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PDL 5390

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5390



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato GALLI

Introduzione dell'articolo 280-bis del codice di procedura penale, concernente la misura cautelare personale della libertà su cauzione

Presentata il 31 luglio 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — Il tema della cauzione come misura alternativa alla limitazione della libertà prima del giudizio (ante judicium) è sicuramente un tema controverso.
      Volendo seguire un percorso che porti a un'Unione europea non solo economica e finanziaria, ma anche di giustizia, e avendo il fine di garantire parità di trattamento a tutti i cittadini europei in un campo delicato come quello processuale, ponendo nel contempo una particolare attenzione al problema del sovraffollamento delle carceri che sembra essere consolidato nel sistema penale italiano, è opportuno introdurre la misura cautelare della libertà su cauzione. Tale percorso non può che discendere dall'esame delle direttive europee in materia di disciplina della libertà personale, entro la quale il tema trova collocazione.
      Occorre considerare in primo luogo l'articolo 5 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955, nella cui previsione, in termini tassativi, dei possibili casi di privazione della libertà personale (paragrafo 1), il paragrafo 3 dà risalto all'ipotesi della persona che, dati i congrui presupposti [(paragrafo 1, lettera c)], sia stata arrestata o detenuta per essere tradotta – e ciò deve avvenire «al più presto» – davanti all'autorità giudiziaria competente. Per tale persona si sancisce il «diritto di essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere messa in libertà durante la procedura». La rimessione in libertà («mise en liberté», «relaese») – continua il paragrafo 3 – «può essere subordinata ad una garanzia che assicuri la comparizione
 

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della persona all'udienza». Non viene qui specificata la possibile gamma di tali garanzie, e piuttosto si fa un implicito e generico rinvio alle legislazioni interne. Nell'11a sessione (aprile 1959) del Consiglio d'Europa, l'Assemblea consultiva approvava la raccomandazione R 195 (1959), genericamente intestata alla «riforma del diritto penale» e diretta al Comitato dei ministri, perché tra l'altro invitassero gli Stati membri del Consiglio ad introdurre, nei rispettivi ordinamenti, determinati e rigorosi princìpi in materia di limitazione della libertà personale. Nel giugno dello stesso anno il Comitato dei ministri trasmetteva tale raccomandazione al Comitato europeo per i problemi criminali, che a sua volta si pronunciava su alcuni punti della raccomandazione stessa. A seguito di ciò i delegati dei Ministri, nel gennaio 1961, incaricavano lo stesso Comitato europeo di elaborare una specifica risoluzione destinata ai Governi degli Stati membri. A ciò si giunse con la risoluzione 65-1 del Consiglio d'Europa riguardante la carcerazione preventiva (approvata dal Comitato dei ministri nell'aprile e dal Consiglio d'Europa nel luglio 1965).
      Nel dichiarato intento di «promuovere e sviluppare l'applicazione dei princìpi» già riconosciuti nella richiamata Convenzione europea (articolo 5), si raccomandava tra l'altro ai Governi di delimitare in modo rigoroso la carcerazione preventiva – «non deve mai essere obbligatoria»; «dev'essere considerata come una misura eccezionale»; «non deve essere ordinata o mantenuta se non nel caso in cui è strettamente necessaria», e mai «a scopi punitivi» – e più in particolare si raccomandava una possibile «sostituzione» della carcerazione preventiva mediante il ricorso ad «altre misure», così l'esemplificate:

          «la custodia a domicilio;

          l'ordine di non lasciare un determinato luogo senza la preventiva autorizzazione del giudice;

          l'ordine di comparire periodicamente davanti ad alcune autorità;

          il ritiro del passaporto o di altro documento di identità;

          la prestazione di una garanzia;

          il collocamento degli imputati minorenni in un istituto specializzato».

