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PDL 4637

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4637



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BURTONE

Dichiarazione di monumento nazionale e contributo per l'esecuzione dei lavori per il consolidamento e il restauro esterno e interno del Castello di Aci in Aci Castello

Presentata 22 settembre 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — Il Castello di Aci, per il suo unico e indistinguibile valore architettonico, artistico e geologico e per il suo significato storico, è uno dei simboli principali che esprimono l'identità della cittadina di Aci Castello e di tutto il vasto territorio delle Aci, oltre a costituire uno dei più preziosi monumenti appartenenti alla comunità, nazionale e internazionale.
      Fin dai tempi immemori i più grandi viaggiatori e gli antichi scrittori hanno cantato la grande imponenza e la superbia di questo sperone che dà l'impressione di una mastodontica nave, venuta da mondi fantastici ed arenata tra queste millenarie rupi laviche. Qui vissero per interi secoli e prosperarono, caddero e poi si rialzarono in trionfo popoli regnanti e conquistatori di diverse provenienze, culture, razze e religioni: greci, romani, bizantini, saraceni, normanni, angioini e borboni.
      Qui nacque l'antica città di Aci e attorno alla rupe, in particolare, si sviluppò nel corso dei vari secoli la realtà cittadina, sociale, economica, culturale e religiosa di Aci Castello, oggi rigoglioso comune a vocazione prettamente turistica immerso nella meravigliosa riviera dei ciclopi, che vanta proprio il maniero come la maggiore attrattiva e fondamentale risorsa per il turismo e l'economia locali.
      La suggestiva rocca, oltre tutto, ha da sempre suscitato, tra gli esperti e non, un particolare interesse dal punto di vista geologico e naturalistico, per via della sua singolare forma costituita da un possente agglomerato di tufo palagonico e di basalto globulare, fusi tra loro in prismi poligonali a radiazioni centrifughe: pietre scure
 

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e in superficie porose, nella parte sottostante, segno di una violenta eruzione sottomarina che ha generato la struttura eterogenea della rupe, mentre in alto spiccano pietre compatte, a forma di prisma, stratificate, giallognole e ferruginose, interposte ad argilla cementizia zoolitica.
      Elemento singolare del Castello è la sua base, denominata dai «castellesi» la «praca», formata da un'enorme superficie di argilla cementizia zoolitica a globetti lattiginosi, segno evidente del fenomeno di ribollimento a cui sono state sottoposte dal fuoco queste grandi masse.
      La forma basaltica della rupe analoga per sostanza ferrosa e per colore a quella degli scogli dei ciclopi di Aci Trezza e di altre conformazioni basaltiche presenti in varie zone del territorio castellese, rende il sito unico e raro, nel mondo, nel suo genere.
      Nonostante ciò, la vera origine della colossale roccia di Aci è incerta, poiché alcuni affermano sia stata prodotta da un'immensa eruzione sottomarina, di cui la rocca è un cratere satellite, e altri sostengono la tesi della contemporanea emersione dell'Etna insieme a quella della roccia sulla quale oggi sorge il castello. Ipotesi, quest'ultima, avvalorata dal ritrovamento sulle colline di fossili e di pietre pomici. Il solo basamento della rupe era alto più di cinquanta metri, ma oggi, a seguito delle erosioni del tempo e della mano dell'uomo, non arriva a più di circa quarantacinque metri.
      Secondo lo storico Diodoro Siculo, nel 396 avanti Cristo nel tratto di mare antistante il promontorio, dove oggi sorge il Castello, vi fu una battaglia navale fra cartaginesi e siracusani. Probabilmente le stesse acque furono teatro dello scontro navale fra Ottaviano e Sesto Pompeo, nella guerra civile, nel 37 avanti Cristo circa.
      In quell'occasione la potente flotta del ribelle Sesto Pompeo inflisse una dura sconfitta a Ottaviano che in quel mare, si narra, rischiò di morire annegato. I molti reperti subacquei di età greca e romana rinvenuti nei fondali confermerebbero, in parte, queste battaglie.

