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PDL 4906

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4906



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, FIORONI, VENTURA, VILLECCO CALIPARI, SAMPERI, ROSATO, LUCÀ, NACCARATO, BRANDOLINI, D'INCECCO, LARATTA, CODURELLI, TIDEI, MARCHI, MATTESINI, MARCO CARRA, MIOTTO, FONTANELLI, VELO, BOCCI, GINOBLE, SANI, RUBINATO, VERINI, TRAPPOLINO, CAUSI, SBROLLINI, IANNUZZI, SERENI

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato

Presentata il 25 gennaio 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — Recenti studi e pubblicazioni hanno confermato che la corruzione degli apparati della pubblica amministrazione è ancora un fenomeno endemico nel nostro Paese. Ogni anno la collettività paga un prezzo elevatissimo alla corruzione e agli altri reati contro la pubblica amministrazione, quantificabile in cifre di molti milioni di euro. Non è il solo costo. Lo sviamento delle funzioni amministrative altera i meccanismi della competizione fra imprese, favorendone alcune a danno di altre a prescindere dalle effettive qualità imprenditoriali. Ne risente complessivamente l'economia, che risulta così gravemente danneggiata. Il tradimento delle funzioni amministrative non ha solo un costo economico, ma anche un costo sociale, in quanto riduce la trasparenza dell'azione amministrativa e la fiducia dei cittadini nell'efficace operare della pubblica amministrazione.
      Per queste ragioni, la lotta alla corruzione deve costituire una priorità nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata. La presente proposta di legge mira a fornire alcuni strumenti che possono rafforzare il tasso di efficienza dell'azione di contrasto a queste forme criminose.
      L'intervento normativo che proponiamo si articola nei seguenti punti fondamentali:

          1) eliminazione del reato di concussione e correlativo ampliamento delle fattispecie di violenza e di corruzione;

 

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          2) introduzione del reato di corruzione per svolgimento della funzione;

          3) introduzione del reato di traffico di influenze;

          4) ampliamento del reato di corruzione tra privati;

          5) allungamento dei termini di prescrizione;

          6) inasprimento sanzionatorio di molte delle fattispecie dei reati contro la pubblica amministrazione;

          7) previsione di un'ipotesi di riparazione pecuniaria;

          8) previsione di un'attenuante per la collaborazione.

      Tra questi punti fondamentali, il punto più qualificante della proposta di legge è senz'altro costituito dalla previsione di una fattispecie di corruzione sganciata dal compimento di un atto dell'ufficio e legata invece allo sviamento della funzione. Essa risponde alle molte difficoltà applicative manifestatesi in sede giurisprudenziale e coglie al tempo stesso, sul piano della realtà criminologica, l'emergere di nuove prassi corruttive.
      Estremamente rilevante è anche la previsione della nuova fattispecie del traffico di influenze.
      Essenziali per un'efficace lotta alla corruzione sono anche l'allungamento dei termini di prescrizione e l'inasprimento delle ipotesi di sanzioni accessorie.
      L'odierna fattispecie di concussione è eliminata. Essa crea infatti non pochi problemi interpretativi specie in relazione al confine con la figura limitrofa della corruzione.
      La concussione si articola in due forme: l'una, per costrizione, affine all'estorsione dal cui alveo trae origine (Manzini, «Trattato di diritto penale italiano», V, Torino, 1982, pagina 204); l'altra, per induzione, somigliante a una forma qualificata di truffa (Padovani, «Il confine conteso», in Rivista italiana di diritto processuale penale, 1999, pagina 1302). Ed è soprattutto la seconda che, come si dirà, pone non pochi problemi applicativi. La proposta di legge mira, per un verso, a trasferire le forme di concussione per costrizione nell'ambito della fattispecie di estorsione, di cui quelle forme costituiscono un'ipotesi speciale e più grave; per altro verso, i comportamenti di concussione per induzione sono fatti refluire nell'ambito della fattispecie di corruzione, alla quale più naturalmente appartengono.
      Diversamente dalla corruzione, reato a concorso necessario che prevede la punibilità di entrambi i paciscenti dell'accordo corruttivo, nella concussione la punizione è confinata al solo pubblico ufficiale, il quale abbia coartato, in modo più (costrizione) o meno (induzione) vigoroso, la volontà del privato. La dazione del privato dipende dunque dalla percezione del metus publicae potestatis da parte del privato.
      Nella prassi accade sovente che il privato, di cui si sia scoperta un'indebita dazione al pubblico ufficiale, si difenda trincerandosi dietro la figura della concussione, per sfuggire alla sanzione penale in cui invece incorrerebbe ove fosse ritenuto il corruttore. E proprio qui si annida uno dei problemi più spinosi dell'attuale sistema dei delitti contro la pubblica amministrazione: la sottile linea di confine, tra le opposte posizioni di correo e di vittima, del soggetto privato che dia od offra una dazione indebita al pubblico ufficiale, che può anche prestarsi ad un uso strumentale in sede giudiziaria: ad esempio, qualificare inizialmente il reato come concussione per indurre il privato a parlare, rompendo l'opacità omertosa che contraddistingue gli episodi di dazione indebita, per poi riqualificare il reato come corruzione (Grosso, «Nodi controversi in tema di riforma dei delitti di corruzione e concussione», in Cassazione penale, 1999, 1377). Quasi immancabilmente i processi per corruzione tendono a rivivere l'annoso quesito della precisa linea di delimitazione fra concussione e corruzione. Per discernere tra le due fattispecie la giurisprudenza sembra essersi in prevalenza attestata su un criterio riferito allo stato psicologico del soggetto privato coinvolto, a seconda che questi abbia aderito

