Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 5653

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5653



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GARAVINI, FERRANTI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, PICCOLO, VELTRONI

Modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di perizie, di consulenze tecniche e di misure cautelari personali

Presentata il 17 dicembre 2012


      

torna su
Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge apporta le necessarie modifiche alle norme vigenti in materia di perizie e di consulenze tecniche nel processo penale, anche mediante l'introduzione di nuove regole per i soggetti chiamati a rivestire tali ruoli così da rendere più efficace l'azione di prevenzione e di contrasto delle connesse condotte illecite e da elevare le garanzie di professionalità e di indipendenza dei soggetti chiamati a tali delicati incarichi nell'interesse della giustizia.
      Materia di elevato interesse è, in questo settore, principalmente anche se non esclusivamente, quella delle perizie mediche e psichiatriche.
      Non vi è processo di criminalità organizzata che non presenti imputati impegnati a rincorrere a diagnosi di comodo per ottenere benefìci relativi al trattamento cautelare o penitenziario. I tentativi di ottenere attestazioni medico-legali finalizzate a dimostrare l'esistenza di condizioni di salute fisica o mentale tali da produrre effetti sia sul trattamento cautelare che sul piano sanzionatorio risultano essersi moltiplicati nel tempo, così da determinare l'insorgenza di un vero e proprio «sistema delle perizie», garantito dalla disponibilità di professionisti influenti, che ha consentito a molti malavitosi di elevato spessore criminale di ottenere benefìci di varia natura, tra i quali ricoveri di comodo
 

Pag. 2

presso strutture sanitarie permeabili al mantenimento dei contatti con gli aderenti ai gruppi criminali di appartenenza se non addirittura idonee al perfezionamento di successivi piani di evasione.
      Per numerosi personaggi di rilievo della camorra, di Cosa Nostra e della ’ndrangheta l'accertamento delle situazioni di infermità di mente è stato il viatico verso ospedali psichiatrici giudiziari, ove hanno potuto proseguire i loro illeciti affari e stringere alleanze tra i clan.
      In tempi più recenti, i mafiosi sembrano aver orientato le loro attenzioni sull'incompatibilità delle loro condizioni di salute con il regime carcerario.
      La storia giudiziaria è piena di vicende analoghe a quelle descritte: processi sospesi per chi si finge gravemente malato e fa precedere le visite con documentazioni sanitarie imponenti, salvo poi essere intercettato mentre conduce una vita extracarceraria normale, continuando a coltivare interessi illeciti.
      Con l'approvazione del nuovo codice di procedura penale, inoltre, sono stati rimodulati i rapporti tra le condizioni di salute e le esigenze cautelari secondo i princìpi generali di proporzionalità e di adeguatezza delle misure stesse. Il comma 4-bis dell'articolo 275 del codice di procedura penale (introdotto dalla legge n. 231 del 1999) stabilisce il divieto di carcerazione preventiva per chi si trova in condizioni di salute tali da non consentire le necessarie cure in stato di detenzione. Una delle conseguenze di tale disposizione è stata l'aumento esponenziale delle richieste di perizie sull'incompatibilità tra le condizioni di salute e lo stato di detenzione.
      L'uso strumentale delle perizie e delle consulenze tecniche ha un obiettivo chiaro: ottenere le scarcerazioni, simulando malattie o procurandosi deliberatamente situazioni di incompatibilità detentiva per motivi di salute.
      A ciò si aggiungono alcune problematiche connesse:

          1) lo svolgimento degli incarichi peritali è un ambito in cui non esistono protocolli condivisi tra periti;

          2) nello specifico settore medico-legale mancano criteri comuni in ordine alla metodologia necessaria a individuare e a ritenere la sussistenza di una «malattia particolarmente grave», tale da imporre una misura alternativa alla detenzione.