          Il Castello di Aci è una fortificazione di origine incerta anche se si può pensare che sia stato edificato da Aci nel 1200 avanti Cristo quando fondò, nella terra dei temibili ciclopi, Xiphonia in memoria della madre scomparsa.
      Diodoro Siculo, invece, nei suoi scritti, sosteneva che fu Saturno nel 2300 avanti Cristo mentre regnava in Sicilia e costruiva lungo le coste fortezze dette «croni», a costruire il Castello che divenne in questo modo la «Rocca Saturnia». La fortezza, secoli dopo denominata di «Akis» come il territorio che la comprendeva, fu poi occupata dai romani nel 263 avanti Cristo.
      Ma il primo vero Castello fu edificato dai bizantini, nel VIII secolo dopo Cristo circa, sulla preesistente fortificazione risalente al periodo romano e chiamata «Castrum Jacis», volta alla difesa della popolazione.
      Dalla storia del maniero è interamente possibile, o quasi, ricostruire le vicende che hanno caratterizzato, tra il VII e il XIV secolo, lo sviluppo del territorio di Aci.
      Con la conquista della Sicilia da parte dei saraceni, datata 902, il Castello fu totalmente raso al suolo, per vendetta, dall'emiro musulmano Ibrahim.
      Pochi anni dopo, nel 909, fu il califfo al-Mooz, a far riedificare sulla rupe una impenetrabile fortificazione (detta Kalat), capace di far parte di un sistema difensivo in grado di poter proteggere l'abitato.
      Dopo l'anno 1000 i normanni tolsero ai saraceni il Castello.
      Nel 1092 il conte Ruggiero cedette il Castello d'Aci e il territorio circostante al vescovo di Catania Augerio. A questo poi succedette il vescovo Abate Maurizio, che il 17 agosto 1126 ricevette nel Castello le preziose reliquie di Sant'Agata, riportate dai soldati bizantini Goselino e Gisliberto direttamente da Costantinopoli dove erano state trafugate circa ottantasei anni prima dal generale Giorgio Maniace.
      Nel 1169 una forte eruzione dell'Etna arrivò alle terre di Aci, provocando danni incalcolabili e numerosi morti. Il maniero nel 1239 ritornò al demanio, quando Federico II rimosse il vescovo Gualtiero.

 

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          Alla fine del XIII secolo poi, durante il periodo angioino, il Castello passò di nuovo al vescovo di Catania. Ma nel 1297 Federico III d'Aragona lo concesse all'ammiraglio Ruggero di Lauria.
      Quando Ruggero di Lauria passò con gli angioini contro la corte aragonese, il re Federico fece espugnare il Castello, per assoggettarlo nuovamente al demanio. Nel 1320 Federico II cedeva il territorio del Castello di Aci a Blasco d'Alagona, al quale successe poi il figlio Artale I.
      Due episodi terribili avvennero tra il 1326 e il 1329: il saccheggio della rocca da parte delle truppe di Roberto d'Angiò, un terremoto e un'eruzione dell'Etna. Nel 1355 morì nel Castello di Aci il giovane re Ludovico d’ Aragona, colto dalla peste a soli diciassette anni.
      L'anno seguente, il territorio di Aci fu devastato e il Castello venne espugnato dal maresciallo Acciaioli, inviato in Sicilia dai re Ludovico d'Angiò. Nel 1356 un nuovo saccheggio della terra Aci e del suo Castello venne messo a punto dalle forti truppe del maresciallo Acciaioli, inviato questa volta dal governatore di Messina a causa di vari dissidi con il re Artale I di Alagona.
      Artale, però, riuscì a mettere in fuga la flotta nella battaglia che prese il nome «lo scacco di Ognina». Durante la rivolta contro gli aragonesi, Artale I di Alagona insorse contro il re Martino «il giovane» (che era nipote di Pietro IV d'Aragona), asserragliandosi nel Castello.
      Solo dopo un lunghissimo assedio del re il Castello venne espugnato. Nel 1398 fu sempre re Martino a far dichiarare dal Parlamento generale di Siracusa la proprietà al demanio delle terre di Aci e successivamente ottenne pure l'esenzione al territorio dalla dogana.
      Il giovane re Martino fece anche del Castello la sua dimora e vi andò a vivere insieme alla seconda moglie Bianca di Navarra nel 1402.
      Nel XV secolo la terra di Aci passò di mano diverse volte, fino al 1530: dai Velasquez, all'infante di Spagna don Pietro, per tornare al re Alfonso e poi essere ceduta alla famiglia Platamone, alla famiglia dei Moncada, ai Requisense e ai baroni di Mastrantonio.
      Nel 1528, gli abitanti delle Aci offrirono all'imperatore Carlo V la somma di 20.000 fiorini, per rientrare nel regio demanio e quindici per riscattarsi in via definitiva dallo strapotere baronale.
      Accettata la proposta, la città di Aci fece parte del regio demanio, ma il centro nevralgico amministrativo si spostò nel «casale di Aquilia» (oggi Acireale).
      Nel Castello rimasero un castellano di nomina reale e una piccola guarnigione di soldati.
      Il piccolo nucleo di guardie era utile per la sorveglianza del territorio e anche dei prigionieri, che rimasero i principali abitanti della rupe fino agli inizi dell'ottocento.
      Nel 1640 ci fu la prima divisione della città di Aci, al cui interno nacque la nuova città di Aci santi Antonio e Filippo.
      Il maniero e la terra circostante nel 1647 furono ceduti al duca Giovanni Andrea Massa divenendo terra baronale dove nacque l'università del Castello di Aci, trasformata in comune con la costituzione dell'anno 1828, che ingrandì i suoi confini acquisendo i territori di Ficarazzi e di Trezza, dove il celebre scrittore verista catanese Giovanni Verga ambientò il suo più conosciuto romanzo i «Malavoglia».
      Il Castello, intanto, dopo il 1837 veniva sguarnito e abbandonato fra crolli delle strutture che si susseguivano. Gli ultimi lavori di restauro sulla rocca si sono svolti, tra il 1967 e il 1969. Nel 1985 è divenuto naturale sede del Museo civico suddiviso in tre sezioni: l'archeologia, la paleontologia e la mineralogia.
      Il Castello oggi è ancora una fortezza che si erge su un promontorio di roccia lavica a picco sul meraviglioso mare dei Ciclopi. Il ponte di legno, che ai tempi occupava parte della scalinata di ingresso, è stato rimosso alla fine dell'ottocento mentre al centro della rupe è rimasto intatto il «donjon», la torre quadrangolare fulcro della fortezza.
      Rispetto ai tempi passati sono poche le strutture rimaste intatte, come le sale che oggi accolgono il Museo, la sala del trono

