PDL 5059
XVI LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 5059
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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
PICIERNO, BENAMATI, BRANDOLINI, MARCO CARRA, CENNI, D'INCECCO, GRAZIANO, LUCÀ, MANCUSO, MATTESINI, NARDUCCI, PELUFFO, PORTA, RUBINATO, SERVODIO, TOUADI, LIVIA TURCO, ZAMPA
Istituzione del Fondo di rotazione per il sostegno delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie e per l'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alle organizzazioni criminali, istituzione dell'Albo nazionale delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie, nonché modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e al decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181
Presentata il 16 marzo 2012
Onorevoli Colleghi! — Risale al 1982 l'approvazione della «legge Rognoni-La Torre», (legge n. 646 del 1982), che è stata un pilastro di tutta la successiva normativa di contrasto alla criminalità organizzata. Tra le novità importanti introdotte, figura la possibilità per lo Stato di confiscare i beni di proprietà di esponenti delle cosche, colpendo in tal modo gli interessi diretti delle mafie, restituendo allo Stato le ricchezze accumulate illegalmente attraverso estorsioni, violenze, traffici internazionali e speculazioni.
In seguito all'entrata in vigore della legge, a fronte dei tragici eventi del 1992 e del conseguente risveglio delle coscienze in tutta Italia, viene raccolto un milione di firme per una legge in favore del riutilizzo sociale dei beni confiscati.
Grazie alla partecipazione attiva di associazioni, di movimenti antimafia e di familiari delle vittime, si giunge alla legge n. 109 del 1996 e al decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, che istituisce l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, poi assorbito dal «codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, di seguito «codice».
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Dalla sua approvazione la legge ha consentito di strappare alle mafie beni immobili e terreni, di contribuire alla nascita di associazioni e cooperative, di creare occupazione pulita nelle terre di mafia, luoghi di socialità e di impegno volontario, presidi della cittadinanza, laddove prima c'erano solo sfruttamento e criminalità.
Questi beni sono immobili (case, terreni, appartamenti,
box, eccetera), beni mobili (denaro contante e titoli), ma anche aziende.
I beni confiscati alla criminalità organizzata possono essere concessi dai comuni, a titolo gratuito, a comunità, organizzazioni di volontariato e cooperative sociali e possono diventare scuole, comunità di recupero per tossicodipendenti, case per anziani e così via. Nelle regioni meridionali, ad esempio, sono sorte delle cooperative sociali di giovani che coltivano terreni confiscati alle organizzazioni mafiose producendo pasta, vino e olio. In base alle previsioni dell'articolo 2-
undecies della legge n. 575 del 1965, come modificato dalla legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, commi 201 e 202) i beni confiscati potevano essere assegnati anche a province e regioni (la legge n. 575 del 1965 è ora stata assorbita dal codice).
Al 1
o febbraio 2012 i beni confiscati alla criminalità organizzata, tra aziende e immobili, sono 11.982, il 68 per cento dei quali siti nelle quattro regioni del meridione. Se consideriamo tra le regioni più infiltrate dalla criminalità organizzata anche la Lombardia e il Lazio, la percentuale dei beni confiscati sul totale del Paese sale al 95 per cento, un dato che conferma l'infiltrazione criminale in queste due regioni, dato confermato dalla relazione del Sistema di informazione per la sicurezza delle Repubblica presentata di recente al Parlamento relativa all'anno 2011.
Di questi, 4.423 risultano ancora nella gestione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, 908, invece, risultano usciti dalla gestione.
Dai dati forniti dall'Agenzia nazionale all'agenzia di stampa Adnkronos e resi noti il 22 febbraio del corrente anno, «l'89 per cento delle aziende ridestinate è in stato «vegetativo» ha chiuso i battenti o rischia di farlo a stretto giro (...) delle 460 aziende ormai fuori dalla gestione dell'Agenzia nazionale solo 45 sono state vendute, ben 273 sono state cancellate dal Rea, 128 liquidate e 14 hanno ottenuto la revoca della confisca (...). Ci sono poi altre 362 società la cui situazione è in corso di aggiornamento, ovvero si sta lavorando per valutarne lo stato». Pertanto, le aziende ridestinate attive sono l'11 per cento, appena 176 società. Questo dato allarmante è in linea con il dato degli immobili, dei quali il 55 per cento di quelli in gestione dell'Agenzia nazionale è gravato da debiti ipotecari.
