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PDL 4604

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4604



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CAMBURSANO, DI PIETRO, BORGHESI, CIMADORO, DI GIUSEPPE, FAVIA, PIFFARI, PORCINO, ROTA

Deleghe al Governo in materia di acquisizione di partecipazioni di controllo delle società quotate in mercati regolamentati

Presentata il 30 agosto 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — Il 19 luglio 2011, la VI Commissione permanente finanze della Camera dei deputati ha approvato l’«Indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari». Dal documento conclusivo di questa indagine, e in particolare dal paragrafo 4.2, «gli assetti regolamentari e di vigilanza», prende avvio la presente proposta di legge. In esso, infatti, si legge testualmente che: «(...) una prima tematica di rilevanza strategica su cui è opportuno riaprire la riflessione riguarda la disciplina delle offerte pubbliche di acquisto (OPA), che ha costituito oggetto di uno dei dibattiti più accesi degli ultimi anni in ambito UE, e la cui disciplina appare estremamente frammentata a livello europeo, a causa degli spazi di discrezionalità lasciati dalla normativa dell'Unione europea ai singoli legislatori nazionali. Non c’è dubbio (...) che l'assetto regolatorio sul punto non possa essere considerato del tutto soddisfacente, anche per il fatto che non si è riusciti a definire una normativa uniforme, che ponga nelle medesime condizioni giuridiche tutti gli operatori economici, relativamente ad iniziative di acquisizione di cui essi siano promotori o bersagli».
      A tale riguardo, il documento citato segnala come «la contendibilità delle imprese costituisca un elemento potenzialmente positivo, in quanto può consentire di attrarre capitali aggiuntivi, e di apportare quindi benefìci significativi all'economia del Paese in termini di crescita dell'occupazione, formazione del capitale umano, innovazione tecnologica e organizzativa».
      Ricorda che «la legislazione italiana ha tradizionalmente privilegiato le esigenze della contendibilità, limitando le possibilità di difesa delle società a fronte di scalate ostili», ma che «l'effetto indesiderato
 

