione che vive in povertà sono 6,8 miliardi visto che i restanti finanziamenti vengono sottratti alla misura del Reddito di inclusione (ReI), misura per altro già ampiamente operativa che, secondo i dati pubblicati dall'Osservatorio sul ReI, nel primo semestre 2018, ha raggiunto 267 mila nuclei familiari per 841 mila persone a cui si aggiungono i 44 mila nuclei familiari che percepiscono il SIA (Sostegno per l'inclusione attiva);

sommando i trattamenti del SIA a quelli del ReI emerge che nel primo semestre 2018 le misure contro la povertà hanno raggiunto circa 311 mila nuclei familiari per oltre un milione di persone con un importo medio mensile pari a 308 euro andando dai 242 euro della Valle d'Aosta ai 338 euro della Campania;

la decisione di introdurre la nuova misura del Reddito di cittadinanza invece di continuare quella già operativa del ReI non fa altro che ritardare ulteriormente la possibilità non solo di ampliare la platea dei beneficiari ma anche di limitare il beneficio economico visto che tale misura per essere applicata necessita di ulteriori e complessi provvedimenti legislativi;

nonostante che il programma di governo prevedesse un capitolo dedicato alle politiche per la famiglia e la natalità con l'obiettivo di «consentire alle donne di conciliare i tempi della famiglia con quelli del lavoro, anche attraverso servizi e sostegni reddituali adeguati» prevedendo l'innalzamento dell'indennità di maternità, un premio economico a maternità conclusa per le donne che rientrano al lavoro e sgravi contributivi per le imprese che mantengono al lavoro le madri dopo la nascita dei figli, rimborsi per asili nido e baby sitter, fiscalità di vantaggio, tra cui «IVA a zero» per prodotti «neonatali e per l'infanzia» la nuova manovra non solo non mantiene tali promesse ma omettendo di rifinanziare alcuni istituti introdotti dai precedenti governi non attua alcuna politica a favore dei nuclei familiari;

attualmente, infatti, la manovra non rifinanzia il cosiddetto «bonus bebè», ovvero sia l'assegno di 960 euro annui per i neo genitori con un ISEE non superiore a 25 mila euro, raddoppiato nel caso in cui l'ISEE fosse sotto i 7 mila euro i cui beneficiari dalla sua introduzione sono stati circa 934 mila per un importo pari a 1,7 miliardi (dati INPS); non rifinanzia gli sgravi contributivi introdotti in via sperimentale per gli anni 2017 e 2018 rivolti alle aziende che avessero adottato misure di conciliazione vita-lavoro; non rifinanzia il cosiddetti voucher babysitter che per il solo 2017 è stato erogato per 29,4 milioni di euro; non rifinanzia il congedo di paternità obbligatorio i cui lavoratori privati che ne hanno usufruito sono passati da 50.474 a 107.369, con una crescita del 113 per cento;

a fronte di una totale mancanza di una politica organica sulla famiglia, sui giovani, sulla disabilità non si possono certo ritenere sufficienti le poche misure che sono state rifinanziate come i 100 milioni sul Fondo della non autosufficienza, i 120 milioni sulle politiche sociali, i 100 milioni sul fondo per la famiglia o i 75 milioni per l'assistenza e l'autonomia degli alunni con disabilità o i 30 milioni sul fondo delle politiche giovani;

il programma di governo, inoltre, prevedeva il tempestivo aggiornamento delle agevolazioni per l'acquisto di beni e ausili per le persone con disabilità; la garanzia dell'accessibilità di luoghi, beni e servizi attraverso un effettivo abbattimento delle barriere architettoniche; l'adeguamento dell'indennità di invalidità civile, tutte misure assenti nella legge di bilancio;

considerato che:

per quanto attiene alla sanità la manovra prevede un finanziamento del fabbisogno sanitario per il 2019 pari a 114.435 milioni di euro incrementato di 2.000 milioni per l'anno 2020 e di un ulteriore 1.500 milioni per l'anno 2021 solo se le regioni sottoscrivono una nuova intesa entro il 31 gennaio 2019 altrimenti i finanziamenti erogati saranno quelli già previsti per il 2018; tale lasso di tempo è troppo esiguo per addivenire ad un accordo complesso e soddisfacente costringendo le Regioni ad accettare un qualsiasi compromesso per poter avere le risorse promesse;

non sono state stanziate le risorse necessarie per il rinnovo e la copertura del contratto del personale della sanità né per il superamento del vincolo delle assunzioni, fermo alla spesa storica dell'anno 2004 ridotta dell'1,4 per cento nonostante il comparto della sanità sia rimasto l'unico comparto della pubblica amministrazione sottoposto non solo al blocco del turn over ma all'obbligo di riduzione di spesa per il personale anche se in questi anni, sia stato chiamato a profonde riforme organizzative indotte non solo dai vincoli economici ma anche dal progredire delle conoscenze scientifiche e dalle opportunità offerte da nuovi farmaci e nuove tecnologie;

