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PDL 5591

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5591



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MAZZUCA, BARANI, MISEROTTI, ANGELI, ROSSO, DIMA, DE CORATO, RENATO FARINA, GOTTARDO, MARINELLO, FRASSINETTI, BERARDI, BARBIERI, SCALERA, GIRLANDA, BELLOTTI, TRAVERSA, FUCCI, BERNARDO, COLUCCI, CAZZOLA, GAROFALO, DI CAGNO ABBRESCIA

Disposizioni per la prevenzione e la cura del morbo di Parkinson

Presentata il 20 novembre 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — In Europa, già alla fine del XV secolo Leonardo da Vinci aveva capito che il morbo di Parkinson (MdP) riguardava la degenerazione dei neuroni del cervello; ancora prima gli indiani lo conoscevano come una maledizione inflitta dagli dei a chi pensava cattive azioni verso gli avi e a chi ne era affetto consigliavano l'assunzione di legumi, soprattutto fagioli e fave, che si erano rivelati ricchi di levodopa.
      In occidente non si hanno altre informazioni fino al 1817, quando un medico inglese, James Parkinson, descrisse in un suo trattato scientifico una malattia, che chiamò «paralisi agita».
      L'MdP è una delle malattie sociali in maggiore incremento negli ultimi anni e coinvolge sempre più malati e le loro famiglie, nonché le strutture sanitarie convenzionate e private.
      Lo Stato dovrebbe fornire una risposta adeguata a tale situazione, tramite un insieme organico di interventi e di supporti per finalizzare gli impegni del settore dell'assistenza, della cura e della riabilitazione del paziente non solo motorie ma anche psichiche.
      La malattia comporta, infatti, oltre ai noti problemi motori, blocchi eccetera, anche notevoli complicazioni in seguito all'assunzione di levodopa, con un beneficio
 

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variabile da caso a caso e da persona a persona.
      Nell'MdP viene danneggiata la stazione del cervello che regola il movimento attraverso la produzione di una sostanza, la dopamina, che si potrebbe paragonare al carburante per il nostro organismo.
      Questa stazione è la sostanza nera, le cui cellule, nel MdP, vanno incontro a morte (denominata apoptosi) con una velocità di cinque-dieci volte superiore rispetto al normale processo di invecchiamento del cervello. Quando il numero di queste cellule si riduce al 60 per cento, allora la quantità di carburante, la dopamina, si riduce dell'80 per cento. Ciò significa che il carburante necessario a produrre il movimento attraverso la stimolazione di altri importanti centri nervosi, «i gangli della base», non basta più e questo si traduce in un effetto depressivo sul movimento stesso.
      I farmaci usati per tale patologia sono generalmente il Sinemet e il Madopar e i dopamino-agonisti.
      La terapia con levodopa (Sinemet, Madopar semplice o a lungo rilascio), sfortunatamente, si associa inevitabilmente a una progressiva riduzione della risposta clinica.
      In molti casi si verificano comportamenti psicotici anche contro le persone che stanno vicino al malato e che lo curano (parenti, medici eccetera).
      Tale evoluzione clinica, unitamente al possibile coinvolgimento del sistema nervoso centrale o della sfera cognitiva e alla comparsa di sintomi non responsivi al trattamento sostitutivo, rende estremamente difficile la gestione cronica dei malati parkinsoniani.
      Anche se negli ultimi anni sono state introdotte numerose terapie farmacologiche associate o alternative (dopamino-agonisti, neuro-protettori, inibitori del metabolismo della levodopa) la maggioranza dei malati parkinsoniani risulta, dopo circa dieci anni dall'inizio della sintomatologia, non più controllabile con la terapia farmacologica e richiede molteplici interventi aggiuntivi di tipo sanitario (fisioterapia, ospedalizzazione e interventi socio-assistenziali.
      Studi internazionali hanno stimato che il costo del MdP si aggira su questi parametri: per la spesa farmaceutica 40 milioni di euro, per la spesa ospedaliera 70 milioni di euro e per l'assistenza domiciliare 285 milioni di euro.
      L'associazione italiana parkinsoniani quantifica che il costo, dopo venti anni di malattia, è stimato in circa 154.937 euro.
      Alla spesa sanitaria, poi, occorre aggiungere i costi che riguardano la perdita di produttività dei familiari che assistono il malato: nella legge di stabilità in corso di esame sono previste riduzioni dei permessi mensili e delle agevolazioni per i disabili in diversi settori come quelli farmaceutico e assistenziale.
      Spesso i familiari dei malati di MdP vivono situazioni di forte stress emotivo, derivato dal fatto che il malato non riesce più a controllare la propria mente e, di conseguenza, non è più capace di essere autonomo per gestire le proprie finanze e diventa, per così dire, un «agnello in preda ai lupi» (diventando succube di persone che molte volte non fanno gli interessi del malato).
      Proteggere questi malati diventa, quindi, molto costoso e complicato, tenendo anche conto che con il peggioramento della malattia aumentano le spese per le procedure necessarie alla loro tutela.
      La presente proposta di legge intende razionalizzare gli interventi, le strutture esistenti, i centri di diagnosi e di assistenza per garantire a questi malati il migliore inserimento sociale, le migliori condizioni di vita e soprattutto, favorendo la ricerca, una concreta speranza per il loro futuro. Oggi nel campo diagnostico e farmacologico, nuove terapie si stanno dimostrando efficaci nel rallentare e bloccare la progressione della malattia. Solo favorendo questa spirale positiva si potrà garantire ai malati di MdP i livelli di assistenza e di terapia degni degli attuali standard europei.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità e interventi).

