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PDL 5066

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5066



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MARIAROSARIA ROSSI

Disposizioni concernenti la certificazione obbligatoria dei contratti di lavoro a progetto

Presentata il 20 marzo 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — È ben conosciuto l'orientamento secondo cui per dare una svolta al mercato del lavoro è necessario restringere il ricorso all'istituto della collaborazione a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo n. 276 del 2003.
      Eppure secondo l'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL) oggi in Italia lavorano 676.000 persone inquadrate con un contratto di lavoro a progetto: c’è da chiedersi quante di queste persone avrebbero avuto un diverso impiego qualora non fosse esistita la tipologia contrattuale in questione.
      Invero troppo spesso si è fatta confusione tra flessibilità e precarietà, ma un contratto flessibile non è per definizione precario. Anzi, il contratto di lavoro a progetto, se ben applicato, corrisponde a un'esigenza precisa di un determinato target di lavoratori come studenti universitari, casalinghe e altri che necessitano di una minore rigidità di rapporto, considerato che la corretta attuazione del contratto di lavoro a progetto garantisce ampi ambiti di autonomia al lavoratore e la possibilità di gestire altre attività, dalle familiari ad altre lavorative.
      La soluzione oggi non è quella di eliminare o di ridurre l'impiego del contratto di lavoro a progetto, né è quella di incrementare l'aliquota contributiva delle collaborazioni. La soluzione è far sì che sussista un controllo più intenso e diretto proprio sulle collaborazioni, eliminando quelle «cattive», ostacolandole e combattendole.
      La flessibilità del contratto di lavoro a progetto è divenuta infatti precarietà solo quando le collaborazioni a progetto hanno
 

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mascherato situazioni di subordinazione, utilizzate al solo fine di ridurre il costo del lavoro.
      Ma allora la soluzione non è una «inversione di rotta» ma un maggior controllo sull'esistente: occorre, in altre parole, reprimere in modo deciso, il fenomeno delle collaborazioni fittizie.
      Non sorprende che lo stesso decreto legislativo n. 276 del 2003, agli articoli 75 e seguenti, preveda già uno strumento deflattivo del contenzioso in azienda proprio al fine di consegnare alle imprese un nuovo sistema di gestione dei rapporti di lavoro, semplice e agile, ovvero la procedura di certificazione dei contratti, cioè una procedura di validazione anticipata della volontà delle parti interessate all'utilizzazione di una specifica tipologia contrattuale. La funzione certificatoria, utile a prevenire controversie giudiziali sul piano qualificatorio, è esercitata – su istanza delle parti e quindi su base volontaria – da strutture pubbliche, università e organizzazioni sindacali.
      Nell'ottica di reprimere le collaborazioni fittizie appare risolutivo, per dare certezza alla genuinità dei contratti, rendere invece obbligatoria la certificazione dei contratti di lavoro a progetto.
      Le commissioni di certificazione sono infatti in grado di verificare la reale autonomia del collaboratore, la genuinità del progetto sotto il profilo formale e sostanziale e, in particolare, accertano:

          1) che non sussista un vincolo di subordinazione;

          2) che la collaborazione sia di natura prevalentemente personale;

          3) che il collaboratore possa liberamente prefigurare il contenuto della propria prestazione sulla base del risultato oggettivamente individuato dalle parti con il contratto;

          4) che il progetto sia specifico e specificato e sia gestito dal collaboratore in funzione di un risultato;

          5) che il collaboratore stesso, unilateralmente e discrezionalmente, determini, senza necessità di preventiva autorizzazione o di successiva giustificazione, la quantità di prestazione da eseguire e la collocazione temporale della stessa.

