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PDL 5611

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5611



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MOLGORA, BONINO, DESIDERATI, DI VIZIA, FABI, GOISIS, GRIMOLDI, MONTAGNOLI, VOLPI, CIMADORO, MISEROTTI, ROMELE

Modifica dell'articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157, concernente l'esercizio delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE in materia di attività venatoria

Presentata il 29 novembre 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — La deroga venatoria è un'eccezione alla regola determinata dall'elenco delle specie cacciabili fissato dall'articolo 18 della legge n. 157 del 1992, elenco inizialmente mutuato dall'allora vigente allegato II della direttiva 79/409/CEE, ora allegato II della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla conservazione degli uccelli selvatici. Ma proprio la direttiva consente agli Stati membri di autorizzare la cattura e la detenzione di uccelli ordinariamente vietate dalla stessa: questa è appunto la deroga.
      Le condizioni dell'esercizio della deroga sono stabilite dall'articolo 9 della direttiva che consente di esercitare il regime di deroga, ovvero di prelevare uccelli ordinariamente vietati dalla direttiva non compresi nell'allegato II della medesima che stabilisce gli uccelli che possono essere cacciati negli Stati membri nei seguenti casi stabiliti dal paragrafo 1:

          lettera a): nell'interesse della salute e della sicurezza pubblica; nell'interesse della sicurezza aerea; per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca, e alle acque; per la protezione della flora e della fauna;

          lettera b): ai fini della ricerca, dell'insegnamento, del ripopolamento, della reintroduzione e del connesso allevamento;

 

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          lettera c): per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità: è questa la deroga a fini venatori.

      Il nostro Paese ha recepito le considerazioni e le prescrizioni dell'articolo 9 nell'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, che affida alle regioni la possibilità di adottare il regime derogatorio. Tuttavia il Consiglio di Stato, la Corte costituzionale, i tribunali amministrativi regionali (TAR) e la Corte di giustizia dell'Unione europea hanno stabilito che tale recepimento è incompleto.
      Da qui l'obbligo di riscrivere l'articolo 19-bis, obbligo fino ad oggi totalmente disatteso.
      Dunque deve essere chiaro che il problema delle deroghe deve essere affrontato su due fronti: quello europeo e quello nazionale.
      In ambito europeo: nonostante che l'articolo 9 della direttiva preveda la deroga venatoria e nonostante che la stessa sia legittimata da numerose sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, i provvedimenti regionali sono stati sempre censurati adducendo due ragioni:

          1) la mancata previsione di motivazioni da parte delle regioni che giustificano il ricorso all'esercizio di deroga;

          2) la mancata valutazione dell'esistenza di soluzioni alternative soddisfacenti.

      Nel primo caso, se l'Unione europea non accetta come motivazioni quelle legate alle tradizioni e quelle ricreative ed economiche, è da rilevare che non esistono altri motivi se si parla di deroga venatoria.
      Nel secondo caso è ancora più paradossale che soluzioni alternative possano esistere: o è caccia o è qualcos'altro.
      Soluzioni alternative, semmai, possono essere ricercate per la deroga di cui alla citata lettera a) – sulla tutela delle produzioni agricole – con metodi dissuasivi non cruenti come lo sparo a salve.
      In talune occasioni la Commissione europea ha anche censurato le modalità di determinazione delle piccole quantità delle specie ammesse al prelievo venatorio, stabilendo sempre e comunque che il limite è nazionale.
      Il problema è dunque politico: occorre rimuovere questi ostacoli affinché la deroga possa essere autorizzata senza rischi di censure.
      In ambito nazionale: il Consiglio di Stato ha esplicitamente chiarito, con la decisione n. 1054 del 23 febbraio 2009, i motivi per i quali l'articolo 19-bis non recepisce correttamente la direttiva:

          1) perché non stabilisce meccanismi che tempestivamente blocchino i provvedimenti delle regioni che adottino deroghe in modo contrario all'articolo 9 della direttiva;

          2) perché non stabilisce le modalità per il calcolo della piccola quantità, ovvero quanti fringuelli o peppole o altre specie possano essere prelevati in deroga sul territorio nazionale.