 

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alle richieste del pubblico ufficiale per effetto del timore, metus publicae potestatis, indotto dall'agente pubblico (concussione) o in forza di una scelta volontaria mirata a ottenere un vantaggio (corruzione). (Zannotti, «I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione: inefficienze attuali e prospettive di riforma», in cassazione penale, 2004, 1819). La linea di confine fra le due fattispecie viene così poggiata su un elemento psicologico di difficile verifica empirica, creando così non poche incertezze soprattutto nel rapporto tra concussione per induzione e corruzione.
      Con la scelta giurisprudenziale di fondare l'essenza della concussione sulla condizione psicologica del privato, la giurisprudenza finisce spesso per intendere «l'induzione come una sorta di forma “minore” o “larvata” di costrizione», rendendo la concussione per induzione una «figura cieca», che «vaga su un confine che le è ignoto» (Padovani, «Il confine conteso», citato).
      Quando, dunque, la condotta del pubblico agente non sia stata propriamente costrittiva, ma sia stata blandamente o subdolamente suggestiva, è difficile capire, in base alle disposizioni vigenti, se ci si trovi sul versante della corruzione o della concussione, con evidenti implicazioni sull'ampiezza della punibilità.
      Non si tratta però solo una questione di incertezza applicativa. La concussione per induzione non è solo una figura sfocata, ma è pure discutibile nel suo stesso fondamento. Se il privato viene invitato, blandamente spinto alla dazione da parte del pubblico ufficiale, sembra difficile sostenere che si sia materializzato quel metus che anestetizza la volontà colpevole nell'atto della dazione indebita, che il privato sia stato coartato nella volontà.
      La giurisprudenza si è spesso spinta ad allargare le maglie del metus, anche per tenere conto di fenomeni sistemici di abuso da parte della pubblica amministrazione nei confronti dei privati (basti pensare all'estremo giuridico della «concussione ambientale»), ma questa è una china che non va assecondata. Dietro alla volontà prava del pubblico ufficiale vi è spesso un comportamento connivente dei privati, i quali meritano così di essere qualificati come corruttori. Il messaggio che il legislatore penale deve mandare ai privati è semplice: quando abbiano scelta, ossia quando non siano costretti per violenza o minaccia, non devono mai piegarsi alle suggestioni illecite provenienti da un pubblico ufficiale.
      Tutte le volte in cui la concussione non si manifesti in una forma di violenza o di minaccia, non si può affermare che il privato sia stato coartato. Il pericolo altrimenti è quello di giungere a ritenere che ogni offerta illecita proveniente da un pubblico ufficiale integri una costrizione.
      Quando la concussione non assume le predette forme di violenza o minaccia essa non è altro che una forma di patto corruttivo in cui l'iniziativa è assunta dal pubblico ufficiale e a cui aderisce il privato.
      Per queste ragioni la proposta di legge si muove nel senso di trasferire le ipotesi di corruzione per induzione nell'ambito del reato di corruzione. La modifica proposta si armonizza, tra l'altro, con le previsioni dell'articolo 322, commi terzo e quarto, del codice penale, che puniscono come istigazione alla corruzione le condotte del pubblico ufficiale il quale solleciti una promessa o una dazione di denaro da un privato per un atto d'ufficio o per un atto contrario ai doveri d'ufficio. Allo stato odierno della legislazione, queste previsioni riescono infatti di difficile spiegazione, poiché tali condotte non possono evidentemente ritenersi svincolate da quell'abuso di qualità del pubblico ufficiale che costituisce invece la nota caratterizzante del delitto di concussione (Padovani, «il confine conteso», citato).
      Per un altro verso, la proposta di legge trasferisce le ipotesi di concussione per costrizione nell'ambito del reato di estorsione, da cui storicamente origina. Rispetto al reato di estorsione, la concussione per costrizione è infatti caratterizzata dalla nota ulteriore del provenire la violenza o la minaccia da un pubblico ufficiale. All'articolo 629 del codice penale è così aggiunto un ulteriore comma che
 

