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PDL 4594

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4594



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati

MERLONI, MISTRELLO DESTRO, CAMBURSANO, CICCANTI, GAVA

Modifiche agli articoli 23, 81, 117 e 119 della Costituzione, in tema di regole di responsabilità fiscale

Presentata il 9 agosto 2011


      

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Onorevoli Colleghi! – Nel 2011 l'incidenza del debito delle amministrazioni pubbliche sul prodotto interno lordo è attesa aumentare per il quarto anno consecutivo, raggiungendo il 120,3 per cento rispetto al 103,6 per cento del 2007. Nello stesso intervallo temporale il rapporto fra debito delle amministrazioni pubbliche e prodotto interno lordo è atteso passare, nell'area dell'euro, dal 66,0 per cento del 2007 all'87,7 per cento del 2011.
      Queste tendenze, sommate alle prospettive demografiche particolarmente preoccupanti nel caso italiano, limitano in misura considerevole i margini di libertà delle future politiche fiscali. Se si vuole assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche – e con essa il benessere delle generazioni future – è bene essere consapevoli del fatto che l'obiettivo del pareggio di bilancio fissato per il 2014 dalla recente manovra finanziaria è nient'altro che l'inizio di un lungo percorso caratterizzato dal rigore e dalla disciplina fiscali. Un percorso che può essere compiuto più agevolmente con l'aiuto di «regole di responsabilità fiscale».
      Al livello dell'Unione europea, tanto il Trattato di Maastricht e il Patto di stabilità e crescita quanto il più recente Patto euro-plus (di cui alle decisioni del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011)
 

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costituiscono esempi di regole di responsabilità fiscale a livello sovranazionale e già si traducono in vincoli quantitativi per le politiche di bilancio dei singoli Paesi membri.
      In particolare, per quanto riguarda la correzione degli squilibri di bilancio, si prevede che l'incidenza del debito sul prodotto interno lordo si riduca, nella media del triennio precedente l'anno di valutazione, di circa un ventesimo del divario tra il valore attuale del debito e l'obiettivo del 60 per cento del prodotto interno lordo. Una riduzione inferiore non attiverebbe automaticamente l'avvio della procedura per disavanzi eccessivi in quanto nella valutazione si terrebbe conto di elementi quali la struttura per scadenze del debito pubblico, il livello di indebitamento del settore privato e l'evoluzione della spesa pensionistica.
      Per quanto riguarda, invece, la prevenzione degli squilibri di bilancio, si prevede l'introduzione di un vincolo alla spesa che si tradurrebbe – per i Paesi che non abbiano raggiunto il loro obiettivo di medio termine e cioè il pareggio di bilancio – in un tasso di crescita della spesa tale da garantire una riduzione annua del saldo strutturale (e quindi corretto per il ciclo e al netto delle una tantum) pari ad almeno 0,5 punti percentuali di prodotto.
      L'applicazione stringente delle regole sulla riduzione del debito e sulla dinamica della spesa si accompagnerebbe a un rafforzamento significativo della sorveglianza multilaterale e della disciplina di bilancio.
      In sé l'adozione delle regole europee di responsabilità fiscale non presuppone né necessita di corrispondenti regole nazionali di responsabilità fiscale. Ciò nonostante, la stessa Commissione europea ha ritenuto recentemente di dover sottolineare l'opportunità di una coerenza fra le regole fiscali a livello nazionale e il quadro fiscale di riferimento a livello europeo (valga per tutti il riferimento alla Commissione europea, «Enhancing economic policy coordination for stability, growth and jobs. Tools for stronger EU economic governance» 2010).
      Come è stato osservato [Daniele Franco e Stefania Zotteri, «Fiscal Rules: What Lessons From Germany?» in Christian Kastrop, Gisela Meister-Scheufelen e Margaretha Sudhof (a cura di). Die neue Schuldenregel im Grundgesetz. Zur Fortentwicklung der bundesstaatlichen Finanzbeziehungen (Berlino, Berliner Wissenschaftsverlag, 2010)], l'adozione di regole nazionali di responsabilità fiscale – oltre a esplicitare le preferenze nazionali in tema di dimensione dell'intervento pubblico – può rendere più semplice il conseguimento degli obiettivi a carattere sovranazionale (soprattutto nei Paesi meno accentrati) e può consentire di misurare lo sforzo fiscale anche in funzione di specificità nazionali (prima fra tutte l'evoluzione demografica). Non a caso, nel corso del primo decennio del secolo, l'adozione di regole nazionali di responsabilità fiscale si è moltiplicata fino a coprire quasi tutti gli Stati membri dell'Unione europea. Solo in un numero limitato di casi si tratta però di regole di rango costituzionale.
      In questo quadro riveste particolare interesse la regola di responsabilità fiscale introdotta nella Legge fondamentale tedesca nel maggio 2009 (Servizio studi del Senato della Repubblica, «La riforma costituzionale tedesca del 2009 – Föderalismusreform II – e il freno dell'indebitamento» – Dossier n. 287, aprile 2011). Essa fa riferimento al complesso delle amministrazioni pubbliche e si traduce in un vincolo di bilancio in (quasi) pareggio e sufficientemente flessibile, tale da: a) accomodare gli andamenti ciclici dell'economia; b) correggere eventuali errori di previsione; c) fronteggiare eventi a carattere eccezionale. L'applicazione del vincolo è sottoposta al controllo della Corte costituzionale.
      Più recentemente, l'11 luglio 2011, il Senato francese ha approvato in seconda lettura, con alcune modifiche, il disegno di legge di iniziativa governativa volto ad inserire nella Costituzione la cosiddetta «Golden Rule» (il criterio del pareggio di bilancio di parte corrente) nella prospettiva del pareggio di bilancio. A questo scopo si prevede l'introduzione di lois-
 

