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PDL 5184

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5184



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DUILIO, LULLI, REALACCI, FIORONI, FOGLIARDI, PEZZOTTA, BOBBA, DI BIAGIO, FAVA, LUCÀ, PALMIERI, SARUBBI, AMICI, BACCINI, BARETTA, BENAMATI, BERNARDO, BOSSA, BRAGA, BURTONE, CALGARO, CASTAGNETTI, CAVALLARO, CENNI, CIMADORO, CODURELLI, CORSINI, DE PASQUALE, DE POLI, DELFINO, DI CENTA, ESPOSITO, RENATO FARINA, FARINONE, FAVIA, FRONER, GIOVANELLI, GRANATA, LENZI, MARAN, MELIS, MIOTTO, MOTTA, MURO, NANNICINI, NARDUCCI, PALADINI, PALOMBA, PALUMBO, MARIO PEPE (PD), PIFFARI, PIZZETTI, QUARTIANI, RAISI, ROSATO, ROSSO, RUBINATO, SERVODIO, STRIZZOLO, TOUADI, TULLO, VANNUCCI, VICO, VIOLA, ZUCCHI

Disposizioni per la promozione del commercio equo e solidale e la disciplina del suo esercizio

Presentata il 9 maggio 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge vuole rispondere a un'esigenza di chiarezza e di inquadramento giuridico nei confronti di un fenomeno in progressiva crescita, non solo in termini economici, quale quello del commercio equo e solidale.
      Nato originariamente negli anni cinquanta nel nord Europa come settore di nicchia, nel corso di pochi decenni il commercio equo e solidale ha conosciuto una notevole espansione grazie al concorso di molteplici fattori: dalla progressiva estensione delle aree geografiche coperte, nonché del quantitativo e delle tipologie dei beni commerciali, alla creazione di strutture internazionali, per giungere, non da ultimo, anche all'utilizzo dei canali
 

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della grande distribuzione, della distribuzione automatica e della ristorazione collettiva.
      A livello mondiale, l'andamento del fatturato dei prodotti certificati Fairtrade è passato da 238 milioni di euro nel 2001 a 4,36 miliardi di euro nel 2010 (fonte Fairtrade International), coinvolgendo un numero complessivo di 905 organizzazioni di produttori certificati in 62 Paesi e quasi 100 Paesi consumatori.
      Solamente in Europa, il movimento del commercio equo coinvolge nel suo circuito più di 5 milioni di produttori, 200 organizzazioni importatrici, 3.000 botteghe del mondo in 25 Paesi e 100.000 volontari. Tra gli Stati membri dell'Unione europea, la rete commerciale del commercio equo e solidale è particolarmente diffusa in Germania, Francia, Italia, Norvegia, Olanda, Gran Bretagna e Svizzera, mentre le prime esperienze si stanno diffondendo anche nei Paesi di nuova adesione all'Unione.
      Attualmente, in Italia, dove il movimento del commercio equo e solidale si è diffuso a partire dagli anni ottanta, sono presenti 92 organizzazioni equosolidali associate all'assemblea generale italiana del commercio equo e solidale (AGICES). Queste organizzazioni gestiscono 269 botteghe del mondo distribuite in 16 regioni italiane, garantendo uno spazio di lavoro a oltre 1.000 persone e coinvolgendo circa 5.000 volontari. Tali botteghe, oltre a occuparsi della vendita dei prodotti del commercio equo e solidale (con ricavi di 72.147.741 euro nel 2009), svolgono un'importante attività di informazione e di sensibilizzazione della società civile su queste tematiche.
      Nel nostro Paese si registrano, inoltre, 125 aziende licenziatarie del marchio Fairtrade e 600 prodotti certificati Fairtrade distribuiti in più di 10.000 punti vendita, con un valore al consumo stimato al 2011 in circa 56 milioni di euro e con un coinvolgimento nel commercio equo certificato di circa 8 milioni di lavoratori della terra (cooperative e piantagioni).
      La rilevanza del fenomeno è stata riconosciuta anche in diverse sedi istituzionali e a differenti livelli di governo: sovranazionale, regionale e locale.
      L'Unione europea già da diversi anni ha invitato gli Stati membri a promuovere la cultura del commercio equo e solidale. Il Parlamento europeo ha riconosciuto in più occasioni l'importanza e il valore sociale del commercio equo (risoluzioni numeri A3-0373/93, A4-198/98, A6-0207/2006) e ha invitato la Commissione europea e i legislatori nazionali a promuovere una serie di misure volte a premiare prodotti certificati equo solidali, incoraggiando la creazione di un marchio comune e favorendo una politica di incentivi.
      Sono diverse, inoltre, le regioni italiane che, pur in assenza di un quadro normativo di riferimento a livello nazionale, hanno deciso di disciplinare il settore. La prima regione ad approvare una legge interamente dedicata al commercio equo e solidale è stata la Toscana (legge regionale 23 febbraio 2005, n. 37), seguita da Friuli Venezia Giulia (legge regionale 5 dicembre 2005, n. 29), Abruzzo (legge regionale 28 marzo 2006, n. 7), Umbria (legge regionale 16 febbraio 2007, n. 3), Liguria (legge regionale 13 agosto 2007, n. 32), Marche (legge regionale 29 aprile 2008, n. 8), Lazio (legge regionale 4 agosto 2009, n. 20), Piemonte (legge regionale 28 ottobre 2009, n. 26), Emilia-Romagna (legge regionale 29 dicembre 2009, n. 26) e, da ultimo, Veneto (legge regionale 22 gennaio 2010, n. 6). Sono numerosi, inoltre, i progetti di legge regionali attualmente in corso di approvazione (ad esempio in Lombardia).
      Anche a livello locale, molte amministrazioni comunali e provinciali hanno manifestato grande interesse e sensibilità per questa tematica attraverso sia l'introduzione di considerazioni relative al commercio equo e solidale nei bandi di gara che la partecipazione ad iniziative di sensibilizzazione sui propri territori, quali, ad esempio, la campagna «Città eque e solidali», promossa da Fairtrade Italia, AGICES, Coordinamento agende 21 locali italiane e Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, con l'adesione di alcune organizzazioni no profit.
 