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punisce le forme odierne di concussione per costrizione come forma di estorsione aggravata ai sensi del medesimo articolo 629, secondo comma, punibile con la reclusione da sei a venti anni. Si prevede inoltre la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
      Lo spostamento ha l'effetto anche di rendere più coerenti le previsioni sanzionatorie. Ad oggi il minimo edittale della fattispecie di estorsione (cinque anni) è superiore al minimo edittale previsto per la fattispecie di concussione (quattro anni). È opportuno invece che il minimo edittale delle forme di concussione per induzione sia superiore a quello di un'estorsione, proprio per la maggiore gravità del comportamento posto in essere.
      Come si è appena detto, nella fattispecie della corruzione viene fatta rientrare anche la dazione (o promessa di dazione) che origini da un'induzione del comportamento del pubblico ufficiale, situazione che nella legislazione vigente configura un'ipotesi di concussione per induzione.
      Per il resto si è sostanzialmente confermato l'impianto della normativa vigente, pur prevedendo un generalizzato incremento di pene. Viene così mantenuta la distinta punibilità delle forme di corruzione propria (per atto contrario ai doveri di ufficio, articolo 319 del codice penale) da quelle di corruzione impropria (per atto conforme ai doveri d'ufficio). Così pure è confermata la scelta odierna di escludere la punibilità del privato per la corruzione impropria susseguente (articolo 321 del codice penale che non richiama l'articolo 318, secondo comma, del medesimo codice), così come la scelta di non prevedere l'istigazione per la corruzione susseguente (propria o impropria) (l'articolo 322, commi uno e due, del codice penale).
      Non si poteva però ignorare che le maggiori difficoltà della prassi giudiziaria sono spesso legate alla difficoltà di provare il collegamento tra la dazione (o la promessa) e un determinato atto dell'ufficio (contrario o conforme ai doveri del pubblico ufficiale, da compiere o già compiuto). Alle difficoltà giurisprudenziali si deve aggiungere l'emergere, nella realtà criminologica delle prassi corruttive, della cosiddetta «iscrizione a libro paga del pubblico ufficiale», anche denominata «corruzione a futura memoria» (Fiandaca, «Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione», in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2000, 883). Per affrontare questi punti era già stata proposta in dottrina «una riscrittura delle fattispecie di corruzione che allenti o attenui il rapporto stretto tra utilità indebita e uno specifico atto» (Fiandaca, «Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione», in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2000, 883).
            Del resto, scelte non dissimili sono già state compiute in altri ordinamenti: in Germania i paragrafi 331, comma 1, e 333, comma 1, del codice penale (StGB) puniscono la dazione concessa «per lo svolgimento della funzione» («für die Dienstausübung»). In Spagna, il codice penale, dopo aver sanzionato la corruzione per un atto dell'ufficio, punisce all'articolo 422 la dazione che sia effettuata al pubblico ufficiale «in considerazione del suo incarico o funzione» («en consideración a su cargo o función»). In Inghilterra il Bribery Act 2010 punisce condotte corruttive riferite in generale alla funzione o all'attività («function or activity»), senza perciò un necessario riferimento a uno specifico atto. Peraltro, il Bribery Act 2000 punisce la dazione e, sul versante passivo, la ricezione di un vantaggio quando la dazione o la ricezione del vantaggio «costituisca di per sé un esercizio improprio della funzione o dell'attività» («would itself constitute the improper performance of the relevant function or activity»).
      In anni recenti la giurisprudenza ha già cercato di muoversi in questa direzione, attenuando il nesso fra utilità e specifico atto. Alcune sentenze hanno sostenuto che per la configurabilità del delitto di cui all'articolo 319 del codice penale «occorre avere riguardo non ai singoli atti, ma all'insieme del servizio reso al privato, con la conseguenza che, se anche ogni atto, di per sé considerato, corrisponde ai requisiti di legge, l’asservimento della funzione, per
 