      Esiste, in altre parole, una vacatio di «capisaldi metodologici» condivisi, sui quali imperniare i pareri peritali richiesti dall'autorità giudiziaria.
      Ecco perché gli interventi di cui alla presente proposta di legge diventano un tema centrale in un sistema che proponga la «moralizzazione» del settore o, quantomeno, la riduzione del pericolo concreto della manipolazione dell'attività peritale per fini diversi dalla tutela del diritto alla salute dei detenuti e dalla salvaguardia delle esigenze di giustizia.
      Naturalmente, se i settori psichiatrico e medico-legale sono tra quelli più esposti alle problematiche evidenziate, ciò non toglie che tutto il settore degli incarichi peritali nel processo penale si collochi in un ambito delicatissimo, dove interessi non solo personali ma di lobby economiche o politiche potrebbero portare a pericolosi sviamenti delle finalità di giustizia.
      Passando ora al piano più strettamente normativo, va ricordato che il giudice può avvalersi di esperti quando deve svolgere indagini che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche e artistiche (articolo 220 del codice di procedura penale). Gli esperti sono chiamati periti (il termine «consulente» è riservato ai tecnici che sono nominati dalle parti). Presso ogni tribunale è istituito un albo tenuto a cura del presidente del tribunale stesso. Le decisioni relative alle iscrizioni e alle cancellazioni sono assunte da un comitato presieduto dal presidente del tribunale e composto dal procuratore della Repubblica presso il medesimo tribunale, dal presidente del consiglio dell'Ordine forense e dal presidente dell'Ordine o del collegio a cui appartiene la categoria specifica di esperti ovvero da loro delegati. Il comitato, a fini decisionali, può assumere informazioni e delibera a maggioranza dei voti. Il comitato, inoltre, provvede ogni due

 

Pag. 3

anni alla revisione dell'albo, finalizzata alla cancellazione degli iscritti per i quali sono venuti meno i requisiti necessari all'iscrizione, ovvero è sorto un impedimento a esercitare l'ufficio di perito.
      Il giudice, in via principale, dovrebbe individuare il nominando perito tra quelli iscritti all'albo istituito presso il tribunale competente, ma ha facoltà (legata a un semplice onere motivazionale) di scegliere anche esperti non iscritti a tale albo.
      Anche il pubblico ministero può nominare propri consulenti scegliendo, di regola, tra le persone iscritte agli albi dei periti.
      In tale cornice normativa e alla luce delle potenziali distorsioni che ne conseguono – corruzione, etica fragile, incompetenza e pressioni psicologiche – appare evidente l'esistenza di alcuni «vuoti» in materia di elaborazione e di condivisione dei «capisaldi metodologici» sui quali imperniare i pareri peritali richiesti dall'autorità giudiziaria. Ciò accade anche perché, ad oggi, le disposizioni sull'attribuzione degli incarichi peritali mostrano lacune che la presente proposta di legge si propone di colmare.
      Le disposizioni vigenti stabiliscono l'impossibilità di conferire un incarico peritale se l'esperto individuato conosce in anticipo i fatti di cui si deve occupare, se ha un rapporto di parentela con la persona che deve eventualmente esaminare o se è stato in passato suo consulente di parte, oppure se ha interessi in quel processo. L'articolo 67, comma 5, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, di seguito «norme di attuazione», stabilisce, inoltre, che il giudice debba evitare «di designare quale perito le persone che svolgano o abbiano svolto attività di consulenti di parte in procedimenti collegati a norma dell'articolo 371, comma 2, del codice». Tuttavia, non vi è un espresso divieto, né è prevista una sanzione anche di tipo processuale nel caso in cui il giudice «non eviti» la designazione di periti che versano in tale situazione. Ciò ha come conseguenza che nulla vieta di essere consulente di un giudice per la valutazione di un boss in un processo e consulente del braccio destro di quel boss in un processo collegato al primo. Ne consegue che la scelta di optare per l'uno o per l'altro ruolo è affidata alla coscienza dei singoli e resta una decisione squisitamente deontologica.
      Con gli articoli 1, comma 1, lettera a), e 2, comma 1, lettera a), della presente proposta di legge si intende superare tale problematica, trasferendo la previsione – priva, come detto, di una sanzione processuale – di cui al comma 5 dell'articolo 67 delle norme di attuazione nell'articolo 222 del codice di procedura penale. In questo modo diviene una formale causa di incompatibilità del perito anche il fatto che questo sia stato nominato consulente tecnico non solo in un procedimento connesso, ma anche in un procedimento collegato ai sensi dell'articolo 371, comma 2, del codice di procedura penale. La nomina di un perito che versa nella situazione da ultimo descritta diviene pertanto nulla.
      Al fine di ridurre il rischio che i professionisti svolgano il doppio lavoro di consulenti privati per imputati e di impiegati di strutture della pubblica amministrazione in cui i loro stessi clienti potrebbero essere ricoverati, occorre stabilire criteri di incompatibilità per l'assunzione di incarichi di parte.
      Essendo il problema particolarmente delicato con riferimento agli esperti che prestano la loro attività lavorativa, anche non continuativa, presso le strutture penitenziarie, presso gli ospedali psichiatrici giudiziari o presso le strutture che, dal marzo 2013, andranno a sostituire questi ultimi, dato che si tratta di soggetti che hanno una maggiore probabilità di entrare in contatto o di subire pressioni di ogni natura da parte degli imputati ristretti presso le medesime strutture, con l'articolo 1, comma 1, lettera b), della presente proposta di legge si è ritenuto di intervenire sul comma 3 dell'articolo 225 del codice di procedura penale, così da statuire che non possa essere nominato consulente tecnico chi versa in una delle predette condizioni.
 

