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PDL 5394

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5394



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato SANTELLI

Disciplina dell'attività di rappresentanza di interessi

Presentata il 1o agosto 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — Il lobbismo – espressione generica con cui si definisce l'attività di rappresentanza svolta da professionisti esperti in settori di public governance – trova diversi gradi di riconoscimento normativo nel panorama europeo e internazionale.
      Negli Stati Uniti d'America (USA) la professione del lobbista fonda le sue radici agli inizi del secolo scorso e dal 1946 è disciplinata per legge e nelle democrazie più avanzate è anche sinonimo di partecipazione alla gestione della cosa pubblica.
      Tradizionalmente associato agli USA, dove il lobbying ha lunga storia e larga diffusione, il lobbismo connota infatti molti altri sistemi politici. La sua crescente importanza è strettamente legata a una fase storica centrata sulla riclassificazione dei rapporti fra Stato e società civile. Il lobbying è uno dei mezzi di rappresentanza politica degli interessi sociali organizzati che si afferma nel nome del pluralismo. Purtroppo, per i modi, specie in passato e in alcuni Paesi, con i quali molti interessi hanno cercato di entrare in politica, il termine ha accumulato intorno a sé non pochi sospetti.
      Innanzitutto occorre subito differenziarlo nettamente dalla corruzione: ove la corruzione è prevalente e sistematica, non c’è spazio per il lobbismo. Il lobbismo è, nella sua fisiologia, la rappresentanza socialmente riconosciuta di interessi palesi che si danno a tale fine un'apposita organizzazione politica (nella forma di una sede, in genere nella capitale, staff specialistico eccetera). Non è un fenomeno interstiziale ma è spesso una componente essenziale dell'intermediazione democratica: a Washington impegna decine di migliaia di operatori in rappresentanza di imprese, associazioni professionali, università, chiese eccetera, e forse 10.000 a Bruxelles.
      Mentre la cultura del lobbying non può improvvisarsi, vale subito marcare il fatto che ad esso non ricorrono solo interessi
 

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economici forti. Negli USA, ad esempio, le università di Harvard e di Princeton fanno lobbying per avere più fondi pubblici per la ricerca, in proprio e attraverso le molte associazioni di cui sono parte; la US Catholic Conference, il potente organo dei circa 300 vescovi degli USA, fa lobbying così come l'organizzazione storica dei neri (National Association for the Advancement of Colored People).
      Negli USA il lobbista intrattiene rapporti con tre arene istituzionali, che corrispondono ai tre poteri dello Stato. Interagisce in particolare con il Congresso, sponsorizzando progetti di legge e intervenendo in ogni fase del processo legislativo, dalla discussione in Commissione al voto in Aula. Lo stesso vale per la pubblica amministrazione, in genere aperta (a Washington come a Bruxelles) ai consigli e all’expertise informata dei rappresentanti privati.
      Senza entrare nei dettagli, vale la pena segnalare un punto di differenza e uno di somiglianza con l'Italia, tenuto conto dei recenti cambiamenti nella nostra burocrazia. La differenza sta nel fatto che negli USA il lobbying è visto come prassi costituzionalmente protetta dal I emendamento (1791), laddove prevede il diritto di petizione al Governo a riparazione di danni subìti per effetto dell'azione della pubblica amministrazione. C’è quindi una protezione costituzionale che manca da noi. Ma il sistema è informato a un principio, che potremmo dire dell'informata e responsabile partecipazione delle parti sociali all'elaborazione delle decisioni pubbliche, che anche da noi ha trovato un importante riconoscimento. Il riferimento è alla legge 7 settembre 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo; legge che per la prima volta ha previsto la «partecipazione al procedimento amministrativo» e alla definizione dei suoi contenuti discrezionali, di «Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché» dei «portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento». È stato un cambiamento importante che nelle intenzioni ha sovvertito le tendenze «unilateralistiche» della nostra pubblica amministrazione, in direzione di quella che Harold Laski chiamava «democrazia funzionale».
      Condizioni per molti versi analoghe a quelle degli USA si verificano in Europa. La Commissione europea, in particolare, coinvolge un numero elevato di lobbisti nella fase ascendente (quella dell'elaborazione) delle politiche decisionali. Si tratta di un canale parallelo, e spesso sovrapposto, a quello costituito dalle rappresentanze politiche dei singoli Stati. Il fenomeno è di tale portata e rilevanza che la Commissione ha adottato un Libro verde sulla trasparenza nelle attività di lobbying e ha istituito un apposito registro per i rappresentanti di interessi. Quest'anno il registro per la trasparenza, un'iniziativa congiunta della Commissione e del Parlamento europeo destinata alle organizzazioni e ai cittadini che svolgono attività di promozione, rappresentazione di interessi e lobbying, compie un anno. Il registro on line è stato istituito per offrire ai cittadini informazioni esaurienti su coloro che cercano di contribuire all'elaborazione delle politiche europee o di influire su di esse e costituisce un esempio innovativo di cooperazione tra istituzioni dell'Unione europea.
      L'anniversario coincide con la decisione del nostro Consiglio dei ministri di partecipare all'iniziativa inviando un osservatore al segretariato comune che si occupa quotidianamente della gestione del registro.
      Il vicepresidente del Parlamento europeo Rainer Wieland, con responsabilità specifica per le questioni di trasparenza, ha dichiarato: «Più persone utilizzano questo registro come strumento di informazione e più esso diventerà sempre più efficiente. Vorrei incoraggiare tutti gli interessati a firmare questo “patto di trasparenza” ed incoraggiare tutti i membri dell'Europarlamento a tenerlo come punto di riferimento per rimanere aggiornati».
      In Italia il lobbismo è presente ma sfugge alla regolazione degli organi di Governo nazionale. I lobbisti operano in assenza di precise condizioni e di tutela
 

