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PDL 5177

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5177



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato IANNACCONE

Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione in materia di riconoscimento giuridico dei partiti e movimenti politici, di finanziamento e di rimborso delle spese elettorali

Presentata il 4 maggio 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — Il tema riguardante la disciplina giuridica dei partiti e movimenti politici è antico ma sempre attuale. Affonda le sue radici nel dibattito all'Assemblea costituente, perché fu in quella sede che si prospettò l'ipotesi – respinta prima ancora di essere seriamente discussa – di aggiungere, nell'articolo della Costituzione riguardante i partiti politici, un comma in cui venisse esplicitamente affermato l'obbligo di previsione della regolamentazione giuridica dei partiti e della pubblicità delle fonti di finanziamento degli stessi. Se fosse stata approvata, si sarebbe così introdotta una norma ritenuta «consona a tutto lo spirito della Costituzione», come ebbe a dichiarare l'onorevole Costantino Mortati. Il risultato finale fu invece quello di un articolo, il 49, fin troppo essenziale nella sua formulazione, perché si limita a dichiarare che: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». E non è certo casuale la stessa collocazione dell'articolo 49 nella parte relativa ai diritti e doveri dei cittadini piuttosto che in quella relativa all'organizzazione costituzionale dello Stato, in cui i partiti, pur riconosciuti, non sono inclusi. Il loro operare, allora, non dipende da norme scritte ma esclusivamente dalla cosiddetta «Costituzione materiale» e incide in maniera rilevante sulla dinamica della forma di governo.
      Certo, la scelta che volle compiere il Costituente, approvando un articolo dedicato ai partiti molto poco analitico e privo di strumentari giuridici, aveva la sua ragione d'essere nel momento storico in cui fu compiuta: non è questa la sede per rievocare il clima di allora, che era comunque condizionato dalla necessità che i
 

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partiti avessero un ampio spazio d'azione nel sistema politico, affinché, per il loro tramite, si consentisse alla società di farsi Stato, per citare un'espressione famosa. La nuova democrazia italiana doveva nascere e consolidarsi attraverso quegli strumenti di raccordo tra i cittadini e le istituzioni, tra il corpo elettorale e le assemblee rappresentative, che sono i partiti politici, anche al fine di rendere concreta un'altrimenti indistinta volontà popolare. Infatti, una democrazia senza partiti è un non senso, è come un liberalismo senza libertà. La funzionalità democratica e la stessa democraticità di un sistema politico sono garantite dall'esistenza di un pluralismo di partiti e dalla loro competizione. Con il riconoscimento costituzionale dei partiti si avviava così in Italia il superamento delle basi individualistiche della rappresentanza, sulle quali poggiava il regime parlamentare ottocentesco, per sostituirvi una nuova democrazia organizzata attraverso i partiti.
      Gli anni successivi all'entrata in vigore della Costituzione furono caratterizzati da una tendenziale diffidenza – manifestata anche negli studi compiuti dalla dottrina – verso forme di intervento pubblico e di regolazione legislativa dei partiti nella convinzione che la democraticità del sistema partitico veniva a essere maggiormente garantita da una norma «a fattispecie aperta» qual era l'articolo 49 della Costituzione, piuttosto che da una disciplina legislativa che potesse risultare «costringente» per la libertà d'azione dei partiti. Ad avvalorare ulteriormente questa ricostruzione concorse la tesi della concezione strettamente privatistica del partito politico, il quale, nel regime delle associazioni non riconosciute e quindi nel diritto privato comune, si diceva che trovasse la più alta garanzia di libertà. Certo, non mancarono voci di dissenso a questa impostazione, come per esempio il progetto di legge del senatore Sturzo, alcune delle quali sfociarono, allora, in un'aspra e minoritaria polemica di alcuni battaglieri studiosi contro la «partitocrazia» (Maranini) e contro la «autocrazia di partito» (Perticone); in particolare quest'ultima espressione è da intendere proprio come una specie di denuncia della mancanza di regole democratiche all'interno dei partiti.
      Successivamente, negli anni settanta, vi furono i primi interventi legislativi volti a garantire il finanziamento pubblico dei partiti, senza però che vi fosse l'attribuzione di un riconoscimento giuridico dei soggetti che si finanziavano. Pertanto, il criterio che stava a fondamento delle scelte legislative sulla contribuzione economica statale era quello di finanziare i partiti senza riconoscerli, anziché di riconoscerli per finanziarli. Un ragionare ancora una volta imperniato sul ruolo centrale del partito nell'ordinamento costituzionale e nella società e che aveva come conseguenza quella di evitare che il partito subisse dei meccanismi di «burocratizzazione», derivanti dalla sottoposizione a regole giuridiche, che fossero in grado di rallentarne o, addirittura, di frenarne il naturale dinamismo nell'ambito del sistema politico e nella tenuta della forma di governo parlamentare.
      Oggi, dopo le numerose vicende che hanno e che stanno ancora accompagnando, in positivo e in negativo, la storia dei partiti politici nell'Italia repubblicana, occorre tornare ad affrontare il problema di una loro regolamentazione giuridica. Per restituire ai partiti quel ruolo di raccordo fra i cittadini e le istituzioni, che è fondamentale in una democrazia pluralista, e che, proprio per questo motivo, non può più essere sottratto ad una regolamentazione dei partiti in forme autenticamente democratiche e aperte al controllo dell'opinione pubblica se non della legge. Rivitalizzare il patto fra cittadini e partiti vuol dire indurre questi ultimi a rinunciare a una parte del loro arbitrio, subordinandosi a regole certe e trasparenti, rendendo pubblici i loro statuti oltre che i loro bilanci, dando più potere ai loro iscritti ed elettori. Inoltre, risolvere questo problema, nel senso di imporre una disciplina giuridica ai partiti, può essere di grande ausilio per il concorso del raggiungimento della stabilizzazione del sistema partitico. I partiti, per tornare a svolgere la loro funzione nella democrazia italiana,
 