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di tale impostazione è stato quello di accentuare la chiusura degli assetti proprietari delle società, attraverso forme di controllo molto articolate ed opache, quali le catene societarie (le cosiddette “scatole cinesi”) e le partecipazioni incrociate, che hanno favorito la cristallizzazione degli assetti proprietari e consentito agli azionisti di controllo di estrarre benefìci superiori alle risorse finanziarie impiegate, spesso a scapito degli azionisti di minoranza. (...) Risulta pertanto cruciale definire norme in materia di OPA in grado di contrastare il rischio di distruzione di valore, pur garantendo l'efficienza del mercato del controllo societario, nonché tutelare l'interesse del mercato affinché le operazioni non incidano negativamente sulla governance della società-obiettivo successivamente all'effettuazione dell'OPA stessa.
      Ricercare un efficace bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti nell'allocazione statica e dinamica del controllo appare il punto critico della regolazione su questi aspetti».
      La presente proposta di legge si pone questo obiettivo.
      Recenti vicende hanno evidenziato non soltanto che il nostro sistema economico è caratterizzato da una scarsità di imprese di rilevanti dimensioni in grado di svolgere un ruolo chiave nella competizione globale, ma anche che in quelle imprese con tali caratteristiche il controllo può essere acquisito in forme del tutto particolari e di per sé lesive di princìpi fondamentali a tutela del corretto funzionamento dei mercati. In particolare la tecnica del controllo attraverso le cosiddette «scatole cinesi» consente di eludere sia il principio generale secondo il quale ogni azione ha diritto a un voto, sia la regola basica della maggioranza.
      In altri Paesi il raggiungimento di tali obiettivi è facilitato dal ricorso a strumenti quali azioni a voto plurimo o quelle senza diritto di voto, che sono oggetto di discussione in sede europea. Tali metodi hanno il vantaggio di essere trasparenti: chi acquista un'azione senza diritto di voto sa che i suoi diritti sono limitati. Nel nostro sistema finanziario è ancora difficile trovare nell'azionista non professionista un adeguato livello di attenzione, per cui si impone la necessità di individuare forme specifiche di tutela degli azionisti non di controllo, in particolare nella forma di una «sterilizzazione» dei diritti di voto, in quei casi – come quello delle «scatole cinesi» – in cui in modo artificiale minoranze azionarie finiscono con il controllare imprese anche di grandissime dimensioni.
      La presenza nel nostro sistema industriale e finanziario di forme di controllo a piramide che negli anni hanno più volte consentito, con un apporto di capitale privato relativamente ridotto, di esercitare il controllo su società di notevoli dimensioni e di rilevanza strategica nazionale, unita sia alla fragilità del sistema delle regole poste a tutela dell'azionariato di minoranza, sia all'assenza pressoché totale di investitori istituzionali – soprattutto di quelli orientati a investimenti di lungo periodo – hanno limitato gli spazi della dialettica societaria e condizionato il funzionamento dei mercati finanziari nazionali e lo sviluppo delle medie e grandi dimensioni.
      In questo quadro di storica debolezza del nostro sistema, le contrapposizioni e i conflitti pure intrinseci a tutti i mercati finanziari (tra azionisti e manager, azionisti di maggioranza e azionisti di minoranza, amministratori e controllori eccetera) hanno finito per assumere nel nostro Paese dimensioni e connotati del tutto peculiari, conducendo a una vera e propria anomalia italiana, che Guido Rossi ha definito «conflitto epidemico».
      Mario Monti fin dal 2007 aveva ricordato che «il capitalismo italiano non è impresentabile, ma certo ha bisogno di un radicale restyling». Sono passati oltre quattro anni da quella data, ma nulla è cambiato. Questa operazione di restyling non può avvenire senza una politica più incisiva e meno invasiva. Cioè più forte nell'introdurre norme rigorose nella corporate governance e nella democrazia economica. Faceva subito seguito a quel monito del professor Monti, il Governatore
 

