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PDL 4516

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4516



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato GARAVINI

Modifiche al codice penale e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per il contrasto della corruzione e del traffico di influenze illecite

Presentata il 18 luglio 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge apporta le necessarie modifiche alle norme vigenti, anche mediante l'introduzione di nuove fattispecie penali atte a rendere più efficace l'azione di prevenzione e di contrasto delle condotte illecite di corruzione nella pubblica amministrazione, un fenomeno in costante aumento nel nostro Paese, sempre più dilagante e pervasivo. La corruzione, secondo i dati forniti dalla Corte dei conti in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2009, rappresenta la quarta fonte di danno erariale. Le denunce al Corpo della guardia di finanza per reati legati alla corruzione sono cresciute del 229 per cento e quelle per concussione sono aumentate del 153 per cento. Il fenomeno, soprattutto per quanto riguarda i reati di corruzione, concussione e abuso d'ufficio, continua a presentare carattere di estrema gravità.
      La corruzione ha finito per diventare una «tassa occulta» che costa all'economia e ai cittadini italiani circa 60 miliardi di euro l'anno, un volume pari a due manovre finanziarie, un obolo di circa 1.000 euro a testa per ogni italiano, neonati compresi. Questa è la stima contenuta nel primo Rapporto al Parlamento del Servizio anticorruzione e trasparenza (SAeT), nell'ambito del Dipartimento della funzione pubblica – Presidenza del Consiglio dei ministri. Un'enorme massa di denaro sottratto ai cittadini che, nell'attuale contesto di crisi economica, rende il fenomeno ancora più allarmante.
      Il fenomeno della corruzione ha radici solide in Italia, rispetto ad altri Paesi
 

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europei, un dato che emerge anche dalle rilevazioni di Transparency international, un organismo sovranazionale indipendente che studia il fenomeno a livello globale. Dalla sua ultima rilevazione di febbraio 2010, su 180 Paesi si evince che l'Italia ha perso nuove posizioni nella graduatoria della corruzione nel settore pubblico: nel 2007 era al 41o posto, nel 2008 al 55o e nel 2009 al 63o posto; in due anni il nostro Paese è drammaticamente sprofondato di 22 posti. Con il suo 63o posto è peggiore della Turchia, di Capo Verde e del Botswana.
      La corruzione ostacola lo sviluppo economico, contrasta con i princìpi di buon governo e di etica della politica, priva i cittadini delle risorse atte a garantire servizi pubblici essenziali e minaccia il principio di uguaglianza e di libera concorrenza. La lotta alla corruzione nei suoi differenti aspetti, a partire dagli anni novanta, si è imposta all'attenzione della comunità internazionale che ne ha percepito l'estrema pericolosità non solo per il progresso socio-economico ma anche per la democrazia, per il diritto e per le libertà fondamentali.
      Le fattispecie penali vigenti nel nostro ordinamento in materia di corruzione necessitano di una profonda revisione, soprattutto per quanto riguarda l'apparato sanzionatorio, inadeguato rispetto alla gravità dei comportamenti e all'impatto sociale ed economico di reati integranti la corruzione, la concussione, l'appropriazione indebita aggravata, il peculato, la truffa e l'estorsione.
      Nonostante il nostro Paese abbia vissuto un momento drammatico a causa del dilagare del fenomeno corruttivo negli anni novanta (cosiddetta «tangentopoli»), la risposta sanzionatoria nei confronti di tali comportamenti illeciti ha continuato a essere troppo mite e in taluni casi incerta. Particolare elemento di preoccupazione deriva poi dal rischio del venire meno di una risposta repressiva certa, anche a causa dell'introduzione di previsioni di riduzione dei termini di prescrizione previsti dalla cosiddetta «legge Cirielli» (legge 5 dicembre 2005, n. 251), tali da impedire, di fatto, l'accertamento giudiziario dei reati di corruzione.
      Da molti anni il tema della lotta alla corruzione è stato affrontato in sede europea. La Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, impone a ciascuno Stato contraente di prevedere nel proprio ordinamento giuridico efficaci rimedi in favore dei soggetti che hanno sofferto danni in conseguenza di atti di corruzione, sia sotto il profilo della tutela giudiziale dei loro diritti e interessi, sia sotto quello sostanziale del risarcimento del danno. Tale Convenzione costituisce l'esito di molteplici iniziative assunte dal Consiglio d'Europa per fronteggiare il fenomeno della corruzione.
      Muovendo dalle riflessioni maturate in seno alla 19a Conferenza dei Ministri europei della giustizia, tenutasi a Malta nel giugno 1994, il Consiglio d'Europa si è attivato contro la corruzione sia con l'istituzione nel 1994 del Gruppo multidisciplinare sulla corruzione (GMC), sia con l'adozione, nel 1996, di un articolato Programma d'azione contro la corruzione (Programme of Action against Corruption – PAC), che costituisce il fondamento giuridico delle attività consiliari in tale direzione. Lo sviluppo di queste attività si è realizzato gradualmente per tappe, tra le quali rileva il secondo vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'ottobre 1997 con il menzionato Programma, che ha ricevuto un decisivo impulso politico, facendo della lotta alla corruzione uno degli obiettivi prioritari ed essenziali del Consiglio.
      In seguito, la 21a Conferenza dei Ministri europei della giustizia, svoltasi a Praga (1997), ha adottato la risoluzione n. 1 sul collegamento tra corruzione e crimine organizzato, nella quale si sottolinea come la corruzione, ostacolando lo sviluppo economico e mettendo a repentaglio la stabilità delle istituzioni democratiche, rappresenti un grave impedimento all'affermazione della preminenza del diritto, della democrazia e dei diritti dell'uomo, dell'equità e della giustizia sociale. In tale occasione si raccomanda di dare pronta attuazione al PAC anche attraverso la predisposizione di uno strumento
 

