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PDL 4974

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4974



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MELCHIORRE

Interpretazione autentica dell'articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in materia di determinazione dell'imposta municipale propria per gli immobili di interesse storico o artistico

Presentata il 17 febbraio 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — Com’è a tutti noto, la «manovra salva Italia», e in particolare l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, disponendo in materia di maggiori entrate ha previsto che l'imposta comunale sugli immobili (ICI), disciplinata dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sia sperimentalmente sostituita già dal 1o gennaio 2012 dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dal decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, sul federalismo fiscale municipale, a decorrere solo dal 2014.
      La formulazione, non ancora messa bene a punto, degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 23 del 2011 (e dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011) pone diversi dubbi sull'ambito di applicazione del nuovo tributo e causa per i contribuenti – anche se sensibili alle finalità della «manovra salva Italia» – incertezze di livello tale da condizionare pesantemente le scelte e le pianificazioni sulla predisposizione dei mezzi con cui far tempestivamente fronte all'imposta, ovvero le preferibili opzioni per gli investimenti diretti di salvaguardia dei patrimoni immobiliari.
      L'effetto pratico – attuale come attuale è stata resa l'imposta – è già quello di una paralisi di iniziative private di salvaguardia, in attesa di chiarimenti e di nuove certezze: dunque l'opposto
 

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di quel che si vorrebbe, da parte dello stesso Governo e della stessa maggioranza parlamentare, con la contestuale manovra per potenziare la crescita economica. Numerose azioni di manutenzione e di restauro immobiliari si sono bloccate a causa di questa incertezza: contratti di appalto che avrebbero potuto partire sono inaspettatamente fermi perché non si conosce se si dovrà far fronte a nuove latitudini di imposta ovvero si potrà disporre delle medesime sollecitazioni del quadro normativo precedente. Imprese che già potrebbero essere in opera per manutenzioni e per restauri sono bloccate senza sapere se poterli avviare o completare.
      È questo proprio il caso dell'IMU e delle cosiddette «dimore storiche»: vale a dire di immobili che sono vanto nazionale, che caratterizzano il nostro Paese e che costituiscono una delle principali risorse, culturali e di attrattiva turistica, dell'Italia.
      È noto infatti che per gli immobili di interesse storico e artistico, cioè per i beni culturali immobiliari, la base imponibile dell'ICI era costituita dalla rendita determinata mediante l'applicazione della tariffa d'estimo (aumentata del 5 per cento) di minore ammontare tra quelle previste per le abitazioni della zona censuaria dove si trova il fabbricato, moltiplicata per il coefficiente 100.
      Così in pratica prevedeva l'articolo 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75.
      Era questo, riguardo all'ICI, il provvido effetto dell'applicazione di un principio generale – già allora decennale – di agevolazione tributaria del possesso dei beni culturali immobiliari, che era stato introdotto nell'interesse pubblico, perché in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione, con la legge 2 agosto 1982, n. 512.
      Senza l'applicazione di questo principio, infatti, la salvaguardia del nostro patrimonio storico e artistico – che pure è iscritta tra i princìpi fondamentali della Costituzione – resterebbe una vana declamazione e soltanto la mano pubblica o i grandissimi proprietari potrebbero sostenere i costi di manutenzione. La gran parte del patrimonio culturale immobiliare privato andrebbe fatalmente in degrado, con danno gravissimo per l'intero Paese. E sarebbe così se oggi la legge, smentendo se stessa, non prevedesse ancora adeguate misure per permettere, sostenere e incentivare le azioni positive di conservazione e di restauro che fronteggiano il naturale deterioramento di questi immobili, la cui valorizzazione è invece preziosa per tutti, anche per l'indotto economico che genera e che irradia nel territorio circostante.
      Si tratta di beni a costo di manutenzione e di restauro ben maggiori di quelli ordinari, di entità tale da compromettere la capacità contributiva media dei titolari, già gravati dei relativi obblighi conservativi e sottoposti al diritto di prelazione statale in caso di cessione.
      È per questa finalità pubblica che nel 1993 il legislatore, dopo aver introdotto l'ICI, aveva disposto questo effetto agevolativo.
      Oggi, a IMU già operativa dall'inizio dell'anno e con la prima rata che scade a giugno, non è dato ai contribuenti di conoscere con certezza – come sarebbe loro diritto – se la sua disciplina implichi anche la perduranza degli effetti, e stavolta sull'IMU stessa, di quell'articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 16 del 1993, cioè di questa agevolazione finanziaria. La disposizione non è espressamente abrogata e dunque è tuttora presente tra le disposizioni vigenti. La sua collocazione all'esterno della stretta disciplina dell'ICI, cioè del decreto legislativo n. 504 del 1992, condurrebbe alla sua trasposizione all'IMU, malgrado la dizione letterale che opera «ai fini dell'imposta comunale sugli immobili (ICI)». Al tempo stesso, la disciplina dell'IMU risultante dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 23 del 2011 nulla dice di espresso al riguardo, né nel senso di escluderla (come fatto per altre disposizioni particolari sull'ICI, e come parrebbe in ipotesi necessario, visto che rappresenta l'applicazione di un principio generale trentennale dell'ordinamento tributario), né nel senso di confermarla, come sarebbe stato chiarificatore e
 

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comunque preferibile. Del resto, l'intero impianto normativo sul calcolo della base imponibile e dell'ICI, se non espressamente abrogato, dovrebbe perdurare e rimanere in vigore trasfuso all'IMU, al contrario di quelle previsioni che non a caso sono state espressamente abrogate. Ma questo non è chiaro e sappiamo poi come agiscono quando una previsione non è chiara alla lettera, gli uffici finanziari.
      È questa la situazione di incertezza che frena gli investimenti e che blocca, in questo settore, la crescita che si vorrebbe rilanciare in questo gravissimo momento di crisi. E così nuoce a ogni interesse pubblico, costituzionale ed economico.
      Si impone perciò una chiarificazione in tempi rapidissimi, prima della scadenza della prima rata di giugno 2012, e questa chiarificazione spetta alla legge, che per suo torto ha dimenticato di chiarire con nettezza la perduranza di questa misura di sostegno essenziale per attuare il principio fondamentale dell'articolo 9 della Costituzione.
      La via è allora solo quella della sollecita approvazione di una legge di interpretazione autentica dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 23 del 2011, che stabilisce l'applicazione dell'IMU. Ecco perché sottopongo al vostro giudizio la presente proposta di legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e successive modificazioni, sull'applicazione dell'imposta municipale propria, si interpreta nel senso che per gli immobili di interesse storico o artistico si applica a tale imposta l'articolo 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75.


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