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PDL 5063

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5063



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CAMBURSANO, LA FORGIA, TABACCI, ZAMPA

Disciplina del finanziamento dei partiti politici e disposizioni in materia di controlli sui bilanci dei medesimi e sui rendiconti delle spese elettorali

Presentata il 20 marzo 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — Il modo in cui sono disciplinati i partiti politici negli ordinamenti democratici è un indice qualitativo, oltre che quantitativo, di come viene concepita la democrazia in un Paese. Nel tempo, i maggiori ordinamenti di democrazia pluralista hanno seguito, sostanzialmente, due strade: disciplinare i partiti con una legge ad hoc, come in Germania o più di recente in Spagna, che definisca natura, caratteristiche e funzioni dei partiti (e delle fondazioni politiche loro collegate), riconoscendo un finanziamento diretto e trasparente; oppure, come in Francia, disciplinare la sola funzione che i partiti svolgono nel momento elettorale, senza ulteriori riconoscimenti. Di certo, non esiste ordinamento democratico che non preveda un accettabile finanziamento pubblico del momento elettorale, come garanzia minima di uguaglianza delle chance di partecipazione di tutti alla vita politica (ciò vale financo negli Stati Uniti d'America, dove il privato la fa da padrone nel finanziare la politica).
      L'ordinamento italiano ha avuto da sempre un atteggiamento ambiguo, nonostante il dibattito risalga fino all'Assemblea costituente. Se da un lato i partiti politici sono le uniche associazioni costituzionalmente abilitate «a concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale» (articolo 49 della Costituzione),
 

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dall'altro essi sono regolati come mere associazioni non riconosciute (articolo 18 della Costituzione). Eppure, perfino lo stesso diritto dell'Unione europea, dal 2003, prevede finanziamenti pubblici solo al partito politico a livello europeo dotato di «personalità giuridica nello Stato membro in cui ha sede».
      Libero da ogni controllo sul finanziamento fino al 1974, in quell'anno il sistema politico-partitico decide di approvare una legge sul finanziamento pubblico ai partiti, preservando però la natura di associazione privata. Tale scelta, nella più pesante «Repubblica dei partiti» dell'occidente, tuttavia, non poteva non portare a degenerazioni, abusi e corruzione.
      Così, già nel 1978, si tiene un primo referendum, purtroppo fallito, contro il finanziamento pubblico, mentre non fallisce quello del 1993, quando il 90,3 per cento degli elettori votarono a favore del referendum sull'onda di Tangentopoli.
      Crollato il sistema dei partiti politici della prima Repubblica e del loro finanziamento pubblico, neanche i nuovi partiti che nascono hanno la forza di approvare una legge che li disciplini e che dimostri, oltre il momento elettorale, la loro natura di strumenti – primi, ma non soli – per consentire la partecipazione dei cittadini alla vita politica. Anzi, attraverso la soluzione dei rimborsi elettorali si continua ad aggirare il problema, fino ad arrivare, modifica dopo modifica, a finanziare sia i partiti attivi sia quelli estinti (ma non a bilancio chiuso).
      Naturalmente, riesplodono la corruzione e gli abusi, cresce l'astensionismo e divampa l'antipolitica.
      Oggi, nel bisogno urgente ed essenziale dei partiti politici di autolegittimarsi, qualcosa però sembra muoversi, come dimostrano i progetti di legge presentati nelle ultime settimane.
      Tuttavia, questo non basta. L'odierna modernità della vita politica di una società complessa impone anche: di incentivare, in piena trasparenza e nel rispetto di controlli rigidi, la ricerca di un finanziamento privato, attraverso strumenti di defiscalità; il finanziamento pubblico ripristinando il principio previsto dalla legge n. 2 del 1997, consentendo al cittadino-contribuente di sottoscrivere una dichiarazione in favore dei partiti a valere sul 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e di vincolare il finanziamento pubblico alla democratizzazione interna dei partiti e al rispetto dell'articolo 51 della Costituzione; infine, di riconoscere uno statuto giuridico ad hoc anche alle fondazioni politiche create da partiti politici in carica. Infatti si tratta ormai di soggetti politici tout court che, fuori e dentro i partiti, operano appieno, senza però alcun penetrante controllo sul loro finanziamento.
      Con la presente proposta di legge si stabiliscono le procedure per accedere ai rimborsi elettorali nonché i limiti alle stesse. Sono previste l'istituzione ad hoc di una sezione di controllo presso la Corte dei conti per tali spese e la possibilità di controllare e di conoscere i bilanci dei partiti politici e delle fondazioni di natura politica e le spese da loro sostenute.
      Dopo il referendum del 1993, l'unico tentativo serio di verificare la volontà popolare e di ridurre, se fosse riuscito, le distanze tra società politica e società civile si è fatto con l'approvazione della citata legge n. 2 del 1997 sulla contribuzione volontaria dei cittadini per finanziare la politica: essa prevedeva la destinazione volontaria del 4 per mille dell'IRPEF di ciascun contribuente e un limite massimo di finanziamento di 110 miliardi di vecchie lire. Altri punti qualificanti erano: le detrazioni fiscali per le contribuzioni liberali; i finanziamenti alle organizzazioni periferiche per il 30 per cento del totale ricevuto; i controlli dei bilanci; il divieto di chiedere detrazioni fiscali da parte di persone fisiche, società di capitali ed enti commerciali che avessero dichiarato passività nelle dichiarazioni dei redditi dell'anno precedente; l'obbligo di allegare ai bilanci dei partiti quelli delle società partecipate.
      Alla Camera dei deputati intervenne D'Alema, sfidando i partiti politici a cambiare metodi e comportamenti altrimenti i cittadini non li avrebbero finanziati. Questa
 