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internazionale volto in particolare a disciplinare il risarcimento dei danni sofferti in conseguenza di fatti di corruzione.
      Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha adottato, il 6 novembre 1997, la risoluzione 97(24), concernente venti princìpi guida per la lotta contro la corruzione. Il principio 17 indica espressamente, quale necessità prioritaria, la previsione di una disciplina civilistica regolante, in particolare, l'aspetto dei rimedi giudiziali per la tutela di diritti e di interessi pregiudicati da atti di corruzione. Alla Conferenza di Chisinau (giugno 1999), i Ministri europei della giustizia hanno adottato la risoluzione n. 3 sulla lotta contro la corruzione, che sollecita il Comitato dei Ministri ad adottare la Convenzione civile sulla corruzione da aprire alla firma prima della fine del 1999.
      Anche la Convenzione penale sulla corruzione, siglata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 27 gennaio 1999, contiene una definizione di nozione di corruzione analoga a quella presente nella Convenzione civile, delineando, pertanto, un processo di adeguamento e di coordinamento della nozione di corruzione rinvenibile attualmente nel nostro ordinamento con quella tratteggiata in sede internazionale.
      La presente proposta di legge intende rispondere alle raccomandazioni rivolte dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) al nostro Paese e agli altri Stati parte circa la necessità di modificare la normativa vigente in materia di reati contro la pubblica amministrazione, in particolare per quanto concerne la punibilità, nell'ambito delle operazioni economiche internazionali, del soggetto che indebitamente offra o prometta denaro per conseguire un vantaggio ingiusto.
      L'OCSE ha richiamato la necessità di assicurare la punibilità di tutte le ipotesi sussumibili nello schema della corruzione, anche sotto il profilo dell'ingiusto vantaggio conseguito dal privato, essendo irrilevante a questo scopo l'eventuale costrizione o induzione subita dal soggetto ad opera del pubblico ufficiale (vedi le conclusioni del Working Group on Bribery in International Business Transactions con riferimento allo stato di attuazione in Italia delle disposizioni della Convenzione dell'OCSE).
      Le nuove forme di illecito commesse nell'ambito dei rapporti tra pubblico e privato richiedono, secondo la normativa europea, la punibilità anche dell'intermediario privato e l'attribuzione di una maggiore rilevanza del reato di corruzione tra privati, necessità confermata dall'emersione di un diverso atteggiarsi del fenomeno corruttivo e che ricade solo in parte nelle vecchie configurazioni di corruzione e concussione conosciute dal codice penale italiano vigente. Un'esigenza richiamata anche dalla Corte di cassazione che, in una sentenza del 2006, assolveva il giudice Squillante (caso IMI-SIR) in quanto «il caso in esame è inquadrabile nel “traffico di influenza”, di cui parla la Convenzione penale europea del 1999 sulla corruzione non ancora ratificata nel nostro ordinamento».
      La necessità di introdurre fattispecie penali capaci di sanzionare condotte di corruzione e di malaffare nel settore privato diventa sempre più stringente ed è in linea con quanto previsto dalla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, il cui recepimento era previsto nella legge comunitaria 2007 (legge 25 febbraio 2008, n. 34). A tale fine, la presente proposta di legge mira a introdurre il reato di corruzione in affari privati (articolo 319-quater del codice penale introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera g), della proposta di legge).
      Le innovazioni normative proposte, da un lato, provvedono a razionalizzare la normativa vigente, semplificando la classificazione delle condotte criminose e la valutazione del disvalore penale di ognuna di esse, conferendo rilevanza anche a quelle condotte che, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti del buon andamento della pubblica amministrazione, non risultano tuttavia in alcun modo sanzionate all'interno del sistema penale italiano; dall'altro provvedono
 