Pag. 4


      Un problema parallelo, ma tutt'altro che secondario, è quello relativo alle cautele da adottare, per prevenire la fuga di soggetti ricoverati in stato di restrizione della libertà personale in strutture ospedaliere ai sensi dell'articolo 275, comma 4-ter, del codice di procedura penale.
      Se, infatti, è previsto che, in caso di ricovero momentaneo per cure o interventi chirurgici ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 354 del 1975, sull'ordinamento penitenziario, il giudice possa disporre il piantonamento del detenuto e che uguale determinazione possa essere adottata quando dispone il ricovero momentaneo del detenuto per accertarne l'incompatibilità con il regime carcerario ai sensi dell'articolo 286-bis del codice di procedura penale, tale possibilità non è disciplinata per l'ipotesi in cui, accertata l'incompatibilità del soggetto con il regime carcerario a causa di AIDS conclamata o di grave deficienza immunitaria, lo si ponga agli arresti domiciliari ospedalieri, e questo neanche in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, ai sensi dell'articolo 275, comma 4-ter, del medesimo codice.
      Attualmente, il detenuto del quale siano state accertate una pericolosità sociale rilevantissima e contestualmente un'impossibilità di apprestargli i necessari trattamenti terapeutici all'interno della struttura carceraria deve essere ricoverato in un istituto di cura senza possibilità da parte dell'autorità giudiziaria di disporne il piantonamento o, comunque, misure idonee a scongiurarne il pericolo di fuga.
      Il pericoloso vuoto normativo, che determina un vulnus evidente alle esigenze di tutela della collettività, viene a essere colmato con l'articolo 1, comma 1, lettera c), della presente proposta di legge, attraverso il quale, per mezzo di un'integrazione al citato articolo 275, comma 4-ter, si estende anche alla situazione descritta la possibilità per il giudice di adottare, ove occorra, i provvedimenti idonei a evitare il pericolo di fuga del soggetto interessato.
      Un'ulteriore questione spinosa è quella dell'individuazione tempestiva della struttura ospedaliera ove ricoverare il soggetto per accertarne lo stato di incompatibilità carceraria, ai sensi dell'articolo 286-bis del codice di procedura penale. Nell'esperienza pratica si registrano notevoli ritardi perché la legge non precisa da chi – giudice, amministrazione penitenziaria o perito – debba essere individuata tale struttura.
      Il problema si risolve attraverso la formulazione dell'articolo 1, comma 1, lettera d), e dell'articolo 3 della presente proposta di legge, regolamentando, da un lato, gli aspetti procedurali mediante un'integrazione dell'articolo 286-bis del codice di procedura penale e, prevedendo, dall'altro, l'istituzione presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministro della giustizia di una lista di ospedali e di istituti di cura, assistenza e accoglienza che possiedono idonei requisiti per l'erogazione di trattamenti terapeutici, anche specialistici, nei confronti dei soggetti indicati nella norma medesima, nonché requisiti di affidabilità al fine di impedire che tali soggetti, durante il ricovero, abbiano contatti con il mondo esterno. Le concrete modalità di attuazione della disposizione sono demandate a una successiva attività regolamentare.
      Un'ultima esigenza perseguita dalla presente proposta di legge è quella di elevare il livello di attendibilità e di trasparenza professionale di coloro che nel processo penale sono chiamati a rivestire incarichi peritali, prevedendo l'esclusione da tali incarichi dei soggetti che si siano resi responsabili di particolari reati.
      Tra i requisiti per l'iscrizione all'albo dei periti nel settore penale (articolo 69 delle norme di attuazione) è previsto che non possano ottenerla coloro che sono stati condannati con sentenza irrevocabile alla pena della reclusione per delitto non colposo, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, e coloro che siano stati cancellati o radiati dal rispettivo albo professionale a seguito di provvedimento disciplinare definitivo.
      La richiesta di iscrizione all'albo, invece, resta sospesa per il tempo in cui la persona interessata è imputata di delitto non colposo per il quale è consentito
 