      Tutto ciò nel rispetto del coordinamento con l'organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività lavorativa.
      Ma c’è di più. L'accertamento della commissione di certificazione deve essere, nel caso delle collaborazioni a progetto, più penetrante e spingersi anche alla verifica sostanziale del concreto svolgimento del rapporto di lavoro. Nel caso delle collaborazioni a progetto è infatti tangibile la delicatezza dell'attività di accertamento che va adeguatamente supportata da un'attività ispettiva in capo alla medesima commissione.
      L'accesso ispettivo sui luoghi di lavoro da parte della commissione, anche mediante un unico membro delegato, potrà essere attuato sia prima dell'emanazione del provvedimento di certificazione, sia successivamente per verificare, qualora ve ne siano i presupposti, il perdurare dei requisiti di genuinità.
      Nell'intenzione di evitare esborsi al collaboratore, sia la procedura di certificazione sia le spese conseguenti all'accesso rimarrebbero a carico della parte committente.
      L'accesso ispettivo della commissione di certificazione non comporterebbe sicuramente una sovrapposizione con gli organi di vigilanza (direzioni provinciali del lavoro, Istituto nazionale di previdenza sociale – INPS –, Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro); essi sarebbero comunque competenti per le attività che da sempre svolgono, mentre l'ispezione delle commissioni di certificazione altro non sarebbe che un completamento dell’iter certificatorio vero e proprio e cioè il verificare «sul posto» che l'attività svolta dal collaboratore sia assolutamente aderente a quanto certificato.
      Vale la pena sottolineare che la presente proposta di legge si muove in

 

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coerenza con altri contributi più o meno recenti a cominciare dalla direttiva del Ministro della salute, del lavoro e delle politiche sociali 18 settembre 2008, nonché dalla circolare dell'INPS n. 111 del 17 dicembre 2008, secondo cui i «contratti già sottoposti al vaglio di una delle previste commissioni di certificazione, in quanto positivamente certificati o ancora in fase di valutazione» (.....) «saranno oggetto di verifica ispettiva soltanto a seguito di richiesta di intervento del lavoratore interessato e sempre che sia fallito il preventivo tentativo di conciliazione monocratica ovvero salvo che non si evinca con evidenza immediata e non controvertibile la palese incongruenza tra il contratto certificato e le modalità concrete di esecuzione del rapporto di lavoro»; fino al più recente «collegato lavoro» (legge 4 novembre 2010, n. 183), che all'articolo 30, comma 2, prevede un'estensione dei poteri e delle potenzialità della certificazione: «Nella qualificazione del contratto di lavoro e nell'interpretazione delle relative clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, salvo il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione».
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Procedura obbligatoria di certificazione del lavoro a progetto).

      1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro, qualora le parti abbiano fatto ricorso al contratto di lavoro a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, esse, in deroga a quanto previsto dall'articolo 78 del medesimo decreto legislativo, devono ricorrere alla procedura di certificazione del contratto prevista dagli articoli 75 e seguenti del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, successive modificazioni.

Art. 2.
(Modalità di avvio del procedimento).

      1. In deroga all'articolo 78, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, l'inoltro alla commissione di certificazione di duplice copia del contratto di collaborazione dà avvio al procedimento obbligatorio di certificazione senza necessità di firma di un'istanza comune delle parti.
      2. I contratti di lavoro a progetto devono essere inviati alla commissione di certificazione a cura della parte committente.
      3. Le spese della procedura di certificazione rimangono a carico della parte committente.

Art. 3.
(Sanzioni per il mancato inoltro).

      1. Il mancato inoltro alla commissione di certificazione dei contratti di lavoro a progetto per l'avvio della procedura di certificazione determina una presunzione

 

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relativa di subordinazione e la correlata conversione del contratto di lavoro a progetto nella corrispondente fattispecie di contratto di lavoro di tipo subordinato.

Art. 4.
(Accesso ispettivo).

      1. Nell'ambito dei propri regolamenti, le commissioni di certificazione disciplinano le modalità con cui possono accedere ai luoghi di lavoro al fine di verificare il corretto svolgimento e la corretta attuazione dei contratti a progetto.
      2. L'accesso ispettivo può essere effettuato dalla commissione di certificazione anche tramite un solo componente delegato sia prima dell'emissione del provvedimento di certificazione sia dopo la notifica dello stesso, fino alla scadenza della collaborazione.
      3. L'accertamento della non corrispondenza del concreto svolgimento del rapporto al programma negoziale certificato determina la revoca del provvedimento di certificazione, qualora esso sia stato già emesso, ovvero un provvedimento di rigetto.
      4. Le spese connesse all'accesso e ai successivi adempimenti rimangono a carico della parte committente.

Art. 5.
(Rinunce e transazioni).

      1. I diritti derivanti da un contratto di lavoro a progetto in essere alla data di entrata in vigore della presente legge e certificabile possono essere, in sede di certificazione, oggetto di rinunce e di transazioni tra le parti ai sensi dell'articolo 2113 del codice civile, sulla base delle richieste delle parti accertate durante la fase istruttoria.


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