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a un inasprimento delle sanzioni penali per i reati più gravi contro la pubblica amministrazione, anche nel minimo edittale, per evitare che l'applicazione generalizzata di attenuanti determini la concreta inefficacia della sanzione. Al contempo, e per controbilanciare l'inasprimento della risposta penale e contribuire a far emergere le condotte corruttive, si è inteso introdurre una forte riduzione di pena per l'imputato che decida di collaborare fattivamente al fine di ricostruire i fatti, catturare altri responsabili o permettere il recupero delle somme versate o delle altre utilità trasferite.
      La presente proposta di legge mira a ridisegnare il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, trasferendo la condotta di concussione per costrizione (articolo 317 del codice penale) all'interno di quelle previste e punite dall'articolo 629 del codice penale (estorsione) e la condotta di concussione per induzione all'interno della nuova fattispecie di corruzione, la quale ricomprende in sé il disvalore penale degli articoli 318, 319 e 321 del codice penale vigente, prevedendo in ogni caso anche la punibilità del corruttore.
      Tutte le pene edittali proposte tengono conto dell'obbligo, contenuto nell'articolo 19 della Convenzione, di prevedere, nei confronti dei reati previsti dallo strumento internazionale, «sanzioni e misure efficaci, proporzionate e dissuasive, che includano (...) sanzioni privative della libertà».
      L'articolo 2 della Convenzione impone di rivedere la non punibilità del concusso – quanto meno nelle ipotesi di concussione per induzione – poiché richiede di assoggettare a sanzione penale la promessa, l'offerta o la dazione, diretta o indiretta, di un vantaggio indebito a uno dei propri funzionari pubblici, per sé o per altri, perché compia o si astenga dal compiere un atto nell'esercizio delle sue funzioni.
      Per tali ragioni la soluzione prospettata dalla presente proposta di legge è quella di unificare le fattispecie di concussione per induzione, corruzione propria e impropria, antecedente e susseguente, e di ricondurre la fattispecie di concussione per costrizione al delitto di estorsione.
      L'articolo 1, comma 1, della presente proposta di legge apporta alcune modifiche in materia di concussione e di corruzione, con riferimento in particolare agli articoli 32-quater e 32-quinquies del codice penale, che individuano le ipotesi di applicazione, rispettivamente, delle pene accessorie dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione e dell'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego con amministrazioni pubbliche.
      Si procede alla sostituzione del richiamo alle nuove disposizioni in materia di corruzione, corruzione in atti giudiziari ed estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, del codice penale (articolo 1, comma 1, lettere a) e b), della proposta di legge).
      L'articolo 1, comma 1, lettera d), della proposta di legge provvede ad abrogare gli articoli 317, 318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis del codice penale, mentre la lettera e) del comma 1 dello stesso articolo introduce la nuova fattispecie unica del delitto di corruzione e concussione (articolo 319 riformulato del codice penale).
      Il nuovo articolo 319 prevede la punibilità del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, con la reclusione da quattro a dodici anni. Nel medesimo articolo sono previste le stesse pene per il corruttore, il quale è punito per la promessa o la dazione di cui sopra; se queste ultime condotte sono finalizzate a remunerare un atto dell'ufficio o del servizio già compiuti dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, la pena nei confronti del corruttore è, invece, quella, più lieve, della reclusione da tre mesi a un anno.
      Tale sistema sanzionatorio consente di stigmatizzare in maniera più evidente le condotte del funzionario pubblico che riceva denaro o altra utilità in relazione agli
 

