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PDL 3147

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3147



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BINDI, FERRANTI

Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di filiazione

Presentata il 26 gennaio 2010


      

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Onorevoli Colleghi! — La persona umana è al primo posto nella gerarchia di valori fatta propria dalla Costituzione. Il valore «persona umana» costituisce la parte caratterizzante l'ordinamento giuridico, tanto da garantirne l'armonia e l'unitarietà d'intenti, e la famiglia nel suo aspetto sociale e nel suo riflesso giuridico si lega inscindibilmente all'esistenza, alla dignità e alla personalità di ciascuno dei suoi componenti.
      Tale premessa è necessaria per dare ragione dei princìpi implicati da un obiettivo di modificazione che si propone di portare a compimento il disegno già assai ben delineato fin dalla precedente legge di riforma del diritto di famiglia, la legge 19 maggio 1975, n. 151, di parificare ogni forma di filiazione, nel rispetto dell'articolo 30, terzo comma, della Costituzione.
      Da tempo, nei vari Paesi membri dell'Unione europea, la tendenza è verso una completa equiparazione tra tutti i figli, senza ulteriori qualificazioni: in Spagna già dal 1978, in Germania e negli altri Paesi del nord Europa ancora prima, in Francia molto più di recente, con una legge che unifica la normativa in materia in un solo capo dedicato allo stato di figlio senza ulteriori aggettivi. E convenzioni europee sui diritti dell'uomo e del fanciullo, raccomandazioni comunitarie, interventi in tale materia della Corte europea dei diritti dell'uomo si susseguono senza sosta, disegnando un unico quadro rispetto al quale l'Italia presenta alcuni tratti divergenti.
      Come è noto, anche nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma
 

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il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955, sono previste due disposizioni delle quali la famiglia costituisce l'oggetto di tutela: l'articolo 8, che riconosce il diritto al rispetto della vita familiare e, ancora più importante, l'articolo 12, a norma del quale «Uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l'esercizio di tale diritto», ripercorrendo la via tracciata dall'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948.
      Le decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo tratteggiano la famiglia come un organismo che presuppone lo sviluppo della personalità dei suoi componenti, sulla base dei princìpi di pari dignità, di libertà, di eguaglianza e di solidarietà. Da qui discende una serie di corollari, tra i quali si possono sicuramente menzionare quelli relativi alla tutela dei figli per se stessi, cioè in quanto individui nati, e alla pari dignità dei figli naturali rispetto ai figli legittimi.
      Non minore importanza può assumere, anche per quanto attiene al nostro ordinamento, la posizione della Corte europea dei diritti dell'uomo in ordine alla parentela naturale. Relativamente ai rapporti tra i figli naturali, è noto come la nostra Corte costituzionale, intervenendo a margine della parziale incostituzionalità dell'articolo 565 del codice civile, abbia dichiarato doversi considerare nella categoria dei chiamati alla successione legittima, in mancanza di altri successibili, e prima dello Stato, i fratelli e le sorelle naturali, riconosciuti o dichiarati.
      Nel nostro ordinamento, l'articolo 2 della Costituzione appresta la chiave di lettura del fondamento che la Costituzione stessa offre alla famiglia attraverso gli articoli 29, 30 e 31. Gli interessi della famiglia che l'ordinamento garantisce si coniugano con i valori della persona, sia sotto il profilo statico dell'integrità e della dignità, sia sotto quello dinamico dell'armonico sviluppo della personalità. La prospettiva solidaristica impone la ricerca di un criterio di contemperamento dell'esercizio dei diritti fondamentali, o, meglio, la ricerca dell’«equilibrio delle libertà». In caso di conflitto tra interessi tutti degni di garanzia, a livello costituzionale, la scelta di quello da privilegiare o da sacrificare deve avvenire secondo la precisa gerarchia dei valori dettata dalla Costituzione stessa. Nella famiglia, il principio di solidarietà, che si specifica nella solidarietà familiare, prescrive ancora con maggiore forza di subordinare le categorie dell'avere a quelle dell'essere, ovvero di considerare le situazioni patrimoniali come strumentali alla realizzazione di quelle di natura esistenziale.
      La parificazione di tutte le forme di filiazione, quale che sia la fonte di costituzione del legame giuridico, è conseguenza diretta dell'impianto costituzionale. Del resto, l'articolo 30 della Costituzione si esprime assai chiaramente in proposito, quando discorre di diritti e di doveri dei genitori: qui non vi è spazio per alcuna forma di discriminazione. Va tenuto sempre presente che l'articolo 30, terzo comma, della Costituzione assicura ogni tutela ai figli nati fuori del matrimonio, purché compatibile con la garanzia della famiglia legittima. Questa norma fa parte della trama del Costituente e in essa rinviene il suo vero valore. Il conflitto può sorgere tra coloro che fanno parte della famiglia ristretta, coniuge e figli, poiché questi sono titolari di interessi proporzionali. E il conflitto può riguardare situazioni paritarie, cioè che ricevono eguale protezione dall'ordinamento costituzionale. Il criterio della compatibilità non può tuttavia comportare il sacrificio dei diritti inviolabili della persona: se c’è conflitto, occorre trovare il punto di equilibrio.
      Cadono in questa prospettiva le giustificazioni di quelle differenze che ancora si possono rinvenire a livello codicistico o di legislazione ordinaria. Del resto, la differenza di status rileva ancora in poche e scarne norme, che spesso svolgono una duplice funzione di tutela sia per i figli nati nel matrimonio sia per quelli che tali non sono. È il caso, ad esempio, delle disposizioni che regolano l'ingresso del
 