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della Banca d'Italia Mario Draghi, nelle sue «Considerazioni finali» di quello stesso anno, quando sottolineava che «le aziende quotate italiane ricorrono di frequente a strutture organizzative complesse, mentre la semplicità della struttura proprietaria delle imprese ne accresce la capacità di attrarre l'investimento azionario. Un adeguato sistema di governo societario risponde a un'esigenza di equità nel trattamento dei diritti patrimoniali dei soci, ma anche a criteri di efficienza. Sistemi poco trasparenti accentuano l'autoreferenzialità del management, proteggono i benefìci privati del gruppo di controllo». «Rispetto ad altre modalità per separare la proprietà dal controllo – proseguiva Draghi – una struttura a piramide può accentuare la difficoltà di vagliare adeguatamente le operazioni all'interno dei gruppi, aumentandone l'opacità».
      La corrispondenza tra rischio patrimoniale e diritto di voto la si raggiunge, a parere del proponente, proprio attraverso il contrasto alle catene societarie ripristinando un'ordinata disciplina del mercato azionario. La corretta applicazione del principio «ogni azione un voto» è assolutamente in linea con la normativa dell'Unione europea.
      Un altro aspetto inquietante presente nella gestione di società quotate è dato dall'esorbitante indebitamento. Negli ultimi anni, infatti, in tutto il mondo occidentale si sono sviluppate, anche in misura abnorme, forme di acquisizione realizzate attraverso un forte ricorso all'indebitamento – leveraged buyout – che viene fatto ricadere sulla «società preda», che spesso e volentieri non è indebitata o lo è in misura fisiologica, o direttamente fondendola con la società acquisitrice o indirettamente costringendola a distribuire gran parte dei profitti al nuovo azionista. Le conseguenze sul piano industriale sono evidenti a tutti.
      Una società molto indebitata è automaticamente portata a contenere gli investimenti al di sotto di quello che sarebbe il necessario per lo sviluppo. Per evitare tutto questo sarebbe bene prevedere che nello statuto sociale delle società quotate fosse indicato il rapporto massimo tra il patrimonio sociale netto e l'indebitamento finanziario, fatti salvi i debiti verso fornitori. Tale principio lo si raggiunge solo se in caso di offerta pubblica di acquisto o di passaggio di proprietà di un pacchetto azionario superiore al 15 per cento del capitale, la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) possa imporre limiti all'indebitamento di società quotate, per un periodo non superiore a tre anni, ma se a richiederlo sia una rappresentanza qualificata di azionisti.
      Quanto accade all'interno dei gruppi piramidali è ben descritto da Guido Rossi, quando in «Il conflitto endemico» scrive: «il comportamento opportunistico degli amministratori delle società controllate è dettato dai gruppi di dominio, mentre la sorte del denaro affidato dagli investitori alle singole società non viene più neanche tenuta in considerazione, pur costituendo la quota di gran lunga più rilevante del capitale di rischio».
      Una delle forme caratteristiche dell'anomalia italiana è data dall'esistenza di catene di società controllate che vedono all'origine un investimento di rischio largamente sottodimensionato rispetto all'effettivo controllo esercitato sulle società terminali della catena. In particolare può accadere che un soggetto che disponga del controllo, ma non necessariamente della maggioranza di una società, faccia assumere da questa il controllo di un'altra e così via: eccoci a quelle che in premessa abbiamo chiamato «scatole cinesi». Attraverso queste tecniche recentemente nel nostro Paese si sono potuti verificare casi nei quali i gradini della piramide hanno finito per essere molto numerosi – e solo in parte rappresentati da aziende quotate – così da permettere il controllo della società terminale della «catena» attraverso un investimento minimo (anche solo dell'1 per cento del capitale) al livello più basso della piramide. Il sistema delle «scatole cinesi» può indurre l'azionista di controllo ad assumere decisioni non corrispondenti agli interessi di tutti gli azionisti e, in definitiva, dell'azienda. Gli azionisti non di controllo possono dunque
 