      Per quanto riguarda le garanzie, è notevole il passaggio dalla previsione di garanzie in una prospettiva ex post, come condizione della rimessione in libertà, alla prospettiva ex ante della sostituzione, in partenza, della misura coercitiva.
      Le specificazioni tematiche proseguivano ulteriormente nel corso della IX conferenza dei Ministri europei della giustizia (Vienna, maggio 1974). Nella prima delle quattro risoluzioni adottate, veniva attivato l'incarico, in capo al Comitato europeo per i problemi criminali, di proseguire e approfondire la ricerca, nell'intento di «elaborare un complesso di norme europee» volte ad «assicurare l'applicazione e la messa in opera dei princìpi enunciati nella risoluzione 65-1 nel rispetto degli interessi legittimi della collettività».
      Nel giugno 1980, a livello di delegati, il Comitato dei ministri adottava la raccomandazione R(80)11 sul tema della carcerazione provvisoria che raccomandava ai Governi degli Stati membri «di vigilare affinché la loro legislazione e la loro pratica in materia» venissero ispirate ad una serie cospicua di princìpi, raggruppati in quattro parti. Mentre le prime due erano rispettivamente intitolate «Princìpi generali» e «Princìpi applicabili alle decisioni relative alla carcerazione provvisoria», la terza parte enunciava analiticamente i «Princìpi applicabili alle misure alternative».
      Di queste ultime, mentre si ripercorreva e si specificava ulteriormente la gamma delle esemplificazioni contenute nella risoluzione 65-1, più particolarmente a proposito di garanzie da configurarsi in diretta alternativa alla carcerazione provvisoria, così veniva previsto:

          «(...) prestazione di una cauzione o di altre garanzie da parte della persona, tenuto conto delle sue risorse;

 

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          prestazione di una garanzia da parte di un terzo».

      In tal modo, nel novero delle garanzie si dava specifico risalto alla misura – largamente accolta nell'ambito delle legislazioni europee – della cauzione, dando specifico, ma non esclusivo, rilievo alle risorse economiche della persona interessata e aggiungendo anche la misura omologa – al nostro ordinamento nota come «malleveria» – della garanzia prestata «da parte di un terzo».
      Nel preambolo dell'ultima raccomandazione si richiamava la presa in considerazione, da parte del redigente Comitato dei ministri, anche della pertinente giurisprudenza della Commissione e della Corte europea dei diritti dell'uomo.
      Con pronuncia in data 5 luglio 1976, la Commissione (n. 6148/73, Swiatkowski c. Regno Unito) ha precisato che la disposizione dell'articolo 5, paragrafo 3, della citata Convenzione, la quale prevede la possibilità di subordinare la messa in libertà della persona ad una garanzia che ne assicuri la sua comparizione all'udienza, mentre di per sé non implica un vero e proprio diritto alla libertà provvisoria, non limita la sua portata ad una mera declaratoria di possibilità.
      La Corte di Strasburgo ha avuto modo di prendere posizione in materia con due sentenze – entrambe in data 27 giugno 1968 – relative al caso Wemhoff (serie A, numero 7, p. 25, paragrafo 15) e al caso Neumeister (serie A, numero 8, p. 40, paragrafo 14).
      Nella prima la Corte ha puntualizzato che, allorquando il permanere della detenzione è motivato soltanto dal pericolo di fuga – e quindi dal rischio della non comparizione successiva davanti al giudice – la liberazione provvisoria deve essere ordinata allo scopo di assicurare tale comparizione e ha precisato che in procedimenti originati da affari finanziari ben si addice la determinazione, a livello consistente, di cauzioni o malleverie. E ciò nell'intento di costituire un freno sufficiente per scoraggiare velleità di fuga, più che di rapportarsi all'entità delle somme in gioco e di assicurare la riparazione del danno.
      In Italia va considerato che sia la prima delle due leggi delega al Governo per l'emanazione di un nuovo codice di procedura penale, la legge 3 aprile 1974, n. 108, che la seconda, la legge 16 febbraio 1987, n. 81, imponevano al legislatore delegato (articolo 2), oltre che il compito di «attuare i princìpi della Costituzione», in particolare anche quello di «adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale». E tra tali convenzioni ad assumere il primo posto è, indubbiamente, proprio la Convenzione citata.
      Sia la prima che la seconda delle due leggi stabilivano – per il legislatore delegato – il compito della «previsione di diverse misure di coercizione personale, fino alla custodia in carcere» e, nella seconda delega, della «previsione di misure diverse di coercizione personale, fino alla custodia in carcere»: in tal modo insistendo entrambe sulla pluralità delle misure e – nella logica di una graduazione in termini di progressività – sulla correlativa previsione di misure alternative rispetto alle più severe forme della carcerazione ante sententiam.
      Non erano difformi le previsioni, omologhe rispetto a quelle dell'articolo 5 della Convenzione, contenute nell'articolo 9 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato il 19 dicembre 1966 e reso esecutivo dalla legge n. 881 del 1977. Anche alle previsioni di questo articolo era senz'altro riferibile il richiamato obbligo di «adeguamento» previsto per il legislatore delegato: quanto alle alternative alla detenzione ante sententiam, nel paragrafo 3 dell'articolo 9 era previsto che la rimessione in libertà potesse essere subordinata a delle garanzie in grado di assicurare, non solo, come statuiva il paragrafo 3 del predetto articolo 5 della Convenzione, «la comparizione dell'interessato all'udienza», ma anche la comparizione anche «in rapporto a tutti gli altri atti della procedura e, se del caso, per l'esecuzione della sentenza». Nel corso dei lavori preparatori, e