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      A livello nazionale, invece, il nostro Paese non ha ancora riconosciuto ufficialmente l'importanza di questa esperienza attraverso una legge di riordino del settore.
      Fino ad ora, infatti, si sono avute solamente due mozioni, approvate all'unanimità dai due rami del Parlamento nel biennio 2002-2003 (mozione del senatore Iovene al Senato della Repubblica e mozione dell'onorevole Fioroni alla Camera dei deputati) che, partendo dalla constatazione del crollo del prezzo del caffè e del cacao con conseguenti ricadute negative sulla manodopera locale con forme di lavoro e di remunerazione spesso simili alla schiavitù, impegnavano il Governo a favorire la promozione e la diffusione del commercio equo e solidale.
      Con la presente proposta di legge si vuole rispondere concretamente a questa esigenza e, in particolare, raggiungere un triplice obiettivo.
      In primo luogo, riconoscere ufficialmente il ruolo svolto da tutti i soggetti che operano a diverso titolo nel commercio equo e solidale, con indicazioni e definizioni precise (articolo 2) in merito al significato e alle finalità che deve perseguire questa forma di commercio per potersi definire tale.
      In secondo luogo, fornire a tutti i soggetti interessati e, in particolare, ai consumatori, garanzie di trasparenza e di correttezza sulle modalità produttive e sulle prassi produttive ed organizzative attuate in Italia e nei Paesi del sud del mondo dalle molteplici organizzazioni che operano in tale settore. Il futuro stesso del commercio equo e solidale si basa, infatti, sulla fiducia che i consumatori ripongono nel rispetto dei criteri ispiratori dell'attività da parte di tutti i soggetti che operano all'interno della filiera produttiva. L'attuale mancanza di controlli e di trasparenza rischia, pertanto, di dare spazio a possibili comportamenti opportunistici che potrebbero compromettere l'attività e gli sforzi anche dei più meritevoli. Per tali ragioni è necessario procedere alla previsione sia di un sistema di certificazione univoco e controllato, che attesti i processi produttivi delle merci provenienti dal circuito del commercio equo e solidale, che di un meccanismo di registrazione dei soggetti esercenti attività di commercio equo e solidale in appositi albi e registri tenuti a livello nazionale (articolo 6).
      Da ultimo, promuovere e finanziare una serie di azioni di sostegno a beneficio sia dei prodotti equo e solidali che delle organizzazioni che operano in tale settore, così come avviene già da alcuni anni in altri contesti nazionali (ad esempio in Germania e in Inghilterra). Tali interventi prevedono diverse forme di agevolazioni ed incentivi per gli investimenti delle organizzazioni del commercio equo e solidale (articolo 9), la promozione all'interno degli uffici pubblici di prodotti del commercio equo e solidale (articolo 10), nonché l'organizzazione, come momento di promozione e di confronto tra culture, della Giornata nazionale del commercio equo e solidale (articolo 11).
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
FINALITÀ DEL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE E DEFINIZIONI

Art. 1.
(Oggetto e finalità).

