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PDL 4504

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4504



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato DAMIANO

Modifiche all'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, in materia di adesione dei lavoratori alle forme pensionistiche complementari

Presentata il 12 luglio 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — La riforma della previdenza complementare, disciplinata dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, aveva lo scopo di ridurre gli effetti sfavorevoli che nel tempo si sarebbero venuti a creare in capo a coloro che fossero entrati a far parte del cosiddetto «sistema contributivo», in base al quale il calcolo della pensione viene effettuato non tenendo conto della media delle retribuzioni percepite, ma in relazione alla contribuzione accreditata nell'arco dell'intera vita lavorativa.
      La crescita delle adesioni alla previdenza complementare segna ancora il passo.
      A fine 2007, anno dell'avvio della riforma, le adesioni alla previdenza complementare erano 4.560.091, con un tasso di adesione pari al 20 per cento del totale dei lavoratori che sono circa 23 milioni (3.402.135 pari al 25 per cento se si considerano i lavoratori dipendenti). Oggi, a quattro anni di distanza, le adesioni sono 5.300.000, pari al 23 per cento (3.835.764 pari al 28 per cento se si considerano i lavoratori dipendenti).
      Nel 2010 gli iscritti ai fondi pensione negoziali sono stati 2.010.904 (-1,4 per cento rispetto al 2009), quelli iscritti ai fondi aperti 848.415 (+3,4 per cento rispetto al 2009) e quelli iscritti ai piani individuali pensionistici (PIP) 1.160.187 (+29,8 per cento rispetto al 2009).
      Dall'analisi dei dati è possibile evincere come la crisi in atto abbia colpito in maniera molto forte le adesioni ai fondi pensione negoziali che già nell'anno precedente avevano avuto un decremento pari a -0,2 per cento, con soltanto 14.000 nuove adesioni.
 

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      I lavoratori dipendenti iscritti a fondi pensione aperti e a PIP sono pari a 1.322.598.
      Dalla distribuzione per fasce di età risulta che fra i lavoratori con meno di trentacinque anni di età, soltanto il 17 per cento ha aderito a una forma di previdenza complementare. L'età media degli iscritti è pari a quarantaquattro anni.
      Lo sviluppo di un sistema di secondo pilastro è fondamentale per poter consentire alle giovani generazioni di andare in pensione ricevendo prestazioni pensionistiche adeguate.
      Non vi è dubbio che occorre intervenire per allargare la platea degli aderenti ai fondi pensione. Sul versante dei lavoratori dipendenti, per rilanciare le adesioni alla previdenza complementare, occorre introdurre meccanismi di semi automaticità di adesione, come è stato fatto nel Regno Unito, e cioè sperimentare, ad esempio, un'adesione di tipo «contrattuale». In pratica, laddove sia previsto un contributo del datore di lavoro, sarebbe opportuno prevedere l'automatica adesione del lavoratore alla forma di previdenza complementare fissata contrattualmente per la sua azienda, salvo poi salvaguardare la libera adesione alla previdenza complementare attraverso la facoltà del lavoratore di far confluire anche il trattamento di fine rapporto (TFR) e l'eventuale contributo a suo carico. Questo meccanismo determinerebbe sicuramente l'ampliamento della platea delle adesioni, consentendo tra l'altro ai fondi pensione negoziali di avere la possibilità di contattare tutti i potenziali aderenti, colmando quindi quel gap che oggi si va sempre più allargando con le capacità di contatto e di vendita dei prodotti previdenziali da parte delle reti dei fondi aperti e soprattutto dei PIP.
      Pertanto, nonostante gli sforzi fatti al momento dell'introduzione della nuova legislazione, i risultati ottenuti dalla previdenza complementare non sono stati del tutto soddisfacenti.
      Conseguentemente, al fine di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale a fronte delle minori prestazioni del primo pilastro, si intende ampliare l'adesione alle forme pensionistiche complementari collettive, individuate dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, e salvo l'intervento di un diverso accordo aziendale, riconoscendo il versamento del contributo aziendale con modalità differenti a seconda della scelta effettuata nel semestre dal lavoratore a proposito del TFR.
      Un maggiore sviluppo della previdenza complementare permetterebbe inoltre alle aziende di fruire delle agevolazioni attualmente disciplinate dalla normativa di settore, in particolare:

          a) la deducibilità, dal reddito d'impresa, di un importo pari al 4 per cento dell'ammontare del TFR annualmente destinato a forme pensionistiche complementari. Per le imprese con meno di 50 addetti tale importo è elevato al 6 per cento (si ricorda che per queste aziende la scelta del lavoratore di non aderire a un fondo pensione non comporta l'obbligo di conferire il TFR maturando verso il fondo di tesoreria gestito dall'INPS);

          b) l'esonero dal versamento del contributo dello 0,50 per cento al Fondo di garanzia, previsto dall'articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, correlato alla percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari;

          c) la riduzione del costo del lavoro, attraverso una riduzione degli oneri impropri, correlata al flusso del TFR maturando conferito. Tale riduzione riguarda i contributi sociali a carico del datore di lavoro, quali assegni familiari, maternità, disoccupazione;

          d) sulle contribuzioni a carico del datore di lavoro versate a forme di previdenza complementare è applicato il contributo sociale ridotto (cosiddetto «contributo di solidarietà») con aliquota del 10 per cento.

      Premesso ciò, per sviluppare maggiormente l'adesione al secondo pilastro, si rende necessario novellare l'articolo 8 del

 

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decreto legislativo n. 252 del 2005, relativo al finanziamento delle forme pensionistiche complementari come di seguito evidenziato:

          a) attraverso l'inserimento, dopo il comma 7, di un comma 7-bis che riconosca, in favore dei lavoratori che abbiano aderito (in modo esplicito o tacito) attraverso il conferimento del solo TFR maturando a una delle forme pensionistiche collettive individuate ai sensi dei numeri 1) e 2) della lettera b) del comma 7, il versamento del contributo a carico del datore di lavoro, per un periodo limitato di tempo («i primi due anni di partecipazione»), nella misura minima determinata dai contratti e dagli accordi collettivi, anche aziendali (articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 252 del 2005). La ratio di tale disposizione è rinvenibile nella necessità di sensibilizzare i lavoratori sull'importanza di alimentare, in un sistema a capitalizzazione, la posizione di previdenza complementare almeno con le quote di contribuzione minima a proprio carico che danno diritto a ricevere il contributo datoriale. Quest'ultimo, infatti, trascorsi i primi due anni di partecipazione alla previdenza complementare, verrebbe meno qualora il lavoratore decidesse di conferire alla forma pensionistica di riferimento esclusivamente il TFR maturando. In ogni caso, il confronto della posizione maturata in costanza del contributo datoriale e in assenza di questo, permetterebbe al lavoratore di avviare una riflessione in tal senso;

          b) il comma 7-ter introduce in favore dei lavoratori che abbiano espresso la volontà di mantenere il TFR maturando in azienda, a decorrere dal mese successivo alla scelta, il versamento del contributo datoriale alla forma pensionistica collettiva individuata dagli accordi o dai contratti collettivi, anche territoriali, o da un accordo aziendale. Il comma disciplina una forma di «adesione generalizzata» dei lavoratori, attuata per via contrattuale, attraverso il conferimento del solo contributo del datore di lavoro. Tale disposizione consentirebbe alle forme pensionistiche complementari di raggiungere un livello adeguato di iscritti con effetti positivi in termini di economie di scala e abbattimento degli oneri di gestione amministrativa e delle quote associative annue. Inoltre, in una visione complessiva, l’«adesione generalizzata» permetterebbe alle forme pensionistiche complementari di colmare quelle asimmetrie informative derivanti dalla inadeguata conoscenza del sistema previdenziale obbligatorio e delle opportunità offerte dal secondo pilastro. Maggiori effetti positivi in tal senso potrebbero registrarsi soprattutto in quei contesti produttivi caratterizzati da una scarsa penetrazione della rappresentanza sindacale, garantendo ai lavoratori un'effettiva possibilità di accesso e l'esigibilità della previdenza complementare;