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figlio riconosciuto nella famiglia preesistente di uno dei genitori. Qui la ragione è di non perturbare la coesione di quella specifica famiglia o di non pregiudicare la serenità e lo sviluppo dei figli minori che ne fanno parte: sia di quelli già conviventi, sia di quelli che si apprestano a entrare nella quotidiana esistenza di quella concreta famiglia. Da ciò la necessità dei consensi e del controllo del giudice.
      Non hanno più senso, invece, le altre differenze legate a una visione ormai da tempo superata di conservazione del patrimonio familiare, che si rinvengono nel regime successorio.
      In una prospettiva che, sulla base dell'articolo 30 della Costituzione, tutela la filiazione come valore in sé, originale e non dipendente, nessuna differenza, se non quelle necessarie a regolarne l'accertamento, può derivare dalla fonte del rapporto: un atto volontario, come il matrimonio o il riconoscimento, o autoritativo, come l'accertamento della paternità o della maternità. Anzi, la prospettiva tende al riconoscimento di un unico status filiationis, fondato sui due aspetti della verità biologica e dell'assunzione della responsabilità rispetto al figlio, aspetti entrambi necessariamente presenti a fondare la ratio della disciplina. Ne consegue l'inutilità dell'istituto della legittimazione per susseguente matrimonio o per provvedimento del giudice, di cui si propone l'abrogazione.
      Di più, si ritiene maturo il momento per abbattere l'ultima odiosa mortificante discriminazione nei riguardi dei figli incestuosi, la cui posizione giuridica, in caso di matrimonio putativo, non si può far dipendere dalla buona o mala fede dei genitori. Ciò non vale quando si vuole riconoscere un figlio incestuoso consapevolmente generato: qui si giustifica il controllo del giudice sia per la protezione del figlio, sia per la riprovazione sociale di una simile condotta.
      Appare poi doveroso riformare l'istituto della parentela, facendo cadere ogni aggancio all'opinione che ancora si ostina, anche a livello giurisprudenziale, a non ritenere esistente il legame di parentela tra il figlio riconosciuto nato al di fuori del matrimonio e i parenti del genitore. Sotto questo aspetto il distacco tra il comune sentire e la norma giuridica non potrebbe essere più evidente. Del resto, indici normativi della rilevanza della parentela «naturale» – e l'espressione è ben strana, quasi che ogni forma di parentela non fosse, per l'appunto, «naturale» – sono già presenti nel codice civile e assai significativi: l'articolo 148 non distingue tra i figli quando chiama i nonni a contribuire al loro mantenimento, se i genitori non hanno sufficienti mezzi; né le regole dell'obbligazione alimentare fanno differenze di tal fatta tra ascendenti e discendenti per fondare i doveri di solidarietà.
      Se unico è lo stato di figlio, fondato sulla verità e sulla responsabilità, medesima è l'esigenza di superare l'ostacolo dell'assenza o della distruzione delle registrazioni anagrafiche: da qui la proposta di regolare anche per i figli nati fuori del matrimonio la prova fondata sul possesso di stato.
      L'elemento della responsabilità, anche qui senza differenze, si accentua nella disciplina della potestà dei genitori, quando si regola la «cura» del figlio. Il dovere principale rimane quello di dare al figlio assistenza materiale, ma anche amore, attenzione e rispetto. E se nessun legislatore può imporre i sentimenti, il rispetto però si può imporre. E ciò si fa quando si dà spazio all'autodeterminazione del minore dotato di capacità di discernimento in tutte quelle decisioni che, più di altre, influiscono sulla sua persona e sulla sua personalità: frequentazioni, salute, professione religiosa, formazione professionale, ma anche consenso al riconoscimento, al mutamento del cognome e via via enumerando. Ma il rispetto significa anche prevedere come necessario e doveroso l'ascolto del minore in tutte le questioni e i procedimenti che lo riguardano.
      Le convenzioni internazionali in materia di minori enfatizzano il loro diritto a essere sempre ascoltati in ordine alle decisioni che riguardano la loro vita: la presente proposta di legge si prefigge di
 

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dare piena attuazione a tale previsione e di fare sì che il minore, per quanto possibile, diventi protagonista della propria vita, assumendo sempre più il genitore il compito di sostenerlo in una crescita che sviluppi le sue potenzialità e inclinazioni. Di qui anche la scelta di precisare il significato del termine «potestà», che per la sua derivazione romanistica induce chi lo utilizza a pensare più all'aspetto del potere e della correlativa soggezione che non all'aspetto della responsabilità e della correlativa fiducia.
      Infine, può sembrare di poco momento preoccuparsi di espungere dall'ordinamento ogni riferimento all'origine «legittima» o «naturale», riferimento tradizionalmente carico di significati disdicevoli: e invece questo pare non solo una modesta ma doverosa riparazione di secoli e secoli di discriminazione, ma altresì un'iniziativa ricca di conseguenze promozionali per il definitivo cambio della percezione sociale del fenomeno. Il cammino di riforma degli istituti che disciplinano la famiglia, iniziato con il codice del 1942 e giunto a maturazione con la citata riforma del 1975, non è ancora completo: permangono nella disciplina codicistica antinomie, residui del passato e disposizioni del tutto superate dall'evoluzione dei tempi, la cui esistenza è spesso ignorata dalle persone comuni e il cui sentire diverge in modo assoluto dalla previsione di legge. La presente proposta di legge ha dunque per fine la piena attuazione dell'articolo 30, commi primo e terzo, della Costituzione, eliminando definitivamente dall'ordinamento ogni traccia, anche lessicale, di ingiustificata difformità di trattamento tra i figli nati nel matrimonio e quelli nati fuori del matrimonio. Resta, naturalmente, la distinzione dell'origine, in quanto questa è prevista espressamente dalla Costituzione, che promuove e tutela in maniera peculiare la famiglia fondata sul matrimonio e che subordina la tutela dei figli nati fuori del matrimonio a un giudizio di compatibilità con i diritti dei membri di tale famiglia. Tale origine era un tempo segnata dalla distinzione tra figli legittimi e illegittimi, distinzione ormai da tempo sostituita da quella tra figli legittimi e figli naturali, che la presente proposta di legge si prefigge di mutare in quella tra «figli nati nel matrimonio» e «figli nati fuori del matrimonio», utilizzando la definizione scelta dalla Costituzione. Una distinzione che assume rilevanza ogniqualvolta dalla nascita nel matrimonio possano discendere effetti, sia pure esclusivamente morali, ovvero ogniqualvolta serva a far comprendere che una certa persona può essere figlio solo di determinate persone, in quanto venuto al mondo in costanza del loro matrimonio.
      La presente proposta di legge è il frutto del lavoro, svolto nella precedente legislatura, di un'apposita Commissione di studio per l'analisi della normativa in materia di relazioni giuridiche familiari e per un più giusto diritto di famiglia, insediata presso il Dipartimento delle politiche per la famiglia e composta da giuristi di chiara fama (basti citare i nomi dei professori Bianca, Rescigno, Auletta, Busnelli e Autorino), da magistrati e da avvocati e integrata da componenti nominati dall'allora Ministro della giustizia.
      Su questi temi la II Commissione permanente della Camera dei deputati ha sviluppato un confronto ampio e approfondito, licenziando un disegno di legge delega sulla base del testo proposto dal Governo (atti Camera n. 2514 e n. 2514-A, XV legislatura): di quella delega gli articoli della presente proposta di legge sono l'espressa e pedissequa attuazione. Su quel testo si era registrata un'ampia convergenza tra le diverse forze politiche, la stessa che si auspica possa raggiungersi sulla presente proposta di legge.
      L'esame dei singoli articoli è utile per chiarire la portata dell'intervento.
      L'articolo 1 interviene sull'articolo 74 del codice civile, stabilendo il principio per cui la parentela sussiste anche in relazione ai figli nati fuori del matrimonio.
      L'articolo 2 provvede a eliminare gli aggettivi «legittimi» e «naturali» (e la specifica previsione per la genitorialità naturale) dalla norma che contiene i divieti a contrarre matrimonio. Si è provveduto a una ricognizione puntuale di
 