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denaro od altra utilità, agli interessi del privato, integra gli estremi del reato in questione, realizzandosi in tal modo la violazione del dovere di imparzialità, assistito da tutela costituzionale» (Cassazione penale, sezione III, 21 giugno 2005, Marangon e altri, in Giurisprudenza italiana, 2006, pagina 578).
      Per quanto animate dal tentativo di ovviare alle difficoltà pratiche e di offrire la giusta punizione a nuove forme di prassi corruttive, le soluzioni giurisprudenziali costituiscono una copertura del dato letterale. Problemi del genere devono essere affrontati e risolti in sede legislativa.
      Peraltro si deve tenere ben presente una differenza: un conto è cercare di ovviare alle difficoltà pratiche di individuare un atto preciso dell'ufficio cui la dazione sia collegata; altro conto è rispondere all'emergere di ipotesi di un «pubblico ufficiale a libro paga del privato», ossia di asservimento duraturo e continuativo della funzione.
      Nel primo caso, partendo dalla constatazione che la stessa accettazione dell'utilità (o della promessa) da parte del privato (e, sul versante attivo, l'offerta del privato al pubblico ufficiale) costituisce di per sé un comportamento meritevole di sanzione, si può introdurre – sulla falsariga dell'esempio spagnolo e tedesco – una fattispecie punita più lievemente che punisca la corruzione «in relazione allo svolgimento della funzione» (Per Palazzo, audizione presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati, dattiloscritto, pagina 3, la corruzione per la funzione non può ricevere «un trattamento sanzionatorio elevato proprio per la tenuità del suo disvalore»).
      Nel secondo caso, invece, quando l'accordo corruttivo sia finalizzato ad «asservire continuativamente, in tutto o in parte, la funzione» la pena deve essere più severa di quella ordinariamente prevista per la corruzione (Per Fiandaca, «Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione», in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2000, 883, l'ipotesi dell'ufficiale «a libro paga» esprime «un disvalore comparativamente più accentuato rispetto a quello della corruzione tradizionale»).
      In questa direzione si muovono le disposizioni proposte. Si introduce nel codice penale un nuovo articolo, l'articolo 319-quater, composto di due commi. Nel primo comma si punisce la corruzione «per lo svolgimento della funzione», ossia a prescindere dal collegamento con uno specifico atto d'ufficio, sanzionata con una pena più tenue della corruzione tradizionale. Nel secondo comma si sancisce invece la punibilità dell’«asservimento della funzione», in cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio si è accordato con il privato per essere stabilmente a disposizione di quest'ultimo.
      La proposta di legge sostituisce l'articolo 346 del codice penale, attualmente rubricato «Millantato credito», prevedendo la più ampia fattispecie del «traffico di influenze» (trading in influence), che l'articolo 12 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo del 27 gennaio 1999 e l'articolo 18 della Convenzione dell'Organizzazione della Nazioni Unite contro la corruzione adottata il 31 ottobre 2003 e resa esecutiva dalla legge n. 116 del 2009 (cosiddetta «Convenzione di Merida») impongono di reprimere.
      Rispetto al millantato credito, la fattispecie del traffico di influenze punisce ambedue le parti dell'accordo: non solo chi riceve o si fa promettere una dazione per la mediazione verso il pubblico ufficiale, ma anche chi sollecita la mediazione, versando o promettendo un'utilità. Le pene previste sono superiori a quelle dell'attuale fattispecie di millantato credito. Si prevede, inoltre, un aumento di pena se il mediatore è egli stesso un pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, ovvero se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di un'attività giurisdizionale.
      La proposta di legge introduce anche l'articolo 513-ter del codice penale, che punisce la corruzione nel settore privato.
      L'esigenza di sanzionare le forme corruttive anche al di fuori del settore pubblico viene da diverse fonti europee: non solo dalle già citate Convenzione di Strasburgo
 