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giuridica: da qui l'accezione negativa che spesso viene data al termine e alla categoria.
      Ma c’è di più: l'Italia rischia di diventare l'unico Paese europeo che, nel recepire una direttiva dell'Unione europea, potrebbe decidere di vietare l'attività di lobbying. Nella nuova normativa sulla corruzione (attualmente all'esame del Senato della Repubblica, atto Senato n. 2156-B), infatti, è previsto il nuovo reato denominato «traffico illecito di influenza», punibile fino a tre anni di reclusione. Le nuove disposizioni stabiliscono che chiunque paghi un terzo affinché cerchi di influenzare un qualunque decisore pubblico (dal Ministro al parlamentare, fino al consigliere comunale del più piccolo paese d'Italia) e da ciò tragga un vantaggio commette il reato di traffico illecito di influenza, ma questo vale anche nel caso in cui non ci sia alcuna illecita dazione di denaro al decisore medesimo.
      E questo è proprio il mestiere del lobbista, il lavoro di chi svolge attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi, economici o meno, nell'ambito dei processi decisionali. Paradossalmente, il testo potrebbe ricondurre alla fattispecie del reato perfino un sindacalista. In molti hanno avanzato serie perplessità sul punto ad esempio, Arturo Salerni, un penalista che fu collaboratore di Giuliano Pisapia nella commissione per la riforma del codice penale, ha sostenuto che «indeterminata com’è, la nuova norma rischierebbe solo di scontrarsi con l'articolo 25 della Costituzione, che prescrive parametri di tassatività e determinatezza» e ha aggiunto che, «rischia di essere criminalizzante rispetto a comportamenti da considerare non patologici ma fisiologici della vita pubblica. Messa in quei termini, perfino l'azione sindacale potrebbe intendersi come influenza illecita su un pubblico decisore».
      I lobbisti nulla hanno a che vedere con i faccendieri che spesso portano avanti i loro interessi in modo occulto e sono talvolta contrari all'ordine democratico. Un dato di cui forse varrebbe seriamente la pena di preoccuparsi è fornito dal «Reputation Institute» che si pronuncia annualmente sulle performance di 39 Paesi nei seguenti ambiti: avanzamento dell'economia, attrattive offerte dal territorio e gestione politica. L'ultimo documento risale alla seconda metà del 2011 e, relativamente alla gestione politica, vale a dire l'efficacia delle azioni di Governo, allo sviluppo sociale ed economico e alla partecipazione responsabile alla comunità globale, l'Italia non è neppure classificata. Questo dato ci deve fare riflettere su quanto siamo lontani dagli standard che caratterizzano l'Europa e l'Occidente in genere.
      Dopo circa quaranta anni di iniziative parlamentari o di Governo volte a tentare di disciplinare la professione del lobbista, il 14 giugno scorso la Camera dei deputati ha approvato un ordine del giorno (9/4434-A/10, Garagnani) che impegna il Governo a predisporre tempestivamente un provvedimento teso ad introdurre nel nostro ordinamento una disciplina specifica in materia di lobbying, anche al fine di circoscrivere la discrezionalità nell'applicazione della norma di cui all'articolo 346-bis del codice penale introdotto nel citato atto Senato n. 2156-B. Lo stesso Ministro della giustizia, Paola Severino Di Benedetto, ha dichiarato: «Ho intenzione di definire ciò che è lecito dato che il lobbying è lecito nella maggior parte dei Paesi avanzati e non vorrei che l'Italia si dotasse di una legislazione deteriore. Allo stesso modo è illecito un indebito pagamento per una indebita influenza».
      I professionisti del settore da anni si dicono disponibili a collaborare per trovare finalmente una buona regolamentazione anche in Italia per le legittime attività di relazione con le istituzioni. Il Presidente dell'Associazione italiana delle agenzie di relazioni pubbliche, Beppe Facchetti, in una lettera inviata lo scorso marzo al Presidente del Senato della Repubblica, Renato Schifani, ha scritto: «I professionisti e le aziende che si occupano correttamente di lobbying sono a disposizione del Parlamento perché – dopo una lunghissima attesa – si possa trovare una convergenza utile per un obiettivo che in
 