      È da ricordare che nell'occasione il Consiglio di Stato ha confermato che la non completa attuazione del regime derogatorio pone lo Stato in conflitto con la norma europea e obbliga il giudice ordinario a disapplicare la normativa stessa nella parte in cui non attua correttamente la disciplina europea.
      In particolare, la decisione n. 1054 del 2009 è stata presa su ricorso della regione Lombardia avverso la sentenza del TAR di annullamento della delibera regionale n. 14250 del 15 settembre 2003 che aveva autorizzato il prelievo in deroga delle specie fringuello e peppola.
      La regione, dopo la sentenza del TAR n. 3052 del 27 dicembre 2006 che si era definitivamente pronunciato annullando la delibera con la quale era stato autorizzato il prelievo in deroga di fringuello e di peppola per la stagione venatoria 2003/2004 «previa disapplicazione dell'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992», si era rivolta al Consiglio di Stato.

 

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      A titolo di cronaca, si rileva che la delibera aveva consentito il prelievo dai soli appostamenti fissi della specie fringuello nella misura di cinque al giorno e di ventiquattro annuali e di peppole nella misura di due al giorno e di due stagionali.
      La decisione della sezione VI del Consiglio di Stato respingeva l'appello regionale disapplicando l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 e ristabilendo la preminenza del diritto europeo su quello nazionale. «(...) L'istituto della disapplicazione o, come ha precisato la Corte costituzionale, della “non applicazione” della norma nazionale, quando essa sia in contrasto con quella comunitaria, deve essere utilizzato anche nel caso in cui si sia in presenza di una non completa applicazione di quest'ultima ovvero quando la disposizione nazionale sia del tutto insufficiente per attuare il precetto comunitario».
      Tutto ciò a significare che l'incompletezza di una normativa di recepimento consente al giudice di disapplicare la normativa stessa nella parte in cui non attua correttamente la disciplina europea. Una normativa nazionale in contrasto o incompatibile con il diritto europeo è assolutamente inefficace (sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 28 giugno 1978 in causa C-70/77 Simmenthal contra Amministrazione delle finanze) e pertanto obbliga il giudice a non tenere conto della normativa interna con l'effetto di determinare l'illegittimità dei provvedimenti amministrativi e di applicare la norma europea immediatamente in luogo della norma nazionale confliggente.
      Tornando al recepimento della direttiva, il legislatore nazionale aveva l'obbligo di predisporre una disciplina dettagliata in modo da recepire i contenuti della direttiva in maniera esaustiva e, nel caso specifico, il rigoroso rispetto delle condizioni alle quali la deroga è soggetta, cosa che a giudizio del Consiglio di Stato non ha fatto.
      Nella fattispecie così scrive il Consiglio di Stato «(...) il fatto che la norma nazionale non preveda le modalità per la determinazione della piccola quantità, con riferimento alla quale i prelievi venatori in deroga sono consentiti, e non assicuri un tempestivo controllo è indice sintomatico di una non corretta attuazione dei precetti comunitari (...)».
      Dunque sarebbe necessario correggere l'articolo 19-bis, garantendo meccanismi che, da un lato, vincolino i prelievi venatori in regime derogatorio in modo tassativo a una determinata quantità di capi per ciascuna specie, rappresentata dal limite nazionale della piccola quantità consentita dalla norma europea, e che dall'altro, assicurino un tempestivo controllo da parte dello Stato degli atti regionali, al fine di prevenire prelievi illegali nel corso del breve periodo durante il quale è in vigore la deroga.
      Per completezza è bene tenere conto anche della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (seconda sezione) 8 giugno 2006, causa C-60/05.
      Il TAR della Lombardia, prima di pronunciarsi con la sentenza prima citata, con ordinanza collegiale n. 16 del 2005 proponeva in via preliminare alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale interpretativa della specifica normativa europea dubitando che «l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 garantisca l'effettiva applicazione dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera c, della direttiva 79/409/CEE».
      Con la citata sentenza 8 giugno 2006 la Corte di giustizia ha chiarito la necessità che il regime di deroga stabilisca in modo cogente un limite nazionale dei prelievi venatori in deroga determinato in base a dati scientifici e che sia garantito un controllo efficace e tempestivo da parte dello Stato sulle decisioni assunte dalle autorità competenti ad autorizzare i prelievi in deroga.
      A seguito della pronuncia della Corte di giustizia, il TAR ha disapplicato la norma nazionale (articolo 19-bis) con la citata sentenza, ritenendo che quanto richiesto dalla sentenza della Corte di giustizia non è assicurato dall'articolo 19-bis che ha affidato alle regioni il compito di disciplinare in concreto il regime di deroga,
 

