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PDL 5137

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5137



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BARBARO, PERINA, PAGLIA

Disposizioni concernenti l'istituzione di un amministratore unico nelle società a totale partecipazione pubblica

Presentata il 18 aprile 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — La politica economica del Governo è fortemente condizionata dall'esigenza di reperire risorse per colmare l'ingente debito che lo Stato italiano ha accumulato negli anni.
      Per uscire dalla fase emergenziale in cui l'esecutivo è chiamato ad agire si sono scelti strumenti tra loro diversi tra cui la cosiddetta «spending review» e le liberalizzazioni.
      Da una parte si è optato per rivedere le spese delle amministrazioni centrali – con l'obiettivo di migliorare i servizi senza farne lievitare i costi – riducendo gli sprechi e le duplicazioni; dall'altra si è tentato di aumentare il tasso di concorrenza in vari settori della vita pubblica per favorire lo sviluppo economico.
      La proposta di legge sottoposta alla Vostra attenzione, se approvata, va nella stessa direzione della politica governativa: porterebbe infatti notevoli risparmi per la finanza pubblica e contribuirebbe a eliminare alcune situazioni appartenenti al vecchio modo di fare politica, agevolando la diffusione del criterio di efficienza nell'offerta dei servizi.
      La presente proposta di legge predisposta prevede l'abolizione dei consigli di amministrazione delle società a capitale interamente pubblico, costituite o partecipate – direttamente o indirettamente – da un unico ente od organismo pubblico e la contestuale sostituzione di un amministratore unico.
      Il provvedimento trova la sua giustificazione sia in una tendenza normativa affermatasi a partire dal 2007, sia in uno stato dei fatti non più accettabile.
      A tal proposito, abbiamo recentemente assistito a una crescita numerica delle
 

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aziende cosiddette «municipalizzate» che, a fronte di alti costi di funzionamento, hanno mostrato livelli di efficienza sotto la media nazionale e una produttività inferiore a quella del settore privato.
      Tali aziende, infatti, sono state spesso una sorta di camera di compensazione dei gruppi politici e strumento di una modalità di azione clientelare e spartitoria che ha prodotto inefficienza e bilanci in rosso e che ha contribuito ad alimentare lo scontento dei cittadini nei confronti della politica e dei suoi rappresentanti. A testimonianza di ciò, la riduzione del numero delle aziende municipalizzate e l'esigenza di un loro miglioramento funzionale sono frequentemente al centro dei programmi politici dei candidati alle elezioni locali, a prescindere dall'appartenenza partitica.
      Sul versante normativo, fin dal 2007 sono state adottate una serie di misure volte a contenere la proliferazione di società gestite da enti pubblici.
      Un primo importante intervento si è avuto con la manovra finanziaria dell'anno 2007 (legge n. 296 del 2006), con la quale il legislatore ha previsto una serie di misure per semplificare la struttura delle società controllate dalla pubblica amministrazione. In particolare, la legge finanziaria ha stabilito che nelle società il cui capitale fosse interamente di proprietà di enti locali, il numero massimo degli amministratori non avrebbe potuto superare le cinque unità ove il capitale sociale interamente versato avesse superato i 2 milioni di euro, ovvero tre unità ove il capitale sociale risultasse inferiore, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 giugno 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 7 agosto 2007.
      Successivamente il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», ha introdotto nuovi significativi obblighi: da una parte la riduzione numerica degli organi di amministrazione di tutti gli enti pubblici, anche economici, e degli organismi pubblici, anche con personalità di diritto privato; dall'altra una diminuzione del 10 per cento del compenso degli organi di amministrazione e di controllo delle società pubbliche.
      Sul primo fronte va peraltro rilevato che il citato decreto-legge ha esplicitamente citato nel disposto dell'articolo 6, comma 5, la possibilità che gli organi oggetto della modifica potessero già essere costituiti in forma monocratica, legittimando e rafforzando implicitamente tale tipo di impostazione strutturale.
      Con la legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007), è stato anche introdotto il divieto per le pubbliche amministrazioni di costituire società aventi ad oggetto la produzione e servizi non strettamente necessari al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ovvero di assumere o mantenere – direttamente – partecipazioni anche di minoranza in tali società.
      Con la stessa legge è stato inoltre disposto che le società costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali, istituite per lo svolgimento delle funzioni amministrative dell'ente (ad eccezione dei servizi pubblici locali), dovessero operare esclusivamente in favore degli enti costituenti, partecipanti o affidanti.
      Anche la Corte costituzionale, con la sentenza n. 326 del 2008, è intervenuta in materia stabilendo che la suddetta normativa non limitava il diritto di iniziativa economica degli enti territoriali, bensì imponeva agli stessi di esercitarlo distintamente dalle proprie attività amministrative, al fine di evitare possibili distorsioni al gioco della concorrenza.
      Sulla base di queste considerazioni, si è ritenuto opportuno proporre una misura strutturale avente la finalità di razionalizzare la materia delle società partecipate dagli enti locali, incidendo in parte sull'ampia discrezionalità lasciata all'ente locale nella riorganizzazione dei costi delle società da esso controllate.
      Allo stato attuale è infatti affidata alla volontà dell'amministrazione l'intervento razionalizzatore sugli statuti delle società, come già previsto dall'articolo 1, comma 729, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
 

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      In particolare, l'organo deputato alla modifica degli statuti delle società partecipate è il consiglio comunale, cui resta ampia discrezionalità di scelta in ordine al numero degli amministratori da nominare, tenuto conto che il legislatore statale ne ha indicato solamente il numero massimo. Se passasse la proposta di abolire i consigli di amministrazione delle aziende a totale partecipazione pubblica, con contestuale sostituzione di un amministratore unico, lo Stato potrebbe avere risorse rilevanti da investire in altri settori e nessun danno sarebbe causato alle minoranze politiche.
      La pubblicità dei bilanci delle aziende municipalizzate, infatti, sarebbe di per sé garante della possibilità per le forze politiche collocate all'opposizione negli organi delle istituzioni locali di esercitare una funzione di controllo e di vigilanza.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Nelle società a totale partecipazione pubblica, costituite o partecipate, direttamente o indirettamente, da un unico ente od organismo pubblico, l'amministrazione è affidata esclusivamente a un amministratore unico.

Art. 2.

      1. Tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, provvedono all'adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, l'attuazione della disposizione dell'articolo 1.

Art. 3.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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