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tutte le disposizioni vigenti nelle quali compaiano le espressioni «figlio legittimo» o «filiazione legittima» e «figlio naturale» o «filiazione naturale», con la conseguente sostituzione, rispettivamente, con quelle di «figlio nato nel matrimonio» e di «filiazione nel matrimonio» ovvero di «figlio nato fuori del matrimonio» e di «filiazione fuori del matrimonio». È del tutto evidente che si tratta solo di una modifica lessicale, ma è noto che spesso i cambiamenti culturali nascono proprio dai termini che si usano.
      Con l'articolo 3 si interviene – semplificandola – sulla materia del matrimonio putativo, disponendosi che il matrimonio dichiarato nullo ha, rispetto ai figli (senza distinguere tra quelli nati nel matrimonio e quelli naturali), gli effetti del matrimonio valido.
      L'articolo 4 modifica l'articolo 147 del codice civile, relativo ai doveri verso i figli. La disposizione, contenuta nel capo attinente ai diritti e doveri nascenti dal matrimonio, viene ora riferita ai «genitori» tout court, come dovere che nasce piuttosto dalla genitorialità e che può applicarsi anche in assenza di matrimonio. Tra i doveri viene inserito quello di assistere moralmente i figli (una «cura» più ampia del solo mantenimento e che va oltre l'istruzione e l'educazione). Le capacità, le inclinazioni naturali (che possono essere diverse e variare nei tempo) e le aspirazioni dei figli vengono in considerazione non solo come elementi di cui i genitori devono tenere conto, ma come caratteristiche della personalità dei figli che devono essere rispettate.
      A fianco, dunque, dei doveri classici dei genitori – mantenimento, educazione e istruzione – il nuovo testo dell'articolo 147 pone poi anche l'assistenza morale, affermando il diritto del figlio a essere mantenuto, istruito ed educato. Si tratta di modifiche rilevanti, anche se in larga misura anticipate dalla realtà sociale, dai princìpi stabiliti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Diritto del minore ad una famiglia» come, significativamente, l'intitolazione originaria è stata sostituita dalla legge 28 marzo 2001, n. 149.
      Il fatto che provvedere alle necessità materiali e di istruzione del figlio non sia sufficiente a soddisfare l'obbligo del genitore e il diritto del figlio è cosa che la pedagogia, la sociologia e la stessa società hanno compreso da molto tempo; fino ad oggi il legislatore non aveva però avuto il coraggio di introdurre l'altro obbligo, quello morale, quello affettivo, nascondendosi dietro l'obiezione, pur fondata, che l'affetto non può imporsi per legge. L'espressione «assistenza morale», richiamandosi più all'azione che al sentimento, sembra poter ovviare a tale obiezione, pur riuscendo a introdurre nel rapporto tra genitori e figli un elemento che va oltre gli obblighi materiali, divenendo dovere di prestazione personale.
      L'articolo 6 anticipa (con riferimento all'articolo 165 del codice civile sulla capacità del minore) la sostituzione del termine, e del concetto, di «potestà» con quello di «responsabilità genitoriale».
      Gli articoli da 7 a 41 modificano il titolo VII del libro primo del codice, titolo che tratta della filiazione. In linea con quanto finora detto, non si distingue più un capo I sullo stato di figlio legittimo e un capo II relativo alla filiazione naturale: si prevede ora che il titolo VII tratti anche dell'accertamento dello stato di figlio e che il nuovo capo I tratti della presunzione di paternità. L'asse dell'interesse della normativa si sposta dunque dall'acquisto della qualità di figlio legittimo o naturale a quello dello stato di figlio. La distinzione, come si è già affermato, resta soltanto nei casi in cui l'indicazione dell'origine assuma un significato; mentre scompare in tutti gli altri casi.
      Come già rilevato, restano le norme che disciplinano le diverse vicende del rapporto, per cui si distingue la sezione relativa alla presunzione di paternità (articolo 9), quella che riguarda le prove della filiazione (articolo 11) e quella che attiene all'azione di disconoscimento e alle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio.
      Con riferimento alla presunzione di paternità, l'articolo 8 modifica l'articolo 231 del codice estendendo la presunzione
 

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di paternità del marito (della madre) ai casi di figli non solo concepiti ma anche nati durante il matrimonio.
      Nella stessa direzione vengono modificati – attraverso gli articoli 9 e 11 – gli articoli 232 e 234 del codice civile in riferimento ai figli nati dopo l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o dopo la separazione.
      In materia di prove della filiazione, la proposta di legge interviene a modificare alcune norme (quelle sul possesso di stato, sulla supposizione di parto o sulla sostituzione di neonato, nonché sui mezzi di prova consentiti in giudizio: articoli 13, 14, 16 e 18), in linea con il carattere unitario della filiazione medesima. La disposizione sulla ridefinizione della disciplina del possesso di stato è la conseguenza della sancita unicità dello stato giuridico di figlio. Tale unicità si riflette, infatti, nell'eguale efficacia probatoria del possesso di stato, anche relativamente alle persone nate fuori del matrimonio. Questa efficacia manifesta la sua piena rilevanza nelle ipotesi di mancanza o distruzione degli atti dello stato civile.
      Quando poi si tratta di persone che non sono state riconosciute, il possesso di stato supplisce alla mancanza di un formale atto di riconoscimento, in quanto il «fatto» del possesso di stato attesta obiettivamente la reciproca volontà del genitore e del figlio di accettare il rapporto di filiazione. Se, invece, il possesso di stato contrasta con lo stato risultante dagli atti dello stato civile, esso solo non può prevalere su quello stato. La rimozione dello stato formale di filiazione può infatti avere luogo solo a seguito dell'esperimento di un'azione di stato. L'efficacia probatoria del possesso di stato potrà allora essere valutata secondo la regola generale, dando ingresso, se del caso, alla prova genetica.
      Gli articoli 21, 22, 23 e 24 si concentrano sulle azioni di disconoscimento, di contestazione e di reclamo della legittimità.
      Vengono eliminate le incongruenze della vigente disciplina codicistica in ordine all'azione di disconoscimento. Una volta ammessa la presunzione di paternità con riguardo ai figli nati in costanza di matrimonio (articolo 233 del codice civile), appare ingiustificato differenziarne l'operatività a seconda del momento della nascita. Nella vigente formulazione del codice civile il momento della nascita incide sull'esperibilità dell'azione, in quanto questa è ammessa in ogni caso se il figlio è nato nei primi sei mesi dal matrimonio, mentre è limitata se il figlio è nato in un tempo successivo (articolo 235). Questa differenziazione ha peraltro perduto la sua primitiva ragione d'essere a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 266 del 21 giugno 6 luglio 2006, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 235, primo comma, numero 3), del codice civile, nella parte in cui, ai fini dell'azione di disconoscimento della paternità, subordina l'esame delle prove genetiche o ematologiche alla previa dimostrazione dell'adulterio della moglie. Questa sentenza ha reso irrilevante l'anteriore accertamento dell'infedeltà coniugale e ha aperto la via all'azione di disconoscimento sulla sola base delle prove genetiche o emobiologiche. La sostanziale liberalizzazione dell'azione rende ragionevole la sua generalizzata esperibilità (ancorché subordinata a requisiti di ammissibilità relativi all'esistenza di un principio di prova) nei confronti del figlio che sia comunque nato durante il matrimonio.
      Gli articoli da 25 a 41 modificano il capo II del titolo VII del libro primo del codice, che attualmente tratta della filiazione naturale e della legittimazione e che viene modificato in capo IV, dedicato, alla sola circostanza del riconoscimento del figlio, con l'abrogazione – operata dall'articolo 42 – dell'intera sezione dedicata alla legittimazione, in quanto ormai priva di senso.
      La disposizione sugli effetti del riconoscimento (articolo 25) intende ordinare e modificare tali effetti in conformità al principio dell'identità dello stato giuridico di figlio. Va osservato, in primo luogo, che l'acquisizione di questo stato rende il figlio partecipe della famiglia del genitore che lo ha riconosciuto. È questa partecipazione che occorre disciplinare espressamente,
 