      1. La Repubblica riconosce il morbo di Parkinson, di seguito denominato «morbo», come una malattia ad alta incidenza sociale e sanitaria. A tale fine, il Ministro della salute, nel redigere il Piano sanitario nazionale, predispone, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, linee guida dirette a fronteggiare il morbo e recanti interventi rivolti:

          a) alla rilevazione epidemiologica dell'incidenza e della prevalenza del morbo nei rispettivi territori;

          b) alla diagnosi precoce;

          c) alla cura e alla riabilitazione dei malati;

          d) a favorire l'educazione e l'informazione sanitarie del malato, dei suoi familiari, nonché della popolazione, con riferimento alla diagnosi e alla cura del morbo;

          e) ad agevolare l'inserimento sociale, scolastico e lavorativo dei malati;

          f) a provvedere alla preparazione e all'aggiornamento professionali del personale socio-sanitario addetto;

          g) a promuovere programmi di ricerca finalizzati a migliorare le conoscenze cliniche e di base del morbo per aggiornare la possibilità di diagnosi precoce, la cura e la riabilitazione;

          h) a fornire ai malati il materiale medico, tecnico e farmaceutico per la cura e per la riabilitazione, qualora non sia già garantito dal Servizio sanitario nazionale;

 

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          i) a prevedere, qualora si renda necessario, una procedura accellerata per beneficiare dell'amministrazione di sostegno.

Art. 2.
(Competenze delle regioni).

      1. Le regioni istituiscono a livello ospedaliero o universitario centri regionali specializzati di riferimento, di seguito denominati «centri», con funzioni di orientamento e di coordinamento delle attività di diagnosi, cura e riabilitazione dei malati del morbo, per le finalità di cui all'articolo 1, con riferimento agli indirizzi del Piano sanitario nazionale, nell'ambito della programmazione sanitaria regionale.
      2. Le regioni con popolazione inferiore a 1.500.000 abitanti, per ragioni di efficienza, qualificazione ed economia di risorse, possono istituire un consorzio con regioni limitrofe per l'istituzione dei centri.
      3. Le regioni assicurano ai centri strutture, personale e attrezzature adeguati alla consistenza numerica dei malati assistiti e della popolazione residente, sulla base di valutazioni epidemiologiche.
      4. I centri, al fine di ottimizzare le risorse esistenti, si avvalgono del supporto assistenziale dei servizi di neurologia ospedalieri o universitari esistenti, che operano nel settore della cura del morbo da almeno tre anni alla data di entrata in vigore della presente legge, nell'ambito della regione o delle regioni consorziate.
      5. Le regioni predispongono specifici stanziamenti per promuovere e sostenere le attività di ricerca rivolte alla cura del morbo, nelle zone dove esistono centri o condizioni adeguati per lo svolgimento di tale tipo di ricerca.
      6. Le regioni promuovono iniziative di educazione sanitaria relative al morbo rivolte alla globalità della popolazione, in collaborazione con i centri.