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cadres d’équilibre des finances publiques
per assicurare, in un orizzonte pluriennale, l'equilibrio dei conti delle amministrazioni pubbliche. Il testo sarà nuovamente sottoposto all'attenzione dell'Assemblea nazionale e, nel caso in cui sia approvato senza ulteriori emendamenti, richiederà una successiva approvazione con la maggioranza dei tre quinti da parte del Parlamento in seduta comune.
      Una regola di responsabilità fiscale è data, tipicamente, da un vincolo permanente sulla politica fiscale definito in termini di uno o più indicatori sintetici di finanza pubblica, (Banca d'Italia, a cura di, «Fiscal Rules», Roma, Banca d'Italia, 2001). Più concretamente, si danno regole di responsabilità fiscale diverse a seconda: a) dell'attore cui si applicano (le amministrazioni pubbliche, lo Stato, gli enti locali eccetera); b) dell'orizzonte temporale su cui si applicano (un anno, due anni, il ciclo economico eccetera); c) dell'indicatore sintetico di cui fanno uso e, più in particolare, del saldo di bilancio (complessivo o riferito, per esempio, alle sole poste di conto corrente; preventivo o consuntivo eccetera), del debito o di specifiche componenti del bilancio (in particolare, la spesa); d) dell'esplicita previsione di deroghe in caso di eventi eccezionali; e) delle procedure di controllo del rispetto del vincolo.
      L'analisi teorica e l'esperienza pratica (si veda, per tutti, R. P. Inman, Do Balanced Budget Rules Work? U.S. Experience and Possible Lessons for the EMU, NBER Working Paper Series, n. 583), consentono di suggerire che il successo delle regole di responsabilità fiscale dipende, in particolare; a) dal fatto che le regole siano applicate ex post e non solo ex ante; b) dal fatto che non sia possibile superarle con un semplice voto di maggioranza del Parlamento; c) dal fatto che abbiano status costituzionale; d) dal fatto che la loro applicazione sia monitorata e garantita da un organo politicamente indipendente e pienamente trasparente sotto il profilo del comportamento.
      La presente proposta di legge costituzionale si pone l'obiettivo di modificare la Costituzione al fine di introdurre una regola di responsabilità fiscale in grado di contribuire significativamente a garantire la sostenibilità di lungo periodo delle nostre finanze pubbliche e, anche per questa via, il benessere delle generazioni future.
      Essa mira a dare concreta attuazione a quanto previsto dal Patto euro-plus, laddove questo impegna gli Stati membri a recepire nella legislazione nazionale le regole di bilancio della UE fissate nel Patto di stabilità e crescita, lasciando agli Stati membri la facoltà di: a) scegliere lo strumento giuridico nazionale purché esso abbia una natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte; b) definire l'esatta forma della regola fiscale, ma garantendo la disciplina di bilancio sia a livello nazionale che subnazionale.
      Essa si compone di cinque articoli, di cui il primo provvede a introdurre esplicitamente nella Costituzione il principio dell'equità intergenerazionale integrando in questo senso l'articolo 23, che rappresenta l'architrave del rapporto tra i contribuenti e la Repubblica. Tale articolo, configurando il rapporto tributario come rapporto obbligatorio che trova la propria giustificazione nell'ottica solidaristica a cui si ispira la Costituzione, si presta a essere completato da un comma aggiuntivo che, da un lato, imponga un'ulteriore condizione dell'intervento pubblico, rispetto al limite formale della riserva di legge, e, dall'altro, introduca e renda esplicito un concetto di solidarietà intertemporale.
      I successivi tre articoli modificano, rispettivamente, gli articoli 81, 117 e 119 della Costituzione delineando le caratteristiche della regola di responsabilità fiscale e adattando alla stessa alcune prescrizioni della Costituzione.
      Le modifiche all'articolo 81 consistono nell'introduzione di cinque nuovi commi (dal quinto al nono) e costituiscono il cuore della proposta di legge costituzionale.
      Nella versione modificata, l'articolo 81, commi quinto e sesto, definisce ambito di applicazione e oggetto e qualificazioni della regola di responsabilità fiscale.
 

