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PDL 5544

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5544



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DE ANGELIS, SALTAMARTINI, CERONI, LAGANÀ FORTUGNO, RAZZI, SCANDROGLIO

Disposizioni riguardanti la gestione e la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali privatizzati

Presentata il 23 ottobre 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — La questione abitativa, come sappiamo, rappresenta un problema sociale ed economico di primaria importanza che necessita di una doverosa attenzione da parte di tutte le istituzioni preposte alla sua regolamentazione. La casa non è un semplice bene materiale, ma parte integrante dell'esistenza stessa di ogni cittadino, è lo spazio vitale più intimo di ognuno di noi, uno spazio sacro e personale che va tutelato, difeso e garantito.
      Sulla questione abitativa incidono da anni diversi fattori e purtroppo molte carenze e tra queste vanno certamente annoverate le dismissioni degli enti previdenziali. Un aspetto, questo, certo specifico di una questione più generale, ma che riveste un significato concreto e reale che ha una portata e un'incidenza ben più che simboliche.
      Troppi cittadini hanno pagato e pagano a causa di procedure poco chiare e spesso contraddittorie che di certo hanno provocato in molti casi effetti sociali assolutamente non condivisibili. Eppure le procedure di dismissione di immobili pubblici avrebbero dovuto consentire, in linea di principio, una serie di tutele per gli inquilini più deboli.
      Il comparto degli enti previdenziali privati gestisce un patrimonio totale di circa 42 miliardi di euro, suddiviso per quasi il 30 per cento in immobili (12,6 miliardi di euro) e il resto in valori mobiliari.
      Sulla gestione di tale patrimonio nel tempo si è stratificata una normativa corposa e particolarmente complessa, con
 

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effetti evidentemente controproducenti, il cui prezzo è stato pagato dai cittadini italiani.
      Il decreto legislativo n. 509 del 1994 ha deciso la privatizzazione degli enti di previdenza ed assistenza non sottraendoli però alla funzione sociale e alla caratteristica di essere senza scopo di lucro.
      Gli enti previdenziali sono stati trasformati, a decorrere dal 1o gennaio 1995, in associazioni o in fondazioni con deliberazione dei competenti organi, a condizione che non usufruissero più di finanziamenti o altri ausili pubblici di carattere finanziario (articolo 1 del decreto legislativo n. 509 del 1994). Tali enti privatizzati, così come è disposto dal citato decreto legislativo «continuano a sussistere come enti senza scopo di lucro e assumono la personalità giuridica di diritto privato, ai sensi dell'articolo 12 (...) rimanendo titolari di tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni» (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 509 del 1994). Per quanto riguarda gli aspetti gestionali, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, dello stesso decreto legislativo, è statuito che «Le associazioni o le fondazioni hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile (...) in relazione alla natura pubblica dell'attività svolta».
      Data la natura pubblica dell'attività svolta, tali enti sono sottoposti alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'economia e delle finanze, oltre che a quella dei Ministeri competenti per ciascun ente, e della Corte dei conti. Tuttavia, gli enti previdenziali privatizzati hanno, nel tempo, gestito la res publica, cioè il patrimonio frutto di danaro pubblico, come se fosse una cosa privata, amministrata da soggetto privato.
      Tali comportamenti, inoltre, sono in contrasto anche con la normativa europea che, infatti, con la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, e con le pronunce della Corte di giustizia dell'Unione europea, ha affermato più volte che perché un organismo possa definirsi un ente pubblico occorre sempre verificare se soddisfa tre requisiti fondamentali, recepiti anche dal legislatore italiano all'articolo 3, comma 26, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006:

          1) il possesso di personalità giuridica;

          2) il requisito teleologico;

          3) l'influenza pubblica dominante.

      Non a caso il citato articolo 1 del decreto legislativo n. 509 del 1994 sul punto è chiaro nell'affermare che tali enti si privatizzano «(...) a condizione che non usufruiscano di finanziamenti o altri ausili pubblici di carattere finanziario». Al riguardo risulta necessario riflettere sulla circostanza per la quale tale requisito possa non venire soddisfatto e forse anche contraddetto, dal momento che la contribuzione obbligatoria di tipo solidaristico, posta a carico degli iscritti, potrebbe configurarsi come una forma indiretta di concorso finanziario dello Stato.
      Alla luce di quanto esposto emergono dei profili di illegittimità costituzionale nell'applicabilità della disciplina privatistica, non solo per stridente contrasto con i princìpi fondamentali della Carta costituzionale (articolo 3 della Costituzione), ma anche con la normativa europea e soprattutto con la citata direttiva 2004/18/CE che garantisce l'uguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge.
      Si rischia quindi di realizzare una disparità di trattamento tra inquilini, a seconda che questi abbiano stipulato un contratto di locazione con un ente pubblico o con un ente pubblico poi privatizzato. Non può che applicarsi, pertanto, alla gestione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali privatizzati, la normativa garantista prescritta per gli enti pubblici (decreto legislativo n. 104 del 1996).
      Il legislatore, con il citato decreto legislativo n. 104 del 1996, decide di disciplinare l'attività in campo immobiliare degli enti previdenziali – secondo una specifica tabella (allegata alla legge n. 70

 