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correre rischi elevati e sono spesso privati dei benefìci che a loro spettano. Non è questa la democrazia economica voluta dalla Costituzione.
      In queste condizioni c’è evidentemente la possibilità che i detentori del controllo così ottenuto se ne avvalgano per trarre quelli che il Governatore Draghi ha chiamato «benefìci privati del gruppo di controllo», i quali possono essere monetari – dai compensi molto elevati, compresa l'attribuzione di rilevanti premi e di stock-option, all'utilizzo personale delle risorse aziendali, fino alle commesse o ai servizi attribuiti a imprese delle quali il suddetto controllore possiede maggiori quote – o di altra natura, come il mantenimento della famiglia in posizione di controllo.
      In un'economia di mercato la regola dovrebbe essere che, ove le risorse di cui dispone un'impresa quotata in borsa non siano impiegate nel migliore dei modi possibili, si imponga un cambiamento di gestione o con il ricambio del capo dell'azienda o con l'acquisizione tramite un'offerta pubblica di acquisto (OPA) della società da parte di un'altra società, più dinamica ed efficiente.
      Il problema dello scarso ricambio è reso più acuto dalla prassi dei sindacati azionari, cioè dei patti stipulati tra soci di una società allo scopo di vincolarsi mutuamente sia nell'esercizio del diritto di voto in assemblea, sia nel trasferimento di azioni. In molti casi, poi, l'azionista di maggioranza relativa di un patto è, a sua volta, partecipe di altri patti sindacali, creando una «rete» informale di mutuo appoggio, con generale detrimento per la contendibilità delle società e con potenziale lesione dei princìpi di trasparenza e di concorrenza dei mercati finanziari.
      Il sistema di regole che presiede al funzionamento dei mercati si è dimostrato spesso insufficiente a contrastare ogni forma di abuso o distorsione; tuttavia sussiste ancora un margine per ulteriori interventi regolatori o normativi che scoraggino ogni possibile forma di elusione delle regole in materia di controllo societario e di difesa delle minoranze, «saturando» gli spazi residui ancora sussistenti, sotto diversi profili, nel nostro ordinamento, in particolare per quel che riguarda il contrasto al fenomeno delle «scatole cinesi».
      Con la presente proposta di legge si è scelta la strada della delega al Governo, non solo perché essa è connessa alla varietà e alla complessità tecnica degli interventi legislativi che sono proposti, ma anche perché essa è collegata all'esigenza di non recare pregiudizio o turbativa ad eventuali operazioni finanziarie e societarie che fossero in atto alla data di entrata in vigore della legge, confermando, così, il principio di neutralità dell'azione politica e legislativa rispetto ai processi di mercato in corso di svolgimento.
      La presente proposta di legge prevede due distinte discipline di delega.
      La prima – articolo 2 – è orientata alla modifica della normativa in materia di società quotate nei mercati regolamentati nazionali, con riguardo innanzitutto ai profili regolatori, dall'obbligo di OPA ai requisiti per l'ammissione alla quotazione e alla disciplina del controllo e del diritto di voto.
      La seconda – articolo 3 – è volta alla modifica del regime fiscale applicabile alle società quotate, con l'obiettivo concorrente di disincentivare il ricorso alla creazione di catene societarie al solo fine di ridurre la quota di capitale necessaria per esercitare il controllo.
      Per quanto concerne l'OPA obbligatoria, proponiamo la modifica della disciplina di cui agli articoli 106 e 109 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58. La normativa del 1998 prevedeva innanzitutto l'introduzione di una soglia fissa e unica di possesso azionario, oltrepassata la quale sarebbe scattato l'obbligo di lanciare l'OPA, con ciò eliminando la precedente attività di monitoraggio che la CONSOB era obbligata a effettuare per stabilire periodicamente quale poteva essere per ogni singola società quotata la soglia di partecipazione da considerare «rilevante». La fissazione della soglia al 30 per cento, prevista dal citato testo unico, era in linea
 