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legge, affermò il futuro presidente della Commissione bicamerale, «è ad alto rischio per i partiti ed è una sfida perché attraverso il meccanismo che prevede, avremo, anno per anno, nella scelta dei cittadini, un giudizio sul sistema dei partiti anche nel momento della dichiarazione fiscale».
      Le cose sono peggiorate con l'approvazione della legge n. 157 del 1999, che prevedeva il contributo di 4.000 lire moltiplicato per il numero dei cittadini iscritti nelle liste elettorali della Camera dei deputati. Fu definita la «legge dei tesorieri», meno uno – l'onorevole Cambursano, tesoriere del neonato movimento de «I democratici dell'asinello». L’ex Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Romano Prodi, intervenendo in Assemblea, usò parole durissime: «nemmeno una lira può andare nelle casse dei partiti se non per decisione esplicita, libera e consapevole dei singoli cittadini perché questo è un provvedimento che fa un passo indietro rispetto alla normativa attualmente in vigore, la legge del 1997, approvata dal Parlamento senza alcun condizionamento del Governo da me presieduto, la quale prevede che almeno la erogazione dei finanziamenti dipenda dalle scelte dei contribuenti. Evitiamo che i cittadini si allontanino dalla politica perché la politica si allontana dai cittadini».
      E invece la legge fu approvata ugualmente e il quorum per ottenere i finanziamenti si abbassò dal 3 per cento dei voti (legge n. 515 del 1993) all'1 per cento e il limite per i contributi liberali passò da 100 a 200 milioni di lire.
      Come se non bastasse, tre anni dopo, il 26 luglio 2002, è approvata la famigerata legge n. 156, con la quale la «banda» dei tesorieri aumentò il contributo da 4.000 lire a 5 euro (cioè circa 10.000 lire) per il numero degli elettori per cinque anni di legislatura. Quindi, anziché 200 miliardi di lire, circa 200 milioni di euro che in cinque anni fanno un miliardo di euro.
      Ma non è finita qui. Un vero colpo di mano è stato compiuto con il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, («milleproroghe»), con il quale si è consentito ai partiti politici di incassare le rate annuali del finanziamento pubblico, anche in caso di interruzione anticipata della legislatura.
      Ma il decreto-legge contiene anche altre norme «micidiali»:

