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PDL 4378

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4378



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

COMPAGNON, GALLETTI, CICCANTI, BOSI, POLI, RUGGERI, BINETTI, RICARDO ANTONIO MERLO, MANTINI, GIANNI, ZACCHERA

Modifiche all'articolo 2495 del codice civile, in materia di cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese, e all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di variazioni dell'imponibile relativo a operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto per mancato pagamento

Presentata il 25 maggio 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — A partire dal 1o gennaio 2004, data di entrata in vigore del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, recante la riforma del diritto societario, la materia della cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese e della tutela dei creditori sociali insoddisfatti è stata disciplinata dall'articolo 2495 del codice civile, il cui secondo comma inizia con l'inciso «Ferma restando l'estinzione della società».
      Come’è noto, le società di capitali acquistano personalità giuridica con l'iscrizione al registro delle imprese e la perdono con la cancellazione; una formalità che infatti riveste, da un lato, una funzione costitutiva e, dall'altro, una funzione estintiva.
      Dopo la cancellazione, la società è formalmente inesistente e non può più essere convenuta in giudizio avendo perduto la personalità giuridica e, quindi, qualsivoglia legittimazione processuale passiva. Pertanto non potrà essere destinataria né di un decreto ingiuntivo, né di un atto di precetto né, tanto meno, potrà subire un'esecuzione.
      I creditori sociali insoddisfatti, così come prevede espressamente il citato articolo, sono legittimati soltanto ad agire
 

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nei confronti dei soci, entro il limite di quanto loro assegnato, e del liquidatore per eventuali responsabilità; circostanze tutte da provare in un'eventuale causa ordinaria di cognizione che, per i suoi tempi e i suoi costi male si concilia con l'interesse del creditore.
      Fino al 31 dicembre 2003 (prima della riforma) si era consolidata una giurisprudenza secondo la quale alle società di capitali, nonostante l'avvenuta cancellazione, veniva riconosciuta una «speciale capacità giuridica processuale» per tutti i debiti sociali non estinti dal liquidatore, con la conseguenza che i creditori non soddisfatti potevano legittimamente presentare domanda giudiziale nei confronti della società in liquidazione, ancorché cancellata e priva di personalità giuridica.
      Il legislatore, con l'inciso indicato, ha demolito alla radice tale orientamento giurisprudenziale e, aprendo la strada alle più disparate ipotesi truffaldine, ha praticamente svuotato di tutela il diritto dei creditori nei confronti di tali società. La nuova giurisprudenza si è ovviamente attenuta al chiaro dettato normativo ed è pacifica nell'escludere ogni possibilità di azione nei confronti delle società di capitali cancellate dal registro delle imprese. L'unica eccezione è rappresentata da un'eventuale ricorso per dichiarazione di fallimento che, ai sensi dell'articolo 10 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, prevede la possibilità di un suo accoglimento entro il termine di un anno dalla cancellazione, facendo in tal modo rivivere, sia pure fittiziamente, la perduta personalità giuridica.
      Va sottolineato, comunque, come la possibilità di avvalersi di tali strumenti sia stata ridotta e circoscritta per il creditore con l'introduzione dei presupposti soggettivi e oggettivi previsti dall'attuata riforma. Trattasi, in ogni caso, di legge speciale, con la conseguenza che il principio generale non può essere applicato al di fuori della materia fallimentare. In quelle circostanze in cui ricorrono gli estremi per la configurazione di un reato, il creditore potrebbe avvalersi dell'azione penale che, tuttavia, per i suoi tempi e per i risultati che nei fatti produce, appare in netto contrasto con le esigenze dinamiche della tutela del credito.
      Non sempre, poi, sussistono le condizioni che portano alla sussistenza di un reato, atteso che anche un liquidatore onesto potrebbe legittimamente cancellare la società nei casi in cui il bilancio sia costituito da sole passività e la società non sia fallibile. Pertanto, con la cancellazione, – fatta salva l'isolata ipotesi di apertura di procedura fallimentare – la società priva di personalità giuridica non può più essere soggetto passivo di qualsivoglia domanda giudiziale. In tal modo, nel nostro ordinamento giuridico si è venuto a creare un vulnus che ha concretamente svuotato di ogni tutela il creditore sociale insoddisfatto. Basti pensare come, allo stato, al creditore di una società cancellata non sia consentito nemmeno di conseguire l'esito infruttuoso di una procedura esecutiva, anche al solo fine di essere legittimato al recupero dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), atteso che non è possibile attivarsi giudizialmente, trattandosi di soggetto inesistente.
      Non solo, nell'ottobre 2008 è intervenuta la sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 25192 che ha esteso il principio dell'estinzione della società, a seguito di avvenuta cancellazione, anche alle società di persone, suggellando così un quadro di discutibile tutela dei debitori. Ciò appare in contrasto anche con le dichiarate intenzioni del Governo che vorrebbe creare le migliori condizioni per la tutela del credito, al fine di favorire gli investimenti in Italia dei capitali esteri.       Ancora, l'articolo 118 del regio decreto n. 267 del 1942, e successive modificazioni, impone al curatore l'obbligo di provvedere alla cancellazione della società fallita, dopo l'avvenuta conclusione della procedura concorsuale. Di qui, l'elevatissimo rischio, per il creditore ammesso al passivo, di non poter tempestivamente emettere nemmeno la nota di variazione per il recupero dell'IVA, consentita soltanto al termine della procedura – di cui, peraltro, non viene mai
 

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informato – atteso che non può essere emesso alcun documento fiscale a carico di soggetto inesistente.
      Si tratta di una situazione paradossale, anche perché in netto contrasto con il dettato dei decreti-legge n. 669 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 1997, e n. 79 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 140 del 1997, e della successiva circolare ministeriale del 2000 che prevede, appunto, il diritto al recupero dell'imposta dopo la definitività del piano di riparto finale e del decreto di chiusura della procedura, nei casi in cui non vi sia riparto. Peraltro, sul punto, la stessa Agenzia delle entrate ha indicato in due anni successivi a quello in cui si è conclusa la procedura il termine utile per l'emissione della nota di variazione. Sempre con riferimento alle risoluzioni adottate dall'Agenzia delle entrate in materia di procedura esecutiva, preme sottolineare come la stessa, in quanto creditrice di imposte nei confronti di società cancellate, abbia sostenuto tesi contrarie all'attuale disciplina ed alla conseguente giurisprudenza.
      Il presente intervento normativo, in linea con il vecchio orientamento giurisprudenziale ante riforma societaria, consente la presentazione della domanda giudiziale a carico delle società cancellate dal registro delle imprese, attribuendo alle stesse una «speciale capacità processuale» dal punto di vista passivo e permettendo ai creditori sociali insoddisfatti di azionarsi anche giudizialmente sul patrimonio della ditta debitrice, quantomeno al fine di conseguire i recuperi fiscali legati all'esito infruttuoso di una procedura esecutiva. Ciò appare particolarmente necessario e urgente nell'attuale periodo di crisi economica che investe ogni settore. Peraltro, si tratta di una riforma a «costo zero», ovvero del tutto ininfluente sul bilancio statale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al secondo comma dell'articolo 2495 del codice civile, le parole: «Ferma restando l'estinzione della società,» sono soppresse.

Art. 2.

      1. Al secondo comma dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, dopo le parole: «procedure esecutive rimaste infruttuose» sono inserite le seguenti: «o in caso di irreperibilità dell'impresa debitrice ovvero di cancellazione della società debitrice dal registro delle imprese».


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