non è stata prevista alcuna revisione della governance farmaceutica né alcuna normativa per risolvere il payback pregresso 2013-2015 e 2016;

per quanto riguarda l'applicazione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza non è stato definito l'impatto finanziario per la loro applicazione né sono stati ancora previsti alcuni provvedimenti fondamentali per colmare il divario tra livello delle prestazioni da garantire e il livello di finanziamento: in particolare delisting delle prestazioni obsolete, decreto tariffe e nomenclatore protesica;

non è previsto alcun finanziamento per l'abolizione del superticket mentre la precedente legge di bilancio ha previsto l'istituzione di un Fondo per la riduzione della quota fissa sulla ricetta con una dotazione di 60 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018 né sono previsti i finanziamenti per gli indennizzi agli emotrasfusi (legge n. 210 del 1992) che le regioni dal 2015 stanno anticipando ai sensi dell'articolo 1 comma 586 della legge n. 208 del 2015, per circa 170 milioni annui;

si rende necessario il trasferimento delle somme dovute, in quanto gli anticipi per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 hanno raggiunto un importo di circa 680 milioni. Si rende necessario altresì ripristinare il finanziamento a regime per l'esercizio di tale funzione a decorrere dall'anno 2019;

nessuna risorsa, come invece era stata promessa, viene allocata per l'anagrafe vaccinale che rappresenta l'unico modo per monitorare e rendere disponibili a tutti gli operatori del processo vaccinale e anche alle famiglie i dati sulle coperture vaccinali rappresentando, inoltre, l'unico strumento che realmente può far superare lo stesso l'obbligo vaccinale,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

XIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Agricoltura)

XIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Agricoltura)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (1334)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Gadda, Cenni, Cardinale, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, Incerti e Portas

La XIII Commissione,

esaminato, per le parti di competenza, il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e il bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (C. 1334 Governo);

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto alla crescita nazionale da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a segnare risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al processo di riforma strutturale che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia Italiana;

l'evidenza empirica, in particolare riferita agli anni precedenti alla crisi finanziaria globale, ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo;

con questa manovra di bilancio il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021 e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali;

un'espansione di bilancio come quella delineata del DDL all'esame, non determinata principalmente dalle spese per investimento, ma piuttosto da voci di spesa corrente, non garantisce la crescita nel medio termine e può anzi metterla in pericolo a lungo andare, e con essa la stabilità del Paese, quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;

l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della legge di bilancio;

il quadro di finanza pubblica che si delinea è imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato da strumenti di politica economica, finanziati in deficit nonostante siano stati presentati per anni come dotati di adeguata copertura finanziaria, che non solo non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita, ma che, per alcune misure qualificanti del programma di Governo, non sono neanche ancora stati definiti nel dettaglio, come nel caso del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, per cui il provvedimento si limita unicamente a istituire due fondi, mentre interventi, messi in campo nella precedente legislatura, di fondamentale impulso per la crescita attraverso il sostegno agli investimenti delle imprese e il rafforzamento del tessuto industriale, sono stati depotenziati, come nel caso dell'iperammortamento e del credito di imposta per la ricerca;

rilevato che, per quanto concerne le materie di competenza della Commissione nella Sezione 1 manca vistosamente una visione del cambiamento per il settore agricolo e qualsiasi ragionamento relativo all'alimentazione e al cibo, ai suoi metodi di produzione e di consumo per una sostenibilità dei redditi dei produttori ed una riduzione delle disuguaglianze che si nascondono nello sfruttamento della manodopera, misure per contrastare la povertà e l'accesso alle eccedenze alimentari, così come incentivi per agevolare soluzioni innovative per il recupero e il riutilizzo di alimenti e la riduzione degli sprechi;

sono assenti anche misure per proseguire le azioni per il rafforzamento strutturale dell'impresa agricola, mediante misure di sostegno alla competitività, per l'accesso a nuovi strumenti finanziari e per la valorizzazione delle produzioni che contraddistinguono il Made in Italy che è presente nel testo in modo parziale e non esaustivo;

in particolare le misure previste all'articolo 49 propongono un approccio propagandistico e non condivisibile, risultando inadeguato per fronteggiare la crescita dell'attività agricola, inadatto a combattere lo spopolamento delle aree agricole e insufficiente per far fronte alle esigenze dei giovani agricoltori e a quelle delle imprese agricole a conduzione femminile. Una visione arretrata delle esigenze delle famiglie e in particolare delle donne. Sono inoltre del tutto assenti i riferimenti ai servizi che in quelle aree, fragili e disagiate, possono essere attivati per evitarne lo spopolamento;

le misure previste per le imprese all'articolo 19 con la cosiddetta Nuova Sabatini non prevedono le adeguate misure fiscali in favore delle imprese agricole che effettuano investimenti in beni materiali strumentali nuovi;