      1. La Repubblica, nel quadro delle politiche a sostegno della cooperazione internazionale e dell'economia sociale, nel rispetto dei princìpi di solidarietà della Costituzione, riconosce al commercio equo e solidale una funzione rilevante nella crescita economica e sociale nelle aree economicamente marginali del pianeta, nella pratica di un modello di economia partecipata, attenta alla conservazione dell'ecosistema, socialmente sostenibile e rispettosa dei diritti e dei bisogni di tutti i soggetti che sono parte dello scambio economico e nella promozione dell'incontro fra culture diverse.
      2. La presente legge favorisce un più ampio e trasparente accesso al mercato nazionale delle merci prodotte, trasformate e distribuite attraverso le filiere del commercio equo e solidale, in un contesto di concorrenza leale e di adeguata protezione dei consumatori. A tale fine sono stabilite adeguate procedure di riconoscimento delle organizzazioni del commercio equo e solidale e di certificazione dei relativi prodotti e sono previsti strumenti di incentivazione e di promozione delle buone prassi di commercio equo e solidale.

Art. 2.
(Definizioni).

      1. Ai fini della presente legge si applicano le seguenti definizioni:

          a) «commercio equo e solidale»: un rapporto commerciale con un produttore

 

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in forza di un accordo di commercio equo e solidale basato sul dialogo, sulla trasparenza e sul rispetto, che è finalizzato all'equità nelle relazioni commerciali internazionali. Il commercio equo e solidale contribuisce allo sviluppo sostenibile mediante la previsione di condizioni di scambio più bilanciate per i lavoratori delle aree economicamente svantaggiate e per i lavoratori emarginati nonché la tutela dei loro diritti;

          b) «produttore»: un produttore di beni o di servizi, organizzato in forma collettiva, operante in aree economicamente svantaggiate e prevalentemente in Paesi in via di sviluppo;

          c) «accordo di commercio equo e solidale»: un accordo di lunga durata stipulato con un produttore allo scopo di consentire, accompagnare e migliorare l'accesso al mercato di quest'ultimo, che preveda:

              1) il pagamento di un prezzo equo;

              2) misure a carico del committente per il graduale miglioramento della qualità del prodotto o del servizio o dei suoi processi produttivi, nonché in favore dello sviluppo della comunità locale alla quale il produttore appartiene o in cui opera;

              3) il progressivo miglioramento dei livelli ambientali della produzione;

              4) l'obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative stabilite dall'Organizzazione internazionale del lavoro, di remunerare in maniera adeguata i lavoratori, in modo da permettere loro di condurre un'esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali;

              5) l'offerta del pagamento di una parte rilevante del corrispettivo al momento della commessa, a meno che tale clausola non risulti eccessivamente onerosa per l'esistenza di specifiche ragioni di cui l'accordo dà espressamente atto;

          d) «prezzo equo»: il prezzo versato a un produttore che consente:

 

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              1) di erogare un salario adeguato per soddisfare i bisogni primari dei lavoratori e delle loro famiglie;

              2) di coprire, in modo sostenibile, i costi di produzione e gli altri costi derivanti dagli obblighi assunti con l'accordo di commercio equo e solidale;

              3) di programmare investimenti per il miglioramento della qualità del prodotto e dei processi produttivi;

          e) «filiera del commercio equo e solidale»: l'insieme delle fasi di produzione, trasformazione, importazione e distribuzione di un prodotto agroalimentare o artigianale quando al produttore sono assicurate le condizioni dell'accordo di commercio equo e solidale. La filiera del commercio equo e solidale è definita «integrale» quando:

              1) l'accordo di commercio equo e solidale è stipulato con il produttore da un'organizzazione del commercio equo e solidale di cui all'articolo 3;

              2) la distribuzione all'ingrosso o al dettaglio del prodotto della filiera è svolta da una o più organizzazioni del commercio equo e solidale di cui all'articolo 3;

          f) «prodotto del commercio equo e solidale»: un prodotto realizzato, importato, distribuito o commercializzato nell'ambito della filiera del commercio equo e solidale, sia essa integrale o meno;

          g) «regolamento»: il regolamento di attuazione di cui all'articolo 12.

      2. Il contenuto dell'accordo di commercio equo e solidale e, in particolare, il prezzo equo sono definiti all'esito di una negoziazione effettiva tra le parti che ha per oggetto la valutazione congiunta della sua adeguatezza a sostenere l'impresa del produttore e degli effetti che le misure previste producono sulla filiera produttiva e distributiva.