I beni immobili non assegnati ai comuni sono acquisiti al patrimonio dello Stato e sono utilizzati per finalità di giustizia, ordine pubblico e protezione civile. I beni mobili sono trasformati in denaro contante, successivamente depositato in un apposito fondo. Le aziende sono vendute, date in affitto o messe in liquidazione. Il ricavato è versato nel medesimo fondo.
Nel citato codice è stato previsto l'uso sociale anche per le aziende confiscate per i casi di corruzione. Sotto la voce «finalità sociali» sono raggruppati i seguenti centri: anziani, attività sportive, extracomunitari, famiglia, disabili, minori, sede di associazioni, tempo libero, tossicodipendenti e altro. Sotto la voce «aree destinate a fini sociali» sono raggruppate le seguenti voci: parco giochi, sport, utilità sociali, verde e altro.
La gestione dei beni confiscati presenta alcune problematiche dovute alle complicazioni dell’
iter per poterli riassegnare, nella necessità di prevenire ogni rischio che la criminalità organizzata si riappropri dei beni attraverso prestanome aggirando le normative antimafia. In diversi comuni sciolti per mafia nel decreto di scioglimento, tra le motivazioni addotte, compare proprio l'aver assegnato beni confiscati a prestanome di prevenuti.
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Appare evidente che il miglioramento dell'efficienza nella gestione dei beni confiscati da parte dello Stato comporterebbe per il territorio l'opportunità di riappropriarsi di spazi di legalità, occupazione e sviluppo, come già avviene ove la buona gestione delle amministrazioni ha consentito la nascita di esperienze di successo.
In un momento di congiuntura economica fortemente negativa, in cui i dati sull'occupazione peggiorano nettamente, un corretto ed efficiente uso sociale dei beni confiscati può contribuire a dare opportunità ai giovani di occupazione e sviluppo nella legalità.
La presente proposta di legge mira, da un lato, a interventi di modifica al codice e, dall'altro, a introdurre nuovi elementi utili a una più efficace gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata e a sostenere, anche finanziariamente, le cooperative e le associazioni che operano nell'ambito del contrasto sociale, culturale ed economico delle stesse organizzazioni criminali. In riferimento al primo aspetto, occorre evidenziare che dalle prime esperienze giudiziarie e da un'attenta rilettura delle nuove norme alla luce di tali esperienze – e dall'analisi di alcune delle proposte dell'Osservatorio nazionale su confisca, amministrazione e destinazione dei beni e delle aziende contenute in un articolato documento recante «
Proposte correttive al Codice antimafia» –, emergono alcuni profili di criticità che incidono negativamente sull'efficacia dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, ancorché senza alcuna pretesa di esaustività e completezza.
Sul secondo ambito di interventi, in particolare, si propone di istituire il Fondo di rotazione per il sostegno delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie e per l'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alla criminalità organizzata, nonché l'istituzione dell'Albo nazionale delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie, anche per una migliore gestione degli accessi al fondo di rotazione.
L'articolo 1 istituisce e disciplina il Fondo di rotazione per il sostegno delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie e per l'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alla criminalità organizzata. Nello specifico, come recita il comma 2, per quanto concerne il sostegno alle organizzazioni antimafia, il Fondo «ha il fine di finanziare progetti e attività ritenuti meritevoli di interesse pubblico».
Secondo il comma 3 il Fondo è altresì finalizzato «all'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alla criminalità organizzata», costituiti in epoca anteriore al sequestro – così come previsto dall'articolo 52 del codice «rendendo più celeri le procedure di liquidazione dei terzi», in quanto sono più evidenti le relative disponibilità finanziarie, e favorendo per tale via la fruizione effettiva dei beni assegnati per finalità di rilevanza sociale.