a fronte di un territorio profondamente colpito dagli eventi calamitosi dei mesi di ottobre e novembre e in risposta alle numerose richieste di indennizzo da parte delle aziende agricole colpite da tali calamità naturali non è previsto un adeguato incremento del Fondo di solidarietà nazionale di cui alla legge n. 102 del 2004, né tantomeno sono previste misure a sostegno delle aziende agricole, zootecniche e forestali danneggiate né quelle a favore dei proprietari delle aree boschive distrutte. Non sono state previste adeguate risorse da destinare alla messa in sicurezza dei territori della regione Toscana, del comune di Calci e della montagna pisana devastati dai recenti incendi e al ripristino del potenziale produttivo delle imprese agricole compromesso a causa degli stessi incendi;

non è stato previsto un piano di ricostruzione post Xylella, un piano per la ricostituzione del patrimonio olivicolo del Salento, mirato soprattutto a sostenere i piccoli produttori, ad eliminare le piante infette, fonte di inoculo del batterio, ad avviare il reimpianto con varietà tolleranti e resistenti alla Xylella e a compensare la perdita di reddito derivante dall'abbattimento degli alberi infetti

per quanto concerne il comparto della pesca non è stata prevista l'estensione delle disposizioni relative alla integrazione dei salari in favore dei lavoratori agricoli di cui alla legge 8 agosto 1972, n. 457, anche al personale dipendente imbarcato sulle unità adibite alla pesca marittima, ivi compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250. Sempre per quanto concerne il settore della pesca non sono state stanziate risorse volte a garantire un sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, ivi compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca nonché gli armatori e i proprietari armatori, imbarcati sulla nave dai medesimi gestita,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

XIV COMMISSIONE PERMANENTE
(Politiche dell'Unione europea)

XIV COMMISSIONE PERMANENTE
(Politiche dell'Unione europea)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019
e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (1334)
(per le parti di competenza)

dei deputati
De Luca, Berlinghieri, Delrio, Giachetti, Mauri, Raciti, Rotta e Sensi

La XIV Commissione,

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;

nonostante il primo arresto alla crescita nazionale da tre anni e mezzo a questa parte, le riforme attuate nel corso della precedente legislatura hanno proseguito a segnare risultati positivi, particolarmente significativi nel mercato del lavoro – il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico e il tasso di partecipazione delle donne e delle classi di età più elevate si è finalmente innalzato – e proseguire in questa direzione di riforma strutturale del sistema-Paese costituisce l'unica via per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita e liberare risorse pubbliche per combattere la povertà e sostenere le fasce più deboli della popolazione;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro rispetto al processo di riforma strutturale che, con il contributo del Paese tutto, si è portato avanti, e i loro effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia prefigurati dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2019 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia Italiana;

l'evidenza empirica, in particolare riferita agli anni precedenti alla crisi finanziaria globale, ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo;

con questa manovra di bilancio il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021 e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali;

un'espansione di bilancio come quella delineata del disegno di legge all'esame, non determinata principalmente dalle spese per investimento, ma piuttosto da voci di spesa corrente, non garantisce la crescita nel medio termine e può anzi metterla in pericolo a lungo andare, e con essa la stabilità del Paese, quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;

l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della Legge di bilancio;

il quadro di finanza pubblica che si delinea è imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato da strumenti di politica economica, finanziati in deficit nonostante siano stati presentati per anni come dotati di adeguata copertura finanziaria, che non solo non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita, ma che, per alcune misure qualificanti del programma di Governo, non sono neanche ancora stati definiti nel dettaglio, come nel caso del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, per cui il provvedimento si limita unicamente a istituire due fondi, mentre interventi, messi in campo nella precedente legislatura, di fondamentale impulso per la crescita attraverso il sostegno agli investimenti delle imprese e il rafforzamento del tessuto industriale, sono stati depotenziati, come nel caso dell'iperammortamento e del credito di imposta per la ricerca;

l'Italia è esposto al rischio, senza precedenti, di subire una procedura per disavanzi eccessivi, ai sensi dell'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che, rispetto alle procedure ordinarie, ha un percorso ben più accelerato, con la conseguente necessità di prevederne le conseguenze finanziarie nella legge di bilancio. A tale riguardo infatti che l'Italia rischia di essere costretta a costituire un deposito infruttifero pari almeno allo 0,2 per cento del PIL;

le competenze della XIV Commissione non possono essere intese in modo limitato e burocratico e che lo scambio di corrispondenza tra Commissione europea e Governo italiano in ordine all'obiettivo di indebitamento annuale comporta un'incidenza diretta sul bilancio dello Stato per il 2019;

l'aumento al 2,4 per cento (contro l'1,2 a legislazione vigente) è volto solo a favorire la spesa corrente improduttiva e non seri investimenti pubblici e creazione di duraturi posti lavoro, con particolare riguardo al Meridione, e che la legge di bilancio non è ispirata a una strategia credibile di lungo periodo di riduzione dello stock di debito mediante l'avanzo primario e la lotta all'evasione fiscale;

è ritenuto anche essenziale tutelare il risparmio degli italiani e proteggerlo dallo spread che incrementa il costo del nostro debito pubblico,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

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