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dopo aver sancito il principio che il figlio riconosciuto è senz'altro parente dei parenti del suo genitore (articolo 1). Richiedere l'assenso al riconoscimento da parte del riconoscendo che abbia compiuto quattordici anni (articolo 25) così abbassando il limite di età ora fissato dall'articolo 250, secondo comma, del codice civile a sedici anni risponde all'esigenza di dare spazio all'autonomia del minore, che la legge riconosce già sufficientemente maturo per dare il consenso alla propria adozione, cioè per prendere una decisione non meno importante per la sua vita.
      L'articolo 26 riguarda il riconoscimento del figlio nato da una relazione incestuosa, sulla linea già tracciata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 494 del 20-28 novembre 2002 a proposito della dichiarazione giudiziale della paternità o della maternità relativa al figlio nato da una relazione adulterina. Si prevede come necessaria l'autorizzazione giudiziale, quale forma di tutela del figlio stesso nei confronti di un'iniziativa che potrebbe essergli pregiudizievole, esponendolo al pericolo di un grave disagio familiare e sociale. La maggiore età non esclude la necessità dell'autorizzazione giudiziale in considerazione del grave pregiudizio che dal riconoscimento potrebbe derivare ai congiunti della persona riconosciuta.
      Gli effetti del riconoscimento, per quanto attiene all'inserimento del figlio nella famiglia del genitore che lo ha riconosciuto (articolo 27), vanno coordinati con il principio, sancito dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, che indica come prioritaria la soluzione dell'affidamento condiviso e richiede che i provvedimenti relativi alla prole siano adottati con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Proprio l'interesse del figlio riconosciuto esige che si tenga conto anche dell'interesse del nucleo familiare del genitore con il quale il figlio dovrebbe convivere: interesse del nucleo familiare inevitabilmente correlato all'interesse del figlio, il quale sarebbe pregiudicato dall'inserimento in una famiglia che non lo voglia accogliere. Questi reciproci interessi devono essere salvaguardati quale che sia la natura del nucleo familiare nel quale il genitore vorrebbe inserire il figlio. Da ciò conseguono la necessità del consenso dell'altro coniuge o convivente e l'ascolto degli altri figli conviventi.
      In ragione dell'identità dello stato di figlio il divieto di riconoscimento va esteso espressamente a tutti i casi in cui esso contrasti con lo stato di filiazione già acquisito dalla persona che si vorrebbe riconoscere. Se lo stato di filiazione dipende da un precedente riconoscimento, è necessario che il nuovo riconoscimento sia preceduto dall'impugnazione del primo riconoscimento e il precedente stato sia quindi rimosso mediante sentenza.
      La disposizione di cui all'articolo 29 intende introdurre un limite temporale all'impugnazione del riconoscimento, al fine di tutelare la stabilità di un vincolo vissuto e confermato dal possesso di stato protratto nel tempo. Appare però giustificato differenziare questa situazione rispetto a quelle in cui la perpetuità dell'azione trae ragione dall'esigenza di ristabilire la verità occultata da fatti di alterazione dello stato.
      Con gli articoli da 37 a 39 si sostituisce il concetto di «potestà» con quello di «responsabilità», in particolare sostituendo la rubrica del titolo IX del libro primo del codice civile e spostando il centro dell'attenzione dall'aspetto della potestà dei genitori a quello dei diritti dei figli nell'ambito di quella particolarissima relazione giuridica che lega il genitore al figlio minorenne.
      Le disposizioni di cui agli articoli 38 e 39 sono pertanto intese a una ridefinizione delle conseguenze della filiazione, tale da mettere in evidenza l'identità dei diritti e dei doveri dei genitori nei confronti dei figli. L'ufficio in cui si compendiano diritti e doveri dei genitori è per antica tradizione denominato «potestà». Tale denominazione, di origine romana, è stata conservata dal codice civile nella formula della patria potestà, convertita con la citata riforma del 1975 in potestà dei genitori. Essa evoca l'idea di un istituto incentrato sull'aspetto del potere e della correlativa soggezione. Occorre però prendere
 

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atto che il termine «potestà» non corrisponde più alla realtà di un rapporto in cui il momento prevalente è divenuto quello dei doveri genitoriali, rispetto ai quali i poteri hanno carattere strumentale: si ha il potere educativo per adempiere l'obbligo di educare il figlio; si ha il potere di amministrare i beni del figlio per adempiere l'obbligo di gestire diligentemente il suo patrimonio e così via. Altri ordinamenti hanno sostituito l'antico termine con espressioni più idonee a esprimere l'idea di una posizione attribuita in ragione dell'interesse prioritario del figlio. In Germania, ad esempio, la potestà è divenuta cura (Sorge), mentre il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, ha adottato la locuzione «responsabilità genitoriale».
      Le disposizioni sull'ascolto del minore, contenute negli articoli 49 e 50, intendono richiamare la necessità di reimpostare le procedure attinenti alle materie trattate nel rispetto del principio dell'ascolto del minore capace di discernimento.
      Con gli articoli 51 e 53 si coglie l'occasione per modificare la rubrica del titolo XI del libro primo nonché quella dell'articolo 403 del codice civile, dedicate all'intervento della pubblica autorità in favore dei minori e alle misure urgenti di protezione dei minori.
      La disposizione di cui all'articolo 63, sull'adeguamento della disciplina delle successioni, muove dal rilievo che l'identità dello stato di figlio, pur se nato fuori del matrimonio, e la sua partecipazione alla famiglia del genitore reclamano l'eliminazione di ogni discriminazione anche nel campo della successione a causa di morte. L'adeguamento deve rispondere all'idea che la parentela intercorrente tra il figlio nato fuori del matrimonio e i suoi parenti è senz'altro titolo per la successione legittima. Va eliminato anche il diritto che, pur dopo la citata riforma del 1975, il codice attribuisce ai figli «legittimi» consentendo loro di estromettere dalla comunione ereditaria i figli «naturali». In quanto eguale diritto non sussiste nei confronti dei coeredi estranei, si evidenzia la discriminazione in tal modo sancita a carico dei figli nati fuori del matrimonio.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica all'articolo 74 del codice civile).