          1) la possibilità per i partiti di cedere a terzi i crediti del finanziamento pubblico, un'operazione severamente vietata dalle leggi precedenti;

          2) l'impossibilità per i creditori dei partiti «di pretendere dagli amministratori l'adempimento delle obbligazioni del partito se non qualora questi ultimi abbiano agito con dolo o colpa grave». Per cui gli amministratori sono esenti da responsabilità civile;

          3) l'istituzione di un fondo di garanzia per pagare i debiti dei partiti, maturati prima dell'entrata in vigore della legge;

          4) l'aumento fino a 50.000 euro dei contributi senza obbligo di rendere note le generalità di chi li versa.

      Lo stato fallimentare in cui versa la nostra Repubblica potrebbe essere l'occasione per svegliarsi dal sonno, per acquistare consapevolezza delle cause e per l'indispensabile ristrutturazione dell'agenda politica interna, necessaria per riportare l'Italia al livello e alla considerazione che merita.
      Esiste una varietà di diritti, che proviene dal sistema europeo: è quindi a tali diritti che l'azione della politica nazionale dovrebbe uniformarsi. Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea evidenzia che i partiti sono un fattore importante per l'integrazione nell'Unione e contribuiscono a formare una coscienza europea e a esprimere la volontà politica dei cittadini.
      I princìpi dell'Unione europea occultati e rimossi sono chiari e precisi:

          1) i partiti e movimenti politici non possono avere scopo di lucro. Pertanto, sovvenzioni o finanziamenti non devono avere come «soggetto o effetto un profitto

 

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per il beneficiario» e le deroghe «dovrebbero essere eccezionali e non dovrebbero costituire un precedente» (regolamento (CE) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002);

          2) gli stanziamenti possono essere utilizzati «soltanto per coprire le spese direttamente collegate agli obiettivi indicati nel programma politico» del partito o del movimento che ne sia beneficiario (articolo 8 del regolamento (CE) n. 2004/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003).
      I partiti politici trovano definizione nell'articolo 2 del citato regolamento (CE) n. 2004/2003 relativo allo statuto e al finanziamento dei partiti politici a livello europeo. Lo stesso regolamento prevede, inoltre, la definizione delle spese oggetto di copertura e l'obbligo di trasparenza.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione e compiti della sezione di controllo della Corte dei conti).

      1. È istituita la sezione di controllo della Corte dei conti sulle associazioni private dotate di personalità giuridica che godono di finanziamenti pubblici, di seguito denominata «sezione».
      2. La sezione provvede al controllo:

          a) dei bilanci annuali dei partiti e movimenti politici che godono di finanziamenti, di rimborsi, di agevolazioni, di esenzioni o di qualsiasi altro tipo di provvidenza pubblica previsti dalla legislazione vigente;

          b) dei rendiconti relativi alle spese elettorali.

      3. Ai fini di cui al comma 2, la sezione provvede a redigere i modelli di bilancio annuale e di rendiconto delle spese elettorali.

Art. 2.
(Destinazione del cinque per mille dell'IRPEF al finanziamento della politica).

      1. All'atto della dichiarazione annuale dei redditi delle persone fisiche, nonché della presentazione del certificato unico dipendente (CUD) ciascun contribuente può destinare una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) ai partiti e movimenti politici.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con cui sono stabiliti i criteri, i termini e le modalità per l'attuazione del

 

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comma 1 del presente articolo, assicurando la tempestività e l'economicità di gestione, nonché la semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti.

Art. 3.
(Requisiti per partecipare alla ripartizione delle risorse).

