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PDL 5144

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5144



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

RUBINATO, FIORONI, FOGLIARDI, BENAMATI, FERRANTI

Modifiche alle leggi 3 giugno 1999, n. 157, e 10 dicembre 1993, n. 515, e altre disposizioni in materia di finanziamento dei partiti e movimenti politici e di controlli sui loro bilanci

Presentata il 19 aprile 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — Il tema riguardante la disciplina giuridica dei movimenti e dei partiti politici, di seguito «partiti politici» è antico ma sempre attuale. Secondo il professor Tommaso Edoardo Frosini, esso affonda le sue radici nel dibattito all'Assemblea costituente, perché fu in quella sede che si prospettò l'ipotesi – respinta prima ancora di essere seriamente discussa – di aggiungere, nell'articolo della Costituzione riguardante i partiti politici, un comma in cui venisse esplicitamente affermato l'obbligo di previsione della regolamentazione giuridica dei partiti e della pubblicità delle fonti di finanziamento degli stessi. Se fosse stata approvata, si sarebbe così introdotta una norma ritenuta «consona a tutto lo spirito della Costituzione», come ebbe a dichiarare l'onorevole Costantino Mortati. Il risultato finale fu invece quello di un articolo (articolo 49) fin troppo essenziale nella sua formulazione costituzionale, perché si limita a dichiarare che: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». E non è certo casuale la stessa collocazione dell'articolo 49 nella parte relativa ai diritti e doveri dei cittadini piuttosto che in quella relativa all'organizzazione costituzionale dello Stato, in cui i partiti politici, pur riconosciuti, non sono inclusi.
 

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      Certo, la scelta che volle compiere il Costituente, approvando un articolo dedicato ai partiti politici assai poco analitico e privo di strumentari giuridici, aveva la sua ragione d'essere nel momento storico in cui fu compiuta: la nuova democrazia italiana doveva nascere e consolidarsi attraverso quegli strumenti di raccordo tra i cittadini e le istituzioni, tra il corpo elettorale e le assemblee rappresentative, che sono i partiti politici, anche al fine di rendere concreta un'altrimenti indistinta volontà popolare.
      Gli anni successivi all'entrata in vigore della Costituzione furono caratterizzati da una tendenziale diffidenza – manifestata anche negli studi compiuti dalla dottrina – verso forme di intervento pubblico e di regolazione legislativa dei partiti politici, nella convinzione che la democraticità del sistema partitico veniva ad essere maggiormente garantita da una norma «a fattispecie aperta» quale era l'articolo 49, piuttosto che da una disciplina legislativa che potesse risultare «costringente» per la libertà d'azione dei partiti. Ad avvalorare ulteriormente questa ricostruzione concorse la tesi della concezione strettamente privatistica del partito politico, il quale si diceva che trovasse la più alta garanzia di libertà nel regime delle associazioni non riconosciute e quindi nel diritto privato comune. Certo non mancarono voci di dissenso rispetto a questa impostazione, come per esempio il progetto di legge del senatore Sturzo, alcune delle quali sfociarono, per allora, in un'aspra e minoritaria polemica di alcuni battaglieri studiosi contro la «partitocrazia» (Maranini) e contro la «autocrazia di partito» (Perticone), espressione da intendere proprio come una sorta di denuncia della mancanza di regole democratiche interne.
      Successivamente, negli anni settanta, vi furono i primi interventi legislativi volti a garantire il finanziamento pubblico in favore dei partiti politici, senza però che vi fosse l'attribuzione di un riconoscimento giuridico per soggetti politici che si andava a finanziare. Pertanto, il criterio che stava a fondamento delle scelte legislative sulla contribuzione economica statale era quello di finanziare i partiti politici senza riconoscerli, anziché di riconoscerli per finanziarli. Un ragionare, ancora una volta, imperniato sul ruolo centrale del partito politico nell'ordinamento costituzionale e nella società, e che aveva come conseguenza l'obiettivo di evitare che il partito subisse dei meccanismi di «burocratizzazione», derivanti dalla sottoposizione a regole giuridiche, che fossero in grado di rallentarne o, addirittura, di frenarne il naturale dinamismo nell'ambito del sistema politico e nella tenuta della forma di governo parlamentare.
      Negli ultimi due decenni si è verificata una radicale ricomposizione del quadro partitico italiano, a seguito sia delle vicende giudiziarie di «tangentopoli», sia della modificazione del sistema elettorale in senso semi-maggioritario, sia delle reiterate forme di disaffezione politica dei cittadini, manifestatesi con il crescente astensionismo elettorale da un lato e con le numerose richieste di referendum in funzione antipartitocratica dall'altro. Si è quindi assistito all'emergere di un fenomeno politico-istituzionale molto anomalo, che è stato efficacemente definito della «partitocrazia senza partiti»: cioè la presenza di un sistema di apparati partitocratici, non più di tipo organizzativo e ideologico, come erano i partiti di prima, ma piuttosto macchine personali al servizio di questo o di quel leader politico. Partiti politici personali, che sono dominati, in funzione determinante e coagulante, dal capo in cui si riconoscono.
      Dopo le dimissioni, nell'autunno dello scorso anno, del Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi – sotto la pressione dei mercati e dell'Unione europea – e l'insediamento del Governo tecnico guidato dal Presidente del Consiglio dei ministri Monti, anche i principali partiti politici «personali» sono entrati in crisi, sia per il loro fallimento politico, sia per gli scandali e gli episodi di corruzione emersi. Di qui il montare dell'indignazione dei cittadini e dell'antipolitica.
 