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devono divenire effettivamente e autenticamente soggetti democratici. È sempre più diffusa e avvertita una nuova legalità non solo dei partiti politici, ovvero relativa ai comportamenti dei soggetti politici, ma anche sui partiti politici attraverso princìpi, regole, indirizzi e forme di controllo in grado di garantire un contesto più trasparente e responsabile all'azione politica di rilievo pubblicistico. È questo un passaggio indispensabile, sia per rifondare un nuovo patto fra politica e società civile, sia per rilanciare la funzione costituzionale e sociale dei partiti politici. Si ricorda, incidentalmente, che la Commissione parlamentare per le riforme costituzionali del 1983, presieduta dal senatore Aldo Bozzi, aveva approvato un nuovo testo dell'articolo 49 della Costituzione così formulato: «Tutti i cittadini hanno diritto ad associarsi liberamente in partiti per concorrere con strutture e metodi democratici a determinare la politica nazionale. La legge disciplina il finanziamento dei partiti, con riguardo alle loro organizzazioni centrali e periferiche e prevede le procedure atte ad assicurare la trasparenza ed il pubblico controllo del loro stato patrimoniale e delle loro fonti di finanziamento. La legge detta altresì disposizioni dirette a garantire la partecipazione degli iscritti a tutte le fasi di formazione della volontà politica dei partiti, compresa la designazione dei candidati alle elezioni, il rispetto delle norme statutarie, la tutela delle minoranze». Si trattava di una proposta valida e precisa, ma che non trovò – al pari delle altre proposte di riforma formulate in quella sede – nessun seguito e che non fu ripresa successivamente in sede parlamentare.
      La strada da percorrere dovrebbe essere quella di prevedere che i partiti politici, al fine di usufruire dei rimborsi per le spese elettorali e di ogni altro beneficio normativo, si devono dotare di uno statuto approvato con atto pubblico, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, contenente gli organi del partito e la loro composizione, le procedure e le forme di garanzia per le minoranze, i diritti e i doveri degli iscritti, nonché le modalità di selezione dei candidati alle elezioni. Così facendo non si attuerebbe una pubblicizzazione dei partiti politici – che sarebbe incostituzionale – ma piuttosto i partiti resterebbero associazioni di diritto privato «non riconosciute» regolate secondo criteri e forme democratici. È il tentativo di dare una risposta organica all'esigenza di collocare il partito politico nel giusto ruolo nel nostro ordinamento costituzionale, definendone la natura giuridica, le regole di vita interna, le procedure per la scelta dei candidati e la trasparenza dei bilanci. Si tratta di una proposta di legge che merita di essere attentamente discussa e di essere attentamente presa in considerazione, specialmente tra quanti credono che sia giunta l'ora che si approvi (anche) in Italia una legge sui partiti politici.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Disciplina dei partiti e movimenti politici).