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atti del proprio ufficio, mentre prevede un trattamento sanzionatorio più lieve nei confronti del privato, nei casi in cui l'atto sia stato già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio (condotta attualmente priva di sanzione penale).
      L'articolo 319 prevede, inoltre, una specifica diminuzione di pena (fino alla metà) per il caso in cui il corruttore sia indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto; tale disposizione consente di valorizzare adeguatamente le peculiarità di tutte quelle situazioni in cui il privato, pur non risultando – materialmente o psicologicamente – costretto alla dazione indebita, pur tuttavia è alla stessa indotto a opera del pubblico ufficiale, dell'incaricato di pubblico servizio o della particolare situazione sussistente nell'ambito della pubblica amministrazione di riferimento (condizione già individuata da giurisprudenza e dottrina come «concussione ambientale»). In tali casi, quindi, è apparso opportuno dare il giusto risalto a tale condizione psicologica soggettiva del privato, la quale, pur non raggiungendo il livello di una vera e propria coartazione della volontà, ne costituisce comunque una limitazione. L'applicabilità della circostanza attenuante viene, tuttavia, circoscritta al solo caso in cui la condotta sia stata finalizzata a evitare il pericolo di un danno ingiusto, non apparendo opportuno che della stessa possa beneficiare anche chi, pur in un contesto di particolare diffusione del fenomeno corruttivo, tenda al raggiungimento di profitti o vantaggi a lui altrimenti non spettanti.
      Il sistema, delineato dalla nuova fattispecie, di cui all'articolo 319 del codice penale riformulato, trova una sua intrinseca coerenza attraverso le seguenti modifiche:

          la nuova formulazione della corruzione in atti giudiziari (articolo 319-ter del codice penale, come sostituito dalla lettera f) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge) è coerente con l'unificazione delle fattispecie corruttive, configurandosi la corruzione in atti giudiziari quale reato più grave fra le condotte corruttive;

          la nuova fattispecie della corruzione in affari privati (articolo 319-quater del codice penale, introdotto dalla lettera g) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge) viene introdotta in aderenza alle previsioni di cui agli articoli 7 e 8 della Convenzione penale che contemplano, rispettivamente, la corruzione attiva e la corruzione passiva nel settore privato;

          l'istigazione alla corruzione (articolo 322 del codice penale, come sostituito dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge), nel caso che il corruttore non riesca a portare a termine il suo proposito, viene riformulata in termini più semplici;

          con l'introduzione dell'articolo 322-quater del codice penale viene configurata ex novo l'istigazione alla corruzione in affari privati (lettera i) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge);

          la riformulazione dell'attuale articolo 323-bis del codice penale (circostanza attenuante) provvede ad aumentare i possibili effetti di riduzione della pena prevista per i casi di particolare tenuità, nei casi in cui si determini una concreta e fattiva collaborazione da parte dell'imputato; l'innalzamento della pena per il delitto di corruzione e l'unificazione di tutte le possibili fattispecie a essa riconducibili hanno reso necessaria la previsione di tale circostanza per consentire di adeguare la pena inflitta al caso concreto;

          l'introduzione della nuova fattispecie di «traffico di influenze illecite» (articolo 346 del codice penale come sostituito dalla lettera m) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge).

      Per quanto attiene alla previsione del reato di traffico d'influenza (uno degli aspetti più innovativi contenuti anche nella citata Convenzione europea) le disposizioni europee impongono la punizione sia dell'erogatore quanto del ricevente

 