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      Il vincolo è espresso come pareggio del bilancio (senza, quindi, ricorso all'indebitamento) delle amministrazioni pubbliche, dello Stato e delle regioni, associato ad un vincolo circa il livello massimo del rapporto fra spesa totale delle amministrazioni pubbliche e prodotto interno lordo. La traduzione del vincolo in termini operativi e con riferimento alle diverse realtà contabili è affidata alla legge ordinaria (e, più precisamente, a un adeguamento della legge n. 196 del 2009). Alla stessa legge è affidata la definizione puntuale del vincolo alla luce dell'ordinamento comunitario vigente e degli obblighi internazionali assunti dall'Italia. Non è inutile sottolineare che, in questo senso, la presente proposta di legge costituzionale integra e completa ipotesi di revisione della vigente legge di contabilità già avanzate nel corso del recente dibattito parlamentare.
      Nella versione modificata, l'articolo 81, settimo comma, affronta il tema della correzione degli errori emersi fra momento previsivo e momento consuntivo mentre, nell'ottavo e nel nono comma, disciplina le procedure che consentono che la regola di responsabilità fiscale possa essere derogata.
      Nella versione modificata, l'articolo 117, commi secondo e terzo, riporta l'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario fra le materie di esclusiva competenza dello Stato, sottraendola alla concorrente competenza legislativa delle regioni. L'articolo 119, sesto comma, garantisce la coerenza fra l'operare del vincolo a livello aggregato e il comportamento dei singoli enti di cui allo stesso articolo 119, primo comma.
      Infine, l'articolo 5 riporta alcune norme transitorie fissando, in particolare, nel 2015 l'anno di entrata in vigore del principio del pareggio del bilancio (e delle norme conseguenti) e nel 2020 l'anno di entrata in vigore del limite di spesa (e delle norme conseguenti).
      Le scelte accennate meritano alcune parole di commento.
      In primo luogo, per quanto riguarda l'oggetto della regola di responsabilità fiscale e del suo ambito di applicazione. Il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha dato concreta attuazione alla previsione contenuta nel Documento di economia e finanza 2011 e in particolare all'impegno assunto dall'Italia nel Programma di stabilità a raggiungere entro il 2014 un livello prossimo al pareggio di bilancio in maniera da conformare la dinamica del nostro bilancio pubblico agli obiettivi europei di medio termine e successivamente a proseguire lungo il sentiero della riduzione del debito pubblico. In altre parole, il criterio del pareggio di bilancio è già stato fatto proprio dall'Italia nel medio periodo. È essenziale che assuma carattere di permanenza se si vuole garantire che gli ambiziosi obiettivi di finanza pubblica concordati a livello europeo possano essere conseguiti e con essi la sostenibilità delle nostre finanze pubbliche.
      Peraltro, il criterio del bilancio in pareggio non è una novità sotto il profilo costituzionale. Gli atti dell'Assemblea costituente (e, precisamente, della seconda sottocommissione della Commissione per la Costituzione) riportano, fra gli altri, l'intervento di Ezio Vanoni che con riferimento all'obbligo di copertura (oggi presente, in forma diversa, nell'articolo 81, quarto comma) osservò che lo stesso era stato proposto dalla Commissione economica del Ministero per la Costituente «come garanzia della tendenza al pareggio di bilancio» e suggerì – in maniera ancor più esplicita di Luigi Einaudi e di Costantino Mortati – che, anche dal punto di vista giuridico, il principio fosse «presente sempre alla mente di coloro che propongono delle spese nuove: il Governo deve avere la preoccupazione che il bilancio sia in pareggio e la stessa esigenza non può essere trascurata da una qualsiasi forza che si agita nel paese e che avanza proposte che comportino maggiori oneri finanziari».
      Nella versione modificata dell'articolo 81, quinto comma, si fa esplicito riferimento al pareggio fra entrate totali e
 