      1. I partiti e i movimenti politici partecipano alla ripartizione annuale delle risorse di cui all'articolo 2 qualora abbiano, al 31 ottobre di ciascun anno, almeno un parlamentare eletto alla Camera dei deputati o al Senato della Repubblica o abbiano ottenuto consensi pari almeno al 2 per cento su base nazionale.
      2. Alla ripartizione delle risorse di cui all'articolo 2 concorrono i partiti e movimenti politici che ne fanno domanda, sottoscritta dai rappresentanti legali o dai loro delegati ai sensi dei rispettivi statuti, entro il 31 ottobre di ogni anno, al Presidente della Camera dei deputati, che la trasmette al Ministero dell'economia e delle finanze.
      3. Ciascun candidato alle elezioni per la Camera dei deputati e per il Senato della Repubblica dichiara, all'atto dell'accettazione della candidatura e ai soli fini di cui alla presente legge, il partito o movimento politico di riferimento. Analoga dichiarazione è effettuata dai candidati alle elezioni suppletive per le Camere.
      4. All'inizio di ciascuna legislatura il Presidente della Camera dei deputati e il Presidente del Senato della Repubblica comunicano al Ministro dell'economia e delle finanze l'elenco dei componenti di ciascuna Camera con le rispettive dichiarazioni di riferimento ai partiti e movimenti politici rese ai sensi del comma 3. Il Presidente della Camera dei deputati comunica inoltre il numero di voti validi espressi in ambito nazionale in favore delle liste presentate per l'attribuzione dei seggi con metodo proporzionale. Nel corso della legislatura i Presidenti delle Camere provvedono, altresì, a comunicare le eventuali variazioni alla composizione delle Camere successivamente

 

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intervenute per effetto di surrogazioni o di elezioni suppletive.

Art. 4.
(Determinazione ed erogazione delle risorse).

      1. Il Ministro dell'economia e delle finanze determina con proprio decreto, entro il 30 novembre di ciascun anno, sulla base delle dichiarazioni effettuate dai contribuenti ai sensi dell'articolo 2, l'ammontare delle risorse da ripartire tra i partiti o movimenti politici.
      2. Con il decreto di cui al comma 1 del presente articolo il Ministro dell'economia e delle finanze determina, altresì, la ripartizione delle risorse tra i partiti e movimenti politici aventi i requisiti di cui al comma 1 dell'articolo 3. Ai fini dell'individuazione degli aventi diritto e della ripartizione del fondo si prendono in considerazione esclusivamente le dichiarazioni di appartenenza ai partiti o movimenti politici rese dai candidati all'atto dell'accettazione della candidatura.
      3. Le risorse sono ripartite tra i partiti e movimenti politici in proporzione ai voti validi espressi in ambito nazionale in favore delle liste da essi presentate per la più recente elezione della Camera dei deputati. Nel caso in cui una stessa lista, sulla base delle dichiarazioni di riferimento rese dai candidati in essa compresi ai sensi dei commi 3 e 4 dell'articolo 3, risulti espressione di due o più partiti o movimenti politici, la somma spettante sulla base del risultato conseguito da tale lista è ripartita tra i partiti o movimenti interessati in proporzione al numero di candidati eletti riferibili a ciascun partito o movimento. Nel caso in cui un partito o movimento politico abbia presentato liste e candidature per l'elezione del Parlamento nazionale esclusivamente in circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela delle minoranze linguistiche, a esso è corrisposta una somma pari alla moltiplicazione di un novecentoquaranticinquesimo dell'ammontare totale delle risorse per il numero

 

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dei parlamentari eletti al Parlamento nazionale che hanno dichiarato di fare riferimento a tale partito o movimento.
      4. L'erogazione delle risorse di cui al comma 2 è effettuata, in un'unica soluzione, entro il 31 marzo dell'anno successivo.

Art. 5.
(Erogazioni liberali delle persone fisiche).