 

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Capo II
SOGGETTI DELLA FILIERA INTEGRALE DEL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE

Art. 3.
(Organizzazioni del commercio equo e solidale).

      1. Sono organizzazioni del commercio equo e solidale le società cooperative, i consorzi, le associazioni e gli enti, comunque costituiti senza scopo di lucro e con un ordinamento interno a base democratica, che:

          a) in via prevalente stipulano accordi di commercio equo e solidale e ne curano l'esecuzione ovvero distribuiscono all'ingrosso o al dettaglio prodotti o servizi oggetto di tali accordi;

          b) adottano e attuano, anche per mezzo dei loro consorzi, un programma di educazione, informazione, divulgazione e sensibilizzazione dei consumatori sulle filiere del commercio equo e solidale e sui progetti a esse connessi, sulle tematiche relative al divario tra il nord e il sud del mondo, allo sviluppo economico e sociale, al commercio internazionale e al consumo critico;

          c) perseguono per statuto modelli di sviluppo sostenibile, nel rispetto delle persone e dell'ambiente; fondano la loro attività sulla cooperazione e promuovono relazioni dirette e paritarie tra produttore e consumatore;

          d) sono iscritte nel registro della filiera integrale del commercio equo e solidale di un ente rappresentativo di cui all'articolo 4 e si impegnano a rispettare il relativo disciplinare.
      2. Gli enti pubblici, i partiti e i movimenti politici e le organizzazioni sindacali nonché gli enti da essi istituiti o diretti non possono assumere la qualità di organizzazione del commercio equo e solidale.

 

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      3. Alle cooperative che nel loro statuto prevedono quale oggetto sociale le attività di cui al presente articolo si applicano le disposizioni della legge 8 novembre 1991, n. 381, in materia di cooperative sociali, e del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, in materia di impresa sociale.
      4. Alle associazioni che nel loro statuto prevedono quale oggetto sociale le attività di cui al presente articolo si applicano le disposizioni del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, in materia di organizzazioni non lucrative di utilità sociale, e della legge 7 dicembre 2000, n. 383, in materia di associazioni di promozione sociale.

Art. 4.
(Enti rappresentativi delle organizzazioni del commercio equo e solidale).

      1. Il rispetto dei requisiti fissati dall'articolo 3 e la qualità di organizzazione del commercio equo e solidale sono attestati da enti rappresentativi di tali organizzazioni, costituiti senza scopo di lucro, a struttura associativa e con un ordinamento interno a base democratica, i cui statuti prevedono la promozione e il sostegno del commercio equo e solidale.
      2. Gli enti rappresentativi, secondo quanto stabilito dal regolamento:

          a) approvano un disciplinare di filiera integrale del commercio equo e solidale;

          b) istituiscono e curano un registro della filiera integrale, nel quale sono iscritte le organizzazioni del commercio equo e solidale affiliate;

          c) godono di un'adeguata rappresentanza territoriale e di un'ampia base associativa;

          d) adottano un sistema di controllo in grado di verificare il rispetto del disciplinare di filiera da parte delle organizzazioni affiliate;

          e) dimostrano di possedere un'organizzazione adeguata per svolgere i compiti di controllo;

 

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          f) adottano un adeguato sistema di riesame interno delle decisioni.

      3. Gli enti rappresentativi verificano il possesso e, con cadenza periodica, il mantenimento dei requisiti da parte delle organizzazioni affiliate e rilasciano un attestato a ogni verifica. Qualora un'organizzazione affiliata non possegga o perda i requisiti previsti dall'articolo 3, l'ente rappresentativo indica le necessarie misure correttive e fissa un termine, comunque non superiore a centoventi giorni, per l'adeguamento. L'ente rappresentativo, in via cautelare, può disporre la sospensione dell'iscrizione dell'organizzazione interessata nel registro della filiera integrale. Nei casi più gravi ovvero qualora le violazioni persistano, si provvede alla cancellazione dal registro dell'organizzazione inadempiente.
      4. Gli enti rappresentativi trasmettono con cadenza semestrale alla Commissione per l'accreditamento di cui all'articolo 6 l'elenco aggiornato delle organizzazioni del commercio equo e solidale iscritte nel proprio registro della filiera integrale, affinché la Commissione provveda all'aggiornamento del registro nazionale di cui al citato articolo 6, comma 4, lettera b).
      5. Il rifiuto di iscrizione o l'esclusione dal registro della filiera integrale sono impugnati in via amministrativa davanti alla Commissione per l'accreditamento di cui all'articolo 6 e, in via giurisdizionale, davanti al tribunale di Roma.

