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PDL 5596

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5596



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CARLUCCI, ANGELI, BARANI, BERARDI, BINETTI, BONCIANI, DI VIRGILIO, MISEROTTI, VOLONTÈ

Disposizioni riguardanti la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali e assicurativi pubblici, degli enti previdenziali privatizzati e delle società partecipate dallo Stato

Presentata il 21 novembre 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — Con il decreto legislativo n. 509 del 1994 si è avviata la privatizzazione degli enti previdenziali non sottraendoli, però, alla funzione sociale e alla caratteristica di essere privi di lucro. Secondo quanto disposto dall'articolo 1 del citato decreto legislativo, infatti, a decorrere dal 1o gennaio 1995, gli enti previdenziali sono stati trasformati in associazioni o in fondazioni con deliberazione dei competenti organi, a condizione che non usufruissero più di finanziamenti o altri ausili pubblici di carattere finanziario.
      Tali enti privatizzati, cioè, sarebbero rimasti in vita «come enti senza scopo di lucro», assumendo «la personalità giuridica di diritto privato (...), rimanendo titolari di tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni», mentre, nella gestione, le associazioni o le fondazioni avrebbero avuto autonomia gestionale, organizzativa e contabile in relazione alla natura pubblica dell'attività svolta.
      Nonostante la natura pubblica dell'attività svolta abbia sottoposto tali enti alla vigilanza degli allora Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, oltre che a quella dei Ministeri specifici competenti per ciascun ente, nonché a quella della Corte dei conti, nel corso della loro vita gli enti privatizzati hanno gestito la res publica, cioè patrimonio frutto di danaro pubblico, come se fosse una cosa privata, amministrata da un soggetto privato.
      Tali comportamenti, inoltre, sono in contrasto anche con la normativa europea
 

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che, infatti, con la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, e con quanto stabilito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, ha affermato più volte che perché un organismo possa definirsi un ente pubblico occorre sempre verificare se soddisfa i tre requisiti fondamentali (recepiti anche dal legislatore nazionale, all'articolo 3, comma 26, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006): 1) il possesso di personalità giuridica; 2) il requisito teleologico; 3) l'influenza pubblica dominante.
      Poiché la contribuzione obbligatoria di tipo solidaristico, posta a carico degli iscritti, realizza una forma indiretta di concorso finanziario dello Stato, appare evidente che tale requisito non viene assolutamente soddisfatto dal momento che il citato articolo 1 del decreto legislativo n. 509 del 1994 è chiaro nell'affermare che tali enti si privatizzano «(...) a condizione che non usufruiscano di finanziamenti o altri ausili pubblici di carattere finanziario».
      Alla luce di quanto rilevato sembrerebbero emergere dei profili di illegittimità costituzionale nell'applicabilità della disciplina privatistica nel caso de quo, non solo perché in contrasto con i princìpi fondamentali della Carta costituzionale che garantisce l'uguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge, ma anche con la normativa vigente nazionale ed europea (soprattutto con la citata direttiva 2004/18/CE).
      Verrebbe, cioè, a configurarsi un'evidente disparità di trattamento tra inquilini, a seconda che questi abbiano stipulato un contratto di locazione con un ente pubblico o con un ente pubblico poi privatizzato.
      Pertanto non potrebbe che applicarsi, alla gestione del patrimonio immobiliare, la normativa garantista prescritta per gli enti pubblici. Il legislatore, con il decreto legislativo n. 104 del 1996 ha inteso disciplinare l'attività nel settore immobiliare degli enti previdenziali secondo una specifica tabella (allegata alla legge n. 70 del 1975), stabilendo che la dismissione dei beni doveva avvenire per espressa previsione legislativa entro il 2 marzo 2001.
      A distanza di ben otto anni, la legge 23 agosto 2004, n. 243, all'articolo 1, comma 38, norma di interpretazione autentica, ha stabilito che l'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 104 del 1996 non si sarebbe applicato agli enti privatizzati ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994, ancorché la trasformazione in persona giuridica di diritto privato fosse intervenuta successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n. 104 del 1996.
      La Suprema Corte, in merito a tale norma, si è espressa affermando che essa, seppur formulata come norma di interpretazione autentica, ha carattere innovativo e, quindi, conferma l'esigenza di tutela dei rapporti giuridici che, secondo le leggi previgenti, avevano previsto la prelazione o l'opzione legale a favore del conduttore qualificato (Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza n. 20322 del 2006; Corte di cassazione, sezione III civile, decisione n. 11937 del 17 maggio 2010).
      Con ciò appare evidente l'assoluta discriminazione operata nei confronti degli inquilini degli enti privatizzati; è doveroso segnalare, inoltre, che tutto quanto finora affermato trova piena conferma nel decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, che all'articolo 14 disciplina la soppressione, l'incorporazione e il riordino degli enti e degli organismi pubblici e, al comma 1 dello stesso articolo 14, statuisce che alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) è attribuito il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti previdenziali privatizzati.
      Un'ulteriore conferma è ravvisabile nel più recente decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012, che, sostituendo il comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 196 del 2009, ha previsto che «Ai fini dell'applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono (...) gli enti e i
 