Pag. 5

l'arresto in flagranza oppure è sospesa dal relativo albo professionale.
      Rimangono pertanto estranee ai requisiti per l'esclusione dall'iscrizione all'albo dei periti, importati ipotesi di reato quali quelle di abuso d'ufficio o di falsa perizia. La normativa vigente non prevede ipotesi di esclusione dall'iscrizione all'albo dei periti di soggetti che abbiano subìto condanne per delitti colposi consumati nell'esercizio di quell'attività professionale per la quale sarebbero, paradossalmente, chiamati a rivestire il ruolo di esperti.
      Tale lacuna normativa viene a essere colmata mediante la formulazione dall'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), della presente proposta di legge che, attraverso modifiche al citato articolo 69 delle norme di attuazione, prevede l'inserimento anche delle menzionate ipotesi di reato tra i requisiti per l'esclusione o, comunque, per la sospensione dall'iscrizione all'albo dei periti nel settore penale.
      L'articolo 4 della presente proposta prevede, infine, la clausola di invarianza finanziaria.
 

Pag. 6


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al codice di procedura penale).

      1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 222 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o collegato ai sensi dell'articolo 371, comma 2, del codice»;

          b) al comma 3 dell'articolo 225 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero chi presta attività lavorativa anche non continuativa presso strutture penitenziarie, ospedali psichiatrici giudiziari o strutture a essi equiparate»;

          c) all'articolo 275, comma 4-ter, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il giudice adotta, ove occorra, i provvedimenti idonei a evitare il pericolo di fuga»;

          d) all'articolo 286-bis, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «3-bis. L'amministrazione penitenziaria, a richiesta del giudice e sulla base delle indicazioni dallo stesso fornite, provvede senza ritardo all'individuazione della struttura del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 3 dandone immediata comunicazione al giudice stesso ai fini dell'adozione dei provvedimenti di competenza».

Art. 2.
(Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271).

      1. Alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo

 

Pag. 7

28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 5 dell'articolo 67 è abrogato;

          b) dopo la lettera a) del comma 3 dell'articolo 69 è inserita la seguente:

              «a-bis) condannate con sentenza irrevocabile alla pena della reclusione per un delitto colposo consumato nell'esercizio della propria attività professionale, salvo che sia intervenuta la riabilitazione;»;

          c) il comma 4 dell'articolo 69 è sostituito dal seguente:
      «4. La richiesta di iscrizione nell'albo resta sospesa per il tempo in cui la persona:

          a) è imputata di delitto non colposo per il quale è consentito l'arresto in flagranza;

          b) è imputata di uno dei reati di cui agli articoli 323 e 373 del codice penale;

          c) è imputata di delitto colposo consumato nell'esercizio della propria attività professionale;

          d) è sospesa dal relativo albo professionale».

Art. 3.

      1. Ai fini di una più efficiente attuazione di quanto previsto dal comma 3-bis dell'articolo 286-bis del codice di procedura penale, il Ministro della giustizia, con apposito regolamento da adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, dispone l'istituzione presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministro della giustizia di una lista di ospedali e di istituti di cura, assistenza e accoglienza che possiedono idonei requisiti per l'erogazione di trattamenti terapeutici, anche specialistici, nei confronti dei soggetti indicati nel medesimo comma 3-bis, nonché requisiti di affidabilità

 

Pag. 8

al fine di impedire che tali soggetti, durante il ricovero, abbiano contatti con il mondo esterno.

Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria).

      1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su