      1. Dopo il comma 1-quater dell'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, relativo alla detrazione per oneri, è inserito il seguente:
      «1-quinquies. Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 22 per cento per le erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e movimenti politici e delle fondazioni aventi finalità politiche per importi compresi tra 250 e 25.000 euro effettuate mediante versamento bancario o postale. Per le erogazioni liberali comprese tra 5.000 e 25.000 euro si devono comunicare in forma congiunta al Presidente della Camera dei deputati gli estremi del donatore e del beneficiario. Per quest'ultimo, la dichiarazione deve essere firmata dal legale rappresentante e dal tesoriere del partito o movimento politico o della fondazione».

      2. Le disposizioni del comma 1-quinquies dell'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano per le erogazioni liberali effettuate a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 6.
(Erogazioni liberali delle società di capitali e degli enti commerciali).

      1. Dopo il comma 1, dell'articolo 78 del testo unico di cui al decreto del Presidente

 

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della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, relativo alle detrazioni d'imposta per oneri, è inserito il seguente:
      «1-bis. Dall'imposta lorda si detrae fino a concorrenza del suo ammontare un importo pari al 22 per cento dell'onere di cui all'articolo 15, comma 1-quinquies, limitatamente alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), diversi dagli enti nei quali vi sia una partecipazione pubblica o i cui titoli siano negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, nonché dalle società ed enti che controllano, direttamente o indirettamente, tali soggetti, ovvero ne siano controllati o siano controllati dalla stessa società o ente che controlla i soggetti medesimi.
      2. L'onere di cui al comma 1 non rileva ai fini della maggiorazione di conguaglio».

      2. Le disposizioni del comma 1-bis dell'articolo 78 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano per le erogazioni liberali effettuate a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 7.
(Esclusioni).

      1. Le disposizioni degli articoli 15, comma 1-quinquies, e 78, comma 1-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotti dagli articoli 5 e 6 della presente legge, non si applicano alle persone fisiche, alle società di capitali e agli enti commerciali che hanno dichiarato passività nelle dichiarazioni rese per l'esercizio finanziario precedente a quello nel quale l'erogazione liberale ha avuto luogo.

 

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Art. 8.
(Rendiconto dei partiti e movimenti politici e delle fondazioni).

      1. Il legale rappresentante o il tesoriere cui per statuto è affidata autonomamente la gestione delle attività patrimoniali del partito o movimento politico o della fondazione che ha usufruito dei contributi per le spese elettorali o che ha partecipato alla ripartizione delle risorse di cui all'articolo 3 deve redigere il rendiconto di esercizio secondo il modello predisposto dalla sezione della Corte dei conti.
      2. Il rendiconto deve essere corredato da una relazione del legale rappresentante o del tesoriere di cui al comma 1 sulla situazione economico-patrimoniale del partito o movimento politico o della fondazione e sull'andamento della gestione nel suo complesso. La relazione deve essere redatta secondo il modello predisposto dalla sezione della Corte dei conti.
      3. Il rendiconto deve essere, altresì, corredato da una nota integrativa secondo il modello predisposto dalla sezione della Corte dei conti.
      4. Al rendiconto devono, inoltre, essere allegati i bilanci relativi alle imprese partecipate, nonché, relativamente alle società editrici di giornali o di periodici, ogni altra documentazione eventualmente prescritta dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Non sono consentite partecipazioni per tramite di società fiduciarie o per interposta persona.
      5. Il rappresentante legale o il tesoriere di cui al comma 1 deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari e deve, altresì, conservare ordinatamente, in originale o in copia, per almeno cinque anni, tutta la documentazione che ha natura o comunque rilevanza amministrativa e contabile.
      6. I libri contabili tenuti dai partiti e movimenti politici e dalle fondazioni, prima di essere messi in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e bollati in ogni foglio da un notaio o dal segretario comunale del comune in

 