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      Da ultimo, i gravissimi casi di malversazione della Lega Nord e dell'ex Margherita, i cui tesorieri hanno gestito in piena libertà e senza controlli i patrimoni che i partiti hanno loro affidato, ancora più intollerabili in un momento di crisi che impone sacrifici alla collettività, hanno portato la sfiducia dell'opinione pubblica nei partiti politici a un livello mai raggiunto prima d'ora. È urgente, perciò, indicare una soluzione forte al tema del finanziamento pubblico, oltre ad approntare una riforma dei partiti politici e dei controlli su di essi, per dare il segnale che la politica è in grado di riformarsi per far uscire il Paese dall'attuale crisi morale, istituzionale ed economica. Solo attraverso effettive iniziative di auto-riforma della politica nel segno dell'austerità e del rigore è possibile restituire ai partiti politici il ruolo di raccordo fra i cittadini e le istituzioni che è fondamentale in una democrazia pluralista.
      Rivitalizzare il patto fra cittadini e partiti politici vuol dire indurre questi ultimi a rinunciare a una parte del loro arbitrio, subordinandosi a regole certe e trasparenti, rendendo pubblici i loro statuti oltre che i loro bilanci, dando più potere – anche per il loro finanziamento – ai loro iscritti ed elettori. I partiti, per tornare a svolgere la loro funzione nella democrazia italiana, devono divenire effettivamente e autenticamente soggetti democratici. È questo un passaggio indispensabile, sia per rifondare un nuovo patto fra politica e società civile, sia per rilanciare la funzione costituzionale e sociale dei partiti politici.
      Per tenere nel giusto conto il fatto che il soggetto della proposizione dell'articolo 49 è «Tutti i cittadini», per porre i cittadini al centro, con il loro diritto ad associarsi liberamente in partiti per concorrere con strutture e metodi democratici a determinare la politica nazionale, la legge deve dettare disposizioni dirette a garantire la partecipazione degli iscritti a tutte le fasi di formazione della volontà politica dei partiti, compresa la designazione dei candidati alle elezioni, il rispetto delle norme statutarie e la tutela delle minoranze, e prevedere procedure atte ad assicurare la trasparenza e il pubblico controllo del loro stato patrimoniale e delle loro fonti di finanziamento.
      In tal senso, una condizione indispensabile è quella di prevedere che i partiti politici, al fine di usufruire dei rimborsi per le spese elettorali e di ogni altro beneficio normativo, si devono dotare di uno statuto approvato con atto pubblico, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, contenente gli organi del partito e la loro composizione, le procedure e le forme di garanzia per le minoranze, i diritti e i doveri degli iscritti, nonché le modalità di selezione dei candidati alle elezioni.
      Poiché altre proposte di legge già depositate si propongono di dare una risposta organica all'esigenza di definire natura giuridica, regole di vita interna e procedure per la scelta dei candidati, la presente proposta di legge si limita a incidere sul tema del finanziamento e dei rimborsi pubblici ai partiti politici con l'obiettivo di farne uno strumento per rimettere al centro del sistema i cittadini. A tal fine prevede che ogni forma di finanziamento pubblico debba comunque trarre origine da una scelta (diretta o indiretta) degli elettori/contribuenti affiancandosi a quella della libera e volontaria contribuzione degli iscritti e dei simpatizzanti.
      Il confronto con gli altri Paesi europei ci offre alcuni spunti utili per riformare il sistema di contribuzione in Italia. Innanzitutto nei Paesi dell'Europa continentale è previsto un finanziamento pubblico dei partiti politici e non solo un rimborso per le spese elettorali. In secondo luogo, sono presenti meccanismi stringenti di controllo sull'uso del finanziamento. In terzo luogo, sono in genere stabiliti limiti massimi e forme di deducibilità fiscale. In via generale, però, è facile constatare che la misura del contributo pubblico ai partiti politici è ben inferiore a quanto previsto in Italia (circa 4 euro per voto). Il sostegno alla politica in Italia è valso ai partiti italiani nel 2011 a titolo di rimborso elettorale 189,2 milioni di euro. Il sistema funziona con quattro fondi per le elezioni, uno per la Camera dei deputati, uno per
 