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USA e nell'Unione europea già garantisce un flusso informativo e di documentazione che è estremamente utile innanzitutto per le istituzioni democratiche».
      La pubblicità dei dati, delle informazioni e dei documenti prodotti dai rappresentanti di interessi sancisce la democraticità di accesso alle istituzioni e consente la partecipazione alla fase di elaborazione di progetti di legge e di regolamenti che richiama procedure di consultazione già in vigore presso altre istituzioni. È quindi necessario creare un sistema virtuoso che oltre alla trasparenza preveda un meccanismo premiale per i registrati ma che al contempo deve essere sanzionatorio per chi si sottrae agli obblighi previsti.
      La presente proposta di legge mira quindi, anche sulla base dell'avviata iniziativa europea, a far fare all'Italia un importante passo avanti verso la trasparenza, allineandoci così al processo in corso negli altri Paesi (dopo l'Austria a breve saranno approvate norme sul lobbying nel Regno Unito e in Irlanda) verso una sempre maggiore disclosure nei rapporti legittimi tra politica e interessi.
      A tal fine la proposta di legge individua, all'articolo 1, le finalità definendo nel successivo articolo 2 la rappresentanza di interessi, i rappresentanti di interessi, i portatori di interessi e i decisori pubblici. All'articolo 3 viene poi precisato che tutti coloro che svolgono attività di rappresentanza di interessi hanno l'obbligo di iscriversi a un registro pubblico, appositamente istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, e che ai fini dell'iscrizione devono avere i requisiti indicati dall'articolo 4.
      Nei successivi articoli 5 e 6 sono stabiliti gli obblighi in termini di trasparenza e di pubblicità della propria attività a carico dei rappresentanti di interessi e le modalità di accesso alle sedi istituzionali.
      L'articolo 7 dispone alcuni obblighi anche a carico del decisore pubblico in termini di verifica dell'effettiva iscrizione del rappresentante di interessi nel registro oltre che di denuncia di riscontrate violazioni da parte di quest'ultimo del codice deontologico di condotta. Infine, l'articolo 8 prevede, salvo che il fatto costituisca reato, uno specifico regime sanzionatorio che oltre a sanzioni pecuniarie stabilisce la sospensione o la cancellazione dal registro proporzionalmente alla gravità delle violazioni.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità e oggetto).

      1. La Repubblica riconosce l'importanza e la legittimità dell'attività di rappresentanza di interessi sociali, culturali ed economici, anche in favore di soggetti privati, e facilita la disponibilità e l'utilizzo di tutti gli strumenti di informazione da parte dei rappresentanti e dei portatori di tali interessi.
      2. La presente legge ha per oggetto la regolamentazione dell'attività di rappresentanza di interessi e si informa ai princìpi di pubblicità e di partecipazione, al fine di garantire la trasparenza dei processi decisionali, la conoscibilità dell'attività dei soggetti che intendono influenzare tali processi e una più ampia base informativa sulla quale i decisori pubblici possono fondare le proprie decisioni. Stabilisce altresì il diritto dei portatori di interessi, iscritti nel registro di cui all'articolo 3, ad avere accesso alle sedi istituzionali, agli uffici dei decisori pubblici e agli atti di qualsiasi genere connessi agli specifici interessi da essi rappresentati e ne regolamenta le modalità di esercizio.

Art. 2.
(Definizioni).