 

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cioè nel passaggio dai «princìpi e criteri direttivi» delle leggi di delega alla fase della codificazione, è stata decretata la scomparsa della cauzione quale misura sostitutiva della custodia cautelare in carcere.
      Nel codice di procedura penale del 1930 (articoli 282 e successivi) si prevedeva l'istituto della cauzione (e così pure l'omologo istituto della malleveria) come strumento di garanzia patrimoniale per l'adempimento degli obblighi imposti con il provvedimento di liberazione come misura sostitutiva ex post: successiva, cioè, alla carcerazione e alternativa al protrarsi della medesima. Una sorta di cauzione (o malleveria) liberatoria, e non era mancato l'auspicio che le due misure subissero un'evoluzione, così da poter divenire misure autonome e, come tali, sostitutive ex ante della carcerazione: a cominciare dall’iter di attuazione della prima legge delega, per la cauzione e per la malleveria fu invece decretato una sorta di generale e radicale ostracismo. In sede di commissione ministeriale redigente (1975), essendo presente il rilievo che il progetto di articolato relativo alle misure di coercizione personale aveva intenzionalmente omesso di riprendere, dall'impostazione del codice del 1930, l'istituto della cauzione, «a causa della efficacia discriminatoria di fatto di tale provvedimento», alla fine di una riunione e con il parere favorevole del presidente, l'istituto fu però «reintrodotto» a larga maggioranza, con un emendamento diretto a «tener conto delle possibilità economiche dell'imputato».
      Lo schema redatto dalla commissione ministeriale passava poi all'esame della commissione consultiva e, in tale sede, a proposito del mantenimento della cauzione (come semplice misura sostitutiva ex post della carcerazione preventiva), la commissione, all'unanimità, si dichiarava «contraria al mantenimento della misura (...), sia per il carattere potenzialmente discriminatorio della cauzione, sia perché il rispetto delle prescrizioni connesse alle misure coercitive è adeguatamente assicurato dalla prevista possibilità di applicare, in caso di trasgressione, una misura più grave».
      Nella relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale (1978), mentre si dava particolare risalto alla «creazione di nuove misure di coercizione personale idonee a surrogare la carcerazione preventiva che tradizionalmente è stata concepita come la misura coercitiva per eccellenza», quanto alla cauzione si dava atto di aver aderito alla proposta, formulata dalla commissione consultiva, di sopprimere la misura, così come a suo tempo configurata nel codice in vigore.
      La prima motivazione di tale scelta riguardava il carattere «potenzialmente discriminatorio» della cauzione, ma si dava poi spazio al teorema che la cauzione, «delineata come versamento di una somma per assicurare l'adempimento degli obblighi conseguenti a misura di coercizione non avrebbe avuto molte probabilità di funzionare efficacemente», estromettendo la cauzione dalla riforma, senza prendere atto che tale istituto funziona egregiamente in altri ordinamenti.
      Nell'attuazione della seconda delega, il progetto preliminare (1988) non menziona la cauzione e altrettanto avviene in sede di relazione ministeriale, anche se si dà tutta evidenza al principio di adeguatezza delle misure cautelari (consacrato nell'articolo 275 del codice di procedura penale) – e in particolare alla custodia cautelare in carcere, da considerare «davvero un’extrema ratio» – e al principio di proporzionalità.
      Singolare è la vicenda della legge 5 agosto 1988, n. 330 (recante «Nuova disciplina dei provvedimenti restrittivi della libertà personale nel processo penale»).
      Sviluppando le leggi 12 agosto 1982, n. 532, e 28 luglio 1984, n. 398, l'articolo 43 della legge contiene una sostanziale modifica dell'allora vigente articolo 282 del codice di procedura penale, trasformando la cauzione da rafforzamento dei vincoli derivanti dalla concessione della libertà provvisoria a misura autonoma, anche da sola sufficiente «a tutelare le esigenze cautelari» indicate dall'articolo 253 dello stesso codice, e in deroga alle sue previsioni.
 