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uscite totali, senza ricorso all'indebitamento, e non si distingue quindi fra uscite in conto corrente e uscite in conto capitale. È stato sottolineato come, focalizzando il vincolo sul solo pareggio del conto corrente (la cosiddetta «Golden Rule»), si otterrebbe di attribuire alle generazioni future il costo relativo a beni capitali in grado di produrre utilità nel tempo. È stato, inoltre, sottolineato come, facendo riferimento al solo conto corrente, si eviterebbe la contrazione degli investimenti pubblici come modalità semplificata per il raggiungimento degli obiettivi di bilancio.
      Peraltro, non mancano e sono oggi con ogni probabilità preponderanti gli argomenti per ritenere più appropriata la fissazione del vincolo in termini complessivi. In primo luogo, la vera spesa di investimenti dei nostri giorni – quella capace di contribuire significativamente alla crescita – è rappresentata soprattutto dall'istruzione e dalla ricerca e, con alcune qualificazioni, dalla sanità. Voci che compaiono a tutti gli effetti all'interno del conto corrente e non del conto capitale e che sarebbero, probabilmente, le prime a soffrire di una limitazione del criterio del pareggio di bilancio al solo conto corrente. In secondo luogo, i margini di manovra insiti nella classificazione fra spese correnti e spese in conto capitale sono tali da rendere molto più debole un vincolo definito solo in termini delle prime (e le problematiche contabili non si esauriscono solo in questo punto). Infine, è lecito presumere che il ricorso all'indebitamento per la sola spesa in conto capitale possa contribuire a inasprire un problema già oggi presente nel caso italiano: l'attenzione ridotta al rapporto fra costi e benefìci in campo infrastrutturale.
      L'applicazione del principio del pareggio di bilancio al complesso delle entrate e delle uscite – senza quindi distinguere fra uscite in conto corrente e uscite in conto capitale – implica che il finanziamento delle spese di investimento debba avvenire per il tramite delle entrate correnti. Ciò può determinare problemi non facilmente risolvibili nei livelli di governo inferiori e, in particolare, negli enti locali di piccole dimensioni. Anche alla luce di questa considerazione si è ritenuto opportuno limitare la previsione di un vincolo di bilancio ai livelli superiori di governo (amministrazioni pubbliche, Stato e regioni) con l'eccezione, quindi, di province, città metropolitane e comuni, per i quali rimane valida la vigente prescrizione costituzionale di un indebitamento limitato alle sole spese di investimento. Ciò, per un verso, non esclude, comunque, che si segua come si dovrebbe la strada maestra degli accorpamenti di enti locali di dimensioni eccessivamente limitate e la razionalizzazione dei livelli di governo. Per un'altro verso, il diverso trattamento di Stato e regioni rispetto a province e comuni, associato al vincolo del pareggio di bilancio previsto al livello di amministrazioni pubbliche, implica che le spese per investimenti effettuate da province e da comuni trovino compensazione in corrispondenti avanzi dello Stato e delle regioni.
      Infine, nella versione modificata, l'articolo 81, sesto comma, rafforza il vincolo definito in termini di pareggio di bilancio, associando a quest'ultimo, al livello delle amministrazioni pubbliche, un tetto alla spesa pubblica totale fissato, a partire dal 2020, nel 45 per cento del prodotto interno lordo. L'analisi delle esperienze internazionali in tema di regole di responsabilità fiscale ha segnalato da tempo che limiti alla spesa tendono a rendere più efficaci i vincoli espressi in termini di saldo cui vengono affiancati (si veda S. Guichard, M. Kennedy, E. Wurzel e C. André, What Promotes Fiscal Consolidation: OECD Country Experience, OECD Economics Department WP 533). Limiti alla spesa sono presenti in diversi Paesi europei e in alcuni casi accompagnano vincoli espressi in termini di saldo. Essi si prestano, più facilmente dei limiti corrispondenti definiti in termini di entrate, al monitoraggio e al controllo.
      In secondo luogo, per quanto riguarda la flessibilità della regola di responsabilità fiscale. Come si è detto, nella versione modificata, l'articolo 81, quinto comma, affida alla legge l'individuazione delle modalità tecniche di attuazione del principio
 