Capo III
SOGGETTI CHE PROMUOVONO IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE TRAMITE LA CERTIFICAZIONE DI PRODOTTO

Art. 5.
(Organismi di certificazione dei prodotti del commercio equo e solidale).

      1. Eccetto i casi in cui i prodotti del commercio equo e solidale sono importati o distribuiti da un'organizzazione di cui

 

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all'articolo 3, la provenienza di un prodotto da una filiera di commercio equo e solidale è attestata da organismi di certificazione di diritto privato, costituiti senza scopo di lucro e previamente accreditati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
      2. Gli atti costitutivi degli organismi di cui al comma 1 prevedono lo svolgimento, in via esclusiva, delle funzioni di certificazione. Sono vietate forme di finanziamento tramite la commercializzazione diretta dei prodotti certificati, salvo che per lo svolgimento di attività ausiliarie, promozionali o di sostegno ai licenziatari.
      3. Gli atti costitutivi di cui al comma 2 stabiliscono, altresì, misure adeguate al fine di salvaguardare la terzietà, l'indipendenza e la trasparenza delle attività di certificazione e di prevenire i conflitti di interesse, anche attraverso l'attribuzione delle attività di controllo e di ispezione a soggetti distinti, secondo quanto previsto dalle normative tecniche riconosciute a livello internazionale.
      4. Gli organismi di certificazione, secondo quanto previsto dal regolamento, devono:

          a) possedere un'organizzazione adeguata per svolgere le attività di controllo e di ispezione previste dal presente articolo;

          b) registrare un marchio, prevedendo che esso possa essere utilizzato dalle imprese certificate secondo criteri prestabiliti;

          c) approvare un regolamento di disciplina della filiera;

          d) istituire e curare la tenuta di un registro dei licenziatari del marchio;

          e) rispettare le normative tecniche riconosciute a livello internazionale stabilite per gli enti di certificazione, in quanto compatibili;

          f) disporre di un adeguato sistema di riesame interno delle decisioni.
      5. L'organismo accreditato rilascia la certificazione, a domanda, dopo una verifica effettiva dell'attività di ogni licenziatario. Sono inoltre oggetto di controllo

 

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periodico le condizioni di lavoro presso il produttore, le condizioni di acquisto dei beni, i disciplinari di filiera, l'esistenza di accordi di commercio equo e solidale e di prezzi equi. In particolare, questi ultimi devono essere composti da una componente corrispondente al prezzo di mercato del bene e da un premio riconosciuto al produttore per il rispetto delle condizioni di produzione previste dall'accordo di commercio equo e solidale. L'organismo di certificazione procede a verifiche e a ispezioni periodiche e sospende o revoca la certificazione qualora rilevi il venire meno dei requisiti di legge o di marchio.
      6. Il rifiuto o la revoca della certificazione sono impugnati in via amministrativa davanti alla Commissione di cui all'articolo 6 e, in via giurisdizionale, davanti al tribunale di Roma.

Capo IV
ALBI, REGISTRI E PROCEDURE DI ACCREDITAMENTO

Art. 6.
(Commissione per l'accreditamento).

      1. Presso il Ministero dello sviluppo economico è istituita la Commissione per l'accreditamento degli organismi certificatori dei prodotti e degli enti rappresentativi delle organizzazioni del commercio equo e solidale, di seguito denominata «Commissione».
      2. La Commissione è composta da un dirigente del Ministero dello sviluppo economico, con funzioni di presidente, da due membri proposti dagli organismi di certificazione, da due membri proposti dagli enti rappresentativi delle organizzazioni del commercio equo e solidale, da due membri proposti dalle associazioni dei consumatori iscritte nell'elenco istituito ai sensi dell'articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e da due esperti indipendenti con comprovata esperienza in materia di commercio equo e solidale.