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      Approvata nemmeno due mesi prima del decreto presidenziale delegato di approvazione del nuovo codice di procedura penale (decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447), quella nuova misura ebbe vita breve. Infatti, la citata legge n. 330 del 1988, che anticipava i criteri generali di fondo per le misure cautelari (adeguatezza e proporzionalità), altrettanto non fece per la cauzione, che a partire dal 24 ottobre 1989 non per più considerata.
      Una scelta su cui la dottrina esprime ben più di una riserva critica: Chiavario, «Processo e garanzie della persona», 3a edizione, volume II, 1984, p. 351), notava come «una soluzione estrema che, forse, può diventare, nella sua radicalità, controproducente, impedendo di usare anche nei casi opportunamente manovrabili con riferimento al criterio delle condizioni economiche del soggetto un mezzo non del tutto inutile» (l'autore non mancava neanche di fare riferimento alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani) mentre Conso («Cauzione = privilegio?», in La Stampa del 6 aprile 1980, p. 1) prudentemente e anche in coerenza con posizioni assunte in passato, continuava a propugnare la «sopravvivenza» della cauzione; anche diversi anni dopo, quando il nuovo codice di procedura penale era ormai stato approvato ci fu chi ebbe a lamentare i «termini fin troppo drastici» con i quali anche il progetto di attuazione della seconda delega aveva estromesso la cauzione (Grevi, in AA.VV., «La libertà personale dell'imputato verso il nuovo processo penale», a cura dello stesso, 1989, p. 279; e ciò in coerenza con il più remoto, ma diretto, auspicio di veder congegnata la cauzione come misura adottabile anche ab origine: voce «Libertà personale dell'imputato», in «Enciclopedia del diritto», volume XXIV, 1974, p. 403).
      È ora il caso di seguire lo stesso percorso della disciplina europea dal testo dell'articolo 5, paragrafo 3, della citata Convenzione, alla risoluzione 65-1 e alla raccomandazione R(80)11, proponendo una nuova disciplina di diritto interno, adeguandosi alla stessa Convenzione, che due leggi delega avevano imposto al legislatore delegato, rivalutando l'istituto della cauzione, ispirandosi alle tradizioni processuali dei Paesi anglosassoni.
      Ricordiamo l'VIII emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America che vieta di «esigere cauzioni esorbitanti»: una regola di proporzionalità (articolo 275, comma 2, del codice di procedura penale), che accredita istituzionalmente la cauzione, pur senza sancire che ogni imputato abbia diritto alla libertà contro cauzione.
      Ricordiamo anche la disciplina vigente nel Regno Unito, in cui il rilascio dietro cauzione viene fatto discendere direttamente dal principio della presunzione di innocenza.
      Il Bail Act del marzo 1976 in qualche misura sancisce il «right to bail», ovvero il diritto dell'accusato di restare in libertà, salvo una motivata decisione della corte la quale accerti che se lasciato libero non comparirebbe in giudizio o commetterebbe un reato o intralcerebbe l'attività giudiziaria.
      La maggioranza degli altri sistemi processuali riconosce la cauzione o come misura cautelare del tutto indipendente e separata o come misura sostitutiva della custodia in carcere.
      Particolarmente interessanti sono gli assetti normativi e le pratiche di attuazione concreta della Francia e del Portogallo.
      Nella prima la cauzione fa parte della disciplina del «controle judiciaire» introdotta nel 1970, e poi emendata da una legge del 15 giugno 2000, a seguito della quale è stabilito (articolo 138, n. 11, del codice di procedura penale) che il giudice istruttore fissa l'ammontare e i termini di versamento, in una o più rate, «in particolare tenuto conto delle risorse economiche e dei carichi di famiglia» dell'interessato.
      In Portogallo, dove il 22 gennaio 1987 è stato promulgato un nuovo Código de Processo Penal, (Lei n. 43/86, del 26 settembre e decreto-lei n. 78/87, del 17 febbraio), proprio per l'attenzione rivolta alle regole del Consiglio d'Europa, si è decretata
 