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costituzionale, a condizione che la stessa legge garantisca il rispetto dell'ordinamento all'Unione europea e degli obblighi internazionali. Ciò implica, fra l'altro, l'esplicito rinvio ai regolamenti (CE) n. 1466/97 e n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, e n. 1500/2000 della Commissione, del 10 luglio 2000, per quanto riguarda l'esatta definizione di spese e di entrate totali e l'aggiustamento degli indicatori per tenere conto dell'andamento del ciclo economico.
      Questo aggiustamento consente agli stabilizzatori automatici di operare liberamente e, nei limiti in cui gli equilibri di bilancio lo permettano, non esclude nemmeno interventi discrezionali. L'esplicito riferimento alle metodologie adottate dalla Commissione europea garantisce la necessaria trasparenza e comparabilità dell'azione pubblica (pur se non è il caso di sottovalutare le tante problematiche ancora presenti negli aggiustamenti ciclici).
      Una fonte aggiuntiva di flessibilità è offerta, nella versione modificata, dall'articolo 81, settimo comma, che affronta il tema delle violazioni della regola fiscale emerse in sede di consuntivo. In questo caso si propone che la discrepanza sia compensata nelle leggi di bilancio del successivo triennio. Si noti che questa flessibilità, oltre a coprire errori casuali di previsione, può offrire importanti margini di manovra per limitate politiche di bilancio a carattere anticiclico dando luogo a disavanzi nelle fasi discendenti (più del previsto) del ciclo da compensare nel successivo triennio. Si noti che, nella seconda metà del secolo XX, la durata media dei cicli economici in Italia si è attestata fra gli 8 i 14 trimestri.
      Il meccanismo è paragonabile al cosiddetto «conto di controllo» previsto dalla riforma costituzionale tedesca del 2009 (e mutuato dall'esperienza svizzera), che prevede l'accantonamento di deviazioni dall'obiettivo in un conto nazionale e l'assunzione di decisioni correttive quando il conto nazionale eccede il valore dell'1,5 per cento del prodotto interno lordo.
      Rispetto al «conto di controllo», la soluzione proposta in questa sede, pur se marginalmente più rigida, è forse preferibile per la semplicità, la trasparenza e la chiarezza. Con la soluzione del «conto di controllo» condivide, attenuandolo peraltro, il problema tipico di tutti gli orizzonti pluriennali e cioè l'uso politico dei margini di libertà nelle politiche di bilancio.
      Per quanto riguarda le deroghe alla regola di responsabilità fiscale, si consideri che la recessione del biennio 2008-2009, innescata dalla grave crisi finanziaria, ha presentato evidenti caratteristiche di straordinarietà conducendo a rilevanti interventi a sostegno del sistema finanziario e dell'economia. Per quanto sperabilmente rari, eventi come quello citato non sono impossibili nelle moderne economie di mercato e regole di responsabilità fiscale che non ne tenessero conto si esporrebbero inevitabilmente al rischio di essere travolte. Nella versione modificata, l'articolo 81, commi ottavo e nono, individua nel criterio della maggioranza qualificata (dei due terzi) la condizione per l'assunzione di decisioni in grado di violare la regola di responsabilità fiscale in presenza di condizioni eccezionali. Si preferisce, peraltro, non procedere a un'elencazione puntuale (ma che, per definizione, non sarebbe mai esaustiva) delle condizioni eccezionali e si assume come criterio di eccezionalità la valutazione comune – al di là quindi degli schieramenti politici – della situazione stessa così come espressa dal formarsi di una maggioranza qualificata. Si condiziona, però, la decisione che deroga alla regola alla previsione di un ripristino, in tempi dati, della regola stessa.
      Si noti che, nel caso di deroga alla regola espressa in termini di limiti alla spesa, il finanziamento della spesa in eccesso può intervenire attraverso il ricorso all'indebitamento o attraverso maggiori entrate. Nel primo caso si richiede che la legge di bilancio preveda che la spesa in eccesso sia ricondotta all'interno del vincolo costituzionale nel periodo di ammortamento del nuovo debito. Nel secondo caso, si prevede invece che le maggiori entrate siano sostituite dal ricorso all'indebitamento nel corso di un triennio e
 