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(articoli 7 e 8) e Convenzione di Merida (articolo 21), ma anche dall'Unione europea.
      Il nostro ordinamento già conosce forme di punizione della corruzione privata (articoli 2634 e 2635 del codice civile), ma si tratta di ipotesi confinate a precise situazioni.
      Con la presente proposta di legge si introduce una fattispecie capace di sanzionare a «360 gradi» la corruzione nel settore privato: si prevede infatti che sia punito colui che, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera in favore del medesimo, indebitamente induce, sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, per compiere od omettere un atto, in violazione di un dovere, qualora dal fatto derivino o possano derivare distorsioni alla concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso la scorretta aggiudicazione o la scorretta esecuzione di un contratto.
      Oltre all'inasprimento delle pene per le diverse forme di corruzione è previsto anche un innalzamento delle pene relative ai reati di peculato e di indebita percezione di erogazione a danno dello Stato.
      La proposta di legge prevede, inoltre, un allungamento dei termini di prescrizione per i reati volti a fronteggiare la corruzione. Tali termini appaiono oggi troppo brevi, specie alla luce della difficoltà di scoprire la notizia di reati che trovano il proprio completamento nell'omertà degli autori e delle notevoli complessità di investigazione e di accertamento processuale.
      Va ricordato che preoccupazione per la brevità dei termini prescrizionali è stata espressa anche dal rapporto sull'Italia del Group of States against corruption (GRECO) (Evaluation Report on Italy, Joint First and Second Evaluation Round, GRECO, 43rd Plenary Meeting, Strasburgo, 29 giugno – 2 luglio 2009, pagina 15, paragrafo 55). Nel rapporto si sottolinea il rischio che molti processi contro fenomeni corruttivi possano essere bloccati dalla prescrizione e che questo possa compromettere l'efficacia dell'azione repressiva. E, recentemente, lo stesso GRECO ha formulato all'Italia proprio la raccomandazione di condurre uno studio sull'impatto effettivo della prescrizione nei processi penali contro la corruzione.
      In quest'ottica si prevede che il termine massimo di prescrizione sia raddoppiato per i reati contro la pubblica amministrazione e anche che, nei confronti del condannato per un delitto di corruzione, sia sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene, fermo restando l'obbligo ulteriore di risarcire il danno. È introdotta, inoltre, un'attenuante per l'imputato che collabori con la giustizia. L'obiettivo è quello di rompere il fronte di solidarietà omertosa che unisce il corrotto e il corruttore. Tale collaborazione consiste nell'adoperarsi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori e può estrinsecarsi nel fornire elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura di altri responsabili o, ancora, nel facilitare il sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite. La diminuzione prevista può giungere fino alla metà della pena, a seconda dell'entità effettiva della collaborazione prestata.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Eliminazione del reato di concussione e ampliamento della fattispecie del reato di corruzione).