      1. All'articolo 74 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «La parentela sussiste, altresì, anche in relazione alla persona nata fuori del matrimonio».

Art. 2.
(Modifiche all'articolo 87 del codice civile).

      1. All'articolo 87 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al numero 1) del primo comma le parole: «, legittimi o naturali» sono soppresse;

          b) il terzo comma è abrogato.

          c) il quarto comma è sostituito dal seguente:
      «Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3) e 5) e se si tratti di affiliazione. L'autorizzazione può essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4), quando l'affinità deriva da un matrimonio dichiarato nullo».

Art. 3.
(Modifiche all'articolo 128 del codice civile).

      1. All'articolo 128 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il secondo comma è sostituito dal seguente:
      «Il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli»;

          b) il terzo, il quarto e il quinto comma sono abrogati.

 

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Art. 4.
(Modifica dell'articolo 147 del codice civile).

      1. L'articolo 147 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 147. – (Doveri verso i figli). – I genitori hanno l'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni».

Art. 5.
(Modifica all'articolo 155 del codice civile).

      1. Al quarto comma dell'articolo 155 del codice civile, la parola: «potestà» è sostituita dalla seguente: «responsabilità».

Art. 6.
(Modifica all'articolo 165 del codice civile).

      1. All'articolo 165 del codice civile, la parola: «potestà» è sostituita dalle seguenti: «responsabilità genitoriale».

Art. 7.
(Modifiche alle rubriche del titolo VII del libro primo del codice civile).

      1. La rubrica del titolo VII del libro primo del codice civile è sostituita dalla seguente: «Della filiazione e dell'accertamento dello stato di figlio»;
      2. Al capo I del titolo VII del libro primo del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Della presunzione di paternità»;

          b) le parole: «Sezione I – Dello stato di figlio legittimo» sono soppresse;

          c) le parole: «Sezione II – Delle prove della filiazione legittima» sono sostituite dalle seguenti: «Capo II – Delle prove della filiazione»;

 

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          d) le parole: «Sezione III – Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo di legittimità» sono sostituite dalle seguenti: «Capo III – Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio»;

          e) le parole: «Capo II – Della filiazione naturale e della legittimazione» sono soppresse;

          f) le parole: «Sezione I – Della filiazione naturale. – Paragrafo 1. – Del riconoscimento dei figli naturali» sono sostituite dalle seguenti: «Capo IV – Del riconoscimento»;

          g) le parole: «Paragrafo 2. – Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturale» sono sostituite dalle seguenti: «Capo V – Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità».

Art. 8.
(Modifica dell'articolo 231 del codice civile).

      1. L'articolo 231 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 231. – (Paternità del marito). – Il marito è padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio».

Art. 9.
(Modifica all'articolo 232 del codice civile).

      1. Il primo comma dell'articolo 232 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio».

Art. 10.
(Abrogazione dell'articolo 233 del codice civile).

      1. L'articolo 233 del codice civile è abrogato.

 

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Art. 11.
(Modifiche all'articolo 234 del codice civile).

      1. Il secondo e il terzo comma dell'articolo 234 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:
      «I coniugi e i loro eredi possono analogamente provare il concepimento da parte dei coniugi stessi quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dall'omologazione di separazione consensuale ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel primo comma.
      Anche il figlio è ammesso a provare di essere stato concepito durante il matrimonio».

Art. 12.
(Abrogazione dell'articolo 235 del codice civile).

      1. L'articolo 235 del codice civile è abrogato.

Art. 13.
(Modifiche all'articolo 236 del codice civile).

      1. All'articolo 236 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al primo comma, la parola: «legittima» è soppressa;

          b) al secondo comma, la parola: «legittimo» è soppressa.

Art. 14.
(Modifiche all'articolo 237 del codice civile).

      1. Il secondo comma dell'articolo 237 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:

          a) che la persona abbia sempre portato il cognome del genitore che essa pretende di avere;

 

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          b) che il genitore l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, all'educazione e al collocamento di essa;

          c) che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali;

          d) che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia».

Art. 15.
(Abrogazione dell'articolo 238 del codice civile).

      1. L'articolo 238 del codice civile è abrogato.

Art. 16.
(Modifica dell'articolo 239 del codice civile).

      1. L'articolo 239 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 239. – (Supposizione di parto o sostituzione di neonato). – Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato o di altri fatti di alterazione dello stato, ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso di stato, il figlio può reclamare uno stato diverso.
      Parimenti si può contestare lo stato di figlio dando, anche a mezzo di testimoni, la prova della supposizione o della sostituzione di cui al primo comma o dell'alterazione dello stato».

Art. 17.
(Abrogazione dell'articolo 240 del codice civile).

      1. L'articolo 240 del codice civile è abrogato.

 

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Art. 18.
(Modifica dell'articolo 241 del codice civile).

      1. L'articolo 241 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 241. – (Prova in giudizio). – Quando mancano l'atto di nascita e il possesso di stato la prova della filiazione può darsi in giudizio con ogni mezzo».

Art. 19.
(Abrogazione degli articoli 242 e 243 del codice civile).

      1. Gli articoli 242 e 243 del codice civile sono abrogati.

Art. 20.
(Modifiche alla sezione III del capo I del titolo VII del libro primo del codice civile).

      1. Alla sezione III del capo I del titolo VII del libro primo del codice civile è premesso il seguente articolo:
      «Art. 243-bis. – (Disconoscimento di paternità). – L'azione di disconoscimento della presunta paternità del marito della madre, risultante dai registri dello stato civile può essere proposta dal marito medesimo, dalla madre e dal figlio che abbia raggiunto la maggiore età.
      Chi esercita l'azione di cui al primo comma è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre o ogni altro fatto tendente a escludere la paternità.
      La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità».

Art. 21.
(Modifiche all'articolo 244 del codice civile).