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che, per evitare un uso politico della norma, si faccia luogo a questo punto alla procedura prevista per il caso precedente.
      Per quanto riguarda il monitoraggio e il controllo della regola di responsabilità fiscale, la presente proposta di legge costituzionale implicitamente assume che il controllo del rispetto della regola di responsabilità fiscale spetti, in via preventiva, alle Presidenze della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, così come oggi spetta loro, per esempio, la verifica della copertura della legge di stabilità, previo parere della Commissione bilancio. Com’è noto, i Presidenti delle Assemblee possono, in caso di non conformità, invitare il Governo a provvedere alla copertura finanziaria del provvedimento. Una simile procedura potrebbe essere seguita anche per la legge di bilancio, in presenza di una regola di responsabilità fiscale come quella esaminata nella presente proposta di legge costituzionale. Peraltro, la rilevanza e la complessità del tema richiederebbero – in misura ancora più pressante che in passato – la costituzione di un unico Servizio bilancio per i due rami del Parlamento e la definizione di procedure in grado di garantirne le massime efficienza, autorevolezza e indipendenza. Anche in questo caso la presente proposta di legge costituzionale fa implicito riferimento a temi ripetutamente emersi nel recente dibattito parlamentare.
      La definizione di questa procedura potrebbe essere oggetto della revisione della legge di contabilità di cui all'articolo 81 modificato, quinto comma. Quella stessa sede potrebbe essere peraltro il luogo più opportuno per affrontare un tema non esplicitamente trattato in questa proposta di legge costituzionale, cioè quello della cosiddetta «autorità fiscale indipendente». Com’è noto, da più parti è stata recentemente avanzata l'ipotesi che l'individuazione degli obiettivi così come il monitoraggio e il controllo delle regole di responsabilità fiscale debbano essere affidati a organismi fiscali indipendenti, paragonabili, nella loro versione più estrema e per certi versi, alle banche centrali. La stessa riforma costituzionale tedesca del 2009, avvertendo il problema, prevede la creazione di un Consiglio di stabilità cui è affidato il monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica e la segnalazione di situazioni di squilibrio finanziario, ma, individuando nei Ministri federali delle finanze e dell'economia e nei Ministri delle finanze dei Länder i componenti del Consiglio, si ferma prima di affrontare compiutamente il tema della indipendenza del Consiglio stesso. Come si è detto, la presente proposta di legge costituzionale non discute esplicitamente questa possibilità e lascia alla revisione della legge di contabilità la risposta.
      Per quanto riguarda le implicazioni quantitative della regola di responsabilità fiscale, queste possono essere così sintetizzate.
      In primo luogo, ipotizzando il conseguimento, già nel 2014, di un indebitamento netto prossimo allo zero e, dal 2015, l'adozione della regola di responsabilità fiscale per quanto riguarda il pareggio di bilancio, si perverrebbe (nell'ipotesi di una crescita moderata) negli anni 2025-2030 a un rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo inferiore al 100 per cento, negli anni 2050-2060 all'obiettivo dell'Unione europea del 60 per cento. Non sarebbe quindi, da un lato, superata la necessità di accelerare il percorso di rientro del debito attraverso il collocamento sul mercato di attività oggi detenute dal settore pubblico. Risulterebbe, d'altro canto, rafforzata la necessità di liberare i mercati e di ripristinare le condizioni di contesto – ivi incluso il sistema delle relazioni industriali – in grado di garantire una crescita più sostenuta di quella sperimentata nell'ultimo ventennio.
      In secondo luogo, l'entrata in vigore nel 2020 della seconda regola di responsabilità fiscale e cioè del limite alla spesa richiederebbe, fra il 2015 e il 2020, una riduzione del rapporto fra spesa pubblica e prodotto interno lordo di intensità pari o solo marginalmente superiore a quella già programmata per il quadriennio 2011-2014 (e corrispondente ai vincoli dell'Unione europea sulla dinamica della
 

