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PDL 4381

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4381



 

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CAMERA DEI DEPUTATI N. 4381
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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BOSSA

Modifiche agli articoli 58 e 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, in materia di cause ostative alla candidatura nelle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali nonché di cause di sospensione e di decadenza dalle cariche negli enti locali

Presentata il 25 maggio 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge intende intervenire sulla selezione della classe dirigente a cui è demandato il compito di amministrare, a vari livelli e nelle varie articolazioni, gli enti locali. Nello specifico, la presente proposta di legge modifica gli articoli 58 e 59 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, nella parte che concerne i motivi di incandidabilità e i motivi di sospensione dalle cariche, introducendo una nuova fattispecie.
      L'articolo 58 del testo unico, nella sua attuale formulazione, stabilisce, al comma 1, che «Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo n. 114, presidente e componente degli organi delle comunità montane» coloro che hanno avuto problemi con la giustizia.
      Più nello specifico, si individua nella condanna definitiva per alcuni reati l'impedimento alla candidatura.
      Sono elencate situazioni molto gravi come il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale o il traffico di sostanze stupefacenti o reati contro la pubblica
 

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amministrazione come il peculato, la corruzione, la concussione o altri reati non colposi con pena non inferiore a due anni. L'articolo 59 del testo unico sancisce la sospensione dalle cariche di cui all'articolo 58 per coloro che hanno riportato condanne non definitive indicando reati specifici.
      In nessuno dei due casi si fa riferimento ai soli pronunciamenti di condanna della Corte dei conti per responsabilità e danni erariali. Vale a dire che se un soggetto che ha avuto responsabilità di gestione dei soldi pubblici è stato condannato dalla Corte dei conti per responsabilità al risarcimento di un danno erariale, senza avere, per altro verso, una condanna in sede penale, può tranquillamente candidarsi a ricoprire cariche in enti locali e in aziende in enti a loro attinenti. La presente proposta di legge intende intervenire su questa che va considerata una grave mancanza nella normativa.
      Bisogna ricordare che la Corte dei conti è un organo di rilievo costituzionale, autonomo e indipendente da altri poteri dello Stato cui la Costituzione affida importanti funzioni di controllo (articolo 100 della Costituzione) e giurisdizionali (articolo 103 della Costituzione). La Corte dei conti è definita dalla Costituzione «organo ausiliario» nel senso che coadiuva gli organi titolari di funzioni legislative, di controllo e di indirizzo politico, esecutive e di amministrazione attiva.
      A norma dell'articolo 100, secondo comma della Costituzione, la Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo e quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato e inoltre partecipa al controllo sulla gestione finanziaria degli enti. La Costituzione, che assicura l'indipendenza della Corte e dei suoi componenti di fronte al Governo, prevede un diretto collegamento fra la Corte e il Parlamento, al quale essa è tenuta a riferire sul risultato del riscontro eseguito.
      L'articolo 103 della Costituzione, al secondo comma, stabilisce che la Corte ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica, ossia giudica sulle responsabilità di chi ha la gestione del denaro pubblico.
      Il concetto, interpretato in modo evolutivo anche alla luce delle trasformazioni dell'agire amministrativo, va inteso nel senso che la Corte dei conti è competente a giudicare agenti contabili, amministratori e funzionari pubblici per tutte le vicende comunque concernenti la gestione di risorse pubbliche (in senso ampio).
      La Corte dei conti fu istituita agli albori dello Stato unitario (legge 14 agosto 1862, n.800), perché vigilasse sulle amministrazioni dello Stato, così da prevenire e impedire sperperi e cattive gestioni. In questa funzione, la Corte dei conti assunse la veste di una «magistratura», essendo emersa – secondo la storica affermazione di Camillo Benso conte di Cavour – la «assoluta necessità di concentrare il controllo preventivo e consuntivo in un magistrato inamovibile». Le linee fondamentali del suo ordinamento sono state fissate nel testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n.1214. La Corte dei conti colpisce, quindi, la responsabilità amministrativa. Ma che cos’è la responsabilità amministrativa? Con questa espressione ci si riferisce alla responsabilità a contenuto patrimoniale di amministratori o dipendenti pubblici per i danni causati all'ente nell'ambito o in occasione del rapporto d'ufficio. L'accertamento della responsabilità comporta la condanna al risarcimento del danno a favore dell'amministrazione danneggiata. Qual è la differenza tra la responsabilità amministrativa e la responsabilità civile o penale? La distinzione è abbastanza semplice. Se un funzionario o impiegato arreca danno a un terzo estraneo alla pubblica amministrazione, la Costituzione prevede (articolo 28) che sia il funzionario che la stessa amministrazione, insieme, debbano risarcire il terzo del pregiudizio subìto e ciò in virtù del principio che la pubblica amministrazione debba sempre rispondere per i danni arrecati dai propri agenti. La responsabilità civile tutela, quindi, la posizione del terzo contro la pubblica amministrazione.
      La responsabilità penale presuppone l'accertamento di un fatto costituente
 