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il Senato della Repubblica, uno per i membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia e uno per le elezioni regionali. L'importo viene erogato ai movimenti in quote annuali per tutta la durata della legislatura. Per un confronto, in Germania il limite massimo del finanziamento ai partiti politici è fissato in 133 milioni di euro l'anno (nel 2010 le forze politiche hanno incassato 130 milioni di euro), con un rimborso pari a circa 0,85 euro per ogni voto valido, che scende a 0,70 euro dopo i 4 milioni di euro. In Francia i partiti politici che incassano rimborsi hanno un sussidio soggetto a un limite massimo di 80 milioni di euro e il limite della spesa è fissato in 38.000 euro per candidato, in luogo dei 52.000 euro previsti in Italia. In Spagna la somma dei rimborsi elettorali dipende dal numero di seggi vinti e dei voti ottenuti e l'anno scorso ammontava a 44,5 milioni di euro. Nel Regno Unito il finanziamento statale (9,4 milioni di euro) interessa solo i partiti di opposizione, perché considerati svantaggiati rispetto ai partiti di governo, che hanno in mano le redini del potere.
      Anche l'esperienza degli altri Paesi citati conferma dunque quanto recentemente ha sostenuto Luigi Zingales nel quotidiano Il Sole-24 ore: «Il punto di partenza, anche se impopolare, è che la politica costa. (...) Il finanziamento della politica non può venire lasciato interamente al mercato. (...) Il laissez faire non funziona in politica. C’è la necessità d regole e c’è la necessità di un contributo pubblico». Tuttavia, occorre certamente introdurre elementi che rafforzino la competizione democratica elettorale.
      La presente proposta di legge si pone sulla scia dei modelli vigenti in Europa, attraverso l'introduzione di un sistema misto che prevede: un contributo o rimborso pubblico commisurato non più al numero degli aventi diritto al voto, ma solo ai voti validi ricevuti dai partiti politici, dimezzando l'importo attualmente erogato (0,50 euro l'anno per ogni voto valido attribuito alla forza politica) (articolo 1); la possibilità per ciascun contribuente di destinare il 4 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) ai partiti politici (articolo 3); l'erogazione di contributi volontari per i partiti politici da parte delle persone fisiche con la possibilità di detrazione ai fini dell'IRPEF (per la quale viene fissato un limite massimo pari a euro 10.000, dimezzandolo rispetto alla normativa vigente) (articolo 7). Gli articoli 8 e 10 prevedono il mantenimento della possibilità di erogazioni liberali ai partiti politici anche da parte di persone giuridiche, con due limiti. In primo luogo, sono esclusi finanziamenti o contributi sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta, da parte di pubbliche amministrazioni o enti pubblici statali, regionali, provinciali o locali, da parte di enti economici statali o parastatali e da parte di società a partecipazione statale. Da parte di società private i finanziamenti o le contribuzioni devono essere stati deliberati dall'organo sociale competente, iscritti nel bilancio e non essere vietati dalle leggi vigenti. In secondo luogo l'erogazione non potrà più essere portata in detrazione come invece possono fare i cittadini.
      Per evitare il rischio che queste regole proteggano solo i partiti politici esistenti e per favorire l'efficienza e l'equità del sistema elettorale nel suo complesso, pensiamo vada altresì incentivata la competizione elettorale tra gli stessi candidati. Per questo avanziamo anche una proposta ispirata al modello ideato dal giurista americano Larry Lessig, che nel suo ultimo libro ipotizza un sistema di matching funds, per cui ogni individuo può donare fino a 100 dollari al suo candidato preferito e lo Stato a sua volta raddoppierà la cifra raccolta. Nella nostra proposta di legge si dà al cittadino la possibilità di sostenere un singolo candidato al Parlamento tramite un contributo massimo di 200 euro che può essere portato in detrazione fino al 50 per cento (articolo 7). In questo modo si rende più intensa la competizione, si limita l'influenza dei grossi gruppi sui candidati, ma si limita in una certa misura anche il potere dei partiti politici sui candidati.
      Il meccanismo pensato nella presente proposta di legge non nega l'idea del costo
 

