PDL 1173

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1173

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati
D'UVA, MOLINARI, BRESCIA, IEZZI, MACINA, BORDONALI, DAVIDE AIELLO, DE ANGELIS, ALAIMO, GIGLIO VIGNA, BALDINO, INVERNIZZI, BERTI, MATURI, BILOTTI, STEFANI, MAURIZIO CATTOI, TONELLI, CORNELI, VINCI, DADONE, D'AMBROSIO, DIENI, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI, ELISA TRIPODI

Modifica all'articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa popolare

Presentata il 19 settembre 2018

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Onorevoli Colleghi! – Le istituzioni rappresentative in Italia e, più in generale, nelle democrazie moderne incontrano innumerevoli difficoltà nel rispondere ai bisogni e alle domande dei cittadini. Il senso di sfiducia nelle istituzioni rappresentative, che si riscontra in tutto l'Occidente, non solo si traduce in disimpegno e disaffezione verso la vita politica, ma esprime anche una grande domanda di maggiore e migliore partecipazione e coinvolgimento da parte dei cittadini, che credono nella democrazia intesa come arricchimento dell'individuo e come ricerca delle soluzioni più ampiamente condivise per le questioni pubbliche.
Per rispondere a queste esigenze occorre potenziare e rendere effettivi gli strumenti di democrazia diretta, in modo da sollecitare una più ampia e reale partecipazione dei cittadini alla vita politica e avvicinare così l'Italia alle esperienze di altri Paesi avanzati.
Gli istituti di democrazia diretta rappresentano, infatti, un pilastro importante in altre democrazie, a partire dalla Svizzera, dove si parla di «iniziativa popolare», e dagli Stati Uniti d'America, dove in molti Stati, come ad esempio la California, «proposition» e «initiative» sono stati accolti e applicati.
Non si tratta, quindi, di un fenomeno contingente, se è vero che già da molti anni si registra negli Stati democratici la tendenza a valorizzare gli istituti di democrazia diretta, fra i quali occupano un ruolo centrale il referendum nelle sue svariate forme e l'iniziativa legislativa popolare.
L'iniziativa popolare, del resto, è una componente essenziale dei diritti politici di cui tutti i cittadini dovrebbero godere. Si tratta di quel procedimento di democrazia diretta che consente a un prescritto numero di cittadini di porre la propria proposta all'ordine del giorno delle Assemblee rappresentative e di chiederne l'approvazione.
Ciò consente ai cittadini di partecipare alle scelte politiche del Paese e conferisce loro un maggiore potere di controllo sulle attività dei propri rappresentanti politici. In particolare, favorisce l'interesse e la conoscenza dei cittadini con riguardo alle diverse tematiche politiche e sviluppa un comune e condiviso senso di responsabilità, consentendo loro di acquisire maggiore dimestichezza nei confronti dell'attività legislativa. Allo stesso tempo, la democrazia diretta induce i rappresentanti a una maggiore trasparenza e contribuisce all'efficienza delle istituzioni, aumentando la loro capacità di dare risposte alle domande che provengono dalla società, in tal modo accrescendo l'equità nella gestione del potere politico e persino lo sviluppo economico nazionale. La democrazia diretta, infine, costituisce un argine ad alcuni aspetti degenerativi della democrazia rappresentativa: tendenze spartitorie dei partiti; creazione di privilegi a favore dei governanti; incremento degli apparati burocratici e dipendenza dai gruppi d'interesse. Pertanto, la prospettiva nella quale occorre guardare agli istituti partecipativi non è quella di una contrapposizione tra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa, ma quella di un reciproco completamento.
Per queste ragioni, la presente proposta di legge costituzionale, nel modificare l'articolo 71 della Costituzione, intende introdurre una forma di iniziativa legislativa popolare rafforzata dalla possibilità che al suo esercizio consegua una consultazione popolare mediante referendum. Ciò risponde al duplice obiettivo di promuovere e rafforzare la democrazia diretta e, nel medesimo tempo, di valorizzare il ruolo del Parlamento nella sua capacità di ascolto, di interlocuzione, di elaborazione di proposte in grado di rispondere sempre più efficacemente alle domande che vengono dall'iniziativa popolare.
La prima parte dell'attuale testo dell'articolo 71 della Costituzione riguarda quella che viene definita «iniziativa legislativa istituzionale», poiché individua, direttamente o indirettamente, tutti gli organi dello Stato legittimati a presentare progetti di legge. Prevede, dunque, che «l'iniziativa delle leggi» appartiene «al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale».
Il secondo comma dell'articolo 71 stabilisce che «Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli». Questo secondo comma, tuttavia, ha trovato scarsa applicazione, soprattutto per quanto concerne il momento finale, quello dell'approvazione. Molti dei progetti d'iniziativa popolare presentati non sono stati nemmeno esaminati dalle Camere e solo in minima parte tali proposte sono divenute leggi, per lo più grazie al fatto di essere state abbinate a proposte di legge di iniziativa parlamentare.
Vale la pena ricordare come, in diverse forme, questi temi siano stati affrontati nelle proposte della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali istituita nel 1997 (cosiddetta Commissione bicamerale D'Alema), nella relazione della Commissione di studio per le riforme istituzionali istituita nel 2013 (presieduta dal Ministro Quagliariello) e nell'ultima riforma costituzionale approvata dalle Camere nella scorsa legislatura.
La scelta di fondo a cui si ispira la presente proposta di legge costituzionale è dunque quella di potenziare la disciplina in materia di iniziativa legislativa popolare, dando nuova linfa alla nostra democrazia attraverso il rilancio della partecipazione dei cittadini alla vita politica del Paese. L'obiettivo è quello di rinnovare il sistema politico potenziando l'apporto diretto dei cittadini alle scelte fondamentali e, nello stesso tempo, valorizzando la capacità del Parlamento di rappresentare le istanze dei cittadini.
Nella logica di un rafforzamento dell'iniziativa legislativa popolare, la presente proposta di legge costituzionale incide sull'istituto in forme affini a quanto è previsto in Svizzera, anche se in quell'ordinamento l'iniziativa popolare ha sempre la forma di una revisione costituzionale (l'iniziativa popolare ordinaria è invece prevista in diversi Cantoni della Confederazione); invece, nella presente proposta di legge costituzionale essa è limitata a proposte di legge ordinaria.
La presente proposta di legge costituzionale interviene, pertanto, sull'articolo 71 della Costituzione aggiungendovi alcuni nuovi commi dopo il secondo. In particolare, si prevede che l'iniziativa legislativa popolare, qualora sia sostenuta da un consistente numero di firme, almeno cinquecentomila elettori, debba essere esaminata dalle Camere e approvata entro un termine congruo, stabilito in diciotto mesi. Qualora la proposta non venga approvata dalle Camere entro quel termine, su di essa è indetto un referendum, salvo che i promotori rinunzino alla consultazione popolare e a condizione che la Corte costituzionale ne giudichi ammissibile lo svolgimento.