L'articolo 2 provvede ad apportare alcune modifiche legislative in materia di norme sui beni confiscati alla criminalità organizzata e a quelle in materia di gestione delle risorse che affluiscono nel Fondo unico giustizia. Il comma 1, lettera
a), modificando l'articolo 2, comma 7, del decreto-legge n. 143 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 181 del 2008, aggiunge, con la lettera
c-bis) un'ulteriore ripartizione delle risorse del Fondo unico giustizia, destinando una quota parte «non inferiore al 20 per cento, al Fondo per il sostegno delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie e per l'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alla criminalità organizzata». La lettera
b), poi, modificando il comma 7-
quater dello stesso articolo 2, si preoccupa di tenere conto di quanto disposto con la lettera
a) nell'eventuale elevazione delle quote destinate al Ministero dell'interno e al Ministero della giustizia, fissate «fino a una percentuale non superiore al 30 per cento relativamente alle sole risorse oggetto di sequestro penale o amministrativo» ai sensi del comma 7, del medesimo articolo 2.
Con due successivi decreti-legge (decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e citato decreto-legge n. 143 del 2008), il
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Governo ha istituito e disciplinato il Fondo unico giustizia, con l'obiettivo di centralizzare e di rendere più efficiente la gestione delle somme recuperate dallo Stato, soprattutto a seguito di sequestri e di confische antimafia. Al Fondo unico giustizia affluiscono, con i relativi interessi, le seguenti risorse: somme sequestrate nell'ambito di procedimenti penali e in applicazione di misure di prevenzione antimafia, nonché i proventi derivanti dai beni confiscati alla criminalità organizzata; le somme derivanti dall'irrogazione di sanzioni amministrative, anche a carico di enti; somme e proventi devoluti a vario titolo allo Stato; le somme sequestrate dall'Agenzia delle dogane e dal Corpo della guardia di finanza nell'ambito delle attività di controllo sul denaro contante in entrata e in uscita ai confini dell'Unione europea. La gestione delle risorse del Fondo è affidata a Equitalia giustizia Spa, una società per azioni interamente posseduta da Equitalia Spa, mentre la destinazione delle risorse è ripartita, ai sensi del citato comma 7 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, nella misura di un terzo al Ministero dell'interno e di un terzo al Ministero della giustizia e la restante parte affluisce all'entrata del bilancio dello Stato. Nonostante il principio alla base dell'istituzione del Fondo unico giustizia appaia del tutto condivisibile e apprezzabile, quello cioè di «una giustizia che alimenta o contribuisce ad alimentare se stessa» – per utilizzare una espressione dell'onorevole Donatella Ferranti nel corso di un'interpellanza proprio sulle criticità nella gestione e nella ripartizione del Fondo unico giustizia (interpellanza urgente n. 2/00878 del novembre 2010) – attraverso le risorse recuperate, per gran parte, dal contrasto alla criminalità organizzata, il funzionamento e la stessa entità annua delle risorse del Fondo unico giustizia rimangono ancora elementi oscuri e impenetrabili (l'ultimo dato disponibile è datato 17 maggio 2010 e le risorse affluite al Fondo erano pari a 2049,3 milioni di euro). Anche per questo motivo si propone di definire in modo certo una quota parte minima del Fondo unico giustizia che affluisce al Fondo di rotazione per il sostegno delle organizzazioni antimafia e, soprattutto, per l'estinzione dei diritti di terzi sui beni confiscati. Inoltre, la stessa gestione affidata a Equitalia Spa, del Fondo unico giustizia, con tutte le sue farraginose procedure, non favorisce una celere liquidazione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati e, dunque, un loro effettivo riutilizzo per finalità sociali.