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della politica a carico della finanza pubblica, ma ne rovescia la logica: ai cittadini va lasciata la scelta del sostegno alla politica in modo da promuovere il loro coinvolgimento nella vita dei partiti e da spingere questi ultimi a rinnovarsi per riconquistare la fiducia che gli elettori hanno smarrito da tempo.
      Inoltre, per evitare gli sperperi, abbassare i costi della politica e garantire la necessaria sobrietà nel contesto della crisi economica, nella presente proposta di legge si pone un vincolo all'utilizzazione dei contributi pubblici (articolo 11): questi potranno essere utilizzati esclusivamente per finanziare l'attività e l'iniziativa politica e i beni o i mezzi strumentali alle stesse, limitando al minimo la spesa per gli apparati organizzativi e per il personale ed escludendo indennità in favore dei dirigenti, salvo il mero rimborso delle spese, con divieto di utilizzo per altri investimenti immobiliari o mobiliari, impiegando le eventuali eccedenze per scopi sociali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche alla legge 3 giugno 1999, n. 157, in materia di rimborso delle spese per consultazioni elettorali ai movimenti e partiti politici).

      1. All'articolo 1 della legge 3 giugno 1999 n. 157, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «un rimborso in relazione alle spese elettorali» sono sostituite dalle seguenti: «un contributo per le attività di iniziativa politica e a rimborso delle spese elettorali»;

          b) al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il contributo è proporzionale al numero dei voti validi ricevuti da ciascun movimento o partito politico»;

          c) al comma 5, primo periodo, le parole: «di euro 1,00 per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati» sono sostituite dalle seguenti: «di euro 0,50 per il numero dei voti validi ottenuti da ciascun movimento o partito politico nelle ultime elezioni per il rinnovo di ciascuno degli organi di cui al comma 1»;

          d) al comma 5, il secondo periodo è soppresso;

          e) al comma 5-bis, primo periodo, le parole: «nella misura dell'1,5 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura dell'1 per cento»;

          f) al comma 5-bis, quarto periodo, le parole: «almeno il 4 per cento» sono sostituite dalle seguenti «almeno il 5 per cento»;