      1. L'articolo 317 del codice penale è abrogato.
      2. All'articolo 318 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al primo comma, dopo le parole: «che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve,» sono inserite le seguenti: «anche mediante induzione,»;

          b) al secondo comma, dopo le parole: «che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve» sono inserite le seguenti: «, anche mediante induzione,».
      3. All'articolo 319 del codice penale, dopo la parola: «riceve,» sono inserite le seguenti: «anche mediante induzione,».
      4. All'articolo 629 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «La pena di cui al secondo comma si applica anche quando la violenza o minaccia è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni. In tale caso si applica la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

      5. All'articolo 32-quater del codice penale, dopo la parola: «501-bis,» è inserita la seguente: «629,».

Art. 2.
(Corruzione per lo svolgimento della funzione)

      1. Dopo l'articolo 319-ter del codice penale è inserito il seguente:
      «Art. 319-quater. – (Corruzione per lo svolgimento della funzione). – Fuori dei

 

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casi previsti dagli articoli 318 e 319, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, in relazione allo svolgimento della funzione è punito con la pena dalla reclusione da due a cinque anni.
      Se l'accettazione dell'utilità o della sua promessa è finalizzata ad asservire continuativamente, in tutto o in parte, la funzione si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni».
      2. All'articolo 321 del codice penale, dopo le parole: «nell'art. 319-ter,» sono inserite le seguenti: «nell'articolo 319-quater».
      3. Dopo il secondo comma dell'articolo 322 del codice penale è inserito il seguente:
      «Fuori dei casi di cui ai commi primo e secondo, se l'offerta o promessa è fatta per influire sullo svolgimento della funzione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio si applica la pena stabilita dall'articolo 319-quater, primo comma ridotta di un terzo. Se l'offerta o promessa è volta a ottenere l'asservimento in tutto o parte della funzione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio si applica la pena stabilita dall'articolo 319-quater, secondo comma, ridotta di un terzo».

      4. All'articolo 323-bis del codice penale, dopo la parola: «319,» è inserita la seguente: «319-quater,».      
      5. All'articolo 32-quater del codice penale, dopo la parola: «319-bis», sono inserite le seguenti: «319-ter, 319-quater,».
      6. All'articolo 12-sexies del decreto- legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, dopo la parola: «319-ter,» è inserita la seguente: «319-quater,»;

          b) al comma 2-bis, dopo la parola: «319-ter,» è inserita la seguente: «319-quater,».

 

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      7. All'articolo 25 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono approvate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2 dopo le parole: «319-ter, comma 1,» è inserita la seguente: «319-quater»;

          b) al comma 3, le parole: «ai sensi dell'articolo 319-bis» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi degli articoli 319-bis 319-ter e 319-quater»;

          c) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
      «4-bis. La sanzione è diminuita fino alla metà qualora talune delle persone di cui all'articolo 5, comma 1, forniscano all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti per la ricostruzione dei fatti ovvero ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite».

Art. 3.
(Traffico di influenze).

      1. L'articolo 346 del codice penale è sostituito dal seguente:
      «Art. 346. – (Traffico di influenze). – Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o di doverne soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità, quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o per l'incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni.
      La pena di cui al primo comma si applica, nei casi ivi previsti, a chi versa o promette denaro o altra utilità.
      La condanna comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
      Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste,

 

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riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.
      Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono altresì aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di un'attività giurisdizionale».

Art. 4.
(Corruzione nel settore privato).

      1. Dopo l'articolo 513-bis del codice penale è inserito il seguente:
      «Art. 513-ter. – (Corruzione nel settore privato). – È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera in favore del medesimo, indebitamente induce, sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, per compiere od omettere un atto, in violazione di un dovere, qualora dal fatto derivino o possano derivare distorsioni alla concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso la scorretta aggiudicazione o la scorretta esecuzione di un contratto.
      Per violazione di un dovere ai sensi del primo comma si intende qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un obbligo legale, di normative professionali o di istruzioni professionali ricevute o applicabili nell'ambito dell'attività dell'ente.
      La pena di cui al primo comma si applica anche a chi, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera in favore del medesimo, dà, offre o promette denaro o altra utilità.
      Per i delitti di cui al presente articolo, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia

 

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portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino alla metà.
      La condanna alla reclusione per una pena superiore a tre anni comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
      Nel caso di condanna è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo».