Il comma 2 si fa carico di alcune modifiche al codice:
alla lettera a), modificando il comma 4 dell'articolo 23, si propone di aggiungere ai «diritti reali o personali di godimento» dei terzi anche i diritti reali di garanzia. Diversamente dalla legge n. 575 del 1965, il codice non prevede l'interventi dei titolari dei diritti reali di garanzia, ancorché risulti del tutto evidente l'omogeneità con quelli di godimento, e l'esclusione di tali diritti di garanzia – come fanno notare gli operatori giudiziari e lo stesso Osservatorio nazionale su confisca, amministrazione e destinazione dei beni e delle aziende – può comportare problemi nella verifica dei pesi che gravano sul bene da confiscare, rischiando di differire a un eventuale incidente di esecuzione un accertamento essenziale ai fini della confisca e della successiva destinazione del bene;
alla lettera b) si sostituisce il comma 4 dell'articolo 28, per risolvere alcune evidenti diseconomie processuali rilevate nell'attuale disciplina sulla revocazione della confisca che prevede un irrazionale sdoppiamento decisionale e che incide sulla dilazione dei tempi. Difatti, quando la richiesta di revocazione è accolta dalla corte d'appello, gli atti dovrebbero essere restituiti al tribunale che ha disposto la confisca perché proceda alla restituzione, anche per equivalente. Atteso che la corte d'appello è giudice di merito al pari del tribunale e che spesso la revocazione interviene a lunga distanza temporale dalla confisca disposta dal tribunale, non si comprende la ragione alla base di tale disposizione quando invece la restituzione può essere un atto consequenziale e contestuale alla revocazione stessa;
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alla lettera c), al comma 3 dell'articolo 46 è modificata la parte in cui è previsto che, ove ricorrano le condizioni per la restituzione per equivalente per sopravvenuta revocazione del provvedimento di confisca del bene, gli oneri finanziari siano posti a carico dell'amministrazione assegnataria «nei casi in cui il bene non sia stato venduto» (che in questo caso sono posti a carico del Fondo unico giustizia). La norma vigente implica che gli enti assegnatari di un bene dovrebbero tenere conto dell'eventualità di un ordine di restituzione dell'equivalente del bene loro assegnato ed essere pronti a fare fronte al relativo onere finanziario, peraltro non prevedibile. Appare evidente, dunque, come questo aspetto della disciplina non soltanto possa scoraggiare le richieste di assegnazione, ma anche come possa comportare pesanti conseguenze sui precari equilibri di bilancio degli enti, ad esempio con il possibile sforamento del patto di stabilità interno. Si propone, quindi, di porre a carico del solo Fondo unico giustizia gli eventuali oneri finanziari dovuti, per equivalente, a seguito di revocazione del provvedimento di confisca;
alla lettera d) si aggiunge al comma 1 dell'articolo 53 la previsione secondo cui lo Stato provvede alla soddisfazione dei crediti per titolo anteriori al sequestro, «nel limite del 70 per cento del valore dei beni sequestrati o confiscati», «mediante risorse dal Fondo di rotazione per il sostegno delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie e per l'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alla criminalità organizzata»;
alla lettera e), infine, per le medesime motivazioni di cui alla lettera a), si propone di aggiungere i diritti di garanzia ai diritti reali di godimento dei terzi.
L'articolo 3 introduce un significativo elemento di novità nel sistema di norme per il contrasto della criminalità organizzata, specificamente in relazione a quei soggetti, come ad esempio associazioni e cooperative, impegnate nella promozione della legalità in ambito sociale, culturale ed economico. Si propone, infatti, l'istituzione dell'Albo nazionale delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie, presso il Ministero dell'interno, con l'obiettivo, da una parte, di razionalizzare l'accesso al Fondo di rotazione e, dall'altra, di fornire un utile strumento che metta in rete l'arcipelago delle organizzazioni per la legalità e la lotta sociale contro le mafie, mediante l’«informazione, la pubblicizzazione e il censimento delle attività e dei progetti» delle stesse organizzazioni. Il comma 3 prevede che il Ministro dell'interno adotta un regolamento per disciplinare nel dettaglio tempi e modalità di iscrizione (anche mediante strumenti telematici) e ogni altro aspetto utile per un corretto funzionamento dell'Albo. Si precisa, inoltre, che le organizzazioni impegnate nel contrasto sociale e culturale alla criminalità organizzata devono avere modalità decisionali interne informate a princìpi partecipativi e democratici.