 

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Art. 3.
(Assistenza ospedaliera e farmaceutica).

      1. I centri rilasciano ai malati del morbo un attestato che li esonera dal pagamento dei ticket per le prestazioni di diagnostica effettuate in regime ospedaliero, secondo i criteri per l'esenzione stabiliti dalle disposizioni vigenti.
      2. Al fine di facilitare il trattamento di cura e di riabilitazione per la terapia del morbo è consentita la prescrizione multipla di farmaci adeguati a garantire la terapia per un massimo di trenta giorni.
      3. I centri rilasciano, altresì, l'autorizzazione per l'utilizzo di farmaci, già autorizzati all'immissione in commercio, ai sensi del decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, che non contemplano l'indicazione del morbo nella scheda tecnica. Per ottenere tale autorizzazione i servizi di neurologia ospedalieri ed universitari devono allegare alla richiesta lo schema terapeutico che intendono proporre e il necessario riferimento bibliografico. I farmaci così autorizzati sono a totale carico del Servizio sanitario nazionale.
      4. Nei casi previsti al comma 3, i centri, ogni tre mesi, trasmettono alla regione e al Ministero della salute il numero dei casi di dispensazione, indicando le generalità del paziente, la diagnosi, il farmaco, la posologia e la durata del trattamento.

Art. 4.
(Tessera personale).

      1. Ai malati del morbo è rilasciata dal centro di riferimento una tessera personale, che attesta l'esistenza della malattia.
      2. Il modello della tessera di cui al comma 1 deve corrispondere alle indicazioni stabilite con decreto del Ministro della salute, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. La tessera personale, predisposta per una lettura anche automatizzata, riporta

 

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dettagliatamente le patologie e le complicanze correlate al morbo.
      4. La certificazione contenuta nella tessera personale attestante la sussistenza del morbo ha validità nei confronti di ogni altro ente, organo o commissione operante nel territorio dello Stato.
      5. In via transitoria la tessera personale è sostituita da una certificazione rilasciata da un centro di day-hospital esistente.

Art. 5.
(Organizzazione di volontariato).

      1. Per il raggiungimento delle finalità di cui alla presente legge, i centri e le aziende sanitarie locali si avvalgono della collaborazione e del sostegno delle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale del volontariato, nelle forme e nei limiti previsti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266.
      2. Le regioni possono, altresì, autorizzare i centri e le aziende sanitarie locali ad avvalersi della collaborazione delle associazioni di malati e di loro familiari, senza fini di lucro.
      3. Lo Stato, su proposta delle regioni e dietro presentazione di progetti-intervento dettagliati, può attribuire alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di cui ai commi 1 e 2 la qualifica temporanea o definitiva di amministratori di sostegno.

Art. 6.
(Ripartizione dei finanziamenti).

      1. I finanziamenti sono ripartiti tra le regioni, in base alla consistenza della popolazione residente, nonché alle documentate funzioni dei centri ivi istituiti, tenuto conto delle attività specifiche di diagnosi e, dove attuabili, di ricerca.

Art. 7.
(Applicazione della legge 5 febbraio 1992, n. 104).

      1. Ai malati del morbo si applica la legge 5 febbraio 1992, n. 104. Essi possono

 

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fruire dei diritti e delle agevolazioni previsti dalla citata legge sulla base delle certificazioni contenute nella tessera personale di cui all'articolo 4 della presente legge.
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