 

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      3. I membri della Commissione sono nominati per tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico. Il mandato è svolto a titolo gratuito ed è rinnovabile una sola volta.
      4. La Commissione:

          a) istituisce e cura la tenuta dell'albo nazionale degli organismi di certificazione e degli enti rappresentativi delle organizzazioni del commercio equo e solidale accreditati, procedendo alle iscrizioni e alle cancellazioni secondo le procedure stabilite dal regolamento;

          b) istituisce e cura la tenuta del registro nazionale delle organizzazioni del commercio equo e solidale, redatto sulla base degli elenchi comunicati dai rispettivi enti rappresentativi;

          c) istituisce e cura la tenuta del registro nazionale degli enti licenziatari dei marchi degli enti certificatori;

          d) esercita il potere di vigilanza sugli organismi di certificazione e sugli enti rappresentativi e verifica il mantenimento da parte degli stessi dei requisiti previsti dalla presente legge;

          e) emana direttive e linee guida per l'adozione dei programmi di informazione, divulgazione e sensibilizzazione sulle prassi del commercio equo e solidale e per l'adozione dei programmi di formazione degli operatori della filiera del commercio equo e solidale;

          f) garantisce la piena trasparenza della filiera del commercio equo e solidale, rilasciando a chiunque ne fa richiesta informazioni relative agli enti iscritti all'albo e nei registri nazionali di cui al presente comma, secondo le condizioni previste dal regolamento.

      5. La Commissione può ammettere ai benefìci previsti dall'articolo 9, comma 2, e dall'articolo 10 gli enti che, pur non essendo iscritti nei registri nazionali di cui al comma 4 del presente articolo:

 

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          a) sono costituiti con un ordinamento interno a base democratica e non perseguono fini di lucro;

          b) rispettano i requisiti previsti per le organizzazioni del commercio equo e solidale dall'articolo 3, commi 1, lettere a), b) e c), e 2.

      6. Il riconoscimento è disposto, su domanda dell'ente interessato, dalla Commissione, sentiti gli organismi di certificazione e gli enti rappresentativi.
      7. Le associazioni dei consumatori di cui al comma 2, gli organismi di certificazione, le organizzazioni del commercio equo e solidale, i loro enti rappresentativi e chiunque vi ha interesse può presentare un ricorso alla Commissione contro le decisioni di accreditamento, di revoca o di sospensione dell'accreditamento ovvero contro il mancato esercizio del potere di vigilanza.
      8. Ai ricorsi di cui al comma 7 del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni che regolano il ricorso in opposizione di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199.

Art. 7.
(Mutuo riconoscimento).

      1. Nel rispetto dei princìpi di non discriminazione e di leale collaborazione stabiliti dall'Unione europea, le tutele e i benefìci previsti dalla presente legge sono estesi alle imprese e alle merci europee che sono state riconosciute o certificate in altri Stati membri dell'Unione europea tramite procedure equivalenti a quelle previste dalla medesima legge.
      2. In ogni caso, gli organismi di certificazione e gli enti rappresentativi delle organizzazioni del commercio equo e solidale stabiliti in Stati membri dell'Unione europea sono ammessi alle procedure di accreditamento di cui alla presente legge alle medesime condizioni previste per gli organismi e per gli enti stabiliti nello Stato italiano.
      3. Il regolamento prevede disposizioni per l'attuazione del presente articolo.

 

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Capo V
INTERVENTI DI PROTEZIONE E SOSTEGNO

Art. 8.
(Tutela dei marchi e norme sull'etichettatura)

      1. I prodotti del commercio equo e solidale importati o distribuiti da un'organizzazione del commercio equo e solidale possono essere presentati, etichettati e pubblicizzati con la denominazione di «prodotto del commercio equo e solidale» ovvero con diciture quali «prodotto del commercio equo», «commercio equo e solidale», «commercio equo», «fair trade», «comercio justo»; «commerce equitable». Negli altri casi, i prodotti del commercio equo e solidale possono essere presentati, etichettati e pubblicizzati con tali denominazioni solo congiuntamente al marchio dell'organismo di certificazione che ne ha attestato la provenienza.
      2. È vietato l'uso della denominazione di «organizzazione del commercio equo e solidale» e di altre denominazioni similari alle imprese e agli enti che non sono iscritti nel registro nazionale di cui all'articolo 6, comma 4, lettera b), ovvero qualora la registrazione sia stata sospesa o revocata.
      3. Al di fuori dei casi di cui al comma 1, è vietato descrivere un prodotto, nell'etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, con termini che suggeriscono all'acquirente che esso o che le materie prime utilizzate provengono da una filiera del commercio equo e solidale o sono stati prodotti, trasformati e distribuiti secondo le prassi del commercio equo e solidale.
      4. Chi viola i divieti di cui ai commi 2 e 3 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro. Se la violazione è commessa da un soggetto che esercita il commercio ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, è ordinata la sospensione dell'attività per dieci giorni. In caso di recidiva, la sanzione

 

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amministrativa pecuniaria è aumentata di un terzo e si applica la sospensione dell'attività fino ad un mese.
      5. Gli enti rappresentativi delle organizzazioni del commercio equo e solidale e gli organismi di certificazione iscritti all'albo nazionale di cui all'articolo 6, comma 4, lettera a), sono legittimati ad agire per inibire l'uso indebito definito dal presente articolo. Con la sentenza che inibisce la condotta illegittima il tribunale condanna, altresì, al risarcimento del danno.