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reato al fine dell'irrogazione di una pena. Poiché ogni fattispecie di reato è diversa dall'altra, vi saranno dei casi in cui il reato presuppone anche un danno patrimoniale (esempio tipico l'appropriazione di denaro o beni della pubblica amministrazione), altri in cui ne prescinde e così via. In altri termini, non sempre i fatti che possono dar luogo a responsabilità penale coincidono con quelli che possono dare luogo alla responsabilità amministrativa. In ogni caso, anche ove i fatti fossero coincidenti, il giudizio penale e quello di responsabilità amministrativa sono autonomi e separati, non sussistendo una prevalenza del giudizio penale sugli altri giudizi.
      La responsabilità amministrativa tutela la stessa pubblica amministrazione nei confronti dei danni che le arreca il funzionario o l'impiegato all'interno del rapporto d'ufficio, obbligando il funzionario a risarcire il danno arrecato all'ente a causa della sua condotta.
      Per capire quale sia la funzione della responsabilità amministrativa occorre valutare il sistema delle responsabilità dei pubblici funzionari e impiegati pubblici nel suo complesso.
      Accanto alla responsabilità penale (che punisce i comportamenti più gravi) e alla responsabilità civile (obbligo del risarcimento del danno) preordinata alla tutela dei terzi danneggiati, l'ordinamento ha previsto una forma particolare di responsabilità per reagire ai comportamenti illeciti produttivi di danno nei confronti della collettività, attribuendo l'azione a un organo terzo e neutrale estraneo all'amministrazione (il pubblico ministero contabile). Lo scopo della responsabilità è, quindi, quello di prevenire comportamenti illeciti (stante la minaccia della sanzione) e di reprimerli ove si siano verificati, condannando i responsabili, sulla base delle particolari regole del giudizio di responsabilità, a risarcire di persona il danno provocato.
      Affinché un soggetto possa essere chiamato a rispondere in sede di responsabilità amministrativa occorre che lo stesso, con una condotta dolosa o gravemente colposa collegata o inerente al rapporto esistente con l'amministrazione, abbia causato un danno pubblico risarcibile che si ponga come conseguenza diretta e immediata di tale detta condotta.
      Il concetto di gravità della colpa è relativo, nel senso che la stessa va valutata in relazione alla diversa natura delle funzioni, o mansioni, svolte dall'agente pubblico e alla specificità del contesto organizzativo.
      La colpa è grave quando si discosta notevolmente dallo standard normale richiesto dal tipo di prestazione svolta.
      In linea generale, il funzionario può invocare a propria discolpa l'errore professionale scusabile (complessità di una normativa, oscillanti orientamenti della giurisprudenza eccetera) oppure un'irrazionale situazione organizzativa addebitabile all'amministrazione.
      Nel caso di organi collegiali è responsabile solo chi ha espresso voto favorevole alla deliberazione.
      Per quel che riguarda i titolari di organi politici, gli stessi non rispondono se hanno approvato in buona fede atti di uffici tecnici o amministrativi.
      Esistono, quindi, tutti gli istituti di garanzia, anche nel processo, per poter sostenere che chi arriva a una condanna definitiva dalla Corte dei conti non ha, evidentemente, i requisiti per continuare a gestire i soldi pubblici. La mole di danno che complessivamente, per dolo o colpa grave di funzionari pubblici, viene inferta all'erario è notevole.
      Dalla relazione del presidente della Corte dei conti all'apertura dell'anno giudiziario 2011 possiamo estrarre i seguenti dati statistici, che dimostrano che nell'anno 2010 sono stati registrati: 56.124 pendenze al 31 dicembre 2009, 10.958 giudizi sopravvenuti in corso d'anno, 21.413 giudizi esauriti e 45.669 pendenze al 31 dicembre 2010.
      Le decisioni hanno consentito l'incameramento di introiti risarcitori (ridotti secondo le misure percentuali prefissate dalla legge entro una banda di oscillazione che va dal 10 per cento al 30 per cento) pari a complessivi 2.985.207,32 euro, rispetto a un ammontare delle condanne
 