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prevedendo però un poco incisivo intervento governativo in caso di violazioni regionali.
      Ricordiamo anche la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (terza sezione) 15 luglio 2010, causa C-573/08.
      La sentenza in esame condanna il Governo italiano per un cattivo recepimento della direttiva nel proprio ordinamento (articolo 19-bis) «Poiché la normativa di trasposizione nell'ordinamento italiano della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, non è completamente conforme a tale direttiva e il sistema di recepimento dell'articolo 9 di quest'ultima non garantisce che le deroghe adottate dalle autorità italiane competenti rispettino le condizioni e i requisiti previsti da tale articolo, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 2-7,9-11, 13 e 18 della citata direttiva».
      Inoltre è bene ricordare le sentenze del TAR n. 6433 e n. 6434 del 23 ottobre 2007, in materia di annullamento delle delibere della regione Lombardia n. 3350 e 3351 del 17 ottobre 2006 per il prelievo del fringuello e della peppola nella stagione venatoria 2006-2007. Così recitano le due sentenze: «(...) la relazione giuridica fra l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, l'ordinamento comunitario e quello interno è già stata oggetto di una recente articolata pronuncia della Sezione (n. 3052 del 27 dicembre 2006), con cui si è ritenuto che nel caso lo Stato decida di ricorrere al regime di deroga, lo stesso è chiamato al “rigoroso rispetto delle condizioni alle quali la deroga stessa è soggetta” (...) la difettosa integrazione nella trasposizione che lo Stato faccia del regime derogatorio (...) pone (...) la posizione del medesimo Stato in conflitto con la direttiva medesima, obbligando il giudice chiamato a giudicare della legittimità del regime di deroga (...) di non tenere conto di quest'ultima (leggasi normativa interna), con l'effetto di determinare l'illegittimità dei provvedimenti amministrativi che hanno provveduto ad autorizzare prelievi in deroga in difformità delle prescrizioni limitative stabilite in particolare dall'articolo 9 della direttiva».
      Le citate sentenze e decisioni sembrano più che sufficienti nel testimoniare quanto sia necessario intervenire sull'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 al fine di dare esecutività a quanto esplicitato dal Consiglio di Stato nella citata decisione n. 1054 del 2009, ovvero definire la modalità per una corretta determinazione a livello nazionale della piccola quantità delle specie ammesse al prelievo in deroga e meccanismi che garantiscono un immediato intervento governativo nel caso di provvedimenti regionali assunti in modo difforme delle norme europee.
      In sintesi, la presente proposta di legge tenta di risolvere le censure rilevate:

          1) fissando un protocollo che indica formalità e date in cui le regioni, di fatto con atto amministrativo, formalizzano i propri provvedimenti, che devono essere pubblicati e inviati al Governo sessanta giorni prima dell'attività di prelievo, stabilendo che esse devono annullare gli stessi entro quindici giorni dall'eventuale bocciatura da parte del Governo;

          2) affidando la determinazione della piccola quantità all'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), che a tale fine si avvale anche degli osservatori regionali e della letteratura internazionale in materia. Se l'ISPRA non assolve a tale compito (l'ultima volta che tali dati sono stati forniti era nella stagione venatoria 2004/2005, invocando una nota della Commissione europea – invero non così ufficiale e perentoria – redatta da tecnici che immaginavano la necessità di determinare le quantità delle coppie nidificanti nei quartieri riproduttivi di Russia, Ucraina, Bielorussia e dal confine della Polonia all'Oceano prima di calcolare la consistenza delle specie interessate al prelievo), esso è assolto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

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      Si ritiene, pertanto, che la presente proposta di legge metta ordine in un settore particolarmente importante per alcune regioni italiane, sia per il valore delle tradizioni, sia per un aspetto economico di primissimo piano. Oggi, infatti, periodo di forte crisi, non dobbiamo dimenticare che il settore venatorio dà lavoro a oltre 90.000 addetti e che riguarda attività a forte specializzazione, in cui l'Italia è sicuramente leader nel mondo.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