 

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          g) al comma 6, quinto periodo, dopo le parole: «una frazione d'anno» sono aggiunte le seguenti: «; in tale caso la quota annua è ridotta in proporzione al numero dei mesi trascorsi. In ogni caso il versamento delle quote annuali dei contributi di cui ai commi 1 e 1-bis è interrotto nel caso in cui un movimento o partito politico non presenti proprie liste di candidati in una delle successive elezioni per il rinnovo degli organi di cui al comma 1».

      2. Dopo il comma 1 dell'articolo 2 della legge 3 giugno 1999, n. 157, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
      «1-bis. Sono ammessi a fruire dei rimborsi per le spese elettorali e di qualunque altro beneficio o agevolazione previsti dalla legge soltanto i movimenti e i partiti politici che siano dotati di uno statuto, redatto per atto pubblico e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, il quale determini gli organi del partito e la loro composizione, le procedure e le forme di garanzia per le minoranze, i diritti e i doveri degli iscritti, nonché le modalità di selezione dei candidati alle elezioni».

Art. 2.
(Modifiche all'articolo 9 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, in materia di contributo per le spese elettorali).

      1. All'articolo 9 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2, quinto periodo, le parole: «almeno il 15 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «almeno il 10 per cento»;

          b) al comma 3, primo periodo, dopo le parole: «i partiti e i movimenti che abbiano» sono inserite le seguenti: «ottenuto almeno un candidato eletto o» e le parole: «dell'1 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «del 5 per cento».

 

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Art. 3.
(Destinazione del quattro per mille dell'IRPEF al finanziamento dei movimenti e dei partiti politici).

      1. All'atto della dichiarazione annuale dei redditi delle persone fisiche, ovvero della presentazione del certificato unico dipendente (CUD), ciascun contribuente può destinare una quota pari al 4 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) al finanziamento dei movimenti e dei partiti politici.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta un regolamento con cui sono stabiliti i criteri, i termini e le modalità per l'attuazione delle disposizioni del comma 1, assicurando la tempestività e l'economicità di gestione, nonché la semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti.

Art. 4.
(Requisiti per partecipare al riparto delle risorse del quattro per mille dell'IRPEF).

      1. I movimenti e i partiti politici partecipano alla ripartizione annuale delle risorse di cui all'articolo 3 qualora abbiano, al 31 ottobre di ciascun anno, almeno un parlamentare eletto alla Camera dei deputati o al Senato della Repubblica.
      2. Alla ripartizione di cui al comma 1 concorrono i movimenti e i partiti politici che ne fanno domanda, sottoscritta dai rappresentanti legali o dai loro delegati ai sensi dei rispettivi statuti, entro il 31 ottobre di ogni anno, al Presidente della Camera dei deputati, che la trasmette al Ministro dell'economia e delle finanze.
      3. Ciascun candidato alle elezioni per la Camera dei deputati e per il Senato della Repubblica dichiara, all'atto dell'accettazione della candidatura e per i fini di cui alla presente legge, il movimento o il partito politico di riferimento. Un'analoga

 