La proposta popolare sarà quindi sottoposta a referendum nel caso che le Camere non la approvino entro il ragionevolmente lungo termine previsto. Tale previsione vuole rappresentare uno strumento di stimolo e impegno per l'attività delle Camere. Inoltre, si intende dare risalto e rilievo al confronto e al rapporto tra i cittadini e le istituzioni parlamentari: convergere con un accordo su un diverso testo può indurre i promotori a rinunziare alla consultazione popolare, così che il referendum non si tenga nel caso si trovi un'intesa.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati, così come previsto dall'articolo 75 della Costituzione in materia di referendum abrogativo.
La proposta di legge costituzionale interviene, inoltre, sotto due punti di vista: il numero di firme richiesto, volto ad attestare che la proposta popolare sia avvertita come rilevante dalla pubblica opinione, e la previsione di tempi certi per la discussione e la deliberazione in Assemblea, per restituire finalmente importanza e dignità istituzionale alle proposte dei cittadini.
La modifica proposta all'articolo 71 delinea poi con chiarezza i limiti posti all'iniziativa legislativa popolare, prevedendo infatti, espressamente, che essa non sia ammissibile «se la proposta non rispetta i diritti e i principi fondamentali garantiti dalla Costituzione nonché i vincoli europei e internazionali, se non ha contenuto omogeneo e se non provvede ai mezzi per far fronte ai nuovi o maggiori oneri».
L'istituto dunque incontra alcuni limiti.
Esplicitamente esso è escluso per le proposte di revisione costituzionale, essendo limitato alla «legge ordinaria». Allo stesso modo esso non è ammissibile se è in contrasto con «i principi e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione» nell'accezione lata usata dalla Corte costituzionale, che va ben oltre i «principi fondamentali» di cui agli articoli da 1 a 12.
Sempre in armonia con la giurisprudenza costituzionale in materia di referendum, il ricorso al nuovo istituto deve considerarsi escluso altresì nei casi in cui la Costituzione prevede procedure legislative speciali, come ad esempio con riguardo alle leggi di cui all'articolo 8 della Costituzione, di amnistia e indulto e anche di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione in materia di autonomia differenziata, o nelle ipotesi ove sia prevista un'iniziativa legislativa riservata, come nel caso della legge di bilancio. Quanto alle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, è evidente che il nuovo strumento è inutilizzabile sia per i trattati già ratificati (perché la loro abrogazione resterebbe vietata dall'articolo 75 della Costituzione) sia ovviamente per i trattati non ancora conclusi. Resta una sola ipotesi residua, quella cioè di trattati già conclusi ma non ancora ratificati. In questo caso sarebbe ammessa l'iniziativa popolare, la quale si chiuderebbe peraltro senza referendum, qualora il Parlamento approvasse la legge di autorizzazione alla ratifica.
È previsto che sull'ammissibilità del referendum decida la Corte costituzionale su istanza dei promotori, avanzata anche prima della presentazione della proposta popolare alle Camere, purché siano state raccolte almeno centomila firme. Tale previsione consente di anticipare il controllo sull'ammissibilità del referendum al momento in cui i promotori abbiano raccolto almeno centomila firme, consentendone lo svolgimento in parallelo con la prosecuzione della raccolta delle firme. Si ritiene, infatti, che attendere la raccolta di tutte le firme prima di addivenire al controllo della Corte possa comportare un infruttuoso dispendio di mobilitazione civile; viceversa, anticipare troppo il controllo rischierebbe di aggravare inutilmente i lavori della Corte costituzionale.
Il procedimento dinnanzi alla Corte costituzionale si configurerà come un giudizio di ammissibilità, restando esclusa l'introduzione di un controllo di costituzionalità preventivo, estraneo al nostro sistema di accertamento dell'incostituzionalità della legge. Il controllo della Corte costituzionale dovrà estendersi non solo a una verifica della compatibilità della proposta con i diritti e i princìpi fondamentali posti e garantiti dalla Costituzione, ma anche con gli obblighi europei e internazionali. La Corte dovrà accertare altresì che la proposta abbia contenuto omogeneo, che essa cioè si presti ad essere valutata con un o con un no da parte degli elettori, secondo uno schema che essa già impiega in relazione all'ammissibilità del referendum abrogativo. Un tema particolarmente delicato è costituito dalle iniziative legislative che comportino nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato: è quindi esclusa l'ammissibilità del referendum quando la proposta d'iniziativa popolare non provveda alla relativa copertura finanziaria.
Si dispone, poi, che la proposta sottoposta a referendum sia approvata se ottiene la maggioranza dei voti validi.
Particolarmente rilevante, nella prospettiva di realizzazione del circuito virtuoso tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa, è la previsione, introdotta dal penultimo comma aggiunto all'articolo 71 della Costituzione, secondo cui, nel caso che le Camere approvino la proposta in un testo diverso da quello presentato dai promotori e questi non vi rinunzino, il referendum dev'essere indetto su entrambe le proposte.
La presente proposta di legge costituzionale prevede pertanto che, qualora le Camere approvino una proposta che non induca il Comitato promotore a rinunziare al referendum, vengano sottoposti al corpo elettorale entrambi i testi: quello di approvazione parlamentare e quello d'iniziativa popolare. In questo modo si lascia spazio al Parlamento per elaborare una soluzione che potrebbe rivelarsi più meditata ed equilibrata di quella proposta dai promotori, senza che costoro finiscano per risultare in una posizione di forza per il solo fatto di aver raccolto il numero di sottoscrizioni prescritto. In via generale, si tratta del sistema adottato nella Confederazione elvetica, sulla base del quale, non a caso, nel 90 per cento dei referendum gli elettori preferiscono la soluzione parlamentare a quella d'iniziativa dei promotori, in genere giudicata eccessivamente radicale. Sulla base di questo disegno dell'istituto, in effetti, il Parlamento non sarebbe affatto escluso dalla nuova procedura di democrazia diretta e, anzi, potrebbe uscirne rafforzato nella sua legittimazione e autorevolezza.
Nelle ipotesi in cui siano sottoposte al referendum sia la proposta dei promotori sia quella parlamentare, all'elettore è data la possibilità di esprimersi a favore di entrambe le proposte: in questo caso, gli è riconosciuta la possibilità di indicare tra le due la proposta preferita. Se tutte e due le proposte ottengono la maggioranza dei voti validi, è approvata quella che ha ottenuto complessivamente più voti.
Infine, l'ultimo comma rinvia alla legge ordinaria la determinazione delle modalità di attuazione delle modifiche introdotte.