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con la legislazione dei principali Paesi europei, dove variava da un minimo del 25 per cento in Spagna, a un massimo del 33 per cento in Francia e come livello massimo dalla proposta di tredicesima direttiva comunitaria sull'OPA.
      Nella presente proposta di legge si intende riproporre l'originario «testo Draghi», presentato dal Governo alle Camere il 19 dicembre 1997 ai fini dell'acquisizione del parere (atto n. 193 – XIII legislatura) almeno per le società a elevata capitalizzazione e ad azionariato particolarmente diffuso, il quale rinviava a un successivo provvedimento della CONSOB la possibilità di stabilire periodicamente anche soglie meno elevate di partecipazione, ma non inferiori al 15 per cento, oltre le quali sarebbe dovuto scattare l'obbligo di OPA.
      Si prevede, infatti, che l'obbligo dell'OPA scatti non solo per chiunque, a seguito di acquisti a titolo oneroso, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del 30 per cento, ma anche per coloro che si trovino a detenere una partecipazione di controllo realizzata attraverso due o più società appartenenti alla medesima catena di controllo, nonché per tutti i soggetti che, pur detenendo singolarmente partecipazioni inferiori alla soglia del 30 per cento, agiscano di concerto, detenendo in via di fatto una partecipazione complessiva superiore alla soglia del 30 per cento. L'attività di verifica del «concerto» è demandata alla CONSOB, che avrà il compito di monitorare e di analizzare tutte le acquisizioni e le fusioni che avvengono sui mercati finanziari nazionali, sul modello del Panel on Takeovers and Mergers previsto dall'ordinamento britannico. Si prevede, inoltre, che, sempre ai fini dell'OPA obbligatoria, la CONSOB debba indicare, con proprio regolamento da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, una soglia d partecipazione inferiore al 30 per cento, e comunque non inferiore al 15 per cento, per le sole società ad elevata capitalizzazione e ad azionariato particolarmente diffuso.
      La CONSOB dovrà, altresì, in caso di OPA ovvero di passaggio di proprietà di un pacchetto azionario superiore al 15 per cento del capitale sociale, imporre, su richiesta motivata di azionisti che rappresentino almeno il 2 per cento del capitale, limiti all'indebitamento delle società quotate, per un periodo non superiore a tre anni, al fine di tutelare le minoranze e di prevenire azioni speculative a loro danno.
      La nuova disciplina proposta prevede che, qualora una società quotata sia controllata da un'altra società e quest'ultima sia a sua volta controllata da una società terza, il diritto di voto spettante alla società controllante la società quotata, nell'ambito delle assemblee di quest'ultima, sia ridotto in misura proporzionale alla percentuale con la quale la società controllante è a sua volta controllata dalla terza società, e così via nei casi di ulteriori livelli di controllo.
      Lo stesso criterio di «sterilizzazione» del diritto di voto è inoltre esteso ai casi in cui il controllo di una società sia esercitato attraverso un sindacato di voto. In tutti questi casi, la nozione di controllo adottata è quella di cui all'articolo 2359 del codice civile.
      Un'altra misura prevista è costituita, per un verso, dal rafforzamento delle garanzie richieste ai fini dell'ammissione alla quotazione e, per un altro verso, dall'estensione delle fattispecie sanzionabili nei casi di violazioni più gravi, attraverso il delisting o l'irrogazione di sanzioni amministrative. Per le società finanziarie con patrimonio costituito esclusivamente da partecipazioni si prevede l'obbligo di presentazione, ai fini dell'ammissione alla quotazione, di piani di investimento e di diversificazione del rischio, redatti secondo criteri e modalità stabiliti a tal fine dalla CONSOB con apposito regolamento.
      L'articolo 3 della presente proposta di legge reca i princìpi e criteri direttivi di una delega per l'introduzione nell'ordinamento di alcune modifiche alla legislazione fiscale orientate a scoraggiare la lunghezza delle catene societarie e a migliorare la trasparenza e l'efficienza dei mercati finanziari.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

(Deleghe al Governo).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui agli articoli 2 e 3, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della giustizia, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni:

          a) in materia di disciplina delle società con azioni ordinarie quotate in mercati regolamentati, per contrastare il ricorso alla creazione di gruppi piramidali finalizzato a ridurre il capitale necessario per esercitare il controllo sulle medesime società;

          b) in materia di disciplina fiscale applicabile alle società con azioni ordinarie quotate in mercati regolamentati aventi partecipazioni di controllo in altre società.

      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, lettere a) e b), sono trasmessi alla Camera ai fini dell'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione.
      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo, nel rispetto delle disposizioni di cui al medesimo comma 1 e degli articoli 2 e 3, il Governo può emanare disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti legislativi.

 

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Art. 2.
(Princìpi e criteri direttivi in materia di regolazione, di esercizio del diritto di voto e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati).

      1. I decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) con riferimento alle società con azioni ordinarie quotate in mercati regolamentati, modifica della disciplina di cui agli articoli 106 e 109 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, finalizzata a prevedere l'obbligo di offerta pubblica di acquisto sulla totalità delle azioni quotate:

              1) per chiunque, a seguito di acquisti a titolo oneroso, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del 30 per cento, fatti salvi i casi di cui alla lettera b);

              2) per chiunque, a seguito di acquisti a titolo oneroso, venga a detenere una partecipazione di controllo realizzata attraverso due o più società appartenenti alla medesima catena di controllo;

              3) per i soggetti che, pur detenendo singolarmente partecipazioni inferiori alla soglia del 30 per cento, agiscano di concerto detenendo una partecipazione complessiva superiore a tale soglia;

          b) attribuzione alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) del potere di indicare, con proprio regolamento, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'alinea 1, una partecipazione inferiore alla soglia di cui alla lettera a), numero 1), comunque non inferiore al 15 per cento, limitatamente alle società a elevata capitalizzazione e ad azionariato particolarmente diffuso, come individuate dal medesimo regolamento;