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soggetti indicati ai fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (...) in data 24 luglio 2010 (...)». In tale elenco figurano tutti gli enti previdenziali privatizzati, insieme all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e all'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP), qualificati espressamente come pubblica amministrazione sotto la dicitura: «enti nazionali di previdenza e assistenza sociale».
      Oltretutto, sempre a riscontro dell'intrinseca natura pubblicistica di queste casse, non può non essere preso in considerazione quanto sancito dal decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, che al comma 11-bis dell'articolo 3, rubricato «Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni passive», disciplina specificamente la nuova procedura che gli enti previdenziali inseriti nel conto economico della pubblica amministrazione devono seguire nella dismissione immobiliare.
      Quindi, alla luce di quanto esposto, appare assolutamente urgente un intervento normativo, rappresentato dalla presente proposta di legge, che ponga fine alla discriminazione tra inquilini di enti pubblici e inquilini di enti previdenziali. Un intervento normativo ex novo che potrà portare maggiore serenità in circa 50.000 famiglie e rendere giustizia a inquilini che da anni l'attendono.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle dismissioni degli alloggi degli enti di previdenza e assicurativi pubblici e delle casse di previdenza privatizzate, nonché delle società a totale o parziale partecipazione dello Stato diretta o indiretta.
      2. Entro il 30 giugno 2013, i presidenti e i rispettivi consigli di amministrazione dei soggetti di cui al comma 1 definiscono con proprio provvedimento un'organica ricognizione del rispettivo patrimonio con l'indicazione degli alloggi alienabili. Fino all'alienazione, gli utenti mantengono la conduzione e corrispondono un canone di locazione così determinato:

          a) per gli alloggi delle categorie catastali A/4, A/5 e A/6, il canone mensile è calcolato moltiplicando la rendita catastale per 3, diviso 12;

          b) per gli alloggi di categoria catastale A/3, il canone mensile è calcolato moltiplicando la rendita catastale per 4, diviso 12;

          c) per gli alloggi di categoria catastale A/2, il canone mensile è calcolato moltiplicando la rendita catastale per 5, diviso 12;

          d) per gli alloggi delle altre categorie catastali il canone mensile è calcolato moltiplicando la rendita catastale per 8, diviso 12.

      3. Nel contratto di locazione è riconosciuto al conduttore il diritto di prelazione all'acquisto della piena proprietà. In caso di formale diniego all'acquisto da parte dell'inquilino, è riconosciuto il diritto di prelazione in favore degli ex istituti autonomi per le case popolari (IACP) o del comune dove è situato l'immobile. Decorsi

 

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centoventi giorni per l'esercizio del diritto di prelazione da parte dell'inquilino, i soggetti di cui al comma 1 concedono sessanta giorni agli ex IACP o al comune per esercitare il rispettivo diritto. Solo in caso di mancato esercizio del diritto di prelazione anche da parte di questi ultimi si procede alla vendita all'asta con diritto di preferenza in favore del non proprietario di un'altra abitazione nel comune dove è situato l'immobile. La responsabilità di tale provvedimento e del rispetto del termine indicato è attribuita al presidente e ai consigli di amministrazione dei soggetti di cui al comma 1, i quali ne rispondono anche personalmente.
      4. Al fine della realizzazione del programma pluriennale di dismissione, i soggetti di cui al comma 1 provvedono all'alienazione della proprietà a un prezzo di vendita così determinato:

          a) per gli alloggi delle categorie catastali A/4, A/5 e A/6, il prezzo è calcolato moltiplicando la rendita catastale per 100 e riducendola per una quota pari al 30 per cento;

          b) per gli alloggi di categoria catastale A/3, il prezzo è calcolato moltiplicando la rendita catastale per 120 e riducendola per una quota pari al 30 per cento;

          c) per gli alloggi di categoria catastale A/2, il prezzo è calcolato moltiplicando la rendita catastale per 140 e riducendola per una quota pari al 30 per cento;

          d) per gli alloggi delle altre categorie catastali e per gli alloggi situati in zone di pregio il prezzo è calcolato moltiplicando la rendita catastale per 200 e riducendola per una quota pari al 30 per cento.

      5. I prezzi di vendita di cui al comma 3, esclusi quelli di cui alla lettera d), sono sottoposti a un'ulteriore riduzione in base al reddito familiare di riferimento lordo determinata:

          a) nella misura del 25 per cento per gli utenti con reddito fino a euro 20.000;

 

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          b) nella misura del 22,5 per cento per gli utenti con reddito da euro 20.000,01 a euro 45.000;

          c) nella misura del 20 per cento per gli utenti con reddito da euro 45.000,01 a euro 50.000;

          d) nella misura del 17,5 per cento per gli utenti con reddito da euro 50.000,01 a euro 55.000;

          e) nella misura del 15 per cento per gli utenti con reddito da euro 55.000,01 a euro 60.000;

          f) nella misura del 12,5 per cento per gli utenti con reddito da euro 60.000,01 a euro 65.000;

          g) nella misura del 10 per cento per gli utenti con reddito superiore a euro 65.000.

