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PDL 4626

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4626



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

FRANCESCHINI, DAMIANO, LENZI, VENTURA, VILLECCO CALIPARI, MARAN, AMICI, BOCCIA, GIACHETTI, QUARTIANI, ROSATO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, SCHIRRU

Abrogazione dell'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, recante disposizioni in materia di sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità

Presentata il 20 settembre 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — L'articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, sulla contrattazione collettiva di prossimità non ha nessun carattere d'urgenza, è totalmente estraneo al contenuto dell'ennesima manovra recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, nonché delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, ed è altresì del tutto ininfluente sui saldi di bilancio.
      Anche a seguito delle modifiche introdotte nel corso dell'esame al Senato della Repubblica, l'articolo 8 resta inaccettabile per la scelta di fondo operata dal Governo di conferire alla contrattazione aziendale una delega a derogare sostanzialmente, senza limiti e senza criteri direttivi, a tutto il nostro sistema legislativo in materia di lavoro e in particolare a norme e a diritti fondamentali dell'ordinamento, come quelle dello statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970), compreso l'articolo 18 sui licenziamenti. Peraltro, appare del tutto rituale e ultronea la precisazione volta a far salvi i princìpi costituzionali e i vincoli derivanti dalle norme dell'Unione europea e dalle convenzioni internazionali
 

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sul lavoro, per le suddette intese aziendali. Ne discenderà una sorta di «balcanizzazione» della disciplina di importanti istituti del rapporto di lavoro, con manifeste differenziazioni di trattamento e di tutela dei diritti dei lavoratori a parità di condizioni sostanziali, in evidente contrasto con il princìpio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione.
      Una simile delegificazione senza limiti non ha riscontro in nessun ordinamento moderno. Inoltre gli accordi aziendali sono abilitati a negoziare deroghe non solo alle leggi ma ai contratti nazionali su tutte le materie indicate, il che contrasta palesemente con le indicazioni dell'accordo del 2011 e rischia di snaturare il ruolo del contratto nazionale più volte affermato da tutti i sindacati e dalla stessa Confindustria.
      Per di più, come affermato con la sentenza n. 106 del 19 dicembre 1962, la Corte costituzionale ha riconosciuto che, anche in caso di attuazione dell'articolo 39 della Costituzione, la tutela dei diritti dei lavoratori dovrebbe restare affidata alle norme di legge inderogabili che disciplinano la materia: «la Corte non ritiene fondata la tesi (...) secondo la quale l'ora richiamato articolo 39 contiene una riserva normativa o contrattuale, in favore dei sindacati, per il regolamento dei rapporti di lavoro. Una tesi siffatta, segnatamente se enunciata in termini così ampi, contrasterebbe con le norme contenute, ad esempio, nell'articolo 3, secondo comma, nell'articolo 35, primo, secondo e terzo comma, nell'articolo 36 e nell'articolo 37, le quali – al fine di tutelare la dignità personale del lavoratore e il lavoro in qualsiasi forma e da chiunque prestato e di garantire al lavoratore una retribuzione sufficiente ad assicurare una vita libera e dignitosa – non soltanto consentono, ma insieme impongono al legislatore di emanare norme che, direttamente o mediatamente, incidono nel campo dei rapporti di lavoro».
      L'articolo 8 ha introdotto, inoltre, un'ulteriore «rottura» nel sistema, attribuendo la legittimazione a concludere gli accordi derogatori alla legge e al contratto nazionale, ai sindacati rappresentativi sul piano non solo nazionale ma anche territoriale. La «rappresentatività» nazionale finora è stata richiesta per legittimare soggetti sindacali in grado di rappresentare interessi dell'intero Paese, secondo l'orientamento generalista proprio del nostro sistema sindacale. Dare rilievo a una rappresentatività «territoriale» contrasta con tutta la tradizione sindacale e aggrava il rischio, già insito nella norma, di una frammentazione arbitraria del sistema di rappresentanza. La rappresentatività prevista all'articolo 8 del resto può essere riferita ad ambiti territoriali variabili, anche molto circoscritti: provincia, comuni, oppure ambiti più ristretti, senza nessun ancoraggio a dimensioni e a parametri significativi. Di qui la possibile rottura del sistema, che dovrebbe preoccupare tutti, non solo i sindacati, ma anche le associazioni imprenditoriali.
      Queste le principali motivazioni che ci spingono a proporre un immediato intervento legislativo che possa porre rimedio a una scelta normativa che rischia di aggravare il sistema delle relazioni industriali in una fase in cui, invece, necessiterebbe il massimo della coesione e della collaborazione sociale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, è abrogato.

 

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