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del 1975) la dismissione dei beni doveva avvenire per espressa previsione legislativa entro il 2 marzo 2001. Ben otto anni dopo, viene approvata la legge 23 agosto 2004, n. 243, nella quale, all'articolo 1, comma 38, norma definita di interpretazione autentica, il legislatore ha stabilito che l'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 104 del 1996, non si applica agli enti privatizzati ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994, ancorché la trasformazione in persona giuridica di diritto privato sia intervenuta successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n. 104 del 1996.
      La Suprema Corte, in merito a tale norma, (sezioni unite, con sentenza n. 20322 del 20 settembre 2006 – sezione terza, sentenze nn. 11937 e 11939 del 17 maggio 2010) si è espressa affermando che tale norma, seppur formulata come norma di interpretazione autentica, ha carattere innovativo e quindi conferma l'esigenza di tutela dei rapporti giuridici che, secondo le leggi previgenti, avevano previsto la prelazione o l'opzione legale a favore del conduttore qualificato. Appare pertanto evidente l'assoluta discriminazione operata nei confronti degli inquilini degli enti previdenziali privatizzati.
      È doveroso segnalare, in primo luogo, che tutto quanto finora affermato trova piena conferma nel decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che all'articolo 14 disciplina la soppressione, l'incorporazione e il riordino degli enti e degli organismi pubblici e in particolare, al comma 1 statuisce che alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) è attribuito il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti previdenziali privatizzati.
      L'ulteriore conferma è ravvisabile nel recente decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, in cui è previsto, ai sensi dell'articolo 5 che sostituisce il comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 196 del 2009, che «Ai fini dell'applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono (...) gli enti e i soggetti indicati ai fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010 (...)».
      In tale elenco figurano tutti gli enti previdenziali privatizzati, insieme all'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), qualificati espressamente come pubblica amministrazione sotto la dicitura «enti nazionale di previdenza e assistenza sociale».
      Sempre a riscontro dell'intrinseca natura pubblicistica di queste casse, non può non essere preso in considerazione quanto sancito dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e, in particolare, dal comma 11-bis dell'articolo 3, rubricato «Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni passive», che disciplina specificatamente la nuova procedura che gli enti previdenziali inseriti nel conto economico della pubblica amministrazione devono seguire nella dismissione immobiliare. È dunque ovvia la natura giuridica degli enti previdenziali privatizzati anche alla luce degli ultimi interventi normativi.
      Appare evidente, come già rilevato, che la materia è stata oggetto di una continua sovrapposizione normativa e che il quadro si complica anche in virtù di specifici interventi dell'Unione europea, quali ad esempio la citata direttiva 2004/18/CE, allegato III (modificabile solo seguendo la procedura allo scopo stabilita), che nell'elencare, in via non limitativa, gli organismi e le categorie di organismi di diritto pubblico, include espressamente in tale novero tutti gli enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza.
      Di fronte a tale scenario è pertanto necessario un tempestivo intervento normativo volto, da un lato, a chiarire il quadro generale della materia e, dall'altro, a garantire agli inquilini maggiori tutele, maggiori garanzie, maggiore trasparenza, maggiore controllo e prezzi più equi sia nelle vendite che negli affitti.
 

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      Tale intervento si rende necessario anche per evitare, lo ribadiamo, che si realizzi una disparità di trattamento tra gli inquilini, a seconda che questi abbiano, ab origine, stipulato il contratto locatizio con un ente pubblico o con un ente pubblico poi privatizzato, ma che conserva la sua natura di organismo di diritto pubblico relativamente alla sua causa e alla sua funzione.
      Alla luce di quanto descritto, lo scopo della presente proposta di legge è quello di intervenire affinché le evidenti contraddizioni che hanno finora caratterizzato la gestione del patrimonio degli enti previdenziali privatizzati siano definitivamente superate, nel pieno rispetto dei princìpi costituzionali e della normativa europea.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il comma 38 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, è abrogato.
      2. Alle dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti di cui all'elenco A allegato al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, anche se il patrimonio immobiliare è stato conferito a vari fini, ivi compresa la vendita, a fondi immobiliari.
      3. Gli enti di cui al comma 2 che non procedono alla dismissione del proprio patrimonio immobiliare o, nelle more della vendita, procedono alla stipula dei contratti di locazione ad uso residenziale o al rinnovo degli stessi riconoscendo all'inquilino il diritto di prelazione all'acquisto e il diritto di prelazione all'affitto. Le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di ulteriori quattro anni. Il canone di locazione è determinato attraverso la rendita catastale moltiplicata per quattro. Per i conduttori delle unità immobiliari ad uso residenziale con reddito familiare complessivo annuo lordo, determinato con le modalità previste dall'articolo 21 della legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni, inferiore a 20.000 euro, all'atto del rinnovo del contratto di locazione si applica una riduzione del 15 per cento del canone come determinato ai sensi del presente comma. Per le famiglie con componenti ultrasessantacinquenni o con componenti disabili il limite del reddito familiare complessivo lordo, determinato con le modalità indicate nel periodo precedente, è pari a 25.000 euro. La procedura di cui al presente comma si applica anche se il patrimonio

 

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è stato conferito o gestito da fondi immobiliari o da società terze.
      4. Per i contratti di locazione non ancora scaduti, il comma 3 si applica alla prima scadenza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge.
      5. Per i contratti di locazione scaduti per i quali è intervenuta formale disdetta, ma non è in corso procedura di sfratto per finita locazione, gli inquilini possono esercitare il diritto di prelazione all'affitto dell'appartamento precedentemente occupato sulla base dei canoni determinati ai sensi del comma 3.
      6. Le procedure di sfratto per finita locazione e quelle per morosità relative agli immobili di proprietà degli enti previdenziali di cui al comma 2, sono sospese a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Agli inquilini con procedura di sfratto è riconosciuto il diritto di prelazione all'affitto. A tale fine, l'ente previdenziale proprietario dell'immobile, è tenuto a inviare all'inquilino una comunicazione con la determinazione del canone di locazione definito ai sensi del comma 3, concedendo all'inquilino novanta giorni per decidere di stipulare un nuovo contratto alle nuove condizioni; decorso tale termine, la procedura di sfratto è nuovamente attivata.
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