L'articolo 4 definisce i soggetti titolari del diritto di accesso al Fondo di rotazione. Possono accedere alle risorse del Fondo sia «organizzazioni, comunque organizzate e denominate, con l'obiettivo principale di lotta alla criminalità organizzata e di promozione della legalità in ambito sociale, culturale ed economico», sia «i soggetti terzi che vantano diritti reali di godimento o di garanzia» sui beni confiscati alla criminalità organizzata, successivamente all'accertamento del diritto reale.
L'articolo 5 prevede che il Governo emana un regolamento di attuazione per disciplinare il funzionamento del Fondo di rotazione, prevedendo forme di informazione e di assistenza per un'effettiva fruizione del diritto di accesso e le modalità di presentazione delle domande – relativamente alle sole organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie iscritte all'Albo – e disciplinando tempi e modalità di liquidazione dei crediti accertati in sede giudiziaria dei soggetti terzi sui beni confiscati. Lo schema di regolamento dovrà essere trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per
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l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Il Governo, inoltre, apporta modificazioni al regolamento di attuazione del Fondo unico giustizia.
L'articolo 6 individua nelle risorse del Fondo unico giustizia la copertura finanziaria degli oneri previsti per l'istituzione e il funzionamento del Fondo di rotazione. Si propone, al comma 2, che il Ministro dell'interno possa destinare, per far fronte a maggiori oneri finanziari non previsti, e d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, risorse aggiuntive al Fondo di rotazione.
L'articolo 7, infine, prevede di ricorrere alla disciplina, per quanto compatibile, del regolamento di attuazione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 5 della presente proposta di legge.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Fondo di rotazione per il sostegno delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie e per l'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alla criminalità organizzata).
1. È istituito, presso il Ministero dell'interno, il Fondo di rotazione per il sostegno delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie e per l'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alla criminalità organizzata, di seguito denominato «Fondo». Il Fondo è alimentato dalle risorse di cui all'articolo 6.
2. Il Fondo, in relazione al sostegno alla lotta sociale e culturale contro le mafie e alla promozione della legalità, ha il fine di finanziare progetti e attività ritenuti meritevoli di interesse pubblico.
3. Il Fondo è finalizzato, altresì, all'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alla criminalità organizzata, previsti dall'articolo 52 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, di seguito denominato «codice», rendendo più celeri le procedure di liquidazione dei terzi e favorendo la destinazione per finalità sociali dei beni assegnati ai sensi dell'articolo 48, comma 3, lettera c), del codice.
Art. 2.
(Modifiche legislative).
1. All'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 7, dopo la lettera c) è aggiunta la seguente:
c-bis) in misura non inferiore al 20 per cento, al Fondo per il sostegno delle
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organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie e per l'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alla criminalità organizzata»;
b) al comma 7-quater sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e tenuto conto di quanto disposto dalla lettera c-bis) del medesimo comma 7».
2. Al codice sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 23, comma 4, dopo le parole: «diritti reali o personali di godimento» sono inserite le seguenti: «o di garanzia»;
b) all'articolo 28, il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Quando accoglie la richiesta di revocazione, la corte d'appello provvede, ove necessario, ai sensi dell'articolo 46»;
c) all'articolo 46, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, il tribunale determina il valore del bene e ordina il pagamento della somma, ponendola a carico del Fondo unico giustizia»;
d) all'articolo 53, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, mediante risorse del Fondo di rotazione per il sostegno delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie e per l'estinzione dei diritti reali di terzi sui beni confiscati alla criminalità organizzata»;
e) all'articolo 55, comma 3, dopo le parole: «diritti reali o personali di godimento» sono inserite le seguenti: «o di garanzia».
Art. 3.
(Istituzione dell'Albo nazionale delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie).
1. È istituito, presso il Ministero dell'interno, l'Albo nazionale delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie, di seguito denominato «Albo».
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2. L'Albo è finalizzato all'informazione, alla pubblicizzazione e al censimento delle attività e dei progetti delle organizzazioni per la legalità e la lotta contro le mafie operanti nel territorio nazionale, nonché a favorire e a razionalizzare l'assegnazione delle risorse del Fondo.