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l'eliminazione della categoria dei «crimes incaucionaveis» (crimini non cauzionabili), affidando al giudice le singole determinazioni nei casi concreti.
      In un sistema come quello previsto dal nostro codice di procedura penale, che assume una vasta gamma di misure coercitive «fino alla custodia in carcere» (articolo 285), che (articolo 275, comma 3) «può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata», la cauzione può verosimilmente trovare un suo spazio: forse limitato, ma ragionevolmente al riparo dal rischio di possibilità discriminatorie, tenuto anche conto della possibilità di graduare adeguatamente l'ammontare della cauzione e anche i tempi delle relative corresponsioni.
      Contribuendo a diminuire il numero delle carcerazioni cautelari, una nuova disciplina della cauzione contribuirebbe a sanare un male che si manifesta nel nostro sistema carcerario, ovvero la promiscuità tra imputati e condannati, in spregio del citato Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici secondo cui, salvo casi eccezionali, gli accusati devono essere tenuti separati dai condannati e sottoposti a un regime distinto, appropriato alla loro condizione di persone non condannate. Lo stesso spirito che caratterizza le varie «regole minime per il trattamento dei detenuti» elaborate nell'ambito del Consiglio d'Europa.
      L'introduzione della libertà su cauzione, oltre a porre un argine al sovraffollamento delle carceri e al conseguente miglioramento delle condizioni dei detenuti, potrebbe contribuire a un significativo abbattimento del contenzioso in materia di impugnazioni dei provvedimenti coercitivi, oltre che – anche con risparmio di risorse pubbliche di carattere economico – in tema di riparazione dell'ingiusta custodia cautelare. Ne potrebbe anche derivare un risparmio di risorse umane, in termini di personale di polizia richiesto per i controlli inerenti all'esecuzione dell'altra misura alternativa rappresentata dagli arresti domiciliari.
      Si può anche aggiungere che tale auspicabile ripristino potrebbe portare a costituire – come già avveniva ai sensi dell'articolo 294, secondo comma, del codice di procedura penale del 1930 – qualche utile accantonamento al quale, in caso di condanna, attingere per il ricupero di somme dovute allo Stato o ai privati danneggiati dal reato.
      La presente proposta di legge consta di un solo articolo che prevede l'introduzione nel codice di procedura penale dell'articolo 280-bis con il quale si stabilisce la possibilità del giudice per le indagini preliminari di determinare per l'imputato, anche su sua richiesta e nei casi previsti, la libertà su cauzione prima dell'esercizio dell'azione penale, ovvero dietro il pagamento, anche da parte di terzi, di una somma commisurata alla gravità del fatto e alle condizioni economiche dell'imputato. La libertà su cauzione potrà essere disposta solo per le situazioni che non ricadono nel disposto degli articoli 273, 274 e 275 del codice di procedura penale e non può essere applicata a reati di particolare gravità, quali quelli per cui è previsto l'ergastolo, quelli di stampo mafioso e quelli di particolare negatività sociale, come la violenza sessuale, la diffusione di materiale pedopornografico e la violenza su minori. Le somme versate per la cauzione dovranno essere depositate su un conto fruttifero i cui interessi saranno, alla fine del procedimento giudiziario, attribuiti al Ministero della giustizia, e la cui parte capitale sarà attribuita, nel caso la persona sotto accusa non si presenti a tutti gli atti della procedura, non abbia soddisfatto gli obblighi del controllo giudiziario o non si sia sottoposto all'esecuzione del giudizio e in caso di condanna definitiva dell'imputato, allo stesso Ministero ovvero, in caso di assoluzione definitiva, restituita all'imputato.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo l'articolo 280 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
      «Art. 280-bis. – (Libertà su cauzione). – 1. Nei casi previsti dall'articolo 280, comma 2, il giudice per le indagini preliminari può determinare per l'imputato, anche su richiesta della difesa, di concedere, in alternativa alla misura cautelare di cui agli articoli 284, 285 e 286 e prima dell'esercizio dell'azione penale, la libertà su cauzione, dietro il pagamento di una somma commisurata alla gravità del fatto e alle condizioni economiche dell'imputato.
      2. La cauzione di cui al comma 1 può essere versata a favore dell'imputato anche da soggetti terzi.
      3. La libertà su cauzione non può essere concessa nei casi di cui agli articoli 273, 274 e 275.
      4. La libertà su cauzione non può essere altresì concessa quando il reo si trovi nelle condizioni di cui agli articoli 99, recidiva, 101 reati della stessa indole, 102, abitualità presunta dalla legge, 103, abitualità ritenuta dal giudice, 105, professionalità nel reato e 108, tendenza a delinquere, del codice penale.
      5. La libertà su cauzione non può essere applicata ai reati previsti dagli articoli 241, attentati contro l'integrità, l'indipendenza o l'unicità dello Stato, 242, cittadino che porta le armi contro lo Stato italiano, 243, intelligenze con lo straniero a scopo di guerra contro lo Stato italiano, 244, atti ostili verso uno Stato estero che espongono lo Stato italiano al pericolo di guerra, 245, intelligenze con lo straniero per impegnare lo Stato italiano alla neutralità o alla guerra, 246, corruzione del cittadino da parte dello straniero, 247, favoreggiamento bellico, 248, somministrazione