      2. All'articolo 32-quater del codice penale, dopo la parola: «501-bis,» è inserita la seguente: «513-ter,».
      3. All'articolo 25-bis.1 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, lettera b), dopo la parola: «513-bis» è inserita la seguente «513-ter»;

          b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

      «2-bis. In relazione al delitto di cui all'articolo 513-ter del codice penale, la sanzione di cui al comma 1, lettera b), è diminuita fino alla metà qualora talune delle persone di cui all'articolo 5, comma 1, forniscano all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti per la ricostruzione dei fatti ovvero ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite».

      4. L'articolo 2635 del codice civile è abrogato.

Art. 5.
(Prescrizione).

      1. Al sesto comma dell'articolo 157 del codice penale, dopo le parole: «sono raddoppiati» sono inserite le seguenti: «per i reati contro la pubblica amministrazione e».

 

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Art. 6.
(Pene interdittive).

      1. Dopo il primo comma dell'articolo 29 del codice penale è inserito il seguente:
      «La condanna alla reclusione superiore a due anni per uno dei delitti previsti dal libro II, titolo II, capo I, comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

      2. All'articolo 32-quater del codice penale, dopo le parole: «per i delitti previsti dagli articoli» è inserita la seguente: «314», e dopo le parole: «317, 318, 319-bis,» è inserita la seguente: «319-ter,».

Art. 7.
(Aumento delle pene).

      1. All'articolo 314 del codice penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al primo comma, le parole: «da tre a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni»;

          b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «La condanna per i fatti previsti dal primo comma comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

      2. Al primo comma dell'articolo 316-ter, del codice penale, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a cinque anni».
      3. All'articolo 318 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al primo comma le parole «da uno a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a quattro anni»;

          b) al secondo comma, le parole: «fino a un anno» sono sostituite dalle seguenti: «fino a due anni».

      4. All'articolo 319 del codice penale, le parole: «da due a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto anni».

 

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      5. Al primo comma dell'articolo 319-ter, del codice penale, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni».

Art. 8.
(Riparazione pecuniaria).

      1. Dopo l'articolo 319-ter del codice penale è inserito il seguente:
      «Art. 319-quater. – (Riparazione pecuniaria). – Con la sentenza di condanna ovvero con la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dagli articoli 314, 319, 319-ter e 629, terzo comma, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno».

Art. 9.
(Confisca).

      1. Al primo comma dell'articolo 322-ter del codice penale, dopo le parole: «per un valore corrispondente a tale prezzo» sono aggiunte le seguenti «o profitto».

Art. 10.
(Circostanza attenuante per il collaboratore).

      1. All'articolo 323-bis del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «Per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 321, 322 e 322-bis, nei confronti dell'imputato che si adopera per

 

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evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino alla metà».

Art. 11.
(Circostanze aggravanti).

      1. Al primo comma dell'articolo 316-ter del codice penale le parole: «o dalle Comunità europee» sono sostituite dalle seguenti: «o dall'Unione europea, ovvero al fine di turbare la gara nei pubblici incanti, nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni o comunque in procedure per l'affidamento di contratti pubblici ai sensi dell'articolo 3, commi da 37 a 41, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ovvero qualora il fatto sia commesso nell'ambito di procedimenti relativi alla gestione delle calamità naturali, di catastrofi o di grandi eventi di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401».

Art. 12.
(Misure cautelari interdittive).

      1. Dopo il comma 2 dell'articolo 308 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
      «2-bis. Quando si procede per un delitto contro la pubblica amministrazione, le misure interdittive previste dagli articoli 289 e 290 perdono efficacia quando sono decorsi: a) sei mesi dall'inizio della loro esecuzione, se si procede per un reato punito con la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; b) dodici

 

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mesi dall'inizio della loro esecuzione, se si procede per un reato punito con la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni. Ove ricorrano situazioni di concreto e attuale pericolo per l'acquisizione o per la genuinità della prova, il giudice può disporre la rinnovazione di tali misure anche oltre i limiti di cui al presente comma, comunque nel rispetto dei limiti previsti dal comma 1».


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