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somme di danaro o utilità diverse per l'esercizio di una vantata influenza impropria su un pubblico funzionario (trading in influence).
      Il trading in influence (reato sanzionato in molti Paesi, tra cui Gran Bretagna, Belgio, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, Norvegia, Portogallo e Grecia) mira a punire la condotta di chi prende elargizioni e tangenti per far ottenere a chi versa soldi o favori da un pubblico ufficiale e, in sostanza, funge da intermediario. Il nuovo reato risponde alla necessità di punire condotte corruttive diverse dal passato, caratterizzate da una triangolazione sofisticata dove si inseriscono una nuova figura di intermediario e il soggetto che riceve la retribuzione, un soggetto diverso da quello che compie l'attività amministrativa di favore. Può, infatti, accadere che chi firma l'atto contrario ai doveri d'ufficio non riceva denaro o favori e che chi riceva somme di denaro o favori non firmi nulla, con il risultato che tale condotta risulti difficilmente punibile. La fattispecie coincide solo parzialmente con il reato di millantato credito attualmente previsto dall'articolo 346 del codice penale, perché richiede la punizione anche del soggetto erogatore, nonché la necessità dell'estensione della punibilità della condotta di credito vantato anche nei confronti di incaricato di pubblico servizio non impiegato. Per tale ragione la proposta di legge provvede a novellare l'articolo 346 del codice penale, ridenominando la figura criminosa come «traffico di influenze illecite», in sostituzione di «millantato credito», allo scopo di contemplare tutte le fattispecie incriminatrici secondo le previsioni della Convenzione stessa.
      Inoltre, allo scopo di recuperare la possibilità di emersione del fenomeno corruttivo è stata introdotta la previsione di speciali circostanze attenuanti (articolo 346-ter del codice penale, introdotto dalla lettera n) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge e secondo comma dell'articolo 323-bis del codice penale, introdotto dalla lettera l) del comma 1 dell'articolo 1 della proposta di legge), in base alle quali la pena prevista per i delitti di corruzione, concussione e traffico di influenze illecite è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia esercitata l'azione penale, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
      La presente proposta intende poi intervenire anche sullo statuto penale dei funzionari internazionali, intervenendo sulla disciplina vigente (la legge 29 settembre 2000, n. 300) che si presenta come limitata e frammentaria. Infatti, quest'ultima limita la rilevanza ai fini della punibilità secondo la legge italiana da una parte ai soli fatti che coinvolgano funzionari dell'Unione europea e funzionari degli Stati membri dell'Unione e, dall'altra, quando si tratta di funzionari di altre organizzazioni internazionali o di Stati esterni all'Unione, ai soli fatti collegati a operazioni economiche internazionali, mentre la Convenzione di Strasburgo adotta un approccio più generale. Per tali ragioni la disposizione introdotta dalla presente proposta di legge (articolo 346-bis del codice penale, introdotto dalla lettera n) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge) è volta a equiparare in via generale alle figure del pubblico ufficiale e dell'incaricato di pubblico servizio le persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti nell'ambito di Stati esteri ovvero di organizzazioni internazionali, in modo da assicurare la tutela penale di tali funzionari anche in quanto persone offese nel quadro di altre ipotesi criminose.
      Infine, la lettera o) del comma 1 dell'articolo 1 intende rafforzare l'attuale fattispecie contenuta nell'articolo 416-ter (Scambio elettorale politico-mafioso), estendendo la configurazione del fenomeno corruttivo e di scambio elettorale mafioso non solo nei confronti di chi ottiene ma anche di chi si adoperi affinché si raggiunga l'illecito e lo scambio corruttivo in oggetto, ma soprattutto si estendono le fattispecie corruttive mafiose anche alle ipotesi di promessa di voti non scambiate necessariamente con un corrispettivo
 