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dichiarazione è resa dai candidati alle elezioni suppletive per le due Camere.
      4. In sede di prima attuazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ciascun deputato e ciascun senatore dichiara al Presidente della Camera di appartenenza, per i fini di cui alla presente legge, il movimento o il partito politico di riferimento.
      5. All'inizio di ciascuna legislatura il Presidente della Camera dei deputati e il Presidente del Senato della Repubblica comunicano al Ministro dell'economia e delle finanze l'elenco dei componenti di ciascuna Camera con le rispettive dichiarazioni di riferimento ai movimenti o ai partiti politici rese ai sensi del comma 3. Nel corso della legislatura i Presidenti delle Camere provvedono, altresì, a comunicare le eventuali variazioni nella composizione delle Camere successivamente intervenute per effetto di surrogazioni o di elezioni suppletive.
      6. In sede di prima attuazione, il Presidente della Camera dei deputati e il Presidente del Senato della Repubblica comunicano al Ministro dell'economia e delle finanze le dichiarazioni rese dai parlamentari ai sensi del comma 4.
      7. In caso di sopravvenuta cessazione del movimento o del partito politico, il responsabile è tenuto a darne comunicazione al Presidente della Camera dei deputati e al Ministro dell'economia e delle finanze, a pena di restituzione delle somme ricevute successivamente alla cessazione, maggiorate di una sanzione pecuniaria pari al loro importo.

Art. 5.
(Determinazione ed erogazione delle somme).

      1. Il Ministro dell'economia e delle finanze determina con proprio decreto, entro il 30 novembre di ciascun anno, sulla base delle dichiarazioni effettuate dai contribuenti ai sensi dell'articolo 3, l'ammontare del fondo da ripartire tra i movimenti e i partiti politici, costituito dalle

 

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somme corrispondenti alla quota del quattro per mille dell'IRPEF sulla base degli incassi in conto competenza relativi all'IRPEF risultanti dal rendiconto generale dello Stato.
      2. Con il decreto di cui al comma 1 del presente articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze determina, altresì, la ripartizione del fondo tra i movimenti e i partiti politici di cui al comma 1 dell'articolo 4. Ai fini dell'individuazione degli aventi diritto e della ripartizione del fondo si prendono in considerazione esclusivamente le dichiarazioni di appartenenza ai movimenti o ai partiti politici rese dai candidati all'atto dell'accettazione della candidatura o, per la legislatura in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, quelle rese dai membri delle Camere entro il termine di cui al comma 4 dell'articolo 4.
      3. Il fondo è ripartito tra i movimenti o i partiti politici in proporzione ai voti validi espressi in ambito nazionale in favore delle liste da essi presentate per la più recente elezione della Camera dei deputati.
      4. L'erogazione delle somme di cui al comma 2 è effettuata, in un'unica soluzione, entro il 31 gennaio di ogni anno.
      5. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dalle dichiarazioni dei redditi presentate nell'anno 2013, ai fini della determinazione delle somme da erogare entro il 31 gennaio 2014.

Art. 6.
(Disposizioni transitorie e di salvaguardia per la ripartizione del quattro per mille dell'IRPEF).

      1. Per l'anno finanziario 2013, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da adottare entro il 28 febbraio, ripartisce tra i movimenti e i partiti politici una somma pari a 30 milioni di euro e provvede alla sua erogazione agli aventi diritto. L'individuazione degli aventi diritto e la ripartizione del fondo sono effettuate secondo i criteri di

 

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cui al comma 1 dell'articolo 4 e al comma 3 dell'articolo 5 e sulla base dei dati comunicati dal Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente del Senato della Repubblica i sensi del comma 6 dell'articolo 4.
      2. L'ammontare del fondo ripartito ai sensi dell'articolo 5 non può comunque superare, a decorrere dall'anno 2014, 1'importo annuo di 50 milioni di euro.

Art. 7.
(Erogazioni liberali delle persone fisiche).

      1. Il comma 1-bis dell'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, relativo alla detrazione per erogazioni in favore dei partiti politici, è sostituito dal seguente:
      «1-bis. Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento delle erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e dei movimenti politici effettuate mediante versamento bancario o postale. In ogni caso l'importo detraibile nell'anno non può superare il limite di 10.000 euro».

      2. Le disposizioni del comma 1-bis dell'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo, si applicano per le erogazioni liberali effettuate a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Ai cittadini italiani che erogano contributi volontari in denaro in favore di un candidato alla Camera dei deputati o al Senato della Repubblica è altresì riconosciuta, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, una detrazione, agli effetti dell'imposta sul reddito, pari al 50 per cento dell'ammontare del contributo stesso, fino a un importo massimo detraibile di 100 euro per ciascun periodo d'imposta.