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

1. All'articolo 71 della Costituzione sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«Quando una proposta di legge ordinaria è presentata da almeno cinquecentomila elettori e le Camere non la approvano entro diciotto mesi dalla sua presentazione, è indetto un referendum per deliberarne l'approvazione, salvo che i promotori non vi rinunzino e a condizione che la Corte costituzionale lo giudichi ammissibile.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
Il referendum non è ammissibile se la proposta non rispetta i principi e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione nonché i vincoli europei e internazionali, se non ha contenuto omogeneo e se non provvede ai mezzi per far fronte ai nuovi o maggiori oneri che essa importi.
Sull'ammissibilità del referendum la Corte costituzionale giudica, su istanza dei promotori, anche prima della presentazione della proposta di legge alle Camere, purché siano state raccolte almeno centomila firme.
La proposta sottoposta a referendum è approvata se ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi.
Se le Camere approvano la proposta in un testo diverso da quello presentato e i promotori non vi rinunziano, il referendum è indetto su entrambi i testi. In tal caso l'elettore che si esprime a favore di ambedue ha facoltà di indicare il testo che preferisce. Se entrambi i testi ottengono la maggioranza dei voti validamente espressi, è approvato quello che ha ottenuto complessivamente più voti.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum previsto dal presente articolo».

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