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in denaro ma anche mediante altre utilità, tali da soddisfare le esigenze o le richieste in favore delle organizzazioni criminali di stampo mafioso (come molte vicende recenti corruttive segnalano).
      Il nuovo assetto dei delitti contro la pubblica amministrazione determina, poi, l'esigenza di modificare le norme contenenti espliciti richiami ai delitti stessi, di volta in volta considerati quale presupposto per l'applicazione di pene accessorie, di ipotesi particolari di confisca, di cause ostative alla candidatura o al mantenimento di cariche elettive e di particolari disposizioni in materia di rapporto di lavoro con amministrazioni pubbliche. A tal fine l'articolo 2 della presente proposta di legge apporta le necessarie modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, conseguenti al nuovo assetto conferito alla disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione, sostituendo integralmente l'articolo 25 del predetto decreto, modificando tutti i riferimenti normativi ivi previsti e riunendo in due soli gruppi le sanzioni da irrogare nei confronti degli enti.
      Accanto al necessario intervento legislativo di adeguamento delle disposizioni vigenti in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, si ritiene necessaria un'armonizzazione del sistema, anche intervenendo nell'ambito di una revisione dei delitti contro il patrimonio, per punire finalmente chi reimpiega il denaro ricavato da un reato da lui stesso commesso e per rafforzare le misure di contrasto del riciclaggio.
      In tale direzione la proposta di legge interviene per rafforzare il contrasto dei reati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, introducendo la fattispecie di «autoriciclaggio». Si tratta di un'attività non ancora sanzionata penalmente in Italia, mentre lo è già negli Stati Uniti d'America, in Francia e perfino in Svizzera, nonostante che rappresenti uno dei più importanti canali di utilizzazione dei proventi dei delitti posti in essere dal crimine organizzato. A tal fine le lettere p) e q) del comma 1 dell'articolo 1 della presente proposta di legge intervengono sugli articoli 648-bis (riciclaggio) e 648-ter (riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) del codice penale, sopprimendo la clausola di riserva «Fuori dei casi di concorso nel reato», in modo da consentire l'autonoma rilevanza penale dell'autoriciclaggio e di attribuire rilevanza penale anche nei confronti dell'autore o del complice del reato presupposto, attualmente non punibile per il reato di riciclaggio, mentre lo è il terzo estraneo al reato presupposto che cooperi con il reo. Mediante l'introduzione di un comma finale si prevede che le disposizioni sul riciclaggio si applichino anche nei confronti della persona che ha concorso nel reato presupposto, ad eccezione degli atti di godimento che non eccedano l'uso dei beni secondo la naturale destinazione, ovvero in caso di utilizzo del denaro, dei beni o delle altre utilità provento del reato presupposto per finalità non speculative, imprenditoriali o commerciali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al codice penale).

      1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 32-quater, le parole: «317, 318,», le parole: «319-bis, 320, 321,» e le parole: «322-bis» sono soppresse e dopo le parole: «501-bis,» sono inserite le seguenti: «629, secondo comma,»;

          b) all'articolo 32-quinquies, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter e 629, secondo comma,»;

          c) all'articolo 317-bis, le parole: «per il reato di cui agli articoli 314 e 317» sono sostituite dalle seguenti: «per il reato di cui all'articolo 314»;

          d) gli articoli 317, 318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis sono abrogati;

          e) l'articolo 319 è sostituito dal seguente:
      «Art. 319. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.
      La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
      La stessa pena di cui al primo e al secondo comma si applica a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato

 

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di pubblico servizio denaro o altra utilità. Se la dazione o la promessa sono effettuate per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno.
      La pena per il corruttore è diminuita fino alla metà quando lo stesso è indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto»;

          f) l'articolo 319-ter è sostituito dal seguente:
      «Art. 319-ter. – (Corruzione in atti giudiziari). – Se i fatti di cui all'articolo 319 sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
      La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
      La stessa pena di cui al primo e al secondo comma si applica a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio denaro o altra utilità.
      Se la dazione o la promessa sono effettuate per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale, si applica la pena della reclusione da sei mesi a un anno»;

          g) dopo l'articolo 319-ter è inserito il seguente:
      «Art. 319-quater. – (Corruzione in affari privati). – I dipendenti, i consulenti e i collaboratori di una società che indebitamente ricevono, per sé o per terze persone, denaro o altra utilità o ne accettano la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di atti rientranti nei propri incarichi e funzioni, ovvero al compimento di atti contrari ai propri doveri, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.
      Se il reato di cui al primo comma è commesso da amministratori, direttori generali,

 

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dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci o liquidatori, si applica la pena della reclusione da due a otto anni.
      La condanna importa l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
      La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi dà o promette ai dipendenti, ai consulenti o ai collaboratori di una società denaro o altra utilità. Quando la dazione o la promessa viene effettuata per un atto già compiuto, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni.
      Nei casi di cui al secondo comma, chi dà o promette agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci o ai liquidatori denaro o altra utilità è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Quando la dazione o la promessa è effettuata per un atto già compiuto, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni»;

          h) l'articolo 322 è sostituito dal seguente:
      «Art. 322. – (Istigazione alla corruzione). – Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui all'articolo 319 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dal medesimo articolo 319, terzo comma, ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dal medesimo articolo 319-ter, terzo comma, ridotta di un terzo.
      Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dal medesimo articolo 319 è punito, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall'articolo 319, primo comma, ridotta di un terzo. Se la sollecitazione è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter, primo comma, ridotta di un terzo»;

 