      1. I commi primo e secondo dell'articolo 244 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:
      «L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere

 

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proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio o dal giorno in cui sia venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito.
      Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in tali giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia; se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza».

Art. 22.
(Modifiche all'articolo 248 del codice civile).

      1. All'articolo 248 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Legittimazione all'azione di contestazione dello stato di figlio. Imprescrittibilità»;

          b) il primo comma è sostituito del seguente:
      «L'azione di contestazione dello stato di figlio nei casi di cui all'articolo 239 spetta a chi, in base all'atto di nascita del figlio, risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse».

Art. 23.
(Modifica dell'articolo 249 del codice civile).

      1. L'articolo 249 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 249. – (Reclamo dello stato di figlio). – L'azione per reclamare lo stato di figlio nato nel matrimonio spetta al figlio medesimo; ma, se egli non l'ha promossa

 

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ed è morto in età minore o nei dieci anni dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori e in loro mancanza, contro i loro eredi.
      L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio».

Art. 24.
(Introduzione dell'articolo 249-bis del codice civile).

      1. Dopo l'articolo 249 del codice civile è inserito il seguente articolo:
      «Art. 249-bis. – (Divieto di reclamo e di contestazione dello stato di figlio formalmente accertato). – Salvo quanto disposto dagli articoli 234 e 239, nessuno può reclamare uno stato contrario a quello risultante dall'atto di nascita o da riconoscimento o da sentenza.
      Parimenti, salvo quanto disposto dagli articoli 243-bis, 263, 265 e 266, nessuno può contestare lo stato di figlio risultante dall'atto di nascita o da riconoscimento o da sentenza».

Art. 25.
(Modifiche all'articolo 250 del codice civile).

      1. Il primo, il secondo e il terzo comma dell'articolo 250 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:
      «Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, nei modi previsti dell'articolo 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.
      Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso.
      Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento».

 

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Art. 26.
(Modifica dell'articolo 251 del codice civile).

      1. L'articolo 251 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 251. – (Autorizzazione al riconoscimento). – Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto solo previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.
      L'autorizzazione al riconoscimento di una persona minore di età è rilasciata dal tribunale per i minorenni».

Art. 27.
(Modifica dell'articolo 252 del codice civile).

      1. L'articolo 252 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 252. – (Affidamento del figlio riconosciuto e suo inserimento nella famiglia del genitore). – Qualora il figlio di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide ai sensi dell'articolo 377-bis in ordine all'affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale.
      L'eventuale inserimento del figlio nella famiglia di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all'interesse del minore e sia acquisito il consenso dell'altro coniuge convivente. Il giudice decide previo ascolto degli altri figli che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell'altro genitore che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni cui ciascun genitore deve attenersi.
      Qualora il figlio sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella famiglia del genitore è subordinato

 

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al consenso dell'altro coniuge a meno che il figlio fosse già convivente con il genitore all'atto del matrimonio o l'altro coniuge conoscesse l'esistenza del figlio.
      È altresì richiesto il consenso dell'altro genitore che abbia effettuato il riconoscimento. In caso di disaccordo tra i genitori la decisione è rimessa al giudice.
      Il giudice dispone, inoltre, l'audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento».

Art. 28.
(Modifica all'articolo 253 del codice civile).

      1. All'articolo 253 del codice civile, le parole: «legittimo o legittimato» sono soppresse.

Art. 29.
(Modifica dell'articolo 254 del codice civile).

      1. L'articolo 254 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 254. – (Forma del riconoscimento). – Il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o davanti al giudice tutelare o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo».

Art. 30.
(Modifica dell'articolo 255 del codice civile).

      1. L'articolo 255 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 255. – (Riconoscimento di un figlio premorto). – Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto, in favore dei suoi discendenti».

 

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Art. 31.
(Modifica all'articolo 258 del codice civile).

      1. Il primo comma dell'articolo 258 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Il riconoscimento non produce effetti per il genitore che non l'ha compiuto».

Art. 32.
(Abrogazione dell'articolo 261 del codice civile).

      1. L'articolo 261 del codice civile è abrogato.

Art. 33.
(Modifica dell'articolo 262 del codice civile).

      1. L'articolo 262 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 262. – (Cognome del figlio) – Il figlio nato fuori del matrimonio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio nato fuori del matrimonio assume il cognome del padre.
      Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio nato fuori del matrimonio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.
      Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre».

Art. 34.
(Modifiche all'articolo 263 del codice civile).

      1. Il secondo e il terzo comma dell'articolo 263 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:
      «L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

 

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      L'azione di impugnazione da parte degli altri soggetti legittimati deve essere promossa, a pena di decadenza, entro cinque anni dal giorno dell'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita».

Art. 35.
(Modifiche all'articolo 269 del codice civile).

      1. Al primo e al quarto comma dell'articolo 269 del codice civile la parola: «naturale» è soppressa.

Art. 36.
(Modifica dell'articolo 270 del codice civile).

      1. L'articolo 270 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 270. – (Legittimazione attiva). – L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità è imprescrittibile riguardo al figlio.
      Se il figlio muore prima di aver iniziato l'azione di cui al primo comma, questa può essere promossa dai suoi discendenti.
      L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai suoi discendenti».

Art. 37.
(Modifiche all'articolo 273 del codice civile).

      1. Al primo comma dell'articolo 273 del codice civile, la parola: «naturale» è soppressa e la parola: «potestà» è sostituita dalle seguenti: «responsabilità genitoriale».

Art. 38.
(Modifica all'articolo 276 del codice civile).

      1. Il primo comma dell'articolo 276 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità avvenuta fuori del

 

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matrimonio deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza, nei confronti dei suoi eredi».

Art. 39.
(Modifica all'articolo 277 del codice civile).

      1. Al primo comma dell'articolo 277 del codice civile, la parola: «naturale» è soppressa.

Art. 40.
(Modifica dell'articolo 278 del codice civile).

      1. L'articolo 278 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 278. – (Autorizzazione all'azione). – Nei casi di figli nati da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, l'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità può essere promossa solo previa autorizzazione ai sensi dell'articolo 251».

Art. 41.
(Modifiche all'articolo 279 del codice civile).

      1. Il primo e il secondo comma dell'articolo 279 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:
      «In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio nato fuori del matrimonio può agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio nato fuori del matrimonio se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti, se non è dovuto il mantenimento.
      L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 251».

 

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Art. 42.
(Modifiche alla sezione II del capo II del titolo VII del libro primo del codice civile).

      1. La sezione II del capo II del titolo VII del libro I del codice civile è soppressa.
      2. Gli articoli 280, 281, 282, 283, 284, 285, 286, 287, 288, 289, 290 del codice civile sono abrogati.