 

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(detta cappella), in cui vengono celebrati i matrimoni civili (dove ancora oggi si può osservare una traccia di affresco risalente al XII secolo a schema «deesis» in stile bizantino), il suggestivo giardino botanico (che oggi ospita piante provenienti da tutto il mondo) e le terrazze panoramiche sul golfo di Catania e sulla baia di Trezza.
      Sul Castello vi era una piccola chiesa, presumibilmente la prima del territorio acese, che poteva godere del possesso del Santissimo Sacramento, con il privilegio di amministrare i sacramenti al territorio che in quel tempo faceva capo ad essa.
      Detenere il Sacramento era, in quel tempo, un enorme prestigio, nonché una grande rendita finanziaria poiché i popoli erano prodighi nell'offrire tutto ciò che era in loro possesso.
      Questa chiesetta, oggi non esiste più, ed è stata pressappoco identificata dagli storici nel primo spazio interno al Castello tra l'arco di ingresso, il giardinetto e le scale che conducono al terrazzo superiore che guarda ai faraglioni, ma era dedicata a Santa Maria delle Grazie.
      Alcune testimonianze sull'esistenza e sulla collocazione della cappella, detta del «Castello di Aci» e dedicata alla Madonna, si possono trovare nei libri parrocchiali e negli archivi dove sono stati annotati negli anni i salari dei cappellani e le spese per il mantenimento di essa.
      Particolari riferimenti giungono inoltre dai registri del 1308, ritrovati negli archivi vaticani, e dagli inventari che indicavano anche i beni presenti nella cappella.
      La chiesetta del Castello era oltretutto utilizzata, nonostante la sua esiguità, in occasione della cerimonia per la presa di possesso della terra di Aci, rappresentando ancora una volta il punto di riferimento religioso per il territorio acese.
      Successivamente, in coincidenza con il periodo di decadenza della rupe, furono i prigionieri del Castello a trovare in questa cappella un momento di conforto, con la celebrazione della Santa Messa ogni volta che vi si recava il cappellano.
      Il maniero ha rappresentato per interi secoli una vera fortezza inespugnabile a protezione del borgo castellese che vi era stato costruito attorno, e di gran parte della costa ionica, come raccontano i geografi Al-Muqaddasi, nel periodo tra il 967 e il 988, ed Edrisi nel 1154, oltre che dallo storiografo Ibn-al-Athir, vissuto tra il 1160 e il 1233.
      Il territorio delle Aci, nel passato, era anche una zona strategica per coloro che volevano conservare il potere sulla Sicilia e il suo Castello, aggrappato alla rupe di roccia lavica e protetto quasi interamente dal mare, poteva contare su misure di sicurezza imponenti.
      Da un lato alla base del maniero c'era
il posto di guardia dall'altro lato si ergeva maestosa la cinta muraria, una struttura a semicerchio di 400 metri con due ingressi (porta Catania a sud e porta Messina a nord).
      Memorabile resta il lungo assedio al Castello, che il giovane re Martino fece intraprendere al Cabrera sul finire del ’300, con lo scopo di ottenere la resa da parte di Artale II d'Aragona, regnante nel territorio castellese, che ancora oggi viene riproposto in forma teatrale su testo scritto dal castellese Enrico Bianco, con costumi e movimenti scenografici d'epoca.
      La presente proposta di legge, con riconoscimento del titolo di monumento nazionale e la connessa concessione di un contributo per i lavori di consolidamento e restauro del sito, intende concorrere alla conservazione e alla valorizzazione di questo bene culturale millenario e simbolo inestimabile dell'intero territorio castellese e delle Aci.
      L'articolo 1 dispone, pertanto, che il Castello di Aci sia dichiarato monumento nazionale. Questo riconoscimento non è motivato solamente dall'indiscusso valore geologico ed architettonico del maniero e dall'interesse storico-culturale che esso ha rappresentato nel corso dei secoli, ma tiene conto anche del significato e della rilevanza che ha rappresentato il passaggio dei numerosi conquistatori che l'hanno abitato e governato e degli eventi la cui memoria rimane ad esso legata, tra i quali spiccano le numerose battaglie per la sua conquista e per l'egemonia sul territorio, e
 