      1. Ai fini della presente legge si applicano le seguenti definizioni:

          a) rappresentanza di interessi: l'attività finalizzata a rappresentare posizioni, richieste ed esigenze di portatori di interessi attraverso la redazione e l'invio di documenti, suggerimenti, studi, ricerche e analisi e ogni altra comunicazione orale o

 

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scritta, ivi comprese quelle per via telematica. Non rientrano in tale attività le richieste di informazioni su provvedimenti legislativi o amministrativi e la partecipazione ad audizioni o a riunioni convocate o sollecitate dai soggetti indicati alla lettera d);

          b) rappresentanti di interessi: coloro che direttamente, o indirettamente su incarico dei soggetti di cui alla lettera c), rappresentano presso i soggetti di cui alla lettera d) interessi leciti, anche di natura non economica, al fine di influenzare il processo decisionale pubblico. In tale definizione sono compresi coloro che, anche nell'ambito o per conto di organizzazioni senza scopo di lucro, ovvero di organizzazioni il cui scopo sociale prevalente non è l'attività di rappresentanza di interessi, svolgono per tali organizzazioni l'attività di rappresentanza di interessi;

          c) portatori di interessi: i datori di lavoro che intrattengono un rapporto di lavoro dipendente con i rappresentanti di interessi avente come oggetto lo svolgimento dell'attività di cui alla lettera a), nonché i committenti che conferiscono ai rappresentanti di interessi uno o più incarichi professionali aventi come oggetto lo svolgimento dell'attività di cui alla citata lettera a);

          d) decisori pubblici: i membri del Governo nazionale, gli eletti nelle Assemblee legislative nazionali, i vertici degli uffici di diretta collaborazione del Presidente del Consiglio dei ministri, dei Ministri, dei Viceministri e dei Sottosegretari di Stato, i titolari di incarichi di funzione dirigenziale generale conferiti ai sensi dell'articolo 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, i vertici delle autorità indipendenti nell'esercizio dell'attività di regolazione.

      2. Le attività di cui alla lettera a) del comma 1 del presente articolo non possono essere svolte dai membri delle Camere o delle altre assemblee elettive nonché dai soggetti di cui agli articoli 15 e 19

 

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del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nei due anni successivi alla cessazione del mandato parlamentare ed elettivo, dell'incarico o dell'ufficio ricoperto.

Art. 3.
(Registro).

      1. Chi intende svolgere attività di rappresentanza di interessi presso i decisori pubblici ha l'obbligo di iscriversi nel registro pubblico dei rappresentanti di interessi, di seguito denominato «registro», istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che garantisce, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, la pubblicità dei contenuti di esso nell'ambito di una sezione dedicata e accessibile del proprio sito internet istituzionale, di seguito denominata «sezione», attraverso la pubblicazione e l'aggiornamento periodici dei dati comunicati dai rappresentanti di interessi.
      2. Nel registro sono indicati i seguenti dati, aggiornati periodicamente su richiesta dei rappresentanti di interessi:

          a) i dati anagrafici e il domicilio professionale del rappresentante di interessi;

          b) i dati identificativi del portatore di interessi per il quale è svolta l'attività di rappresentanza;

          c) l'interesse che si intende rappresentare, nonché i potenziali destinatari dell'attività di rappresentanza;

          d) le risorse economiche e umane di cui dispone il rappresentante di interessi per lo svolgimento della propria attività;

          e) la tipologia di rapporto contrattuale intrattenuto con il soggetto per il quale si svolge l'attività di rappresentanza.

 

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Art. 4.
(Requisiti).

      1. Ai fini dell'iscrizione nel registro il rappresentante di interessi deve essere in possesso dei seguenti requisiti:

          a) essere cittadino e residente in uno Stato membro dell'Unione europea;

          b) avere compiuto il venticinquesimo anno di età;

          c) non aver riportato condanne passate in giudicato per reati contro la personalità dello Stato, la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, l'ordine pubblico, l'incolumità pubblica, il patrimonio, la pubblica fede o la persona e non essere mai stato interdetto dai pubblici uffici;

          d) essere in possesso del diploma di laurea in materie giuridiche o di un altro titolo di studio equipollente. La disposizione non si applica nel caso in cui il rappresentante di interessi possa dimostrare, fermi restando i requisiti di cui alle lettere a), b) e c), di aver svolto continuativamente, per un periodo superiore a cinque anni, l'attività di rappresentanza di interessi.