Art. 43.
(Modifiche della rubrica del titolo IX del libro primo del codice civile).

      1. La rubrica del titolo IX del libro primo del codice civile è sostituita dalla seguente: «Dei diritti e doveri dei figli».

Art. 44.
(Introduzione dell'articolo 315-bis del codice civile).

      1. Dopo l'articolo 315 del codice civile è inserito il seguente:
      «Art. 315-bis. – (Stato giuridico dei figli). – Lo stato giuridico di tutti i figli è il medesimo. Le disposizioni in tema di filiazione si applicano a tutti i figli, senza distinzioni, a meno che vi siano ragioni per distinguere i figli nati nel matrimonio da quelli nati fuori del matrimonio».

Art. 45.
(Modifica dell'articolo 316 del codice civile).

      1. L'articolo 316 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 316. – (Responsabilità genitoriale). – I genitori esercitano la responsabilità genitoriale sul figlio fino all'età maggiore o all'emancipazione. Essi devono

 

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continuare a mantenere il figlio, ad accoglierlo nella loro casa e a provvedere per la sua istruzione anche oltre l'età maggiore fino a quando divenga economicamente autosufficiente.
      La responsabilità è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori.
      In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice».

Art. 46.
(Modifica dell'articolo 317-bis del codice civile).

      1. L'articolo 317-bis del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 317-bis. – (Esercizio della responsabilità genitoriale). – I genitori che hanno riconosciuto il figlio nato fuori del matrimonio esercitano la responsabilità su di lui.
      Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, essi condividono la responsabilità genitoriale. Si applicano le disposizioni dell'articolo 316.
      Si applicano altresì gli articoli 155, 155-bis, 155-ter, 155-quater e 155-sexies. Il giudice disciplina contestualmente l'esercizio condiviso della responsabilità sul figlio, il contributo per il suo mantenimento e l'eventuale assegnazione della casa familiare».

Art. 47.
(Modifica all'articolo 318 del codice civile).

      1. All'articolo 318 del codice civile, la parola: «potestà» è sostituita dalle seguenti: «responsabilità genitoriale».

Art. 48.
(Modifica dell'articolo 324 del codice civile).

      1. L'articolo 324 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 324. – (Usufrutto legale). – I genitori esercenti la responsabilità genitoriale

 

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hanno in comune l'usufrutto dei beni del figlio.
      I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e all'istruzione ed educazione dei figli.
      L'eccedenza deve essere accantonata in favore del figlio titolare dei beni soggetti all'usufrutto.
      Non sono soggetti ad usufrutto legale:

          1) i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro;

          2) i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera, un'arte o una professione;

          3) i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la potestà o uno di essi non ne abbiano l'usufrutto: la condizione però non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima;

          4) i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati nell'interesse del figlio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà. Se uno solo di essi era favorevole all'accettazione, l'usufrutto legale spetta esclusivamente a lui».

Art. 49.
(Modifica dell'articolo 336 del codice civile).

      1. L'articolo 336 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 336. – (Procedimento). – Fatto salvo quanto diversamente disposto dal presente titolo, i provvedimenti di cui agli articoli 317-bis, 330, 332, 333 e 335 sono adottati su ricorso di uno dei genitori, del figlio che abbia compiuto gli anni sedici, dei parenti o del pubblico ministero.
      Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero. Devono essere, altresì, sentiti entrambi e genitori e il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici o di età inferiore in considerazione della sua capacità di discernimento.

 

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      In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche d'ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio.
      Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore».

Art. 50.
(Modifica all'articolo 348 del codice civile).

      1. Il terzo comma dell'articolo 348 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire il minore che abbia compiuto l'età di anni dodici o anche di età inferiore in considerazione della sua capacità di discernimento».

Art. 51.
(Modifica della rubrica del titolo XI del libro primo del codice civile).

      1. La rubrica del titolo XI del libro primo del codice civile è sostituita dalla seguente: «Intervento della pubblica autorità in favore dei minori».

Art. 52.
(Abrogazione degli articoli 400, 401 e 402 del codice civile).

      1. Gli articoli 400, 401 e 402 del codice civile sono abrogati.

Art. 53.
(Modifica della rubrica dell'articolo 403 del codice civile).

      1. La rubrica dell'articolo 403 del codice civile è sostituita dalla seguente: «Misure urgenti di protezione dei minori».

 

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Art. 54.
(Modifica dell'articolo 433 del codice civile).

      1. L'articolo 433 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 433. – (Persone obbligate). – All'obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell'ordine:

          1) il coniuge;

          2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;

          3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;

          4) i generi e le nuore;

          5) il suocero e la suocera;

          6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali».

Art. 55.
(Modifica dell'articolo 436 del codice civile).

      1. L'articolo 436 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 436. – (Obbligo tra adottante e adottato). – L'adottante deve gli alimenti al figlio adottivo con precedenza sui genitori biologici del medesimo».

Art. 56.
(Modifica all'articolo 467 del codice civile).

      1. Al primo comma dell'articolo 467 del codice civile, le parole: «legittimi o naturali» sono soppresse.

Art. 57.
(Modifica dell'articolo 468 del codice civile).

      1. L'articolo 468 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 468. – (Soggetti). – La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, in

 

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favore dei discendenti dei figli, anche adottivi, del defunto, e, nella linea collaterale, in favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.
      I discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunziato all'eredità della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci o indegni di succedere rispetto a questa».

Art. 58.
(Modifica dell'articolo 536 del codice civile).

      1. L'articolo 536 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 536. – (Legittimari). – Le persone in favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono il coniuge, i figli e gli ascendenti.
      Ai figli sono equiparati gli adottivi.
      In favore dei discendenti dei figli, anche adottivi, dei figli, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli».

Art. 59.
(Modifica dell'articolo 537 del codice civile).

      1. L'articolo 537 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 537. – (Riserva a favore dei figli). – Salvo quanto disposto dall'articolo 542, se il genitore lascia un figlio solo, a questo è riservata la metà del patrimonio.
      Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli».

Art. 60.
(Modifica dell'articolo 538 del codice civile).

      1. L'articolo 538 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 538. – (Riserva a favore degli ascendenti). – Se chi muore non lascia figli ma ascendenti, a favore di questi è riservato

 

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un terzo del patrimonio, salvo quanto disposto dall'articolo 544.
      In caso di pluralità di ascendenti, la riserva è ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall'articolo 569».

Art. 61.
(Modifica dell'articolo 542 del codice civile).

      1. L'articolo 542 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 542. – (Concorso di coniuge e figli). – Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, a quest'ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge.
      Quando i figli, sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli, è effettuata in parti uguali».

Art. 62.
(Modifica dell'articolo 544 del codice civile).