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il rientro delle reliquie della Santa martire catanese Agata da Costantinopoli.
      L'articolo 2 dispone un contributo di complessivi 5 milioni di euro da erogare al comune di Aci Castello per l'esecuzione dei lavori di consolidamento e di restauro, interno ed esterno, da realizzare negli anni 2012-2014. A tal fine l'amministrazione comunale di Aci Castello dovrà sottoporre all'approvazione della soprintendenza per i beni culturali competente un programma di interventi, corredato di uno specifico piano finanziario dei costi da sostenere e i relativi progetti esecutivi. Il contributo concesso sarà versato, sulla base dello stato di avanzamento dei lavori e delle spese documentate, in rate semestrali per un importo non superiore a 2,5 milioni di euro. Una anticipazione di 1,5 milioni di euro sarà corrisposta prima dell'inizio dei lavori, allo scopo di consentirne l'avvio e sarà conteggiata nella liquidazione finale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il Castello di Aci, in Aci Castello è dichiarato monumento nazionale.

Art. 2.

      1. È concesso al comune di Aci Castello un contributo di 5 milioni di euro per l'esecuzione dei lavori di consolidamento e di restauro, interno ed esterno, del Castello di Aci in Aci Castello da realizzare negli anni 2012-2014.
      2. Gli interventi di cui al comma 1 sono eseguiti sulla base di un programma, integrato da uno specifico piano finanziario e dai relativi progetti esecutivi, presentati dal comune di Aci Castello ed approvati dalla soprintendenza competente per i beni culturali.
      3. Il contributo di cui al comma 1 è versato al comune di Aci Castello in rate semestrali, per un importo non superiore complessivamente a 2,5 milioni di euro, sulla base dei rapporti dello stato di avanzamento dei lavori e delle spese effettuate documentate relative al semestre precedente, certificate dalla soprintendenza di cui al comma 2. Un primo versamento dell'importo di 1,5 milioni di euro è corrisposto al comune di Aci Castello prima dell'inizio degli interventi ed è conteggiato nella liquidazione conclusiva dell'ultimo esercizio.
      4. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a 5 milioni di euro per gli anni 2012-2014, si provvede mediante riduzione delle porzioni per i medesimi anni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero

 

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dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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