          «Art. 19-bis. – (Esercizio delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE). – 1. Le regioni disciplinano l'esercizio delle deroghe previste dalla direttiva 2009/147/CE, conformandosi alle prescrizioni dell'articolo 9, ai princìpi e alle finalità degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva e alle disposizioni della presente legge.
      2. Le deroghe di cui al comma 1 possono essere disposte dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano solo per le finalità indicate nell'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2009/147/CE, devono essere giustificate da un'analisi puntuale dei presupposti e delle condizioni e devono menzionare le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero di capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le particolari forme di vigilanza cui il prelievo è soggetto e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 27, commi 1 e 2. I soggetti autorizzati al prelievo in deroga sono individuati dalle regioni, d'intesa con le province, ovvero dalle province autonome. Ai soggetti abilitati è fornito un tesserino sul quale devono essere annotati i capi abbattuti nel rispetto delle disposizioni emanate dalla regione o dalla provincia autonoma interessata. Le regioni e le province autonome prevedono sistemi periodici di verifica allo scopo di sospendere tempestivamente il provvedimento di deroga qualora sia accertato il raggiungimento

 

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del numero di capi autorizzato al prelievo.
      3. Le deroghe di cui al comma 1 sono applicate per periodi limitati e determinati rispetto alle stagioni di caccia, sentito l'ISPRA o gli istituti riconosciuti a livello regionale o di provincia autonoma, ovvero altre istituzioni scientifiche con le quali le regioni e le province autonome sono convenzionate, non possono avere ad oggetto, comunque, specie la cui consistenza sia in diminuzione. Nel caso di regime di deroga di cui alla lettera a) del paragrafo 1 dell'articolo 9 della direttiva 2009/147/CEE, le regioni e le province autonome adottano la deroga dopo aver valutato l'assenza di soluzioni alternative soddisfacenti e l'inesistenza o l'inefficacia di metodi dissuasivi. Nel caso di regime di deroga di cui alla lettera c) del medesimo paragrafo 1 dell'articolo 9, le regioni e le province autonome adottano opportuni provvedimenti con esplicito e motivato riferimento anche a esigenze ricreative ed economiche, alla ricorrenza di situazioni particolari quali la tradizione culturale fortemente radicata nel territorio, alla necessità di conservare usi e costumi legati a forme particolari di caccia consolidate nel tempo e al mantenimento di habitat naturali.
      4. Il provvedimento di deroga è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione almeno sessanta giorni prima dell'inizio dell'attività di prelievo. Dell'avvenuta pubblicazione è data contestuale comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero affari regionali, il turismo e lo sport, e al Ministero delle politiche agricole per gli alimentari e forestali. Fatto salvo il potere sostitutivo d'urgenza di cui all'articolo 8, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, se rileva il mancato rispetto dei princìpi fissati dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CEE, diffida la
 

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regione o la provincia autonoma interessata ad adeguarsi entro quindici giorni dal ricevimento della diffida e, in caso di mancato adeguamento o trascorso tale termine, dispone l'annullamento del provvedimento di deroga posto in essere in violazione della presente legge e della direttiva 2009/147/CEE.
      5. Le regioni e le province autonome, se intendono adottare il regime di deroga di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva 2009/147/CEE, comunicano entro il 31 gennaio di ogni anno all'ISPRA, l'elenco delle specie migratrici ammissibili al prelievo, dandone comunicazione anche al Ministro dell'ambiente e delle tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. L'ISPRA entro i sessanta giorni successivi, determina su base nazionale la piccola quantità prelevabile delle singole specie, utilizzando a tale fine anche gli studi specializzati riconosciuti a livello regionale e le risultanze di pubblicazioni scientifiche internazionali e in conformità alle prescrizioni in materia dettate dalla Commissione europea. Nel caso in cui l'ISPRA non individui la piccola quantità prelevabile nel termine indicato, essa è determinata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che stabilisce direttamente la quantità e le modalità di prelievo per ciascuna specie, conformandosi ai criteri e princìpi fissati in materia dalla Commissione europea e provvede a ripartire, entro il 30 aprile di ogni anno, la piccola quantità riferita alle singole specie, tra il numero dei cacciatori residenti nelle regioni e nelle province autonome interessate al prelievo in deroga. La citata Conferenza individua, altresì, meccanismi di monitoraggio al fine di consentire il rispetto dei massimali di prelievo assegnati per ciascuna specie ammessa al prelievo in deroga.
      6. Entro il 30 giugno dell'anno successivo al termine di cui al comma 5, ciascuna regione e provincia autonoma trasmette al Presidente del Consiglio dei
 

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ministri e, per conoscenza, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei e all'ISPRA una relazione sull'attuazione delle deroghe di cui al presente articolo. La relazione è altresì trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette ogni anno alla Commissione europea la relazione di cui al presente comma, ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2009/147/CEE.
      7. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Alle attività previste dal presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste dalla legislazione vigente».


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