      6. Ai fini del computo effettivo della riduzione di cui al comma 5, si definisce reddito familiare di riferimento lordo quello ottenuto dalla somma dei redditi annui lordi di tutti i componenti il nucleo familiare convivente desunti dall'ultima dichiarazione dei redditi presentata alla data della notifica dell'offerta all'acquisto.
      7. Il totale del reddito familiare di riferimento lordo di cui al comma 6 è ridotto:

          a) di euro 2.500 per ogni familiare convivente a carico;

          b) di euro 10.000 per ogni familiare convivente disabile grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

      8. Le riduzioni di cui alle lettere da a) a g) del comma 5 del presente articolo sono inoltre raddoppiate in caso di un nucleo familiare che comprende un disabile grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1993, n. 104 considerando fino al primo grado di parentela rispetto all'avente diritto all'acquisto.
      9. Le riduzioni di cui al comma 5 sono ulteriormente ridotte per una quota pari al 50 per cento relativamente agli immobili

 

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considerati di particolare pregio. Sono considerati immobili di particolare pregio quelli per i quali ricorre anche uno solo dei seguenti criteri:

          a) esistenza per l'intero immobile di vincoli ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

          b) singole unità immobiliari a uso abitativo di superficie superiore a 120 metri quadrati;

          c) ubicazione in zone nelle quali il valore unitario medio di mercato degli immobili è superiore del 100 per cento rispetto al valore di mercato medio rilevato nell'intero territorio comunale, secondo i valori pubblicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio.

      10. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento ai conduttori degli alloggi di cui al comma 2, i soggetti di cui al comma 1:

          a) comunicano l'offerta di acquisto, contenente il prezzo, le condizioni di vendita e le modalità di esercizio del diritto;

          b) trasmettono il modello di risposta con il quale i conduttori esercitano i loro diritti per l'acquisto delle proprietà o, in alternativa, la volontà di continuare nella conduzione in locazione dell'alloggio.

      11. La responsabilità della comunicazione e del rispetto del termine di cui al comma 10 è attribuita al presidente e ai consigli di amministrazione dei soggetti di cui al comma 1, i quali ne rispondono anche personalmente. La procedura di cui al comma 9 è applicata anche per la prelazione di cui al comma 3 in favore degli ex IACP e dei comuni.
      12. Ai conduttori con reddito familiare di riferimento lordo non superiore a euro 50.000 è data facoltà di rateizzare il relativo corrispettivo in rate mensili di importo non superiore al 20 per cento del loro reddito mensile.

 

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      13. Entro sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione dell'offerta di cui al comma 10, lettera a), i conduttori, a pena di decadenza dal diritto di acquistare l'alloggio, trasmettono, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'atto di esercizio del diritto secondo le modalità indicate dal medesimo comma 10, lettera b), allegando:

          a) a titolo di caparra confirmatoria, un assegno circolare non trasferibile, ovvero una fideiussione bancaria o assicurativa rilasciata dai soggetti abilitati ai sensi della legge 10 giugno 1982, n. 348, di importo pari all'1 per cento del prezzo di vendita determinato prima della riduzione prevista dal comma 5;

          b) l'autocertificazione del reddito familiare di riferimento lordo necessaria per la determinazione del prezzo finale di vendita;

          c) l'impegno a sostenere le eventuali spese necessarie per l'accatastamento dell'alloggio;

          d) la richiesta di volersi avvalere della rateizzazione del corrispettivo nel caso di cui al comma 12.

      14. L'acquirente dell'immobile, qualora non sia il conduttore, contestualmente all'atto di acquisto è tenuto a stipulare un apposito contratto di locazione con i conduttori che hanno manifestato la volontà di continuare nella conduzione dell'alloggio. Il contratto ha la durata di:

          a) nove anni, se il reddito familiare di riferimento lordo non è superiore a euro 19.000, ovvero a euro 22.000 nel caso di famiglie con componenti ultrasessantacinquenni o disabili;

          b) sette anni, se il reddito familiare di riferimento lordo è superiore a quello indicato alla lettera a) ma non superiore a euro 33.000;

          c) quattro anni, se il reddito familiare di riferimento lordo è superiore all'importo di cui alla lettera b).

 

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      15. Nel caso in cui l'immobile non sia ceduto, il conduttore prosegue nel contratto di locazione ed è tenuto a corrispondere il canone in vigore al momento della vendita, aggiornato sulla base degli indici dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) annuali previsti per i canoni di locazione.
      16. Gli acquirenti degli alloggi di cui al presente articolo non possono rivenderli prima della scadenza del quinto anno dalla data di acquisto.
      17. I proventi derivanti dalla gestione o dalla vendita del patrimonio alloggiativo sono utilizzati per la realizzazione di nuovi alloggi e per la manutenzione di quelli esistenti.
      18. La presente legge si applica anche se il patrimonio immobiliare dei soggetti di cui al comma 1 è stato conferito a vari fini, compresa la vendita, a fondi immobiliari di qualsiasi genere o specie.


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