 

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Art. 8.
(Erogazioni delle persone giuridiche).

      1. Sono vietati i finanziamenti e i contributi, sotto qualsiasi forma e in qualsiasi modo erogati, da parte di organi delle pubbliche amministrazioni, di enti pubblici e di società con partecipazione di capitale pubblico superiore al 5 per cento o di società controllate da queste ultime, in favore di movimenti o di partiti politici o di loro articolazioni politico-organizzative.
      2. Sono altresì vietati i finanziamenti o i contributi sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta, da parte di società non comprese tra quelle indicate al comma 1, in favore di movimenti o di partiti politici o di loro articolazioni politico-organizzative, salvo che tali finanziamenti o contributi siano stati deliberati dall'organo sociale competente e regolarmente iscritti nel bilancio e a condizione che non siano vietati dalla legge.
      3. In ogni caso l'importo versato a movimenti e partiti politici da parte di ciascuna persona giuridica non può superare l'ammontare annuo di 50.000 euro.
      4. Chiunque corrisponde o riceve finanziamenti o contributi in violazione dei divieti previsti ai commi 1 e 3 ovvero, nel caso delle società di cui al comma 2, senza che sia intervenuta la deliberazione dell'organo sociale o senza che il finanziamento o il contribuito siano stati regolarmente iscritti nel bilancio della società stessa, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa fino al triplo delle somme versate o ricevute.

Art. 9.
(Dichiarazione di erogazione di finanziamenti).

      1. Nel caso di erogazione di finanziamenti o di contributi a movimenti o a partiti politici o a loro articolazioni politico-organizzative e ai candidati per un importo che superi i 5.000 euro annui,

 

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sotto qualsiasi forma, compresa la messa a disposizione di servizi, il soggetto che li eroga e il soggetto che li riceve sono tenuti a farne dichiarazione congiunta, sottoscrivendo un unico documento, che deve essere presentato al Ministero dell'interno.
      2. La disposizione del comma 1 non si applica ai finanziamenti o ai contributi concessi direttamente da banche o intermediari finanziari nello svolgimento della loro attività istituzionale alle condizioni di mercato.
      3. L'obbligo di cui al comma 1 deve essere adempiuto entro un mese dalla percezione del finanziamento o del contributo ovvero, nel caso di più finanziamenti o contributi erogati dallo stesso soggetto nel medesimo anno che nel totale superino l'importo annuale di cui al citato comma 1, entro il mese di gennaio dell'anno successivo.

Art. 10.
(Abolizione della detrazione d'imposta per le erogazioni liberali delle società di capitali e degli enti commerciali).

      1. L'articolo 78 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, relativo alla detrazione d'imposta per erogazioni in favore dei partiti politici, è abrogato.
      2. La disposizione di cui al comma 1 si applica per le erogazioni liberali effettuate a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 11.
(Utilizzazione dei contributi e dei rimborsi pubblici).

      1. I contributi e i rimborsi erogati a carico dello Stato ai sensi della presente legge possono essere utilizzati dai soggetti beneficiari esclusivamente per finanziare le spese elettorali e l'iniziativa politica,

 

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nonché i beni e i mezzi strumentali che sono strettamente funzionali alla medesima attività elettorale e politica, ivi incluso il personale dipendente, effettuando altresì un'adeguata ripartizione dei contributi e dei rimborsi tra gli organi centrali dei movimenti e dei partiti politici e le loro articolazioni territoriali.
      2. È fatto divieto di utilizzare i contributi e i rimborsi di cui alla presente legge a copertura di indennità o di retribuzioni a carattere continuativo o periodico in favore di coloro che ricoprono cariche di direzione politica o amministrativa a livello nazionale, regionale, provinciale o comunale dei movimenti e dei partiti politici, nonché delle fondazioni politiche, fatto salvo il rimborso delle spese.
      3. È altresì fatto divieto di utilizzare le eventuali eccedenze dell'importo complessivo dei contributi e dei rimborsi ricevuti, ove superiori alle esigenze di spesa per le attività di cui al comma 1, per effettuare investimenti immobiliari o mobiliari, incluse partecipazioni a società, non funzionali all'attività elettorale e politica. Le eventuali eccedenze sono destinate a scopi sociali.