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comminate in primo grado pari a 13.599.422,67 euro, con conseguente estinzione di complessivi 200 giudizi pendenti in appello.
      Guardando la situazione a livello regionale, in alcune parti d'Italia, citando i dati forniti in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario, vediamo che in Sicilia la Corte quantifica in 127 milioni di euro lo sperpero di denaro pubblico nel 2010 per eventi legati a corruzione, infiltrazioni mafiose e malagestione di risorse che vedono in formazione, sanità, rifiuti e incarichi esterni delle pubbliche amministrazioni i centri nevralgici degli sprechi. Nelle Marche, nel 2010 la procura regionale della Corte dei conti ha contestato danni erariali per 5,8 milioni di euro in 23 citazioni a giudizio che hanno interessato 55 persone con un danno relativo ammontante a quasi 11 milioni di euro. In Campania, nel periodo 2003-2010 sono stati citati in giudizio 2.696 soggetti, sono stati accertati danni per 626 milioni di euro e sono state inferte condanne per 70 milioni di euro.
      Una nota dolente di tutta l'attività giurisdizionale sull'accertamento della responsabilità è che gran parte dei danni accertati e delle cifre che devono essere risarcite non vengono recuperati, dal momento che raramente le situazioni patrimoniali personali sono in grado di fare fronte alla richiesta contenuta nelle sentenze. Il risultato è che quella condanna rimane una lettera morta che, per giunta, non dà luogo neppure a sanzioni collaterali come, ad esempio, l'incandidabilità del funzionario condannato a ricoprire di nuovo quella funzione. Il paradosso è quindi che il funzionario condannato a risarcire un danno che egli stesso ha causato non solo non provvede al risarcimento, perché non ne ha la possibilità, ma può continuare a proporsi per ricoprire incarichi di gestione della cosa pubblica.
      Con la presente proposta di legge si introducono due modifiche al citato testo unico.
      L'articolo 1 aggiunge al comma 1 dell'articolo 58 una nuova lettera che sancisce la non candidabilità ad alcune importanti funzioni di gestione del denaro pubblico per coloro che sono stati condannati, con sentenza definitiva, dalla Corte dei conti al risarcimento di un danno per responsabilità amministrativa. L'articolo 2 aggiunge al comma 1 dell'articolo 59 una nuova lettera che sancisce la sospensione dalle cariche citate per coloro che sono stati condannati, con sentenza non definitiva dalla Corte dei conti, al risarcimento di un danno per responsabilità amministrativa.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica all'articolo 58 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, in materia di cause ostative alla candidatura).

      1. Al comma 1 dell'articolo 58 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «e-bis coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva dalla Corte dei conti al risarcimento di un danno per responsabilità amministrativa».

Art. 2.
(Modifica all'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, in materia di sospensione e decadenza di diritto).

      1. Al comma 1 dell'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «c-bis coloro che sono stati condannati con sentenza non definitiva dalla Corte dei conti al risarcimento di un danno per responsabilità amministrativa».

Art. 3
(Entrata in vigore).

      1. Le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore il giorno successivo a quello della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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