          c) sostituendo il comma 9 si intende destinare la contribuzione versata dal datore di lavoro, ai sensi del nuovo comma 7-ter, nella linea a contenuto più prudenziale in modo da garantire la restituzione del capitale e rendimenti comparabili, nei limiti previsti dalla normativa nazionale e dell'Unione europea, al tasso di rivalutazione del TFR. Il fine è quello di assicurare una copertura previdenziale complementare anche minima a coloro che decidano di mantenere il TFR in azienda;

          d) il comma 10 è stato modificato in ragione dell'introduzione del comma 7-bis.

      Al fine di disciplinare le modalità operative e la concreta attuazione delle nuove disposizioni dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 252 del 2005, contenute nell'articolo 1 della proposta di legge, si ritiene opportuno che la disciplina di dettaglio sia stabilita con un regolamento adottato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (articolo 2 della proposta di legge).

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo il comma 7 dell'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, sono inseriti i seguenti:
      «7-bis. In favore dei lavoratori che abbiano aderito a una delle forme pensionistiche collettive individuate ai sensi dei numeri 1) e 2) della lettera b) del comma 7, conferendo il TFR maturando con le modalità esplicite o tacite, è riconosciuto, per i primi due anni di partecipazione, il versamento del contributo a carico del datore di lavoro nella misura determinata in conformità al comma 2. Il diritto al contributo datoriale viene meno alla scadenza del suddetto termine, se il lavoratore non esprime la volontà di versare la contribuzione a proprio carico.
      7-ter. Ai lavoratori che nel termine previsto dal comma 7 abbiano espresso la volontà di mantenere il TFR maturando in azienda è riconosciuto, a decorrere dal mese successivo alla scelta, il versamento del contributo del datore di lavoro alla forma pensionistica collettiva individuata ai sensi dei numeri 1) e 2) della lettera b) del comma 7. La forma di adesione alla previdenza complementare disciplinata al presente comma non comporta, salvo diversa successiva volontà del lavoratore, l'obbligo di versamento della contribuzione a suo carico e del TFR maturando alla forma pensionistica complementare».

      2. Il comma 9 dell'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, è sostituito dal seguente:
      «9. Gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari prevedono, in caso di conferimento tacito del TFR e relativamente alla contribuzione versata dal datore di lavoro ai sensi del comma 7-ter, l'investimento di tali somme

 

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nella linea a contenuto più prudenziale in modo da garantire la restituzione del capitale e rendimenti comparabili, nei limiti previsti dalla normativa nazionale e dell'Unione europea, al tasso di rivalutazione del TFR».

      3. Il comma 10 dell'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, è sostituito dal seguente:
      «10. L'adesione a una forma pensionistica realizzata tramite il solo conferimento esplicito o tacito del TFR non comporta l'obbligo della contribuzione a carico del lavoratore e, fatto salvo quanto disposto dal comma 7-bis, del datore di lavoro. Il lavoratore può decidere, comunque, di destinare una parte della retribuzione alla forma pensionistica prescelta in modo autonomo e anche in assenza di accordi collettivi; in tale caso comunica al datore di lavoro l'entità del contributo e il fondo di destinazione. Il datore può a sua volta decidere, pur in assenza di accordi collettivi, anche aziendali, di contribuire alla forma pensionistica alla quale il lavoratore ha già aderito. Nel caso in cui il lavoratore intenda contribuire alla forma pensionistica complementare e qualora abbia diritto a un contributo del datore di lavoro in base ad accordi collettivi, anche aziendali, tale contributo affluisce alla forma pensionistica prescelta dal lavoratore stesso, nei limiti e secondo le modalità stabiliti dai predetti contratti o accordi».

Art. 2.

      1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, provvede, con proprio regolamento, a dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 1.
      2. La presente legge entra in vigore dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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