Art. 9.
(Interventi per la diffusione del commercio equo e solidale).

      1. Lo Stato e le regioni, per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1:

          a) sostengono iniziative divulgative e di sensibilizzazione promosse dagli organismi e dagli enti di cui agli articoli 3, 4 e 5, mirate a diffondere i contenuti e le prassi del commercio equo e solidale e ad accrescere nei consumatori la consapevolezza degli effetti delle proprie scelte di consumo;

          b) sostengono specifiche azioni educative nelle scuole e negli istituti di formazione, promosse dagli organismi e dagli enti di cui agli articoli 3, 4 e 5 e relative alle problematiche della globalizzazione economica, agli squilibri tra nord e sud del mondo, alle implicazioni delle scelte di consumo e alle opportunità offerte da forme di scambio fondate sulla cooperazione.

      2. Lo Stato e le regioni, sulla base di progetti presentati da organizzazioni del commercio equo e solidale:

          a) promuovono e sostengono iniziative di formazione per gli operatori e i volontari;

          b) promuovono e sostengono progetti di cooperazione con i produttori per la

 

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realizzazione di nuove produzioni o filiere o per lo sviluppo di quelle esistenti;

          c) concedono, nei limiti del regime degli aiuti di importanza minore stabilito dal regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, contributi per l'apertura o per la ristrutturazione della sede nonché per l'acquisto di attrezzature, arredi e dotazioni informatiche, fino a un massimo del 40 per cento delle spese ammissibili;

          d) concedono contributi in conto capitale a termine al fine di consentire la realizzazione di investimenti legati a specifici progetti di sviluppo;

          e) promuovono forme di sostegno per i soggetti che richiedono l'iscrizione in un registro della filiera integrale.

Art. 10.
(Sostegno al commercio equo e solidale negli appalti pubblici).

      1. Lo Stato promuove l'utilizzo dei prodotti e dei servizi del commercio equo e solidale nei propri acquisti e, in particolare, per le mense e per i servizi di ristorazione delle amministrazioni pubbliche.
      2. Nel rispetto della normativa dell'Unione europea e nazionale vigente, le amministrazioni pubbliche che bandiscono gare di appalto per la fornitura alle proprie strutture di prodotti di consumo possono prevedere nei capitolati di gara meccanismi che promuovo l'utilizzo di prodotti del commercio equo e solidale. A tal fine è previsto, in favore delle amministrazioni aggiudicatrici, un rimborso pari al 15 per cento dei maggiori costi conseguenti alla specifica indicazione di tali prodotti nell'oggetto del bando. Il rimborso è posto a carico del Fondo istituito ai sensi dell'articolo 14.
      3. L'iscrizione nei registri nazionali di cui all'articolo 6, comma 4, lettere b) e c), costituisce:

          a) titolo di priorità per la selezione di soggetti da invitare alle gare di appalto per

 

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servizi, fermi restando i requisiti richiesti dalla normativa vigente in materia;

          b) criterio di preferenza, a parità di condizioni, nel caso di affidamento di appalto di servizi mediante il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

Art. 11.
(Giornata nazionale del commercio equo e solidale).

      1. Al fine di promuovere la conoscenza e la diffusione del commercio equo e solidale è istituita la Giornata nazionale del commercio equo e solidale, da celebrare annualmente con la collaborazione degli organismi degli enti iscritti all'albo e nei registri nazionali di cui all'articolo 6, comma 4, lettere a), b) e c).
      2. Le modalità organizzative per la celebrazione della Giornata di cui al comma 1 sono definite dal regolamento.

Capo VI
NORME DI ATTUAZIONE E COPERTURA FINANZIARIA

Art. 12.
(Regolamento di attuazione).