 

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          c) in caso di offerta pubblica di acquisto, ovvero di passaggio di proprietà di un pacchetto azionario superiore al 15 per cento del capitale sociale, attribuzione alla CONSOB del potere di imporre limiti all'indebitamento di società con azioni ordinarie quotate in mercati regolamentati, per un periodo non superiore a tre anni, su richiesta motivata di azionisti che rappresentino almeno il 2 per cento del capitale delle stesse società;

          d) introduzione dell'obbligo di verifica periodica da parte della CONSOB della sussistenza delle condizioni di cui alla lettera a), numeri 2) e 3), al fine di monitorare e di analizzare i passaggi di proprietà e di controllo e i processi di acquisizione e di fusione riguardanti le società quotate in mercati regolamentati;

          e) con riferimento alle società con azioni ordinarie quotate in mercati regolamentati, di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, modifica della disciplina vigente in materia di controllo e di diritti di voto nelle assemblee, secondo i seguenti princìpi:

              1) prevedere che, qualora una società quotata sia controllata da un'altra società e quest'ultima sia a sua volta controllata da una terza società, il diritto di voto spettante alla società controllante la società quotata nelle assemblee di quest'ultima, sia ridotto in misura proporzionale alla percentuale con la quale la società controllante è a sua volta controllata dalla terza società. Per le finalità di cui alla presente disposizione si applica la nozione di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile;

              2) in presenza di ulteriori livelli di controllo, prevedere che il diritto di voto spettante alla società controllante la società quotata sia ulteriormente ridotto, secondo il criterio di cui al numero 1), ad ogni successivo livello di controllo;

              3) prevedere che le disposizioni di cui al numero 1) si applichino anche nel caso in cui il controllo di una società sia esercitato attraverso un sindacato di voto;

 

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              4) prevedere che la nuova disciplina dell'esercizio del diritto di voto di cui alla presente lettera si applichi a decorrere dall'anno successivo alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'articolo 1;

          f) per le società finanziarie con patrimonio costituito esclusivamente da partecipazioni, obbligo di presentazione, ai fini dell'ammissione alla quotazione in mercati regolamentati, dei piani di investimento e di diversificazione del rischio, secondo criteri e modalità stabiliti dalla CONSOB con apposito regolamento;

          g) revisione della disciplina degli statuti delle società quotate in mercati regolamentati finalizzata a prevedere l'obbligatoria indicazione dell'indebitamento massimo in rapporto al patrimonio netto, con l'esclusione dell'indebitamento verso fornitori.

Art. 3.
(Princìpi e criteri direttivi in materia di disciplina fiscale applicabile alle società quotate in mercati regolamentati).

      1. I decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

          a) modifica del sistema di tassazione dei dividendi finalizzata a scoraggiare la lunghezza delle catene societarie e incoraggiare la trasparenza ed efficienza dei mercati finanziari, attraverso la riduzione della quota di esenzione nella tassazione dei dividendi erogati dalla società partecipata, ovvero la previsione di specifiche forme di imposizione sugli stessi entro un'aliquota massima del 15 per cento per ciascun livello della catena societaria;

          b) revisione e armonizzazione del trattamento fiscale degli interessi passivi delle società, a invarianza complessiva di gettito rispetto alla disciplina vigente, con l'introduzione di nuovi e differenziati limiti alla deducibilità degli stessi per le

 

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società appartenenti alla medesima catena di controllo, secondo un'articolazione che tenga conto del volume e della tipologia delle attività finanziate attraverso le medesime passività;

          c) destinazione del maggior gettito tributario derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui alla lettera a) al finanziamento di programmi di sostegno all'avviamento e al consolidamento di imprese operanti in comparti a elevato contenuto tecnologico, nonché di operazioni di partecipazione al capitale di rischio finalizzato al rafforzamento patrimoniale delle piccole e medie imprese.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
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