      1. Al fine di poter presentare liste per le elezioni regionali, politiche e dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, i partiti e movimenti politici hanno l'obbligo di costituirsi con atto pubblico e secondo le disposizioni di legge. Il simbolo del partito o movimento politico deve essere registrato e di proprietà del partito o movimento.
      2. I partiti e movimenti politici adottano un proprio statuto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, che prevede:

          a) il principio della libera associazione, della partecipazione e della promozione della democrazia;

          b) le forme e le procedure di garanzia per le minoranze;

          c) i diritti e i doveri degli iscritti;

          d) le modalità di selezione dei candidati alle elezioni;

          e) l'organizzazione territoriale;

          f) il tesseramento su base annuale e con un costo non superiore a 5 euro, rivalutabile annualmente secondo gli indici dell'Istituto nazionale di statistica. I soci sostenitori possono contribuire con importi superiori. I diritti loro spettanti, nell'ambito del partito o movimento politico, ivi compreso l'elettorato attivo e passivo, devono essere comunque eguali a quelli dei soci ordinari;

          g) l'indizione con cadenza biennale dei congressi ordinari per il rinnovo degli organi di ogni ordine e grado;

          h) la durata delle cariche di segretario e di presidente per non più di due mandati, anche non consecutivi;

 

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          i) la trasparenza dei bilanci e la loro pubblicazione nel sito internet del partito o movimento politico. Le voci di spesa devono essere attinenti allo svolgimento delle attività politiche e certificate nei modi previsti dalla legge. I bilanci della sede nazionale devono altresì essere pubblicati sugli organi di informazione e trasmessi alla Corte dei conti, che vigila sulla regolarità degli stessi. Nel collegio dei revisori dei conti un membro è nominato dalla stessa Corte dei conti, con spese a carico del partito o movimento politico.

Art. 2.
(Rimborso delle spese elettorali).

      1. Al fine di garantire la pluralità della presentazione del maggior numero di liste alle elezioni regionali, politiche e dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, lo Stato garantisce il rimborso delle spese effettivamente sostenute per la campagna elettorale, documentate e certificate. Il rimborso, comunque, non può superare la somma di euro 0,30 per ciascun voto espresso. Il rimborso è liquidato in un'unica soluzione e previe verifica e attestazione di regolarità da parte della Corte dei conti.

Art. 3.
(Finanziamento delle attività politiche).

      1. Le spese per il funzionamento delle attività strutturali e organizzative del partito o movimento politico sono escluse dal rimborso pubblico.
      2. Ogni partito o movimento politico provvede al proprio autofinanziamento con le forme e mediante gli investimenti consentiti dalla legge.
      3. Le donazioni effettuate ai partiti e movimenti politici devono essere di natura pubblica e trasparente e devono essere effettuate tramite assegno o bonifico bancario.

 

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      4. Le donazioni di denaro e di beni mobili e immobili sono interamente deducibili dal reddito del donatore.

Art. 4.
(Abolizione della raccolta delle firme per la presentazione delle liste).

      1. I partiti e i movimenti politici costituiti ai sensi dell'articolo 1 sono esenti dalla raccolta delle firme per la presentazione delle liste per le elezioni comunali, regionali, politiche e dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.


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