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          i) dopo l'articolo 322-ter è inserito il seguente:
      «Art. 322-quater. – (Istigazione alla corruzione in affari privati). – Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ai dipendenti, ai consulenti, ai collaboratori, agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci o ai liquidatori soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alle pene stabilite dal medesimo articolo 319-quater, commi quarto e quinto, ridotte di un terzo.
      I dipendenti, i consulenti, i collaboratori, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che sollecitano una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall'articolo 319-quater sono puniti, qualora la sollecitazione non sia accolta, con le pene rispettivamente stabilite dal medesimo articolo 319-quater, commi primo e secondo, ridotte di un terzo»;

          l) all'articolo 323-bis è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «Per i delitti previsti dagli articoli 319, 319-ter e 319-quater, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino a due terzi»;

          m) l'articolo 346 è sostituito dal seguente:
      «Art. 346. – (Traffico di influenze illecite). – Chiunque, affermando di essere in condizione di esercitare un'illecita influenza su un pubblico ufficiale o su un incaricato di pubblico servizio in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio o del servizio, ovvero

 

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al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, quale prezzo per l'influenza esercitata o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
      Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a sei anni. Se la dazione o la promessa è effettuata per un atto di ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, il corruttore è punito con la pena della reclusione da tre mesi a un anno.
      Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che afferma di essere in condizione di esercitare un'illecita influenza su un pubblico ufficiale o su un incaricato di pubblico servizio riveste a sua volta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.
      Nel caso di cui al terzo comma, la condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
      Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali.
      Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici»;

          n) dopo l'articolo 346 sono inseriti i seguenti:
      «Art. 346-bis. – (Soggetti punibili per i reati di corruzione e traffico di influenze illecite). – Ai fini della punibilità per i reati di corruzione e di traffico di influenze illecite, le disposizioni di cui agli articoli 357 e 358 si applicano anche a tutti i soggetti che esercitano funzioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio o attività ad esse corrispondenti

 

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nell'ambito di Stati esteri, dell'Unione europea o di organizzazioni pubbliche internazionali.

      Art. 346-ter. – (Circostanza attenuante specifica per il reato di traffico di influenze illecite). – La pena prevista per il delitto di cui agli articoli 346 e 346-bis è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia esercitata l'azione penale nei suoi confronti, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite»;

       o) l'articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente:
      «Art. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene o si adopera per far ottenere la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio dell'erogazione di denaro o di qualunque altra utilità, ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa di cui all'articolo 416-bis o di suoi associati»;

          p) all'articolo 648-bis:

              1) al primo comma, le parole: «Fuori dei casi di concorso nel reato,» sono soppresse;

              2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nei confronti della persona che ha concorso nel reato presupposto, salvo che per gli atti di godimento che non eccedano l'uso dei beni secondo la loro naturale destinazione ovvero in caso di utilizzo del denaro, dei beni o delle altre utilità provento del reato presupposto per finalità non speculative, imprenditoriali o commerciali»;

          q) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: «dei casi di concorso nel reato e» sono soppresse.

 

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Art. 2.
(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).

      1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) l'articolo 25 è sostituito dal seguente:
      «Art. 25. – (Corruzione e traffico di influenze illecite). – 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319, 322 e 346, primo, secondo e terzo comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.
      2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319-ter, 319-quater e 346, quinto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.
      3. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi 1 e 2 si applicano all'ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 357, secondo comma, e 358, secondo comma, del codice penale.
      4. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2 del presente articolo si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno.
      5. In relazione ai delitti di cui agli articoli 319, 319-ter, 319-quater e 346 del codice penale, le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 sono diminuite fino alla metà qualora taluna delle persone di cui all'articolo 5, comma 1, del presente decreto legislativo fornisca all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite»;

          b) all'articolo 25-bis.1:

              1) al comma 1, lettera b), le parole: «513-bis e» sono sostituite dalle seguenti: «319-quater, 513-bis e»;

 

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              2) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
      «2-bis. In relazione al delitto di cui all'articolo 513-bis del codice penale, la sanzione di cui al comma 1, lettera b), è diminuita fino alla metà qualora taluna delle persone di cui all'articolo 5, comma 1, del presente decreto legislativo fornisca all'autorità investigativa o giudiziaria indicazioni determinanti ai fini del sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite».

Art. 3.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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