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spesa). È appena il caso di ricordare che il rapporto fra spesa totale delle amministrazioni pubbliche e prodotto interno lordo era pari nel 2010 al 44,5 per cento nell'area dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e al 50,5 per cento nell'area dell'euro ed è previsto scendere al 42,7 per cento nell'area dell'OCSE e al 48 per cento nell'area dell'euro entro il 2012. Negli Stati Uniti d'America lo stesso rapporto è atteso passare dal 42,3 per cento del 2010 al 40,4 per cento del 2012. Generalizzata la tendenza alla riduzione anche nell'area dell'euro con la Germania, oggi al 46,7 per cento che dovrebbe attestarsi al 44,4 per cento nel 2012.
      In terzo luogo, nell'esperienza dell'ultimo decennio gli errori di previsione relativi al saldo strutturale sono stati mediamente negativi (e quindi le previsioni hanno mediamente sottostimato l'indebitamento netto) e non lontani dall'1 per cento del prodotto interno lordo. Al netto del biennio 2009-2010, si sono attestati al di sopra dello 0,5 per cento del prodotto interno lordo. Ciò segnala, da un lato, l'importanza di un meccanismo di correzione dell'errore quale quello implicito nell'articolo 81 modificato, settimo comma, nell'indurre atteggiamenti più cauti in sede di previsione da parte del Governo e, da un altro lato, evidenzia l'opportunità di disporre di un orizzonte pluriennale per la correzione di genuini errori di previsione.
      È appena il caso di sottolineare come le proposte avanzate in questa sede ci consegnerebbero un debito pubblico non trascurabile (e compreso fra il 20 per cento e il 50 per cento del prodotto interno lordo a seconda delle ipotesi di crescita) a distanza di un secolo da oggi. Un debito pubblico di dimensioni tutt'altro che irrilevanti nell'auspicabile ipotesi che l'Unione europea possa, in tempi brevi, conseguire un reale accentramento delle decisioni in materia di politica fiscale, far rispettare nei fatti la disciplina fiscale da parte dei Paesi membri e dotarsi di propri e autonomi strumenti di debito garantiti dal prodotto dell'intera area.
      Nelle settimane passate una crisi di fiducia ha investito l'intera area dell'euro e in particolare l'Italia. Quello che appariva fino a qualche tempo fa un fenomeno legato alla periferia dell'area monetaria è oggi, con tutta evidenza, un fenomeno che mette in discussione l'esistenza stessa di quell'area e, con essa, gran parte della costruzione europea.
      L'Italia ha reagito approvando in tempi senza precedenti nella storia recente la manovra finanziaria per il triennio 2012-2014 e vincolando così se stessa all'obiettivo del pareggio di bilancio. L'Europa, dopo molte incertezze ed esitazioni, ha compiuto negli stessi giorni un passo importante per ricostruire la credibilità del governo dell'eurozona, intraprendendo una strada che ora deve proseguire senza ripensamenti.
      È a tutti evidente, peraltro, che le decisioni appena assunte non sono la fine bensì l'inizio di un processo: lo testimoniano la persistenza delle turbolenze sui mercati e il collocarsi dei divari di rendimento fra buoni del tesoro poliennali e bund tedeschi su livelli ormai doppi rispetto al maggio scorso e tali da comportare già oggi oneri aggiuntivi significativi per la finanza pubblica. Un processo che – com’è riconosciuto da più parti – dovrà in tempi brevi trovare espressione anche in un'integrazione del dettato costituzionale che accolga esplicitamente il principio dell'equità fra le generazioni e lo traduca in regole di comportamento per la finanza pubblica. La presente proposta di legge costituzionale è un primo contributo in questa direzione.
 

