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PDL 4578

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4578



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BORGHESI, MURA, DI GIUSEPPE, CAMBURSANO

Disposizioni per l'abolizione del vitalizio per i parlamentari nazionali e per i consiglieri regionali

Presentata il 3 agosto 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — L'unico articolo di cui si compone la presente proposta di legge prevede l'abolizione del vitalizio per i parlamentari nazionali e i consiglieri regionali.
      Nonostante che la democrazia e le istituzioni rappresentative abbiano un costo funzionale intrinseco, in esse si annidano talvolta vetusti e inaccettabili privilegi che fanno della classe dei politici una riprovevole «casta degli eletti». Per questo, con la presente proposta di legge, si disciplina la soppressione di ogni forma di assegno vitalizio per i deputati e per i senatori, nonché per i consiglieri regionali.
      Essendo, tuttavia, le regioni a detenere la potestà legislativa e regolamentare per quanto riguarda questi ultimi, si è prevista una riduzione – pari ai mancati risparmi – dei trasferimenti ordinari dello Stato in favore di ciascuna regione nel caso in cui essa non provveda ad abolire i vitalizi.
      Tale soppressione secondo alcuni viene ritenuta in contrasto con i princìpi generali dell'ordinamento giuridico, come individuati anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale.
      Non siamo di quest'avviso.
      Infatti, non si può prescindere dalla considerazione della natura dell'assegno vitalizio dei parlamentari.
      La Corte costituzionale, nella sentenza n. 289 del 1994, prendendo espressamente in considerazione le posizioni «dei titolari di assegni vitalizi goduti in conseguenza della cessazione di determinate cariche» e «dei titolari di pensioni ordinarie derivanti da rapporti di impiego pubblico», ha osservato che «tra le due situazioni – nonostante la presenza di alcuni profili di
 

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affinità – non sussiste (...) una identità né di natura né di regime giuridico, dal momento che l'assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennità di carica goduta in relazione all'esercizio di un mandato pubblico; indennità che nei suoi presupposti e nelle sue finalità ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale ed ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego».
      Nella stessa sentenza la Corte costituzionale, commentando l'evoluzione dell'istituto del vitalizio nel tempo, ha osservato che si tratta di una particolare forma di previdenza «che si è gradualmente trasformata in una forma di previdenza obbligatoria di carattere pubblicistico» conservando tuttavia un «regime speciale» con aspetti riconducibili in parte al modello pensionistico e in parte a quello delle assicurazioni private.
      Vi è pertanto una diversità sostanziale e giuridica dell'istituto del vitalizio in esame rispetto ad un trattamento previdenziale o pensionistico conseguente ad un rapporto di lavoro, pubblico o privato che sia. Quest'asserzione non è contestabile, in quanto l'eletto ad una pubblica carica non ha certamente rapporto di lavoro con l'ente che rappresenta. È infatti noto che le indennità di carica, come del resto gli assegni vitalizi alle stesse cariche collegati, non costituiscono reddito di lavoro dipendente come regolato dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
      Il vitalizio parlamentare, quindi, piuttosto che avere natura previdenziale, pertanto non revocabile una volta acquisito, deve ritenersi avere una qualificazione di tipo indennitario rientrante tra le indennità per cariche elettive, revocabile sulla base di una nuova determinazione degli organi interni delle Camere.
      Riteniamo dunque utile ed equo che anche i parlamentari nazionali e i consiglieri regionali contribuiscano al risanamento delle finanze pubbliche.
      Il risparmio conseguibile da tale soppressione è pari complessivamente a circa 1.100 milioni di euro annui.
      Il deputato nazionale versa mensilmente una quota – l'8,6 per cento, pari a 1.006,51 euro – della propria indennità lorda, che viene accantonata per il pagamento degli assegni vitalizi, come previsto da un apposito regolamento approvato dall'Ufficio di Presidenza il 30 luglio 1997.
      In base alle norme contenute in tale regolamento, il deputato riceve il vitalizio a partire dal sessantacinquesimo anno di età. Il limite di età diminuisce fino al sessantesimo anno di età in relazione agli anni di mandato parlamentare svolti.
      L'importo dell'assegno varia da un minimo del 25 per cento a un massimo dell'80 per cento dell'indennità parlamentare, a seconda degli anni di mandato parlamentare.
      Il regolamento prevede infine la sospensione del pagamento del vitalizio qualora il deputato sia rieletto al Parlamento nazionale ovvero sia eletto al Parlamento europeo o ad un consiglio regionale.
      Con la deliberazione dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati del 23 luglio 2007 sono state apportate modifiche alla disciplina dell'assegno vitalizio:

          1) per i deputati eletti per la prima volta a decorrere dalla XVI legislatura l'importo dell'assegno vitalizio varierà da un minimo del 20 per cento ad un massimo del 60 per cento;

          2) a decorrere dalla XVI legislatura è stata soppressa la facoltà per il deputato di riscattare, mediante contribuzione volontaria, gli anni di mandato non esercitati in caso di legislature incomplete. A seguito di tale soppressione i periodi di versamento dei contributi coincidono necessariamente con gli anni effettivi di mandato;

          3) la sospensione del pagamento dell'assegno vitalizio è stata estesa al caso in cui il titolare del vitalizio assuma successivamente al 1o gennaio 2008 cariche pubbliche che prevedano una indennità il cui importo sia pari o superiore al 40 per cento dell'indennità parlamentare; alla sospensione

 

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non si procede qualora l'interessato opti per l'assegno vitalizio in luogo dell'indennità.
      Proponiamo pertanto che, dal 1o gennaio 2012, i contributi dei parlamentari relativi alla corresponsione dell'assegno vitalizio siano versati alla gestione separata presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
      I contributi versati dai parlamentari in carica e da quelli cessati dal mandato fino al 31 dicembre 2011 saranno parimenti trasferiti alla gestione separata presso l'INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
      Con questa nostra proposta i parlamentari, dal punto di vista previdenziale, vengono equiparati ai lavoratori atipici e la quota di pensione corrispondente alla loro attività parlamentare sarà calcolata con il sistema contributivo.
      Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali definirà le modalità attuative di tali versamenti e del loro computo ai fini previdenziali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. A decorrere dal 1o gennaio 2012 è soppressa l'erogazione dell'assegno vitalizio ai parlamentari nazionali anche cessati dal mandato.
      2. I contributi dei parlamentari relativi alla corresponsione dell'assegno vitalizio sono versati, dalla data di cui al comma 1, alla gestione separata presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
      3. I contributi versati dai parlamentari in carica e da quelli cessati dal mandato fino al 31 dicembre 2011 sono trasferiti alla gestione separata presso l'INPS, di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
      4. Gli Uffici di Presidenza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica adottano le disposizioni necessarie per l'attuazione dei commi 1, 2 e 3.
      5. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, adotta le disposizioni necessarie di propria competenza per l'attuazione dei commi 2 e 3.
      6. Nel rispetto delle competenze costituzionali in materia, i trasferimenti statali a qualunque titolo spettanti alle regioni a statuto speciale e ordinario e alle province autonome di Trento e di Bolzano sono ridotti di una somma corrispondente ai mancati risparmi nel caso in cui, a decorrere dal primo rinnovo del consiglio regionale o provinciale successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, le medesime regioni e province autonome non provvedano ad adeguare, ove necessario, la disciplina degli assegni vitalizi dei consiglieri regionali e provinciali a quanto previsto dal presente articolo.


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