      1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge è emanato, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, il regolamento di attuazione che stabilisce:

          a) i requisiti di indipendenza e di trasparenza degli organismi di certificazione del commercio equo e solidale;

          b) i criteri minimi per il monitoraggio e per la certificazione delle attività del commercio equo e solidale;

 

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          c) la base associativa minima degli enti rappresentativi delle organizzazioni del commercio equo e solidale;

          d) i requisiti organizzativi e le procedure per la tenuta dei registri nazionali di cui al all'articolo 6, comma 4, lettere b) e c) e le relative procedure di iscrizione e di controllo;

          e) i requisiti, i criteri e le modalità per l'iscrizione, la sospensione e la revoca degli organismi di certificazione dei prodotti e degli enti rappresentativi delle organizzazioni del commercio equo e solidale nell'albo nazionale di cui all'articolo 6, comma 4, lettera a), nonché le modalità di gestione dello stesso;

          f) i criteri e le modalità attuative nonché i beneficiari degli interventi di cui all'articolo 9;

          g) le disposizioni per garantire l'accesso agli atti e ai documenti concernenti le procedure di certificazione dei prodotti e di riconoscimento delle organizzazioni del commercio equo e solidale;

          h) le procedure di mutuo riconoscimento di cui all'articolo 7;

          i) le modalità organizzative e i contenuti della Giornata nazionale del commercio equo e solidale di cui all'articolo 11;

          l) le modalità attuative del regime transitorio.

Art. 13.
(Compiti delle regioni).

      1. Le regioni promuovono le buone pratiche del commercio equo e solidale, secondo i propri ordinamenti e tramite strumenti di programmazione periodica degli interventi di sostegno.
      2. Le regioni, nel rispetto dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella della presente legge in relazione:

          a) alle procedure di accreditamento degli organismi di certificazione dei prodotti del commercio equo e solidale;

 

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          b) al riconoscimento delle organizzazioni e alla certificazione dei prodotti del commercio equo e solidale;

          c) alla protezione dei marchi e alle condizioni di etichettatura dei prodotti del commercio equo e solidale.

      3. Le regioni possono mantenere, istituire e curare la tenuta di propri albi, registri od elenchi delle organizzazioni del commercio equo e solidale secondo i criteri di accreditamento e di iscrizione previsti dalla presente legge.

Art. 14.
(Fondo per il commercio equo e solidale).

      1. Nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico è istituito, con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, il Fondo per il commercio equo e solidale.
      2. Le risorse derivanti dall'irrogazione delle sanzioni di cui all'articolo 8 sono assegnate al Fondo istituito ai sensi del comma 1 del presente articolo.

Art. 15.
(Disposizioni finanziarie).

      1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 14, pari a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

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      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Capo VII
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art. 16.
(Disposizioni transitorie e finali).

      1. I benefìci e le tutele riconosciuti dalla presente legge e, in particolare, le disposizioni in materia di marchi e di etichettatura applicabili alle imprese e ai prodotti del commercio equo e solidale non devono comportare ostacoli agli scambi nell'ambito dell'Unione europea.
      2. In sede di prima attuazione della presente legge, i quattro membri della Commissione da nominare sulla base delle proposte formulate dagli organismi di certificazione e dagli enti rappresentativi delle organizzazioni di commercio equo e solidale sono nominati dal Ministro dello sviluppo economico, sentiti gli enti e le organizzazioni impegnati in attività di promozione delle prassi del commercio equo e solidale riconosciute a livello internazionale.
      3. Fino all'istituzione dell'albo e dei registri nazionali di cui all'articolo 6, comma 4, lettere a), b) e c), gli enti e le organizzazioni che adottano le prassi del commercio equo e solidale riconosciute a livello internazionale possono continuare ad adottare i marchi e le denominazioni in uso.
      4. Fino all'istituzione dell'albo e dei registri nazionali di cui all'articolo 6, comma 4, lettere a), b) e c), i soggetti che commercializzano prodotti provenienti da filiere che rispettano le prassi del commercio equo e solidale riconosciute a livello internazionale possono continuare a pubblicizzare e a etichettare tali prodotti con i marchi e con le denominazioni in uso.

 

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      5. In sede di prima attuazione della presente legge e fino alla revisione dell'albo e dei registri nazionali da effettuare entro i tre anni successivi alla data di entrata in vigore dalla medesima legge, la Commissione iscrive all'albo e nei registri nazionali gli enti già iscritti ad albi, in registri o in elenchi di organizzazioni del commercio equo e solidale, istituiti da leggi regionali che prevedono finalità omogenee a quelle della presente legge.
      6. Le regioni nelle quali esistono albi, registri o elenchi regionali delle organizzazioni del commercio equo e solidale sono tenute, entro tre anni dall'istituzione dell'albo e dei registri nazionali di cui all'articolo 6, comma 4, lettere a), b) e c), ad adeguare i medesimi alle disposizioni della presente legge.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
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