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PROPOSTA DI LEGGE
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Art. 1.
(Equità fra le generazioni).

      All'articolo 23 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

          «La Repubblica garantisce il rispetto del principio di equità fra le generazioni nelle materie economico-finanziarie».

Art. 2.
(Pareggio di bilancio e controllo della spesa pubblica).

      1. All'articolo 81 del Costituzione sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

          «Nel bilancio delle pubbliche amministrazioni, dello Stato e delle Regioni, le spese totali non possono superare le entrate totali. Il ricorso all'indebitamento non è consentito. La legge regola le modalità di applicazione del principio del pareggio di bilancio ai singoli livelli di governo tenendo conto del ciclo economico e garantendo comunque il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e dagli obblighi internazionali.
      Le spese totali delle amministrazioni pubbliche non possono superare il 45 per cento del prodotto interno lordo.
      Eventuali violazioni del disposto dei commi quinto e sesto emerse in sede di rendiconto devono essere compensate nelle leggi di bilancio nel successivo triennio.
      La legge di bilancio che comporti il ricorso all'indebitamento deve essere approvata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera e contenere il relativo piano di ammortamento.
      La legge di bilancio che comporti spese totali delle amministrazioni pubbliche superiori

 

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al 45 per cento del prodotto interno lordo e non preveda, contestualmente, un incremento delle entrate totali ma faccia ricorso all'indebitamento, deve essere approvata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera e contenere il relativo piano di ammortamento e deve prevedere il rispetto del vincolo sulle spese totali entro la scadenza del piano di ammortamento del debito stesso. La legge di bilancio che comporti spese totali delle amministrazioni pubbliche superiori al 45 per cento del prodotto interno lordo e preveda, contestualmente, un incremento delle entrate totali, deve essere approvata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera e prevedere la sostituzione delle maggiori entrate con il ricorso all'indebitamento entro un quinquennio dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio stessa, il piano di ammortamento del debito stesso e la previsione del rispetto del vincolo sulle spese totali entro la scadenza del piano di ammortamento del debito stesso. In quest'ultimo caso, alla legge di bilancio relativa all'esercizio in cui si fa ricorso all'indebitamento si applica quanto previsto dall'ottavo comma».

Art. 3.
(Coordinamento della finanza pubblica).

      1. All'articolo 117 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al secondo comma è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

              «s-bis) armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario»;

          b) al terzo comma, le parole: «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;» sono soppresse.

 

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Art. 4.
(Ricorso all'indebitamento per gli enti locali).

      1. Al sesto comma dell'articolo 119 della Costituzione, le parole: «Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento» sono sostituite dalle seguenti: «Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento e nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 81».

Art. 5.
(Norme transitorie).

      1. I commi quinto, settimo e ottavo dell'articolo 81 della Costituzione entrano in vigore a partire dall'esercizio finanziario 2015.
      2. I commi sesto e nono dell'articolo 81 della Costituzione entrano in vigore a partire dall'esercizio finanziario 2020.


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