|
CAMERA DEI DEPUTATI
| N. 4510 |
a) allo Stato spettano l'indirizzo, il coordinamento e la programmazione degli interventi in materia;
b) alle regioni sono delegati gli interventi volti a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale;
c) all'università compete l'organizzazione dei servizi che rendono effettivo e proficuo il percorso di studi.
Le modifiche apportate con l'articolo 1 della presente proposta di legge mirano a raggiungere i seguenti obiettivi:
inserire tra i soggetti competenti in materia di diritto allo studio universitario anche le province e i comuni singoli o associati, tra i quali anche i comuni sede di atenei, i quali entreranno a far parte della Consulta nazionale presieduta dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
distinguere le «borse di studio» e i «premi di merito», assegnati per concorso dalle province e dai comuni singoli o associati, dagli interventi economici assegnati sulla base delle graduatorie regionali, in modo tale da renderli alternativi e cumulabili a questi ultimi.
L'articolo 2 individua le finalità dei contributi delle province e dei comuni, con particolare riguardo alle realtà locali, agli studenti residenti che non hanno la possibilità di trasferirsi nella città sede di ateneo e a coloro i quali non rientrano nelle graduatorie dell'indicatore di situazione economica equivalente università, previste dai bandi regionali.
Com’è noto, solo una ristrettissima minoranza di studenti in effettive e gravi condizioni economiche ha accesso ai primi posti delle graduatorie e ottiene una «borsa di studio». La quasi totalità dei giovani, seppur in possesso di un ottimo curriculum, non ottiene alcun finanziamento nel corso della sua carriera accademica. Lo scopo della proposta di legge è dunque quello di sostenere fin dalle realtà locali gli studenti capaci e meritevoli, nell'ottica di una collaborazione civica tra l'amministrazione e il territorio, di una sapiente distribuzione delle risorse in vista della formazione, del lavoro e della partecipazione di una classe dirigente locale.
Nonostante la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, la normativa vigente in materia è rimasta immutata e ora più che mai è necessario un ripensamento della legge quadro n. 390 del 1991, anche in considerazione dei decreti legislativi attuativi della «riforma Gelmini».
Si ricorda che l'articolo 5 della riforma universitaria, di cui alla legge n. 240 del 2010, rubricato «Delega in materia di interventi per la qualità e l'efficienza del sistema universitario», prevede che «Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare il sistema universitario per il raggiungimento dei seguenti obiettivi (...) a) revisione, in attuazione del titolo V della parte seconda della Costituzione, della normativa di principio in materia di diritto allo studio, al fine di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che
1. Alla legge 2 dicembre 1991, n. 390, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 3:
1) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Le province e i comuni, singoli o associati, hanno facoltà di attivare interventi complementari di sostegno al diritto allo studio universitario»;
2) il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Le regioni, le università, le province, i comuni, nonché gli enti e le istituzioni aventi comunque competenza nelle materie connesse all'attuazione del diritto agli studi universitari collaborano tra loro per il raggiungimento delle finalità della presente legge. A tale scopo stipulano accordi o convenzioni per la realizzazione di specifiche attività»;
b) il comma 3 dell'articolo 6 è sostituito dal seguente:
«3. La Consulta è presieduta dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed è composta da cinque rappresentanti delle università, da cinque rappresentanti delle regioni nominati ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 16 dicembre 1989, n. 418, da cinque rappresentanti delle province e da cinque rappresentanti di comuni membri dell'associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) che ospitino almeno una sede universitaria»;
c) la lettera d) del comma 1 dell'articolo 7 è sostituita dalla seguente:
«d) le borse di studio, assegnate ai sensi dell'articolo 8, non possono essere cumulate con altre borse di studio a qualsiasi titolo attribuite, tranne che con quelle assegnate per concorso da province e da comuni, singoli o associati, e con quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere volte a integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di formazione o di ricerca dei borsisti»;
d) all'articolo 8 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Le province e i comuni, singoli o associati, hanno facoltà di stabilire annualmente, con apposita previsione di bilancio, una quota di fondi destinati all'erogazione di borse di studio per studenti capaci e meritevoli iscritti ai corsi di diploma e di laurea nel rispetto dei requisiti minimi stabiliti ai sensi dell'articolo 4 e secondo le procedure selettive di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c)».
1. Gli interventi delle province e dei comuni, singoli o associati, di cui all'articolo 3 della legge 2 dicembre 1991, n. 390, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera a), della presente legge, hanno la finalità di realizzare un sostegno complementare agli interventi regionali per il diritto agli studi universitari. Tali interventi sono erogati con borse di studio mediante concorso e possono essere destinati a ridurre i costi del pagamento delle rette universitarie e del trasporto. Tali interventi hanno altresì lo scopo di favorire gli studenti universitari capaci e meritevoli che risiedono nella provincia e nei comuni, singoli o associati, che non hanno raggiunto i requisiti economici di accesso alle graduatorie dei bandi regionali
1. I fondi destinati dalle province e dai comuni, singoli o associati, per la realizzazione degli interventi complementari al diritto agli studi universitari di cui all'articolo 2 possono essere integrati con fondi provenienti da enti e da istituzioni privati.
1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
|