      1. L'articolo 544 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 544. – (Concorso di ascendenti e coniuge). – Quando chi muore non lascia figli, ma ascendenti e il coniuge, a quest'ultimo è riservata la metà del patrimonio, ed agli ascendenti un quarto».

Art. 63.
(Modifica dell'articolo 565 del codice civile).

      1. L'articolo 565 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 565. – (Categorie dei successibili). – Nella successione legittima l'eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli

 

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ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell'ordine e secondo le regole stabilite nel presente articolo».

Art. 64.
(Modifica dell'articolo 566 del codice civile).

      1. L'articolo 566 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 566. – (Successione dei figli). – Al padre ed alla madre succedono i figli, anche adottivi, in parti uguali.
      I figli adottivi partecipano alla successione dei parenti dell'adottante, ad eccezione dei casi previsti dalla legge».

Art. 65.
(Abrogazione degli articoli 567, 573, 578 e 579 del codice civile).

      1. Gli articoli 567, 573, 578 e 579 del codice civile sono abrogati.

Art. 66.
(Modifica dell'articolo 580 del codice civile).

      1. L'articolo 580 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 580. – (Assegno successorio). – Quando non è ammesso o non vi è stato il riconoscimento ovvero non è proponibile l'azione per la dichiarazione di paternità o di maternità al figlio spetta un assegno vitalizio pari all'ammontare della rendita della quota di riserva alla quale avrebbe diritto, se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta.
      L'assegno è posto a carico degli eredi, legatari e donatari in proporzione a quanto da essi ricevuto.
      Il figlio ha diritto di ottenere su sua richiesta la capitalizzazione dell'assegno spettategli a norma dei commi precedenti, in denaro, ovvero, a scelta degli eredi legittimi, in beni ereditari».

 

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Art. 67.
(Modifica dell'articolo 581 del codice civile).

      1. L'articolo 581 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 581. – (Concorso del coniuge con i figli). – Quando con il coniuge concorrono figli, il coniuge ha diritto alla metà dell'eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi».

Art. 68.
(Modifica alla rubrica dell'articolo 582 del codice civile).

      1. Alla rubrica dell'articolo 582 del codice civile, la parola: «legittimi» è soppressa.

Art. 69.
(Modifica all'articolo 583 del codice civile).

      1. All'articolo 583 del codice civile, le parole: «legittimi o naturali» sono soppresse.

Art. 70.
(Abrogazione dell'articolo 594 del codice civile).

      1. L'articolo 594 del codice civile, è abrogato.

Art. 71.
(Modifica all'articolo 643 del codice civile).

      1. Il secondo comma dell'articolo 643 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Se è chiamato un concepito, l'amministrazione spetta al padre e alla madre».

 

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Art. 72.
(Modifiche all'articolo 687 del codice civile).

      1. Il primo e il secondo comma dell'articolo 687 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:
      «Le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli o discendenti, sono revocate di diritto per l'esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente del testatore, benché postumo, o adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio.
      La revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al tempo del testamento».

Art. 73.
(Modifica all'articolo 737 del codice civile).

      1. Il primo comma dell'articolo 737 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «I figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati».

Art. 74.
(Modifica all'articolo 803 del codice civile).

      1. Il primo comma dell'articolo 803 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Le donazioni, fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente del donante. Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio, fatto entro due anni dalla donazione, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del figlio».

 

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Art. 75.
(Modifica all'articolo 804 del codice civile).

      1. Il primo comma dell'articolo 804 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «L'azione di revocazione per sopravvenienza di figli deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio o discendente ovvero della notizia dell'esistenza del figlio o discendente, ovvero dell'avvenuto riconoscimento del figlio».

Art. 76.
(Modifica all'articolo 35 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie).

      1. Il secondo comma dell'articolo 35 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie è sostituito dal seguente:
      «Sulla domanda di adozione e di revoca della adozione di minore di età provvede il tribunale per i minorenni».

Art. 77.
(Disposizioni transitorie).

      1. L'azione di disconoscimento di paternità è soggetta ai termini e alle cause di decadenza previste dalle disposizioni di cui alla presente legge anche quando sia riferita a figli nati prima della data di entrata in vigore della medesima legge.
      2. L'azione di reclamo dello stato di figlio può essere esercitata anche quando la nascita sia antecedente alla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Le disposizioni di cui alla presente legge relative al riconoscimento dei figli si applicano anche ai figli nati o concepiti anteriormente alla data di entrata in vigore della medesima legge.
      4. Il riconoscimento compiuto prima della data di entrata in vigore della presente legge fuori dei casi in cui era ammesso secondo le leggi vigenti alla medesima data non può essere annullato se

 

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sussistevano le condizioni previste dalle disposizioni di cui alla presente legge. Nei casi in cui alla data di entrata in vigore della presente legge sia stata richiesta l'autorizzazione del giudice per il riconoscimento, questa è rilasciata secondo le disposizioni della presente legge.
      5. Il riconoscimento è valido anche ai fini dei diritti successori anche se esclusi con sentenza passata in giudicato. I medesimi diritti devono essere fatti valere entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      6. Relativamente ai riconoscimenti effettuati prima della data di entrata in vigore della presente legge il termine di prescrizione dell'azione di impugnazione decorre dalla medesima data.
      7. L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità è imprescrittibile anche con riguardo a nascite antecedenti alla data di entrata in vigore della presente legge e può essere promossa anche se già dichiarata prescritta con sentenza passata in giudicato. Si applicano le disposizioni del comma 6.

Art. 78.
(Modifica all'articolo 388 del codice penale).

      1. Il secondo comma dell'articolo 388 del codice penale è sostituito dal seguente:
      «La stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile che concerne l'obbligo del coniuge di lasciare la casa coniugale o l'affidamento di minori o di altre persone incapaci ovvero prescrive misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito».

Art. 79.
(Modifica dell'articolo 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184).

      1. L'articolo 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:
      «Art. 55. – 1. Si applicano al seguente capo le disposizioni degli articoli 293, 294, 295, 300 e 304 del codice civile».

 

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Art. 80.
(Modifiche alla legge 31 maggio 1995, n. 218).

      1. Alla legge 31 maggio 1995, n. 218, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) i commi 2 e 3 dell'articolo 33 sono sostituiti dai seguenti:
      «2. La legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio. Lo stato di figlio, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale legge.
      3. Sono di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l'unicità dello stato di filiazione»;

          b) all'articolo 34, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
      «2-bis. Il figlio non legittimato di nazionalità straniera può comunque far valere in Italia i diritti che gli spetterebbero come figlio di genitori coniugati»;

          c) il comma 1 dell'articolo 35 è sostituito dal seguente:
      «1. Le condizioni per il riconoscimento del figlio sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita o, se più favorevole, dalla legge italiana».


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