3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore delle presente legge il Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta un regolamento per disciplinare le modalità di iscrizione e di cancellazione dall'Albo e ogni altro aspetto disciplinare utile per il corretto funzionamento dell'Albo. Le norme contenute nel regolamento sono ispirate a criteri di trasparenza e di semplicità e sono volte, in particolare, a consentire alle organizzazioni di cui al comma 1 che hanno come principale obiettivo la lotta contro le mafie e la promozione della legalità, comunque organizzate e denominate, e che hanno modalità di decisione partecipativa e democratica, una semplice e rapida iscrizione all'Albo anche mediante strumenti telematici.
Art. 4.
(Accesso al Fondo).
1. Sono titolari del diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso:
a) le organizzazioni, comunque organizzate e denominate, con l'obiettivo principale di lotta contro la criminalità organizzata e di promozione della legalità in ambito sociale, culturale ed economico;
b) i soggetti terzi che vantano diritti reali di godimento o di garanzia, di cui all'articolo 52 del codice nei limiti di cui all'articolo 53 del medesimo codice, come modificato dall'articolo 2 della presente legge, e previo accertamento dei crediti, ai sensi del libro I, titolo III, capo II, dello
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stesso codice, sui beni confiscati alla criminalità organizzata, nei tempi e con le modalità definiti dal regolamento di cui all'articolo 5 della presente legge.
2. L'accesso al Fondo, per le organizzazioni di cui alla lettera a) del comma 1, è subordinato all'iscrizione all'Albo.
Art. 5.
(Regolamento di attuazione del Fondo).
1. Il Governo emana, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, un regolamento di attuazione del Fondo che:
a) individua, nel rispetto delle disposizioni di cui alla presente legge, le modalità di gestione del Fondo, nonché gli organi preposti alla gestione del Fondo e i relativi uffici, nonché le procedure di cooperazione tra gli uffici in relazione all'applicazione della presente legge;
b) prevede forme di informazione, assistenza e sostegno, poste a carico del Fondo, per garantire l'effettiva fruizione dei benefìci da parte degli aventi diritto di accesso al Fondo;
c) disciplina le modalità di presentazione delle domande di accesso al Fondo, con riferimento ai soggetti di cui alla lettera a), del comma 1 dell'articolo 4, e i criteri di assegnazione delle risorse sulla base di progetti di attività a rilevanza sociale, culturale ed economica, con particolare riguardo alle attività volte al recupero e all'impiego di giovani coinvolti, o potenzialmente vittime, della criminalità organizzata;
d) disciplina, in caso di disponibilità finanziaria insufficiente, l'erogazione delle somme dovute agli aventi diritto in modo che, nell'anno di riferimento, sia possibile per i richiedenti l'accesso al Fondo in quota proporzionale e l'integrazione della parte restante delle somme non percepite
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negli anni successivi, senza interessi, rivalutazioni e oneri aggiuntivi.
2. Il Governo, con il regolamento di cui al comma 1, disciplina altresì ogni altro aspetto utile per il corretto funzionamento del Fondo, compatibilmente con i princìpi della presente legge e, con riferimento ai soggetti di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 4 della presente legge le modalità e i tempi di liquidazione dei crediti accertati in sede giudiziaria ai sensi del libro I, titolo III, capo II, del codice.
3. Lo schema di regolamento di cui al comma 1 è trasmesso, entro il quarantacinquesimo giorno antecedente alla scadenza del termine di cui al medesimo comma 1, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Trascorsi trenta giorni dalla data di trasmissione, il regolamento è emanato anche in mancanza del parere.
4. Il Governo provvede ad apportare eventuali modificazioni al regolamento di attuazione del Fondo unico giustizia, di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 30 luglio 2009, n. 127, al fine di adeguarne la disciplina alla presente legge.
Art. 6.
(Copertura finanziaria).
1. Agli oneri finanziari derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede mediante stanziamento, nell'ambito del Fondo unico giustizia di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, e successive modificazioni.
2. Il Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, e nei limiti del bilancio dello Stato, può destinare al Fondo risorse aggiuntive al fine di sostenere eventuali maggiori oneri finanziari.
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Art. 7.
(Disposizioni transitorie).
1. Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 5 della presente legge, alle modalità di gestione del Fondo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2001, n. 284.