      2. L'iscrizione nel registro è subordinata all'impegno scritto del rappresentante di interessi a rispettare il codice di deontologia adottato dal Presidente del Consiglio dei ministri, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa consultazione delle organizzazioni del settore maggiormente rappresentative a livello nazionale. Il codice di deontologia è pubblicato nella sezione.

Art. 5.
(Obblighi dei rappresentanti di interessi).

      1. A decorrere dall'anno successivo a quello di iscrizione nel registro, entro il 28 febbraio di ogni anno, il rappresentante di interessi trasmette, sotto la propria responsabilità,

 

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per via telematica, una relazione concernente l'attività svolta nell'anno precedente alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che garantisce la pubblicità dei contenuti di esso attraverso la pubblicazione nella sezione.
      2. La relazione di cui al comma 1 contiene:

          a) l'elenco delle società, associazioni, enti e organizzazioni per cui si è svolta l'attività di rappresentanza di interessi;

          b) gli argomenti specifici oggetto dell'attività di rappresentanza di interessi;

          c) l'elenco dei decisori pubblici nei confronti dei quali si è svolta attività di rappresentanza di interessi;

          d) le risorse economiche e umane impegnate per lo svolgimento dell'attività di rappresentanza di interessi, distinte per argomenti specifici;

          e) la dichiarazione di aver rispettato il codice di deontologia di cui all'articolo 4, comma 2.

      3. La Presidenza del Consiglio dei ministri può richiedere ai rappresentanti di interessi, ove necessario, la trasmissione di dati e di informazioni integrativi rispetto a quelli contenuti nella relazione trasmessa ai sensi del comma 1.
      4. La Presidenza del Consiglio dei ministri trasmette alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, un rapporto sulla verifica dell'attività dei rappresentanti di interessi svolta l'anno precedente. Il rapporto è contestualmente pubblicato nella sezione.
      5. Dalle attività di verifica di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 6.
(Accesso dei rappresentanti di interessi alle sedi istituzionali).

      1. Il rappresentante di interessi iscritto nel registro può incontrare i decisori pubblici

 

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presentando una richiesta scritta e motivata. Ha diritto di accesso agli atti di interesse del soggetto rappresentato ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e può seguire lo svolgimento dei lavori parlamentari in base alle modalità di accesso stabilite dagli Uffici di presidenza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e le autorità indipendenti limitatamente all'attività di regolazione, definiscono, con atti amministrativi, le modalità di accesso ai propri uffici dei rappresentanti di interessi iscritti nel registro.

Art. 7.
(Obblighi del decisore pubblico).

      1. Il decisore pubblico garantisce, previa verifica dell'iscrizione nel registro, il diritto del rappresentante di interessi di cui all'articolo 6, comma 1.
      2. L'attività di rappresentanza di interessi svolta nei confronti del decisore pubblico è resa nota, ove pertinente all'oggetto dei processi decisionali, facendone menzione nella relazione illustrativa e nel preambolo degli atti normativi nonché nelle premesse degli atti amministrativi generali.
      3. Il decisore pubblico che ritiene violato dal rappresentante di interessi il codice di deontologia di cui all'articolo 4, comma 2, o le disposizioni della presente legge, ne dà immediata comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Art. 8.
(Sanzioni).

      1. Salvo che il fatto costituisca reato, il rappresentante di interessi che svolge nei confronti di decisori pubblici l'attività di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), in

 

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assenza di iscrizione nel registro è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 euro a 200.000 euro.
      2. La falsità delle informazioni fornite all'atto di iscrizione nel registro o nei successivi aggiornamenti, la violazione degli obblighi previsti dal codice di deontologia di cui all'articolo 4, comma 2, il mancato deposito della relazione di cui all'articolo 5, comma 1, la falsità delle informazioni ivi contenute o la mancata ottemperanza alla richiesta di completare le informazioni, sono puniti con la censura, con la sospensione o, nei casi di particolare gravità, con la cancellazione dal registro.
      3. Le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 sono irrogate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con provvedimento motivato previo contraddittorio con il rappresentante di interessi.
      4. Il provvedimento di sospensione o di cancellazione dal registro è pubblicato, per estratto, entro trenta giorni dalla data di notificazione, a cura e a spese del responsabile delle violazioni, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico. Il rappresentante di interessi cancellato dal registro non può chiedere una nuova iscrizione prima di cinque anni dalla cancellazione.
      5. Le controversie relative all'applicazione dei commi 1, 2 e 3 sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
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