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cui ha la propria sede legale il partito o movimento politico o la fondazione, che deve dichiarare nell'ultima pagina del libro il numero dei fogli che lo compongono.
      7. Il libro giornale deve indicare giorno per giorno le operazioni compiute.
      8. L'inventario deve essere redatto al 31 dicembre di ogni anno e deve contenere l'indicazione e la valutazione delle attività e delle passività. L'inventario si chiude con il rendiconto e deve essere sottoscritto dal rappresentante legale o del tesoriere entro tre mesi dalla presentazione del rendiconto agli organi competenti.
      9. Tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un'ordinata contabilità, senza parti in bianco, interlinee e trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria una cancellazione, questa deve essere eseguita in modo che le parole cancellate siano leggibili.
      10. Il rendiconto deve essere certificato da una società di revisione iscritta all'albo speciale tenuto dalla Commissione nazionale per le società e la borsa ai sensi dell'articolo 161 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
      11. Le disposizioni del presente articolo si applicano dal 1o gennaio 2013. Il primo rendiconto ai sensi del presente articolo deve essere presentato in riferimento all'esercizio 2012. Il legale rappresentante o il tesoriere è tenuto a pubblicare entro il 30 giugno di ogni anno, almeno su due quotidiani, entrambi a diffusione nazionale, il rendiconto corredato da una sintesi della relazione sulla gestione e della nota integrativa.
      12. Il rendiconto di esercizio, corredato della relazione sulla gestione della nota integrativa, sottoscritti dal legale rappresentante o dal tesoriere, dalla certificazione rilasciata dalla società di revisione, dalla relazione dei revisori dei conti da essi sottoscritta, nonché delle copie dei quotidiani ove è avvenuta la pubblicazione, è trasmesso dal legale rappresentante
 

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o dal tesoriere, entro il 31 luglio di ogni anno, al Presidente della Camera dei deputati.
      13. Il rendiconto di esercizio, la relazione sulla gestione, la nota integrativa, il verbale di approvazione da parte dell'organo competente per statuto e la certificazione rilasciata dalla società di revisione di cui al comma 10 sono comunque pubblicati, a cura dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, in un supplemento speciale alla Gazzetta Ufficiale.
      14. Il Presidente della Camera dei deputati, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, comunica al Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base del controllo di conformità alla presente legge compiuto da un collegio di revisori, l'avvenuto riscontro della regolarità della redazione del rendiconto, della relazione e della nota integrativa. Il collegio di revisori è composto da cinque revisori ufficiali dei conti nominati dall'Ordine nazionale dei dottori commercialisti e dei revisori contabili.
      15. I partiti e movimenti politici e le fondazioni che partecipano alla ripartizione delle risorse di cui all'articolo 3 devono riservare una quota non inferiore al 40 per cento di tali risorse alle proprie strutture decentrate su base territoriale che prevedono nello statuto l'autonomia finanziaria.
      16. Alle strutture di cui al comma 15 che partecipano alla ripartizione delle risorse di cui all'articolo 3, si applicano le disposizioni del presente articolo sulla redazione del rendiconto. Il rendiconto è allegato al rendiconto nazionale del partito o movimento politico o della fondazione.

Art. 9.
(Sanzioni).

      1. Nel caso in cui siano accertati finanziamenti illeciti, il legale rappresentante e il tesoriere del partito o movimento politico o della fondazione sono punibili con l'arresto fino a sei anni, la ripartizione delle risorse di cui all'articolo 3 è immediatamente

 

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revocata ed esse devono essere restituite in misura pari a tre volte di quanto ricevuto illecitamente.
      2. Ai soggetti di cui al comma 1 sono altresì applicate le seguenti pene accessorie:

          a) se membri eletti o nominati di istituzione a livello nazionale o locale, la decadenza immediata e la sospensione dai pubblici uffici per dieci anni;

          b) in tutti gli altri casi, la sospensione dai pubblici uffici per dieci anni.

      3. Nel caso di accertata o di ammessa appropriazione indebita di somme di pertinenza del partito o movimento politico o della fondazione, si applicano le pene previste dalla legislazione vigente e la non eleggibilità per le successive due legislature.


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