Art. 12.
(Rendiconto dei movimenti e dei partiti politici).

      1. I segretari e i responsabili amministrativi dei movimenti e dei partiti politici che hanno usufruito dei contributi e dei rimborsi di cui alla presente legge sono tenuti a pubblicare, entro il 31 marzo di ogni anno, almeno in due quotidiani a diffusione nazionale, nonché nel sito internet del movimento o partito politico o nel sito del Ministero dell'interno, il bilancio finanziario consuntivo del movimento o del partito, approvato dall'organo competente e redatto secondo un modello approvato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, corredato di una sintesi della relazione sulla gestione.

 

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      2. Nella relazione allegata al bilancio, di cui al comma 1 devono essere illustrati analiticamente l'andamento della gestione economica, il patrimonio del movimento o del partito politico, la pianta organica e il numero effettivo dei dipendenti in servizio, nonché l'ammontare del rimborso delle spese assegnato alla dirigenza politica.
      3. Il bilancio deve essere sottoscritto dal segretario politico e dal responsabile del movimento o del partito politico e deve essere certificato da una società di revisione iscritta nell'albo speciale previsto dall'articolo 161 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero, dopo la sua istituzione, nel registro previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39.
      4. Il rappresentante legale o il tesoriere del movimento o del partito politico deve conservare ordinatamente, in originale o in copia, per almeno cinque anni, la documentazione che ha natura o comunque rilevanza amministrativa e contabile.
      5. In caso di inottemperanza agli obblighi di cui alla presente legge o di irregolare redazione del rendiconto, il Presidente della Camera dei deputati ne dà comunicazione al Ministro dell'economia e delle finanze che, fino alla regolarizzazione, sospende dalla ripartizione dei contributi e dei rimborsi i movimenti e i partiti politici inadempienti.
      6. Il bilancio consuntivo e il bilancio consolidato patrimoniale dei movimenti e dei partiti politici, redatti secondo il modello di cui al comma 1, sono sottoposti altresì al controllo del collegio istituito presso la Corte dei conti ai sensi dell'articolo 12, comma 2, della legge 10 dicembre 1993, n. 515, che accerta l'eventuale violazione degli obblighi previsti dalla legge da parte dei rappresentanti legali o dei tesorieri dei movimenti e dei partiti.
      7. In caso di inottemperanza agli obblighi di legge in materia di contributi e di rimborsi pubblici o di irregolare redazione del bilancio, fatte salve le eventuali sanzioni penali e la sospensione di cui al comma 5, la Corte dei conti applica una sanzione pecuniaria commisurata alla gravità
 

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delle violazioni o delle irregolarità riscontrate, fino a concorrenza dell'importo annuale dei contributi e dei rimborsi.

Art. 13.
(Norme transitorie).

      1. Le disposizioni in materia di contributo e di rimborso delle spese elettorali di cui alla presente legge entrano in vigore a decorrere dalle prime elezioni successive alla data di entrata in vigore della medesima legge.
      2. I movimenti e i partiti politici ai quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, è riconosciuto il rimborso per le spese elettorali ai sensi della legge 3 giugno 1999, n. 157, continuano a usufruirne fino alla cessazione della legislatura in corso alla medesima data, ma la relativa autorizzazione di spesa è ridotta di ulteriori 30 milioni di euro per l'anno 2012, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 2, comma 275, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Art. 14.
(Monitoraggio degli effetti finanziari).

      1. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dall'attuazione della presente legge e riferisce alle Camere annualmente, anche ai fini dell'adozione di eventuali misure correttive.


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