 

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al nemico di provvigioni, 249, partecipazione a prestiti a favore del nemico, 250, commercio con il nemico, 251, inadempimento di contratti di forniture in tempo di guerra, 252, frode in forniture in tempo di guerra, 253, distruzione o sabotaggio di opere militari, 254, agevolazione colposa, 255, soppressione, falsificazione o sottrazione di atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato, 256, procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato, 257, spionaggio politico o militare, 258, spionaggio di notizie di cui è stata vietata la divulgazione, 259, agevolazione colposa, 260, introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio, 261, rivelazione di segreti di Stato, 262, commi secondo e terzo, rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione, 263, utilizzazione dei segreti di Stato, 264, infedeltà in affari di Stato, 265, disfattismo politico, 266, commi secondo e terzo, istigazione di militari a disobbedire alle leggi, 267, disfattismo economico, 270, associazioni sovversive, 270-bis, associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico; 270-ter, assistenza agli associati, 276, attentato contro il Presidente della Repubblica, 277, offesa alla libertà del Presidente della Repubblica, 278, offesa all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica, 280, attentato per finalità terroristiche o di eversione, 280-bis, atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi, 283, attentato contro la Costituzione dello Stato, 284, insurrezione armata contro i poteri dello Stato, 285, devastazione, saccheggio e strage, 286, guerra civile, 287, usurpazione di potere politico o di comando militare, 288, arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero, 289, attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali, 289-bis, sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, 295, attentato contro i Capi di Stato esteri, 296, offesa alla libertà dei Capi di Stato esteri, 302, istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi primo e secondo, 304, cospirazione politica mediante accordo, 305, cospirazione
 

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politica mediante associazione, 306, banda armata: formazione e partecipazione, 416, associazione per delinquere, 416-bis, associazioni di tipo mafioso anche straniere, 416-ter, scambio elettorale politico-mafioso, 419, devastazione e saccheggio, 420, attentato a impianti di pubblica utilità, 422, strage, 435, fabbricazione o detenzione di materie esplodenti, 438, epidemia, 439, avvelenamento di acque o di sostanze alimentari, 575, omicidio, 578, infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale, 600, riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, 600-bis, prostituzione minorile, 600-ter, pornografia minorile, 600-quinquies, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, 601, tratta di persone, 602, acquisto e alienazione di schiavi, 605, sequestro di persona, 609-bis, violenza sessuale, 609-quater, atti sessuali con minorenne, 609-octies, violenza sessuale di gruppo, 630, sequestro di persona a scopo di estorsione e 648-bis, riciclaggio, del codice penale.
      6. Il versamento della cauzione non può essere soggetto a rateizzazioni.
      7. La libertà su cauzione può essere revocata, in qualunque momento, dal giudice competente, al verificarsi di una delle condizioni ostative alla concessione della stessa.
      8. Le somme versate a titolo di cauzione sono depositate su un conto fruttifero i cui interessi sono attribuiti al Ministero della giustizia, e la cui parte capitale è attribuita, in caso di inosservanza della presenza a tutti gli atti della procedura, di inosservanza degli obblighi del controllo giudiziario o sottoposizione all'esecuzione del giudizio e di condanna definitiva dell'imputato, al medesimo Ministro ovvero restituita all'imputato in caso di assoluzione definitiva».
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